‘A bulletta

Stampa questo copione

ovvero

Atto Unico di Andrea Oldani

PERSONAGGI

Gennaro: tifoso del Napoli

Maria: moglie di Gennaro

Rita: figlia di Gennaro e Maria

Diegarmanda: amica tifosa

Franco: amico tifoso

Luisa: moglie di Franco

Michele: fidanzato di Rita (juventino)

Marcello: amico

Scena: soggiorno di una casa italiana, la porta d'ingresso della casa è posta sul fondo della scena, il divano è posizionato al centro e guarda il pubblico che simula il televisore.

Gennaro:           (entra in casa dalla porta di fondo, canticchia) Napoli, Napoli. Solo con te... ohohohohohoh! (intanto appoggia cappotto e valigetta, come se fosse appena rientrato dal lavoro, sempre canticchiando). Stasera c'è la Champions. E abbiamo messo una bella scommessina. (prende il foglietto della scommessa, lo bacia e lo appoggia sul tavolo, poi compone un numero al telefono) Pronto? Franco? Ciao, sono Gennaro. Allora stasera da me, confermato. Eh? C'è la Champions. Sì sì. Vieni presto e porta le pizze, mi raccomando! Siamo a casa da soli. Dài che ci vediamo dopo. E sempre forza Napoli! Eheheheheh! (riattacca e riprende a canticchiare). Una bella serata senza moglie e figlia e con Champions, Napoli, amici e una bella pizza. Cosa si può chiedere di meglio? (si siede sul divano) Tac. Televisore pronto! (armeggia col telecomando mentre alle sue spalle, dalla cucina, entra Maria. Gennaro non se ne accorge) Napoli! Napoli! Che meraviglia. Guarda che definizione. Un televisore che è una bomba. Che belle le serate tra amici, senza la famiglia tra i piedi. Come una volta, come prima di sposarci. Come quando eravamo liberi!

Maria:                Ciao caro!

Gennaro:           (di soprassalto) E che ce fai cca ?

Maria:                Scusa se è pure casa mia!

Gennaro:           Ma non dovevi essere da tua madre?

Maria:                Sì, ma ha detto che sta un po' meglio e che nunn è necessario che vada da        lei.

Gennaro:           Ah. Però oggi è mercoledì.

Maria:                Lo so, è mercoledì. E allora? Mercoledì è esente dal volersi bene?

Gennaro:           È mercoledì: c'è la Champions!

Maria:                Pazienza, mi adatterò.

Gennaro:           Nn’e capito : C'è la Champions qui, vengono i miei amici a vedere la partita.

Maria:                Ah, grazie per avermi avvertita.

Gennaro:           Ma tu non c'eri! Cioè, non avresti dovuto esserci.

Maria:                E invece per tua sfortuna ci sono! Non sei più libero come una volta.

Gennaro:           Ma no tesoro, non prendertela. Stavo scherzando. È solo che vulevamo passa’ ‘na serata tra amici. Tutto qui.

Maria:                Potete passarla comunque.

Gennaro:           E comme facimmo?

Maria:                Ah, certo c’è il carceriere che vi priva di tutte le libertà, vero?

Gennaro:           Carceriere? Ma cosa dici?

Maria:                D’ora in poi chiamami Cerbero.

Gennaro:           Ma no cara, scusami.

Maria:                Comunque puoi far venire i tuoi amici liberamente, pé me non è un problema.

Gennaro:           E tu cosa farai? Ti annoierai con la partita.

Maria:                Senti caro, sono sicura che ci sarà anche Franco.

Gennaro:           Certo!

Maria:                Figurati, non fai mai nulla senza di lui. Abbiamo quasi litigato per non farlo venire in viaggio di nozze.

Gennaro:           Esagerata! Comunque non capisco cosa c'entri Franco. Non ti va che venga anche lui?

Maria:                No, no. O’ cuntrario. Puoi chiedere a Franco ‘e purtà pure a Luisa così, mentre voi uomini ve ne starete in salotto a fare gli animali davanti alla tv, noi donne ce facimmo ‘na bella chiacchierata in cucina.

Gennaro:           Tesoro, questa è una bellissima idea, chiamo subbito a Franco.

Maria:                Come faresti senza di me. Vaco a priparà quacche stuzzichino per stasera. (esce a sinistra)

Gennaro:           Sei ‘n amore. Grazie. (prende il telefono) Pronto Franco, ciao sono ancora io. Come io chi? Gennaro. Ma stai ‘mbriaco? Ti ho chiamato due minuti fa. Ascoltami. Devi portare tua moglie stasera. No, no, niente discussioni. Devi assolutamente portarla! No, non sono ubriaco, ma Maria è a casa. Sì, sì. Purtroppo sua madre sta meglio e non va da lei, quindi ci lascia guardare la partita solo se porti Luisa. Ma che ne so, spettegoleranno in cucina. Sì. Non ti preoccupare. Ok, dai. A dopo. (ad Maria) Tesoro, ho avvisato Franco, porterà Luisa.

Maria:                (entra da sinistra) Perfetto, vuoi che ti faccia anche della pasta?

Gennaro:           No tesoro, non ti preoccupare, ho già ordinato le pizze. Non voglio disturbarti.

Maria:                Peccato, ve facevo nu spaghettino aglio e uoglio. Non importa. (esce verso sinistra)

Gennaro:           Ehm, tesoro...

Maria:                (rientra) Si?

Gennaro:           È ancora valida l'offerta per lo spaghettino aglio e uoglio?

Maria:                Certo.

Gennaro:           Ti amo!

Maria:                Ami me o lo spaghettino aglio e uoglio? Eheheheh! (esce a sinistra)

Gennaro:           (si siede sul divano) Sarà una serata bellissima. Amici divertenti, una moglie fantastica, pizza, spaghettino aglio e uoglio, birra e il Napoli in Champions. Cosa posso desiderare di più. (si lascia andare sul divano)

Rita:                   (entra dalla porta di fondo) Voglio morire!

Gennaro:           Ecco appunto...

Rita:                   (disperata) voglio farla finita!

Gennaro:           Ma cosa c'è ancora?

Maria:                (entra da sinistra) Tesoro, ma cosa succede?

Rita:                   Voglio morire, non ha più senso vivere!

Maria:                Rita, dimmi cos'è successo?

Gennaro:           È stato  ‘o juventino?

Maria:                Gennaro smettila!

Gennaro:           È stato ‘o juventino.

Maria:                Dillo alla mammà che t’è succiesso.

Gennaro:           Sì, diglielo che me voglio fa’ quattro risate.

Maria:                Gennaro, ti ho detto di smetterla.

Gennaro:           Scommetto 4 a 1 che è pé colpa ro’ juventino.

