DON RAFFAELE IL TROMBONE

DON RAFFAELE IL TROMBONE

 Peppino De Filippo

Personaggi:

RAFFAELE CHIANESE, maestro di trombone

NICOLA BELFIORE, maestro di tromba

AMALIA, moglie di Raffaele

LISA, figlia di Raffaele

ALFREDO FIORETTI

LUIGI

ATTILIO

GIOVANNI, compare di Raffaele

Scene:

La scena rappresenta la sala di una Casa Editrice. Tutto è polveroso e trascurato. In un angolo della “Cassa” esiste soltanto il sediolone. Un tavolo a sinistra, con sopra carte da musica, registro, calamaio e penna. Un lampadario ad una luce pende dal soffitto. Su di una sedia un trombone. A destra un tavolo. Cinque sedie. In fondo, una vasta porta a telaio dà sulla strada. Sulla porta si leggerà, al contrario, “Musica”. Una porticina a destra. È pomeriggio.

ATTO UNICO

AMALIA – (è seduta accanto al tavolo rinforzando i bottoni di una vecchia e logora giacca nera. È vestita miseramente. Poco dopo che si sarà levato il sipario, dice forte verso la porticina di destra) Lisa? (pausa) Lisa?

LISA – (da dentro) Che vuoi, mamma?

AMALIA – Che stai facendo?

LISA – (entra tenendo in mano un ferro da stiro protetto, alla impugnatura, da una pezzuola) Ho ravvivato il fuoco. S’era spento.

AMALIA – Stiragli bene i calzoni… conosci bene il carattere di tuo padre.

LISA – Dove si è recato? (stira)

AMALIA – In Federazione. Vedrai che anche oggi, per mangiare, dovremo far debito.

LISA – Ti giuro, mamma, sono avvilita… quando finirà questa miseria?!

AMALIA – Quando tuo padre metterà giudizio. Sono due anni che si trova disoccupato. Non sappiamo più cosa venderci per tirare avanti la vita… e tutto per il suo carattere insopportabile. Disgraziato!

LISA – Ma cosa dici, mamma? È colpa sua se non riesce a trovare un impiego?

AMALIA – Certamente. Offerte ne ha avute tante… (rifacendo il tono del marito) Questo è un lavoro troppo faticoso… quest’altro è un lavoro umiliante!… Non ha voglia di far niente, questo sì!

LISA – Speriamo che oggi sia riuscito a combinare qualcosa di buono!

RAFFAELE – (entra dal fondo. È un uomo sulla sessantina. Indossa un cappotto nero logoro e, per cappello, un vecchio feltro nero) Eccomi qua! (si toglie il cappello e lo depone su di una sedia e siede avvilito)

LISA – Cosa ti hanno detto in Federazione, papà?

RAFFAELE – Le solite cose: “Per ora non c’è niente, ritornate fra giorni. Ormai è una canzone che dura da due anni. Federazioni, Sindacati, Enti assistenziali. Tutte fregature. Espedienti per spillare un po’ di soldi alla povera gente. Ipocrisia, cinismo, truffe autorizzate. Che schifo mi fa l’umanità: che schifo! (rivolgendosi ad Amalia) Hai del denaro? Vorrei comprarmi un sigaro…

AMALIA – (sgarbata) Me ne hai lasciato stamattina?

RAFFAELE – No…

AMALIA – Ed allora?

RAFFAELE – Non è il caso di prendersela tanto. Ad una simile domanda una moglie come si deve, una moglie con la “emme” maiuscola, risponde gentilmente: “No, caro”. E la vita diventa più sopportabile. La miseria più tollerabile. Dunque: hai del denaro?

AMALIA – (con sopportazione) No, caro!

RAFFAELE – È vietato fumare! Che schifo mi fa l’umanità! Che schifo! (a Lisa) Stira bene questi calzoni, Lisa e fai presto.

LISA – Dove devi recarti, papà?

RAFFAELE – Ad uno sposalizio! Di questi tempi c’è ancora chi pensa a sposarsi. Svelta, perché alle quattro devo trovarmi all’appuntamento e sono già le tre e mezzo. (poi a se stesso, sospirando) L’umanità mi fa schifo! (alle due donne) Voi mi fate schifo. (azione delle donne) Non come familiari. Che centra? La famiglia è un’altra cosa; ma come umanità: poiché ne fate parte, mi fate schifo, letteralmente schifo! Eh!…Chi me lo doveva dire. Ridurmi in questo stato. Io, Raffaele Chianese, compositore, ridotto a copiare musica per mangiare.

AMALIA – Colpa tua! Era da buttar via il posto da portiere che ti propose il compare un mese fa? Potevamo sistemarci una volta per sempre!

