21.000 giorni

Stampa questo copione

Da Peppino a S

                                                        ”21.000 Giorni”

                         Commedia in due atti di Pino La Pietra

                                               (scena unica)

Personaggi

                                                  

         Tonino                                               Contessa

         Peppino                                             Antonietta

        Gaetano                                            Paola

         Alfonso                                             Linda Mastro    

         Alfredo                                             Amelia Feliciello

         Gennaro Fiaschetta                         Nicoletta Feliciello

         Salvio Salvietti

        

    Pesonaggi maschili   7                   Personaggi femminili   6

                                                           TRAMA

La storia è ambientata negli anni 90. Il ristorante “Da Peppino a S. Lucia”, storico e rinomato locale di Napoli,  gestito dagli eredi di Don Peppino, deceduto pochi anni prima, versa in una grave situazione economica ed esposto anche verso un usuraio con pochi scrupoli (Don Gennaro Fiaschetta). I fratelli, proprietari, conl’aiuto del loro nipote (Peppino) cercano in ogni modo di risolvere la loro drammatica situazione. L’ultima spiaggia infatti è un manager di una società di consulenza aziendale (Salvio Salvietti), che si rivelerà inesistente, il quale d’accordo con l’usuraio chiede una consistente somma in denaro contante per far sì che la pratica di finanziamento vada a buon fine.

La truffa però sarà sventata appena in tempo grazie al provvidenziale intervento della loro commercialista (Paola),  e alle rivelazioni della venditrice di sigarette (Antonietta) la quale ricattatata da Don Gennaro è costretta fino ad allora  a reggere il gioco tra i due.

L’ultimo colpo di scena si avrà però quando l’acida e antipatica frequentatrice del ristorante (La Contessa) deciderà di dare loro una mano prestando la somma di denaro che occorre sia per liquidare Don Gennaro che per sanare la  difficile situazione. Ancora una volta, come nella migliore tradizione del teatro comico dialettale partenopeo, saranno le donne, a risolvere le tragi-comiche vicende della vita di tutti i giorni.

                       

                                                                       SCENA

Sala di ristorante, con ingresso dalle quinte a destra dello spettatore. Un’uscita al centro del fondo scena che dà alla sala interna con un‘altra a sinistra dello spettatore che dà alle cucine e alla direzione. La cassa, sul fondo, fra le cucine e la sala interna con un telefono e la foto di Don Peppino (buonanima) alla parete. A destra della sala interna, sul fondo, una credenza di servizio. Alcuni tavoli in attesa di essere apparecchiati con relative sedie appoggiate sopra capovolte. Due appendiabiti e quadri alle pareti.

                                                  

PRIMO ATTO

Tonino con la sua proverbiale flemma, intento ad apparecchiare la sala accenna  una canzone napoletana masticando le parole che non conosce.

TONINO-  Fenesta vascia e comme na’ ………. …………

PEPPINO- (entrando) Se se: e chistu passo nun simme pronte manco pe dimane.

TONINO- Uè ; buongiorno Peppino.

PEPPINO- Buongiorno,  cù sta musciaria che tiene facimme buonanotte. Canta nà canzone

                   ‘ cchiù allera: può darsi che faje primme.

TONINO- A me chesta me piace.

PEPPINO- Certo! A te te puteva mai piacè che ne saccio: funiculì funiculà.

TONINO- A proposito ma a biancheria nun l’hanno purtata ancora?

 PEPPINO- No! Stamattina la dobbiamo ritirare noi.            

               

TONINO- O’ssapevo, scommetto che ci devo andare io?

PEPPINO- No no, nun te preoccupà, t’avissa stancà troppo. Ncè passava nu mumente tuo padre ca    

                  machina soja.

TONINO- E Alfonso jeve cu isso?

PEPPINO- Pe piacere nun o’nnummenà, ca si sulo penzo a quando metto o’ pere ccà dinto e

                      accumencia a murmulià cu chella meza lengua che tene fino a stanotte…………

 

TONINO- O ssaje comme è fatto.

PEPPINO- E’ fatte ca rompe e scatole! Però ‘o voglio bene! Ma nun se supporta!

TONINO- Jamme……. A proposito, tuo padre che dice?

PEPPINO- Niente ancora. Nun se sape ancora niente.                        

        

TONINO-  Nun te preoccupà,  a speranza ‘nce stà sempe.

PEPPINO-   Intanto puveriello,  fatica comme nù ciuccio cu tutto ca nun se fire.

TONINO-  Tu o’ssaje chiù e me ca zi’ Salvatore tene a capa tosta e’ ppe loro stu ristorante è na              

                   malatia.

PEPPINO- Na’ malatia che dura ‘a quasi sissant’anne, da mano a bonanima do’ nonno.

                    ‘O ‘ssaje ca agge cuntato e juorne! Sò 21.000. Tu ce pienze, 21.000!

                    Ma mo dammece rà fà, nun tengo proprio o genio, si sulo penso a  chello

                    che m’aspetta stà jurnata e po’ tengo nu suonno (sbadigliando), stanotte non ho proprio

                    chiuso occhio.

TONINO-  (Ammiccando) Ah. Agge capito, a ballerina ra’ cumpagnia che steva ccà ajere’ssera.

                                                  

PEPPINO- Cu chisti chiare e luna, tu vaje truvanne a ballerina; je nun aggie durmute pe cose meje!

TONINO-  Comme si nun te cunuscesse! Tu nun te ne fai scappa una.

PEPPINO- Tu fusse capace e mannà galera a ggente. Tu e qua ballerina stai parlanne? E ppò Io

                   songo na’ perzona seria e sò spusato. Nun sia mai te fai scappà na cosa e chesta, me        

                   miette mmieze e’mpicce.

TONINO-  Allora è per questo che neghi! L’hanno vista tutte quante comme te runzava attuorno

                   comm’a na mosca. E ppò nun te preoccupà; io sò muto come un pesce.

 PEPPINO- No tu si solo nu pesce e basta, te sto dicenne ca stà ballerina nun m’ha ricordo proprio.

 TONINO-   (avvicinandosi) Vabbuò, comme vuò tu. Però statte accorta ca chelle vonne solo     

                      rimedià qualche cena gratis.

PEPPINO- (alterandosi) Nata vota mò, ma forze parlo cinese, te sto dicenne ca sta ballerina    

                      nun m’arricordo e ppò stanotte so stato a casa dint’o liette mio. Dint’o liette mio.

                      Ce simme spiegate. (squilla il telefono)Pronto! O direttore carissimo! Come state?

                      Potrebbe andare meglio ma non ci lamentiamo! Come?  Un versamento? E di quanto?

                      Un milionee ottocento a rosso? Si lo sapevamo che c’era un assegno ma non era

                      questa  la scadenza. Evidentemente l’avranno dato a qualcuno che lo ha incassato       

                      prima. Direttore scusatemi, ma ieri com’era la situazione? Due milioni a credito?

                      Embè direttò vi ho chiamato io a voi? Scherzavo? Ci vediamo fra poco da vicino,

                      e saluti alla signora!

         

CONTESSA- Buongiorno, buongiorno.

TONINO- Ah ah! Chesta pure a primma matina vene a rompere ‘e scatole.

PEPPINO- Signora Contessa, i miei omaggi ma la colazione non la serviamo.

CONTESSA- Fai sempre lo spiritoso tu! Che colazione e colazione d’Egitto! E’ successa una 

                       tragedia e lui scherza.

PEPPINO- Che cosa è successo?

CONTESSA- Che cosa è successo? Una tragedia, una tragedia. Quando sono venuta ieri a cena, e

                       tra parentesi ho mangiato malissimo……

TONINO- E chesta nun è nà nuvità.

CONTESSA- Tu non interrompere, maleducato! A te in modo particolare ti tengo qua!

TONINO- Questa si che è una novità!

CONTESSA- Stai attento a te che ti faccio licenziare! Dicevo tanto ho mangiato male che mi sono

                       talmente innervosita che tirando fuori i soldi dalla borsetta mi è caduta la penna, e      

                       non l’ho più trovata.

TONINO- All’anema da burzetta! E quando andate in viaggio che vi portate.

CONTESSA- Stai attento; stai attento.

PEPPINO- Siete sicura di averla persa qui.

CONTESSA- Non mettere in dubbio quello che dico io. Ne sono più che sicura, io non sbaglio mai!

PEPPINO- Vabbè! State tranquilla che se la troviamo ve la mettiamo da parte, ne potete stare certa.

CONTESSA- Tanto certa non sono e poi si deve trovare subito!

TONINO- Contè, noi teniamo da lavorare.

CONTESSA- Senti chi parla di lavorare; scansafatiche che non sei altro. E poi se

                       non si trova la mia penna di qui non  mi muovo.

PEPPINO-  Troviamo la penna alla Signora Contessa! Era una penna importante?

CONTESSA- Certo che era una penna importante! Altrimenti perché sarei così in apprensione?

                        Era la penna di mio marito buonanima ed io ci tengo tantissimo!

PEPPINO- Ah, se era la penna della buonanima allora! Come era fatta?

CONTESSA- Non avete mai visto una penna? Che razza di domanda è questa?

PEPPINO- Lo so come è fatta una penna; volevo dire di che marca è?

CONTESSA- Era una penna “BIC”.

TONINO- Nà penna “BIC”?

CONTESSA- Una penna “BIC”!

PEPPINO- E per una penna “BIC” state facendo tutto questo chiasso? Fosse un orecchino, un 

                   bracciale, nà catena ‘nganne!

CONTESSA-  Come al solito non capite mai niente! Quella penna ha la bellezza di quarantanni!

PEPPINO- E scrive ancora?

CONTESSA- Si capisce, io ci metto la carica nuova. Compro una penna, l’involucro esterno lo    

                       butto via e metto la carica nuova nella penna vecchia.

PEPPINO- E meglio che do un’occhiata tra le nostre penne.

CONTESSA- Fermi tutti! Eccola, l’ho vista; è questa.

TONINO- Ma chelle songhe tutt’eguale!

CONTESSA- Zitto deficiente! La riconoscerei tra mille; quando si ha una cosa per quarant’anni

                       nelle mani, e poi era della buonanima (accenna a piangere ma poi si riprende subito)

                       Ci avevato provato eh; ma a me non mi frega nessuno, io non sbaglio mai! Ci 

                       vediamo a pranzo alla solita ora. Ladri di penne antiche! L’avite truvate n’ata penna  

                       cumme ‘e chesta (Esce di scena).

                  

GAETANO-  (entrando verso la cassa con fare agitato con  bocchino e  sigaretta)Buongiorno! Uè!

                        Io  mo vengo… vaco a ffà certi servizi importanti e a  sistimà qualche cosarella e    

                        chiunque  me vò,  nun m’avite viste. Ce vedimmo cchiù ‘ttarde.

PEPPINO-  Tu nun si manco trasute e dice mo vengo?. Avimma parlà nu poco, 

                    te si scurdate ca ogge  vene o’ padrone e casa nuovo e chille da finanziaria? Agge  

                    bisogno e te.

GAETANO-  Mo fammenn’j, doppe parlamme.

PEPPINO- Doppo quando?  Fa sempe chesto, fuje sempe, nun può mai dicere nà vrenzola e parola.

                   S’adda fa a spesa!

GAETANO-  A spesa? Ma pecchè che ce manca?

PEPPINO- Che ci manca? La carne, il pesce, il vino, la frutta, il pane, i formaggi, i liquori, il caffè e

                   Il…….

GAETANO- (interrompendolo) basta, me so saziato!

PEPPINO- Eh pazzea! Intanto che ce damme ‘e clienti? CUCINA DIETETICA!

GAETANO- E aspettave a ‘mme? piglia tutte chelle che ce vò!

PEPPINO- Cu ‘qqua sorde? Saje quanto stanno in cassa; 160.000 lire.

GAETANO- E dammelle!

PEPPINO- E si tanto!

GAETANO- Sa che ‘ffaccio? ‘Nce porte ‘o marisciallo, ‘nce scalo 100.000 lire dal conto vecchio, e

                      60.000 lire ‘nce ‘ddonghe pe me fa un assegno di un milione a trenta giorni.

                      L’assegno lo do al pescivendolo, accussì ‘lle pavo a nota d’ajere e me faccio da o’

                      riesto. Doppe che m’ha dato o riesto ‘lle donghe a nota do pesce che serve e glielo  

                      pago  domani, passo dal vinaio, gli do un acconto e ordino giusto lo stretto

                     necessario.Pe tramente tu telefona o macellaio e ordina a carne; o tiempo ca to’pporta

                     vaco a pavà a bolletta do telefono e te porto o riesto. Però cerca e nun o pavà o

                     macellaio accussì  resta  quaccosa in cassa e cu ‘ll’ati sorde che te porte faje o riesto da   

                     spesa. Te porto    chella  ca te serve e ‘ppò jesco nata vota. Mo vengo! (Esce di scena)

PEPPINO- Tu ‘e capite quaccosa?

TONINO- Si! Mo vengo! (pausa) Ha fatto spuoglie a Gesù e vieste a Maria.

PEPPINO- No chill’ a spugliato tutto o’ presepio!

ALFONSO-   (che nel frattempo è gia entrato in scena) Buon gioco.

TONINO-  Eh! Tre tre, Napule a coppe, s’allisce chesta e miettece a meglia.

ALFONSO-  Buongiorno! Vi che bella jucata a fatto don Martino.

PEPPINO- E se vere che nù bbuono jucatore.

ALFONSO-  Vi che bella jurnata è schiarata stammatina. Chill’ate addò feteva….. addò fujeva?

PEPPINO- Nun è manco trasuto! Che ne saccio! A ditte che teneva che ffà.

ALFONSO-  Avite bardate a lutto?

TONINO-   Pecchè chi è muorto.

ALFONSO-  Avite ordinata a frutta?

PEPPINO- Sissignore!

ALFONSO-  Comme bella l’alleria!.

PEPPINO- Certo!

ALFONSO- Mo vi do la biancheria e priparate subito la sala?

TONINO-  Appunto! Papà  addò stà?

ALFONSO-  Sta arraglianno e l’avota o stommaco.

