A.A.A. Cercasi

Stampa questo copione

Unico figlio di madre vedova

A.A.A. CERCASI

Commedia in due atti

di

Nino MIGNEMI

Personaggi

Concetta                        - madre di Rosetta e moglie di Biagio

Calogero                       - albergatore

Virgilio                          - fidanzato di Creolina

Creolina                        - fidanzato di Virgilio

Rosetta                          - figlia di Concetta e Biagio

Pasquale                        - Monaco

Serafino                        - nipote di Pasquale

Biagio                           - marito di Concetta

Caterina                        - amante di Biagio

Modesto                        - pretendente di Rosetta

Maura                           - pretendente di Serafino

Orazio                           - ex attore teatrale

PRIMO ATTO

Una Hall d’albergo in una villa-pensione in Taormina

SCENA I

(Concetta – Calogero)

Concetta          - (ad alta voce) Cameriere, cameriere, signor Calogero!

Calogero          - (entrando) Comandi signora.

Concetta          - Nta st’albergu mi pari ca nun funziona nenti.

Calogero          - Mi scusi Signora, c’è sciopero degli albergatori e qualche disservizio è umano.

Concetta          - Chi senti diri?

Calogero          - Siamo in un albergo e non possiamo trovare certe comodità…. Casalinghe….

Concetta          - Di caserecciu non c’è propiu nenti. Per esempiu, ci dissi ca hava a iri o bagnu e truvai arreri a porta u custumi e o scarpetti di gomma.

Calogero          - Certo, se lei avesse detto: debbo fare il bagno, avrei preparato saponette, sali e lavanda.

Concetta          - La lavanda sa facissi fari lei e u sali su mittissi sta testa se a natura non ci ni desi.

Calogero          - Mi scusi, se lei non si spiega chiaro, come posso sapere se vuole andare in bagno o alla spiaggia?

Concetta          - E ‘nta marzu na cristana chi si fa u bagnu a mari?

Calogero          - E’ questione di gusti. S’è per questo, tutti i nordici che alloggiano qui fanno il bagno in mare, anche a Natale.

Concetta          - Si viri ca sti nordici sunu tutti caurulini. Iù sugnu Sicula e u bagnu mu fazzu sulu ‘nta stati.

Calogero          - (fa una smorfia col naso) Si sente….

Concetta          - Si sente che cosa?

Calogero          - L’accento… l’accento meridionale…..!

Concetta          - Ah. Già, non mi n’havu addunatu… si vede…

Calogero          - Che cosa?

Concetta          - Ca lei è… un nordico…finicchio…

Calogero          - Cosa vuol dire?

Concetta          - (con una smorfia da effeminato) Ca è… simpatico… ad ogni modu, iu pagu e vogghiu essere sirvuta a puntinu.

Calogero          - Lei comandi a puntino ed io la servirò col punto e virgola.

Concetta          - Lei mi pari ‘npocu spiritusu e cu sti nervi ca haiu ci mancava lei sulu a sta jurnata.

Calogero          - La prego signora, non è il caso d’irritarsi.

Concetta          - (si alza di scatto) Accuzzamu, iu nesciu pi iri ‘nta farmacia, ‘nta me stanza c’è me figghia sula e sula havi a ristari, senza seccature di chi e che sia. Va beni?

Calogero          - Sarà fatto.

Concetta          - Bravu, arrivederci.

Calogero          - Tanti ossequi… signora (credendosi solo) Con tutta l’aria che si dà, chissà da quale montagna scende!

Concetta          - Chi diceva? Chi havi di murmuriarisi tantu?

Calogero          - Dicevo che la signora, cioè lei, chissà da quale ceppo discende.

Concetta          - Di cippu anticu, ma… sempri menu… anticu do so. La saluto signor Calogero. (si gira e nell’uscire s’imbatte in due timidi giovani che entrano).

SCENA II

(Virgilio – Concetta – Creolina – Calogero)

virgilio             - (con valigia in mano) Mi scusassi signora.

Concetta          - Ma chi scusi e cusi. Chi primura! Chi aviti a pigghiari u trenu?

Virgilio            - Pi nuatri è l’ultimu trenu.

Creolina           - E chi cussi c’hamu fattu pi pigghiarlu.

Concetta          - Cu vi capisci? Biati vuatri ca siti accussì allegri (poi a Calogero) E allura semu intisi? Mi raccumannu, arrivederci. (esce)

Virgilio            - (a Calogero) Permette? Virgilio Impalato.

Calogero          - Mi dia la valigia, signor Involato.

Virgilio            - Impalato, prego, pi sirvirla. Desiderassimo una camera comoda.

Calogero          - Una piazza?

Creolina           - Daccussì granni?

Virgilio            - No, basta na stanza.

Calogero          - Una, ma spaziosa. Ho capito… una piazza e mezza.

Virgilio            - Sì… e na funtana co sgricciu.

Creolina           - E’ troppu granni, chi fa scherza?

Virgilio            - Nuatri semu giovani e ssemplici, n’accumudamu.

Calogero          - Volete il bagno in camera o lo fate a parte?

Creolina           - Iu mu fici stamatina.

Virgilio            - Macari iu… prima di pattiri.

Calogero          - (continuando)… con lavandino e doccia?

Creolina           - Iu mi fici ‘nta pila…

Virgilio            - ….e iu ‘nta saia.

Calogero          - Ho capito perfettamente. Allora con solo vaso?

Virgilio            - Ah si! Quello ci vuole. Un bellu vasu di ciuri nun può mancari ‘nta na stanza di sposini.

Calogero          - Lei dev’essere un giovane di gran gusto…

Virgilio            - Parrannu cu lei, iu a Creolina semu forgiti assiemi.

Calogero          - Si vede, siete nati l’uno per l’altra, siete forgiati assieme.

Virgilio            - No, vogghiu diri ca semu forgiti, fuiuti insieme. Ha capito?

Calogero          - Certo, adesso ho inquadrato.

Creolina           - Ma non l’ha sapiri nuddu, mi raccumannu. (tono vocale e basso)

Virgilio            - I parenti ni stanu circannu. Ppi tutti semu frati e soru.

Calogero          - Ho capito, state tranquilli, venite con me (prende la valigia intanto entra Rosetta piangendo)

SCENA III

(Rosetta – Calogero – Creolina – Virgilio)

rosetta             - (a Calogero) Scusi, mia madre è andata via?

Calogero          - Sì, è andata. Ma lei cosa si sente? Perché piange?

Rosetta            - Niente, piango sulle mie sventure.

Creolina           - M’ha scusari, si sente mali signurina?

Rosetta            - Niente, grazie, cose mie.

Creolina           - (sorregge e fa sedere Rosetta) Havi bisognu di qualche cosa? Parrassi.

Virgilio            - (in disparte, a Calogero) Ma cu è sta signurina?

Calogero          - E’ ospite della villa da ieri insieme alla madre. Forse avrà qualche parente in clinica, non lo so.

Virgilio            - (a Calogero) Lei m’ammustrassi a stanza, amuninni. Lassamuli suli, ‘ntra iddi fimmini si capiscunu meglio.

Calogero          - Venga con me!

Virgilio            - (a Creolina) Ora tornu, Creolina, non ti moviri di cca. (esce)

SCENA IV

(Creolina e Rosetta)

Creolina           - Signurina pigghiassi ‘a vita comu veni. Cchi ci cunchiudi a chianciri?

Rosetta            - Lei è molto buona e allegra.

Creolina           - Certu, sugnu filici e innamurata!

Rosetta            - Questo l’ho capito. Beata lei che ha passato il Rubicone e ha tratto il dado…

Creolina           - Dato? Bedda matri, ora ora arrivammu, e ancora nenti ho dato.

Rosetta            - (ride) Lei è la prima persona che riesce a farmi ridere.

Creolina           - Allura si cunfidassi ccu mia, si sfugassi, mi pari troppu dispiaciuta.

Rosetta            - Per forza, ho una madre sempre nervosa e fissata col matrimonio.

Creolina           - Forsi è viduva e si voli maritari ‘nautra vota?

Rosetta            - Macchè! È fissata per il mio matrimonio. Lei il marito c’è l’ha e come! Anzi, se mio padre sapesse che siamo qui…

Creolina           - E che cosa c’è di mali?

Rosetta            - Non mi sembra giusto che madre e figlia stiano sole in un albergo, nell’attesa del principe azzurro.

Creolina           - M’ha scusari signurina, ma cca non semu ‘nta ‘npaisi, unni ni canuscemu porta ppi porta. Cca semu ‘ncittà unni ognunu havi i so caddi pà testa e i so chiffari.

Rosetta            - Le pare? Fra un paio d’ore lo vedrà se non mi conoscerà tutta la città.

Creolina           - Non vulissi trasiri ‘nte vostri discussa, ma fussi curiosa…

Rosetta            - Ed io le tolgo questa curiosità. S’è fissata che devo maritare ad ogni costo.

Creolina           - E allura?

Rosetta            - Sta spendendo un sacco di soldi, facendo pubblicare sul giornale la mia disponibilità a miglior partito.

Creolina           - E lei chi è un quadru vicchiu o un cantaranu anticu di mettiri ‘nte ‘giurnali?

Rosetta            - Intanto la mia mammina ha premura e vuole forzare il destino. Quanto sono sfortunata.

Creolina           - Quali sfortuna? Macari i me parenti facevunu ‘u tira e molla e ora mi truvava cca… Curaggiu signurina e vedrà che l’amore verrà.

Rosetta            - Ma quale amore? Io non l’ho mai conosciuto. Ho passato la mia giovinezza fra solitudine e amarezza.

Creolina           - Pirchì?

Rosetta            - Da ragazza mi hanno affidata ad un precettore con la faccia d’angelo e le mani… di demonio… da grande mi hanno ritirato in campagna a leggere qualche romanzo e curare mozzarelle e provole a tempo perso.

Creolina           - So papà chi è furmaggiaru?

Rosetta            - Massaru, allevatore di bestiame. Ed è per questo che spesso manca di casa.

Creolina           - E a massaria?

Rosetta            - Ecco il punto!

Creolina           - Quali puntu?

Rosetta            - Nella massaria chi bada all’allevamento è un giovane che mi vorrebbe in sposa ma, non essendo ricco, mia madre non vuole sentirne parlare. E così approfittando di un viaggio d’affari di papà, la mammina mi ha portato qui; dove sono rimasta come una reclusa.

Creolina           - E pirchì non scappa?

Rosetta            - Scappare… Ascolti invece cosa mi ha combinato la cara mamma! Senta qui: (prende il giornale e legge scandendo) A.A.A. giovane simpatica, bella presenza occhi…. Capelli…. Dotata di mobili e automobili cerca marito adeguato apsetto e condizioni. La giovane è visibile dal gg. 20 al gg. 22 corrente mese presso la “Villa dei cuori solitari” in Taormina. Ha capito adesso?

Creolina           - Allura havi ‘na matri ca è ncavaddazzu!

Rosetta            - Come?

Creolina           - Vuleva diri… ‘ncarabineri a cavaddu…

Rosetta            - No, la lascio fare perché sta male col cuore e anche perché capisco che, esageratamente, la responsabilità per l’unica figlia.

Creolina           - Ppi furtuna, iu e Virgilio semu scarsi di sordi, ma ricchi d’amuri e tutti sti problemi non l’avemu. (si sente borbottare dietro la vetrata d’ingresso).

Rosetta            - Forse sta per tornare mia madre. Mi scusi, io vado nella mia stanza.

Creolina           - Arrivederci e tanti auguri. A ‘sta sira ni viremu, e non si scuraggiassi e pinsassi a saluti.

Rosetta            - Grazie e arrivederci. (esce)

Creolina           - (rimasta sola) Cca venunu genti e chiddi ma lassanu sula.

SCENA V

(Pasquale – Serafino – Creolina – Calogero)

Pasquale          - (tirando Serafino per un orecchio) Trasi scimunitu! Ti firmasti comu o sceccu?

Serafino           - Ziu, tu tiri a curdana ma iu sugnu stancu di caminari e sta valigia mi sta rumpennu u pernu d’a carina.

Pasquale          - Dopu ca prima mi facisti sbagghiari autobus e albergu…

Serafino           - Tu nun mi vulisti ascutari. Iu ti l’havu dittu: ziu pigghiamu ‘u cinquantacincu.

Pasquale          - E iu prima ti l’havu a fari pigghiari ‘u cinquantacincu (dà uno schiaffo a Serafino) ca tu meriti ppi daveru.

Serafino           - Ahi, ahi. Ziu cci a finemu ccu sti jancati? Viri ca ora sugnu maggiuratu.

Pasquale          - A mia mi pari tuttu minuratu. Mutu ca c’è genti.

Serafino           - Buongiorno signorina.

Creolina           - Buongiorno a lei, vossia benedica patri.

Pasquale          - Ti salutu figghia. C’è na stanza ppi dui?

Creolina           - E cchi ni sacciu!

Pasquale          - Non siti a governanti di l’hotel?

Creolina           - Ca quali! Iu nenti fazzu nell’hotellu.

Serafino           - Allura fa a traviata?

Creolina           - A mia traviata? (le comincia un tic nervoso all’occhio) Ahu giovanotto, badati a comu parrati, allura vi scugnu u mussu.

Serafino           - (dopo alcune schermaglie, si nasconde dietro il frate) Ancora e nenti… bella accoglienza ca faciti cca!

Pasquale          - Ti voi stari mutu! L’ha scusari signurina, certi voti mè niputi sbagghia. Viri com’è! Unu per esempiu, havi un duluri di panza, havi ‘na frevi? Iu haiu a mè niputi.

Serafino           - Allura lei cuè?

Creolina           - Iu sugnu na cliente… stava aspittannu du scimuniti…

Serafino           - Lei voli alludiri? Ni voli insultari?

Pasquale          - Fussumu nuatri ‘i scinumiti c’aspittava?

Creolina           - Nossignori, iu parrava di autri scimuniti… (altro tic all’occhio)

Calogero         - Signorina, la stanza è pronta.

Creolina          - E unn’è?

Calogero         - Andando dritto, in fondo, al ventitrè…

Creolina          - Scostumato!

Calogero         - Non capisco signorina.

Pasquale          - (interviene) Nenti, ‘a signurina è siddiata ppi fatti so.

Creolina           - Vossia benedica patri (poi con tic all’occhio) Bongiorno… a lei (rivolta a Serafino e poi esce).

Calogero          - Lor signori comandano?

Pasquale          - Una stanza per due.

Calogero          - (consulta un taccuino) Ci sarebbe la ventiquattro libera.

Serafino           - Bona è!

Pasquale          - E comu u sai?

Serafino           - M’’mmaginu!

Pasquale          - (a Calogero in prima) Lei cci n’havi panza?

Calogero          - No, faccio la cura da tre mesi.

Pasquale          - Non parru di cura dimagranti, ma di panza, nel senso di parrari picca, di fari pipa.

Calogero          - Pipa? Non capisco.

Pasquale          - Lei… fuma a pipa?

Calogero          - No solo sigarette.

Pasquale          - E allura non può capiri. Di unnè lei?

Calogero          - Di Massa Carrara.

Pasquale          - Havi ragiuni, non ni putemu capiri. Dunca io, ufficialmente, sugnu cu mè niputi, figghiu di mè soru ‘a viduva, ppi farlu visitari da uno specialista, a causa di un esaurimento nervoso. (Serafino esce non visto in direzione di Creolina)

Calogero          - Ufficialmente? Perché? Ci sarebbe forsse uan versione ufficiosa?

Pasquale          - Parrannu ccu lei, ho fattu pubblicare un annunzio sulla rubrica matrimoniale “Cuori solitari”, dando un’appuntamento in questo albergo, nella speranza di sistemare questo mio nipote con un adeguato matrimonio. Mi capisce?

Calogero          - Ho capito tutto. L’avvertirò con la massima segretezza, non appena si presenterà l’occasione. Suo nipote mi sembra un bravo giovane.

Pasquale          - Sì, ma chiddu ca mi fa vidiri è cosa di Duninica do Curreri.

Calogero          - Questi sono affari vostri.