RAFFAELE – (offeso) Certo, una mentalità come la tua a cosa poteva aspirare nella vita? Ad un volgare posto di portierato. Che tragedia la mia! (alla figlia) Tu capisci? (indica fa moglie) Non mi vede attraverso l’arte, come sarebbe suo dovere, ma attraverso i vetri di una guardiola, in divisa di portiere. Io, Raffaele Chianese, portiere? Sono un compositore, io… amo la musica più della mia vita, non sono stato compreso, ma mi comprenderanno. Ho scritto sette opere, sette, capisci? Stanno a dormire nel tiretto. Come mai scritte, mai pensate, mai composte. Nessuno si è mai curato di rappresentarle, vero?

LISA – È vero.

RAFFAELE – E perché?

AMALIA – Perché non valgono niente.

RAFFAELE – (offeso) Voi mi fate schifo. E come umanità e come familiari. Non le hanno rappresentate per invidia.

LISA – Perché il mondo è cattivo.

AMALIA – Ti piace perdere tempo.

RAFFAELE – Povera illusa! Vedrai un bel giorno le città d’Italia tappezzate di manifesti e locandine: “Teatro alla Scala”, “Teatro San Carlo”; questa sera, finalmente si darà la grande Opera in 4 atti e 15 quadri del Maestro Raffaele Chianese: ”La figlia dell’Onesto e Laborioso Operaio Ciccio”, ovvero: “L’Onore non ha prezzo”.., ovverosia: “Signore, ma lasciatela stare in pace quella povera ragazza, non lo vedete che non è pane per i vostri denti?”

AMALIA – (ironica) È un po’ lungo il titolo.

RAFFAELE – Deve essere lungo. Oggi sono di moda i titoli dialogati. Si ritorna all’antico, mia cara. Mi avete sentito quando questa notte mi sono alzato? Potevano essere le tre. Un’ispirazione meravigliosa. L’ho messa subito sulla carta. Un balletto: “I desideri”. Inizia in un ospizio dei poveri. Un grande spiazzo. A destra e a sinistra, da un lato donne, dall’altro uomini. Tutti pezzenti. In mezzo uno scalone dal quale scende il primo ballerino che inizia subito il passo della fame che comincia lento e finisce a galoppo. Sarà un capolavoro! (a Lisa) Hai finito?

LISA – Sì, papà!

RAFFAELE – Chiudi la porta. (indica la porta che dà sulla strada) Tira la tenda e allontanati, lasciami vestire. Come ti senti?

LISA – Un po’ debole e il cuore a volte mi pare di non sentirlo più.

RAFFAELE – Sintomi di anemia. Scarso nutrimento figlia mia. (alla moglie) Questa ragazza dovrebbe morire! (rincalzando) Voi due dovreste morire.

AMALIA – (mentre Lisa esce) Perché?

RAFFAELE – (sentenziando) Meglio morire che portare sulle spalle tutta la vita, il peso di questa miseria. (fa con la mano un largo gesto)

AMALIA – Lasciaci campare in pace e muori tu piuttosto.

RAFFAELE – Io no, non debbo morire.

AMALIA – Perché? Sei eterno?!

RAFFAELE – Sono uno spirito eletto, e gli spiriti eletti si elevano sulla folla ignorante per l’eternità. Io so di dover soffrire e soffro ma mi elevo!

AMALIA – Chi ti capisce?

RAFFAELE – Mi capisco io. (si toglie il cappotto mostrandosi in camicia e cravatta e in mutande lunghe, sulle quali, fino al ginocchio, tiene infilate e legate con fettuccia due mezze gambe di un vecchio calzone nero che, coperte dal lungo cappotto, acquistano la normale foggia di un regolare pantalone) Dammi una sedia… (Amalia gliela porge e lui siede e si toglie le mezze gambe, avendo cura di arrotolarle legandole con le fettucce e le consegna ad Amalia) Dammi i pantaloni… (Amalia glieli porge e lui infila) …fai pianino… non tirarli troppo. È stoffa fina e a furia di stirarla è diventata così fina… che tra poco non la si vedrà più. (ha infilato i pantaloni e ora indossa il panciotto) Studia, mi diceva mio padre, studia. Mi pare di sentire ancora la sua voce: studia, mi diceva, studia, se no verrà un giorno in cui morirai di fame. (dopo un lungo sospiro) Eh… figuriamoci se non avessi studiato! (ad Amalia) Dammi la giacca. (Amalia gliela porge e lui la osserva) …e la fodera?

AMALIA – Ho aggiustato l’ombrello.

RAFFAELE – E vuoi che io vada in giro con una giacca priva della fodera?

AMALIA – Chi vuoi che ti veda?!

