Pene d’amor perdute

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WILLIAM SHAKESPEARE

pene DAMORE PERDUTE

Commedia in 5 atti

Traduzione e note di Goffredo Raponi

Titolo originale:

LOVES LABOURS LOST


NOTE PRELIMINARI

1)Il testo inglese adottato per la traduzione quello delledizione dellopera completa di Shakespeare curata dal prof. Peter Alexander (William Shakespeare - The Complete Works, Collins, London & Glasgow, 1960, pp. XXXII-1370), con qualche variante suggerita da altri testi, in particolare quello della pi recente edizione dellOxford Shakespeare curata dal G. Welles & G, Taylor per la Clarendon Press (New York, 1994, pp. XLXIX-1274); questultima contiene anche I due nobili cugini (The Two Noble Kinsmen) che manca nellAlexander.

.

2)Alcune didascalie sono state aggiunte dal traduttore di sua iniziativa, per la migliore comprensione dellazione scenica alla lettura, cui questa traduzione essenzialmente ordinata ed intesa, il traduttore essendo convinto della irrapresentabilit del testo di Shakespeare sulle moderne ribalte. Si lasciata comunque invariata, allinizio e alla fine della scena o allentrata e uscita dei personaggi nel corso della stessa scena, la ritualeindicazione Entra/Entrano (Enter) e Esce/Escono (Exit/Exeunt), avvertendo peraltro che non sempre essa indica movimenti di entrata/uscita, potendosi dare che i personaggi cui si riferisce si trovino gi in scena allapertura, o vi restino alla chiusura di questa.

3)Il metro lendecasillabo sciolto, intercalato da settenari, come labbia richiesto al traduttore lo scorrere della verseggiatura. Altro metro si usato per rendere citazioni, proverbi, canzoni, cabalette e altro, ogni qualvolta sia stato richiesto, in accordo col testo, uno stacco di stile.

4)I nomi dei personaggi sono resi nella forma italiana, quando ne esista il corrispondente; alcuni nomi di personaggi minori sono altrettanti aggettivi o appellativi coloriti, di quelli con i quali Shakespeare si diverte a sottolineare un qualche tratto caratteristico, fisico o morale, della persona: cos il paggio del gentiluomo spagnolo Don Adriano si chiama Mote, che vuol dire particella di polvere, bruscolo; il capoguardia si chiama Dull, che vuol dire pigro, ottuso, tardo a capire e anche fastidioso; il villico si chiama Costard che una mela di grandi dimensioni, figurativamente detto di una testa nel senso spregiativo di zucca.

5)Il traduttore riconosce di essersi avvalso di traduzioni precedenti, dalle quali ha preso in prestito, oltre allinterpretazione di passi controversi, intere frasi e costrutti, dandone opportuno credito in nota.


PERSONAGGI

FERDINANDO, re di Navarra

BIRON, LONGUEVILLE, DUMAIN, nobili al seguito del re

BOYET, MERCADE, nobili al seguito della principessa di Francia

DON ADRIANO DE ARMADO, stravagante gentiluomo spagnolo

DON NATANIELE,([1]) curato

OLOFERNE,([2]) maestro di scuola

GRULLO, capoguardia

ZUCCA,([3]) villico

TIGNOLA, paggio di Adriano De Armado

Un Guardaboschi

La PRINCIPESSA di Francia

ROSALINA, MARIA, CATERINA, dame al seguito della principessa

GIACOMETTA, ragazza di campagna

Nobili, Ufficiali, persone del seguito

SCENA: Il parco del re di Navarra


ATTO PRIMO

SCENA I - Navarra, il parco del palazzo reale

Entrano il RE FERDINANDO, BIRON, LONGUEVILLE e DUMAIN

RE -

Quella fama che tutti in vita inseguono

noi faremo che viva imperitura,

impressa con caratteri di bronzo

sul marmo delle nostre sepolture

ad elargirci ancor grazia di vita

nellimmane disgrazia della morte;

ch, a dispetto del Tempo,

cormorano divorator di tutto,([4])

lopra che ci apprestiamo ad affrontare

in questo scorcio della nostra vita([5])

potr farci acquistare quella fama

che, smussandone([6]) laffilata falce,

ci renda eredi delleternit.

Perci, miei valorosi vincitori

- ch tali siete, per aver lottato

e trionfato sopra i vostri istinti

e sulla variegata moltitudine

dei mondani appetiti - sempre valido

resta perci il recente nostro editto:

la Navarra sar la meraviglia

del mondo e questa corte

sar una minuscola Accademia([7])

di sereno e contemplativo studio

sopra larte del vivere.

Voi tre, Birn, Dumain e Longueville,

avete preso, sotto giuramento,

limpegno a viver qui insieme a me,

miei compagni di studio, per tre anni

e dosservare scrupolosamente

le regole sancite in questo scritto.

Ciascuno apponga, in calce al giuramento,

ch formulato qui, la propria firma,

e sia la stessa mano che ha firmato

a colpire lonore di colui

che violi nel pi piccolo dettaglio,

quanto qui stabilito.

Perci se vi sentite bene armati

a far le cose che avete giurato,

apponete la firma al vostro impegno

e preparatevi a tenervi fede.([8])

LONGUEVILLE -

Per me, son bene risoluto a tanto.

Non sar che un digiuno di tre anni;

e se pure dovr languire il corpo,

sar la mente a far lauto banchetto.

Pancia grossa sorregge magra zucca;

e i bocconcini di manicaretti

arricchiscono i lombi,

ma mandano il cervello in bancarotta.

DUMAIN -

Amato mio signore,

Dumain ha gi scontato con se stesso

la mortificazione della carne,

ed pronto a lasciare ai vili schiavi

di questo nostro grossolano mondo

dassaporare i bassi suoi piaceri.

Io mi considero ormai spento e morto

agli amori, alle pompe, alle ricchezze,

e son deciso a viver qui con voi

in filosofica contemplazione.

BIRON -

E cos io, amato mio sovrano;

non ho perci che a confermar limpegno

di viver qui a studiare insieme a voi

per tre anni di tempo.

Penso per che questo nostro impegno

cimporr pure la stretta osservanza

daltre regole, quali per esempio:

Non veder donna tutto questo tempo,

clausola questa che, vorrei sperare,

non sia scritta l dentro; o come questa:

Non toccar cibo un giorno a settimana,

ed un unico pasto gli altri giorni;

sperando tuttavia che pure questo

non si trovi l dentro; o come questa:

Non dormir pi di tre ore per notte,

e non mostrarsi a sonnecchiare dopo.

Io son uso a dormir lintera notte,

ed anzi a trasformare in notte fonda

buona parte del giorno successivo;

spero tanto perci che un tal divieto

non figuri sancito su quel foglio.

Oh, sarebbero sterili doveri,

e di troppo difficile osservanza

studiare, digiunare, non dormire,

non veder donne.

RE -

Il vostro giuramento

di passare sopra a tutto questo.

BIRON -

Mi permetto negarlo, Vostra Grazia:

io, per me, ci che ho inteso giurare,

solo di studiar con Vostra Grazia

presso la vostra corte per tre anni.

LONGUEVILLE -

Questo avete giurato e tutto il resto,

caro Biron.

BIRON -

Eh, s e no, signore!

A dirla tutta, questo giuramento

io lho fatto, per dir cos, per gioco.

Perch, a pensarci bene, signor mio,

qual infine lo scopo dello studio?

Vorrei tanto saperlo.

RE -

Che domanda!

quello di acquisire conoscenze

che mai potremmo acquisir da noi stessi.

BIRON -

Volete intendere ci ch nascosto

e precluso allumana percezione?

RE -

Appunto: questo il divino compenso

riservato allo studio.

BIRON -

Se cos,

basta allora chio giuri di studiare

quel tanto che moccorra per conoscere

ci che da solo non potrei conoscere:

per esempio, studiare come e dove

potermi procacciare un buon banchetto,

quando mi si proibisce espressamente

di banchettare; oppure il come e il quando

incontrarmi con una bella donna,

quando mi si sottraggano le donne,

da qualsivoglia percezione fisica;

o come venir meno a un giuramento,

troppo pesante per esser tenuto,

senza tradire la fede giurata.

Se lo studio pu offrir questi vantaggi

- e non vedo che sia diversamente -

esso cinsegna davvero qualcosa

che non abbiamo conosciuto prima.

Chiedetemi chio giuri sopra questo,

e non mudrete mai dire di no.

RE -

Ma sono proprio queste le pastoie

che ci trattengono dallo studiare,

trascinando le nostre intelligenze

alla ricerca di vani piaceri.

BIRON -

Tutti i piaceri, sire, sono vani,

ma ce n uno pi vano di tutti:

quello che, conseguito con la pena,

contiene in s una somma daltre pene;

come strizzarsi il capo sopra un libro

alla ricerca dei lumi del vero,

e intanto il vero, proditoriamente,

ti porta via la luce della vista;

sicch la luce che cerca la luce

priva la luce della propria luce;

cos, prima che ad uno sia possibile

di scoprire la luce nella tenebra,

la sua luce si sar fatta buio,

per via che intanto avr perduto gli occhi.

Ah, dedichiamoci invece allo studio

di come procurar piacere allocchio

col fissarlo su un altro pi lucente,

che, abbacinandolo, lo prenda in cura

e gli restituisca quella luce

della quale era rimasto privo.

Lo studio come un sole sfolgorante

che non si lascia penetrare a fondo

nemmeno dalla vista pi testarda;

e ben poco hanno sempre guadagnato

tutti gli infaticabili sgobboni,

se non qualche modesta citazione

tratta dai libri altrui.

Questi padrini dei celesti numi

che dnno un nome ad ogni stella fissa,

non ritrassero mai maggior profitto

dalle lor notti trapunte di stelle

dun qualunque viandante che le stelle

non ha saputo mai che cosa siano.

Troppo sapere serve solo alluomo

a farsi un nome; ma per darti un nome

basta un qualsiasi comune padrino.

RE -

Sentitelo con quanta abilit

costui sa ragionar contro ragione!

DUMAIN -

E procedere nel ragionamento

s da bloccare ogni processo logico.

LONGUEVILLE -

Sradica il grano in erba,

per far crescere solo la gramigna.

BIRON -

Primavera vicina,

il tempo che nidificano i paperi.

DUMAIN -

Che centra questo?

BIRON -

Centra, a tempo e a luogo.

DUMAIN -

Con la ragione non centra davvero.

BIRON -

Ma entra, in qualche modo, con la rima.([9])

LONGUEVILLE -

Biron simile a un maligno gelo

distruttore, che morde a primavera

i teneri germogli appena nati.

BIRON -

Ebbene, sia pur io quello che dite!

Perch dovrebbe mai laltera lestate

insuperbire prima che gli uccelli

abbiano alcun motivo di cantare?

Perch dovrei provar piacere

da nascite abortive? Non desidero

una rosa a Natale pi di quanto

possa desiderar la neve a maggio:

dogni cosa mi piace che maturi

quand la sua stagione.

Cos per voi mi sembra ben passato

il tempo di dedicarvi allo studio:

come se, per aprire la porta,

vi arrampicaste sul tetto di casa.

RE -

Bene, restate fuori,

Biron, e ritornate a casa. Addio.

BIRON -

No, no, mio buon signore;

ho giurato di stare qui con voi;

e, pur avendo troppo perorato

in favore dellignoranza barbara

pi di quanto possiate farlo voi

per questa tanto angelicata scienza,

matterr fedelmente

al mio giurato impegno, ed a subire

la penitenza qual sar per me

ogni giorno dei prossimi tre anni.

Datemi il foglio, fatemelo leggere,

ed io porr la firma di mio pugno

anche alle sue pi dure prescrizioni.

RE -

Oh, codesta s piena accettazione

vi riscatta, Biron, dogni vergogna!

BIRON -

(Leggendo)

Nessuna donna si dovr accostare

alla mia corte, entro il raggio dun miglio

Gi proclamato?

LONGUEVILLE -

Quattro giorni fa.

BIRON -

Bene, allora vediamo la sanzione:

sotto pena di perdere la lingua.

Ma chi ha escogitato questa pena?

LONGUEVILLE -

Io, diamine!

BIRON -

Perch, caro signore?

LONGUEVILLE -

Per tenerle lontane, spaventandole

con una tanto terribile pena.

BIRON -

Una disposizione cervellotica,

contraria ad ogni civil cortesia.

(Legge)

Luomo che sar colto a colloquiare

con una donna, durante i tre anni,

sar esposto alla pubblica berlina,

nei modi e nelle forme stabiliti

dal resto della corte.

Questo articolo, sire,

sarete intanto costretto voi stesso

a violarlo. Sapete bene, infatti,

che sta per giungere in ambasceria

la principessa di Francia - una donna

tutta giovane grazia e maest -

per parlare con voi dellAquitania

e della sua cessione al re suo padre,

vecchio ed infermo a letto.

Questo comma perci del tutto inutile,

o sar tutto inutile larrivo

della tanto ammirata principessa.

RE -

Che dite voi, signori? In verit,

questo ci era sfuggito dalla mente.

BIRON -

Cos succede: col troppo studiare

si tira oltre il bersaglio; e ci perch

mentre si studia ci che si vorrebbe,

si dimentica ci che si dovrebbe;

e quando finalmente s raggiunta

la cosa di cui sera andati a caccia,

la si conquista come una citt

data alle fiamme: conquistata e persa.

RE -

S, quellarticolo va cancellato;

la principessa, necessariamente,

non potr che trovare alloggio qui.

BIRON -

Ci sar sempre un necessariamente

a renderci spergiuri mille volte,

nello spazio dei prossimi tre anni.

Ciascuno nasce con le sue tendenze,

governabili meno con la forza

che con qualche particolare grazia.

E se mai romper la fede data,

avr sempre a difesa questa formula:

Spergiuro solo per necessit.

Ed con questo spirito, signori,

chio pongo la mia firma a queste regole.

E sia colpito da perenne infamia

chi dovesse, sia pur minimamente,

contravvenire a una sola di esse.

Le tentazioni ci sono per gli altri,

come per me; ma io sono convinto,

malgrado lapparente mia protervia,

che sar lultimo fra tutti e quattro

ad infrangere il nostro giuramento.

Ma, davvero, durante la clausura,

non potremo concederci il piacere

di qualche divertente passatempo?

RE -

Ah, questo s! Come tutti sapete,

frequenta questa corte un viaggiatore,

un raffinato cavalier di Spagna,

versatissimo nella conoscenza

delle diverse mode in tutto il mondo,

un uomo dal cervello pieno zeppo

di unautentica zecca di sentenze;

in stato di continuo rapimento,

come da unincantevole armonia,

del suo stesso linguaggio infatuato;

un tipo pieno di salamelecchi,

come se fosse scelto a far da arbitro

del contenzioso fra ragione e torto.

Questo rampollo della fantasia

- il suo nome Adriano De Armado -

verr a contarci, con parola alata,

negli intervalli del nostro lavoro,

del gran valore dei molti campioni

cavalieri della sua fulva Spagna

caduti a guerreggiare in tutto il mondo.

Fino a che punto vi divertirete

di questo, miei signori, non lo so;

ma debbo confessarvi che a me piace

ascoltarlo infilzar le sue fandonie,

e che di lui far il mio menestrello.

BIRON -

Armado un personaggio prodigioso;

un uomo che ti sforna di continuo

parole nuove, appena mo coniate:

un vero cavaliere della moda.([10])

LONGUEVILLE -

Tra Zucca il villico, e questo De Armado

senzaltro ci sar da stare allegri;

ed a studiar cos, questi tre anni

ci sembreran perfino troppo corti.

Entrano GRULLO, con in mano una lettera,

e ZUCCA

GRULLO -

Chi qui il re([11]) in persona?

BIRON -

Eccolo l, bravuomo. Che desideri?

GRULLO -

Io, da me stesso, ripresenterei,([12])

a dir cos, la sua stessa persona,

essendo funzionario di Sua Grazia;

ma lui, vorrei vederlo in carne e ossa.

BIRON -

(Indicando il re)

Eccolo, questo.

GRULLO -

Il signor Armi Armi

vi saluta. C cattiveria in giro.

Questa lettera vi dir di pi.

(Consegna la lettera al re)

ZUCCA -

Signore, i contenuti([13]) della lettera

son, come fosse, riguardanti me?

RE -

Il magnifico Armado che mi scrive!

BIRON -

Per banale che sia il contenuto,

spero in Dio con parola dalto volo.

LONGUEVILLE -

Alta speranza per un basso cielo.

Che Dio ci mandi la santa pazienza!

BIRON -

Per ascoltare, od evitar lascolto?

LONGUEVILLE -

Per ascoltar, signore, con pazienza,

e per ridere con moderazione;

o per sottrarci alluna e allaltra cosa.

BIRON -

Bah, dipender tutto dal suo stile,

se sapr darci tanto da elevarci

alle regioni dellilarit.

ZUCCA -

La faccenda riguarda me, signore,

per via che trattasi di Giacometta.

Il fatto sta che mhan colto sul fatto.

BIRON -

Che fatto?

ZUCCA -

Fatto e forma, monsignore,

sono i seguenti, tutti questi tre:

primo, che mhanno visto nel maniero,

sedere insieme a lei sopra la forma;

secondo, che seguivo lei nel parco;

terzo, che tutto questo, messo insieme,

forma il fatto e la forma della cosa.

Ora, riguardo al fatto, monsignore,

quello , di fatto, il modo per un uomo

di parlare a una donna; e per la forma

una forma c stata, vassicuro.

BIRON -

E poi? Che forma ha preso la faccenda?

ZUCCA -

Questo dipender dal mio castigo;

e difenda il buon Dio la giusta causa.

RE -

Volete dunque udir con attenzione

questa lettera?

BIRON -

S, come un oracolo.

ZUCCA -

Ah, la grande imbecillit delluomo

dandar dietro al richiamo della carne!

RE -

(Legge)

Vicario augusto, dellimmenso cosmo

vice-reggente, ed unico sovrano

dominatore di questa Navarra,

della mia anima terreno nume

e di questo mio corpo almo patrono

ZUCCA -

Fin qui, di Zucca, non una parola.

RE -

(Legge)

la cosa sta cos셔.

ZUCCA -

Star cos,

ma se lo dice lui che sta cos,

lui dice il vero, ma cos cos

RE -

Pace!

ZUCCA -

S, pace a me e a ciascun uomo

che non osa dandare a guerreggiare.

RE -

Basta, non pi parole!

ZUCCA -

No, non pi

sui segreti degli altri, vi scongiuro!

RE -

(Legge)

La cosa sta cos: sotto lassedio

duna malinconia nero-cerchiata,

io avevo affidato lumor mio

nero e depresso al balsamico tocco

di questa tua salutifera aria,

e, da buon gentiluomo quale sono,

mero lasciato al mio deambulare.

Il tempo quando? Intorno allora sesta,

quando le bestie sono alle pasture,

gli uccelli volano a beccar mangime,

e gli uomini sassidono alla mensa

a trangugiar quel loro nutrimento

che volgarmente nominano cena.

Questo pel tempo, ovverossia pel quando.

Riguardo al dove, vale a dire al sito,

dove? Quello sul quale deambulavo,

e che appellano volgarmente parco.

E per il luogo esatto? Dove, dico,

m accaduto di fare quellincontro,

osceno e quanto mai vituperevole,

che ora trae dalla mia nivea penna

lebano dellinchiostro

che tu qui guardi, ed ammiri, ed osservi;

quanto al luogo, dicevo, esso si trova

esattamente al lato nord-nord-est

a partire dallangolo orientale

del tuo intricatissimo giardino.

L vidi quellignobile bifolco,

vil pesciolino per il tuo sollazzo

ZUCCA -

Che sarei me?

RE -

(Sempre leggendo)

quellilletteratissima

e ignorantissima creatura

ZUCCA -

Me?

RE -

(Sempre leggendo)

vuoto vasello

ZUCCA -

Intende sempre me?

RE -

(Sempre leggendo)

che, come mi sovviene, ha nome Zucca

ZUCCA -

Oh, allora proprio me!

RE -

(Sempre leggendo)

che se ne stava ben stretto e ristretto,

in barba al proclamato tuo editto,

ed al suo canone di continenza,

con con ohim, con quanta sofferenza

devo dirtelo

ZUCCA -

Con una ragazza.

RE -

(Sempre leggendo)

con una figlia della nostra antica

comune madre Eva; verbigrazia,

per un tuo pi soave intendimento,

una femmina. Or io, cui punge assillo

dimmarcescibil fedelt al dovere,

a te mando costui, perch riceva,

per man dellufficiale di Tua Grazia,

Antonio Grullo, uomo di buon nome,

di buon conducimento e buona stima

GRULLO -

Che sarei me, se piaccia a Vostra Grazia;

io, qui presente, sono Antonio Grullo.

RE -

(Sempre leggendo)

il suo meritatissimo castigo.

In quanto a Giacometta - questo il nome

del vasello di pi fragile tempra([14])

che ho sorpreso col suindicato villico

la tratterr con me come vasello

dellira tua, e al minimo tuo cenno,

la tradurr davanti al tribunale.

Tuo, con tutti gli ossequi dun devoto

ardente zelo,

ADRIANO DE ARMADO

BIRON -

Non proprio quel bello che aspettavo,

ma pure il meglio chabbia mai udito.

RE -

Il meglio, s, dun possibile peggio.

(A Zucca)

Ma tu, compare, che coshai da dire?

ZUCCA -

Confesso la ragazza, monsignore.

RE -

Ma il mio proclama lavevi sentito?

ZUCCA -

S, confesso daver molto sentito,

ma ben poco capito.

RE -

Esso commina un anno di prigione

a chi sorpreso con una ragazza.

ZUCCA -

Sorpreso, io, non sono stato, Sire,

con nessuna ragazza;

io ero insieme con una donzella.

RE -

E di donzella si parla nel bando.

ZUCCA -

Ma non era nemmeno una donzella,

quella, signore, ma una verginella.

RE -

Ed anche questo previsto nel bando,

perch pure di vergine esso parla.

ZUCCA -

Quand cos, nego che fosse vergine.

Io fui sorpreso con una servotta.

RE -

Anche questa servotta, caro mio,

non ti servir a nulla pel tuo caso.

ZUCCA -

Una servotta pu sempre servire

al caso mio, signore.

RE -

Bene, amico;

ascolta bene, questa la sentenza:

digiunerai per una settimana

a crusca e acqua.

ZUCCA -

Un mese di preghiere

a zuppa lunga e carne di montone,

francamente, sarebbe andato meglio.

RE -

E Don Armado sar tuo custode.

Signor Biron, a voi di provvedere

che gli sia consegnato. E noi, signori,

andiamo a dare buona esecuzione

a quanto da ciascuno qui giurato.

(Escono il Re, Longueville e Dumain)

BIRON -

Sono pronto a scommetter la mia testa

contro il cappello del primo che incontro

che questi giuramenti e queste regole

finiranno per rivelarsi tutti

unoziosa burletta. Andiamo, amico.

ZUCCA -

(Incamminandosi)

Mi si punisce per la verit,

signore; perch pura verit

chio fui sorpreso insieme a Giacometta;

e Giacometta una ragazza onesta.

Benvenuto perci lamaro calice

della prosperosit!([15])

Lafflizione potrebbe anche sorridere

un giorno; fino allora, mio dolore,

stattene in un cantuccio zitto e buono.

(Escono)

SCENA II - La stessa

Entrano DON ARMADO e TIGNOLA

DON ARMADO -

Ragazzo, tu che dici, qual il segno

che rivela che un uomo dalto spirito

propende per lumore malinconico?

TIGNOLA -

Gran segno chegli appaia rattristato.

DON ARMADO -

Malinconia non la stessa cosa

che tristezza, mio caro falconetto.

TIGNOLA -

Oh, Dio, no, no, signore! Proprio no!

DON ARMADO -

Come faresti allora tu a discernere

fra la tristezza e la malinconia,

mio tenero virgulto?

TIGNOLA -

Con una semplice dimostrazione

del rispettivo lor funzionamento,

mio coriaceo seor.

DON ARMADO -

Io, coriaceo seor? Perch coriaceo?

TIGNOLA -

Io, tenero virgulto: perch tenero?

DON ARMADO -

Io tho chiamato tenero virgulto

perch lepiteto pertiene bene

ai tuoi giovani giorni,

che ben possiamo definire teneri.

TIGNOLA -

Ed io ho detto coriaceo seor

siccome titolo ben pertinente

e consono alla vostra et matura,

che ben possiamo chiamare coriacea.

DON ARMADO -

Grazioso ed appropriato.

TIGNOLA -

Che intendete con questo, monsignore:

grazioso io e appropriato il mio dire,

o, al contrario, grazioso il mio dire

ed appropriato io?

DON ARMADO -

Grazioso tu,

perch sei piccoletto di statura.

TIGNOLA -

Dunque, poco grazioso, perch piccolo.

Ma appropriato perch?

DON ARMADO -

Appropriato perch vivace e vispo.

TIGNOLA -

Dite questo in mia lode, monsignore?

DON ARMADO -

In tua lode, s, degna e meritata.

TIGNOLA -

La stessa chio potrei far dunanguilla.

DON ARMADO -

Unanguilla pu essere sagace?([16])

TIGNOLA -

Sagace no, vivace e vispa s.

DON ARMADO -

Intendevo che sei vivace e vispo

nelle risposte; mi riscaldi il sangue.

TIGNOLA -

Ben risposto, signore, ben risposto!

DON ARMADO -

Non amo che altri venga ad incrociarmi.

TIGNOLA -

(A parte)

Dice il contrario di quello che pensa:

sono le croci cui non piace lui!([17])

DON ARMADO -

Ho promesso di stare qui a studiare

per tre anni col Duca.([18])

TIGNOLA -

Unora sola

vi basterebbe, signore.

DON ARMADO -

Impossibile!

TIGNOLA -

Uno detto tre volte, quanto fa?

DON ARMADO -

La numerologia non il mio forte:

una scienza pi consona allo spirito

dun taverniere.

TIGNOLA -

Ma non siete voi

gentiluomo, seor, e giocatore?

DON ARMADO -

S, lo confesso, sono luno e laltro,

essendo luno e laltro la vernice

dun perfetto signore.

TIGNOLA -

Certamente

saprete allora quanto fa la somma

dun asso e un due.

DON ARMADO -

Fa uno pi due.

TIGNOLA -

Tre, per il basso volgo.

DON ARMADO -

Esattamente.

TIGNOLA -

E allora, signor mio, vi pare questa

materia che richieda un qualche studio?

Ecco che noi due qui, in un batter docchio,

s imparato a contare fino a tre.

Ora, quanto sia facile

aggiunger anni alla parola tre

e di studiar tre anni in due parole,

ve lo sa dire pure quel cavallo

chha imparato a danzare a suon di musica!

DON ARMADO -

Ah, quello come numero bellissimo.

TIGNOLA -

(A parte)

A prova che tu sei solo uno zero!

DON ARMADO -

A questo punto voglio confessarti,

Tignola, che mi sono innamorato.

E come innamorarsi gi vil cosa

per un soldato, io, per sovrappi,

lo son duna ragazza terra terra.

Se potessi affrontare spada in pugno

questo mio amoroso sentimento,

potrei rendere libero me stesso

da ogni reprobo suo desiderio,

prenderei in ceppi la concupiscenza

e la consegnerei a un cortigiano

di Francia, che potesse darmi in cambio

una galanteria di nuovo conio.

Ho a scorno il sospirare;

mi toccher rinnegare Cupido.

Confortami, ragazzo: dimmi tu

quali uomini illustri sono stati

schiavi damore.

TIGNOLA -

Ercole, seor.

DON ARMADO -

O Ercole dolcissimo!

Caro ragazzo, citamene ancora,

e che siano di gran reputazione

e gran prestanza.

TIGNOLA -

Sansone, seor,

che fu uomo di grande portamento,

anzi di eccezionale portamento,

perch s caricato sulle spalle

le porte di citt, come un facchino;

e fu servo damore.

DON ARMADO -

Oh, ben piantato, membruto Sansone!

Io ti son superiore nello stocco,

cos come lo sei tu su di me

nel trasportare porte;

ma come te io son servo damore.