Pasquale          - Intanto mi sistemu ‘nta me stanza…nella speranza… (prende la valigia e si rigira)  E unn’è? U sta vidennu? Mi fa furriari sempri comu ‘ntuppetturu e mi sghidda di sutta comu n’ancidda! Serafinu! Serafinu, disgraziatu, unni sei? (si avvia)

SCENA VI

(Virgilio – Serafino – Calogero – Pasquale)

Virgilio            - (da fuori ad alta voce) Viniti cca, vastasi e maleducatu ca siti.

Serafino           - (da fuori) Ahu, fermu cu i manu (entra e si nasconde dietro lo zio)

Virgilio            - (entrando) Mi staiu fermu? Iu vi vunghiu a facci a pugna!

Calogero          - Ma insomma, cosa succede?

Pasquale          - Serafinu, chi cumminasti?

Serafino           - Nenti ziu. (a Virgilio) Picchi va pigghiati cu mia? Idda mi chiamau!

Virgilio            - Cu vi chiamau?

Serafino           - A signurina. Ziu non u vidisti ca mi faceva daccussì? (imita il tic all’occhio)

Pasquale          - (a Serafino) Ma chi capisti? Cretinu, vidi ca sbaggiasti (da uno schiaffo a Serafino)

Serafino           - Appoi, dicu, a vui chi v’interessa?

Calogero          - (interviene) La signorina è… la sorella..del signor Virgilio.

Serafino           - Iu cchi ni sapeva?

Virgilio            - E macari nun fussi parenti mia, cchi è giustu taliari d’u purtusu?

Pasquale          - (scandalizzato) Quali purtusu?

Virgilio            - D’u purtusu d’a chiavi, de porti de cristani…

Serafino           - Dopu ca so soru mi sbattiu a porta nta facci!

Virgilio            - E fici bene, facchino e vastasi ca siti!

Pasquale          - Si calmassi signor Virgilio l’ha scusari a me niputi, non si senti tantu bonu (fa un segno di debolezza alla testa)

Calogero          - Sì, è vero; ha un esaurimento nervoso poverino e sta attraversando un brutto momento.

Virgilio            - U bruttu mumentu ciù fazzu passari iu.

Serafino           - (iroso) Ahu, vi pari ca fu antura ca mi ‘ntappastiru a testa ‘nta porta? Ora ca c’è me ziu!

Pasquale          - (piano a Serafino) Mutu, disgraziatu! Chi mi voi fari sciarriari cu i genti?

Virgilio            - Amicu caru accuzzamu, a prossima vota vi sbattu a testa ‘nto muru.

Pasquale          - Pi carità, iddu ca è beddu…

Calogero          - Speriamo che non succedano altri equivoci.

Pasquale          - (a Virgilio) Stassi tranquillu, ora mu tegnu vicinu.

Virgilio            - Vossia su tinissi vicinu e ci mittissi a catina, ca è megghiu.

Serafino           - Chi sugnu cani?

Virgilio            - Peggiu! (esce)

Pasquale          - (a Serafino) Vadda, statti mutu, sinnò ti mettu macari u mussili.

Calogero          - Mi scusi padre, non per dare ragione al signor Serafino, ma anch’io ho capito che la ragazza lo chiamasse… Oh Dio, le donne, le donne ne sanno cento più del diavolo! (esce)

Serafino           - (allo zio) U vidi ca macari u signor Calogeru mi duna ragiuni?

Pasquale          - (imitando l’effeminato) E chiddu criaturi, ti può dari tortu? I genti chi punu pinzari? Diciunu: chi ducazioni ci ha ‘nzignatu so matri e d’autru…

Serafino           - …porcu di so ziu, a forma di monicu?

Pasquale          - Facchinu, fitusu, spiriamu ca t’abbessi, ti mariti e ti levi ppi sempri davanti all’occhi mei!

Serafino           - E iu mi stava dannu versu, picchi a carusa mi piaci. Scusa ziu mi fa u signali e non mi movu? Tu o me postu chi avissutu fattu?

Pasquale          - U vastasi…

Serafino           - U viri ca pensi comu a mia?

Pasquale          - Vogghiu diri: u vastasi e disgraziatu ca si! Sti cosi ci dici a un poviru municu?

Serafino           - Poviru o riccu, mi pari ca u viristi tu stissu ca mi scacciau l’occhiu.

Pasquale          - Ti scacciau u ‘mbecilli ca si! Dda criatura havi un ticchiu di natura (dà uno schiaffo a Serafino) Giustu a tia hava a chiamari? Ni mancaunu scecchi a fera!

Serafino           - Picchì chi sugnu lariu?

Pasquale          - No, cchi c’entra? Tu si un serafinu di nome e di fattu! Camina ‘ddocu, nesci, pigghia sta valigia e camina. (escono)

SCENA VII

(Biagio – Caterina – Modesto)

Biagio              - (entrando con Caterina) Senti gioia, tu t’accunvinciri ca iu haiu a turnari a casa. Havi du iorna ca semu ca.

Caterina           - Certu, hai primura di turnari all’ovili, povera pecorella smarrita; suddu si scapulu e libiru comu l’aria, a cu ha dari cuntu?

Biagio              - Ai me frati ca stannu cu pinzeri. U voi capiri ca l’azienda è sula? Secunnu tia, quantu avissi a durari ‘u viaggiu di affari?

Caterina           - (nervosa) E già, sono io che ti faccio spendere troppo!

Biagio              - Scusa, a tia non ti piacciono pillicci, giuelli, belletti….?

Caterina           - …. E parrari di sti cosi ccu tia e comu parrari di cipria a un marzianu, u sacciu.

Biagio              - Ah già, mi l’havu scurdatu, ti si la grande Caterina… Crivello.

Caterina           - Prego, Catrì Crivè! E poi, quannu ti stanchi di mia, mu dici bellu chiaru. Semu sempri in tempu! Iu sugnu giovani e haiu ‘navveniri davanti!

Biagio              - (con segno larvato ma significativo) Chistu è veru. Davanti…. Hai….. un grandissimo…. Avvenire… di cantante-ballerina…..

Caterina           - Senti, mio caro e vecchio villico, tantu pi sapillu, vidi ca iu fin da giovane haiu statu macari in televisioni!

Biagio              - Già, unni faceva la muta di Portici e la cieca di Sorrento….

Caterina           - (inviperita) Chi senti diri?

Biagio              - Nenti, dicu ca facevi la valletta muta ed eri orva pi ddu cretinu do prisintaturi.

Caterina           - Ma ero sempre io che davo lustro alla trasmissione.

Biagio              - A sula trasmissione? Macari a mia. Difatti, di ddu iornu ca ti canusci nun mi visti più lustru, ne di saluti e mancu di ………………

Caterina           - (piange) Si viri ca nun mi voi beni chiù (poi con isterismo) Bedda matri, mi tirassi i capiddi!

Biagio              - Non u fari, nun ti strammari ca appoi a turnari ‘nto parruccheri.

Caterina           - (circuisce Biagio) Ma è possibile che dobbiamo litigare anche qui, nel nostro covo d’amore? (gli accarezza il viso e il collo)

Biagio              - Giustu, cu nu fa fari a strarriarini nel nido dei volatili?

Caterina           - Vuoi dire… nel nido dei colombi….

Biagio              - Perché i colombi non sono uccelli volatili?

Caterina           - Ma chi ci trasunu gli uccelli ‘nto discursu?

Biagio              - Ci trasunu…u stissu proverbio lo dice: non c’è nido senza uccello….

Caterina           - (con malizia, continuando) … comu non c’è uccello senza nido… ma com’è ca ni sciarriamu sempri? (accarezza Biagio)

Biagio              - Ferma, non mi cattigghiari. Ma comu haiu a fari cu tia? Chiù mi maltratti e chiù ti vogghiu beni.

Caterina           - Macari tu mi maltratti…

Biagio              - camina cu mia, iemuni a maltrattari… dda banna.

Caterina           - Nel nostro nido?

Biagio              - Sì, si tu fai il nido e io faccio il colombo  (entrambi si avviano mentre entra Modesto)

Modesto          - (timido, occhialuto, miope con fiori in mano entra dalla vetrata centrale) buon giorno signori.

Biagio              - Buon giorno a lei.

Modesto          - Io sono Modesto….

Biagio              - Si viri.

Modesto          - Sì, sì, sono Modesto Basilocchi, archivista di II° classe.

Caterina           - Deve parlare con noi?

Modesto          - (vede Biagio con il giornale in mano) Immagino…

Biagio              - Ma nuatri semu clienti.

Modesto          - (guarda sempre Caterina) Lo so, lo so…..

Caterina           - E comu u sapi?

Modesto          - Si nota….

Biagio              - Forsi voli l’albergatori?

Modesto          - Anche ma…. Non c’è premura. (guarda Caterina) Sono fortunato ho trovato.

Caterina           - Chi cosa ha truvato?

Modesto          - Il tesoro.

Biagio              - (piano a Caterina) Chistu a mia mi pari ‘ntrunatu (a Modesto) Perciò chi truvau lei?

Modesto          - Quello che dice il proverbio: chi trova un amico, trova un tesoro.

Biagio              - Ah, ho capito, lei è modesto, basiloccu, ma fortunatu.

Modesto          - Certo, perché sono guidato…

Caterina           - di cui?

Modesto          - Dalla mia buona stella (fissa sempre Caterina)

Biagio              - (a Caterina) U canusci a chistu?

Caterina           - Mai visto.

Biagio              - (a Caterina) E allura picchì ti talia?

Caterina           - Chi ni sacciu?

Modesto          - Lei è il padre?

Biagio              - (nervoso) Di cui?

Modesto          - Della signorina.

Biagio              - Senta, lei ci vinni o ci u mannaru?

Modesto          - Son venuto come attratto, spontaneamente, e non ho sbagliato. Lei è il papà?

Biagio              - Ma a lei chi ci interessa cu sugnu iù?

Caterina           - E poi, a mia mi canusci?

Modesto          - Da sempre?

Caterina           - E unni m’ha vistu?

Modesto          - Nei sogni…occhi, capelli, è lei, è lei….

Biagio              - Lei lei o lei lui? S’addizzassi a mira di sta lenti picchì mi stanu furriannu l’occhi.

Modesto          - Ho detto lei.

Caterina           - Iu? Io chi?

Modesto          - La ragazza del destino.

Biagio              - Amicu, lei chi vinni pi ‘nzultarini?

Modesto          - Me ne guarderei bene. Capisco, lei è un padre e ha il dovere di essere geloso.

Biagio              - Ma chi schifiu ci ‘nteressa a lei se iu sugnu gilusu.

Caterina           - Aspetta, aspetta, lassulu parrari.

Modesto          - Mi scusino, io sono enuto per l’annunzio… (mostra il giornale)

Biagio              - (con irruenza) Mi dessi stu giurnali (legge) Chi è  st’articulu signatu?... Occhi, capelli, ecc… E’ visitabile presso la villa dei cuori solitari… nei giorni… miz…zica (con ira, verso Caterina) Ah, eccu picchì mi puttasti cca, eccu picchì vulevi ristari ancora… non ti vergogni Messalina?

Modesto          - Cos’ha da vergognarsi la signorina Messalina? Che bel nome!

Biagio              - Lei si stassi mutu, signor Basiloccu (poi a Caterina) hai fatto tutto a mia insaputa, brava! E già tu si giovani non ti sazi e non ti stanchi di circari, ma iu haiu u dirittu di sapiri, dopu tuttu chiddu c’haiu fattu pi tia!

Caterina           - Ma chi sta dicennu?

Modesto          - No, qui ha ragione, un padre è sempre un padre.

Biagio              - (su di giri) E ci torna, si voli stari mutu? (a Caterina) Tu pripariti a valigia e amuninni pi subitu di ca, camina, camina. (tira per mano Caterina, i due escono)

Modesto          - (va per un po’ dietro i dui ma urta dietro la porta e si ferma) Ahi, mi stavo rompendo la faccia! Intanto ha ragione, povero uomo queste che sono cose da nascondere ad un padre?

SCENA VIII

(Calogero – Modesto – Concetta)

Calogero          - (entrando alle spalle di Modesto) Desidera signore?

Modesto          - (di scatto, si gira) Lei è il fratello)

Calogero          - Di chi?

Modesto          - Della signorina Messalina?

Calogero          - Non ho sorelle, sono soltanto l’albergatore e le porgo il buondì.

Modesto          - Chiedo scusa, mi pareva.

Calogero          - Non c’è di che. Piuttosto mi scusi lei, a causa dello sciopero dei camerieri….. sono solo….solo…disperatamente solo….

Modesto          - Ho capito, lei è solo.

Calogero          - (circuisce Modesto) Sono solo, ma…. A sua completa disposizione.

Modesto          - La ringrazio, lei è gentile. Mi necessita sulo una stanza con bagno.

Calogero          - Ci sarebbe libera (guarda il taccuino)…. La ventisette.

Modesto          - Per me va bene, è in carattere, sono impiegato statale.

Calogero          - (buona questa (ride) Sa, è vicino alla mia… la preparo subito.

Modesto          - Grazie!

Calogero          - Un po’ di pazienza e sarà pronta in un baleno, lei capirà sono solo.

Modesto          - Ho capito, lei è solo, vorrebbe fare di più… ma non può….

Calogero          - (indispettito perché Modesto non abbocca) E già, come potrei? Con permesso (esce velocemente).

Modesto          - (rimasto solo) Ho paura di aver preso un abbaglio. Ma no, no impossibile, non mi sono sbagliato. (raccoglie da terra il giornale e legge) “Occhi, capelli, bella presenza ecc…. visitabile presso la villa dei cuori solitari ecc…. dal giorno 20 al 22 corrente mese.

Concetta          - (entra dalla Comune non vista e ascolta la lettura; in una mano ha un involto e nell’altra un giornale) Buongiorno.

Modesto          - (si gira di scatto) Buongiorno, signora.

Concetta          - Quindi lei è venuto per il nunzio?

Modesto          - No, per Messalina….

Concetta          - Sì, qualche piccola messa si la vù sintennu, ma si chiama Rosetta.

Modesto          - Io dicevo per l’articolo sul giornale della signora Messalina.

Concetta          - Rosetta, prego non infastidisca, alla messa ci va solo la domenica, questo mi piace perché è insistente.

Modesto          - (fra sé) Forse avrà due nomi (più forte) Signora, permette io sono Modesto.

Concetta          - Nella vita la modestia è la prima cosa.

Modesto          - No signora, volevo dire che sono Modesto Basilocchi.

Concetta          - Lei mi piaci perché è anche simpaticu. Cchiù tardu ci presento a me figghia.

Modesto          - Già l’ho vista!

Concetta          - Comu? Lei a visti?

Modesto          - Certo!

Concetta          - E unni, quannu?

Modesto          - Poco fa, qui stesso.

Concetta          - Eppuri ci havu dittu di non nesciri d’a stanza e di non parrari ccu nuddu.

Modesto          - Cosa c’è di male? Qui non la mangia nessuno.

Concetta          - Ma, ‘nta sti tempi, ci siti troppu giovanotti ca iti circannu.

Modesto          - Signora, la prego sono una persona seria.

Concetta          - Nessuno le mette in dubbio, ma cu si guardò si salvò.

Modesto          - Piuttosto, signora, in confidenza, suo marito era al corrente dell’annunzio?

Concetta          - No.

Modesto          - Ora mi spiego….

Concetta          - Cosa si spiega? Lei s’ha maritari cu me maritu?

Modesto          - Me ne guarderei bene!

Concetta          - Allura picchì fa tutti sti dumanni?

Modesto          - Per sapere in quale porto approdo…..

Concetta          - E allura, in confidenza, ci dicu ca chistu è un nunziu ca fici stampari all’insaputa di tutti.

Modesto          - (fra sé) E ccu picchì u patri s’incazzau…. (poi a Concetta) Però suddu so maritu si siddia, non ci po’ dari torto….

Concetta          - Quandu si siddia si marita, e poi chisti su cosi di fimmini. Chiu tardu ni viremu e siddu a me figghia ci piace ne discutemu. Con permesso. (esce)

SCENA IX

(Pasquale-Modesto-Serafino)

Pasquale          - (a Serafino, entrando) Veni cca, siddu ti movi a ‘sta volta ti trasformu.