RAFFAELE – (infila la giacca, poi ripete quasi a se stesso) La figlia dell’onesto e laborioso operaio Ciccio… ovvero: l’onore non ha prezzo… ovverosia: Signore, ma lasciatela stare in pace quella povera ragazza…

AMALIA – (rifacendolo) …non vedete che non ha più denti?

RAFFAELE – Povera te! Non dovevi essere tu la compagna della mia vita. Ben altro meritavo io! Credi pure, è la donna che eleva l’uomo!

AMALIA – Pensa a vestirti, invece di fantasticare.

LISA – (dalla porticina di destra) Mamma vado via, ti serve altro?

AMALIA – Vai, figlia mia, vai!

RAFFAELE – (che si sarà vestito) Dove vai, Lisa?

LISA – Dalla signora Rita, la ricamatrice.

RAFFAELE – Cosa ci vai a fare da questa signora Rita, ancora non l’ho capito. Non ti dà niente… non guadagni niente!

LISA – Papà, ma io vado ad apprendere! (esce)

AMALIA – A che ora ritornerai?

RAFFAELE – Credo verso le otto.

AMALIA – Mangeremo tardi, allora?

RAFFAELE – Perché?

AMALIA – Se non porti il denaro…

RAFFAELE – Te lo manderò per tempo. Appena sarò sul posto mi farò dare un altro anticipo. Hai fame?

AMALIA – Ti pare il caso di domandarlo?

RAFFAELE – Pazienza! Questa sera, finalmente, dopo quindici giorni di magri pasti, ne faremo uno che ci ripagherà di tutte le astinenze. (con tenerezza) In fondo ti voglio bene. Sei comunque la compagna della mia vita. Duro compito il tuo: molto duro. Non è facile comprendere un genio come me. Ti compatisco! (prende il trombone e si avvia verso l’uscita. Nicola, senza parlare, entra dal fondo tenendo sotto il braccio una tromba avvolta in un panno nero. Serio in volto ed accigliato, sempre senza parlare, va a deporre lo strumento su di una sedia. Raffaele, meravigliato un po’ per l’atteggiamento serio di Nicola) Nicola?…Be? L’appuntamento è a casa dello sposo, mica qui! Vogliamo andare?

NICOLA – (senza guardarlo) Dove vuoi andare? (siede)

RAFFAELE – Allo sposalizio.

NICOLA – (C.s. e con tono grave) È morto lo sposo!

RAFFAELE – Come?

AMALIA – Come dite?

NICOLA – Dico che è morto lo sposo!

AMALIA – Gesù mio!

RAFFAELE – Morto?

NICOLA – Morto!

RAFFAELE – Ma… proprio morto?…

NICOLA – Morto, morto!

AMALIA – Sicché il matrimonio… non si fa più?!

RAFFAELE – Naturale, no?

AMALIA – Gesù mio… Gesù mio…

RAFFAELE – (deponendo in fretta lo strumento su di un mobile e sedendo accanto a Nicola) Racconta, racconta… (Amalia siede anche lei presso i due)

NICOLA – Prima di raccontare, tengo a dichiararti in modo assoluto che da oggi in poi, fra me e te, niente più legami di affari: mi voglio separare. Ora basta!

RAFFAELE – Che cosa c’entra questo?

NICOLA – C’entra! Voglio uscirmene dalla società! Ognuno per conto suo! Ora basta!

RAFFAELE – (offeso) Basta che cosa?

NICOLA – Basta! E basta qua.

RAFFAELE – Ma “basta qua” che cosa?

AMALIA – Ma raccontaci che cosa è accaduto.

NICOLA – È accaduto che alle tre e mezzo, come eravamo d’accordo, sono andato a casa dello sposo e puntualmente c’erano anche gli altri colleghi, mancava solamente lui. (indica Raffaele) Ad un cerco punto si è avvicinato lo sposo, credetemi, donna Amalia, un vero campione di forza e di salute: alto, biondo, colorito! Con molta cortesia mi ha domandato quanti eravamo. Io gli ho risposto: “Siamo cinque professori”. Ma lui, notando che invece eravamo in quattro, ha detto: “Ma io vedo che siete in quattro”. Al che ho risposto: “Già, manca Raffaele Chianese, il maestro di trombone!” Non appena ho detto “trombone” ho notato che la fronte di quel pover’uomo cominciava a sudare, sudare… e come preso da un improvviso capogiro. “Cos’è?” ho soggiunto io, “vi sentite male?” “No”, ha risposto lui, “non ho sentito bene questo nome, chi aspettate ancora?” “Raffaele Chianese, il trombone”, ho risposto. Non ho finito di dire “trombone” che quel disgraziato, di peso, è caduto in terra e non si è più rialzato!

AMALIA – Gesù mio!

RAFFAELE – Paralisi cardiaca! O sincope!