E chi fu di Sanson lamato bene,

Tignola caro?

TIGNOLA -

Una donna, seor.

DON ARMADO -

E che incarnato aveva?([19])

TIGNOLA -

Tutti e quattro,

o tre, o due, oppur uno dei quattro.

DON ARMADO -

E quale, esattamente?

TIGNOLA -

Verde-mare,

mio seor.

DON ARMADO -

Ed questo uno dei quattro?

TIGNOLA -

Cos ho letto, seor, ed il pi bello.

DON ARMADO -

Il verde infatti il color degli amanti.

Ma non mi pare sia stato il colore

della sua bella a conquistar Sansone;

fu piuttosto la sua intelligenza.

TIGNOLA -

Proprio cos, seor; quella, difatti,

era dintelligenza fresca-verde.

DON ARMADO -

La mia seora, invece,

dun immacolato bianco-rosso.

TIGNOLA -

Maculati pensieri, monsignore,

si nascondono sotto quei colori.

DON ARMADO -

Definiscili meglio, definiscili,

bene istruito infante.

TIGNOLA -

Sagace ingegno del mio genitore

e lingua di mia madre, ora assistetemi.

DON ARMADO -

O che dolce filiale invocazione!

Quantaltre mai patetica e leggiadra!

A donna bianca e rossa dincarnato

mai leggerai sul volto il suo peccato,

ch se la gota arrossale lonore,

tema rivela il pallido biancore.

Sicch non si potr mai scandagliare

sabbia paura, o sia da biasimare;

perch le guance han la coloritura

che diede loro in dono la natura.

TIGNOLA -

Una rima insidiosa, monsignore,

contro la bianca e rossa di colore.

DON ARMADO -

Ragazzo, non c pure ballata

dellamore tra il re e la mendicante?([20])

TIGNOLA -

Con tal ballata, or son circa tre secoli,

il mondo si copr di vituperio;

ma oggi penso che non sia pi in voga;

o, se lo fosse, a noi non servirebbe,

per la parola come per la musica.

DON ARMADO -

E tuttavia vorrei che quel soggetto

trovasse ancora chi potesse scriverlo,

per poter io trovare, a mio conforto,

in un qualche famoso antecedente,

un buon esempio alla mia trasgressione.

Ragazzo, io amo quella villanella

che sorpresi nel parco laltro giorno

con quella bestia parlante di Zucca.

Quella ragazza merita di pi.

TIGNOLA -

(Tra s)

S, dessere frustata,

e tuttavia davere come amante

uno meglio di te, padrone mio.

DON ARMADO -

Canta, ragazzo: ho lo spirito oppresso

da un gran peso damore.

TIGNOLA -

molto strano,

se amate una ragazza s leggera.([21])

DON ARMADO -

Canta, ti dico.

TIGNOLA -

Ancora un po, padrone:

aspettiamo che passi questa gente.

Entrano GRULLO, ZUCCA e GIACOMETTA

GRULLO -

Signore, volont del nostro Duca

che prendiate in custodia questo Zucca,

e non gli permettiate in nessun modo

alcun diletto e alcuna penitenza

se non quello di stare a pancia vuota

tre giorni a settimana.

Quanto a questa donzella, tocca a me

tenerla custodita qui nel parco,

dove sar aggregata a lavorare

in latteria. State bene, signore.

DON ARMADO -

Ah, che il rossor del volto mi tradisce!

Fanciulla

GIACOMETTA -

Uomo

DON ARMADO -

Verr a farti visita

alla tua capannina.

GIACOMETTA -

qui vicino.

DON ARMADO -

So gi dov.

GIACOMETTA -

Come siete istruito,

Signore Iddio!

DON ARMADO -

Ti dir meraviglie.

GIACOMETTA -

Con quella faccia?

DON ARMADO -

Tamo

GIACOMETTA -

Cos ho sentito che mi dicevate.

DON ARMADO -

Addio!

GIACOMETTA -

E che il bel tempo vaccompagni.

GRULLO -

Su, Giacometta, andiamo.

(Escono Grullo e Giacometta)

DON ARMADO -

Ti toccher digiunare, furfante,

per le tue malefatte,

innanzi dottenere perdonanza.

ZUCCA -

Bene, signore; spero solamente

di poter digiunare a pancia piena.

DON ARMADO -

Sarai pesantemente castigato.

ZUCCA -

Cos sar pi io legato a voi

di quanto non lo siano i vostri servi

dato che le lor paghe son leggere.

DON ARMADO -

Tignola, porta via questo ribaldo;

che sia recluso e messo sotto chiave.

TIGNOLA -

Su, vieni, schiavo trasgressore, via!

ZUCCA -

Non fatemi rinchiudere, signore;

digiuner, ma stando in libert.

TIGNOLA -

No, messere; sarebbe incoerenza.([22])

Devi andare in prigione.

ZUCCA -

E cos sia.

Ma se potr mai rivedere i giorni

allegri della mia desolazione

che ho conosciuto un tempo,

vedr qualcuno

TIGNOLA -

Che vedr qualcuno?

ZUCCA -

Oh, niente, niente pi, mastro Tignola

che ci che cadr loro sotto gli occhi.

E altro non ci dico,

perch non ist bene a un prigioniero

esser troppo silente di parole;

e, grazie a Dio, di pazienza ne ho poca,

come tutti, del resto, a questo mondo;

per cui me ne star calmo e tranquillo.

(Escono Tignola e Zucca)

DON ARMADO -

Amo la terra stessa, ch vil cosa,

che la sua scarpa, cosa ancor pi vile,

sospinta dal suo piede,

cosa anchessa vilissima, calpesta.

Sar spergiuro, amando, ed anche questo

gravissima prova di slealt.

Come potr mai esser veritiero

un amore che inizia con un falso?

Amore il nostro diavolo custode;([23])

non c che lui come angelo del male.

E tuttavia Sansone, al par di me,

pur fornito di forza smisurata,

se ne lasci tentare; e Salomone,

se pur provvisto di tanta saggezza,

si lasci andare alla sua seduzione.

Troppo pi duro il dardo di Cupido

anche al confronto della clava dErcole;

e troppo grande la disparit

con la spada dun cavalier di Spagna.

Con lui non serve chio faccia valere

n la prima n la seconda causa;([24])

lui sinfischia altamente dellaffondo

e della norma del bel duellare;

egli ha una sola mortificazione,

ed che tutti lo chiaman fanciullo;

suo vanto soggiogare tutti gli uomini.

Addio, valore! Arrugginisci, spada!

Non pi rullar, tamburo!

Il vostro possessore innamorato,

servo damore dalla testa ai piedi.

Massista ora qualche estemporaneo

dio della rima, perch son sicuro

che finir per scrivere sonetti.

Progetta, mente mia; scrivi, mia penna.

Io sono ormai per grossi tomi in-folio.([25])


ATTO SECONDO

SCENA I - Il parco reale di Navarra

Entrano la PRINCIPESSA di Francia, con le tre dame di compagnia MARIA, CATERINA, ROSALINA, e con BOYET e due altri nobili

BOYET -

Or giover, signora, fare appello

alle pi nobili vostre risorse.

Considerate chi vi manda qui,

ovvero vostro padre, il re di Francia,

e a chi egli vi manda ambasciatrice,

e quale ambasceria vabbia affidato:

voi, persona tenuta in s alto pregio

nella stima del mondo, qui, a trattare

con luomo ch lerede unico e solo

di quante perfezioni son concesse

alla natura umana,

limpareggiabile re di Navarra;

e su un tema di non minor momento:

lAquitania, una dote da regina.

Siate pertanto prodiga con lui

dogni vostra preziosa e rara grazia,

cos come lo fu con voi Natura,

quando, a render pi rare queste grazie,

volle affamarne il rimanente mondo

per prodigarle tutte a piene mani

sulla vostra persona.

PRINCIPESSA -

Mio ottimo Boyet, la mia bellezza,

per quanto niente affatto eccezionale,

non ha bisogno degli abbellimenti

del vostro elogio; la belt si compra

col giudizio dellocchio che la guarda,

ed il suo prezzo non quello gridato

dalla venale lingua dei mercanti.

Io mi sento assai meno lusingata

dalludir voi lodarne cos il pregio,

di quanto siate voi desideroso

desser tenuto per un uomo savio,

nelladoprare lintelletto vostro

ad esaltare laltezza del mio.

Ed ora un buon precetto al precettore:

voi certo, buon Boyet, non ignorate

- giacch la fama che tutto riporta

ne va spargendo voce - che il Navarra

ha fatto voto che finch trascorsi

non sian tre anni in studi assai severi,

nessuna donna potr avvicinarsi

alla sua corte immersa nel silenzio;

per noi appare quindi indispensabile

che per varcare le vietate soglie

si ottenga il preventivo suo permesso;

ed a questa bisogna, assai fidando

nella vostra ben nota abilit,

noi nominiamo voi, caro Boyet,

nostro solerte e onesto intermediario.

Direte dunque al re di questa terra

che la figlia del re di Francia qui

e che da lui sollecita un colloquio

per un affare di grande importanza

che esige una immediata soluzione.

Presto, recategli questo messaggio;

noi resteremo ad aspettare qui,

umili postulanti, il suo volere.

BOYET -

Orgoglioso di questa mia missione,

mavvio a compierla ben volentieri.

PRINCIPESSA -

Ogni orgoglio volenteroso orgoglio:

e tale anche il vostro.

(Esce Boyet)

E chi sono, cortesi miei signori,

coloro che hanno professato il voto

desser compagni al virtuoso sovrano

in questi studi?

1 NOBILE -

Uno il Longueville.

PRINCIPESSA -

C qui chi lo conosca?

MARIA -

Io, signora.

Ho conosciuto questo Longueville

al matrimonio di Lord Perigort

con la bellissima figlia ed erede

di Giacomo dei conti Falconbridge,

celebratosi in Francia, in Normandia.

persona di meriti eccellenti,

circondato da stima senza pari,

ben versato nelle arti,

magnifico nellarte della guerra:

uno cui nulla mai riesce male,

segli vuole che gli riesca bene.

Unica macchia, in tanto suo splendore,

se splendor di virt pu avere macchie,

un ingegno affilato contrastante

con una troppo ottusa volont;

onde al potere del tagliar sottile

del primo fa contrasto il suo volere

che non sia risparmiato mai nessuno

che cada sotto la sua potest.

PRINCIPESSA -

Insomma uno di quei gentiluomini

amanti dellallegro motteggiare,

non cos?

MARIA -

Cos dicono, infatti,

tutti quelli che meglio lo conoscono.

PRINCIPESSA -

Spiriti come lui han corta vita,

appassiscono nella fioritura.

Chi sono gli altri?

CATERINA -

Il giovane Dumain,

gentiluomo compto e beneamato

da quanti voglion bene alla virt;

uomo ignaro di quel che sia il male,

ma capacissimo di farne, e molto,

perch possiede la capacit

di far passare il brutto per il bello,

e questo bello rivestir di grazia,

pur essendo sprovvisto dogni spirito.

Ho incontrato una volta questo giovane

dal duca dAlenon, e vassicuro

che in confronto al cospicuo suo valore

questo giudizio mio troppo misero

a ridir tutto il bello che ci ho visto.

ROSALINA -

A quel tempo, con lui, se non minganno,

era anche un altro di questi studiosi,

uno chessi chiamavano Birn;

mai mera occorso di passare unora

a conversar con uno pi gioviale,

nei limiti duna allegria composta.

Coglie sempre con locchio loccasione

per dar sfogo al suo spirito brillante;

ed ogni oggetto che quello cattura

laltro volge in un sapido motteggio,

che subito la sua forbita lingua,

fedele interprete dei suoi concetti,

esprime con parole s appropriate

e s eleganti, che le anziane orecchie

fan fatica a seguirle, e vi rinunciano,

mentre le giovani ne son rapite,

tanto vario e frizzante il suo discorrere.

PRINCIPESSA -

Ah, Dio protegga queste mie signore!

Sono gi dunque tutte innamorate,

da rivestir di lodi s sgargianti

ciascuna il suo campione?

1 NOBILE -

Ecco Boyet.

Rientra BOYET

PRINCIPESSA -

Ebbene, quale accoglienza, signore?

BOYET -

Il Navarra era stato gi informato

del vostro arrivo, nobile signora,

e lui e i suoi sodali in giuramento

si preparavano a venirvi incontro,

gi prima chio giungessi al lor cospetto.

Ma, santo Dio, sapete che ho sentito?

Che il re vuole alloggiarvi allaria aperta,

manco foste venuta da nemica

a cingere dassedio la sua corte,

piuttosto che cercar, nelloccasione,

una dispensa dal suo giuramento

col farvi entrare nella spopolata

sua dimora.([26]) Ma eccolo il Navarra.

Entrano il RE, LONGUEVILLE, DUMAIN,

BIRON e altri del seguito

RE -

Vezzosa principessa,

benvenuta alla corte di Navarra.

PRINCIPESSA -

Il vezzosa ve lo restituisco,

e benvenuta non lo sono ancora.

In questa vostra corte

son troppo alti i soffitti, anche per voi;

ma unospitalit la belle toile

troppo bassa per le mie spettanze.

RE -

Sarete benvenuta alla mia corte,

gentile principessa.

PRINCIPESSA -

Benvenuta

mi potr dir da voi soltanto allora.

Vogliatevi degnar daccompagnarmici.

RE -

Prima ascoltatemi, bella signora:

io ho fatto un solenne giuramento

PRINCIPESSA -

Oh, allora vi protegga la Madonna,

vi fareste spergiuro!

RE -

Oh, mai, signora!

Mai per mia volont, per tutto il mondo!

PRINCIPESSA -

Eppure un giuramento lo pu infrangere

solo un atto di volont, e nientaltro.

RE -

Vostra Altezza non sa di che si tratta.

PRINCIPESSA -

Se fosse Vostra Grazia a non saperlo,

la sua sarebbe unignoranza saggia;

laddove adesso la sua conoscenza

deve mostrare dessere ignoranza.

La Grazia Vostra ha fatto giuramento

di vivere in clausura, a quanto ho udito:

peccato mortale, mio signore,

tener fede a un tale giuramento,

come peccato mortale violarlo.

Ma, perdonatemi, son troppo ardita:

non sta a me dinsegnare ad un maestro.

Ecco, degnatevi di legger qui

qual lo scopo di questa mia visita,

e di darmi sollecita risposta.

RE -

Lo far, certamente, mia signora,

e quanto prima mi sar possibile.

PRINCIPESSA -

Pi presto lo farete,

pi presto mi farete ripartire;

vi fareste spergiuro, a trattenermi.

(Il Re legge. La Principessa si apparta)

BIRON e ROSALINA si fanno avanti

BIRON -

Non con voi che ho ballato, in Brabante?

ROSALINA -

Non con voi che ho ballato, in Brabante?

BIRON -

S, certo.

ROSALINA -

E allora che bisogno cera

di far quella domanda?

BIRON -

Ehi l, che grinta!

ROSALINA -

La colpa vostra, con domande simili!

BIRON -

Il vostro spirito troppo focoso,

galoppa forte, vi si sfiancher.

ROSALINA -

Non fino a tanto chabbia sbardellato

il proprio cavaliere nel pantano.

BIRON -

Sapete che ora ?

ROSALINA -

Lora precisa

di quando son gli sciocchi a chieder lora.

BIRON -

Buona fortuna al vostro mascherino.([27])

ROSALINA -

E buona sorte al viso chesso copre.

BIRON -

E vi procuri tanti spasimanti.

ROSALINA -

Amen, purch non siate voi fra loro.

BIRON -

Allora non mi resta che lasciarvi.

(Si allontanano, separandosi)

Il RE ha finito di leggere

RE -

Signora, vostro padre qui cinforma

daver versato gi in restituzione

centomila corone,

ch appena la met dellammontare

sborsatogli a suo tempo da mio padre

per le sue guerre. Sicch, pure ammesso,

che lui o io - ma cos non stato -

avessimo incassata tale somma,

resterebbero sempre da pagare

centomila corone; a garanzia

del qual debito, riteniamo ancora

parte dellAquitania in nostra mano

anche se quella terra abbia un valore

da stimare inferiore al nostro credito.

Se dunque il re di Francia vostro padre

ci volesse versar laltra met

del saldo non ancora soddisfatto,

noi saremmo disposti a rinunciare

a qualsiasi pretesa in Aquitania,

restando in buona amicizia con lui.

Ma non sembra sia questo il suo proposito,

dal momento che lui che chiede a noi,

qui, di pagar centomila corone,

e nulla dice circa il pagamento

da fare a noi di quelle centomila

con le quali potrebbe riottenere

i pieni suoi diritti in Aquitania:

una terra di cui, cos smembrata,

preferiremmo invero liberarci,

recuperando lintero ammontare

del denaro prestato da mio padre.

Mia cara principessa,

se le richieste del re vostro padre

non fossero talmente esorbitanti

da ogni ragionevole consenso,

la vostra amabile presenza qui

ne avrebbe da mia parte accettazione,

per quanto sconsigliata da ragione;

e voi ve ne ritornereste in Francia

pienamente contenta e soddisfatta.

PRINCIPESSA -

Voi fate grave torto al re mio padre,

ed altrettanto torto al vostro nome,

col dichiarare, in modo s deciso,

di non aver ancora ricevuto

quanto fu soddisfatto in piena fede.

RE -

Ed io seguito a dire, in piena fede,

di non averne udito mai parlare;

ma se voi siete in grado di provarlo,

io sono pronto a rendervi la somma,

oppure a rinunciare allAquitania.

PRINCIPESSA -

Ed io son pronta a prendervi in parola.

Boyet, mostrategli le ricevute

rilasciateci per la stessa somma

dai funzionari alluopo incaricati

dal re Carlo, suo padre.

RE -

Se cos , ne sarei soddisfatto.

BOYET -

Purtroppo, ci perdoni Vostra Grazia,

il plico contenente le quietanze

non ancora arrivato;

non potremo esibirle che domani.

RE -

Mi baster; al colloquio di domani

mi troverete affatto disponibile

ad ogni ragionevole richiesta.

Vogliate intanto gradir di buon animo

nella mia terra lospitalit

che lonor mio, senza violar lonore,

pu offrire allalta vostra dignit.

Non potrete varcare, mio malgrado,

vezzosa principessa, la mia soglia;

ma qui, allesterno, voi sarete accolta

in tal maniera, da farvi pensare

dessere stata accolta nel mio cuore,

anche se m negato, onestamente,

di stabilirvi dentro la mia casa.

So che la vostra amabile indulgenza

mi scuser. E cos addio, signora.

Torneremo domani a farvi omaggio.

PRINCIPESSA -

Buona salute e nobili pensieri

vi sian sempre compagni, Vostra Grazia.

RE -

Lo stesso a voi, dovunque, principessa.

(Esce il Re con il seguito)

Si fanno avanti di nuovo BIRON e ROSALINA

BIRON -

Vi affider al mio cuore, bella dama.

ROSALINA -

E portategli pure i miei saluti;

sarei proprio felice di vederlo.

BIRON -

Vorrei che lo sentiste singhiozzare.

ROSALINA -

Perch, forse malato, il pazzerello?

BIRON -

Malato al cuore, s.

ROSALINA -

Ah, poveretto!

Vi converrebbe fargli un bel salasso.

BIRON -

Credete voi che gli farebbe bene?

ROSALINA -

La scienza medica dice di s.

BIRON -

Lo volete trafiggere con gli occhi?

ROSALINA -

No, no, col mio coltello.

BIRON -

Guardi il Signore Iddio la vostra vita!

ROSALINA -

E la vostra dal viver troppo a lungo!

BIRON -

Non ho tempo per starvi a ringraziare.

(Si allontanano)

Si fanno avanti DUMAIN e BOYET

DUMAIN -

Di grazia, una parola, monsignore:

sapreste dirmi chi quella dama?

(Indica Caterina)

BOYET -

lerede del Duca dAlenon,

Caterina di nome.

DUMAIN -

Bella donna!

E con questo, monsieur, arrivederci.

(Si allontana)

Si fa avanti LONGUEVILLE

LONGUEVILLE -

Una parola, prego, monsignore:

chi , di grazia, quella dama in bianco?

BOYET -

Una donna, a vederla controluce.

LONGUEVILLE -

Gi, diciamo una luce nella luce.

Ma io vho chiesto di darmi il suo nome.

BOYET -

Non ne ha che uno, e farglielo dar via

non sarebbe cortese.

LONGUEVILLE -

Di chi figlia?

BOYET -

Di sua madre. Cos ho sentito dire.

LONGUEVILLE -

Dio benedica quella vostra barba!

BOYET -

Evvia, signore, non andate in collera!

la figlia del conte Falconbridge.

LONGUEVILLE -

M passata la collera. incantevole!

BOYET -

Probabile, signore; anzi, possibile.

(Si allontana Longueville)

Si fa di nuovo avanti BIRON

BIRON -

Qual il nome di quella col cappuccio?

BOYET -

Rosalina, per sua buona ventura.

BIRON -

Sposata, o no?

BOYET -

Son fatti suoi, signore.

BIRON -

Molti saluti a voi, signore. Addio.

BOYET -

Addio a me, e saluti a voi, signore.

(Esce Biron - Le dame si tolgono le maschere)

MARIA -

(Che intanto si avvicinata a Boyet)

Questultimo era il nobile Biron:

testa matta e carattere balzano.

Con lui non c parola

che non diventi subito uno scherzo.

BOYET -

E non c scherzo, che, detto da lui,

non si riduca a una parola vuota.

PRINCIPESSA -

E bene avete fatto voi, Boyet,

a non lasciargli lultima parola.

BOYET -

Tanta era in me la voglia di arpionarlo

quanto in lui era quella di arrembarmi.

CATERINA -

(Che intanto si fatta avanti)

Due focosi montoni che si cozzano.

BOYET -

O anche due vascelli che si scontrano.([28])

Montone, io? Macch! Dolce agnellino,

se mi farete brucar la pastura

su quelle vostre labbra.

CATERINA -

Allora voi montone, ed io pastura

purch lo scherzo finisca cos.

BOYET -

S, offrendomi di pascolar cos.

(Tenta di baciarla)

CATERINA -

(Respingendolo)

Ah, non cos, mio cortese quadrupede!

Le mie labbra non son pubblico pascolo,

ma riservato.

BOYET -

Riservato a chi?

CATERINA -

Alla mia buona sorte ed a me stessa.

PRINCIPESSA -

dei brillanti ingegni bisticciare;

ma voi, gentili dame, questa volta

cercate desser tutte in armonia;

questa guerra civile fra cervelli

riservatevi a farla col Navarra

e con la sua libresca confraternita;

ch qui sarebbe davvero sprecata.

BOYET -

Se il mio bernoccolo dosservatore,

che raramente sbaglia, non minganna,

a giudicar dalla muta eloquenza

che dal cuore per gli occhi si dispiega,

il Navarra mi pare contagiato.

PRINCIPESSA -

Da qual malanno?

BOYET -

Da quel certo male

che gli amatori chiaman mal damore.

PRINCIPESSA -

E con quale ragione lo affermate?

BOYET -

Eh, dal fatto che i suoi comportamenti

si son tutti ritratti e concentrati

nella corte degli occhi, e da l

vi spiano attraverso il desiderio.

Il suo cuore, come una pietra dagata

con limmagine vostra sopra incisa,

inorgoglito da questa sua forma,

esprimeva dagli occhi questo orgoglio;

la sua lingua, del tutto intollerante

di parlare senza poter vedere,

sembrava incespicarsi per la fretta

di trovarsi nel raggio del suo sguardo;

e parimenti tutti gli altri sensi,

in quellunico senso trasferiti,

si sentivano solo soddisfatti

di mirar quella bella fra le belle:

pareva, insomma, che tutti i suoi sensi

si fossero accalcati nel suo occhio,

come gemme in un vaso di cristallo

per essere acquistato da un gran principe;

e da dentro alla vitrea custodia,

quasi ostentando a tutti il loro pregio,

accennavano a voi, che passavate,

perch foste la loro compratrice.

Gli stessi margini della sua faccia

denunciavano tanto il suo stupore,

che ad ogni occhio era dato di vedere

lincantamento degli occhi di lui

nel contemplare quella meraviglia.

Vi regalo Aquitania e tutto il resto

chegli possiede se, per compiacermi,

gli deste solo un bacino damore.

PRINCIPESSA -

Su, belle dame, al nostro padiglione!

Oggi Boyet in vena([29]) dallegria.

BOYET -

Non ho fatto che esprimere a parole

quello che gli occhi suoi hanno svelato;

nientaltro che dar bocca a quegli sguardi,

e aggiungervi di mio solo la lingua,

che son certo, non vha detto bugia.

MARIA -

Voi siete rotto agli amorosi traffici,

e parlate perci per esperienza.

ROSALINA -

Egli il nonno paterno di Cupido,

ed apprende da lui le novit.

CATERINA -

Allora c da credere che Venere

somigliasse a sua madre,

con un padre tuttaltro che avvenente.

BOYET -

Non volete ascoltare, pazzerelle?

MARIA -

No!

BOYET -

Che! Allora, nemmeno vedere?

ROSALINA -

S, la via per andarcene di qui.

BOYET -

Ah, voi per me siete troppo coriacee.

(Escono)


ATTO TERZO

SCENA I - Il parco reale di Navarra

Entrano DON ARMADO e TIGNOLA

DON ARMADO -

Gorgheggia, su, fanciullo:

incantami il senso delludito.

TIGNOLA canta il motivo Concolinel([30])

Oh, dolce musica! Va, tenerezza,

toh, prendi questa chiave, ed apri al villico,([31])

e portamelo qui immediatamente:

ho bisogno di lui per affidargli

una lettera pel mio caro bene.

TIGNOLA -

Padrone, e non vorreste conquistarlo,

il vostro caro bene,

con un bel saltarello alla francese?([32])

DON ARMADO -

Che intendi tu, ragazzo?

Io, mettermi a saltare alla francese?

TIGNOLA -

No, no, mio completissimo padrone,([33])

ma accennar sulla punta della lingua

un passo di gagliarda,

saltellare sui piedi una canaria,([34])

cogli occhi alzati al cielo,

sospirando una nota, un po cantandola,

magari con dei suoni gutturali,

come a ingoiare amor cantando amore,

e qualche volta con suoni nasali,

quasi aspirando amor con lodorarlo,

col cappello calato a pensilina

sopra il laboratorio dei vostri occhi

con le braccia conserte sul corsetto

che vi ricopre la magra pancetta

di coniglio allo spiedo, o mani in tasca,

al modo dun ritratto fuori moda.

E senza insistere su un sol motivo:

un solo accenno, e via! Passare ad altro;

son questi i modi, questi gli espedienti

che servono a sedurre le ragazze

(che si farebbero per sedurre

lo stesso senza tutte queste trappole),

e che rendono degni di attenzione

- comio lo sono della vostra adesso -

quegli uomini che meglio sanno usarli.

DON ARMADO -

E tu, come hai potuto procurar

tutta questa esperienza?

TIGNOLA -

Col mio centesimo dosservazione.

DON ARMADO -

Ma oh, ma oh, ragazzo.

TIGNOLA -

Il cavalluccio a dondolo([35]) scordato.

DON ARMADO -

Il Cavalluccio a dondolo;

cos chiami il mio amore?

TIGNOLA -

No, padrone!

Il cavalluccio solo un puledrino;

il vostro amore forse una giumenta

di quelle che si prendono a noleggio.([36])

Ma, cavalluccio o no, del vostro amore

vi siete gi dimenticato?

DON ARMADO -

Quasi.

TIGNOLA -

Negligente scolaro!

Dovete invece impararlo a memoria.

DON ARMADO -

A memoria, ragazzo, ed in memoria.

TIGNOLA -

E fuor della memoria, anche, padrone.

Ed io ve le dimostro tutte e tre.

DON ARMADO -

Dimostrarmi che cosa?

TIGNOLA -

Prima, dessere un uomo, se sto in vita;

e poi, subito, il come ed il perch

di quella, di quellin e di quel fuori.

