QUARANTA…MA NON LI DIMOSTRA

QUARANTA…MA NON LI DIMOSTRA

Commedia in due parti

di Peppino e Titina De Filippo

Personaggi

Don Pasquale

Sesella, anni 40 ←

Carmela, anni 22 ‌

Maria, anni 20 >sue figlie

Giulia, anni 18 ‌

Antonietta, anni 15 ←

Luciano Giacomelli, giornalista

Bebé, fidanzato di Giulia

Alberto, fidanzato di Carmela

Donna Giacinta, comare di Don Pasquale

Don Matteo, suo marito

La signora Amalia

Garzone

PARTE PRIMA

La stanza da pranzo-salotto in casa di Don Pasquale Didomenico. L’ambiente e modesto, ma allegro. Molto sole e aria entrano dal balcone che è al centro della scena io fondo. Sulla ringhiera vi sono, ad asciugare, vari costumini da bagno. Tutto e ordine intorno. Al centro della scena vi sarà un tavolo tondo con sopra un grande piatto ovale contenente grossi lucidi chicchi di caffè appena tostato. Ad un lato della scena, a sinistra, addossato alla parete vi sarà un pianoforte nero di modello antiquato. Quadri, sedie, gingilli, ritratti.

Al levarsi del sipario, un pianino, dalla strada suona allegramente mentre, in scena, vi si trova Sesella intenta a spolverare i mobili. Sesella è la figlia maggiore di Don Pasquale ed è, in verità, anche il suo occhio destro. Ha quaranta anni, non si è sposata e non lo spera più. È serena, rassegnata ormai. Veste di colore scuro, è pettinata in modo antiquato: intatti, un grosso «chignon» formato da una lunga treccia di capelli le sta sul collo e quasi sembra che le pesi. Sul vestito scuro e un po’ di taglio antico fa da rilievo un grembiulino a colori vivaci. Usa scarpe con tacchi bassi quasi di tipo maschile e calze di cotone, E’ un personaggio grottesco e drammatico insieme. I suoi gesti sono sempre discreti nel movimento e quasi infantili. Ma qualcosa di talmente dolce è in lei, da far pensare ad un angelo sceso in terra, soltanto mal vestito. Le sue mani sono passate e passano su tutte le cose della casa come una carezza.

Internamente si sentirà suonare un campanello elettrico e Sesella esce di scena per rientrare dopo poco seguita dal garzone dell’erbivendolo, un ragazzotto in pantaloni, senza giacca e con un grosso cesto di verdura sotto il braccio.

Sesella (indicando al ragazzo una sedia) Metti qua…

Garzone (eseguendo l’ordine) Che caldo… mamma mia… oggi me ne andrei proprio a fare un bel bagno in mare…

Sesella (prende il cesto ed esce di scena rientrando quasi subito) Hai dimenticato i pomodori per la conserva.

Garzone Ne avete ordinati dieci chili no? Ve li porterà mio fratello più tardi.

Sesella Grazie, metti in conto eh?

Garzone Va bene… buona giornata.

Sesella Ciao. (dopo un attimo) A quanto al chilo i peperoni?

Garzone Il solito prezzo, sapete, poi, che a voi usiamo un trattamento particolare.

Sesella Me ne fai portare tre chili, li voglio cucinare per cena stasera. Bada che se sono forti non li voglio…

Garzone Non vi preoccupate. Al mercato, stamattina, ne abbiamo presi certi… ma che sono sfogliatelle? Un «bisciù» !

Sesella Va bene.

(Il garzone esce e Sesella, rimasta sola, prende il piatto che sta sul tavolo e con le mani, leggermente, mischia ì chicchi caldi di caffè. Poi va a mettere il piatto, al sole, su di una sedia fuori al balcone)

Pasquale (entra dalla sinistra. È il padre di Sesella, vecchio pensionato benestante) Ah… che buon profumo ! S’è riempita la casa ! (si accosta al piatto) Bello! Questa volta è venuto proprio bene: caspita e che acini!

Sesella Sì, papà, ma ho cambiato torrefazione. Quello che prendevamo prima, ti ricordi?, non era di buona qualità: gli acini piccoli, piccoli, secchi, secchi… Questo invece è lucido lucido, grasso grasso… ne ho preso due chili. Hai preso il caffè che ti ho messo sul comodino?

Pasquale Sì. Era buonissimo.

Sesella L’ho portato pure alle ragazze, ma non si svegliano ancora.

Pasquale Stai fresca; quelle, per deciderle a farle alzare, ci vogliono le cannonate. Tu sei troppo buona con loro. Le hai avvezzate male. Quattro ragazze che non pensano che al divertimento. Teatri, televisione, cinema, letture amorali, romanzi a fumetti e tante, tante altre idee sbagliate.

Sesella Per la colazione da portarsi sulla spiaggia ho fatto una frittata di sei uova, basterà no?

Pasquale Credo! (fra i denti) Chissà quale giorno, una bella frittata, la faranno loro… che epoca!

Giulia (23 anni Carina, capelli corti. È in sottoveste e si rivolge a Sesella, porgendole un vestito, senza sollevare gli occhi dal libro che ha in mano) Sesella, cucimi la piega di questo vestito; ieri sera mi ci è andato il tacco dentro. (siede al tavolo e si immerge nella lettura)

Pasquale (l’osserva scuotendo la testa)

Sesella (prende il vestito dalle mani di Giulia e da un cestino da lavoro che è sul tavolo prende ago, filo e si mette a cucire)

Pasquale (a Giulia) Ma non te la potevi cucire da te la piega del vestito? C’è bisogno di chiamare Sesella per ogni minima cosa? Perbacco che «comandino» che avete tutte quante!…

Giulia Papà, lo sai, io sono di salute delicata e servizi troppo pesanti non ne posso fare!…

Pasquale Secondo te è un servizio pesante cucirsi una piega che si è scucita?… La verità è che non avete voglia di fare niente. Siete abituate ormai ad essere servite.

Giulia (senza distogliersi dalla lettura, appena appena girando gli occhi verso il padre) Ma lo vedi come sono ridotta? Un capogiro va e un altro viene e non parliamo della palpitazione di cuore che ogni tanto, ad ogni piccola emozione, mi prende.

Pasquale Già, la palpitazione, il capogiro, uno va e un altro viene. (con un certo tono) È la cura dimagrante che fai, per questo ti sei indebolita. Sei ridotta un manico di scopa, non lo vedi? Già, tu non lo vedi, perché adesso sei contenta. Hai ottenuto la «siluette». Sei diventata «stilè». Ai tempi miei, i tipi come te, sai come si chiamavano a Napoli, al mio paese? «Scupillo».

Giulia Si capisce che dovevo farla la cura. Ero diventata grassa come una botte. Bella cosa. Bella volgarità.

Pasquale Beh? E che c’era di strano? Eri grassottella. Anche Sesella…

Giulia (l’interrompe seccata) Papà che c’entra Sesella! Già… io poi m’illudo, a volte, di poter far capire certe cose a te. Papà tu sei di un’altra epoca, ecco.

Pasquale Quale, per esempio?

Giulia Quella di quando Berta filava… (sorride)

Pasquale E tu di questa, cioè, di un’epoca corrotta.

Giulia Siamo penetrati nello spazio infinito, ormai. Conosciamo il cosmo.

Pasquale Che conosci tu? Che conosci?

Giulia Io no, ma uno della mia generazione, sì.

(Breve pausa)

Pasquale Anche stamattina andate al mare? Cose da pazzi. Sono due mesi che vi state abbrustolendo al sole.

Giulia (sempre leggendo) Embè… la tintarella.

Pasquale Restaci ancora un poco e diventerai un sigaro toscano. Vergognatevi.

Giulia (calma) Di che?

Pasquale Con quei costumini aderenti, scollati. Ai miei tempi…

Giulia …vi facevate i bagni di mare vestiti di tutto punto, magari con l’impermeabile e l’ombrello… (risoluta) Papà, tu vorresti agire con noi come hai agito con Sesella che per tenertela chiusa in casa come si usava una volta, per farla venire una donna di casa, come volevi tu, è arrivata a quarant’anni e non si è sposata.

Sesella (con la testa abbassata sul vestito che sta cucendo sente ma non risponde. Il suo sguardo è quello di un agnellino impaurito)

Pasquale (con dispetto mal represso) Stai zitta, pettegola! Tra l’altro non hai un minimo di delicatezza! Sei cinica e cretina!

Giulia (sbotta in una risata) Papà sei buffo quando ti arrabbi! Ma hai ragione. Si capisce, ho toccato la suscettibilità di Sesella, il tuo occhio destro! La punta del tuo cuore. (tra il serio e l’ironia) Papà… Sesella mi sembra Zuì-Zuì, vedi? (mostra la gabbietta col canarino che è attaccata al balcone) L’hai chiusa in gabbia e là resta, povera bestiola, zitella e priva di libertà.

Pasquale Meglio chiusa in una gabbia che almeno sia una gabbia onesta; e in fatto di onestà hai da dire qualche cosa? Giulia La nostra casa? Figurati, chi la tocca.

Pasquale Sei una maleducata, ecco quello che sei. E sai che ti dico e dillo anche alle tue sorelline e a chi altro vuoi tu, Sesella lo troverà il marito che fa per lei, lo troverà e si sposerà meglio di voi. (si è avvicinato a Sesella e le carezza i capelli)

Sesella (porgendo il vestito aggiustato a Giulia) Tieni.

Giulia (lo prende e va via per la destra)

Pasquale (all’indirizzo di Giulia alzando la voce) Hai detto pure: grazie… è vero? Che maleducata! (guarda Sesella) Non darle retta, figlia mia. È una spostata.

Sesella Perché, papà? Ha ragione. Chi volete che pensi più a me? Io ci ho rinunciato oramai.

Pasquale Sono pazze, credimi. La casa per loro è solamente un albergo e vanno, vengono e sempre con i fidanzati appresso…

Sesella Papà… facendo così se li conservano. Gli uomini ti scappano di mano quando meno te lo credi. Ed è giusto. Di donne carine ce ne sono tante, particolarmente di questi tempi. Belle figliole che si vestono bene, a volte con troppa piccolezza di gusto, è vero, ma bisogna pensare che non è più l’epoca di una volta. Poi, papà, perché vive una ragazza se non per la speranza di poter voler bene e di essere voluta bene? Oggi, domani, poi… aspetta. E quando il momento arriva cerca di non farselo scappare… e se può, ricorre a tutti i mezzi.

Pasquale (la guarda) Perché non provi a tagliarti pure tu i capelli? Sono fuori moda. Non si portano più così lunghi. Sono belli, sì, ma…

Sesella (stupita, istintivamente si tocca lo «chignon» quasi temendo di non trovarlo al suo posto) E perché, papà? Sarebbe un peccato. Poi, non ti ricordi la povera mammà che arrabbiatura si prese quando se li tagliarono loro? Non voleva, mammà, te lo rammenti? Pianse sai?

Pasquale Ma non so, a me sembra che tutti quei capelli legati sul collo ti debbano pesare come un baule. Senza, staresti più libera e più fresca e… saresti più… moderna. (la studia ancora mentre Sesella comincia a sentirsi a disagio sotto lo sguardo teneramente indagatore di Pasquale) Quest’abito… quest’abito… è brutto. È fatto male. (tocca la stoffa della gonna) Che stoffa è questa? Pesantuccia, piuttosto lucida. Io vorrei capire dove riesci a trovare certe qualità di stoffe? Un disegno banale. Un colore morto. Ma mi dici che vestito è questo?

Sesella È della felice memoria di mammà. Non te lo ricordi?…

Pasquale Ah! Ecco, mi sembrava di riconoscerlo. Era un vestito della buon’anima. E te lo sei aggiustato per te? E perché? Che hai potuto risparmiare?