NICOLA – Figuratevi lo spavento di tutti noi. Lo abbiamo messo sul letto credendo ad un semplice collasso, macché. Difatti, chiamato d’urgenza un dottore, lo ha visitato, ma purtroppo non ha potuto che constatarne il decesso!

RAFFAELE – (dopo una breve pausa) Dio! Dio! Che siamo su questa terra! Che siamo!

NICOLA – Che siamo? (con intenzione) Che siete, vuoi dire!

RAFFAELE – Che intendi dire? Parla chiaro!

NICOLA – So io cosa voglio dire! Da tempo ne avevo il sospetto, ora ne ho la certezza. Ci separeremo.

RAFFAELE – E sia! Separiamoci pure. Ma che ci siamo sposati, io e te? Farò da solo. Non ho bisogno anche della tua miseria!

NICOLA – E io della tua! (va a sedere presso la scrivania a destra e Raffaele passeggia nervoso)

RAFFAELE – Bene. Del resto vuoi ch’io te la dica come me la sento una volta per tutte? Io, da che mi sono unito con te in società, non ho avuto più bene. Fatti benedire, figlio mio!

NICOLA – Smettila, e ricordati invece il fatto della gatta.

RAFFAELE – Quale fatto?

NICOLA – (ad Amalia) L’altro giorno, quando uscimmo insieme per recarci in Federazione, passammo davanti al salumaio. Lì c’era la gatta del salumiere che mangiava tranquillamente alcune spine di pesce… (indicando Raffaele) Lui passa e fa semplicemente così a quella poi vera bestia. (allunga il braccio rivolto verso terra mentre con la bocca imita il modo di chiamare i gatti e subito dopo quello di chi, per effetto di una spina che gli si conficca nell’esofago, resta sull’istante strozzato) …il gatto si strozza e muore sul colpo. Capite?

RAFFAELE – Sei pazzo! Appunto per non farlo strozzare, perché mangiava voracemente, io mi preoccupai di distrarlo col mio richiamo.

NICOLA – Sarà come tu dici… ma io mi voglio dividere da te.

RAFFAELE – Questo è già stabilito. Così non si può andare avanti. Saresti il mio socio, tu? Tu che mi vai denigrando e calunniando? Forse tu scherzi e non sai che la mia salute non regge più a questo continuo martellamento della sfortuna. Io non mi sento bene. Sono depresso, avrei bisogno di serenità, di calma, di comprensione e soprattutto di una buona cura! Delle volte sento di voler creare, comporre, onde lasciare ai posteri l’essenza del mio genio, ma me ne manca la forza. Stamattina sono stato in farmacia, il dottore mi ha fatto una visita accurata, mi ha regalato anche un flacone di uno sciroppo ricostituente.

AMALIA – Può darsi che ti faccia bene, prendilo!

RAFFAELE – Come lo prendo? Quello mi ha detto di prenderne due cucchiai tre volte al giorno dopo i pasti! Voi capite? Che umanità schifosa. C’è gente che mangia tre volte al giorno e noi mai.

GIOVANNI – (appare dal fondo conducendo a mano una bicicletta che appoggia all’esterno, poi entra) Caro compare! (stringe la mano a Raffaele) Donna Amalia, buongiorno!

AMALIA – Buongiorno, compare. Sedete pure.

GIOVANNI – (sedendo) Grazie! Caro compare, ti porto una buona notizia!

RAFFAELE – Bene… bene… ci sono ancora buone notizie per me!

GIOVANNI – Questa volta si tratta di un impiego veramente dignitoso. Come ben sai, io sono amico del Commendator Semola, direttore del Lanificio che sta a Poggioreale. Bene, sono state tante le mie preghiere che l’ho deciso a farti assumere come vigilante del personale! Sei contento?

AMALIA – Bravo compare Giovanni!

RAFFAELE – (con tono di disprezzo) Vigilante! Spia, insomma?!

GIOVANNI – Perché spia? Ho detto vigilante.

RAFFAELE – E che fa il vigilante?… Vigila su Tizio o su Caio… se lavora, se fa il suo dovere… se no riferisce ai superiori, quindi: “spione”!

GIOVANNI – Ma che spione?! Ispettore, semmai. Del resto non potevi sperare di meglio.

AMALIA – Certo, si capisce.

GIOVANNI – Mille lire al mese, i giorni festivi pagati al cento per cento, un mese di licenza l’anno pagato al cinquanta per cento ed uno stipendio di anticipo all’atto dell’assunzione. Condizioni eccezionali. Io stesso, appuntato ciclista della Mobile con quattro anni di servizio effettivo, non prendo una cifra simile!

RAFFAELE – Ma non ti sei interessato di quella viva preghiera ci ti feci?

GIOVANNI – Quale?