Maria:                Gennaro, sei odioso. Rita, dimmi subito cos'è successo!

Rita:                   È Michele.

Gennaro:           Bingo! Potrei diventare ricco con queste scommesse.

Maria:                Qui non ha scommesso nessuno!

Gennaro:           Questo lo dici tu!

Maria:                Come?

Gennaro:           No, no niente... E dimme, c 'ha combinato questa volta ‘o juventino?

Rita:                   Mi ha lasciata.

Gennaro:           Evvai!

Maria:                Gennarì, ‘a vuò’ fernì? (a Rita) Ma comme  t’ha lasciata? Vedrai che è solo un'incomprensione.

Gennaro:           È una grazia divina, altro che incomprensione.

Maria:                (a Gennaro) Smettila. (a Rita) E pure tu, fernisce ‘e chiagnere, vedrai che tutto si sistema.

Rita:                   Ha di sicuro un'altra, mi odia, la mia vita è rovinata, voglio morire!

Gennaro:           A 18 anni? Ma figurammoce!

Maria:                Tesoro, vedrai che tutto passerà e che tra qualche giorno saremo qui a riderci sopra.

Rita scoppia a piangere.

Gennaro:           Per il momento ti conviene appriparà e fazzuletti.

Rita piange ancora più forte.

Gennaro:           E magari pure nu canotto.

Maria:                Ritù, vedrai che tutto si sistemerà, dirò a tuo padre di parlare con Michele.

Gennaro:           Ah no!

Maria:                Ah sì! Gli telefonerai subito!

Gennaro:           Stasera t’’o scuorde, stasera ce sta ‘a partita!

Maria:                O gli parli, o niente partita.

Gennaro:           Allora chist’ è nu  ricatto!

Maria:                Chiammalo come vuò’ tu, te piace o no è così.

Rita:                   Papà, davvero lo faresti?

Gennaro:           Ehm, io.

Maria:                Allora?

Gennaro:           Mah... E va bene! Gli parlerò!

Rita:                   Grazie papà, sei il migliore del mondo.

Gennaro:           Sì, sì. Va bene. Damme ‘o nummero ‘e chillo sturdito.

Rita:                   Ma Michele non è uno stordito.

Gennaro:           Già il fatto che tiene alla Juve lo etichetta come stordito, e poi, se decide di rinunciare ad una bellezza come te…

Rita:                   Oh, papà.

Gennaro:           Su, su. Vedrai che tutto si sistemerà.

Rita:                   Grazie, grazie. Ecco il numero.

Maria:                Mo però vatte a rinfriscà nu poco.

Rita:                   Vado subito. Grazie ancora papà, ti voglio bene. (esce a destra)

Maria:                Sono fiera di quello che hai fatto.

Gennaro:           Avevo alternative?

Maria:                Certo, quella di non vedere la partita. (esce verso sinistra)

Gennaro:           E te pare? Uno chiede una serata tranquilla ogni tanto e che succede? Che la suocera guarisce miracolosamente e la figlia si molla col fidanzato juventino. Che a ben vedere sarebbero anche due buone notizie se fossero arrivate in un'altra sera. Non quando c'è la partita di Champions. Proviamo a chiamare questo mammalucco. 3394732... Squilla. Pronto. Pronto. No, non sono Rita, no. Ma non senti che è la voce di un uomo? Sì, sono il padre. Senti, io e te dobbiamo fare due chiacchiere. Sì sì, va bene al telefono, ‘na  cosa veloce. No, non stare a disturbarti a venire qui. Ma non c'è bisogno. Ma... Va bene, va bene. Ti aspetto. (riaggancia) Anche questa mi doveva capitare, adesso quello viene qui. Sperammo ca vène primma ra  partita.

Maria:                (entra da sinistra) Allora, c’ he parlato?

Gennaro:           Sì e no.

Maria:                Comm’è  sìe no?

Gennaro:           L'ho chiamato.

Maria:                E?

Gennaro:           E viene qui per parlare di persona.

Maria:                Ottimo!

Gennaro:           Ma ottimo o ché ? C'è sta ‘a partita!

Maria:                ‘A putite veré assieme!

Gennaro:           Cu nu juventino? Giammai!

Maria:                Nemmeno per tua figlia?

Gennaro:           Nemmeno per mia figlia! Non ricominciamo con i ricatti. Lo liquiderò cu ddoje parole e se non mi ascolta ‘o piglio a pàccheri.

Maria:                Gennà…!

Gennaro:           Schiaffi leggeri, che non fanno male.

Maria:                Cerca solo di non peggiorare le cose.

Gennaro:           Peggiorare... Migliorare... Il confine è labile.

Maria:                Pensa al bene di tua figlia.

Gennaro:           Appunto!

Rita:                   (entra) L’hai chiamato, papà?

Maria:                L’ha chiammato, ma come al solito tuo padre non conclude nulla.

Gennaro:           No, no. Mettiamo i puntini sulle i. Io volevo chiuderla subito e farla finita. È quella mezza calzetta che ha deciso di venire qui a parlarne di persona. Pé me ‘na telefonata era pure troppo.

Rita:                   Cosa?!? Michele viene qui?

Gennaro:           Già. Sperammo ca nunn arriva durante ‘a partita.

Rita:                   Ah, io non lo voglio vedere!

Gennaro:           Ma come?

Maria:                Vedrai che ve chiarite.

Rita:                   Assolutamente no. Io non lo voglio più vedere!

Gennaro:           Allora lo devo richiamare.

Rita:                   Si, richiamalo e digli che può stare a casa.

Gennaro:           Subito! Questo sì che è parlare. (prende il telefono)

Maria:                Tu nun chiamme a  nisciuno!

Gennaro:           Non chiamo. (riattacca il telefono)

Maria:                (a Rita) Ritù, so’ sicura che è solo un equivoco.

Rita:                   No, no. Nessun equivoco. È tutto molto chiaro. Papà, ti prego. Digli di non venire.

Gennaro:           Chiamo! (rialza il telefono)

Maria:                Tu non chiami!

Gennaro:           Non chiamo. (riattacca il telefono)

Rita:                   No papà, ti ho detto di chiamare.

Gennaro:           Facimmo ‘na bella cosa, assumente un centralinista che ve chiamma o nun ve chiamma tutti quelli che volete.

Rita:                   Io non lo voglio vedere! Mi vado a chiudere in camera. E se viene ditegli che non ci sono! (esce in lacrime)

Maria:                (a Gennaro) He visto c’he cumbinato?

Gennaro:           E io che c’entro?

Maria:                Dovevi dirgli che ci avevi parlato e che era tutto a posto.

