Anche questa è andata

Stampa questo copione

ANCA QUESTA L'E' ANDADA

( Anche questa andata)

Commedia iscritta alla siae al n849220

di Giovanna Ganzerli

autrice iscritta alla siae al n131284

Personaggi:

A ARTIODE SPELLAGATTI padre

F DELFINA figlia maggiore

B BERNARDA figlia minore

Z BEFILDE zia

T TOGNA SPELLACANI oste

L DON LUIGI parroco

D DESOLATA perpetua

C CALLISTO pretendente

P POSTINO postino

E CORNELIO PALLONE padrone

O DORCHEDE morosa del padrone

N NATALINO BERTOLUZZI ricco pretendente.

TRAMA: Ad Artiode le mogli non durano. La commedia si apre dopo le esequie della terza moglie che gli morta e, tra figlie da accasare, problemi finanziari ed una cognata invadente. si arriver mai scoprire cosa gli ha lasciato in eredit lultima moglie?

(Entrano Delfina (1) e Bernarda (2) in piazza, vestite a lutto)

B: e anche questa andata.

F: per le abbiamo fatto un bel funerale, con tutti quei fiori.

B: e poi hai visto quanta gente c'era?

F: se per questo ce n'era anche troppa. E tu sai a cosa mi riferisco.

B: parli di Dorchede?

F: stata una bella sfacciata a venire a seppellire l'ultima moglie di pap. E poi vestita com'era vestita.

B: quella l non guarda in faccia a nessuno. Appena sente puzza di soldi vi si infila dietro subito, a costo di rompersi le gambe, e nostro padre sempre stato un ocarone che corre dietro a tutte le sottane.

F: con la scusa che nostra madre sul letto di morte gli aveva fatto giurare di prendere ancora moglie, perch doveva tirare su noi due figlie, non si mai lasciato scappare neanche una sottana.

(entra Callisto (3), nipote dell'oste, in bicicletta e va ad urtare le due donne cascando)

B: ma cosa succede?

F: oddio! Aiuto! (cade su una sedia)

C: scusatemi ... non vi avevo visto ... ero sopra pensiero.

B: sei proprio un insiminito. Hai sempre la testa per aria.

F: e me! Mi lasciate qui con la bicicletta addosso?

C: ma no! Spero di non avervi fatto del male. (alzandola tenta di pulirle le vesti)

F: oh! Gi le mani. Chi credete che sia?

B: Callisto! Non fare mica tanto il furbo con mia sorella, eh?

C: ma per l'amor di Dio, Bernarda. Io non lo farei mai, con tua sorella ... Venite che vi do qualcosa da bere. Ma come mai mio zio non ha ancora aperto l'osteria? Zio ... zio ... Chiss perch oggi ha ancora chiuso. Pelapidocchi com' mio zio, per prendere tutti i clienti terrebbe aperto anche la notte. E se potesse venderebbe anche sua mamma. Zio ... zio.

(entra Togna (4))

T: cosa succede? Cosa successo da fare tante urla? Chi ?

C: sono Callisto, tuo nipote. Ma hai chiuso?

T: no, ho aperto.

C: non scherzare! Ci sei o non ci sei?

T: non ci sono. Sono andato a fare un giro in bicicletta. Sei furbo come un setaccio. Aspetta, aspetta che vengo ad aprire.

C: ha sempre ragione lui.

T: allora sei tornato. Pensavo che ti fossi perso nella fumana.

(mentre apre l'osteria)

C: ah, moh, zio ... Modena non mica dietro casa. E poi, per fare gli interessi ci vuole del tempo.

T: del tempo, si. Ma non due giorni per comprare una berretta eppoi anche stretta. ... Ah, buon giorno signorine...

C: zio, porta un p d'acqua, ch sono andato loro addosso con la bicicletta. Ma questo te lo spiego poi dopo. Dimmi piuttosto come mai avevi chiuso.

T: sono stato al funerale.

C: il funerale? Ma chi morto?

T: ma morta Mafalda, la moglie di Artiode. L'abbiamo appena seppellita. (pianissimo)

C: Mafalda? Condoglianze. (forte) Ma se l'ho vista ieri l'altro.

T: ti ho detto che morta ieri, non ieri l'altro. Ieri l'altro era ancora viva.

C: e Artiode, come l'ha presa?

F: come vuoi che l'abbia presa: la terza moglie che gli muore.

T: proprio sfortunato come un cane in chiesa. Chiss perch ad Artiode le mogli non durano.

F: dopo la povera Jusfina, nostra madre, c' stata la povera Gitta e adesso anche la povera Mafalda.

C: allora che fine far anche quella bella signorina con cui sempre insieme?

T: ma cosa dici? (dandogli uno scappellotto)

B: ma no. Lasciatelo pur parlare. Lo sappiamo anche noi quello che combina nostro padre. E' vero Delfina?

C: e poi non sai come dice il proverbio? Non c' il due, senza il tre ed il quattro vien da se. Io, non c' dubbio che avrei sposato Artiode.

T: ma avrei proprio voluto vedere anche questa. Tu sposare Artiode? Ma dove si mai visto due uomini sposati assieme? Oh!? (scappellotto) Ma per chi corri, tu?

C: ma cosa hai capito, zio? Volevo dire che se fossi stato nella povera Mafalda, non c' dubbio che avrei sposato Artiode. Poveretta. Non ha neppure fatto in tempo a mangiare l'ultima fetta di torta da sposa, che gi aveva le corna in testa.

T: avete avuto una bella sfortuna, putinne.

B: ma adesso ora di finirla. E anche se il posto in casa c', non permetter a nostro padre di portarci un' altra donna. Prima ci sposiamo noi due, poi far quello che vuole.

F: ormai; ci ha speso tutti i soldi con quella Dorchede, che non ne ha mai abbastanza.

C: ma noi uomini, quando ci innamoriamo, possiamo fare mattate.

(rivolto a Bernarda)

F: io, veh, gli faccio dimenticare che un uomo. Alla sua et deve smorzare i bruciori, se non vuole farsi ridere dietro.

B: dai, Delfina. Andiamo in casa, adesso, perch ormai torneranno anche gli altri, dal funerale. E non sta bene che ci trovino qui all'osteria.

F: hai ragione. Andiamo. Arrivederci e grazie per l'acqua che non ci avete dato.

(escono Delfina (1) e Bernarda (2))

C: niente, niente. Per voi, tutto quello che volete.

T: regala del tuo e non del mio. (scappellotto) Dai, su, inizia a pulire qui che c' una polvere che mi si anche seccata perfino la gola.

(entra Desolata (5) che ha sentito le ultime parole di Togna)

D: eh, si: polvere sei e polvere ritornerai. Lo dice sempre anche don Luigi.

T: ma che allegria. E' arrivata anche la cornacchia. Veh, Desolata: devi dire a don Limosna che prima che io diventi polvere, ne ha da passare di acqua sotto i ponti di Secchia.

D: del vino vorrai dire, eh?

T: taci malalingua. E poi questa non solo un'osteria, ma anche drogheria ...

C: s, droghe e salumi, sale e tabacchi, ...

D: e vino.

(entra il postino (6))

P: fiorellin del prato, messagger d'amore; bacia la bocca che non hai mai baciato. Fiorellin del prato, non mi dir di no. Postaaaa ...

T: oh, c' il postino.

P: ecco qua. Sono qui perch sono venuto. Sono proprio contento oggi. Porto le bollette da pagare. Dunque ... Spellacani, Spellacani ... ... Ecco: Drogheria Spellacani, Spellacani Tabaccheria, Osteria Spellacani, ...

T: ma basta!

P: aspetta, l'ultima: famiglia Spellacani. Oh, come son contento. Fiorellin del prato, ... (esce(6))

T: guarda qui: solo della roba da pagare. Gli venisse il bruciaculo! Non hai da affogare. Veh, Desolata, mettiti a sedere qui, a fare due chiacchiere. Callisto, porta qui una bottiglia di vino di quello buono.

D: ma ho fatto una promessa. Non tentarmi.

T: guarda che questo di quello buono. Non sai cosa ti perdi. E poi, oggi, pago io.

D: quando il diavolo ti liscia perch vuole anche l'anima. Ti ho detto di no. Ormai sono diventata artesia. Me lo dice sempre anche don Luigi.

T: si dice artemia.

C: una malattia nuova? Stammi lontano che non prenda anche me.

D: ma no, ocarone; vuole solo dire che non posso pi bere vino.

C: ma da quando?

D: da quando ... (viene interrotta)

T: da quando don Limosna ha pagato il conto della spesa, che ...

D: ma taci tu. Non riesci mai a tacere.

C: no, no, dai, racconta.

D: io vado via perch siete due brutte lingue.

C: dai, dai, racconta cosa successo? Conta che mi piace.

T: devi sapere che la Desolata tutte le mattine veniva a fare la spesa e prendeva un pistone di vino. Se lo beveva di nascosto. E per non farlo sapere a don Limosna, faceva annotare un chilo di riso.

C: ma neanche di queste! E com' finita?

T: quando don Limosna venuto a pagare il conto della spesa, risultato che aveva mangiato un quintale di riso in sei mesi, senza mai averlo visto. Da allora, alla Desolata, solo acqua.

C: poteva far annotare "generi vari": d, moh, a don Luigi che ci trovi i piedi?!

D: avete finito di spettegolare? E poi dicono delle donne. Togna vieni dentro a darmi un p di formaggio e della mortadella per don Luigi. Ormai torna dal funerale.

C: Desolata! Ma tu non sei andata al funerale?

D: scherzi? Si capisce che ci sono andata, al funerale. Una perpetua che si rispetti, deve stare sempre vicino al suo prete.

T: anche perch cos impara vita, morte e miracoli di tutti.

D: io, se so qualcosa, so tenere la bocca chiusa.

T: certo, certo, lo sappiamo. Per ...

D: per niente. Io so stare al mio posto. Viene della gente in canonica, a confidarsi, che ... mal da guai.

T: e tu come fai a sentire?

D: eih, a volte sono l, che passo per caso o che lucido la marletta della porta e ... ma parlano cos forte che mi tocca di sentire. Ma senza volere, s'intende, perch io non sono pettegola. Cosa volete che interessi a me se la Marietta va a letto con Zanett. Uh, cosa ho detto! A forza di farmi parlare mi scappata. Ma mi raccomando: non dite niente con nessuno, per carit. Se si sapesse in giro, rovinerei due famiglie.

(Callisto va alla finestra e segnala la pettegolata ad altri)

T: dai, stai tranquilla. Noi siamo persone per bene. Ma t, Marietta: sembrava una brace spenta.

D: naso alzato, lontano da casa! Lo sapevo io che andava a finire cos. Io la mano sul fuoco non la metterei per nessuno.

T: e Zamian, ha trovato la tocca che aveva perso? L'hanno tanto cercata. Sono andati avanti e indietro per quindici giorni, su e gi per i caradoni di campagna.

D: c' chi l'ha trovata.

T: ma davvero?

D: si, pare che sia annegata nella pignatta di Pipet, della casa rossa.

T: ma t! E io che lo credevo un coglione.

D: coglione lui l? Ha tirato su nove figli, senza mai far niente. Secondo te, come ha fatto?

T: aveva messo su un banchetto davanti al cimitero, per vendere i fiori.

D: s: di giorno li vendeva e di notte andava a prenderli via.

T: sano del tutto, non mai stato. Ti ricordi quando aveva piantato tutte quelle zucche? Si chiuso in casa in novembre con la Diletta, sua moglie, ed venuto fuori quando le ha mangiate tutte. Quindici quintali di zucche! Era diventato giallo come un pero.

D: poveretta, Diletta. Gliene ha fatto passare, come Bertoldo in Francia.

(rientra il postino (6))

P: fiorellin del prato, ... ... Postaa!

T: ancora? Ma allora ce l'hai con me!

P: no, no. Questa volta ho bisogno di Desolata, perch c' la posta di don Luigi e la canonica chiusa.

D: dai qui, dai qui. Don Luigi andato al funerale.

P: ho anche una lettera per Artiode. La posso lasciare a voi? Mi fate il piacere di dargliela?