RAFFAELE – (sospirando) Eh! Aveva ragione mio padre quando diceva: “Amici di banchetto e non di pianto!”…

GIOVANNI – Non ti capisco…

RAFFAELE – Ti avevo pregato di raccomandarmi al tuo Comandante perché mi assumesse come Direttore della banda del Corpo. Con nuove idee… nuove composizioni musicali.

GIOVANNI – Non mi è stato possibile, compare; hai superato i limiti di età.

AMALIA – Sei vecchio!…

RAFFAELE – Vecchio! Io sono un genio. I geni non invecchiano mai.

AMALIA – Non gli date retta, compare. Voi siete la nostra provvidenza! E quando dovrà prendere servizio quello?

RAFFAELE – (correggendo) Quando dovrei essere assunto?

GIOVANNI – Occorre che prima ti presenti al Direttore del lanificio, gli parli, ti accordi con lui e, se vuoi, anche domani puoi essere assunto!

RAFFAELE – Tu hai detto che presentandomi dal Direttore mi darebbe subito settantamila lire?

GIOVANNI – Immediatamente.

RAFFAELE – Al1’istante?

GIOVANNI – All’istante!

RAFFAELE – Va bene. (sottovoce a Nicola) Io ci vado, mi prendo le 70.000 lire, poi non mi vede più! (al compare) Va bene, accetto.

GIOVANNI – Bravo! (si alza) Ora io vado per un affare urgente. (guarda l’orologio) Sono le cinque, alle sei sarò qui e io stesso ti accompagnerò dal Commendator Semola. Va bene così?

AMALIA – Certamente! Andate pure e tornate presto!

GIOVANNI – Non ci pensate! Ci rivedremo! (a Raffaele) Mi raccomando… sii ragionevole e non commettere sciocchezze. Bada che se ti lasci sfuggire quest’impiego… io non saprei più dove e a chi rivolgermi.

AMALIA – Andate tranquillo, compare Giovanni, che mio marito è contentissimo. (Giovanni prende la bicicletta e va via) Sia benedetto il cielo!…

RAFFAELE – Era questo che volevi… era questa la tua aspirazione! Povero me!

AMALIA – Bada che se hai l’intenzione di mandare a monte anche questa occasione, ti lascio e me ne vado! Tu non sei un genio, sei un povero uomo che non ha volontà di fare niente. Uno sfaticato, un illuso, la disgrazia della mia famiglia. Non abbiamo più un soldo, tutto venduto, tutto pignorato… il padrone di casa non vuole più tenerci, gli dobbiamo dare sei mensili capisci: sei! (durante questa battuta sotto l’ingresso, in fondo, apparirà Alfredo Fioretti accompagnato da Luigi e da Attilio, tutti e tre confabulando fra loro e guardando verso l’interno. Raffaele li scorge ma, preoccupato per quel loro misterioso confabulare, non osa domandarne la ragione e con un gesto chiama presso di sé Nicola, il quale intimorito, gli si avvicina)

NICOLA – Chi sono?

RAFFAELE – (con un sospiro) Agenti delle imposte! Fisco! Maledetti: Dio li fulmini. Lasciate rispondere a me. Non parlate, non respirate, non fiatate. (ai tre che entrano in scena) Cosa desiderate?

ALFREDO – È un negozio di musica, questo?

RAFFAELE – Veramente, non so…

ALFREDO – (indicando la scritta sulla porta che, naturalmente, si leggerà al contrario) C’è scritto “Musica” lì! Raffaele Dove?

ALFREDO – Lì.

RAFFAELE – Veramente, lì c’è scritto “acisum”!

ALFREDO – Dentro… ma fuori si legge: “musica”!

RAFFAELE – Io sono responsabile dentro, non fuori!

AMALIA – Ma cosa desiderate? (Nicola, quatto quatto, attraversa la scena e va a sedere dietro il tavolo di sinistra)

ALFREDO – Volevo sapere se questo è un negozio di musica e null’altro.

RAFFAELE – Signori, se si tratta di tasse, vi dico subito che il negozio non mi riguarda più perché da domani lo lasceremo definitivamente.

NICOLA – Raffaele…

RAFFAELE – Sono stato assunto come spia internazionale presso il Lanificio di Poggioreale…

NICOLA – Raffaele…

RAFFAELE – (ai tre) Permesso! (avvicinandosi a Nicola) Cosa vuoi?

NICOLA – (Piano) Occorre agire immediatamente e senza pietà: falli morire.

RAFFAELE – (scattando) Potresti anche smetterla una buona volta con questo scherzo da imbecille! Ora basta, capisci? (ai tre) Scusate, signori! (poi, a Nicola) Idiota! Vuoi convincerti una volta per sempre che se avessi questa potenza, se avessi avuto questa potenza… (indicando Amalia) Guardala… sarebbe stata la prima! (ai tre) Io sono Raffaele Chianese, maestro di musica. Vi prego di dirmi cosa volete da noi.