Gennaro:           E pecché aveva ricere ‘a buscìa?

Maria:                A volte delle piccole bugie fatte col cuore non fanno male.

Gennaro:           Mah, sarà. (campanello) Questa è Diegarmanda, puntuale come un orologio!

Maria:                Solo quando c'è di mezzo il Napoli.

Gennaro:           Come sei cattiva.

Maria:                Non sono cattiva. Chella accussì è fatta. 

(risuonano)

Gennaro:           Mo famme arapì.

Maria:                Apri apri. (esce verso sinistra)

Diegarmanda:  (entra bardata con sciarpa e cappellino) Pensavo fossi scappato! Nun veneva nisciuno ad aprire.

Gennaro:           Ci sono, ci sono. A rò aggia  ji? C'è il Napoli in tv!

Diegarmanda: Allo stadio, no?

Gennaro:           No no, è così comodo vedere la partita in tv.

Diegarmanda:         Con una bella pizza.

Gennaro:           Questa sera pizza e spaghettino aglio e uoglio.

Diegarmanda: Ti sei messo a cucinare?

Gennaro:           P’ammore ‘e dDio, no! Cucina Maria.

Diegarmanda: Maria? Ma non era da sua madre?

Gennaro:           C’éva sta’. Ma purtroppo sua madre sta meglio.

Diegarmanda:  Mannaggia.

Gennaro:           Comunque non ci disturberà, starà in cucina a chiacchierare con Luisa.

Diegarmanda: Luisa chi? La moglie di Franco?

Gennaro:           Sì, vene pur’essa , così possono spettegolare in santa pace.

Diegarmanda: Per fortuna sono singola. Il Napoli è il mio unico amore!

Gennaro:           Eh, come ti capisco! Lui sì che non ti tradisce.

Diegarmanda:         Speriamo che non ci tradisca manco stasera.

Gennaro:          Non dirlo manco per scherzo!

Diegarmanda: Ma figuriamoci. Una partita facile facile.

Gennaro:           Non si sa mai!

Diegarmanda: Ma dài, pure si n’avessema véncere ce sta sempe ‘o ritorno.

Gennaro:          No no! Adda véncere stasera!

Diegarmanda:  Come siamo intransigenti!

Gennaro:           Siamo intransigenti perché abbiamo messo una scommessina.

Diegarmanda: Una scommessina? Davvero?

Gennaro:           Shh! che Maria nunn ‘o ssape.

Diegarmanda: Nunn ‘o ssape? Beh, ma non c'è niente di male.

Gennaro:           No no, non c'è niente di male. Però è meglio can un ‘o ssape.

Diegarmanda: Cos'hai scommesso? Venti euro sul Napoli?

Gennaro:           Nu pucurillo e chiù.

Diegarmanda:         Oh oh, non ti credevo così audace. Addirittura cinquanta euro?

Gennaro:          Eh, n’atu poco ‘e chiù.

Diegarmanda:         Ciento euro?!

Gennaro:          Ho scommesso cinquemila euro sul Napoli.

Diegarmanda:         (gridando) Cinquemila euro? Ma si’ pazz!

Gennaro:           Shhhh. Abbassa chella voce! Maria po’ sentì!

Diegarmanda:  (a bassa voce) Cinquemila euro, ci credo che non è d'accordo.

Gennaro:           È una scommessina facile facile. Il Napoli è dato a 1 e 20, vence e i’ me porto a’ casa mille euro puliti puliti.

Diegarmanda:  E si avesse a  perdere?

Gennaro:           Nun ‘o dìcere manco pé scherzo!

Diegarmanda:  Io non lo dico, però potrebbe accadere. Cinquemila euro so’ ‘na bella cifra.

Maria:                (entra dalla cucina) Butto la pasta? A che ora arrivano ‘e ppizze? Ciao Diegarmanda.

Diegarmanda:  Ciao Maria, come stai?

Maria:                Benissimo, grazie. E tu? Non vi dispiace se mi intrometto nei vostri piani vero?

Diegarmanda:  Ma assolutamente no! Anzi, si vuò veré ‘a partita cu’ nuje...

Gennaro:           So’ sicuro ca nun ‘a vò  veré, vero cara?

Maria:               Mah, se proprio insistete...

Gennaro:           No, non insistiamo! Statte pure int’a cucina a chiacchierà.

Maria:                E ‘e ppizze? Quando arrivano?

Gennaro:           Franco avessa stà cca a momenti. Anzi, è già in ritardo. Strano. Di solito è puntualissimo.

Diegarmanda: Non quando è con Lucia, se sarrà cagnata vinte vote primm’ escì.

Maria:                Faccio finta ca nunn’aggio ‘ntiso. Vado ad abbassare la fiamma, l’acqua bolle. (esce)

(campanello)

Diegarmanda: Eccolo! Nunn’ ha fatto po’ acccussì tardi. (apre la porta) Finalmente siete arrivati!

Franco:              (entra con Luisa e con i cartoni delle pizze in mano) Eravate in pensiero pé noi o p’e ppizze?

Gennaro:           Ma per voi, che domande!

Franco:              Gennaro, non sei capace di mentire, lascia stare. Comunque ‘e ppizze sono belle calde.

Diegarmanda:  Ciao Luisa, sei splendida come al solito.

Luisa:                So’ venuta accussì, mi avete avvertito all’ultimo e non sapevo cosa mettermi.

Franco:             Certo! Ha tre armadi pieni e nun sape  mai cosa mettersi.

Maria:                (entra dalla cucina) Benvenuti! Posso buttare la pasta?

Franco:              No, non buttarla. Noi la mangiamo volentieri.

Luisa:                 Sei il solito cretino! Dobbiamo farci sempre riconoscere?

Maria:                Nun te preoccupà, conosco lo spirito maschile.

Gennaro:           Uno spaghettino aglio e uoglio favoloso, vero tesoro?

Franco:             Spaghettino aglio e uoglio? Grandioso! Ci aspetta una bella serata.

Diegarmanda:  Pizza, Spaghettino aglio e uoglio, buoni amici. Manca solo una bella vittoria del Nostro Napoli. Speriamo non ci faccia qualche brutto tiro..

Gennaro:          (brusco) Non dirlo nemmeno per scherzo!

Maria:               Gennà! Che modi! Dopotutto è solo una partita.

Diegarmanda:  Eh, solo una partita! Non quando hai scomm...

Gennaro:           (lo interrompe) Ma certo! È solo una partita. Però è pur sempre ‘a Champions.

Franco:              Champions Champions!!! (guarda l’orologio) Il tempo stringe, è quasi ora del fischio d’inizio.

Gennaro:                  Giusto, giusto. Tesoro cosa ne diresti di spettegolare in cucina e servirci quel favoloso spaghettino aglio e uoglio.