C: si, si. Dai qui, che ci pensiamo noi.

P: mi devo fidare?

C: parola d'onore.

P: allora me la tengo io. Fiorellin del prato, ... ... (esce (6))

D: bella fiducia.

C: si vede che sar una lettera cos importante, se gliela vuole consegnare lui personalmente. Ma a proposito: don Luigi ed il signor Artiode, dove sono andati a finire?

D: eih, staranno per venire a casa anche loro. Si saranno fermati a parlare anche perch il testamento della Mafalda lo ha in mano don Luigi.

T: Desolata vero che ad Artiode va cos male, che Filigrana, il beccamorto, non gli ha fatto nemmeno pagare il funerale?

C: ma davvero? Anche quella fortuna l ha avuto?

D: no, no: voi non sapete niente. Filigrana gli ha solo fatto uno sconto speciale, perch il miglior cliente del paese. In cinque anni, tre volte. Ha cominciato con la povera Jusfina, la prima moglie; ve la ricordate?

C: oohh!?

D: sembrava il ritratto della salute; una lavoratrice di prima riga. Governava le bestie e i cavalli ... una donna forte ...

T: una strabizzona dirai ... grande e grossa come un armadio, con uno scavezzo da paracarro.

D: per era l'unica in grado di far filare in riga Artiode. Non aveva tanto tempo di andare in giro per i suoi comodi, come fa adesso. Lo teneva sempre chiuso in casa.

T: mi ricordo quella qualche volta che scappava qui all'osteria: lei arrivava qui con una bicicletta da uomo e con due fischi lo mandava a casa di corsa. Poi si sentivano le urla finch non era arrivato a casa.

D: faceva proprio bene; lui scappava all'osteria e lei sempre a casa a lavorare. Lavorare e fare dei figli.

C: dei figli? Eih! Delle femmine. Due femmine ha fatto.

T: una donna asciutta per tutti i versi. Proprio Artiode che ci teneva tanto ad avere un maschio. Solo per la razza. Invece niente. Neanche quella soddisfazione l, gli ha dato.

D: anche troppe.

T: oh, vi ricordate quando nata Bernarda? L'ultima femmina? Ma vi ricordate?

D: si, si. Eravamo tutti qui in piazza. E' arrivata fuori Befilde, la sorella di Jusfina, con delle urla che sembrava matta. "E' nata, nata, nata una bella bambina!" E Artiode le ha risposto: "una femmina? Un'altra femmina? Va a caga Jusfina!". Che villano! E' sempre stato grezzo come la malta. Mi domando ancora come aveva fatto quella povera Jusfina a sposarlo.

T: un gallo non pu stare senza pollaio.

D: s, un gallo! Tss! Perch proprio un bel gallo.

T: cappone, no di sicuro.

D: oh, stanno arrivando. E' meglio che io vada via. Non voglio che don Luigi mi veda qui a parlare, senn dopo mi fa un interrogatorio che non finisce piu e vuole sapere che cosa ho detto e cosa ho fatto. E voi, mi raccomando, non dite niente con nessuno.

T: s, s, stai tranquilla, anzi veniamo dentro anche noi.

(escono Callisto (3) e Desolata (5); entrano Artiode (8) e don Luigi (7); Togna va a prendere un prosciutto e comincia a disossarlo)

A: anche questa andata, don Limosna.

L: su, su; coraggio Artiode, coraggio.

A: si fa presto a parlare. Ma sar scalognato? La terza. La terza moglie che mi muore.

L: morto un Papa, se ne fa un altro. Pensa che un giorno te le ritroverai tutte e tre in Paradiso.

A: proprio per quello che sono cos disperato.

L: su, su, dai. Sei un uomo forte, ancora giovane ... la vita continua.

A: ma non so se avr la forza di riprendermi, ricominciare da capo. Trovare un'altra donna che tenga dietro le mie bambine.

L: certo che le tue bambine ormai il latte lo prendono da altre parti. La pi piccola ormai ha gi trent'anni.

A: per un padre i figli sono sempre bambini, specialmente se sono femmine. Se non stai attento ... c' da tenerci dietro ... un attimo.

L: secondo me comunque dovresti lasciare loro pi libert. Hanno i loro anni. Sono donne fatte.

A: ma s! Donne fatte? Ma sai l'altro giorno Delfina, la pi vecchia, cosa si messa in testa di fare? Alcune tagliatelle. Beh, ha cominciato ad impastare della farina con dell'acqua e delle uova e, credi acqua che non ci sia farina, credi farina che non ci sia acqua, ha vuotato il sacco della farina senza che il pastone fosse al punto giusto. Sono quindici giorni che mangiamo il pastone sbriciolato nel brodo.

L: sono i primi esperimenti. Dai, ci vuole un p di pazienza.

A: se non sono scoppiato fino adesso, vuol dire che della pazienza ne ho d'avanzo e anche da vendere.

L: andiamo, va l, andiamo da Togna a bere un bicchiere. Togna? Porta una bottiglia con due bicchieri.

T: arrivo, arrivo.

L: Togna? Togna! Allora arrivi?

T: cos' hai da svergnare? Non sono sordo. ... Callisto, porta una bottiglia. ... Buongiorno don Luigi. Salute Artiode. ... E i bicchieri dove sono?

(entra Callisto (3)

C: ma non me l'hai detto, zio. Far un altro giro. Ufffff!

T: dai, dai, tocca su!

(esce Callisto (3), poi Togna, mentre entra Desolata (5), uscendo dall'osteria)

D: ciao Artiode.

L: beh! E tu cosa fai qui?

D: mi sono fermata un attimo a prendere qualcosa da preparare da mangiare.

L: un attimo? S! E' un'ora che sei partita. Chiss che spesa hai fatto e ... quante chiacchiere.

D: neanche una! Glielo posso giurare. Non sono pettegola, io.

L: lo so, lo so. Va adesso. Vai a preparare qualcosa per cena che tra un p arrivo anch'io.

D: mi raccomando, non mi faccia molto tardi, perch altrimenti il mangiare si raffredda. Arrivederci. (esce Desolata (5))

A: ciao, ciao.

L: Togna, cosa ha ha preso di buono Desolata da prepararmi per mangiare, che si tanto raccomandata che vada a casa presto?

T: un etto di mortadella ed un pezzo di gorgonzola.

L: allora non c' pericolo che la roba diventi fredda. E' tanto presa dagli interessi degli altri che non ha neanche il tempo di mettere su qualche tegamino. Una di queste volte ...

(entra il postino (6))

P: fiorellin del prato, messaggero d'amore ... Posta! Postaaaa. Una lettera per Artiode.

A: una lettera per me?

P: Artiode Spellagatti, Via del Cimitero 13. Secondo me tua.

A: si, si. Sono proprio io. Ma chi che me la manda?

P: viene dalla citt.

L: e tu come fai a saperlo?

T: i postini non sanno mai niente. Scommetto che sa anche chi l'ha mandata.

P: per chi mi avete preso? Per un stregone?

T: no, no! Per si dice in giro che la sera tu passi il tempo a leggere cartoline e lettere d'amore e fai come quando la nonna "la sprava" le uova davanti alla candela.

P: ma siete matti? Ho altro da fare la sera, io, che "sprar" le lettere che manda Befilde ... accidenti alla mia linguaccia.

A: beh, visto che tu sai gi cosa c' scritto, aprila e leggi quello che dice anche a noi.

P: mal da guai! Non voglio che dopo andiate a dire in giro che metto il naso in affari che non mi riguardano. E poi ho fretta: devo finire il mio giro e consegnare le lettere. Arrivederci. Fiorellin del prato ... (esce (6))

L: ma ti dico io, che un bel paese questo: anche i muri hanno le orecchie. E non solo le orecchie: hanno anche la lingua.

A: beh, beh, vediamo cosa dice Befilde. Dunque: "caro cognato ..." Eh, non ho gli occhiali. Don Limosna, leggila tu.

L: dammi qua. Dunque: "caro cognato ... ho saputo della fine di Mafalda ... come spero di te ... a cavallo della festa ... a trovare le ragazze ... tua cognata Befilde."

A: andiamo da un estremo all'altro. Chi deve tacere, parla e chi deve parlare, tace. Insomma mi vuoi dire, per piacere, cosa c' scritto?

L: c' scritto che Befilde ha saputo di Mafalda ed ha intenzione di venire a trovare le bambine e star qui qualche giorno.

A: Befilde? Dalla padella nella brace. Ma non avevo abbastanza problemi, io, senza Befilde? Cosa ho poi fatto di male?

T: Befilde una brava donna.

L: un p gonfiata, ma non cattiva.

A: un p gonfiata? Non la conosci tu. Da quando andata ad abitare in citt, un brutto lavoro; si d delle arie da grande signora: "io qui, io l". E pensare che andata via di qui con gli sgarletti sporchi di boazza.

(entra Bernarda (2), come uscendo di casa)

B: beh, ma, pap? Vi sembra il momento di fermarvi alla osteria con un bottiglione davanti al naso? Venite subito a casa.

A: ma cos'hai da urlare anche tu? Sono qui che cerco di mandar gi tutto il mio dispiacere e mi tocca anche di sentirmi parare su.

B: come se a San Giacomo non dicessero gi abbastanza su di voi, adesso si metteranno a dire che non avete nemmeno rispetto per i morti.

A: oh, veh, putinna! Non mi fare venire la mosca al naso, ch se no mi levo il cinturino dei pantaloni ...

B: cos rimmarrete in mutande. Proprio un bello spettacolo.

(entra Callisto (3), uscendo dall'osteria, tutto premuroso)

C: signorina Bernarda.

(entra Delfina (1) e don Luigi va da Togna dove disossa)

F: Bernarda? Bernarda, dobbiamo comprare un p di saponina per lavare tutti i panni della Mafalda. Beh, ma, pap? Ma cosa fate all'osteria?

A: ecco. Mettitici anche tu e cos siamo a posto.

F: nooo. Sono solo venuta a dire a Bernarda di comprare la saponina e poi torno a casa a metter su un p di quelle tagliatelle in brodo. Ne volete anche voi?

A: no, no. Per me, no. Non ho fame. E poi stassera non so a che ora torner a casa.

B: sar meglio che torniate presto o se no mettiamo il catenaccio alla porta.

A: ma guarda che grinta ha messo su quella l. Si parla cos a un padre?

B: abbiamo portato anche troppa pazienza. E la pazienza come la pip: a forza di tenerla, scappa. Beh, scappata. Adesso si cambia sistema. Dai andiamo Callisto che devo fare spesa.

(escono Bernarda (2) e Callisto (3); entra Dorchede (5))

O: buona sera a tutta la compagnia. E' proprio una bella sera, questa qui.

T: lei s, che lo pu proprio ben dire. Meglio di cos non le poteva capitare.

A: sei arrivata anche tu, Dorchede, in un momento cos di sconforto? Come stai?

O: bene. Benissimo. Il mio moroso arriva tra un p. Se son venuta qui perch volevo farti le mie condoglianze e per darti un p di conforto.

L: il conforto glielo do gi io.

O: taccia bene lei, che pi all'osteria che in chiesa.

L: il pastore deve seguire le proprie pecorelle. Poi, se devo aspettare che siate voi altri a venire a trovarmi in chiesa, fanno in tempo a venirci delle ragnatele che sembrano delle reti da pesca.

F: parli bene con loro due che non vengono mai. Io, appena suona la campanella, sono la prima ad arrivare.

A: ma guarda che grinta mette su anche questa qui.

F: quando vuol detta, vuol detta. E lei, Dorchede, le sembra questo il modo di presentarsi ad un funerale?

O: perch? C' qualcosa che non va?

F: almeno il rossetto poteva risparmiarselo e trovare almeno un vestito pi adatto. (le toglie il rossetto dalle labbra)

O: perch il nero non va bene ai funerali? (si rid il rossetto)

F: ma no. Il nero va bene. Ma che lei cos, cos ...sgalvida.

O: l'unico vestito nero che avevo.

F: cosa si crede, lei, che solo perch noi siamo di campagna, non capiamo certe cose?