ALFREDO – Maestro di musica?

RAFFAELE – Di pianoforte, di violino, trombone… Sono anche compositore. Soprattutto compositore!

ALFREDO – Siete anche maestro di violino? Quale fortuna! Era quello che cercavo! (presentandosi) Alfredo Fioretti, maestro di pianoforte. Sono concertista!

RAFFAELE – Tanto piacere! (si stringono la mano)

ALFREDO – Ben fortunato. Permette: mio fratello Luigi… il mio segretario Gargiulo… (Raffaele stringe le mani di Luigi e di Attilio man mano che gli vengono presentati)

RAFFAELE – Ben lieto! Un collega allora? Quale gioia… (presentando Amalia) Mia moglie! (poi dice piano ad Amalia) Alzati! Fa loro qualche cerimonia, sono musicisti…

AMALIA – Piacere… (resta seduta)

RAFFAELE – Perdonatela. Non si alza perché è paralitica! Prego, accomodatevi. (offre le sedie, i tre confabulano tra loro mentre Raffaele, notando che non c’è la sedia per lui, dice piano ad Amalia) Vattene in cucina e dammi la sedia.

AMALIA – No! Voglio restare seduta qui. (breve alterco sommesso come a concerto)

RAFFAELE – (dopo un attimo di indecisione va a prendere il sediolone in fondo, lo porta in avanti, ci monta su a fatica)

ALFREDO – (osservandolo meravigliato) Dunque… siete maestro di trombone?…

RAFFAELE – Di violino, di pianoforte, contrappunto, armonia. Sono un conoscitore profondo di musica.

ALFREDO – Siete concertista?

RAFFAELE – Ho eseguito qualche concerto. L’ultimo l’ho dato tre anni fa al cinema teatro Diana. Quattromila posti. Un concorso di pubblico eccezionale. La sala era gremita in ogni ordine di posti. La galleria era zeppa. Troppo piena. Lo dissi al direttore: quella galleria è troppo carica. Infatti non feci in tempo a salire sul podio che la galleria mi crollò alle spalle! Una vera strage. 237 morti e 478 feriti tra gravi e leggeri. Il direttore del teatro fu processato per direttissima. Il proprietario del teatro si suicidò. La moglie del proprietario impazzì ed il figlio maggiore perdette la favella. Ora sto trattando per allestire un altro concerto. Spero di concludere. Certamente sarà un’altra…

NICOLA – (tra sé) Ecatombe!

RAFFAELE – (che ha sentito) …un’altra probabile manifestazione d’arte. Ma veniamo a noi. Di che tratta la vostra visita?

ALFREDO – Ecco, prima di dirvi ciò che desidero… voglio farvi un po’ la storia della mia vita! Caro Maestro, caro collega, io sono molto disgraziato!

RAFFAELE – (dopo breve pausa) C’è riunione, oggi!

ALFREDO – Anche voi?

RAFFAELE – Caro amico, in tema di disgraziati… posso dirvi che quando io sono nato… voi non eravate ancora nato… con me è nata la disgrazia! Del resto tutti gli artisti sono disgraziati. È un fatale destino! A proposito di disgraziati… (indicando Nicola) Presento l’amico mio…

NICOLA – (alzandosi e porgendo la mano ad Alfredo) Nicola Belfiore, concertista. Ben lieto. (poi, agli altri due) Fortunato! (prende la sedia e la porta accanto a Raffaele ma la sua sedia, essendo più bassa di tutte le altre, enormemente contrasta con quella molto alta di Raffaele)

ALFREDO – Vi dicevo: a sedici anni ero già diplomato in musica, contrappunto, armonia. A diciassette cominciai a comporre, a diciotto ebbi i primi successi per i quali mi recai all’estero. Non vi racconto i successi. Trionfi addirittura! Mi ci recai con un caro collega, un violinista il quale, poveretto, non appena ritornammo in Italia morì…

NICOLA – Uh?!… Mori?…(e con intenzione guarda malignamente Raffaele)

RAFFAELE – (dopo poco, offeso) Non lo conoscevo, capisci? Non lo conoscevo! (ad Alfredo) Dunque? Siete concertista anche voi? Bene. Ma da me cosa cercate?

ALFREDO – Collega, da due anni sono in Italia inoperoso. Ma sento di non poter abbandonare la musica, anzi ritengo un vile colui che abbandona la musica per un basso mestiere!

RAFFAELE – Certo! (ad Amalia) Al lanificio non ci vado! Andrai tu a fare la spia! A fare la Mata Hari!