Maria:                Dico che accetto il tuo primo consiglio, caro. Ma avete le mani, quindi lo spaghettino aglio e uoglio v’’o ppigliate da soli. (esce con Luisa)

Franco:             Decisa la tua mogliettina. Un bel caratterino. Non immaginavo.

Diegarmanda:  Pirciò nu le rice da’ scummessa?

Franco:              Abbiamo una scommessina in corso?

Gennaro:                  Sì, sì. Abbiamo una scommessina. Ma Maria nun l’adda sapé.

Franco:              Ah, sarò una tomba.

Diegarmanda: Altrimenti nella tomba ci finirà lui. (indica Gennaro)

Franco:              Oh, oh. Le cose se fanno serie. Vuoi dire che se la prenderebbe per così poco?

Diegarmanda: Poco, dice lui.

Gennaro:          Sì, se la prenderebbe. E parecchio. Quindi è meglio a nun ne parlà.

Franco:              Muto!

Diegarmanda: Pur’ì, nun te preoccupà.

Franco:             E si può sapere qualcosa sulla scommessa o è Top Secret pure quella.

Gennaro:                  Tra nuje nun ce stanno segreti, solo che le donne non capirebbero.

Diegarmanda: Questa faccio un po’ fatica anch’io a capirla. (intanto si è accomodata e ha cominciato a mangiare una pizza)

Franco:              Addirittura?

Gennaro:           È la solita esagerata. E guarda, senza senza dìcere niente a nisciuno si è già servita la signorina.

Diegarmanda: Altrimenti si raffredda.

Franco:             Ma t’he pigliata chella coi  peperoni? Era ‘a mia chella!

Diegarmanda:  È ‘a primma ch’ aggiu truvato. Mica ce steva ‘o nomme.

Gennaro:           ‘A toja era ‘a Margherita.

Franco:              Tu piglie sempe ‘a Margherita pé  risparmià e poi ti freghi le fette degli altri.

Diegarmanda:  Solo un assaggio!

Gennaro:           Certo! ‘e canosco “i tuoi assaggi”. Oh, un’oliva! E ti freghi la fetta. Oh, un funghetto, e un’altra fetta.

Diegarmanda:  Che pidocchiosi!

Franco:              Ah, noi?

Gennaro:          Che faccia tosta!

Diegarmanda: Ah, i peperoni! (e si mangia un pezzo di pizza)

Franco:              Pagliaccia!

Gennaro:           (guardando la tv) È iniziato il collegamento con lo stadio.

Diegarmanda:  C’è sta nu sacco ‘e gente allo stadio.

Franco:              C’è un sacco di gente si. È la Champions.

Diegarmanda:  Ma qualcuno allo stadio non ci vuole andare. E poi sarei io ‘a pirchia.

Gennaro:           Non è che non ci voglio andare, è che è molto più comodo vederla in tv la partita. Al caldo, con buoni amici, con una bella pizza e un piatto di spaghetti aglio e uoglio.

Diegarmanda:  Oh, spaghetti aglio e uoglio.

Gennaro:           Ecco, bravo. Spaghetti aglio e uoglio. Alza il sedere e vall’ a piglià int’a cucina!

Diegarmanda:  Non è una cattiva idea. (si alza e si dirige in cucina)

Franco:              Sì, ma pigliale  pé tutt’ ‘e tre, non solo il tuo piatto. (a Gennaro) Mi stavi dicendo di una scommessa?

Gennaro:           Sì, ho fatto una puntatina sul Napoli, sai, quella di stasera è una partita facile facile e ho provato a guadagnà qualcosa.

Franco:              Eh, ma il Napoli è dato a poco. Che sarrà. Uno e cinquanta?

Gennaro:           Uno e venti.

Franco:              Appunto, niente. Non ne vale proprio la pena.

Gennaro:           Ho fatto i miei conti, non ti preoccupare.

Franco:              Ah, nun me preoccupo, però. I tuoi conti?

Gennaro:           Sì, sì. Due calcolini per rendere la scommessa più redditizia.

Franco:              La cosa m’incuriosisce. Eh, si può vedere questa bolletta?

Gennaro:           Sì, certo. È sul tavolo vicino a’ ‘o  giurnale.

(Franco prende il biglietto dal tavolo e lo guarda)

(entra Maria dalla cucina)

Maria:                Gennarì, vieni a recuperà a  Diegarmanda. Si è attaccato alla pentola dé spaghetti e me pare che ha l’intenzione di finirla tutta. Io non me la sento di staccarla. È così passionale. Secondo me dovreste trovargli un uomo.

Gennaro:           Adesso ci penso io, cara. (esce verso la cucina)

(Franco è rimasto incantato con il biglietto della scommessa in mano e con una faccia allucinata)

Maria:                Tutto bene, Franco.

Franco:              (che sembra destarsi da ipnosi) Eh, sì sì. Tutto bene. Ma, dov’è Gennaro?

Maria:                È in cucina a recuperare Diegarmanda. ma si’ sicuro ca staie buono?

Franco:              Diegarmanda... Sì, sì. Assolutamente. Sto benissimo. Benissimo.

Maria:                C’è qualcosa che ti turba? Cos’hai in mano?

Franco:              Cosa? Ah, questo? Nulla. Nulla.

Gennaro:           (rientra dalla cucina con Diegarmanda) Sei una fogna, ecco cosa sei. Ti mando a prendere ‘e spaghetti e poco ci manca che anneghi nella pentola.

Diegarmanda:  Erano accussì buoni.

Gennaro:                  Già! Hai detto bene. Erano. Te ne sei fatti fuori quattro etti solo tu.

Maria:                (si avvicina a Gennaro e sottovoce) Franco mi pare un po’ strano. A te non sembra?

Gennaro:           Franco?

Maria:                Sì. Stava fissando quel biglietto che tène mmano. Quando gli ho chiesto se era tutto ok è trasalito e ha sviato il discorso.

Gennaro:           (guarda Franco e si accorge che tiene in mano il biglietto con la scommessa) No no nun te preoccupà, tutto a posto. Sarà un po’ teso per la partita. Mo véch’ì, nun te preoccupà.

Maria:                Va bene tesoro, tienimi aggiornata. (a tutti) Buona partita. (esce)

Diegarmanda:  (con la bocca piena) Grazie.

Gennaro:           (a Franco) Uah, statte attiento. Mi stavi facendo scoprire.

Franco:              Scoprire?

Gennaro:           Certo, cu ‘a scummessa. Maria ha ditto ca tenive ‘na  faccia. Mo è preoccupata per te.