O: cosa vuol dire? Vuole essere pi precisina?

(entra Bernarda (2), uscendo dall'osteria)

B: Delfina vuol dire che ora che la pianti di fare la gatta morta con nostro padre.

A: due brutte vipere. Adesso basta. Tacete e chiedete subito scusa alla signorina.

B: neanche se mi crepa davanti.

F: lei piuttosto deve fare le sue scuse a noi. (esce Delfina (1))

B: e sarebbe ora che vi vergognaste anche voi, pap. Tutta San Giacomo vi ride dietro. Passate per proverbio.

O: questo troppo. Io sono una signorina per bene e non permetter mai che il mio moroso venga insultato in questo modo, facendolo passare per ... ... ... (cornuto).

(entra Cornelio (3) con un elmo con le corna)

E: buongiorno a tutti. Oh, cara, guarda che bell'elmo vichingo ho comprato al mercatino a Mirandola. Sto bene? Lo metteremo proprio nel nostro salotto. Artiode, le mie condoglianze.

A: buongiorno, signor padrone. Grazie. La ringrazio per il cordoglio. Anche lei resta con noi?

E: beh, solo due minuti. Ti volevo fare le mie condoglianze, ma avevo anche bisogno di te, Artiode.

B: noi andiamo. Vista la bella compagnia che c' qui.

A: s, non statevi a preoccupare. Oh, quasi dimenticavo. Ha scritto vostra zia Befilde e ha detto che viene a stare da noi alcuni giorni, per aiutarvi dopo la disgrazia.

O: adesso che non c' pi Mafalda, ci sar posto anche per lei. E magari anche per qualchedun'altra.

A: quello di sicuro. La mia casa sempre aperta per certa gente. Beh, Bernarda, prendi la lettera e portala a casa, val.

E: e cos la signorina si chiama Bernarda? Piacere. Spero di rivederla presto.

B: ci rivedremo presto senz'altro e sempre in casa nostra a domandarci dei soldi. Oh, pap, mi raccomando: non perdete la strada di casa. Delfina, Delfina? Arrivi?

(entra Delfina (1))

F: arrivo. Penso proprio di aver preso tutto.

B: per fortuna dovevi comprare solo la saponina.

F: con tutto quello che successo, mi venuta la depressione. E tu lo sai che quando sono depressa, devo proprio mangiare, per mandar gi il magone. Devo pur sfogarmi.

B: fosse solo quando sei depressa. Dai, dai, muoviti, andiamo. Arrivederci. Dai, che sei svelta come una lumaca.

Complimenti alle sue corna: sono proprio adatte. (a Cornelio)

(escono Delfina (1) e Bernarda (2))

A: beh, signor padrone: si accomodi. Dica cosa vuole.

E: una partita un p delicata. Non so se il caso di parlarne qui in piazza, tra tutti.

A: non si preoccupi. Siamo tra amici. Si accomodi.

E: sarei venuto per la terra.

A: per la terra? Perch cos'ha la terra? La sto curando come curavo le mie povere mogli.

T: speriamo che non faccia la stessa fine.

A: taci tu. Cosa vuoi sapere tu che non te ne intendi. Non sai d' aglio nemmeno se ne mangi una biolca. Senta me: quest'anno ho portato cento quintali di frumentone al Consorzio, con un grano grosso come la fava. Ho fatto 10 quintali di frumento per biolca e tanta uva, tanta uva, che sono rimasto senza manastre. Ma io ci voglio un bene alla mia terra. Adesso ho gi sparso una spanna di letame e aspetto solo che vengano ad arare, poi torno a seminare. Cosa ci devo fare di pi?

E: si, lo so, che vuoi bene alla mia terra, che la tratti bene e le dai molto da mangiare. Per a me, cos, rende troppo poco.

A: solo che non mi voglia ancora aumentare l'affitto. Per pagare quello dell'anno scorso, mi son dovuto levare le mutande.

E: poco, poco. Con il mio fattore abbiamo pensato un sistema per farla rendere di pi. Guarda. (tutti intorno alla mappa) Guarda. Questo il progetto di cosa voglio fare sulla mia terra. Nella punta vicino al "maron salvadagh", tiriamo gi tutte le piantate e facciamo un bell'apertura, un bel parcheggio, per macchine, birocci, barussine e biciclette. Venendo pi in qua, dopo la siepe dei "cagapui", in direzione della Rangona, ci costruiamo un bel capannone. Pensa: "'na ciappa" di capannone. Due mila metri quadrati di capannone.

A: un capannone? Ma per far cosa?

E: si, una sala da ballo. Ormai deciso.

A: cosa? E lei mette all' acqua tutta la mia famiglia? Prende tutta la terra per fare una grossa balera?

L: cosa? Un luogo di peccato? Una casa di perdizione? Un lupanare? Qui sulla terra della mia parrocchia? Non sia mai detto. Vado subito a parlarne col vescovo.

A: sar meglio far intervenire anche qualcun'altro, andare pi in alto, perch mi sa che il Vescovo sia poco questa volta.

L: andr anche pi su, se necessario.

E: andate dove volete. Ormai ho deciso. Ho gi il beneplacito. Comunque ne parleremo con pi calma domani, mentre vengo a riscuotere l'affitto. Perch domani, vero? Arrivederci.

(esce Cornelio (3)

A: arrivederci. Don Limosna? Qui bisogna fare qualcosa.

L: si; adesso beviamo.

O: si, facciamo una bella festa.

A: macch festa. Non intendevo questo. Dicevo per la balera. La mia casa diventer come il Vallechiara di Medolla.

L: beviamoci sopra e poi vedremo. Non hanno sempre detto che la notte porta consiglio? Allora staremo a vedere cosa succede.

(Cornelio (3) mette dentro la testa)

E: ma cara, non vieni via con me?

O: si, caro. Vengo, vengo. (rivolta ad Artiode) Parler io a Cornelio per la tua terra.

(escono Cornelio (3) e Dorchede (5) ed entra il postino (6))

P: fiorellin del prato, ...

T: sei ancora qui, tu?

P: stai tranquillo. Non sono qui per te, ma per il nostro plurivedovo, sc-iancamudandi: il qui presente Artiode Spellagatti.

A: oh, beh, ma, come ti permetti? Cosa c' ancora? Ti avviso: se hai brutte notizie, torna indietro per dove sei venuto, perch per oggi ne ho gi abbastanza.

P: ambasciator non porta pena. Ciappa, m! E' del tuo amico Gasparino Bertoluzzi. (consegna la lettera ed esce (6))

A: Gasparen? Gasparino Bertoluzzi, il commerciante di cavalli, che mi scrive? Sar senz'altro successo qualcosa di grosso. Non mi attento neanche a leggerla.

L: dalla a me; te la leggo io, analfabetico.

A: solo mettiti a posto prima la dentiera, che non mi biascichi le parole come con l'altra lettera. Non ho capito nulla.

L: o taci o te la leggi da solo. Dunque: "caro Artiode". (sbiascicata)

A: oh, cominciamo.

L: ti ho detto di tacere. "... mentre che sero in sella alla mia motocicletta Gilera 250 Falcone, per raggiungerti, ho pistato ... una cresta di giara!"

A: ah, credevo avesse pestato qualcos'altro.

L: "e ci ho sbagliato una curva. Ho fatto uno scumassino e sono finito nel saldino di Secchia, rompendomi una gamba, che adesso instecchettata. Sono a letto con la gamba dura."

A: ad una certa et, se non si usa il gesso, non diventa duro niente, neanche in citt.

L: taci, somaro. D pure delle asinate.

A: perch non vero?

L: ognuno sa di casa sua, comunque lasciamo perdere e andiamo avanti. "Ma dato che avevo impromesso a mio figlio di venire da te per parlarti della tua Bernarda ..."

A: come della mia Bernarda?

L: "che aveva visto attaccata al carretto, si innamorato e la vuole a tutti i costi".

A: veh! Si innamorata della Bernarda? Della mula?

L: taci, che non ancora finita.

A: mi avr scritto un romanzo. Taglia e tira avanti.

L: "non ne posso pi di vederlo girare a chiedere informazioni a tutti i nostri clienti. Tutti ne parlano bene, per dunque, mi sono convinciuto a mandarglielo da te, domani l'altro, per trattare liberamente la questione. Fidandomi a occhi serrati di te, penso che farete un accordo giusto per entrambi tutti e tre. Per quindi ti saluto, ingurandoti tanti di questi giorni felici. Arrivedercelo. Gaspare Bertoluzzi." Finita.

A: ma se scrive bene, Gasparen. Si vede che lui ha studiato. E' sempre stato furbo "smaladii". Fin da piccolo, per piantare i chiodi, lui teneva il martello e io la capocchia del chiodo. Eh s, era furbo. Vuole comprare la mia mula? Viene proprio a proposito: vendo la mula, vuoto un posto nella stalla e, con i soldi, metto a posto il padrone. Vale pi un "trist" amico che un buon parente.

L: la data quella di ieri, dunque arriver domani.

(esce Togna (4) ed entra Callisto (3) con dei fiori; si pettina e si pulisce, mentre don Luigi ed Artiode lo guardano allibiti)

C: signor Artiode. (perentorio)

A: beh, cosa fai tu, con quei fiori? Vuoi andare al cimitero?

C: no, no.

L: per me aspetta qualcuna. Guarda com' tutto tirato a lucido.

A: ma chi vuoi che lo voglia? Non trova una neanche, se mangia un secchio di sviluppina. Solo che lo guardi.

L: dai siediti, Callisto.

C: signor Artiode, posso sedermi?

A: si, si. Fa pure come se fossi a casa tua. Togna, porta un altro bicchiere e un'altro pistone.

C: questi sono per lei.

A: per me? Ma sei matto?

C: no, non proprio per lei, ma per la sua Bernarda.

A: oggi ce l'hanno tutti con la mia Bernarda. Ma andate a cercare la Bernarda di qualcun altro, adesso.

C: ma a me piace la sua.

A: io la Bernarda a te non la do, perch l' ho gi promessa via. Ma sei duro, eh. Vuoi capire?

L: aspetta, aspetta. Ma di che Bernarda parli?

C: della signorina Bernarda, la figlia del signor Artiode.

L: allora risolto tutto il mistero. Te l'avevo detto io, di non chiamare la mula come tua figlia, ma sei un testone che non vuole mai badare.

A: adesso la mula Bernarda la vendo a Gasparen, cos finita. Per quello che riguarda mia figlia Bernarda: veh, Callisto, penso proprio che non ci sia niente da fare, per te.

C: ma perch signor Artiode? Mi conosce. Sono un bravo ragazzo: ho sempre lavorato, ho una certa et ed ho messo da parte qualche soldo, guadagnato col sudore.

A: no, no. Tu sei molto pi vecchio di lei. Lei giovane, un fiore. E poi ha una sorella pi vecchia. Dimmi: dove si mai visto che si sposa prima la pi giovane, della pi vecchia? Prima si deve sposare Delfina.

C: chi? Delfina? Quel tamone l?

A: tamone a chi?

C: quella non la dovevate chiamare Delfina, ma Moby Dick, la balena bianca.

A: come fisico, non sar proprio perfetta perfetta. E' un p in carne, ma meglio. Bada a me che ho dell'esperienza. Se fosse magra, magra, quando l'abbracci, ti sembrerebbe di abbracciare un fascio di "vidon". E' vero don Limosna? Ho ragione?

L: io, io non so. Non ho questa esperienza. Per, pensandoci, mi sembra che Artiode abbia ragione: meglio una donna un p in carne che una di quelle assi da "bugada" che si vedono in giro al giorno d'oggi.

C: vabbeh essere un p in carne, ma Delfina si fa prima a saltarla che a girarci intorno.

A: ma sai che sei un bello sfacciato. Senti solo quante critiche e quanti difetti trova fuori alla mia bambina.

L: beh, proprio bambina, non direi.

A: ma tu per chi tieni? La mia Delfina, poverina, buona come il pane. Le puoi dire quello che vuoi che non c' dubbio che si squassi. E' una donna di casa, sa fare le tagliatelle, e soprattutto non ha mai avuto il moroso. Le sono stato tanto attento: ancora come mamma l'ha fatta. Te lo garantisco io.