Se sella Non l’ho fatto per risparmiare papà! Mi è piaciuto di vedermelo addosso. Mi sembra di vederci dentro mammà. Stava in quella cassa abbandonato assieme a tanta roba sua… e così, per ricordo… (abbassa la testa quasi vergognosa del suo gesto)

Pasquale (è commosso e irritato assieme) Ah, già… (se ne va sul balcone)

Giulia (ha una mano sullo stomaco che le fa male e va a sedere al tavolo) Mamma mia e come mi fa male.

Carmela (22 anni. Florida, simpatica e piena di vita) Ma si capisce che ti senti male. Ti sei messa quattro nova a zabaione sullo stomaco…

Pasquale Quattro uova?

Giulia Debbo o non debbo farla questa cura? Intanto sono aumentata di trecento grammi.

Pasquale Un bel risultato.

Giulia Sono appena tre mesi che l’ho cominciata.

Pasquale A cento grammi al mese ci vorranno tonnellate di uova, e io pago.

Giulia E chi le deve pagare? Fosti tu a sostenere che ero magra, che mi sarei ammalata, adesso ingrasso e neanche va bene!

Maria (20 anni, anche lei bella e moderna tutta intenta a darsi il rosso alle labbra) Ma sei veramente una originale. Prima, per dimagrire, avresti fatto chissà che cosa, adesso, per aumentare di qualche grammo, saresti capace di mangiarti un vitello intero.

Carmela (ridendo) Tu non ci vuoi credere, ma la bilancia era guasta. A me sembra che sei più magra di prima.

Giulia Quanto sei cretina! La bilancia era nuova. Sono quarantadue chili e cento. Ho ancora il cartellino di là.

Pasquale (a Sesella, piano) Tu quanto pesi?

Sesella (pure lei piano, quasi a farsi perdonate) 68 chili e mezzo, papà… Ma credo che sono aumentata…

Pasquale (facendo un gesto) Zitta ! Non ti far sentire. (si allontana di nuovo)

Carmela Io non mi peso per non avere brutte sorprese.

Giulia Fai bene. Stai prendendo delle proporzioni ! Tra poco ti metteranno in mostra come la donna cannone.

Carmela (piccata) Se non la finisci di fare la superdonna ti arriva uno schiaffo che ti fa baciare il pavimento.

Giulia (ironica) Veramente?…

Carmela Sì. E non vedo l’ora di sposarmi, così non ti terrò più tra i piedi.

Giulia Perché? Ti sposi solamente tu? Grazie a Dio tutte quante siamo fidanzate: io mi sposo, Maria si sposa… Ci è rimasta sola Antonietta, ma quella è ragazza e sembra pure che… ci sia qualche novità col figlio dell’Avvocato che abita al terzo piano… dunque? Perché te ne vai tanto in sollucchero con questo tuo sposalizi?

Pasquale (che ha sentito si avvicina e guarda dalla parte di Sesella) Ma come? Antonietta? Alla sua età? Quella tiene appena sedici anni…

Carmela Papà tu non vuoi capire che le ragazze, oggi, si devono svegliare presto la mattina. Come si dice? Non ci si deve far piovere addosso.

Antonietta (di dentro) Carmela? Io sto aspettando.

Carmela Ah, già… dimenticavo. (a Sesella) Antonietta si vuol cucire la sottoveste a macchina, le vuoi far vedere come s’infila l’ago, che non lo sa fare?

Sesella Scherzerai? Quella me la rompe. Quando mai, poi, Antonietta ha saputo cucire a macchina? È mia quella macchina e ci so lavorare solamente io.

Maria Non mi far ridere Sesella. Come se fosse una macchina speciale.

Giulia (con una puntina di canzonatura) Niente di speciale; ma è un regalo di papà e vi pare poco?

Sesella Per me è tutto. Ci faccio tante comodità non solo per me. Poi, avete detto bene: è un regalo di papà ed io ci tengo molto.

Pasquale E questo è bello. Sesella non è come voi che quando avete in dono una cosa ne avete poca cura. Essa sa curarle le cose. Sa tenerle in ordine. Del resto, quella macchina da cucire, io, gliela regalai per farle un augurio.

Sesella (con un sorriso triste) … per cucirmi il corredo da sposa.

Pasquale Beh? E che c’è di strano? Sicuro. Anche per questo.

Sesella (alza le spalle facendo un finto gesto di rinunzia ma non sa nascondere un sorriso infantile di compiacenza)

Carmela Adesso Sesella vuol farci credere che non tiene più a certe cose.

Giulia Non saresti una donna.

Maria Certo un cuore lo tieni pure tu.

Sesella (schermendosi ed arrossendo cerca aiuto al padre) Non ci tengo sul serio. È vero, papà! Non ci tengo!

Giulia Noi abbiamo capito, cara… (fa occhio alle altre che annuiscono ridendo) A noi non ce la dai ad intendere!

(Tutte ridono)

Sesella (allarmatissima, col pianto in gola, sgrana gli occhi) Che cosa? Che cosa! Che cerchi di insinuare?

Giulia Davvero vorresti farci credere che?… (con tono fra il serio ed il burlesco) Papa, Sesella è innamorata e tu non ne sai niente! (scoppia in una gran risata assieme alle sorelle)

Sesella (con un grido soffocato) No!… No!… Siete malvagie e cattive. Io non capisco… (è al massimo della confusione. Sembra una bambina colta in fallo che vuole discolparsi) Io mi faccio i fatti miei…

Pasquale (preoccupato) Ma è vero?…

Sesella (le scappa detto) Sì… No, per carità… Non è vero!… Non è vero… (vedendo che le sorelle continuano a deriderla è presa da un senso di ribellione e dice fiera) E se fosse?! (le risate diventano più forti mentre Pasquale cerca di far zittire tutti. Sesella rientra in se stessa e ingoiando le lacrime che le gonfiano il cuore mormora a testa bassa) Non è vero. Non è vero, papà. (alle sorelle, ma senza acredine) Siete voialtre che avete creato questa brutta cosa per divertirvi alle mie spalle. Siete cattive e senza cuore. Vi giuro, però, che per punirvi da oggi in poi non vi farò più un piacere. Nemmeno se moriste. (col pianto che le scoppia finalmente nella voce e che le imprime una smorfia grottesca sul volto esce di scena girando a tutti le spalle, ma soprattutto per nascondere le lacrime)

Pasquale Insomma non la volete lasciare tranquilla? Chissà quale volta… (getta un’occhiata severa alle ragazze che fanno spallucce)

Antonietta (entra dalla destra. È la più giovane delle sorelle. Svelta, furba e di maniere spicciole. Va direttamente verso l’etagère che sta a sinistra e vi cerca qualche cosa che non trova) Che tipo Sesella. Aspetta, m’ha detto, adesso ritorno e t’insegno come si infila l’ago della macchina. Non si è vista più. (cerca intorno) Non c’è un giornale qui… (rivolgendosi alle sorelle che le stanno alle spalle) Volevo avvolgerci la colazione, (le sorelle non le rispondono occupate come sono a chiacchierare tra loro. Antonietta, allora, prende un giornale che trova sul buffet, ne strappa la metà e vi avvolge dentro la colazione che ha portato con sé quando è entrata in scena)

Maria (al balcone parlando con qualcuno al piano di sopra) Buongiorno signora! Come sta? Non l’abbiamo vista per un po’ di tempo. Ad Amalfi?! Bene! Chissà che bella gita!

Carmela (anche lei sorride alla signora di sopra) Buongiorno! Sissignore… fra un mese… Anche sua figlia? Bene! Noi non sapevamo niente!

Giulia (assieme a Maria ed Antonietta fanno un vociare festosissimo. Le loro frasi s’incrociano) Sposa? Anche lei?La figliola della signora… Era fidanzata?! E noi non ne sapevamo niente!… Che piacere signora! Complimenti, auguri… Grazie, grazie!

Pasquale (invano cerca di farle zittire) Non fate baccano. Siamo al primo piano. Tutte donne affacciate ad un balcone; chi non ci conosce chissà cosa pensa che sia la mia casa.

Giulia (parlando a qualcuno in strada) Finalmente!… Salite… Salite!…

Pasquale Salite!… Salite!… La mia casa è diventata una piazza.

Giulia (c.s.) Giacomelli?… Sono aumentata di peso… sì, di cento grammi…

Pasquale (facendo segno a Carmela di doverle dire qualcosa la fa rientrare)

Carmela Che vuoi papà?…

Pasquale (non sa come cominciare) Volevo sapere… Chi è?…

Carmela Chi, papà?… Non capisco…

Pasquale Prima… Hai detto… Sesella è innamorata… Volevo sapere…

Carmela (facendo per ritornare sul balcone) Ah!… papà non ti preoccupare, è una sciocchezza.

Pasquale (la prende per il braccio) Aspetta, caspita!… Perché corri? Che ci sta là fuori. Il cinema a colori?

Carmela La signora Defelice mi stava parlando…

Pasquale Rispondi a me adesso…

Carmela Dimmi, fai presto…

Pasquale Volevo sapere chi è questo giovane?…

Carmela (lo guarda stupita) Papà… ma tu veramente credi? (cercando di stornare il discorso) Noi abbiamo scherzato…

Pasquale (insistendo) Avete scherzato? Come? Tu dicevi…

Carmela Abbiamo scherzato, perché ci siamo accorte che Se sella veramente se n’è invaghita, ma in quanto a lui, io, non lo so. (fa di nuovo per andare)

Pasquale (trattenendola ancora) Si può sapere chi è?

Carmela Uno scherzo che abbiamo fatto. Ecco che papà comincia l’interrogatorio. (incrocia le braccia).

Pasquale (dandole uno scappellotto) Chi è?

Carmela Mamma mia che modi! Si chiama Luciano. Luciano Giacomelli, il giornalista amico intimo del fidanzato di Giulia che viene qua tutte le sere. Ecco, lo hai saputo adesso, va bene?

Pasquale Giacomelli? (quasi fra sé) Non mi dispiacerebbe. Buon giovane, intelligente. Sta pure… (sta per dire: bene come posizione, ma si corregge) sta pure disperato. In ogni modo sono contento.

Carmela Papà ma tu rifletti su quello che dici? L’amore di padre ti ha ottenebrato il cervello. Giacomelli è un giovanotto di 23 anni, Sesella sta sotto i quaranta…

Pasquale Gli anni sono quelli che si dimostrano. Sesella sembra una bambina specialmente quando è serena di spirito, riposata nel fisico e… se voi la faceste lavorare meno…

Giulia (dal balcone) Carmela vieni. La signora Defelice vuole salutarti.

Carmela (al balcone) Arrivederci signora e buon appetito…. Arrivederci… (tutte salutano con grande cordialità e rientrano)

Antonietta (parlando verso la strada) Uh? Buongiorno…

Giulia,

Carmela e

Maria (assieme) Buongiorno Salite, salite.

Pasquale (tra sé) Salite, salite. Metterò l’ascensore sul balcone.

Giulia Sta salendo anche Giacomelli. Che ora è? Oggi non se ne parla più di andare al mare.

Antonietta Non ci andremo, ne sono sicura…

Pasquale (emozionato) Giacomelli?… Sta salendo Giacomelli? E come si fa?Sono ancora in giacca da camera… Mi vorrei pulire un poco… potrebbe avere una cattiva impressione. Vado a mettermi la giacca. Mi raccomando siate gentili con Giacomelli. Ci tengo molto… (via a sinistra)

Luciano (dalla comune a destra. È un simpatico giovane. Ha l’aria intelligente e lo sguardo serio) Signorine buongiorno. Signorina Maria, signorina Giulia, (saluti scambievoli) Signorina Carmela, come state? Già., che domanda… siete fresca come un fiore.

