La dama dei fiori

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LA DAMA DI FIORI

Titolo originale dellopera: La dame de trfle

Commedia in tre atti e otto quadri

di GABRIEL AROUT

Versione italiana di Nicoletta Neri

PERSONAGGI

ISABELLA

ADA

MADAME PRASCOVIA

ORLANDO

GIULIA, cameriera

ATTO PRIMO

QUADRO PRIMO

(Il salotto di una signora, chiaro e arioso. Al levarsi del sipario, una donna molto bella e molto sensuale qualit corrette o meglio attenuiate da molta eleganza e discrezione - alle prese con un uomo che corrisponderebbe assai bene alle stesse indicazioni, meno la discrezione, come subito evidente dalle prime battute).

Orlando - (quasi senza fiato, alla fine di una lunga frase) Che vuole? Io ho pi dimestichezza con le fiere che con le persone. E la prevengo: sono un uomo pericoloso, capace di tutto. (Pausa) Lo so. Ora lei mi dir che ho parlato troppo e che devo andarmene.

Isabella - Lei sembra sicuro ch'io l'abbia ascoltato.

Orlando - Non mi ha ascoltato?

Isabella - Decida lei.

Orlando - Dato che non mi ha scaraventato fuori...

Isabella - Ma Orlando! Forse che ho l'abitudine di scaraventare fuori i miei invitati?

Orlando - Frasi. Scappatoie. Perch mi riceve, allora?

Isabella - Che strana domanda.

Orlando - La pongo a me stesso. Lei non mi riceve n per obbligo, n per interesse. Del resto, non mi riceve in modo ufficiale, ma privatamente: dunque, se c' un interesse... (S'interrompe, non osando continuare).

Isabella - Concluda. Ha l'aria spaventata.

Orlando - Non ho paura, Isabella. Sono imbarazzato... imbarazzato da un vocabolario in cui mi trovo allo stretto... Io sono un uomo d'azione.

Isabella - S, lo so, lei propenso a parlare con le mani.

Orlando - (contenendosi) Non riuscir a farmi arrabbiare. Prima di tutto, perch procedendo cos lei bara. E se bara, vuoi dire che non cos sicura di s come vuoi far credere.

Isabella - (seria) Non sono sicura di me.

Orlando - E' una confessione?

Isabella - Lei non diceva il vero: lei usa con molta disinvoltura il suo vocabolario.

Orlando - Lei segna dei punti.

Isabella - Non lei piuttosto che cerca di segnarne?

Orlando - (tace, s'allontana, furibondo, fa qualche passo, e s'accorge che Isabella ride) Perch ride?

Isabella - Per una sciocchezza. Mi dicevo: Orlando furioso.

Orlando - E' una bambina.

Isabella - Non cristiano esserlo?

Orlando - (dopo una pausa) Ecco! Sono ridotto a zero.

Isabella - Non volevo questo.

Orlando - Che cosa voleva, allora?

Isabella - Risponderle onestamente.

Orlando - L'onest sarebbe stata di lasciarmi parlare...

Isabella - L'ho interrotto?

Orlando - ...e di ascoltarmi!

Isabella - Potevo farlo, poich lei stesso giudica che in tal caso sarei stata costretta a metterla alla porta?

Orlando - Non ho mai detto questo.

Isabella - Certo ho una cattiva memoria.

Orlando - Anche se l'ho detto, non lo pensavo.

Isabella - Come posso ascoltarla allora, io che mi sforzo di esprimere con la maggior chiarezza possibile quello che penso?

Orlando - Isabella, francamente, non trova che giriamo in tondo?

Isabella - S.

Orlando - Sono felice che lei sia d'accordo.

Isabella - Si gira sempre in tondo. L'importante di sapere intorno a che cosa si gira.

Orlando - E lei lo ignora.

Isabella - Forse no?

Orlando - Lei non una civetta, Isabella.

Isabella - Non credo.

Orlando - Ne sono sicuro! E tuttavia, mi sarebbe infinitamente pi facile venire a capo della pi scaltra ed esperta civetta, che di lei, con la sua franchezza che la protegge come una maschera.

Isabella - Venire a capo, ha detto?

Orlando - Ecco. Lei si appiglia alle parole. S, l'ho detto, l'ho detto senza pensarci... (Breve pausa) Ma, riflettendoci, l'avrei detto anche a ragion veduta. Non posso restare a questo punto, Isabella. La nostra conversazione ci ha gi troppo impegnati: ne sono trasportato, ne tremo, ma certo non ci rinuncio. E non mi fermer...

Isabella - ...che quando la pregher di lasciarmi...

Orlando - Non lo faccia ancora.

Isabella - Non ne ho nessuna intenzione, per il momento.

Orlando - Tutto sommato, mi lascia abbastanza libert.

Isabella - Confidando nel suo tatto.

Orlando - C' il tatto in relazione alle persone, e il tatto in relazione al Destino. Mi scusi se mi servo di questa parola grossa, ma per quanto mi riguarda, e credo anche... (uno sguardo d'Isabella lo ferma) ...si tratta proprio di questo. Mi affido alla sua generosit: non posso tacere, ho delle domande da farle, certe cose da dirle... e le dir. Scusi?

Isabella - Non ho detto nulla.

Orlando - In apparenza, la nostra situazione delle pi banali: io sono un amico di Felice, lui che mi ha presentato... Ed ora, eccoci qui da solo a sola.

Isabella - Parecchi amici di Felice si sono trovati nello stesso caso. Mio marito non ha l'abitudine di montar la guardia intorno al mio salotto.

Orlando - Perch si fida di lei.

Isabella - E' probabile.

Orlando - Questo mi irrita. Con quale diritto fa pesare su di lei questa fiducia che la obbliga e libera lui? Crede davvero che un essere vivente sia come dell'oro chiuso in uno scrigno e che il solo fatto di possederlo sia un diritto imprescrittibile? Il suo oro custodito da una serratura, ma perch le lascia, a lei, la cura di custodirsi da s, e si sbarazza cos, a cuor leggero, di ci che dovrebb'essere la sua unica e costante preoccupazione? Con che diritto, me lo dica, e per quale ragione?

Isabella - II diritto di un marito legittimo, e senza dubbio anche perch io non sono la sua unica e costante preoccupazione.

Orlando - Non l'ama.

Isabella - Gliel'ha confidato? Pausa) Poco fa, lei parlava dell'oro. Non tutti amano il proprio oro allo stesso modo: Arpagone non si contenta di nasconderlo in uno scrigno. Ognuno ama ci che pu e come sa.

Orlando - Resta da sapere se l'oggetto amato consente ad essere amato cos.

Isabella - Ha ragione. Resta da sapere. Per l'oro, dev'essere difficile.

Orlando - E per lei? Pausa) Comunque sia, sono deciso. Far le mie domande e, se non mi risponde, interpreter i suoi silenzi.

Isabella - Perch cerca di entrare con la violenza per delle porte spalancate?

Orlando - Lei scherza, ma non sa quanto vero quello che dice. Io diffido delle vie che sembrano libere. Mi piace, al contrario, provare gli ostacoli e sapere contro che cosa lotto. Mi piace prender la misura delle persone e delle cose. In questo mi trovo rispetto a lei in condizione d'inferiorit, non lo nego. Lei non mente, ma lascia senza risposta o non ascolta le parole che le riescono spiacevoli.

Isabella - Spiacevoli, ha detto?

Orlando - (pausa) Rinuncio e passo oltre. E' noto, perch lo sanno tutti, che lei non felice, che suo marito non ha saputo farsi amare da lei.

Isabella - Non ugualmente noto pubblicamente che l'ho sposato per il suo denaro? Lei lo crede?

Orlando - Certo no; che domanda!?

Isabella - Insomma, lei crede quel che le fa comodo e rifiuta ci che l'imbarazza.

Orlando - No... (Pausa) E poi, come vuole. In realt, mi indifferente.

Isabella - Che io sia infelice o che mi sia venduta?

Orlando - No. Quel che si dice. Semplicemente, mi sono espresso male. In realt, sento d'istinto che Felice non l'uomo che lei aspettava.

Isabella - E' l'uomo che venuto.

Orlando - Ci sono sempre delle persone che arrivano prima. L'importante di arrivare al momento giusto.

Isabella - Ah!

Orlando - S. L'ironia facile, e mi ci presto volentieri. Poco importa. Conosco quello che la vita ha di facile, di futile, di fortuito, ed anche, all'improvviso, di reale e di decisivo. Creda ch'io sono sensibile a questi diversi aspetti, che li gusto, senza mescolarli. Ho appreso pure che gli errori non sono gravi che quando non servono a nulla... ed anche a distinguere gli esseri a cui ogni passo nella vita servito, compresi gli errori e le infelicit. Perci confessare, confessare a lei stessa che la sua estrema giovinezza stata sorpresa, ingannata, tratta in errore da dei valori falsi, non una vergogna, non pi che il fatto d'essersene ravveduta. Non deve portare per tutta la vita il peso di una partenza sbagliata, di cui non responsabile. Ci altrettanto vero per lei che per chiunque altro.

Isabella - Ma se io non sono responsabile, chi lo sarebbe?

Orlando - Colui che ne ha profittato.

Isabella - La giovinezza di Felice merita altrettanta indulgenza che la mia. Lei sa che abbiamo pressapoco la stessa et. E quand'io ero una ragazza molto giovane, Felice era un ragazzo altrettanto giovane. (Pausa) Vorrei che lei sapesse, Orlando, che per me un impegno un impegno e che, in tale campo, non conosco sfumature. Penso anche che non abbiamo nulla da imputare agli altri, soprattutto non i nostri errori.

Orlando - Errore o no, lei non ama Felice.

Isabella - E' noto anche questo?

Orlando - Mettiamo che sia soltanto una domanda.

Isabella - Mettiamo che non abbia diritto ad una risposta.

Orlando - Sapevo che avrebbe trovato una via d'uscita.

Isabella - No, Orlando. Non le rispondo perch non cerca d'interrogarmi, ma di farmi dire quello che vuole. Lei non crede che quel che le piace di credere.

Orlando - E se fossi stato onesto? E' vero che non lo sono stato interamente.

Isabella - Forse le avrei risposto, nella misura in cui ammetto che ci si occupi della mia vita privata.

Orlando - (pausa) Eppure bisogna che parliamo con molta chiarezza, Isabella. Voglio togliermi questo peso dal cuore.

Isabella - Ebbene, parli.

Orlando - Le sono spiaciuto?

Isabella - E perch?

Orlando - Direbbe la stessa cosa se le facessi la domanda opposta.

Isabella - Si sbaglia, Orlando. E' facile scorgere quel che c' in lei di piacevole, di simpatico, di atto a sedurre una donna.

Orlando - Mi trova seducente?

Isabella - Lo , e sa di esserlo. E non manca di provarne gli effetti, non vero?

Orlando - Non lo nascondo.

Isabella - Perch dovrebbe nasconderlo? Non se ne vanta, gi abbastanza.

Orlando - Mi piacciono le donne; esse lo indovinano, ed naturale: amare chi ci ama, per poco che non ci ripugni. Le ho detto che ho imparato ad accettare quel che la vita mi offriva, le cose futili e le cose gravi. Lei sa, Isabella, che non ho tante distrazioni e che la vita che faccio , tutto sommato, abbastanza rischiosa. Del resto una vita che mi conviene.

Isabella - Certo, ha scelto uno strano mestiere. Mi sono spesso chiesta che cosa ve l'abbia condotto.

Orlando - Fin dall'infanzia, le bestie mi hanno attirato. Mi sembra di capirle. I loro istinti mi sono familiari. Non mi piace ucciderle, ma catturarle mi appassiona. Non sono mai stato ricco, e questo mestiere ne vale un altro: ha almeno il vantaggio di mettermi fuori della corrente comune.

Isabella - Evidentemente pi facile che si disponga ad essere avvocati, medici o ingegneri che non a catturare le fiere.

Orlando - Non so se ci ero disposto; fu piuttosto l'effetto dell'istinto e di qualche fortunato incontro...

Isabella - Che, certamente, non avrebbe fatto sorgere'niente in un altro...

Orlando - E' possibile. (Pausa. Con un sussulto) Ma proprio di questo che le sto parlando da che son qui!

Isabella - Di che cosa?

Orlando - Degli incontri che fan sorgere qualcosa.

Isabella - Ah!

Orlando - Isabella, sfuggir ancora, a forza di silenzi e d'interiezioni, ad una spiegazione necessaria, inevitabile?

Isabella - Si pu sfuggire all'inevitabile?

Orlando - Scherza ancora? Parla sul serio? Che importa, poi! Voglio parlarle il solo linguaggio che io conosca: il linguaggio che la vita mi ha insegnato e che, certamente, in questo salotto fuori posto, ma che, tuttavia, mi permette di sentirmi a mio agio e in casa mia dappertutto.

Isabella - Io...

Orlando - No, non parli pi. Le assicuro che inutile. Quello che devo dire, lo dir.