C: ah, chi volete che l'abbia beccata, brutta com'? E poi diciamola tutta: ha i baffi ed anche senza dote.

A: quello poi no. Intanto donna baffuta, donna piaciuta; poi ne ha di doti e a guardarla bene anche bella.

C: ma a guardarla bene, bene, ma bene. Eppoi non hanno sempre detto che meglio una torta in compagnia, che un cipollotto da soli?

L: cominciate a stufarmi, voi due, con i vostri discorsi. Sembra che la cosa sia da fare domani mattina subito. Sentite tutti e due: tu, Callisto, porti i fiori a Delfina e te la guardi bene. Tu Artiode aspetti qui un attimo che vado in canonica a prendere una cosa che ti riguarda. Ci vediamo fra un p.

C: vabbeh. Stanotte ci penso e domani si vedr. Arrivederci.

(escono Callisto (3) e don Luigi (7); entra Befilde (6) con tre o quattro valigie, tutta accaldata)

Z: oh, sono arrivata. Cercavo proprio te.

A: oddio, chi c'. Befilde. Ma sei gi qui?

Z: vacca, che accoglienza. Certo che non mi aspettavo che tu mi buttassi le braccia al collo, per ...

A: te le butterei, te le butterei anche adesso. Ma per affogarti.

Z: non sei cambiato neanche un p. Per almeno alla fermata della corriera potevi venire. Due chilometri a piedi mi hanno fatto fare. Che viaggio. Che viaggio! Tutta un'avventura. Alle quattro e mezza, questa mattina, ero gi in piazza a Puianello, con le mie valigie. C'era uno scuro che non si vedeva un'orba "gossa" e per la verit avevo anche un p paura. Allora sono andata sotto un lampione. Non vero che si ferma uno che andava al caseificio in bicicletta; ha piantato un piede per terra e mi ha detto: "eih, bella ricciolona, monti su?" e mi guardava con due occhioni da fame, che non ti dico. Mi sono girata e gli ho lasciato andare una borsettata sul filone della schiena che ruzzolato per terra con il bidone del latte e la bicicletta in testa. Pensa solo: me, sulla canna della bicicletta al posto del bidone del latte, alle quattro di mattina.

A: per forza. Se ti avesse visto alla luce del sole, non avrebbe fatto un errore del genere. Di sicuro.

Z: brutto villano. Tirata su, faccio ancora la mia figura. Comunque, per fortuna, arrivata la corriera e sono salita su di "burida", che se non mi fermava l'autista, sarei saltata gi davanti.

A: se ti avesse lasciato andare, arrivavi a Modena prima tu della corriera. Ci scommetto.

Z: comunque fino a Modena ci sono arrivata. In stazione sono andata a fare il biglietto per venire a San Giacomo e quell'im- bambito del bigliettaio ha cominciato a fare mille domande: se volevo andare per San Martino Secchia, se cambiavo a Medolla, se andavo per Cavezzo. Insomma tante domande che non mi lasciava pi andare via. Allora gli ho detto: oh, amico, io vado dove mi pare. A farla corta ho perso la corriera.

A: ma non tua la corriera; e poi tira fiato che a forza di parole e gesti, mi fai ubriacare.

Z: di chi questo bicchiere?

A: mio, perch?

Z: ah. Posso continuare. Insomma quando Dio ha voluto siamo partiti. Ma tante curve, tante curve, lungo il Canaletto, che mi hanno fatto venire il mal di mare. Io che sono una signora ce l'ho fatta a trattenermi, ma appena sono smontata davanti a Sal, stato un attimo. I parpadellini che avevo mangiato ieri sera mi sono venuti fuori tutti, anche dal naso. A proposito dei parpadellini, vi ho portato il "bassulan".

A: e per fortuna che sei una gran signora.

Z: quella belva della Lidia mi saltata alla gola e voleva li tirassi su; ancora l che mi urla dietro.

A: li voleva riciclare.

(entra Togna (4))

T: toh, Befilde. Come mai da queste parti? Con chi sei venuta?

Z: ciao, Togna. Son venuta con la corriera, da sola. Se sapessi quello che successo ...

A: ah, no, eh? Fermati un attimo. Non tornare da capo, ancora.

T: dai, racconta che dopo beviamo qualcosa insieme.

Z: (velocissima) ... ho rimesso tutto, ecco. Dammi da bere.

A: meno male che son riuscito a schivarmela di nuovo.

Z: oh! Adesso sto proprio meglio Artiode. Dove sono le bambine?

A: si, sono passate prima; saranno andate a casa.

Z: beh, io vado a trovarle. Mi porti tu le valigie?

A: beh, appoggiale l, vicino alla porta, che ci penso io.

(esce Befilde (6) ed entra Don Luigi (7))

L: quasi quasi non lo trovavo pi. Lo avevo intanato dentro un cassetto, in mezzo ai santini di San Luigi.

T: oh, voi due, ormai ora di cena.

A: ostrega, proprio vero. Bravo Togna. Porta due fette di salame e qualche ritaglio del prosciutto che stai disossando e un'altra bottiglia. Dico bene, don Limosna?

L: sacrosante parole. E non dimenticarti una coppia di pane. Allora Artiode, sai cos' questa?

A: una busta.

L: non una semplice busta; una busta basta che sia. Qui dentro c' il testamento della povera Mafalda.

A: ecco dov'era finito. Mi aveva detto che aveva fatto testamento e io a scaravoltare tutta la casa, per cercarlo. Non potevi dirmi che l'avevi tu?

L: le ultime volont di Mafalda. Quello che mi ha dettato in punto di morte chiuso qui dentro. Non potevo dartela prima.

(rientra Togna con pane salame e vino, sedendosi con loro)

L: bravo Togna. Allora prima mangiamo e poi leggiamo.

A: no, no; prima leggiamo e poi dopo mangiamo, per piacere.

T: facciamo una cosa: voi leggete ed io mangio.

L: (aprendo il testamento sbuffando, in piedi) "Io Mafalda Sprocatti in Spellagatti, detto le mie ultime volont al qui presente Don Luigi. Che il mio patrimonio sia diviso cos: lascio a Delfina, che mi ha sempre aiutato nei lavori di casa, i dieci milioni che sono nascosti nel primo bottiglione in alto a destra, sull'asse sopra le botti in cantina. Sul bottiglione c' scritto "veleno per topi". Lascio a Bernarda i dieci milioni che sono nascosti dentro al portacandele sull'altarino di San Luigi".

A: ecco perch era sempre davanti all'altarino, a pregare. Faceva la guardia al mucchio dei soldi.

L: "Lascio a tutte e due le bambine i dieci milioni che sono inchiodati nel trave di colmegna, in granaio".

A: s't'an cat cuell, guarda in dal tassll; certo che, poverina, aveva una bella fantasia. Secondo me era ubriaca. Si sar ubriacata con tutto l'olio santo che gli hai dato.

L: no, no, era in pieno possesso delle sue facolt ... e dei suoi soldi.

T: ascolta Artiode: ma che mestiere faceva Mafalda?

A: taci tu! Non permetterti di offendere quella santa donna. Certo che vengono dei dubbi anche a me. Trenta milioni? Trenta milioni non sono noccioline, si compra tutto il bosco di San Felice e ce ne avanza. E a me, cosa ha lasciato? (piedi/sed.)

L: se mi lasci finire lo impari. "Ad Artiode lascio ci che di pi caro ho al mondo, il mio vero tesoro, che custodito nella cassetta sotto il letto".

A: ah, la cassetta di ferro che sotto il letto, chiusa con un lucchetto di ferro, grosso cos. Per aprire quel lucchetto ci vuole una cannonata.

L: pssssssss

T: beh, deve pisciare?

L: ma no, testone. C' scritto psss; "P S = post scriptum, due punti: la chiave del lucchetto sotto le mutande nell'ultimo cassetto del com, punto".

A: ah, lo sapevo io. Mafalda ha sempre avuto un cuore grande cos. Buona come il pane. Quello che aveva, non era suo. L'ho sposata solo per quello. (in piedi)

T: val, che l'hai sposata perch sapevi che aveva tutti quei soldi e a noi hai fatto credere di essere sempre in bolletta. Sei sempre venuto alla scrocca. (in piedi)

A: ti giuro che non ho mai saputo che avesse un centesimo; anzi quando andavo a casa sua, a morosa, se volevo sedermi, dovevo portarmi dietro il seggiolino per mungere. Faccio ancora fatica a crederci. Secondo me, state facendo uno scherzo.

L: non te l'ha mai detto per paura che te li bevessi tutti.

A: ma per voi, come avr fatto a mettere insieme una cifra cos?

T: forse li avr vinti al lotto.

A: forse.

T: o forse andava davvero a lavorare, la sera, quando tu eri qui all'osteria.

A: si, faceva i turni di notte. Smettila, malalingua.

L: non mi sembra il caso di stare a preoccuparci di come li ha fatti o come li ha presi. I soldi ci sono, le divisioni sono fatte ed ha accontentato tutti.

T: e vissero felici e contenti.

A: ma s! Avete ragione. Non pensiamoci pi. Festeggiamo adesso: Togna porta un'altra bottiglia.

T: io vi porto la bottiglia, segno tutto sul conto, vi do le chiavi e quando avete finito, mi raccomando, chiudete la porta. Io vi saluto: io, vado a letto. (esce (4) Togna)

A: vieni qui, don Limosna. Facciamo un brindisi alla buonanima di Mafalda.

L: ormai tardi, andiamo a casa anche noi.

A: no, un altro. Un altro brindisi al suo buon cuore.

L: ma adesso basta. Ne abbiamo gi bevuto abbastanza.

A: fermati! Un altro al tesoro nascosto nella cassetta.

L: l'ultimo. (va a sedere)

(si vedono Delfina (1) e Bernarda (2))

F: pap, pap.

A: oddio. C' il fantasma di Mafalda. Perdonami Mafalda! (in ginocchio)

F: pap, sono Delfina. Venite a casa che gi tardi, gi mezzanotte.

A: oh, Delfina, sei tu? Vieni a dare un bacino al tuo pap. Finisco la bottiglia e poi vengo subito a casa.

B: pap, vi fate compatire anche questa sera? E alla vostra et? E proprio in una sera come questa?

A: perch che sera questa? E' la sera pi bella della mia vita; sono libero e pieno di soldi.

B: e pieno di vino. Ubriaco come una chioccia. Venite subito a casa.

L: veh, Artiode? Quando avrai il tuo tesoro, ricordati della tua chiesa e soprattutto del tuo prevosto. Mi raccomando.

A: capirai, se non metteva le mani avanti. Appena hai due soldi da una parte, subito ti piombano addosso le poiane.

F: pap, vieni a casa. C' freddo e c' gi la guazza.

(spariscono Delfina (1) e Bernarda (2))

A: ma perch due femmine? Perch un castigo del genere a me? Ah, se avessi avuto un maschio, un bel maschietto. Potrebbe essere qui a festeggiare con me, vero don Limosna?

L: allora ci sarebbe voluto una damigiana, altro che bottiglia.

(si sente Befilde (6))

Z: allora o vieni a casa subito o ti chiudo fuori.

A. arrivo. Aspetta un attimo.

Z: ho detto subito. (entra in scena e trascina fuori Artiode (6))

A: ciao, don Limosna. Ci vediamo domani. (esce Artiode (8))

L: domani? Se le tue donne te lo permetteranno. Tre donne e un och fanno mercato. Ah, che fortuna non avere moglie. Nessuno ti chiama, nessuno ti dice niente.

(si sente Desolata (5) fuori campo)

D: don Luigi, volete tornare a casa o no. Chiudo il portone della canonica?

L: mi ero dimenticato la perpetua. Non c' pace n di giorno, n di notte.