ALFREDO – Ho deciso di riprendere i miei giri all’estero. Da un anno cerco un violinista disposto a viaggiare con me e dividere con me trionfi, successi, denaro! Voi avete uno sguardo intelligente. In voi vedo un altro me stesso. Volete venire voi con me?

RAFFAELE – Io?

ALFREDO – Andremo in America, in Germania, in Francia… Cosa ci fate ancora qui? (a Luigi) Luigi, parla tu!

LUIGI – Certamente! Vedrete che trionfi. Sapete bene che, all’estero, amano ed apprezzano la melodia italiana.

ALFREDO – Sapete che all’estero sono conosciuto più di un Verdi., di un Puccini?

NICOLA – Si incassano molti soldi, vero?

ALFREDO – Incassi favolosi! È vero Luigi?

LUIGI – Favolosi!

RAFFAELE – L’estero! Il mio sogno… ma come fare… ho una famiglia… un negozio bene avviato.

ALFREDO – Collega, voi rifiutate una fortuna?! Io vi darei un contratto vantaggiosissimo: viaggi a mie spese in prima classe, spese di reclame a mio carico e una percentuale del cinquanta per cento sull’incasso netto.

RAFFAELE – Il cinquanta per cento?

ALFREDO – È tanto, sapete?

RAFFAELE – Credo bene, credo bene… però…

ALFREDO – Vorreste un anticipo? Bene, se volete posso darvelo subito!

RAFFAELE – Un anticipo?

ALFREDO – Un anticipo!

RAFFAELE – In denaro?

ALFREDO – In denaro!

RAFFAELE – Allora possiamo discutere! Vedo che si entra nel vivo della questione e… premetto che io non ho bisogno né delle cinque né delle diecimila lire… ma di una, somma. Innanzitutto dovrei sistemare la mia famiglia, mia moglie e mia figlia, qui in Italia. Non penso di portarle con me. L’artista deve viaggiare solo, come si dice, senza coda! Poi dovrei rinverdire un po’ il mio guardaroba, farmi il frak, il tight, qualche abito da passeggio.

ALFREDO – … Naturalmente!

RAFFAELE – Inoltre ho qualche affaruccio da sistemare… penso che… meno di…

ALFREDO – Dite…

RAFFAELE – …credo di apparire esagerato, ma credetemi la mia richiesta è all’osso…

ALFREDO – Ma dite pure, non abbiate timore.

RAFFAELE – (con decisione) Cinquantamila lire!

ALFREDO – Bene. (a Luigi) Dammi il denaro…

LUIGI – (dandogli 5 biglietti da 1000 lire) Ecco. Un acconto.

ALFREDO – (prendendo il denaro e mostrandolo a Raffaele) Un acconto!

RAFFAELE – (guardando quei fogli senza interesse e seguitando il discorso) Non è sfiducia la mia, caro collega, ma ormai l’esperienza della mia era m’insegna ad agire senza creare equivoci. Io se non vedo il denaro non mi muovo. Non prendo neanche in considerazione l’offerta.

ALFREDO – Eccolo… eccolo! (gli mostra ancora meglio il denaro) Cinquemila lire. 5 biglietti da 1000. Un acconto.

RAFFAELE – (non credendo a se stesso) Questi?

ALFREDO – Sicuro!

RAFFAELE – (C.s. prende il denaro e mostrandolo ad Amalia) Ecco… questi sono i soldi, vedi? (sviene. Lo soccorrono con parole a soggetto, poi rinviene) Bene, bene. Allora io verrò all’estero. Ditemi, a che ora si parte?

ALFREDO – Non subito, si capisce! Intanto propongo un contratto di un anno almeno.

RAFFAELE – Sì, un anno…

ALFREDO – Domani passerà qui il mio segretario (indica Attilio) e vi accorderete con lui!

RAFFAELE – Occorre pensare poi per i passaporti. Io non ho più un documento. Tutto smarrito, collega.

ALFREDO – Penserà a tutto il mio segretario!

RAFFAELE – (ad Attilio) Mi raccomando, allora!…

ATTILIO – Va bene.

RAFFAELE – Quando, più o meno, dovremo partire?

ALFREDO – Non appena sarà tutto pronto. Fra un paio di mesi al massimo. Nel frattempo, mentre il mio segretario si interesserà dei contratti e della reclame necessaria, noi ci incontreremo per studiare il repertorio: Beethoven, Chopin, Paganini… un po’ di classico, un po’ di moderno.

RAFFAELE – Va benissimo! Ho anche delle mie composizioni a carattere classico, veramente interessanti, giudicate dai competenti opere di rilievo. Ora voglio darvi la ricevuta dell’anticipo…

ALFREDO – Come volete.

RAFFAELE – Nicola, prepara una ricevuta!