Franco:              Dovrebbe esserlo per te. Ma te pàreno scummesse ‘a fa’? Me stéva venendo ‘na sincope.

Gennaro:           Per così poco? E ghiammo, è solo un gioco.

Franco:              Un gioco? Un gioco? A te te piace e giucà co’ ffuoco, amico mio.

Diegarmanda:  (sempre mangiando) Anch’io gliel’ho detto che mi sembrava azzardata.

Gennaro:           Mi sembra che stiate rendendo il problema più grande di quello che è. Nun me pare ‘o caso e fa nu dramma.

Franco:              Ma io non ne faccio un dramma. E sorde so’ e tuoi e si’ libero ‘e fa’chello che vuò’.

Gennaro:           Esatto. E visto che sono miei vorrei che mia moglie non venga a saperlo.

Diegarmanda:  Altrimenti kaput! Gnam! (e mangia una fetta di pizza)

Gennaro:           Esatto. Esatto. E siccome ho la coscienza a posto non voglio crucciarmi per questa piccola menzogna.

Franco:              Ho detto che puoi fare quello che vuoi cu ‘ e sorde tuoie, però...

Gennaro:           Però?

Franco:              Però, fàmmeto ddìcere da amico da amico, questa scommessa me pare ‘na cazzata, ‘na gran cazzata.

Diegarmanda:  Pure a me!

Franco:              Forse primma ‘e fa’ na cosa ‘e chésta avresti fatto bene a confidarti con tua moglie. Tutto qui.

Gennaro:           Non sarebbe stata d’accordo.

Diegarmanda:  E avrebbe avuto ragione.

Franco:              Assolutamente. Scusa Gennà, ma sarebbe difficile condividere una cosa del genere.

Gennaro:           Ma è tutto calcolato. Non se ne accorgerà nemmeno.

Franco:              Ma comme nun se ne po’ accorgere?

Gennaro:           Ma è tutto calcolato!

Franco:              Ma so’ cinquemila euro!

Gennaro:           Tutto calcolato ti dico!

Franco:              Sul Turun Palloseura vincente!

Gennaro:           Tutto calcol... Cosa?!?!?!?

Diegarmanda:  Eh? Hai scommesso contro il Napoli?

Gennaro:           Ma si’ scemo!

Franco:              Ma sì! Almeno, questo dice ‘a bulletta.

Gennaro:           Fammi vedere! (prende il foglietto a Franco) Aiuto, sto male! ‘Na seggia, devo sedermi.

Luisa:                 (entra dalla cucina) Tesoro, sono venuta a controllare perché Maria mi ha detto che non stavi bene. Ma, Gennaro, stai male?

Gennaro:           Io? No… no!

Luisa:                 Sicuro? Sei pallido.

Gennaro:           Mai stato meglio in vita mia. Sto benissimo!

Luisa:                 (a Franco) A te non sembra pallido?

Franco:              Sarà... sarà ‘a tensione p’’a partita. Sai, la Champions.

Luisa:                 Già, la Champions. E contro chi giocano?

Franco:              Contro il Turun Palloseura, una squadra Finlandese.

Luisa:                 E vincerà il Napoli?

Diegarmanda:  Puoi scommetterci!

Gennaro:                  (un’occhiataccia a Diegarmanda) Cca è meglio ca nun scummette nisciuno.

Franco:              Luisa, torna in cucina che sta p’accumincià ‘a partita.

Luisa:                 Vado vado, vi lascio al vostro Napoli. A dopo. Buon divertimento. (esce)

Gennaro:           Eh, sai che ridere. E ora come faccio?

Franco:              Devi cercare di annullarla.

Gennaro:           Non posso andare in agenzia. Non posso uscire senza che Maria s’insospettisca.

Diegarmanda:  Dille che vai a piglià ‘e sigarette.

Gennaro:           Le sigarette! Che grande idea! Io nun fumo nemmeno.

Franco:              Non hai un numero di telefono.

Gennaro:           Il telefono. Il telefono! Franco, questa è un’invenzione geniale!

Diegarmanda:  Mi sa che l’ha inventato qualcun’altro.

Gennaro:           C’è il numero dell’agenzia sullo scontrino. Provo a chiamare.

Diegarmanda:  (guardando la tv) Stanno entrando in campo.

Franco:              Se vuoi chiamarli devi fare in fretta.

Gennaro:           Non rispondono, non rispondono. Pronto!

Diegarmanda:  Che brutta maglia ha il Turun.

Franco:              Certo, con un nome simile.

Gennaro:           Pronto, buonasera, mi scusi. Oggi ho fatto una scommessa alla vostra agenzia di Fuorigrotta.

Diegarmanda:  Come si fa a scommettere sul Palloseura? Turun Palloseura. Mah!

Franco:              Qualcuno l’ha fatto.

Gennaro:           (a Franco) Non l’ho fatto! (al telefono) Sì, mi scusi signorina, sì l’ho fatto. No, non parlavo con lei. No, non voglio fare una nuova scommessa. Sì, lo so che posso fare le scommesse anche sul vostro sito internet.

Diegarmanda:  Eh, l’avesse fatto su internet magari se ne fosse  accorto.

Franco:              Certo, è molto più comodo e si ridurrebbero gli errori.

Diegarmanda:  Sempre che si sia trattato di un errore.

Gennaro:           (a Diegarmanda) È stato un errore! (al telefono) Sì, sì signorina, un errore. Ha capito bene. C’è stato un errore nella scommessa di oggi. Sì, sì. Esattamente. Il numero della scommessa? Un attimo solo. (a Diegarmanda e Franco) Vuole il numero della scommessa.

Franco:              Stà ‘ngopp ‘a bulletta.

Gennaro:           (guarda il foglio della ricevuta) Si, eccola. (al telefono) Il codice è LK 47A 9 J. Sì. Sì J. J come J.

Diegarmanda:  Come Juventus.

Gennaro:           Si, come Juventus. Non sa come si scrive Juventus? Ma non lavora per un’agenzia di scommesse? Ah, ma prima era in un supermercato che ha chiuso. Ah, mi dispiace. Ah, capisco. Qui è solo part time, capisco. Sì sì, solo un paio di mesi e poi non sa se le rinnovano il contratto. Mi dispiace. Sì, signorina, capisco.

Franco:              Se vuole che le rinnovino il contratto le conviene imparare come si scrive Juventus.

Gennaro:           (al telefono) Certo, certo. Capisco. Ma io chiamavo per la scommessa. No, non ho un posto di lavoro da proporle. No, mi dispiace. Ma tornando alla scommessa.

Diegarmanda:  Ué,  ca cca  accumènciano.

Franco:              Partiti!