(esce don Luigi (7); si spengono le luci e solo un faro illumina Befilde (6) che entra urlando e spingendo Artiode (8))

Z: e le valigie? Che testone, le mie valigie! (Befilde (6) prende le sue valigie ed esce con Artiode (8) che brontola)

(luci spente)

FINE PRIMA PARTE


SECONDA PARTE

(E' notte in casa di Artiode; luci spente. Entra Artiode (8) con una candela accesa)

A: il momento giusto: sono tutti a letto. Capirai se io lascio tanti soldi in mano alle mie figlie. Me li tengo io da spendere con la mia Dorchede. ... Accidenti! Ma cosa hanno lasciato in giro? Ma chi c'? ... Aspetta che mi nascondo.

(S'illumina l'ingresso e Artiode si nasconde nel cantone della legna; spegne la candela. Entra Delfina (1))

F: che fame! Ho lo stomaco che ciocca come un lattone vuoto. Bisogna proprio che trovi qualcosa da mettergli dentro. Il dottore ha solo delle balle: mi ha messo a dieta, perch ha detto che ho il tirolo alto, la pressione alta e sono grassa, che sono abbondante dappertutto e devo mangiare solo aglio e cipolla cotta. Se devo badare a lui va a finire che muoio secca come un uscio. (cerca nella credenza) Ma dove hanno messo il bassuln che ha portato oggi zia Befilde? Se lo trovo, lo mangio con la sporta e tutto. Dopo prendo un bel bicchierone di sale inglese e nessuno se ne accorge. Forse lo hanno portato in cantina sopra l'asse. Adesso vado proprio a vedere.

(esce Delfina (1) da una porta laterale; luce spenta)

A: ufff! E' andata in cantina. Meno male. Ho tutte le gambe in- grillate. Aspetta che comincio ad accendere una candela. Adesso ci penso io. (prende una candela dall'altare di S.Luigi)

(Si sente Bernarda (2), che poi entra)

B: adesso la trovo, viva o morta. Dove hanno messo la candela? (rumori)

A: ancora? Ma che traffico. Sembra di essere in piazza, il giorno di mercato. Sono proprio curioso di vedere chi arriva adesso. (torna a saltare nel cantone della legna)

B: dice che va in sonnambula? Macch sonnambula. So io cosa cerca quella l. Aspetta, aspetta che accendo la luce, senn, anche se c', non la vedo. (accende la luce) Oh! Non c'. Vuoi vedere che gi scappata a letto? Me l'ha fatta anche questa volta. E' andata a rumare anche nel cantone della legna. Guarda qui. C' della legna fin nel mezzo della casa. Sento dei rumori che vengono dalla cantina. C'! E' lei! E' arrampicata sopra un asse, come un gatto. Sta tornando Delfina. Aspetta che spengo la luce e le faccio patire uno squaglio da farsela addosso. (spegne la luce)

(rientra Delfina (1) con il bassuln in mano)

F: l'ho trovato! Mmmmm! Adesso prendo una scodella di latte e mi faccio una bella zuppa. E lascia che dica quella civetta di Bernarda. Ma che confusione.

(si riaccende la luce)

B: ti ho trovato! Questa volta non puoi negare.

F: (sorpresa ed impaurita, butta all'aria il bassuln)

Oddio, che paura! A momenti me la facevo addosso. Ma questa la maniera? Lo sai che ho la pressione alta e che non devo prendere degli squagli. Brutta schifosa! Guarda, guarda che paura mi hai fatto.

B: pi che vederla, della tua paura sento l'odore. Delfina ora che ci dai un taglio di andare in giro la notte come un lupo affamato.

F: io, un lupo affamato?

B: vuoi dire che sei giro, ma non per cercare da mangiare? Il dottore che ti ha detto che per i tuoi disturbi dovresti fare pi movimento e mangiar meno.

F: ha solo delle balle, il dottore. Io sto benissimo cos. Non si mai sentito dire: veh, com' bella magra! E poi se bado al dottore, mi fa morire di fame. Dunque mi ha detto: niente pane, niente minestra, niente zuccheri, niente grassi e bere solo un bicchiere di acqua lontano dai pasti.

B: per il resto puoi mangiare quello che vuoi.

F: cos' il resto? Verdura cotta e cruda, non condita; una qualche mela e qualche pezzettino di carne cotta sulle braci. E questo tu lo chiami mangiare? Ho tenuto botta per due settimane, con dei sacrifici da suora di clausura e sai il risultato? Quando sono andata sulla bilancia mi ha detto che ero cresciuta di tre chili.

B: per forza che sei cresciuta. Ingorda. Quello che perdi di giorno, lo raddoppi la notte.

F: il dottore mi ha detto di mangiare poco e spesso.

B: per te spesso sempre. Hai sempre la bocca in movimento. Non hai un attimo di requie.

F: cosa sar mai una fetta di bassuln?

B: adesso basta. Metti gi tutto e torniamo a letto. E stai attenta che ti tengo d'occhio dalla mattina alla sera. Da domattina si cambia vita. Marsc, a letto.

(escono Delfina (1) e Bernarda (2) e spengono la luce)

A: meno male che se ne sono andate via. Che male alla schiena. Credevo di dover passare la notte l dentro. Delfina e Bernarda non sanno niente del testamento. Meno male. Adesso prendo i soldi e poi torno a letto anch'io.

(prende i soldi dall'altarino di San Luigi; in quel momento entra Befilde (6) a luce spenta e segue Artiode)

A: oohh! Il fantasma della Mafalda! Perdono, perdono! Giuro che non lo faccio pi e che rispetto il testamento. E ti prometto che torno a mettere gi i soldi. (si riaccendono le luci)

Z: aahh! Sei tu Artiode. Cosa fai in giro a quest'ora? E all'orba come una quaglia. Mi sembri un ladro.

A: oddio, Befilde. Ti avevo scambiato per il fantasma della povera Mafalda. Mi hai fatto prendere una paura che per poco non mi fa venire un "tarabacin".

Z: te lo do io il "tarabacin". E ti faccio anche sentire se sono un fantasma o no.

A: ma ti sei guardata allo specchio? Sembri uno spuncione. Sei proprio come la povera Mafalda. Poverina. Lei era poco bella, ma tu esageri. Sembri la befana.

Z: perch sei un bel genere tu! E poi non cambiare discorso: cos' la storia del testamento e dei soldi?

A: soldi? Testamento? Ma tu vaneggi.

Z: e questi cosa sono? E cos io vaneggio, vero? (prende soldi)

A: beh, ecco ... sembra che Mafalda prima di morire abbia messo via alcuni soldi ... (riprende soldi)

Z: allora volevi fregare i soldi di Mafalda? La povera Mafalda! Ma che buon' anima. Che Dio l'abbia in gloria. (strappa soldi)

A: ma no! Cos'hai capito? Volevo solo vedere se i soldi c'erano veramente. (riprende i soldi)

Z: va l, va l, che ti conosco. Mafalda, la povera Mafalda, ha visto bene quando mi aveva scritto di venire qui, in caso che fosse morta prima lei di te. (riprende i soldi e li tiene)

A: bella fiducia che aveva in suo marito. Mi ha fatto fare una vita piena di sacrifici, ma neanche contenta di quello ...

Z: si vede come sei patito. L' ha fatto solo perch sapeva che avevi le mani bucate e appena hai due soldi per le mani, vai subito all'osteria da Togna a festeggiare.

A: io festeggiare? Chiss che feste. Al massimo si apre una bottiglia, in compagnia, con don Limosna e Gusten.

Z: Gusten? Gusten Manassa? Bel soggetto quello l. Un approfit- tatore di prima categoria. Ha sempre acceso il fuoco con la legna degli altri.

A: anche lui, poveretto, cerca di sbarcare il lunario come pu.

Z: bada che adesso ti tengo d'occhio e se vuoi che andiamo d'accordo, devi cambiare pelle: devi cambiare pelle come una biscia.

A: se si deve vedere che devo sempre rendere conto a tutti. Tutti hanno delle pretese, tutti devono avere qualcosa, tutti pretendono di dare consigli, per il peso della baracca sempre stato mio, su questi due ossicini (spalle). C'ero io, quando Delfina diceva: "pap ho fame! Pap muoio, dammi del pane!" e io, a fare i salti mortali, per accontentarla, poverina.

Z: e hai fatto male. Era meglio se le facevi patire un p la fame.

A: capirai se ci prendo una volta. E' meglio morire che continuare a vivere in questa maniera.

Z: finiscila di farti compatire.

A: oh! Hai voglia di litigare? Ma vai fuori dai piedi e lasciami qui, con i miei magoni. Dal tanto che mi va male, mi verrebbe voglia di annegarmi.

Z: si, nella botte del vino. E' meglio che taci, val. E poi, intanto, i soldi li tengo io, che meglio, ed un pensiero in meno che hai tu. E poi cos sono sicura che non li vai a bere. Con questi soldi qui, facciamo la dote per le tue bambine.

A: si, si! Val e vatti a cambiare che non siamo per carnevale.

(esce Befilde (6), poi entra Delfina (1))

F: pap, con tutta questa confusione mi avete svegliata e questa notte non ho ancora dormito.

A: te lo credo. Sempre in giro a cercare da mangiare. Comunque non niente. Facevo due chiacchiere con tua zia Befilde. A proposito Delfina: ho parlato di te con un ragazzo.

F: di me ad un ragazzo? Chi ?

A: questo non ti deve interessare, per adesso; ma preparati subito; tirati su e pulisciti bene; fai il bagno nella mastella, anzi, meglio nel "soi da bugada", stai attenta, mi raccomando. Magari prima di sera affettiamo anche il salame.

F: ma pap, volete dire che mi ha chiesto in moglie?

A: non proprio, ma sto convincendolo. Sei in "brusia"; sei vicina come la cotica al grasso.

F: oh Signore, ti ringrazio.

A: ringrazia piuttosto tuo padre che pensa sempre al tuo futuro. E poi guarda che non detta l'ultima parola. Speriamo solo che non voglia niente in aggiunta. Comincia a prepararti, mentre io vado nella stalla dalla mula, che prima ragliava. Le devo dare una bella strigliata, ch oggi la vendo.

F: Bernarda? Ma chi volete che la prenda, con tutti i difetti che ha? Quella l va bene solo per fare della mortadella.

A: c' uno interessato a comprarla. Solo che vada fuori di qui. E poi mi servono i soldi per pagare l'affitto.

(esce Artiode (8))

F: oohhh! Non sto pi nella pelle. Mi hanno chiesto in sposa. Chiss come scoppier d'invidia quella capra di mia sorella, lei che si crede di essere la pi bella. Adesso glielo faccio vedere io. Al! Adesso iniziamo a fare un p di ginnastica per snellire i fianchi. Cos mi viene il vitino da vespa. (inizia a fare ginnastica) Uno, due; tre, quattro; ......

(entra Bernarda (2))

B: ma sei diventata matta? Ma cosa fai?

F: faccio ginnastica!

B: guarda cosa mi tocca vedere. Non hai mai mosso un dito per alzare uno spillo e tutt' un tratto ti metti a fare ginnastica?

F: si! Mi metto a fare ginnastica per stare dentro al vestito bianco.

B: ma se l'unico vestito bianco che hai quello della cresima. L, non ci stai dentro di sicuro.

F: le spose si mettono tutte il vestito bianco con il velo lungo.

B: spose? E chi si sposa? Tu? Ma con chi?

F: si, io mi sposo. Il pap ha gi combinato tutto.

B: schifosa! Fuori il rospo! Cos' questa storia? A te ha pensato il pap e a me non permette neanche di parlare con Pacifico il campanaro?

F: cosa vuoi: non questione di parlare; questione di piacere. Se sei piaciuta (accavalla le gambe) sono gli uomini che ti chiedono in moglie. Io sono piaciuta, perch, vedi, dieta o non dieta, preferiscono quelle in carne come me e non gli stecchi come te.

B: brutta budellona. Mi prendi anche in giro? Dispettosa. Chi ha smarrito Benito?

F: ma Benito chi?

B: c'era un bel ragazzo che mi teneva dietro da due mesi, quando andavo a Messa e poi, ogni tanto, passava anche qui, davanti a casa. D che non ne sai niente. Spuzzul che non sei altro!

F: ma era quello che passava in bicicletta?

B: s, proprio lui. Beh, adesso non passa pi. Com'?