Carmela Sempre gentile, grazie. Accomodatevi. (si allontana)

Luciano (a Giulia che si è seduta e legge un libro) Si può sapere qual è il titolo del libro che v’interessa…?

Giulia Sono le poesie di Rocco Galdieri. Come sono belle, dite la verità? Ce ne sono certe… Ci sta «Sciauratella» che è deliziosa.

Luciano Un poeta veramente vicino al cuore di rutti noi. Ma avete letto qualche cosettina mia? Voglio dire, qualche poesia mia, qualche premetto?

Giulia Non sapevo. Scrivete poesie? Mandatemi il volume. Le leggerò con gran piacere.

Luciano Con tutto il cuore, (a Carmela) È possibile fare quattro chiacchiere? Siete sempre così presa, non vi si trova mai in casa. Anche l’altro giorno sono venuto ma non c’eravate.

Carmela Sì, siete venuto con Alberto.

Luciano Già.

Carmela Andai dal parrucchiere. Sono tanto occupata in questi ultimi quindici giorni; sarta, modista, calzolaio. La casa nuova…

Luciano (con una malcelata amarezza) Già. Ci mancano solo quindici giorni, poi…

Carmela (ridendo) Si compierà il rito. E… voi?

Luciano Io che?

Carmela Non pensate a sposarvi?…

Luciano Sposarmi? Io? No! Cara signorina, io non posso.

Carmela Perché, scusate? Vi manca qualche cosa?

Luciano (cercando di farsi capire con un certo ardore soffocato) No, perché quella che avrei sposata con tutto il cuore… sposa un altro.

Carmela (ben lontana dal capire) Poveretto. Vi ha tradito? (curiosa) Chi è? La conosciamo?

Luciano La conoscete, sì.

Carmela Dio! Che voglia d’indovinare! Chi sarà? (sorride divertita) Su, ditelo voi.

Luciano Indovinate. Cercate di indovinare.

Carmela (si studia di ricordare tutte le sue amiche) È bella?

Luciano (guardandola negli occhi) Sì.

Carmela È ricca?

Luciano (c.s.) Abbastanza.

Carmela Ci facevate all’amore oppure era una simpatia?

Luciano Ho cercato di farle comprendere il mio sentimento nascosto, la guardavo, la fissavo.

Carmela Capisco. Non le avete detto mai niente?

Luciano (cercando di rendere più chiare le sue intenzioni) Mai, perché è la fidanzata di un amico mio carissimo…

Carmela È molto istruita?

Luciano (scoraggiato, cambiando tono). No. È bella… è bella assai… ma non capisce niente!

Carmela (scoppiando in una risata) Allora meglio per voi. Che ve ne facevate di una stupida? (vedendo il giornale strappato sul tavolo) Chi ha strappato il giornale?

Antonietta Io, per avvolgere la colazione…

Carmela Hai fatto un bel guaio. Da dove l’hai preso?

Antonietta (trattenendosi dal ridere) Dai giornali che tiene conservati Sesella.

Carmela Sentirai papà!

(Dall’interno suona il campanello d’ingresso)

Luciano La signorina Sesella si conserva i giornali? C’è il romanzo a puntate?

Antonietta (ridendo) Altro che romanzo. Si conserva quelli dove sono pubblicare le novelle vostre… (esce)

Luciano (alle signorine) Perché ride? Don Pasquale non lo vedo…

Maria Viene subito. È andato a cambiarsi la giacca.

(Entra Bebé. Veste con eleganza vistosa. Ha un atteggiamento snobistico molto affettato. Gli piace imitare tutto ciò che è in voga; ma la sua ignoranza intellettiva è sfacciata come la sua «aria» di concessione che ostenta con tutti. La sua andatura è dinoccolata e per abitudine tiene quasi sempre la mano sinistra nella tasca del pantalone e con quella destra si mantiene il «monocolo» che porta con sussiego, ma non c’entra affatto col suo abbigliamento)

Bebé Bay… bay… a tutti. (vedendo Luciano) Ciao Lucia’!

(Entra Alberto)

Luciano Giusto, Bebé… vorrei chiederti un favore…

Bebé Quando vuoi ma non chiedermi denaro.

Luciano No, volevo rivolgerti una preghiera…

Bebé Ma che m’hai preso per il Papa, sempre sia lodato…? Prega, prega!

Luciano Beh… m’hai fatto passare la voglia di parlarti.

Bebé (saluta Giulia che gli va incontro) Ciao Giugiù, fidanzata mia! (restano a parlottare fra loro)

Carmela (prendendo Alberto per mano e avviandosi con lui verso il balcone) Finalmente! Ti sei deciso a venire?

Alberto Sei un bel tipo. Credi che io non abbia nulla da fare? Sono stato prima al negozio, ho sistemato alcuni affari ed eccomi qua.

Antonietta (rivolgendosi a Luciano dice con intenzione) Ora si comincia a tenere la candela!…

Luciano Pazienza, si vogliono bene. E tu? Quando ti fidanzi tu?

Antonietta (con sufficienza) Io? Figuriamoci se ci tengo a certe cose. (si allontana assieme a Luciano)

Giulia (come seguitando un discorso) … no… no… è inutile che divaghi. Voglio sapere perché sei venuto tardi mentre ieri sera rimanemmo d’accordo che ci saremmo visti prima di andare presto alla spiaggia.

Bebé (spazientito) Giugiu, bella mia, tu pretendi che un giovane moderno come me sia una macchina di precisione? Che mi hai preso per un «Robò»? Io vivo così, senza guardare neanche il calendario. Conosco i giorni della settimana dal vestito che ogni mattina mi prepara il maggiordomo. Aggiungi, poi, che sono uno stravagante di prim’ordine e mi dirai. Il tempo mi passa e come. Un po’ di sport, la «bici», la cavalcata nel parco, un po’ di dischi, un poco di lettura freudiana, a me piace Freud…

Giulia Freud? E chi è?

Bebé Come? Chi è Freud? Sigismondo, no? Il fondatore della psicanalisi, per Dio. Giù, Giù… mamma mia! (come per dire: «che diamine!») E sono tante e tante, poi, le altre cose che debbo fare, che le ore mi passano… e non me ne accorgo nemmeno, (divagando) A proposito, Lucia’? Sai chi ho incontrato, ieri, al tennis? (azione interrogativa di Luciano) Memè! Ho incontrato Memè.

Luciano (non ricordando) E chi se la ricorda?

Bebé E me la ricordo io. S’è ingrassata, però, non mi piace più. (rivolgendosi a Giulia che gli si è avvicinata e affettuosamente lo tiene stretto per un braccio) Giù… Giù? Bella mia… scansati, per favore, mi gualcisci la giacca. È un modello, sai?

Giulia Scusa! Era un gesto affettuoso.

Bebé ma fa caldo. Scusa… debbo parlare un momento con Luciano… mo’ ci vediamo… aspettami là, vicino al pianoforte… adesso vengo! (avvicinando Luciano) Tu te lo fai il bagno oggi? Se ci sono le onde io non me lo faccio. (si guarda intorno) E padre Pasquale dov’è?

Alberto Chi sarebbe, scusa, padre Pasquale?

Bebé Il padre della mia fidanzata, di Giù Giù.

Alberto Tu dici: padre Pasquale.

Bebé Per forza. Una differenza ci deve essere no? Io ho due padri, il papà mio vero, Bartolo che è il marito di mammà, e padre Pasquale, che dovrà diventare mio suocero, (riprendendo la domanda) Non c’è padre Pasquale?

Alberto Lo vedi che non c’è?

Giulia Papà, sta di là. (si allontana con Bebé sul balcone)

Pasquale (con la giacca scura e capelli ravviati. È seguito da Sesella che cerca di darsi un atteggiamento disinvolto) Signor Giacomelli… (gli stringe la mano con molta effusione).

Luciano Egregio signor Pasquale. Vi stavamo aspettando, sapete bene che sentiamo sempre la vostra mancanza.

Pasquale Grazie. Sono commosso. Mi lusingate. Ero andato a provvedermi di un fazzoletto pulito, ma non lo trovavo, perché è mia figlia Sesella che pensa a tutto in casa, allora sono stato costretto ad andare da lei e siccome si trovava in cucina, poi… insomma, ecco Sesella! (cerca di farla venire avanti) Saluta il signor Giacomelli. Hai sentito che ha detto? Sente sempre la nostra mancanza. Saluta…

Sesella (confusa accenna ad un inchino)

Pasquale Vogliamo sedere, signor Giacomelli? (premuroso prende le sedie)

Alberto (salutando) Signor Pasquale, buongiorno…

Pasquale Caro Alberto. Accomodatevi Luciano. Sesella non ti allontanare, sta vicino a noi.

Bebé Carissimo padre Pasquale. Come state? Salutiamoci almeno. Il nostro stimato padre Pasquale nostro. Il caro, adorabile vecchietto.

Pasquale Io ho salutato Giacomelli, non a voi. Poi, questo chiamarmi padre Pasquale perché? Non siamo né in un convento né io sono un prete. Io mi chiamo Pasquale.

Bebé Gué, gué?… Questo mi giunge nuovo. Come vi debbo chiamare? Padre Bartolo no, perché è il padre mio vero, per distinguervi, dunque, da mio padre Bartolo vi debbo chiamare padre Pasquale. Se no che faccio? Non vi chiamo?

Pasquale Prima di tutto non vedo la necessità che voi mi chiamiate. Quali rapporti abbiamo io e voi?

Bebé Come, come? Mi debbo sposare Giulia.

Pasquale Io non volevo questo matrimonio, non vi volevo in casa e lo sapete.

Bebé Non lo volevate? Questo mi giunge nuovo. E perché?

Pasquale Perché, prima di tutto siete scemo…

Bebé Scemo? E come può essere possibile? Io sono un signore…

Pasquale Siete un signore scemo. Che c’è di strano? Anche un signore può essere scemo.

Bebé Per l’amor di Dio! Io ho studiato.

Pasquale (spazientito) Ebbè? Avete studiato? Avete appreso male. Infatti, vostro padre, se ne è sempre lamentato con me. Appunto una settimana fa mi disse: «Devi tenere pazienza. Quello, per me, è stato come una disgrazia… accettalo anche tu come un peccaro da scontare».

Bebé Ditemi che state scherzando. Padre Bartolo conosce la mia intelligenza.

Pasquale Adesso lasciatemi in pace con il signor Giacomelli e andate a fare quattro chiacchiere con la vostra fidanzata. Via, via…

(Bebé si allontana borbottando)

Signor Giacomelli, accomodatevi. Sesella, figlia mia, offri una sedia all’amico Luciano, su, muoviti.

Sesella Ecco la sedia, prego… (gliela offre)

Luciano Grazie. (siede).

Pasquale (sedendo anche lui) Una tazzina di caffè Giacomelli? (non attende risposta) Sì? Bene. Sesella vai a fare un buon caffè per il caro Giacomelli.

Luciano Non vi disturbate, l’ho già preso con Alberto prima di salire.

Pasquale Ve ne prenderete un altro. (a Sesella) Sesella? Non stare lì, indecisa, (a Luciano) Non capisco perché è così emozionata. Come se qualcuno le avesse fatto colpo. Su, Sesella, vai a fare il caffè, il caro Luciano aspetta.

Luciano Ma non voglio che la signorina si scomodi per me.

Pasquale Che dite mai? Hai sentito Sesella? Rispondi qualche cosa… su… cos’è? Hai perso la lingua?

Sesella (accenna a parlare) Sì… ma…

Pasquale (a Luciano) Ecco, adesso parla…

Sesella (non riesce a mettere insieme una frase qualunque, infine trionfante per averla trovata dice) Il caffè… si piglia sempre. (ed esce, rapida verso sinistra)

Pasquale (cercando di dissipare il disagio di Luciano che incomincia a sentirsi fuori posto) Il nostro Giacomelli… Bravo, bravo… Avete sentito? Sesella vi ha dato una risposta degna di un filosofo. Intelligente quella ragazza. Voi facevate complimenti col caffè e lei ha detto: «Il caffè si piglia sempre». Brava Sesella, non mi aspettavo da lei tanto acume.