Voi lamate a memoria,

perch non vi possibile, seor,

lasciare il vostro cuore accanto a lei;

voi lamate in memoria,

perch lamate dentro il vostro cuore;

lamate, infine, fuori di memoria,

perch vorreste scordarvi la pena

di non potervela godere appieno.

DON ARMADO -

vero: io son tutte e tre le cose.

TIGNOLA -

(Tra s)

E se lo fossi pur tre volte tre,

sempre zero saresti

DON ARMADO -

Adesso va,

cerca il villico e portamelo qui:

debbo mandarlo a recare una lettera.

TIGNOLA -

(Tra s)

Messaggio combinato proprio bene:

un cavallo che fa da ambasciatore

a un somaro

DON ARMADO -

Che dici, che borbotti?

TIGNOLA -

Eh, seor, che dovreste metter lasino,

che va di passo lento, sul cavallo.

Io vado.

DON ARMADO -

Va, che il tratto breve, va!

TIGNOLA -

Vado, seor, veloce come piombo.

DON ARMADO -

Che intendi dire, piccolo saputo?

Non il piombo metallo greve e pigro

e lento?

TIGNOLA -

Minime, onesto padrone;

vale a dire, padrone, niente affatto.

DON ARMADO -

Il piombo lento, ho detto.

TIGNOLA -

E voi, signore,

siete un po troppo lesto ad affermarlo:

forse lento il piombo,

quando viene sparato da un fucile?

DON ARMADO -

O dolce fumo del parlar retorico!

Costui mi raffigura in un fucile,

e lui si raffigura in un proiettile.

Ed io ti sparo allora contro il villico.

TIGNOLA -

Bum! Ed io son gi via!

(Esce)

DON ARMADO -

Argutissimo giovane: versatile,

e non privo di grazia!

Cielo benigno, sii compassionevole

se son costretto a sospirarti in faccia!

O tu, crudissima malinconia,

ora il valore in me ti cede il posto.

Ma ecco di ritorno il mio araldo.

Rientra TIGNOLA, accompagnando ZUCCA

TIGNOLA -

Prodigioso, padrone! Ecco una zucca

che s rotto uno stinco.

DON ARMADO -

Che vuol dire?

Quale enigma, qual rompicapo questo?

Il tuo congedo([37]) prima. Su, comincia.

ZUCCA -

Ma quale enigma! Quale rompicapo!

Quale congedo! Nella mia bisaccia,

niente salvia([38]): piantaggine e nientaltro;

piantaggine selvatica, signore.

Che congedo e congedo! Niente salvia,

signore, ma piantaggine comune!

DON ARMADO -

Oh, poffarbacco, tu mi muovi al riso!

La tua scemenza, la tua dabbenaggine

Oh, povera mia milza!

Lespansione improvvisa dei polmoni

mi provoca un sorriso da baggiano.

Ah, perdono, mie stelle protettrici!

Non ha scambiato, questo scimunito,

salve per salvia, e congedo per salve?

TIGNOLA -

Lintende forse altrimenti un sapiente?

Il congedo non forse anche un salve?

DON ARMADO -

No, ragazzo, un epilogo: un discorso

per render chiaro quanto detto prima

che sia rimasto oscuro. Per esempio:

La volpe con la scimmia e il calabrone

erano sempre dispari,

essendo sempre e solamente in tre.

Fino qui la morale. E poi il congedo.([39])

TIGNOLA -

Il congedo lo voglio aggiunger io,

se voi mi ripetete la morale.

DON ARMADO -

La volpe con la scimmia e il calabrone

erano sempre dispari,

essendo sempre e solamente in tre.

TIGNOLA -

Finch sulluscio loca non spunt,

aggiunse il quarto, e il pari combin.

Dico io ora la vostra morale,

e voi seguite con il mio congedo.

La volpe con la scimmia e il calabrone

erano sempre dispari,

essendo sempre e solamente in tre.

DON ARMADO -

Finch sulluscio loca non spunt,

aggiunse il quarto, e il pari combin.

TIGNOLA -

Un bel congedo, che finisce in oca.

Che volete di pi?

ZUCCA -

(Tra s)

Glielha affibbiata loca, il ragazzino.

Bel colpo, cspita.

(A Don Armado)

Se loca grassa,

avete bene speso i vostri soldi,

signore. A vendere e comprare bene

sempre uno scaltrito tira e molla.

Dunque, vediamo un po: congedo grasso

s, loca pure grassa.

DON ARMADO -

Al punto! Al punto!

Com nata questargomentazione?

TIGNOLA -

Con il mio annunciarvi che una zucca

sera rotto uno stinco. E allora voi

siete venuto fuori col congedo.

ZUCCA -

Esattissimo. Ed io con la piantaggine.

E poi entrate voi in argomento.

E poi il congedo grasso del ragazzo,

con loca che lo stesso vha affibbiato,

e con questo egli chiuse il suo baratto.

DON ARMADO -

Ma dite: com stato che una zucca

si sia potuta rompere uno stinco?

TIGNOLA -

Ve lo spiegher io, sensibilmente.

ZUCCA -

Per sentirlo, Tignola, mi dispiace,

ma tu non sei sensibile abbastanza.

Quel congedo ve lo declamo io:

Io, Zucca, mentre fuori me ne andavo

da dentro, dove sano e salvo stavo,

nella soglia inciampavo,

ed uno stinco, ahim, mi fracassavo.

DON ARMADO -

Ma di ci basta. Non c pi materia.

ZUCCA -

Almeno fino a quando altra materia

non ci sar fornita dallo stinco.

DON ARMADO -

Zucca, messere, ti voglio affrancare.

ZUCCA -

Magnifico! Sposarmi a una francese!([40])

Sento odor di congedo e doca grassa.([41])

DON ARMADO -

Intendo, per la dolce anima mia,

darti la libert,

rendere libera la tua persona,

da immurato, recluso, captivato,

vincolato, che sei stato finora.

ZUCCA -

Vero! Vero! E cos ora sarete,

come a dire, padrone, il mio purgante:

vale a dire, mi manderete sciolto.([42])

DON ARMADO -

Ti do la libert,

ti traggo fuori dalla costrizione;

e in lieu di ci non timpongo altro vincolo

che questo: di recar questo messaggio

alla mia villanella, a Giacometta.

(Gli consegna una lettera)

Ci sar poi un remunerativo,

perch il miglior guardiano del mio onore

il mio riguardo verso i dipendenti.

Tignola, seguimi.

(Esce)

TIGNOLA -

Come la coda

il proprio cane. Signor Zucca, addio.

ZUCCA -

Addio, mio delicato gioiellino!

Mio dolce spicciolo di carne umana!

(Esce Tignola con Don Armado)

Vediamo: ha detto remunerativo

Che sar questo remunerativo?

Eh, sissignore, il termine latino

per dire mezzo soldo pi un centesimo.

Tre centesimi: remunerativo

Quanto costa codesto nastro?, Un soldo.

troppo, al massimo ti posso dare

un remunerativo, non di pi.

E se lo compra. Remunerativo!

Comunque nome sempre pi decente

di corona francese.([43]) In avvenire

non comprer, non vender pi niente

che per contanti remunerativi.([44])

Entra BIRON

BIRON -

Oh, caro Zucca, mio bravo compare!

Come viene a proposito incontrarti!

ZUCCA -

Sapreste dirmi, di grazia, signore,

quanto nastro color rosso-garofano

si compra con un remunerativo?

BIRON -

Un remunerativo! E che cos?

ZUCCA -

Eh, circa mezzo soldo, monsignore.

BIRON -

Allora tre centimetri di nastro.

ZUCCA -

Grazie, signore. Che Dio sia con voi!

(Fa per andarsene)

BIRON -

Ferma, birbante. Ho bisogno di te.

Se ti vuoi guadagnare il mio favore,

caro il mio bel gaglioffo,

fammi il favore che ti sto per chiedere.

ZUCCA -

E per quando volete che sia fatto?

BIRON -

Per questo pomeriggio.

ZUCCA -

Sta bene. Sar fatto. Vi saluto.

BIRON -

Ma se non sai di che cosa si tratta.

ZUCCA -

Lo sapr non appena sar fatto.

BIRON -

No, furfante, devi saperlo prima.

ZUCCA -

Verr da voi domattina, signore.

BIRON -

No, sha da fare questo pomeriggio.

Stammi attento, furfante; solo questo:

la principessa questo pomeriggio

verr a caccia nel parco,

e frammezzo alla gente del suo seguito

c una dama gentile: cos dolce,

che se una lingua vuol parlare dolce,

basta ne dica il nome: Rosalina.

Chiedi di lei, e alle sue mani candide

porgi questo messaggio sigillato.

Per te c questo guiderdone. Va.

(Gli d del denaro)

ZUCCA -

Oh, ghiderdone! Caro ghiderdone!

Meglio assai tu che il remunerativo!

Undici soldi e un centesimo in pi.

Ghiderdone dolcissimo!

Far tutto a puntino, monsignore.

Che ghiderdone! Remunerativo!

(Esce)

BIRON -

Ed eccoti, Biron, innamorato!

Tu che sei sempre stato dellamore

il gran fustigatore, il banditore

dogni amoroso anelito dellanimo,

il critico, il gendarme della notte,

il pedante tiranno

di quel fanciullo che non ha rivali

su questa terra per magnificenza!

Quel fanciullo bendato, lacrimoso,

completamente cieco, capriccioso,

quel vecchio-giovane, nano-gigante,

Sua Signoria Cupido,

delle rime damor governatore,

signore delle braccia che sintrecciano,

di sospiri e languori unto sovrano,

re di tutti gli oziosi e i malcontenti,

temuto principe delle gonnelle,

re di braghe, braghette e braghettine,

imperatore e gran capo assoluto

dei galoppini alle corti dei vescovi([45])

Oh, quanto affanno cuoricino mio!

Eccomi anchio suo caporale in campo,

ad indossare anchio i suoi colori,

come fa col suo cerchio il saltimbanco!

Oh, io amare! Io, fare la corte!

Io, in cerca di moglie di una donna,

che come certi orologi tedeschi,

sempre in riparazione, fuori sesto,

che non ti d mai lora, lora giusta,

se ti serve per essere svegliato,

e che ha bisogno desser controllato

continuamente perch vada bene.

E quel che peggio diventar spergiuro,

e, delle tre, piacermi la peggiore:

una pallida, smilza sgualdrinella

dalla fronte che pare di velluto,

e con due piccole palle di pece

piantate a mezzo il viso a far da occhi;

e tuttavia capace, per il cielo!,

di fare tutto quello che vuol fare,

e che farebbe, avesse pure un Argo

per eunuco e guardiano

E io, Biron, a sospirar damore,

a vegliare, a pregar sempre per lei!

Ah, questo veramente il gran castigo

che minfligge Cupido, a punizione

daver io tanto tempo trascurato

e tenuto in non cale la sua piccola

ma onnipossente e tremenda potenza.

Bene! Vuol dire che far lamore,

scriver, pregher, cortegger,

gemer. C a chi dato dalla sorte

damare una signora dalto rango,

e a chi una semplice popolanella.

(Esce)


ATTO QUARTO

SCENA I - Il parco reale di Navarra

Entrano la PRINCIPESSA di Francia, MARIA, CATERINA, ROSALINA, BOYET, nobili,

persone del seguito e un GUARDABOSCHI

PRINCIPESSA -

(Al Guardaboschi)

Era il re che spronava cos forte

il suo cavallo su per la scoscesa

costa della collina?

GUARDABOSCHI -

Non so dirvelo;

ma credo che non fosse.

PRINCIPESSA -

Chiunque fosse,

mostrava una grande ansia di salire

Bene, signori, la nostra missione

oggi sar conclusa, sicch sabato

riprenderemo la via della Francia.

Allora, dunque, amico guardaboschi,

dov il cespuglio nel quale appostarci

per recitar la parte di assassini?

GUARDABOSCHI -

Qui presso, al margine di quel boschetto;

il posto meglio adatto al pi bel tiro.

PRINCIPESSA -

Grazie alla mia bellezza; io sono bella,

secondo te, che tiro,

e tu parli perci del pi bel tiro.

GUARDABOSCHI -

Oh, signora, vogliate perdonarmi!

Non intendevo proprio dire questo.

PRINCIPESSA -

Come! Prima mi lodi e poi lo neghi?

O effimero mio vanto!

Allora, non son bella? Ah, che dolore!

GUARDABOSCHI -

Siete bella, signora, anzi bellissima.

PRINCIPESSA -

Beh, adesso non vorrai farmi il ritratto.

Dove non bellezza, non c lode

che sia capace di porvi rimedio.

Ecco, mio bravo specchio, prendi questo,

per aver detto il vero;

(Gli d del denaro)

un buon compenso per parole ingrate

pi di quanto sarebbe dovuto.

GUARDABOSCHI -

Non c niente di voi che non sia bello.

PRINCIPESSA -

Toh, toh, la mia bellezza ora si salva

per virt delle mie opere buone([46])

Ah, leresia del bello

caratteristica del nostro tempo!

Una mano che dona, anche se brutta,

lodata per bella Qua, qua larco:

la piet si rivolge ora ad uccidere,

e il saper tirar bene al suo bersaglio

sar da lei considerato un male.

Cos potr salvare la mia fama

di tiratrice: se sbaglio la mira,

si dir che la colpa sar stata

della piet; se colpisco il bersaglio,

lho fatto per mostrar la mia bravura,

e questo pi per bramosia di lode

che per vero proposito di uccidere.

E cos, senza dubbio, accade spesso:

che la gloria, cio, si faccia rea

dobbrobriosi delitti,

quando nel mondo gli uomini, per brama

dinseguire soltanto fama e lode,

o per altre esteriori vanit,

sinducono a piegare a tutto questo

le autentiche conquiste dello spirito.

Comio adesso, che solo per lode

mi sto appostando per versare il sangue

dun povero cerbiatto, contro il quale

il mio cuore non nutre alcun rancore.

BOYET -

E non solo per amor di lode

che certe mogli ottuse e pervicaci

sintestano a voler essere loro

le padrone dei lor propri padroni?

PRINCIPESSA -

Sar soltanto per amor di lode;

ma lode vada sempre ad ogni donna

che si sforzi di soggiogare luomo.

Entra ZUCCA

BOYET -

Ecco arrivare qui un rappresentante

della comunit.

ZUCCA -

Salute a tutti!

Chi qui la signora capintesta?

PRINCIPESSA -

La potrai riconoscere, bravuomo,

da tutte laltre che son senza testa.

ZUCCA -

Intendo la pi grande, la pi alta.

PRINCIPESSA -

La pi grossa di vita e la pi lunga.

ZUCCA -

La pi grossa di vita e la pi lunga!

Cos , infatti: quel che vero vero!

Se voi foste, signora, s sottile,

di vita come lo io son di spirito,

la cinta duna di queste fanciulle

sadatterebbe bene ai vostri fianchi.

Ma vedo che qui siete la pi grossa.

Non siete dunque voi la capintesta?

PRINCIPESSA -

Che vai cercando, messere? Che vuoi?

ZUCCA -

Ho una lettera di Monsi Biron

per una certa Lady Rosalina.

PRINCIPESSA -

Oh, la lettera! Dammi quella lettera!

Monsieur Biron nostro buon amico.

Fatti da parte, mio buon messaggero.

Boyet, voi che sapete ben tagliare

trinciatemelo voi questo polletto.([47])

BOYET -

Sono agli ordini vostri, principessa.

(Fa per aprire la lettera, ma si arresta)

Ah, ma qui c un disguido!

Questa lettera non riguarda alcuno

dei qui presenti: scritta a Giacometta.

PRINCIPESSA -

La leggeremo lo stesso. Lo giuro.

Boyet, tirate il collo a quella cera,([48])

e dia ciascuno gli orecchi allascolto.

BOYET -

(Apre la lettera e legge)

Perdio, che tu sia bella

verit infallibilmente vera;

ed vero che sei anche leggiadra;

ed verissimo che sei adorabile.

O tu, pi bella ancor della bellezza,

e pi leggiadra della leggiadria,

pi vera della stessa verit,

commisera un eroico tuo vassallo!

Il magnanimo e illustre re Cofetua

pos il suo occhio su Zenofolona,

rozza ed indubitabile accattona;([49])

e avrebbe ben potuto, a buon diritto,

pronunciare quel: Veni, vidi, vici,

(o basso, e vile, ed oscuro volgare!)

sarebbe come dire, videlicet:

Ei venne, vide e vinse.

Venne, uno; vide, due e vinse, tre.

Ora, chi fu che venne? Il re. A che fare?

A vedere. Perch venne a vedere?

Per vincere. E a chi venne? Allaccattona.

E chi vide egli sempre? Laccattona.

E chi vinse egli? Sempre laccattona.

A conclusione ci fu una vittoria.

Da quale parte? Da quella del re.

Ma la captivit fu la ricchezza.

Dalla parte di chi? Dellaccattona.

Catastrofe finale: un matrimonio.

A favore di chi? Del re? No, no:

di due in uno, ovvero duno in due.

Il re son io - e il paragone regge -

e tu sei laccattona di Cofetua,

come prova la tua bassa estrazione.

Dovr ordinarti di amarmi? Lo posso.

Forzar dovr il tuo amore? Lo potrei.

Dovr implorare il tuo amore? Lo voglio.

Che avrai tu allora in cambio dei tuoi stracci?

Ricche vesti di seta. E dei tuoi bricioli?

Tanti titoli. E di te stessa? Me.

Cos, in attesa della tua risposta,

profano le mie labbra sul tuo piede,

sullimmagine tua profano gli occhi,

su ogni parte di te profano il cuore.

Tuo, col pi ardente anelito a servirti,

ADRIANO DE ARMADO

Post scriptum:

Cos odi tu ruggir contro di te

caro agnellino, il leone nemeo,

che ti sta per carpire.

Docile cadi ai piedi di quel sire,

ed ei si mostrer con te carino.

Ma se resisti, che sar di te,

povera meschinella?

Sarai per la sua rabbia un corpicino,

esca al suo cibo, pasto alla sua cella.

PRINCIPESSA -

Qual cimiero di piume mai costui

la cui mano ha stilato questa lettera!

Quale orifiamma che garrisce al vento!

Qual galletto di cuspide di chiesa!

Avete udito niente di pi bello?

BOYET -

Se non sbaglio, conosco questo stile.

PRINCIPESSA -

Sareste dassai labile memoria

se ve ne foste gi dimenticato.

BOYET -

Questo Armado quel cavalier di Spagna

che bazzica qui a corte:

un personaggio alquanto stravagante,

un secondo Monarco,([50])

uno choffre il consueto passatempo

al re e ai suoi compagni di clausura.

PRINCIPESSA -

(A Zucca)

Compare, senti un po:

mi dici chi ti ha dato questa lettera?

ZUCCA -

Il mio signore.

PRINCIPESSA -

E a chi dovevi darla?

ZUCCA -

Alla signora mia, dal mio signore.

PRINCIPESSA -

E chi sono il signore e la signora?

ZUCCA -

Volevo dire dal signor Biron,

mio ottimo padrone,

ad una certa signora di Francia

chegli ha chiamato come Rosalina.

PRINCIPESSA -

Devi avere scambiato quella lettera

con qualcunaltra. Andiamo, via, signori.

(A Rosalina, dandole la lettera)

Tu, cara, questa tienla in serbo tu;

un giorno o laltro, tanto, avrai la tua.

(Escono la Principessa e il seguito,

tranne Boyet e Rosalina)

BOYET -

E chi sarebbe questo tiratore?([51])

ROSALINA -

Volete proprio saperlo da me?

BOYET -

Da te, mio continente di bellezza.

ROSALINA -

Beh, tiratore lei, che porta larco.

Ben tirata, nevvero?

BOYET -

La principessa andata a cacciar cervi,

ma se tu, cara, prenderai marito,

chio sia appeso pel collo se quellanno

ci sar al mondo carestia di corna.

Ben parata, nevvero?

ROSALINA -

Beh, se facciamo a chi la tira meglio,

allora il tiratore sar io.

BOYET -

E chi sar il tuo cervo?

ROSALINA -

S per le corna, state attento a voi

a non venirmi troppo sotto tiro.

Ben tirata, nevvero?

MARIA -

E sempre a baruffar con lei, Boyet!

E lei che sempre vi colpisce in fronte.

BOYET -

E la colpisco anchio, ma un po pi sotto.

Stavolta ho fatto centro, s o no?

ROSALINA -

A proposito di colpir nel segno,

vo scaricarti addosso un vecchio detto

chera gi uomo fatto

al tempo che Pipino re di Francia

era ancora un bambino mocciosetto.

BOYET -

Vuol dire chio ti controbatter

con altrettanto vecchia filastrocca

chera gi donna fatta

al tempo che Ginevra di Britannia

era ancora una tenera fanciulla,

a proposito di colpir nel segno.

ROSALINA -

(Cantando)

Colpire tu non sai, non sai, non sai,

colpire non potrai, bravuomo, mai!.

BOYET -

(Cantando)

E sei colpir non sa, non sa, non sa,

e se non sapr lui, altri sapr.

(Escono Rosalina e Caterina)

ZUCCA -

Ah, che spasso, che spasso, in fede mia!

Bravi, bravi davvero, tutti e due!

MARIA -

S, tutto ben centrato, a meraviglia!

Da tutti e due: due buoni tiratori.

BOYET -

Un centro! Dice bene la signora.

S, ma puntando sempre su un bersaglio

chabbia al suo centro un chiodo

su cui poter mirare, per far centro.

MARIA -

Braccio sinistro troppo largo: fiacca!([52])

ZUCCA -

Eh, s, sha da tirare pi accostati:

se no, quel chiodo non simbrocca mai.

BOYET -

Se la mia mano in fuori,

mi pare che la tua sia troppo in dentro.

ZUCCA -

E allora il colpo buono lo fa lei,

spaccando il chiodo in due.([53])

MARIA -

Andiamo, andiamo,

basta questo parlare sconveniente.

Le vostre labbra son davvero sconce.

ZUCCA -

Con lei non la spuntate, monsignore,

al tiro allarco; provate alle bocce.

BOYET -

Ho paura di qualche impedimento

che le dirotti dalla loro corsa.([54])

Buona notte, mio bravo barbagianni.

(Escono Boyet e Maria)

ZUCCA -

Ah, per lanima mia, che zoticone!

Che razza di villano sempliciotto!

Dio, Dio, come labbiamo messo sotto,

quelle signore ed io! Per la mia gola,

che seguito di frizzi deliziosi!

O piacevole spirito plebeo,

quando scorre con tanta morbidezza,

cos osceno, e per cos appropriato!

Armado, poi, che uomo raffinato!

Vederlo andare avanti a una signora

e reggerle il ventaglio!

O mandar baci al volo, con la mano!

O fare quei suoi dolci giuramenti!

E quel suo paggio, poi,

una manciata di spiritosaggini!

Ah, cielo, che patetica tignola!

(Esce)

CORNI DA CACCIA -

(di dentro)

Sol-la! Sol-la! Sol-la!([55])

SCENA II - La stessa

Dal folto della boscaglia in cui si sta cacciando

escono OLOFERNE, Don NATANIELE e GRULLO

NATANIELE -

Un passatempo sano, edificante,

testimonianza di coscienza retta.

OLOFERNE -

Come sapete, quel cervo era sanguis,

in sangue voglio dire,

maturo come una mela succosa,

pendula, a simiglianza dun gioiello

dallorecchio del coelo,

(il cielo, il firmamento, linfinito)

ed eccolo cadere allimprovviso

come un pomo selvaggio e rinsecchito

sopra la faciem terrae,([56])

(la faccia della terra, il suolo, lorbe).

NATANIELE -

Mastro Oloferne, questi vostri epiteti

sono duna soave variet,

come saddice a un uomo addottrinato;

ma quello, vassicuro, monsignore,

era un cerbiatto di non pi dun anno.

OLOFERNE -

Ah, no, Don Nataniele, no, haud credo.([57])

GRULLO -

Haud credo un corno! Era un cerbiattino.

OLOFERNE -

Oh, barbarissima contestazione!

Anzi, una sorta dinsinuazione,

in via, diciamo, duna esplicazione,

per facere, diciamo, controreplica,

o piuttosto, diciamo, ostentazione,

vale a dire, diciamo, per mostrare

la propria personale propensione

- secondo la sua spoglia, disadorna,

incolta, sprovveduta, ineducata,

o meglio illetterata,

o meglio ancora inesperta maniera -

a interpolare ancora il mio haud credo

per un cervo.

GRULLO -

Non era un haud credo,

dico e ripeto: era un piccolo cervo.

OLOFERNE -

O bis-cotta scempiaggine, bis-coctus!

O mostruosa ignoranza,

come amorfa ed informe ora mappari!

NATANIELE -

Costui, signore, non s mai cibato

di nessuna delle prelibatezze

che son racchiuse nel ventre dei libri;

come a dire che non un mangiacarte

n un bevinchiostro; lintelletto suo

non farcito: un essere sensibile

nelle sue parti pi crasse, e nientaltro.

Sterili piante di siffatta specie

ci vengon fatte crescere davanti

perch possiamo ringraziar la sorte

- noi che siamo di gusto e sentimento -

per tutte quelle parti

che in noi fruttificano pi che in loro.

Giacch come sarebbe sconveniente

per me mostrarmi vacuo e scriteriato,

cos sarebbe un rattoppo al sapere

per uno come lui metterlo a studio,

o volerlo mandare in una scuola.

Omne bene,([58]) comunque, dico io,

secondo il detto dun antico padre:

Molti che in mare non amano il vento,

sanno poi come trarne beneficio.([59])

GRULLO -

Voi che siete due uomini di scienza,

sapreste dirmi qual quella cosa

che pur avendo gi let dun mese

quando nato Caino,

non ha ancora raggiunto, al giorno doggi,

le cinque settimane?

OLOFERNE -

Ma Dictyma,([60])

ottimo Grullo! Dictyma, mio caro!

GRULLO -

Chi questa Dictyma?

NATANIELE -

Ma un appellativo della luna,

detta anche Febe, Selene: la luna!

OLOFERNE -

Appunto, s, la luna, ossia Dictyma

aveva appena un mese quando Adamo

non ne aveva di pi;

e non aveva ancora pur raggiunto

le cinque settimane

quando lo stesso Adamo ebbe centanni.

Lallusione sta sempre bene in piedi,

pur se mutano i nomi.

GRULLO -

vero, infatti:

la collusione tiene, nello scambio.

OLOFERNE -

Che Dio assista la tua percezione!

Dico che lallusione

si tiene sempre, se scambiamo i nomi.

GRULLO -

Ed io ripeto che la collusione

tiene sempre ben fermo nello scambio:

perch la luna non arriva mai

ad aver pi di quattro settimane,

e dico pure chera un cerbiattino

quello ammazzato dalla principessa.

OLOFERNE -

Don Nataniele, non vorreste udire

un epitaffio estemporaneo, a braccio,

sulla morte del cervo?

E soddisfare qui questignorante,

chiamando cerbiattino

il cervo ucciso dalla principessa?

NATANIELE -

Perge, Mastro Oloferne, perge, perge!([61])

Purch, di grazia, vogliate bandire

ogni scurrilit.

OLOFERNE -

Mi servir di unallitterazione,

che denota facilit di vena.

La principessa in cerca di bottino

colp un piccolo, vago cerbiattino.

Ci sono molti che questo animale

chiamano cervo, ma non normale;

perchesso stato tale

soltanto quando lo colp lo strale.

La muta abbaia, aggiungi al daino un elle,

e ti sbuca dal bosco una dainella,

o un cervo di quattranni, o un di tre,

mentre la gente intorno grida: Ol!.

Se un daino un daino, allora con un elle

far cinquanta daini e dainelle.

E se dun solo elle ancor laumento,

di uno ne fo cento!.([62])

NATANIELE -

Che talento!

GRULLO -

(Tra s)

Se il talento un artiglio,

guarda come lartiglia, il suo talento!

OLOFERNE -

un mio dono istintivo di natura,

uno spirito estroso, stravagante,

pieno di forme, immagini, figure,

oggetti, moti, idee, appercezioni,

rivoluzioni: il tutto concepito

nel ventricolo della mia memoria,

alimentato in grembo alla pia mater

e liberato alla maturazione

dalle occasioni. Ma un dono cos

fruttifero solo nei terreni

dov affinato, ed io per questo lato

posso ben ringraziarne il Creatore.

NATANIELE -

Io lodo Dio per voi, Sir Oloferne,

e cos possano i miei parrocchiani,

poich bene istruiti son da voi

i loro figli, e a star sotto di voi

assai profittano le loro figlie.

Siete un buon membro della societ.

OLOFERNE -

Per Ercole! Se i figli hanno talento,

non verr loro meno listruzione;

e se le figlie sono comprensive,([63])

sapr io come fare ad inculcargliela.

Ma vir sapit qui pauca (verba) loquitur.([64])

Oh, ecco unanimella femminile

che ci porge il grazioso suo saluto.

Entra GIACOMETTA con ZUCCA

GIACOMETTA -

Dio vi conceda una buona giornata,

signor curato.

OLOFERNE -

Curato bucato:

c forse qui qualcuno da bucare?

ZUCCA -

Eh, perbacco se c, signor maestro!

Quello che pi somiglia ad un testone.

OLOFERNE -

Fare un buco a testone!

Un grande sfolgorare di concetti

su una zolla di terra; unabbondanza

di fuoco per una pietra focaia;

una perla nel brago dun maiale

Buona, buona la trovo assai graziosa.

GIACOMETTA -

Signor curato, abbiate la bont

di legger quel che scritto in questa lettera;

m stata consegnata qui da Zucca,

indirizzata a me da Don Armado;

vi supplico, leggetela.

OLOFERNE -

Fauste, precor, gelida quando pecus

omne sub umbra ruminat eccetera.([65])

Ah, buon vecchio ed illustre mantovano,

potrei dire di te la stessa cosa

che dice di Venezia il viaggiatore:

Venetia, Venetia,

chi non te vede non te pretia.([66])

O mantovano! Vecchio mantovano!

Non tama solo chi non ti comprende.

Ut, re, sol, la, mi, fa

NATANIELE -

Col vostro beneplacito, signore,

si pu sapere che c in quella lettera?

O, a dirla con Orazio Guarda, guarda!

Oh, per lanima mia, scritta in versi!

OLOFERNE -

S, signore, e dassai buona fattura.

Fatemene ascoltare: anche una strofa,

una stanza, un sol verso: lege, domine!([67])

NATANIELE -

(Legge)

Se amor mi fa spergiuro,

come giurare amore?

Fede ha breve durata

non a belt votata.

Se pur spergiuro a me,

fedele resto a te;

fossero i miei pensieri

siccome quercia duri,

a te sarebber proni

come teneri giunchi.

Lo studio il suo cammino

or dai libri diparte,

suo libro fa i tuoi occhi

dove saccoglie e vive

ogni piacer dellarte.

Se il fine conoscenza,

conoscer te abbastanza;

sapiente quella lingua

che di tue lodi pingua;

dignoranza figlia

lanima che a vederti

non muove a meraviglia.

per me giubilare

le tue grazie esaltare.

Nellocchio tuo di Giove

la folgore balena,

del fragor del suo tuono

la tua voce risuona;

ma, se non volta allira,

musica e dolce fuoco essa traspira.

Celeste quale sei,

perdona tu allAmore,

se muove i versi miei

con s terreni accenti

ad esaltar gli di.

OLOFERNE -

Leggete senza far sentir gli apostrofi,

e cos va perduta la cadenza.

Chio lesamini meglio, la strofetta:

solo il verso rispetta la misura,

ma quanto alleleganza, alla scioltezza,

allaureo ritmo della poesia,

decisamente caret.([68])

Luomo allaltezza dun simil soggetto

era Ovidio Nasone,

detto appunto Nasone per il fiuto

che aveva dodorare intorno a s

gli aulenti fiori della fantasia

e le scherzosit dellinventiva,

davvero immaginifica. Imitari([69])

niente: lo fa il cane col padrone,

la scimmia col guardiano,

il buon cavallo col suo cavaliere.

Ma, vergin damigella, veramente

era diretta a voi questa poesia?

GIACOMETTA -

S, signore, da un tal Mons Biron,

uno dei gentiluomini del seguito

di quella principessa forestiera.

OLOFERNE -

Diamo unocchiata qui, alla soprascritta:

Alla nivea manina

della leggiadra lady Rosalina.

Riesaminiamo adesso il contenuto,

il tono generale della lettera

per dare un nome alla parte che scrive

ed a quella alla quale destinata:

Della signoria vostra servitore,

in tutto che vogliate comandarlo,

Biron Questo Biron, Don Nataniele,

uno di quei tre che han fatto voto

di chiudersi agli studi con il re,

ed indirizza ad una delle dame

del seguito di quella principessa

venuta dalla Francia, questa lettera,

la quale, a causa dun qualche accidente,

o dun disguido, stata dirottata.

Va, bellezza, consegna questo foglio

nelle regali mani del sovrano;

pu esser cosa di grande importanza.

Non cercar di attardarti in riverenze;

sei dispensata dagli ossequi. Adieu.

GIACOMETTA -

(A Zucca)

Vieni, accompagnami, Zucca, da bravo.

(A Oloferne)

Dio vassista, signore!

(A Zucca)

Andiamo, allora?

ZUCCA -

Vengo, ragazza mia, vengo con te.

(Escono Zucca e Giacometta)

NATANIELE -

Signore, avete fatto tutto questo

da buon cristiano, nel timor di Dio;

e, come dice un certo padre santo

OLOFERNE -

No, prego, non parlatemi di padri;

io non amo i colori troppo forti.

Ma torniamo piuttosto ai nostri versi:

Don Nataniele, vi sono piaciuti?

NATANIELE -

Li ho trovati mirabili di stile.

OLOFERNE -

Oggi stesso sar ospite a pranzo

dal padre duno dei miei educandi;

se vi piacesse dessere anche voi,

l, allinizio del pasto,

a favorirci il vostro benedicite,([70])

io stesso, per virt del privilegio

del quale godo presso i genitori

del suddetto fanciullo, mio discepolo,

vi darei volentieri il benvenuto;([71])

sarebbe loccasione per provarvi

che quei versi non sono poi gran cosa:

sciatti, senza sapor di poesia,

senza spirito, e privi dinventiva.

Vi domando la vostra compagnia.

NATANIELE -

Vi ringrazio. La buona compagnia

- come cinsegna la sacra scrittura -

il gaudio della vita.

OLOFERNE -

E la Scrittura

infallibile, lo sappiamo tutti.

(A Grullo)

Signore, pure voi siete invitato;

e non dite di no, eh! Pauca verba!([72])

Avanti dunque. I signori ai lor giochi,

e noialtri alle nostre ricreazioni.

(Escono)

SCENA III - La stessa

Entra BIRON, con un foglio in mano

BIRON -

Il re rincorre il cervo,

io rincorro me stesso; impegolati

essi son tutti quanti in una rete;

ed io sono irretito in una pegola,

una pegola che mimbratta tutto.

Imbratta! Che sgradevole parola!

Bene, sediamoci qui, mio dolore,

come dicono disse di s il matto,

e come dico io che matto sono.

Buona, mio spirito, la tua battuta!

Perdio, che questo amore proprio matto!

matto come Aiace;([73]) ammazza pecore,

e ammazza me, che son ridotto pecora

Ed anche questa buona, in causa mia.

Non amer; impiccatemi,

se voglio. In fede mia, no, non lo voglio!

Oh, ma gli occhi di lei!

Giuro per questa luce,([74])

che se non fosse per quel paio docchi,

non lamerei; colpa dei suoi occhi.

Ah, chio pi nulla faccio

che mentire, mentire per la gola!

Ah, per il cielo, sono innamorato,

e lamor mha insegnato a scriver versi

e ad esser melanconico dumore;

ed ecco un saggio del mio poetare,

ed ecco qui la mia malinconia.

Bene, ella ha in mano gi un mio sonetto,

glielha inviato il matto,([75])

glielha recapitato quel bifolco,([76])

e madama ce lha. Caro bifolco,

pi caro matto, carissima dama!

Eccone uno, con un foglio in mano.

Faccia anche a lui Domeneddio la grazia

dandar gemendo e languendo damore.

(Sarrampica su un albero)

Entra il RE, con un foglio in mano

Ah, colpito anche lui! Bravo Cupido!

Hai trafitto anche lui con la tua freccia

sotto il seno sinistro. Bene! Avanti!

Sentiamo adesso un po questi segreti

RE -

(Legge il foglio)

S dolcemente il sole non indora

col suo bacio le stille dellaurora

sulla rosa di maggio,

come il tuo occhio asciuga col suo raggio

sulle mie guance roride lumore

della notturna linfa rugiadosa.

N risplende cos la luna argentea

sul traslucido seno degli abissi

come luce ai miei occhi la tua immagine

attraverso lumor delle mie lacrime;

tu in ogni lacrima che dal mio occhio

scende riluci da trionfatrice:

ti trasporta ogni stilla come un cocchio

sul quale tu trascorri nella gloria

sulla mia pena. Duna sola occhiata

degna ogni lacrima da me versata,

e nel mio duol vedrai la tua vittoria.

Tu questo amor puoi anche disdegnare

e con un altro amor non ricambiare;

ma allora per tuo specchio avrai soltanto

quelle lacrime, e nuovo, eterno pianto.

O regina di tutte le regine,

quanto eccelsa tu sia, quanto sublime

lingua mortal non sapr mai contare,

n mente umana sapr mai pensare.

E adesso quale mezzo escogitare

per far sapere a lei questa mia pena?

Lasciar cadere a terra questo foglio

Foglie cortesi, ricoprite dombra

la mia follia

(Vede giungere Longueville)

Ma qui vien qualcuno.

(Si apparta)

Entra LONGUEVILLE, con un foglio in mano

Oh, Longueville! E legge Ascolta, orecchio.

BIRON -

(Dallalbero, tra s)

Un altro pazzo, tutto uguale a me.

LONGUEVILLE -

Ahim, povero me, sono spergiuro!

BIRON -

Ecco, anche lui spergiuro, Longueville,

anche lui con dei fogli

RE -

(Tra s)

Innamorato,

spero, anche lui Oh, com deliziosa

la solidariet nella vergogna!

BIRON -

(Dallalbero, tra s)

Allubriaco piace lubriaco.

LONGUEVILLE -

E sarei dunque il primo di noi quattro

a venir meno al nostro giuramento?

BIRON -

(Dallalbero, tra s)

Oh, su questo potrei rassicurarti:

ce ne son gi altri due, per quanto so.

Tu vieni a completare quella triplice:

il tricorno della consorteria,

la forma della forca dellamore([77])

a cui appesa la nostra follia.

LONGUEVILLE -

Ho paura per che questi versi

siano un po troppo scarni, troppo asciutti,

perch, a leggerli, ella si commuova.

Dolce Maria, regina del mio cuore!

Questi versi li strappo; scrivo in prosa.

BIRON -

(Dallalbero, tra s)

Oh, le rime damor son guarnizioni

a ornamentare gli orli delle braghe

del lascivo Cupido. Non sguarnirle!

LONGUEVILLE -

Questo per mi par che possa andare.

(Legge)

Non fu il celeste eloquio del tuo occhio,

contro il quale non ha argomenti il mondo,

a persuadermi il cuore allo spergiuro?

Voti infranti per te non son punibili.

Mero votato a rinunciare a femmina,

ma io dimostrer che tu sei dea,

e chio non ho violato il giuramento.

Voto terreno contro amor celeste

non che un fiato, un alito, un vapore;

la tua grazia mi scioglie da ogni colpa.

O tu, bel sole, che mi splendi in petto

dissolvi tu il vapor di questo voto

che ti ravvolge tutto,

s che se sar infranto il giuramento,

mia colpa non sar. Qual quel matto

che non sar una volta tanto savio

da infrangere una volta tanto un voto,

per guadagnar per sempre un paradiso?.

BIRON -

(Dallalbero, tra s)

Ecco come uninfiammazione al fegato([78])

riesce a costruirsi una deit

di carne ed ossa, ed a farsi una dea

duna tenera ochetta Idolatria!

Che Dio ci emendi! Pura idolatria!

Dio ci corregga! Siamo fuori strada!

LONGUEVILLE -

Per chi potr mandarle questo foglio?

Oh, ma qui viene gente. Nascondiamoci.

(Si nasconde)

Entra DUMAIN, con un foglio in mano

BIRON -

(Dallalbero, tra s)

Tutti a nascondersi! Tutti a nascondersi!

Come in un vecchio gioco di bambini

Ed io qui in cielo, come un semidio

a perscrutare dallalto i segreti

di questi poveretti incitrulliti.

Altri sacchi al mulino! Oh, santo cielo,

il desiderio mio soddisfatto!

Ecco pure Dumain Trasfigurato!

Quattro beccacce nello stesso piatto!

DUMAIN -

Oh, divinissima Caterinetta!

BIRON -

(c.s.)

O profanissimo fior di citrullo!

DUMAIN -

Qual meraviglia, agli occhi dun mortale,

non sei tu, per il cielo!

BIRON -

(c.s.)

Ah, qua ti sbagli:

per la terra, non che corporale.

DUMAIN -

Gli ambrati tuoi capelli

tolgono allambra stessa i suoi riflessi.

BIRON -

(c.s.)

Un corvo color dambra

certamente degno di attenzione.

DUMAIN -

Come un cedro svettante

BIRON -

(c.s.)

Adagio, bello,

ha una spalla ch come fosse incinta.

DUMAIN -

Come il giorno lucente

BIRON -

(c.s.)

S, come una giornata senza sole.

DUMAIN -

Ah, se questo mio sogno savverasse!

LONGUEVILLE -

(Tra s)

E il mio!

RE -

(Tra s)

E il mio, Dio voglia!

BIRON -

(c.s.)

E cos sia,

purch savveri pure quello mio!

Non questo un augurio salutare?

DUMAIN -

Vorrei tanto non pi pensare a lei,

ma lei mi sta nel sangue, come febbre,

e mimpedisce di dimenticarla.

BIRON -

(c.s.)

Una febbre nel sangue? Un salassetto

ti basterebbe a fartela colare

gi, nel catino! Dolce malinteso!

DUMAIN -

Ma rileggiamo un po quello che ho scritto,

in questi versi

BIRON -

(c.s.)

Vo osservare ancora

le variazioni che sa dar lamore

alle sue sdolcinate smancerie.

DUMAIN -

(Legge)

Un giorno - ahim, quel giorno! -

Amor, cui sempre maggio,

scorse un fior pi che bello

che giocava al lascivo venticello.

Tra vellutate fronde la sua via

sapre, invisibile, la dolce brezza;

linnamorato, che quivi languiva

bram per s del ciel quella carezza:

Aria, che le tue gote puoi gonfiare

- disse - cos potessi anchio trionfare!

Ma la mia mano, ahim, ha ormai giurato

che dal tuo stelo non tavrei staccato:

voto che non sacconcia a giovinezza

sempre s pronta a cogliere dolcezza.

Ma tu non accusarmi di peccato

sio son per te spergiuro diventato,

perch per te perfino il sommo Giove

sarebbe pronto a giurar ch unetipe([79])

la sua Giunone, e se stesso a mutare

da re del cielo a misero mortale.

Ora le mando questi;

ed anche qualcosaltro di pi semplice,

meglio adatto a esprimere

la mia famelica pena damore.

Oh, fossero anche loro, il re, Biron,

Longueville, anche loro innamorati!

Averli miei compagni nella colpa

potrebbe cancellar dalla mia fronte

il marchio di spergiuro;

perch laddove tutti trasgrediscono

nessuno pu pi dirsi trasgressore;

e aver compagni al duol scema la pena.

LONGUEVILLE -

(Venendo avanti)

Dumain, se tu desideri compagni

nelle pene damore, lamor tuo

manca dun minimo di carit.

Impallidisci adesso Al posto tuo

io sarei arrossito di vergogna,

se fossi stato come te sorpreso

a pensare e parlare come in sogno.

RE -

(Venendo avanti)

Bene, allora arrossite, Longueville,

perch simile al suo il vostro caso;

e, rinfacciando a lui la sua condotta,

vi rendete colpevole due volte:

voi Maria non lamate! Longueville

non ha mai scritto un sonetto per lei,

n tenuto le braccia al sen conserte

a raffrenare i battiti del cuore.

Io stavo ben nascosto in quel cespuglio

e vho osservato entrambi;

e vho ascoltato mentre leggevate

i vostri versi duomini spergiuri,

notando bene i vostri atteggiamenti:

sospiri, accenti di passione, tutto.

E luno che gemeva: Ahim, ahim!,

laltro che supplicava: Giove, Giove!;

luno: Oh, i suoi capelli color doro!,

laltro: Oh, quei suoi occhi di cristallo!.

(A Longueville)

Voi, che per quel divino paradiso

avreste infranto tutto, fede e amore.

(A Dumain)

Voi, che perfino Giove

non avrebbe esitato a spergiurare,

per la vostra Ma che dir Biron,

quando sapr che entrambi avete rotto

limpegno s fermamente giurato?

Ah, se vi far oggetto del suo scherno!

Vi assalir con tutta la sua arguzia,

in trionfo, ballando e saltellando,

con le pi saporose sue risate!

Davvero non vorrei, per tutto loro

chabbiano mai veduto gli occhi miei,

chegli sapesse altrettanto di me!

BIRON -

(Scendendo dallalbero e venendo avanti)

E allora scendo io a questo punto,

signori, a flagellar lipocrisia.

Eh, mio buon sire, cuore tenerello,

perdonatemi, ma con qual diritto

osate redarguire in questo modo

questi due poveri vermi di terra,

per peccato damore, quando voi

siete di tutti il pi innamorato?

No, gli occhi vostri non si fanno carro

per il trionfo di nessuna femmina!

Ah, no, nel prisma delle vostre lacrime

non appare nessuna principessa!

Voi, spergiuro? Giammai, per carit!

Che cosa odiosa! E quanto a far sonetti,

roba da menestrelli, per voi, eh?

Ma non vi vergognate tutti e tre,

desser venuti meno al vostro impegno?

Tu trovi la pagliuzza nel suo occhio;

il re nellocchio di voialtri due;

io una trave in quello di voi tre.

A quale scena m toccato assistere!

Quante scempiaggini, sospiri, gemiti,

dolore, pena! Ohim, con che pazienza

ho dovuto vedere, l seduto,

un sovrano mutarsi in moscerino!

Ercole intento a frustare una trottola,

il severo e sapiente Salomone

attaccare il motivo duna giga,

e Nestore([80]) giocare a bucarella([81])

coi ragazzini, e il severo Timone([82])

ridere alle pi scempie lepidezze!

Ah, buon Dumain, dov che vi fa male?

E voi, caro e gentile Longueville,

dov la vostra pena? E voi, mio sire,

dov la vostra? Tutti attorno al petto?

Perbacco, ol, portatemi un decotto!

RE -

Troppo amaro sarcasmo, questo tuo.

Ci siamo dunque talmente traditi

al tuo occhio che ci guarda dallalto?

BIRON -

Non voi da me, ma io da voi tradito

mi sento; io, che sono un uomo onesto

e che considero grave peccato

rompere un voto e il relativo impegno.

Io, mi sento tradito,

per essermi associato in buona fede

ad una risma duomini incostanti.

Ah, quando mai vedrete me comporre

qualcosa in rima? Quando mai languire

per una donna? O sciupare il mio tempo

ad allisciarmi? Quando mai udrete

chio abbia detto lodi e meraviglie

della mano, del piede, del sembiante,

dellocchio, dellincedere, del gesto,

della fronte, del busto, della vita,

duno dei sensi, dun arto qualsiasi

dun corpo femminile?

RE -

Calma, calma!

Dove corri cos precipitoso?

un uomo onesto o un ladro,

quello che corre cos a scapicollo?

BIRON -

uno che si fugge dallamore.

Lasciami andare, bravo innamorato.

Entrano GIACOMETTA, con in mano una lettera,

e ZUCCA

GIACOMETTA -

Dio salvi il re!

RE -

Che offerta rechi l?

ZUCCA -

Un tradimento, certo.

RE -

Che ci ha a che fare il tradimento, qui?

ZUCCA -

Oh, niente, niente!

RE -

Se non centra niente,

andatevene in pace tutti e due,

il tradimento e tu.

GIACOMETTA -

Maest, vi supplico,

che qualcuno vi legga questa lettera:

secondo il nostro parroco sospetta;

dice che ci sarebbe tradimento.

RE -

Leggetela, Biron.

(D la lettera a Biron, che si mette a scorrerla in silenzio)

(A Giacometta)

Chi te lha data?

GIACOMETTA -

Zucca.

RE -

(A Zucca)

E tu, Zucca, da chi lhai ricevuta?

ZUCCA -

Da Don Albramio s, Don Armadiado

(Biron straccia la lettera)

RE -

Ehi l, che vi succede! La strappate?

BIRON -

Una scemenza, Sire, una sciocchezza!

Vostra grazia non ha di che temere.

LONGUEVILLE -

Per lui nera assai preoccupato;

perci bisogna leggerla. Sentiamola.

DUMAIN -

(Raccogliendo da terra i pezzi della lettera)

Ma questa la scrittura di Biron;

e questa la sua firma

BIRON -

(A Zucca)

Pezzo didiota! Figlio di puttana!

Venuto al mondo a portarmi vergogna!

(Al Re)

Colpevole, signore, son colpevole!

Confesso!

RE -

Reo confesso! E di che cosa?

BIRON -

Del fatto che tre pazzi come voi

abbisognavano dun altro pazzo,

di me, per completare la masnada.

E adesso lui, e lui, e voi, ed io

- voi, mio sovrano, voi! -

siam quattro tagliaborse dellamore,

e meritiamo la condanna a morte.

Oh, fate allontanare questa gente,

e vi dir di pi.

DUMAIN -

Ora cos facciam numero pari.

BIRON -

E come no! Facciamo un bel quartetto.

Ma se ne vanno o no, questi colombi?

(Indica Giacometta e Zucca)

RE -

Allontanatevi voialtri, via!

ZUCCA -

Andiamocene noi, popolo onesto,

e lasciamo sul campo i traditori.

(Escono Zucca e Giacometta)

BIRON -

Signori cari, cari innamorati,

abbracciamoci come carne e sangue:

noi siam sinceri verso la natura.

Il mare ha sempre il suo flusso e riflusso,

il cielo mostra sempre la sua faccia,

e giovin sangue non pu sottostare

a un decreto ch buono per i vecchi.

Noi non possiamo metterci in contrasto

con la ragione per cui siamo nati;

onde per cui, comunque la mettiamo,

siamo sempre degli uomini spergiuri.

RE -

Biron, in quelle righe che strappaste

non cera forse la rivelazione

dun vostro amore?

BIRON -

E me lo domandate?

E chi, al veder leterea Rosalina,

non sentir limpulso di chinare,

come un selvaggio abitator dellIndie

al primo aprirsi del fastoso Oriente

la propria fronte dumile vassallo,

e, da tanto splendore abbacinato,

non bacer la terra

in segno dobbediente devozione?

Qual duro ed inflessibile occhio daquila

oserebbe tener lo sguardo fisso

sul ciel della sua fronte, e non restare

abbacinato dalla sua maest?

RE -

Ehi, diamine, cos questo fervore,

questo furore, che vispira tanto?

Colei chio amo, ossia la sua padrona,

una graziosa luna,

e lei, la vostra, solo un suo satellite

la cui luce si vede appena appena.

BIRON -

Oh, allora gli occhi miei non son pi occhi,

n io son pi Biron!

Se non fosse per lei, lamata mia,

il giorno a me si volgerebbe a notte!

Oh, qual sublime accordo di colori

si raccoglie nel fior delle sue guance,

come a una fiera,([83]) dove vari pregi

si fondono armoniosamente tutti

a formare una sola degnit,

dove non manca nulla

di quanto va cercando il desiderio.

Prestatemi le pi fiorite frasi

di tutte le pi nobili parlate

Ma no via fronzoli della retorica!

Oh, lei non ne ha bisogno.

La sbrodolata dellimbonitore

saddice a mercanzia ch posta in vendita;

ma dappoich lei supera ogni lode,

una lode che fosse troppo breve

non potrebbe far altro che macchiarla.

Il pi mencio, grinzoso anacoreta,

da cento inverni roso e consumato,

se ne sbarazzerebbe di cinquanta,

se sol potesse mirarla negli occhi.

La bellezza rid smalto allet,

come a dire che la ripartorisce,

d alle grucce linfanzia della culla.

Ella sole che tutto fa rifulgere.

RE -

Ma se la vostra amata, santo cielo!,

nera come lebano!

BIRON -

Lebano come lei? E allora, o ebano,

divino legno! Che felicit

una moglie formata di tal legno!

Si pu qui fare ancora giuramento?

Dov una Bibbia sovra cui giurare

che la bellezza perde di bellezza

se non impara a guardar coi suoi occhi;

e che viso di donna non bello

se non cos nero come il suo?

RE -

Oh, quale paradosso!

Il nero il contrassegno dellinferno,

del buio delle carceri,

del volto della notte:([84]) la bellezza

accorda molto meglio il suo cimiero

col colore dei cieli.

BIRON -

Gi, ma i diavoli

riescono a tentarci assai di pi

camuffati da spiriti di luce.

Oh, se la fronte della mia diletta

velata di nero,

solo pel dolore chella prova

a veder tante donne imbellettate,

tante capigliature finte e tinte

che con il lor falso e fallace aspetto

mandano in estasi gli spasimanti,

s chella si pu dir venuta al mondo

per far del nero il colore del bello;

sar il favore suo per tal colore

a rivoluzionar la moda doggi,

e a far che lincarnato naturale

passi per uno strato di belletto,

onde il roseo, per evitar discredito,

si tinger di nero,

per imitare il nero del suo volto.

DUMAIN -

Allora per assomigliare a lei

che sono neri gli spazzacamini.

LONGUEVILLE -

O i carbonai, che, dopo la sua nascita,

son ritenuti bianchi e rilucenti.

RE -

O gli etiopi, che menano gran vanto

della bellezza della loro pelle.

DUMAIN -

Ormai loscurit

non abbisogna di candele accese,

dato che il buio esso stesso luce.

BIRON -

Le vostre beneamate hanno paura

di uscir sotto la pioggia, perch lacqua

sciacqua lor via i colori.

RE -

La vostra, invece, lo dovrebbe fare;

perch, signore mio, per dirla franca,

qualunque viso sporco che incontrassi

mi sembrer pi pulito del suo.

BIRON -

Ed io vi sosterr, mano sul cuore,

che il suo colore quanto di pi bello,

a costo di doverlo ribadire

gridando, fino al giorno del Giudizio.

RE -

Quel giorno, certamente, nessun diavolo

ti metter paura pi di lei.

DUMAIN -

Non ho mai visto in vita mia nessuno

che potesse tenere tanto cara

roba s vile.

LONGUEVILLE -

(Indicando la propria scarpa)

Guarda, la tua bella,

eccola, toh, qua, guarda questa scarpa,

e hai visto la sua faccia.

BIRON -

Oh, se le strade fosser lastricate

cogli occhi vostri, invece che coi selci,([85])

sarebbero pur sempre troppo scabre

per i suoi piedi, a camminarci sopra.

DUMAIN -

Ah, vergogna! Cos, mentrella passa,

la strada si godrebbe dal di sotto

ci chella tien nascosto un po pi su!([86])

RE -

Ma, signori, perch star qui a beccarci?

Non siamo forse tutti innamorati?

BIRON -

Certissimo: perci spergiuri tutti!

RE -

Bando pertanto a questi battibecchi.

E voi, piuttosto, mio bravo Biron,

dateci gli argomenti sufficienti

a dimostrare quanto sia legittimo

esserci tutti e quattro innamorati,

e come resti sempre inalterato

ciononpertanto il nostro giuramento.

DUMAIN -

Oh, s, madre di Cristo, un impiastrino

ad alleviare il nostro mal di cuore.

LONGUEVILLE -

Oppure qualche illustre citazione

su come andare avanti: un qualche trucco,

qualche artificio per fregare il diavolo.

DUMAIN -

O un qualche balsamo anti-spergiuro

BIRON -

Eh, ce ne abbiamo pi del necessario.

Dunque, crociati dellamore, attenti:

meditate su quanto dal principio

avete fatto voto di osservare:

studio, digiuno, non vedere femmina

un palese, smaccato tradimento

contro sua maest la giovinezza.

Ditemi voi: riuscite a digiunare?

I vostri stomaci son troppo giovani,

e lastinenza genera malanni.

E quando avete fatto, miei signori,

il voto di studiare,

e ciascuno di voi ha rifiutato

di leggere nel suo libro migliore,([87])

potete ancor sognarlo,

e dedicarvi ad esso, e contemplarlo?

E come avreste mai potuto, Sire,

o voi, o voi, Dumain e Longueville,

scoprire leccellenza dello studio,

senza avere con voi la compagnia

dun bel volto di donna?

Perch proprio dagli occhi delle donne

chio faccio scaturir la mia dottrina:

son essi i fondamenti, le accademie,

i grandi testi da cui si sprigiona

il fuoco di Prometeo, quello vero.([88])

Eppoi, diamine, leccessivo sgobbo

non fa che intossicar gli agili spiriti

che scorrazzano nelle nostre arterie,

cos come le membra del viandante

son logorate dal continuo moto

e il troppo lungo e faticoso andare.

Ora, a non pi guardar volto di donna,

voi, sol per questo, avete rinunciato

alla normale funzione degli occhi

e alla stessa ricerca del sapere;

giacch dov nel mondo quellautore

capace dinsegnarci la bellezza

pi che non possan gli occhi duna donna?

Il sapere non che unappendice

della nostra persona, esso con noi

dovunque andiamo, lo portiamo dietro;

e allorquando ci accade di specchiarci

negli occhi di una donna,

forse che non vediamo l riflesso

insieme a noi, anche il nostro sapere?

Signori miei, nello stesso momento

in cui ci siam votati al nostro studio

noi abbiamo respinto, con quel voto,

quelli che sono i nostri veri libri.

E come e quando avreste mai trovato,

voi, Sire, mio sovrano, e voi, e voi,

in una plumbea contemplazione,

quelle rime infuocate

di cui vhanno arricchito a profusione

gli sguardi di due occhi ispiratori

di codeste maestre di bellezza?

A tenere occupato interamente

il cervello degli uomini, oggigiorno,

son altre fredde e inerti discipline

che, in mano a pochi sterili sgobboni,

sono semi che dan scarso raccolto

ai loro strenui sforzi di cultori;

ma lamore, che gli occhi di una donna

per primi cinsegnarono a conoscere,

non vive solitario, straniato,

murato nella cerchia del cervello;

ma, eccitando allazione tutti i sensi,

sespande, rapido come il pensiero,

per ogni nostra facolt vitale,

dando a ciascuna una doppia energia,

fuori dalle funzioni della prima.

Aggiunge allocchio una seconda vista:

due occhi innamorati son capaci

perfino dabbagliar quelli dunaquila;

cos come un orecchio innamorato

capace di percepire un suono

talmente fioco da poter sfuggire

al sospettoso orecchio dun ladrone;

la percezione dun innamorato

pi sensibile e pi delicata

di quella delle antenne della chiocciola;

volgare al palato dellamore,

anche il gusto del raffinato Bacco.

E quanto ad ardimento, non Amore

un Ercole ancor sempre inerpicantesi

sugli alberi dellorto delle Esperidi?([89])

Come sfinge sagace; dolce e armonico

come la lira([90]) del fulgente Apollo,

che ha per corde i capelli di quel dio.

E quando parla Amor, sincanta il cielo

allarmonia del coro degli di.

Poeta non ardisca toccar penna

finch linchiostro suo non sia temprato

nei sospiri damore: solo allora

i suoi versi raggiungono il potere

dincantare gli orecchi pi selvaggi,

e di piantar nel cuore dei tiranni

una mite umilt. Questa dottrina

io derivo dagli occhi delle donne

che sprizzano scintille senza posa

sul fuoco di Prometeo; e son loro

i testi, le dottrine, le accademie

che svelano, contengono, alimentano

tutte le vere realt del mondo,

senza le quali mai nessun mortale

potrebbe eccellere in alcuna cosa.

Perci fu il vostro un tratto di pazzia

a rinnegar le donne; ma pi pazzi

sareste ad intestarvi ad osservare

quello per cui faceste giuramento.

Per amor di saggezza - una parola,

questa, che tutti gli uomini hanno a cuore -

o per amor degli uomini,

di quelle donne autori; o delle donne

per le quali noi uomini siam uomini,

lasciamo perdere una buona volta

i giuramenti, se teniamo a cuore

di ritrovar noi stessi; ch altrimenti

noi rischiamo di perdere noi stessi,

per mantenere i nostri giuramenti.

Esser cos spergiuri religione:

perch la carit conchiude in s

tutta la legge, e quale mai potere

pu separar da carit lamore?

RE -

Gridiamo allora tutti San Cupido!,

e tutti in campo, miei bravi soldati!

BIRON -

Stendardi in testa, e diamo tutti addosso,

nella mischia, signori, addosso a loro!

Ma prima state attenti, per favore,

a non combattere col sole in fronte.

LONGUEVILLE -

Ai fatti! Ai fatti! Bando alle postille!

Siamo dunque decisi a far la corte

a queste francesine?

RE -

E a conquistarle.

Diamoci intanto a escogitar qualcosa

per divertirle nelle loro tende.

BIRON -

Per prima cosa, ricondurle l,

dal parco, e ognun di noi lungo la strada

prenda per mano la sua preferita;

nel pomeriggio, offrir loro uno svago

con qualche nuovo e gaio passatempo,

secondo che la brevit del tempo

ci potr consentir descogitare:

ch feste, danze, maschere e allegria

son battistrada allamore leggiadro,

e spargon fiori lungo il suo cammino.

RE -

Via, via, che non c un attimo da perdere;

sha da mettere a frutto ogni minuto!

BIRON -

Allons, allons! Chi semin del loglio

non raccolse mai grano;

e la Giustizia sempre in equilibrio

mantiene i piatti delle sua bilancia:

e chiss che non serbi per castigo

ad uomini spergiuri come noi

donnine allegre; se cos sar,

vorr dire che il bronzo onde impastato

ciascun di noi non metallo buono

a coniar pi pregevole moneta.

(Escono)


ATTO QUINTO

SCENA I - Il parco reale di Navarra

Entrano OLOFERNE, DON NATANIELE e GRULLO

OLOFERNE -

Satis quod sufficit.([91])

NATANIELE -

Signore, a tavola

- ed io ne rendo grazie a Dio per voi -

faceste conversari assai notevoli

per perspicacia e sentenziosit:

gradevoli, senza scurrilit;

un po spinti, ma senza irriverenza;

dotti, senza dogmatica arroganza;

originali, senza essere eretici.

Ho conversato in questo quondam giorno

con uno degli accoliti del re,

intitolato, nominato, detto

Don Adriano De Armado.

OLOFERNE -

Novi hominem tamquam te:([92]) uomo

borioso, di parlare perentorio,

lingua affilata, sguardo burbanzoso,

inceder sussiegoso,

vanesio in tutto il suo comportamento,

ridicolo: un Trasone([93]) fanfarone;

troppo appuntito, troppo ricercato,

troppo, diciamo pure, strampalato,

o, per dir meglio, troppo peregrino.

NATANIELE -

Un singolare epiteto, ben scelto.

(Trae di tasca un taccuino e annota)

OLOFERNE -

uno che sa meglio dipanare

il filodella sua verbosit

che la matassa dei suoi argomenti.

Ho in odio questi estrosi fantasisti,

pedanteschi, insocievoli, ignoranti,

massacratori dellortografia,

che dicon dubio per non dire dubbio,

detto per debitomedio per mezzo

il vicinante vocatur finitimo

Ebbene, tutto questo abominevole

- o, per dirla con loro, abominabile -

minduce alla follia, mi fa lunatico.

Ne me intellige domine?([94])

NATANIELE -

Laus Deo,

bone intelligo.([95])

OLOFERNE -

Bone? Ah, s, per bene:

un Prisciano([96]) un po troppo scorticato,

ma pu anche passare.

Entrano DON ARMADO, TIGNOLA e ZUCCA

NATANIELE -

Videsne quis venit?([97])

OLOFERNE -

Video et gaudeo.([98])

DON ARMADO -

(A Tignola)

Amigo

OLOFERNE -

(A Nataniele)

Quare([99]) amigo e non amico?

DON ARMADO -

Bene incontrati, uomini di pace.

OLOFERNE -

Salve, militarissimo signore!

TIGNOLA -

(Piano a Zucca)

Sono stati a un banchetto di linguaggi

e ne han rubacchiato via le briciole.

ZUCCA -

(Piano a Tignola)

Oh, questi campano sulle parole

rubate al cesto dellobolo pubblico.

Mi domando com che il tuo padrone

non tabbia fino ad ora trangugiato

scambiandoti per una paroletta,

dal momento che tu, da testa a piedi,

non raggiungi nemmeno la lunghezza

dhonorificabilitudinatibus,([100])

e sei pi facile da trangugiare

dun chicco duva estratto dalla fiamma.([101])

TIGNOLA -

Zitti, adesso: comincia la schermaglia.

DON ARMADO -

(A Oloferne)

Monsieur, non siete voi uomo di lettere?

TIGNOLA -

S, s, insegna ai ragazzi

il sillabario nel libro di corno.([102])

(A Oloferne)

Sapete dire che fanno e e be

lette a rovescio, con un corno in testa?

OLOFERNE -

Fan B, pueritia, con un corno in testa.

TIGNOLA -

Dunque uno stupidissimo caprone([103])

con un sol corno. Udite quanta scienza!

OLOFERNE -

Quis, quis, e tu che consonante sei?([104])

TIGNOLA -

Delle cinque vocali son la terza,

se siete voi a ripeterle in ordine;

se le ripeto io, sono la quinta.

OLOFERNE -

Le ripeter io: a -e -i -o.

TIGNOLA -

Ecco: I - o: il caprone siete voi.

Lultima u conclude: come tu.([105])

DON ARMADO -

Per londa salsa del Mediterraneum,

ah! che bella toccata: snip e snap,

un bellaffondo, e via! Rallegramenti!

Una fulminea vampata di spirito

Mi rallegra la mente. Un vero ingegno!

TIGNOLA -

E data da un ragazzo ad un anziano

un vecchio becco([106])

OLOFERNE -

E qual la metafora?

S, qual la metafora?

TIGNOLA -

Le corna.

OLOFERNE -

Tu parli come un mocciosetto Va!

Va, ragazzo, a frustare la tua trottola.

TIGNOLA -

Datemi il vostro corno a farne una,

ed io far prillare circum circa,

intorno al vostro scorno

una trottola di corno di becco.

ZUCCA -

Avessi pure un solo penny in tasca

te lo darei, per fartici comprare

un po di pan pepato([107])

Toh, questo tutto il remunerativo

che ho ricevuto dal tuo principale,

tieni, salvadanaio dello spirito

con quattro soldi dentro,

ovetto di piccione di sagacia.

Oh, se il cielo si fosse compiaciuto

di farti generare mio bastardo,

che padre allegro tu mavresti fatto!

Va, che tu sei di spirito a pattume([108])

dalla testa alla punta delle dita,

come dicono questi sapientoni.

OLOFERNE -

Oh, questo puzza di falso latino:

pattume per unguento([109])

DON ARMADO -

Maestro arti-perito, preambuliamo!

Allontaniamoci dalla barbarie.

Non siete forse voi leducatore

dei giovani di quella casa-scuola

che sta lass sulla cima del monte?

OLOFERNE -

Alias mons, ovverosia collina.

DON ARMADO -

Come volete: collina per monte.

OLOFERNE -

S, sono io quel desso, sans question.

DON ARMADO -

Ebbene, monsignore,

grazioso piacere e desiderio

del re di salutar la principessa

nel di lei padiglione, qui nel parco,

nei posteriori del presente giorno,

che il basso volgo chiama pomeriggio.

OLOFERNE -

Posteriori del giorno, che espressione!

Generosissimo signore mio,

termine calzante, congruente

e calibrato per dir pomeriggio;

la parola forbita, colta a segno;

bene scelta, gradevole, appropriata,

vassicuro, signore, vassicuro.

DON ARMADO -

Il re, signore, un nobil gentiluomo

e meco in famigliare consuetudine,

e, vassicuro, un assai buon amico.

Su quanta v tra noi dintrinsechezza

(Non scordarti che mhai gi reso omaggio,

ti prego Copriti, via, ti scongiuro)

meglio sorvolare; e tutto questo

fra le gravose e serie sue faccende,

e affari di grandissimo momento

Ma sorvoliamo Perch devo dirvi

anche che spesso piace alla Sua Grazia

di appoggiarsi alla mia modesta spalla,

e carezzare con le auguste dita

cos, queste pietose mie escrescenze

(Fa latto di carezzarsi la barba)

compreso - figurarsi - il mio mustacchio

Ma meglio sorvolare, anima mia!

Per tutto il mondo, non vi conto favole

a dirvi quanto piaccia a Sua Grandezza

di tributar certi speciali onori

ad Armado, soldato e viaggiatore

che di mondo ne ha visto Sorvoliamo!

La somma delle somme del discorso

- ma vi scongiuro, seor, segretezza! -

la conclusione di tutto che il re,

poich vuol divertir la principessa,

dolce colomba, ha dato a me lincarico

doffrirle un qualche gradito spettacolo,

o esibizione, o rappresentazione,

corteo, grottesca([110]), fuoco dartificio.

Ora, poich mi consta che il curato

nonch la vostra amabile persona

molto eccellete in simili eruzioni

e in subitanei scoppi di gaiezza,

ve ne ho dato, diciamo, conoscenza,

al fine di ottenere il vostro ausilio.

OLOFERNE -

Potreste presentarle lo spettacolo

dei Nove Illustri. Eh, Don Nataniele?

Trattandosi di puro passatempo,

una semplice rappresentazione

da allestirsi col nostro contributo

nei posteriori di questa giornata,

per ordine del re,

a domanda di questo alletterato

e s illustre e brillante gentiluomo,

davanti alla suddetta principessa,

direi che non c nulla di pi adatto

dei Nove Illustri.

NATANIELE -

Gi,

dove trovare per personaggi

che possan degnamente interpretarli?

OLOFERNE -

Giosu potreste interpretarlo voi;

io, Alessandro; questo gentiluomo

(Indica Don Armado)

potrebbe fare Giuda Maccabeo;

questo villico, per la sua statura,

(Indica Zucca)

dalle grosse giunture, potr fare

Pompeo il Grande; il paggio far Ercole.

DON ARMADO -

Pardon, seor, ma sarebbe un errore;

lui non ha, di materia corporale,

nemmeno un pollice di quellIllustre:

grosso s e no

come lestremit della sua clava.

OLOFERNE -

Mi volete finire di ascoltare?

Lui far Ercole quandera piccolo:

non avr da far altro, entrando e uscendo,

che strangolar con le mani un serpente,

mentrio reciter unapologia

di quellillustre su questo episodio.

TIGNOLA -

Eccellente trovata! In questo modo,

se qualcuno del pubblico fischiasse,

voi potreste gridare: Bravo Ercole!

Cos piccolo, gi strozzi la serpe!;

ch il modo di aggraziare una stortura,

anche se pochi han la grazia di farlo.

DON ARMADO -

E il resto degli Illustri, gli altri sei?

OLOFERNE -

Io solo posso interpretarne tre.

TIGNOLA -

Gentiluomo triplicamente illustre!

DON ARMADO -

Posso dirvi una cosa?

OLOFERNE -

Vi ascoltiamo.

DON ARMADO -

Se questo non dovesse accomodarsi,

potremmo ripiegare su una farsa.

Seguitemi, vi prego.

OLOFERNE -

E tu Grullo, che dici? Via([111]), da bravo!

Finora non hai detto una parola.

GRULLO -

N ne ho capita alcuna, monsignore.

OLOFERNE -

Allons! Qualcosa ti faremo fare.

GRULLO -

S, qualche danza, o qualcosa di simile;

o battere il tamburo per gli Illustri,

per far ballare loro il saltarello.([112])

OLOFERNE -

Ma certo, Grullo di nome e di fatto!

Avanti, dunque, tutti a divertirci!

(Escono)

SCENA II - La stessa

Entrano LA PRINCIPESSA, MARIA, CATERINA e ROSALINA

PRINCIPESSA -

Miei dolci cuoricini,

se continua cos, qui ci arricchiamo

prima di ritornare casa nostra:

tutta questa abbondanza di regali!

Guardate un po che ho ricevuto in dono

dal re mio spasimante: una farfalla

con lali tempestate di diamanti.([113])

ROSALINA -

E niente altro, oltre questo, principessa?

PRINCIPESSA -

Nientaltro! Ah, s, s, tanto amore in versi

quanto ne pu inzeppare un foglio intero,

sulle due facce, coi margini e tutto;

e il nome di Cupido per sigillo.

ROSALINA -

Questo fu sempre il modo, con la cera,

di rendere matura a poco a poco,

la sua deit, ch rimasta fanciulla

per cinquemila anni.([114])

CATERINA -

un bel furbastro,

ragazzaccio da forca, traditore.

ROSALINA -

Tra lui e te mai ci sar amicizia:

lui tha trafitto a morte tua sorella.

CATERINA -

Infatti: me la rese malinconica,

triste, infelice, fino a che si spense.

Fosse stata leggera come te,

di spirito s allegro e spensierato,

certamente sarebbe morta nonna:

giacch, come si dice, a cuor leggero

lunga vita, ed quel che tocca a te.

ROSALINA -

Non c forse, in codesto tuo leggero,

micetta mia, qualche oscura allusione?

CATERINA -

Chiara natura in oscura belt.

ROSALINA -

E di chiarezza, infatti, c bisogno

per intendere quello che vuoi dire.

CATERINA -

Gi, ma tu fai oscuro quel che chiaro,

se continui nel tuo smoccolare:([115])

ed io finisco largomento al buio.

ROSALINA -

Ma non devi vedere quel che dici;

devi guardar piuttosto a quel che fai,

perch tu quello lo fai tutto al buio.

CATERINA -

Tu invece no, perch sei leggerina.

ROSALINA -

Certo, il mio peso non come il tuo;

perci ti sembrer cos leggera.([116])

CATERINA -

Ecco, lhai detto: tu non mi dai peso;

questo perch di me tu non ti curi.([117])

ROSALINA -

E con ragione, ch ogni cura vana

laddove ogni rimedio appare vano.

PRINCIPESSA -

Vi siete ben beccate, tutte e due:

un torneo di battute ben giocato.

Ma Rosalina, qualche regalino

lhai avuto anche tu. Da chi? Che cosa?

ROSALINA -

Vi dir: fosse stata la mia faccia

almeno bella come quella vostra,

sarebbe stato anche il mio regalo

cos bello: invece ecco, guardate.

(Mostra un anello)

Lho avuto da Biron, e lo ringrazio,

e anche con dei versi daccompagno.

I versi sono di buona fattura,

e se fossi anchio fatta come loro

sarei la dea pi bella della terra.

Mi paragona a ventimila belle.

Ha fatto il mio ritratto, in questo foglio.

PRINCIPESSA -

Ed rassomigliante, in qualche modo?

ROSALINA -

S, molto, nelle lettere e nel nome;

per nulla nelle lodi che mi fa.

PRINCIPESSA -

Bella come linchiostro

Mi pare questa la sua conclusione.

CATERINA -

Bella come una B scritta in maiuscolo

in un quaderno di calligrafia.

ROSALINA -

Ehi, piano con le penne e coi pennelli!

In debito con te, io non ci resto,

mia rossa lettera domenicale,

mia lettera dorata!

Che peccato, per, che la tua faccia

rigurgiti di rotondetti O!([118])

PRINCIPESSA -

Adesso basta con codesti scherzi!

Ho in odio tutte le cattive lingue.

Piuttosto, Caterina, dimmi un po:

che tha mandato in dono il bel Dumain?

CATERINA -

Questo guanto.

PRINCIPESSA -

Uno solo?

CATERINA -

Due, signora;

e in pi qualche migliaio di versetti

da fedele amatore: unaccozzaglia

di parole puzzanti ipocrisia,

mal compilate, estremamente sciocche.

MARIA -

E Longueville a me ha mandato questa,

(Mostra un foglio contenente dei versi)

con queste perle; ma la poesia

almeno mezzo miglio troppo lunga.

PRINCIPESSA -

Lo credo bene. Avresti preferito,

in cuor tuo, una lettera pi corta,

e una collana di perle pi lunga.

MARIA -

Certo; potessero queste mie mani

restar congiunte e non pi separarsi!

PRINCIPESSA -

Siamo tutte ragazze giudiziose,

non c che dire, a riuscir cos

a burlarci dei nostri spasimanti.

ROSALINA -

E tanto pi senza giudizio loro,

per comprarsi cos a caro prezzo

le nostre beffe. Ma io quel Biron

lo voglio sottoporre alla tortura,

prima di ripartire!

Oh, se solo potessi essere certa

daverlo catturato nella pania!

Come vorrei costringerlo a blandirmi,

ad implorarmi, a supplicarmi ai piedi,

alla ricerca del momento buono,

osservando con impazienza lora;

a sperperare il suo prodigo ingegno

nellesercizio dinutili rime;

ad ubbidire al minimo mio cenno;

ad essere fiero daver reso me

fiera di lui, che invece me la rido!

Insomma, vorrei tanto dominarlo,

come chi ha in mano la carta vincente,([119])

al punto da ridurlo il mio giullare

ed io la sua fatale distruzione.

PRINCIPESSA -

Nessun uomo che resti intrappolato

lo sar con maggiore sicurezza

di un uomo savio che diventa folle;

la follia germinata da saviezza

ha per s, come valido garante,

il fascino dun intelletto vivo

a dar grazia ad un pazzo addottrinato.

ROSALINA -

Il sangue giovane, nel suo fervore,

non si sfrena, di solito, ad eccessi

come quello della pi grave et,

che volge normalmente alla libidine.

MARIA -

La follia non ha tinte cos forti

negli altri matti, come lha nel saggio

quando in esso vacilla lintelletto;

giacch questi sadopra a dimostrare

con tutti i mezzi dellintelligenza

che c del merito nellidiozia.

Entra BOYET

PRINCIPESSA -

Ecco Boyet che torna,

ed ha stampata in volto lallegria.

BOYET -

Ah, che risate! Da crepar dal ridere!

Dov Sua Grazia?

PRINCIPESSA -

Che nuove Boyet?

BOYET -

Preparatevi, dico, preparatevi,

signora; e voi, ragazze, allarmi, allarmi!

Qui sapprestano paurosi assalti

contro la vostra pace! Avanza Amore,

travestito ed armato di argomenti.

un vero e proprio attacco di sorpresa.

Fate appello ai migliori vostri spiriti,

e ponetevi salde alla difesa;

o, da codarde, nascondete il capo,

e tagliate la corda.

PRINCIPESSA -

Santo Dionigi contro San Cupido!([120])

E chi sarebbero questi nemici

che tengono puntate su di noi

le cariche del loro favellare?

Su, parla, parla, nostro esploratore!

BOYET -

Pensavo di poter chiudere gli occhi

a un sonnellino, per una mezzora,

al fresco dun ombroso sicomoro,

quandecco, ad interromper dimprovviso,

il progettato mio bel pisolino

vedo venir verso quel sito ombroso

il re in persona, con i suoi compagni.

Mi nascondo, furtivo, in un cespuglio,

l presso, ed odo quello che ora udrete:

e cio che fra poco li vedrete

arrivare qui tutti, mascherati.

Loro araldo sar un grazioso paggio,

un bricconcello, che ha imparato a mente

il discorsetto che vi deve fare.

Gli hanno insegnato l, seduta stante,

gesti e toni: dirai cos e cos,

atteggerai cos e cos il tuo corpo.

Ma poi, di tanto in tanto, allimprovviso

veniva loro il dubbio

che la vostra presenza, principessa,

lo avrebbe forse messo in soggezione:

Perch - gli dice il re - vedrai un angelo,

ma tu non devi metterti paura,

e parla arditamente. Ed il ragazzo:

Un angelo non pu esser cattivo;

fosse un diavolo, s che avrei paura.

Al che l tutti a ridere,

e a dargli grandi pacche sulle spalle,

e a render, con gli elogi, ancor pi ardito

il gi fin troppo ardito furfantello.

Ed un di loro si grattava i gomiti

cos, e sghignazzava a pi non posso,

giurando di non aver mai sentito

un discorsetto cos saporito.

Un altro ancora, schioccando le dita,

gridava: Via([121]), che questo sha da fare,

avvenga quel che vuole!

Il terzo saltellava ed esclamava

continuamente: Tutto a meraviglia!

Il quarto piroett sui tacchi e cadde.

Dopo di che li vedo ruzzolare

a terra tutti, e con tali risate,

che in quel loro furore ridanciano,

quasi a frenare la loro follia,

vedo spuntare le solenni lacrime

prodotte dallo spasimo del riso.

PRINCIPESSA -

Come! Come! Verranno a visitarci?

BOYET -

Verranno, oh, se verranno! E travestiti

da moscoviti o russi, come credo.

Il lor proponimento : conversare

con tutte voi, corteggiarvi, danzare,

e dichiarar ciascuno il proprio amore

alla sua prediletta tra voi quattro,

che ognun di loro potr riconoscere

dal regalo che gi le ha fatto avere.

PRINCIPESSA -

Ah, questo che vogliono? Benissimo!

Li serviremo noi, i bellimbusti.

Perch, mie dame, ciascuna di noi

si presenter loro mascherata,

e a nessuno dovr esser concesso,

per quanto possa chiedere e implorare,

di vedere la faccia di nessuna.

Tu, Rosalina, porterai addosso

questo dono inviatomi dal re,

sicch questi, credendo che sia tu

la sua bella, far la corte a te:

tienilo, cara, e dammi in cambio il tuo,

cos che quel Biron, alla sua volta,

abbia a scambiare me per Rosalina.

Ed anche voi scambiatevi i regali,

s che, ingannati da codesti scambi,

i rispettivi vostri spasimanti

abbiano a corteggiar luna per laltra.

ROSALINA -

Su, mettete i regali bene in vista.

CATERINA -

Ma quale effetto vorreste ottenere,

principessa, con tutti questi scambi?

PRINCIPESSA -

Un solo effetto: contrastare il loro.

Essi fan questo solo per beffarci:

ed io vo contrapporre beffa a beffa.

Ciascun di loro sveler il segreto

del proprio cuore a una bella sbagliata;

s che quando, alla prossima occasione,

li incontreremo, ma a viso scoperto,

come ci toccher di fare ancora,

per parlare con loro e salutarli,

resteranno di nuovo beffeggiati.

ROSALINA -

Ma dobbiamo ballare, se cinvitano?

PRINCIPESSA -

No, nessuna dovr muovere piede

manco a morire! Sar questo il modo

per dimostrar quanto poco gradite

ci sian le lor stilate tiritere;

anzi, mentressi le declameranno,

ciascuna volger loro le spalle.

BOYET -

Gi, sicch questo gesto di disprezzo

colpir dritto al cuore il declamante,

e gli far dimenticar la parte.

PRINCIPESSA -

Questo precisamente ci che voglio;

e son certa che, fatto fuori il primo,

gli altri non oseranno farsi avanti.

Non c beffa pi allegra e divertente

che beffare chi viene per beffarci:

noi dobbiamo far nostra quella loro,

conservando la nostra per noi sole;

cos saremo noi a farci beffa

della lor beffa, ed essi, beffeggiati,

dovranno ritirarsi con vergogna.

(Tromba allinterno)

BOYET -

Presto! la loro tromba. Mascheratevi.

Stanno per arrivare i mascherati.

(La Principessa e le donne si mettono le maschere)

Entrano dei danzatori mori, con musica; poi TIGNOLA, in veste di prologo, col discorso scritto in mano; poi il RE, BIRON, DUMAIN e LONGUEVILLE travestiti da russi

TIGNOLA -

(Declamando)

Salute alle belt

pi ricche della terra!

BOYET -

Non ricche che dun ricco taffet.([122])

TIGNOLA -

Un celestiale sciame

delle pi belle dame

(Le signore gli voltano le spalle)

chabbiano mai voltato

il loro deretano

ad uno sguardo umano.

BIRON -

I lor occhi, gaglioffo, i loro occhi!

TIGNOLA -

chabbiano mai voltato,

a uno sguardo mortale

le luci dei lor occhi.

Fuori

BIRON -

Gi, appunto, fuori: giustamente!

TIGNOLA -

fuori dogni misura,

o celesti creature,

degnatevi non volgere

BIRON -

una volta di volgere, imbecille!

TIGNOLA -

di volgere una volta

i vostri occhi di sole

i vostri occhi di sole

BIRON -

Ma quali occhi di sole! Manigoldo!

Non ti risponderanno a questo epiteto.

Faresti meglio a dire occhi di stelle.

TIGNOLA -

Ma non mi danno retta e mi confondo.

BIRON -

tutta qui la tua bravura? Via!

Vattene via, gaglioffo! Fuori, fuori!

(Esce Tignola)

ROSALINA -

Che vogliono, Boyet, questi stranieri?

Informatevi un po sui loro intenti.

Se san parlare nella nostra lingua

nostro desiderio che un di loro

esponga breve e chiaro i lor propositi.

Fatevi dire, insomma, cosa vogliono.

BOYET -

(Ai quattro)

Che postulate dalla principessa?

BIRON -

Solo pace e gentil visitazione.

ROSALINA -

Che dicono, che vogliono costoro?

BOYET -

Solo pace e gentil visitazione.

ROSALINA -

Beh, la visitazione lhanno fatta;

e pertanto invitateli ad andarsene.

BOYET -

La dama dice che lavete fatta,

e che perci ve ne potete andare.

RE -

Abbiam contato - ditele - assai miglia,

sperando di poter far quattro salti

con lei su questo prato.

BOYET -

Hanno contato molte miglia - dicono -

sperando di poter fare con voi

qualche passo di danza in questo prato.

ROSALINA -

Ma nemmeno per sogno! Quanti pollici -

chiedete loro - entrano in un miglio?

S vero che han contate tante miglia,

sar facile loro darci in pollici

la misura di un miglio.

BOYET -

(Ai quattro)

La Principessa vuol sapere da voi,

se, come dite, avete misurato

miglia su miglia per venire qui,

quanti pollici stanno dentro un miglio.

BIRON -

Dite alla Principessa che le miglia

le abbiamo misurate non a pollici,

ma a faticosi passi.

BOYET -

Lha sentito.

ROSALINA -

Ebbene, quanti faticosi passi

avete voi contato in un sol miglio

dei molti e molti che avete percorsi?

BIRON -

Noi, veramente, non teniamo il conto

di ci che dispensiamo in vostro onore;

cos ricca la nostra devozione,

e cos sconfinata, che il donarla

non ci richiede calcoli di sorta.

Degnatevi piuttosto di scoprirci

lastro radioso dei vostri sembianti,

s che noi tutti, qui, come selvaggi,

possiamo metterci in adorazione.

ROSALINA -

Il mio astro una luna, in verit,

e coperta di nuvole, per giunta.

RE -

In tal caso beate quelle nuvole,

perch possono fare quel che fanno.

Degnati allora tu, lucente luna,

e voi, stelle, che a lei fate corona,

le nubi dissipate, di risplendere

tutte insieme sugli umidi occhi nostri.

ROSALINA -

O vano postulante! Chiedi almeno

qualche cosa di pi; tu non domandi

che un riflesso di luna sopra lacqua.

RE -

Sia allora su una misura di danza,

degnati accogliere la variazione.([123])

Minviti a chiedere; e questa richiesta

non pu sembrarti strana come laltra.

ROSALINA -

Suonate allora musici! Attaccate!

(Musica)

(Al re)

Ebbene, che aspettate?

Ah, non ancora? Allora niente danza!

Ah, io cambio cos, come la luna.

RE -

Come mai? Non volete pi danzare?

Perch questimprovviso mutamento?

ROSALINA -

Quando lavete presa, questa luna,

era piena; ora sta in unaltra fase.

RE -

Ma pur sempre la Luna, ed io il suo Uomo.([124])

Degnatevi daccompagnar la musica,

che suona ancora, con qualche figura.

ROSALINA -

Laccompagniamo con le nostre orecchie.

RE -

Ma lo dovreste fare con le gambe.

ROSALINA -

Beh, dal momento che siete stranieri

e siete capitati qui per caso,

non vogliamo far tanto le preziose:

prendiamoci per mano,

ma non con lintenzione di danzare.

RE -

E allora perch prenderci per mano?

ROSALINA -

Solo per separarci in amicizia.

Fateci un bellinchino, anime care,

e il vostro conto bello che saldato.

RE -

Ci dovreste tener per pi in conto;

non fate le preziose.

ROSALINA -

A questo prezzo,

non possiamo accordare pi di tanto.

RE -

Il prezzo stabilitelo voi stesse:

quanto costa la vostra compagnia?

ROSALINA -

Solo la vostra assenza.

RE -

Questo prezzo

per noi non possibile pagarlo.

ROSALINA -

E allora non possiamo esser comprate

E cos adieu, una volta a voi, signore,

e due volte alla vostra mascherata.

RE -

Se proprio non volete far due salti,

consentiteci di restare ancora,

a conversare.

ROSALINA -

A tu per tu, noi due?

RE -

E come no! Ne sono felicissimo!

(Si appartano conversando)

BIRON -

(Alla Principessa)

Bella signora dalle mani candide,

una dolce parola, noi due soli

PRINCIPESSA -

Zucchero, latte e miele: sono tre.

BIRON -

E raddoppiamole con altre tre,

se volete far proprio dello spirito:

idromele, sciroppo di maltosio

e malvasia: un bel getto di dadi!

Mezza dozzina di parole dolci.

PRINCIPESSA -

E la settima questa: adieu, signore.

Voi barate, con voi non gioco pi.

BIRON -

Una sola parola, in segretezza

PRINCIPESSA -

Per che non sia dolce

BIRON -

Mi fai venir la bile.

PRINCIPESSA -

Bile! Amara.

BIRON -

E perci si conf alla tua richiesta.

(Si appartano conversando)

DUMAIN -

(A Maria)

Non vorresti degnarti, mascherina,

di scambiare con me qualche parola?

MARIA -

Avanti, ditela.

DUMAIN -

Bella signora

MARIA -

Ah, cos dite? E allora bel signore:

a contraccambio di bella signora.

DUMAIN -

Qualche altra parolina a tu per tu,

vi prego, bella, e poi vi dir addio.

(Si appartano conversando)

CATERINA -

Ehi! La maschera vostra non ha lingua?

LONGUEVILLE -

Io so perch mi domandate questo,

signora.

CATERINA -

Ah, s? Fuori questo perch,

allora, ch mi struggo di conoscerlo.

LONGUEVILLE -

Eccolo: gli che voi, sotto la maschera,

siete fornita di una doppia lingua,

e vorreste fornirne la met

a quella mia, che n del tutto priva.

CATERINA -

Veal dice lolandese, per vitello.

Non cos?

LONGUEVILLE -

Vitello, bella dama!

CATERINA -

No, bel vitello voi, mio bel signore!

LONGUEVILLE -

Ebbene, dividiamolo a met.

CATERINA -

No, no, vostra met non sar mai.

Prendetevelo tutto, e divezzatelo,

che diventi un bel bue, con belle corna.([125])

LONGUEVILLE -

Non vaccorgete che con questi frizzi,

corna qua, corna l,

non fate che incornarvi da voi stessa?

Vorreste proprio darmi delle corna,

mia pudica signora? No, astenetevi.

CATERINA -

E voi cercate di morir vitello,

allora, prima che le vostre crescano.

LONGUEVILLE -

Una parola a tu per tu con voi,

prima chio muoia.

CATERINA -

S, muggite piano,

per, che pu sentirvi il macellaio.

(Si appartano conversando)

BOYET -

Le lingue delle femmine beffarde

sono affilate come linvisibile

taglientissimo filo del rasoio,

capace di tagliare anche un capello

che nessun occhio saprebbe vedere;

la lor conversazione s sensata,

oltre il senso del senso, che i lor frizzi

hanno ali pi leggere duna freccia,

del vento, del pensiero, dun proiettile,

insomma delle cose pi veloci.

ROSALINA -

Ragazze, non una parola in pi.

Basta, basta, ragazze!

(Le dame si staccano dai rispettivi corteggiatori)

BIRON -

Eccoci qua, tutti a terra, stecchiti!

E a punture di beffe, senza sangue!

RE -

Ebbene addio, ragazze pazzerelle,

testoline di tanto poco spirito.

PRINCIPESSA -

E venti volte addio a tutti voi,

miei cari raggelati moscoviti!

(Escono il Re, i Signori e i Mori)

E sarebbero questi gli ammirati

mostri dintelligenza?

BOYET -

Ceri, sono:

e i vostri lievi soffi li hanno spenti.

ROSALINA -

Intelletti di oziosi benestanti:

grassi e grossi, ma pi grossi che grassi.([126])

PRINCIPESSA -

Quale regale povert di spirito

nelle arguzie del re! Che ne pensate?

non sandranno a impiccare questa notte?

O non avr nessuno pi la faccia

dandare in giro, se non mascherato?

E quel Biron, cos intraprendente,

che sembrava del tutto sbalestrato!

ROSALINA -

Tutti e quattro ridotti in uno stato

da far piet. Il re quasi piangeva

nellinvocare una parola buona.

PRINCIPESSA -

E Biron non faceva che giurare

al di l dogni umana convenienza.

MARIA -

Dumain diceva dessere ai miei piedi

con la sua spada. Non ce n bisogno -

gli faccio; e il mio servente([127]), l, di stucco!

CATERINA -

Quanto a me, Longueville ha dichiarato

che gli stavo sul cuore,

e mha chiamata, lo sapete come?

PRINCIPESSA -

Nausea, magari.

CATERINA -

S, proprio cos.

PRINCIPESSA -

Alla larga da noi certi malanni!

ROSALINA -

Insomma, di cervelli spiritosi

se ne trovan di meglio, certamente,

sotto gli umili berretti di lana.([128])

Ma volete sentir la pi piccante?

A me il re ha giurato amore eterno.

PRINCIPESSA -

E a me quellimpetuoso di Biron

ha promesso perenne fedelt.

CATERINA -

E a me quel Longueville ha dichiarato

dessere nato solo per servirmi.

MARIA -

E a me Dumain che sera a me attaccato

com attaccata la corteccia allalbero.

BOYET -

Principessa e graziose mie signore,

credete a me: quelli saranno qui

unaltra volta, e nel lor vero aspetto;

giacch non sar mai che digeriscano

questa atroce, pesante umiliazione.

PRINCIPESSA -

Torneranno?

BOYET -

Dio sa, se torneranno!

E tornando faran salti di gioia,

con tutto che saranno un po azzoppati

dai colpi ricevuti, poveretti.

Perci scambiatevi di nuovo i doni;

e non appena ricompariranno,

schiudetevi come soavi rose

in questaria destate.

PRINCIPESSA -

Come schiudetevi? Come schiudetevi?

Parlate in modo da farvi comprendere!

BOYET -

Ecco: le belle dame mascherate

son rose in boccio; ma, tolta la maschera,

e mostrato il lor dolce carnicino

da rosa di Damasco, son degli angeli

cui rispettose sinchinan le nuvole,

o sono rose in piena fioritura.

PRINCIPESSA -

Santa perplessit! Ma che faremo

se quelli tornano a farci la corte

non mascherati?

ROSALINA -

Mascherati o no,

signora cara, date retta a me:

se volete seguire il mio consiglio,

dobbiamo seguitare a motteggiarli;

ci metteremo a prendere a ridicolo

in faccia a loro, certi bietoloni

che si son presentati poco fa

qui da noi in costumi moscoviti,

infagottati, goffi, ineleganti,

e chiederemo loro che ci dicano

chi mai potessero essere quei tipi,

e a che scopo sarebbero venuti

proprio da noi, nel nostro padiglione,

a offrirci quellinsipido spettacolo,

con quel prologo malamente scritto

e quel ridicolo comportamento.

BOYET -

Signore, ritiratevi!

I bellimbusti sono qui che arrivano.

PRINCIPESSA -

Presto alle nostre tende, via di corsa,

come caprioli in fuga in terra piana!

(Escono la Principessa, Rosalina, Caterina e Maria)

Entrano il RE, BIRON, LONGUEVILLE, DUMAIN, nei loro vestiti abituali

RE -

Che Dio vi salvi, amabile signore.

Dov la Principessa?

BOYET -

Alla sua tenda.

Vostra Maest desidera affidarmi

forse qualche messaggio da recarle?

RE -

S, che voglia degnarsi di ricevermi:

avrei da dirle una sola parola.

BOYET -

Senzaltro, monsignore, lo far;

e lo vorr anche lei, ne sono certo.

(Esce)

BIRON -

Costui va becchettando laltrui spirito

come i piccioni i chicchi di granturco,

e poi, quando a Dio piace, lo risputa.

il rivendugliolo della facezia,

e va spacciando la sua mercanzia

pei mercati, alle veglie, alle riunioni,

alle sagre e alle fiere di paese;

e noi, che siam grossisti della vendita,

non possediamo, invece, Dio lo sa,

il dono daggraziar la nostra merce

con eguale vetrina di parole.

Un trappolone cos, le ragazze

se le appunta di spillo sulla manica.

Se fosse stato nei panni dAdamo,

sarebbe stato lui a tentar Eva.

Eppoi sa larte di trinciare un pollo,

e di parlare con affettazione,

e, manco a dirlo, di lanciare baci

al soffio, sulla punta delle dita.

la scimmia della formalit,

sua signoria Belgarbo,

che quando siede al tavolo da gioco

sa borbottar qualcosa contro i dadi,

con frasi dignitose ed eleganti;

e sa cantare assai baritonale;

e nella parte di cerimoniere,

provi qualcuno a far meglio di lui.

Le signore lo chiamano Dolcezza,

e perfino le scale, quando sale,

sembra che vogliano baciargli i piedi.

come un fiore, che sorride a tutti,

a mostrar la sua dentatura bianca,

come osso di balena; e le coscienze

per non morire in debito con lui,

lo ripagano, come per tributo,

chiamandolo Boyet-lingua-di-miele.

RE -

Gli venga un cnchero, con tutto il cuore,

a quella dolce lingua! stato lui

a far impappinare, poco fa,

il paggetto del cavalier Armado.

Rientra la PRINCIPESSA, con BOYET; poi ROSALINA CATERINA, MARIA e seguito

BIRON -

(Tra s)

Eccolo ancora tra i piedi Oh, sussiego,

che coseri mai tu, prima che al mondo

costui venisse a rivelar chi sei!

E a che cosa, con lui, ti sei ridotto!

RE -

Dolce signora, tutte le mie salve,

e con laugurio di un giorno sereno.

PRINCIPESSA -

Giorno sereno, ma con tanta grandine,([129])

tuttaltro che sereno, a mio giudizio.

RE -

Non mi fraintendete, se potete.

PRINCIPESSA -

E voi ditelo meglio, il vostro augurio;

ve ne dar licenza.

RE -

Principessa,

siam qui venuti per rendervi omaggio,

e col proposito di prelevarvi

da questo luogo e accompagnarvi a corte.

Degnatevi di darci il vostro assenso.

PRINCIPESSA -

Io resto ferma su questa radura,

e voi restate fermo al vostro voto:

n Dio n io amiamo gli spergiuri.

RE -

Non fatemi rimprovero, signora,

per una cosa da voi provocata;

ch a volere chio rompa il giuramento

solo la virt degli occhi vostri.

PRINCIPESSA -

Alla virt voi date un falso nome:

vizio avreste dovuto nominarlo;

non fu mai compito della virt

mandare in pezzi la fede degli uomini.

Ma in nome del mio onore virginale,

intatto e puro ancora come un giglio,

vi dico che mi sentirei disposta

a sopportare un mondo di tormenti

piuttosto che accettare desser ospite

in casa vostra, tanto mi ripugna

desser causa del vostro venir meno

a sacri giuramenti, pronunciati

con tanta religiosa convinzione.

RE -

Oh, voi siete vissute qui, finora,

in una desolata solitudine,

trascurate, neglette, inosservate,

a nostra gran vergogna.

PRINCIPESSA -

Niente affatto!

Abbiamo invece avuto da svagarci

e divertirci assai piacevolmente;

figuratevi, ancora poco fa

abbiamo avuto qui la compagnia

duna amena combriccola di russi.

RE -

Russi, signora?

PRINCIPESSA -

Russi, s, signore.

Gente galante, molto ben vestita,

fiori di cortesia e distinzione.

ROSALINA -

Signora, dite al re la verit.

Non cos, maest: la principessa,

in nome della buona educazione,

vha fatto delle lodi immeritate

di quella gente. In realt noi quattro

ci siam trovati di fronte, dun tratto,

quattro figuri vestiti da russi;

si sono trattenuti qui unoretta,

a cianciare con noi per tutto il tempo,

senza farci la grazia, monsignore,

duna sola parola un po gradevole.

Non oso dir che fosser dei babbei;

ma penso, santo Dio, chanche i babbei

quandhanno sete bevon volentieri.

BIRON -

Questarguzia mi pare alquanto magra.

Bellezza mia gentile, il vostro spirito

che vi fa parer sciocco ci che saggio.

Quando con locchio nostro, anche il pi aguzzo,

fissiamo locchio infuocato del cielo

accade che quelleccessiva luce

ci fa perder la nostra; e cos voi,

la cui sagacia di tale natura

che, nella sua riserva di saggezza,

le cose sagge sembrano sciocchezze,

e quelle ricche, misere e meschine.

ROSALINA -

Ci vi dimostra quindi saggio e ricco,

perch al mio occhio

BIRON -

io sarei uno sciocco,

e immensamente povero di spirito.

ROSALINA -

Non fosse che nel definirvi tale

voi mi strappate dalla bocca epiteti

che son di vostra chiara pertinenza,

sareste stato davvero scortese

a chiudermi la bocca in questo modo.

BIRON -

Oh, signora, di pertinenza vostra

io son tutto, con tutto quel che ho..

ROSALINA -

Tutto? Un matto cos, tutto per me?

BIRON -

Tutto. Men di cos non posso darvi.

ROSALINA -

Dite un po: che cosera quella maschera

che portavate al viso poco fa?

BIRON -

Maschera? Dove! Quando! Quale maschera?

Perch questa domanda?

ROSALINA -

Dico bene:

la maschera che portavate al viso

pocanzi; quellinutile coperchio

che nascondeva una faccia pi brutta

e ne mostrava fuori una pi bella.

RE -

(Piano agli altri)

Siamo scoperti! Adesso stiamo freschi:

queste qui ci motteggeranno a morte.

DUMAIN -

A questo punto meglio confessare

e volgerla allo scherzo

PRINCIPESSA -

(Al Re)

Sbalordito?

Perch cos turbato, Vostra Altezza?

ROSALINA -

(Indicando Biron)

Aiuto, sorreggetegli la fronte!

Questo vien meno! Perch cos pallido?

Non sar mica un po di mal di mare

di marca moscovita?

BIRON -

Son le stelle che fan piover sul capo

degli uomini spergiuri i lor castighi.

Quale faccia di bronzo

potrebbe stare a fingere pi a lungo?

Eccomi, dunque, son qua, signora:

scagliami addosso pur tutti gli strali

della faretra della tua destrezza,

fa di me strame con il tuo disprezzo,

confondimi con tutto il tuo sarcasmo

trafiggi la mia crassa maldestrezza

con laffilata punta del tuo spirito,

fammi a pezzi con la tagliente lama

della tua irrisione, ed io, meschino,

non verr pi da te, russo-vestito,

a chiederti una danza,

o ad offrirti i miei umili servigi.

Oh, chio non abbia mai pi, finch viva,

ad affidarmi alla parola scritta

e balbettata da uno scolaretto!

N a presentarmi alla mia donna amata

in maschera, n a corteggiarla in rima

come un arpista cieco,

con frasi di frusciante taffet,

e preziosi vocaboli di seta,

iperboli tirate a triplo pelo,

ricercati arabeschi delleloquio,

pedanteschi, stucchevoli traslati

Questo sciame di moscerini estivi

mha riempito, enfiato tutto il corpo

di brufoli di vana ostentazione.

Io qui, signora, li rinnego tutti.

E dichiaro, su questo guanto candido

(Prende la mano inguantata di Rosalina)

(e Dio sa quanto candida la mano

chesso ricopre), che da oggi in poi

il corteggiare mio sesprimer

soltanto con dei S di tela ruvida,

oppur con dei No di lana grezza.([130])

E, ragazza, tanto per cominciare

- e Dio maiuti se non parlo schietto -

il mio amore per te non fa una grinza,

senza crepe e senza incrinature.

ROSALINA -

E senza troppi senza, per favore!

BIRON -

Mi resta ancora qualche rimasuglio

degli artifici dellantico ardore.

Ne sono ancora affetto, perdonatemi:

ma pian piano me ne liberer.

Attenzione, per: su questi tre

dovete metter tanto di cartello

con su scritto: Piet di noi, Signore!;

perch son tutti e tre contaminati.

Nei lor cuori sannida la magagna,

se la sono attaccata dai vostri occhi.

Ma se questi signori sono infetti,

nemmeno voi siete rimasta libera

dal morbo, perch vedo su di voi

i segni del Signore.([131])

PRINCIPESSA -

No, son liberi([132])

quelli che ci hanno dato questi pegni.([133])

BIRON -

I nostri beni son sotto sequestro;

non cercate di rovinarci peggio.

PRINCIPESSA -

Impossibile: come pu succedere

che siate sequestrati

e nel contempo attori nel giudizio?([134])

BIRON -

(A Rosalina)

Insomma, basta! Basta! Con voialtre

non voglio aver pi nulla da spartire.

ROSALINA -

E cos io con voi, statene certo,

se mi lasciano fare a modo mio.

BIRON -

Parlate per voi stessa. Io sono a terra.

RE -

(Alla Principessa)

Indicateci voi, dolce signora,

qualche riparazione onesta e degna

a questo nostro grossolano errore.

PRINCIPESSA -

Pi degno e onesto sempre il confessare:

non eravate voi, qui, poco fa,

travestito da russo?

RE -

S, signora.

PRINCIPESSA -

Ed eravate in voi, nel far cos?

RE -

S, gentile signora.

PRINCIPESSA -

E stando qui,

si pu sapere che bisbigliavate

cos allorecchio della vostra dama?

RE -

Che la stimavo sopra tutto il mondo.

PRINCIPESSA -

Gi, per negarlo poi apertamente

dopo chella ci avesse ben creduto!

RE -

Ah, questo no, lo giuro sul mio onore!

PRINCIPESSA -

Piano, piano, con questi giuramenti!

Dal momento che avete infranto il primo,

non vi far fatica esser spergiuro.

RE -

Copritemi deterno vituperio,

se mai dovessi venir meno a questo.

PRINCIPESSA -

Certo che lo far! Perci osservatelo.

Rosalina, che cosa ti diceva

quel russo sussurrandoti allorecchio?

ROSALINA -

Mi giurava che mi teneva cara

come la vista preziosa degli occhi;

che mi stimava pi di tutto al mondo,

e per di pi aggiungeva un aut-aut:

o mavrebbe ottenuta per sua moglie,

oppur per amor mio sarebbe morto.

PRINCIPESSA -

Che Dio te ne dia gioia, Rosalina!

(Indicando il Re)

Questo nobil signore sono certa

che vorr mantener la sua parola.

RE -

Che dite mai, signora?

In fede mia, un tale giuramento,

a questa dama io non lho mai fatto.

ROSALINA -

Lavete fatto, eccome!

Ed a conferma ecco qua il gioiello

che mavete mandato come pegno.

(Mostra il dono ricevuto dalla Principessa)

Tenetevelo pure; ve lo rendo.

RE -

Ma non a voi che avevo inteso offrirlo

questo dono, bens alla principessa

in pegno della fede del mio cuore;

e grazie ad esso lho riconosciuta,

perch se lo portava sulla manica.

PRINCIPESSA -

Perdonate, signore, ma era lei

quella che aveva indosso quel gioiello.

Il mio adoratore - e lo ringrazio -

era monsieur Biron. Monsieur Biron,

che dite, preferite avere me

o questa vostra perla?

BIRON -

Nessuna delle due. Rinuncio a entrambe.

Ora vedo limbroglio in tutto questo:

esse han saputo prima il nostro gioco

e si sono accordate per guastarcelo,

come in una commedia di Natale.

Qualche spione, qualche leccapiedi,

qualche insignificante trappolone,([135])

qualche scodinzolante parassita

che s scavata la faccia di rughe

a forza di sorridere melluso

per anni ed anni, e che conosce larte

di strappare il sorriso a madamina

quando ella si dimostra ben disposta,

ha rivelato loro i nostri piani;

scoperti i quali, le nostre signore

si son scambiati i doni ricevuti,

e cos noi, seguendo quella traccia

per corteggiarle, abbiamo corteggiato

in ciascuna di loro quella traccia.

Sicch ora, aggiungendo nuovo errore

alla nostra doppiezza di spergiuri,

ci ritroviamo ad esserlo di nuovo:

la prima volta volontariamente,

e la seconda, adesso, per errore.

Non pu essere andata che cos.

(A Boyet)

Per caso, non sarete stato voi,

a scoprire e svelare il nostro gioco,

per sbugiardarci? Non siete voi luomo

che conosce al millesimo([136]) di pollice

la lunghezza del piede di madama,

e sa come sorriderle sugli occhi,

e come collocarsi alle sue spalle,

tra lei e il fuoco del suo caminetto,

reggendole un tagliere,

e scherzare con lei piacevolmente?

Foste voi a far s che il nostro paggio

simpappinasse. Seguitate pure.

A voi tutto permesso.

E quando morirete, a vostro comodo,

avrete per sudario una gonnella.

Ah, mi guardate sbieco? Eh, che occhiataccia!

Ferisce come una spada di latta.([137])

BOYET -

Con quanto brio, questo nostro campione

ha percorso al galoppo questa pista!

BIRON -

(Tra s)

Questo adesso minfilza!

(Forte)

Beh, ho finito.

Entra ZUCCA

Oh, benvenuta, genuina arguzia!

Arrivi giusto giusto

ad interrompere un bel duello!

ZUCCA -

Oh, Dio, signore, quei tre l di fuori

vorrebbero sapere se i tre illustri

debbono entrare o no.

BIRON -

Come, quei tre! Non ce ne son di pi?

ZUCCA -

No, signore; ma va bene lo stesso,

perch ciascuno ne impersona tre.

BIRON -

E tre per tre fa nove.

ZUCCA -

No, signore,

non cos, signore; salvo errore,

io spero proprio che non sia cos.

inutile, signore, che insistete;([138])

io posso assicurarvelo, signore;

sappiamo bene quello che sappiamo;

e spero bene che tre volte tre

BIRON -

Non faccia nove.

ZUCCA -

Salvo correzione,

signore, noi sappiamo quanto fa.

BIRON -

Per Giove! Ed io che ho sempre ritenuto

che tre per tre facesse nove!

ZUCCA -

Oh, Dio!

Sarebbe veramente una disgrazia,

per voi, signore, se foste costretto

a guadagnarvi la vita coi numeri.

BIRON -

Insomma, mi vuoi dire quanto fa?

ZUCCA -

Dio mio! Ve lo diranno, monsignore,

le parti stesse, gli attori in persona;

riguardo alla mia parte,

io dovr impersonare, come han detto,

un uomo illustre in un povero diavolo:

Pomponio([139]) il Grande, pensate, signore!

BIRON -

Sicch anche tu faresti un uomo illustre?

ZUCCA -

Si son degnati di credermi degno

di far la parte di Pompeo il Grande;

chi fosse quellillustre non lo so,

ma devo starci io al posto suo.

BIRON -

Torna da loro e di che si preparino.

ZUCCA -

E ce la caveremo molto bene,

signore; ce la metteremo tutta.

(Esce)

RE -

Biron, ci copriranno di ridicolo.

Fate che non saccostino nemmeno.

BIRON -

A prova di ridicolo gi siamo,

signore; ed comunque buona tattica

dar loro uno spettacolo peggiore

di quello offerto poco fa dal re,

con la sua compagnia di moscoviti.

RE -

Insisto: quelli non debbono entrare!

PRINCIPESSA -

Via, via, mio buon signore, questa volta

lasciate a me la cura di guidarvi.

Il gioco che riesce pi piacevole

quello di cui meno si conosce

come si svolge; dove il troppo zelo

saffanna a farlo riuscir nel meglio,([140])

finisce di distruggere in se stesso

tutto ci che intendeva presentare.

Quando le grandi cose

che sono partorite con fatica([141])

periscono sul nascere,

la forzatura della loro forma

produce un senso di comicit.

BIRON -

Perfetta descrizione

del nostro divertirci, monsignore.

Entra DON ARMADO

DON ARMADO -

(Al re)

O Unto del Signore,

io timploro affinch tu voglia spendere

quel tanto del regal tuo dolce fiato

che valga ad esalare due parole.

(Consegna una lettera al re e si apparta con lui)

PRINCIPESSA -

(A Biron, indicando Armado)

Che uomo quello? creatura di Dio?

BIRON -

Perch me lo chiedete, principessa?

PRINCIPESSA -

Non parla come una creatura umana.

DON ARMADO -

La cosa non importa pi di tanto,

mio soave, mielato e bel monarca,

ma il maestro Oloferne, lo asserisco,

fantasioso al di l dogni limite:

troppo vano, s, troppo, troppo vano;

ma noi, come si dice, ci affidiamo

in mano alla fortuna della guerra.([142])

La pace della mente sia con voi,

regalissimo, augusto accoppiamento!

(Esce)

RE -

Qui si preannuncia dunque una sfilata

dillustri personaggi della storia.

Lui fa la parte dEttore di Troia;

Zucca, il bifolco fa Pompeo il Grande;

Don Nataniele, il parroco, Alessandro;

il paggetto di Armado far Ercole;

il pedagogo, Giuda Maccabeo.

E poi, se questi primi quattro Illustri

avran successo nella loro parte,

ciascun di loro cambier costume

ed interpreteranno gli altri cinque.

BIRON -

Ma son gi cinque nella prima parte.

RE -

Vingannate, son quattro.

BIRON -

(Contando)

Il pedagogo,

il gradasso, il curato di campagna,

lo scemo ed il paggetto: son cinque.

Salvo che al gioco a dadi cinquenove,([143])

non c al mondo chi pu mettere insieme

cinque tipi diversi come questi,

ciascuno con le sue caratteristiche.

Ma zitti, adesso. Il vascello alla vela,

e avanza a tutto vento da questa parte.

Entra ZUCCA, armato, nella parte di Pompeo

ZUCCA -

Pompeo io sono.

BIRON -

Menti! Non sei lui!

ZUCCA -

Pompeo io sono.

BOYET -

E porto sul ginocchio

la testa dun leopardo.

BIRON -

Buona questa,

vecchio motteggiatore! Buona, buona!

Dovr per forza diventarvi amico.

ZUCCA -

Pompeo io sono, Pompeo detto il Grosso.

DUMAIN -

Il Grande.

ZUCCA -

Ah s, il Grande, monsignore!

Io, Pompeo, Grande soprannominato,

che, targa e scudo in braccio, da soldato,

feci loste sudare e sanguinare,

e, veleggiando lungo questo mare,

qui per caso son giunto, come un nembo,

delle mie armi a conquistar la mancia

sul virginale grembo

di questa dolce fanciulla di Francia.

Se vostra signoria volesse dire:

Grazie, Pompeo!, io avrei finito.

PRINCIPESSA -

E grandi grazie a te, grande Pompeo!

ZUCCA -

Non meritavo tanto,

ma spero d'aver detto tutto bene,

solo quel piccolo errore sul Grande.

BIRON -

Il mio cappello contro mezzo penny

che Pompeo il migliore degli Illustri.

Entra DON NATANIELE, nella parte di Alessandro

NATANIELE -

Quando su questo mondo ero vivente,

ero di questa terra il pi potente;

da oriente ad occidente,

da mezzogiorno fino a settentrione,

io sottomisi tutte le corone.

Ed il mio scudo m qui testimone

chio dAlessandro il Grande porto il nome

BOYET -

No, il tuo naso lo nega: non lo sei;

ch se ne viene fuori troppo dritto.

BIRON -

Gi, quel naso traspira proprio no,

cavaliere dal fiuto sopraffino.([144])

PRINCIPESSA -

Il gran conquistatore sconcertato

Su, da bravo, Alessandro, andate avanti

NATANIELE -

Quando su questo mondo ero spirante,

ero del mondo intero il comandante

BOYET -

Verissimo, verissimo, Alessandro!

Eri proprio cos!

BIRON -

(A Zucca)

Pompeo il Grande!

ZUCCA -

Zucca per voi, signore, per servirvi.

BIRON -

Portalo via di qua, questo Alessandro,

portati via questo conquistatore.

ZUCCA -

(A Don Nataniele)

Eh, no, signore, voi Alessandro

conquistatore lavete distrutto!

La vostra immagine sar perci

grattata via dal quadro; ed il leone

che vi regge una scure da battaglia

su una seggetta, sar dato a Caco.([145])

Cos lultimo Illustre sar lui.

Che vergogna! Un gran conquistatore

che si mette paura di parlare!

Ritirati e vergognati, Alisandro.

(Don Nataniele si ritira)

Quello, non vi dispiaccia, miei signori,

gran bravuomo: un uomo mite, onesto,

vedete, che si perde facilmente.

un vicino davvero straordinario,

e molto bravo al gioco delle bocce;

ma per fare Alessandro, avete visto,

una parte per cui non tagliato.

Ecco per che arrivano altri illustri,

che diranno la loro in altro modo.

PRINCIPESSA -

E tu, Pompeo, da bravo, sta da parte.

Entrano OLOFERNE, nella parte di Giuda Maccabeo, e TIGNOLA nella parte di Ercole

OLOFERNE -

Il grandErcole qui vi presentato,

da questo demonietto,

che Cerbero abbatt triteste-canus,

e che, ancora in fasce, pargoletto,

strangol i serpi con la propria manus.

Quoniam qui appar che ancora non parl,

io questapologia ergo vi fo.

(A Tignola)

Assumi una certaria di sussiego

nelluscire, e non farti pi vedere.

(Tignola si ritira)

Giuda son io.

DUMAIN -

E che, c pure un Juda?

OLOFERNE -

S, ma non lIscariota, signoria.

Giuda son io, nomato Maccabeo.

DUMAIN -

Un Giuda ritagliato([146]) a Maccabeo,

ma sempre Giuda .

BIRON -

Sarebbe a dire

uno che ti tradisce con un bacio.

E come mai sei diventato Giuda?

OLOFERNE -

Giuda son io.

DUMAIN -

A tua maggior vergogna!

OLOFERNE -

Che intende dire Vostra Signoria?

BOYET -

Che Giuda deve andare ad impiccarsi.

OLOFERNE -

Dopo di voi, voi siete pi maturo.([147])

BIRON -

Ben risposto, perbacco! Perch Giuda

simpicc veramente ad un sambuco.

OLOFERNE -

La testa a me non la farete perdere.

BIRON -

Infatti tu la testa non ce lhai.

OLOFERNE -

Questa che ?

BOYET -

La testa duna cetra.

DUMAIN -

Oppure la capocchia duno spillo.

BIRON -

Una testa di morto su un anello.

LONGUEVILLE -

Un ceffo, appena appena distinguibile

sopra unantica moneta romana.

BOYET -

Il pomo della sciabola di Cesare.

DUMAIN -

La testa dosso dun tappo di fiasca.

BOYET -

San Giorgio di profilo su un fermaglio.

DUMAIN -

S, un fermaglio di piombo.

BIRON -

Appuntato sul capo a un cavadenti.

Ora va pure avanti, ch la testa

te labbiamo rimessa a posto noi.

OLOFERNE -

No, no: voi me lavete fatta perdere.

BIRON -

Bugiardo! Te ne abbiamo date tante.

OLOFERNE -

Le vostre son pi toste della mia.

BIRON -

Anche se tu un leone fossi stato,

cos tavremmo egualmente trattato.

BOYET -

Ma poich un asino, lasciamo perdere.

E cos addio, caro il nostro Giuda

Che fai? Non te ne vai?

BIRON -

Aspetta la finale del suo nome.

Aspetta lasino in aggiunta al Giuda.

Toh, Maccabeo Giud-asino!([148]) Ora vattene.

OLOFERNE -

Tutto ci non affatto generoso,

n signorile, n caritatevole.

BOYET -

Una lampada per Monsieur Giud-asino!

Si fa buio, e potrebbe inciampicare.

(Oloferne si ritira)

PRINCIPESSA -

Ahim, povero Giuda Maccabeo!

Lavete rovinato, fatto a pezzi.

Entra DON ARMADO nella parte di Ettore

BIRON -

Va a nasconderti, Achille,

che sta arrivando qui Ettore in armi.

DUMAIN -

A costo di sentire i miei motteggi

ricadermi sul capo ad uno ad uno,

ora mi voglio proprio divertire.

RE -

Appetto a questo, Ettore di Troia

era proprio uno straccio di troiano.

BOYET -

Ettore dovrebbessere costui?

Non credo fosse cos corpacciuto.

LONGUEVILLE -

I suoi polpacci sono troppo grossi

per esser Ettore.

DUMAIN -

Pi polpa, certo.

BIRON -

No, ma fornito meglio quanto a gambe.

BOYET -

Ettore non pu essere cos.

DUMAIN -

un dio od un pittore, questo qui,

perch di facce ne sa fare tante.

DON ARMADO -

Larmipossente Marte,

delle lance signore,

diede ad Ettore in dono.

DUMAIN -

Una noce moscata.

BIRON -

No, un limone.

LONGUEVILLE -

Guarnito di chiodini di garofano.

DUMAIN -

No, spaccato a met.

DON ARMADO -

Pace, signori!

Larmipossente Marte,

delle lance signore,

quale dIlio lerede

un dono a Ettorre diede,

un eroe di tal fiato,

a giostrar sempre forte preparato,

da nord a meridione,

fuor del suo padiglione.

Ed io sono quel fiore.

DUMAIN -

Un fiorellino di menta.

LONGUEVILLE -

Daquilegia.([149])

DON ARMADO -

Monsieur Longueville, amabile signore,

date di redini alla vostra lingua.

LONGUEVILLE -

Anzi, devo mandarla a briglia sciolta,

per farla correre di gran carriera

a tener testa al valoroso Ettorre.

DUMAIN -

E quello corre come un can levriero.

DON ARMADO -

Ma Ettore, quel caro eroe di guerra

morto e putrefatto!

Non insultate lossa del sepolto,

miei cari pulcinetti. Fu un granduomo,

quello, fintanto chebbe fiato in corpo.

Ma voglio andare avanti nella parte.

(Alla Principessa)

Vogliate, amabile maest regale,

prestarmi il senso delle vostre orecchie.

PRINCIPESSA -

Parla, mio prode Ettorre:

ascoltarti, per noi, una delizia.

(Biron si apparta e dice qualcosa a Zucca)

DON ARMADO -

Adoro la pantofola

della graziosa tua sovranit.

BOYET -

(A parte, a Dumain)

Sentite? Lama a misura di piede.

DUMAIN -

(A parte, a Boyet)

Perch non gli possibile di braccio.([150])

DON ARMADO -

Questo Ettorre prevale

di molto su Annible.

ZUCCA -

Andata la commedia, amico Ettorre;

e belle andata pure la tua bella:

essa gi avanti di un paio di mesi

per la sua strada.

DON ARMADO -

Cosa intendi dire?

ZUCCA -

Eh, perbacco, se non vi comportate

come un troiano onesto,

la povera ragazza nei pasticci:

incinta, insomma, e gi il suo bambinello

le rimescola il ventre. E quello vostro!

DON ARMADO -

Mi vuoi tu dunque coprire dinfamia

al cospetto di principi e monarchi?

Morte ti colga!

ZUCCA -

Gi, ma allora Ettorre

sar prima frustato

per aver messo incinta Giacometta,

e poi messo alla forca

per avere ammazzato il Gran Pompeo.

DUMAIN -

Rarissimo Pompeo!

BOYER -

Pompeo illustre!

BIRON -

Tu, pi grande del Grande! Grande! Grande!

Sconfinato Pompeo!

DUMAIN -

Ettore trema.

BIRON -

Pompeo s mosso. Pi furia! Pi furia!

Ate,([151]) aizzali, portali al furore.

DUMAIN -

Ettore adesso sfider Pompeo.

BIRON -

Macch! Se quello l non ha pi sangue

nella sua pancia di quanto ne basta

al pasto duna pulce!

DON ARMADO -

Io ti sfido Pompeo, pel polo nord!

ZUCCA -

Io con un palo([152])non mi batter,

come si battono quelli del nord;

io mi batto a fendenti, e con la spada.

Lasciatemi riprender le mie armi.

DUMAIN -

Fate largo agli Illustri incolleriti!

ZUCCA -

Ed io mi batto restando in camicia.

DUMAIN -

Ave, risolutissimo Pompeo!

TIGNOLA -

(A Don Armado)

Fatevi sbottonare gi,([153]) padrone.

Pompeo si sta spogliando, non vedete?,

per il combattimento; e voi che fate?

Volete perder la reputazione?

DON ARMADO -

Scusate, gentiluomini e soldati,

ma in camicia rifiuto di combattere.

DUMAIN -

Eh, no, non vi potete rifiutare;

Pompeo che vi sfida.

DON ARMADO -

Anime mie,

io cos posso, ed anche cos voglio.

BIRON -

E che ragione avete a far cos?

DON ARMADO -

La nuda verit, signori, questa:

chio non ho la camicia.

Porto maglie di lana a fior di pelle,

per penitenza.

BOYET -

vero quel che dice.

penitenza impostagli da Roma

per mancanza di quella biancheria;

e da allora, mi giocherei la testa,

quello non ha portato a fior di pelle

pi duno strofinaccio da cucina

di Giacometta, in amoroso pegno.

Entra, come messaggero della Principessa,

Monsieur MARCADE

MARCADE -

Dio salvi Vostra Altezza.

PRINCIPESSA -

E benvenuto a voi, Monsieur Marcade,

anche se questo vostro arrivo qui

venga a interromperci il divertimento.

MARCADE -

Desolato, signora, ma mi pesa

sulla lingua lannuncio che vi porto.

Ecco, il Re vostro padre

PRINCIPESSA -

Morto!

MARCADE -

Morto,

signora. tutto quel che devo dirvi.

BIRON -

Illustri, via! La scena si rannuvola.

DON ARMADO -

Per parte mia, respiro in libert.

Ho sogguardato il giorno delloltraggio

per il pertugio del discernimento,

e voglio comportarmi da soldato.

(Escono i personaggi illustri)

RE -

(Alla Principessa)

Che dire, altezza? Come vi sentite?

PRINCIPESSA -

Boyet, voglio andar via stasera stessa.

Provvedete per i preparativi.

RE -

No, signora, vi supplico, restate!

PRINCIPESSA -

Boyet, vi dico, preparate tutto.

Miei gentili signori, vi ringrazio

per le vostre benevoli premure,

e vi prego dal fondo del mio cuore,

per la nuova sciagura rattristato,

di volervi degnare di scusare,

nella vostra sapiente comprensione,

o quanto meno di dimenticare

se la vivacit dei nostri spiriti

s confrontata s liberamente

con voi, e se nei nostri conversari

ci siam portate troppo arditamente.

La colpa della vostra cortesia.

Addio degni signori. Un cuore oppresso

non lascia convenevoli alla lingua.

(Al Re)

Scusatemi, se troppo brevi grazie

vi rendo, per il pronto accoglimento

che avete ben voluto riservare

della mia petizione.

RE -

Principessa,

il tempo, nei suoi limiti pi estremi

conforma tutto alla sua estrema urgenza,

e spesso nellistante suo pi teso

risolve ci che in un lungo processo

non era riuscito a delibare.

E sebbene la fronte sconsolata

di una fanciulla che ha perduto il padre

naturale possa trattenere

la sorridente cortesia dAmore

dal perseguir le sacrosante attese

chessa impaziente di vedere accolte,

tuttavia, poich Amore

aveva gi da prima cominciato

a dispiegare i suoi dolci argomenti,

non sia la nube del vostro dolore

a farlo allontanar del suo proposito.

Pianger la perdita dei propri cari

non s salutare e profittevole

come il gioir per acquisirne nuovi.

PRINCIPESSA -

Non capisco quel che volete dire;

e ci non fa che raddoppiarmi il duolo.

BIRON -

A penetrar le orecchie del dolore

meglio valgon parole oneste e chiare;

e sono questi i segni che vaiutano

a comprendere lanimo del re:

noi, per amor della vostra bellezza,

abbiam voluto cancellare il tempo,

e abbiam giocato disonestamente

coi giuramenti che avevamo resi.

la vostra bellezza, mie signore,

che ci ha cos mutati,

cambiando i nostri umori ed avviandoli

in senso opposto alle nostre intenzioni;

e ci che vi pot sembrar ridicolo

dei nostri portamenti

non da attribuire che allamore,

che pieno di codeste incongruenze,

tutto capricci come un fanciullino,

di continuo sfuggente e saltellone:

generato dallocchio, , come locchio,

pieno di modi e forme stravaganti,

in un continuo variar di soggetti

via via che va, con locchio, trascorrendo

il suo sguardo dalluno allaltro oggetto.

Se dunque ai celestiali vostri sguardi

quel variopinto e un po carnevalesco

aspetto da noi dato al nostro amore

abbia potuto toglier dignit

a noi stessi ed ai nostri giuramenti,

ebbene sono stati gli occhi vostri,

i vostri occhi di cielo,

che, volti su di noi e i nostri errori,

ci hanno indotto ad agire in questo modo.

Perci, signore belle,

il nostro amore essendo cosa vostra,

vostri sono del pari i nostri errori

che quellamore ci ha spinto a commettere;

sicch, per una volta,

noi siamo stati infedeli a noi stessi,

per essere fedeli, in sempiterno,

a quelle che ci resero, ad un tempo,

infedeli e fedeli ovverosia,

fedeli solo a voi, belle signore.

Ed ecco come quellinfedelt,

ch in se stessa peccato,

si purifica e si tramuta in grazia.

PRINCIPESSA -

Nel ricevere quelle vostre lettere

cos piene damore, e i vostri doni,

di quellamor gentili messaggeri,

noi nei nostri pensieri di ragazze

abbiam considerato tutto questo

semplice segno di galanteria,

giochi gradevoli di cortesia,

nientaltro che una specie di bambagia

per imbottire la fodera del tempo.

Pi avanti di cos non siamo andate

nel giudicare il vostro atteggiamento;

e abbiamo accolto quei vostri messaggi

come altrettante piacevoli baie,

quali essi ci apparivano, del resto.

DUMAIN -

Eppure quelle lettere, signora,

mostravan desser pi che delle baie.

LONGUEVILLE -

Come mostravan anche i nostri sguardi.

ROSALINA -

Noi non li interpretammo in questo senso.

RE -

Insomma, vi chiediamo, mie signore,

allultimo minuto di questora,

di volerci accordare il vostro amore.

PRINCIPESSA -

Un troppo breve tempo, non vi pare?,

per un contratto che non ha scadenza.

No, no, signore: la vostra maest

s macchiata di reprobo spergiuro,

nonch di gravi e consistenti colpe.

Perci ascoltate: se per amor mio

- ammesso che vi sia un tal movente -

voi voleste davvero far qualcosa,

considerato che non ho fiducia

nei vostri giuramenti, fate questo:

andate a ritirarvi in tutta fretta

in un remoto e brullo romitaggio,

lungi da tutti i piaceri del mondo,

e rimanete l per tutto il tempo

che i dodici segnali zodiacali

abbian compiuto lannuale lor ciclo.

Se quella vita austera e solitaria

non vavr suggerito di mutare

lofferta che ora fate a sangue caldo;

se le notti gelate ed i digiuni,

e il duro alloggio e le vesti leggere

non saranno riusciti a inaridire

tutta lesuberante fioritura

del vostro amore, ma vi avranno spinto

a meglio sopportare questa prova,

e questo estremo cimento damore,

venite, allora, allo spirar dellanno,

a prendermi, venite a rilevarmi,

ed io, per questa mia virginea mano,

che ora bacia la tua, per questa prova

che tavr riscattato, sar tua.

Fino ad allora, me ne star chiusa

nella casa di questo mio dolore,

a piangere la morte di mio padre.

Se ti ricusi di accettare tanto,

disgiungi la tua mano dalla mia,

a segnar che nessuno di noi due

avr diritti sul cuore dellaltro.

RE -

Sio dovessi respinger questa prova,

od altra ancor pi dura,

per compiacere, in un riposo inerte,

le grandi forze che mi sento dentro,

venga la morte, con fulminea mano,

a chiudere i miei occhi per leterno.

Il mio cuore eremita, dora innanzi,

avr il tuo petto come sua dimora.

(Si appartano conversando, prendendosi per mano)

BIRON -

(A Rosalina)

E per me non c niente, amore mio?

Non c niente per me?

ROSALINA -

Voi dovete anche voi purificarvi,

perch i vostri peccati ne han bisogno;

macchiato siete di colpe e spergiuro;

perci, per ottenere il mio favore

dovete dedicarvi un anno intero,

senza mai un momento di riposo,

a prestare assistenza agli ammalati,

direttamente, presso i loro letti.

(Biron si allontana stizzito. Rosalina ride)

DUMAIN -

(A Caterina)

E per me, cuore mio, per me che cosa?

Una moglie?

CATERINA -

Macch! Una bella barba,

tanta buona salute e vita onesta:

queste tre cose, con triplice affetto,

tutto ci che vi posso augurare.

DUMAIN -

Oh, posso dirvi grazie, cara moglie?

CATERINA -

Eh, piano, piano, mio caro signore!

Perch per dodici mesi ed un giorno

io non vo pi sentire una parola

da spasimanti dalla faccia tenera.

Tornerete da me lo stesso giorno

che sar di ritorno il vostro re

dalla mia principessa; e solo allora,

se mi sar rimasto molto amore,

ne dar un poco a voi.

DUMAIN -

E fino allora

resto tuo fido e leal servitore.

CATERINA -

Senza giurarlo, per, per favore,

per non rischiare ancora uno spergiuro.

(Si allontanano conversando)

LONGUEVILLE -

E a me che cosa dice la Maria?

MARIA -

Che allo scadere dei dodici mesi

baratter la mia nera sottana

per acquistarmi un amico fedele.

LONGUEVILLE -

Dodici mesi un tempo troppo lungo,

ma io lattender pazientemente.

MARIA -

Quanto a lunghezza vi rassomigliate,

perch di spilungoni come voi

di giovani ce n davvero pochi.

BIRON -

(Avvicinandosi di nuovo a Rosalina)

Che mai sta meditando la mia dama?

Volgete gli occhi su di me, signora,

mirate le finestre del mio cuore:

questi miei occhi che cos umilmente

attendono da voi una risposta.

Imponetemi qual che sia servigio

a prova del mio amore. Lo far.

ROSALINA -

Avevo spesso sentito di voi,

Lord Birn ancor prima di conoscervi.

Lipertrofica lingua della gente

vi dice uomo pieno di motteggi,

di allusioni e sarcasmi micidiali,

che lanciate indiscriminatamente

su chiunque si trovi, per ventura,

alla merc della vostra salacia.

Per liberare da questa gramigna

il campo fertile del vostro ingegno

e farvi conquistar, se ci vi aggrada,

lanimo mio, che solo a questo prezzo

si lascia conquistare,

voi questo tempo di dodici mesi

lo dovrete passar, da parte vostra,

a visitare, giorno dopo giorno,

malati senza luso della lingua,

e a conversare con degli infelici

usi soltanto a gemere e a languire,

e sar vostro compito sforzarvi

con tutte le risorse dellarguzia

che possedete cos sfavillante,

aprir loro la bocca ad un sorriso.

BIRON -

Mettermi a suscitar risa selvagge

dentro la stessa gola della morte?

Non si pu fare. unimpresa impossibile.

Non c allegria che smuova un moribondo.

ROSALINA -

Eppure questa lunica maniera

per soffocar lo spirito beffardo

alimentato in voi dal vil consenso

che ascoltatori dal facile riso

accordano di solito agli stolti.

La fortuna di un motto spiritoso

riposa sullorecchio di chi ascolta,

non sulla lingua di chi lo pronuncia;

e se orecchie di genti agonizzanti,

gi rintronate dal clamore interno

dei propri gemiti, saran disposte

ad ascoltar le vostre oziose arguzie,

allora seguitate pur cos,

per questa via, ed io vaccetter

come siete, con tutto quel difetto.

Ma se quelli rifiutan dascoltarvi

gettate via quel vostro spiritaccio,

e allora, libero da un tal difetto,

io vi ritrover, lieta e contenta

di questa vostra bella correzione.

BIRON -

Dodici mesi! Accada quel che vuole,

vuol dire che far lo spiritoso

dodici mesi dentro un ospedale.

PRINCIPESSA -

(Al Re)

La mia risposta s, mio dolce sire.

E cos addio. Da voi prendo congedo.

RE -

No, signora; vogliamo accompagnarvi.

BIRON -

Questo incontro, per, non si conclude

come nelle commedie duna volta:

qui Giannetto non sposa la Giannetta.

La cortesia di queste belle dame

avrebbe ben potuto, a conclusione,

risolvere in commedia il nostro scherzo.

RE -

Animo, su, che a questa conclusione

ci arriveremo: mancano soltanto

dodici mesi e un giorno.

BIRON -

Troppo lungo,

decisamente, per una commedia.([154])

Rientra DON ARMADO nelle sue vesti abituali

DON ARMADO -

(Al Re)

Dolcissima maest, se vi degnate

PRINCIPESSA -

Non era lui che impersonava Ettore?

DUMAIN -

Il valoroso cavalier troiano.

DON ARMADO -

Vengo a baciare il tuo dito regale,

e prendere congedo. Ho fatto un voto:

ho fatto giuramento a Giacometta

di reggere per amor suo laratro

per tre anni. Ma non si degnerebbe

la stimatissima grandezza vostra

di porger prima orecchio ad un dialogo

che due grandi sapienti hanno composto

in lode del Cuclo e la Civetta?

Esso avrebbe dovuto essere detto

a conclusione del nostro spettacolo.

RE -

Va bene. Falli pur venire avanti.

DON ARMADO -

Ol, gente, appressatevi!

CANZONE

Primavera

Quando le maggioline

e le azzurre violette

e i rossi ciclamini

e i ranuncoli doro

smaltano i prati in un gioioso coro,

allora del cuclo il ritornello

col suo gaio cuc

agli uomini sposati fa cuc!,

cuc, cuc, cuc

Cuc, verso sgradito

a orecchio di marito.

Quando sulle sue fistole di canna

zufola il pastorel nella capanna,

e lallodola canta sul mattino

a dar lora del giorno al contadino,

e le tortore fanno la covata,

e la covata fan cornacchie e gazze,

e sbiancano le bluse le ragazze,

allora del cuclo il bel fraseggio

agli uomini sposati fa motteggio,

cuc, cuc, cuc

Cuc, verso sgradito

a orecchio di marito.

Inverno

Quando dal muro pendono i ghiaccioli,

e si soffia le dita il pastorello

contro il gelo che avanza,

e Maso porta ciocche nella stanza,

e il latte appena munto

gelato in casa nel paiolo giunto,

e le strade son una morta gora,

canta di notte la civetta allora:

tu-, tu-, tu-uit, un gaio verso,

mentre Gianna la grassa

sotto la pentola la fiamma abbassa.