PEPPINO- O’ ciuccio a mangiato pesante.

ALFONSO- Sta arrivanne c’automobile a coppa o Vommero. E’ guardie hann’arrestato o cumpare       

                     d’Aniello.

TONINO - E pecchè ca fatto.

ALFONSO- Guarda, nun’avite combinate ancora niente!

PEPPINO- Nun ce stà niente a fa, tiene sempe a dicere.

ALFONSO- Je venghe e cicere!

TONINO- A nocellinaaa.

ALFONSO- Je tengo a dicere?

PEPPINO- Si Alfò, ja parlà sempe.

ALFONSO- Je abballo?

PEPPINO- E che ne saccio, fatte nà tarantella.

                                                              

ALFONSO- Je parlo? Mo me faccio nu tango.

TONINO- Alle!

ALFONSO- Vuje me facite jettà o’ sango.

PEPPINO- Noo, tu e’ jettà a lengua, no o sango.

ALFONSO- Se je parlo, e pecchè vuje nun facite ll’uovo.

                                                            

TONINO-‘N’cia pigliate pe papere.

ALFONSO- Pecchè vuje nun facite ll’uommene. E puzzate!

PEPPINO- Jo mo stongo ascenne ‘a sotto a doccia.

ALFONSO- E penzate! Ca o juorno ca nun ce stongo cchiù, jate a tirà a rezza e mammeta.

PEPPINO- Chella e soreta.

ALFONSO- Rimmanite cu e pezze ‘mmano.

PEPPINO- Quando a fernesce?

ALFONSO-E’mmò, guardateve na coscia.

TONINO- Si è pe cchesto, nun ce ne facimme scappà manco una.

ALFONSO- E’mmò arricurdateve na cosa: chi s’è alleccata a vacca?

PEPPINO- Sarrà stato o’ toro.

ALFONSO- Quando s’è cchiusa ll’acqua, avite voglia e puzzà!

TONINO- Tu da cap’ o pere.

ALFONSO- Avite voglia e pazzià! E je vaco a Taranto!

PEPPINO- Va a piglià e’ cozzeche.

ALFONSO- Je arrivo a tanto pecchè tengo quatte pezzulle e cuorno.

TONINO- Ncè sarranno spuntate stanotte.

ALFONSO- Pecchè tengo tanta penziere ‘nguolle e stamme ‘bbuono ‘nguacchiate.

TONINO- Ma chi?.

ALFONSO- E stamme ‘bbuono nguajate. E a quaccheduno aggia sfunnà.

TONINO-  (proteggendosi e allontanandosi) uè uè.

ALFONSO- E cu quaccheduno aggià sfucà.

TONINO- E proprio cu nuje.

ALFONSO- Soreta tene e cosce storte.

TONINO- E quale? A mia o a soja.

ALFONSO- Solo che veco e cose storte. Me metto a’ lleccà e’ veco e provole… Me metto alluccà e    

                     dico e’ pparole.

PEPPINO- Ma comme parla chisto? Chicchinese.

ALFONSO- (urlando) Vuje nun’ò  vvulite capì chiste è nu master’ascia ‘nfame e s’hanna frijere       

                    alice si te vuò vennere a soreta. Vuje nun’ò vulite capì, chiste è nu mestieraccio ‘nfame

                    e  s’hanna   fa e sacrifici si  vuò vedè e sorde.  Nun s’è vista mammeta? Nun s’è visto  

                    mai chelle ca se vere ccà e’ppo’ e purpette e’ffaccio che fitti fitti ‘nterra Casamicciola.  

                    Permettete che me faccio e fatte mieje dint’a casa mia.(Esce di scena dalla cucina).

PEPPINO- Sciruppete a uno e chiste fino a dimane e matina e trè và. Po’ cchiù s’arraggia e cchiù  

                   s’attacca ca lengua. Quanno sta calmo quacche parola a ‘ngarra ogni tanto.

ALFREDO- (Entrando con due sacchi, uno grande e l’altro più piccolo) Buongiorno! Cà sta a   

                     biancheria, e cà stanno e mappine. (Quasi a voler indicare i presenti).

PEPPINO-Uno jesce e n’ato trase! Ne’ arrivate nato. Alfrè, non si dice mappine, si dice canovacci o   

                  al massimo torcioni.

ALFREDO- (poggiando una mano sulla spalla del figlio Tonino) Je’llaggio sempe chiammate 

                     mappina.

TONINO- Tale patre………

PEPPINO- Uè uè, n’avesseme accumincià nata mò! Alfrè famm’ò piacere puorte e mapp… e    

                     torcioni rint’a cucina ca ‘ll’è servono e po’ viene ccà che t’aggia parlà nù mumento.

ALFREDO- A proposito, damme na sigaretta.

PEPPINO- Padre, figliuolo, e spirito santo! Nun’ ne tengo sigarette.

ALFREDO-  (entrando in cucina) Mappineee!

                                                                 

PEPPINO- A bonanima d’ò nonno faceva o canteniere? E secondo me duje o tre e’lloro l’ha fatte

                   Doppo che travasava ‘o vino!

TONINO-  E dice che no! Quanno dici duje o tre l’he trattate.

ANTONIETTA- (dall’ingresso)Buongiorno e salute a tutte quante! Servono sigarette? Machinette?      

                          Rilorgi? Tengo belle imitazioni. Ve serve na mano?

PEPPINO- Solo tu ‘nce mancave stammatina.

ANTONIETTA- Uè e che dè, te si scetate stuorto o si cadute do lietto?

TONINO- No, è che lui ha fatto le orine con una baller……(gli arriva uno straccio dietro la testa

                  lanciatogli da Peppino) Chi è stato?

PEPPINO- E chi o’ssape. Manco a vuò fernì. Apparecchia a

                   sala o aspiette ca te mengo coccose e cchiù pesante.

ANTONIETTA- (sospettosa e intrigante) E qua ballerina state parlanne?

PEPPINO- Qua ballerina. Chille a Tonino ‘lle piace e pazzià e ppò Antoniè t’e ‘ntrigà sempe de

                   fatte e ll’ate? Vattenne nù poco a……. vennere doje sigarette và.

ANTONIETTA- Eh mamma mia! Certi ‘vvote comme te faje brutte. Aggie capite! E’ meglio che         

                            me ne vaco a vennere ddoje sicarrette for’o mare. Me la ditto pure o miereco: io

                            abbisogna di odio. Ce vedimmo roppo, quando te passata a’nquartatura. Brutte

                            bru? (uscendo di scena) ‘E mormoni te so sagliute a parte ‘a capa? (cantando) 

                           Songo ‘ntunetta, te venghe a sigaretta, ………

PEPPINO- Tu saje comme è ‘ngiucessa e capera chella e te miette a pazzià.

                   Mo diece minute e tiempo e tutte S.Lucia o’ssape.

ALFREDO- (entrando con una tazzina di caffè quasi vuota) Pè tiè, pigliate nù poco e cafè ca pe me

                     è assaje.

PEPPINO- Nù poco e cafè ce vuleva proprio, si aspetto a figliete Tonino. Alfrè ma o’ cafè addò sta?

ALFREDO- Che vuò chille nù poco era.

PEPPINO- Alfrè tu mme date nà tazza vacante, sporca e cafè.

ALFREDO- Vabbuò doppo te ne faccio n’ato, pe tramente damme na sicarretta.

PEPPINO- Ah! Nun’ ne tengo! Stamme a sentì, ascoltami bene. Oggi anna venì ddoje perzone:

                   uno è o nuovo padrone e casa che io non conosco, e vene sicuramente pe se guardà

                   e fatte suoje e per chiedere l’aumento. L’altra persona è un incaricato  e chella 

                   finanziaria privata che ci deve fare il finanziamento. O proprietario se

                   chiamma Feliciello, chillate non lo so. Co’ padrone e casa, avita fa o quadro niro

                   speranno che non chiede l’aumento; ma chelle che me ‘mporta e che il funzionario deve

                   avere il   quadro migliore della situazione,  se nò addio finanziamento e addio Peppino a

                   S. Lucia! Mi sono spiegato bene? Perciò cerca e te mantenè nù poco e nun fa e soliti  

                   pazzarie che  faje sempe, mi raccomando tenite l’uocchie apierte.

ALFREDO- Stai tranquillo.

PEPPINO- A verità proprio tranquillo nun stongo. Io torno fra poco, si Gaetano avessa venì primme 

                   e me fall’aspettà. Chelle c’aggie   ditte a te dincelle pure a Alfonso che ‘mmò nun me

                   fido né do vedè, né do sentì.(esce)

 TONINO-   Mo me ne vaco pur’je allà ‘ddinte a sistimà nù poco. (esce verso la cucina).

GENNARO-  (con fare alterato e guappesco) Né se fosse visto Don Gaetano?

ALFREDO-  Uè Don Gennà! Addò state venenno?

GENNARO- Vengo da miezo palazzo pecchè?

ALFREDO-  Nunn’è ca quacche scugnizziello aumme aumme và levato o buongiorno a dint’a

                       sacca?

GENNARO- Don Alfrè: a me a dint’a sacca nun me leva mai niente nisciune! E po’, senza ca

                       facite tanto o’ “sardonico”, che guaje che tengo penzo pure a dicere buongiorno.

ALFREDO- E beato chi ve sente! Nuje pure tenimmo e guaje ma nun avimme perzo a crianza.

GENNARO- Nun damme aurienza e chiacchiere, Gaetano si è visto? Aveva passà da me

                      stammatina.

ALFREDO-  No. Gaetano non si è visto. Non vi incaricate che appena viene o telefona ‘nce dico

                      che lo avete cercato.

GENNARO-  Nun ve preoccupate proprio, je l’aspetto ccà. Nun me movo a ‘ccà dinto fino a che  

                       nun torna.

ALFREDO-  E allora avvisate a casa e mettetevi comodo, pecchè po essere pure che mio fratello

                      nun torna proprio cu tutte e’ ccose che tene a fa.

 

GENNARO-  A si? E allora mo vedimmo.(Comincia a passeggiare nervosamente).

ALFREDO- (dopo averlo seguito per un po’ con lo sguardo) Avimme mise a sentinella

                       ‘nnanze Palazzo Riale.

GENNARO-   (dopo essersi fermato davanti alla cassa, spalle all’ingresso) A me chesto Gaetano

                      nun l’adda fà! Manco si m’avesse truvato dint’a sporta de taralle.

ALFREDO-  No dint’a a sporta de taralle no; dint’a sporta de maruzze!

GENNARO-  Alfrè faciteme capì che vulite dicere?

ALFREDO- …volevo dire….. tenisseve nà sicarretta?.

GAETANO- (entra, ma si accorge della presenza di Don Gennaro; fa immediatamente dietro front

                      ed esce di nuovo quasi senza farsi notare).

GENNARO- (Voltandosi ed intravendo Gaetano uscire) Era Gaetano chillo cà è asciuto?

ALFREDO- Che asciuto add’ò?

GENNARO-  Aah! Alfrè. (inseguendolo) Gaetano, Gaetano, Don Gaetano…(esce).

ALFREDO- ….prendi questo in mano.

GENNARO- (irritatissimo) E’ scumparzo dint’ à niente. N’avutata d’uocchie e nun c’e sta

                      chiù. Manco fosse nù spirito, ma chi è Fantomas? Ma mò basta mò! Mo basta

                      mò! Alfrè, pozzo mai fa chesto tutte e sante juorne?

ALFREDO- La Domenica siamo chiusi.

GENNARO- Vuje fusseve capace e me piglia in giro a me? Eh ma allora nun avite capito

                      proprio niente! Mo ve site mise dint’e verbi difettivi. Dicite a chill’u galantommo

                      e Don Gaetano ca massimo nù paro e’ juorne e voglio tutte e sorde miei; pecchè

                      sinnò cà succede a terza guerra mondiale! Quando è overo ca me chiamme Gennaro

                      Fiaschetta!

ALFREDO- Bella sacchetta ……….!

GENNARO- Comme?

ALFREDO- No dico, che bella giacchetta che ve site fatto!

GENNARO- E se capisce! Io veste bene. Questa è di Giorgio Armando!

ALFREDO- Je penzavo ca era da vosta!

GENNARO- Giorgio Armando è un designatore, comme Gianni Verace, Doccia e Gabbiano…..

ALFREDO- Pierre Cabinet!

GENNARO- Alfrè vuje pazziate? E pazziate  ca po’ ve faccio pazzia je ‘bbuono. E quanno sarrà

                      o mumento me diverto io! Riro beno chi riro ultimo! Ve faccio vedè che capace e    

                      cumbinà Don Gennaro qui presente; nun avite nemmanco itea, la fine del mondo,

                      il pediluvio universale.Don Alfrè gunfiate e salvagente che nuoterete nelle vostre

                      lacrime. Aitanic. Sotoma e Camorra! Mezzogiorno di fuoco.(uscendo) L’inferno di

                     cristallo, ma Dio perdona io no.

ALFREDO- Prossimamente su questo schermo!

TONINO-   Nè ma che succieso? (entrando insieme ad Alfonso).

ALFREDO-  Che succieso? Vuje primme facite carè o palazzo e po’ o mantenite. Si chille

                       aizava na mana vuje stiveve all’à ddinto.

ALFONSO- Chille chi?

ALFREDO- Quanno vuò tu care sempe a dint’e nuvole. Nun ‘o ssaje chi? Gennaro Fiaschetta.

                      Se ne addunate ca Gaetano se ne asciute appena la visto e se ‘mmise a fa o pazzo.

ALFONSO- A colpa è sempe a vosta; sempe a vosta! Mo è meglio che me ne vaco a Turretta…. 

                     Che me ne vaco accatta e sigarette.

ALFREDO- Viene subito ca t’aggia fa un’imbasciata, e visto ca te truovo pigliammelle pure a me!

                     (Uscendo verso la cucina) ne chi tene na sicarretta?

TONINO- T’hanna accidere a te e sigarette ca nun accatta maje! Ma comme se po ffà, tene sempe o 

                  stesse pacchetto a tre ‘mmise, ‘nce facette je nù segno ca penna e ancora se n’adda 

                  accattà n’ato;  e questo che cos’è! (tutto questo mentre completa la sistemazione della

                  sala) Eppure nunn’è attaccato e solde ma chella d’e sigarette è na malatia nun c’è sta

                  niente a fa. (Esce di scena verso la cucina).