Isabella - Dica.

Orlando - (lunga pausa) Aspetti. (Pausa) Mi si ripresenta un ricordo. Avevo forse cinque o sei anni; una notte, mi ero svegliato e sentii nei buio una conversazione fra mia cugina e un'altra giovinetta che viveva da noi. Parlavano a bassa voce, ma io afferravo la maggior parte delle loro parole, se pur non le capivo tutte. Parlavano d'amore, naturalmente. A un certo punto, una voce disse: L'uomo s'accosta alla donna come il maschio alla femmina . Che significato aveva allora per me questa frase? Lo ignoro, ma mi rimasta nella memoria. Al disopra del mio letto, c'era un arazzo orientale con $li animali e delle piante stilizzate ch'io contemplino prima di addormentarmi, finch durava la luce della veilleuse. Non ascoltai pi la loro conversazione, restai allo scuro, commosso da un mistero che la notte accresceva. Vedevo muoversi dolcemente il fogliame di una folta foresta, poi scostarsi per asciar passare la testa di una cerva. Vedevo le sue piccole orecchie nervose ed il suo muso umido, poi fogliame si apriva di nuovo, improvvisamente, intorno alla testa di un grande cervo. La cerbiatta voleva il muso verso di lui, che non la guardava, ma si accostava a lei e le posava la sua grossa testa sul ilio, come avevo visto spesso fare ai cavalli nei campi. Vuoi credermi, Isabella? Non ho mai raccontato questa storia a nessuno, ed essa mi ritorna alla memoria oggi per la prima volta. Era il mio primo incontro. L'uomo s'accosta alla donna come il maschio alla femmina. Che frase stupida! Eppure cos ch'io oggi mi accosto a lei, e non pu essere altrimenti. Non posso offrirle nulla, prometterle nulla. Lei qui, io sono qui, e questo basta. Lo so, avrei dovuto rivolgerle delle parole d'amore, e non dirle brutalmente il mio desiderio. E' certo maldestro, ma almeno vero. L'amore! Pu darsi che io l'ami. Le piacerebbe che gliene parlassi prima di saperlo? E' il procedimento consueto, vero? A me ripugna. Per me, l'amore una scoperta, il desiderio un fatto, e quando ho sottomesso una donna al mio desiderio, sono pi lucido per vedere quello che c' oltre. E' pi brutale, ma anche pi onesto. Per me, parlarle d'amore sarebbe un ricatto; parlarle del mio desiderio rivolgerle una domanda, una domanda che ogni uomo ed ogni donna si rivolgono tacitamente al loro primo incontro: s o no. Con questa sola differenza, che io conosco gi la mia risposta... e la sua. Non possibile desiderare cos se un segreto accordo non si gi stabilito, desiderare con tanta pienezza e tanta fiducia. Io la guardo come qualcuno che mi appartiene gi. Sono mie quelle spalle cos perfette, mia quella nuca che lei inclina sempre con un'aria un po' colpevole. Lei un animale magnifico, Isabella, e pieno d'appetito. E lei lo sa meglio di chiunque. Ma forse ha paura di dirselo. Glielo dico io. (Pausa) Perch si scosta, perch si nasconde il suo viso, quel,viso che lei sa chiudere senza indurire? E' la sua sola difesa, Isabella, e vi rinuncia. Lei mia, ora, lo sa, non vero? E non pretenda di nuovo di non avermi ascoltato... (Le si avvicina).

Isabella - (voltandosi bruscamente e alzandosi) L'ho ascoltata, s.

Orlando - Isabella.

Isabella - Lei sa che cosa significa.

Orlando - Accetti quest'immagine da due soldi: lei la dama del mio cuore.

Isabella - E' lei che non mi ascolta pi.

Orlando - S. L'ascolto. E la guardo.

Isabella - Le avevo fatto capire che un certo genere di conversazione era inammissibile fra noi. Le ho lasciato la scelta, non vero?

Orlando - S. Ho scelto.

Isabella - In questo caso, la prego di comportarsi in conseguenza.

Orlando - (fa dapprima un movimento violento verso di lei come se stesse per prenderla fra le braccia, ma si trattiene) No, certamente ci ritroveremo.

Isabella - Vada, Orlando.

Orlando - Obbedisco. Tutto ci non ha pi importanza. (La saluta e si dirige verso la porta).

Isabella - Orlando! (E' quasi un grido) A proposito, quando sceglie delle immagini, si dia un po' pi di pena. Lo faccia con un po' pi di ricercatezza.

Orlando - Volevo offrirle un dono da due soldi, non pi che un mazzolino di violette.

Isabella - Per questo non c'era bisogno di staccare le insegne dei luoghi malfamati che lei frequenta.

Orlando - Come?

Isabella - La dama di cuori.

Orlando - Eh? Improvvisamente, capisce, afferra la comicit dell'accostamento, e si mette a ridere) La dama di cuori? Lei vuoi dire la Dama di fiori...

Isabella - Poco importa!

Orlando - (molto calmo, semplice e sicuro) Di dove le vengono queste informazioni?

Isabella - Non ha invocato nei miei riguardi la notoriet pubblica? So che lei frequenta quei luoghi per sentito dire, come per sentito dire ho appreso della sua... come dire... lubricit!

Orlando - (ride) Ah, ah, lubricit: la parola non molto graziosa, ma lei una bambina ad averla pensata nell'accostarmi a quei luoghi di perdizione. Ma io non sono lubrico, dal momento che non sono indecente: sono un appassionato e quindi un sensuale.

Isabella - E. se ne vanta?

Orlando - Vantarmene, perch? Non me ne vanto. Affermo. Cos come lei potrebbe affermare di essere bella. Ma ormai mi ha incuriosito: che cosa sa lei della Dama di fiori?

Isabella - Gliel'ho detto.

Orlando - Cio, niente.

Isabella - Perch questo esame ridicolo? Non mi scandalizzo affatto sapendo, come tutti, che esistono, autorizzati, dei luoghi dove, per denaro, delle creature...

Orlando - Umane, molto umane. (Serio) No, vede, Isabella, non c' nessuna ragione per cui non possiamo parlare di queste questioni tranquillamente. E' esatto, io sono, se vuole, un cliente della Dama di fiori . E perch non dovrei esserlo? Che io mi compri una donna per la vita o per un giorno, col mio denaro o col mio lavoro, non, ci vedo differenza. Del resto, non si tratta sempre di denaro, e le trattative non sono dirette. E' un'istituzione di un genere un po' particolare, se non si sa mai bene se si clienti o compagni, se si-sceglie o si scelti. Perch ci si va? Dipende: desiderio di lucro, curiosit, vizio, timidezza, disgusto, semplice sensualit, chiss, fors'anche amore. (Si ferma) Mi ascolta?

Isabella - Con curiosit. Mi sembrava un sensale che presenti una strana mercanzia. Ma forse ha finito il suo elogio. Allora...

Orlando - S, lo so, ho gi abusato. Allora, arri-B vederci. (Le si accosta e le bacia la mono).

Isabella - (molto calma) Non voglio pi rivederla qui, ha capito?

Orlando - (inchinandosi) Certamente. (Fa qualche passo verso la porta, e si volta) Ma forse non nel senso che lei intende.

Isabella - Crede?

QUADRO SECONDO

(Sontuoso salotto alla Danna di fiori. Alle pareti, pannelli rappresentanti, in grandezza naturale, quattro donne di un gioco di carte e in particolare, al centro, una dama di fiori; ogni dama raffigurata da un quadro famoso - Venere di Botticelli, va d Cranach - ecc. - insomma una scelta dei diversi tifi di bellezza femminile. Giunge una nenia non si sa di dove, che, ora attenuata, ora pi forte, durer per tutto il tempo. E' un'aria d balalaika. All'alzarsi del sipario, la scena vuota. Quasi subito entra MadamA Prascovia, seguita da Orlando. Malgrado l'et matura, una bella donna, ancora desiderabile per certi intenditori).

M.me Prascovia - (con forte accento russo) Si dia le pena di entrare, caro signore.

Orlando - (molto a suo agio, senza ostentazione) Buongiorno, Madame Prascovia. Mi riconosce? Le bacia la mono).

M.me Prascovia - Mi scusi, signor Orlando, non sapevo se desiderava essere riconosciuto.

Orlando - E perch mai?

M.me Prascovia - Non sta a noi giudicare. La discrezione una legge qui, e i punti di vista dei nostri clienti possono mutare dall'oggi al domani.

Orlando - E' giusto. Non avevo pensato ai tesori di tatto di cui si dispone qui.

M.me Prascovia - Tesori troppo; cerchiamo di far piacere e di assicurare il conforto dei nostri visitatori, tanto materiale come di serenit spirituale,

Orlando - E ci riuscite benissimo, madame Prascovia; lei indovina perch sono qui?

M.me Prascovia - E' facile. Non abbiamo sorprese in questo campo.

Orlando - Vorrei parlarle.

M.me Prascovia - (impercettibilmente pi sostenuta) Avrebbe motivo di lamentarsi di qualche cosa?

Orlando - No.

M.me Prascovia - (sorridendo) Ne sono felice. Ebbene, caro signore?

Orlando - Madame Prascovia, sono molto preoccupato.

M.me Prascovia - (secca, ma non ostile) Preoccupazioni finanziarie?

Orlando - Per nulla.

M.me Prascovia - Tanto meglio. Vorrei esserle utile.

Orlando - Forse pu.

M.me Prascovia - Di che si tratta?

Orlando - Non potremmo andare altrove?

M.me Prascovia - Impossibile, lei ha troppa fretta.

Orlando - Come?

M.me Prascovia - Lei sa che l'eguaglianza nella scelta uno dei nostri privilegi. (Con un gesto verso i pannelli) Bisogna lasciar loro il tempo di guardarla bene.

Orlando - Ah s, non ci pensavo pi. (Pausa) Ma mi conoscono gi.

M.me Prascovia - Crede? In questa casa, si va, si viene, ogni giorno porta del nuovo. Ricordo di una donna che venne qui tutti i giorni per due mesi... Poi scomparsa, senza aver scelto nessuno.

Orlando - (ridendo) Forse cercava suo marito.

M.me Prascovia - (ridendo anche lei) S, l'idea che viene... Ma non credo... No.

Orlando - Ah! Allora aspetter un poco. Devo mettermi in posa?

M.me Prascovia - Lei scherza. Non necessario.

Orlando - Potr concedermi un momento, dopo?

M.me Prascovia - Ma pu parlare. (Gesto di Orlando) La guardano, ma non la sentono. Fra poco le dar la camera Asso di fiori. E' molto graziosa. Lei non la conosce ancora...

Orlando - Madame Prascovia, volevo chiederle consiglio.

M.me Prascovia - Lei mi onora.

Orlando - Lei una donna piena d'esperienza. Ha consacrato la sua vita all'amore.

M.me Prascovia - Ne ho vissuto. (Sognante) S, d'amore e d'acqua fresca. (Realista) Ne vivo ancora. Largamente.

Orlando - Lei sa giudicare le persone e le cose e sono sicuro che pu aiutarmi.

M.me Prascovia - Vorrei poterlo fare.

Orlando - Ecco. Io desidero appassionatamente Etna donna, e gliel'ho detto. Sono sicuro di piacerle, e mi ha messo alla porta.

M.me Prascovia - Naturalmente sposata.

Orlando - Certo.

M.me Prascovia - Si tratta probabilmente di una donna rispettabile.

Orlando - Certamente. Per non prude, e nemmeno prudente: mi riceve da solo. Accetta anche di uscire con me. Agli occhi di alcuni, pu gi apparire compromessa.

Prascovia - E... il marito?

Orlando - Cordiale e sorridente.

M.me Prascovia - Illuso?

Orlando - Non credo. E' un uomo lucido e non uno sciocco.

M.me Prascovia - Fiducioso, allora?

Orlando - Pare.

M.me Pbascovia - E' seccante.

Orlando - Perch?

M.me Prascovia - Perch si tratta senza dubbio di un uccello abbastanza raro: una donna onesta.

Orlando - L'ha gi detto.

M.me Prascovia - Avevo detto: una donna rispettabile.

Orlando - S, c' una differenza.

M.me Prascovia - Immensa. Una donna rispettabile s'infischia di essere onesta, purch la considerino tale: onesta per gli altri, salva le apparenze. Una donna onesta s'infischia delle apparenze e non ha timore di compromettersi. E' onesta per se stessa. Una donna rispettabile fa degli sbagli dopo, quando si lascia andare, sotto il dominio della passione, per esempio; una donna onesta fa degli sbagli prima, perch non si crede colpevole. Vede?

Orlando - S.

M.me Prascovia - Ho paura che lei si sia imbattuto davvero in una donna onesta.

Orlando - Perch paura?

M.me Prascovia - Perch grave, a volte anche tragico, essere una donna onesta.

Orlando - E una donna rispettabile?

M.me Prascovia - Piuttosto melodrammatico.