Bebé (si accosta con la sedia e siede fra i due) Posso?

Pasquale Chi vi ha chiamato? Mi sembra cattiva educazione intromettervi così.

Bebé Mi era parso…

Pasquale Voi lo avete questo maledetto vizio. Non appena vi accorgete che due persone stanno parlando in confidenza vi mettete in mezzo e fate il ficcanaso.

Bebé Padre Pasquale, io non vi voglio far dimenticare, che fra breve, occuperò un posto assai importante in casa vostra…

Pasquale Perché venite a fare il maggiordomo, il Direttore di mensa?

Bebé No. voglio dire che sono il fidanzato di vostra figlia e quindi…

Pasquale Vi ho già detto che non vi volevo in casa. Lo vuole Giulietta e sia. Con la dote che tiene avrebbe potuto scegliere a suo piacere… (a Luciano, senza porre più attenzione a Bebé) Perché io dò a mia figlia, signor Giacomelli, una dote importante, anche a Sesella naturalmente.

Bebé (tornando a coppe) Padre Pasqua’…

Pasquale Lasciatemi in pace.

Giulia (che sta ascoltando, sbuffa, seccata) Papà, potreste essere un poco più gentile.

Pasquale Sì, Sì… va bene. Sposatelo. Accaparratelo. Non perderlo. Li vorrò vedere i figli di questo bel tipo. Mi sembra di vederli in giro per casa, più cretini del padre.

Bebé (offeso) E li vedremo. Ma che tipo. (si alza e raggiunge Giulia) I figli miei? Tutti piccoli Marconi.

Pasquale (rivolgendosi a Luciano) Vi dicevo: io ho assegnato a ognuna delle mie figlie… una dote considerevole e… particolarmente a Sesella! E’ la prima in ordine di età… ed è stata sempre la più buona, la più docile, la più comprensiva e per questo le ho assegnato una somma cospicua: invidiabile. Oltre a quello che le lascerò io, poi tiene quello che le ha lasciato sua madre e la parte che le lasciò sua nonna. Insomma, come si dice, è un «partitone». (ride forzatamente smontato dalla impassibilità di Luciano) Avete detto qualche cosa?…

Luciano No!

Pasquale Ah, ecco.

Sesella (con vassoio e due tazzine e la caffettiera alla napoletana) Ecco il caffè. (versa il caffè ai due)

Pasquale Prendete, Luciano. Sentite che bontà. Luciano Veramente buono.

Pasquale Eh… Quando si ha in casa una fatina come Sesella… Adesso abbiamo cambiato torrefazione: cioè, Sesella ha voluto cambiare. Ha visto che il caffè, dove lo acquistava prima, era cattivo di sapore ed ha cambiato torrefazione. Prima gli acini erano secchi secchi, piccoli piccoli, adesso sono grassi grassi e lucidi lucidi. (beve il caffè) Magnifico…

Bebé (a Giulia) Bella educazione! Loro si offrono il caffè e noi stiamo a guardare!

Pasquale Ed ora Giacomelli, mi farete il favore di restare a colazione con noi. C’è un ragù da farvi leccare le dita. Un ragù, che modestamente ho preparato io e Sesella lo ha cucinato. Lo ha « tirato » allo spasimo. Con cipolle bianche, olio puro di oliva, burro di prima qualità, salsa di pomodoro, conserva purissima e non vi dico la qualità della carne. Scelta da Sesella in verità, un girello di manzo tenero, tenero.. In ultimo un bicchierotto di vino bianco secco e un pizzico, ma proprio un pizzico di pepe bianco macinato fino, fino, fino. Vero Sesella?

Sesella Sì… sì.

Luciano Mi dispiace, ma non posso. Sono invitato dal mio Direttore il quale offre una colazione a tutti i suoi corrispondenti. Non posso mancare… perderei il posto. Cercate di comprendermi.

Pasquale Peccato. Proprio oggi! Allora domani?

Luciano Sì. Domani sì.

Maria Beh? Che facciamo? Vogliamo andare al mare? Se no si fa troppo tardi. (chiamando Carmela che, distratta a parlare con Alberto, non risponde) Carmela… Carmela… (urlando) Carmela…

Carmela (voltandosi) Eh!… Perché gridi?…

Maria Tu non senti. Vogliamo andare al mare o no?

Carmela Sono pronta. Papà io vado. Alberto vieni? Vado e torno. Giulia andiamo… (via a sinistra seguita da Antonietta, Giulia e Maria).

Luciano (a Sesella) E voi, signorina Sesella, non andate al mare?

Pasquale (felice per l’interessamento di Luciano) Rispondi! Per rispondere ce l’avrai la lingua, no? (a Luciano) No, non ci va. Vorrebbe ma non può… perché deve accudire la casa. A me poi chi ci pensa? Ma lei al mare ci è andata qualche volta. Tiene anche il costume. (pausa) Volere domandare altre cose? Domandate pure. Sesella risponde sempre.

Carmela (con le sorelle che sono pronte) Noi ce ne andiamo, papà. Ciao Sesella.

Sesella Non vi dimenticate la colazione.

Carmela Luciano voi venite?

Luciano No, grazie, verrei volentieri, ma ho un invito al quale non posso mancare.

Carmela Che peccato.

Luciano Vi accompagno fino all’auto.

Pasquale E dopo che le avete accompagnate all’auto tornate un poco qua. Facciamo quattro chiacchiere, poi andrete dal Direttore, va bene?

Luciano Come volete.

Tutti Ciao papà…

(Saluti ed escono tutti meno Bebé che continua a sprofondarsi in saluti ossequiosi a don Pasquale)

Pasquale (infastidito spinge Bebé fuori dalla porta) Andate! (tutti vanno)

Sesella (al balcone, dopo un poco) Tornate presto!… Non mi fate stare con il pensiero… Alberto non correre con la macchina. Osservate il codice. Antonietta non spingerti al largo, sai nuotare poco. Se prendete il pattino non vi ci mettere tutti sopra. (viene avanti, prende il vassoio con le due tazzine e fa per andare)

Pasquale (fermandola) Aspetta.

Sesella Che vuoi, papà?…

Pasquale Metti il vassoio sul tavolo.

Sesella (esegue interrogandolo con lo sguardo)

Pasquale (prendendo una sedia) Appoggia il piede qua sopra.

Sesella (c.s.)

Pasquale (toccandole le calze) Calze di cotone. Scarpe senza tacco, scalcagnate, fuori moda, (le solleva pian piano la gonna scoprendo un sottanino di quelli antichi con bordino ricamato) È il colmo, sapete! Ma come si può andare in giro con questa biancheria addosso? (le afferra una mano) Le mani ruvide, senza manicure… Altro che manicure… qui c’è perfino un calletto… eccolo qua… è proprio un callo… (lasciandosi prendere man mano da una sorda collera dolorosa) Scarpacce indegne.. Calze da due lire al paio… La sottana di cotonina… i calli alle mani… Quaranta… e innamorata!…

Sesella (china il capo umiliata) Papà…

Pasquale (rifacendola) Papà… papà… Perché? Perché non hai agito nei miei riguardi anche tu come hanno agito loro? Perché non hai letto anche tu i libri frivoli? Perché, quando io volevo che tu non uscissi di casa, quando io ti proibivo di truccarti, di comprarti un vestito nuovo o troppo scollato, troppo civettuolo, perché mi hai obbedito? Dovevi fare come hanno fatto le tue sorelle. Anche con loro io ho fatto il severo, non volevo questo, non volevo quello, ma loro non mi hanno dato mai retta. (rifacendo le sue figliole) «Sì papà», «Va bene papà», poi facevano il loro comodo. Avresti dovuto fare lo stesso, magari ribellarti, gridare, farti venire le convulsioni per impormi la tua volontà. Anche tu al ballo, al cinema, in gita al mare, qui, là, dove meglio ti sarebbe piaciuto. Con le amiche, gli amici… tutto, tutto, tutto! Adesso che posso fare? Adesso sono quaranta… e innamorata.

Sesella Tu mi stai rimproverando, papà, e non dovresti perché io non ho creduto di fare un sacrificio obbedendoti, tu mi consigliavi, e…

Pasquale Io non ti rimprovero figlia mia. Mi rimprovero io; ma d’altra parte, io dovevo fare come ho fatto, soltanto, tu, dovevi fare rutto il contrario di quello che hai fatto.

Sesella Come avrei potuto, papà, se lo trovavo giusto? Sembra che tu voglia rimproverarmi d’essere rimasta zitella… Vedi, papà, a mio avviso, essere zitella è solo uno stato d’animo non uno stato fisico, ti pare? (Pasquale l’ascolta) Vergognarmi di non essermi sposata e perché? Sarei una sciocca. Tutte, tutte le condizioni della vita, secondo me, hanno il lato brutto e bello!… Io… no… non penso che debba essere motivo di scoraggiamento se una ragazza resta zitella… senza contare che una ragazza che si sposa, beh, può anche correre il rischio di cadere nelle mani di un brutto ceffo, disonesto, violento, volgare che ti fa soffrire ancora più che restare «zitella». Credi, papà, non rammaricartene, io sono contenta e felice di come va avanti la mia vita: con il ricordo di mammà con te vicino, con le mie sorelle accanto e la casa… la casa da governare. Pasquale (con tono dolce) Avvicinati. Capisco… capisco, Sesella mia, ma tu… tu… dimmi la verità, a parte tutto quello che mi hai detto… gli vuoi bene? Dillo a me… ti vergogni? Dimmelo in un orecchio… su… non ti guarderò ma tu dimmi la verità: gli vuoi bene?

Sesella Sì papà!

Pasquale Bene. Ci penserò io. Farò in modo che si accorga di te.

Sesella Perché, non se n’è proprio accorto?

Pasquale Come tutti i giovanotti è un pochino distratto, svagato diciamo e non ha notato il tuo interesse per lui, ma ci penserò io. Sarebbe ingiusto: le tue sorelle hanno avuto il piacere, la gioia di trovare il loro amore e tu? Tu che lo meriti più di tutte te ne devi stare zitta, zitta, in cucina a cucinare e a fare i letti, a spolverare, a stirare, avvilita, mortificata? Ci penso io. Tu sarai felice: te lo prometto, (campanello ingresso dall’interno) Eccolo… è Giacomelli… Vai ad aprirgli la porta e introducilo qua… (Sesella, agitata e al colmo dell’emozione si è seduta) Alzati… Stai su. Non ti far trovare con gli occhi lucidi… e cerca di assumere un atteggiamento moderno come sui figurini delle riviste… (Sesella assume un atteggiamento involontariamente caricaturale) No, non va… meglio se ti fai trovare seduta. (la fa sedere al pianoforte) Gli farai una buona impressione. Suona una cosa allegra, festosa, indiavolata. Intanto vado ad aprirgli io la porta. Su, attacca. (esce mentre Sesella comincia a suonare «La preghiera di una Vergine»)

Pasquale (entra precedendo Luciano, che resta sotto la porta ad ascoltare la suonata. Pasquale è costernato nel sentire quel motivo così poco adatto in quella occasione e fa cenno a Sesella di affrettare almeno un poco i tempi troppo patetici. Suda freddo, Pasquale, e non vede l’ora che finisca)

Sesella (non comprende e una volta eseguito l’ultimo accordo si gira sorridendo e arrossendo come una bambina)

Luciano Complimenti. Conoscete la musica? Nessuno me lo aveva detto…

Pasquale Di solito suona sempre cose allegre… motivi moderni… (a Sesella) Come si chiama il pezzo che hai suonato?