F: avr perso la bicicletta. Passava venti volte al giorno e quando arrivava sul passo gli toccava sempre di fermarsi perch saltava gi la catena.

B: era tutta una scusa per potermi vedere.

(entra Befilde (6))

Z: ma senti quanti piagnistei ci sono qui dentro. Cos' tutta questa confusione?

F: zia, lascia pure che si sfoghi.

Z: che si sfoghi pure. Ma almeno ditemi cos' successo.

F: Bernarda piange perch ha paura di rimanere putta. Aveva un moscone che passava qui e adesso non passa pi.

B: proprio cos. Ed tutta colpa sua.

F: te lo dico anch'io che non passa pi: gli ho dato una smarrita.

Z: cosa hai fatto?

F: eih, dai una volta, dai due, dai tre, mi sono stufata. Un bel giorno gli ho detto:"Oh, capo! Se tornate a fermarvi qui, uso lo schioppo". Da allora non l'ho pi visto.

B: te lo dico che sta alla larga. Gli ha promesso delle schioppettate.

Z: ma vero?

F: ma non gliel'ho tirata.

B: ci sarebbe mancata solo quella. Lo hai fatto apposta, solo perch eri invidiosa. Io avevo i corteggiatori e per te non c'era neanche un cane che ti pisciasse nelle vesti.

F: e tu allora, adesso sei gelosa perch io mi sposo e tu no.

Z: cos' questa storia? Chi che si sposa?

B: lei. Delfina. Il pap le ha detto che ha gi combinato tutto. Solo io rimango putta.

Z: macch putta e putta. Qui, l'unico che non si deve pi sposare vostro padre. Adesso smettetela di gnolare e di litigare che andiamo a Mirandola a fare spesa. Se davvero Delfina si sposa, bisogner pensare a comprare dei vestiti nuovi per tutte.

F: ma noi non abbiamo neanche un soldo.

Z: ci penso io, poi me li faccio dare da vostro padre. Andiamo.

(escono Delfina (1), Bernarda (2) e Befilde (6); entrano Artiode (8) e don Luigi (7))

A: dai, don Limosna. Vieni dentro. Hai fatto colazione? Non c' tanto; ti devi accontentare: un culo di salame, due uova, ma tutta roba genuina che ho fatto io.

L: anche le uova?

A: sicuro! Beh, no; le uova sono fatte dalle mie galline, che lo stesso.

L: ah, credevo.

(Desolata (5) da fuori, poi entra)

D: don Luigi? Don Luigi?

L: sono appena arrivato e Desolata mi chiama gi. Cos' successo?

D: con permesso?

A: vieni dentro. Vieni dentro, Desolata.

L: cosa c'?

D: c' il sig. Cornelio che dice di aver bisogno di lei.

A: il padrone? Vuoi vedere che si pentito e non vuol pi fare la sala da ballo?

L: digli pure di venire qui, ch tanto questa casa sua.

A: forse ancora per poco, per ancora casa mia.

D: no, aspetta l in canonica. Mi ha detto che una cosa riservata e che Artiode non ne deve sapere niente.

L: certo che tu hai un gran pregio: sei segreta come il tuono.

D: oh! Mi scappata.

L: pi facile ti scappino, che tu riesca a trattenerle. Dai, andiamo a sentire cosa vuole il sig. Cornelio.

(esce don Luigi (7))

D: hai sentito? Hai sentito, Artiode, come mi tratta don Luigi? E io che mi faccio in quattro, per lui. Ma uno di questi giorni mi trovo un vedovo anch'io e mi faccio la mia famiglia. Chi vuole capire, capisca.

(esce Desolata (5))

A: mah, dicono tutti che non capisco nulla. Perci ... Si fa in quattro? Poverina. Non capisce che ne basterebbe una mezza.

(esce Artiode (8); rientrano Befilde (6), Delfina (1), Bernarda (2) e si provano i vestiti acquistati)

F: ma oddio! Chiss cosa dir il pap quando vedr tutta questa roba.

Z: lascia che dica. Quando poi stufo, tace.

B: meno male, zia Befilde, che sei venuta tu, a darci una mano. Noi non ci saremmo mai azzardate a spendere tutti quei soldi.

F: anche perch non ne ho mai avuto uno in tasca. Adesso chi glielo dir, a pap?

Z: eh! Quante balle! Con quel vecchio ci penso io. Adesso andate di l a provarvi i vestiti eppoi vedrete che sar contento anche lui della nostra spesa.

B: io non lo credo proprio. Non ci ha mai lasciato mettere il naso fuori dall'uscio, per paura che gli spendessimo i soldi.

F: io mi sono sempre messa i vestiti della povera mamma. Prima perch ero piccola, me li accorciavano eppoi quando sono cresciuta ...

B: te li allargavano.

F: no, veh, cocca bella. I panni della mamma mi sono sempre andati bene cos e la tua solo invidia, perch io ho tutte le curve al loro posto e sono piaciuta, non come te che sembri un asse da bugada.

B: s, curve: come quelle di una botte! E' tutta ciccia e basta. E guarda come parli, accorcia la lingua, senn..

Z: dai, smettetela adesso.

B: non la sopporto pi. Mi ha cotto, lei e la sua aria da Maria pentita. Fa sempre quello che le pare e non prende mai nessuna colpa. Per forza! Non fa mai niente. Come fa a prendere delle colpe?

F: ah, s? Eh! Io non faccio mai niente? Hai un bel coraggio a parlare. Intanto io devo farmi la mia bella dote, perch quando sar ora, voglio avere tutta la mia robina pronta.

B: s, con la scusa della dote, sta sempre l a spigossare in poltrona con l'uncinetto in mano; va a finire che una qualche volta stramazza a terra o s'insfruccia l'uncinetto in un occhio e s'accoppa. Senza contare che con l'et che ha, ormai la sua dote ce la possiamo dividere noi due e ce ne rimane ancora. Ha riempito tutto il "tasselmort" di lenzuola, federe e camicie da notte, mutande, mutandine e mutandoni. (rivolta a Befilde)

F: proprio tu parli? Tu, Bernarda, sei andata a scuola per imparare a fare la sarta e non sai neanche attaccare un bottone.

B: chiss che lavoro fare la sarta, "ciossa" che non sei altro! E' solo questione di fare un p di pratica. Eppoi per fare la sarta ci vuola la stoffa. E la stoffa, costa!

F: e la voglia di lavorare! Bella sarta che sei.

B: aspetta che ti faccio vedere.

F: beh? Adesso dove va?

Z: mi ha detto che ti ha preparato una bella sorpresa.

B: ecco qua. Guarda: per te.

F: per me?

Z: s, provatela subito.

B: s, cavati gi. E' quel sottanino che mi avevi detto di stringerti in cintura. Visto che l'ho fatto?

(mentre Delfina si mette il sottanino che le sta malissimo)

B: stai attenta che se ci cade addosso, ci accoppa.

Z: certo che qualche modifica bisogna farla ancora.

B: ma se quasi perfetta.

Z: ecco. Hai detto bene: quasi.

F: ma cos' questo "pipul"?

B: l'ultima moda francese, patalc.

F: ma s, val! Me l'hai rovinata.

B: oh, come sei difficile. Era un sottanino che mettevi solo per casa e faceva schifo.

F: era l'unico che m'insottiliva.

Z: dai, smettetela di litigare e pensiamo a trovare dei pretendenti.

B: quel qualche povero disgraziato che ha avuto il coraggio di venire davanti alla porta di casa stato smarrito.

Z: non vi preoccupate e vedrete che qualcuno, prima o poi, si far vivo.

B: prima o poi.

F: sarebbe meglio prima, perch alla tua et, Bernarda, ogni minuto sprecato.

Z: se mettiamo lo zucchero sulla finestra, i mosconi arrivano. Eehh, se arrivano ... Dai, dai, andiamo di l a farci belle.

(escono Befilde (6), Bernarda (2) e Delfina (1); entra Artiode (8))

A: una impresa impossibile! (mentre escono figlie e zia)

E cosa sono quelle scatole l? "Premiato cappellificio Fustagni Ildebrando e figli in Bologna". Ma Befilde diventata matta? E' anche capace di andare in giro con questa specie di ombrellone qui. Ma s, val, sto proprio bene. (si guarda allo specchio) Ci vuole proprio una bel grugno, per andare in giro bardati cos.

(entra Befilde (6))

Z: cosa fai con quel cappello? Mettilo gi subito. Me lo rovini.

A: oh, il suo cappello, glielo rovino. Ma dimmi dove devi andare con questa barchessa qui. Stai attenta che, se tira un buffo di vento, voli via.

Z: se gli asini volassero, a te bisognerebbe dare da mangiare con la fionda, tanto voli alto.

A: non cominciare ad offendere. Dimmi piuttosto da dove viene fuori tutta questa roba.

Z: l'abbiamo comprata. Siamo andate a Mirandola e abbiamo fatto spesa; rinnovato il guardaroba, che ne aveva proprio bisogno.

A: rinnovato il guardaroba? Ma il tuo cervello da rinnovare. E' andato in "pappuia". Ti ho visto prima che avevi due valigie da emigrante e, a dir la verit, mi sono detto: " fatta, torna a casa". E invece, niente. Torno a casa e non solo ti ritrovo qui, ma hai speso tutti quei soldi. Non mi verrai a dire che non hai pi niente da metterti.

Z: guarda che io il mio bisogno ce l'ho. Questa roba per le tue figlie.

A: hai fatto loro proprio un bel regalo. Chiss come saranno contente.

Z: macch regalo. Questa tutta roba che ho pagato con i tuoi soldi.

A: cosa hai fatto? Disgraziata che non sei altro. Prendi tutta quella roba e portala indietro subito. Se si deve vedere: hanno tutto il guardaroba pieno e lei va a comperare ...

Z: s, un guardaroba pieno di stracci, caro mio. Bisogna modernarsi. Se si deve vedere delle giovani pronte da maritare che vanno ancora vestite con i panni che andavano sotto il duca Passerino.

A: adesso capisco. Per te solo questione di moda. Cara la mia Befilde, qui siamo in campagna e una ragazza non ha bisogno di andare in giro vestita all'ultima moda, squassando il culo, come un' anatra, per trovare marito.

Z: vacca. Sei grezzo come un fascio di malgari. Bisogna aggiornarsi, tenere il passo del progresso. Cosa vuoi sapere tu che hai girato il mondo, come la coda del porco. Antiquario. Adesso t'insegno io, come si fa ...

A: a spendere i soldi.

Z: hai proprio un chiodo fisso in testa, con questi soldi.

(esce Befilde (6))

A: due volte coglione, sono stato. La prima quando ho sposato sua sorella e la seconda quando le ho permesso di rimettere i piedi in casa mia.

(esce Artiode (8); entrano Desolata (5) e Natalino (4))

D: Artiode? Artiode?

N: permesso?

D: sembra che in casa non ci sia nessuno.

N: spero almeno che la signorina Bernarda si faccia vedere. Ho fatto tutta questa strada per lei.

D: ma dove vuole sia andata; sempre qui in giro. Al massimo va nel pollaio a dar da mangiare alle galline.

N: signorina Desolina? Sono vestito bene? Sono ben pettinato?

D: ma s, non si preoccupi. ... Al sembra un "parigen", proprio come Bino Gavioli. Con quelle due labbra baciatrici sembra proprio quell'attore americano Tirone Power.

N: ma oltre che alla signorina, io voglio far buona impressione soprattutto al sig. Artiode. Lei dice che mi conceder la mano di sua figlia?

D: se non la d a lei, a chi vuole che la dia. Artiode? Artiode?

(entra Artiode (8))

A: cosa c' ancora?

D: arrivato. E' arrivato.

A: arrivato? Che il fulmine ti prenda. Ecco cos' arrivato.

D: arrivato il signorino. (fa delle facce)

A: ma che signorino? (prendendola in giro)

D: il signorino Natalino Bertoluzzi.

A: quello che venuto a comprare la mula.

D: ma no, ma no ...

A: taci tu; vai fuori. Vai subito fuori, pettegola. Cosa vuoi sapere tu?

(esce Desolata (5))

N: buon giorno, signor Spellagatti.

