TRE POVERI IN CAMPAGNA

Tre poveri in campagna

di Peppino De Filippo

Personaggi

Liborio Scortico Cesarino Celestino Michele, oste Un garzone di osteria Primo suonatore Secondo suonatore Posteggiatrice Primo gendarme Secondo gendarme

Epoca 1900

Una strada campestre con panorama di Napoli. In prima quinta, a destra dell’attore, un’osteria. Fuori vi saranno un tavolo e tre sedie, piú discosta, una panchina. All’alzarsi del sipario, dall’interno dell’osteria, si sentirà un concertino di mandolini e chitarra. Finita la musica, applausi interni; indi, voci interne di ordinazioni.

1` voce (d. d.) Cameriere!…

Garzone (d. d.) Comandi ?… Va bene… Un timballo al n. 5 ! 2` voce (d. d.) Cameriere!…

Garzone (d. d.) Comandi?… Sissignore… Un filetto ai ferri al 4 ! 3` voce (d. d.) Cameriere!…

Garzone (d. d.) Eccomi, signore! Benissimo: due braciole al 3 !

Celestino (che è entrato dalla parte opposta all’osteria, e ha ascol­tato le ordinazioni) Disse bene quel gran poeta… come si chiamava ? Si chiamava… non me ne ricordo. Disse: «Chi non mi conosce di persona, mi conosce di fama». Io lo so bene perché da tre giorni sono letteralmente digiuno: di fame ne ho! Maledetta disoccupazione. Non so proprio come fare per mangiare. Faccio debiti ? E con chi? Io sono indebitato con tutti. Fra le altre cose, comincio a sentire una strana sonnolenza che mi confonde il cervello e mi dà una gran voglia di dormire. (voci interne) Intanto, questo odorino che arriva dal­l’osteria… deve essere odore di…

Garzone (d. d.) Braciole al 3 !

Celestino (sospirando) Ah, le braciole! (annusa l’aria) E questo deve essere odore di…

Garzone (d. d.) Pollo al forno al 7 !

Celestino Ah, il pollo! (si sdraia sulla panchina e si addormenta)

Cesarino (entra, vestito molto poveramente) Aveva ragione mio padre! Giocatori e innamorati sono sempre disperati. Il vizio del gioco mi ha portato alla rovina e mio zio mi ha scacciato di casa, non vuole piú saperne di me, povero sventurato! E intanto io muoio di fame. Poco fa ho visto per terra, in strada, delle bucce di piselli, belle… carnose… appetitose… stavo per prenderne una manciata, ma non mi è stato possibile perché proprio in quel mo­mento è arrivato uno spazzino e… vrun !, ha spazzato via tutto. Sventurato anche in questo. Non ho mai pro­vato una fame come quella di oggi! Anima di mio padre, anima di mia madre, anime dei miei fratelli, ani­me delle mie sorelle e di tutti i morti miei, fatemi man­giare! (Celestino, sempre sdraiato sulla panchina, lunga­mente sospira) Ecco: chi tanto e chi nulla! Quello, sa­zio… e io… Insomma, che facciamo? Debbo proprio morire di fame ? Voglio mangiare! Voglio mangiare!… Ora mi siedo qui, c’è un odorino… (siede al tavolo)

Liborio (vestito miseramente) Povero me, sono giunto all’ultimo gradino della disperazione. Io, un letterato, costretto a patire la fame. Sento che le gambe non ce la fanno piú a reggermi e a camminare, ma non mi posso fer­mare perché se mi fermo, non resto in equilibrio e cado. Ho letto sul giornale che cercano una balia e un cameriere. Come balia non è possibile, debole come sono, come farei ad allattare? L’unica cosa sarebbe di presentarmi come cameriere, anzi come maggiordomo, cosí non farei niente tutto il giorno e mangerei di piú. Ma come faccio ad arrivare a piedi in città ?

Michele (d. d.) Due spaghetti al n. 4!

Liborio Oh, gli spaghetti! Quanto pagherei per mangiarne un filo lungo da qui fino a Parigi!’

Michele (d. d.) Quattro salsicce al 3 !

Liborio Ah, le salsicce ! Mi stenderei sopra un letto di salsicce con contorno di patate. (voltandosi e vedendo Cesarino) Quel giovanotto, lo conosco. Abita nel mio palazzo, so che è di famiglia per bene; adesso mi faccio coraggio e

gli chiedo in prestito una lira. Mi pare che si chiami Cesarino. (lo saluta)

Cesarino (rispondendo al saluto e venendo avanti, a parte) Quel signore, lo conosco! Mi pare che abiti nel mio palazzo. Ora mi faccio prestate una lira assicurandogli che gliela farò rimborsare da mio zio… Si, s1, adesso faccio l’im­broglio. Libo-rio Come va ? La famiglia sta bene ? Cesarino Bene ! E la vostra ?

Liborio Benissimo.

Cesarino Sono contento! Però…

Liborio … però ?

Cesarino …ecco… mi potreste dare in prestito una lira… che…

Liborio Ho capito: voi, come me, non avete un centesimo. E, come me, avete appetito e cercate il mezzo per man­giare.

Cesarino Sono digiuno da tre giorni.

Liborio lo, da tanti giorni che neanche me ne ricordo piú. (nel voltarsi vede Celestino che sta sdraiato sulla panchina senza dar segno di vita) C’è un uomo, li.

Cesarino È vestito male!

Liborio Sarà un forestiero. Facciamo una cosa: cerchiamo di far amicizia. 1 forestieri, di solito, soffrono di solitudine e cercano sempre amicizia. Diamogliela, questa amicizia. Una parola tira l’altra e ci facciamo invitare.

Cesarino E come facciamo

Liborio Lascia fare a me. (passeggia per la scena assumendo un atteggiamento disinvolto)

Cesarino Di che paese sarà ?

Liborio Sarà della Scandinavia. (con fare allegro e spensierato dice forte) Viva la Scandinavia! (Celestino non dà segni di vita) Non è scandinavo.

Cesarino Sarà polacco.

Liborio (forte) Viva la Polonia! (Celestino come sopra) Non è polacco. Forse sarà lituano… (forte) Viva la Lituania! (Celestino come sopra) Questo sarà uno snazionalizzato.

(approfittando che Celestino lo guarda) E cosí ? Co­me va?

Celestino (quasi senza fiato) Eh l…

Cesarino (a Liborio) $ italiano!

Liborio (a Celestino) Bella giornata, eh ? (Celestino fa cenno di si) È venuto a pranzare qua ?

Celestino Già. Ho fatto una passeggiatina e ora ho intenzione di mangiare in quella trattoria. (a parte) Potessi scroccare un pranzo a questi signori ? Ora tento.

Liborio Anche noi abbiamo la stessa intenzione, ma aspettavamo degli amici che non sono venuti, e ora siamo soli…

Celestino Bene… perché non pranziamo assieme, cosí ci faremo compagnia.

Liborio Perché no ? Accettiamo. Che simpatico amico, datemi un abbraccio.

Celestino Con tutto il cuore. (si abbracciano e si tastano le tasche a vicenda) Beh ?

Liborio Ma voi, i soldi, dove li portate ?

Celestino E chi ne ha mai visti?… Voi, dunque, siete?

Liborio Due disperati morti di fame. Sono giorni che non mangio!

Celestino Anch’io!

Liborio Vi propongo una cosa: facciamo tutti e tre una allean­za offensiva e difensiva, e quando vorremo mangiare…

Celestino … ci mangeremo l’un l’altro!

Liborio Troveremo il modo per raggiungere lo scopo. Uniamoci tutti e tre: l’unione fa la forza.

Cesarino Si, ma la nostra unione fa debolezza.

Liborio lo ho pensato una cosa: fingiamo di litigare. (a Cele­stino) Io dirò di essere tuo fratello… tu, permetti che ti dia del tu?

Celestino Tanto, per quello che costa.

Liborio (a Cesarino) Allora, tu sei mio figlio, suo nipote, lui è tuo zio. Io fingerò di volerti picchiare… perché? Per­ché sei scappato di casa. Perché sei scappato di casa ? Perché hai rubato.

Cesarino Io? No! Io non ho rubato… (piagnucola)

Liborio Ragazzo, tu mi devi capire. Tu vuoi mangiare ? Cesarino SL

Liborio E mi devi capire. Fingi di aver rubato. Allora, io che ho fatto?

Cesarino Che hai fatto ?

Liborio Mi sono travestito da povero per non farmi riconoscere e ti ho raggiunto. (a Celestino) E anche tu, per correre in difesa di tuo nipote, ti sei travestito da… povero, ci hai raggiunto e litighiamo. Io dirò: «Assassino… ti vo­glio ammazzare!» (a Cesarino) Tu allora dirai: « Papà, zi zio… zi zio papà! » (a Celestino) Tu griderai: «La­scialo stare, lascialo stare… cosa ti ha fatto infine non so». Verrà fuori l’oste, cercherà di mettere una buona parola, io griderò: «Questo birbante mi ha rubato un sacchetto di monete d’oro. Assassino! Assassino, ti am­mazzo! » (a Celestino) Tu griderai: «Basta! Infine è tuo figlio, mio nipote, e quello che ti ha rubato te lo renderò io». A questo punto, ti perdono.

Cesarino Subito ?

Liborio Subito. Dobbiamo mangiare, non c’è tempo da perdere. Fatta la pace, dirò: «Bè, ragazzi, per festeggiare la pace andiamo a farci un bel pranzetto dalla Campagno­

la, e canteremo: «Campagnola, campagnola, sarà l’aria sarà che, ma quest’aria mi consola e mi fa sentire un re… » L’oste dirà: « Eh, no: vi trovate qui, restate a man­giare qui. Accomodatevi». Noi ci faremo pregare un po’, non tanto perché non siamo in condizioni di cor­rere rischi, poi accetteremo e dopo esserci rimpinzati ben bene. quando il «negriero», il «tiranno» ci presen­terà il conto, noi diremo: «Cosa> Volete essere paga­to ? Siete stato voi a farci rimanere qui, noi si voleva andate dalla Campagnola! » Chiaro ?

Celestino Ottima idea.

Liborio Cominciamo subito, allora. (come a concerto) Guarda se c’è l’oste.

Cesarmo (guarda verso l’interno dell’osteria) C’è… c’è…

Liborio Forza allora. (grida f orze) Assassino… assassino!… (nel­l’indietreggiare dà una spinta a Celestino che vacilla e sparisce di scena. Liborio, si volta e non lo trova piú. Celestino, dall’interno, manda un lungo lamento; Libo­rio e Cesarino vanno a soccorrerlo ed entrano, ritornan­do con Celestino sporco e coperto di fili di paglia) Cesarino È caduto in quel cumulo di letame. Come puzza! Liborio (cerca, con l’aiuto di Cesarino, di rimettere in sesto Ce­lestino) Su… su… coraggio. (Celestino si riprende) Forza. (gridando) Assassino!… Assassino!… Brigante… mascal­zone! Ti voglio dare un fracco di legnate! Cesarino (grida) Zio, papà, papà, zi zio… zio, papà, papà, zi zio… Celestino (forte) Lascialo stare, lascialo stare… cosa t’ha fatto in­fine non so… (ripete, fino a che la scena, acquistando un ritmo musicale, finisce a buffo movimento di danza, co­nte a concerto)

Liborio (ai due) Siete pazzi ? Che facciamo ? Un giro di taran­

tella ? Fate le persone serie… Su, forza: riprendiamo. (la scena riprende come sopra) Assassino… assassino… ti voglio dare un fracco di legnate… (i tre ripeteranno a soggetto le loro battute fino a quando entrerà l’oste) Michele (entrando) Che succede, qui ? (i tre continuano la loro simulazione)

Liborio (fingendo esageratamente di volersi scagliare con forza su Cesarino per percuoterlo) Non trattenermi fratello… non trattenermi…

Celestino (fingendo di trattenere Liborio) Lascialo stare, lascialo stare… (poi le forze gli vengono a mancare per la de­bolezza e lascia Liborio il quale, nell’impeto dello slancio, finisce tra le quinte nell’interno dell’Osteria provocando proteste tra gli immaginari avventori e rumori di piatti che vanno in frantumi) Garzone (riportando in scena Liborio in malo modo, spingen­

dolo) Va via pezzente… fuori ! (rientra)

Liborio (traballando su se stesso, rimedia) Quando mi arrabbio lo sai fratello, perdo il controllo dei nervi e anche l’e­quilibrio.

Michele Sarà, ma non vedete che quello è un ragazzo ? Non ve­dete che trema di paura?

Cesarino Zio, papà, papà, zi zio! (piange piú forte)

Celestino Lascialo stare, lascialo stare. Cosa t’ha fatto infine non so! Libo-rio Questo mascalzone è mio figlio. Ha aperto il forziere, mi ha rubato un sacchetto di monete d’oro ed è scap­pato. Io mi sono camuffato cosí, l’ho rincorso e l’ho tro­vato.

Michele Va bene, sono schiocchezze. Siete padre e figlio e que­ste sono cose che si accomodano. Si sa, ogni giovanotto fa delle scappatelle.

Liborio Ma questa è peggiore delle altre! Lo voglio ammazzare!

Cesarino Zio, papà, papà, zi zio! Zio, papà, papà, zi zio! Celestino Basta! È ora di finirla! Sono tuo zio, e tutto quello che ti ha rubato te lo rendo io.

Cesarino Zio, papà… papà, zi zio! (piange)

Michele Suvvia… perdonatelo.

Liborio Va bene, lo perdono, ma deve promettermi che non lo farà piú.

Michele Si capisce! Chiedete perdono a papà e ditegli che non lo farete piú.

Cesarino Si… non lo farò piú. (si inginocchia)

Liborio Va bene! Ti perdono. Ti ho detto tante volte: quando ti servono un po’ di monete d’oro, me le chiedi e io te le dò. Alzati.

Cesarino (gli dice piano) Non ho la forza di alzarmi. (Liborio tenta di aiutarlo ma inutilmente perché non ha la forza per sollevarlo. Con uno sforzo, rialza Cesari-no ma cade in ginocchio lui. Corre in loro aiuto Celestino che tenta di sollevare Liborio, ma anche Celestino, debole com’è, non ci riesce e anche lui si piega sulle gambe. La scena continua come a concerto, poi i tre si rialzano) Liborio Non ne parliamo piú. Michele Bravi, sono contento. Liborio Sapete adesso che facciamo ? Per festeggiare la pace ce

ne andiamo a fare un bel pranzetto dalla Campagnola. (canta con gli altri) « Campagnola, Campagnò… sarà l’aria sarà che… » (a questo punto l’oste rientra nell’oste­ria con grande disappunto dei tre) Accidenti, se n’è an­dato. (chiama forte) Oste ? Oste ?

Michele (entrando) Comandate ?

Liborio Ti volevamo salutare… (a soggetto si stringono tutti la mano) E adesso per festeggiare la pace, ce ne andremo a fare un bel pranzetto dalla Campagnola…

Michele (a questo punto rientra nell’osteria)

Cesarino Se n’è andato di nuovo…

Liborio (gridando) Oste? Oste?

Michele (entrando) Comandate ? Siete ancora qui ?

Liborio Ti volevamo salutare… sei tanto simpatico… (gli stringe la mano e gliela bacia rimanendo estasiato dal profumo di buona cucina che emana dalla persona dell’oste, e lo annusa, poi dice senza lasciargli la mano) Adesso, per fe­steggiare la pace, ce ne andremo a fare un bel pran­zetto dalla Campagnola. (e assieme ai compagni canta) «Campagnola, Campagnò, sarà l’aria sarà che… ma que­st’aria mi consola e mi fa sentire un re… ». Michele (trattenendoli) Ma, un momento… dove ve ne andate ? Liborio (facendo segni convenzionali a Cesarino) Andiamo a mangiare dalla Campagnola.

Michele Eh, no… mi offendo: voi avete fatto la pace qui, da­vanti alla mia osteria, e pranzerete qui. È un locale modesto il mio, capisco che non è il piú adatto per voi, ma per una volta mi potete accontentare.

Cesarino Sí… sí… sí…

Liborio Un momento. Mettiamo bene in chiaro le cose: è per farvi contento ?

Michele SL

Liborio Insomma, siete proprio voi che lo volete ? Michele Lo voglio io.

Cesari-no Lo sottoscrivete ?

Liborio Sta zitto, tu. (a Michele) Lo desiderate proprio?

Michele (deciso) Lo voglio: lo esigo! Liborio Allora, resteremo qui. Michele Entrate: dentro, c’è posto. C’è un bel tavolo sotto l’in­ferriata.

Liborio No: sotto l’inferriata no. Preferiamo stare fuori. Tu mi capisci ? Nel caso dobbiamo…

Cesarino … scappare…

Celestino … vuole dire che subito dopo pranzo dobbiamo «scap­pare» per non perdere il treno.

Liborio Dobbiamo rientrare nelle nostre terre. Nelle nostre riserve.

Michele Come preferite. Accomodatevi qui. Intanto faccio pre­parare la tavola. (chiama, mentre i tre siedono) Ragazzo ? Liborio (chiama) Ragazzo ?

Garzone (dall’osteria) Comandi ? Michele Tre coperti. Garzone Subito. (esce di scena, poi ritorna)

Michele Che volete mangiare? Un brodino di pollo leggero leggero ?

Liborio No… no…

Cesarino lo vorrei mangiare un po’ di spaghetti…

Michele Bene. La pastasciutta è la specialità di questo locale. Ragazzo ?

Liborio Ragazzo ?

Garzone Comandi ?

Michele Tre pastasciutte abbondanti, e porta i coperti. Garzone Subito.

Michele (al garzone che esce) Abbondanti.

Liborio (ripete) Abbondanti. E porta il pane. Michele Un brodino proprio non lo volete? Liborio No, no… al castello, tutti i giorni prendiamo brodini, consommè… Oggi, abbiamo desiderio di pastasciutta… Celestino È da tanto che non la mangiamo…

Michele Allora vi faccio fare un bel pranzetto alla mia maniera: dopo la pastasciutta vi voglio rompere una bella costata. Liborio Sí, sí… dopo gli spaghetti.

Garzone (entra con l’occorrente per apparecchiare per tre: piatti, posate, bicchieri, tovaglioli) Ecco serviti.

Liborio Porta il pane. Garzone Subito. (via) Michele Una bella insalatina, la volete ? Fa bene, un poco d’erba… Liborio Sai, di solito, mangiamo sempre erba.

Celestino Siamo vegetariani…

Garzone (entra con bottiglia di acqua) Ecco serviti. (via) Liborio Porta il pane…

I tre Porta il pane!!!

Garzone (rientra con un vasetto con fiori che depone al centro della tavola) Ecco serviti…

Liborio No, questo no… porta il pane. Garzone Il cane?

I tre (in coro) Il pane, il pane ! (il garzone esce)

Michele Allora, se permettete, vi faccio servire subito. (esce) Posteggiat. (dall’osteria, seguita dal 1 ° suonatore, con mandolino e dal 2° suonatore con chitarra) Buongiorno. (tutti e tre si piazzano dall’altro lato della scena e suonano mentre la posteggiatrice canta) « La luna col pallido incanto / stasera ci invita a sognar… » (canta tutta una parte della canzone con il ritornello, mentre i tre, disinteressandosi dei musici, pensa-no solo a sollecitare il garzone dell’oste­ria, che non si vede. La posteggiatrice, non appena fi­nisce di cantare, si avvicina a Liborio con un piattino per ricevere la mancia) Prego…

Liborio (fingendo di non trovare monete nella tasca) Ma guarda un po’… (si rivolge a Cesarino) Hai qualche zecchino ? Cesarino Niente zucchine. Abbiamo ordinato i maccheroni… Liborio (alla posteggiatrice) Senti, fatti dare mezza lira dall’oste. Due soldi li tenete per voi, il resto lo porti a me. Posteggiat. Grazie, grazie… Volete sentire qualche altra cosa ?

1 ° suonatore « Notturno ? »

2′ suonatore «Valzer triste?»

Posteggiat. « Mamma, ho fame! » ?

Liborio Infatti, vogliamo mangiare, andate…

1 ° suonatore Allora, noi andiamo a quell’altra osteria…

2° suonatore Quella che sta dietro il cimitero…

1 ° suonatore Poi torneremo qui…

Liborio Non c’è bisogno: ci vedremo al cimitero… (i suonatori e la posteggiatrice escono)

Michele (entra con un largo piatto di maccheroni, fumanti, al pomodoro) Ecco i maccheroni! (i tre si rallegrano e si predispongono a mangiare) Ve li ho portati io stesso: sono un pocema. (fa per deporre il piatto al centro del tavolo, ma si avvia verso la quinta a sinistra dicendo forte) Guarda quello… guarda ! Lascia stare quella frutta, te l’ho detto anche stamattina. (torna presso i tre e si ri­pete la stessa scena) E dai! Guarda come strappa! Scen­di dall’albero: brigante! (ai tre) Ecco a voi! (mentre sta per ripetere la stessa scena, Cesarino lo presule per la giacca e lo trattiene)

Cesarino Pensi a noi, scusi…

Michele Ecco. (mette il piatto nel centro del tavolo) Che pro­fumo! Pomidori freschi, basilico e formaggio parmigia­no. (i tre cercano di darsi un contegno educato e ognu­no con la propria forchetta prende con delicatezza qual­che filo di pastasciutta, ma Cesari-no è troppo avido e sta per accaparrarsene una bella forchettata)

Liborio (fermandolo con un colpo sulla mano) Ti stacco la mano dal braccio. Ti ho detto tante volte: dignità. Ti rimando a Oxford, sai ? (a Celestino) Un mese lo hai tenuto nel tuo castello, ecco come me lo hai ridotto! I maccheroni si mangiano a un filo alla volta! (i tre si servono con discrezione)

Michele Che qualità di pasta… Liborio Si, vai, vai…

Michele Ci ho messo un po’ di burro…

Liborio Vai, vai…

Michele E i pomodori sono filetti, eh! 1 tre Vai, vai…

Michele Vado. Quando mi volete, mi chiamate. (esce di scena. Non appena Michele entra nell’osteria, i tre – a sog­getto – si gettano sul piatto di maccheroni, fiino a por­tarseli alla bocca con le mani. Cesarino ne mette tre o quattro forchettate in mezzo a una pagnotta che il gar­zone ha portato. Celestino ne mette una buona parte in un giornale e ne fa un frettoloso cartoccio. Liborio ne mette moltissimi nella sua bombetta. A questo punto, rientra Michele e li osserva. Particolarmente osserva Li­borio che, accortosi della presenza di Michele, mette la bombetta in testa e finge di scherzare con un filo di maccheroni che gli pende sulla fronte, cosí, con disin­voltura. Gli altri due, come a concerto, finiscono per lanciarsi addosso fili di maccheroni, come per dare ad intendere all’oste che sono stati sorpresi mentre tra loro scherzavano) Scherzate?

Liborio Sai. non abbiamo fame…

Michele Mi dispiace. C’è il resto del pranzo. Mentre aspettate, però, voglio raccontarvi un fatto.

Celestino Come volete.

Michele lo ho un cane. Si chiama Leone: è un cucciolo alto cosí. (fa un segno molto alto con la mano)

Celestino E lo chiamate cucciolo? Io direi un cane da presa. Michele È un molosso, veramente terribile. State a sentire che ha combinato la settimana scorsa: vennero tre morti di fame, tre brutte facce, vestiti come voi… Si misero a bere

e a mangiare e alla fine se ne scapparono. Sapete io cosa feci? Niente. Me ne andai in cucina… sciolsi il cane e dissi a Leone: «Leone, fai tu!» E me ne restai in cucina a friggere delle polpette. Dopo un po’ Leone ritornò e, affannando, mi si avvicinò e sputò qualche cosa; guardai, era un dito. Il dito di uno di quei tre ma­scalzoni. Lo buttai nella padella. Leone corse fuori di nuovo. Dopo poco ritorna, e che mi porta ? Un naso.

Gettai pure quel naso nella padella dove stavo frig­gendo le polpette. Leone, sempre correndo se ne andò e ritornò dopo poco sputandomi in terra un orecchio. Sapete di chi erano quel dito, quel naso, quell’orecchio ? Di quei tre imbroglioni che avevano mangiato senza avere i soldi per pagare. (breve pausa) Allora ? Ordino le costate?

Cesarino Ma quel cane… se dovesse venire qui…

Michele Potete stare tranquilli. Ora lo faccio legare. (va alla porta) Ehi, ragazzo’ Lega il cane. (ritorna al tavolo dei tre)

Cesarino (ripete) Lega il cane’

Michele Allora? Faccio portare la carne?

Liborio Veramente, sono sazio. Appena mangio un po’ di pa­stasciutta mi viene male allo stomaco. Bisogna che faccia venire il mio medico da Berlino. Sai che mangerei per digerire ? Dei biscotti, degli anicini. Ne hai ?

Michele No, anicini no!

Liborio (piano a Cesarino) Piangi, di’ che vuoi gli anicini. Cesarino Zio, papà, voglio gli anicini ! Zio, papà, voglio gli ani­cini !

Liborio Ecco, ecco, lo senti come lo hai viziato? Non te lo mando piú al castello. Ora vuole gli anicini ! E va bene! Adesso papà ti va a prendere gli anicini. Qui vicino c’è la stazione delle carrozze, ho visto dei cocchi. Ora papà ti va a prendere gli anicini e subito ritorna col cocchio. Hai capito ? Col cocchio torna papà. (esce come a con­certo)

Michele Papà è andato a prendere gli anicini.

Celestino Già. Vuoi vedere che distratto com’è, dimentica di com­perare il liquore digestivo ? Avete liquori ? Michele Liquori ? No! Un po’ di rosolio…

Celestino Macché rosolio, siamo abituati ad altro, noi ! Kúmmel, ne avete?

Michele (allontanandosi) No, Kúmmel no

Celestino (piano a Cesarino) Piangi: di’ che vuoi il Kummel.

Cesarino Zio papà, io voglio il Kúmmel.

Celestino Ecco, vuole il Kummel. E va bene, lo zio ti va a pren­dere il Kummel. (esce portando con sé il cartoccio di pasta asciutta)

Michele Papà è andato a comperare gli anicini, lo zio il Kummel, e a te che ti serve ?

Cesarino La ritirata!

Michele Ma io ti sbudello! Ti faccio mettere fuori tutto quello che hai mangiato. Te la faccio pagare per tutti. (leva il coltello e rincorre Cesarino) Metti fuori il denaro! (a concerto, entrano i suonatori e il garzone, e cercano di mettere pace fra i due)

Cesarino , (scappando inseguito da Michele e questi seguito dal garzone e dai suonatori e dalla posteggiatrice) Aiuto! Aiuto!! (esce per la porta dell’osteria e tutti lo seguono. Ritornerà subito dal fondo a sinistra inseguito da Michele e questi seguito da tutti gli altri) Aiuto! ! Michele Fermati! Fermatelo! (scena di confusione come a con­certo)

Liborio (travestito da gendarme, con un naso finto e baffoni) Che succede?

Celestino (anch’esso con baffi finti e ,travestito da gendarme) Che succede? (afferrando Cesarino) Fermati. Michele Mettetelo in galera: ha mangiato e non mi ha pagato. Liborio Sei in arresto!

Cesarino (piangendo) Pietà !

Liborio (gli dice piano) Siamo noi. (Cesarino si rasserena e Li­borio continua con tono grave) Avanti: vieni con noi. (i tre escono ridendo)

Michele (mentre i tre escono) Ecco! L’ha pagata per tutti. Sono soddisfatto. (ai suonatori) A voi, venite dentro e suo­nate ! (rientra nell’osteria mentre i suonatori, seguendolo, iniziano a suonare una polka; cala il sipario)