Serafino           - Cchi è curpa mia? Du cretinu di so frati si fissau cu sugnu iu ca’a sconcicu.

Pasquale          - Allura chi sugnu iu?

Serafino           - Chi si sacciu?

Pasquale          - A mia sti cosi? (da uno schiaffo a Serafino)

Serafino           - Ahi, ahi, sempri cu i manu all’aria, si?

Pasquale          - Dopu ca me schippi di l’unghia!

Serafino           - Intantu a carusa mi piaci e dda scaccaita d’occhiu m’attrai comu na calamita.

Modesto          - (a Serafino) Scusi, lei è il fratello?

Serafino           - No, iu sugnu u niputi.

Modesto          - Così grande?

Pasquale          - (equivoca e interviene) Pirchì? Non u pozzu aviri ‘nnputi granni, debbu pagghiolu?

Modesto          - Certo, ma io parlo… per l’annunczio…. Sul giornale.

Pasquale          - Ah, ho capito, allura lei cerca a me niputi.

Serafino           - (a Modesto) M a unn’è so soru?

Modesto          - (equivocando) Non sapevo di doverla portare.

Serafino           - Allura chi vinni a fari?

Modesto          - Non sapevo che fosse necessario portarla subilo.

Pasquale          - E ‘nta sti discussi siddu manca l’oggetto d’ ‘u discursu, lei cchi leva u megghiu.

Serafino           - Certu, cchi parramu a fari nuatri?

Pasquale          - (a Serafino, piano) Forsi ti voli canusciri prima iddu.

Serafino           - E iu chi m’haiu a maritari cu iddu? Daccussi si usa?

Pasquale          - Certu, ccu ‘n masculu non si usa… ma chi schifiu mi fai diri?

Modesto          - Non capisco di cosa parlate. Io sono venuto per l’annunzio. (mostra il giornale)

Pasquale          - (legge il giornale) Ah, eccu pirchì.. dev’esser ‘a singurina d’u’ vintitri.

Serafino           - (strappa di mano il giornale allo zio) sidduci voli iri ci iasi ma tinissi a cura, ca hai ‘n frati proppu gilusu e nirvusu……

Modesto          - Io lo ritengo giusto, ma voglio conquistare solo il cuore della signorina.

SCENA X

(Calogero – Modesto – Serafino – Pasquale – Maura – Orazio)

Calogero          - (entrando a Modesto) Signore, la stanza è pronta.

Modesto          - Grazie, signori con permesso.

Calogero          - Se ha bisogno di qualcosa lo dica adesso, perché se…

Modesto          - (continua)….lei è solo, c’è sciopero…. Non ha molto tempo…

Calogero          - ….. ma sempre a sua disposizione…..

Modesto          - ………grazie. (esce seguito da Calogero)

Serafino           - Ziu, iu scinnu ‘nto giardinu. Suddu mi cerca qualcunu mi chiami (con occhietto) E suddu nesci u vintitri….

Pasquale          - Facemu tombula…

Serafino           - Fai ‘u ntontiru? Suddu nesci ‘a signurina do vintitri….

Pasquale          - …..ti chiamu, ho capito, nesci vattinni. (Serafino esce)

Serafino           - (da fuori, ad alta voce) M’arraccumannu a tia, faccilla na parrata.

Pasquale          - (ad alta voce) Cchi mi pigghiasti ppi ruffianu?

Serafino           - (dal giardino) Fra ziu e niputi cchi ci sunu sti cosi?

Pasquale          - E va beni. Iu m’arriposu ‘n pocu u ciriveddu (si siede e legge il giornale)

Maura              - (entrando dalla comune) Bongiornu patri.

Pasquale          - Bongiornu figghia.

Maura              - Avrei bisogno di…

Pasquale          - ……di una stanza immaginu…

Maura              - (mostrando il suo giornale) Avissi bisognu di parrari con…

Pasquale          - ……con l’albergatore…s’assittassi ca ora veni.

Maura              - No, m’avissi e ‘ncuntrari…con….(gli porge il giornale) Liggissi.

Pasquale          - (dopo aver letto) Ho capito lei cerca a me niputi.

Maura              - So niputi?

Psquale            - Sì, è ‘nto giardinu; (si porta sulla soglia della porta) Serafino, Serafino! (entra Orazio)

Orazio             - (a Pasquale) Io sono il nonno.

Pasquale          - Di cui?

Orazio             - Della signorina.

Pasquale          - Tanto onore e piacere, con permesso (chiama) Serafino, Serafino (esce)

Orazio             - Vinisti finu a cca?

Maura              - M’ha scusari, ma iu a lei non ‘u canusciu.

Orazio             - Chista è storia vecchia. Doppu tantu ca m’hai fattu, ora non mi canusci chiù?

Maura              - Forse lei si cunfunni.

Orazio             - Non mi canusci? Non ti ricordi lo zio di tuo padre?

Maura              - (recitando) Ah, lei è il nonno?

Orazio             - Certo, e avevo detto di non volere vedere più nessuno.

Maura              - (fra sé) Chistu mi pari un poviru pazzu. È megghiu assicunallu (poi forte) Caro nonno, scusami, non credi di meritare tanti rimproveri.

Orazio             - No? Chi ha convinto tuo padre, emerito mio nipote, a mandarmi in questa pensione? E chi ha convinto tua madre, la esimia mia nipote, a spedirmi in questo esilio, se non tu stessa?

Maura              - Forse perché ognuno ha diritto alla propria libertà.

Orazio             - Già, la tua libertà vestita di libertinaggio, l’allegria velata d’amarezza, l’animosità coperta di stanchezza… non mi parrari di modernità; pirchì mi pari e mi sapi di vecchiu e malufattu ristauru di vecchi usanzi!

Maura              - (sempre recitando) Caro nonno, come ogni mondo ha la sua età, ogni età ha il suo mondo. Con chi te la vuoi pigliare?

Orazio             - Ccu mia stissu!

Maura              - Pirchì, stai mali cca?

Orazio             - No, anzi debbo ringraziarvi perché qui ho trovato me stesso.

Maura              - Allora qui ci stai bene?

Orazio             - Certo che sto bene, solo certe azioni fanno male! Sono lieto e libero anche se qualche volta mi sento solo fra tanta gente, ma resto in compagnia di tanta solitudine. (si riprende, si siede, giocherella con qualcosa, come assente) Ma tutto sommato, sono più allegro che mai perché posso gridare: VIVA LA VITA!!!

SCENA XI

(Calogero – Maura – Orazio)

Calogero          - (entrando) Signorina buongiorno, mi dica.

Maura              - Aspetto il padre.

Calogero          - E chi sarebbe?

Maura              - Il monaco.

Calogero          - Il monaco è suo padre?

Orazio             - Non bestemmi, macchè monaco? Parra di Minicu!

Calogero          - Ah, bravo, suo nipote è venuto a trovarlo?

Orazio             - (indica Maura) M’ ‘u dissi me niputi.

Maura              - Matri mia, mi ‘mbriacai! Cchi va dicennu?

Calogero          - Ho capito, aspetta Frà Pasquale.

Maura              - (in disparte a Calogero) M’ha scusari, stu vecchiu cu è?

Calogero          - Non ci faccia caso, è un ospite stabile dell’albergo. È il classico capo-famiglia che, dopo aver lavorato una vita per gli altri, al tramonto si trova con se stesso.

Maura              - Ma non havi a nuddu?

Calogero          - Al contrario, di amici e parenti ne ha tanti, ma nessuno lo vuole in casa.

Maura              - E pirchì puvireddu?

Calogero          - Forse per quel tran-tran… pregio dell’ultima stagione che ci dona (fa cenno alle tempie) quel magico…difetto d’esser liberi convenienze ed ipocrisie sociali, il cosiddetto autunno della verità.

Maura              - Mi dissi ca iu sugnu so niputi.

Calogero          - Lo dice a chiunque, tutti siamo suoi nipoti. È la solita fissazione.

Maura              - Mi fa pena criaturi.

Calogero          - Per fortuna ha una buona pensione e delle proprietà. Qui potrà stare sempre meglio che in certi residence per anziani amministrati da religiosi e sovvenzionati dallo Stato.

Maura              - Dda ‘i fannu moriri prima?

Calogero          - Quasi…

Maura              - Non nesci mai?

Calogero          - Sta sempre in casa.

Maura              - Non havi ‘na specie di riposo, di libera uscita, di licenza?

Orazio             - (scattando si ridesta, si alza e declama) Licenza, licenza… licenza? Ed al fine della licenza io tocco… (con l’indice a mò di spada, tocca in affondo il petto di Maura)

Maura              - E chi tocca a fari? (sorridente)

Orazio             - Ignorante questo è Cirano.

Maura              - Ppi mia si chiama pettu!

Calogero          - Non lo contraddica. Un giorno era un attore: ed ogni battuta ricorda un lavoro teatrale e con la fantasia ritorna in palco.

Maura              - Com’è ca mi pigghiau pi so niputi?

Calogero          - Non ha capito ancora? Arteriosclerosi!

Maura              - Peccato.

Orazio             - Peccato? Peccato fa chi dell’altrui amor non empie il core. (da una pacca sul sedere a Maura)

Maura              - Ora chistu comu si chiama?

Orazio             - Moliere.

Maura              - Mah, e cu ni capisci?

Orazio             - Piccatu è ccu mori ed io mi ni fotto di te, di mio nipote e di tutti i figli dei miei nipoti!

Maura              - Chista qual è?

Orazio             - La verità…l’ultima scena del terzo atto!

Calogero          - (interviene e batte le mani) Bravo, bravo; abbiamo ammirato la sua recitazione, prenda la pillola ora.

Orazio             - A me la pillola? La dia a mia nipote, che ha problemi di… moltiplicazione.

Calogero          - (porge la pillola e il bicchiere ad Orazio) La prego si ritiri, nella sua stanza.

Orazio             - Forse disturbo?

Calogero          - Affatto, vada a prepararsi per la scena del pranzo… (Orazio prende la pillola, beve)

Orazio             - Grazie, mio buon Calogero, adesso mi siedo per concentrarmi ed entrare nel personaggio. (si siede)

Calogero          - Come vuole. Stia tranquillo, con permesso. (esce)

SCENA XII

(Pasquale – Maura – Serafino – Orazio – Calogero)

Pasquale          - (entrando) Cca c’è me niputi.

Maura              - Buongiorno signor…

Serafino           - Serafino Bruttini, per servirla.

Maura              - Che bel nome! Ed io sono Maura Ponchielli.

Serafino           - Me ziu mi dissi ca lei vinni pi l’annunziu.

Maura              - Mi ha spinto il destino a cercare il compagno della vita.

Serafino           - Ziu, chista mi pari a cumpagna della morte!

Pasquale          - Ca tu si beddu! Parra allegiu ca c’è so nannu.

Serafino           - (ad Orazio) M’ha scusari nannu.

Orazio             - (sempre svagato ma sereno) Dice a me?

Serafino           - Certu, lei non è un nannu da signurina?

Orazio             - Io? Forse mi confonde con altri. Non ho avuto il bene e l’onore di conoscere una si leggiadra e prosperosa ragazza.

Pasquale          - (ad Orazio) Ma chi mi voli fari scimuniri? Lei du minuti arreri nun mi dissi ca era u nannu da signurina?

Orazio             - Questo lo dice lei.

Serafino           - Ziu tu dissi ca ‘ntrunasti macari tu ‘nta vicchiania!

Pasquale          - Varda c’azzaccagnu o nannu! Macari tu mi pigghi pi cretinu? (da uno schiaffo a Serafino)

Serafino           - Ahu, ziu statti femmu cu i manu! Accuminicamu di novu davanti ‘e genti?

Calogero          - (entra casualmente sullo schiaffo) Cosa succede? Calma.

Pasquale          - (a Calogero) Stu vecchiu strolicu mi dissi ca era u nannu da signurina….e ora….

Calogero          - Ho capito tutto! Nonno venga con me, la colazione è servita. (escono)

SCENA XIII

(Pasquale – Maura – Serafino)

Pasquale          - Allura non era so nannu?

Maura              - Ca quali? Sula sugnu.

Pasquale          - Ora putemu discutiri cu calma.

Maura              - Io sono venuta per l’annunzio.

Pasquale          - U sacciu, però me niputi vulissi ‘npocu di tempi pi riflettiri.

Maura              - Giustissimu. Io starò qualche giorno alloggiata qui e lei mi darà una risposta. Va beni?

Pasquale          - Benissimu.

Maura              - Ora ci dicu i signor Calogero pi na stanza (esce)

Serafino           - Mi pari ca chista ci appizza i spisi.

Pasquale          - Picchì?

Serafino           - Picchi a mia non mi piaci.

Pasquale          - Certu, tu ti fissasti ca signorina Creolina.

Serafino           - Se ti piaci tantu, picchi nun ta pigghi tu?

Pasquale          - Iu? Iu ‘npoviru monicu sugnu, disgraziatu (schiaffo a Serafino)

Serafino           - Ahi, maliritta a ciocca! Megghiu ca mi ni vaiu, prima ca m’acchianunu l’agghi. (esce)

Pasquale          - E vattinni, prima ca mi scinnunu i cipuddi!

SCENA XIV

(Concetta – Rosetta – Pasquale)

Concetta          - (entrando con la figlia) Iu t’hava raccumannatu di non nesciri da stanza e di non parrari cu nuddu (ha un giornale in mano)

Rosetta            - (entra piangengo) io ho parlato con la signorina Creolina, credimi.

Concetta          - Non è veru, tu ti mittisti a discurruri co signor Basiloccu.

Rosetta            - Ed io ti giuro che non ho parlato con uomini (piange in disparte)

Concetta          - Ci vogghiu cririri (poi a Pasquale) Buongiorno Patri.

Pasquale          - Buongiorno a lei. Chi havi a signorina ca sta chiena onnu?

Concetta          - Nenti, cosi tra matri e figghia.

Pasquale          - (a Rosetta) Signurina non chiacissi, lei havi na matri, a chiddu c’haiu caputu, interessatissima, bona e caritatevoli.

Rosetta            - (piagnucolando) Solo con me non riesce a essere caritatevole!

Pasquale          - E picchì? Chi va dicennu signurina?

Rosetta            - Una madre che ha premura di sposare la figlia come la chiama?

Pasquale          - Una madre premurosa!

Concetta          - (a Pasquale) A vossia ciù pozzu diri. Fici fari un annunziu matrimoniali ‘nto giurnali.

Pasquale          - Ho capito tutto (va verso la porta e chiama in giardino) Serafinu, Serafinu…

Serafino           - (da fuori) Chi voi ziu?

Pasquale          - Veni subitu, ca t’haiu a parrari (poi alle donne) Nuatri semu cca po stissu mutivu e… se c’è distinu… (segno di accomodamento)

Concetta          - Patri, spiriamu di putiri fari cosi boni…

Pasquale          - Cara signora, le vie del Signore sono infinite (alza le mani al cielo)

SCENA XV

(Serafino – Pasquale – Concetta – Rosetta)

Serafino           - (entrando da centro) Chi voi, ziu?

Pasquale          - Ti presento la signora….

Concetta          - Concetta Panzoni…

Pasquale          - E la sua simpatica figliola. Sunu cca pi l’annunziu ca sai.

Serafino           - Piacere….

Concetta          - (sorpresa) Chistu è so niputi?

Pasquale          - Si, comu u trova?

Concetta          - Diu mi ni scanza!

Serafino           - Chi voli diri?

Concetta          - Dicu, Dio mi ni scanza… Putissimu diri mali? È simpaticuni!

Rosetta            - Voi parlate come se io non ci fossi.

Concetta          - No, a matruzza, l’ultima parola sarà sempri a to.

Pasquale          - Nuatri stamu ancora qualchi jornu, daccussì i carusi si ponu canusciri meggiu…

Concetta          - E se voli u distinu…

Rosetta            - Ma il destino lo inventiamo noi.

Pasquale          - Giusto! Bisogna prima riflettiri!

Serafino           - Chisti cosi seri sunu. Chi facemu schizzamu?

Rosetta            - Con permesso.

Pasq.-Seraf.     - Prego, accomodatevi (le due donne escono)

Pasquale          - (a Serafino) Chi ti ni pari?