Gennaro:           (a Franco e Diegarmanda) No! No! Fermateli! (al telefono, irritato) Signorina! Non mi interessa nulla della sua vita e del suo lavoro! Voglio solo bloccare la mia scommessa!

Diegarmanda:  Ué, è così che si parla!

Gennaro:           (al telefono) Ma no, non pianga. Ma sì. Ma cerchi di capirmi. Devo bloccare la scommessa. Sì, sì. esatto. La ringrazio per la comprensione. Sì, nun vulevo essere scustumato

Franco:              Eh, ma lo sei stato.

Diegarmanda:  Già, e non poco.

Gennaro:           (al telefono) Sì, davvero. Sì, J come Juventus. Sì, come Jolly! Esatto! Bravissima!

Diegarmanda:  Proprio brava.

Franco:              Complimenti vivissimi!

Gennaro:           (al telefono) L’ha trovata? (a Franco e Diegarmanda) L’ha trovata!

Franco:               Alleluija!

Gennaro:           (al telefono) Sì, esatto, esatto. Sì, questa sera. Ah. Capisco. Capisco. Ah. Sì, ma è stato un errore. Ma sì, chi vuole che scommetta cinquemila euro sul Turun Palloseura vincente contro il Napoli? Sì, ha ragione, io l’ho fatto ma è l’operatore che ha sbagliato.

Diegarmanda:  Eh, dicono sempre così.

Franco:              Certo, sempre colpa degli altri.

Gennaro:           (a Franco e Diegarmanda) Ma la finite voi due? (al telefono) No, signorina. Non dicevo a lei. Deve fare il possibile, l’errore è evidente. Sì, non ho controllato, va bene. Ha ragione, ha ragione. Sì, ma, cerchi di capirmi, sono cinquemila euro. Non l’avrei disturbata per una cifra minore. Capisco. Capisco. Grazie. (riaggancia)

Diegarmanda:  Allora?

Gennaro:           Dice che non ci sono speranze.

Franco:              Beh, è pé forza . Ormai ‘a partita è accuminciata.

Gennaro:           Mannaggia, mannaggia!

Diegarmanda:  Dài, non farne un dramma. Po’ èsse ca vénce  il Turun Palloseura. (Gennaro e Franco la guardano perplessi)… Ok, fanne un dramma.

Franco:              Ma come t’ è venuto ‘n capo ‘e scummettere cinquemila euro?

Diegarmanda:  Sul Turun Palloseura poi.

Gennaro:           Ma io non ho scommesso sul Turun Palloseura! Ho scommesso sul Napoli. Soldini facili facili.

Diegarmanda:  Ma hai sbagliato...

Gennaro:           No, non ho sbagliato. Il commesso ha sbagliato! La macchina ha sbagliato! L’agenzia ha sbagliato! Tutti hanno sbagliato, ma non io!

Maria:                (entra dalla cucina) Chi ha sbagliato?

Diegarmanda:  Hamsik!

Franco:              Insigne!

Gennaro:           Higuain!

Franco:              È… è stata un’azione articolata.

Maria:                Stanno ancora zero a zero contro a chisti scarsi?

Gennaro:           Ma non sono scarsi! Il Turun Palloseura è una squadra con antiche tradizioni... (tutti lo guardano perplessi)... sì, ok, so’ scarsi.

Maria:                Qualcuno vuole ancora un po’ di pasta?

Franco:             No, grazie. A posto così. Era davvero ottima, ma ora c’è la partita.

Diegarmanda:  Eh sì, questione di vita o di morte.

Maria:                Esagerati!

Diegarmanda:  Beh, ce stanno  cinquemila...

Gennaro:           (la zittisce) Cinquemila tiri in porta del Napoli e non ha ancora segnato.

Franco:              Già, che disdetta.

Maria:               Ma siete sicuri che è tutto a posto?

Gennaro:           Certo, certo. Vai pure di là. Nun te preoccupà.

Maria:                Se lo dite voi! (esce)

Gennaro:          (a Diegarmanda) Ma si’ scema?

Diegarmanda:  Dovrai dirglielo prima o poi.

Gennaro:           Sìi, ma meglio poi. Magari ‘e cose si sistemano.

Franco:              Non farti illusioni.

Diegarmanda:  Già, le speranze sono davvero poche.

Gennaro:           Grazie eh! Che begli amici che ho.

Diegarmanda:  Realisti.

Franco:              Eh, sì.

Gennaro:           Intanto siamo ancora zero a zero! Chi lo dice che il Turun non sbatta dentro due belle perozze?

Franco:              Sì, certo. Nel mondo delle favole. Ahahahah!

Diegarmanda:  Ahahahahahah!

Gennaro:           Sì sì ridete, ridete. Vedremo chi riderà alla fine.

(squilla il telefono, Gennaro risponde innervosito) Pronto! No, non sono Rita. Ma sei sordo o scemo? Come faccio ad essere Rita, non senti che ho una voce da uomo? Ha fatto proprio buono  a te lascià! Sì, sì. Non so come faceva a stare con un rimbambito come te! Sì, rimbambito e juventino! No, non venire più qui. È inutile! Mi ha detto che non ti vuole più vedere, e nemmeno io ti voglio vedere. Capito? Addio! (e riattacca violentemente)

(tutti guardano Gennaro allibiti)

Gennaro:           Quando ce vò’ ce vò’.

Maria:                (entra dalla cucina) Chi era?

Gennaro:           Chi era, chi?

Maria:                Al telefono.

Gennaro:           Io non ho sentito nessun telefono. Vero ragazzi?

Franco:              Ma veramente...

Diegarmanda:  Sì ecco...

Maria:                Non prendetemi per stupida. Ho sentito il telefono e tu che gridavi comme a nu pazzo.

Gennaro:           Ah, ‘o telefono. Era... era ‘na pubblicità.

Maria:                E c’è bisogno d’alluccà tanto pé na pubblicità?

Gennaro:            Eh... volevano propormi...

Maria:                Cosa?

Gennaro:           Eh...

Diegarmanda:  Una scommessa!

Gennaro:          Una scommessa? Si, na scummessa.

Maria:                Una scommessa? Ma come  permettono di telefonare a casa della gente per cose così stupide.

Gennaro:           Hai visto che ho fatto bene ad incavolarmi?

Maria:                Hai fatto benissimo! Lo sai che sono contraria a questo genere di cose.

Gennaro:           Lo so benissimo cara. Ma mo torna in cucina che stammo tesi p’’a partita.

Maria:                Questa cosa della scommessa mi ha fatto davvero arrabbiare. Torno in cucina a calmarmi un po’. Buona continuazione. (esce)

Gennaro:           Buone chiacchiere tesoro. Se mi scopre sono finito.

Diegarmanda:  Se non era d’accordo non avresti dovuto scommettere.

Gennaro:           Ma sembrava una scommessina facile facile. Mannaggia a me. (telefono) Ancora quel Juventino. Adesso mi sente. Pronto! La vuoi finire di chiamare?! Non ti vuole più, mettitelo in testa! Non ti vuole più nessuno! Sei un fallito! Hai capito?!? Hai capito?!? (un attimo di silenzio) Come? Marcello? Ciao carissimo. Come stai? Ma no, non disturbi affatto. No, scusa non ce l’avevo con te. Era un’interferenza. Come dici. Enza se n’è andata e ti senti un fallito? No no, non me l’avevano detto. No, ti assicuro che non lo sapevo. Certo, certo. Capisco. Ma sì, certo che puoi venire quando vuoi. Ah, vieni subito. Ecco. Ma no che non disturbi, però... Va bene, ti aspetto. (riattacca) Ma cavolo!

Diegarmanda:  (timorosa) Chi era?

Gennaro:           Secondo te?

Franco:              Fammi indovinare. La moglie l’ha lasciato un’altra volta.

Gennaro:           Bingo! E adesso vò venì cca a parlarne.

Franco:              No! Uffà, la serata è rovinata.

Gennaro:           Cerchiamo di liquidarlo in fretta.

Diegarmanda:  (guardando la tv) Aspetta aspetta.

(tutti si mettono a fissare la tivu)

Franco:              Oh oh.

Diegarmanda:  Dài dài...

Gennaro:           No no.

Franco:              Rigore!!!

Gennaro:           No!

Diegarmanda:  Rigore nettissimo!!!

Franco:              E vai!

Diegarmanda:  Non fischia! Non fischia!

Franco:              Non l’ha dato!!

Diegarmanda:  Curnutaccio!!!

Franco:              Ladro!! Venduto!!!

Diegarmanda:  È uno scandalo!!! Uno scandalo!!!

Franco:              Incredibile!!!

Gennaro:           Per me non c’era.

(Franco e Diegarmanda lo guardano allibiti)

Franco e

Diegarmanda:  Cosa???

Gennaro:           Il rigore, non c’era. S’ è buttato.

Franco:              Ma sei pazzo?

Diegarmanda:  L’ha tirato p’’a maglia. Ci stava anche il rosso.

Gennaro:           Ma va’, ha simulato. Sappiamo tutti che è un cascatore.

Franco:              Un cascatore? Ma tu da che parte stai?

Gennaro:           Dalla parte dei miei soldi.

Diegarmanda:  Dei tuoi soldi?

Gennaro:           Della mia scommessa. E la mia scommessa è finita sul Turun Palloseura. Quindi. Turun Turun Turun!

Franco:              Sei un buffone!

Diegarmanda:  Ridicolo.

Gennaro:           Sarò anche ridicolo ma cinquemila euro so’ sempre cinquemila euro.

Franco:              Sei solo un mercenario.

Gennaro:           Tu pensala comme vuò tu. Turun Turun! (campanello) Entra pure, Marcello.

Diegarmanda:  Ma è già qui?

(si apre la porta e appare Michele, è più giovane degli altri e vestito da teenager)

Michele:            È permesso?

Franco:              Ma non è Marcello.

Gennaro:           (si volta e lo vede) E tu ch’ ce  fai cca?

Michele:            Sono venuto per Rita.

Gennaro:           Rita nun ce sta.

Michele:            Come non c’è?

Gennaro:           Rita non c’è! È uscita!

Michele:           E con chi?

Gennaro:          È uscita con uno. E mo và che abbiamo cose importanti da fare.

Michele:           Ma state guardando il Napoli.

Franco:              E tu non lo chiami importante il Napoli?

Michele:            No.

Gennaro:           Eh capito pecché è uscita cu’ ‘n ato?

Michele:            Ma io l’amo! Non posso vivere senza di lei.

Diegarmanda:  Esagerato!

Gennaro:           E po’ non sei stato tu a lasciarla?

Michele:            Io? Ma ma quanno maie! È lei che è gelosa e ha ditto e nun me fa veré chiù.

Gennaro:           Comunque non c’è, quindi ti prego di andartene...

Maria:               Chi ha suonato? Oh, ciao Michè.

Michele:            Buonasera signora.

Maria:                Vado subito a chiamarti Rita.

Michele:            È in casa? Mi avevano detto che non c’era.

Maria:                Chi?

Diegarmanda:  (indicando Gennaro) Lui!

Gennaro:           E grazie! Chi? Rita? Ah, nun avevo capito ca parlave r’ essa.

Michele:            E di che avrei dovuto parlare?

Gennaro:           Avevo capito che cercavi ‘o cane.

Michele:            Il cane?

Maria:                Ma noi non abbiamo il cane.

Gennaro:           È quello che ho cercato di spiegargli, comunque ora Michele deve andare.

Maria:                Come andare? E Rita?

Michele:            Sì, Rita.

Gennaro:           Rita?  Eh, mo ca  se prepara e scende facimmo notte. Guarda, appena pronta ti faccio chiamare e le spieghi tutto: dell’altra del cane e tutto quello che vuoi.

Michele:            Ma veramente.

Maria:                Gennà,  finiscila. Io vado a chiamarla, tu intanto guarda la partita ‘nzieme a loro.

Gennaro:          La partita? Non credo sia interessato al Napoli. Può aspettarla benissimo sul pianerottolo.

Maria:                Gennaro! ma...

Michele:            No signora. Ha ragione suo marito. Non vorrei disturbarli. E poi porto sfortuna al Napoli. Ogni volta che lo vedo giocare perde. Quindi non vorrei rovinare la serata...

Gennaro:           Vedi che il ragazzo è ragionevole? Arrivederci e tante buone cose. Comme ‘e ditto?

Michele:            Che non voglio disturbare.

Gennaro:           No, no. L’altro pezzo. Quello sul Napoli.

Michele:            Che porto sfortuna? Purtroppo è vero. Non ha mai vinto quando l’ho visto giocare.

Gennaro:           (a Maria) Marì, credo che sia crudele da parte tua lasciare il ragazzo sul pianerottolo. Lo invitiamo a vedere la partita con noi. Vero ragazzi?

Franco:              Assolutamente no!

Diegarmanda:  Non ci pensare nemmeno!

Maria:                Sentite, mi sembrate tutti molto strani oggi. Io vado a chiamare Rita. Voi fate quello che volete. (esce)

Gennaro:           Su su, accomodati. Fa’ comme si stisse a casa toia.

Diegarmanda:  Anche perché un giorno potrebbe esserlo.

Gennaro:           Mo nunn’esagerammo, eh! Vuoi qualcosa da bere?