A: oh, bongiorno, signorino Natalino. S'accomodi.

N: grazie.

A: sono proprio contento di fare la sua riconoscenza, del figlio del mio amico Gasparen. E il pap, come sta? Vuol bere qualcosa?

N: no grazie. Non s'incomodi.

A: mai stato pi comodo in vita mia. Beh, almeno ha il criterio di non bere niente. E' pieno di soldi come un cane pieno di pulci, ci mancherebbe solo che si mettesse anche a bermi addosso.

N: sa, a pap, ci hanno instecchettato la gamba. E' immobilizzato a letto e brontola dalla mattina alla sera, perch pensa che tutti i suoi affari vadano male, senza di lui.

A: ma non ci badi, sa; sempre stato un tale brontolone.

N: certo. Ci vuole pazienza. Comunque sono qui per avere una risposta da lei. Mio padre le ha scritto il motivo che mi ha spinto a venire, per quindi quasi superfluo che io ...

A: certo. Anzi adesso che siamo qui a quattr'occhi, le dir che per la cifra ...

N: non vorrei toccare un tasto cos volgare. (in piedi)

A: e tu lo chiami un tasto volgare? Ma se il sale della vita. .... Fa presto lui a parlare, lui che pieno di soldi.

N: signor Artiode, io non voglio nemmeno sentir parlare di cifre e di soldi. Quando una cosa piace, non c' prezzo che tenga.

A: credo abbia ragione Gasparen a lamentarsi un p, a dire che senza di lui finiranno in rovina.

N: eppoi, io e mio padre, siamo sicuri della sua onest.

A: per quello senz'altro. Ma forse sarebbe il caso ...

N: non ne voglio pi sentir parlare. Piuttosto, mi dica, se si pu concludere.

A: Diotastrabanadissa! Ma io non aspettavo altro, perch, si figuri, non vedevo l'ora di liberarmene. Mi d un pensiero.

N: certo. Ma cos giovane.

A: ma se ancora una bambina, che si far. Ma bisogna per metterla in "carda". Eppoi le dir che ad un altro, l'avrei venduta e basta. Ma tra noi, solo per l'amicizia che mi lega a tuo padre, devo dire anche tutti i difetti che ha Bernarda.

N: beh, tutti abbiamo qualche difettuccio. (si siede)

A: oh! Non per spaventarti, ma solo per avere il cuore in pace e la coscienza a posto. Ecco, vede, Bernarda bella, bella che di belle cos non ne vedi neanche una in giro. Vai pure a Mantova, a Verona o a Modena, e perfino a Lonigo, dove ci sono i campioni: si pu girare per tutti i mercati; cos bella non ne trovi.

N: s, bellissima.

A: e il petto? Ma l'ha notato il petto?

N: nooo! (scandalizzato)

A: e cosa dovremmo dire dei fianchi? Belli, pieni e stagni. Senza stare a parlare delle gambe. Ma hai visto ancora delle gambe cos?

N: no, veramente non gliele ho mai viste le gambe.

A: ma allora come si fa a stimare un asino coricato, a comprare senza guardare la merce? Ha due gambe che neanche Tina Pica le ha cos. Ma se ti devo dire la verit, insomma se davanti la facciata bella, i difetti li troviamo, come dire, nel didietro.

N: oh, perbacco! Nel didietro?

A: s, ma sono poi cose da poco. Cose che con un p d'amore ed un p di fermezza, va tutto a posto.

N: amore, tutto quello che vuole. Per la fermezza, eih ...

A: eppoi cos giovane, che da lei, sapendoci fare, pu avere tutto quello che vuole. Anche se s'impunta.

N: beh, quali sono questi difetti?

A: eih, uno gliel'ho gi detto: ogni tanto s'impunta, come una mula, e non c' niente da fare. Si pianta l e non vuole cambiare idea. Il fatto che un p nervosetta e quando pianta il muso, non risponde pi.

N: nooooo!!! (in piedi)

A: ma io ho trovato il rimedio: la accarezzo piano, piano, in testa e gliela liscio con una spazzola. Lei si calma e torna a darmi a mente.

N: beh, se non che per questo.

A: eh no, caro lei. Ce n' ancora. Vede, soffre un p di giramenti di testa, una specie di mal cadt.

N: oh, piccola cara.

A: a volte, quando le vengono quegli attacchi l, cade gi come una pera cotta; si butta a terra che sembra uno straccio.

N: poverina ...

A: ma un male da poco. Basta prenderle la testa tra le due mani e tirarla su piano piano per il collo. Lei si sveglia che fresca come una rosa. Non le sembra pi niente.

N: spero sia tutto.

A: no; purtroppo c' ancora qualcosa: scalcia.

N: scalcia?

A: ma roba da niente. Basta essere svelti a schivarli. Ieri mi ha tirato un calcio nel cavallo dei pantaloni, che se non fossi stato svelto, potevo andare a cantare nel coro delle voci bianche.

N: mira nelle parti delicate?

A: si capisce. Con il giudizio che ha.

N: perch, non ha giudizio?

A: ma che giudizio vuoi che abbia una bestiolina cos. Ma nessun problema: basta farle "il gratussli" sotto le "lasene", che si calma subito e si mette la testa fra le gambe.

N: dove mette la testa?

A: eih, lo so che non fa un bel vedere, ma quel che conta il risultato.

N: spero non ci sia proprio altro.

A: eh, no. Ce n' un altro ed il difetto pi terribile: morde.

N: morde?

A: e con che denti.

N: quelli li ho visti, ma se morde ...

A: ma nessuna paura: basta mettergli una carota ed uno zuccherino in bocca, che torna calma come un agnello.E' solo questione di allenamento. Basta fare un p di pratica per la velocit: quando apre la bocca, carota e zuccherino. E' un attimo. E' cos golosa di dolci.

N: oh, perbacco.

A: ma al di fuori di questi, non ha altri difetti.

N: a dir la verit, non mi sembrano pochi.

A: ma te l'ho detto: giovane e se viene cresciuta bene, impara subito ed tutta una passeggiata. Sono sicuro ti render pi di quanto hai speso. Al prim guadagn al s'fa in dla compra.

N: mi permetta di pensarci un p su. Devo fare degli affari in paese. Ci vediamo dopo.

A: va bene, cos te la faccio vedere da vicino. Vedrai che t'innamori subito. A proposito mentre sei in giro per il paese prendi tre zuccherini ed una carota; non si sa mai.

N: non si preoccupi. Ormai sono troppo preoccupato io, per preoccuparci in due. Arrivederci.

(esce Natalino (4); entra Desolata (5))

D: guarda che secondo me non hai capito niente.

A: brutta pettegola, va fuori di casa mia. Braghera. Vai a dare gi la polvere ai confessionali, che ne hanno sopra due dita.

D: l' tastn cum 'n bricc; chi fa d'so testa, paga d'so biscca. T' advintar frub, quand l'a la far di figh.

A: non rovinarmi la giornata, che da male che era partita, inizia a prendere la piega giusta.

D: allora ti torner ad andar male perch so che il padrone di casa sta venendo qui. Ciao Artiode.

(esce Desolata (5))

A: oh, ma sei proprio tu che mi porti scalogna.

(entra Dorchede (4))

O: Arti, Arti, pucci, pucci?

A: ma vieni qui mia bella bambolona.

O: c' poco tempo e tra un p arriva anche Cornelio. Ci siamo dati appuntamento qui ed io sono venuta prima, per stare un p con te. Per sta fermo con le mani.

A: ma come faccio a stare fermo con le mani, quando mi guardi con quei due occhioni?

O: Arti? Prima vorrei chiarire bene una cosa: quella storia dei trenta milioni, vera?

A: sicuro. Sono trenta milioni, uno sull'altro.

O: e li avremo tutti per noi da spendere?

A: ma sono tutti tuoi, cocca bella.

O: questo s, che si chiama amore. Non come fa quello stupidotto del mio moroso, che non sgancia mai una lira e per il mio compleanno mi ha regalato una sua poesia stupida d'amore. Senti:"Perch questa giornata sia ancor pi bella e lieta, voglio mia cara farti un omaggio, con il presente piccol saggio, assai modesto e di scarso valore, ma col merito che l'ha dettato il cuore. Buon compleanno Dorchi. Per te amore. Tuo Corni." Poi mi ha detto: basta il pensiero. Spilorcio! Tu s, che fai sempre dei bei regali.

A: pellicce, oro, gioielli, tutta roba che va bene per te. Ma adesso dammi una bella abbracciatona.

(entra Cornelio (3))

E: buongiorno, signor Artiode. Ciao, amore mio.

A: bongiorno.

O: ciao. (secca e seccata)

E: sempre cos "smulsina". Comunque veniamo ai nostri interessi. Artiode, hai preparato i soldi per l'affitto della terra di quest'anno?

A: ecco, signor padrone: i soldi ci potrebbero anche essere, ma se potessi avere una proroga, sarebbe meglio.

E: cos' questa storia della proroga?

A: vede, devo solo trovarli, i soldi, perch sono qui per casa, sono sicuro, ma non ho ancora avuto il tempo di cercarli.

E: ma che fola questa?

A: una storia lunga e non il caso che l'annoi raccontando- gliela, ma se solo avesse la pazienza di aspettare un p, ecco ...

O: ma certo, vero caro? Perch non vai un p fuori a vedere la terra per il nuovo piazzale, mentre il signor Artiode va a cercare i soldi dell'affitto?

E: mi sembra una buona idea. Vieni anche tu cara?

O: se non ti dispiace, io rimango qui, mentre mi rinfresco (scaldo) un p. Col caldo (freddo) che fa oggi, vorrei proprio bere qualcosa di fresco (caldo), magari una mentuccia.

E: allora io vado a fare un giro in campagna. Ci vediamo fra una mezzoretta: va bene?

A: faccia pure con comodo. Alla signorina ci penso io.

(esce Cornelio (3))

A: vieni qui "stradora". Dammi subito un bacione.

O: come sei sempre focoso. Tu s, che sai come prendermi, non come quell' insiminido del mio moroso.

A: io non posso pi vivere senza di te.

O: anch'io, Arti, non posso pi vivere senza di te e senza i tuoi soldi. Ma proprio vero che hai ereditato una fortuna?

A: te l'ho detto: con tutti i soldi che mi ha lasciato, possiamo scappare via e non farci pi vedere.

O: e le tue figlie?

A: le ho mantenute fino adesso, ora che si arrangino. Ho gi un piano: Delfina se la prende Callisto, che voglia o no, e Bernarda? Quella un problema, col caratterino che si ritrova. Se nessuno la vuole, la mando nelle suore. Befilde la mando a casa e noi scappiamo a Crocicchio Zeni, cos non ci facciamo pi trovare.

O: ma sei sicuro che mi farai fare una vita da signora?

A: con tutti i milioni che avr, farai una vita da gran signora. Quella che ti meriti.

O: non ti ho mai voluto bene, come adesso. Abbracciami.

(entra Befilde (6) che scopre i due abbracciati)

Z: brutti sporcaccioni, che non siete altro. Vergognatevi. Non vorrei aver visto quello che ho visto. Bernarda? Delfina? Brut cancar. Venite qui! Se si deve vedere una cosa del genere. Hai appena seppellito la tua terza moglie e trovi subito come consolarti. Senza parlare di questa signora che non ha rispetto dei morti. C' solo un nome per le donne come lei e quel nome p...

A: padrona! E' la padrona di casa.

Z: ma allora la morosa del signor Pallone, il padrone.

A: s, il signor Cornelio, il padrone.

(entra Cornelio (3))

E: qualcuno ha fatto il mio nome?

Z: si.

A: no.

O: oh caro, ma perch non porti fuori, un p, anche me e non mi fai vedere le nostre propriet?

E: non te ne sei mai interessata, comunque se proprio ci tieni.

O: s, non vedo l'ora di uscire da questa casa, per fare due passi con te.

(escono Cornelio (3) e Dorchede (4))

Z: brutto delinquente, rovinafamiglie, che non sei altro. Ecco perch non c'erano mai soldi per la casa e per le tue figlie. Tu li spendevi tutti per mantenere i vizi di quella, di quella ...