Serafino           - A carusa è bona, a matri però mi fa ciauru d’abbruciatu.

Pasquale          - Non cuminciamo a malignari senza canusciri i genti. E poi, chi t’ha maritari cu so matri?

Serafino           - Non ni parramu! Megghiu un curazzeri a cavaddu!

Pasquale          - E’ ca ti fissasti ca signurina Creolina.

Serafino           - E macari fussi? A mia m’ha piaciri!

Pasquale          - Ahu, rispunni ccu ducazioni, allura ti ‘ntappu ‘nta muru!

Serafino           - Tu, ppi forza, mi voi mpicari a cu ti piaci a tia!

Pasquale          - Allura pirchì semu cca, ppi villeggiatura?

Serafino           - Ma ci deve essere macari la convenienza e iu cercu l’utili e u divertevuli. (fa cenno di soldi e forme muliebri)

Pasquale          - Certu, a vutti china e a mugghieri ‘mbriaca!

Serafino           - E ‘u bello ca ci pigghiasti suppa a fari macari u ruffianu.

Pasquale          - (scatta) A to ziu sti cosi? Non ti scurdari ca sugnu un poviru monicu. (schiaffi e pedate a Serafino fino alla comune)

Serafino           - Ahi, ahi, ahi, beddu religiosu arrisuttasti…. (i due escono)

SCENA XVI

(Biagio – Caterina – Modesto)

Biagio              - (entrando a Caterina) Ma chi ti mittisti ‘nta testa ca m’ha fari fai a figura d’u puddicinedda? T’ha fari a valigia pi subitu.

Caterina           - Ti giuru ca nunni sacciu nenti do giurnali.

Biagio              - Allura ddu giovanottu chi vinni pi mia?

Caterina           - Ma chi mi cunti? Ci sarà un’equivoco.

Biagio              - Non ci si tu? Tu si tutta un’equivoco…. ‘nto giurnali c’era scrittu: “occhi…, capelli e sparti dda facci di cretinu ti taliava ‘ntrignu ‘ntrignu!

Caterina           - veni ccà Biagio, calmati, non fari u picciriddu.

Biagio              - Non m’allisciari pirchì non mi incanti più!

Modesto          - (entrando con fiori in mano) Permette signorina? Posso offrirle questi fiori?

Biagio              - Lei ‘nuatra vota cca è?

Caterina           - M’ ‘u voli spegari a ccu cerca lei?

Modesto          - La mia anima gemella e l’ho trovata, ne sono certo. Cerco lei.

Caterina           - A mia?

Modesto          - Certo!

Biagio              - E cci torna? Allura lei sinni voli iri astruppiatu di cca?

Modesto          - Lo so, lei è arrabbiato, lo capisco, ha ragione perché non sapeva niente dell’annunzio. Però ho parlato con la mamma della signorina e mi ha detto che l’articolo è stato fatto all’insaputa di tutti.

Biagio              - (inviperito) Ha vistu? Macari to matri sapeva stu fattu e tu non h’havi ditttu nenti. E già, tali matri tali figghia, ‘mbrugghiuna l’una e bugiarda l’autra!

Caterina           - Ma chi mi stati dannu i nummira? Cu ci a potta a me matri cca?

Modesto          - Le ho parlato io poco fa.

Biagio              - (con calma) Lei cu cui è c’ha parratu?

Modesto          - Con sua moglia, la mamma della signorina.

Biagio              - (ride forte insieme a Caterina) Datu ca lei è daccusì sicuru, m’a voli prisintari a questa mia moglie? (continua a ridere)

Modesto          - Ho capito che voi volete prendermi in giro, ma questa curiosità me la voglio togliere e vado subito a chiamare la signora. (esce)

Caterina           - Stu puvireddu ha esseri ‘npocu scemu (ride)

Biagio              - Uh, la bestia! (ride insieme a Caterina)

SCENA XVII

(Serafino – Caterina – Biagio)

Serafino           - (entrando con fiori in mano) Gente allegra il ciel l’aiuta. Signorina, col permesso di suo papà, le posso offrire questi fiori che ho cogghiuto nel giardino?

Caterina           - grazie, lei è molto gentile (prende i fiori)

Biagio              - (un po’ seccato) Lei chi è n’autru aspiranti do giurnali?

Serafino           - Sì, lei come lo sa?

Biagio              - (in crescendo) M’u mmaginu! (prende i fiori e li restituisce a Serafino) Si purtassi sti ciuri, prima ca ci sbattu ‘nta facci!

Serafino           - Ma a lei chi ci manca un venerdì?

Biagio              - (nervoso) A mia mi manca tutta a simana e si mi furriunu i palli…. Di l’occhi, u pigghiu po cullettu e u jettu fora!

Serafino           - Mi meravigghia comu mai prima potta a so figghia cca pi l’annunziu e poi s’incassa se qualchi giovanottu a talia. Comu a voli maritari a so figghia, pigghiannu po cullettu ‘e cristiani?

Biagio              - Iu  non  haiu a maritari  a nuddu e sinni issi! (spinge Serafino)

Serafino           - Calassi i manu, prima ca mi pigghiunu i cincu minuti.

Biagio              - Veni cca rappareddu ca ti strafunciu u mussu.

Caterina           - (fra i due) Vi prego, calmatevi!

Serafino           - A mia rappareddu? Panzarottu ca siti!

Biagio              - Vastasi e facchinu.

Caterina           - Basta, basta, pi carità, finitila, mi sentu sveniri (recitando la parte, si abbandona fra le braccia di Biagio)

Serafino          - U sta vidennu, povira carusa, ca sviniu pi curpa so? Patri snaturatu!

SCENA XVIII

(Caterina – Biagio – Serafino – Pasquale – Maura – Concetta – Creolina – Virgilio – Orazio –

       Calogero)

Biagio              - (mentre ode la voce di Concetta da fuori, a Serafino) M’ha scusari, certi voti sugnu nirvusu. A tinissi lei (mette Caterina in braccio a Serafino e cerca di allontanarsi di soppiatto)

Serafino           - Unni va? Vinissi cca.

Biagio              - Vaiu a pigghiari un pocu d’acitu…

Serafino           - Ci ciusciassi cu stu vintagghiu.

Biagio              - (mentre soffia) Non a tinissi troppu stritta.

Pasquale          - (entrando con Maura) Serafino, chi sta facennu?

Serafino           - U ‘nfimmeri!

Pasquale          - A signurina ti vuleva parrari.

Serafino           - ?Nta stu mumentu?

Maura              - Non c’è bisognu, ho capito tutto: e lei a forma di monicu si virgugnassi a rafici u cummogghiu!

Pasquale          - Signurina, iu non ni sapeva nenti (si ode la voce di Concetta)

Maura              - Allura, sta signurina cu è?

Biagio              - (in imbarazzo) A fidanzato di stu giovinotto.

Maura              - I nervi, i nervi, mi sentu mali, mi sentu sviniri (sviene)

Pasquale          - (reggendo Maura) Matri mia, cca ci voli u paranculu! Datimi na manu ca sugnu tuttu scunucchiatu!

Concetta          - (entrando rapidamente, a Biagio) E a tia cu ti cci potta cca?

Biagio              - A mia? E tu chi ci fai cca?

Concetta          - Iu sugnu di passagiu!

Biagio              - E iu ci sugnu per affari!

Pasquale          - Ahu, cca l’affari seriu è ca nun c’ha fazzu chiù!

Concetta          - E chista caci ciusci tantu cu è?

Biagio              - A zita di stu giovanottu (Serafino approfitta e stringe Caterina) E vui non stringiti!

Concetta          - A tia chi t’interessa?

Biagio              - Se stringi troppu, accupa!

Concetta          - Inveci sugnu iù ca ti fazzu accupari? Veni cca, vigliaccu, veni cca. (Cominciano le schermaglie)

Serafino           - Signura si calmassi.

Concetta          - Vui stativi mutu, ruffianu (Biagio scappa, inseguito da Concetta per la comune)

Virgilio            - (entrando, a Serafino) Allura aviti sempri u stissu viziu?

Serafino           - (cede a Virgilio Caterina, fra le braccia) Allura tinitila vui!

Virgilio            - (a Serafino) Vigliaccu, m’impacciastiru i manu!

Creolina           - (entrando a Virgilio) Ah chistu è u complesso! Ancora è nenti e accuminici accussi? Matri mia, mi sentu mancari (sviene fra le braccia di Serafino)

Orazio             - (entrando in costume di Orlando) Lei non sa chi sono io!

Calogero          - (al seguito di Orazio) Lo so, lo so, prenda la pillola.

Orazio             - Di che si meraviglia? Sono in carattere (mostrando i vari atteggiamenti degli altri presenti: apparentemente equivoci) Atto primo, scena terza: Sodoma e Gomorra!

Pasquale          - Ahu, ma quali sautu e camurra? Chista è la strage degli innocenti! Ahi, ahi, m’ammazzau! (cede sotto il peso e cade con Maura)

Sipario

SECONDO ATTO

STESSA SCENA DEL PRIMO ATTO

SCENA I

(Calogero e Maura)

Calogero         - Signorina, come si sente?

Maura  -           - Non c’è tantu mali, grazie.

Calogero         - Il ginocchio le dà ancora fastidio?

Maura  -           - Non pozzu puggiari ‘u peri ‘nterra.

Calogero         - Dirimpetto c’è un medico, una sua visitina ci potrà rassicurare.

Maura  -           - Lei è troppo buono, grazie.

Calogero         - Venga, venga, faccia piano, si appoggi alle mie spalle.

Maura  -           - (sovrapensiero) Facchino e maleducato!

Calogero         - Dice a me?

Maura  -           - Cchi c’entra lei? Pinsava ‘o signor Serafinu, cu iddu l’haiu! (i due escono lentamente)

SCENA II

(Concetta – Biagio – Serafino – Caterina)

Concetta          - (entrando con Biagio) Ppi diri ‘a virità, iu non m’ ‘a calu sta storia d’amuri fra ‘u signor Serafino e ‘a signorina Caterina.

Biagio              - Cchi ci trovi di mali?

Concetta          - Ca, lariu com’è si puteva fari santu prima d’aviri ‘na carusa di chidda, chiuttostu ca mi fa ciauru di bargamottu….

Biagio              - Geniu fa biddizzi, e poi si sapi ca i fimmini siti tutti capricciusi.

Concetta          - Non mi vogghiu dannari l’anima, ma tu n’ha sapiri qualche cosa, pirchì quannu sviniu a signurina troppu ci ciusciavi…

Biagio              - Ma quantu si piliddusa pi na ciusciata? Dopu tuttu nun sugnu cu tia? Ora non staiu vinennu ‘nta to stanza a dormiri cu tia?

Concetta          - Ca si ccu mia non c’è dubbio, ma è puru certu ca a testa l’hai sempri a nautra banna….

Biagio              - Certu, ‘nta l’affari.

Concetta          - ?U sacciu… ‘nta l’affari to... e ora a dormiri ccu mia pp’aarrunfari comu ‘n’angileddu…

Biagio              - Sarà stanchizza.

Concetta          - ?U sacciu iu… a stanchizza… di l’affari… to…

Biagio              - Cchi fai, suspetti ancora?

Concetta          - Sempri!

Biagio              - Allura chista non è gilusia, è malatia cronica.

Concetta          - E ‘nta cronoca ta fazzu finiri!

Biagio              - Propriu ‘nto giurnali? Pirchì?

Concetta          - Pirchì qualche vota perdu a bussola!

Biagio              - Vidi ca ti sbagghi.

Concetta          - E va beni, mi sbagghiu, ti vogghiu cririri..ma …’dda sciusciata…

Biagio              - Fu un’atto di umana bontà!

Concetta          - sì, ma troppa bontà ci mittisti!

Biagio              - Cchi voi di mia?

Concetta          - A paci e a tranquillità. Siddu tu parti a capudannu e t’arritiri a San Silvestru, pozzu esseri serena?

Biagio              - Forsi hai ragiuni? (pausa) Ma tu ca pigghi avanti ppi nesciri prima, mu voi spiegari com’è ca ti trovi ‘nsemi a Rosetta cca? Non hauvu a iri ‘nti to soru Carmilina a Missina?

Concetta          - E tu non havi a iri a fera di Montalbanu? Cu’ ti ci porta a Taormina?

Biagio              - L’affari!

Concetta          - Già…l’affari… to…

Biagio              - Sissignora, mi purtanu ‘na partita d’agneddi e vitillini…

Concetta          - …robba tennira…

Biagio              - ….e sugnu cca pirchì aspettu u vinnituri d’u cuntinenti. Ma tu pirchì si cca?

Concetta          - Pirchì to figghia… aspetta….

Biagio              - (con crescendo) E iu non sacciu nenti? Comu fu? Quannu fu? Cu fu? Parra!

Concetta          - Ma chi capisti, ‘ntontiru?

Biagio              - (piano) Sciddicau?

Concetta          - ‘U ciriveddu a tia ti slittau! Aspetta…aspetta la forza del destino…nell’eterna…danza delle ore…

Biagio              - Non haiu caputu siddu a fari l’esami ppi supranu o un saggiu di danza classica.

Concetta          - Non t’u dicu ca si ‘ntrunatu? E ppi forza, non t’interessi mai di to figghia. Aspetta, aspetta il prencipe azzurro. ‘U voi capiri?

Biagio              - E stu giovanottu ha veniri cca?

Concetta          - L’appuntamentu è fissatu cca e non fari autri dumanni! Dev’essere una sorpresa!

Biagio              - Macari ppi mia?

Concetta          - Specialmenti ppi tia! Allura chi surpresa è?

Biagio              - Però putevi scegliri… n’autru albergu…

Concetta          - MaiMaria, tu hai troppu ‘nteressi di mannarimi di cca, ma iu cci staiu, non ci vidu chiaru.

Biagio              - Vol diri c’hai bisognu da lenti.

Concetta          - Ci scherzi? Poi ti ‘nadduni ca quannu diventu orva di raggia non ci vidu mancu ccu cannuchiali.

Biagio              - Forsi si stanca, amuninni a dummiri ca si fici taddu.

Concetta          - A dummiri ci vegnu, ma sta notti staiu ccu l’occhi spadiddati tanti… (fa il cenno relativo)

Biagio              - Camina, stai tranquilla. (i due escono)

Caterina           - (entrando, cerca di circuire Serafino che l’accompagna) Ti prego lasciami, no, non non mi solleticare, sai che ci soffro e mi viene la pelle d’oca.

Serafino           - Sì,sì, oca, oca, ochetta, paparedda du me cori, ‘u sai ca mi piaci.

Caterina           - (recita per ingelosire Biagio) Mi sento girare la testa, m’accompagni nella mia stanza?

Serafino           - N’autra vota? Cara Caterina, iu ti vogghiu beni, ma a tuttu c’è un limite! A tia ti gira troppu a testa e svinisci…. ‘o spissu… Mi sentu vacanti d’intra e cascatu di ‘npalazzu… Iu mi stancu di… ciusciari sempri… Ma quantu vintagghi ci colunu ppi tia?

Concetta          - (in disparte fra sé)… cca c’è n’autru ca…ciuscia.

Serafino           - Havi ‘na sirata ca ma fazzu ciusciannu a st’ura c’è me ziu ca mi va circannu ppi mari e ppi terra.

Caterina           - E va bene, vattere pure tu

Biagio              - (impacciato) Signorina Caterina, si sente meglio?

Caterina           - (con voce stranea) Benissimo, grazie. Ma starei meglio fuori di qui… all’aria aperta (poi piano) … ppi non vidiri certi facci…

Biagio              - Ci fazzu tanti auguri signurina. Chiuttostu permetti? Ci presento mia moglie.

Caterina           - (recita) Tanto piacere. La signora è sua moglie?

Biagio              - A servilla.

Concetta          - Piacere.

Caterina           - Complimenti, molto piacere.

Biagio              - (piano a Caterina) Cchi hai?

Concetta          - (a Biagio) Cchi dicisti?

Biagio              - Dicu…ahi, ppi stu duluri ca mi vinni ‘nta carina.

Concetta          - (con sfottò) Sarà…umidu o… cambiamentu d’aria…

Caterina           - La credevo più anziana la sua signora.

Biagio              - Pirchì?

Serafino           - Voli diri… in base… all’età del marito….

Caterina           - (s’avvicina a Concetta) Serafino scherza.

Biagio              - (piano a Serafino) Mutu cretinu!

Serafino           - (piano) A mia cretinu? Viditi ca parru?

Biagio              - (mentre le due donne sono vicine) Quantu vali u vostru silenziu?

Serafino           - Nulla è dovuto, tutto è a discrezione del committente.

Concetta          - (sempre attenta) Chi dici? ‘u signor Serafino?

Biagio              - Nenti, parra del committente, di ‘na commissioni… A propositu, signor Serafino, ho già scambiato l’assegno grazie per i soldi ca mi pristau sta matina, tinissi… (da una manciata di carta moneta a Serafino)

Serafino           - Forsi lei pensa mali.

Biagio              - Pirchì? Mi nni desi cchiù picca?

Serafino           - O cuntrariu. A mia mi pari ca ci nni ‘mpristaiu cchiù assai.

Biagio              - (a denti stretti) Forsi…forsi… non ci pensu bonu…

Caterina           - Serafino non fare il pignolo, centu cchiù, centu menu…

Concetta          - (sarcastica, interviene) No, no, chi c’entra? Sudda ti ni pristau cchiù assai, daccilli tutti.

Serafino           - Aberru? Signura? Santi paroli!

Biagio              - (piano) Ci mancava idda sula. (poi forte) Bih, veru è, erunu cchiù assai… cinquan….

Serafino           - ..cincucen..

Biagio              - …cinquan…

Serafino           - …si, esatto, cinquecentocinquanta…

Biagio              - (buon viso a cattivo gioco) Veru è, pensu mali, tinissi (dà altri soldi a Serafino)

Rosetta            - (da fuori) Mamma, mammina!

Concetta          - Vegnu, vegnu ‘a mammaiedda!

Biagio              - (a Caterina, mentre Serafino bacia la mano a Concetta) Dopu nuatri ni parramu a quattr’occhi!

Caterina           - (piano) Non non abbiamo più niente da dirci… e vattinni signor scapolo… con prole.

Serafino           - Vieni Caterina, preparati ca sta notti ti portu al nigghiti clubbisi (la stringe, l’accarezza con allegria)

Biagio              - (con impeto incontrollato) Alleggiu amicu miu!

Serafino           - Scusati, a vui cchi v’interessa?

Biagio              - (fra le spine, cambia tono) Nun ha viri ca è ‘ntipu dilicatu? Ci putiti fari mali, ‘npocu di delicatezza!

Concetta          - (esplode) Ma cchi c’entri tu ‘nta tutta sta delicazzitudini?

Biagio              - Iu ‘u dicu comu Diu e prossimu…. Per umanità.

Concetta          - Guarda, lassa stari l’umanità e pensa ppi tia.

Rosetta            - (da fuori) Mamma, mammina…

Concetta          - Vegnu, vegnu. (esce)

Biagio              - (prende Serafino per il colletto) Ccu vui ni parramu dopu ca parti me mugghieri. Intantu datimi i sordi ca mi spillastiru, allura vi fazzu a panza a tipu sculapasta (tira fuori il revolver)

Serafino           - (tremante) Ahu, calati i manu e pusati stu cannuni!

Biagio              - E non vi sparu ppi non fari scrusciu!

Caterina           - (si pone in mezzo) Prima fai u scapulu, l’innamoratu, sempri cu a valigia pronta ppi scappari ccu mia e poi risulti maritatu. Ora fai u gilusu e ‘u gradassu ccu stu poviru disgraziatu ca nun c’entra nenti. Ritorna all’ovile, pecorella smarrita!

Biagio              - All’ovili mannicci a stu picureddu ca ti sta o latu, pirchì ancora non ti canusci bona!

Serafino           - Badati a comu parrati, amicu miu. Chiuttostu itivinni, prima ca ma pensu a cappiddara e finisci mali.

Biagio              - A mia sti paroli, carogna ca siti? (si avvicina minaccioso a Serafino, ma ode la voce della moglie)

Concetta          - (da fuori) Biagiu, cchi facisti, ‘mpicasti?

Biagio              - (con tono molto diverso) Staiu vinennu, staiu vinennu. (a Serafino) Iu mi nni vaiu, ma doppu ni viremu, vi canusciu. (poi a Caterina) A tia u sacciu unni e comu t’haiu a truvari, sacciu aspittari.

Concetta          - biagio, cchi si ‘ncalamitatu?

Biagio              - (c.s. in sotto tono) Vegnu, vegnu (esce)

Serafino           - Ha visto? Tu diceva iu ca chistu non mi piaci.

Caterina           - Pirchì, ti scanti?

Serafino           - Peggiu, mi sentu un tirrimotu ‘nto stomucu.

Caterina           - E’ cani ca abbaia!

Serafino           - Ma ‘n cani c’abbaia po macari muzzicari.

Caterina           - E vattinni, omu di carta, lassimi ‘npaci macari tu. Libirtà, santità!

Serafino           - Ca certu, tu ti pigghi a libertà e a mia mi lassi a santità. (a cenno di morte) Intantu… intantu…

Caterina           - ….intantu?

Serafino           - (una mano alla pancia) con permesso! (esce velocemente)

SCENA III

(Modesto e Caterina)

Modesto          - (con fiori in mano) Finalmente l’ho trovata.

Caterina           - (seccata) Chi voli lei?

Modesto          - Volevo chiarire l’equivoco.

Caterina           - Quale equivoco?

Modesto          - Mi deve scusare, io non sapevo che suo papà, oltri a essiri all’oscuru di tutto, non sapeva mancu della presenza di sua mamma.

Caterina           - (recita) U lassamu ‘o scuru pirchì me papà è gilusu.

Modesto          - Infatti mi n’addunai, ppi comu mi trattau. Ma lui non sa che l’amo.

Caterina           - A me patri?

Modesto          - Cchi c’entra so papà? Iu parru di lei.

Caterina           - (recita) Lei mi ama veramente?

Modesto          - Certu, lei è tutto per me.

Caterina           - E allora venga nella mia stanza, parleremo con più tranquillità.

Modesto          - Ppi carità signurina, nun complicamu i cosi. E poi mi creda, non mi pare giusto prima che la nostra unione diventi ufficiale.

Caterina           - Caminassi ccu mia, non si preoccupassi. Si scanta di me patri?

Modesto          - Certu, siddu fici ‘u ‘nfernu ppi l’annunziu, figuramini ora siddu ni trova suli ‘nta so stanza.

Caterina           - Lei mi vuole?

Modesto          - Per tutta la vita.

Caterina           - Allura vinissi ccu mia (lo tira per il braccio)

Modesto          - La prego signorina, non mi facissi compromettiri.

Caterina           - Non si preoccupi, vinissi ccu mia. Ma pirchì l’omini siti tutti scantullini?

Modesto          - Forse ppi cumpinsari lu gran curaggiu di vuatri fimmini!

SCENA IV

(Biagio – Caterina – Modesto – Rosetta)

Biagio              - (entra nervosamente, strappa di mano i fiori a Modesto e li butta per terra) Lei n’autra vota a mezzu e peri è?

Caterina           - Pirchì t’ ‘a pigghi ccu st’autru puvireddu?

Biagio              - ‘U sai ca non l’haiu ccu iddu. Camina ccu mia ‘nta to stanza…

Modesto          - (fra sé) Menu mali ca non ci trasii…

Caterina           - Ma cchi voli ancora?

Biagio              - Camina ca t’haiu a parrari di urgenza (la tira)

Modesto          - Mi scusi, lei è il padre, va bene, ma non mi pari giustu trattari ‘na figghia d’accussì!

Biagio              - Miz…zica, ancora cca è? Lei sinni voli iri cc’u bonu o si ni voli iri abbuscicatu? Ppi forza l’ali si voli bruciari, farfalluni?

Modesto          - Signore, io ho intenzioni serie.

Biagio              - Questo l’ho capito, ma non ci pozzu dari aiutu.

Modesto          - Non sono degno di lei?

Biagio              - Di me si, ma della signorina non lo so… (cambia tono) Camina, camina ccu mia. (tira verso fuori Caterina con la quale esce)

Modesto          - (rimane solo, mentre entra Rosetta non vista) E ccu ni capisci? Cosa si deve vedere a questo mondo!

Rosetta            - (alle spalle di Modesto) Scusi, lei parla anche da solo?

Modesto          - No signorina, facevo considerazioni fra me e me.

Rosetta            - (folgorata d’amore) Ha visto, per caso, mio padre? (da qui, con piccoli passi, i due si avvicinano)

Modesto          - (folgorato d’amore) Chi sarebbe?

Rosetta            - Il signor Panzoni. Lei…l’avrà visto…certamente…baffi rossi.

Modesto          - (come in sogno)…capelli…castani…

Rosetta            - …no…castani…neri

Modesto          - …occhi verdi…

Rosetta            - No…azzurri

Modesto          - …è chiaro…

Rosetta            - No…colorito scuro…

Modesto          - (estasiato) …una bellezza…arcana…

Rosetta            - …non direi…

Modesto          - Linea sottile…

Rosetta            - ….piuttosto…rotondetto….

Modesto          - …lei è la figlia…

Rosetta            - …di mio padre…

Modesto          - (la mano nella mano) Allora è lei?

Rosetta            - Io chi?

Modesto          - La dolce meta…

Rosetta            - Vuol dire metà?

Modesto          - Anche senza accento è lei…l’annunzio… il giornale…

Rosetta            - …si sono io…

Modesto          - (come ridestato) Permette? Modesto Basilocchi.

Rosetta            - La mammina mi ha parlato di lei, ma adesso sarò io che parlerò di lei alla mammina.

Modesto          - Grazie, io parlerò a papà.

Rosetta            - (come risvegliata) A proposito, papà dov’è?

Modesto          - (impacciato, perché ha capito) L’ho visto poco fa, è andato…è andato..in giardino…

Rosetta            - Grazie (si lasciano la mano lentamente) ci vedremo, ritorno dalla mamma…. (esce)

Modesto          - Io vado a cercare papà (esce per la comune)

SCENA V

(Orazio – Pasquale e Calogero)

Orazio             - (entrando con mantello, cilindro e marsina, ecc.) Lei mi deve fare scappare da qui.

Pasquale          - (entrando con Orazio) A mia m’u dici? Iu mi nni scappassi di notti!

Orazio             - Bene, allora ai primi chiarori dell’alba batta tre colpi nella mia cella…

Pasquale          - Nella sua che cosa?

Orazio             - Nella mia cella e fuggiremo insieme, caro Salvatore.

Pasquale          - Io mi chiamo Pasquale.

Orazio             - Non è vero, lei è il mio salvatore, l’abate Farìa.

Pasquale          - Va bene, non si siddiassi. E poi, siddu ‘u dici lei?

Orazio             - Lei non sa chi sono io.

Pasquale          - Il conte di Montecristo!

Orazio             - E come lo sa?

Pasquale          - M’u ‘mmaginu!

Orazio             - Bravu, lei è perspicace! Questo è il personaggio che mi ha dato più soddisfazioni nella carriera artistica.

Pasquale          - Caro Conte, io la debbo lasciare.

Orazio             - (si guarda attorno) Ci sono i secondini?

Pasquale          - Cca ci sunu macari i terzini e purteri. Non mi pozzu fari attruvari ccu lei.

Orazio             - Giustu, potrebbero sospettare. Passi per il tunnel e vada a prendermi la pianta.

Pasquale          - Cchi pianta vuoli?

Orazio             - La pianta di Montecristo.

Pasquale          - ‘nto giardinu c’è la Palma di Montechiaro.

Orazio             - Macchè! Parlo dell’isola.

Pasquale          - Ah, veru è, cca ci l’haiu. (tira fuori un foglio di carta piegata) Tinissi, issi a truvari u tesoru.

Orazio             - Macchè tesoro! Voglio stare solo su quell’isola, perché ho paura che qui vengono a trovarmi i parenti.

Pasquale          - E ci issi subbitu, ca lei arrifrisca e iu… arriscialu!

Orazio             - Però, prima di partire, le voglio lasciare quanto promesso.

Pasquale          - ‘A donazioni? Lassassi stari… ma se lei ci teni…

Orazio             - Voglio fare ereditare i miei beni al convento. Meglio donare ai poveri che ai miei parenti.

Pasquale          - Fa bene, alla faccia dei parenti che non l’hanno voluto in casa!

Orazio             - Ho preparato tutto in carta bollata, per come mi ha consigliato lei stesso. Ho lasciato il rigo in bianco, mi dica a quale convento debbo intestare.

Pasquale          - Non criru ca mi lassa debbiti?

Orazio             - Lei scherza, ascolti (legge) Io sottoscritto Commendatore Grand’Ufficiale Spampinato Cav.Orazio nelle mie piene facoltà mentali ecc.ecc. dono venti ettari di agrumeto in S.Giovanni Galermo, l’appartamento di Via Umberto in Catania, l’attico di Corso delle Province, il retroscessè di Via Pantano, la casa di Via Manzoni, la mansarda di Via Martoglio compresi monili, quadri e ricordi vari, al convento…. Al convento?????

Pasquale          - …dei Fatemeglio Slacciati.

Orazio             - Come? Non conosco quest’ordine.

Pasquale          - Non ci sunu i Bianchi, imbaccuccati, i Fabebene fratelli, i Carmelitani scalzi, i Francescani ‘ncappucciati? Noi siamo dei Fatemeglio Slacciati. Ha capito?

Orazio             - Allora scriviamo… al conventi dei Fatemeglio Slacciati.

Pasquale          - Bravu! Ma siccome io sono il priore e procuratore generale lei può intestare il tutto direttamente a me.

Orazio             - Benissimo, risparmieremo tempo. Dunque?

Pasquale          - Pasquale Celestiale nato a Caronia il 27 settembre 1937.

Orazio             - (dopo aver scritto) Tenga, le affido i miei averi. Depositerò subito l’originale da un Notaio.

Pasquale          - Grazie, troppo buono (gli prende il foglio di mano e si avvia)

Orazio             - Dove va?

Pasquale          - Nella mia cella.

Orazio             - Addio abate Farìa, a mezzanotte…

Pasquale          - Addio conte, a mezzanotte… aspittassi a mia…

Orazio             - Attento, si abbassi, il tunnel, il tunnel…

Pasquale          - Veru è non ci pinsava (si abbassa fino a camminare carponi)

Calogero          - (entrando) Fra Pasquale, cosa fa?

Pasquale          - L’abate Farìa. Vidissi cchi voli ‘u Conti di Montecristu!

Calogero          - Ho capito. Ha ragione. (ad Orazio) Prego signor Conte, venga, la cena è servita. (prende il bicchiere e da una pillola ad Orazio) Prenda l’aperitivo.

Orazio             - (beve) Grazie, andiamo (si avvia)

Pasquale          - (a Calogero) Sintissi signor Calogero, lei m’ha truvari a me niputi ca havi ‘na sirata ca ‘u cercu.

Calogero          - Suo nipote avrà sbagliato camera… distratto com’è. Lo troveremo, stia tranquillo. (si avvia)

Orazio             - Secondino Calogero, non viene?

Calogero          - Subito, signor Conte! (escono Calogero e Orazio)

SCENA VI

(Pasquale e Creolina)

Pasquale          - Ma unni si ‘nficcau ‘stu disgraziatu di Serafinu? (si siede)

Creolina           - (entrando) Patri.

Pasquale          - Figghia.

Creolina           - Semu suli?

Pasquale          - Nuddu c’è, nun u viri?

Creolina           - Mi vogghiu cunfissari ccu vossia.

Pasquale          - (s’inginocchia e si fa il segno della croce) Iu sugnu prontu.

Creolina           - Pirchì s’nginocchia? Iu m’haiu a cunfissari.

Pasquale          - Bih veru è, ddu vecchiu mi fici ‘nzalaniri. Assittamini cca è megghiu.

Creolina           - Sulu vossia mi po’ cunsigghiari.

Pasquale          - Di cchi si tratta? Parra!  Cchi hai?

Creolina           - ‘Npisu ‘nta cuscenza e sugnu cunfusa.

Pasquale          - Parra ti dicu.

Creolina           - Virgiliu non è me frati ma ‘u me zitu. Semu fuiuti e dopu tanti cursi mi lassau.

Pasquale          - Cchi vol diri ti lassau? Si nni ivu?

Creolina           - Peggiu siddu l’avissi fattu.

Pasquale          - Pirchì?

Creolina           - Si sdraiavu ‘nto divanu e non voli cuccarisi ‘nto lettu.

Pasquale          - (un po’ di perplessità) Vol dire ca voli pigghiari friscu.

Creolina           - Ma chi friscu e cauru? Non voli dormiri ccu mia!

Pasquale          - E non è megghiu?

Creolina           - Come megghiu?

Pasquale          - Dormi cchiù larga.

Creolina           - Siddu è ppi chissu, durmeva bona a me casa. C’era bisognu di fuiri?

Pasquale          - Sicuru, non si fanno cursi ppi nenti…

Creolina           - E’ giustu? Pirchì vinnumu cca’ (tira il saio dal petto e Fra Pasquale) Haiu raggiuni? M’u dicissi vossia.

Pasquale          - Figghia, m’a cunti a mia?

Creolina           - (sempre tirandolo per il petto) Iu mi sentu dispirata!

Pasquale          - U staiu vidennu, anzi mi pari arraggiata!

Creolina           - Sissignura, sugnu arraggiata ccu mia stissa, haiu ‘npisu ‘nta cuscenza.

Pasquale          - Ma quali pisu hai! Tu…. Si a postu? Tutta sana? Bona di …. Saluti?

Creolina           - ‘Nta me vita non haiu avutu mai ‘ncorpu di tussi.

Pasquale          - Iu vogghiu diri: sei completa?

Creolina           - E cchi mi manca? Haiu ‘a roba a dudici ‘nta cascia.

Pasquale          - Matri, ‘a testa mi sta partennu! Vogghiu diri: sei integrale?

Creolina           - Ah, haiu caputu, megghiu do pani niuru di casa.

Pasquale          - E allura?...

Creolina           - Dici che l’amuri è comu la musica e iddu non po’ sunari… col complesso…

Pasquale          - Ah, havi ‘u complessu?

Creolina           - Sissignura.

Pasquale          - E cchi strumentu sona?

Creolina           - Cchi nni sacciu?

Pasquale          - Figghia, siddu non ‘u sai tu ca si di l’orchestra?

Creolina           - Ah, ora ca cci pensu….

Pasquale          - Chi stai pinsannu?

Creolina           - Ca quannu ci vunchia cci addiventa tanta…

Pasquale          - (di scatto) Cchi?

Creolina           - A ciaramedda!

Pasquale          - A ciaramedda?

Creolina           - Sissignura, a Natali scinni a Catania ppi sunari a nuvena.

Pasquale          - (si riprende) Un mumentu chi siti di Malettu?

Creolina           - (sempre ingenua) Sissignura, vinnimu ccu ‘a circumetnea.

Pasquale          - Ora tutto si spiega. Non essennu Natali, criaturi, si trova… fora eserciziu….

Creolina           - Non haiu caputu nenti.

Pasquale          - Megghiu accussi, ccu sti tempi cacurrunu.

Creolina           - Intantu iu mi sentu ‘ncurpa.

Pasquale          - E pirchì?

Creolina           - Dici ca è sciarriatu ccu mia pirchì cci scacciai l’occhiu a so niputi.

Pasquale          - Uh, lu bestia! Nun ‘u sapi ca ‘u to è un ticchio naturali?

Creolina           - Sì, ma havi ‘a gilusia arrivata ‘nte capiddi e dici ca cci vinni ‘u cumplessu.

Pasquale          - Siddu accumincia accussì a prima notti, fra quattru o cinc’anni si spara.

Creolina           - Appoi, sparti, visti ‘a signurina Rosetta ca chiaceva, iddu ca è troppu sensibili, cci nni parsi forti…e

Pasquale          - …. E ‘a vuleva cunfurtari iddu…

Creolina           - E cchi c’entra iddu?

Pasquale          - ‘U vidi ca si gilusa macari tu? Avanti babba, vacci ‘nta stanza, ci fai quattru carizzi, ti cci dimustri allegra e… varda ca ci passunu tutti cosi e si metti a sunari macari a nuvena…

Creolina           - E ora cchi è Natali ppi vossia?

Pasquale          - No, sarà pasqua ppi tia!

Creolina           - Non l’haiu caputu.

Pasquale          - ‘U capisciu iù! Vattinni e fai comu ti dissi!

Creolina           - Grazii patri, grazii, ‘u Signuri cci ‘a renni… (esce subito)

Pasquale          - Ma guarda cchi ci tocca sentiri a un poviru monicu (si siede)

SCENA VII

(Maura – Pasquale – Calogero)

Maura              - (entrando dal lato opposto) Fra Pasquali!

Pasquale          - (fra sé) Assuppativi a ‘stautra ora.

Maura              - Cchi cci pari ‘na cosa giusta?

Pasquale          - Di cchi parri figghia?

Maura              - Di ‘dda facci tosta di so niputi. Non ‘u visti cchi fici? Prima mi fici cridiri e poi s’abbracciau cu a signurina Caterina.

Pasquale          - Ma cchi dici? Ddu poviru carusu ‘u fici ppi carità cristiana. Non ‘u viristi ca cci sviniu ‘nte manu?

Maura              - Allura quannu m’a dati sta risposta?

Pasquale          - Quannu pozzu parrari ccu me niputi a quattrocchi.

Maura              - Iu cridu a tuttu chiddu ca mi dici vossia, con permesso. (si avvia)

Pasquale          - Stai tranquilla, avrai presto una risposta Maura, esce) putennu… Ma unni si nni iu ‘ddu disgraziatu?

Calogero          - (entrando) Fra Pasquale, ho girato tutta la villa e suo nipote non riesco a trovarlo.

Pasquale          - Ma unni schifiu si ‘nficcau ‘stu figghiu di… me soru?

Calogero          - Sarà stato circuito da qualche… sirena, povero ragazzo. Ah le donne, le donne, sono un pericolo pubblico perché ne sanno sempre una più del diavolo.

Pasquale          - (imitando) Nabberu signor Calogero? Ca certu, havi ragiuni. Amuninni, circamu a me niputi assemi.

Calogero          - Forse è meglio… perché…io…sono solo…

Pasquale          - Caminassi…

Calogero          - Prego, io faccio strada, mi venga dietro…

Pasquale          - …. È megghiu ca iu vaiu ‘nto giardinu…

Calogero          - (indispettito) Come vuole… (escono entrambi per vie diverse)

SCENA VIII

(Serafino – Orazio – Calogero)

Serafino           - (entrando dal lato opposto, con saio, barba e baffi, come lo zio) Videmu ora siddu pozzu stari tanticchia ‘nta paci finalmenti! Cu mi prumetti corpa, cu mi voli sparari… (si siede)

Orazio -           - (entrando con abito estroso) Girolamo!

Serafino          - Botta di vilenu! Cu è?

Orazio -           - Io ti salverò dalla pira!

Serafino          - Quali pira? Siddu voli frutta a trova ‘nta stanza da pranzu.

Orazio -           - Che pere e frutta’ io voglio sarlvarti dal rogo, caro Girolamo.

Serafino          - Iu sugnu frati Antoniu, assistenti di Frà Pasquali.

Orazio -           - Non è vero, tu sei Girolamo Savonarola.

Serafino          - Nannu, senza affenniri ora… iu non l’haiu fattu mai u lavascarola.

Orazio -           - Macchè! Tu sei Santo reincarnato.

Serafino          - E si fissau. ‘Nsumma mi chiamu Santu, Antoniu o GirolamO?

Orazio -           - Tu sei il condannato al rogo, il Santo della storia.

Serafino          - E va beni, a mia mi piaci ‘u focu, sugnu friddulinu.

Orazio -           - E allora ti accontento (accende un fiammifero)

Serafino           - Ahu, nannu astutassi ‘ddocu? Signor Calogero, signor Calogero, si chiamassi u nannu!

Orazio             - No, no, stai zitto, ho capito che sei un povero frate. Ti do questi soldi per i poveri a domicilio. (da denaro a Serafino)

Serafino           - (approfittando) Ma ‘i poveri sunu assai… perciò…

Orazio             - Ecco altro denaro…

Serafino           - Grazie, la ricorderò nelle mie preghiere.

Calogero          - (da fuori) Nonno, nonno Cirano,Conte di Montecristo…

Orazio             - Vengo, arrivo…. (esce)

Serafino           - Matri mia, cca intra paremu ‘nta ‘na clinica di scattiati!

SCENA IX

(Virgilio – Serafino)

Virgilio            - (entrando a Serafino) E cchi ci pari bellu chiddu ca mi dissi a signurina Creolina?

Serafino           - (con voce cambiata) Io? Cosa ho detto?

Virgilio            - Ora ora vinni ‘nti vossia ‘a signurina Creolina…

Serafino           - ‘Nti mia? Forsi era qualche autru monicu?

Virgilio            - No era vossia, sugnu sicuru.

Serafino           - E cchi ci dissi? Sintemu.

Virgilio            - Ci desi certi cunsigghi un pocu spinti…

Serafino           - Forsi ti sbagghi figliolo, iu sugnu frati Antoniu.

Virgilio            - Non mi sbagghiu. M’udissi Creolina stissa ca si cunfidau ccu vossia.

Serafino           - Ma insomma, pirchì ti lamenti? Chi fici?

Virgilio            - Appena Creolina trasiu ‘nta stanza si misi a ballari la danza del ventre.

Serafino           - (piano) Miz….zica, davanti ‘o frati? Allura hai ragiuni. Cchi cci niscenu ‘i sensi?

Virgilio            - E chissu è nenti. Doppu si misi a farimi tanti carizzi…

Serafino           - Madonna mia, forsi capiu mali! Chistu è piccato murtali! Chistu nun sunu cosi ca ci puteva diri iu.

Virgilio            - Iu sacciu ‘na sula cosa: ca tre un figghiu di bona matri ca taliava d’o purtusu da chiavi, na signurina ca picciava e u nannu pinsiunatu ca tucculia a porta ogni minutu, iu ca intra staiu niscennu pazzu e non ci ‘a fazzu cchiù…. Ora ci mancava stu ballu fora programma di Creolina ca mi fici l’effettu contrariu… e ni sciarriamu ‘nautra vota.

Serafino           - Mi dispiaci ppi daveru.

Virgilio            - M’ ‘u fa ‘nfavuri?

Serafino           - Suddu pozzu… macari dui.

Virgilio            - Ci fa ‘na visita, ci parra vossia e ci fa na bona predica a Creolina.

Serafino           - (si alza) Ca certu, pirchì no? È il mio dovere, la mia missione.

Virgilio            - Iu l’aspettu ca. ma non ci dica ca cci ‘u mannaiu iu.

Serafino           - Cchi c’entra? Nun cummeni, allura si immagina tutti cosi.

Virgilio            - cci ‘u raccumannu, cci mittissi ‘na bona parola.

Serafino           - Tornu subitu, stai tranquillu, abbi fede figliolo (esce)

SCENA X

(Biagio – Virgilio)

Biagio -           - (entrando a Virgilio) Cchi ha vistu, ppi casu, ‘o signor Serafinu?

Virgilio           - Spariu da circolaizoni e iu ‘u cercu macari. Suddu ‘u viru chi ciaiu a diri?

Biagio -           - No, nenti, cosi nostri, hamu a saldari certi cunti…

Virgilio           - (piano) Chistu aviri cuntabilità ccu tutti. (forte) Comu u vidu cc’u mannu.

Biagio -           - (con rabbia frenata) Grazii, con permesso (esce velocemente)

Virgilio           - Prego, s’accomodi.

SCENA XI

(Virgilio – Creolina – Serafino – Calogero – Pasquale)

Virgilio            - Tantu cci voli ppi diri du paroli? Ora ci vaiu macari iu. (esce da dove è uscito Serafino)

Creolina           - (da fuori) Facchinu e maleducatu ca siti.

Serafino           - (da fuori) Viniti cca, vi vogghiu scannari comu ‘n ciareddu!

Creolina           - (da fuori) Vastasi!

Virgilio            - (da fuori) Ca veni, veni cca!

Serafino           - (attraversando la scena con un lembo del saio fra le mani) Pusati ‘ddocu. Chi siti scimuniti? (esce da un altro lato)

Virgilio            - (attraversando la scena a breve distanza, con la barba di Serafino in una mano e un coltello nell’altra) Veni cca, facci laria a nasu stortu! Macari a varba finta avevutu? (esce nella stessa direzione di Serafino)

Creolina           - (al seguito di Virgilio) Lassulu iri, non ti compromettiri. (esce)

Calogero          - (entrando) Ma cos’è tutto questo baccano?

Serafino           - (rientra e attraversa la scena) Ahu! Firmativi, cchi siti pazzu? Mi pareva vostra soru!

Virgilio            - (c.s.) ‘U sapiti ca non è me soru, viniti cca (Serafino si nasconde dietro Calogero e poi scappa inseguito da Virgilio)

Creolina           - (riattraversa la scena ed esce al seguito di Serafino e Virgilio) Virgiliu cchi fai? Fermiti, non ti compromettiri (esce)

Calogero          - (senza fiato, spaventatissimo) Aiuto, aiuto!

Pasquale          - (entrando) Cchi fu, cchi successi?

Calogero          - (nell’impossibilità di parlare, mima quanto è successo e sviene)

Pasquale          - (porta Calogero sul divano e cerca di farlo rinvenire) Matri mia, chisti mi mori ‘nta manu. (tenta la respirazione artificiale e gli scioglie la cintura dei pantaloni)

Orazio             - (entra equivocando) Vergogna! Non ha rispetto nemmeno per il saio che indossa!

Pasquale          - ?Nta stu mumentu ci mancava lei sulu! Cchi schifiu capiu U metru si senti mali! Chiuttostu mi dessi na manu d’aiutu!

Orazio             - Forse è meglio portarlo nella sua stanza. (i due portano di peso Calogero ed escono)

SCENA XII

(Biagio – Caterina – Concetta – Pasquale – Calogero)

Biagio              - (entra insieme a Caterina) Unn’è, unn’è? Parra! Unni u mmucciase il tuo novello spasimante?

Caterina           - Cchi mi cunti a mia? Iu cca u canuscii! E poi, nun fusti tu ca mi ittasti ‘nte so vrazza?

Biagio              - Fu un caso d’emergenza….

Caterina           - … certu… fu statu di necessità… e ora ti pigghiau a gilusia…

Biagio              - Non haiu gilusia, pirchì a stu puntu mi fai pena, ma trovu rabbia ppi dda facci laria cchiù d’a mia, ca fra l’autri cosi mi frega macari i sordi!

Caterina           - l’omu, si sapi, è cacciaturi è l’occasioni ‘u fa macari latru. Ora mi fai l’Otellu e ti dimustri cchiù ridiculu di quantu pari.

Biagio              - L’occasioni ci fu, ma tu, ca si ‘na gran ballerina, ci dasti cocciu.

Caterina           - E cchi aspittavi ca cascassi ‘nterra quannu svinii, pirchì non avisti ‘u curaggiu di pigghiarimi?

Biagio              - Ma nun u viristi ca spuntau me mugghieri comu a ‘n spirdu?

Caterina           - E chistu cchi voli diri?

Biagio              - Voli diri ca suddu si ‘n ‘addunava d’ ‘u nostru rapportu fineva a muschetteria.

Caterina           - Comunque, iu ti pruvai e ccu tia non ci vogghiu aviri nenti cchi spattiri; prima di tuttu pirchì si munzignaru e poi pirchì non hai ìu curaggiu di li to azioni.

Biagio              - E menu mali ca mi mancau ‘u curaggiu…

Caterina           - Cchi senti diri?

Biagio              - Ca siddu ti sunsulasti accussi prestu… avissi ristatu ‘u stissi sulu e crastu!

Caterina           - Torna a casa Lassy, torna in famiglia illuso scapolone, ca iu mi nni vaiu unni mi pari e piaci.

Biagio              - Tu, inveci, ti nni vai a casa ora ora, pirchì suddu ti ‘ncocciu ccu dda facci laria di Serafinu o ccu ddu addummisciutu di Modestocchi ti giuru ca perdu u lumi d’a ragiuni!

Caterina           - Ccu quali dirittu?

Biagio              - Ccu dirittu di ‘n’amanti tranquillu ca, quannu diventa gilusu, po divintari cchiù piriculusu di ‘n liafanti ‘nfuriatu!

Caterina           - Ma ‘nsumma, cchi voi di mia? Cu ti canusci?

Biagio              - Non mi canusci?

Caterina           - E mancu ti vogghiu ricurdari.

Biagio              - (incalza) Iu inveci ti canusciu troppu beni e mi ricordu… quantu disii, nei e cicatrici hai sparsi nel tuo delicato corpo di bambola svinevuli e ambalsamata…

Caterina           - (con sfottò) Siviri ca si di bona memoria.

Biagio              - (con altrettanto sfottò) Memoria… fotografica…

Caterina           - (mentre fa capolino Concetta non vista) L’errore è stato mio ca mi misi cu tia, pirchì quannu mi caniscisti iu… iu… ero un fiore!

Concetta          - (subito, sarcastica, in battuta)… il fiore che non marcisce.

Biagio              - Cuncetta, tu cca?

Concetta          - (con sfottò) Suddu disturbu mi nni vaiu.

Caterina           - Non disturba affattu signora.

Concetta          - Scusati, ma una maritata fra… uno scapolo e ‘na…signurina ci sta mali e po’ fari macari ‘a figura d’u cannileri (cambia tono) faiu ‘ntisiu tutti cosi!

Biagio              - (fra le spine, cerca di rimediare) Daveru?

Concetta          - Certu! Cchi sugnu surda?

Caterina           - (interviene, fiutando il pericolo) Il signor Biagio mi diceva…

Concetta          - ….ci diceva?

Biagio              - …ci cuntava ‘a signurina, ‘na scena di una cummedia ca arricitau antura ‘u nonnu…

Concetta          - E ccu è?

Biagio              - Ddu vecchiu attori pinsiunatu ca è alluggiatu cca…

Caterina           - (ridendo, recita) Quel vecchietto è simpatico.

Concetta          - Simpaticuni! Però agghiessiri anticchia smemorato…

Biagio              - Chistu è veru, puvireddu.

Concetta          - Certu, pirchì si scurdau ‘n pirsunaggiu ‘mportanti da cummedia.

Biagio              - (ingenuo) E quali?

Concetta          - Il marito della… signorina Caterina…

Caterina           - Mio marito?

Concetta          - Sissignora! Chi è smemorata macari lei?

Caterina           - Io ho buona memoria, ma….

Biagio              - (evasivo sornione) Ah ,tu parri d’u signor Serafinu? So maritu è Iu sapeva ca era ‘u so zitu.

Concetta          - Ne l’unu e ne l’autru!

Caterina           - Signora, badi come parla!

Concetta          - (sempre calma ma caustica) Io bado ma parlo. ‘U maritu d’a signurina…. È a travagghiari in Germania e mentri ‘ddu criaturi si rumpi l’ossa in terra straniera, ‘a signurina… fa l’ape regina, sautannu di fiore in fiore…

Biagio              - (ingenuo, tra le spine) E ‘u signor Serafinu?

Concetta          - E’ l’ultimu ciuri!

Biagio              - Cuncetta, cchi stai dicennu?

Concetta          - Chiddu ca nun sapevi tu, scunchiurutu e ciuri di …. Meli….

Caterina           - Ma lei cchi duna ‘i rammiri?

Concetta          - E si jucassi ppi tutti i roti, pirchì sunu nummiri sicuri!

Caterina           - Allura lei è pazza!

Concetta          - Veru è, sugnu pazza, ma pazza di gioia, pirchì potti cumplitari a storia c’hava cuminciatu a cuntarivi… ‘u nonnu pinsiunato.

Biagio              - Forsi tu scherzi. Ma cchi ‘a pigghi supra ‘u seriu? Aspetta ca chiamu ‘u nonnu e senti a virità (si avvia)

Caterina           - (a Biagio) Non chiami nessuno perché sua moglie vaneggia.

Concetta          - Ah si, vaneggiu? Aspetta ca vaneggiu ppi daveru. (Concetta si avventa su Caterina, Biagio in mezzo, mentre entrano Pasquale e Calogero, i quali presto si troveranno fra le due donne)

Biagio              - Calmiti Cuncetta, iu vaiu a chiamari ‘u nonnu (esce velocemente)

Pasquale          - Ahu, calma firmativi, lassatimi, ahi, ahi, mi stati tirannu i capiddi a mia. Ahi, ahi, lassatimi, fimmini d’u diavulu!

Caterina           - (in fuga) Serafino, Serafino, Serafino… (esce velocemente)

Concetta          - (con la gonna di Caterina in mano, si butta all’inseguimento) veni cca, veni cca…

Pasquale          - (trattiene Concetta) Signura, si firmassi! Unni va?

Concetta          - Non mi mittisis i manu ‘ncoddu, allura spogghiu macari a lei!

Pasquale          - Macari a mia? (segno di croce) Bih, Signuri pirdunatila!

Calogero          - (trattiene Concetta) Signora si calmi la prego.

Concetta          - (fuori di sé) Lei si livassi davanti, signor Calogero…verdura… (da uno spintone a Calogero e parte all’inseguimento di Caterina)

Calogero          - Cosa vuole fare? Si fermi, si fermi, la prego (esce al seguito)

Pasquale          - (rimasto solo) Ma tutti a mia mi capitunu? Diu ni scanza e libera di tirrimoti, timpurali e fimmini. (si tocca il capo) Spiramo ca non mi spunta ‘n bummulu. (si accascia sul divano)

SCENA XIII

(Virgilio – Creolina – Pasquale)

Virgilio            - (con Creolina, entra con valigia in mano, nota Pasquale e gli si avventa contro) ‘Nuatra vota cca siti, figghiu di….

Creolina           - Virgiliu, cchi fai? Fermiti!

Pasquale          - (spaventato) Ahu, cchi siti pazzu? Cchi aviti? Vuliti fari un fratecidio?

Virgilio            - (lo guarda in faccia) M’a scusari, non è iddu.

Pasquale          - Iddu cui?

Virgilio            - Iddu n’autru…

Pasquale          - Non sugnu iu e sbagghiati indirizzu?

Creolina           - A curpa non è ‘a so ma di so niputi.

Virgilio            - Vossia m’ha cririri, ni nni stamu ennu ‘nta nautru albergu ppi non cuminciari ‘u viaggiu di nozzi ccu ‘n omicidiu.

Pasquale          - E cchi c’e bisognu? Comu ‘u capitu iu, pp’u scantu ca mi desi ora, cci nni dugnu tanti, ca i vostri vastunati arrisuttunu carizzi! Deve scontare il fio mio nipote reo!

Creolina           - Havi ‘n’autri niputi?

Pasquale          - Ppi furtuna n’haiu unu sulu.

Virgilio            - Allura reo cu’è?

Pasquale          - Me niputi.

Creolina           - Allura n’havi dui.

Pasquale          - (nervoso in crescendo) E sempri unu.

Creolina           - Ma non si chiama Serafinu?

Pasquale          - Sì!

Virgilio            - (a Creolina con sicurezza) Babba, Reo è il cognome.

Creolina           - Veru è, quantu semu bestii….

Pasquale          - E comu ‘u nzittasturu?

Creolina           - Ca si chiama Reo?

Virgilio            - Non ‘u dissi vossia?

Pasquale          - Ahu, basta! A testa mi sta partennu. Mi facisturu scurdari macari comu mi chiamu iu. Itivinni, u signuri v’accumagna.

Creol/Virg.      - Vossia benedica patri (escono per la comune)

Pasquale          - (rimasto solo) Matri mia, ‘ncunfrontu a li so testi ‘u marmuru di Carrara parissi buttu! Surai na cammisa, m’avvilii (si butta sul divano)

SCENA XIV

(Maura – Pasquale – Calogero)

Maura              - (entrando) Fra Pasquali!

Pasquale          - (di scatto) Cu è ddocu? (fra sé, con le mani nei capelli) Asciruppativi a st’autra ora! (poi forte) Cchi voi figghia<’

Marua              - Ci parrau ccu so niputi?

Pasquale          - E ccu l’ha vistu’ assettiti.

Maura              - Haiu caputu ca fici mali a veniri cca.

Pasquale          - Pirchì figghia?

Maura              - Pirchì mi sentu umiliata a mittirimi in mostra ppi seguiri un giovini al quali non ci passu mancu ppa testa. (piange)

Pasquale          - (molto umano) No figghia, non chianciri, non la pigghiari comu ‘na sfurtuna. Forsi è megghiu ca non ti leghi a dda testa sbindata di Serafinu.

Maura              - Allura è comu pinsava iu. (entra non visto Calogero) M’u puteva diri prima ca non ci piacevu e iu non m’avissi illusu inutimente.

Pasquale          - Ringrazia Diu ca nun ci facisti geniu, megghiu sula cca mala accumpagnata.

Maura              - Cchiu sula ca sugnu?

Pasquale          - Non hai a nuddu?

Maura              - Sugnu senza patri e matri, grannuzza e disoccupata; mi scrissi macari ‘nta lista di collocamentu dei giovani.

Pasquale          - Allura si duppiamenti orfana…

Maura              - Aveva ‘na vecchia zia ca mi civava comu na palumma e mi mantineva a scola di ragioneria, ma… ‘u Signuri mi l’arrubau!

Pasquale          - (commosso) Non bistimmiari figghia! Si dici… ‘s’a pigghiavu in culu, non si l’arrubau… ‘U Signuri chi è Ministru?

Maura              - Iu ccu ‘st’annunziu matrimoniali spirava…di…

Pasquale          - …di sistimariti, u sacciu, ma….

Calogero          - ….. ma la speranza è l’ultima a morire. Io le offro il mio….

Pasquale          - (paterno) …il suo che cosa?

Calogero          - Il mio albergo, un lavoro.

Pasquale          - Ah, mi pareva…

Calogero          - Cercavo da tempo una governante-contabile e se la signorina accetta, qui sarà la padrona.

Maura              - Grazie, signor Calogero, accetto di cuore.

Calogero          - Qui lei troverà tutto…

Pasquale          - …..o quasi….

Calogero          - Venga signorina, l’accompagno nella sua stanza e le mostro….

Pasquale          - (intercala)… e cci torna?

Calogero          - (indispettito) ….i registri contabili.

Maura              - Prego la seguo.

Calogero         - Dopo di lei, la precedenza alle donne.

Pasquale          - (si alza e si avvia) Suddu vi mittiti cu sti cumplimenti, arristati ‘ddocu ppi sei misi. Passu prima iu, aumuninni. (i tre escono) 

SCENA XV

(Caterina – Modesto – Rosetta)

Caterina          - Lei mi fa troppe domande, non mi convince.

Modesto          - (con abito diverso, segue Caterina) Per la verità avrei poco da domandarle, perché so tutto di lei.

Caterina           - Lei mi fa ridere.

Modesto          - Forse sono i miei baffi che mi rendono buffo (si toglie baffi basette e lenti) Mi riconosce adesso?

Caterina           - Come no? Lei è l’assicuratore che è venuto due volte a casa mia per la polizza di…..

Modesto         - ….di suo marito. Ma non sono assicuratore.

Caterina          - (sorpresa) Allura cu’ è?

Modesto          - Un semplice investigatore privato dell’agenzia “Polaris” incaricata da suo marito di accertare la verità su certe voci che circolano…sul suo conto….

Caterina           - (spavalda) Bene! Ha verificato tutto?

Modesto          - Tutto! Ho un rapporto completo da inviare in Germania.

Caterina           - Mannassi chiddu ca voli e unni voli!

Modesto          - Non le conviene prenderla su questo tono, perché ho le prove inconfutabili del suo adulterio.

Caterina           - E con questo?

Modesto          - La sua spavalderia rasenta l’incoscienza e contrasta col suo visino d’angelo. Un marito lo s’informa, non s’inganna!

Caterina           - Lei non facissi apprezzamenti! Cchi voli cunchiudiri?

Modesto          - Che se suo marito è un uomo focoso, con nel sangue l’atavica vendetta nostrana e il rosso della gelosia negli occhi, tuorna e inveci d’arrigalaricci ‘na pilliccia, ci accatta un bellu cappottu…di lignu (fa cenno di morte) Se invece un uomo moderno, evoluto, colto e intelligente, la lascerà per sempre al suo destino, in balia del secondo, del terzo o del centesimo amante.

Caterina           - Ma io non conosciuto altri uomini all’infuori di Biagio che amavo veramente.

Modesto          - E io la voglio credere. Ma lei poc’anzi ha detto… “Amavo” quindi l’uso dell’imperfetto mi fa pensare che lei è ancora in tempo…..

Caterina           - In tempo per che cosa?

Modesto          - Per fare macchina indietro e ….. a tutta forza.

Caterina           - Ci penserò (riflette, pensa) Però sarei curiosa di sapere come ha fatto a trovarmi in questa villa.

Modesto          - Me lo ha detto lei.

Caterina           - Io? E come?

Modesto          - Parlando al telefono col signor Panzoni o in occasione delle visite di cortesia del suo spasimante, in casa sua.

Caterina           - Non haiu caputu nenti!

Modesto          - E’ semplice. Durante la mia prima visita in casa sua, le ho chiesto un bicchiere d’acqua. Si ricorda?

Caterina           - Perfettamente. E allora?

Modesto          - Approfittando della sua assenza, ho posto una radiolina spia, un aggeggio non più grande di una scatola di fiammiferi, ad una parete accanto ad un quadro.

Caterina           - E che cosa sarebbe?

Modesto          - Un comunissimo microfono a batterie sintonizzato con una radio che tenevo in macchina.

Caterina           - E cosi?

Modesto          - Nel chiuso della mia automobile ho potuto registrare le conversazioni telefoniche e i discorsi più o meno sentimentali fra lei e il signor Panzoni.

Caterina           - E quando è venuto la seconda volta?

Modesto          - Ho ritirato il microfono che non serviva più.

Caterina           - (preoccupata) Adesso cosa succederà?

Modesto          - Niente, proprio niente, a condizione che lei accetti questo biglietto ferroviario di sola andata per la Germania. Vada a trovare suo marito e lasci perdere il signor Panzoni.

Caterina           - Lei crede veramente che tra me e Biagio ci sia stato del materiale?

Modesto          - L’amore platonico preferisce l’aria libera e non il chiuso di un albergo. Io penso invece che credevate di amarvi e avete giocato con i vostri cuori, ma ongi bel gioco dovrebbe durare poco. (ha in mano il biglietto ferroviario e nell’altra il rapporto in carta uso bollo) E allora signora?

Caterina          - (riflette, prende il biglietto del treno e lentamente si avvia nella sua stanza)

Modesto         - (strappa il rapporto) Buon viaggio….signora.

Caterina          - (mentre esce lentamente) Grazie (esce)

Rosetta           - (entrando, a Modesto) Mi scusi ha visto il signor Basilocchi?

Modesto         - Cerca me?

Rosetta           - (sbalordita, ma contenta) Le volevo dire che ho parlato con la mamma.

Modesto         - Lei si meraviglia di me per questi travestimenti? Non ci faccia caso. A volte si inverte il gioco delle parti: piuttosto mi dica, cosa le ha detto la mamma?

Rosetta           - Per lei va bene!

Modesto         - E per lei, ora che non siamo più quelli di prima?

Rosetta           - Per me benissimo, sono contenta e sento di volerle bene.

Modesto         - Anch’io sento di amarla…

Rosetta           - Il destino ci ha fatto incontrare. Lei mi piace.

Modesto         - Con i baffi o senza?

Rosetta           - Forse senza.

Modesto         - Faccio presto ad accontentarla (si toglie baffi basette e lenti)

Rosetta           - (sorpresa) Ma così è l’uomo di prima.

Modesto         - Esattamente.

Rosetta           - Perché questo travestimento?

Modesto         - Per sapere come le piaccio di più. Così come sono?

Rosetta           - Modesto….

Modesto         - Modesto?

Rosetta           - Voglio dire che sei sempre il mio Modesto e voglio darti subito del tu.

Modesto         - Rosetta cara andiamo in giardino?

Rosetta            - Con molto piacere. Andiamo. (i due escono per la comune)

SCENA XVI

(Pasquale – Serafino – Biagio – Concetta)

Pasquale          - (entra tirando per le orecchie Serafino) Disgraziatu, unni a statu havi ‘na sirata ca ti cercu!

Serafino           - (con abito estroso) ‘U signor Virgilio mi minacciau ccu’ ‘u cuteddu, ‘u signor Biagiu ccu’ ‘a pistola e iu m’ammucciai ‘nto nannu.

Pasquale          - Unu havi ragiuni pp’o fattu da taliata ‘nto purtusu d’a chiavi, ma l’autru pirchì ti manacciau?

Serafino          - Prima mi desi sordi, spontaneamenti, e poi ‘i vuleva turnati ppi forza.

Pasquale          - (presta attenzione) Quantu erunu sti sordi?

Serafino          - Vintimilaliri. A mia chistu mi pari pazzu.

Pasquale          - (perquisisce Serafino) Fammi viriri ‘ddocu (tira fuori i soldi) Chisti vintimilaliri sunu? Bugiardu e latru, tu ti nni vai direttamenti ‘nfernu. I tegnu iu. (intasca il denaro)

Serafino           - Ma dicu iu…

Pasquale          - Mutu facchinu! Chiuttostu, comu ti cumminasti? Pirchì si vistutu daccussi?

Serafino           - Ppi non farimi canusciri. Sinteva ciauru di corpa e mi stracanciai.

Pasquale          - I corpa ti l’avissi a dari iu, pirchì mi facisti piriculari a vita. Vai a pusaricci sti robbi di unni i pigghiasti e pripariti ca dumani matinu facemu vela.

Serafino           - U nonnu ‘n’havi tanti robbi di scena. Cchi n’ha fari iddu?

Pasquale          - Ti dissi o tornici ‘sti robbi a ddu vecchiu stunatu, ca ni vannia e fa ‘u ‘nfernu. (si ode la voce di Biagio)

Serafino           - Miz…zica cca c’è chiddu ca mi voli sparari. Ti salutu cchiu tardu ni viremu! (esce)

Biagio              - (entrando) Fra Pasquale.

Pasquale          - (sussulta) Cchi c’è signor Panzoni?

Biagio              - Sulu vossia mi po’ aiutari!

Pasquale          - Cchi fu? Pirchì è daccussi agitatu?

Biagio              - Mi salvassi.

Pasquale          - Ma di cui? Cchi ci successi?

Biagio              - Me muggheri è un luciferu, pensa ca haiu ‘n’amanti e gilusa com’è, sta sira cca intra finisci a schifiu!

Pasquale          - E iu comu ‘u pozzu aiutari? Non ci abbastunu i corpa ca pigghiai. Pirchì m’ammisca ‘nta sti centu missi?

Biagio              - Basta ca vossia ci dici a me muggheri ca a signurina Caterina è na niputi so, na parenti, na cucina…

Pasquale          - Chistu nun ‘u pozzu fari, iu bigii non ni pozzu diri.

Biagio              - Ma è a fin di bene.

Pasquale          - Ppi forza vastunati ma fari pigghiari?

Biagio              - Non si scantassi, a vossia ‘u criri pirchì havi l’abitu telatu.

Pasquale          - E già, sugnu monicu, di cerca…

Biagio              - A propositu di cerca, tinissi sti sordi ppi poviri. (da dei soldi a Pasquale, mentre si ode la voce di Concetta)

Concetta          - (da fuori) Biagiu, Biagiu….

Biagio              - Sugnu cunsumatu, cca è! A calmassi vossia, sugnu ‘nte so manu! (si nasconde dietro il divano dov’è seduto Pasquale, però è visibile al pubblico)

Concetta          - (entrando) Unn’è, unn’è ci li dugnu iu ‘i viaggi d’affari al don Giovanni da strapazzu!

Pasquale          - Cchi havi signura? Pirchì grida?

Concetta          - Nenti, cosi mei.

Pasquale          - Vol diri ca non si voli cunfidari mancu ccu ‘n monicu.

Concetta          - Ci mancassi ‘st’autra!

Pasquale          - Lei è nirvusa e non sapi chiddu ca dici. Ma cchi havi?

Concetta          - Haiu ca certi cosi non li pozzu suppurtari.

Pasquale          - Per esempiu?

Concetta          - Ca la …..signurina Caterina, stuzzica a me maritu e d’autru pagghiolu ci fa ‘u cascamortu e …. Ccu sapi cchi c’è d’arreri!

Pasquale          - (con appropriata mimica) D’arreri non c’è nenti, virissi ca si sbagghia.

Concetta          - Non mi sbagghiu, sugnu sicura di chiddu ca dicu.

Pasquale          - Allura ci fazzu prisenti ca ‘a signurina Caterina è me niputi.

Concetta          - E chistu chi vol diri?

Pasquale          - Ca è ‘na carusa timurata, riservata e seria.

Concetta          - Ah, to niputi è? Allura ‘a cosa s’aggrava! Vol diri ca sutta…sutta c’è qualche cosa…

Pasquale          - (fra le spine, mentre Biagio morde il freno) Di sutta… di sutta…. Forsi c’è…. Oci sarà…. Macari qualche cosa, comu dici lei, ma sunu piccati di gioventù…moderna. So maritu non c’entra ppi nenti signora.

Concetta          - E cci torna ccu stu lei? Macari tu ti cci metti ora?

Pasquale          - M’ha scusari signora, chi finiu a quarantottu? Di unni stu tu?

Concetta          - Cchi fai ti scrupulii? T’u scurdasti quannu pirdisti ‘a testa ppi mia e iu ppi tia? (pausa) Ma dopu a sbandata tuttu finiu, iu turnai a casa e tu ti facisti monicu. (crescendo di meraviglia di Pasquale e Biagio)

Pasquale          - Iu? Signura, cchi sta dicennu?

Concetta          - Dicu ca sta storia di me maritu ccu ‘dda ballerina di to niputi si fici longa e a mia m’acchianau ‘a nirvatura. M’a caputu?

Pasquale          - (spaventato, cerca di girarsi, ma non può)

Concetta          - Ma cchi hai? Ti voi stari fermu ccu sta testa?

Pasquale          - (sempre fra le spine) Nenti, haiu un …. Torcicollo. Cara signora iu non sacciu nenti e non capisciu di cchi parra. Forsi mi cunfunni ccu n’autra pirsuna.

Concetta          - Ah, fai ‘u ntontiru? E allura a cosa si fa cchiù cumplicata. O tu proteggi a qualcunu o arreri a tia c’è qualche pirsuna… ca pruteggi a tia.

Pasquale          - Macari ca fussi veru, sunu affari mei, non su cosi ca ci ‘nteressanu a lei.

Concetta          - Haiu caputu, chista è qualchi carusa ca ti ‘nteressa a tia e ddu scumu di me maritu ti fa u ruffianu.

Pasquale          - Signora, lei bestemmia, non schizzamu chi cosi seri…io a lei non la conosco.

Concetta          - Ma ti canusciu iu e d’antica data!

Pasquale          - Signura, ppi carità, si calmassi.

Concetta          - Comu mi pozzu calmari? Mi dispiaci ca non pozzu fari uci pirchì dda banna c’è me figghia, allura sta notti fineva cc’u bottu!

Pasquale          - Chistu sulu ci manca. Signura, tinissi i nervi a postu.

Concetta          - (seccatissima) E finiscila ccu stu lei ca mi duna cchiù fastidiu di quanti criri, ipocrita! (esce nervosamente, mentre Pasquale rimane di stucco, impietrito, spaventato)

SCENA XVII

(Biagio – Pasquale – Modesto – Caterina – Rosetta)

Biagio              - (esce lentamente da dietro il divano, poi provoca un rumore che fa sussultare Pasquale)

Pasquale          - Matri mia, m’ammazzau!

Biagio              - E bravu fra Pasquali! U sai ca si ‘na bella carogna?

Pasquale          - (spaventato) Pirchì?

Biagio              - Ppi chiddu c’haia ‘ntisu.

Pasquale          - Macari lei ci criri?

Biagio              - Certu, pirchì hai macari a facci di l’ipocrita!

Pasquale          - Ma, dicu, macari lei ccu stu tu?

Biagio              - Sicuru, datu ca semu ‘ncunfidenza, vistu c’avemu gli stessi gusti e ….facciamo le stesse scelte…

Pasquale          - Quali gusti e scelte? Amicu miu, iu nun ‘a canusciu a so mugghieri!

Biagio              - U sai ca hai ‘na facci di petra lavica? Doppu chiddu ca haiu ‘ntisu ccu l’aricchi mei ti …

Pasquale          - Ma cci giuru…

Biagio              - Non giurari, monicu d’o diavulu. Anzi, mentri ca si vigliaccu m’ha dari soddisfazioni ora stissu. (lo prende per il bavero)

Pasquale          - Ahu, calassi i manu, calassi i manu ci dicu. Chistu nu né un albergu, chistu è ‘n manicomiu!

Modesto          - (entrando) Fermi, fermi, vi prego. La colpa è tutta mia!

Pasquale          - (a Biagio) ‘U sta virennu? Sta facci di scemu cumminava tutti cosi. S’ ‘a pigghiassi ccu iddu.

Biagio              - (a Modesto) Cchi c’entra lei ‘nta stu discursu?

Modesto          - Sono stato io a pregare sua moglie di fare la pantomina, quando ho capito che lei si nascondeva in questa stanza.

Pasquale          - Ca bellu sbaddu havi lei.

Modesto          - Fra Pasquale non c’entra per niente in questa storia ed è innocente, perché non ha mai conosciuto sua moglie.

Biagio              - E me muggheri si pristau a fari ‘sta cummedia?

Modesto          - Certo, sua moglie voleva assicurarsi se ancora provava gelosia per lei, che tutto non era perduto, io da parte mia desideravo conoscere quanto di salvabile ci fosse nella vostra unione familiare.

Biagio              - Ma a quali fini? A lei cchi cci ‘nteressa?

Modesto          - Ad ogni altruismo corrisponde un egoismo. Vorrei chiedere la mano di sua figlia Rosetta. Ecco il fine della commedia.

Pasquale          - Ahu, vuatri faciti a cummedia e a mia mi stava finennu a tragedia?

Caterina           - (entra con valigia e s’avvia per la comune in silenzio)

Biagio              - (per impeto, fa un passo avanti) Caterina!

Caterina           - (si gira, guarda i tre, non risponde, arriva alla comune)

Rosetta            - (entra dalla comune, guarda Caterina che esce, si ferma un po’, si avvia verso Biagio) Papà, papà (si ferma)… ti vedo pensieroso, cos’hai?

Biagio              - Nenti…nenti… (resta a testa bassa)

Pasquale          - (che ha realizzato tutto, cerca di distrarre Rosetta) Certu ca so papà ha essiri pensierosu. Non si l’ha pinsari?

Rosetta            - Cosa?

Pasquale          - U signor Modesto ora ora ci addumannau a so manu…

Rosetta            - (contenta) E’ veru?

Biagio              - Sì, è veru!

Modesto          - (a Rosetta) Sei contenta?

Rosetta            - Felice! Papà andiamo dalla mamma.

Biagio              - (commosso, ma deciso) Sì, sì, amuninni, amuninni (prende i due per le mani e s’avvia)

Pasquale          - Auguri!

Rosetta-Modesto-Biagio        - Grazie! Grazie! (i tre escono mentre Pasquale resto solo pensieroso)

SCENA XVIII

(Pasquale – Orazio – Serafino)

Pasquale          - Capisciu ca a vita è tutta na cummeida, ma propriu a mia mi capitunu certi cosi…

Orazio             - (con abiti estrosi, entra con Serafino) Eccolo l’abbiamo trovato.

Pasquale          - Matri mia, ci mancava u nannu!

Serafino           - (con abiti estrosi) Ziu, ‘u nonnu voli jucari.

Pasquale          - Jochici tu ca iu sugnu stancu e mi siddia.

Orazio             - (recita) Ma lei lo sa chi sono io?

Pasquale          - Nun u sacciu (poi piano) Viremu chi cci scappa da ucca ora.

Serafino           - Ziu, fallu cuntentu. Nun u viri ca è Charles Holmes?

Pasquale          - E tu chi rapprisenti?

Serafino           - Il trafugatore del museo di Louvres.

Pasquale          - Avanti, iucamu. Iu c’haia fari?

Orazio             - Il palo. Attenzione alla scena. Il trafugatore fugge col quadro in mano, il palo lo avverte del mio arrivo. Siamo pronti? Azione, via!

Serafino           - (recita) Ecco il quadro trafugato.

Pasquale          - (con il quadro in mano) Scappamu, siamo inseguiti.

Orazio             - Fermi, non vi muovete, finalmente siete nelle mie mani. (mette le manette ai due per un polso ciascuno)

Pasquale          - bravu ‘u nonnu, sta scena a fici perfetta.

Orazio             - Anche voi siete stati bravissimi. (pausa) Ora amuninni!

Pasquale          - Unni?

Orazio             - Al commissariato!

Serafino           - Va beni! Dopu cci emu, ni strugghissi.

Pasquale          - Avanti nannu, ora basta.

Orazio             - (finisce di recitare) Suddu cci pirmittiti, basta lo dico io!

Pasquale          - (schiaffo a Serafino) Non u fari siddiari.

Orazio             - Iu non mi siddiu, pozzu aspittari.

Srafino            - Ma chi cosa aspittati?

Orazio             - La volante!

Pasquale          - Poviru stunatu, addi tempi cchi c’era a vulanti?

Orazio             - A ddi tempi no, ma ora si. Signori Celestiale e Serafino Bruttini, vi arresto per circonvenzione di incapace, che sarei io, truffa, ricatto, sostituzione di persona e adescamento con inganno di povere ragazze in cerca di marito, al fine di mangiaricci la dote.

Pasquale          - (fra il serio e il faceto) Avanti, finemula Conte di Montecristo.

Orazio             - Stavota, suddu non vi dispiaci, sugnu ‘u maresciallu Orazio Spampinato della sezione narcotici. Aspittava du spacciaturi di droga e invece vinistruru vuatri.

Serafino           - N’uautri semu poviri diavoli.

Pasquale          - ‘Nconfrontu a chiddu ca si viri oggi ‘nte strati, semu du angili.

Orazio             - Già, du’ angili di pararisu: un falsu monicu e un falsu niputi.

Serafino           - Vossia ni lassa iri, semu du piccoli ricagnoli…

Pasquale          - …..ruscelli senz’acqua…

Orazio             - …di unni nasciunu…turrenti e …frani. Mi dispiaci! Amuninni.

Pasquale          - (mentre i tre si avviano) U bestia sugnu iu. Comu puteva pinsari cca cun sociu daccussì lariu puteva iri a scruccari doti?

Serafino           - Iu chi sapeva ca u nannu era maresciallu? Ma poi pirchì t’ha pigghi tantu? N’arripusamu ‘napara di iuorna ccu tutti i comodità e fra na simana ni dununu a libertà provvisoria.

Orazio             - Si vogliono accomodare?

Pasquale          - E va bene, facenumi sta…villeggiatura…. (mentre i tre escono i primi scalini di una apposita scala che conduce Pasquale in sala e parla ad uno spettatore) E lei ci arriri?  E lei ci arriri? Ppi cui arriri? Ppi mia? Ppi Serafinu? (ad altro spettatore) E lei, lei pirchì si scancaria d’’i risati? Arriri ppi Modesto, Caterina, Don Biagio o Creolina? (ad altro spettatore) E lei? Ppi cui arriri? Parrassi! Non rispunni? Allura abbiassi petri, siddu è senza piccatu. Ma stamu attenti a non sfasciari nenti… salvamu almeno i sceni, pirchì… fannu parti da cummedia. (via i tre per una porta laterale della sala, mentre si chiude lentamente il sipario sulla scena completamente vuota).