Orlando - Sono sorpreso di vedere che conosce cos bene sia le une che le altre.

M.me Prascovia - No, caro, lei sbaglia: qui vengono delle une come delle altre; solamente, per vie diverse: mi segue?

Orlando - S, perfettamente.. (Pausa) Andiamo tutti vrso le stesse sorgenti, come le fiere, per vie diverse.

M.me Prascovia - Per la donna, non ce n' che una che conti, ora come scopo, ora come mezzo, ma sempre la stessa. Per alcune una sorgente; per altre una risorsa. (Pausa piuttosto lunga).

Orlando - Secondo lei, Madame Prascovia, che cosa debbo fare?

M.me Prascovia - Aspettare, naturalmente.

Orlando - (con impazienza) Come aspettare?

M.me Prascovia - Semplicemente aspettare. Lei cacciatore, no? Segno di assenso di Orlando) Ebbene, lei sa allora che ci sono delle fiere che non si vanno a cercare: bisogna aspettare che vengano. Dunque, aspetti. Con le donne rispettabili, bisogna attaccare, seguire una serie di manovre ben note, che tutti possono imparare; con le altre, bisognerebbe... ma gli uomini non sono abbastanza intelligenti! Allora, meglio aspettare, mi creda.

Orlando - E se non accade nulla?

M.me Prascovia - E' perch non deve accadere nulla. Allora rinunci.

Orlando - Ma io non voglio rinunciare. E' facile a dirsi...

M.me Prascovia - Mio signore, lei un po' irritante. Io non le ho chiesto nulla. Lei vuole un consiglio, io glielo d: finito qui. Mi indifferente se lei vuoi seguirlo o no.

Orlando - Ha ragione. Mi scusi. Lei stata molto amichevole, e io mi comporto come un villano. (Le bacia la mono).

M.me Prascovia - Non fa nulla. Dimenticato.

Orlando - Ma s, la villania in me naturale, lo so, mi arrabbio, tempesto...

M.me Prascovia - La villania naturale il temperamento. (Cambiando tono) ...E il temperamento bisogna calmarlo.

Orlando - Giusto. Ebbene, poich sono qui...

M.me Prascovia - Certo. Si aspetta meglio quando si calmi. La lascio. La lascio con i pittori famosi. (Preme un bottone. Si fa buio; solo il viso d Orlando resta illuminato e, mentre egli si volta verso i pannelli, M.me Prascovia esce. Il salotto immerso nell'oscurit. La musica che prima s Sentiva in sordina sembra farsi pi distinta; come mosso da una molla, il viso della Dama di fior svanisce e, in sua vece, in una luce d'acquario, appare la testa di una donna il cui sguardo fisso su Orlando).

Orlando - Buongiorno. (Silenzio) Ah, scusi, dimenticavo. Non mi sente. Un bel viso, ma no... no... no... (Fa segno di no con la testa, il viso scompare, e ne appare un altro nel pannello vicino) Neppure; mi spiace, sono molto capriccioso oggi. (Il viso scompare. Orlando canticchia la nenia) Ecco, era fatale, ora quest'aria m' entrata in testa: ah, ecco una bella creatura. (E' apparsa un'altra testa) S, molto bella... eppure, no! No. (Segno negativo della testa) Che cosa mi prende? Appare un'altra testa) Ah no, questa non proprio il mio genere! (La testa scompare) Sfila tutto il pensionato. (Nuova testa) Neppure. (La testa scompare) Che cosa sono venuto a fare qui? Me lo domando. Non sar stato per piagnucolare sul seno di Prascovia. (Canticchia) Sempre questa nenia. (Nuova testa) No, mi spiace. (La testa scompare) Credo che farei meglio a fermare il corteo! (Pausa; una nuova testa apparsa, mentre Orlando si voltato) II meglio sarebbe che me ne andassi alla chetichella. (S'accorge che non ha pi guardato) Ah, scusate. (Rivolge di nuovo lo sguardo verso il pannello illuminato, e resta immobile, stupefatto) Eh? Non possibile! (Senza poter articolare parola, guarda il volto silenzioso della donna. E la donna sorride. Orlando incapace di una parola, d un gesto, e rimangono cos fermi, per un lungo momento, senza staccare gli sguardi) Eppure non sono pazzo, n ubriaco. Sta bene. (Lentamente fa a pi riprese, segno d s, e il viso della donna gli risponde, sempre sorridendo, prima di sparire. Nell'oscurit, Orlando pu accendere una sigaretta, far qualche passo. A poco a poco, la luce aumenta senza peraltro dissipare interamente la penombra della stanza. La cantilena, quasi soffocata, sembra giungere da molto lontano. Una tenda, si solleva ed entra la donna la cui testa apparsa per ultima nel medaglione. La si pu scambiare per Isabella, o almeno la somiglianza tale che lo stupore d Orlando non deve meravigliare nessuno; e questo malgrado una pettinatura diversa, la mancanza di trucco, ed un viso meno espressivo e mobile. Essa entra, fa qualche passo e s ferma. Lungo silenzio. Orlando va a deporre la sigaretta, cammina per la stanza. Si direbbe che rompere il silenzio gli estremamente penoso).

Orlando - Qui ci si da del tu, no?

La donna - E' possibile. (La sua voce grave e lenta non quella di Isabella).

Orlando - Ti secca?

La donna - Che cosa?

Orlando - Che ti dia del tu.

La donna - Perch?

Orlando - Non so, ti chiedevo.

La donna - No, per me lo stesso.

Orlando - Sei nuova, qui?

La donna - E' divertente fare domande!

Orlando - Non hai voglia di rispondere?

La donna - Non necessario.

Orlando - Non vuoi parlare?

La donna - Ma s, parlo.

Orlando - Col contagocce.

La donna - Certo sono una stupida?

Orlando - (sobbalza a quel modo interrogativo) Stupida? Ti credo al contrario molto smaliziata...

La donna - (sorridendo) Preferisco. Ti prendono cos facilmente per un'idiota. (Lungo silenzio).

Orlando - Isabella! Perch recitare ancora questa commedia?

La donna - Isabella? Pausa) Mi chiamo Ada. Ma mi indifferente che mi si chiami Isabella, se ti fa piacere o ti necessario.

Orlando - Ti indifferente?

La donna - Lo faccio volentieri.

Orlando - Volentieri? Che vuoi dire?

La donna - Per far piacere.

Orlando - Ti burli di me?

La donna - Burlarmi di te? Qui? Ma che discorso fai?

Orlando - Chi sei?

La donna - Sono Ada. Per te mi sembra che basti.

Orlando - Va bene, l'hai gi detto.

La donna - Allora, vuoi chiamarmi Isabella?

Orlando - No. Poich sei Ada, resta Ada.

Ada - Preferisco cos.

Orlando - Tanto meglio. (Pausa) Dimmi, quando apparite l, vedete bene?

Ada - S, abbastanza bene. Ma meno di prima, attraverso gli occhi, quando la stanza illuminata. E' la prima volta?

Orlando - No, ma non ho mai avuto la curiosit di domandare.

Ada - S, attraverso gli occhi si vede meglio e si ha tutto il tempo. Dopo, si tratta soprattutto d'essere guardate.

Orlando - Giusto. Mi domando perch vi fanno guardare.

Ada - Ma, per scegliere.

Orlando - Come, scegliere?

Ada - Per sapere se ci piace.

Orlando - S. Dunque tutte quelle che sfilano qui sono d'accordo.

Ada - S.

Orlando - Alla buon'ora, ho successo! (Pausa) Ma tuttavia ce ne sono state... due o tre... che non...

Ada - Certamente.

Orlando - Ah! (Ride d'un riso franco e gaio).

Ada - E' bene ridere cos.

Orlando - Ti piace il mio modo di ridere?

Ada - S, molto.

Orlando - Grazie. (Le volge la schiena e resta un momento silenzioso, poi si volta improvvisamente) Isabella! (Balzando verso di lei) Si tradita, Isabella, ha risposto. Perch questo gioco?

Ada - Non capisco.

Orlando - E' troppo tardi. Ha risposto.

Ada - Che cosa ho risposto?

Orlando - Non so. Non so pi. Va' a prendere la tua roba e vieni via con me.

Ada - No.

Orlando - Perch no?

Ada - Prima di tutto proibito. E poi non ne ho voglia.

Orlando - Non ne hai voglia? Hai detto ora che ti piaccio.

Ada - S.

Orlando - Ebbene?

Ada - Si sta bene anche qui.

Orlando - Come vuoi. Io me ne vado.

Ada - Arrabbiato?

Orlando - Che t'importa?

Ada - Mi dispiace.

Orlando - Ti farebbe dispiacere se me ne andassi?

Ada - S.

Orlando - Allora, perch non mi dici la verit?

Ada - Non mento. E' vero che proibito.

Orlando - Non parlavo di questo.

Ada - (dopo una pausa) Mi chiamo Ada.

Orlando - S. Io mi chiamo Orlando.

Ada - Orlando.

Orlando - E' un nome ridicolo, vero?

Ada - No, suona bene.

Orlando - Evidentemente. Suona come un corno. Roncisvalle!

Ada - Ci sono dei nomi che si adattano alle persone, come i cappelli.

Orlando - II mio mi si adatta?

Ada - S.

Orlando - Tanto meglio. Anche a te sta bene Ada. (Pausa) A che pensi?

Ada - Penso che perdiamo tempo.

Orlando - Ah, ma bene! Tu non perdi la bussola! Hai premura?

Ada - No.

Orlando - Che cosa volevi dire?

Ada - Niente, io... (Gli rivolga lo sguardo turbato).

Orlando - E' vero che ti piaccio?

Ada - S. Poich son venuta.

Orlando - E mi hai scelto cos, subito.

Ada - S.

Orlando - Perch non sei passata per prima?

Ada - C' un ordine.

Orlando - Ma avrei potuto prendere la prima venuta, a caso, come sapere?

Ada - S, la fortuna.

Orlando - Tu pensi che hai avuto fortuna?

Ada - S.

Orlando - Sei contenta?

Ada - S.

Orlando - Allora tu capisci questo, che ci si possa conoscere, incontrarsi e desiderarsi alla prima occhiata.

Ada - S.

Orlando - E trovi che sia bene?

Ada - S.

Orlando - E naturale?

Ada - E naturale.

Orlando - E non hai bisogno di sapere se ti amo...

Ada - No.

Orlando - O se tu mi ami?

Ada - No.

Orlando - Bene. (Avvicinandosele) Sei bella, molto bella, Ada. E mi piaci infinitamente. E' la sola cosa che importi per il momento. Ti confesso che sono venuto qui senza nessuna intenzione, con una vaga idea di chiacchierare con Prascovia. Non tenevo a vedere nessuna donna. Hai potuto rendertene conto. Di solito sono meno capriccioso. E improvvisamente, so che sono venuto qui per te. E' come se tu mi avessi dato appuntamento, e che tu sia stata puntuale al nostro primo incontro.

Ada - Grazie.

Orlando - Perch grazie?

Ada - Perch sono felice.

Orlando - Sei felice? Quasi gentilmente) Non dirai di amarmi?

Ada - Non si sa mai, prima.

Orlando - (pausa) Ada, io non sono un uomo di carattere molto facile, capisci?

Ada - Lo credo.

Orlando - Sotto tutti i punti di vista, sai. Mi troverai forse strano, esigente, chi sa, fors'anche brutale. Se sono troppo duro, tanto peggio, bisogner accettarmi come sono, o altrimenti lasciarmi...

Ada - Oh no!

Orlando - Tu non hai paura di niente, tanto meglio. (La prende fra le braccia e la bacia lungamente; poi si scosta da lei) Vieni. Ada (lo segue, ma si ferma un momento) Vorrei che tu mi amassi come Isabella.

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

(Il salotto di Isabella. Davanti alla. sua toletta, di fronte al pubblico, seduta Isabella, apparentemente occupata nelle piccole cure che si possono immaginare, ma distratta e pensosa. Rimane sola par un tempo abbastanza lungo. L'atmosfera intima, un tantino conturbante e leggermente triste. Il salotto illuminato parzialmente da una lampada discreta. A poco a poco come suggestionata dal ricordo, Isabella ripete canterellando, prima a mezza voce, poi sottolineando certi passaggi, l'aria gi ascoltata alla Dama di fiori , di cui sembra conoscere le parole. Sta ancora cantando, quando silenziosamente appare Orlando, che si ferma sulla soglia. Egli resta un momento immobile, carne stupefatto. Poi, bruscamente, con moto rapido e passo cos leggero che Isabella non s'accorge della sua presenza che quando le vicinissimo, va verso di lei, la prende fra le braccia e la bacia appassionatamente sulla spalla e sulla nuca. Un breve istante, di quelli di cui si dice che durano un'eternit, ed Isabella, che non pu non averlo veduto nello specchio, senza cambiare di posto e senza tentare di liberarsi, dice).

Isabella - Ma insomma, Felice!