A: signorina.

Z: no, non era questo, ma hai capito lo stesso. E non fare tanto il furbo che la maniera d' incastrarti l'ho gi trovata. Brutt nimal da zotta che t'an s' altar! Potrebbe essere tua figlia due volte.

(Dorchede (4) mette dentro la testa)

O: vi siete chiariti? Arti, ho convinto il mio moroso a portarmi a casa; gli ho detto che mi scoppiato un gran mal di testa.

Z: ma a lui non ancora venuto il mal di testa con il peso delle corna che si porta?

A: taci, slinguassuda.

O: allora Arti, ci vediamo presto.

(esce Dorchede (4))

Z: Arti? E' cos che ti fai chiamare? Arti, Arti ... pensa te, alla tua et stai ancora a correre dietro alle sottane delle donne. Ma pensa cosa diranno le tue figlie, quando racconter loro quello che ho visto.

A: sei matta? Non vorrai spifferare tutto? Sarebbe la mia rovina.

Z: la tua rovina, sei tu. Ma vedrai che cosa ti combino.

(esce Befilde (6))

A: lo sapevo io, che con quella vipera l, tra i piedi, sarebbe andato tutto all'aria. Ma adesso non c' pi un minuto da perdere. Devo subito trovare gli altri soldi. Allora, mi sembra ci fosse scritto che gli altri erano in cantina.

(entra don Luigi (7), con Bernarda (2) e Delfina (1))

L: Artiode? Dove stai andando?

A: non c' pi un momento di requie. Stavo andando gi in cantina a prendere ...

L: a prendere?

A: eih, a prendere una bottiglia di quello buono.

F: lasciate stare pap e mettetevi a sedere qui con noi.

(Artiode si siede con le figlie ai lati e don Luigi dietro, come se fosse un interrogatorio)

B: cos' questa faccenda del testamento?

A: testamento?

F: non fate il furbo, pap. Don Luigi ci ha gi detto tutto.

A: bel lavoro, fidarsi degli amici. Appena possono ... amici e parenti fregano la gente. Comunque, io non so proprio niente.

L: Artiode? Perch ti ostini? Gliel'ho gi letto tutto anche a loro. Sanno tutto. Dai a Cesare quel che di Cesare.

A: e allora portami qui Cesare che facciamo i conti e gli do quello che gli spetta; ma agli altri, non do niente a nessuno.

L: ma non puoi fare questo.

A: come non lo posso fare? Chi il padre qui? Chi il padrone in questa casa?

L: fa il coglione per non pagare dazio.

A: quando uno in bolletta, nessuno gliene d: arriviamo ad un compromesso.

F: e quale sarebbe?

A: sentite. Venite qui cocchine belle di pap; mettetevi qui sulle mie ginocchia come quando, da bambine, vi raccontavo le favole, prima di andare a letto. Ho duemila problemi da risolvere: lasciatemi due ore di tempo e metto a posto tutto. Ve lo posso giurare sulla fedelt che ho sempre avuto per vostra madre. (Delfina e Bernarda ballano sulle ginocchia di Artiode)

B: ma noi non siamo pi bambine e alle favole non ci crediamo pi. Eppoi un sacco di pensieri, non paga un soldo di debito.

F: beh, pap, vi lasciamo andare. Per don Luigi verr con voi.

A: va bene! Allora, don Limosna, andiamo.

(escono don Luigi (7) ed Artiode (8))

F: abbiamo fatto bene?

B: ma perch nostro padre vuole tenersi i nostri soldi?

F: non hai sentito tutti i problemi che ha?

B: s, so che nostro padre tra i problemi ne ha sempre avuto uno solo e tu sai qual'. Non capisco come mai gli altri contadini vivano bene, sposano i loro figli, all'et di nostro padre si facciano anche un pezzo di casa, mentre a noi non d mai niente e lui sempre in bolletta dura.

F: questo un bel mistero; vado dalla zia a raccontarle quello che successo.

(esce Delfina (1), poi entra Natalino (5) che solo con Bernarda)

N: che bella creatura, che donna soave, che angelo, ...

B: oh, proprio quel bel ragazzo che ho incontrato quella volta che sono andata in processione a Mirandola.

N: signorina, permettete di presentarmi: sono Natalino Bertoluzzi. Vostro padre non vi ha parlato di me?

B: no, mio padre non mi ha detto niente.

N: a me invece, ha parlato molto di voi, del vostro davanti e anche del vostro didietro.

B: maleducato che non siete altro; si parla cos ad una ragazza per bene. Chiedetemi subito scusa o non vi parlo pi.

N: ma non volevo essere offensivo. (Bernarda s'impunta e fa il muso) Signorina? Signorina? ... Mi sembra che suo padre mi abbia detto che quando s'impunta, le devo lisciare la testa e carezzarla con una spazzola. (esegue)

B: povera me! Questo troppo. (sviene)

N: proprio come aveva detto il signor Artiode. Ha il mal cadt. Ma ora sono pronto: dunque prendo la testa tra le mani, la schiaccio e la tiro su per il collo. (esegue)

B: mettete gi le mani. Credevo che voi foste cos gentile e premuroso. (scalciando mentre Natalino le tiene lontana la testa)

N: ma lo sono. ... Tutto corrisponde. Allora, quando scalcia, attenti al cavallo e "gratussli" sotto le "lasene" ... morde? Ma se morde ... carota e zuccherino. (Bernarda finisce con la testa fra le gambe e tenta di mordere Natalino; Natalino le infila in bocca carota e zuccherino)

B: delinquente che non sei altro. Adesso vi faccio vedere io. Vi faccio riempire la faccia di pugni. Pap? Pap! Aiuto!!! (sputandogli addosso tutto e divincolandosi)

(entra Artiode (8))

A: cos' successo?

B: questo ragazzo mi vuol fare del male.

A: vergognatevi! Fare del male alla mia bambina. (ceffone)

N: ma siete stato voi a dirmi di trattarla cos.

A: io?

N: sicuro. Quando sono venuto a chiedervi la sua mano.

B: la mia mano?

A: allora voi intendavate mia figlia?

N: ma certo. Io ho parlato di Bernarda.

A: s, ma io credevo che tu volessi comprare la mula Bernarda.

N: allora adesso tutto chiaro; possiamo fare le carte?

B: me lo domandi? Andiamo subito, prima che mio padre ci ripensi.

(escono Bernarda (2), Natalino (5); entrano Callisto (3), Togna(4))

C: signor Artiode, abbiamo pensato che ci piacerebbe anche Delfina.

A: questi qui, con una faccia cos, riescono anche a pensare. Delfina? Delfina, vieni qui. Delfinaaa.

C: ci piacerebbe proprio di sposarla ... tutta.

A: come ci?

T: mio nipote si confuso. Vuole dire che a lui, e "da par lu", piacerebbe sposare Delfina. Certo che ce n' tanta che si potrebbe fare anche in due.

A: ma siete diventati tutti matti? (esce Artiode (8))

(entra Delfina (1) con Befilde (6))

C: mi vuoi sposare? (buttandosi in ginocchio ai piedi di Befilde)

Z: proprio vero che non arriva ad un chilo. E' lei quella da sposare.

C: ah! Mi vuoi sposare? (rivolto a Delfina)

F: ma, ... io, ... non so ...

Z: ma non fare tanto la preziosa, tu.

F: ma non posso darmi al primo che arriva.

Z: sar meglio di s, perch un altro cos, dove lo trovi?

F: voglio almeno che mi corteggi un p.

C: cosa devo fare per scortecciarla? Ma come si fa?

T: dai, ocarone. Alzati in piedi e guardala fissa negli occhi. Fai come Rodolfo Valentino.

C: ci provo, ma Valentino aveva davanti delle donne pi belle.

F: beh, sta a guardarmi ancora per molto? (rivolta a Befilde)

Z: taci, che cerca di farti capire che ti vuol bene.

F: allora, andate ben fuori dai piedi, voi due, che ci penso io.

(escono Befilde (6) e Togna (4); rimasti soli Delfina fa la sexy)

C: ma cosa mi vuoi fare?

F: caro, tesoro, ti ha detto niente la mamma?

C: la mamma mi ha detto di portare a casa una coppia di pane ed un mazzolino di ravanelli.

(vanno sul divano e Delfina corteggia sfacciatamente Callisto)

F: ma dammi un bacino.

C: no, perch rimani incinta. Quando poi siamo sposati.

(entrano Artiode (8), Cornelio (2) e Dorchede (5))

A: che scena, guardali l ... che due colombacci ... Ma cosa fai? Non toccare mia figlia, veh! Metti gi le mani.

E: allora sono pronti i soldi dell'affitto?

A: signor padrone, c' stato un rovescio economico, ed io ...

E: allora non li hai ancora?

A: veramente li avrei, cio non sono proprio miei ...

(entra Befilde (6))

Z: e va bene, ci penso io. Bernarda e Delfina, visti i matrimoni che faranno, non vorranno tenersi tutti i soldi che ha lasciato loro la povera Mafalda. Perci cinque milioni una e cinque milioni l'altra te li daranno, solo per tenere la testa al coperto.

F: a patto che ci lasciate sposare con i nostri morosi e che paghi il desinare di nozze.

A: non ci sono problemi; pane e noci un mangiare da sposi.

Z: noci e pane un mangiare da cani.

A: ma voi mi volete morto. No! Questo no. Non accetter mai i vostri ricatti.

Z: anche se raccontassi a tutti i presenti, ed in particolare al signor Cornelio, quello che ho visto oggi pomeriggio?

A: ah, brutta vipera. E' cos che mi ripaghi per averti accolto in casa come una figlia?

Z: ed ancora poco, visto quello che hai fatto passare alle tue mogli.

(entra don Luigi (7))

A: allora va bene. Fate come volete. Sposatevi pure, cos almeno avr i soldi per pagare l'affitto. Ma per la balera?

L: ho convinto io, il signor Cornelio, a lasciar perdere l'idea, veramente dopo una chiacchierata con la signorina Dorchede. E' stata lei a convincerlo a lasciar perdere la balera ... e si convinta a lasciar perdere tutti i progetti che aveva in testa. (tresca)

F: allora andiamo a prendere le misure per gli abiti da sposi.

C: io lo prendo fatto e tutto, perch ho le misure giuste. Forse per te, cocca, ce ne vorr una biolca.

Z: io inizio a spedire le partecipazioni.

L: e io inizio a preparare la cerimonia, per tutti e quattro.

E: andiamo anche noi, cara?

O: addio! (correndo vicino ad Artiode)

(escono Delfina (1), Cornelio (2), Callisto (3), Dorchede (5), Befilde (6) e don Luigi (7); restano solo Togna (4) e Artiode (8))

A: ecco. Mi hanno lasciato solo come un cane.

T: no, ci sono rimasto anch'io.

A: ah, Togna! Almeno tu. Ti devo confidare un segreto. Le arpie si sono dimenticate della cassetta sotto il letto. E' l, dietro la porta. Prendila tu, mentre io prendo la chiave.(Togna esce) Ci saranno dentro gioielli di famiglia, collane, brillanti, buoni postali, soldi ... Fate pure i vostri matrimoni, tanto io sar un signorone lo stesso. (torna Togna con la cassetta) Apriamo, apriamo, prima che tornino o se ne accorgano.

T: sta calmo, che non scappa via niente. Prendi un bicchiere.

A: allora?

T: guarda. (apre la cassetta verso di lui)

A: mi ha lasciato il ritratto di sua madre, mia suocera, con tutte la statuine del presepio di Natale. C' anche un biglietto, dai, leggilo.

T: c' scritto: "Ci manca solo il bue. Ma con tutte le corna che hai preso, te la caverai alla perfezione."

SE TUTT I CORAN I FUSSAN LAMPION, MAMMA MIA CHE ILLUMINAZION!

FINE

USCITA FINALE: 1) Togna e Postino; 2) Desolata e don Luigi; 3) Dorchede e Cornelio; 4) Bernarda e Natalino; 5) Delfina e Callisto; 6) Befilde e Artiode.

    Questo copione è stato visto: