UN SUICIDIO COLLETTIVO

Un suicidio collettivo

Peppino De Filippo

Personaggi

Pasquale Mellone

Donatino Stocchetti

Anselmo Spaccamontagna

Adelaide

Felice Sciosciammocca

Luisa, cameriera

Cav. Pennacchia

Epoca 1900

La scena: un salotto decentemente arredato. Una porta in fondo e due aterali. Sedie, tavolini, consolle, ecc. È in scena Luisa, indi entrerà Anselmo [alla porta in fondo. Suono di campanello interno.

Luisa (a se stessa) E che sarà? … Questo non è il modo di bussare alla porta di don felice. (suonano) E hanno anche fretta! (va ad aprire) Buongiorno !

Anselmo Ci voleva tanto per aprire?

Luisa Scusate! (a parte) Ti venisse un accidente! Se avessi saputo che era questo sbruffone strozzino non gli avrei aperto.

Anselino Don Felice non c’è?

Luisa No, non è ancora rientrato.

Anselmo Non ancora?! Sono le dieci e non è ancora rientrato? Vergogna! Senza un impiego, pieno di debiti. Finirà molto male, finirà molto male, finirà molto male.

Luisa Abbiate un po’ di pazienza e vedrete che un giorno o l’altro vi pagherà.

Anselmo Sarà. Ma il fatto è che è venuto a piangere da me: «Mi dovete aiutare, ho bisogno del vostro buon cuore… ho bisogno di questo e di quello. In meno di un mese vi renderò la somma che mi presterete: 250 lire! 250 lire! 250 lire! Io me lo lavoro, il danaro, non lo rubo. Quel po’ di interesse che chiedo, mi spetta: lo voglio, lo esigo! O mi paga, o lo mando all’ospedale con la testa rotta, con la testa rotta, con la testa rotta!

Luisa Con la testa rotta. (a parte) Questo ha il vizio di ripetere le cose tre volte. (ad Anselmo) È un galantuomo e, se non oggi, domani sarete soddisfatto.

Anselmo No, ormai sono stufo di chiacchiere, sono stufo di chiac­chiere, sono stufo di chiacchiere. Sono cinque mesi che aspetto. Ora vado via, tornerò tra una mezz’oretta; di­tegli pure che ho deciso: o mi paga, o all’ospedale! È noto, nel quartiere, che con Anselmo Spaccamontagna non si scherza, non si scherza, non si scherza. La galera non mi fa paura perché il mio sangue non è sangue: è fuoco liquido, è argento vivo!

Anselmo (anche lui saltando su una sedia) Oh, mio Dio!

Anselmo (anche lui saltato su una sedia) Che c’è?!

Luisa (sulla sedia) Un topolino. (sospirando) È passato! Anselmo È passato?

Luisa È passato. (scende dalla sedia) Bel coraggio, il vostro! Un topolino vi fa scappare, vi fa scappare, vi fa scap­pare-Anselmo È che mi fa schifo, non paura.

Luisa Andate, andate… Anselmo Riferisci a don Felice.

Luisa Riferirò, state tranquillo. (Anselmo esce) Anche lui, quando metterà la testa a posto ? Dovrebbe pensare che ormai è un uomo… potrebbe trovarsi un lavoro… Adelaide (d. d.) Permesso?

Luisa Oh, la signorina Adelaide della porta accanto. Accomo­datevi.

Adelaide Buongiorno. (si guarda intorno) Don Felice è uscito?

Luisa Uscito? Da ieri mattina non è ancora rientrato. Adelaide Possibile ? A quest’ora ancora fuori casa ? Ma cosa fa ? Che abbia il vizio del giuoco ?

Luisa Sí che ce l’ha!

Adelaide Quanto me ne dispiace! E con tutto ciò io gli voglio bene lo stesso. Ma perdendo cosí le notti finirà con l’ammalarsi.

Luisa A me pare che lo sia già, ammalato. Un giorno è tor­nato a casa con una boccettina e non la finiva piú di guardarla e contemplarla; poi, accortosi che l’osservavo, mi ha detto: «Non aver paura, questo non mi farà piú

soffrire. Quando l’avrò bevuto non avrò piú dispiaceri e sarò tranquillo una volta per sempre». lo sarò una be­stia, come dice sempre lui, ma capii subito che si trat­tava di una medicina miracolosa che non l’avrebbe piú fatto soffrire.

Adelaide (a parte) Altro che medicina! Dev’essere un veleno! (a Luisa) E cosa ne fece di quella boccettina ?

Luisa È ancora là, in una cassettina sul tavolo del suo studio. Adelaide Ah, nel suo studio…

Luisa Oh, mio Dio! Ho ancora il caffè sul fuoco. Permette­te ?… (via)

Adelaide Fai pure. (pausa) Che idea! Se io… e perché no ? Nes­suno mi vede. Tentiamo. (via dalla porta di destra) Luisa (rientrando) Oh, eccomi qua! (vede la scena vuota) O dove è andata ? Signorina Adelaide… Signorina Adelai­de… (entra in prima a sinistra)

Adelaide (rientrando) Ecco fatto! Però non mi ero ingannata. Veleno! Arsenico liquido! Avvelenarsi alla sua età! E cosa mai poteva spingerlo a ciò! Un amore contrastato ? E dire che io lo amo tanto… ma ho deciso: in giornata voglio dichiarargli tutto il mio amore.

Luisa Ah! Siete qua ? Scusate se vi ho lasciata sola, ma se don Felice, quando ritorna a casa non trova il caffè pronto e la bottiglia del rum, mette la casa sottosopra.

Adelaide Come sei buona! Beh, ora vado da mio zio che mi aspetta, e di a don Felice che faccia l’uomo, non il ra­gazzo. Addio. (via)

Luisa Eppure deve volere molto bene a don Felice… sempre domanda! Sempre si informa!… lo sarò una bestia, co­me dice il -mio padrone, ma certe cose…

Pasquale (dal fondo) Abita qui il signor Felice?

Luisa Sí, ma ora non è in casa. (a parte) Scommetto che è un creditore. (a Pasquale) Cosa desiderate ?

Pasquale Desidero proporgli un ottimo affare, gliene ho già fatto parlare da un comune amico. lo ho una casa che non mi riesce di affittare neanche gratis !

Luisa E perché ?

Pasquale Perché… Perché in quest’epoca c’è ancora chi crede agli spiriti! E cosí tutte le femminucce del rione mi hanno screditata la casa.

Luisa E cosa c’entra don Felice con tutto ciò ?

Pasquale C’entra. Siccome è a cono di denaro… ho pensato di proporgli di venire ad abitare in quella casa per sei, sette mesi, cosí lui risparmia la pigione e io mi troverò la casa accreditata. Cosa ne dici ? Acconsentirà ? Luisa Cosa volete che vi dica ? Trovandosi senza denaro come è ora, credo che accetterà.

Pasquale Bene; a che ora rientra ? Vorrei combinare entro oggi. lo non lo conosco personalmente, ma mi hanno detto che è un bravo giovane.

Luisa Per questo, state tranquillo. Tornate piú tardi e lo tro­verete.

Pasquale Si, dici bene. Ora vado a sbrigare un affaruccio e torno tra mezz’ora. Addio, bambina. (esce)

Donatino (entrando) È permesso? Si può? (ha un difetto di pro­nuncia che gli fa pronunciare male la lettera « esse » ) Luisa (tra sé) Carino! E questa chi sarà ? (a Donatino) Se è lecito, chi cercate

Donati-no Ti dirò, bambina… sono Donatino Stocchetti. (dice « Zocchetti » anziché Stocchetti)

Luisa Zocchetti ?

Donatino No, no, non con la «Z»… Zocchetti : con la esse. Non cominciamo! Devi sapere che con la morte dei miei ge­nitori sono entrato in possesso di una bella somma in oro, e mi sono dato subito ad imbastire affari grandi e piccoli. Tempo fa ho fatto un piacere a don Felice e adesso si avvicina la scadenza. Sono venuto per avvi­sarlo che non potrei concedere altro tempo; c’è ?

Luisa Ma di che si tratta, precisamente?

Donatino Ah, ah ! tu sei la domestica, di che t’interessi ? Tutte le « zezze » queste domestiche!

Luisa Cosa ?

Donatino Le «zezze» !

Luisa Le zezze ?

Donatino Si, le « zezze » … le medesime!

Luisa Ah, le stesse!

Donatino E come ho detto?

Luisa Le zezze.

Donatino Ho detto: le zezze. Ma che ti credi che cambio le pa­role ? Insomma, c’è o non c’è ?

Luisa (sbagliando pronuncia) Non c’è. Fa parlare male an­che me!

Donatino E quando rincasa ?

Luisa (c. s.) Fra mezz’ora.

Donatino Tu parli male, ragazza! Va bene, ritornerò, giacché ve­do che con te è tempo perso. Tutte le zezze queste domestiche !

Luisa Le stesse!

Donatino No! Voglio dire le « zezze » ! Oh ! (esce)

Luisa Mah! e chi lo capisce. Intanto comincio ad impensie­rirmi. Sono quasi le undici e don Felice non si vede ancora. Che gli sia accaduto qualche cosa? Speriamo di no: mi spiacerebbe proprio.

Felice (dal fondo, con una lettera in mano) Qualcuno è venuto a cercarmi ?

Luisa Don Anselmo Spaccamontagna. Mi ha detto che se non gli restituite i soldi che gli dovete vi manderà all’ospe­dale con la testa rotta, con la testa rotta, con la testa rotta.

Felice (tra sé) Non spaccherà una testa viva, ma una testa morta. (a Luisa) È venuto il cavalier Pennacchia ? Luisa Pennacchia ? No. È venuto Stocchetti.

Felice Non c’è che dire: sono bello e rovinato.

Luisa Avete perduto di nuovo ? Felice Tutto.

Luisa Ma perché giocate se non sapete giocare ?

Felice Ti ho già detto altre volte che queste sono cose che non

ti riguardano. Leggimi questa lettera: non ho la calma necessaria per leggere.

Luisa (legge) «Caro Felice, sono costretto a partire per Firen­ze. Avrei voluto accompagnare a casa tua quel mio ami­co di cui ti parlai l’altro ieri: quel tale che vorrebbe :arti sposare sua figlia. Sarà oggi da te. Concludi questo matrimonio. La signorina è anziana ma molto ricca e tu hai bisogno di sistemarti. Avrei voluto parlarti anche di un altro affare, ma lo fard al mio ritorno. Ti ab­braccio, Alberto. >

Felice Alberto è pazzo. Non sposerò mai una donna ricca che non sia di mio gradimento. E poi io non posso sposare… Luisa … perché ?…

Felice Perché… basta. Lasciami solo.

Luisa Però mi dovete dodici mensili arretrati, e se vi sposate…. Felice Esosa. Anche tu mi porti al sacello. Vattene! (Luisa esce) Riordiniamo le idee. Debbo dare sette mensili al padrone di casa; debbo pagare il sano, il camiciaio e il barbiere. Questa notte ho perduto una forte somma al Circolo, col cavalier Pennacchia e, secondo le regole, avrei già dovuto pagare. Oggi scade la cambiale di Stoc­chetti. Spaccamontagna ha detto che mi vuol mandare all’ospedale con la testa rotta… non mi resta che ucci­dermi. Che vale rimandare, una volta che il destino ha deciso? Dovrei sposare la figlia di uno che non co­nosco ? Sarà ricca, ma è anche anziana e se si fa racco­mandare da un amico immagino come sarà. No. Meglio la morte che una moglie brutta. Il fatto è che muoio dalla paura, ma bisogna morire… e voglio morire ver­gine: zitello. (esce)

Luisa (entrando e parlando verso l’interno) Don Felice ? Posso portare il caffè col rum ?

Felice (rientrando) Ecco qui la mia salvezza. (mostra la boc­cettina)

Luisa Volete il caffè col rum, don Felice ? O volete fare una piccola colazione ? Qualche cosa di ieri sera c’è rimasto. Felice Che c’è?

Luisa Una bella salsiccia.

Felice Non la voglio. Vedi questa boccettina ?

Luisa Si che la vedo.

Felice Dentro ci sta un farmaco. Luisa Una bestia?

Felice Una medicina che guarisce tutti i mali.

Luisa E che aspettate a prenderla ?

Felice Vorrei poterla prendere, cosí, distrattamente. Ah! Se qualcuno me la versasse in una bevanda senza che io ne sapessi niente. Ma basta. Voglio finirla, Luisa, se do­

vessi morire… tutto il mio è tuo. Anche la salsiccia. Vai. Luisa Ma don Felice…

Felice Portami il caffè col rum.

Luisa Va bene. (esce)

Felice La mia ultima ora è giunta. Però, un poco d’appetito ce l’ho. Che volgarità mangiare una salsiccia e poi sui­cidarsi. Romantico e sentimentale come sono ci vorreb­bero petali di rose e gelsomini. Bando alle chiacchiere. Sono pronto a raggiungere i miei avi. Voglio scrivere una lettera… Ma a chi scrivo? Non ho nessuno. Scrivo ai miei concittadini: all’Italia! (esce)

Luisa (rientrando con vassoio, caffè e rum) Eccovi servito. Dov’è? Don Felice?! (internamente voce brusca di Fe­lice) Povero giovane, chissà quale brutta malattia l’ha preso che lo tiene cosí agitato. Deve prendere quella medicina e non vuole accorgersene. (vedendo la boccet­tina) Oh, che bella idea! Ora gli verserò la. medicina nel rum, cosí la prenderà senza che se ne accorga. (esegue) Ora non potrà piú dire che sono una bestia. (esce men­tre Felice rientra)

Pasquale (dal fondo) $ permesso? Ah! Il signor Felice? Noi non ci conosciamo. Avevo pregato Alberto di parlarvi dell’affare, ma ho pensato di venire di persona.

Felice (tra sé) Ho capito! R il padre della ragazza di cui mi ha parlato Alberto nella lettera.

Pasquale Adesso vi spiego ancora meglio, perché sono proprio deciso a darvela, cioè a cedervela per sette od otto mesi. Felice Ah, cedermela?

Pasquale Vi conviene! Ci state un po’, ve la godete come meglio vi pare e poi ve la filate!

Felice Me la filo?

Pasquale Si, la lasciate! Però, vorrei che prima la vedeste, per non fare come hanno fatto gli altri.

Felice Perché gli altri, cosa hanno fatto ?

Pasquale Sapeste come l’hanno ridotta !

Felice Davvero ?

Pasquale Prima l’hanno vista, ci sono stati due o tre giorni, hanno fatto i loro comodi e poi hanno detto che non andava bene.

Felice Ah, non andava bene ?

Pasquale Ed è per questo che tengo a chiarirmi con voi. So che siete un galantuomo. Fate una cosa: osservatela, vedete anche voi se vi piace, se non dovesse essere di vostro

gradimento abbiamo scherzato e non se ne parla piú. Felice (a parte) Ma questo è uno svergognato!

Pasquale Io sono sempre stato un tipo franco, per questo m’è rimasta sullo stomaco. Per voler fare le cose precise. Quando veniva qualcuno per vederla io dicevo: «Ba­

date, qui ha uno spacco, qua ha una fessura, qui perde… Felice Ma è proprio mal ridotta!

Pasquale Può anche piacere cosí com’è! Ci vuole il conoscitore! Vi assicuro che serve a tutte le comodità! Si presta a tutto! E per essere piú chiaro vi dirò che siccome a

ponente c’è una conceria di pelli, ne assorbe tutti gli effluvi, cosí dalla parte di dietro, alla sera, puzza un po’. Felice Puzza ?

Pasquale Si, soprattutto quando l’aria è bassa, quando c’è scirocco. Ma quando viene il sole aprendo le finestre prende aria… Felice E oltre questo, non c’è altro?

Pasquale Si, ancora una piccola cosa: appena fa un po’ d’acqua, si bagna tutta !

Felice Ah, basta, basta, andate via! Cose da pazzi! Ma chi se la sposa una donna in queste condizioni ? Pasquale Sposare ? ma chi volete sposare ?

Felice Vostra figlia!

Pasquale Mia figlia? Ma qui c’è un equivoco. Io alludevo alla mia casa di cui vi feci parlare dal nostro comune amico Alberto. Non ve ne ha parlato?

Felice No, di questo no! Mi ha accennato solo a un matri­monio.

Pasquale Che pasticcio! Io volevo darvela, gratis. Sei o sette mesi. Alludevo alla mia casa che sta al ponte della Mad­dalena. Per far svanire quelle sciocche voci sui fantasmi

e su qualche piccolo inconveniente, come il cattivo odo­re della vicina conceria di pelli ed il tetto della casa danneggiato…

Felice Accidenti, che granchio!

Donati-no È permesso, si può? Don Felice, questa cambiale scade fra poco, che facciamo ? Ora mi siedo qui e aspetto la scadenza.

Pennacchia (entrando) Insomma, don Felice… Felice Caro cavalier Pennacchia. Pennacchia I debiti di giuoco sono debiti d’onore! Ho atteso fino adesso al Circolo. È passata un’ora dall’appuntamento fissato e non vi siete fatto vivo. Vi avverto che agirò immediatamente. Vi consento ancora’ mezz’ora e poi sa­rete indicato al disprezzo generale, e quindi denunziato. Ora mi siedo qui e aspetto. (siede accanto a Donatino) Anselmo (entrando) Signori buongiorno, signori buongiorno,_ si­gnori buongiorno.

Felice Ecco, ora ci siamo tutti.

Anselmo Finalmente, don Felice, ho il piacere di trovarvi. Vi siete fatto raro come una perla nera, come una perla nera, come una perla nera.

Felice (a parte) Ci vuole sangue freddo e poi finirla per sem­pre. (a tutti) Signori, scusate, abbiate la bontà di atten­dere. Tra poco sarete tutti soddisfatti. Intanto bevete un

bicchierino di rum con me. Berremo alla vostra salute e alla mia memoria.

Pennacchia Alla vostra memoria ?

Felice Alla mia salute, volevo dire. (tutti bevono, compreso Felice)

Anselmo Io bevo, ma questa mia accettazione non significa che io abbia rinunziato al mio diritto, al mio diritto, al mio diritto…

Felice Permettete, ora vado… (prende la boccetta e si accorge che è vuota) Mio Dio!

Tutti Che accade ? Che c’è ?

Felice C’è che per tanti e tanti debiti, io volevo suicidarmi. Mi ero procurata una boccettina di arsenico e l’avevo lasciata lí. Ora la trovo vuota e… Luisa! Luisa!

Luisa (entrando) Che c’è?

Felice Dimmi: tu hai visto cosa c’era qui dentro?

Luisa Si, e siccome poco fa mi avete fatto capire che avreste voluto bere quella roba senza accorgervene, io, per ser­virvi, l’ho versata nella bottiglia del rum.

Felice Quella ? Luisa Quella! Tutti Questa ?

Luisa Questa !

Felice Hai combinato un bel guaio! Luisa Perché ?

Felice Era veleno.

Pasquale Oh Dio! Io ho moglie e cinque figli, il cane e la gatta, e mi tocca fare una fine cosí barbara! Ah! (cade come morto)

Donatino E io ? Morire cosí giovane! Ah! (cade come morto)

Anselmo Morire senza sapere il perché ? Ah! (cade come morto)

Pennacchia Che ci sono venuto a fare? Ah! (cade come morto)

Felice Abbiamo fatto un bel cimitero.

Pasquale (si contorce) Ah, che dolori!

Donatino (c. s.) Spasimi atroci.

Anselmo (c. s.) Chiamate qualcuno.

Pennacchia (c. s.) Anima dei morti miei. Ah! Ah! Ah!

Luisa Basta! Giacché sono stata io a combinare questa di­sgrazia, voglio morire anch’io. (beve) Dio, come brucia! Pasquale Voglio un prete!

Donatino Chiamate un’anima buona! Anselmo Una bottiglia di olio! Felice Fate venire i carri funebri. Ah! Ah! Ah!

Adelaide (entrando) Cos’è tutto questo chiasso?

Felice Non entrate in questo cimitero!

Pasquale Noi siamo sei prossime carogne…

Donatino … putrefatte !

Adelaide Cimitero, carogne, cadaveri… ma perché ?

Felice Perché siamo avvelenati. (tutti si disperano e si la­mentano)

Adelaide Da chi siete stati avvelenati ?

Luisa Da me, involontariamente. Ah!

Adelaide Ma come ? Perché ?

Luisa Perché, come stamattina vi ho detto, credevo che in quella boccetta ci fosse della medicina, allora, per farla prendere a Don Felice l’ho versata nel rum… Ah! … e invece era veleno !

Tutti Ah! Ah! Ah!

Adelaide Ma no! Voi state meglio di me. Tutti Come ? !

Adelaide Io sapevo che in quella boccetta c’era del veleno, Al­lora l’ho gettato via sostituendolo con un po’ d’acqua. Guardate: bevo anch’io.

Felice C’era dell’acqua.

Pasquale Volevo ben dire che non sentivo nulla!

Donatino E neanche io.

Anselmo Io nemmeno.

Pennacchia E io neppure.

Felice Intanto ho preso un bello spavento. (a Luisa) Hai visto cosa hai combinato ? Poi dimmi che non sei una bestia.

Donatino Intanto, signorina, noi vi siamo debitori della vita!

Felice Ed io, specialmente, non so cosa fare per ringraziarvi. Adelaide Non desidero che mi ringraziate, ma piuttosto che met­tiate la testa a posto, ed in premio vi darò la mia mano e una dote non indifferente. Acconsentite ?

Luisa Su, su… signor Felice… Felice Ma certamente… d’accordo! Tutti E noi?

Adelaide Sarete tutti soddisfatti.

Anselmo Le mie duecentocinquanta lire ? Adelaide Ne rispondo io subito.

Donatino E la cambiale adesso scaduta?

Adelaide La ritiro io!

Pasquale E la mia casa ?

Adelaide La prenderemo in affitto! Luisa E i miei stipendi? Adelaide Vi saranno tutti pagati. Pennacchia E il debito di giuoco ? Felice Trecento lire! Adelaide Sarà pagato. Però mi dovete promettere di non giuoca­re piú e che non farete piú questi imbrogli.

Felice No, questo no! Tutti Come ? Felice Purtroppo sarò costretto a farne ancora ! Tutti E perché ?

Felice Per divertire ogni sera questo rispettabile pubblico. (cala il sipario)