Orlando - (che ha indietreggiato, atterrato) Che?!

Isabella - (voltandosi) Che cosa fa lei qui?

Orlando - Perch ha detto: Felice?

Isabella - Che altro nome potevo dire?

Orlando - Lo sa.

Isabella - Orlando! Credo di averle chiesto di non farsi pi vedere qui.

Orlando - E' vero.

Isabella - Era semplice, no? E chiaro. Credevo di aver dimostrato abbastanza cortesia e di poter sperare di non dovermene pentire.

Orlando - Non siamo intonati, Isabella. Non possiamo pi parlare cos dopo quello che accaduto.

Isabella - Non abbiamo pi da parlare in nessun modo, dopo quello che accaduto.

Orlando - Ma, Isabella, parliamo della stessa cosa?

Isabella - Certamente. Chi l'ha lasciato entrare?

Orlando - Nessuno. A casa sua, si entra, si esce. La porta aperta.

Isabella - Finora non sentivo nessun bisogno di farmi custodire, ma vedo...

Orlando - Lei sa difendersi molto bene. Isabella, ho delle spiegazioni da chiederle.

Isabella - Oh, adesso basta. Non ho nessuna spiegazione da darle. Esca o la far uscire.

Orlando - No. Non ho paura dello scandalo; e ci sar certamente uno scandalo se lei chiama. La prevengo. Ammettiamo ch'io sia entrato qui di frodo e che sia l'ultima volta che ci vengo, ma intanto sono qui. Ho da parlarle. E lo far.

Isabella - Non ho voglia di parlarle e sono stanca di ascoltarla.

Orlando - Non fa niente. Per quanto strano possa. sembrarle, sento di avere dei diritti su di lei.

Isabella - Dei diritti?

Orlando - Quella cantilena...

Isabella - Che cantilena?

Orlando - Quell'aria che canticchiava quando sono entrato...

Isabella - S, ebbene?

Orlando - Dove l'ha sentita?

Isabella - Che domanda assurda. Senta, Orlando, queste storie non m'interessano e la prego di lasciarmi in pace.

Orlando - No, rester qui finch non mi avr dato una spiegazione valida.

Isabella - Insomma, intollerabile! Le dico di lasciarmi.

Orlando - Voglio sapere se lei o non Ada.

Isabella - Ada?

Orlando - Questo nome le dice qualcosa?

Isabella - Lei diventa pazzo, Orlando: quest'aria, questo nome di donna, che rapporto hanno fra loro... e con me...

Orlando - Se non hanno nulla che la turbi, perch allora rifiuta di darmi una spiegazione? Non siamo nemici, Isabella.

Isabella - No, non siamo nemici, ma mi domanda delle cose tanto strane: quel nome, quell'aria...

Orlando - L'avr sentita in qualche posto... le piaciuta, visto che la cantava.

Isabella - Come sapere in che modo un'aria ci entra in testa, spesso la si ripete senza rendersene conto.

Orlando - E' questo l'importante.

Isabella - Aspetti. E' una canzone russa, credo. (La canticchia) E' questa che vuoi dire?

Orlando - S.

Isabella - Ho trovato. E' un'aria che ho sentita al Cavaliere di San Giorgio, un locale russo dove ho pregato Felice di condurmi ieri sera.

Orlando - Al Cavaliere di San Giorgio?

Isabella - S. Devo persine avere il programma da qualche parte. Danno uno spettacolo piacevole. (Trovando il programma) Ah, eccolo.

Orlando - Che cosa le ha messo in mente di andare in quel locale russo?

Isabella - Non so. Non la prima volta che Felice mi conduce al variet.

Orlando - In un locale russo...

Isabella - E perch no? Ma un vero e proprio interrogatorio!

Orlando - Mi scusi.

Isabella - E' il mio turno, adesso. Chi quella donna?

Orlando - Che donna?

Isabella - Ada.

Orlando - Oh, questo non ha pi nessuna importanza. (Improvvisamente) Come conosce questo nome? .

Isabella - L'ha appena pronunciato.

Orlando - E' vero. Mi comporto in modo assurdo.

Isabella - Chi Ada?

Orlando - Mi risparmi, Isabella.

Isabella - Ma, Orlando, io non voglio torturarla. Lei un vero ciclone. Le si parla per un istante, fra due porte, e passano le ore. Si fa un passo per seguirla e ci si trova lontani mille miglia...

Orlando - Se potesse davvero seguirmi a mille miglia di qui...

Isabella - Oh, mi risparmi queste banalit.

Orlando - Ci sono a volte banalit molto vere. (Pausa) Lei una donna ben strana. E' l che sogna, canticchiando un ritornello da locale notturno. Entro, l'abbraccio; lei sta per mettermi alla porta, poi mi lascia parlare, ed eccoci qui a chiacchierare, come se nulla fosse, come se quel bacio fosse dimenticato o... normale.

Isabella - Lei si comportato in modo assurdo e per restare, si servito di un ricatto.

Orlando - E' vero. Bisogna perdonarmi, ero atrocemente torturato. (Pausa abbastanza lunga) Ha lasciato ch'io la prendessi fra le braccia.

Isabella - Avevo creduto che fosse Felice, ha sentito.

Orlando - Ho sentito. Ma Felice non c'entra, dal momento che lei mi ha veduto nello specchio.

Isabella - (con una durezza quasi minacciosa) Ne sicuro?

Orlando - Lei non una donna, un domatore. Un domatore nato. Dire che pensavo di esserlo io.

Isabella - Piuttosto lei che un lupo; un lupo che bisogna rassicurare ad ogni istante sul suo carattere, fargli capire che non cattivo, che vuoi soltanto giocare.

Orlando - Ecco: cos procedono i veri domatori.

Isabella - Fino al giorno che si fanno dilaniare.

Orlando - Non sar certo io a far questo.

Isabella - Che ne sa?

Orlando - Le faccio paura?

Isabella - Paura? Forse che i domatori hanno paura?

Orlando - Non un'ingiuria. (Ride col suo riso chiaro e franco).

Isabella - Lei ha un riso simpatico, Orlando.

Orlando - Le piace il mio modo di ridere?

Isabella - S molto! (Pausa) No, lei non mi fa proprio paura.

Orlando - Se non le faccio paura, perch non continua a ricevermi come prima?

Isabella - E' necessario?

Orlando - Non le importa nulla di non vedermi pi?

Isabella - Non ho detto questo.

Orlando - (dopo una breve pausa) Ecco, Isabella, si tradita.

Isabella - Che c' ancora?

Orlando - So benissimo, a costo di apparire presuntuoso, che le dispiacerebbe non vedermi pi, almeno quanto sarebbe doloroso per me perderla per sempre. Ma capisco il gioco: non ha pi bisogno di vedermi qui, perch pu vedermi altrove.

Isabella - Altrove? Ma sa che lei ha degli strani vaneggiamenti?

Orlando - Come ho potuto ingannarmi cos a lungo, mentre cos evidente!

Isabella - Ma insomma che cos' cos evidente?

Orlando - Che lei Isabella.

Isabella - Che sono Isabella? Ma allora sragiona? Certo che sono Isabella.

Orlando - S, sragiono. Volevo dire: lei Ada.

Isabella - Ada? Sono Isabella o sono Ada? Bisognerebbe decidersi!

Orlando - Stavolta lei che si serve di un mezzo volgare.

Isabella - La smetta, Orlando. Lei mi stanca!

Orlando - Perch ha perduto terreno: il suo gioco molto difficile, Isabella; un gioco terribile.

Isabella - (prontamente) Se lo gioco, so di giocarlo.

Orlando - Infatti, lo sa. (Pausa) Isabella, ieri, ho tenuto fra le braccia una donna che aveva il suo viso e il suo corpo.

Isabella - II mio corpo?

Orlando - Una prostituta.

Isabella - (molto calma) Alla Dama di fiori ?

Orlando - Come lo sa?

Isabella - Ha dimenticato quanto ci siamo gi detti sulla pubblica notoriet?

Orlando - S. Alla Dama di fiori.

Isabella - Strano. Lei sosteneva che il... personale era molto misto, molto vario. E l'ha tenuta fra le braccia? Ha detto una prostituta?

Orlando - Isabella, non sono che uno stupido e un villanzone. La mia intenzione era di scuoterla, di sorprenderla, non di offenderla. Questo lo ha capito. Pu perdonarmi.

Isabella - Bene, rimettiamo le cose a posto con un patto leale.

Orlando - Un patto? E' una complicit.

Isabella - No. Non bisogna prenderlo in quel senso. Le chiedo di non parlarmi pi di tutto ci. Di rinunciare a farmi la corte.

Orlando - E' costringermi all'ipocrisia.

Isabella - Non bisogna che ci sia ipocrisia.

Orlando - Ma come posso fare? La costrizione provoca a volte delle esplosioni. Ma lei non ha paura di nulla.

Isabella - Se avessi paura di morire, molte cose mi farebbero paura.

Orlando - Non ama la vita?

Isabella - L'adoro.

Orlando - Ma rifiuta di vivere.

Isabella - Lei dice che rifiuto di vivere perch rifiuto di ascoltarla. Non bisogna confondere, quello che facile con ci che vivo. Rifiutare qualcosa, rifiutarsi qualcosa, vuoi dire qualche volta vivere molto intensamente, soprattutto per i caratteri che si sentono capaci di pagare di persona. Se affronto un rischio, voglio che sia senza riserve. E voglio che il rischio sia proporzionato alla posta. E' la mia fierezza ed il mio modo di vivere.

Orlando - Io della vita non amo che una fase: la pi breve, ma vorrei che fosse quanto pi ricca possibile: quella in cui gli esseri maturano per l'amore, ne vivono o ne muoiono. Tutto il resto mi sembra privo d'interesse.

Isabella - Nei giardini in cui vivevano Adamo ed Eva, non c'era infatti che questo. Dapprima tutti i canti erano d'amore. (Pausa) Ma ora quei giardini sono perduti per gli uomini. Ed essi cercano altre ragioni di vivere, e cercano anche altri canti per distrarsi. E' forse un punto di vista infantile.

Orlando - Isabella, ho vissuto troppe primavere nella foresta, e conosco la felicit degli animali. Vorrei che lei mi capisse.

Isabella - Ma io la capisco, Orlando. Tutte le donne la capiranno, per minuscolo che sia il giardino dei loro sogni. Pensavo agli uomini.

Orlando - Anche gli uomini non hanno altro sogno. E pi la vita li angustia, pi li respinge verso le loro preoccupazioni o le loro ambizioni, pi questo segreto li tormenta e li domina.

Isabella - Da quando l'amore ha perduto i suoi giardini, scomparsa anche la sua libert. Non ritrova pi il suo posto nella nostra vita, ed ci che infonde nostalgia agli innamorati e da alle canzoni d'amore quel sapore di amarezza e di morte.

Orlando - Gli animali hanno conservato la loro gioia ed i loro canti, Isabella. Il loro desiderio gioioso. L'amplesso trionfante. Esso porta a volte l'amore come dono supremo. Isabella, la giovinezza cos breve: perch non tentare la nostra sorte? La prende fra le braccia).

Isabella - (si scioglie, con accortezza femminile, senza urtare) Mi lasci, la prego.

Orlando - Perch non credere che sono Felice?

Isabella - (ha un gesto di ribellione, come se dovesse dargli uno schiaffo; ma si trattiene e dice scostandosi) Nulla di quanto concerne Felice la riguarda.

Orlando - Non valgo neppure uno schiaffo.

Isabella - E' un gesto troppo solenne e insieme troppo stupido.

Orlando - E' che lei manca di passione. Questa la verit.

Isabella - Pu darsi.

Orlando - II nostro patto non vale, Isabella. Non l'accetto. La desidero troppo e non sono in condizioni di rinunciare. Io l'avr, Isabella, e, se bisogna aspettare, sappia che so essere paziente.

Isabella - (scoppiando a ridere) Ebbene, pazienti!

QUADRO SECONDO

(La camera Asso di Fiori. Molti tendaggi, luce filtrata. Orlando, solo, piuttosto agitato. Dopo un momento entra Madame Prascovia, molto meno vestita e pi allettante della prima volta).

M.me Prascovia - Mio caro, lei chiede sempre delle cose impossibili. Ha una faccia tosta!

Orlando - E' evidente...

M.me Prascovia - E' evidente che pochi si sarebbero permessi di farmi venire qui.

Orlando - E' perch ho una cosa da chiederle, una cosa che la sorprender e che sar forse tentata di negarmi...

M.me Prascovia - Negarle, perch? Perch essere cos pessimisti, a priori?

Orlando - Si tratta di una cosa senza dubbio al di fuori degli usi di questa casa...

M.me Prascovia - Bene, e poi?

Orlando - E lei potrebbe non voler condividere i miei punti di vista. Gliel'ho detto, la mia richiesta potrebbe sorprenderla.

M.me Prascovia - Sorprendermi? Si vede che mi conosce male. Mi crede incapace d'indovinare?

Orlando - Lei avrebbe forse indovinato?

M.me Prascovia - Eh, perch no?

Orlando - (dopo una pausa) Madame Prascovia, ho insistito perch venisse...

M.me Prascovia - (interrompendolo) S, siamo intesi, mio caro, non ha bisogno di scusarsi. Evidentemente una cosa che non ammetto di solito, ma per un cliente come lei...

Orlando - ; La ringrazio.

M.me Prascovia - E' un intenditore.

Orlando - Lei esagera.

M.me Prascovia - S, s, so quel che mi dico. (Pausa) Non bene seguire sempre ciecamente la regola e so all'occasione ammettere un'eccezione...

Orlando - Lei mi ha capito prima che parlassi, lei davvero molto gentile e...

M.me Prascovia - ... E' molto perspicace, s, questo genere di perspicacia non sgradevole per una persona della mia et...

Orlando - Con la sua esperienza...

M.me Prascovia - L'esperienza non tutto, ragazzo mio. Certi desideri nascono in modo bizzarro.. E' sopratutto l'intuizione che entra in gioco.

Orlando - Lei mi ha sempre capito cos bene.

M.me Prascovia - Capito, dir troppo: indovinato, ecco.

Orlando - Dunque, d'accordo?

M.me Prascovia - In che modo lo dice! S, poich sono venuta...

Orlando - Lei mi facilita molto le cose in questo modo,

M.me Prascovia - In questi casi bisogna saper essere semplici.

Orlando - Comunque sia, conti sulla mia gratitudine... (Intende dire compensarla e glielo fa capire).

M.me Prascovia - (severa) Non se ne parla nemmeno.

Orlando - Perch?

M.me Prascovia - Le ho detto che si tratta di un'eccezione per lei.

Orlando - Ragione di pi.

M.me Prascovia - Semplicemente per gusto, o come si dice nel suo ambiente, per inclinazione. Lei un ragazzo molto simpatico...

Orlando - Veramente...

M.me Prascovia - ... E non. ho voglia di portare sul terreno finanziario una questione di cuore e di pelle... Forse parlo un po' crudamente.

Orlando - No, proprio cos.

M.me Prascovia - Allora, ragazzo mio, non insista pi e... (Sorriso seducente).

Orlando - (di cuore) Grazie. (Pausa) Quando?

M.me Prascovia - Ma... subito... Non la capisco!

Orlando - (lontanissimo dal capire) Credevo che ci fossero delle disposizioni d'ordine... amministrativo da prendere, che so?

M.me Prascovia - Amministrativo?

Orlando - Non sono al corrente di tutti i vostri regolamenti.

M.me Prascovia - Ma poich sono io la padrona.

Orlando - S, ma lei si dimostrata talmente comprensiva, ha prevenuto con tanta compiacenza i miei desideri...

M.me Prascovia - Prevenuto i suoi desideri... Ha un modo di dire le cose...

Orlando - Sono ridicolo, lo so. Ma le confesso che son molto commosso...

M.me Prascovia - Ma anch'io, e, se continua, sar anche molto imbarazzata: eppure si tratta di una cosa tanto semplice.

Orlando - S, se si vuole. (Pausa) Ma non prendo la cosa alla leggera: tutta: la mia vita dipende da questo passo.

M.me Prascovia - Questi discorsi sono molto commoventi, ma, dopo tutto, lei non un collegiale: sa ci che vuole.

Orlando - Le ho dichiarato che la mia decisione stata presa dopo lunga riflessione.

M.me Prascovia - E allora? Che cosa aspetta: lei l'uomo o sono io?

Orlando - (che improvvisamente ha capito, o meglio teme di aver capito) Madame Prascovia, ho paura...

M.me Prascovia - (dopo una pausa) Anch'io ho paura; paura di capire. Mi dica, caro signore, li non per caso di quei... sognatori che chiedono la luna, e, quando l'hanno l, perdono l'appetito... Non avrei mai pensato che lei, un uomo cos forte, cos semplice... Ma allora che cosa diavolo viene a fare in questa casa?

Orlando - Madame Prascovia, io temo che fra noi ci sia un disgraziato malinteso...

M.me Prascovia - Lo temo anch'io.

Orlando - Avrei dovuto, evidentemente, essere pi esplicito.

M.me Prascovia - La sincerit sempre pi efficace. Si spieghi: perch mi ha fatto chiamare qui?

Orlando - Per parlarle.

M.me Prascovia - Errore: qui non si parla; qui si fa l'amore.

Orlando - E che cosa crede che ci faccia io?

M.me Prascovia - Io non credo niente, constato.

Orlando - Che cosa?

M.me Prascovia - Che lei fa tutta una storia contraria ai regolamenti per farmi venire in questa camera. E quando, per simpatia, ho acconsentito, Dio solo sa che cosa vuole da me.

Orlando - Ma volevo parlarle di Ada.

M.me Prascovia - Di bene in meglio! E, naturalmente, ad Ada parlava di me.

Orlando - Di lei? Ma per nulla?

M.me Prascovia - Di chi allora?

Orlando - Di nessuno: non mi trovo con Ada per parlarle.

M.me Prascovia - Ah bene, non per parlarle? Scattando) E perch allora con me vuole parlare?

Orlando - Perch lei la padrona, e ci che devo chiederle dipende da lei.

M.me Prascovia - Dipende da me... (Pausa) Ma allora? Ancora una 'pausa, poi improvvisamente presa da un accesso di riso perch ha finalmente capito) Ah, .ah, ah! Non possibile... Sono pazza... Come ho potuto immaginare?... E accusavo lei, poveretto, di aver troppa immaginazione! S, la storia pi divertente... pi ridicola... che mi sia mai capitata! (Ride forte).

Orlando - Madame Prascovia, sono desolato...

M.me Prascovia - Desolato, perch desolato, ragazzo mio? Non le sembra ridicolo, ridicolo da morire... e io che credevo... Ah davvero, bisogna che lo racconti... Ma rida, dunque, ne ha una voglia terribile. Povero, povero Orlando, e Dio sa quel che ho potuto pensare di lei, quel che ho potuto dirle!

Orlando - E' tutta colpa mia.

M.me Prascovia - Naturalmente tutta colpa sua, ma non meno ridicolo per questo... Qui, quando si vuoi parlare a una signora, non la si fa mai venire in una camera, ma nel salotto: scritto nel regolamento. Parlare gratuito. Allora, capisce, quando mi hanno detto che mi aspettava qui, in camera... (Sbotta di nuovo a ridere).

Orlando - La prego proprio di scusarmi.

M.me Prascovia - Non c' nulla da scusare. L'idiota sono io: ridicolo ma sono rassicurata. Il terribile essere delusi.

Orlando - Allora mi ha gi perdonato. (Le bacia la mano).

M.me Prascovia - Certamente. (Pausa) Ebbene, poich l'incidente sistemato, pazienza, parliamo.

Orlando - E' a proposito di Ada.

M.me Prascovia - L'ho capito.

Orlando - In fondo questo equivoco mi ha fatto bene; ero nervoso, imbarazzato. (Pausa) Madame Prascovia, volevo chiederle il permesso di condur via Ada.

M.me Prascovia - Portar via Ada? Dove?

Orlando - Condurla via definitivamente, con me.

M.me Prascovia - E lei d'accordo?

Orlando - Suppongo.

M.me Prascovia - Non bisogna supporre. A volte ci porta lontano...

Orlando - E' soprattutto il suo consenso che mi preme.

M.me Prascovia - Perch, il mio consenso?

Orlando - Non vorrei danneggiarla.

M.me Prascovia - Danneggiarmi?

Orlando - Se tutti i suoi clienti m'imitassero...

M.me Prascovia - II pericolo non grande.

Orlando - Comunque sia, io non voglio che i miei capricci le facciano torto.

M.me Prascovia - (lo guarda attentamente) Dove vuole arrivare?

Orlando - Vorrei compensarla.

M.me Prascovia - Compensale: ma una sua smania

Orlando - So bene che non tutte le donne che lei offre sono necessariamente professioniste.

M.me Prascovia - S.

Orlando - Ma non son tenuto a sapere se Ada una delle sue ragazze, oppure...

M.me Prascovia - No, non tenuto a saperlo.

Orlando - Appunto, e per questo...

M.me Prascovia - Non tenuto, ma tuttavia le piacerebbe molto saperlo, non vero?

Orlando - Perch dice questo?

M.me Prascovia - Perch a me piacerebbe sapere se si sta prendendo gioco di me.

Orlando - Le assicuro che sono lontanissimo da...

M.me Prascovia - Lontanissimo. Ah no, ragazzo mio, io sono certo un po' pazza, ma non si raggira Prascovia Maximovna in questo modo. Non sono nata ieri...

Orlando - Ma che cosa le viene in mente...

M.me Prascovia - Lei mi simpatico, signor Orlando, ma tanto simpatico, che poco fa ero disposta a fare per lei uno strappo al regolamento... (Sbottando) Ma non tenti di farmi infrangere il segreto professionale. La discrezione l'onore del mio istituto.

Orlando - Ma...

M.me Prascovia - Non dica pi niente, potrei arrabbiarmi. (S'incammina verso l'uscita, poi si volta) E se vuoi sapere qualcosa di Ada, lo chieda ad Ada.(Esce).

QUADRO TERZO

(La camera Asso di fiori. Ada sul divano. Forse dorme. Orlando, in -piedi davanti a lei, in tenuta da cavallo, stivali e camicia aperta al collo. Fissa intensamente il volto di lei, poi il braccio e la mono, che sono scoperti e ch'eli esamina da vicino. Anche il piede della donna attira la sua attenzione. Ritorna al viso; resta un fo' assorto, poi prende un pacco posato su di un mobile e lo apre. Ne estrae una boccetta di profumo e un vestito d Isabella ch'eli stende su d una poltrona. Con cura, apre la boccetta, s'accosta al viso di Ada, si piega, respira l'odore della sua pelle, poi le mette un po' d profumo e respira di nuovo. Ada si muove e mormora debolmente. Orlando s raddrizza, si scosta come se fosse stato sorpreso a commettere una cattiva azione. Posa la boccetta e va verso Ada che l'ha chiamato).

Ada - Orlando, dove sei? (Si solleva e lo vede) Ho avuto paura. Credevo che tu fossi andato via.

Orlando - Sto per andar via.

Ada - Ti aspetta il cavallo?

Orlando - (senza durezza) S, mi aspetta il mio cavallo. Non dire che ti spiace.

Ada - Ho forse detto qualcosa?

Orlando - (dopo una pausa, seccamente) Ti ho gi proibito di parlare in quel modo interrogativo.

Ada - Mi hai proibito tante cose che mi accade qualche Volta di confondere o di dimenticare. E' difficile sorvegliarsi sempre.

Orlando - Ti lamenti?

Ada - No, cerco delle scuse.

Orlando - (sospettoso) Perch dici che devi sorvegliarti? Che cosa significa?

Ada - Devo1 sorvegliarmi per non farti andare in collera. (Pausa) Poco fa, quando dormivi, mi hai chiamata.

Orlando - Come?

Ada - Mi hai chiamata due volte.

Orlando - Benissimo. Parlo dormendo. Che cosa ho detto?

Ada - Soltanto Ada, Ada, nient'altro.

Orlando - E' naturale. Tu eri l, do t'ho chiamata. Che altro aspettavi?

Ada - Nient'altro.

Orlando - Tanto meglio.

Ada - Ma quello l'aspettavo.

Orlando - Ah s?

Ada - Volevo sentire la tua voce naturale pronunciare il mio nome.

Orlando - Perch di solito non sono naturale?

Ada - Non del tutto.

Orlando - Non del tutto. (Giocherellando con il frustino) E se ti frustassi mi troveresti certo naturale!

Ada - Qui, quasi un tuo diritto.

Orlando - Perch, quasi?

Ada - Mi sembra che sia la parola giusta.

Orlando - E perch hai detto: qui?

Ada - Perch qui t'appartengo.

Orlando - Perbacco! Altrove, tu non m'interessi.

Ada - Lo so. Me l'hai detto spesso.

Orlando - E tu mi hai creduto.

Ada - Mi rimproveri di crederti?

Orlando - Non ti rimprovero niente. I nostri rapporti non giustificano dei rimproveri. Come hai detto?

Ada - Non ho detto nulla. (Un silenzio abbastanza lungo) Poco fa, dormendo, mi sembrato che tu fossi venuto vicino a me, che mi toccassi. (Aspira)C' del profumo.

Orlando - Ero accanto a te. Ti ho accarezzata. Ti ho messo del profumo.

Ada - Perch questo profumo?

Orlando - Ho voluto farti un regalo. (Prende la boccetta) Ti piace?

Ada - (prende la boccetta) Grazie. (Pausa) E' il mio profumo. Come hai indovinato?

Orlando - E' il tuo profumo?

Ada - S. Non ne uso mai altri.

Orlando - Ma se non ti profumi mai.

Ada - Qui.

Orlando - Perch qui?

Ada - Perch proibito. Una precauzione. (Imitando Prascovia) Per evitare le scene familiari .

Orlando - E altrove? Ride. Pausa) No, i tuoi altrove non m'interessano.

Ada - Certo.

Orlando - Perch vorresti che m'interessassero?

Ada - Non lo voglio.

Orlando - Grazie a Dio, non si tratta di una storia d'amore. Non dirai che per te si tratta d'amore.

Ada - Non ho detto nulla.

Orlando - Ma forse potrebbe darsi che tu mi amassi.

Ada - Potrebbe darsi.

Orlando - Ma via... Passi ancora per me: io ti ho scelta. Poi ho tenuto ad averti ogni volta...

Ada - Anch'io ti ho scelto.

Orlando - (ridendo) E' vero, perbacco.

Ada - E avrei potuto rifiutare di rivederti.

Orlando - (molto alla leggera) Conclusione: mi ami.

Ada - (con molta semplicit) S, ti amo. (Lungo silenzio).

Orlando - - E' strano: hai detto queste parole come se non le avessi mai pronunciate.

Ada - Come se...

Orlando - (dopo una pausa) Mi ami, ammettiamolo. Non ti ho mai detto di amarti, io.

Ada - Non me l'hai detto perch non mi ami. E' meglio cos.

Orlando - E' meglio?

Ada - S. Se un giorno me lo dirai, potr crederti.

Orlando - Tu pensi ch'io non abbia mai detto queste parole ad una donna senza amarla?

Ada - Forse ad altre, non a me.

Orlando - (ridendo) Allora tu mi ami e questo ti basta.

Ada - S.

Orlando - Non sei difficile.

Ada - Bisogna essere difficili?

Orlando - Oh! Mi fai perdere la pazienza. Di solito le persone che amano sono esigenti.

Ada - Chi ti dice ch'io non lo sia?

Orlando - Me ne sarei accorto.

Ada - Da che cosa?

Orlando - Che so! Le persone esigenti chiedono, protestano.

Ada - Per chiedere bisogna che qualcosa manchi; per protestare che qualcosa spiaccia.

Orlando - E tu non hai nulla da dire.

Ada - No.

Orlando - Insomma, io ti soddisfo. Tu ti contenti di far l'amore con l'uomo che sostieni di amare.

Ada - Sei venuto tutti i giorni.

Orlando - E non desideri nulla di pi? Non domandi che cosa faccio, dove sono. Se penso a te.

Ada - Io penso a te.

Orlando - E non sei gelosa di tutto questo tempo... perduto?

Ada - C' sempre del tempo perduto.

Orlando - Insomma, due esseri che si amano non si lasciano, dividono ogni istante, peggio...

Ada - II peggio?. Il peggio l'abitudine. Quando verr l'abitudine ti stancherai, non verrai pi, sar finito.

Orlando - Credi sia meglio cos?

Ada - E' pi semplice. (Lungo silenzio).

Orlando - (le si avvicina alle Sfalle e l'abbraccia) Non credo che mi abituer mai a te. Sei bella... sei di un'impudicizia magnifica. (La bacia sul collo).

Ada - Perch dovrei essere pudica? Un silenzio).

Orlando - Qui c'incontriamo come le fiere, nell'ora del desiderio, l'ora in cui sono imprudenti, l'ora in cui la loro vita pi esposta. Ada - (con dolcezza) L'ora per cui sono state create sulla terra.

Orlando - S. (Pausa) Ma non si pu fare una vita umana con degli istanti messi in fila. E' un delirio del desiderio. Non l'amore.

Ada - Tu cerchi l'amore?

Orlando - (con impazienza) Perch dici questo?

Ada - Credevo che fosse soltanto il desiderio che t'interessasse, dapprima.

Orlando - Ah? ,

Ada - L'amore qualche volta viene dopo, senza che lo si cerchi.

Orlando - Non ho mai detto questo. (Lentamente, dopo una pausa) Non ti ho mai detto questo. Chi te ne ha parlato?

Ada - E' una cosa che so.

Orlando - Ada, Ada...

Ada - (con gentilezza) Ebbene, Ada?

Orlando - Mi domando chi sei.

Ada - (senza malizia) Chi sono? Sono quella che tu vuoi!

Orlando - Tu sei sola a saperlo.

Ada - Anche tu sei solo a sapere chi sei.

Orlando - Io ti ho parlato di me, ti ho raccontato...

Ada - Io non ho niente da raccontare...

Orlando - Gi, sei nata improvvisamente, per poter cadere adulta nelle mie braccia.

Ada - E se fosse cos?

Orlando - Si chiamerebbe un miracolo.

Ada - Ma un miracolo. Per me un miracolo.

Orlando - (pausa; poi, cattivo) Sei venuta proprio qui con la speranza di un miracolo?

Ada - Anche tu.

Orlando - Io son venuto per fate l'amore, per offrirmi una donna, la prima venuta, e tu...

Ada - E quante ne hai rifiutate prima di scegliermi?

Orlando - Non ero cos difficile tutte le volte.

Ada - Non si cerca un miracolo tutti i giorni.

Orlando - E tu...

Ada - Ti ho incontrato.

Orlando - Mi aspettavi?

Ada - Ti aspettavo.

Orlando - (ironico) Tutta la vita.

Ada - (con molta naturalezza e sincerit) Tutta la vita.

Orlando - Bene!

Ada - (senza tener conto delle reazioni di Orlando) Non naturale, attendere tutta la vita l'amore?

Orlando - (si scosta da lei, e passeggia) Bella storia d'amore, qui dentro.

Ada - Qui dentro o altrove la storia ugualmente bella se d'amore.

Orlando - Comunque non il luogo ideale.

Ada - II luogo ideale! Trovi che ci vuole un luogo ideale per l'amore o per la morte? Sei molto borghese, sai. Vorresti amare sui laghi italiani, morire nel tuo letto, mostrare il tuo coraggio alla guerra e la tua bont facendo l'elemosina ai mendicanti...

Orlando - (furioso) Hai finito?

Ada - - Adesso sei cattivo. (Fa un gesto verso di lui, egli si scosta di malumore, poi si domina e ride).

Orlando - (posa gli occhi sull'abito) Ada, ti ho portato un piccolo dono: vorrei che ti facesse piacere. (Prende il vestito, lo distende) Lo trovi bello?

Ada - Bellissimo. (Si avvicina, esamina il vestito) E' un modello di Laurent.

Orlando - Come lo sai?

Ada - In questa citt ci sono diecimila donne che lo sanno.

Orlando - Vorrei che tu lo provassi.

Ada - (prende il vestito, lo esamina di nuovo) Strano, non c' il nome.

Orlando - E' una copia, non pu avere etichetta.

Ada - Chi t'ha prestato il modello?

Orlando - Non ha importanza. Provalo.

Ada - (respinge improvvisamente il vestito e si scosta da lui) No, non lo voglio.

Orlando - Lo trovavi bello...

Ada - E' molto bello, ma non lo voglio.

Orlando - Che significa questo capriccio?

Ada - Non un capriccio, caro, e tu lo sai benissimo.

Orlando - Non ti capisco: ti offro un abito e tu...

Ada - Menti.

Orlando - (sbottando) Insomma, che vuoi dire?

Ada - Vattene. Raccogli questo vestito e vattene.

Orlando - Ma...

Ada - E' vile!

Orlando - Che cosa?

Ada - Tu dici che sei un uomo semplice, dici che bene, che cosa naturale incontrarsi, desiderarsi, amarsi. Credevo che tu fossi contento quando sono venuto verso di te, perch mi piacevi e tu m'hai trovato bella. Comprendimi, Orlando: ho finito col credere che non ci fossimo pi che tu ed io sulla terra. Credevo che fossimo soli, assolutamente soli. Ma tu non sei onesto, e sei anche vile. E' vile esitare fra il disprezzo di una signora e l'amore di una prostituta. Non posso sopportare che tu esiti. Vedi che sono esigente. Bisogna scegliere, Orlando, e scegliere in fretta. La prostituta qui che ti tende le braccia. (Pausa) Sei deluso? Volevi offrirti il lusso di spogliare Isabella... (Improvvisamente Orlando la colpisce col frustino ed esce).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

(Il salotto di Isabella. Orlando appena stato introdotto dalla cameriera. E' ancora vestito da cavallo, con il frustino in mano. Entrando, le riconsegna la scatola che contiene il vestito d'Isabella e durante la scena che segue, la cameriera aprir la scatola, spiegher il vestito, lo metter su di un attaccapanni ed uscir per riparlo dopo l'ultima battuta).

Orlando - Vedete, Giulia, ho mantenuto la promessa. Ecco la vostra scatola. Non l'ho tenuta molto, vero?

Giulia - La signora ha cercato il vestito, la signora era in collera...

Orlando - Non avrei potuto fare pi in fretta, ho fatto lavorare un'intera sartoria per guadagnare tempo. Che cos'avete detto alla signora?

Giulia - Che l'avevo portato in tintoria, ho sostenuto che il vestito era macchiato.

Orlando - Ottima idea. Vedete, il rischio non era poi cos tremendo.

Giulia - La signora sapeva che il vestito non era macchiato. Non macchia mai i suoi abiti. Ha visto benissimo che mentivo.

Orlando - Ve l'ha detto?

Giulia - La signora ha detto: Se non avessi voglia di credervi, vi avrei licenziata . Il che significa...

Orlando - Significa che la signora vi vuole molto bene.

Giulia - La signora buona, la signora ha certamente pensato che avevo messo il suo vestito per andare a ballare e ha voluto perdonarmi. Ad ogni modo io non sapevo pi che cosa dire. Mi sono messa in un bell'imbarazzo.

Orlando - Ebbene, ecco come curare lo spavento e dimenticare questa storia. (Le da del denaro).

Giulia - II signore molto buono. Sono sempre pronta a servirla, ma non dovr pi chiedermi cose di questo genere, ho troppa paura...

Orlando - Rassicuratevi. Non sar pi il caso.

Giulia - Grazie, signore. (Esce, portando il vestito. Rimasto solo, Orlando siede, pensieroso. Dopo un momento, si inette, a canticchiare distrattamente l'aria che conosciamo e continua fino all'arrivo di Isabella, che entra inavvertita. Isabella indossa un abito con le maniche lunghe).

Isabella - Buongiorno. (Orlando si alza per baciarle la mono) Questa volta sarebbe il mio turno di chiederle dove ha preso quel motivo tanto di casa.

Orlando - (pronto) L'ho sentito alla Dama di fiori.

Isabella - Sempre cos fedele?

Orlando - Diciamo assiduo. (Pausa) Non mi mette alla porta?

Isabella - No, oggi no. La sua ostinazione mi simpatica.

Orlando - Sembra di buon umore, gaia, quasi felice...

Isabella - Quasi felice, s...

Orlando - Perch?

Isabella - Perch felice o perch quasi?

Orlando - Quel che le piacer di spiegarmi.

Isabella - Che umilt! Son pronta a spiegarle tutt'e due le cose. Felice, perch sono sul punto di vincere una partita; e quasi perch vincere non vuoi dir propriamente essere felici.

Orlando - Di che vittoria si tratta?

Isabella - Un gioco contro me stessa, come mia abitudine; dunque, personale.

Orlando - Un'altra porta in faccia!

Isabella - (seria) Non dica questo, Orlando. Lei mi sembra un uomo a cui ben poche porte resistono.

Orlando - Non ha ancora capito che sono le sole campo non ho mai guadagnato che quello che non desideravo.

Isabella - Davvero?

Orlando - Mi era indifferente, perch, finora, non ho mai desiderato nulla oltre misura.

Isabella - Finora?

Orlando - Faccia attenzione, lei che porta la conversazione su un terreno pericoloso.

Isabella - Non venuto per questo?

Orlando - Esattamente. Lei ha ragione, Isabella. E' vero che lei abbastanza forte per permettersi tutto.

Isabella - No, non tutto; soltanto ci che mi permetto.

Orlando - (dopo una pausa) Lei si stupisce, dopo di ci, ch'io possa amarla.

Isabella - E' la mia volta di metterla in guardia. Finora, credo, non parlava che di desiderio. Per essere onesto, diceva.

Orlando - Questo l'offendeva.

Isabella - Avevo le mie ragioni; ora non le ho pi.

Orlando - Si pu conoscerle?

Isabella - S. La sua presenza, le sue parole mi

turbavano.

Orlando - La turbavano?

Isabella - S. .

Orlando - Ed finito?

Isabella - Finito.

Orlando - Me ne vuoi dire la ragione?

Isabella - No.

Orlando - Lei terribile, Isabella, terribile e trionfante.

Isabella - Un greco ha detto: Fino al giorno della morte, un mortale non pu pretendere di essere felice .

Orlando - Quel greco era pi paziente di me: io non aspetter la mia ultima ora per dire che non sono felice.

Isabella - Non felice?

Orlando - Sono dilaniato, Isabella. Se le fa piacere di saperlo.

Isabella - Dilaniato, lei?

Orlando - S, io: dilaniato dai suoi due volti.

Isabella - Caro Orlando, possiamo parlare di tutto, ma a condizione che non sia per enigmi.

Orlando - E' colpa mia? A volte ho l'impressione che lei sa tutto, che non ho nulla di nuovo da dirle...

Isabella - E' forse esagerato. Evidentemente, ci sono cose che io so...

Orlando - Quali?

Isabella - Per esempio, che lei mi ha sottratto un abito...

Orlando - Sapeva?

Isabella - Giulia non sa mentire.

Orlando - Dica piuttosto che non sa mentirle, sar pi esatto.

Isabella - (ridendo) Le ha forse mentito?

Orlando - (ridendo anche lui) S, e anche con molto brio.

Isabella - (sempre ridendo) E' molto devota. Ma perch ha voluto quell'abito? A che cosa le servito?

Orlando - A farlo copiare.

Isabella - Guarda un po' che idea!

Orlando - Non lo sapeva?

Isabella - Come avrei potuto saperlo?

Orlando - C' un solo caso, in cui avrebbe potuto...

Isabella - Che caso?

Orlando - Non serve parlarne.

Isabella - Non ne parli, se le riesce penoso. Non le rimproverer questa storia del vestito, qualunque siano state le sue intenzioni.

Orlando - (come gettandosi a mare) La mia intenzione era di assicurarmi che una donna non poteva avere due volti, che Isabella non era Ada.

Isabella - Ada? Quella donna che mi somiglia?

Orlando - S. (Pausa) Ci sono dei momenti in cui non sono sicuro di non essere pazzo. Isabella, non so come lei abbia fatto per dare ai nostri rapporti un tono amichevole. L'amicizia l'ultimo sentimento ch'io credevo possibile fra noi. Ma poich cos, a chi potrei parlare meglio che a lei? Ne ho tanto bisogno. Vuole ascoltarmi come un'amica?

Isabella - Ma s, Orlando, ma s!

Orlando - Lei sa la faccenda della Dama di fiori: sa, cio, che ci sono andato e che l ho incontrato una donna, di cui ignoro tutto, tranne che le assomiglia miracolosamente. Le somiglia anzi a un tal j punto, che senza osar pensare che fosse lei, non ho mai potuto liberarmi completamente da questa ossessione. Quando vedo lei, certi tratti di Ada si accentuano e si oppongono a lei, ma quando sono accanto ad Ada, mi sembra di vedere lei attraverso una sovrapposizione.

Isabella - E' forse brutta?

Orlando - E' bella, bella come lei, Isabella; ho detto sovrapposizione perch ho pensato che rendendola il pi possibile simile a lei, avrei potuto afferrare meglio le differenze. Le ho regalato il suo profumo, ho voluto che indossasse un suo abito...

Isabella - E l'ha indossato?

Orlando - (la guarda) Ha rifiutato.

Isabella - Allora l'esperienza fallita?

Orlando - Non so. Sono venuto qui, non so con quale speranza di un suo turbamento, ed invece la trovo gaia, cos padrona di s, cos diversa... Se mai un uomo nel deserto stato confuso da un miraggio, non poteva essere pi beffato, pi tormentato di me. (Con rabbia sorda) Questa parola che credevo di non dover mai pronunciare in vita mia, gliela ripeto: sono infelice, Isabella.

Isabella - Infelice, perch? Io non mi burlo di lei. Ragioniamo: lei desiderava Isabella. (Gesto di Orlando) Limitiamoci a questo termine per concludere. Lei la desiderava, ma tra lei e Isabella non poteva esserci nulla.

Orlando - Ne proprio sicura?

Isabella - Mi lasci parlare. (Riprendendosi) Ne sono sicura. Dunque: lei incontra Ada che somiglia miracolosamente ad Isabella. L'ha desiderata, l'ha tenuta fra le sue braccia, completamente, interamente. L'ha forse deluso?

Orlando - No.

Isabella - Che cosa le rimprovera allora? Non l'ha trovata abbastanza docile, abbastanza ardente, abbastanza voluttuosa?

Orlando - Isabella, lei mi mette in imbarazzo

Isabella - Perch, Orlando? Le parole non le hanno mai fatto paura. E nemmeno i gesti.

Orlando - Ma...

Isabella - ...e le ho detto che adesso possiamo parlare di tutto. Neppure io ho paura delle parole, Orlando. N dei gesti. Temo di rendermi odiosa a me stessa, di mancare di fronte alla vita. Se l'avessi incontrato un giorno, per caso, senza passato n avvenire, le giuro che mi sarei data a lei senza tante parole.

Orlando - Ne sarebbe capace?

Isabella - Ognuno ha diritto alle sue gioie, se queste non sono a spese altrui, ma a proprio rischio e pericolo. Ma avrebbe torto di pensare ch'io possa essere capace di umiliare o di ferire un essere acui sono legata da un contratto umano, o a far entrare la menzogna nei miei rapporti con Felice.

Orlando - Ma se quest'esistenza le fosse intollerabile?

Isabella - Si pu sempre scomparire in bel modo, senza lasciar tracce.

Orlando - Scomparire! Ha pensato che una... sparizione potrebbe ferire pi gravemente di tutto il resto?

Isabella - Non ho paura di ci che duro. Non ho paura di ci che ferisce le persone a morte. Ho paura delle piaghe che incancreniscono. (Pausa).

Orlando - Isabella, possibile ci che ha detto poco fa, che avrebbe potuto?...

Isabella - Tutto possibile fra un uomo e una donna; nulla possibile fra Isabella e Orlando: ecco. Allora si tenga Ada. Le piace?

Orlando - S, mi piace, perch per me Ada Isabella.

Isabella - (con durezza) E se non fosse Isabella, l'amerebbe?

Orlando - Se cos fosse, non lo direi che a lei sola.

Isabella - (gravemente) S, Orlando, e avrebbe ragione. (Senza il minimo rancore) Ebbene, glielo dica, glielo dica presto.

Orlando - Mi parla da amica?

Isabella - Che importa? Ma mi creda, strappi questa dama di carte che la angoscia e conservi la met buona.

Orlando - Strappare? Mi vengono a volte idee delittuose: uccidere una per sapere... Domani, verr a dirle quel che avr deciso.

Isabella - No, Orlando, n domani n mai. Perch se avessi pensato che avrei potuto rivederla, non avrei mai potuto parlarle come ho fatto, n dirle quel che mi resta ancora da dirle. (Pausa) Lei non si sbagliato: da quando l'ho vista, l'ho avuto per lei il suo stesso desiderio. E non soltanto desiderato: l'ho anche amato. L'ho amato d'un amore senza speranza, perch, come son fatta io, con un modo forse arcaico di vedere le cose, nulla era possibile fra noi in questa vita.

Orlando - Vede bene che non era felice.

Isabella - Che sappiamo noi della felicit, Orlando? Non facciamo che parlarne continuamente. Chi sa se la mia vita non proprio quell'ideale di felicit cui tante donne aspirano: questa calma, queste comodit, questa vita facile. Ma forse la felicit, un segreto che si elabora in noi, frammento di sogno che crediamo di stringere, il fremito di paura e di gioia provato al momento di passare un confine per penetrare l dove tutto fragile, dove nulla sicuro e dove noi strappiamo, a nostro rischio, con una dolorosa e deliziosa inquietudine, ogni istante fuggitivo e sempre minacciato. La felicit, Orlando, come il sogno: non si pu neppur meritarla, appena ma appena afferrarla e perderla. (Pausa) Mi capisca, e mi lasci. Addio, Orlando.

Orlando - Come capirla, Isabella?

Isabella - Come vorr, ma (gravemente) la prego, meglio che pu. (Cambiando tono) Ed ora, vada. (Siccome egli non si muove) Che c'? Che cosa guarda?

Orlando - Guardo il suo abito. L'ho sempre vista con le braccia nude. Perch oggi ha le maniche lunghe? Perch nasconde le sue belle braccia?

Isabella - L'ho indossato senza farci caso. Molti abiti hanno le maniche lunghe. Non sempre un abito si sceglie: capita.

Orlando - (improvvisamente la prende fra le braccia e cerca di rialzare o d strappare le maniche) Isabella, la supplico!

Isabella - Che cosa le prende? Ma mi lasci! (Riesce a respingerlo, afferra il frustino e lo colpisce esattamente come lu ha colpito Ada) Non ha capito niente! (Esce).

QUADRO SECONDO

(La camera Asso di fiori. Madame Prascovia e Ada in conversazione. Il vestito che indossa Ada il pi scollato il pi impudico d tutti quelli indossati prima da Ada o Isabella. Madame Prascova fa un gioco di carte, per conto suo, parlando d'altro).

M.me Prascovia - Piccola mia, lei non mi ha chiesto consiglio ed io non ho l'abitudine di mischiarmi in ci che non mi riguarda. Se son venuta a parlarle, perch mi ci ha spinto il mio istinto. E io ho fiducia nel mio istinto. Non inganna. A che gioco gioca? Dove vuole arrivare? Io sono senza dubbio terra terra: lo spirito della casa che lo vuole. Non c' niente di pi sano di ci che pratico. Non sperer di farsi sposare da lui, sarebbe puerile,

Ada - Non ci ho pensato, a dire il vero.

M.me Prascovia - E' un uomo molto selvaggio, una specie di cacciatore che va, viene, sparisce per dei mesi nella giungla, e che ha pi l'abitudine di lottare con le fiere che di frequentare gli uomini. E tratta le donne come femmine,

Ada - S, semplice come gli animali sono semplici.

M.me Prascovia - Oh! non la disapprovo, sa. E' un uomo, come si dice, molto virile, no? Dominatore... ah, non trovo mai la parola giusta. Ecco: un animale carnivoro. E noi siamo una selvaggina che sente molto bene questo genere d'uomini... Solo, anche la selvaggina deve sapere quello che vuole. Lei che cosa vuole?

Ada - Ma, signora, nulla che le possa recar danno.

M.me Prascovia - Non si tratta di questo. Quel che temo, un pericolo per lei: io sono al sicuro. Non rischio nulla, e non temo nulla. Mi capisca, piccola mia: io ho troppo vissuto per l'amore, nell'amore, per mezzo dell'amore, per non sapere che la cosa pi importante che ci sia a questo mondo, e so distinguere molto bene l'intrigo dal dramma. Non per la mia casa che mi preoccupo oggi, ma per lei. Mi sono prestata a tutti i capricci di Orlando perch mi simpatico e perch sentivo che, per lei, era una bella storia d'amore. Ma le belle storie d'amore bisogna tagliarle a tempo prima che falliscano. Il tempo le disgrega, ed anche il contatto di tutto quello che non l'amore. Mi capisce? L'amore, che da la vita, anche la sola cosa che sia veramente contro la vita. Allora, bisogna prendere le cesoie e tagliare, se si vuole aver frutti. Bisogna abituare l'amore ad essere un animale domestico.

Ada - Le piacciono gli animali domestici?

M.me Prascovia - Per me diverso... Io sono di un'altra razza: a me piace soffrire; non sto mai cos bene e non sono mai tanto allegra come quando sono straziata. Ma per questo bisogna essere slavi, avere molta salute, ed anche un'idea indulgente della vita. Lei ne ha invece un'idea esigente.

Ada - E' vero.

M.me Prascovia - Io sono un carattere da catastrofi che fanno molto rumore, ma nelle quali non muore nessuno. So sempre prima come finiranno le cose, e prevedo il colpo che sto per ricevere in faccia. Questo mi fa troppo ridere per sentir male davvero. Lei...

Ada - Io non so mai niente prima.

M.me Prascovia - S, questo il grave. Non saper niente prima, vuoi dire, per le persone della sua specie accettare tutto. Per delle testoline come la sua, sa che cosa vuoi dire tutto?

Ada - ... Madame Prascovia, la prego.

M.me Prascovia - ... Bene, non dir pi niente. Volevo soltanto prevenirla. E poi, ho letto le carte per lei poco fa... e vedo che tutto le riesce. Allora, attenzione. (Pausa) Perch tutto ... tutto.

Ada - Non so neppure se ritorner. .

M.me Prascovia - Perch, avete litigato?

Ada - S.

M.me Prascovia - L'ha battuta, forse?

Ada - S.

M.me Prascovia - Allora, stia tranquilla. Certamente torner. (Il telefono squilla: Prascovia stacca il ricevitore) Eh?... S... (Guarda Ada e fa un piccolo cenno con le palpebre) I criminali ritornano sempre sul luogo del delitto. (Esce, ridendo forte. Si sente fra le quinte il motivo -musicale del primo atto. Un momento dopo che uscita Prascovia, una tenda si scosta ed entra Orlando. Questo personaggio-uomo che abbiamo' visto a volte ondeggiare nelle ultime scene, ha ripreso' la sua sicurezza e la sua forza del primo atto. Entra lentamente. Si vede che del tutto a suo agio. Guarda lungamente Ada in silenzio, poi sorride).

Orlando - Manca un po' di neve, qui.

Ada - Neve? Lo guarda interrogativamente)

Orlando - Dove pensi che siamo?

Ada - Non so.

Orlando - In un piccolo villaggio delle Alpi, d'inverno. Un imperatore molto violento, molto orgoglioso, viene, a piedi nudi nella neve, a implorare il perdono del papa. (Pausa) II papa sei tu. (Si mette in ginocchio con molta semplicit, sorridendo e porgendole il frustino) Perdona.

Ada - (prende il frustino) Siamo pari. (Getta via il frustino) Sei tornato, Orlando.

Orlando - Pensavi che non sarei tornato?

Ada - Aspettavo. Avevo paura.

Orlando - Non mi detestavi?

Ada - Neppure per un istante.

Orlando - Ma ti ho battuta.

Ada - Che cosa pu importare questo fra noi?

Orlando - Ci sono delle rotture per meno. (Un silenzio).

Ada - Orlando, siamo soli. Soli come in un deserto, non vero?

Orlando - Che vuoi dire?

Ada - Possiamo amarci, batterci: soltanto fra noi.

Orlando - Ada, se tu mi avessi incontrato per la strada, sulla banchina di una stazione, in un luogo qualunque, mi avresti amato?

Ada - S, ovunque. Non siamo noi a comandare in queste cose. Forse in questa sola cosa.

Orlando - Perch allora non mi parli della tua vita?

Ada - Non conta.

Orlando - Che cosa conta?

Ada - Noi due.

Orlando - Ne sei sicura? Le si avvicina e la prende per le spalle) Perch, vedi, anche per me, non c' pi che questo che conta. (Le copre le braccia di baci; improvvisamente, si ferma, si rialza) E' strano.

Ada - Che cos'hai?

Orlando - Non hai nessuna traccia.

Ada - Non hai colpito molto forte.

Orlando - (pensoso) E' strano, per. (Scuote la testa, le prende di nuovo il braccio, che bacia lentamente. Pausa. Poi, si rialza bruscamente, molto energico, molto gaio) Ada, ho una cosa da chiederti.

Ada - Chiedi quello che vuoi.

Orlando - No. Questa volta non voglio approfittare, voglio che sia tu, per una volta, a beneficiare della mia sincerit. Voglio prima di tutto rimettermi a te, per essere su un piano d'eguaglianza. Ecco: Ada, ti amo. Ti amo perch sei bella. Ti amo perch sei semplice. Ti amo perch non ho voluto amarti. Te lo dico come una scoperta, perch una scoperta. Come un fiore che non si piantato e che nato da solo e che si vede tutt'a un tratto nel giardino in un punto dove non ci si aspettava di vedere nulla di simile. Ecco, adesso detto. Come hai detto tu poco fa, siamo pari. Ed aggiungo: perfettamente liberi. (Pausa) Ma che cos'hai?

Ada - Vuoi lasciarmi?

Orlando - Lasciarti? Ma neppure per un secondo. Sei strana. Ti ho appena detto che ti amo. No, Ada, no. Sono venuto per tenerti con me, non per lasciarti.

Ada - Ti basto davvero, Orlando?

Orlando - S.

Ada - Una donna adulta che, al primo incontro, ti caduta fra le braccia.

Orlando - S, al nostro primo incontro. L'importante l'incontro.

Ada - Orlando, non devi stupirti, non devi ridere. Devi credere. Credere quel che ti dico, Orlando: tu prendi oggi una donna nuova, capisci? Io comincio oggi la mia vita. E' strano dirlo qui, ma come se nessuno mi avesse mai toccata, come se non avessi avuto infanzia, n ricordi. Come se fossi nata per te. Se tu mi fai piangere, saranno le mie prime lacrime. Se mi fai ridere, il mio primo riso. Siamo soli qui, e non c' una stanza in tutta la citt dove io vorrei tornare, non un essere che vorrei rivedere.

Orlando - Sei sicura?

Ada - S.

Orlando - Ora, ti far una domanda: sei davvero libera, Ada?

Ada - Sono libera.

Orlando - Ma libera per me, dovunque, sempre?

Ada - Libera per te, dovunque, sempre.

Orlando - Dunque, se ti dico: Ada, prepara le tue cose, le tue carte: fra tre giorni ti porto via ?

Ada - Fra tre giorni? Perch tre giorni?

Orlando - (sorridendo) Sei romantica; vorresti senza dubbio che fosse subito.

Ada - Ma sono pronta: la verit.

Orlando - Sei carina; ma un po' pazza. Ecco, non fosse che Prascovia... Non puoi lasciarla cos. Ada - (con voce quasi angosciata) Orlando, non c' nient'altro, non conosco altri che te.

Orlando - No, capiscimi bene. Quando parlo di condurti via, voglio dire partire definitivamente, lasciare la citt, andare all'estero.

Ada - Ma s, proprio cos. Ti seguir dove tu andrai.

Orlando - Ne sono certo. Ma sai bene che viviamo in un mondo... che non come qui. E' possibile che tu non voglia pi rivedere nessuno, n prendere nessuna delle tue cose, ci mi indifferente, e anzi mi piace. E' molto carino, molto bello da parte tua. Solo, bisogna pure che tu regoli dei conti, che tu prenda dei documenti.

Ada - Perch dei documenti?

Orlando - Insomma, non fare la bambina; tu hai uno stato civile, non puoi viaggiare senza documenti.

Ada - Ma no, Orlando. E' come se io fossi un'annegata. Gli annegati non hanno bisogno di documenti. Tu non capisci: come se tu mi traessi dall'acqua, lavata di tutto. Non ho pi nulla. Non pi casa, non pi memoria, non pi documenti. Mi chiamerai come vorrai.

Orlando - Ma assurdo: fuori della vita.

Ada - Fuori della mia vita: questo che ti dico, questo che voglio: mi procurerai i documenti che vorrai.

Orlando - Ma perch non vuoi usare i tuoi? Con un certo nervosismo) Hai un segreto?

Ada - Non un segreto. Un oblio: il totale oblio.

Orlando - (molto inquieto, cammina in lungo e in largo) Ma Ada, Ada! Dovresti sapere che ci molto grave. Certo, potrei procurarti dei documenti falsi. Ma perch? Che cos'hai da nascondere? Che cos'hai fatto per aver bisogno... di altri documenti per vivere? Che cos'hai fatto?

Ada - Nulla. Ho incominciato a vivere ora. Hai voluto che io nascessi adulta.

Orlando - No, Ada. Ascoltami. Io non sono un bambino, n un angelo. Ho molto vissuto. Ho anche ucciso degli uomini in guerra come degli animali nella boscaglia. E non mi piace uccidere. Ma insomma, l'ho fatto. Ti dico questo perch tu capisca che anche se ti nascondi perch hai ucciso o rubato per me lo stesso, io ti terr con me, ti salver, ti amer. Ma bisogna che tu divida tutto questo con me. Dobbiamo dividere tutto.

Ada - S. Dobbiamo dividere tutto.

Orlando - Sei d'accordo?

Ada - Sono d'accordo, ma non c' niente da dividere.

Orlando - - Allora, non capisco perch tu mi nasconda... (Pausa abbastanza lunga) O piuttosto, ho paura di capire. Ada, perch fai questo? Che cosa vuoi, alla fine? Tu sai quello che sto per dirti.

Ada - Dillo, Orlando.

Orlando - (con una specie di durezza) Ero venuto qui per dirti soltanto questo: vengo a prenderti, Ada. Ti amo. Ti porto via e non ci saremo pi che noi due. E non ti chiedo nient'altro.

Ada - (con chiarezza) E mi chiedi dei documenti.

Orlando - Ti ho chiesto dei documenti perch tutti hanno dei documenti, perch sono necessari, perch non si pu circolare senza.

Ada - No. Mi chiedi dei documenti per provarti che Ada esiste.

Orlando - Non ho bisogno di prova. Sei qui.

Ada - (con calma, ma tristemente) S, Ada qui.

Orlando - S, Ada qui, ma non sola. Tu sai quel che stai costringendomi a dire.

Ada - Dillo, dillo, Orlando.

Orlando - Tu non vuoi che partiamo soli: tu vuoi invitare Isabella con noi.

Ada - Tu hai paura di Isabella, Orlando? Io non ho paura di Isabella. (E improvvisamente esce).

Orlando - Dove vai?

Ada - Partiamo, non vero? Vado a prepararmi.

Orlando - Certo, partiamo. Ma non avevamo finito. Perch dici che ho paura di Isabella? Eravamo d'accordo di non parlare di Isabella. Voce di

Ada - Ne hai parlato tu.

Orlando - Tu mi ci hai costretto. Io volevo dimenticare Isabella, eliminare Isabella. Voce di

Ada - Bastava credere ad Ada.

Orlando - Del resto, ti sbagli: non ho paura di Isabella. Volevo semplicemente liberarmene. (Entra Ada, che indossa l'abito di Isabella ed pettinata come lei).

Ada - Anch'io voglio liberarmene.

Orlando - (indietreggiando) Isabella!

Ada - Ada t'inquieta: Isabella ti fa paura. Non cos?

Orlando - Perch quell'abito?

Ada - Per farti piacere.

Orlando - Avevi rifiutato.

Ada - Capriccio.

Orlando - E perch quella pettinatura?

Ada - Che cos'ha questa pettinatura? E' intonata all'abito. Mi sembra.

Orlando - E' la pettinatura di Isabella.

Ada - II profumo di Isabella, l'abito di Isabella, la pettinatura di Isabella. Che cosa resta di Isabella, se non...

Orlando - Questa mascherata...

Ada - Per farti piacere.

Orlando - Ada!

Ada - Possiamo partire, Orlando.

Orlando - Non voglio partire con due donne.

Ada - Vorrei essere per te entrambe; vorrei essere per te tutte le donne.

Orlando - Ne voglio una sola, di cui sia sicuro. Mi capisci? Ada o Isabella, ma la vera.

Ada - Scegli, tuo diritto.

Orlando - Ti costringer a dirmi la verit, la verit, mi capisci?

Ada - Torcendomi le braccia?

Orlando - Ada, non sto giocando. Chi sei? Voglio saperlo.

Ada - Ti amo.

Orlando - Fa' attenzione: questa volta andr fino in fondo. Mi ascolti?

Ada - S. (Pausa).

Orlando - Rispondi, ti scongiuro Ada, rispondi.

Ada - No.

Orlando - (l'afferra alla gola e la stringe) Parla, parla!

Ada - Ti amo, ti amo.

Orlando - Ada! (Ormai sconvolto, stringe ancora, e senza che si abbia l'impressione di un assassinio, ma piuttosto di una disgrazia, improvvisamente Ada, che non si mai difesa, si affloscia ed egli riesce appena a sostenerla) Ada, ti ho fatto male? Ada scivolata in terra, il suo corpo s'appoggia ancora ad Orlando, che la accarezza e la sostiene, ma la testa le si riversata sulla spalla. E' morta. Egli urla) Isabella! (Buio completo e,, rapidamente, l'ultimo quadro).

QUADRO TERZO

(Ingresso dell'appartamento di Isabella. Una tenda, due lampadari, uno specchio, una poltrona, ha scena vuota. Giulia attraversa per andare ad una porta invisibile, ed incrocia Orlando in senso opposto.

Giulia - (dopo vari timidi tentativi) Signore...

Orlando - (rallentando il passo) S?

Giulia - Se pensa di trovare la signora, sar deluso.

Orlando - Non c'? (Si ferma).

Giulia - No, signore.

Orlando - (dopo una breve esitazione) Bene, Aspetter.

Giulia - II signore rischia di aspettare molto.

Orlando - Perch?

Giulia - La signora uscita.

Orlando - (infastidito) Ebbene?

Giulia - II signore sa che la signora partita?

Orlando - Partita? Quando? Ieri?

Giulia - No, poco fa. Ha portato la borsa.

Orlando - La borsa? Il viaggio non sar lungo.

Giulia - Credo che il signore si sbagli. Di solito, anche per dei viaggi brevi, la signora portava i due grossi bauli. E' la prima volta che vedo partire la signora con la borsa.

Orlando - Vi ha detto dove andava?

Giulia - S. La signora ha detto che andava lontano, in Italia. Rideva.

Orlando - Rideva?

Giulia - S. Dire lontano, in Italia, non vuoi dir nulla. Non vero? Ma la signora ha aggiunto, la signora mi voleva molto bene: Non aspettatemi troppo, Giulia: pu darsi che non ritorni tanto presto.

Orlando - (dopo un silenzio) Dite che uscita da poco. A che ora? Potete almeno precisare l'ora?

Giulia - Mi sarebbe molto difficile precisare, signore. Abbiamo tutti gli orologi fermi in questa casa.

FINE

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