Sesella (ride forzatamente) «La preghiera di una Vergine», papà!… (ride nervosamente)

Pasquale È allegra, signor Giacomelli. Quando fa così vuol dire che è allegra. Vogliamo sedere? Vi prego non fate complimenti. Lo sapete che tengo molto alla vostra persona.

Luciano (siede) Grazie.

Pasquale (piano a Sesella) Non stare impalata come una mummia. Canticchia, cammina allegramente. Fingi di essere allegrissima. Mi sembri un funerale. Su! Su!… (ritorna a Luciano) Che magnifica giornata. Che sole! (ancora dice piano a Sesella) Su… su.

Sesella (non sa decidersi a muoversi. Apre la bocca per cantare ma la voce le muore in gola. Accenna ad un passo di danza. Con la mano si asciuga il sudore. Infine costretta dai cenni energici di Pasquale, si spinge in avanti e allegramente fa un giro attorno ai due uomini mentre fra i denti accenna «Fratelli d’Italia» dell’inno di Mameli)

Pasquale (come a concerto guardando Luciano che ha sgranato lo sguardo meravigliatissimo su Sesella) Finiscila! Quello ti crederà pazza. Non ci sei nata. Non ci sei nata!

Luciano Ma… la signorina Sesella… si sente bene?…

Pasquale Sta benissimo. Non so che le abbia preso stamattina. Tiene il diavolo in corpo. Non sta mai ferma. Balla, canta… Forse è la giornata che invita.

Sesella Papà, posso sedere? Mi fanno male le gambe.

Pasquale (a denti stretti) Siedi. Vicino a noi.

Sesella (siede e resta a guardare Luciano come in adorazione)

Luciano (mettendo fuori il portasigarette si rivolge a Pasquale) Posso?

Pasquale (accettando) Grazie. (prende una sigaretta)

Luciano (sta per servirsi e conservare l’astuccio)

Pasquale (lo ferma) E… a Sesella? Non offrite una sigaretta a Sesella?

Luciano (stupito) La signorina fuma? .

Pasquale Altro che…! Del resto, oggi, tutte le ragazze fumano. Io, però, gliel’ho detto: adesso puoi fumare, perché non devi dare conto a nessuno delle tue azioni, ma… quando ti sposerai è tutt’altra cosa! (marcando la frase) Quando ti sposerai!… (a Sesella) Su… prendila questa sigaretta… non sacrificarti, ora…

Sesella (prende una sigaretta. Luciano le da fuoco. Sesella è impacciata, goffa. Mette la sigaretta in bocca e tira subito delle enormi boccate di fumo e queste le vanno alla gola soffocandola. Presa da un violento colpo di tosse, dà cenni di disturbi allo stomaco)

Pasquale (dandole, con la mano, alcuni colpetti sulle spalle come per farle passare la tosse) Vedi come ti si è irritata la gola per il troppo fumare? Vai sul balcone a prendere un po’ d’aria. E butta via quella dannata sigaretta.

Sesella Sì, papà, (esegue poi ritorna a sedere accanto al padre)

Pasquale Quando ti mariterai dovrai fare i conti con tuo marito. (marcando la frase) Quando ti mariterai!…

Luciano Bene, c’è qualche novità?

Pasquale Già!… Ma parliamo di voi.

Luciano Di me? Non credo sia il caso. Non mi debbo fidanzare e non ci penso…

Pasquale Chi lo sa? Turto può succedere. S’incontra la donna che piace, che risponde al proprio ideale e non si pensa più a niente. E nel vostro caso, Giacomelli, via, ormai so tutto.

Luciano (sussulta dalla sorpresa, immagina che don Pasquale abbia voluto alludere alla passione celata che egli nutre per Carmelina e, mortificato, dice) Avete saputo…

Pasquale Non volevo crederci; ma quando proprio Carmelina mi ha detto tutto facendomi aprire gli occhi… allora…

Luciano … è stata proprio lei? Carmelina? Sicché aveva capito? Mentre io credevo che…

Pasquale Certe cose non si possono nascondere, Luciano mio, prima o poi si vengono a sapere e Carmelina ha fatto bene: benissimo, perché mi ha detto la verità, per questo…

Luciano (si alza) Don Pasquale, io non avrei mai parlato! Oltre ad essere un giovane serio sono un galantuomo e so quello che mi resta da fare. Non si dirà mai che io abbia abusato dell’amicizia di una persona come voi. Altro non mi resta da fare che andarmene da questa casa e non metterci mai più piede. (fa per andare)

Pasquale (si precipita a trattenerlo) Aspettate. Ma io ho sentito bene?… Voi l’amate?…

Luciano (piuttosto imbarazzato ma sincero) Sì! Perché negarlo dal momento che vi è noto. Sì, le voglio bene. Non ho mai esternato il mio sentimento… perché mi sono, innanzitutto, sentito un «amico»: un vero amico e…

Pasquale (non lo lascia finire. È al colmo dell’emozione. Non crede ai suoi orecchi) … capisco e… ditemi: sareste pronto a sposare mia figlia se io appianassi tutte le difficoltà… se io, insomma, riuscissi a sistemare bene ogni cosa? Siate sincero!

Luciano (emozionatissimo) Don Pasquale, amico mio, voi mi fate sperare in un sogno troppo alto per me. Le mie condizioni finanziarie, vi ho detto… sono povero ed ecco perché non ho mai voluto osare…

Pasquale Giacomelli, quando un padre scopre che la figlia è innamorata come può esserlo una ragazza che ama per la prima volta e quando capisce che anche il giovane le vuoi bene, questo padre non deve fare altro che affrettare quanto più possibile i giorni che dividono questi due cuori, queste due anime.

Luciano (sempre più felice) Don Pasquale, amico mio, voi non m’ingannate? Voi permetterete che io sposi vostra figlia e che, davanti a Dio e agli uomini, io possa farla mia sposa?

Pasquale (spingendogli Sesella tra le braccia) Ma certo che lo permetto! Abbracciala… baciala: è tua! Io vi benedico! (siede asciugandosi il sudore, tanta si è emozionato)

Sesella (è lieta e felice accanto a Luciano tenendogli le braccia, affettuosamente, al collo)

Luciano (è rimasto come di sasso. È letteralmente schiacciato dalla sorpresa. Non osa corrispondere all’abbraccio di Sesella né di parlare. Ne segue una lunga pausa)

Pasquale (rimessosi dall’emozione rompe il ghiaccio) Anche lei, Sesella, vedete, è rimasta senza parole. Momenti di gioia e di felicità. Momenti che non si dimenticheranno mai, mai. (breve pausa) Ebbene? Sesella? Non dici nulla adesso? Su… dicci qualche cosa. Sei felice?

Sesella (al colmo della felicità va al balcone, stacca la gabbia del canarino, apre lo sportellino e fa volare l’uccellino mentre esclama) Va… salta… vola… vola lontano. Quante volte hai battuto il becco contro i ferri della gabbia senza speranza di poter uscire. Quante volte hai sperato che anche per te ci poteva essere un po’ di quel cielo libero?!… Va… vola: vola! (ritorna avanti rivolgendosi a Pasquale) Perdonami, papà, ho dato la libertà a Zuì. Zuì…

Pasquale Hai fatto bene, (rivolgendosi a Luciano) Ma che avete, Luciano? Non so come vi vedo… capisco… la sorpresa… non ve l’aspettavate. Ve l’aspettavate?

Luciano (facendo un gesto) Proprio no!…

Pasquale Bene… Luciano, io non voglio trattenervi. Voi avete da fare, già me l’avete detto. Ci vedremo domani, ci metteremo d’accordo e ufficialmente daremo a tutti la notizia.

Luciano (fa per andare)

Pasquale E non ci salutiamo! Datemi la mano! (si stringono la mano) A domani.

Luciano (fa per andare)

Pasquale E a Sesella? Non la salutate?! Su, fate il comodo vostro. Io mi giro dall’altra parte. (volta le spalle)

Luciano (stringe la mano a Sesella) Buongiorno… signorina.

Pasquale Arrivederci! A domani. Genero mio!

Luciano (esce)

(Pasquale e Sesella si guardano mentre la gioia, la commozione minaccia di soffocarli)

Pasquale (indica imperioso il balcone) Salutalo dal balcone. Quando arriva e quando se ne va tu devi sempre salutarlo dal balcone. È un gesto affettuoso.

Sesella (corre al balcone, guarda in strada)

Pasquale (la segue, ma restando indietro) È sceso?

Sesella Non… non si vede ancora.

Luciano (compare sotto la porta. E’ ritornato indietro per chiarire l’equivoco. Fa un passo ma non ha il coraggio di andare avanti e con un gesto scoraggiato se ne va)

Pasquale (che attende Luciano che esce dal portone) Ma… fosse caduto per le scale?

Sesella Non credo. Ah! Eccolo! papà eccolo! Che faccio?

Pasquale Salutalo. Vedrai che si volta e tu lo saluti…

Sesella (saluta con la mano) Non si gira, papà… non si gira.

Pasquale (standole alle spalle) Vedrai che si volterà…

Sesella (preoccupata) Non si volta, papà, non si volta… cammina in fretta… (intanto saluta con la mano)

Pasquale (si affaccia al balcone e chiama ad alta voce) Giacomelli? (ritornando subito indietro) Hai visto che s’è voltato? Salutalo… su…

Sesella (agitando il braccio e parlando ad alta voce) Arrivederci…

Pasquale (suggerendo alle spalle) Ci vediamo domani…

Sesella (ripete come un pappagallo) Ci vediamo domani…

Pasquale (suggerendo) Verrai, tu? Dagli del «tu»…

Sesella (ripete come sopra) Verrai? Verrai tu?

Pasquale (tra sé) Brava… faccia tosta: faccia tosta ci vuole.

Sesella (ripete, senza badare a ciò che dice) Faccia tosta… faccia tosta!

Pasquale (correggendola) No… no… (la tira a sé e le da un fazzoletto) Tieni… salutalo con questo… (mentre Sesella sventola il fazzoletto va a sedere vicino al tavolo un poco affaticato)

Sesella (ormai, Luciano si è perduto tra la folla e Sesella ritorna avanti. Ha gli occhi gonfi di lacrime e di riconoscenza verso il padre. Il suo sorriso radioso, ora, è anche ballo. L’amore la trasforma. Appare donna. Una donna che è amata dall’uomo che ama. Con la mano tremante accarezza la testa di Pasquale il quale non si muove e mormora) Papà?… (vuoi dire quanto ha sofferto fino a poco tempo prima… ma ora è felice) Papà… (infine prorompe) Papà… papà… papà…! (lo abbraccia con infinito affetto mentre cala la tela)

Fine della prima parte

Parte seconda

La stessa scena ma v’è intorno un’aria di grande occasione. L’ambiente è addobbato con festoni colorati, il lampadario è acceso e ornato di bandierine. Sul balcone fanno allegra figura parecchi lampioncini giapponesi illuminati, poiché è sera inoltrata. Al centro della scena, un po’ sulla sinistra, così da lasciare libera la visuale del balcone, v’è un tavolo da pranzo allungato, con tovaglia e sedie intorno, al centro vi figurano due poltroncine di mogano l’una accanto all’altra. Alle spalle del tavolo, al posto del pianoforte, che non c’è più, v’è una specie di grazioso «baldacchino» addobbato con stoffa celeste e rosa e qua e là qualche applicazione di fiori finti. In un angolo del «baldacchino», in alto, vi sono stati messi due bianchi piccioni, ad ali spiegate, becco contro becco. Sempre nella parte alta del «baldacchino» vi figura un grande quadro rettangolare con vetro opaco sul quale è stato scritto a grandi lettere: «Sesella e Luciano sposi e papà li benedice». Il quadro mostra una cornice fatta di fiori finti. Dal di dietro del «baldacchino» parte un lungo filo elettrico, con «peretta», che raggiunge la sedia messa a capo-tavola che è quella su cui siederà Don Pasquale. Il quadro, all’interno, è provvisto di lampadine che dovranno illuminarsi al momento opportuno.

Al levarsi del sipario, Don Pasquale, senza giacca, sudato, affaticato, cerca di aiutare Bebé il quale, senza giacca ma col monocolo, tenendo un martello tra le mani sta lavorando intorno al «baldacchino» e a tutta l’apparecchiatura elettrica; ma sembra stanco e soprattutto indeciso e impreparato a quel lavoro.

Pasquale (con evidente impazienza osserva Bebé che va avanti e indietro concludendo poco) Allora? Che si fa?

Bebé (asciugandosi il sudore e infilando la giacca) Io credo che ci siamo. Volete sedervi?

Pasquale (con tono severo) Siete sicuro che andrà bene? Sì? Sono dodici volte che mi assicurate che tutto va bene e invece la scritta non si illumina. Ed io sapete che vi dico? Se la sorpresa non riesce, in casa mia non ci metterete più piede: chiaro?

Bebé Padre Pasquale, ma voi siete curioso, sapete? Qua, niente po’ po’ di meno si tratta che voi, premendo una peretta, seduto sulla vostra sedia, dovete illuminare la scritta che sta là. Non è semplice la cosa.

Pasquale Ma voi mi avete detto che lo sapevate fare. Non avete voluto che io chiamassi l’elettricista, me lo avete fatto mandar via, avete detto: «Faccio io, faccio io. Ho capito di che si tratta…».

Bebé Si capisce. Quello sembrava che dovesse illuminare … l’Altare della Patria. Una cosa così semplice in fondo…

Pasquale E adesso dovete riuscirci, perché se non ci riuscite, ve l’ho detto, finisce male fra me e voi.

Bebé Non ci pensate. State tranquillo. Vi volete sedere o no?

Pasquale Un momento. (siede con precauzione) Facciamo anche la prova di quello che dovete dire, perché io lo so. Voi siete un rimbambito e tenete sempre la testa tra le nuvole. Dunque: quando io mi accorgerò che la conversazione è animata e cioè, quando ognuno discorre di qualche cosa: «…sotto… sopra… così… cosà…», voi, per distrarre l’attenzione degli altri, direte, ridendo e con molto entusiasmo: «Sentite una cosa…». Naturalmente tutti quanti, per prestare attenzione a quello che voi direte, non si accorgeranno del mio gesto che farò per accendere la scritta luminosa mentre dirò: «Benedetta, benedetta figlia mia!» Su, facciamo la prova. (siede mentre imita più o meno quella che sarà la conversazione degli invitati dicendo) … «sotto», «sopra», «così», «cosà»…

Bebé (lo guarda incuriosito senza comprendere)

Pasquale (a Bebé) Sentite una cosa…

Bebé (lo guarda aspettando)

Pasquale (ripete) Su?… Sentite una cosa…

Bebé (c.s.) Pasquale (urlando spazientito) Sentite una cosa.

Bebé E parlate… se non parlate io che sento?

Pasquale Voi dovete parlare, non io.

Bebé Come? Voi mi dite di voler parlare e invece parlo io?

Pasquale Sì, perché così abbiamo stabilito.

Bebé Chi lo ha stabilito, padre Pasquale?

Pasquale Insomma, Bebé, quando io parlo, voi a che pensate? Alle pecore in Puglia? (con un sospiro di sopporta­zione) Abbiamo detto, che per stornare l’attenzione degli altri, quando io girerò il braccio dietro alla mia sedia per premere la peretta e illuminare la scritta, voi direte: «Sentite una cosa…».

Bebé …ma voi dovrete dire: «Benedetta, benedetta figlia mia…».

Pasquale …dopo che voi avrete detto: «Sentite una cosa…»

Bebé …sotto, sopra, così, cosà…

Pasquale Questo lo debbo dire io. Rifacciamo: (siede assumendo un atteggiamento disinvolto e ripete) …sotto… sopra… così… cosà… (suggerisce a Bebé, sottovoce) Sentite una cosa…

Bebé (non mostra di capire e resta in silenzio)

Pasquale (ripete il suggerimento) Sentite una cosa… (Bebé ancora non capisce e Pasquale, perdendo la pazienza, grida) Sentite una cosa! Per Dio: sentite una cosa!

Bebé (indispettito come un ragazzo esclama) Non lo voglio dire!

Pasquale (fuori di sé) Allora fuori di casa mia. E non metteteci mai più piede.

Bebé (con tono forte dice uscendo) E me ne vado. (esce di scena)

Pasquale (parlandogli forte alle spalle) Superbioso! Fanatico! E lo dirò a vostro padre. A padre Bartolo! (ritornando) Imbecille! Guardate che specie di cretino doveva capitare in casa mia! (altre offese a soggetto) Bebé (dopo piccola pausa riappare sotto l’uscio) Io sono stato invitato e non posso mancare.

Pasquale Se volete restare dovete dire: sentite una cosa. Se no: fuori!

Bebé (dopo pausa si avvia rassegnato al suo posto)

Pasquale (rimettendosi a sedere, soddisfatto, riprende implacabile) Dunque: «sotto, sopra, così, cosà…»… Bebé (imbronciato, fra i denti) Sentite una cosa…

Pasquale «Benedetta, figlia mia… Benedetta». (fa per accendere ma la scritta resta smorzata) Avete visto?! Non si è accesa?! Non si è accesa! Ma insomma voi siete nato per l’espiazione dei miei peccati?! Non si accende!…

Bebé Padre Pasquale io ho messo tutto: nastro isolante, filo elettrico nuovo.

Pasquale Allora? Perché non si illumina? Guardate.

Bebé (girando dietro alla scritta) Ci deve essere qualche cosa. Uh! Padre Pasquale? Non ci stavano le lampadine!

Pasquale Che vi dovrei fare?!

Bebé Ho dimenticato di avvitarle. (passa dietro al «baldacchino»)

Pasquale Siete uno sciagurato. Non fate mai attenzione a quello che dovete fare. (alzando il tono della voce) Sbrigatevi.

Bebé (da dietro il «baldacchino») Solo due minuti. (da dietro il «baldacchino» giunge il rumore di una grossa lampada elettrica che è scoppiata cadendo in terra)

Pasquale Lo sapevo… Io immaginavo!

Bebé (affacciandosi da dietro il «baldacchino») Mi è scivolata di mano una lampadina. Queste lampade… le fanno con un vetro così sottile che per poco non ti si rompono nelle mani…! (ritorna dietro al «baldacchino»)

Pasquale Fate presto… Fate presto… è tardi, per Dio!

Bebé (ritornando avanti) Tutto fatto.

Pasquale Allora ripetiamo tutto. Sedete. (Bebé siede) Dunque: sopra… così… cosà… poi concludo: «Benedetta, benedetta figlia mia». (rivolgendosi a Bebé) Tocca a voi… (gli suggerisce la frase) Sentite una cosa…!

Bebé (con tono forte) Sentite una cosa… (Pasquale preme la peretta e il quadro del «baldacchino» si illumina dalla parte di dietro e in sovrapposizione alla scritta «Sesella e Luciano sposi e papà li benedice» sì vedrà una foto ingrandita di Pasquale, a mezzo busto, in attitudine di benedire) Ah! Che bello!

Pasquale Suggestivo! Suggestivo e… anche spiritoso, (si compiace) Una bella idea! (spegna il quadro e lo riaccende) Bello! (spegne) Nessuno tocchi questa sedia.

Bebé Intanto, padre Pasquale, avete fatto tutti questi preparativi per Sesella e per me e Giulia niente… Pasquale Che ci entrate voi due? Voi non avete bisogno di certe cose. Il vostro matrimonio è una cosa naturale: se Giulia non sposa voi, sposa un altro e… così volesse il cielo! Sesella no. Ma quel Luciano che buon giovane! E che bene si vogliono!

Bebè Strano, però. Appena si dichiarò con voi, innamorato di Sesella, partì e nessuno lo ha visto più. Anche al giornale. Dice che ha chiesto un permesso…

Pasquale Fu costretto a dover partire per un «servizio» giornalistico. Fu davvero una inaspettata coincidenza. Venne qui con una faccia… poverino. Mi sembrava un cadavere. Mi disse: «Don Pasquale è venuto il momento che debbo prendere il treno e me ne debbo andare… Fra quindici giorni sarò di ritorno». Ormai i quindici giorni sono passati e lo aspettiamo.

Bebé E vi ha scritto in questi quindici giorni?

Pasquale Un telegramma ieri sera. (lo prende dalla tasca)

Bebé (meravigliato) E questo è tutto?…

Pasquale Avrà avuto da fare. Chissà quante preoccupazioni e responsabilità, (legge il telegramma) «Arrivo stasera. Stop. Bisogna mettere a posto le cose. Stop. Luciano».

Bebé E che cosa intende mettere a posto?

Pasquale Le cose che riguardano il matrimonio… si capisce. Non capite mai niente.

Antonietta (con posate che mette ai posti, a tavola, mentre parla) Mamma mia che disordine! Chi è stato a guastare tutto, qui? Che disordine!

Bebé È stato padre Pasquale. Per mettere a posto le lampadine…

Pasquale Sì… Sono stato io. Sesella dove sta?

Antonietta Sesella stamattina sta più nervosa del solito: non ci si può nemmeno parlare…

Pasquale Perché? Che le avete fatto?

Antonietta Chi le ha fatto niente? Quella è nervosissima. Tutto non sta a posto, fa rimproveri a tutti quanti…

Pasquale Capirai, adesso è fidanzata. E’ tutta un’altra cosa.

Antonietta Papà siete stato proprio voi a guastare Sesella. Quella non diceva una parola, non la vedevi e non la sentivi. Adesso si profuma, si fa il manicure, si trucca.

Pasquale Sentitela! Si trucca. E tutte quante voi che fate? Eternamente a fare le scimmie davanti allo specchio! L’ho modernizzata. Adesso è un’altra cosa.

Giulia (dall’interno, con voce alterata dalle lacrime, grida) Una volta per sempre ti dico che devi smetterla.

Sesella (dall’interno gridando con collera) Un’altra volta starai più attenta. Non sono più la stupida di una volta!

Giulia (sempre dall’interno, continua) Se non la smetti lo dirò a papà!

Sesella (dall’interno, con lo stesso tono di voce) Me ne infischio di papà! (più forte) Va via! Va via!

Giulia (viene fuori con una mano appoggiata alla guancia) Questa era la scema? La buona buona? M’ha dato uno schiaffo!… Uno schiaffo tremendo. Papà quella non deve fare più la prepotente. Ogni cosa mena le mani, comanda che mi sembra lei la padrona di casa. Ma che facciamo?

Pasquale (trovando anche lui che Sesella comincia ad esagerare ma non sapendo che dire) Bisogna compatirla. È fidanzata…

Giulia Che c’entra? Allora adesso che torna Carmelina, sposata, che deve fare? Ci deve prendere con la scopa a tutti quanti? Ci ammazzerà?

Bebé Quella ti ha fatto sulla gota il segno delle cinque dita…

Pasquale Non esagerate. Dove sta questo segno?! Piuttosto, fatemi un favore voi due. Andate all’angolo della strada, c’è il cocomeraio, Bastiano, un’ora fa, passando, gli ho ordinato due cocomeri. Andateli a prendere. Li mettiamo in fresco sotto il rubinetto della fontana in cucina.

Bebé (guarda Giulia) Ma come, padre Pasquale? Io elegante come sto, con la mia fidanzata appresso, vado da Bastiano a comprare i cocomeri? Io sono un signore.

Pasquale (alzando la voce) E Bastiano è più signore di voi perché lavora, capite?!… Del resto… o andate a prendere i cocomeri o vi caccio via di casa.