Quando il vento gelato

soffia urlando infuriato,

e la tosse interrompe

lomelia del curato

e sulla nave luccello ha covato,

e il naso di Mariella

tutto intirizzito ed arrossato,

e il granchio sfrigola nella padella,

allora canta a notte la civetta,

come una prima donna: tu-, tu-uit

tu-, tu-uit, unallegra canzone,

mentre Gianna rivolta il pentolone.

DON ARMADO -

Dopo il canto di Apollo Musagete

ogni parola di Mercurio Ermte

suona sprovvista dogni levit.

Signori, voi di l, e noi di qua.

(Escono tutti)

FINE


([1]) Il testo ha Sir Nathaniel, ma si sa che Sir era il titolo che si dava ai sacerdoti, corrispondente al nostro Don.

([2]) La critica ritiene probabile che questo personaggio sia stato tratto da Shakespeare dal Gargantua et Pantagruel di Rabelais, dove c un Holopherne grand docteur sophiste e maestro di latino.

([3]) Il testo ha costard, che il nome di una mela di grandi dimensioni, figurativamente usato per indicare la testa, nel senso spregiativo di zucca(cfr. Re Lear, IV, 6, 247: Or Ill try wheter your costard or my ballow be the harder).

([4]) Il riferimento al cormorano, come esempio di divoratore insaziabile, frequente in Shakespeare (cfr. Riccardo II, III, 1, 38: Light, vanity, insatiate cormorant; Coriolano, I, 1, 125: The cormorant belly).

([5]) Testo: The endeavour of this present breath, letteralm.:lo sforzo di questo nostro attuale respirare.

([6]) Il Tempo, nelliconografia medioevale, rappresentato come un vecchio armato di una falce.

([7]) Accademia era il nome del giardino di Atene dove Platone teneva scuola. Il termine, divenuto sinonimo di luogo dove si coltivavano le arti e le scienze, deriva dal nome del mitico eroe greco Akdemos, nel dominio del quale si stendevano i giardini dove poi insegn Platone. Il Lodovici, in felice analogia col luogo in cui si svolge la scena - il parco reale di Navarra - traduce: Faremo di questo parco gli orti di Accademo.

([8]) Questo esordio del re di Navarra una specie di preludio al tipo di linguaggio che pervader lintera commedia: un esempio, in chiave parodistica, del parlare eufuistico (dal romanzo Eupheus di John Lyly, 1578) in voga nelle corti europee del tardo Rinascimento.

([9]) Biron si riferisce alla parola finale della sua precedente battuta, a-breeding (nidificando) che fa rima con il weeding (gramigna, erbaccia) della battuta di Longueville. Tra le due non c nesso logico; c solo assonanza. In italiano non c nemmeno quella; ma non si poteva non tradurre il testo cos com.

([10]) Della moda del parlare eufuistico, sintende.

([11]) Il testo ha the Duke, ma lo scambio dei titoli duca-principe-re era frequente. Del resto, il primo significato di duke capo, in generale.

([12]) Grullo dice reprehend per represent: uno degli strafalcioni che Shakespeare si compiace di mettere in bocca ai personaggi minori, per far sorridere il pubblico.

([13]) Zucca non dice, per, contenuti (contents), ma contemps, disprezzi. Anche lui strafalciona.

([14]) La stessa metafora in Romeo e Giulietta, I, 1, 15: Women, being the weaker vessel. Vessel termine biblico (Rom. IX,21-23) per indicare il corpo, contenitore dellanima.

([15])Il testo ha "...the sour cup of  prosperity", con riferimento alla ragazza.

([16]) Why, that an eel is ingenious: sagace uno dei sensi in cui Shakespeare usa questo aggettivo; laltro sensibile, intelligente (cfr. Amleto, V, 1, 242: The most ingenious sense deprived thee of; Cimbelino, IV, 2, 187: My ingenious instrument).

([17]) Il testo ha un gioco di parole su crossed e cross. DON ARMADO dice: Non amo essere rimbeccato, contraddetto (crossed). TIGNOLA: Sono le croci (crosses) che non amano lui.

([18]) V. la nota n.11.

([19]) Of what complexion: complexion il colore della pelle, lincarnato, ma anche sinonimo di humour, e gli humours delluomo, secondo le teorie fisiocratiche dellepoca, erano quattro (cardinal humours): sangue, flemma, collera e malinconia; le qualit fisiche e mentali di una persona erano determinate dalla proporzione rispettiva di tali umori nel suo corpo. Tignola intende in questo senso la domanda di Don Armado, che invece aveva inteso nel primo senso il suo humour.

([20]) Allusione ad una antica ballata cantata dai cantastorie, sullamore del re Cofetua e la mendicante Zenefolona; se ne far cenno anche pi sotto, nella 1a scena del IV atto, nella lettera di Don Armado letta da Boyet. Un cenno anche nel Romeo e Giulietta, II, 1, 54: When king Cofetua lovd the beggar maid.

([21]) Loving a light wench: light qui maliziosamente usato nei due sensi di leggerezza di costumi e di lievit fisica.

([22]) That were fast and loose: to play fast and loose frase idiomatica, per essere incostanti, incoerenti. Deriva dal gioco Fast and loose che si giocava con un bastone e una cinghia, a chi riusciva a far con la cinghia certe figure.

([23]) Love is a familiar; love is a devil: si chiamava familiar devil (spirit) il demonio che si credeva stesse al servizio di ciascun uomo, pronto ad ogni chiamata verso il male.

([24]) Sono termini del linguaggio cavalleresco, relativi ai gradi di gravit della sfida a duello.

([25]) Termine tipografico che indica i volumi composti di quaderni formati da fogli pieghevoli una sola volta (circa 40 cm. di lato), in opposto a in-quarto, dove i quaderni risultano da una doppia piegatura del foglio.

([26]) A questo punto, prima dellentrata del re di Navarra, il testo dellAlexander ha questa didascalia: The ladies-in-waiting mask, intendendo che le tre dame di compagnia della principessa, indossate le mascherine, eseguano un balletto mascherato (mask). Molti testi la omettono, ritenendola una successiva annotazione di regia, e i traduttori non ne tengono conto. A torto, tuttavia: perch tutti i dialoghi che seguono, dei tre cavalieri con le tre dame, hanno landamento della danza, e il mistero delle mascherine conferisce ad esso pi mordente (si veda lanaloga mascherata della 1a scena del II atto di Tanto trambusto per nulla); e perch pi sotto, nel dialogo tra Biron e Caterina si dice esplicitamente che questa mascherata.

([27]) V. la nota precedente.

([28]) Nel testo c un gioco di omofonie tra sheep (montone) e ship (vascello), impossibile a rendersi.

([29]) Disposed: forma ellittica per disposed (inclined) to merriment.

([30]) Il testo ha semplicemente: Mote sings Concolinel: Tignola canta Concolinel; che doveva essere verosimilmente il titolo di una canzone popolare in voga.

([31]) Cio a Zucca, che in prigione.

([32]) Il testo ha un pun tra brawl, antico ballo di origine francese, e to brawl, litigare ad alta voce. Si reso, alla meglio, con saltarello/saltare.

([33]) My complete master: complete nel doppio senso di senza pecca e consumato (vecchio).

([34]) La canaria (o canario) un vecchio ballo di origine spagnola. Veniva danzata normalmente in coppia, percuotendo il suolo col piede al primo tempo di ogni misura.

([35]) The hobby-horse is forgot: frase di significato ambiguo, e perci variamente intesa dai traduttori. Forse Tignola, di fronte alla meraviglia del suo padrone per la sua dichiarata osservanza diretta dei modi per accalappiar le ragazze, vuol dire che, in fondo, per lui, bench ancora ragazzo, let del cavallino a dondolo passata da un pezzo; forse lespressione hobby horse significa come indica lAlexander nel suo glossario loose character, e Tignola vuol dire addirittura che il tempo delle sue sfrenatezze ormai trascorso (loose character vale scavezzacollo); forse, infine, Tignola vuol riferire il suo apprezzamento, nellun senso o nellaltro, al suo padrone, il quale avrebbe finito, diremmo noi, di correr la cavallina. Quello che Shakespeare ha voluto far dire a Tignola non lo sapremo mai esattamente.

([36]) A hackney: si chiamavano cos i cavalli cresciuti nelle pasture di Hackley, nel Middlesex, per esser poi venduti alla fiera di Smithfield.

([37]) Come, thy envoj; begin: envoj la strofa finale di un componimento poetico allindirizzo del lettore o della persona alla quale il poema dedicato, il congedo, appunto. sinonimo di saluto: e Don Armado invita appunto Tignola, prima dogni altra cosa, a dirgli il suo saluto.

([38]) No salve in the mail: qui tutto un intreccio di doppi sensi. Zucca dice no salve per dire nessun saluto di congedo (salve, alla latina, vale appunto saluto); ma adopera il termine anche nellaltro significato di salvia, la pianta aromatica dalle virt medicamentose (egli s rotto uno stinco) indicata come rimedio specifico per malattie spirituali, pene damore, ecc.; e le contrappone la piantaggine (plantain), una comune pianta erbacea.

([39]) Now the lenvoj: lenvoj (con larticolo, alla francese) sono i versi alla fine della ballata, contenenti la dedica della stessa.

([40]) Gioca sullassonanza tra enfranchise, affrancare, e Frances, donna francese.

([41]) Il fegato doca (fois gras) una specialit della cucina francese, come lenvoj della sua poesia galante.

([42]) you will be my purgation, and let me loose: chiaro il lubrico doppio senso del purgante, che scioglie lintestino, togliendone locclusione. Perch loose, oltre al senso di sciogliere in generale, ha anche quello di sciogliere le budella (to relax the bowels).

([43]) It is a fairer name then French crown: il solito quibble sul doppio senso di crownche vale corona (moneta) e testa pelata, qui intesa per leffetto della sifilide (mal francese).

([44]) Out of this word, letteralm.: fuor di questa parola (remunerativo).

([45]) And great general of trotting paritors: paritors erano i messi giudiziari che recavano ai cittadini le citazioni davanti ai tribunali ecclesiastici; Cupido ne il grande generale perch si diceva che la maggior parte del lavoro di questi uscieri trottanti venisse fornito dalle capricciose vicende amorose, ispirate dunque da Cupido. Corti sta per tribunali.

([46]) My beauty will be saved by merit: merit nel linguaggio teologico dei protestanti era la parola che indicava lopera buona, la buona azione degna di ricompensa divina. Qui la principessa si riferisce ironicamente allobolo che ha test dato al guardaboschi.

([47]) Boyet, you can carve. Break up this capon: gioco di duplici doppi sensi, uno dentro laltro come scatole cinesi. To carve tagliar via, intagliare (to cut, to engrave), ma anche procurare il piacere a qualcuno, facendo il lezioso (nello stesso senso v. pi oltre, V, 2, 323: A can carve too); capon, a sua volta, vuol dire sia cappone che biglietto amoroso. Il punning ovviamente intraducibile.

([48]) I sigilli delle lettere si facevano con la cera. Ma il tirate il collo prosegue col traslato del cappone.

([49]) V. la nota n.20.

([50]) A Monarcho: si faceva chiamare Monarcho, alla corte di Londra, un tipo mezzo pazzo, di origine italiana (bergamasca, pare), che aveva la mania di dichiararsi imperatore del mondo.

([51]) Boyer chiede intenzionalmente a Rosalina, chi che le ha scoccato quellarco (Who is the shooter?), per intendere chi il corteggiatore che le scrive la lettera (shooter, nellinglese elisabettiano, aveva la stessa pronuncia di suitor); Rosalina finge di intenderla nel primo senso, e svia spiritosamente la risposta dicendo che shooter chi ha in mano un arco, quindi, in questo caso, la principessa.

([52]) Wide othe bow-hand: bow-hand la mano che tiene larco (normalmente la sinistra) mentre laltra scocca il dardo.

([53]) Qui si chiude una serie di battute che, come il lettore avr visto, hanno poco senso in italiano, ma che pel pubblico inglese contenevano lubriche allusioni e doppi sensi osceno-sessuali.

([54]) I fear too much rubbing: to rub termine del gioco del bowling che indica lazione di sviamento della boccia quando incontra un qualsiasi impedimento sulla sua corsa.

([55]) Il testo dellAlexander ha Sola, sola!, attribuito a Zucca, come se questi se ne andasse cantando; altrove, per, in Shakespeare, cos espresso il suono dei corni, sulle due note sol-la: del postiglione di una diligenza che arriva, o di una partita di caccia; ed verosimile che qui si voglia annunciare lingresso in scena dei personaggi che ritornano, appunto dalla caccia.

([56]) Il testo ha: but the face of terra, dove il terra vuol essere latino; ma ho creduto che la corrispondenza della parola latina con litaliana avrebbe tradito lintenzione di Oloferne di usare il latino, il che mha costretto ad aggiustargli lespressione nella corretta faciem terrae.

([57]) Latino per non credo.

([58]) Latino per tutto il bene.

([59]) Many can brook the weather that love not the mind: il riferimento chiaramente alle genti di mare; weather usato quindi nel senso di vento, come nella frase keep the weather, tenere la rotta secondo il vento (cfr. Troilo e Cressida, V, 3, 26: My honour keeps the weather of my fate).

([60]) Era il nome di unantichissima divinit cretese, identificata con la greca Diana/Artemide/Selene, la divinit lunare.

([61]) Latino per comincia pure.

([62]) Tutto questo epitaffio sul cervo di Oloferne un gioco di parole basato sulla straordinaria variet dei termini inglesi per indicare il cervo: sorel il cerbiatto di 3 anni; sore quello di quattro, ma anche la parte del corpo dellanimale che colpita dalla freccia (in questo senso Oloferne dice che il cervo ucciso dalla principessa non era sore finch non era stato colpito; la lettera L un suffisso diminutivo (Tun-nel, chap-el), ma anche il simbolo latino per indicare il numero 50.

([63]) Cio ben disposte, ma anche nel significato fisico di capaci di contenere (capable); nello stesso senso, Otello, III, 3, 463: Till that a capable and wide revenge swallow them up.

([64]) Molto sa luomo che parla poco. Verba unaggiunta del traduttore, per la metrica.

([65]) Fausto, ti prego, quando lintero gregge rumina sotto la freschissima ombra: sono i primi versi della prima egloga dellumanista Battista Spagnuoli (1448-1516) detto Il Mantovano forse dallappellativo di Christianus Maro con cui lo chiama Erasmo da Rotterdam, citando appunto questi versi (Maro, Marone era il nome di Virgilio, mantovano). Le ecloghe pastorali dello Spagnuoli - dieci, come quelle di Virgilio - erano state tradotte in Inghilterra da George Turbeville (1567); ma probabile che Shakespeare abbia preso di peso la citazione da Erasmo.

([66]) Cos nel testo.

([67]) Latino per: leggi, signore.

([68]) Latino per manca, fa difetto.

([69]) Latino per imitare.

([70]) Il testo ha: If shall please you to gratify the table with a grace, letteralm.: se vi piacesse di gratificare la mensa con un deo gratias; cio con quella preghiera di ringraziamento che i protestanti recitano nel sedersi a tavola, e che si chiama volgarmente benedicite.

([71]) In italiano nel testo (I will undertake your ben venuto).

([72]) Latino per poche parole.

([73]) Aiace Telamonio, il fortissimo eroe omerico che allassedio di Troia, quando Ulisse riusc con lastuzia a fare assegnare a s le armi di Achille, impazz e si lanci ad ammazzare delle pecore.

([74]) By this light: Per la luce del giorno; un giuramento assai frequente presso i personaggi di Shakespeare.

([75]) Cio lui stesso.

([76]) Cio Zucca.

([77]) The shape of loves Tyburn: Tyburn era il nome della localit di Londra in cui avvenivano le pubbliche esecuzioni per impiccagione; era situata allincrocio dellattuale Oxford Street con Bayswater Street ed Edware Road. Il termine era divenuto sinonimo di forca in generale.

([78]) Liver-vein: il fegato era considerato dalla dottrina fisiocratica dellepoca lorgano del corpo umano in cui hanno sede le passioni pi violente: amore, coraggio, ira (cfr. La dodicesima notte, I, 1, 37: When liver, brain and heart, these sovereign thrones; Come vi piaccia, III, 2, 387: And this way will I take upon me to wash your liver).

([79]) La pelle scura era il massimo segno di bruttezza per le dami inglesi dellepoca; le donne etiopi, o africane in generale, ne erano il simbolo.

([80]) Leroe greco, re di Pilo, noto per la sua saggezza.

([81]) Play at push-pin: push-pin il gioco di ragazzi in cui un giocatore deve spingere una pallina fino a farla incontrare con quella di un altro.

([82]) Timone, lateniese citato da Plutarco (Vita di MarcAntonio) come esempio di estrema severit, spinta fino alla misantropia. Shakespeare gli dedicher il suo Timone di Atene.

([83]) Nel testo c un gioco di parole su fair, belle, riferito alle guance, e fair, fiera, mercato. Si risolto alla meglio con fiore-fiera.

([84]) Il testo ha: School of night, che , secondo alcuni, unallusione alla School of night, come veniva chiamata in chiave dispregiativa, la School of Etheism patrocinata da Sir Walter Raleigh.

([85]) Invece che coi selci non nel testo.

([86]) Testo: Then as she goes what upward lies/The street would see as she walks over head, letteralm.: Cos, mentre ella cammina, la strada vedrebbe ci che tiene nascosto, come se ella camminasse a testa in gi.

([87]) Cio il libro dellamore, letto negli occhi di una donna, come ha detto nella scena prima del I atto.

([88]) Prometeo, il semidio figlio del titano Japeto che rub il fuoco dellOlimpo e lo diede agli uomini, insegnando loro come usarlo, insieme alle altre arti; per il qual furto fu incatenato da Giove ad una roccia del Caucaso, dove un avvoltoio ogni giorno veniva a mangiargli il fegato.

([89]) Il furto dei pomi doro delle Esperidi, nel giardino di queste, fu una delle fatiche dErcole (la undicesima).

([90]) Il testo ha lute, liuto, ma si sa che Apollo e i greci non conoscevano il liuto. Uno dei soliti anacronismi di Shakespeare.

([91]) Latino per: sufficiente quel che basta.

([92]) Latino per: Conosco luomo quanto te.

([93]) Il testo ha thrasonical, un aggettivo inventato: da Trasone, il nome del soldato smargiasso dellEunuco di Terenzio.

([94]) Latino per: Mi capisci, signore?.

([95]) Latino per: Lode a Dio, capisco bene.

([96]) Prisciano, il celebre grammatico latino della fine del V sec. d.C.

([97]) Latino per: Vedi chi viene?.

([98]) Latino per: Vedo e mi rallegro.

([99]) Latino per: Perch?.

([100]) Era la parola citata spesso, dai grammatici medioevali, come la parola pi lunga della lingua latina (come il nostro precipitevolissimevolmente, endecasillaba).

([101]) Thou art easier swallowed than a flap-dragon: il flap-dragon era un gioco nel quale i partecipanti dovevano tirar fuori con le dita dei chicchi duva da mezzo ad una grande coppa di alcool in fiamme, e spegnerli chiudendoli in bocca.

([102]) He teaches boys the hornbook: si chiamava hornbook il libro di corno (che in realt non era un libro ma un foglio di carta con lalfabeto e spesso i numeri fino a 10 e il Pater Noster), cos detto perch protetto da una lamina di corno trasparente.

([103]) Beee il verso del caprone.

([104]) Quis, quis thou consonant?: battuta di significato oscuro, della quale tutti i tentativi di traduzione sono artificiosi e poco convincenti. N la risposta di Tignola aiuta a comprendere quel che Shakespeare abbia voluto far dire qui ad Oloferne. Forse questo, offeso dessere stato chiamato caprone risponde: E tu chi sei, semplice consonante? Legga ciascuno a suo agio.

([105]) U si pronuncia i in inglese, come you.

([106]) Which is wit-old, letteralm.: che vecchio di spirito; ma wit-old si pronuncia come wittol che significa uomo becco e felice della infedelt della moglie (cfr. Le allegre comari di Windsor, II, 2, 243, The jealous wittolly knave).

([107]) Gingerbread: era una specie di focaccia, impastata con una salsa piccante, il ginger. Era sinonimo di deficienza mentale.

([108]) Testo: Ad dunghill, espressione mezzo latina (ad) e mezzo dialettale inglese, dove dunghill sta per mucchio di escrementi, pattume.

([109]) Il testo ha: dunghill for unguem, dove unguem latino, accusativo di unguis, unghia.

([110]) Antic: si chiamava cos una rappresentazione a gesti e movimenti grotteschi (cfr. I due nobili cugini, IV, 1, 75: And well dance an antic).

([111]) In italiano nel testo.

([112]) Hay: il nome di una danza campagnola, ballata con movimenti serpentini del corpo.

([113]) A lady walled about with diamonds: lady una specie di farfalla dalle ali multicolori (detta anche painted lady). Lady prefisso specificativo a varie specie vegetali (lady-smock, convolvolo) e animali (lady-byrd, coccinella, lady-fish, detto di varie specie di pesci). Stupisce che molti traduttori, incuranti dellassurdo, abbiano potuto leggere una dama ricoperta di diamanti e simili.

([114]) Nel testo c un quibble sottinteso, sulla parola Wax; che, come sostantivo cera, e lidea della cera evocata dal sigillo che la principessa dice essere apposto ai versi inviatile dal re; come forma verbale (to wax) vale invece divenire gradualmente qualcosa di diverso, crescere, e in tal senso la usa Rosalina, riferendosi al bambino Cupido.

([115]) Youll mar the light by taking it in snuff: to snuff lazione di toglier via da una candela quello che si viene via via consumando; la frase to take in snuff qui nel senso di reagire, controbattere (cfr. Enrico IV prima parte, I, 3, 41: When he next came there: took it in snuff). Smoccolare rende abbastanza lidea; ma tutto il dialogo una girandola di doppi sensi su light= luminoso e leggero, e sul traslato luce/candela.

([116]) So do not you, for you are a light wench: qui light ha il senso di leggera di costumi (donnina allegra).

([117]) Qui il gioco di parole sulla costruzione di to weigh (someone) che vale pesare come qualcuno e dar peso a qualcuno (qualche cosa). Non c modo di renderlo meglio. Del resto, tutte queste schermaglie dialettiche oggi non hanno verun sapore.

([118]) I brufoli.

([119]) Pertanut-like: Pertanut vocabolo dinvenzione personale di Shakespeare, sconosciuto peraltro a tutti i lessici. LAlexander lo ritiene forse la dichiarazione del vincitore alle carte nella partita Post and pair (forse con quattro regine in mano).

([120]) San Dionigi il santo protettore della Francia.

([121]) Cos nel testo.

([122]) Le maschere erano fatte di taffet.

([123]) Then in our measure do but vouchsafe one change: cio non riflessa in acqua, la luna (quale la principessa s detta di essere) ma in una misura di danza.

([124]) Testo: Yet she still is the Moon, and I the Man: cio the Man of the Moon, luomo della luna, cos chiamava la tradizione popolare limmagine duomo formata dalle macchie lunari nella fase di luna piena.

([125]) Il gioco di parole su cui ruota questo dialogo basato sulla parola olandese viel che significa molto (dal viel tedesco) e che si pronuncia come veal, vitello, omofono a sua volta di veil, maschera. Il gioco sintrica poi con la battuta di Longueville: Vitello, bella dama!, che Caterina finge di capire senza virgola siccome riferito a lei; onde gli ribatte che vitello sar lui, e cos via.

([126]) Il testo ha: Gross, gross; fat, fat, dove c un punning che sfrutta il doppio significato dei due termini identici; letteralm.: Grossi e volgari; corpulenti e untuosi.

([127]) My servant: qui nel senso di my professed lover, one who is devoted to the service of a lady (Oxford Universal Dictionary).

([128]) I berretti di lana erano i copricapo della povera gente, umile e illetterata.

([129]) Quibble sulla parola heil, che, avverbialmente, una espressione di saluto, come Ave o Salve, e come sostantivo vale grandine.

([130]) Cio con un linguaggio senza pi fronzoli di retorica galanteria.

([131]) Lord tokens: si chiamavano cos i segni della peste che aveva infierito a Londra tra il 1592 e il 1594. Token , nel linguaggio biblico, ogni segno che serva a dimostrare il potere e lautorit divina sul mondo. Il termine ripreso, in quibble, dalla Principessa nella battuta seguente, ma nel senso di pegno (damore).

([132]) La Principessa gioca sul doppio senso di free che, nella battuta di Biron sta per immuni, in questa della Principessa vale disimpegnati (disengaged).

([133]) Cio i monili mandati in dono dai quattro a ciascuna delle dame.

([134]) Testo: for how can this be true / that you stand forfeit, being those that sue?. La Principessa gioca sul doppio senso di to sue, che vale postulare, sollecitare (in questo caso lamore), e agire in giudizio contro qlc.. Il punning le consente di proseguire il riferimento ai sequestrati.

([135]) Il testo ha: Some slight Zanny, chiaramente derivato dallo Zanni della commedia dellarte italiana.

([136]) Il testo ha: By the squire, misurata col regolo dei muratori.

([137]) Il testo ha: A leaden sword, una spada di piombo.

([138]) Testo: You cannot beg us, sir: qui beg ha valore di solicit.

([139]) Zucca strafalciona: vuol dire Pompeo il Grande, come dir esattamente dopo.

([140]) Where zeal strives to content: content (verbo) ha qui il senso di to make the best of.

([141]) Labouring: qui nel senso di suffering the pains of childbirth, che attrae il successivo perish in their birth.

([142]) In spagnolo nel testo.

([143]) abate throw at novum: novum era chiamato un antico gioco ai dadi, di origine fiamminga, giocato in cinque con due dadi il cui massimo punteggio in due tiri nove e cinque, donde il nome.

([144]) Allusione alla leggenda, confortata da Plutarco (Vita di Alessandro), secondo cui il corpo del re macedone emanava un soave odore.

([145]) Will be given to Ajax: Ajax Aiace; ma Aiace non tra i nove illustri. Il testo gioca sulla assonanza tra Ajax e a jakes, che in linguaggio colloquiale significa un cesso; cio come se Zucca dicesse: il tuo leone sar destinato alla latrina. Caco preso in prestito dalla traduzione di Tommaso Pisanti (Newton Compton, Roma 1990).

([146]) Si gioca sullassonanza di ycliped, arcaico e poetico, per called (corrispondente pressappoco al nostro nomato per nominato, chiamato), e clipt (per clipped), che vale ritagliato colle forbici.

([147]) Testo: Begin, sir; you are the elder. Battuta di senso incerto. Elder la pianta del sambuco, simbolo di debolezza (il sambuco smidollato, senza midollo cfr. Le allegre comari di Windsor, II, 3, 30: My heart of elder, Mio cuor di sambuco) ed anche il comparativo di old, cio pi vecchio, pi anziano. Perch Oloferne risponda a Boyet: Voi siete pi vecchio, con riferimento allimpiccagione al sambuco, non si capisce.

([148]) Il testo ha un diverso gioco di parole. BOYET aveva detto: Addio, dolce Jude e cio aveva tralasciato la parte finale del nome, che Jud-as, ossia la as; ma ass, pronunciato allo stesso modo, significa asino. Il Giud-asino lo prendo dalla traduzione del Lodovici.

([149]) Columbine, o pianta della colomba (doves plant) laquilegia, detta dagli inglesi columbine per la rassomiglianza del suo fiore rovesciato a cinque colombi raggruppati. Figurativamente sinonimo di dabbenaggine, con riferimento alla natura di simplicity del colombo.

([150]) Piede (foot) e braccio (yard = 3 piedi) sono due misure di lunghezza. Limmagine del piede, che d luogo al successivo doppio senso, evocata dalla pantofola, che Don Armado dice di adorare nella principessa.

([151]) La greca divinit della discordia e della distruzione rabbiosa.

([152]) Pole significa sia polo che palo; donde il bisticcio.

([153]) Testo: Let me take you a botton-hole lower; lasciate che vi sbottono in basso: lower, cio allaltezza delle braghe.

([154]) Cio in relazione alla normale durata di una commedia (che era di due ore).

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