GENNARO- (rientrando e nascondendosi nella sala interna)Mò vedimmo si l’acchiappo o no a don 

                      Gaetano.

PAOLA- E’ permesso? C’è qualcuno?

GENNARO- (la scorge facendo capolino ma senza farsi vedere).

ALFREDO- Chi è? Oh buongiorno dottoressa!  Come state?

PAOLA- Non c’è male grazie, ma Peppino non c’è?

ALFREDO- No ma ha detto che sarebbe tornato fra poco. Se lo volete aspettare intanto vi faccio un      

                     bel caffè e vi fumate pure na bella sigaretta….. a proposito; vuje che sigarette fumate?

PAOLA- Mi dispiace per voi ma non fumo più da un pezzo.

ALFREDO- Peccato! Ma che volete da Peppino?

PAOLA- Gli ho portato quei documenti che mi aveva chiesto qualche giorno fa. Anzi li vorrei 

                consegnare a lui personalmente in quanto sono documenti importanti ai quali Peppino

                tiene molto (suscitando la curiosità e il sospetto di Don Gennaro sempre nascosto).

ALFREDO- Come volete voi! Intanto vi vado a fare il caffè. Ve lo faccio portare da Tonino.

PAOLA-  Perché ci sta pure lui?

ALFREDO- Certo! Tonino porta un caffè alla dottoressa Paola.

PAOLA- Allora Sig. Alfredo, le cose come vanno?

ALFREDO- Come volete che vadano mia cara dottoressa. La nostra fortuna e che lavoriamo tanto

                     ma quel tanto che lavoriamo serve più a pagare gli interessi a qualche fetente di

                     usuraio che a fare tante altre cose; magari una ristrutturazione…..

PAOLA- Io ve l’ho sempre detto che quello è stato l’errore più grande che avete commesso. In 

                queste cose si sa come ci si entra, ma non si sa come e quando ci si esce e se si esce.

ALFREDO- Questo lo sappiamo e lo sapevamo anche allora ma tra i due scegliemmo il male

                     minore per non chiudere definitivamente, e in più tra la soddisfazione di tutti quelli

                     che questo stavano aspettando. Certo anche noi abbiamo sbagliato e forse sbagliamo 

                     ancora, ma chi non fa non sbaglia e specialmente quando non si ha la mente serena. E

                     poi, falliscono, i grandi  nun veco pecchè nun po’ succedere pure a noi. Ve pare?

PAOLA- Sono d’accordo ma vedrete che probabilmente questa sarà l’occasione buona per

                sistemare le cose (sempre suscitando la curiosità di Don Gennaro che rimane nascosto).

TONINO- Ecco un caffè speciale per la nostra Paola, questo è fatto con la mano del cuore.

ALFREDO- Mano del cuore! ‘Nce ‘lle mise o’ zucchero o a ‘ntuosseche a prima matina a   

                    dottoressa. Sapete lui è sempre distratto.

PAOLA- Alfredo per favore chiamatemi Paola, mi fa più piacere!

ALFREDO- Va bene dottoressa Paola, con permesso io vado di là. (uscendo) La mano del cuore!

                     Ma famm’ò piacere

TONINO- Allora? Ti piace il mio caffè.

PAOLA- Certo che mi piace il caffè, e non solo il caffè.

TONINO- E allora che aspetti…… …

PAOLA- Aspetto che tu lasci questo lavoro. Ma ci pensi; io che lavoro fino a tardi, tu che 

                cominceresti a lavorare quando io smetto; mi spieghi che senso avrebbe?

TONINO- Io ci penso, ma tu mi dici che cosa mi metterei a fare; oggi è così difficile trovare un    

                  lavoro.

PAOLA- Potresti lavorare con me, lo sai che ho bisogno di un collaboratore….

TONINO- E accussì fernimmo prima di cominciare. Tuo marito che dipende da te, che bella cosa!

PAOLA- A parte che diventeremmo soci, e poi quando c’è l’amore….

TONINO- ….e proprio perché c’è l’amore che questo non è possibile; sai meglio di me che affari e

                  sentimenti non vanno d’accordo, mia cara dottoressa.

PAOLA- Si ma la vita e breve e io la voglio godere insieme a te e noi ce lo potremmo permettere.

                (comincia a coccolare Tonino tra le continue smorfie di Don Gennaro sempre nascosto).

PEPPINO- Disturbo?

PAOLA- (ricomponendosi e imbarazzata) Oh! Ciao Peppino come stai?

PEPPINO- Io bene grazie! Ma vedo che nemmeno tu te la passi male! (poi rivolgendosi a Tonino)

                   Io fosse chillo ca nun se ne fa scappà manc’una?

TONINO- Va bene io vado a finire di là! Ci vediamo Paola.

PAOLA- Ti ho portato quei documenti che mi avevi chiesto (aprendo la borsa e tirando fuori una  

                cartellina), ma ti consiglio di stare molto attento anzi, ci terrei ad essere presente quando

                ti vedrai con quel funzionario, di sciocchezze ne avete gia fatte abbastanza!

PEPPINO- Sai che molte di quelle sciocchezze sono state fatte a mia insaputa e ma è 

                   probabile che io avrei fatto la stessa cosa. E poi è proprio per questo che ho chiesto il

                   tuo intervento, solo che non conosco il nome di questo funzionario so solo che verrà in

                   giornata ma non appena si sarà fatto vivo ti farò una telefonata.

PAOLA- Basta che tu mi faccia uno squillo e mi dica un cosa qualunque ed io capirò, e preferisco

                che questa persona non sappia di avere davanti una professionista, per noi sarà più facile.

                Intanto io ho fatto prendere qualche informazione su questa finanziaria e dovrei sapere

                qualcosa da un momento all’altro, così sappiamo anche con chi abbiamo a che fare.

PEPPINO- Ah Paola! Se non ci fossi tu!

PAOLA- Pensa solo a stare tranquillo e pensa a tuo padre; per il resto incrocia le dita che se tutto

               va bene e riusciamo ad ottenere questo benedetto finaziamento avremo fatto un bel passo     

               avanti, anche perché sono un bel po’ di soldi. In bocca al lupo.

PEPPINO- Crepi! Non so come ringraziarti, a più tardi allora.

PAOLA-Dammi una bella notizia  (esce)

 

PEPPINO- Speriamo bene! Famme vedè a che punto stanno! (esce verso la cucina).

GENNARO- Azz! E si chiste hanno ‘o finanziamento je aggie fernute e fa, aggie fernute e abbusca

                      sorde! Mo sa’ che faccio appena vene stu signore le faccio nù quadro cchiù niro da

                      mezzanotte, accussì addio finanziamento e l’acconge io pè feste. E vaje Don Gennaro

                      vaje.

ANTONIETTA- Buongiorno! (Vede Don Gennaro), arrivederci!

 GENNARO- Viene’ cca addò vaje? Ma che tengo a peste? Appena me vedeno fujene tutte quante?

                        Dimme na cosa, tu o’ssaje si quanto mi devi dare? E a quantu tiempo non mi dai una           

                        Lira? E quanti interessi sono maturati?

ANTONIETTA- Vuje o’ssapite ca e cose nun vanno tantu ‘bbone. A Finanza ce sta ‘ncuolle e nun    

                             ce fa chiù faticà.

GENNARO-  Quando te so servute te’lle sapute piglià, t’hanno fatto comodo! Pure allora n’ce steva

                       a Finanza.                                                                      

ANTONIETTA- Sapite bbuone pecchè mè pigliaje; me servettene pe ffa operà  a mariteme e nun ce

                            stevene speranze. O l’operazione o …… Vuje o posto mio c’avisseve fatto?

GENNARO- Je sti ‘ccose nun e’ voglio sapè. Sò cose che non mi riguardano. Si nun me sbaglio

                      chillu fetente e vascio addò campe è proprietà toja. Te lo vendevi e curavi tuo marito.

ANTONIETTA- Dinte a chillu fetente e vascio, come o chiammate vuje, ‘nce sta o sanghe de

                            fatiche e mariteme, e ppò fetente e bbuone je o tengo na pumpiniera e a ‘mme me

                            pare na reggia. Si po je me vennevo o vascio fetente, Don Gennà, vuje comme

                            v’abbuscaveve tutte e solde che ve site pigliate fin’emmò?

GENNARO- Mo basta! Ma c’aspiette, che donghe pere a tutte e sicarrette che tiene astipate,  

                      e ‘nce facimme na bella fumata, grossa grossa. Siccome je tengo o core ‘bbuono e

                      cierti ‘ccose e capisco, ‘nce putesse pure mettere na preta ‘ncoppa. Però, tu o ‘ssaje 

                      che non si fa niente pè niente; (guardandosi intorno) si tu me facisse nù piccolo

                      favore………

ANTONIETTA- E che si tratta?

GENNARO- Niente di particolare (si guarda intorno e spiega sottovoce le sue intenzioni).

ANTONIETTA- No! Non esiste proprio! So’ brava gente e po’ me fanno campà.

GENNARO- E va ‘bbuono! Vuol dire che….. tu o tiene l’estintore a casa sì?

ANTONIETTA-  Spiegateme ‘bbuono c’avessa fa.

GENNARO- Jammece a piglià nù bellu cafè e ne parlammo con calma. (Escono).

CONTESSA- Peppino, Peppino.

PEPPINO- Che altro vi siete perso?

CONTESSA- Fai sempre lo spiritoso tu. Sono passata per avvisarti che vengo un poco prima perché

                       ho la visita dallo specialista e mi voglio anticipare. Mi raccomando.

PEPPINO-  Ma voi fate sempre visite mediche? Comunque noi non ci muoviamo di qua.

CONTESSA- Questo lo so! Io intendevo di farmi mangiare bene almeno oggi e non il solito schifo

                        di sempre. In questo ristorante si mangia male e si paga caro. Almeno se vengo

                        prima, c’e già Alfonso, forse lui è l’unico che mi tratta un poco meglio. Lo trovo  

                        Alfonso a quell’ora si, lo trovo?

PEPPINO- No! Alfonso a quell’ora va a mangiare fuori.

CONTESSA- Non sei divertente, state attenti, state attenti che se mi mandate all’ospedale io vi

                       rovino, avete capito che vi rovino! E prima o poi succede, io non sbaglio mai.  

                       Bettolieri da quattro soldi. (esce)

PEPPINO-   Si mangia male, si paga caro, siete deficienti, antipatici, sfaticati, e sempe ‘ccà vene;

                     sempe ‘ccà vene, sempe ‘ccà dinte stà, matina e sera, sempe ‘cca dinte stà. Nà vota a

                     perz’a penna, nata vota o ricchino, nata vota l’acqua e zucchero, po’ s’adda arrepusà

                     cinche minute. Nun’a supporte ‘cchiù, nun ‘a supporte ‘cchiù. (esce) Nun né tengo

                     sigarette!

ALFREDO- (rivolto in cucina) Eh! E questo che cos’è; io na sigaretta vi ho chiesto!

                     (nota qualcosa sul pavimento) Guarda guà; e ‘ppò dicene ca nun se trovano   

                     che cunte! Questo è il conto che l’ingegnere non ha pagato ieri e loro sé vanno

                     perdenne pe tutte ‘e parte. Ah; mannaggia ‘a capa ‘lloro! Ma famme vedè, quacche 

                     cliente se fosse scurdate ‘e sigarette? Se scordano uno ‘e tutto; e si putessero se

                     scurdassero pure a capa. (trafficando dietro la cassa) Nù pettene, nù mazze e chiave,

                     un orecchino, …..falso e saccio pure ‘e chi è, nu cappiello, nu paro ‘e lente ….. niente;    

                     niente. Nun c’e stà nà sigaretta, manco una! Ma che schifezza e clientela!

ALFONSO- Che faje!

ALFREDO- A te, t’avevano sciogliere o’ pellicolo e te l‘avevano attacca ‘nganne.

               

ALFONSO- A me? Tu vide si a capa t’aiuta! Guarda comme te si cumbinato! Don Peppì…….

                     Guarda che te si firate e fa, guarda guà! Che capolavoro!

ALFREDO- Siente chi parla! Ca a te a levatrice ancora s’adda ripiglià rà paura! Nun ‘saccio

                     comme faje a fa stù mestiere cu chesta faccia!

ALFONSO- Mò vuò vedè ca pe ‘ffà a pastiera ‘nce vò l’acce?

ALFREDO- Noo! ‘Nce vo a vasenicola!

ALFONSO- Pe ‘ffà stù mestiere ‘nce vo a faccia? Chella ‘a lengua adda essere bona!

ALFREDO- E me ne sò accorto.

ALFONSO- Nun damme retta e chianche, e chiacchiere. Nun trovo ‘cchiù o curto ca se rattava

                     ajere.

ALFREDO- A forza e se rattà se sarrà cunzumato!

ALFONSO- Nun trovo ‘cchiù o cunto c’agge fatto o ‘ngignere!

ALFREDO- A te, quando si nato, t’hanno tirato pa lengua, e nù piezzo se ne’ venuto ‘mano. O’ vi     

                    ‘canno “o curto ca se rattava ajere”. 

ALFONSO- (continua a guardarsi intorno cercando qualsosa)

ALFREDO- Che ‘ate è perze, o “curto ca se ratta rimane”!

ALFONSO- Aggio perze a lenza! 

ALFREDO- A lenza?

ALFONSO- A lenta, aggio perze a lenta.

ALFREDO- (porgendogli gli occhiali) Tè, va te fa na bella pescata.

ALFONSO- Vattenne tu e lassame nù poco ‘ngrazia e Dio che devo fare il conto di fine mese  

                     all’ingegnere che deve saldare e, siccome trattasi di una cifra considerevole e, i soldi ci           

                     occorrono e tu sai quanto, per favore allontanati in modo perentorio e lasciami operare

                     in pace.

ALFREDO- Caspita! Quanno parle e denare vai liscio come l’olio. E’ pruvate maje a parlà cù na

                     cinquanta lire ‘mmocca?

ALFONSO- Manco a vuò fernì; Curre sempe aprriesse e papere!

ALFREDO- Che ditte?

ALFONSO- Tiene sempe a stessa capa!

ALFREDO- Ah, mo si.

  

ALFONSO-  Quatte pe sette trentotto!

ALFREDO-  Manch’e cunte sape fa!

ALFONSO- Quattro e tre sette e uno otto. ….Si nu vasetto ‘e ricotta!

ALFREDO- E tu si na spasella e pruvulune!

ALFONSO- Sei, uno sette e uno otto. Ciunche e doje o e sette?

ALFREDO- E sacramente tuoje!

ALFONSO- Cinque e due sette. O’ssaje che fanno e dieci!

ALFREDO- Ancora?

ALFONSO- E sei che fanno tredici. Ciccio vatte a nora e nun ‘o dice!

ALFREDO- Ma chi è stu Ciccio?

ALFONSO- Cinche e quattro nove e uno dieci. Nu vasetto e ricotta cu ‘ll’ove a’ dinte!

ALFREDO- Ah ma s’è fissato c’a ricotta!

ALFONSO- Diciassette, diciotto, dicennove e vinte.

ALFREDO- T’hanno accidere, tu siente che lengua!

ALFONSO- Ah… ma tu allisce sempe a coscia e Renato?

ALFREDO- No allisce chella e soreta!

ALFONSO- Ma tu capisce sempe na cosa pe n’ata?

ALFREDO- Io? Tu parle ‘e chesta manera? Quando staje nervuso nunn’e ffà e cunte!

ALFONSO- Manco duje curnute a Grazzanise ponne stà!

ALFREDO- ‘Nce ne ponne stà quatte!

ALFONSO- Manco duje cunte ‘ngrazia e Dio pozze fa.

ALFREDO- Uè stavota a’ngarrato!

ANTONIETTA- Sigarette, americane, rilorgi…… uè Alfrè buongiorno! Don Alfonso illustrato!

ALFONSO- Ma pigliate po “corriere dei piccoli”, buongiorno! Sol’essa mo ‘nce mancava.(esce)

ALFREDO- Antoniè buongiorno! Che sigarette tiene?

ANTONIETTA- Nun ‘o ssaje, tengo tutte chelle che ‘v vuò.

ALFREDO- Ah brava; uoffreme nà bella Malboro.

ANTONIETTA- ‘I c’affare che ‘ffaccio cu tico! Tiè, te regalo nù bellu pacchette anzi, duie, uno al 

                             mentolo.

ALFREDO- ‘Ntune’ si bella, e chi è ‘cchiù bella e te se trucca.

ANTONIETTA- Na vota era bella overe era a’cchiù bella e Santa Lucia. Quanno passav’je se

                            fermavano e rilorgi!

ALFREDO- E chille erano e rilorge ca vennive tu, pirciò se fermavavano.

ANTONIETTA- Tu specialmente ‘o ssaje buone quanto ero bella!

ALFREDO- Che ‘vvuò fa, ogni scarpa addiventa scarpone.

ANTONIETTA- E ogni scarpone addiventa paposcia! Alfrè dimme nà cosa ma comm’è ca Peppino 

                            stammatina me pareva nà pila elettrica? E’ succieso quaccosa? 

ALFREDO- Tu o’ssaje ca e ‘ccose nun vanno ‘bbone; e oggi poi è una giornata particolare e mo te 

                     spiego il perché. Anzi, facimme nà cosa, aggia fa ‘nù servizio ‘cca’ fora,

                     famme cumpagnia. (escono)

PEPPINO- (entrando in scena insieme ad Alfonso) Mi devi credere, non ti sopporto più. Io te stò

                   spieganno na cosa importante, e chelle che deve succedere qua oggi e d’e perzone        

                   che devono veniree tu all’asteche jesce a fenesta e te lamiente. Perciò ho incaricato tuo  

                   fratello Alfredo, poi non mi sono fidato e te lo detto io, ma tu si insopportabile! T’aggia 

                   mettere ‘ncoppo ‘o stesse scannetielle d’à Contessa. C’a differenza ca essa se capisce

                   quanno parla!

ALFONSO- Vabbuò nun te ‘mpignà ‘ll’oro!   

PEPPINO- N’atu ‘ppoche n’ce ‘mpignammo pure e mutande.

ALFONSO- Nun te piglià collera, agge capite tutte cose!

PEPPINO- E meno male! Io esco a ‘ffa ati servizi, vengo fra poco.(esce).

                     (Squilla il telefono)

ALFONSO- Pronto? Buongiorno Dott. Paola, tenite ‘e cosce storte! E cose voste come vanno,

                     bene? No Peppino non c’è! ‘ll’è venuto nà mossa. E’ uscitodi corsa!

                     Nà mbruscenate cu isso? Un’imbasciata pe isso? Aspettate che ‘gghioco nà bella

                     carta. Che prendo penna e carta che tengo a sciorda! Che me scordo! E ma non vi

                     sento bene! La voce va e viene! (comincia a scrivere). Si! Come? Va bene! Non ho

                     capito? Sti caspite e telefonini! Come si chiama? Mamma mia nun sto capenne niente.

                     Si! Che fa? Quando? Sò muorte e s’arretireno a chest’ora. No che ci’azzecca TOTO’,

                     dico e questi vengono a che ora? Ma chi? Ho capito. Ho capito. Aspettate che vaco a

                    Lecce! No non vado da nessuna parte; ho detto vi leggio quello che ho scritto!

                    Allora…… pronto, pronto.  Sti caspite e telefonini! Chi sa si agge capite ‘bbuono!

TONINO- Ma che è c’alluccave e chella manera?

ALFONSO- Era la dottoressa Paola.

TONINO- E voleva a ‘mme.

ALFONSO- No voleva a Peppino. ‘Nciaveva fa nà ‘mmasciata e me la fatta a’mme ma nun se   

                     capeva  niente. Steva c’ò telefonino e chi sa si agge capite ‘bbuono! Comunque je

                     l’agge  accise. 

TONINO- A chi?

ALFONSO- Agge scritte!

TONINO- Ho telefonino ca nun pigliava, tu che ‘ncacaglie, figurete che ‘nne asciute!

ALFONSO- Tu ne si n’ate! Chella sicuramente chiagne fine a che nun se ripiglia!

TONINO- Fino a che nun le danno a pupatella e zucchero!

ALFONSO- Sicuramente chiamme fino a che nun piglia a linea!

TONINO- Quann’ è fatto a dichiarazione a zia pe’ tà spusa essa nun  t’ha menato na cosa ‘nfaccia?

ALFONSO- Mo t’ha mench’je nà cosa nfaccia si nun ‘a fernisce, scustumato! Chesta e a

                     cunferenza…….. (inseguendosi esono di scena).

SALVIETTI- Permesso? C’è nessuno? Ma guarda che modi di ricevere! E’ permesso? C’è 

                       nessuno?

TONINO- (entra attraversando di corsa la scena).

SALVIETTI- (porgendo la mano per presentarsi) Salvietti!

TONINO- Nun serve niente! (esce).

SALVIETTI- (restando interdetto e seguendolo con lo sguardo) Ma io non lo so! Che modi! Che

                       modi!

ALFONSO- Prego?

SALVIETTI-  Salvietti!

ALFONSO- (si guarda intorno e poi gli porge un tovagliolo).

SALVIETTI- Ma no! Che cosa ha capito? Salvietti io!

ALFONSO- Ci dispiace! Ma già abbiamo chi ci fornisce!

SALVIETTI- (ancora più irritato) Sono io Salvietti. Salvio Salvietti!

ALFONSO- Ah…scordatemi! Scusatemi avevo capito una cosa per un’altra! – Che razza ‘e nomme

                     che tene chisto!- Che cosa posso servire?

SALVIETTI- Io sono la persona che aspettavate! E questo è proprio un bel modo di ricevere le

                       persone che contano!

ALFONSO- Perdonate ma siamo tutti un poco straziati; stressati. Ma mio nipote è resuscitato.

SALVIETTI- Perché era morto?

ALFONSO- E’ uscito un attimo! Ma torna subito; se vi volete accomodare?

SALVIETTI- No grazie! Approfitto per una piccola commissione in zona; ma avevo qui      

                       appuntamento con la mia signora nonché mia collaboratrice, se dovesse arrivare le

                       dica di aspettare, a tra poco. (esce)

ALFONSO- Madonna che figura, che figura.

ALFREDO- (entrando dalla comune) Chi era chill’ ca’ è asciuto?

ALFONSO- Era ‘o direttore da’ fanfara.

ALFREDO- Adda venì a mangià quacche banda ‘e musica?

ALFONSO- O’ direttore dà finanziaria!

GAETANO- Peppino non ci sta?

ALFREDO- Beato chi si vede! No non ci sta! Tu piuttosto che fine ‘e fatto?

GAETANO- Nun ‘o ssaje? Agge visto a Don Gennaro e me ne so ‘gghiuto!

ALFREDO- Me ne songhe accorto! E se ne accorto pure isso e nun tiene nemmanco idea e chello

                     che s’è ‘mmise a ‘ffa; tanto che per poco nun è succieso ‘a disturbata.

GAETANO- Nun te preoccupà chillo fa solo ammuina!

ALFREDO- E si fa solo ammuina pecchè te ne si fujute nunn ‘appena l’hè visto?

GAETANO- Pecchè jevo ‘e pressa e nun putevo perdere tiempo.

ALFREDO- Ma tu vaje sempe e pressa? Ma che tiene a correre?

GAETANO- Nun ‘o ‘ssaccio si songh’io che corro appriesso e problemi, o songh’e problemi che

                      corrono appriesso a me? A verità, nun capisco niente ‘cchiù.

ALFREDO- Atroce dilemma! Guarda che Peppino ti cercava. E’ arrivata la persona che  

                     aspettavamo oggi e isso ave bisogno e te!

GAETANO- E allora me trattengo nu poco.

LINDA-  (entra accennando un saluto con il capo)

GAETANO- Buogiorno signora! E’ sola? Si vuole accomodare?

LINDA- Yo soy Mastro Linda!

GAETANO- C’a ditte chesta?

ALFREDO- Fann’a’j; chesta sarrà nata straniera che te vò vennere  o detersivo!

GAETANO- Grazie, ma non servire niente, nisba, nada, nich.

LINDA- No, jo soy Linda, Mastro Linda, la mujer de Salvietti!

ALFREDO- Muccher? Salvietti? Ah, forse tu voler soffiare naso?

LINDA- No! Io espanola! No abla mui bien italiano! Yo soy la moglie, Mastro Linda.

ALFREDO- Ah mo si, è a mugliera e Mastro Lindo!

GAETANO- Se; a nepota e “Spic e span”! Ma ch’è capito?

LINDA- Io moglie de Senor Salvietti! Intiende?

ALFREDO-  Mò agge capito, è a’ mugliera e Salvietti, chille da finanziaria! Preco! Se la segnora 

                     mucchera di Salvietta se vuela assettar un pochito? No facessas complimientos!

LINDA- Muchas gracias. Ma donde estas la toeletta, bagno, cabineta.

ALFREDO- Cessos! In fuendo a destras!

LINDA- A la derecha?

ALFREDO- No all’addereta, annanzos.

LINDA- Muchas gracias, con permiso. (esce).

GAETANO- Ma chi t’ha ‘mparato a parla spagnolo?

ALFREDO- Modestamente a parte, io, sono un autoritratto!

GAETANO- Autoritratto? Fammenn’j all’a’ddinte va ca è meglio.

SALVIETTI- Eccomi di ritorno! Mia moglie si è vista?

ALFREDO- Si! Ma è andata un momento alla toilette a darsi una……. rinfrescatas. Olè!

GAETANO- Dott. Salvietti? Buongiorno! Io sono Gaetano uno dei titolari. Molto lieto.

SALVIETTI- Piacere mio!

GAETANO- Possiamo offrirle qualcosa di fresco? Un aperitivo?

SALVIETTI- Un aperitivo va bene, grazie.

ALFREDO- Dott. Salvietti; lei fumate?

SALVIETTI- No, perché.

ALFREDO- Per sapere se vi serviva il portacenere.

GAETANO- Va a priparà n’aperitivo o’ Duttore, fa ‘ambresse! Fra un po’ arriva anche mio nipote.

                       Lui conosce meglio la situazione. E’ meglio che parlate anche con lui. Intanto

                       accomodatevi. Magari poi mangiate un boccone insieme alla vostra signora. Siete

                       nostri ospiti.

SALVIETTI- La ringrazio; ma giusto il tempo di definire quanto basta e scappiamo. Sa abbiamo

                       tanti di quegli appuntamenti.

GAETANO- Come; non ci onorate nemmeno per il tempo di provare la nostra cucina? 

 

SALVIETTI- La ringrazio! Lei è molto gentile ma abbiamo proprio i minuti contati.

GAETANO- Va bene; vuol dire che vuol dire che ci farete omaggio della vostra presenza quando

                      dovremo festeggiare.

ALFREDO- Ecco l’aperitivo!

LINDA- O mi querido, amore mio.

ALFREDO- Ecco la vacchera.

SALVIETTI- Ma insomma….

ALFREDO- Volevo dire vostra moglie in spagnolo.

SALVIETTI- E si dice mujer!

ALFREDO- Mucchera, vacchera, sempe chell’è.

GAETANO- E la signora prende qualcosa?

LINDA- Cafè fuerte, muchas gracias! 

GAETANO- Vado a prepararle il caffè.

ALFREDO- E la signora lavora con voi?

SALVIETTI- Certamente! E’ una nostra valida collaboratrice.

ALFREDO- E’ come fa con la lengua? Quella si e no azzecca due parole in italiano!

SALVIETTI- Ci è utilissima per i rapporti con la Spagna e con il SudAmerica; sa , la nostra societa            

                       ha molti interessi anche all’estero. Lei cosa crede?

ALFREDO- Ah, ho capito.

LINDA- Senor como se llama ella?

ALFREDO- (guardandosi intorno) Chi?

LINDA- Como se llama usted?

ALFREDO- Ma chi?

SALVIETTI- La mia signora le sta chiedendo come si chiama.

ALFREDO-Questo l’ho capito, ma non ho capito chi?

SALVIETTI- Voi , voi come vi chiamate?

ALFREDO- E la signora mi chiame ella! Non sta bene! Tutta questa confidenza!

SALVIETTI- Ella in spagnolo significa lei!

ALFREDO- Va bene ma mi ha chiamato pure ostè, non so che signififica ma sicuramente è nà cosa

                      brutta!

SALVIETTI- No, state tranquillo, significa la stessa cosa.

ALFREDO- Mi chamo ALFREDO, a servirvi.

GAETANO- (servendo il caffè) Quanto zucchero?

SALVIETTI- No niente zucchero avete del dolcificante?

GAETANO- Certamente! Gielo prendo subito. (fa per metterlo nella tazza)

SALVIETTI- No lasci faccio io!

LINDA- Gracias! Mi corazon!

ALFREDO- C’ora so? Non lo so c’ora so. C’ora so?

SALVIETTI- Cuore. Corazon significa cuore.

ANTONIETTA- Sigarette, americane, machinette, rilorgi, tengo belle imitazioni! ‘Ccà sta ‘Ntunetta

                            Vosta!

ALFREDO- ‘Ntunè, chisto nunn’è mumento, viene ‘cchiù tarde.

ANTONIETTA- Pecchè chiste chi è?

ALFREDO- E’ na perzona importante e avima parlà e cose noste; poi ti spiego!

ANTONIETTA- Ah, ah. Agge capito!  Allora me n’aggia ‘i ?

ALFREDO- No può pure sta, ma nun da fastidio!

ANTONIETTA- Mo pozzo piglià nu cafè?

ALFREDO- Mo subbeto to porto.

GAETANO- Faje sulo guaje, faje.

ALFREDO- Chello se piglia nu cafè e se ne va! (esce insieme a Gaetano).

GENNARO- Oh! Cara ‘Ntunetta come si va? Vi ho annotata da fuori e sono trasuto per farvi tante

                      esequie.

ANTONIETTA- (ricambiando il saluto) All’ossa vosta!

GENNARO- (rivolgendosi a Salvietti) Ma noi ci canosciamo?

SALVIETTI-  Pare proprio di no.

GENNARO-  Eppuro, io songo certo di avergliela gia canosciuta! (siedendosi) Permetteto?

SALVIETTI- Oramai! Vi siete già seduto.

ANTONIETTA- E’ o’ ‘rrè da’ crianza!

GENNARO- Fiaschetta Gennaro, a servivi!

SALVIETTI- Molto lieto Salvio Salvietti!

GENNARO- Sieto di Napoli?

SALVIETTI- Si, ma sono sempre in giro, per affari.

GENNARO- O che piacere! Pure io songo napoletano!

SALVIETTI- Se non me lo avesse detto non me ne sarei accorto!

GENNARO- Precisamente di S. Lucia. Questo è il quartiere che mi ha dato i genitali! La signora è

                      vostra moglie?

LINDA- Mucho gusto. Mastro Linda!

GENNARO- (perplesso) E ha ragione, pure mia moglie usa solo quello. Dice che pulezza una

                      meraviglia.

LINDA- No intiende!

GENNARO- No nemmeno io me ne intendo, ma mia moglie sulla pulizia è una esperta.

ANTONIETTA- A pulezza ‘e sacche dà povera gente!

SALVIETTI- Lasciamo perdere! Posso esserle utile in qualcosa?

GENNARO- Eppure io vi canosco? Ecco mi sono arricordato! Ospedale dei Pellegrini, stanza 17,

                      letto 13, io stevo ricoverato affianco al vostro letto.

SALVIETTI-(Facendo un gesto scaramantico) Mai stato in ospedale?

GENNARO- E io per disgrazia si! Quella volta ho stato una notta in conservazione!

SALVIETTI- Sotto spirito?

GENNARO- No no! Io non bevo! Fu una collera innominale! Eh , guardò la morte in faccia!

SALVIETTI- Si ma essa steva distratta, non vi ha visto! Una colica addominale vorrete dire?

GENNARO- Eh una coll…. Proprio così.

SALVIETTI- E state ancora qua!

GENNARO- E meno male! Eh ma non sto tanto bene! Poi mi ho fatto tutti gli accertamenti

                      Tengo uno di tutto! I globuli grossi, il polistirolo, tre gliceridi!

SALVIETTI- Addirittura tre! Certo che voi con la lingua…….

GENNARO- No, la lingua sta bene! E voi che lavoro fate?

SALVIETTI- Mi occupo di consulenza aziendale. Do una mano alle aziende che sono in difficoltà.

GENNARO- Allora siamo colleghi; faciamo li stesso mestiere!

ANTONIETTA- Se song’apparate e doje maruzze!

SALVIETTI- Lei? E dove il suo ufficio?

GENNARO- No niente ufficio. Quanto qualcuno abbisogna, abbasta che mi manta a chiamare e io  

                      arrivo in soccorso. Songo un benefattore.

ANTONIETTA- ‘E che curaggio!

SALVIETTI- Ho capito bene che tipo  di beneficenza fa lei; ma non è la stessa cosa!

GENNARO- E’ li stessa cosa! L’unica differenza è che voi ausate la carta bollata e io no!

SALVIETTI- (guardando l’orologio) Si sta facendo tardi!

GENNARO- (con un sobbalzo) Ma io chillu sfreggio ‘o canosco! Tu si Pascale O’ Signurino           

                      ‘O ‘rrè de truffe! E che ‘nce faje cà? Neh! Me vulisse levà a purpetta adint’o piatto?

SALVIETTI- (imbarazzatissimo) Ma come si permette! Io sono una persona per bene!

GENNARO-Ma famm’o’ piacere; na perzona per bene! Io diceva! Che staje organizzanno, famme

                     capì.

SALVIETTI-Ma perché non andiamo a prendere un caffè da qualche altra parte, così parliamo con

                      più tranquillità; non le pare?

GENNARO- T’aspetto ‘mmiezo S. Lucia fa’mbressa! Ntuné! Viene pure tu!  (esce e cala il sipario).

 FINE PRIMO ATTO

     SECONDO ATTO

(Alfonso dietro la cassa intento a fare conti e Peppino che passeggia nervosamente).

ALFONSO- Ma che d’è? Te veco preoccupato!

PEPPINO- Io preoccupato? Noo…… me sto sulo facenne sotto! Salvietti ca primme và ‘e pressa e 

                   po’ se’nne fuje appriesso a Don Gennaro e dice che ‘vvene ‘cchiù tarde.

ALFONSO- Ma chi ti ha detto ca s’avevano cunoscere pe forza? Sarà stata na coincidenza.

PEPPINO-Speriamo! Pe tramente vaco nu mumento a fa chillu servizio. Alfò… vengo

                  a’natu’ppoco. (escono).

FELICIELLO-  (accompagnato da sua sorella Amelia) E’ permesso? Buongiorno.

ALFONSO- Buongiorno!

FELICIELLO- Posso parlare con il titolare?

ALFONSO- Sono uno a gettoni!

FELICIELLO-Non devo telefonare, voglio parlare con il titolare.

ALFONSO- Sono uno dei gestori; dite pure!

FELICIELLO- Molto piacere, Nicola Feliciello. Sono il nuovo proprietario.

ALFONSO- A voi siete il pallone di carta?

FELICIELLO- (sputacchiando) C’he cosa ha detto questo?

ALFONSO- Ma fatt’o bagno!

ALFONSO-Voi siete il padrone di casa? Io sono Alfonso!

FELICIELLO- Bravo.. bravo… mi fa piacere! Lei è mia sorella!

AMELIA-(avvicinandosi molto ad Alfonso) Molto lieta Amelia Feliciello!

ALFONSO- (accusa uno sbandamento dovuto all’alito pesante di Amelia) Maronna! Una lava e

                     n’ata asciutta! Signora, molto piacere!

AMELIA- Signorina prego. Non sono ancora sposata!

ALFONSO- (che quasi sviene) e mo faje o’ piacere! Prego allontanatevi!

FELICIELLO- Perché sta succedendo qualcosa?

ALFONSO- Accomodatevi! Che è meglio!Forse soffrite di qualcosa?

FELICIELLO- Perché, ci volete fare una visita?

ALFONSO- Vi posso offrire qualcosa? Scusate ma so nù puorco fetente!

FELICIELLO- Fortuna vostra!

ALFONSO- Sono un poco balbuziente!

FELICIELLIO- Appena appena! Prendiamo qualcosa di fresco grazie.

ALFONSO- E la saittella? La sorella anche lei qualcosa di fresco?

AMELIA- Si grazie, ci vuole proprio, ho la gola secca. Con questo caldo.

ALFONSO- Chiamo mio fratello. Alfieto…… Alfredo! Cosi ve lo presento!

ALFREDO- Eccomi mi hai chamato?

ALFONSO- Ti presento il nuovo proprietario, il signor Feliciello.

FELICIELLO- Molto piacere Nicola Feliciello. Lei è mia sorella!

AMELIA- (si alza mentre Alfonso cerca in tutti i modi di tenere lontano Alfredo) Amelia Feliciello.

ALFREDO- Alfò ma ch’e fatto?! Almeno vattenne a parte ‘e fora!

ALFONSO- Nun so’ stat’io, è a signurina ca tene ‘o ciato ‘a lione.

ALFREDO- Mamma mia Alfò; chesta m’hà mise nocc’aut! Figurate quanno se sceta ‘a matina

                     c’adda essere.

ALFONSO- Offri qualche cosa di fresco ai signori.

ALFREDO- ‘Nce vò sulo giarra e varichina corretta alla creolina! Mo vi preparo qualcosa che fa

                      proprio al caso vostro. (uscendo) ‘Nce vo farmacista!

PEPPINO-Buongiorno!

ALFONSO- Ah! E’ arrivato o’ cuppino……E’ arrivato Peppino!

FELICIELLO- Molto piacere, Nicola Feliciello, voi siete un altro germano?

ALFONSO- No, no, qua Germania! Lui pure è di Napoli!

PEPPINO- Germano significa fratello, io sono figlio di un altro fratello che adesso non c’è perché     

                   malato. Signora Feliciello, aspettavo la vostra visita, così avremo modo di conoscerci.

                   (Alfonso cerca in tutti i modi di fargli capire di stare lontano da Amelia)

FELICIELLO- Bravo, bravo, mi fa piacere Lei è mia sorella Amelia!

AMELIA- Molto onorata, signorina Amelia Feliciello.

PEPPINO- (inondato dall’alito di Amelia va verso la cucina) V’ho dico sempe, quando

                   pulezzato ‘ò pesce  arapite ‘e feneste.

AMELIA- Complimenti! Voi siete proprio un bel giovanotto!

PEPPINO-(visibilmente nauseato) Troppo buona signorina. Ma mò pure ‘e bagni ve site mise a 

                  pulezzà. Alfò ma che ‘vvuò.

ALFONSO- Sto cercanno e t’ho fa capì a mez’ora, è a signurina che tene nu poco ‘o ciato pesante.

PEPPINO- Nù poco pesante? Chesta s’ha mangiato a Saddam Hussein cù tutte ‘ scarpe! Vi hanno

                  già offerto qualcosa?

AMELIA- Si, grazie hanno già provveduto, molto gentile.

FELICIELLO- Avete visto che bella ragazza è mia sorella? E’ un vaso di fiori di campo?

PEPPINO- Si ma ‘n’ciò cagna l’acqua ogni tanto a sti fiori?

FELICIELLO- Di ragazze così oggi se ne trovano poche.

PEPPINO- Tutta acqua e salmone!

FELICIELLO- Non conosce nessuno!

ALFONSO- E mo faje o’ piacere!

FELICIELLO- Casa e chiesa. Chiesa e casa. Pensate che passa più tempo in chiesa che in casa.

PEPPINO- Poveri parrocchiani! Pò dice ca nisciuno và ‘cchiù a Messa!

FELICIELLO- Mai stata fidanzata!

PEPPINO- E come mai?

AMELIA- Io sono molto esigente!

PEPPINO- Sii?

ALFREDO- (entra con un vassoio e una maschera antigas sul volto).

FELICIELLO- E questa mascherata, che cosa mi rappresenta?

PEPPINO- Mio zio, sta facendo la disinfestazione giù in cantina.

FELICIELLO- Che razza di animali ci sono?

ALFONSO- Scarrafoni!

FELICIELLO- E quanto sono grossi?

PEPPINO-Gamberoni! Sono grossi quanto i gamberoni!

ALFONSO- Mandiamoci la signorina! Quella con due paroline li distrugge tutti quanti!

PEPPINO- Pè piacere, va a ‘ffà chello che tiene a fa all’add’inte.

FELICIELLO-  Con il vostro permesso vorrei dare un occhiata al locale, siccome conosco solo la

                          piantina mi piacerebbe visitare anche la cantina. So che è molto grande.

ALFONSO- Siete il pallone….. il padrone.

AMELIA- Nicola, se non ti dispiace resto qua, sai che soffro un po di claustrofobia.

FELICIELLO- Come vuoi! Allora; chi mi accompagna?

ALFREDO- (insieme a Peppino e Alfonso) Io!

FELICIELLO- Facciamo la scorta? Basta uno solo. Alfonso accompagnatemi voi, così Peppino

                         tiene compagnia a mia sorella. Mi raccomando!(Esce dalla cucina insieme ad

                         Alfonso e Alfredo il quale gli lascia la maschera che indossava). Mi raccomando!

                         Non me la sciupate!

PEPPINO- Sta ancora in garanzia!

ALFONSO- E mò so fatte de tuoje!

PEPPINO- Non me la sciupate!

AMELIA- (sospirando) E già!

PEPPINO- E già!

AMELIA- Certo che fate una vita di sacrifici, faticosa.

PEPPINO- Non ne parliamo! Si lavora fino alle tre del mattino; il sabato poi non c’è orario.

AMELIA- Però quante soddisfazioni!

PEPPINO- Solo quelle! Solo quelle! (Esce un’attimo a prendere una boccata d’aria) Sapete sono

                   allergico ai fiori di campo

AMELIA- So che è un locale frequentato da molte persone importanti. E poi con tutti gli artisti che

                  vengono qui. (Avvicinandosi) Chissà quante occasioni?

PEPPINO- Eh! Sapesse quante avventure!

AMELIA- Anche a me piacerebbe vivere una bella avventura. Per esempio con un bell’uomo. In

                  fondo in fondo, io sono una grande romantica, una sentimentale. Un incontro a Parigi, o

                  a  Venezia, in una camera di un lussuoso albergo, una luce soffusa con un po’ di musica       

                  in  sottofondo, magari una canzone di Gino Paoli.

PEPPINO- Il cesso in una stanza!

AMELIA- Come?

PEPPINO- Dicevo…..il cielo in una stanza.

AMELIA- A me piace anche “Sapore di sale”.

PEPPINO-(inspirando) Sapore di baccalà!

AMELIA- A no per carità, il baccalà non lo sopporto! Specialmente se condito con l’aglio. Ti fa

                 un alito così cattivo.

PEPPINO- No… chille secondo me, v’accungiasse nù poco ‘a vocca!

AMELIA- L’alito cattivo è una cosa che io proprio non sopporto.

PEPPINO- Figurate si ‘o suppurtava!!

AMELIA- Ma veniamo a noi! Dicevo, con questo lavoro, mai un momento libero, mai un po’         

                  di riposo.

PEPPINO- Mo,  sto piglianno proprio suonno!…… No mai un momento libero.

AMELIA- Che peccato! Una persona simpatica come voi. E non vi siete mai preso un po’ di ferie?

PEPPINO-E’ molto difficile….ma ogni tanto capita.

AMELIA- Un bel viaggetto. A me piace molto viaggiare, specialmente all’estero.

PEPPINO- Vi fanno salire in aereo?

AMELIA- Come?

PEPPINO- No dico…… non avete paura di volare? Chissà quanti posti avete visitato?

AMELIA- Tanti. Ma quello che mi è piaciuto di più è stato Sharm- el –sheik. Ci siete mai stato a  

                  Sharm- el- sheik?

PEPPINO- No! Che’dè nà fogna?

CONTESSA- Buongiorno! Ma cos’è questo cattivo odore? Qualcuno si è sentito male?

PEPPINO- No! E’ una puzza che viene da fuori!

CONTESSA- Non credo proprio. Io vi conosco!

FELICIELLO- (rientrata in scena insieme ad Alfonso)Se permettete, ci vediamo più tardi e

                         parliamo con calma. porto mia sorella a fare una passeggiata sul lungomare e a 

                         prendere un po’ d’aria di mare che le fa bene.

PEPPINO- Fategliela prendere ma non gliela fate dare….mi raccomando!

AMELIA- A più tardi….. simpaticone!

PEPPINO-(sempre più nauseato) ‘Ll ‘hann’ accidere cu n’overdose e naftalina! 

CONTESSA-Finalmente vi trovo. In questo locale si può avere a che fare solo con voi!

PEPPINO- E tenitevello caro caro!

ALFONSO-Prego, accoccolatevi…… accomodatevi!

CONTESSA- Alfonso innanzitutto devo mangiare leggero che non mi sento molto bene, ma

                       soprattutto devo mangiare bene. Cosa alquanto difficile. Cosa c’è per primo?

ALFONSO- Leggero? Vulisseve nu bellu taglio adint’e rine?

CONTESSA- All’anima della leggerezza?

ALFONSO- Nu bellu tagliolino, in brodo?

CONTESSA- No, con questo caldo, e poi chissà come lo fate il brodo!

PEPPINO- Con le galline vecchie.(esce)

ALFONSO- Nà bella colonnetta alla milanese?

CONTESSA- NO un troumont ai ferri

 

ALFONSO- Una cotoleta alla milanese. Allora na bella spina dint’e cianche?

CONTESSA- A ma lo fate apposta?

ALFONSO- Na bella spigola in bianco?

CONTESSA- Madonna mia Alfonso, avete mai pensato di andare da un logopedista?

ALFONSO- Veramente i piedi nun m’hanno mai fatto male!

CONTESSA- Eh figuriamoci! La spigola no, chissà quanti anni ha?

ALFONSO- ‘Nce l’avimma cresciuta!

CONTESSA- Facciamo una cosa, portami un’insalatina e non ne parliamo più.

ANTONIETTA- Don Alfonso, Signora Contessa!

CONTESSA- (infastidita) Buongiorno!

ANTONIETTA- (siedendosi) Alfonso! Tengo un po’ lo stomaco arrevotato, mi vorrebbe mangiare

                            qualcosa di leggero. Portimi una bella spinnola all’acqua pazza, una ‘nzalata

                            mista, e una ‘ntecchia di vino bianco. Dannato mi raccomanto. Signora 

                            Contessa, lei che avete ordinato? (Afonso esce verso la cucina)

CONTESSA- Un’insalatina.

ANTONIETTA- Anche lei con la panza sotto e ‘ncoppa? E non ne parliamo. Ho fatto una nottata

                            chiara chiara. Con decenza parlando, trasevo e ascevo dalla stanza da bagno. Letto

                            gabinetto. Gabinetto letto. Letto gabinetto. Me parevo nù tramme!

CONTESSA- No basta, per favore, altrimenti mi passa anche quel poco di appetito che ho.

ANTONIETTA- Scusate! Aveto ragione. Ma era giusto per attaccare discorso. Parlare con una

                            donna ammobiliata comm’e vuje e sempe accussì difficile. Noi siamo gente che

                            non ci accordate troppa confidenza. Però parlare con una vera signora ci sta

                            sempre da insegnarsi qualche cosa.

CONTESSA- Ho da imparare molto di più io da voi. Io nella vita ho sempre avuto tutto ciò che

                       desideravo con una certa faciltà. Non ho dovuto mai faticare molto per ottenere

                       qualcosa. Voi invece, avete superato mille difficoltà, con grande coraggio  e sempre

                       con il sorriso sulle labbra e nel cuore. Potete insegnare molto di più voi a me. 

ANTONIETTA-Ma……o’ sapite ca mò me state nu poco ‘cchiù simpatica. Primme me pariveve

                           n’anguilla a sera da vigilia!

CONTESSA- Sapete…… mi è stato sempre insegnato di tenere un atteggiamento distaccato verso

                       chi non era del nostro rango, e così me lo sono portato addosso per sempre. Ma la

                       cosa mi ha sempre dato um certo fastidio. Che resti fra di noi, mi raccomando.

ANTONIETTA- Non vi preoccupate, so tenere un segreto.

PEPPINO- Ecco l’insalatina. Madame, da bere cosa le porto?

CONTESSA- Acqua.

PEPPINO- Naturale, gassata, o della fogna.

CONTESSA- Quella te la bevi tu! Maleducato che non sei altro!

PEPPINO- Ma che avete capito io volevo dire acqua della fonte.

CONTESSA- Lo sai cosa bevo acqua frizzante, quella con un po’ acidula.

PEPPINO- Ecco cos’è che vi fa male…… l’acidità. Tres bien, champagne analcolico pour la

                   madame. (esce)

CONTESSA- Uno di questi giorni, dimentico di essere una contessa, e o’ mengo nà cosa ‘nfaccia!

ANTONIETTA- E’ nu buonu guaglione…. E po’ secondo me, sotto sotto vi vuole pure nu poco

                            bene.

CONTESSA- Non so mica tanto!

PEPPINO-  Ecco qua! Acqua frizzante acidula, d’annata. Una delle migliori. (Stappa, versa, annusa  

                    e poi controlla in trasparenza).

SALVIETTI- Il signor Peppino suppongo?

PEPPINO- La supposta è giusta!…… Lei è il Dott. Salvietti?.

SALVIETTI- Si molto piacere! Se vogliamo appartarci in un posto tranquillo in modo da definire

                       quanto è necessario. Ah! le chiedo scusa per poco fa ma un’impegno urgente…..(esce

                       verso la cucina)

PEPPINO- Ma ci mancherebbe. Si accomodi da quella parte prendo la documentazione e la

                  raggiungo subito. (Prende una cartellina dalla cassa ed esce verso la cucina)

ALFREDO- Ecco il pane e il vino alla più bella tabaccaia di S. Lucia! (uscendo fa una smorfia alla

                     Contessa).

ANTONIETTA- Eh! Tena a’ capa fresca! Però che bellu carattere ca teneno tutte quante.

CONTESSA- Vi confesso una cosa: è anche per questo che io vengo sempre qui. Mi tolgono un po’

                       di solitudine e di tristezza che ho, specie da quando ho perso mio marito.

GAETANO- Buongiorno.

CONTESSA- Oh! Ecco l’uccel di bosco.

ANTONIETTA- Chi sà tu che vaje facenno? Mandriano!

GAETANO- Vaco pasculanno ‘e vacche! Tu ‘e fatte tuoje? No è!   Signora Contessa…….

ALFONSO- Oh! Ecco la pimmicia rossa!

GAETANO- Il policio cacaglio!

ALFONSO- Ecco la “primula rossa”………. del ristorante “Da Peppino”

GAETANO- Mo te ce miette pure tu! Peppino addò sta?

ALFONSO- Tu sì peggio e “Fantomas”. Peppino Sta parianno all’addinte. Sta parlanno all’addinte

                     cu chella perzona.

GAETANO- Cu chi?

ALFONSO- Cu coso ‘llà, comme se chiamma?

ANTONIETTA- Salvietti! Sta parlanno cu Salvietti.

GAETANO- Caspita! Pare ca nun saje mai niente!

ANTONIETTA- E tu nun capisce mai niente!

ALFREDO- (portando le insalate per Antonietta) Oè! Cavagliere! Chi non muore si

                     rivede! Che fine ‘è fatto!

GAETANO- ‘Nce stesso quacchedun’ato c’adda dicere quaccosa.

ALFREDO-Tu quanno ‘nce sta bisogno nun ce stai maje. All’add’inte sta Peppino…….

ALFONSO- Ca mappina. Ca salvietta….. cu Salvietti.

GAETANO- Mo vado subito!

SALVIETTI- Allora siamo d’accordo! Appena siete pronti mi contattate poi farò io un altro piccolo

                       sforzo e andrà tutto liscio come l’olio.

ALFREDO- Siete stitico?

GAETANO- (mettendo da parte Alfredo) Buongiorno! Io sono Gaetano.

SALVIETTI- Molto lieto Salvietti!

GAETANO- Allora? Che notizie ci date?

SALVIETTI- Queste sono cose un po’ riservate. Ho spiegato a suo nipote che ottenere un

                       finanziamento, data la situazione non è facile, anzi. Però c’e la persona giusta che 

                       con un piccolo regalo addomesticherebbe la pratica facendola andare a buon fine. Ci 

                       siamo  capiti!

GAETANO- E quanto sarebbe… diciamo così…… grande…  questo piccolo regalo?

SALVIETTI- Il  15%! Anticipati s’intende!

PEPPINO- S’intende!

GAETANO- Circa 50 milioni. Ma nemmeno un’assegno posdatato.

SALVIETTI- Don Gaetano!

PEPPINO- Ho detto al dottore che non appena siamo pronti lo chiamiamo.

SALVIETTI- Fate prima possibile. Sapete che certe cose prima si fanno meglio è. Io scappo!

                      Aspetto vostre notizie al più presto! Arrivederci!

GAETANO- E’ na parola! Addò se pigliano 50 milioni!

ALFONSO- (guardando la Contessa) Ci vorrebbe un’anima buona!

CONTESSA Io sono una peccatrice!

PEPPINO- Non avevo dubbi! Ma poi ammesso che li troviamo, basta una cosa qualunque che va

                   storta, avimmo bruciato 50 milioni. E po’ a me me parono nù poco troppi.

GAETANO- Sì sempe o solito pessimista, mo ‘nce penzo nù poco, mo vengo.

ALFONSO- Ma addo vaje che dice sempe mò vengo e po’ nisciuno te vede ‘cchiù!

GAETANO- Tengo nà mezza idea, ‘nce sentimo a natu poco!(esce)

PEPPINO- Meno male ca è meza!

ALFREDO- Ecco la spigoletta.

CONTESSA- Siamo sicuri che sia fresca!

ALFREDO- Era fresca! Mo è cotta. E poi mica ve la dovete mangiare voi!

ANTONIETTA- Quella la Contessa scherzeggia. Lo sa che voi andato nominati per la freschezza!

ALFREDO- E non vi sbagliate.

CONTESSA- (che nel frattempo ha finito di mangiare) Alfonso ci vediamo tra poco, va do a ritirare

                       gli esami e poi pago il conto. Con permesso.

ALFREDO- Allora? Comme è ‘gghiuta a fernì cù Salvietti?

PEPPINO- E’ fernuta ca ‘nce vonne 50 milioni se no non si muove niente.

ALFREDO- Salute! Embè datencille!

PEPPINO- Uh! Guarda, nun c’iavevo proprio penzato! Alfonso per piacere guarda nel cassetto della

                   cassa, deve esserci il borsellino che ha dimenticato mia moglie con gli spiccioli della

                   spesa, aprilo e passame nù mumento 50 milioni. Alfrè famm’ò piacere!

ALFREDO- Comme stanno e cose, ci può aiutare solo Don Gennaro.

ANTONIETTA- (ha un sussulto improvviso e tossisce violentemente)

PEPPINO- Che sta succedenno?

ANTONIETTA- Alfrè t’anna accidere! Ma ‘ll’è pulezzato buono stu pesce! Me ‘gghiuta a fernì nà

                            spina ‘nganne.

ALFREDO- L’agge fatto  a radiografia!

ANTONIETTA- (continuando a tossire) Mo è meglio ca me ne vaco. Me songo ‘ntussecata, fame

                            sapè quanto pave.

ALFONSO- A te 10.000 lire , nun fa niente!

ANTONIETTA- Tiè ce vedimmo stateve ‘bbuono! E sentite a me primme e fa nà fessaria pensatece

                             buono.

PEPPINO- Certe ca tutt’e tuorte nun è tene.

ALFREDO- Intanto e nà manera o e n’ata s’adda risolvere stu problema, sinò è fernuta overamente.

PEPPINO- Si ma io tanto convinto non sono. Noi dovremmo affidare 50 milioni ad una persona che

                   a stento conosciamo e senza alcuna ricevuta. Nà cosa chiù ‘e n’ata doppo che facimme?

                   ‘Lle mettime ò sale ‘ncoppa a coda!

ALFONSO- ‘Nce vulesse na trentina d’aulive!

ALFREDO- Vire dint’ò buccaccio!

ALFONSO- ‘Nce vulesse n’alternativa.

PEPPINO- Tengo un’idea, ma nun tengo ò curaggio e fa ò prime passo.

ALFREDO- Piglia ò girello!

PEPPINO- Ma tiene sempe nà capa! Mò ce penzo nù poco.

ALFONSO- Pure tu! Chille mentre ò miedeco studia ò malato more! Nce‘ vulesse nà nuttata e

                     rinalo!

PEPPINO- Chee?

ALFONSO- ‘Nce vulesse n’avutata e panaro! Vedite buono chelle che facite. Nun ve site maje

                      accorte ca tutte chille che so venute ‘ccà s’hanno maniate a soreta!

ALFREDO- Overo?

ALFONSO- S’hanno magnate ‘e sorde e s’aiza nà testa ‘e limone!

PEPPINO- Che fa?

ALFONSO- E sta isso pè testimone!

GAETANO- (entrando con aria soddisfatta) Tutto risolto!

PEPPINO- Già!

GAETANO- Ascienno ‘ccà fora agge ‘ncuntrato a Don Gaetano e gli ho parlato. Me ‘ddà isso.

PEPPINO- E quanto t’ha cercato?

GAETANO- Per il primo mese niente, basta ca recupera tutto il credito. Poi se ritardiamo a darci i

                      soldi scatta l’interesse. Solo……

PEPPINO- Solo!?

GAETANO- Solo che a garanzia vò n’assegno do tuoje!

PEPPINO- Come?

GAETANO- Vò n’assegno do tuoje?

PEPPINO- E io o’ ssapevo! Me pareva strano! Nun esiste proprio!

ALFONSO- E allora che facimme?

PEPPINO- No! Ci devo pensare e poi vediamo.

ALFONSO- Tiene nà menta?

GAETANO- Tengo nà liquirizia a vuò?

ALFONSO- Che tieni in mente?

PEPPINO- Nà cosa. (esce verso la cucina).

FELICIELLO- (entra accompagnato dalla sorella) Eh! Non c’è niente da fare! Napoli è sempre

                         bella. Questa breve passeggiata mi ha ringiovanito di dieci anni.

ALFONSO- Caro Funicella, vi presento l’altro mio fratello Gaetano. Il signore è il nuovo

                     proprietario e la signorina è sua sorella.

GAETANO- Molto piacere (mentre Alfonso cerca in tutti i modi di tenerlo a distanza da Amelia).

                      Signorina…..

AMELIA- Lietissima! Amelia Feliciello.

GAETANO- (resta impietrito senza dire una parola)

ALFONSO- Su su fai un bel respiro!

GAETANO- A chi! Ancora n’ato! Uno basta e soverchia.

ALFONSO- Io te l’avevo avvisato, a figliola tene nu poco o’ ciato sereticcio!

GAETANO- Nù poco sereticcio! Putrefatto! N’ata ciatata ‘e chesta e io nun me ripiglio ‘cchiù.

                      Ma che’dè l’antrace.

FELICIELLO- Dunque! Volevo parlare un poco con voi di alcune cose ma niente di particolare.

                         Giusto per conoscerci un poco meglio, ma gia vedo che siete delle persone per

                         bene.

ALFONSO- Grazie! Troppo buona. Ma perché non vi fregate un manzo.

FELICIELLO- E che ne dobbiamo fare?

ALFONSO- Ma perché non vi fermate a pranzo?

FELICIELLO- Con molto piacere,  che ne dici Amelia?

AMELIA- Se non è di troppo disturbo? (rivolgendosi a Gaetano che si è distratto un attimo)

GAETANO- Noo! Ci mancherebbe. Basta che non parlate.

AMELIA- E perché.

GAETANO- Perché facciamo tutto noi. Non dovete aprire bocca! Non vi permettete.

FELICIELLO-  Si, però preferiremmo aspettare un pochino. Per noi è ancora troppo presto.

GENNARO- Buongiorno! I miei sospetti a tutti. Gaetano, con voi gia ci siamo incontrati anzi poco

                       non è vero? A proposito…. Aveto parlato con vostro nipoto.

ALFONSO- (seduto dietro la cassa) A’ fatto ‘a rima!

GAETANO- Ha detto che ci doveva pensare un poco.

GENNARO- Eh ma adda essere nà cosa breve e circoncisa! La disponibilità; ora c’è, ora non c’è             

                      più. Comme dice il gruppiero al casino? Laggiù fete, nun ce iate cchiù.

GAETANO- Mò vado a vedè si ‘a pigliato nà decisione. (esce)

FELICIELLO- Il signore è un ‘amico?

GENNARO- Più che un amico sono un fratello. E’ vero? Permettete, Gennaro Fiaschetta.

FELICIELLO- Molto piacere Feliciello! E lei è mia sorella Amelia.

GENNARO- Signora i miei omaggi.

AMELIA- Signorina prego!

GENNARO- Don Alfò che state cucennanno e vruocchele ‘e natale?

ALFONSO- E chisti tiempe!

GENNARO-  Me pareva!

AMELIA- Il signore è sposato?

GENNARO- Allora ‘nce sta nà perdita e gas a qualche parte!

ALFONSO- Nossignore!

AMELIA- Scusate ma non mi avete ancora risposto!

GENNARO- Anema e tutte ‘e surece muorte e vicchiaia! Chesta è ‘o pericolo pubblico numero

                      uno! Se l’ha mangiat’ essa ‘e vruoccole ‘e Natale!

ALFONSO- E’ ma se l’ha mangiate à Pasca!

GENNARO- Si! Sono sposato.

AMELIA- Io ancora no! Non ho ancora trovato l’anima gemella!

GENNARO- Una cosa per volta. Trovate il gemello, poi un paio di paroline, e quello subito

                      addiventa anima.

AMELIA- Si ma c’e tempo. Sono ancora cosi giovane.

GENNARO- Le puzza ancora a vocca e latte!

ALFONSO- Magari fosse sulo ‘o latte!

PEPPINO- (rientra accompagnato da GAETANO) Caro Don Gennaro!

GENNARO- Allora, il ministro ha belligerato?

PEPPINO- Chee?

GENNARO- Comme se dice? Aveto preso una decisiona?

PEPPINO- Forse volevate dire deliberato?

GENNARO- Peppì,  mi ammariviglio di vojo. Deliberato è uno fresco asciuto di galera.

PEPPINO- Mamma mia! Chist’è ignorante comm’a nà capra! Si Don Gennà abbiamo belligerato.

FELICIELLO- Se permette noi andiamo a fare altri quattro passi ci vediamo dopo.

GAETANO – Così dopo vi prepariamo un bel pranzetto.

GENNARO- Aveto priparato il titolo!

ALFONSO- Ho poeta fa fatto n’ata rima! (esce)

GAETANO- E allora che facimme? Pazziamme? Però mio nipote vorrebbe un paio di mesi di

                      tempo. Nell’eventualità ci fosse qualche ritardo nell’erogazione del credito.

GENNARO- Sta beno! Però teneto presento; oltro il sicondo meso io passo il titolo!

ALFREDO- Don Gennà A vuje ve piacen’e cerchiette!

GAETANO- Allora possiamo telefonare? Tenimme a parola vosta?

GENNARO- Je parlo una vota!

GAETANO- Permettete! Peppì ‘o nummero e Salvietti?

PEPPINO- Sta il suo biglietto da visita nella cassa.

GENNARO- Jamme ca chesta è a vota bona che vè levate ‘a mieze e guaje!

PEPPINO- Speriamo! Pecchè nun cià faccio ‘ cchiù! A verità don Gennà, troppo stress troppi 

                   problemi.  Vulesse truvà nù poco e pace.

GENNARO- Vedeto ca tutto se sistemo.

GAETANO- Tutto a posto! ‘A ditte cà si trova in zona e appena se libera vene!(esce)

GENNARO- Avite visto! Se libbera chi stà fora, chi sta dinte se delibbera! Vabbuò vaco a piglià

                     chella ‘mmasciata e torno!(esce)

TONINO- Buongiorno a tutti!

ALFREDO- Tu mò te presiente!

TONINO- Aveva fa certi servizie.

ALFREDO- E certi servizie, se fanno fuori dall’orari di lavoro.

TONINO- Vabbuò ma je songo dà famiglia.

PEPPINO- Commè ca quanno se tratta e fa e commode vuoste site sempe dà famiglia e quanno uno         

                   ve cerca nù piacere site estranei?

TONINO- Fammenn’je a cagnà và ca è meglio!

ALFREDO- E’ meglio che? Tu vuo vedè che te ne vaje! Anzi fa nà cosa truovete n’ata fatica

                     accussì te lieve a nanz’e piere pure tu.

TONINO- Nun te preoccupà ca me ne vaco primma ‘e mò. Faccio il salto di qualità.

ALFREDO- E stanno accorte ca mentre faje ‘o salto ‘e qualità, te può spezza pure nà coscia!

TONINO- Ma cu chi vaje tu, co’ nemico? E’ meglio che me ne vaco.

ALFREDO- Uè! Primma che te ne vaje damme nà sicarretta.

TONINO- Uh mannaggia a te e sigarette!(esce verso la cucina).

PEPPINO- Alfrè però nun ‘ncasà troppo a mano.

ALFREDO- Chille, faje accussì e se pigliano ‘o dito cù tutt’a mano! Tu staje n’ata vota ‘ccà!

ANTONIETTA-  Che’dè, te donghe fastidio.

PEPPINO- Che piacere!

ANTONIETTA- Né! Ma tu ce ‘ll’aje cù me?

PEPPINO- Non ce l’ho con te! Ma chisto è nù ristorante e nuje avimma fa l’oper’e pupe e nun

                  putimme tenè gente pe ‘nnanze ‘e piere che ci dà fastidio.

ANTONIETTA- Je dongo fastidio e a cuntessa no! Io lo dico sempre: è una quistiona di classa, di

                            granchio sociale! A cuntessa sì pecchè  e nobila e io no pecchè songo una pleb…

                            prel…. pelb...... ble insomma nà morta ‘e famma!

PEPPINO- No guarda, che la Contessa rompe ‘e scatole pur’essa, anzi forze ‘cchiù e te!

ANTONIETTA- E po’ je ve porto ‘e sigarette.

PEPPINO- Si ma io non fumo!

GENNARO- Eccoci qua! Tutto è pronto!

PEPPINO- A voi già state qua!

GENNARO- Quando si tratta di aiutare gli amici…… Uè ma nun è c’avite cagnate idea?

                      Oramai il dado è cotto! Comme dicette Cesare attraversando il Rubicondo!

PEPPINO- Fa pure ‘e citazioni storiche!

GENNARO- Veniamo piuttosto all’uovo sodo, l’assegno addo stà?

PEPPINO- ‘E solde addò stanno?

GENNARO- Stanno qua non vi preoccupate. Però voglio essere sicuro che arrivano a destinazione.

ANTONIETTA- Mò se so ‘nguajate overo!

GAETANO- L’assegno lo tengo io, eccolo qua.

GENNARO- Ci posso dare un’occhiata?

GAETANO- (Gli porge l’assegno).

GENNARO- Io non affiuro beno. Sapeto songo un po’ presbiteriano, a’ vista è carogna.

PEPPINO- L’ignoranza ancora peggio!

GENNARO- Antonietta, famm’o piacere controlla st’assegno!

GAETANO- Grazie per la fiducia!

ANTONIETTA- E’ tutto a posto! Ma tutte sti solde………

GENNARO- (strappando l’assegno dalle mani di Antonietta) allora dobbiamo solo aspettare il

                      frenetico momento! Ma questo signore quande arrive?

PEPPINO- Ha detto che sarebbe arrivato prima possibile.

GENNARO- Allora accomodiamoci e aspettiamo il lieto evento.

ANTONIETTA- Sarrà maschio o  femmena?

GENNARO- Per ingannare l’attesa perché non ci assorbiamo nà bella tazzulella ‘e cafè?

GAETANO- Mò subbito vo vaco a ‘ffà.

GENNARO- Poi quando tutto si sarà sistimato dobbiamo farci una bella festeggiata tutti assieme!

ANTONIETTA- Ma che faccia ‘e corne!

PEPPINO- Come no!

GENNARO- Se permettete offre il sottoscritto! Senza offesa s’intende!

ANTONIETTA- E’ mò ‘o vedite stu juorno! Vuje v’avisseva offendere?

GENNARO- Vi porto io a un  posto dove overamenta si mangia bene.

PEPPINO- Grazie del pensiero!

GENNARO- Eh ma come si mangio qua non si mangio dà nisciuna parte. Dicevo per cambiare. O   

                       no Antoniè? Sei invitata anche tu.

ANTONIETTA- Grazie ma lo sapete io non vado da nessuna parte.

SALVIETTI- Eccomi qua! Mi ha chiamato vostro fratello. Mi ha detto che c’erano delle novità.

PEPPINO- Si, pare che abbiamo quella disponibilità che ci avevate richiesto.

SALVIETTI- Di già? Come avete fatto così in fretta?

PEPPINO- Un’amico.

ANTONIETTA- All’anima e ‘ll’amico!

PEPPINO- A proposito conoscete il Sig. Gennaro?

SALVIETTI- Ah si! Ci siamo conosciuti quando sono stato qui in mattinata.

GAETANO- Oh! Dott. Salvietti! Un caffè anche voi?

SALVIETTI- No grazie! L’ho preso proprio poco fa.

GENNARO- Appena è tutto a posto ve passa e solde, però ce ‘ll’avita dà  ‘nnanze a me.

GAETANO- Non dubitate, non dubitate.

PEPPINO- Ecco! Qui ci sono tutti i documenti che occorrono, compreso le planimetrie e tutte le

                   fotocopie autenticate delle autorizzazioni. Spero che bastino.

SALVIETTI- Credo che manchi ancora qualcosa.

PEPPINO- Trà un attimo avrete anche quello. Ma siamo sicuri del bun fine dell’operazione?

SALVIETTI- Dormite sonni tranquilli! Tra un mese al massimo ci vedremo per festeggiare 

                       l’evento!

ANTONIETTA- Pure jsso! Sà quanti feste vulite fa!

SALVIETTI- Bene sembra allora che sia quasi tutto a posto! Se vogliamo concludere!

GAETANO- E ma quanta fretta! Rilassatevi un pochino, nessuno ci corre dietro.

SALVIETTI- Sapete, prima consegna la documentazione e meglio è!

GAETANO- Abbiamo aspettato tanto tempo che volete che sia un giorno in più o in meno!

SALVIETTI- Ma ha ancora tante altre cose da sbrigare.

FELICIELLO- (entra accompagnato da Amelia) O! Eccoci qua! Adesso si che tengo un discreto

                        appetito. Don Gaetano quando volete noi siamo pronti per gustare la vostra famosa

                        cucina.

GAETANO- Datemi un attimo e sono subito da voi.

AMELIA- (che subito ha adocchiato Salvietti) Che buon profumo!

 

SALVIETTI- (sconvolto dall’alito di Amelia) E lei me lo chiama profumo!

AMELIA- Ha proprio ragione! Questo è più di un profumo e si vede che lei è un uomo di classe.

                  Questa è l’essenza del vero maschio.

GENNARO- Ma quale assenza e assenza! Chella ‘a puzza è presente! E comme è presente!

AMELIA- Oh scusatemi non mi sono ancora presentata!

SALVIETTI- No no! L’avete già fatto, eccome!

AMELIA- Lietissima! Amelia Feliciello.

SALVIETTI- Altrettanto! Salvio Salvietti.

AMELIA- Salvio ha detto?

ANTONIETTA- E ‘ccà ‘nce vò chi ‘o salva overamente a chillu puveriello.

GENNARO- Levatancelle ‘a sotto ca o’sinò ‘o perdimme overamente!

SALVIETTI- Si! Si salvi chi può. Questa è un compattatore della nettezza urbana!

PEPPINO- Fosse ‘o Dio. Io nun capisco ‘o frate comme ‘a supporta.

GAETANO- Se sarrà assuefatto!

GENNARO- No chella nun porta assuefazione!

SALVIETTI- Mamma mia! Chiamate la protezione civile! Peppino ma lei ha sentito?

PEPPINO- Ho già dato ho già dato!

SALVIETTI- Più che dato avete ricevuto!

GAETANO- Signorina gradite un’aperitivo? Che so nù poco d’acqua forte? Idraulico liquido.

ANTONIETTA- O che! Cà ‘nce vò sulo na cucchiara ‘e giumento a pronta presa!

SALVIETTI-Scusate ma avrei un po’ di premura. A momenti passa anche mia moglie a prendermi.

                      Abbiamo tante di quelle commissioni da sbrigare.

GENNARO- E si vede che siete un uomo d’affari molto impregnato. Mi raccomando con questi

                      signori! Io ci sono molto affezionato!

SALVIETTI- State tranquillo……

LINDA- Buenas dias a todo ls senores! Mi chico yo sueno pronta toda por tico. A tu entera

               desposicion!

ANTONIETTA- Steveme scarze! ‘Nce mancava sulo a spagnoletta ‘e cuttone! Chesta stà ‘cchiù

                            fora dè panne spase!

SALVIETTI- Solo un momento e poi andiamo!

LINDA- Habemos muy priesa, muy premura!

GAETANO- Qualcosa da bere?

SALVIETTI- No grazie ma abbiamo veramente fretta!

PEPPINO- Le presento il signor Feliciello e sua sorella Amelia.

FELICIELLO- Molto lieto Feliciello!

LINDA- Encantada!

ANTONIETTA-Mò che sente ‘a sora se’ncanta overo!

AMELIA- Amelia Feliciello! Felicissima!

LINDA- Sangre putrefacto de todos los toros matados a le cinco de la tarda. Yo me siento mal!

               Cuanto tiempo è che esta mujer non va alla cabineta? Se tiene todo dentro! Che tu comer?

               Cosa mangia? Lumache estacionade? Che schifo, che rebrezzo! El vento che mata!

               Yo te espera all’abierto se no me muero. Hasta la puzza, la pizza, la vista. E ‘nzerra sta

               tavuletta! (esce)

CONTESSA- Che cosa le è successo? Le avrete sicuramente dato da mangiare qualcosa che le ha

                       fatto male!

GAETANO- Mò stamme proprio al completo! Signor Feliciello accomodatevi nella sala interna che

                      state più comodi  e molto più arieggiati che è meglio! (esce insieme ai Feliciello verso   

                      la sala interna).

SALVIETTI- Non posso trattenermi oltre! O concludiamo oppure ci vediamo un’altra volta con più

                       calma.

PEPPINO- (guardando Don Gennaro) Se mi aspetta nella direzione le porto ciò che ci ha chiesto.

SALVIETTI- Si ma facciamo in fretta!(esce verso la cucina).

PEPPINO- Allora Don Gennaro! L’assegno ve l’abbiamo dato!

GENNARO- Aveto proprio ragione! (Sta per tirare fuori un pacchetto avvolto in carta di giornale)

PAOLA- (affannosamente) Peppino ti devo parlare immediatamente!

PEPPINO- Un attimo solo, il tempo di sistemare una cosetta e sono da te!

PAOLA- Assolutamente! E’ una cosa urgentissima!

PEPPINO- Non puoi aspettare nemmeno un secondo?

PAOLA- NO!

PEPPINO- Dimmi.

PAOLA- Il funzionario è già venuto?

PEPPINO- Si! Mi sta aspettando in direzione. Ma perché?

PAOLA- Perché è un imbroglione! Non esiste nessuna azienda di consulenza aziendale che

                risponde a quel nome. Ho cercato di avvisarvi in tutti i modi ma non ci sono riuscita.

PEPPINO- Sei arrivata appena in tempo. Hai capito che quel delinquente ci aveva chiesto la

                   bellezza del 15 % per far accettare la richiesta.

PAOLA- All’animaccia sua!

GENNARO- Né ma che sta succedenno?

PEPPINO- Mò vi spiego tutto.

SALVIETTI- Allora io sto ancora aspettando!

PEPPINO- E aspetterete ancora! Non se ne fa più niente. Abbiamo cambiato idea!

SALVIETTI- Come? Non capisco. Come vi permettete di far perdere tempo a un professionista

                       come me?

PEPPINO- Professionista dell’imbroglio! Mò pe’ piacere jatevenne! E ringraziate che ve lo sto

                  chiedendo per piacere.

GENNARO- Ma che dè sta storia?

PEPPINO- E’ ca stu galantommo è nù ‘mbruglione. Isso e chella specie e femmena che se porta

                   appriesso!

GENNARO- E vuje che ne sapite?

PEPPINO- Don Gennà! Nuje simme ‘bbuone ma nun simme fessi! E comunque è stato pè poco

GENNARO- Manu malo. Ma tu guarde nù poco! Mò stu signore vene cù me e va levo io quacche

                      soddisfazione nun ve preoccupate.

PEPPINO- Don Gennà scusate primme che ve ne jate, ci restituite l’assegno? Oramai nun serve

                  ‘cchiù.

GENNARO- Vi sieto dimenticato che avanzo soldi ‘a vuje? Vuol dire che me lo tengo a garanzia.

PEPPINO- Vuje site ancora ‘cchiù galantommo e chist’ate.

GENNARO- Peppì nun abbusate dà pacienza e dell’amicizia!

PEPPINO- E vuje fusseve l’amico?

ANTONIETTA- Si! Site proprio nù ‘nfamone! Peppino nun ‘o dà aurienza. Steve d’accordo cu

                            chill’atu fetente. M’ha ricattato e m’ha costretto a tene ‘o juoco. Anzi, chillu

                            puzzolente se pigliava ‘o 10 % ma pè spartere ‘cchiù assaje hanne ditto ‘o 15.

                            Agge tenute agge tenute, ma nun ‘nce ‘ll’agge fatte ‘cchiù! E mò v’aggia dicere nà

                            cosa che tengo cà a paricchiu tiempo: N’agge scaurate fetiente, ma vuje ascite cù e

                            piere a fora a’ tiana! Po’ facite chelle che vulite vuje, appicciate, fumate, nun me

                            ne ‘mporta proprio! Anzi è capace che facite una lampa vuje e sigarette e ve levate

                            a nanza e piere nà vota e pè sempe! Ah! Pà faccia vosta!(esce)

GENNARO- Je ‘e nà manera o ‘e nata aveva recuperà ‘e solde mieje!

GAETANO- E comm’e ‘o solito vuoste avite scegliuto a manera ‘cchiù sporca.

GENNARO- Cù chella po’ facimme ‘e cunte. Riguardo a vuje nun pozzo aspettà ‘cchiù. Massimo

                      duje  juorne e metto all’incasso l’assegno.

PEPPINO- Massimo due giorni avete detto? Facite nà cosa, mettitelo subito all’incasso!

GENNARO- Ah tu faje ‘o spavaldo! Nun te miette paura? Io lo passo veramento.

PEPPINO- Eh, passatelo!

GENNARO- Se poi ti protesti come fai?

PEPPINO- E pazienza! Me levo nù penziero e non posso staccare più assegni a perzone comm’e

                   vuje.

GENNARO- E sta bene! Io lo passo!

GAETANO- ‘Nce state ancora penzanno? Vuje site n’omme ‘e conseguenza, deciso!

GENNARO-Ma io lo faccio per voio! Guardate che una volta fatto nun se po ‘cchiù turnà areta!

                     Io lo passo!

ALFONSO- E passatelo e nun ce scucciato ‘cchiù. Vuje site n’omme e quatte solde!

GENNARO- Embè Don Alfò, io vi capisco pecchè vuje ogni tanto dicite nà cosa pè n’ata!

ALFONSO- No no! Io vuleva dicere proprio chello! Anzi! Tengo n’ata cosa a ve dicere. La vostra

                     Presenza mi ha sempre procurato un diffuso malessere per tutta loa persona.

                     Precisamente come un senso di fastidio. Un’allergia pruriginosa pidocchiale che

                     accumencia da vascie ‘e piedi e salendo mano mano, si trasforma in una profonda

                     idiosincrasia per l’aria circostante, la quale, resasi irrespirabile grazie alla fetenzia

                     morale che vi trascinate, mi provoca un totale sballotamento intestinale che il mio

                     cervello, nonché il mio stomaco, panza compresa, faticano a trattenersi e non

                     immaginate nemmeno lo sforzo che faccio a nun ve dicere quanto site nù puzzulente.

                     E mo è meglio che me ne vaco, pecchè sinò m’attacco cà lengua e ve cumbino propeto

                     una schifezza. Ah! Aggie sfrattato! Aggie sfucato!

GENNARO- ‘E capito a Don Alfonso! Mò me so scucciate overamente. Domani

                      succede il finimondo.

CONTESSA- Facciamolo succedere adesso il finimondo. O ve ne andate o vi denuncio io stessa

                       così evitiamo di compromettere questi signori e quando dico signori lo sono

                       veramente.

GENNARO- Credete di farmi paura? E’ arrivata la padellina degli indifesi!

CONTESSA- Paura a voi. Gli stupidi non hanno paura. Non sanno nemmeno cosa sia la paura.

                       Siete solo cattivo e i cattivi sono stupidi! Domani sarete liquidato per quanto vi spetta

                       e non un centesimo di più e poi qui dentro non ci metterete più piede, soprattutto

                       perché non lo meritate.

GENNARO- Così siete disposta a cacciare voi i  soldi che avanzo.

CONTESSA- Non solo! Lo stesso discorso vale anche per la signora Antonietta.

GENNARO- E’ arrivata Santa Teresa di Gallura!

CONTESSA- Inoltre i soldi che vi occorrono ve li do io, fino all’ultima lira.

GENNARO- Pure! E non avete paura di perdere di perdere i vostri soldi.

CONTESSA- Sono più che sicura della buona fede di questi signori. Chi sacrifica i due terzi

                      della propria vita al lavoro non può che essere una persona per bene. E poi se davvero

                      si vuole dare una mano a qualcuno al quale si è legati, la paura di perdere i propri           

                      soldi non dovrebbe essere un ostacolo. Che favore sarebbe se si avesse la sicurezza di

                      recuperare quanto si è dato. In ogni caso questa gente mi ha già ripagato abbastanza

                      dimostrandomi il proprio affetto e rispetto da sempre. E credetemi quando ci si 

                      sentesoli, un sorriso, una parola allegra e persino una presa in giro non hanno prezzo. 

                      E queste sono cose che solo loro sanno dare nonostante i problemi che hanno. Ora 

                      usateci la cortesia di andarvene, domani avrete il saldo di quanto vi è dovuto. Grazie.

GENNARO- Stà bene. Io domani sto qua. E se non ho i soldi questa pizzeria addiventano gli scavi

                      di Pompei! Parola di Gennaro Fiaschetta! (Gli arriva una sonora pernacchia mentre

                      esce).

PEPPINO- Oltre a restituirvi i soldi come segno di ringraziamento sarete nostra ospite vita natural

                  durante a pranzo e a cena.

CONTESSA- Tu sei pazzo! Qua si mangia malissimo! Già hai trovato il sistema per non restiuire

                       più i soldi.

PEPPINO- Ci ho provato!

CONTESSA- Ma dimmi una cosa tu davvero gli avresti fatto incassare l’assegno?

GAETANO- Quell’assegno è carta straccia! Sono quelli che si usano per gli scherzi di carnevale!

                      Abbiamo approfittato che Don Gennaro è analfabeta e Antonietta ci ha retto il gioco

                      anche se non ci eravamo messi d’accordo prima.

CONTESSA- E di chi è stata l’idea?

PEPPINO- Indovinate? (Cala il sipario)

                                                                       FINE