2+2 non fa più 4

Stampa questo copione

2 + 2 NON FA PIÙ 4

2 + 2 NON FA PIU’ 4

Commedia in due tempi

di LINA WERTMULLER

PERSONAGGI

LA MADRE

BIBÒ

GIANNI

LISA

IL PADRE

IL DOTTORE

Commedia formattata da

Primo tempo

Gianni                           - Uno scarafaggio... o una serpe. Comunque è schi­foso e morde. Ma non al fegato come si crede. Ma qui al cuore. Un morso. E poi un grande calore - Languido profon­do dentro. Come l'amore... o la menopausa. (Nel buio della scena una piccola immagine luminosa, è un bambino che ri­de, allegro di colori. Musica infantile che prenderà corpo a sottolineare il discorso delle immagini. Piedi sul tavolo. Siga­retta, sdraiato nel suo ufficio, Gianni giovane executive sim­patico è attento al pensiero di quella immagine. La stessa immagine, più grande, poi ancora più grande, poi ancora più grande, finisce col coprire tutta la scena, ora un'altra im­magine dello stesso bambino che ride. Poi un altro bambino. Molte immagini dei due bambini e del loro mondo infantile. Sono Gianni e Bibò che si rincorrono. Momenti della loro in­fanzia. Bicicletta - Spiaggia - Tennis - Pattini - Poi stralci di scene di famiglia)

Gianni                           - Una volta c'erano due fratelli... E uno di loro ride­va... Tu ridi, eh? Ridi?... Che buffo... Simpatico, Bibò! Perfino il tuo nome ti faceva ridere. E non l'hai accettato mai... Bar­tolomeo... No, io, Bibò Bibò Bibò... Quante risate... E quante ne hai fatte fare pure a me. Nei momenti in cui bisognava stare seri, tu facevi una smorfia... E giù a ridere... E ancora riesci a ridere, di tutto... Ma come fai? Perché ridi tanto tu?... Beato te... Un'eterna camera di giuochi... Ridi, finché puoi... Qui da ridere c'è poco, dietro alla "volpe del deserto"... Lo chiamavamo cosi papà... La volpe del deserto... È una volpe isterica ormai e spelacchiata. Nevrosi all'ultimo stadio e arte­riosclerosi galoppante... Por'a noi! (Si sente sbattere delle porte, con la sbattuta delle porte si spengono le immagini) Be'? che è? (Preme il citofono) Pina che diavolo succede? (Voce della segretaria distorta dal citofono) Pina è il commendatore... Fuori di sé...

Gianni                           - Conosce il motto dei Medici, Pina?

Pina                               - Medici? Quelli di Firenze?

Gianni                           - Mmmm, mmmm, palle, palle, palle, palle! (Entra il padre, nervosissimo, furente, preoccupato, si precipita sul citofono)

Padre                             - Pina?...? Ah, mi passi Rossetti... (A Gianni) Un disastro... Sono disperato!

Gianni                           - Prima fai i casini, poi ti disperi...

Padre                             - (Al citofono) Aaah! Rossetti?... Dov'è la riunione?... Ma il comitato aziendale ha parlato di sciopero?... Mi tenga al corrente, sono nell'ufficio di Gianni! (Chiude il microfono Gianni lo guarda strafottente. Si accende una sigaretta e gli butta il fumo in faccia) Va bene, va bene, va bene... Avevi ragione tu! Stanno facendo l'inferno... Chiedono la revisione del contratto sui tempi di lavorazione!

Gianni                           - Perché non gli consigli di mangiarsi delle brioches...

Padre                             - Che vuol dire?...

Gianni                           - Vuol dire che te l'ho detto... Sbagli a sottovalu­tare il fattore psicologico delle maestranze...

Padre                             - Io non sottovaluto un accidente! Con tutti i mi­lioni che abbiamo speso per la piscina, il circolo ricreativo, il nido d'infanzia, sottovaluto il fattore psicologico, secondo te? No, caro ... Proprio non si può dire che io sia un negriero coi miei operai! È che gli riempiono la testa di chiacchiere! Ma ci andassero un po' in Russia... Se la scordano la 600... Anzi guarda glielo voglio regalare per Natale! Vacanze gra­tuite nell'Unione Sovietica! Cretini!

Gianni                           - Ti sbagli. Non sono cretini. Hanno solo paura delle fregature! Perché ne hanno prese tante...

Padre                             - Ma adesso vogliono darmela a me! No, ti rendi conto che se mi scaricano addosso uno sciopero siamo rovi­nati... Con tutte le consegne da fare per il Congo...

Gianni                           - Certo quello è stato un bel colpo...

Padre                             - Eh... Mezzo miliardo di fatturato...

Gianni                           - No, il colpo dicevo vendergli dei frigidaire...

Padre                             - Come?

Gianni                           - Come come? In quella zona non hanno l'elettri­cità... che ci faranno poi?... se li attaccheranno al collo come le sveglie...

Padre                             - Ma che mi frega dove se li attaccano. L'importante è che noi ci siamo impegnati... Dobbiamo fare le spedizioni entro il mese prossimo ... Tu capisci... Se scioperano è un di­sastro. Gianni...

Gianni                           - E adesso dovrei parlarci io? No caro sbrigatela da te...

Padre                             - A te danno retta... Dai, falli ragionare... Se tu gli spieghi...

Gianni                           - Hai letto?

Padre                             - Che?

Gianni                           - La mia relazione? Il progetto della nuova strut­tura aziendale. L'hai letto?... Ce l'hai da un mese...

Padre                             - Ma ti pare il momento?...

 

Gianni                           - Non l'hai letto...

Padre                             - Gli ho dato un'occhiata... Va bene parleremo, ma adesso chiamali...

Gianni                           - Ne parliamo subito... (Prende il telefono) Pina, mi passi Donnini. Si, la commissione interna... (Guarda il padre) Sei verde... Con delle sfumature sul violaceo ... Eh, che men­talità!...Donnini? Come va? Gianni... Eh, lo so... Che vuoi fare... Racconta come è andata... (Mentre Gianni parla con Donnini il padre viene avanti proteso più che può verso il pubblico e scoppia nevrotico nell'affannosa confusione dei suoi pensieri. Fuori le righe, velocissimo aggressivo)

Padre                             - Dormo pochissimo, io dormo pochissimo. Riesco a dormire solo poche ore per notte. Dormo proprio pochis­simo. Lo so, me la prendo troppo... certo che è ridicolo inna­morarsi di un frigidaire, ma... ma io ci penso sempre. E la notte me lo sogno. Un frigidaire bellissimo. Stupendo. Un miracolo di proporzioni, di spaziature, forme e volumi. Com­pleto, accessoriatissimo. Corredato di innovazioni, cassetti segreti, tavoli incorporati, sportelli elettronici... E il sogno con­tinua. Appena arrivo lui si apre con tutte le sue luci. Come un invito e io penetro dentro di lui. In quel bianco, in quel chia­rore glaciale... Che brivido. Lo so, è pazzesco... Ma quanto mi piacerebbe finire così. In un grande, raffinato modernissi­mo frigidaire. Chiuso nel frizer. Ibernato. Eterno. Una mat­tina. Giovedì, o venerdì. Bloccato a 180 gradi sotto. Lontano dai vermi, dalle schifezze, dalla fine. Proiettato nel futuro come un astronauta. È una idea affascinante, oh che colpo pubblicitario. Il più grande colpo pubblicitario nella storia dei frigoriferi e forse dell'industria in genere... Fregherei tutta la concorrenza. Prime pagine. Televisioni. "Il re degli elettro­domestici si fa proiettare nel futuro dalle sue macchine."            - (Risata della madre. Appare enorme il volto di lei. Si sta mettendo una ciglia finta. Uno sguardo sfottente. La sua voce divertita)

Voce madre                  - Lo avevo sempre aspettato, ma adesso me ne sono convinta. Ne ho la certezza assoluta, Pio! Tu sei un coglione!...

Padre                             - (fulminato dalla voce di lei) Perché mi dici cosi, Maria? Amore mio. Moglie mia. Amica mia. Figlia mia. Mam­ma mia, mio tutto... Tu non mi prendi mai in braccio. Non mi fai appoggiare la fronte bruciante sul candido morbido seno. E non permetti che ti prenda in braccio io, e ti culli, consolandoti. Dolcezza amore, tenerezza. Tutta la vita l'ho cer­cata solo da te e tu mi hai sempre preso in giro con quella tua terribile, crudele risata! (Risata della madre. Sulla risata scompare il suo volto. Gianni riprende quota col suo discorso al telefono. Mentre il padre torna da lui)

Gianni                           - Va bene, Donnini, d'accordo. T'aspetto oggi... E state calmi... Oh... c'è ancora quella bella chiappona di cas­siera allo snack?... Be'? (Ride) Si, mi racconti... A dopo... Ciao! (Attacca il telefono. Il padre è davanti a lui. Ha ripre­so la sua divisa di industriale)

Padre                             - Allora?

Gianni                           - Tu non pensarci più, e non cominciare a rom­pere sull'argomento. Me la sbrigo io... hai dato un'occhiata a quell'affare, o ti si è drizzato il pelo subito?

Padre                             - No, che pelo... È che sono elucubrazioni intellet­tuali! Non proporrai seriamente di socializzare una parte dell'azienda!

Gianni                           - Ti sembro un tipo da elucubrazioni? Io non sono un intellettuale e non elucubro! Ti faccio delle proposte. Ma di la verità hai preso sonno alla seconda pagina, eh?

Padre                             - No, no... Anzi, è interessante...

Gianni                           - Non mentire! L'unica lettura che t'interessa è la colonna dei profitti dei rendiconti!

Padre                             - Non è vero, Gianni! Perché mi tratti sempre cosi? Come se fossi un dirigente d'industria superato di un seco­lo fa...

Gianni                           - Perché lo sei, papà... Su vieni qua! Adesso qui da­vanti a me tu ti leggi tutta la mia relazione!

Padre                             - Ma Gianni...

Gianni                           - (piazzandogli davanti il fascicolo) ... e con atten­zione... E quando non capisci... (Suona il telefono, Gianni lo stacca, poi finisce la frase) ... Io ti spiego!... (Sofisticatissima - da rivista di moda - Lisa. Bella. Un ca­lore volgare intimo la salva dall'asettico. Mangia gelato cioc­colata, come uscita da una doccia. Spugna, poltrona traspa­rente e cose del genere secondo la moda del momento)

Lisa                               - Amore... Scusa se rompo mentre lavori... Oh, ma sei tu?

Gianni                           - ...Che vuoi?

Lisa                               - Senti, ma devo proprio farlo?... Mi secca. M'è venu­to un nervoso... È il quarto gelato che mi mangio dai nervi... Utis piìs elettrica... Va a finire che mi rovino. ...Diventerò una cicciona...

Gianni                           - (comincia a grattarsi) Ti ha telefonato? 40

Lisa                               - Si... Certo... Sta arrivando qui. Ma... Non potrei portarmelo al cinema e via... Non mi va ... E poi non mi piace fare queste cose. Se me le chiedi vuol dire che di me non te ne importa niente... Neanche a una puttana...

Gianni                           - Palle! palle! palle! (Attacca il telefono)

Padre                             - Ma quando le tratti cosi, le ragazze non ti man­dano a quel paese?

Gianni                           - Leggi, tu... Anzi fa' una cosa, leggi ad alta voce. Cosi ti controllo, se no magari ti addormenti...

Padre                             - Ma no, Gianni, andiamo... Mi vedi proprio da ri­covero...

Gianni                           - Te l'ho detto... Su, leggi...

Padre                             - Oddio... (Legge) Nei prossimi dieci anni, l'accele­razione progressiva; la superproduzione industriale, e il con­solidarsi delle grandi civiltà di massa... (Gianni si è stesa ad ascoltare. Ma mentre il padre prosegue la lettura, appare l'immagine di Bibò che ride. Immagine crescente come all'ini­zio. L'immagine e la risata corrispondente ingrandiscono fino a coprire la voce del padre) Cambieranno il profilo del mon­do industriale. Il concetto d'industria privata dovrà necessa­riamente subire dei radicali mutamenti. Mutamenti che non potranno avvenire se non alla luce di un illuminato equilibrio sociale. (Immagine e risata di Bibò sono al diapason. Buio) (La stanza di Lisa, Lisa vestita stavolta)

Lisa                               - Vieni Bibò... Entra. (Entra lentamente Bibò. È gio­vane, una faccia giovane. Vestito da giovane parla come par­lano i giovani. Avanza lentamente guardandosi intorno. Si avvicina alla poltrona trasparente)

Bibò                              - Bello... Un tocco di estrosa personalità moderna nel buon gusto della vostra casa... (Si siede nella poltrona. Lisa si avvicina. Fa la panteretta)

Lisa                               - Sigaretta?... (Bibò fa di si. Lisa gliela accende guar­dandolo. Dopo una profonda tirata gliela dà. Bibò la prende. Fa un sorrisetto. Una boccata fa fumo. Poi una risatina e colla brade brucia un bracciolo di nylon che scoppia sgon­fiandosi) No... No... Cretino... La mia poltrona... Vigliacco, sadico! La mia poltrona... Vattene via, cretino!

Bibò                              - Poverina... Ho rotto il tocco di estrosa personalità moderna nel buon gusto della vostra casa...

Lisa                               - Credi di essere spiritoso? Va via. Ti odio.

Bibò                              - Bene. Questo è limpido. Sentimento vero, senza mez­ze tinte o zone oscure. Non sopporto l'equivoco. Mi odi, ades­so sto a mio agio qui.

Lisa                               - Sei insopportabile, cretino, volgare, foruncoloso e hai anche le orecchie sporche! Vattene via.

Bibò                              - Che volevi da me, Lisa? Perché mi hai detto di ve­nire?

Lisa                               - Mi eri simpatico. Volevo fare amicizia... Adesso ti trovo odioso. Non credevo che tu fossi cosi...

Bibò                              - E come credevi che fossi? Imbarazzato, timido, ecci­tato, orecchie rosse, occhi fissi, coscia-seno-sedere. Invece ti ho sgonfiato il palloncino.

Lisa                               - Vattene via! Come sei antipatico con questo spirito del cavolo! Si, certo mi hai sgonfiato il palloncino mio! Va a sgonfiare quelli tuoi, e non tornare più qui prima di avermi ricomprato la poltrona. Io non ce l'ho papà o mammà che mi fanno i regalini a Natale.

Bibò                              - Su, su... Taglia... Riforme si, Carnevale no! come dice De Gaulle! Dunque, quella è modello C32, se non .mi sbaglio i braccioli di ricambio sostituibili costano 5.000. Ecco le 5.000. (Mette 5.000 lire sul tavolo) Pago, quindi dà un taglio alla lagna. Però non tirare fuori mamma e papà che fanno i regalini. La pecora nera è al bando, come tu saprai e queste 5.000 erano le ultime, come contingente finanziario. Nel senso che sto in bianco staccato. Inoltre per ragioni di princi­pio rifiuto offerte e chi se ne frega, tanto mangiare trovo sem­pre. Ma tu, non avrai mamma e papà, però non mi dire che il vento ulula dai vetri rotti... Mi sembra che te la cavi benissimo. Dicono che guadagnate un sacco di soldi colle fotografie voi modelle.

Lisa                               - Mica tanto. Io poi ho il naso troppo piccolo. Il sedere troppo basso e le gambe un disastro. (Bibò ride) Be', che c'è da ridere?

Bibò                              - Sei simpatica... Lisa... Lisa... Volevi fare amicizia... (Si avvicina a lei molto. La osserva da vicinissimo) Sempre i soliti equivoci... Amicizia... Volevi fare all'amore con me?

Lisa                               - Io?!... Ma che ti credi?... (Bibò le chiude la bocca con la mano)

Bibò                              - Mmmm non perdere tempo a protestare... Che c'è di male?... Sarebbe piaciuto anche a me... Senonché... Non ti sei accorta?...

Lisa                               - Di che?

Bibò                              - Mi hai guardato bene... (Si allontana da lei per farsi osservare. Le passeggia davanti) I polsi... le mani... Mi dicono che si vede dalle mani... Anche la pelle... la barba... leg­gera... pochissima... (Si abbatte. Una crisi di chiusura. Faccia a terra di spalle) Basta! Fai ancora finta di non aver capito, ma hai capito benissimo... Ti odio. Adesso ti viene da ridere? Ti faccio pena?

Lisa                               - Ma no... Bibò... Io...

Bibò                              - Non sai cosa dire. Allora sta' zitta! (Lisa si siede sul divano. Abbastanza imbarazzata. Bibò titubante sempre occhi bassi le si avvicina. Poi di colpo siede per terra vicino a lei) Non sai... quanto mi è costato dirlo... Ma lo avevo promesso...

Lisa                               - A chi?... A tuo fratello? A Gianni?

Bibò                              - No... A... e... lui... Oh! Lisa... È terribile... (Sembra in preda a una vera crisi. Nasconde la testa sulle gambe di lei) Lui ha capito. Mi ha costretto a venire qui da te e gli ho dovuto promettere che ti avrei detto tutto... Me lo ha fatto giurare sugli occhi di mia madre... Se non te lo dicevo, mamma diventava cieca... E allora te l'ho detto. Tanto è lo stesso... Lo ha fatto apposta, sai... Lui lo fa per umiliarmi... È un dia­volo. La prima volta che mi ha visto all'Università mi ha guardato. M'ha trapassato da parte a parte come fossi nudo... Non sai che vergogna... L'ha capito subito lui... Prima di me... Io credevo solo cosi... che le ragazze non m'interessassero... Ma pensavo che un giorno o l'altro avrei incontrato qualcu­na... Normale. Invece lui me l'ha detto subito, è stata la prima cosa che mi ha detto... "Credi di essere un uomo tu? E invece no, carino. Proprio no! Vuoi vedere?"... E mi ha afferrato... non sai cosa è stato quell'attimo per me.

Lisa                               - Me lo immagino.

Bibò                              - Che vergogna... E adesso. (Rannicchiato ai piedi di lei le nasconde il volto nel grembo. Aggrappato a lei come un bambino) Scusa se mi sfogo. Ma ne avevo bisogno... È vero sai, è vero... Io non posso...

Lisa                               - Ma... Be'... non te la prendere... Tanto siete tanti...

Bibò                              - Non dire cosi...

Lisa                               - No, volevo dire... Non mi sembra che poi si stia tanto male. Quelli che conosco io stanno tutti benissimo... Simpaticissimi, ricercati, fortunati... Anche aiutati nel lavoro... Chi lo sa, forse è meglio... Dice che come setta è più che i preti o gli ebrei...

Bibò                              - Sta' zitta. È mostruoso... E quello che è peggio, è che mi piace... Mentre con le ragazze, io... Vedi per esempio, tu sei carina... Molto... Be', tutti gli altri se fossero qui al posto mio e ti toccassero le gambe... Cosi... (Carezza le gambe di Lisa) Si emozionerebbero... no?

Lisa                               - Be'... si... effettivamente...

Bibò                              - Ecco vedi... (Continua a salire con carezze sempre più su) A me... Niente... Proprio niente... La giarrettiera... C'è una letteratura del piacere della giarrettiera. (Le scopre le gambe. Porta in luce la giarrettiera) Proprio, ti giuro niente. Non me ne frega niente... Aspetta... Scusa... Voglio provare col seno... Le famose tettine... (Con l'altra mano le sbottona la scollatura. Si vede il seno. Tocca) Ecco... Io.. Non so... non mi diverto... Mi dà pure un po' fastidio...

Lisa                               - Va be'... dico allora lascia perdere...

Bibò                              - No, scusa... Fammi vedere... proprio niente. Lui in­vece... quando lo tocco, ha un torace stupendo... È un po' peloso... Cosi forte... (Intanto è praticamente sopra di lei e continua a toccare) Senti proprio il maschio... Sono un disgra­ziato, vero? Di' la verità... Ti faccio schifo...

Lisa                               - Ma no... Però... Oh... Ma tu... Ma tu ci marci!

Bibò                              - (saltandole definitivamente addosso divertitissimo, ecci­tato) Ce ne hai messo di tempo a accorgertene, cretina... (Le .chiude la bocca)

Lisa                               - Vigliacco... porc... masc. (Bacio) Guarda ti sbagli se credi che io... (Bacio) No! Smetti perché se no (baciò) in­somma lasciami parlare.

Bibò                              - Parla.

Lisa                               - Smettila perché non voglio! Capito! Io non voglio.

Bibò                              - Ho capito non vuoi. (Bacio)

Lisa                               - Insomma, guarda che ti dò uno schiaffo!

Bibò                              - Oh, si quoziente sadico, adoro... schiaffeggiami, fru­stami, graffiami. (Bacio)

Lisa                               - Oh, insomma cosa devo fare con te...

Bibò                              - L'amore, Lisa...

(Piccolo film. Dettagli di mani, occhi, pelle. Immagini sensuali della natura, api che copulano e mare. Bocche. Corpi. Tutto si rarefa in questa sintesi di immagini. Amore)

Bibò                              - Conchiglia.

Caldo. Sole,

Lisa                               - Un verme

nella rosa.

Bibò                              - Giù dentro

nel cavo interno e misterioso,

carnoso

il verme caldo scende

scivola sbava.

Lisa                               - II canto si leva

su, più su

dondolando rarefatto

e tu non sei più tu

io non sono più io.

 

Bibò                              - La contorsione si congiunge

nello srotolio

mani

questo è l'inizio

il principio primo

dalla prima volta.

Bene. Bene. Bene. Bene. Voce

Lisa                               - Montone

Caprone

Stallone

Galoppo

Più forte. Più forte. Voce

Bibò                              - Più forte! Più forte.

FORTISSIMO.

Lisa                               - Bibò, Bibò!

Bibò                              - Sciaf, sciaf! Scatasciaff. Stracatasciaffete!

Lisa                               - Infin fin cien cien... Ahi... aaahi! (Deve salire come l'urlo di una cantante andalusa impazzita) Ahiahiahiahiahiahi-ahiahi! (Buio)

(Rimangono solo le immagini. Buio totale. Silenzio, una pic­cola fessura. Due ombre entrano piano)

Madre                           - Chiudi quella luciaccia! Aahhh! Ma siete pazzi! La testa mi si sta spaccando... Aaah! (All'urlo le due ombre si affrettano a entrare e a richiudere. Buio pesto. Pausa)

Gianni                           - Be'... mammina... che facciamo? Restiamo cosi? Fammi capire?

Padre                             - Non si vede niente, sai Maria...

Madre                           - Che bisogno c'è di urlare?... Io vi vedo benissimo... (Pausa sonnacchiosa) Che fate li in piedi come due coglioni... Sedetevi. (Tentano di venire avanti al buio. Il padre sbatte)

Padre                             - Porc... Là! La caviglia. È andata!

Madre                           - Piooo! Fa attenzione. Che inferno... Non potete starvene buoni?

Padre                             - Senti tesoro che ne diresti di accendere almeno la lucetta sul comodino?

Gianni                           - Ecco, magari... Perché io mi sono già infilato una tartina in un occhio. Tutto sta a trovare da sedere...

Madre                           - Nooo!... Nooo! Uffa che rompicoglioni. (Traffica nel buio. Finalmente velatissima da varii foulards si accende la piccola luce sul comodino. La madre sul letto è una appa­rizione fantomatica. Un trionfo di nero e chiffons. Il padre e Gianni sono piazzati vicino a un carrello e mangiucchiano qualcosa) Gli occhiali, dove sono i miei occhiali.

Gianni                           - Che visione.

Madre                           - Ecco fatto. Accidenti a voi è finita! Mi avete sve­gliato. La testa mi scoppia. Mee... In bocca ho una latrina militare... Non ho chiuso occhio tutta la notte. Ma chi è sta­to quel mascalzone incosciente che m'ha fatto svegliare a quest'ora?

Gianni                           - Sono le 2 del pomeriggio mammina.

Madre                           - Be'? Notte fonda! Ma che fai? mangi?

Gianni                           - Certo... Ci siamo fatti preparare un carrellino.

Padre                             - Sono le due... Noi abbiamo una fame...

Madre                           - Ma come vi permettete! Questa è cattiveria... Mi svegliate e vi mettete a mangiarmi davanti! ma siete matti?

Gianni                           - Scusa, mamma, ma noi...

Madre                           - Va via! Non t'avvicinare mentre mangi! Mi si eccitano i succhi gastrici! Mi fate una rabbia voi magri! Co­me quel mascalzone del Carletto! Mi porta la mia foglia di lattuga con un'aria sazia! È tutto un profumo. Sa di sughi, di polli arrosto! Vigliacchi! Si rimpinzano giù in cucina! Come li odio! Mostri! La cattiveria di venire davanti a una pove­retta che muore di fame colle labbra unte!

Gianni                           - £ la nemesi, la vendetta. Per secoli hanno avuto fame loro e vedevano i ricchi mangiare! Dietetica, livellatrice sociale. Più siete ricchi e meno mangiate!

Madre                           - Non cominciare con le tue stronzolate anarchiche, tu! Allora! Fatemi capire perché mi avete svegliato. Che è successo. Che vi è scappato.

Gianni                           - Bibò...

Madre                           - Bibò che? Che altro ha combinato il pazzo?

Padre                             - Ha telefonato il professor Maffei!

Madre                           - E chi è questo?

Gianni                           - Il professore di scienza delle costruzioni.

Padre                             - Ma si, Maria, lo conosci. Benissimo. Te lo ricordi Maffei. Il cugino di Perosi... quello che ha sposato la figlia di...

Madre                           - Pietà amore mio. Tu non hai mai avuto il dono della sintesi. Insomma 'sto professore?

Gianni                           - Ha telefonato proprio perché ci conosce. Fa par­te della commissione. Pare che Bibò, come esame, invece del progetto di ponte, abbia presentato la "Vispa Teresa".

Madre                           - Ma quale "Vispa Teresa?

Gianni                           - La poesia: La vispa Teresa avea fra l'erbetta... Carino no?

Madre                           - Cos'è questa storia della Vispa Teresa? Capire, eh!

Padre                             - Rifiutano il concetto d'esame! L'altr'anno non li hanno dati per niente, quest'anno li danno ma presentano la Vispa Teresa! Maffei ha avvertito che prenderanno prov­vedimenti gravi questa volta.

Madre                           - Ah... Dio, Dio, Dio... Ammalati di Protagoni­smo... adesso la Vispa Teresa. Ancora insistono con questi casini. E non trovano nessuno che li prenda a schiaffoni. Fi­guriamoci dove lo trovi un padre che prenda a schiaffi un fi­glio oggi. Mm... Basta! Voglio fare la cura del sonno, Pio. Sen­to la pressione a trecento. Pio non mi importa niente se Bibò prende la laurea d'architetto, Pio, apriamogli una boutique!

Padre                             - Non è questione di boutique, Maria...

Madre                           - (annusando) Mmmm, mmmm, quello che è? Addio caviale? Ma come v'è venuta questa idea di mangiare qui! Accidenti a voi!

Gianni                           - Perché non rompi la dieta?... Mammina assaggia questo...

Madre                           - Vattene, sai, lucifero maledetto! Oh! Dio che fame.

Padre                             - Se questi ragazzi insistono vuol dire che il pro­blema è grosso. E non sì può affrontarlo con leggerezza!... Io... Io... vorrei cercare di capire meglio... Voglio chiacchierare un po' con lui...

Madre                           - Figurati! A te Bibò ti considera completamente rincoglionito, a me poi mi vede come la nonna di Maria Antonietta.

Gianni                           - E va be'! Ci parlerò io...

Madre                           - Tu? no... non ci può essere dialogo fra voi. Tu sei... Troppo a posto... Sei serio, attivo... Per lui sei comple­tamente inserito!

Gianni                           - Inserito un cavolo! Non diciamo scemenze! Io mi occupavo di problemi sociali e strutturali già al liceo. Giuocava a ping-pong, lui quando io andavo per le borgate a stu­diare i problemi della povera gente senza tante chitarre, ca­tene, e capelli lunghi. Te ne ricordi?

Madre                           - Già, poverino, portavi i capelli tagliati a spazzola, stavi cosi male... Era quella schwester prussiana che te li fa­ceva tagliare cosi, quella doveva essere figlia di un gerarca nazista... Non simpatica. (Gianni man mano che la sua cari­ca emotiva passionale aumenta, senza accorgersi si gratta progressivamente. Il suo grattarsi aumenta)

Padre                             - Il fatto poi è diverso. La contestazione di questi ra­gazzi può anche essere giusta, se vuoi. La "Vispa Teresa", guar­da cosa arrivo a dirti, può essere anche una trovata spiritosa. Ma dopo tanto studio proprio non ha senso. Buttare tutto all'aria! Che vuol dire non laurearsi? D'altra parte è diffi­cile inserirsi in queste cose, senza fare la figura di un vec­chio genitore cretino.

Gianni                           - Ma tu com'è? Sei diventato così comprensivo? Fino a tre anni fa questi problemi non ce li avevi. Con me non eri mica tanto tenero, e come mi davi in testa se bat­tevo il passo un momento... Se facevo qualcosa che non ti andava?

Padre                             - Con te era diverso. Non era ancora sorto il problema. Tu eri bravo, intelligente, normale, ecco come noi.

Gianni                           - Perché Bibò com'è? Non è come gli altri? Come lo vedete pazzo o cretino?

Madre                           - Come lo vedo? Pazzo e cretino! E smetti di grat­tarti, Gianni, che col nervoso che ho fai grattare anche me. Bibò pazzo. Ma furioso! Ma come? Qui a casa potrebbe avere tutto quello che vuole, potrebbe vivere come un califfo... No! Lui senza nessuna ragione seria se ne va a dormire sotto i ponti come un barbone... Vive in una nuvola di pulci e sono mesi che non si cambia il maglione e si fa il bidet col cocaco-la. Una roba da neuro... Da elettrochock! Non ci voglio pen­sare... Non ci voglio pensare. Andate al diavolo tutti quanti via! Sparite che mi viene una crisi isterica! (Gianni e il pa­dre escono) E poi dicono che a una poveretta non le regge la plastica! Sfido io! Quando i figli danno di questi pensieri-certo che vengono le rughe! Annette. Preparami il massaggio, maledetta! Devo dimenticare. (Esce)

(Sugli schermi facce e slogans dei movimenti giovanili. Sber­leffi, lingue di fuori, parole. Durante la sfilza degli slongans Bibò arrampicato su qualcosa. Musica Slogans

ABBASSO IL GENERICO VIVA L'EFFIMERO

AMATEVI GLI UNI SUGLI ALTRI

L'ARTE È MORTA GODARD NON PUÒ FARCI

NIENTE DIMENTICATE QUELLO CHE AVETE IMPARATO RICOMINCIATE DAI SOGNI CREPERETE TUTTI DI COMODITÀ HO QUALCOSA DA DIRE MA NON SO COSA IN OGNI CASO NESSUN RIMORSO MILIONARI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI STATE TRANQUILLI 2 + 2 NON FA PIÙ' 4 BISOGNA INDURIRSI SENZA MAI RINUNCIARE

 ALLA PROPRIA TENEREZZA)

Bibò                              - Bruciare o non bruciare: questo è il problema. (Canta su un'aria di tango)

Brucia ragazzo brucia!

O la contestazione

sarà una delusione

per mamma e per papà.

Perché chi brucia

almeno è irrecuperabile

spezza la regola

rompe le scatole. Certo! Soltanto dei ragazzini che cercavano buone scuse per non andare a scuola!... Ah l'altr'anno l'altr'anno! Con che allegria ci si arrampicava sugli alberi! Fuori! Rompere i ponti! Oltre le linee di questa società strillona colorata che corre a fare lo shopping. E compera, compera, compera, con la sua faccia da ricca! Mentre sotto le sottane nasconde un sedere da povera e gambe sformate dall'artrite e vene varicose. Bruciare o non bruciare... questo è il problema. Ma è più giusto sopportare i sassi e i dardi e le manganellate e i carri armati e le cariche, dall'ingiusta fortuna o prender armi contro un mare di guai e contrastandoli por fine ad essi! Parole, parole, parole, Amleto mio... Fratellino di latte... parole sui muri, sul petto, sul carro armato... Ma dentro le parole correranno le idee? Domanda: correranno vero? Che scherzo da prete sen­nò! Non sarà inutile? Correranno ad ingrossare il fiume nuovo che preme, credo, dentro le vene gonfie arteriosclerotiche del­la società? Riuscirà il giovane fiume delle idee a far saltare il sistema?

Mistero!

Brucia, ragazzo brucia!

Dipenderà da te, Ole!

Ieri sembrava di si!

Però

Oggi sembra di no! Mistero! Il seguito alla prossima puntata. Al prossimo nume­ro. Alla prossima generazione. Amici, amici... non ascoltate nessuno. Non guardate più niente! E che ci caccino dalle uni­versità. Nascondiamoci negli angoli! È il momento di comin­ciare a studiare, di mettere radici... Il vento si alza... Bisogna tentare di vivere... (Gianni è con Lisa. Musica altissima. Gian­ni è ingrugnato e cupo. Ha la sua aria indaffarata. Lisa sva­gata nasconde sotto un darsi da fare qua e là un suo certo nervosismo. Gianni ogni tanto si gratta)

Gianni                           - Come è andata. Su, racconta, che non ho molto tempo.

Lisa                               - Mmmmmm? Niente.

Gianni                           - Uffff! Che nervoso. E chiudi quell'inferno. Allo­ra?... Allora?... Allora? (Lisa ha chiuso la musica. Si volta co­me una tigre gli occhi fuori dalla testa urlando)

Lisa                               - Nienteeee! Ma che vuoi da me? Che credi? Di aver­mi vinto alla lotteria a me! Io... Io ti prenderei a schiaffi! Va all'inferno! (Si siede dominando l'isteria e comincia a mangiare gianduiotti. Gianni è colpitissimo dalla crisi im­prevista e insolita)

Gianni                           - Ehi... Che temperamento... Che succede Snoopy?

Lisa                               - Snoopy un cavolo. Ti odio, figurati.

Gianni                           - Esagerazione. Perché? Vieni qui facciamo la pace. (Gianni le si avvicina lei scontrosa)

Lisa                               - Entra. Sbatte. Fa da padrone, senza salutare, senza un bacio, niente. Non ho tempo, racconta! Allora!... Ma chi ti co­nosce! Giusto dopo quei bei favori che mi chiedi... Peggio di una puttana da casino, ma di quelle terra terra... Cosa credi? Perché qualche volta mi hai aiutato con i soldi di essere il padrone, qui? Io sono un essere libero.

Gianni                           - Che c'entrano i soldi? Chi ha detto niente... Solo ho poco tempo. Ho un sacco di grane e divento sbrigativo... Insomma: scusa.

Lisa                               - Non c'entra scusa. C'entra che io credevo che tu un po' di bene me lo volessi, ecco.

Gianni                           - Certo che te ne voglio, lo sai benissimo. E pen­savo di avertene anche date delle prove.

Lisa                               - Delle prove?... Perché m'hai fatto smettere colla marijuana e m'hai tirato fuori dal giro. E quella roba li?

Gianni                           - Che ti prende con queste vecchie storie Lisa? E lascia perdere...

Lisa                               - No, perché il fatto del bene è importante per me. Se mi sento sola e sento che non mi vuole bene nessuno, mi viene subito voglia di riempirmi la pancia di barbiturici o buttarmi giù dalla finestra.

Gianni                           - Che discorsi? Che sono? Minacce? Sdrammatiz­ziamo eh...

Lisa                               - Non mi è piaciuto quello che hai chiesto.

Gianni                           - T'ho chiesto un favore che per me era importante... siamo amici, ci vogliamo bene e ci facciamo dei piaceri.

Lisa                               - Be', sti piaceri qui a me non me li aveva mai chiesti nessuno!

 

Gianni                           - Adesso piantala! Mi fai girare le scatole davvero! Sembri uscita dal convento della vergine del Carmelo. T'ho conosciuto con un gruppo di drogati, froci e puttane che t'ubriacavano di porcherie! Hascisc e partuse a ruota libera e adesso con me siamo arrivati a Maria Goretti. (Lisa ha uno scatto contro Gianni come per dargli davvero uno schiaffo. Poi l'ira le si rompe dentro e scoppia a piangere)

Lisa                               - Vi... gli... a... eco... (Gianni pentito da quel pianto se la prende in braccio come una bambina. La consola)

Gianni                           - Scusa... Scusami... Hai ragione sono un cafone. Ma mi hai fatto arrabbiare.,. Su... Basta piangere adesso...

Lisa                               - A me... mi... vo... le... va... no... bene... loro. Anche se erano... sciagurati... Peggio di me. Eravamo amici... Mica è colpa loro se erano froci... e puttane... È la generazione... che si... vuole svincolare... dai tabù del sesso...

Gianni                           - (con un sorriso divertito suo malgrado) Ma non dire schiocchezze, su... asciugati i lacrimoni. Senti. Ho visto un pigiamino allo shopping molto carino. Giusto per te.

Lisa                               - Colore?

Gianni                           - Rosa melanzana. Te lo mando?

Lisa                               - Mmmm.,. Che vuol dire? Questa donna pagata io l'ho?...

Gianni                           - Che sarebbe questo personaggio di cretina? Ades­so che mi hai fatto fare tardi, mi racconti come è andata? Al­lora è venuto Bibò?

Lisa                               - Bel tipo tuo fratello. È una sagoma... Si che è ve­nuto!

Gianni                           - Be'? Che è successo?

Lisa                               - M'ha sgonfiato la poltrona, poi ha cercato di farmi credere che era pederasta e poi invece s'è capito che scher­zava.

Gianni                           - Come sarebbe? Scherzava...

Lisa                               - No! Non siamo andati a letto insieme, se è questa la domanda... Lui ci ha provato... Ma di' un po'... È per sa­pere questo che l'hai mandato da me? Perché allora saresti proprio...

Gianni                           - Ma no... no. Non ricominciare... Te l'ho detto: Bibò è un ragazzo strano... Se ne è andato via di casa... Con noi non ci vuole più parlare. Vive chissà come, disancorato, astratto. Non dà più neanche gli esami...

Lisa                               - Be' sarà un figlio dei fiori... È hippy?

Gianni                           - Certo, tu già vedi una nuvoletta di hascisc. Non c'entra, un cavolo invece. Lui è del gruppo degli studenti... La contestazione, il potere studentesco e tutta quella roba... Comunque è un tipo strano, non vede più neanche i suoi amici, è sempre solo, ti ripeto, non si capisce... Per questo mi faceva piacere se ci facevi amicizia...

Lisa                               - Si, ma figurati se quelli là hanno bisogno di ragazze! Con tutte le studentesse. Che poi, dice che cominciano a fare all'amore a 12 anni adesso...

Gianni                           - Si, si, lo so. Non c'entra... tu sei diversa.

Lisa                               - Be'? Non sarà mica un insulto?... Aspetta un po'. Fammi capire. Tu cosa ti sei messo in testa. Che lui esce con me... Nights, ristoranti, cinema... gli faccio spendere un sacco di soldi, cosi finisce per venire a cercarli a casa da te.

Gianni                           - Ma che ti salta in mente... Eh... tu leggi troppi fu­metti... Ma che fantasia... Chi ci pensava, figurati... Comunque anche se fosse... magari... sai, un ragazzo che se ne va cosi, e non si fa più vedere... magari riuscissi a riportarlo a casa. Chissà facendoci amicizia... Oh! bada, non fraintendere... Niente sesso... solo amicizia...

Lisa                               - Sai che ti dico, Gianni. Hai capito male. Perché io faccio amicizia perché mi va, quando mi va e con chi mi va, ma non su ordinazione perché fa comodo a te! Chiaro? Quin­di se vuoi recuperare Bibò rivolgiti a un'altra!

Gianni                           - Allora vuol dire che quella spyderina color mo­starda cabriolet per la quale avresti fatto tutto la regalo a quell'altra.

Lisa                               - No, questo non me lo puoi fare! Per quella certo che faccio tutto! La fine del mondo!

Gianni                           - Senti un po'... Ma non stiamo parlando troppo noi due oggi? Rimandiamo a dopo le contrattazioni... (Intenzioni inequivocabili. Qui Lisa rivela la sua naturale giovanile mignotteria)

Lisa                               - Dopo che?

Gianni                           - Dopo che? (Stacco. Accordo violento sexy di chi­tarre sullo schermo. Galoppo di cavalli, danza del ventre, fi­gurazioni erotiche indiane con un'alternanza da persuasore oc­culto, un susseguirsi rapidissimo di: faccia di Gianni, fac­cia di Bibò, Bibò cucciolo, in amore, immagini ricordo. Lisa, in un angolino a se stessa, mentre continua a fare all'amore con Gianni)

Lisa                               - Mmmmm. Pelo, pelo... zitta... ssst. Occhi chiusi. Pensa che figura... stavo per chiamarlo Bibò! Mamma mia! Povero Gianni... Chissà come rimarresti male... Difatti è or­rendo. Ma che vuol dire? Mentre si sta facendo all'amore noi due,.. Che mi venga in testa quello li! Via tu... via... Insomma vuoi andartene dai miei pensieri Bibò... Il fatto che io ti abbia permesso di venire a letto con me non ti autorizza a venirci quando ci sto con tuo fratello! Uh! Che roba... In­somma via... Gianni... Gianni... scusa... Fortuna che tanto non te ne accorgi. Sarebbe mostruoso, Gianni... Stringimi... Stringi... Macché. Niente. Non riesco a concentrarmi. Che rompiscatole Bibò... Chi ti credi di essere... Bibò... Un nome da pupazzo pubblicitario per bambini deficienti! Ditemi se un ragazzo si fa chiamare cosi... No... non devo pensare a lui... Gianni... Che mi succede oggi? Mi sei sempre piaciuto tu... Che significa? Andiamo! È anche più piccolo di me. Un bambino viziato... Non è neanche bello... E neanche bravo, poverino... dolce... addannato, arrabbiato... prepotente, provocatore... curioso... Li a guardare fisso... dalla paura, che io guardassi lui... Mmm. Che dolce. Non mi ha neanche salutato quasi... No, no... E basta! Ma stai proprio diventando davvero puttana, tu... Gian­ni,.. Gianni... Aiutami... Non voglio farti porcherie a te, io... Sei stato il primo che mi ha aiutato. Affetto vero... Amore in due soli... cura... quando io nascondevo la marijuana sotto il materasso. E mi sembrava impossibile di poter smettere... e la vita era solo un correre a rifugiarsi in quei sogni di fumo. "Lasciami perdere sono perduta.,, lo voglio, lo voglio..." Che ti odiavo, perché me l'impedivi... E tu capivi e non mi mol­lavi tutta la serata. Non te la meriti questa porcata da me! È anche tuo fratello... però sei stato tu! Sei un mascalzone anche tu! A chiedermi 'ste cose! Tanto credi che non abbia capito io? Buttarmelo a casa... Altro che amici e la sera al cinema fuori... Peggio per te... se adesso che Bibò c'è entrato in casa mia... Nella mia testa ci resta. E me lo sento addosso, caldo, quel ragazzino... Proprio come se su di me, ci fosse lui, invece di te... Lui... Amore... con quei suoi piccoli grugniti-Amore... Ahiii! Ahiii! Ahiii! Stringimi Bibò... Bibò! (Buio una pausa)

(La madre. Elegante sofisticata. Arriva nella tana di Bibò praticamente vuota. Solo. Afflosciate per terra quelle che poi saranno pareti di plastica con i cartelloni e i manifesti. Per ora non è niente. Buttano da una parte il sacco a pelo dove sta dormendo Bibò nudo. Ma è accartocciato in una maniera tale - lui è completamente nascosto - che sembra un puff. La madre si guarda intorno)

Madre                           - Inferno! Bibò! Ci sei?... Mmmmm. Ma dove ci si siede qui? (Siede sul sacco a pelo che sembra un puff. Sotto il suo sedere il puff sacco a pelo, si muove. La madre realizza. Urlo) Oddio! Chi è? (Salta via. Dal bianco del pelo emerge la voce di Bibò, poi Bibò)

Bibò                              - Chi è che rompe le scatole? Uhuuuu! La mia mam­mina...

Madre                           - Una roba da infarto... Sei pazzo!

Bibò                              - Ti sei spaventata tu? E io allora? che dormivo cosi bene? Ma che fai tu qui. Tu, qui?... da' bacio! (La madre si avvicina a luì)

Madre                           - Come vivi, figlio mio?... Un antro. Sembra tutto tirato fuori dal sedere del cane. Uno straccione alienato, amore.

Bibò                              - Vieni qua... Sulle ginocchia di tuo figlio. (La stra­pazza un po')

Madre                           - No... Noooo... Bibòòòòòò. E smettila! Smetti di toc­care... E su, Bibò.

Bibò                              - Be'? Non ti piace più il tuo cucciolotto? O che?

Madre                           - Mascalzone! Ma guarda che natura di puttana. Ma da chi avrai preso. Mamma mia! Tutti gli occhi incollati di sonno e il pelo arruffato... Odori che sembri un gatto... No, tesoro la tua vecchia non ci casca più! Altro che cucciolotto birichino che ruzza e giuoca. Sei un mascalzone tu. Te ne freghi della tua mamma, altro che!

Bibò                              - Ho capito... (La butta per terra e gatton gattoni si allontana) Non mi vuoi più bene.

Madre                           - Be'? Mi lasci per terra?... Se non mi alzi tu io non mi alzo più... Un disastro qui... Come fai a viverci da 6 mesi? in questa specie di rifugio antiaereo?

Bibò                              - Uff... che noia co' 'sta mania dell'arredamento. C'è un arredamento stupendo... (Si attacca a un compressore - è sempre infilato nel sacco a pelo - Lo attacca a uno dei mucchi dì plastica. Questo si gonfia e fa una specie di parete con ritratto di Mao. Poi ne gonfia un altro, poi un altro, rapi­damente l'ambiente diventa colorato di pareti di plastica con i manifesti delle facce di Ho Ci Min, Marx, Guevara, ecc.. So­no diverse misure alcuni fanno volumi diversi. Come mobili)

Madre                           - Un incubo.

Bibò                              - Stupendo. Be'... Io sono nudo. Butta un po' quell'asciugamano. (La madre trova per terra una spugna. Gliela butta)

Madre                           - Cos'è! La contestazione ti ha solleticato il senso del pudore che non hai avuto mai? Mi hai fatto perdere il personale migliore con la mania di girare nudo per casa con le cameriere che scappavano inorridite o si innamoravano e adesso t'ha preso la pudicizia?... (Bibò emerge dal sacco a pelo con l'asciugamano intorno ai fianchi)

Bibò                              - Lo faccio per te amore. È tanto che sto fuori di casa. Tu sei in un'età pericolosa... Ti dovessero venire le turbe se­nili... Magari me la butti sull'incesto!

Madre                           - Ma che schifoso... (Ride) Sei sempre lo stesso, Bi­bò... Oh vieni un po' qui... Perché 'sta pancia tenuta all'in-dietro... tutta tirata. E sta' in relax... rilassati.

Bibò                              - No, carina... Non tengo in dentro un cavolo di nien­te. È proprio così. Cava come il palmo della mano... Nature!

Madre                           - Così?

Bibò                              - Già!

Madre                           - Mmm. Che antipatia questa giovinezza... Provoca­toria. Un urto di nervi quella freschezza lì... mi fai anche un po' schifo...

Bibò                              - Che stupida...

Madre                           - Su, da' bacio... tanto si sa che sei un bel fighin... (Bibò ridendo va a baciarla altro angolo della scena Gianni proteso controlla. È come un cane che fiuti. Si gratta e ormai il suo prurito è evidente. Dietro di lui un dottore) Dottore           - Il prurito e la conseguente comparsa di eritemi eczemi infiorescenze o bolle è un fenomeno epidermico colle­gabile in grande percentuale a delle origini nervose, ma in grande percentuale esistono per le malattie epidermiche delle origini nervose. Tare psicologiche, frustrazioni, particolari sta­ti di nervosismo... Hai qualcosa che ti turba, Gianni?

Gianni                           - Balle! Sto benissimo... sto benissimo. (Da sé) ...Aveva fatto due gattini la gatta del guardiano. Uno se l'era mangiato... appena nato chissà perché... ma l'altro... se lo ca­rezzava se lo coccolava... se lo ficcava sotto la pancia... perché mangiasse... e come se lo leccava... E tirava fuori le unghie se qualcuno si avvicinava... (Al dottore) Non ho tempo, dottore dammi una pomata o qualcosa...

Dottore                         - Per vescicole, eritemi, esantemi, pustole petec­chie e vibici e per tanti altri tipi di eruzioni cutanee esistono un'infinità di cure e pomatine e polverine, ma nel tuo caso, ragazzo mio, temo che la loro azione sarebbe irrilevante. Tu sei inequivocabilmente un neurodermatetico. Cortisone e streptomicina possono poco. Occorre portare alla luce le cau­se, amico mio... Psicoterapia... hai desideri, curiosità represse, malsane.., Scruta nell'animo tuo... c'è... ci deve essere qual­cosa che non va.

Gianni                           - M'hai rotto ì coglioni, dottore! (Si avvicina ai due che ridono insieme) Tu... tu... che non ti sposti neanche per cause gravi, gravissime... Tu! che per farti fare una firma da un notaio abbiamo dovuto smuovere tutto lo studio nota­rile! Tu! che segui i tuoi orari da pescecagna! Tu inat­tiva... fino alla perfezione... Tu hai spostato palazzi di pigrizia e di cattive abitudini per correre da lui. Come un amante inchiappettiere. (La madre guarda le facce dei manifesti)

Madre                           - Mmmm.. che facce... mamma mia. E chi sarebbero questi?

Bibò                              - Niente per te, tesoro... Hegel... Ho Ci Min... Guevara!

Madre                           - Carino lui... somigliava a Sean Connery... Morire cosi! Peccato! Che stupido!

Bibò                              - (violento) Ma va all'inferno, mamma, per favore.

Madre                           - Eeeh... no, eh! Perlomeno non perdere il senso dell'umorismo. Altrimenti diventi proprio rompiscatole... Im­becille!! Oddio... ma non sarà davvero che magari non sei mica tanto intelligente...

Bibò                              - Puoi giurarci, dal tuo punto di vista sono assoluta­mente idiota! Comunque che vuoi!... Sei venuta qui per in­sultare?

Madre                           - Non ho capito. Devo chiedere il permesso prima di vederti? Sono la tua mamma, anche tu ne hai una, ricor­di? Sono venuta a trovarti... sei il mio bambino no?

Bibò                              - Che matta! (Gianni è teso a ascoltarli)

Gianni                           - E io... stavo arrivando... E mi sono fermato ad ascoltare... Non lo fate mai... mai... È una tentazione orribile. Impossibile resistere... Bisognerebbe scappare via con il ven­to... non li avevo mai sentiti parlare fra loro da soli... Non lo sapevo che fosse cosi... che sbaglio rimanere a sentire.

Madre                           - No, tesoro, scherzi a parte... matto sì, ma cretino no!... Non farti fregare, tu... Sono tutti ritornati a casa... E quelli che continuano a fare i rivoluzionari lo fanno in Ferrari e in attesa del bagno di sangue continuano a fare il bagno col Badedas... E tu, da solo fai lo straccione?

Bibò                              - (si incupisce) Senti... il cordone ombelicale, o che sei spiritosa, io ti voglio bene, mi sei simpatica e tutto, anche se la madre come istituzione è roba paleozoica, finita da un secolo ma, per piacere, non parlare di cose dì cui non capi­sci un'ostia!

Madre                           - Figuriamoci, che argomento tabù! Ma se non si è parlato di altro che dì voialtri giovani e di tutte 'ste scemenze per un anno! Due scatole... Oh... poi che sarebbe che la ma­dre è un'istituzione fatta fuori? Ti sbagli nini. Intanto t'ho partorito io. Ed è stato un male d'inferno! Accidenti a te! E poi, di, la mamma è la base di tutta la psicologia moderna del­la più avanzata. Importantissima. Quello che sei tu, lo devi a me, carino! Anche se ti secca... Che poi non vedo perché, tu sei stato molto fortunato! Scusa, io non sono stata una buona madre?

Bibò                              - No! L'unico pregio che avevi, era che ti facevi i cavoli tuoi. Se adesso mi perdi anche quello...

Madre                           - Calma ragazzino... stai calmo... io non ti perdo niente... ho solo paura che tu non ascolti più una voce ragio­nevole... tanto perché tu ne sia al corrente: "Minare alle basi la struttura della società", "La guerriglia in Abruzzo" e "Si va a Cuba da Fidel, a fare la raccolta della canna da zucchero col machete". Sono battute che correvano già quest'estate al porto degli yacht sulla costa smeralda e nelle boutique di Saint Tropez! Sui parei dei playboy e delle checche c'era già stampato " CONTESTATION GLOBALE" capito? Tutto bru­ciato in una stagione. Ma proprio polverizzato. Dico: Marcu­se è dell'800 ormai. Quindi regolati e per piacere non metterti a fare il vessillifero... Surtout pas trop de zèle... C'è la pernac­chia in agguato caro. Si ride parecchio dietro sai...

Bibò                              - Capirai!... Ridono su un bel cavolo... che ridano... lasciali ridere,., io figurati, me ne stracatafotto! Chi capisce ride un po' meno... Ma te l'ho già detto, tu non puoi capire.

Madre                           - Certo! Noi tutti rincoglioniti mentre voi giovani col sedere per aria, geni con la bandierina della giovinezza is­sata che sventola attento che è un brutto scherzo, la giovi­nezza. Uno starnuto e ti ritrovi vecchio... E poi va all'inferno accidenti a te sempre farmi parlare dell'età!

Bibò                              - Però tu sei una gran bella vecchiona... lo sai che mi fa piacere averti qui... ci sei venuta a trovarmi?... (L'afferra)

Madre                           - Non ti permettere... sì... Piacere! Difatti si è visto quante volte ci sei venuto a trovarmi... se non mi spostavo io...

Bibò                              - Non mi va di venire da quelle parti... comunque poi sarei venuto...

Madre                           - Si... sì... fa i figli... Bell'affare... per quanto non è neanche giusto generalizzare... Gianni poverino non gli sì può proprio rimproverare niente...

Bibò                              - Figurarsi... lui è perfetto! Primo della classe...

Madre                           - Certo, poverino...

Gianni                           - Ma perché ogni volta che nomini me... dici poveri­no... perché?

Bibò                              - Fammi un po' un massaggio alla spalla che mi si sono incordati i muscoli con quel sacco a pelo... (La madre si avvicina a lui amorosamente lo massaggia. Il ragazzo le piace. Le fa tenerezza)

Madre                           - Che idea... Il sacco a pelo... come si spiega? An­cora per prepararsi alla guerriglia sul Gargano?

Bibò                              - Non sfottere., massaggia e non rompere... tanto lo so che per me hai un debole. Ti piaccio! C'intendiamo...

Madre                           - No guarda come intenderci c'intendiamo poco... È che mi sei simpatico... e te ne approfitti. Mascalzone. (Gianni è teso come a cogliere tutte le parole. Il suo prurito aumenta a ogni colpo che lo ferisce)

Gianni                           - Ecco. Ecco com'è... non ti ho mai vista così, io... quella tua sovrana apatia con me allora è solo noia... io non ti sapevo... non ti conoscevo... stupido, idiota, ero cosi orgo­glioso della tua incosciente superiorità distaccata da Zarina! Era un amore reale il tuo!.... Madre Orchidea, Madre Pirami­de! Madre regina di Saba... Madre Faraona!... Ma per lui, no... sola con lui sei tutta viscere e ovaie. Ridi, scherzi, gatta leccona, sbavona... E come lo tocchi., come lo maneggi e lo massaggi disgustosa!

Madre                           - E non hai nostalgia del confort di casa?

Bibò                              - Zitta e massaggia...

Madre                           - Uffa noia!

Bibò                              - Se ti annoi fa delle letture edificanti... leggi le scrit­te sui muri.

Madre                           - (legge le scritte) Poverino! Sei come quei vecchi reduci - tipo alpini o garibaldini - col motto sul letto: Qui o sì fa l'Italia o si muore!

Bibò                              - Senti, tu, invece di rompere perché non ti rendi uti­le e mi metti due punti a questi calzini, che vado in giro col dito di fuori...

Madre                           - Pussa via! Rammendarti i calzini!? Ma sei pazzo! Comprateli nuovi, ma guarda che cattivo gusto. Ecco, tieni comprateli...

Bibò                              - Be', non ho capito? Tre testoni... costano meno di tre milioni i calzini sai, mamma...

Madre                           - Poche storie. Sono venuta per portarti un po' di ossigeno.

Bibò                              - Ma ce l'avevi bell'e pronto? Cos'è? Rimorso o tentati­vo di corruzione?... attenta che il movimento giovanile ha an­cora bisogno di fondi: ci servono per fare bottiglie Molotov...

Madre                           - Non ti ho chiesto cosa volevi farci. Per me... dalli agli studenti poveri, compraci bombe, chitarre... ma vedi di riuscire a comprarti anche un paio di braghe... (Indica i pan­taloni che Bibò si è infilato e che sono rotti sul di dietro) Tanto per non andare in giro col sedere di fuori.

Bibò                              - Perché? In fondo mica male come culo, no? (Ri­dono insieme. Gianni si gratta e si rode)

Gianni                           - È perfino ridicolo che mi roda cosi... Che mi fac­cia male... È ridicolo! Cretino!

Madre                           - Che bestiola. Invece di ringraziare!

Bibò                              - Ringraziare? Di che? I soldi mi fanno schifo.

Madre                           - Però li prendi.

Bibò                              - L'unica cosa che si può prendere alla vostra so­cietà corrotta sono le sue stesse armi per distruggerla! Aspet­ta, voglio un'altra cosa da te... (Le si avvicina. Accosta la fac­cia alta faccia di lei. La madre crede che lui voglia baciarla)

Madre                           - Prima insulti poi vieni a baciare?

Bibò                              - E chi ti bacia! Là! (Urlo della madre. Bibò le ha staccato una delle sue ciglia finte)

Madre                           - Ahiii! L'occhio... la mia ciglia!

Bibò                              - Ecco! Meraviglia... guarda un po'... (Si attacca la ci­glia finta sulla fronte come un simbolo di casto indiano) Come sta?

Madre                           - Va all'inferno mascalzone! Cretino! E io che ci vengo, come se non lo sapessi che sei proprio pazzo davvero! Basta! (Fa per andarsene. Bibò la ferma. La afferra ridendo come un pazzo) Lasciami! Basta! Me ne vado e non mi vedi più!

Bibò                              - Ti sei offesa.. Oh! Lesa maestà!

Madre                           - Lasciami! (È quasi una affettuosa lotta durante la quale Bibò ride e la madre cerca proprio di prenderlo a schiaffi. Gianni da una parte si rode)

Gianni                           - Se l'avessi fatto io non mi avresti mai più rivol­to la parola.

Bibò                              - Offesa a morte! Ti ho squaquaracchiato tutta la fac­ciata!

Madre                           - Mi fai proprio paura, orrore! aiuto! soccorso.

Bibò                              - Su, chiama la polizia... Ci vuole lei contro i giovani, no? (Canta e costringe la madre a ballare una specie di tango) La polizia... dov'è la polizia! Cosi questa pazzia infine cesserà, ole! tango (Cadono insieme a sedere su una delle sagome di plastica)

Madre                           - Che cretino... Oh, ma ditemi che croce, povera me... ma non potevo avere uno di quei figli belli tranquilli dol­ci, di compagnia, che giuocano a canasta... o a dama cinese...

Bibò                              - Un bel pederastone col sedere grosso...

Madre                           - E certo, certo... di quello che ti pare ma per le ma­dri sono delle benedizioni. Quelli li amorosi, tranquilli, tene­ri... spiritosi... un gran conforto... sono figli migliori!

Bibò                              - Be', t'è andata male... comunque, chi lo sa... Non si sa mai, non bisogna mai mettere limite alla provvidenza! Sai, un'esperienza tira l'altra... Chissà, magari o io o Gianni a una certa età ti voltiamo finocchi.

Madre                           - Gianni... vorrei proprio vederlo... poverino...

Gianni                           - E dai., perché poverino! Chi è poverino... Mam­ma... perché?

Madre                           - Che mascalzone che sei... coinvolgere quel povero Gianni...

Bibò                              - Che c'entra... figurati... lo adoro... ma tu chi butti dalla torre?

Madre                           - E smettila... vanitoso...

Bibò                              - Senti chi parla... per una ciglia finta prima c'è man­cato poco chiamassi i pompieri... Su rispondi, chi butti dalla torre...

Gianni                           - Mmmm... almeno questo. Almeno non dargliela vinta... non ammetterlo... almeno questo me lo devi, mam­ma...

Madre                           - Andiamo, che scemenza. Piantala!

Bibò                              - No! Io lo so, figurati se non lo so, come lo frulleresti giù il tuo primo della classe, poverino... ma non lo vuoi am­mettere... Ipocrita. Pare brutto. I sentimenti veri si nascon­dono sotto le mutande. Vero? T'ho beccato al centro di te stessa! Borghese marcia!

Madre                           - Credi di offendermi? Per te, dire borghese, è come dire sifilitica, ma a me mi sta benissimo, carino! Sono esatta­mente borghese, ricca e capitalista e anche madre, malgrétout, e Gianni è mio figlio, io lo amo e dalla torre per darti soddi­sfazione non lo butto...

Gianni                           - Grazie...

Madre                           - Piuttosto mi butterei io...

Bibò                              - (le va vicino) Bugiarda... che bugiarda...

Madre                           - Invece è vero... Mascalzone... (Ridono insieme com­plici amici)

Gianni                           - Ah! Questa risata! Con questa risata madre hai rovinato tutto! Una pugnalata! Io gratto rigratto mi rodo fino all'osso la rabbia del prurito prurigginoso della smania smaniosa pedicellosa del mio grattare! Oh! che rodere! E m'è scoppiato un canto! Qualcosa di inaspettato di diverso... Qual­cosa che non fosse saggio, normale perbene e perfetto! Anch'io una bizzarria! Un'entrata da matto! Albinoni! A squarciagola! (Scoppia a cantare il largo di Albinoni ed entra) Laralaralaralaraaalarà! (Stona e con un sorriso Bibò lo corregge)

Bibò                              - Laràaaa! Stoni Gianni, questo l'hai sempre stonato, tu, laràaaa.

Gianni                           - (con odio) E io che ho fatto? Laràaaa...

Bibò                              - (col sorriso) No... È laràaaaa.

Madre                           - (tornando svanita e distaccata) Ragazzi per piacere.,, con questi strilli... Piantatela un po'... Fermenti lattici e dieta leggera, tu, hai tutto uno sfoghino... va be', ciao...

Gianni                           - Ma no, resta... sono venuto apposta perché mi hanno detto che tu eri qui... È un fatto talmente straordinario. Maometto alla montagna... Eh, ora arrivo io e te ne vai?

Madre                           - M'ha spinto proprio la curiosità di vedere il matto. Ma hai visto tu? Chiuso in cantina con Hegel... Non è ancora stufo? Secondo me ormai è solo polemica. Ciao ragazzi. Ma guarda... Già. era un secolo che non ci si vedeva insieme noi tre... i miei bambini... Due diavolacci pelosi! E pensare che con voi due è cominciata la mia tragedia... da quando ho fat­to te ho cominciato ad ingrassare... prima ero una silfide!

Bibò                              - Ah, adesso è colpa nostra se sei diventata cicciona?

Gianni                           - Non dargli retta mamma. Non sei affatto cicciona...

Bibò                              - Hai ragione non è cicciona, è una ciccio-tardona!

Madre                           - Carini! Questo villano, quello ipocrita... chi me l'ha fatto fare? Io glielo dicevo sempre a vostro padre. È più divertente la roulette, i bambini non bisogna farli e alla peg­gio se proprio arrivano, affogarli quando sono ancora pic­coli... come consiglia Erode... Ciao ragazzi.

Bibò                              - Fatti vedere?

Madre                           - Sicuro... se non altro mi rivedi in qualche libro di testo come esemplare tipico di madre borghese capitalista! Ciao! (Esce la madre Gianni viene avanti)

Gianni                           - Perché ce la rappresentano sempre col pomo? È dopo, dopo che vorrei vederla, Eva, Madre!... Alle prese con Caino e Abele. A distribuire baci o sculacciate a quei bambi­ni già segnati dal destino. Secondi alla vita, ma primi a sta­bilire le radici fondamentali: odio, gelosia, male... (Sugli schermi appare alto e divino Mosè michelangiolesco. Voce alonata stentorea infernale)

MosÉ                            - E il fratello che alza la mano sul fratello... E colui che alzerà la mano sul suo fratello... E se tu alzi la mano. Se il fratello colpisce il fratello... E il fratello colpito dal fratello...

Gianni                           - Basta con voci mitiche archeotipiche... Certo! Tan­ti fratelli... Caino e Abele, Giuseppe e i fratelli... perfino Romolo e Remo. Però sempre uno buono e uno cattivo! E qui chi è il cattivo? Io no! Lo so e lo dico chiaro e alto. Io sono nel giusto. Io faccio del mio meglio. Io credo nell'uomo e nel suo futuro. Io combatto la miseria, l'ignoranza, la sof­ferenza. Io non abuso in ciò che potrei. Io vorrei che tutto andasse nel migliore dei modi. Io gli voglio bene a mio fra­tello... Voglio aiutarlo...

Bibò                              - Giorno di visite, oggi. Botta familiare. Chissà; per­ché tutti insieme... non torna. Sono più di sei mesi che sto via di casa... non è successo niente, oggi?... com'è tutte queste visite?

Gianni                           - Casuale... a casa mi hanno detto che la mamma era qui... non volevo perdermela. Ma che di te ci interessia­mo, anzi che a casa non si parla d'altro... te lo puoi immagi­nare. Andiamo perfino a colazione dalla mamma per parlare di te. Contento?

Bibò                              - (lancia uno sguardo storto al fratello poi ride) Mi fate sentire come quelle giovinette che scappavano di casa per fare il varieté...

Gianni                           - Al contrario... vedi. Godi ancora di una notevole stima da parte di tutti i vecchi verminosi integrati della tua famiglia, tra i quali figuro naturalmente anch'io... scherzo... È che ogni tanto ci piglia un po' di nostalgia di Bibò... Poi, sai, gli altri, chi più chi meno, sono tutti tornati a casa...

Bibò                              - No... io a casa non torno... però anche a me fa pia­cere vedervi... Non mi faccio vivo spesso, perché... Be', pro­prio perché voglio completare il distacco dal ventre materno.

Gianni                           - Come vuoi, come vuoi... non stare a giustificarti... va benissimo cosi.., Che fate qui? Lavoro di gruppo?

Bibò                              - Il gruppo... non c'è più. S'è sciolto ormai... Ci sono io che cerco di organizzare la mia confusione... e tu? in fab­brica come va? Sei riuscito a combinare qualcosa con quel tuo famoso progetto? Ormai è parecchio che ci lavori...

Gianni                           - Due anni... E cosi non vi vedete più?...

Bibò                              - Ogni tanto facciamo delle riunioni... Però che sim­patica mamma a venire... è incredibile, reagisce sempre al con­trario di quello che ci si aspetta. Mi ha portato anche dei sol­di... figurati...

Gianni                           - Mi piacerebbe venire, quando fate le riunioni... Qualche sera... In fondo perseguiamo gli stessi scopi.,, per vie diverse... chissà, forse potrei darvi una mano... per ottenere quello che volete...

Bibò                              - Quello che vogliamo?... bisognerebbe saperlo... per ora cerchiamo ancora di capire quello che non vogliamo... soprattutto io.

Gianni                           - Insomma non si può venire...

Bibò                              - No, vieni, vieni... a vedere i conati della triglia mo­ribonda... vieni se t'interessa...

Gianni                           - No, no, grazie. Tu preferisci che non venga. (Trattiene l'ira che gli monta) Eh! Già, il fratello integrato, fagocitato dall'industria di famiglia...

Bibò                              - Ma no, vieni quando ti pare. Solo resterai deluso... io per me, figurati...

Gianni                           - Scherzavo... in fondo era solo una curiosità. C'è niente da bere...

Bibò                              - Vino. Però è temperatura ambiente. Qui non ci sono frigoriferi.

Gianni                           - Ah, sanzione agli elettrodomestici. Sei contro di noi!

Bibò                              - Non ci crederai, ma si vive benissimo lo stesso!

Gianni                           - Certo, è una scelta, tu scegli il vino tiepido. Che ne dice Lisa? (Lisa sugli schermi)

Bibò                              - Per lei venire qui è come una spedizione al Mato Grosso... Sopporta perché è la legge della giungla... poi, oh, libera di fare quello che vuole... però simpatica...

Gianni                           - Mi ha fatto piacere quando ho sentito che uscivi con lei. Per un attimo mi sei apparso come una persona nor­male...

Bibò                              - (ride come un matto) Perché che credevi? Certo, è una ragazza divertente... la conosci anche tu, no? È buona, carina. (Gianni tira fuori un assegno) Cos'è quello lì?

Gianni                           - Con le ragazze, un po' di soldi ci vogliono... non sapevo che te li avrebbe portati la mamma. (Bibò prende l'assegno)

Bibò                              - Una vera botta assistenziale! Arriva grana da tut­te le parti. Un altro testone!

Gianni                           - Dovrai pure portarla fuori la sera...

Bibò                              - Fuori? (Si susseguono sui tre schermi una serie di immagini dell'amore di Lisa e Bibò. Mani che si toccano. Boc­che. Dettagli dei momenti di unione. Musica fortissima. Mu­sica fortissima crescendo Tristano e Isotta) Ci arresterebbe­ro, fuori...

Gianni                           - Come?

Bibò                              - Dicevo, in generale, quando ci vediamo...

Gianni                           - (violento grattandosi) Restate sempre chiusi a ca­sa... capito... non preoccuparti, nessuno ti ha frainteso, non c'erano dubbi... hai lasciato trapelare benissimo il mistero...

Bibò                              - Mistero?... sei matto? Mistero perché vado con una ragazza, che mi è simpatica. Come faccio sempre con chiun­que ogni volta che mi capita, che mi va e che ci sta. Dico... se poi per qualcosa t'interessa... avverti e...

Gianni                           - No, no... anzi... ti porto soldi per questo, figurati...

Bibò                              - Che fratellino d'oro. Mi paghi le donne... ecco co­m'è che siete venuti, sia te che la mamma... avete sentito col radar, l'odore del vizio: s'è fatta la donna, gli serve la gra­na. Ed eccovi tutti qua, affettuosi, carini, a portare soldi... a lanciare il lazo per accalappiare il puledro. Allora com'è. Eh? Come dovrei fare? Si rifiuta in teoria, però in pratica... Fer­rari, champagne e nel whisky quattro cubetti di ghiaccio per cortesia, e di quelli cilindrici americani, perché è un ghiaccio migliore e lega meglio col whisky? Cosi? i soldi per scopare... ecco qua. Io me li becco i vostri soldi. Eccoli qua, li metto sull'altarino. (Li piazza su qualcosa che abbia un'aria di al­tare liturgico) Ecco il santissimo reverendissimo denaro, figlio diletto del suo stesso padre di cui fa parte; il capitale...

"Capitare nostro

che sei in occidente

dacci oggi i nostri utili quotidiani

come noi li diamo ai nostri creditori.

Ammortizzati siano i tuoi investimenti.

Venga il profitto tuo

sempre sia fatto il tuo interesse

come in cielo cosi in terra..."

Gianni                           - E smettila! Come te la senti ancora di continuare con queste pagliacciate... sei fuori tempo. Proprio di cattivo gusto...

Bibò                              - Addirittura... e io che ingenuamente lo facevo in ono­re tuo! È roba degli studenti di Colonia... Lo trovo carino e pieno di colore... Almeno hai qualcosa da raccontare agli ami­ci del circolo del tennis, sul fratellino contestatario, no?

Gianni                           - Ti darei un cazzotto. Deformi tutto con quella mente contorta... Va be', ridammi quei soldi e basta.

Bibò                              - Ah no! Quelli ormai sono imbertati! Sai, il movi­mento studentesco ha molto bisogno di soldi... adesso più che mai... abbiamo un sacco di spese e sempre meno simpatizzan­ti... La roba costa cara... pensa solo di cartelli, dischi, chi­tarre...

Gianni                           - E metti in conto al movimento anche Lisa?

Bibò                              - Lisa poverina... Lisa è una brava ragazza... Continue­rà a portarmi gentilmente lei a cena fuori...

Gianni                           - Lei! Paga lei la cena?

 

Bibò                              - Certo... sai io trovo giusto che sia la donna a dare da mangiare all'uomo... Cosi meglio l'uomo mangia, e mag­giormente è pronto e forte per lo sdang-sdang... Lisa mi nutre benissimo! E poi si rende anche utile... mi lava per­fino i calzini... Te l'ho detto, è molto simpatica! (Immagini Lisa amore Bibò sugli schermi. Gianni grattandosi si scaglia contro una Lisa indifferente che da una parte della scena canticchia intercalando con urli perché si sta strappando i peli con la cera da qualche parte in casa sua)

Gianni                           - Allora ci vai davvero, col ragazzino! E non me l'hai voluto dire. Bugiarda! e io che non volevo crederlo! E paghi pure! Puttana! Con me hai sempre fatto pesare i soldi che erano dovuti in omaggio al piacere della tua compagnia. La .principessa sul pisello! Brutta troia! Ci vai a letto col ragazzino! Da me vuoi i soldi... e a lui li dai! E lui... un magnaccio! Un bel pappone altezzoso, pretenzioso, ascetico... che ai soldi non ci pensa. Li rifiuta... ci sputa sopra! Lui... e tu... paghi! È orrendo... schifo merda... Io sono meglio in tutto... un Dio dovrei essere ai tuoi occhietti bistrati di put­tanella. E come negavi. Ecco perché negavi: "siamo amici..." cosi da me continui a prenderli e a lui li dai! Bugiarda, cre­tina! sono meglio iooooo! Sono più intelligente. (Lei seguita naturalmente senza sentire la sua spelata a cera canticchio-urlo) Sono più ricco! Sono più colto. Sono assolutissimamente sicuro che faccio l'amore meglio di lui! Sono anche più bello! (Dopo questo sfogo urlato di quanto lo divora dentro, con un passaggio immediato dall'urlo al tono normale, Gianni rientra nel tempo e nella scena con Bibò. Indifferente quasi salottiero) E ti lava anche i calzini... straordinario... chi l'avrebbe mai sospettato... Lisa.

Secondo tempo

Gianni è con Lisa. Ha l'aria affaticata Lisa è in blue jeans differente dalla ragazza play men che abbiamo conosciuto all'inizio ha un tono più vero e dimesso di ragazza pulita. Gian­ni con un gesto da imbonitore srotola un mucchio di depliants pubblicitari. Riempiendo l'aria di colori allegri.

Gianni                           - Voilà... Gli ultimi modelli sono straordinari... Per tutti i gusti e per tutte le tasche... A superturbina... a pres­sione centrifuga... completi di strizzatoio e essiccatoio ad aria calda... veri supergioìelli della tecnica...

Lisa                               - Ma di che parli?

Gianni                           - Lavatrici, mia cara. Ne hai bisogno ormai... è finito il tempo dei profumi e dei bagni di schiuma... sento di­re che ti sei data alla nobile arte della lavandaia... fai i buca­ti!... Al mio fratellino, mi dicono, lavi perfino i calzini!... Adesso lavi anche le mie mutande sennò mi offendo...

Lisa                               - E piantala.

Gianni                           - (le si avvicina, la annusa) Si sente, sai! Il pedante afrore della lavoratrice domestica... ti faccio mandare anche un deodorante omaggio! Puzzi.

Lisa                               - Vattene! Va via!

Gianni                           - Uh, tiriamo su la cresta! Com'è? Tutta con me ti viene fuori la dignità. Non mi dirai che ti offendi? Di un po'... Un'altra cosa. Non sei un po' troppo giovane per passare i soldi agli uomini, tu?

Lisa                               - È casa mia! Vattene o chiamo la polizia!

Gianni                           - Che fai tu? Io ti faccio rimpatriare col foglio di. via a te, sai?... Perché non me lo hai detto che andavate a letto insieme? Perché? Perché sei puttana, ecco perché!

Lisa                               - E allora? Allora ma tu che vuoi da me? Non te l'ho detto. Non m'andava di dirtelo! E poi dirtelo era come am­mettere con te e con me stessa che tu... insomma mi trattavi peggio che una puttana, davvero. Comunque guarda chiuso, basta!

Gianni                           - No, no, non basta no! Perché gli passi i soldi e non mi sta bene che mio fratello si abitui a vivere cosi, come un pappone. Chiaro? Questa storia non mi va!

Lisa                               - Neanche a me mi andava che tu me lo portassi a casa! Te lo ricordi?... Ma tanto hai fatto e tanto hai detto che ecco qua! Ma t'è andata male! Io soldi da lui non ne prendo, quindi il ricattino non è riuscito! Figurati. E poi lui dei soldi se ne frega... Non sa neanche che sono... non lo incastri! E la cena gliela pago io, si... coi soldi che mi dai tu!

Gianni                           - Oh! abbassa il tono!

Lisa                               - Perché le puttane strillano, no?

Gianni                           - (l'afferra, la guarda fissamente. Si trattiene) Ma che ti succede, Lisa? T'è piaciuto tanto quel ragazzino? (È un momento di verità nel quale Gianni riesce a essere quasi umano) ...Più di me? (Lisa non risponde) Più di me...

Lisa                               - E piantala. Ma cos'è 'sta rabbia? Ci sei rimasto ma­le? è la prima volta che ti vedo cosi... Come se... come se tenessi a me...

Gianni                           - Tu che ne sai?

 

Lisa                               - No, eh? Sei proprio matto, tu! Non si capisce. Tanto mi hai mollata, no, non ti fai più vedere da due mesi. Storia chiusa. Ora smetti anche di mandarmi i soldi e non ne par­liamo più.

Gianni                           - Più di me? (Si avvicina minaccioso grattandosi. È vicinissimo. L'afferra e la costringe a voltarsi. L'ira gli monta dentro) Più di me? (Lisa costretta affronta il suo sguardo)

Lisa                               - È diverso.

Gianni                           - Diverso! Che vuol dire? Niente. Uno o è più o è meno... Cos'è, com'è? (Ormai è come una bestia. Lisa anche però è fuori di sé anche se ha paura reagisce violenta)

Lisa                               - Lasciami! Lasciami! A te non te ne è mai importato niente di me! Neanche adesso. Ti fa solo rabbia. E basta! Lasciami! Tanto è inutile!

Gianni                           - Non è vero che è inutile! La passione? No, cara­ti sei montata, perché t'ha dato in testa... ma ti conosco io, a te! altro che Giulietta e Romeo e il ragazzino che dice le poesie! Tu non sei roba da fidanzatina di Peynet... Puoi fre­gare lui, ma non me... lo so io quello che ti piace... ma tu te lo ricordi, chi sono io? O te ne sei scordata... vieni qua che ti rinfresco la memoria... (L'afferra e la bacia violento. Lisa cerca di sfuggire)

Lisa                               - Nooo!

Gianni                           - Che no? Che no? Vediamo un po' se ti faccio proprio schifo! (La bacia di nuovo) E sta' ferma...

Lisa                               - Nooo!

Gianni                           - Te la leggo negli occhi la voglia di fare porcate! (Gianni la stringe, la travolge. Lisa cerca di difendersi, diven­ta una lotta. Sugli schermi i dettagli) Ferma! Ti conosco io. Ti piace, eh? Altro che Bibò, brutta puttana. Guarda che occhi... e non mordere. (Gianni le allenta uno schiaffo. Poi un altro. La butta per terra. Le è sopra)

Lisa                               - No, Gianni! Mi fai male... Non voglio... No! (La lotta si fa brutale. La picchia. È una vera violenza)

Gianni                           - Ti ricorda i bei tempi. Quando facevi la cagna in mezzo alle partuse! Troia!

Lisa                               - Sto male...

Gianni                           - Stai male... E quando ti abbattevi in mezzo ai mucchi, stavi bene? Non glielo hai detto questo al ragazzino? È un moralista, lui... Non gli piacerebbe... lo conosco bene io... in fondo è puro come una conversa... se ti sapesse come sei... cosi mignotta... gli faresti schifo... e che stavi con me, lo sa? Che hai preso i soldi da me, per uscire con lui, per riportarlo a casa, lo sa?

Lisa                               - Basta ti prego... sto male... ti prego.

Gianni                           - Un plagio questo t'ha fatto Bibò... un plagio. (Li­sa si affloscia. Gianni si accanisce)

(Accordi di chitarre. Bibò ha in mano una copia di Paris Match di maggio)

Bibò                              - Eri bruna, bella, un trucco impeccabile. Molto ele­gante, un completo da doposcì. Capelli soffici un foulard di traverso, al vento e portavi alto il cartello "Siamo tutti ebrei tedeschi". Appena ti ho visto, quella mattina a Boulevard Saint Michel, ho capito che era tutto sbagliato. Sbagliato an­che io, quel mio correre con gli amici a Parigi... quella rivo­luzione trasmessa alla televisione come una partita di foot­ball. Rivoluzione con le ciglia finte, da boutique, costumi di Cardin... Rivoluzione... in un attimo le facce demoniache delle streghe affamate, cappello frigio e marsigliese, sui cancelli della Bastiglia, e quelle dure delle mugike cattive di odio, con­tadine vere, quelle si erano cose serie... Ah, la rivoluzione... Parigi, Parigi... l'ala del futuro ci ha sfiorati... e tremavano di paura, i generali, i capi divisione, i direttori di banca, da­vanti alle televisioni a Boston, a Madrid, a Zurigo... Ma il saggio, vecchio dritto, col suo naso lungo, ha odorato che in quel giuoco, il giocattolo era più grosso di noi! Sarebbe bastato niente perché la loro paura diventasse terrore e resa... Ahi! Ahi... ma dietro ai nostri cartelli è rimasto solo Cardin con le ciglia fìnte e Godard con i suoi fazzoletti rossi-La dimensione? Un grande happening riuscito. Poi la paura è passata. L'occasione, la grande occasione perduta. E noi? (Scoppia fintamente a piangere). Eeeeh... piangiamo, facciamo pipi a letto... corriamo da mamma... oppure,       - (ride e sghi­gnazza) ah, ah... Ride bene chi ride ultimo... Perché qualsiasi cosa nel futuro avvenga, alla fine intervenga la famosissima legge del Menga: chi l'ha preso nel buso se lo tenga... o an­che fischi, pernacchie. (Fa pernacchie) Però forse è stato me­glio. Trattati da ragazzini terribili, tutto li. E forse, forse è meglio cosi. Sta a noi dimostrare chi siamo! Siamo uomini o ragazzini? Io voglio essere un uomo... (Musica) Un uomo che cos'è? Un uomo, un uomo, che cos'è? La,forza di dire di no! La forza di andarsene via! La forza di avere le idee! La forza di vivere male! La forza di rompere tutto! La forza di ricominciare! La forza di sbagliare! Sbagliare Sbagliare Sbagliare! Ma senza accettare! Mai! Eppure... no, scusate... ma ho paura... che... No, di cantare non me la sento... non è più tempo... Sa... di carnevale. Ho l'impressione che tutto sa ancora troppo di carnevale... abbiamo cantato tanto... non ci si può più cantare sopra! No. (Bibò via) (Entra la madre chiusa ermeticamente in un bagno dima­grante. Il padre la sospinge nel suo bagno a rotelle, come fosse una carrozzina da bambini)

Madre                           - Iooo! Collettivizzare la fabbrica? Ma voi siete mat­ti! Vi sono proprio venuti i formiconi nel cervello a voi due ma poi perché?

Padre                             - No, vedi tesoro...

Madre                           - Perché saremmo i primi? Bei deficienti... No, dico, fammi capire! I primi che mollano... Qui semmai bisogna fa* re di tutto per essere gli ultimi... E noi, per primi, non richie­sti?...

Padre                             - No, guarda amore mio.

Madre                           - L'amore tuo non guarda niente, caro mio. Socializ­zare la nostra azienda... Ma sentitelo... come gli salta in men­te a Gianni! Come si permette... No, la serpe cresciuta nel seno. Pure il figlio di sinistra... Io poi l'ho sempre detto le idee di sinistra portano iella! Comunisti... Ahh! (Fa le corna)

Padre                             - Ma no, che c'entra...

Madre                           - C'entra e come... sempre con Marx qui... socializ­zare, ma cosa crede? Che davvero la rivoluzione è dietro la porta? No, dico, per piacere? Chi l'ha detto che ci sarà que­sta rivoluzione? Tutt'al più quelli dall'altra parte... quelli fan­no benissimo a sostenerlo... fanno la guerra psicologica loro, proprio per i selleroni come voi che ci cascano... E magari se la fanno sotto e socializzano. Figuriamoci! La rivoluzione sociale! Se non la vuol più nessuno. Neanche gli operai... An­che perché quelli fra colbacchi e facce sempre incacchiate non fanno mica una buona pubblicità all'idea... Difatti caro mio son tornati tutti indietro di corsa! Hai visto De Gaulle, Nixon, persino il Papa con la pillola e loro stessi coi carri ar­mati... No, non cambia niente... Non si rivoluziona niente... Comunque poi, io sto a guardare... perché sulla parola, tipo paradiso, no, non ci credo!

Padre                             - Ma amore, ragiona...

Madre                           - Pio, insomma. La fabbrica agli operai, mai! Ven­gano coi bulldozer a trascinarmi via, perché io non mi muo­vo! Verrà la rivoluzione? Benissimo. Ma quando? In senso storico, sai cinquant'anni sono niente... Un batter di ciglio... Be', a me mi basta quel batter di ciglio li, è fatta! Che mi fre­ga. Tanto per i ragazzi non c'è problema. Gianni sembra pa­gato dal Cremlino... Bibò è peggio di un emissario di Mao. Ca­voli loro!

Padre                             - Mi fai piazzare una parola, perdio!

Madre                           - E parla se hai qualcosa da dire! Ne dubito, comun­que parla! T'ho mica imbavagliato. Però se possibile sintesi, Pio mio, perché il nervo regge poco-

Padre                             - E ma che maniera di ragionare, amore! Non ascol­ti mai! Non si può fare un discorso filato! Interrompi conti­nuamente

Madre                           - Si, va bene, allora... argomenti, prego...

Padre                             - Mmm... volevo dire che se tu fossi più tranquilla, cercherei di spiegarti bene l'idea di Gianni. Perché, sai, lui è un puro... e non ha calcolato certe cose... Ci può essere una strada molto interessante. Studiando la possibilità abbiamo visto che...

vIadre                           - No dico: mezz'ora di preambolo, ti faccio notare...

Padre                             - Accidenti! Sei anche maleducata! Basta! Non par­lo più!

Madre                           - No, dai, va bene, scusa, inferno, Pio!... allora stu­diando le cose?...

Padre                             - Insomma il piano di Gianni socializza ma socializ­zando lascia un sacco di scappatoie. Lui non se ne è nem­meno reso conto, ma le prime cose che andrebbero nel cal­derone della socialità, sarebbero proprio' certe seccature, so­prattutto le tasse... capisci... insomma per esempio tutte le previdenze se tu ragioni che la percentuale del fatturato...

Madre                           - No! Per carità! Non voglio sentire, non voglio sa­pere... sono robe vostre... io mi chiudo dentro casa, col mio caviale, col mio champagne... anzi, guarda se continuate, io mi faccio anche la moquette di cincillà! Vuoi vedere?

Padre                             - Come sei irragionevole, amore... Irritante.

Madre                           - E anche peggio, che irritante, guarda. Pazza e caro­gna. Sono io che sfrutto il popolo, io che affamo l'infanzia, che butto nel fango i vecchi, io che succhio il sangue alle vedove e agli orfani, però stabilito che la cattivona sono io, lasciatemi in pace. Pio, io quella firma per socializzare la fab­brica mai!

Padre                             - Va be', basta. Ti manderò Gianni. Ti parlerà lui...

Madre                           - Si, manda Gianni, manda

Gianni                           - Gianni, eh... anche Gianni crescerà. Anche lui è un bambino. Giuoca con le riforme sociali, come Bibò con la contestazione. Bisogna la­sciarli giuocare. Mentre loro giuocano gli anni passano. I cambiamenti sono cose lunghe, la giovinezza è breve.

Padre                             - Maria, delle volte mi fai paura... ma tu mi hai tradito?

 

Madre                           - Piooo! No, dico, almeno capire, come ti viene?

Padre                             - Per parlare con te. È tanto che non parliamo noi due. Forse non abbiamo parlato mai. Solo una smitragliata di battute da te tutte spiritose, lo che non piazzo una parola. Ho freddo Maria.

Madre                           - No, tesoro no. Hai la pressione bassa, fatti portare un plaid. Ma il freddo nell'anima... No, nini. Non t'illudere di trascinarmi nei vaniloqui crepuscolari. Figurati, io cerco solo di dimenticarmi.

Padre                             - Cretina! Lo sai per esempio che io ti amo ancora.

Madre                           - Be'? Questo è carino. Un filo gerontofilo data la nostra età. Ma insomma, Pio mio...

Padre                             - Se ti dicessi che io sogno di farmi ibernare?

Madre                           - Io sono per la cremazione, come la mettiamo?

Padre                             - Ma insomma. Un attimo di tregua. Affetto. Poggia­re la fronte sul tepore fresco e morbido di un seno. La com­pagna, la cuccia. Uno ha bisogno di calore. Vorrei accucciar­mi vicino a te e parlarti. Sfogarmi. Adesso fulminami con un insulto. Figurati. Ma questo vorrei, accucciarmi sotto di te e parlarti per ore.

Madre                           - Eh, ma io lo so... lo so che è questo che vuoi. Ma hai capito male, tesoro. Io non ce la faccio, Pio mio. Te l'ho sempre detto. Prova con le segretarie... io ti perdono, sai... ti perdono... ti perdono. (Escono dall'altro lato della scena)         - (Presso il letto di Lisa il dottore e Gianni. Le immagini del dottore alte sugli schermi)

Dottore                         - Complimenti! È di due mesi. Mi posso compli­mentare? Comunque complimentiamoci, mi complimento e complimenti a lei signora, pardon signorina. Conosce ì gra­fici dell'aumento demografico mondiale? E le immagini delle spiagge giapponesi nei giorni di festa? Sono visioni, statisti­che, dati agghiaccianti. La scienza studia freneticamente col­tivazioni di gamberetti e applicazioni gastronomiche dell'alga marina. La progressione dell'aumento della popolazione mon­diale è una condanna inesorabile. Qualsiasi persona civile, per equilibrare la dissennata prolificità delle masse sottosvi­luppate dovrebbe autoporsi un freno in questo senso. Infatti il 20 % progressivo del quoziente di... (Lisa, mentre il dottore continua il suo sproloquio, corre verso la luce uno due tre suoni incantati)

Lisa                               - Ecco, di nuovo per me il grande richiamo.

Giù dentro il profondo

calda - umida

matematica - schifosa

la macchina meccanica di fabbricazione

travestita da me travestita da lui.

Travestita da amore, piacere

sexybell Giulietta Isotta Incontro.

È scattata nel buio del suo mistero.

Ecco lui.

Colpo di coda. Elettrico-vitalità.

Arriva prima degli altri 600.000.000

e penetra nel regno caldo

dove il suo ultimo guizzo-movimento

incontra la sua calda meta-metà.

E insieme sono la vita.

Ecco avvenuto il miracolo dentro.

In un angolino basso di me.

Un pezzettino di me grande quanto un'unghia.

Che è me, lui, nostro figlio

la vita, Dio.

E tu, che già eri dentro di me.

Nel nido di me. Cieco di fiducia

e che io ho tradito.

Forse giustamente

forse ingiustamente.

Una piccola operazione. Non c'è da preoccuparsi:

Un quarto d'ora. Si raschia via. Proprio una

sciocchezza.

Tu, il tuo sorriso che non c'è.

I tuoi occhi che forse sarebbero stati come i miei.

E non ci sono.

Tu, mi avvolgi la gola e me la stringi.

Ma ero cosi convinta di fare bene.

Un figlio senza un padre

un guaio per lui - per me. Un mondo cosi incerto:

tu mi stringi la gola e mi fissi con la tua

faccia che io - assassina          - non ho mai fatto

nascere.

Te lo giuro, amore, figlio mio. Questa volta

non tradirò.

Ti voglio, figlio... torna con lui, tu che uccisi.

II tuo primo sorriso, sarà il perdono!

E tutti gli sbagli che sono io, saranno la tua casa.

Il vento si alza               - bisogna tentare di vivere.

                                      - (Torna Lisa al suo posto. Il dottore sta continuando il suo sproloquio)

Dottore                         - ...progressive del 50-75 %... ma normalmente al singolo sfuggono i significati collettivi. Valutando tutte queste cose dovrei al contrario dispiacermi con la signora, anzi, par­don, signorina... ma, come ho già accennato in privato, mi complimento... Sono due mesi. Lo lasciano? Malgrado i dati anagrafici scientifici geografici? Perché? Perché nel caso, un quarto d'ora, completamente indolore? La scienza è a vostra disposizione. (Esce. Lisa è profondamente colpita e cambiata. Gianni teme di aver capito)

Gianni                           - Che farfuglia? Cosa dice? Che vuol dire?

Lisa                               - Ci ha avvertiti che sta per venire al mondo un altro figlio di puttana. Inconveniente che si può ovviare in un quarto d'ora secondo lui...

Gianni                           - Bambino...

Lisa                               - Cosa pensi di te, Gianni? Quello che hai fatto pri­ma... Come lo vedi adesso... Come gliela racconterai questa storia ai tuoi nipotini da vecchio? C'era una volta il nonno che violentava una ragazza incinta di suo fratello... Ma non era importante perché tanto quella ragazza era una poco di buono in fondo e allora...

Gianni                           - Ti prego, Lisa... Ti prego... Non bloccarmi su questo adesso... Io non sono questa cosa... Andiamo... Non il bruto che strappa i vestiti e ti violenta, che cavolo! Io ri­spetto tutti. Vado dentro casa fino dell'ultimo dei miei ope­rai, per capire, a conoscere i figli... perché lo rispetto... e con te... non so che mi succede Lisa... non mi riconosco... Un at­tacco... gelosia, credo. Io non so che darei adesso per non averlo fatto... È inutile recriminare... tu stai poco bene... ora bisogna pensare a te... sta' tranquilla io ti starò vicino. Qual­siasi cosa tu possa aver bisogno.

Lisa                               - No, caro, no... non dire niente... riconosco il tono... decidi tu, fa tu... come l'altra volta...

Gianni                           - Sei ingiusta. Quella fu una decisione che prende­sti tu, da sola... io... ero li, potevi contare su di me... per quello che serviva...

Lisa                               - Un padre per il bambino! Ecco quello che serviva. Ma per carità! Io venivo da cose troppo brutte. No, lo so. Hai ragione... avevi perfettamente ragione. Chissà chi era il padre, no?... Non ci si pigliano gli avanzi di un altro... che devi aver pensato eh? Un figlio di partuse... chi era mio figlio per te? Peggio di un figlio di nessuno. Tu lo vedevi figlio del reggimento, il mio bambino... Dillo... (Piange)

Gianni                           - Lisa... Lisa... Calmati. Tu non ti senti bene... Non pensarci adesso. Dopo, più tardi, quando ti sentirai meglio, con la mente chiara...

Lisa                               - Non c'è bisogno di pensare questa volta. Questa vol­ta so chi è il padre. È Bibò. Tu non c'entri, sta' tranquillo,I sei fuori causa. E non ti devi preoccupare di niente. Tanto ho già deciso tutto.

Gianni                           - (dopo una pausa) Perché Bibò, Lisa?

Lisa                               - Perché è Bibò!

Gianni                           - E perché? E io? Che sarebbe mettermi da parte come un asciugamano bagnato? Io ci sono! Ci sono stato a letto con te! Io, di sicuro... Anche volendo escludere even­tuali altri!

Lisa                               - Noo! Non ci sono altri... ecco! E tu... (Traffica. Tira fuori un calendario) L'ultima volta che sei venuto da me, è stata quella domenica, quando mi hai portato la macchina! Ecco. Controlla la data dei miei periodi è segnata con la pal­lina rossa: "Giorno da ricordare". Mi dispiace. È figlio di Bibò. E poi non mi importa proprio niente se ci credi o no. Non m'importa di quello che pensi. Da te voglio una cosa sola. Vederti sparire. (Gianni si sta grattando, ormai quando lo fa cerca di nascondersi come fosse una cosa oscena, la fissa. Ma non riesce a dominare il prurito. Esce. Con uno scatto si gratta violentemente. Si avvicina il dottore)

Dottore                         - Allora? Credi che la signorina desideri...

Gianni                           - No... Lo vuole tenere...

Dottore                         - C'è ancora tempo per convincerla... insomma, io sono a disposizione... e tu?... la tua dermatite peggiora. Dovresti deciderti a curarti davvero. Non mandarmi al dia­volo, ma perché non ti affidi con fiducia.

Gianni                           - Che mi sento?

Dottore                         - No, e no, sei tu che devi dire a me che ti senti... (Gianni si sfoga nella corsa dei suoi pensieri)

Gianni                           - Eh già... ti piacerebbe, eh, imbecille in camice bianco, un bel carachiri e plluff... tutte le viscere sul tavo­lino... e tu che studi col tuo occhialino... una bella sciorinata di biancheria sporca, i meandri dell'anima dei precordi del subconscio e del conscio e dell'io e del «uperio... che poi proprio carino... un caso da pernacchie dal ridicolo... roba neanche da Rider's Digest... Peggio... fumetti... e di second'ordine! C'era una casa, Dottor Sigmund... la caàa simboleggia la donna e la madre. L'Eros. E un albero alto lungo... Un ci­presso... simbolo del membro maschile quindi della mia virilità... E il mare lontano... la purificazione... Lisa fa l'amore con Bibò e a lui gli vuole bene mentre a me no!... Come la mamma... Persino papà, quando se lo guarda come un in­namorato. (Cambia ancora) Mia era essa. Creatura mia. Put­tana era, drogata e meschina e la salvai, la vestii, la nutrii. Cosa mia... E connuto come fraterne me fece. Ora pregna è! (Torna se stesso) Il ridicolo... Io a Bibò gli voglio bene dav­vero... che vuol dire... davvero cosi imbecille... Andiamo. Perché quest'astio contro di lui... come se davvero volesse lui strapparmi tutto, dalla madre, alla bandiera di un mondo migliore, ma io lo so... È un ragazzino pazzo... giuoca! Di tutto questo non ne sa niente... non gliene frega niente... Però il figlio, no! Che cavolo, il figlio non lo mollo. (Torna al dottore) Sai che ti dico dottore. Non mi fido di te! Non ci credo a te! Lo stregone, voglio lo stregone! Tu mi hai rotto i coglioni, dottore! (Esce)

Dottore                         - Un'altra volta? Ma Gianni sta poco bene quel ragazzo!

(Entra triste Bibò. Lisa cerca di farsi coraggio, di scherzare, ma Bibò non abbocca)

Bibò                              - Sono venuto qui per rilassarmi! E tu non cominciare a rompere le scatole.

Lisa                               - Sei impazzito! Se non ho detto neanche una parola! Sei proprio un mostro! Non ho fatto niente...

Bibò                              - ... non desidero subire stimoli sensori di nessun tipo. Un poveraccio non può concentrarsi- in pace.

Lisa                               - Almeno saluta, no?

Bibò                              - Heil Hitler!

Lisa                               - Cretino! (Ride) Va be', ti lascio in pace... concen­trati... su che ti concentri, poi...

Bibò                              - Sul concetto di uomo gruppo.

Lisa                               - Ma che è quest'uomo gruppo?... Si può sapere, o è un segreto...

Bibò                              - ...l'uomo gruppo è l'uomo nuovo con concetto di etica collettiva. Chiaro?

Lisa                               - Eeeh!

Bibò                              - Ci riflettevo mentre salivo da te, ipnotizzato dalle chiappone dondolanti della cicciona del piano di sopra... Ho scoperto che quel sederone oscillante mi stimola la concen­trazione... Perché io mi sto distaccando completamente dal concetto uomo-gruppo e per di più vengo sempre qui da te... troppo. Ho fatto tanto per perdere certe abitudini e di­sancorarmi... non vorrei scivolare in un rimpasto uterino con te. C'è una mela?

Lisa                               - Che vuol dire? Mi stai mollando?

Bibò                              - Ho fame... no, io mi limito solo ad analizzare.

Lisa                               - Ma che analizzare... Oh, se hai tutti questi dubbi vattene pure, perché a me mi fai un piacere, se mi molli, che ti credi?... L'uomo-gruppo e i problemi... certo, ma in saccoccia me la piglio io, perché noi che ancora invece sia­mo cretini, normali, abbiamo un sacco di grane. Ci servono i soldi, il lavoro... qui si deve pagare la luce, il gas... tu, con l'etica di gruppo te ne freghi. Ah, andiamo proprio bene... ho preso proprio una bella strada io con te...

Bibò                              - Bomba palle, bum, bum bum... t'ha detto male pic­cola... va bene, va sopportiamo insieme' impazientemente. (Le si avvicina l'abbraccia. Lisa lo scansa)

Lisa                               - Stai troppo con me. Ti vedo neanche due ore al giorno...

Bibò                              - Ma te lo vuoi ficcare nella zucca che hai avuto la dabbenaggine di legarti a una personcina protesa verso altri problemi?

Lisa                               - Certo! La rottura! Figurati! Bella rottura davvero!

Bibò                              - Capito. Brutta giornata. Sei noiosissima oggi! Non c'è neanche una mela... Lasciamo perdere, va, ci vediamo do­mani... Ciao. (Si avvia per andare)

Lisa                               - Si vattene, è meglio... (Scoppia a piangere) Bibòòòò-òòòòòòòòòòòòòò! (Lo chiama come una bambina) Sono inna­morata di te... (Si ritira in un angolo a piangere. Bibò le si avvicina un po' imbarazzato, affettuoso)

Bibò                              - Il minimo che ti poteva capitare... lo vedi, come sei condizionata... che fai... non piangerai mica. (Si abbracciano casti, teneri)

Bibò                              - Sono cose che dovrebbero dare piacere, serenità... L'amore! Non piangere. Lo vedi com'è sbagliato.

Lisa                               - Ma che serenità, se a te non te ne importa niente... mi fai una rabbia quando mi dici che ti sono simpatica... Vorrei esserti antipaticissima... Ma che non potessi fare a meno di me... Invece già trovi che t'impegno troppo cosi... Capirai...

Bibò                              - (canta) Le sue lacrime sono perle d'oro...

Lisa                               - E piantala di prendermi in giro. Vattene via che è meglio. Una volta per tutte, ma subito! In fretta.

Bibò                              - Non "me ne vado per niente... però prometti, primo, che non rompi le scatole, secondo che fai provvista di mele e terzo che d'ora in poi verrò accolto con danze afrocubane sexy, ventri tremebondi e anche vogliose, sennò che odalisca sei?

Lisa                               - Va be'... Va be'... Oh, scusa, dimmi una cosa: nella vostra programmazione con i bambini come la mettete? Si affogano nel secchio appena nati, o si spediscono da Mao? Tanto per regolarmi... (Bibò la guarda. Lisa lo guarda. È un momento intimo profondo, una domanda a cui lei risponde. Bibò la abbraccia)

Bibò                              - Ecco com'è. Che paura, Lisa... Sapessi che sento... profondo, naturale viscerale! Che paura! Ma bella, porco cane. Mi sento perduto. Un figlio! E tutto è lontano, vale meno mentre non dovrebbe! Tutto dovrebbe legarsi intimamente a lui. Ci si legherà. Dopo! Ma adesso è lontano. Resta solo questa gran paura, bella la voglia... Io non resisto... divento tutto quello che odio, ma non resisto... ho voglia di dirti che ti amo. Sono innamorato di te, sono felice. Che pena! Sono felice... un figlio mio... vomitoso ma è proprio cosi che sento. Ma quanta forza mi ci vorrebbe se un giorno dovessi resistere e colpissero lui, mio figlio. Oh, Lisa. Sai che non ti poteva capitare niente di peggio. Con un colpo siamo fre­gati in tre... Luì che non c'era e ora c'è. Io e anche te. Che stai per generare il figlio di un matto... Porco cane! Che ma­cello! All'inferno! È dolce panna con le ciliegine ma che devo fare? Vent'anni e guai a chi mi dice beato te! E sono innamorato come un coglioncione... (Urla) Dovete saperlo amici. È straordinaria, cretina, integrata... Niente d'interes­sante. L'unica volta che ho provato a farle leggere uno scritto di Marcuse si è addormentata! Ma io l'amo e sono felice... Felice... Che schifo! Il suo ombelico è il centro del mondo! Che vergogna! Una scemenza che fanno tutti i giorni, tutte le donnette del mondo. Ma lei... lei lo fa per me. L'ha fatto con me. È nostro. Faccio schifo! L'amo! Sono proprio felice e non dovrei, perché tre quarti del mondo muore di fame strozzato dalle spire di una struttura mostruosa. (Improvvisamente grande e festoso abbaiare di cani. Padre e madre arrivano agitati)

Madre                           - Be'? Sembrano impazziti.

Padre                             - Che succede?

Madre                           - È lui! Ma certo! Che imbecille che sei Pio... È Bibò... Per chi vuoi che impazziscano cosi... È tornato,.. Oh... mi raccomando, non rompergli le scatole. (L'abbaiare cresce. Tutto un mondo di giuochi e di allegria che passa. Vetri rotti)

Padre                             -"Ma... Bibò... Ma guarda!... Guarda che disastro... ha rotto la vetrata delle serre...

Madre                           - Finalmente! Mi sembrava cent'anni che nessuno rompesse più niente qui dentro! (Urla dietro a Bibò) Non sulle begonie! Mascalzone! Ecco. Lo sapevo. Si è precipitato proprio sulle begonie. Il solito figlio di puttana!

Lisa                               - Permesso...             - (Avanza un po' imbarazzata e in sog­gezione. Ma si dà un tono)

Padre                             - Prego, si accomodi, signorina...

Madre                           - E tu chi sei, tesoro?

Lisa                               - Sto con Bibò... Non oso entrare, ho le scarpe piene di terra. Il pazzo mi ha trascinato per il giardino... C'è la di­struzione della moquette...

Madre                           - Oh,, figurati... L'importante è che non nasconda bottiglie Molotov. Sai con gli amici di Bibò c'è da aspettarsi di tutto... Vieni qui, fatti vedere.

Lisa                               - Mi chiamo Lrla.

Madre                           - ... Ah, Dio sia benedetto, porti le ciglia finte, allora sei una persona normale... Oh, Lisa... Ma si, certo... Lisa. Gianni me l'aveva detto di te. Ringraziala Pio, dobbiamo a lei, credo, se Bibò è qui...

Lisa                               - La prego, signora... lui non sa niente. Credo non si ricordi neppure che conoscevo Gianni prima. E poi... per carità... E voluto venire lui... È stata un'idea sua... se solo sospettasse... che io... in qualche modo... Non bisogna nean­che accennare... La prego...

Madre                           - Ma certo... Lisa? Non c'è da aver paura. Non saprà niente. Ma tu sorridi. Finirà col fargli venire i vermi a quelle povere bestie.

Lisa                               - Era molto contento, sa... appena iia passato il can­cello ha cominciato a correre come un bambino. Non l'avevo mai visto cosi. Lo credo, è un posto meraviglioso, questo. Non credevo neanche che ci fossero dei fiori tanto grandi...

Madre                           - E difatti non ci sono più, perché li ha distrutti subito. (Entra ridendo Bibò. È tutto sudato)

Bibò                              - Li avete rovinati i cani... sono diventati dei ciccioni... come te mamma.

Madre                           - Ecco bravo. Carino come saluto. Be', finalmente ti fai vedere... mi toccherà ordinare dei sandwiches di vitello grasso per festeggiare il ritorno del fìgliuol prodigo... Su, da' bacio... Mmmm, tutto sudato figlio mio...

Bibò                              - (va a baciare la madre. Vede Lisa) Ah, tu sei qui... già tutto fatto, la conoscete? Dovete ringraziarla. È lei che mi mantiene...

Padre                             - Che cosa fa?

Bibò                              - Si, mi dà da mangiare... mi nutre. Tipo macrò.

 

Padre                             - Ma stai scherzando spero...

Madre                           - Figurati se scherza... adesso fa il suo show, poi gli passa...

Bibò                              - Perché, scusa? Io non ho mica dei complessi. È cosi, papà, la poverina, innamorata pazza, si strappa i bocconi di bocca per nutrirmi, e io vìvo alle sue spalle come un pap­pone.

Lisa                               - Che cretino! è proprio matto... dai...

Padre                             - No, signorina... non vorrei che scherzando dicesse la verità... su certi argomenti...

Madre                           - Pioooooo... Ma dai anche tu! Caschi ancora nelle trappole di Bibò! Andiamo... una volta che viene a casa tanto è inutile lo sai... bisognava picchiarlo da piccolo, or­mai... Facciamocene una ragione... bevete qualcosa, ragazzi?

Bibò                              - Papà! Ritira giù quelle sopracciglia. Per me la fac­cia di papà sulla dignità offesa è irresistibile.

Padre                             - Eh no, caro... certe battute non mi divertono af­fatto. Sissignore per me la parola dignità ha ancora un senso.

Madre                           - Ragazzi, bevete qualcosa! E bevete, cosi cambia­mo discorso!

Lisa                               - Grazie... io ho una sete. C'è una coca-cola,?

Bibò                              - Scherzi? In casa del re del frigo? A prof ^ito papà come mai non sei in fabbrica a quest'ora?

Padre                             - Stavo per andarci... Ma vederti qui... Be', non me l'aspettavo... insomma mi fa piacere. Ma scusa, perché ha detto quella cosa? Io non posso mica lasciar perdere cosi una...

Madre                           - Pio! Mi butto nel lago! Allora... Bibò?... Hai vi­sto qui... abbiamo fatto qualche lavoretto? Be'? che ti pare? Ti piace?

Lisa                               - Io non so com'era prima, ma adesso è divino... que­sta cosa qui è assolutamente il massimo! (Indica un plafone luminoso o qualcosa di strano nell'arredamento)

Bibò                              - La gratti dove le prude, alla mammina. E lei per­sonalmente, che cura l'arredamento. Su questo argomento è vanitosa come una scimmia...

Madre                           - È carino dove vivi tu, con tutta quella plastica. Sembra la sala di controllo dì una fabbrica di preservativi!

Padre                             - Maria!!! C'è la signorina!

Lisa                               - (ride) Ma no...

Bibò                              - Sentito maman... tipo scaricatore... e con delle vi­sioni dantesche... sala controllo preservativi! Figurati. Nean­che esiste...

Madre                           - Ah! No? Poi Lisa non si scandalizza? Sembra in­telligente... Sarà l'età, ma io trovo che la volgarità è un grande conforto. È spagnola.

Bibò                              - Chi è spagnola?

Madre                           - Questa cosa qui tesoro, e chi? (Indica la cosa in­dicata prima da Lisa)

Lisa                               - Io cerco di far finta di niente, ma lo sa che questa è la casa più bella che abbia mai visto! Credevo ci fossero solo al cinema cosi... E poi quel parco. Le piscine, le serre.

Bibò                              - Ohhhh! Ohhh... non ti montare la testa tu... siamo qui solo per fare un tuffo in piscina e si va via subito. (Im­provvisamente inaspettatamente il padre afferra qualcosa tipo portacenere e lo sbatte violentemente. Urla)

Padre                             - Io voglio parlare! (L'urlo e il rumore creano una pausa di sorpresa in tutti)

Madre                           - Pio...

Padre                             - Zitta tu! No! Scusate ma io non sopporto più se no scoppio!

Madre                           - Mi sembri bell'e scoppiato!

Padre                             - Insomma sono un padre, perdio! È andato vìa di casa da sei mesi! Sento dire cose dell'altro mondo! Che fa il rivoluzionario, che va in galera, adesso che fa addirittura il mantenuto e mi si impone di tacere! Ma che maniera è! Col complesso di dire una parola! Non lo accetto! Che mondo è diventato questo se un padre non osa nemmeno più parlare con un figlio? Bibò, voglio parlare con te! Oh! (Pausa)

Madre                           - Be', proprio paura.

Bibò                              - Ma papà, tu puoi parlarci quando vuoi con me. Par­la, ti ascolto. (J7 padre si trova ad avere conquistato il silenzio. Tutti lo guardano e aspettano. Circola cercando d'impostare il suo intervento. £ la sua grossa occasione. Realizza subito di essersi cacciato in una grana. Pausa)

Padre                             - Innanzitutto voglio dichiararti che io ho il mas­simo rispetto per i tuoi principi e le tue idee... il massimo ri­spetto...

Bibò                              - Grazie.

Padre                             - Tua madre mi dice sempre che tu mi vedi come un vecchio rincoglionito, e forse lo sarò anche. Certo... non sono più fresco di testa, come una volta... Logora, che ti credi? Tutti questi anni. L'azienda non è uno scherzo. Io non ho fatto mica l'industriale sulle sedie dei consigli di am­ministrazione... Io ho affrontato la lotta buttandomici den­tro... Eh, altrimenti le cose adesso non starebbero mica cosi... quando presi l'azienda in mano io, stava tutto andando a

 rotoli...

Madre                           - Ma Pio mio...

Padre                             - Lasciami parlare con mio figlio, tu, perdio. Vattene se non vuoi sentire! Che stavo dicendo?...

Bibò                              - Dicevi di quando hai cominciato... ma io lo so papà...

Padre                             - Lo sai?... Che sai? Eh, era un brutto periodo quel­lo... Non lo puoi sapere... Che era? Il 37, 38... tutta l'Europa bolliva come una pentola... le guerre erano dietro la porta... e col fascismo, la politica aziendale, al di fuori di. certi giri, non era un giuoco... mi ricordo una mattina... cos'era?... giu­gno... no, aprile!

Madre                           - Eh, no! Pio! Scherziamo! Inchiodarci qui con una crisi di arteriosclerosi e ammollarci tutta la storia patria! E con i dettagli! Addirittura una mattina di primavera. Eh no, tesoro! Scrìvi un libro...

Bibò                              - Momento, mamma, se vuole, fallo parlare! Va avanti, papà... racconta... allora... quella mattina di aprile?

Padre                             - No... no, ha ragione lei, l'ho presa larga... ma è da tanto che volevo parlarti... Hai ragione... che c'entra?... è che c'è un momento della vita, che le proprie esperienze sem­brano importantissime, e avresti voglia di raccontarle ai tuoi figli... per passargliele, perché se ne servano anche loro.,, anzi. In realtà hai solo aspettato che crescessero per potergliele raccontare. E invece, quando sono cresciuti... Nessuno ha voglia di sentirle, tu sei solo un rompiscatole in cerca di vittime! Ma questo non c'entra Lisa... Come mi guarda? Le sembro un matto anch'io?

Lisa                               - Per carità... io poi ai matti ci sono abituata... piut­tosto è meglio che io vada a fare un giretto e vi lascio par­lare in pace...

Padre                             - No, no... voglio parlare anche con lei... io ho biso­gno di chiarire...

Madre                           - Ancora Pio!

Padre                             - Ti scongiuro, ti scongiuro! Una volta tanto non mi interrompere, Maria.

Madre                           - Ma un filo di autocritica, limita la logorrea! Non parlarti sotto per ore! Lo so che parlare è la tua nevrosi ma...

Bibò                              - Buoni... buoni, papà, su, parla con me, ti ascolto...

Padre                             - Niente... Non so... solo che nella vostra lotta io ci credo. Ecco. Questo volevo dirti. E vorrei saperne di più-proprio perché ci credo... voglio dire che malgrado certi ine­vitabili inserimenti cialtroneschi, io credo nella spinta sana della contestazione globale... ecco globale, magari è perlo­meno pericolosa, ma la contestazione... (Bibò sorride) Be'? Ti faccio ridere?

Madre                           - Te l'avevo detto di lasciar perdere!

Lisa                               - Che cafone Bibò!

Bibò                              - Ma no, non ti sto mica prendendo in giro, papà, non è per te, è proprio per la contestazione globale. Voglio dire le parole. Per come si consumano le parole. Come gli stro­finacci che, quando li compri nuovi, sono bellissimi, colorati, poi, appena li adoperi un po', diventano subito stracci vecchi da buttar via!

Madre                           - Che è 'sta botta lirica?

Bibò                              - No, è che non c'è niente da fare, la contestazione globale è proprio una cosa finita.

Padre                             - Perché ne parlo io? E che sono un lanciafiamme? Attila? Appena tocco una cosa io è subito da buttare!

Bibò                              - Non te, non te... non le idee... io dico delle parole... Il consumo è diventato rapidissimo. Non te ne sei accorto? Prova a dire: Vietnam... Guevara... senti? Sembra roba di un secolo fa.

Padre                             - Be'... certo che se ne è parlato tanto...

Bibò                              - Appunto... questa è la forza vera, profonda della deviazione a cui ci ha educato la civiltà dei consumi. Sono cavoli a far resistere l'immagine dei bambini bruciati dal napalm su una parola come: Vietnam. La parola è stata trop­po usata... e quando le parole si adoperano troppo, passano di moda e sembra che invecchi anche il concetto che hanno in loro...

Madre                           - Eh, la gente si annoia, caro mio... fa in fretta ad annoiarsi... di tutto.

Bibò                              - Eh già... l'hanno capito bene, quelli là. Infatti la­sciano che tutti giochino con le parole. E con la televisione i giornali gli slogans... lo sanno che cosi tutto si squacquera, pei'de di realtà e si scarica prima di diventare azione. Biso­gnerebbe stare zitti e fare...

Madre                           - Oh, e questo fare che sarebbe?

Bibò                              - Mah... non lo so! Lo sapessi... per esempio dare fuo­co alla villa... Che ne diresti papà? Dici che credi alla con­testazione. Diamo fuoco alla villa. Brucia papà, brucia!

Lisa                               - E smettila. Fa lo spiritoso, ma dovevate vederlo... quando è entrato in giardino aveva tutte le stelline che gii scivolavano giù dagli occhi...

Bibò                              - Certo! Credi che non mi piaccia qui! Figurati! Sa­rebbe la sede ideale per una bella casa di riposo per conte­statari! Papà dato che sei simpatizzante perché non fai una

 donazione...

Padre                             - Dillo alla mamma.

Madre                           - Certo! Piuttosto alla villa do fuoco io! (In un angolo del palcoscenico Gianni. Gianni avanza)

Gianni                           - Ecco il momento! Il mio cuore sulla punta della spada! Suerte che il toro è nero e forte! Una bella grattata e via! (Gianni si gratta. Ormai le sue croste sono evidenti sotto i cerotti si sente tutta la disperazione nervosa che gli pro­voca la famiglia riunita. Nasconde         - con uno sforzo visibile           - tutto sotto un sorriso estremamente cordiale) Che cos'è che vuoi bruciare, mamma? Ah, ecco, c'è Bibò... E grazie. Oh, non sei neanche arrivato e già si parla d'incendi? Chiamo i pom­pieri?...

Madre                           - Hai visto che sorpresa?

Gianni                           - Lisa... proprio una bella sorpresa... come stai? Chi se l'aspettava la rentrée della pecorella smarrita...

Bibò                              - Oh, oh, addirittura come un abbacchio pronto al sacrificio? Benissimo. Mamma col vitello grasso, tu colla pe­corella... Oh, ma che è Natale? Uno può passare un momento da casa senza compromettersi? Che ambientaccio!

Gianni                           - Ah, ma sei solo di passaggio... pardon... m'ero il­luso che ti fossi svegliato. Non sei stanco di fare il guerri­gliero nei garage... Scusate. Argomento Tabù. Fatti personali... Comunque sono felice che ci sia Lisa, qui... Era ora che la conosceste ormai... come è andata la presentazione a corte?

Madre                           - Bene. Era a posto. Con le unghie pulite, i capelli in ordine, non ha neppure fatto pipi per terra. Che villano. Lisa non lasciarti prendere in giro da quei due ragazzacci...

Padre                             - Da non credere... come ai vecchi tempi... ma pen­sa... tutti insieme. Mi sembra incredibile che siamo qui tutti insieme. Non so, un passante ignaro potrebbe prenderci an­che per una famiglia normale! Mi' fa un certo effetto... mi viene voglia di berci sopra... (Va a prendersi un whisky nel frigo)

Bibò                              - Perché Gianni?

Gianni                           - Cosa caro?

Bibò                              - Perché hai detto che era ora ormai che conosces­sero Lisa...

Gianni                           - Perché è un personaggetto importante... No?

Lisa                               - Smettila Gianni... mi prende in giro... scherza...

Gianni                           - No, non scherzo affatto Lisa. Sono veramente con­tento che mamma e papà ti abbiano conosciuto... tu sei im­portante e diventerai sempre più importante... importantissi­ma...

Bibò                              - Ma che gli hai raccontato, Lisa?

Lisa                               - Io?... niente...

Padre                             - Scusa Maria... Prendendo il whisky devo essermi distratto un momento... di che parlano?

Madre                           - Non si sa Pio... per ora non si capisce... non si sa, si capiranno loro...

Bibò                              - No, io non capisco un accidente.

Lisa                               - Era Gianni che scherzava, credo... diglielo Gianni, che non c'è niente... che scherzi. Si diverte solo a mettermi in imbarazzo...

Gianni                           - Perché imbarazzo? Potrò essere contento che tu sia qui, no? Insomma Lisa vi piace? Questo è importante... credo anche che dobbiamo ringraziarla... Dobbiamo a lei l'onore della visita.

Lisa                               - Ma che dici? Ha deciso lui... Bibò hai deciso tu venire no? Io non ti ho detto niente...

Bibò                              - Perché? Cosa avresti dovuto dirmi. Scusa, Gianni. Cosa sono questi giuochi cinesi... stai creando intorno un'at­mosfera di mistero... cos'è? Lisa che mi porta qui. Lisa che diventerà sempre più importante?... che vuol dire 'sta roba?... C'è una puzza d'incastro...

Madre                           - Incastro come, scusa?

Bibò                              - Una congiura familiare...

Madre                           - No, guarda, adesso dai proprio i numeri. Frena quella macchinetta che hai in testa. Io non so Gianni... ma noi per quanto ci riguarda non intendiamo proprio incastrare nessuno... vero Pio?

Pio                                 - Io, scusate non seguo... che succede?

Bibò                              - No, perché le vie del Signore sono infinite... so be­nissimo che, per affetto, gradireste molto un mio rientro de­finitivo nel dan... e siccome tutti i mezzi sono buoni... non vorrei essermi cresciuto in seno una specie di Mata Hari sen­za saperlo... Eh, Lisa? Cosa sono tutti questi combini con Gianni?

Gianni                           - Senti Bibò, questa è casa tua e siamo tutti a brac­cia aperte per accoglierti, ma non esagerare... tu nel nostro affetto adesso ci vedi addirittura congiure terribili... Ridimen­siona. Sei liberissimo e fa quello che ti pare. Per me ci puoi anche fare il nido nei tuoi garage se proprio ci tieni... da parte mia io però ringrazio Lisa, perché sono sicuro che se lei ha fatto qualcosa per farti venire qui lo ha fatto per farmi piacere... perché certo, io glielo avevo chiesto.

Bibò                              - Ah.

 

Lisa                               - No, Bibò... non e vero...

Gianni                           - Che c'è di male, Lisa... Non c'è proprio niente da vergognarsi...

Bibò                              - Ha ragione Lisa. Che c'è di male? Una visitina a casa... un pensierino affettuoso... Oh, e sarebbe per questo che Lisa è un personaggio importantissimo e mamma e papà dovevano conoscerla? Come agente segreto in missione spe­ciale?

Gianni                           - Non ti eccitare e lascia in pace Lisa.

Lisa                               - Non ho bisogno di essere difesa da te! Bibò senti...

Bibò                              - No, fatemi capire... perché il tono da presentazione a corte di Gianni è impegnativo... Cosa grossa, tipo cerimo­nia ufficiale. Com'è il piano? Perché magari qui avete com­binato tutto un bel romanzone. Pure col finale a fiori d'aran­cio, o sbaglio, Lisa?

Lisa                               - No, Bibò...

Madre                           - Non vi state eccitando troppo ragazzi?

Gianni                           - È Bibò che dice sciocchezze. Tutto perché io sono contento che Lisa sia qui. Certo che sono contento. Perché anche se ti sembro un idiota borghese, io trovo giusto, mal­grado tutto, che un padre e una madre vedano almeno in faccia la ragazza che sposerà il loro figlio!

Madre                           - Sposerà... Ah... Be', buono a sapersi...

Padre                             - Bibò... perché non ce lo hai detto...

Bibò                              - Perché non c'era proprio niente da dire. Scusa Gian­ni com'è la cosa? Gliel'hai detto tu, Lisa?.» Di chi è questa trovata?

Lisa                               - Non è vero! (Si butta su Gianni) E diglielo che non è vero! Che io non t'ho detto niente... non dargli retta Bibò! Lo fa apposta. Tutto da sé... io non mi sono mai sognata... te lo giuro.

Bibò                              - No, no, non mi sta bene, per quanto di fantasia, io non ci credo che Gianni tutta questa storia se la sia inven­tata da solo, vero?... mi fai capire per piacere...

Gianni                           - Guarda, che questo tono non mi piace... pensa quello che ti pare, ma fatti i fatti tuoi...

Bibò                              - Non ho capito... saranno fatti miei... parli del mio matrimonio...-

Gianni                           - Del tuo? No caro, io parlavo del mio!

Madre                           - No, un momento, Gianni. Perché qui si diventa matti...

Padre                             - Maria...

Madre                           - Scusa Pio, sto già cercando di capire io...

Lisa                               - Non hai detto sul serio vero?

Gianni                           - Si, Lisa... non pensavo certo di doverlo dire in questo modo plateale, ma è cosi... Credevo che tu l'avessi capito, Lisa... su non fate quelle facce. Sono occasioni in cui normalmente si stappa lo champagne, no?

Padre                             - Gianni, vuoi scherzare?

Gianni                           - ...Lo so, papà, tu avresti preferito che io sposassi un bel capitale, magari un'industria gemella... io preferisco che mia moglie sia una ragazza come Lisa... Ha molto senso degli affari, sai... Figurati che quando le ho chiesto di ripor­tare Bibò a casa ho dovuto prometterle il cabriolet... Sennò...

Lisa                               - Vigliacco... vigliacco... Bibò... questa cosa orrenda che sta dicendo... che mi sta facendo... non è vera... non so che gli ha preso...

Gianni                           - Perché? Non ti ho regalato il cabriolet?...

Lisa                               - Nooo... non c'entra... si, ma l'ho venduto subito... perché i soldi... (Bibò volta gelido le spalle a Lisa)

Bibò                              - Mamma, ma quand'è che hai cambiato l'arredamen­to qui... Non c'era quella bella vetrata liberty? Come mai ti sei decisa per l'arte moderna?

Lisa                               - Bibò!... ti prego... non fare cosi... mi devi ascoltare... Io sono vera... quella che conosci tu...

Gianni                           - Lisa... lascialo perdere... non ti capisco.

Madre                           - Bibò...

Lisa                               - Ti scongiuro... ti scongiuro... Non c'entro con que­ste porcherie...

Bibò                              - Però non è venuto male... i colori sono belli...

Gianni                           - Be', mamma... dato che Bibò s'interessa d'arreda­mento... aprigliela quella boutique...

Bibò                              - (si volta come una iena, ma si domina. Canta Albinoni) Laralaralararaaaaaaaaaaaa... stoni, Gianni... come hai sem­pre stonato tu... il fratellino maggiore serio bravo impegnato... Un giorno crollerai e di te non rimarrà che un mucchietto di cenere... ecco che cos'era quel malessere... quel fastidio che sentivo in fondo a tutta questa storia... Era il puzzo della gran merda schifo, nel quale stavo cascando come una mosca...

Lisa                               - Bibò...

Bibò                              - No. Zitta. Lisa... non devi assolutamente pensare che io ce l'abbia con te... è molto meglio cosi, per me... fortuna... tanto cosa credi? Ero io che non andavo. Proprio io che mi stavo lasciando andare a qualcosa che avrei finito con l'odiare. Parlo di me stesso... un imbecille che mi stava nascendo den­tro... viscerale! Ah, non preoccuparti proprio. Figurati... Cam­po aperto a tutto... Però capire... questo si, perché mi preoccupi Lisa. Perché tu per agganciarmi in questa storia gli hai dato sotto... se no, lo sapevi che per me sarebbe rimasto un giuoco... Che stupido... io già stavo coi violini... Sono corso qui a portarla a mamma... ventre, utero, visceri e lombi... ma pensa che stronzo! No, fammi capire perché la signorina, qui diceva di aspettare anche un figlio, mio naturalmente... E il bambino che era Lisa? Un tocco di colore, la molla per riportarmi a casa o che?

Lisa                               - (scoppia) Nooo! Il figlio è vero!

Gianni                           - Ma è mio! Il figlio è mìo!

Bibò                              - Perfetto!

Lisa                               - Nooooo!

Madre                           - Gianni... Gianni... ma che state dicendo?

Lisa                               - Noooo!

Gianni                           - Il figlio è mio e non me lo faccio portare via da nessuno!

Bibò                              - Ah per me tienteli tutti e due e auguri... (Si strappa di dosso Lisa che gli si aggrappava e la butta su Gianni. Lisa ha un urlo bestiale. Una feroce crisi. È una pazza. Gianni ten­ta di fermarla. Lisa sbatte come una menade. Urla, si graffia, nella sua crisi di follia. Il padre e Gianni cercano di bloc­carla. La madre invece si strania nel suo problema)

Bibò                              - (uscendo canta) Ciao, bella ciao, bella ciao! (Via)

Lisa                               - Bibòòòòò! Non andare via... Bibòòòòò...

Madre                           - Non agitarti Pio... Bibò è andato... via... Il ragaz­zo... il mio ragazzo... è andato... (Viene avanti)

Via... via...

Cosi scappa vìa.

Lontano da me,

la parte migliore

di me.

Il ragazzo.

Occhi di mare.

Di mare. Di mare. Dì mare.

Che mare c'era.

Lucente, grande.

Intorno a noi... ricordi Pio?

E com'era piccola

quella barca.

E che bei denti bianchi

quando sorridevi, Pio.

Un lampo di sorriso.

E ancora credevo

nell'uomo forte

che scaricava la sua forza

amore dentro di me.

Noi piccolissimi vivi.

In quel mare grande

con tutto il regalo

della luce

che ci portava il sole

grande

sorgendo su quel mare

grande

grande.

Di quel momento

perfetto.

Lui.

È la prova

col suo carico

di giovinezza.

In cerca di un senso

ad ali spiegate

con il piombo

dei tradimenti

delle delusioni

che gli cominciano a pesare.

Lui, che non accetta.

E rifiuta

e volta le spalle

a denti stretti

che senso ha

che senso avrà senza di lui

questo amore che cerca il bene

facendo il male.

Padre                             - Maria... Maria... ma che sta succedendo ai nostri ragazzi?... ho paura... dammi la mano...

Madre                           - No, Pio, no... non mi toccare.

Padre                             - Perché? Maria? Dovremmo stare uniti noi due. For­se è colpa nostra. Ho paura Maria. Mi sembra di avere sba­gliato tutto. Com'è che dovrebbe andare tutto bene, e invece non va bene niente? Eppure gliela abbiamo data una vita mi­gliore. Almeno a loro due. Perché non funziona? Niente fun­ziona. Solo il frigidaire... quelli sono perfetti e saranno sem­pre più perfetti... dovresti vedere il modello Super Apollo, allo studio. È un miracolo di armonia e di praticità. Ha un friser enorme. Bianco. Asettico. Blocca ogni forma di vita. Cristal­lizza il tempo... è la felicità...

Madre                           - Va al diavolo Pio! Sono stanca. Vado nella tana. Fa che non mi disturbino... voglio stare al buio. Aspettare in pace.

Padre                             - Aspettare che cosa?

Madre                           - Che ne so. Quello che verrà: un massaggiatore. Il domani. Il male quello segreto che forse ci portiamo tutti. E che ci rode dentro.

Padre                             - Ma che dici! Che male segreto! Perché mi vuoi spa­ventare. Io sto benissimo.

Madre                           - Sei sicuro, Pio? (Va via)

Padre                             - Che vuoi dire?... io sto benissimo... benissimo... Almeno credo... Ma che succede? Perché non combina più niente? Tutti male! Che vuol dire? Non c'è più logica. In fab­brica. In fabbrica. A ritrovarsi. Fra i miei amici frigo... (Uscendo, indugia davanti al piccolo frigo da salotto) Pero-belle proporzioni... Armonia... La verità sei tu. (Esce) (La crisi di Lisa passa dall'urlo inconsulto a una fase più cosciente. Gianni la trattiene con tutta la sua forza)

Gianni                           - Buona! Buona!

Lisa                               - Lasciami! Ti odio! Sei un mostro... riportamelo... ri­portamelo... chiamalo... ti prego, ti scongiuro... riportamelo... subito...

Gianni                           - È andato via...

Lisa                               - Io devo parlargli subito... se non posso parlargli su­bito è finita... io mi butto giù dalla prima finestra. Te lo giuro su mìa madre morta!... dalla prima finestra mi butto giù! Se non me lo riporti... devo parlargli subito, ....se passa tempo è finita. Tu non sai com'è lui dentro: è come una spada. Ta­glia duro, fa male a sé e agli altri senza pietà.

Gianni                           - Prima cerca di calmarti... buona...

Lisa                               - Vigliacco! Tanto io lo ritroverò! Lo raggiungerò do­vunque andrà e resterò vicino a lui, accoccolata per terra co­me una schiava, con suo figlio fra le braccia e lo guarderò, lo guarderò fisso che non gli si spezzerà il cuore e dovrà ascol­tarmi...

Gianni                           - Eh, si, le favole... come ti conosci poco, tesoro...

Lisa                               - Lasciami andare! Lasciami andare... voglio lui... per­ché hai fatto questa cosa mostruosa... Perché?

Gianni                           - Perché ti amo, Lisa... non l'hai capito? Io ti amo.

Lisa                               - Aaaah! Non voglio sentirti... voglio lui... il mio amo­re, il padre di mio figlio...

Gianni                           - No! Questa cosa non dirla più! Attenta! Quel fi­glio è mìo! Tu volevi imbrogliare me, come forse hai imbro­gliato te stessa con i tuoi periodi e le tue palline rosse. Ma anch'io segno tutto, Lisa, ho controllato. Non è stata quella domenica del cabriolet l'ultima volta che ci siamo visti... io e te ci siamo rivisti cinque giorni dopo, per la radio del cabriolet... te ne eri scordata? Il bambino è mio... eravamo in macchina... in macchina, come la prima volta... abbiamo fatto l'amore. È mio figlio! E lo voglio, Lisa... voglio te e lui.

Lisa                               - Non voglio sentire... E sta' zitto... perché continui? Io amo Bibò. Con lui non ho più paura... con lui posso affron­tare tutto, la miseria, la fame.

Gianni                           - Ah! Lisa, Lisa... ma che vita gli vuoi preparare a tuo figlio? È ora che la smetti di correre dietro alle cretinate pure tu... la vita è una cosa vera, dura. Ci vogliono delle strutture. Legge e ordine ci vogliono. Altro che sogni giovanili. Guai a quelli che non crescono! Ma non li vedi come vanno a finire? Sbattuti di qua e di là dalle loro delusioni... con la tristezza di bambini invecchiati. I migliori volano dietro il loro aquilone ideale fino a ritrovarsi una notte dietro qualche cespuglio o su un selciato, e morire senza saper bene perché o per chi!

Lisa                               - Lui lo sa perché! Lo sa quello che vuole... per questo è più ricco di tutti voi anche se non ha una lira...

Gianni                           - Ricco d'ideali! Ma va all'inferno Lisa! Comunque tu che hai perso la testa dietro questo puro idealista, però l'hai portato qui... perché l'hai portato qui, Lisa? Perché te lo ave­vo chiesto io?

Lisa                               - No. C'è voluto venire lui... io non c'entro...

Gianni                           - Bibò non ci voleva più mettere piede a casa. Tu lo sapevi bene... Aveva paura di tornarci... e tu sei stata ben felice... hai lavorato sotto sotto... Ammettilo...

Lisa                               - No. No... smettila di tormentarmi...

Gianni                           - Smetti tu di raccontarti sciocchezze da sola... un po' di onestà, tesoro... l'hai spinto a tornare perché volevi tutto questo!

Lisa                               - No... no... non per me... per il bambino.

Gianni                           - Lo so... il denaro dà un senso dì sicurezza. So­prattutto quando non lo si è mai avuto.

Lisa                               - Non è vero, io non sono cosi... non me ne importa!

Gianni                           - Allora fa quello che ti pare... va, corri, precipitati dal tuo Guevara... vai, che aspetti?... (Lisa si alza a fatica. Raccoglie le forze e barcollando si avvia) Solo, però, se vai da lui... se veramente scegli lui non tornare mai più da me... io cancello il figlio, cancello tutto. Per me, quel bambino, tor­na ad essere come l'altro... Roba tua e basta. Pensaci. Se te ne vai adesso è finito tutto... Non parlo dei soldi del matrimo­nio... parlo di me. Di quello che c'è fra di noi... del mio amore per te... che è diventato una cosa vera. E del tuo amore per me... Lo so, lo so. Tu adesso sei convinta di amare lui... ma non è vero. Te ne accorgerai presto. Tu hai bisogno di me... Deciditi. (Lisa ha un indugio poi fugge via. Gianni rimasto solo sente tutto il peso della sua sconfitta. La rogna lo fa impazzire) Puttana... maledetta. (Lisa rientra lentamente. Gian­ni la vede, si distende, assapora la pace)

Lisa                               - Non mi sento bene... non ce la faccio. Gianni, che devo fare? Gianni... ma tu mi vuoi bene davvero? Mi fanno male gli occhi... ho paura che hai ragione tu... mi faccio schi­fo... ho paura che hai ragione tu... un bambino deve avere tutto, come no... i poveri sono poveracci... Gianni... davvero tu mi prendi? Mi sento male, Gianni...

Gianni                           - (la sostiene) Vieni qui... riposati, su... e basta con le sciocchezze... ora devi pensare solo a nostro figlio... Mettiti a letto...

Lisa                               - Tu ci proteggerai, vero?

Gianni                           - Io? Io voglio diventare un Dio per quel bambino... voglio che mio figlio sia orgoglioso di suo padre. Io voglio che capisca che sono io e non Bibò, che mi sforzo di fare qualcosa perché l'umanità diventi migliore... (Aiuta Lisa a spogliarsi come se andasse a letto come fossero passati già anni il tempo deve essere evidentemente rotto)

Lisa                               - Mi faccio schifo... Che sono io? Chi sono?

Gianni                           - Sei mia moglie... Riposati... E smettila di piangere tesoro... Cominci a darmi ai nervi...

Lisa                               - Non è colpa mia se mi sono innamorata... Lui era cosi... cosi... cosi giovane...

Gianni                           - Ha solo tre anni meno di me.

Lisa                               - Sto male, Gianni... Sto male...

Gianni                           - Ti passerà... vedrai, sarai meravigliata di quanto ti passerà in fretta... (Gianni adesso è a torso nudo, è tutto pieno di croste)

Lisa                               - Sei tutto pieno di croste...

Gianni                           - Niente... Passeranno presto anche queste... Vedrai, sarà bella la nostra vita insieme...

Lisa                               - Sto proprio male, Gianni... Ho paura di non farcela... Avrei bisogno... Non arrabbiarti, Gianni... Avrei bisogno di fumare... Almeno una sigaretta...

Gianni                           - Lisa... ci hai messo tanto a liberarti dalla droga...

Lisa                               - Una soltanto... Per superare...

Gianni                           - Domani... Se non starai meglio... Una... Solo una... Io voglio che tu stia bene... che tu ti accorga di quanto è meglio affidare la propria vita a un uomo vero, a uno che sa proteggerti... a uno che sia come una pietra... (Gianni si è spogliato e controlla la sua rogna. È in un angolo della scena. Non resiste al prurito e si gratta con soddisfazione. Dalla parte opposta Bibò osserva)

Bibò                              - La pietra su cui continuerà a costruire la società, ve­ro? Eh?... che pietra rognosa...

 

Gianni                           - Che vuoi tu! Tu non ci sei! Sei andato via! Per­ché ti vedo? Perché ti sento? Che vuoi?

Bibò                              - Io, da te? Sei tu che non riesci a liberarti di me, fra­tellino! Io non sono mica io! Io sono l'evocazione infernale, tre fischi, due boati e un fortissimo puzzo di zolfo. Sono il ver­me che rode la rosa. Sono il neo, il punto nero che sporca la perfetta immagine di Gianni! Prodotto ideale del mondo che ti ha generato! Quanto c'è di meglio: primo della classe, efficiente, diligente, superdirigente. Bravo, bello, buono. Paga le tasse, è la consolazione di mamma e papà. G)anni            - Cretino! Buffone!

Bibò                              - Che bella famiglia hai messo su. Una moglie che non ti ama. Un figlio quasi sicuramente non tuo e un bel padre... Eccolo li! Un padre da guardare come un Dio, no? Un rinnovatore della società. Ma non illuderti^ fratellino. L'invidia non ti darà pace, la tua rogna continuerà a roderti.

Gianni                           - Invidia? Fammi capire di che? Di te, delle vostre cagnarate infantili? Dei serpenti di Mao del cavolo? Io vi ho inquadrati talmente bene. S'è visto che tempre di rivoluzio­nari! Siete riusciti solo a smuovere la reazione coi vostri ca­sini! E poi è bastato un poliziotto con una pistola scacciacani e tutti a casa sotto le gonne della mamma! Non uno che ab­bia osato buttare veramente una bomba... Come fanno gli ope­rai, i minatori, quelli disperati che le fanno per ragioni vere le involuzioni!

Bibò                              - Hai ragione, fratellino... Tanto per regolarmi quanti ne dovevano morire? Mille? Diecimila? Centomila? Qual'è il numero minimo di cadaveri per essere rispettati nella vostra società?

Gianni                           - Tanti, caro, ce ne vogliono tanti, si... E sparate! Fatele le rivoluzioni e vediamo. Ma non capisci? L'accelera­zione progressiva non può più fermarsi. La scienza, la tecnica, l'industria non possono più fermarsi. Non ti rendi conto che non hanno senso le vostre bandierine di carta, i vostri no! Per­ché non vuoi ragionare?

Bibò                              - Dici delle cose giustissime, fratellino, ma la rogna? Come la mettiamo con la tua rogna? Se tutto fosse cosi giusto perché solo guardarmi vivere ti fa uscire la rogna?

Gianni                           - Non c'entra, è un piccolo eczema...

Bibò                              - No! È rogna... E sai perché ti rodi, perché la vostra civiltà costa all'uomo il prezzo dell'uomo. Mentre io nell'uomo ci credo e non vi accetto. E continuerò a cercare, nella mia confusione, finché io o altri o tutti noi avremo trovato qualco­sa, chissà che, che abbia un po' più di senso! Che dia un po' più di senso a tutto. Incredibile! Sole tre anni di differenza fra me e te e un tale abisso. Eravamo bambini insieme e so­no bastati quei tre anni e tu sei il passato e per quanto tu1 ti gratti io sono il futuro!

Gianni                           - Questo lo dici tu! Il futuro sono io... Sono io...

Bibò                              - No, no, Perché io continuerò a urlare. Aaaaah! Finché urleranno tutti... Aaaaah! Tutti insieme! Aaaaah! Con tutte le nostre forze! Aaaaah! Aaaaah! Aaaaah! (Urla ancora. Urla di altri si assommano alle sue, finché diventano l'urlo di una folla invisibile)

FINE