Bebé Ma che pretesa è questa?

Pasquale (tagliando corto) Andate. (a Giulia) Vai pure tu, vai.

Giulia Se ci va lui perché ci debbo andare anch’io?

Pasquale Avresti vergogna forse? È tempo che vi togliate tutte queste idee snobistiche. Io, quando ero giovane… andavo in giro con i pacchi così grossi. Mio padre me li faceva portare perché non me ne vergognassi.

Bebé (fra i denti) Che bel modo di pensare! (con l’andare dinoccolato prende Giulia sottobraccio e si avviano a sinistra)

Pasquale Tutto è a posto?

Antonietta A me sembra che ho messo tutto. Non so se ci vuole altro. Lo domando a Sesella. Se risponde male ti faccio sentire!

Pasquale Calma, calma… Non facciamo storie.

Antonietta (sotto l’uscio a destra parlando a Sesella) Sesella? Puoi venire a vedere se ci manca niente a tavola? Puoi lasciare un momento?

Sesella (dall’interno) Sto cercando il pacchetto di sigarette che mi sono comprato stamattina e non lo trovo.

Antonietta Lo cerchi dopo. Non è una cosa necessaria che devi trovare subito…

Sesella (di rimando) Lo debbo trovare immediatamente. Ho voglia di fumare!

Pasquale Sesella figlia mia… Il pacchetto di sigarette lo cerchi dopo. Qui non sanno che debbono fare. Si deve finire di apparecchiare la tavola… per il pranzo.

Sesella (urlando) Uffa! Pure tu, papà?! Non ne posso più! (fragore di qualcosa che va in frantumi)

Pasquale (ad Antonietta) Che avrà rotto?…

Sesella (entra a destra con in mano un vaso di fiori. È truccata fortemente, capelli corti, abito giovanile, fresco, di colore chiaro. Un insieme triste e buffo. In tutti i suoi gesti c’è lo sforzo, il disperato tentativo di mettersi al passo con la gioventù. Cammina male sui tacchi alti. Ha calze di seta fittissime. Esce fumando una sigaretta e mandando delle grandi boccate di fumo) Ho rotto la campana di cristallo. Ecco i fiori. (depone i fiori nel centro della tavola) E le posate? (a voce alta) Queste avete messo: queste?

Antonietta E quali dovevo mettere?

Sesella Quelle d’argento! Insomma? Credete che oggi sia una giornata come le altre?

Antonietta E dove stanno quelle d’argento?

Sesella Non lo so dove stanno. (seguita a fumare nervosamente)

Pasquale (prendendo delle chiavi dal panciotto le porge ad Antonietta che le prende e sta per avviarsi) Mi raccomando. Aprendo l’argenteria non far cadere niente. Attenta ai bicchieri del servizio antico…

Sesella (ride) Pure se si rompono, papà, che fa? Si comprano quelli più moderni, più di moda…

Pasquale (poco convinto) Già… si comprano quelli più di moda… (piano ad Antonietta) Non far rompere niente se no ti rompo la testa!

(Antonietta esce)

Sesella (seguita a passeggiare per la scena. Si guarda allo specchio, sorride alla sua immagine e fuma)

Pasquale (l’osserva. È imbarazzato, si sente a disagio di fronte a questa «nuova» Sesella così lontana da quella che ha sempre amata col suo cuore di padre amoroso. Un pizzico di rimorso lo fa soffrire: in fondo è lui, sempre lui che la storpia, povera creatura! È così ridicola! Ma come dirglielo?)

Sesella (siede accavallando le gambe)

Pasquale (sorride forzatamente) Come sei cambiata! Brava. Queste che hai messo sono le calze che ti ho portate io l’altro giorno?

Sesella No. le tue non mi piacevano. Erano troppo ordinarie! Ho comprato queste. Sono lunghe. Guarda, (vorrebbe alzare la gonna)

Pasquale (la ferma) Non occorre. Non so, però, se Luciano approverà queste spese. Tu lo sai, guadagna poco…

Sesella (con sufficienza) Papà, hai dimenticato che io ho una dote? Se dovessimo vivere con lo stipendio staremmo freschi! Io non voglio rinunziare a niente! Voglio avere una bella casetta moderna, con cucina americana e televisione. Voglio andare alle «prime» teatrali, al cinema, ai festival, voglio andare ai monti, al mare, voglio avere una bella pinacoteca, una discoteca, una ricca biblioteca. E Luciano mi deve accontentare. La vita, papà, mi chiama con tutte le sue lusinghe, con tutte le sue illusioni, con tutte le sue realtà… e la voglio vivere!

Pasquale Sei sempre innamorata? Dimmelo come me lo dicesti quel giorno. Quando mi appoggiasti la testa sulle spalle e piangevi. Ti ricordi, Sesella? (un rimpianto è nella sua voce) Non riuscivi a dire una sola parola tanto eri emozionata e un po’ mortificata.

Sesella Che stupida, no? Già! Piangevo così facilmente! Ma le ragazze di oggi, papà, le vedi mai piangere? Mai. Nemmeno se ci metti sotto agli occhi una cipolla. (ride) Ed io non ho più soggezione di te. Perché dovrei averla? Prima di tutto mi sono risvegliata da quel torpore che mi aveva preso. Poi so che a te fa piacere vedermi trasformata. E infine, poi… (con un tono incerto) Infine se si vuole conquistare la vita si deve fare così… No?…

Antonietta (riportando le chiavi a Pasquale e mettendo a tavola le posate d’argento) Tieni papà.

Giulia (entra tenendo tra le mani un grosso cocomero e parlando a Bebé che la segue portando anch’egli un grosso cocomero) E cammina, Bebé, cammina. Sembra che tu stia portando il mondo in mano.

Bebé (entrando) È pesantissimo quest’accidenti, lo vuoi capire o no? (rivolgendosi a Pasquale che lo sta osservando) Dove si deve mettere questo coso?

Pasquale Prima di tutto prendete anche quello che porta Giulia. Che cavaliere siete?

Bebé (prende il cocomero che Giulia tiene in mano) Ecco qua. Quello uno è già pesante… figuriamoci due…! Beh? Che si deve fare?

Pasquale Andate in cucina e metteteli tutti e due sotto la fontanina dello sciacquatolo.

Bebé (di malavoglia) Va bene! (esce di scena)

Giulia Ah, a proposito, papà di là c’è il compare con la moglie…

Pasquale E me lo dici adesso?

Giulia Tenevo il cocomero in mano.

Pasquale Dove stanno?

Giulia (mostra la porta a destra) Nel salottino.

Pasquale (va a riceverli) Ma vedete che figure debbo fare! Favorite, cara comare! (via ritornando subito con i due)

Matteo (è un uomo sulla sessantina) Caro Pasquale. (dietro a lui entra Giacinta. Donna anziana sulla cinquantina. Ha l’aria trasognata, sembra che abbia sonno. Matteo le dice sottovoce) Adesso stiamo in casa d’altri… dopo ne parleremo. Questa è una maledetta cosa, deve finire, hai capito? Deve finire! Saluta, saluta.

Giacinta Buonasera a tutti.

Pasquale Siediti Matteo. Antonietta, fai sedere il compare e la comare.

Matteo Grazie.

Giacinta Grazie.

Matteo (guardando Sesella) Sesella? Caspita! Che eleganza! Non ti vedevo da parecchio tempo. Brava! Auguri. (a Giacinta) Dalle i fiori. Me li hai fatti comprare e te li tieni in mano?

Giacinta (dandole un fascio di rose) Auguri.

Sesella Grazie. Come sono belle! (le mette a tavola)

Pasquale Stavate altercando?

Matteo La solita storia, amico mio. Il sonnambulismo…

Pasquale Ancora?

Matteo Io debbo pensare alla mia professione, in questo pe­riodo, per esempio che ho un grosso appalto di pit-ture reclame alla mostra «Italia del duemila» e questa (indica sua moglie) mi dà preoccupazione. Un lavoro eccezionale, centinaia di metri quadrati di pittura che mi costringono a dover lavorare anche di notte (indicando sua moglie) e mi tocca correrle dietro sul terrazzo, sul cornicione del palazzo… Pasquale Addirittura?

Matteo E ci cammina come se si trovasse a casa sua…

Giacinta …e ricordati di non svegliarmi perché potrei morire.

Pasquale …e perché non la svegliate?

Giacinta Avete detto una cosa spiritosa? Sì? Vorrei vedere voi, preso dal tormento del subcosciente. Sentirvi come su di una nuvola di ansie. Insomma? Credete che io lo faccia di proposito?

(Entra Bebé e si unisce al gruppo)

Matteo La notte scorsa è scesa per le scale, in camicia, coi capelli sciolti, pallida, con una candela accesa tra le inani…

Pasquale Mio Dio, che impressione! Ma ne avete sempre sofferto?

Giacinta Da signorina, mai… i primi disturbi li ebbi dopo un mese di matrimonio.

Pasquale Allora è colpa tua, Matteo bello: le hai fatto un brutto effetto.

Giacinta Proprio così. Glielo dico sempre e non mi vuol credere. Delle volte mi basta fissarlo un po’ che mi viene il sonno.

Pasquale Matteo bello, le fai l’effetto di un decotto di papaveri.

Matteo Scherza, scherza. Ma parliamo del necessario. (osservando sua moglie che si è addormentata) Guardatela! S’è addormentata. Giacinta?

Giacinta Non dormivo, sentivo tutto ad occhi chiusi. Parla, parla…

Matteo Festeggiamo il fidanzamento di Sesella, eh? Bene! Sono proprio felice.

Pasquale Tra poco arriverà anche Carmela. Ritorna da Palermo… e faremo una sola festa.

Matteo (alla moglie, svegliandola) Hai sentito?

Giacinta Auguri e figli maschi, don Pasquale.

Pasquale Che c’entro io?

Sesella (venendo dal balcone) Papà! Che piacere! Sta venendo Carmelina col marito. Vado ad aprire la porta! (fa per correre ma inciampa e sta per cadere)

Pasquale Piano, per carità! Ma perché devi andarci tu? Ci sta tanta gente! Bebé? Andate ad aprire la porta.

Bebé Io? E che sono il servitore?

Pasquale Che c’entra il servitore? È giusto che ci vada una signorina?

Bebé Ma…

Pasquale (facendogli un’occhiataccia) Andate ad aprire la porta.

Bebé (andando mormora) Cose da pazzi. Io sono un signore. (esce)

Pasquale (si alza ed esce anche luì) Evviva gli sposi!…

(Tutti vanno incontro a Carmela ed Alberto che entrano dalla destra)

Carmela (entra ed abbraccia Sesella, saluti, espansioni di tutti. Dalla sinistra entrano Maria con Antonietta sempre affaccendate per preparare la tavola da pranzo) Finalmente! Come state? Papà state bene? Sesella? Maria! Antonietta!

Bebé (entra con le valigie degli sposi) Dove devo metterle?!

Sesella In camera mia.

Bebé (uscendo di scena) Anche il facchino mi tocca fare. (esce)

Sesella Abbracciami Carmela!

Alberto Cara Sesella! Come stai bene e come sei elegante! (rimane a conversare sottovoce con Sesella e gli altri)

Matteo (notando che Giacinta s’è addormentata la scuota) Giacinta? Sveglia, sveglia!

Giacinta (sussultando dice) Auguri e figli maschi!…

Matteo (tra sé) Rimbambita! (rivolgendosi ad Alberto) Dove siete stati, Alberto?

Alberto A Palermo, compare. Lì ci sta una buona parte della mia famiglia, zii, cugini…

Carmela Ci siamo molto divertiti, papà. Ogni sera andavamo a teatro. Siamo stati in gita a Monte San Pellegrino, siamo stati a Taormina.

Matteo Avete avuto un buon viaggio?

Alberto Ottimo. Il mare mi sembrava una tavola.

Bebé Tu lo soffri il mare?…

Alberto No. Perché?…

Bebé Io a mare divento uno straccio. (suona il campanello dell’ingresso)

Bebé (cerca di svignarsela, ma è chiamato da don Pasquale)

Pasquale Bebé? Andate ad aprile la porta!

Bebé (sbuffando va ad aprire) Che bel comandino! (via, poi torna) La signora Amalia.

Tutti (si alzano facendo molte cordialità alla nuova arrivata) Avanti… Avanti!

Amalia (è la signora del terzo piano, giovane, piacente) Auguri a tutti.

Matteo (a sua moglie che sembra addormentata) Saluta.

Giacinta Auguri e figli maschi…

Amalia Don Pasquale, voi state per una mancanza: che diavolo? Stiamo nello stesso palazzo, siamo amici, e quella che manca alla festa sono proprio io? Scusate, ma non sta.

Pasquale È un appunto che non merito. Intanto vi presento il nostro compare e la sua signora. Il marito di mia figlia lo conoscete… ecc. (saluti e strette di mano a soggetto)

Amalia Piacere. (tutti seggono)

Pasquale Noi, non abbiamo fatto il nostro dovere invitandovi, perché, come dire, sappiamo che vostro marito è geloso. E siccome in casa mia vengono sempre giovanotti, amici dei fidanzati delle mie figliole…

Amalia Sì, è geloso. Ma chi gli dà retta? D’altra parte oggi non c’è, è partito per affari, allora ho pensato: che faccio sola in casa? Vado da don Pasquale.

Pasquale E avete fatto bene.

Amalia (a Carmelina) Finalmente sposi. Brava. M’ha fatto tanto piacere.

Carmela (a Sesella) E quando sposi?…

Sesella Forse tra un mesetto… Ho tutto pronto.

Pasquale Che corredo! Non ho badato a spese. Sesella faglielo vedere…

Sesella Sì, venite…

Tutti (escono conversando a soggetto)

Matteo (alla moglie) Svegliati…

Pasquale Il pianoforte l’ho portato dentro. Fate un po’ di musica. A momenti arriverà Luciano…

Sesella (sotto l’uscio, rimasta ultima) Papà… ma quando arriva? Come va che non è venuto ancora?!

Pasquale Verrà, verrà… Non ci pensare. Sono quasi le nove. Vai, divertiti.

Sesella Vieni anche tu, papà. (escono di scena)

(Dopo breve pausa, dall’interno, squilla il campanello d’ingresso. Dopo poco, Bebé entra e attraversa la scena, ne esce, poi ritorna precedendo Luciano)

Bebé Tu che dici?

Luciano Sono venuto deciso. Sono qui apposta per mettere onestamente in chiaro tutto. E impossibile far correre ancora l’equivoco. Da quindici giorni non riesco a trovare un pretesto valido, una scusa qualunque per disimpegnarmi, così, senza rancori… per scombinare ogni cosa… Non ci riesco… Non ci riesco! Non trovo niente: niente.

Bebé Calmati. Tremi tutto.

Luciano Conosci il mio carattere. Io stimavo don Pasquale, ed è stata questa stima che ho sempre avuta per lui, che al momento opportuno, non mi ha fatto avere il coraggio di dirgli che si trattava di un equivoco. Io alludevo ad un’altra persona. Non ne ebbi la forza e adesso… adesso… (di dentro si ode un pianoforte che suona un ballabile. Risate ed applausi)

Bebé E che avverrà quando padre Pasquale verrà a sapere che non te la vuoi sposare?… Ha fatto tanti preparativi! (guarda la scritta luminosa) Guarda là. Tutta una giornata di fatica per niente! E Sesella? Ce lo potevi dire subito. Non t’avrebbe mangiato certo…

Luciano Non hai capito niente. Ho taciuto per non darle un dolore. Stupidamente, Sì, ma per questo ho taciuto. Durante il tempo che sono stato lontano non ho dato notizie di me, sperando che capissero qualche cosa. Niente. Due giorni fa ricevetti questo telegramma: «Ti aspetto fiduciosa. Sesella». Ho capito allora che la cosa era seria veramente ed ho deciso di arrivare stasera.

Bebé (preoccupato) Sarà un grande dolore. Come si farà?

Luciano (deciso) Gli scriverò una lettera adesso.

Bebé Non ti fai vedere?

Luciano Una lettera… e gliela consegnerai tu.

Bebé (spaventato all’idea) Io?! Tu scherzi. Padre Pasquale mi ammazza!

Luciano E che cosa c’entri tu?! Tu sei un amico. Bebé… qui si tratta di vita o di morte. Non mi abbandonare, te ne prego.

Bebé (fra sé) Madonna mia aiutami!…

Luciano (caccia un blocco notes, la stilo e comincia a scrivere seduto all’angolo del tavolo) Avvisami se dovesse venire qualcuno.

Bebé (alla porta) Rimango a guardare.

Pasquale (di dentro, con voce allegra, facendo zittire il vocio degli altri) Silenzio tutti! Adesso, Sesella, vi farà sentire il pezzo di musica che ha causato il suo primo incontro con il fidanzato. Su Sesella, suona…

(Si odono voci allegre che invitano Sesella a suonare. Piccola pausa e si udranno le note di «La preghiera di una Vergine». Su queste note Luciano ripete le parole che va man mano scrivendo nel biglietto. La musica diventa commento e termina allo stesso punto del biglietto)

Luciano (scrivendo) «Caro don Pasquale, con voi non mi riesce di mentire. Siete un uomo che io stimo e voglio bene. No. Voi non meritate un vile calcolo. Un matrimonio d’interesse sarebbe la morte. Non amo vostra figlia e non l’amerò! Partirò e non mi rivedrete mai più». (Porgendo il biglietto a Bebé) Tieni, parto col treno delle dodici. Mi allontanerò per un po’ di tempo.

Bebé Ma non ti fai nemmeno vedere? C’è anche Carmela con suo marito.

Luciano Col marito?… No. Non voglio vedere nessuno. Addio. Salutami gli amici. (via per la comune)

Pasquale (di dentro) Vengo subito. (esce e va direttamente all’etagère a prendere una bottiglia)

Bebé (è rimasto col biglietto fra le mani e non sa che fare)

Pasquale (vedendo Bebé) Che avete? É successo qualche cosa?… (mette fuori l’orologio e guarda l’ora) Avete notizie di Luciano? Sapete forse che non arriva…

Bebé (deciso ormai a parlare) Padre Pasquale, la vita è fatta così. Malgrado tutte le cattive maniere che usate con me io sono sempre lo stesso e certi dispiaceri non ve li dò. La mia parola è una. Luciano è stato qui!

Pasquale Che significa? È stato qui?

Bebé Questo biglietto me l’ha consegnato lui poco fa. Io non volevo ma lui ha insistito perché ve lo consegnassi. Ho fatto il mio dovere, (consegna il biglietto)

Pasquale (legge. Impallidisce. Si passa la mano sopra i capelli, guarda Bebé. Il suo sguardo è disperato. Alza gli occhi a guardare la scritta. Un sorriso amaro scompone il viso bonario. Infine dice con voce un tantino alterata dall’emozione) Già, è vero! Voi siete un buon ragazzo. Ed io, a volte, non so dimostrare. Fatemi il favore di far venire da me il compare.

Bebé Vado. (esce)

Matteo (entra, dopo pausa) Che c’è Pasquale? Mi hai cercato?

Pasquale (è indeciso, non sa come cominciare a spiegarsi) Sì… vorrei dirti… ti prego, siedi. (seggono l’uno vicino all’altro con le spalle girate verso la porta di sinistra)

Sesella (entra dalla porta di sinistra non vista da Pasquale e Matteo, sta per dire qualcosa, ma si ferma e resta in ascolto)

Pasquale Mi succede una cosa brutta: brutta assai.

Matteo Mi spaventi. Di che si tratta?

Pasquale (mostrandogli il biglietto di Luciano) È una lettera che mi ha scritto Luciano, leggi. Pensa un po’, alla vigilia del fidanzamento. (Matteo prende la lettera e legge mentalmente) Come regolarmi con mia figlia? Come? Ne riceverà un dolore e non è una ragazzina. Come farò a parlarle? Che non l’amasse me lo poteva dire prima. Non ne ha avuto il coraggio, e adesso non è la stessa cosa? Anzi, adesso, è stato peggio.

Sesella (non batte ciglio, È impietrita)

Pasquale È il crollo di tutto!

Matteo Capisco perfettamente il tuo stato d’animo che è quello di un padre affettuoso. Tu comprendi chiaramente che Sesella soffrirà per colpa tua, se colpa possiamo chiamare quella di un padre, che a fin di bene, crede di poter mutare, così, da un momento all’altro, il destino di una sua figliuola che ha raggiunto, zitella, la bella età di quarant’anni! A me, checché se ne dica, che dirti? mi piaceva com’era prima: semplice, buona, seria. Adesso, scusa, ti ho sempre parlato con franchezza e lealtà, è ridicola. Se ti era rimasta in casa significava che quella doveva essere la sua vita, perché, in fondo, era la volontà di Dio dopo la morte di mia moglie, quella santa donna. Il suo spirito, saggio, affettuoso e puro, era diventato tutt’uno con l’affetto filiale di Sesella. Non preoccupartene, adesso, a Sesella, le parlerò io se… vuoi?

Pasquale Parlaci tu. Io non ho il coraggio.

Sesella (si avvia lentamente sparendo a sinistra)

Matteo (confortando Pasquale) Adesso non stare così… stai su… aggraveresti la situazione. Troveremo una scusa… un pretesto… lasciami pensare.

Carmela (entrando, allegra, seguita da tutti gli altri) Papà? Ma quando si mangia? Qui tutti reclamano. Luciano a che ora ha detto che sarebbe arrivato?

Matteo Mettiamoci pure a tavola, perché Luciano ha telefonato poco fa… ha dovuto recarsi dal suo direttore al giornale per comunicazioni urgenti, urgentissime e… forse tarderà molto.

Pasquale Già… ha detto così.

Giulia Allora a chi aspettiamo? Io ho un appetito che svengo.

Alberto Anch’io, veramente.

Antonietta Ognuno al suo posto, ci sono i cartellini… (ridendo) così ha voluto Sesella.

Matteo Come nei grandi ricevimenti.

(Ognuno cerca il suo posto. Si chiacchiera animatamente. Infine, i posti, saranno così distribuiti: al centro della tavola, le due poltroncine di mogano resteranno vuote, ai lati siederanno Carmelina, Alberto, Giulia, Bebé, Antonietta, Maria, la signora Amalia, Giacinta e Matteo)

Pasquale (rimasto da parte domanda, ansioso) E… Sesella? Dove sta Sesella?

Giulia Ce ne siamo dimenticati. Dove sta?

Pasquale (altarmatissimo) Sesella?

Sesella (compare sotto la porta vestita perfettamente come nella prima parte del lavoro. Ha rimesso il grembiulino e le scarpe senza tacco. Ha portato indietro i capelli e quell’aria ridicola di una volta è sparita per dar posto alla serena purezza del suo carattere. Il suo sguardo è limpido, dolce, rassegnato, Ha fra le mani una zuppiera fumante. La sua voce è buona, tranquilla, guarda negli occhi Pasquale come a rassicurarlo) Sono qua, papà. (Tutti la guardano e un religioso silenzio si fa attorno a lei. Qualcosa aleggia nell’aria di bello, di sublime. Pasquale la guarda affascinato. Sesella depone sul tavolo la zuppiera, prende il mestolo e rivolgendosi a Matteo dice) Mi date il vostro piatto, per favore?

Pasquale Faccio io?…

Sesella (lo guarda sorridendo) Perché papà?… Faccio io. Ho sempre fatto io!

Sipario