NICOLA – Subito. (va alla scrivania a scrivere seguito da Alfredo, Luigi ed Attilio)

GIOVANNI – (dal fondo entra in fretta) Eccomi qua… sei pronto?

RAFFAELE – Pronto, sì… ma pronto a mandarti al diavolo insieme al tuo Commendatore! (facendogli vedere il denaro) Guarda cosa sono capace di guadagnare con la musica! Parto, capisci? Andrò all’estero!…

GIOVANNI – Ma cosa dici?

RAFFAELE – Dico che non voglio saperne di lanificio. La fortuna mi ha finalmente baciato in fronte. Sarò celebre! Sarò conosciuto dai popoli di tutti i continenti! Scappa, non voglio vederti!

GIOVANNI – Ma il Commendatore?

RAFFAELE – Me ne infischio del Commendatore!

GIOVANNI – (ad Amalia) Donn’Amalia?…

AMALIA – Caro compare… scusate, ma…

RAFFAELE – Non occorrono giustificazioni! Lasciami in pace, compare!

GIOVANNI – (offeso) Sai che ti dico? Che sei un pazzo! Un malato… e mai più vorrò interessarmi dei tuoi guai. Megalomane!

RAFFAELE – Sarò quello che vuoi, ma ora ti prego di andare all’inferno! Negriero, schiavista! (il compare esce gridando) Perdonate, è un impresario che voleva scritturarmi per un giro di concerti in alta Italia!

ALFREDO – Ma voi siete legato a me, ormai.

RAFFAELE – Naturalmente. Non ci staccheremo più collega, solamente la morte ci dividerà. (lo prende in disparte) Collega… mi permetti di darti del tu?

ALFREDO – Senz’altro!

RAFFAELE – Grazie! (stringendogli la mano) Ti bacio la mano.

ALFREDO – Ma no, ma no!

RAFFAELE – Sì, invece. Tu oggi hai portato un raggio di sole nella mia vita grigia. Hai risvegliato le speranze e la fede nell’avvenire! Grazie! (forte) Vuoi restare a colazione con me?

ALFREDO – Non posso!…

RAFFAELE – Ti prego… manderemo a comperare gli utensili e cucineremo un buon pranzetto!…

ALFREDO – Non posso, caro. Sono invitato a colazione dall’Ambasciatore di Spagna.

RAFFAELE – Allora non se ne parli. Sarà per un’altra volta. Salutami l’Ambasciatore… e a presto.

ALFREDO – A ben rivederci, collega!

RAFFAELE – (stringendogli la mano) Attendo istruzioni. Viva la musica!

ALFREDO – Evviva! A domani! (ad Attilio e Luigi) Andiamo. (saluti e strette di mano; poi Alfredo, Luigi ed Attilio, accompagnati da Raffaele, escono dal fondo)

RAFFAELE – (rientrando in scena dal fondo) Comincia per noi una nuova era di felicità!

AMALIA – Che fortuna!

RAFFAELE – (ad Amalia) In cucina, sulla scansia del focolare prendi quella scatola di latta vuota.

AMALIA – Quale scatola?

RAFFAELE – Quella dove c’erano i biscotti.

AMALIA – Ah… sì…

RAFFAELE – La porterò dallo stagnino, ci farò fare un lucchettino e ci metterò i soldi dentro. E stasera, a turno, faremo la guardia! (Amalia esce per la porticina di destra) Metti anche il ferro da stiro sul fuoco, voglio stirarmi questi fogli, sono gualciti. (conta il denaro)

LUIGI – (dal fondo entra parlando, prima, verso l’interno) Vengo subito, attendetemi un attimo! (poi, facendosi avanti, dice a Raffaele) Scusate, maestro.

RAFFAELE – Dite pure!

LUIGI – Date a me, vi prego. (prende il denaro) Quel signore è figlio di una ricchissima famiglia… noi lo accompagniamo per la solita passeggiata giornaliera…Siamo i suoi infermieri! (mostra la tessera che aveva già pronta in mano) Quel signore fa sempre questo… è pazzo, poveretto… occorre compatire. E scusate… scusate tanto.

RAFFAELE – Pazzo?

LUIGI – Pazzo, pazzo. Crede di essere un grande musicista.

RAFFAELE – Ma… il denaro?

LUIGI – Falso. È cartaccia! Scusare maestro! Scusate ancora! (a questa battuta, Alfredo e Attilio attraversano il fondo. Alfredo saluta con la mano Raffaele. Luigi esce di scena seguendo Alfredo ed Attilio. Raffaele resta senza fiato, poi si gira verso Nicola e tutti e due si guardano quasi senza più respiro e mentre Amalia rientra spolverando, con un lembo del suo grembiule, la scatola di latta vuota, Raffaele e Nicola si voltano ad osservarla)

SIPARIO