Franco:              Sì, magari nu poco e veleno.

Gennaro:           Ah ah, che burloni. E dimmi dimmi. Come mai questa tua passione per la Juve?

Michele:            Perché siamo i più forti.

Franco:              Ahhhh, comme me fa ‘ncazzà!!!

Gennaro:           E come funziona il tuo fluido? Ci mette molto?

Michele:            Fluido?

Gennaro:           Sì, quello che fa perdere il Napoli.

Franco:              Mercenario!!

Diegarmanda:  Venduto!!

Gennaro:          Shhh.

Michele:           Beh, modestamente devo ammettere che è infallibile.

Gennaro:          Bene! Bene! Benissimo!

Franco:             Dài, lottiamo contro questi gufi! Na-po-li Na-po-li!

Diegarmanda:  Napoli Napoli!

Gennaro:          Tu-run! Tu-run! Presto, juventì, grida con me. Tu-run Tu-run!

Michele:            Tu-run! Tu-run!

Gennaro:           Oh oh... Aspetta un attimo....

Diegarmanda:  No, no.

Franco:              No!

Gennaro:           Dài dài dài... Sei tutto solo.

Franco:              Dài che recupera. Dài che ce la fa.

Diegarmanda:  Fermalo!!!

Gennaro:           Gooooooooooooollll!!!!

Franco:              Nun ce pozzo credere.

Gennaro:           Gooooooooooooollll!!!! (a Michele) Guagliò, si’ grande!!!

Michele:            Mi dispiace ma non posso farci nulla.

Gennaro:           Sei un fenomeno!!!

Franco:              Ma non è possibile. Non è possibile.

Gennaro:           Vi rode è? Napoliiisti!

Diegarmanda:  Ma sentilo.

Franco:              Ti ricordo che sei Napolista anche tu.

Gennaro:           No, mio caro. Non stasera. Stasera contano solo i miei soldini.

Franco:              Tanto c’è ancora tempo per recuperare.

Diegarmanda:  Sì sì, non ti montare la testa.

Gennaro:           Noi abbiamo l’arma segreta… (indica Michele)

Franco:              Ciucciuvéttela.

Maria:                (entra) Rita sta arrivando. Vedo che vi state divertendo.

Franco:              Oh, sai che divertimento.

Diegarmanda:  Da morire dal ridere.

Maria:                Ma il Napoli sta perdendo? Comm’è possibile?

Franco:              Chiedilo al tuo maritino e alla sua arma segreta.

Gennaro:           Siete solo invidiosi. ‘O guaglione è innocente.

Franco:              Sèh,  comm’a Giuda.

Michele:            Adesso arriva Rita e non vi disturberò più.

Gennaro:           Alt! Alt! Fino alla fine della partita il ragazzo non si muove da qui.

Maria:                Ma Rita sta scendendo. Hanna parlà.

Gennaro:           Ho detto che non si muove. Se Rita vuole parlare che si prenda un appuntamento.

Franco:              Io penzo ca è meglio che parlano mo’! Te pare, Dieghita?

Diegarmanda:  Assolutamente.

Gennaro:           Non si muove da qui. Su questo sono categorico.

Franco:              Vediamo se lo sarai anche se noi minacciamo di raccontare un segretino.

Diegarmanda:  ‘Na certa scommessuccia.

Gennaro:           Traditori!

Franco:              Siénte chi parla.

Maria:                Di cosa state parlando? Non capisco? Scommessuccia?

Gennaro:           Niente, niente Marì.

Franco:              Ah, niente dice. Facciamo sparire il ragazzo altrimenti un uccellino potrebbe parlare.

Gennaro:           Ricattatore. Non ne saresti capace.

Franco:              Ah no? Sai Maria, oggi Gennaro...

Gennaro:           E va bene, va bene. Avete vinto!

Maria:                Oggi Gennaro, che cosa?

Gennaro:           Amó, puoi vedere se nostra figlia è pronta? Deve vedere Michele con molta urgenza.

Diegarmanda:  Molta!

Maria:                Ma non capisco. Cosa mi nascondete?

Gennaro:           E cosa ti nascondiamo? Niente. Solo che il ragazzo porta sfortuna, non vorrei che il Napoli perdesse per causa sua.

Franco:              Saggia decisione.

Diegarmanda:  Assolutamente.

Maria:                Sarà. Rita tesoro, non sei ancora pronta? (esce)

Gennaro:           Che ‘nfami che siete.

Franco:              Per il Napoli questo ed altro.

(campanello) Questo è Marcello.

Gennaro:           (apre) Vieni vieni. Una seratina tranquilla.

Marcello:         (entra) Ciao ragazzi! Come va la serata?

Franco:              Una festa.

Gennaro:           Tra “veri” amici.

Marcello:         Che aria. Sono io quello che dovrebbe essere depresso.

Diegarmanda: E perché non lo sei?

Marcello:         Ma perché bisogna guardare avanti. Ormai il passato è passato. Nuove avventure, nuove storie. Nuova vita.

Franco:              Nuova vita?

Marcello:         Ma sì, altre donne. Basta a guardà  ‘o  passato.

Diegarmanda:  Non è così facile.

Marcello:         Ma scherziamo? È un gioco da ragazzi! Basta andare nei locali giusti e tac. Fatto. Ormai è tutto più facile. Non come vent’anni fa. È come quando vivevo negli Stati Uniti, lì erano tutti molto più aperti.

Franco:              Tu vivevi negli Stati Uniti?

Marcello:         Certo! Ho vissuto un anno e mezzo negli Stati Uniti.

Gennaro:           Ma quando?

Marcello:         Una decina di anni fa!

Gennaro:           Sì ascevamo insieme una decina di anni fa!

Marcello:         Ma sì, prima che mi mettessi con Enza.

Diegarmanda:  Prima che ti mettessi con Enza lavoravi in piscina.

Marcello:         Ecco, esatto. Tra la piscina e Enza.

Franco:              Ma se Enza l’he canusciuta in piscina!?

Diegarmanda:  Sì. Nun te ricuorde?

Marcello:         Ma certo, ci siamo conosciuti in piscina...

Franco:              Hai visto.

Marcello:         ...a Beverly Hills.

Gennaro:           A Beverly Hills?

Marcello:         A Beverly Hills.

Diegarmanda:  E tu che ci facevi a Beverly Hills?

Marcello:         Lavoravo.

Franco:              A Beverly Hills?

Marcello:         A Beverly Hills, a Beverly Hills. Ma che credete? Non è stato facile. Vivevo con un gruppo di sudamericani di una band criminale. Eravamo in venti in una casa di 15 metri quadrati senza pavimento, mi alzavo mezz’ora dopo essere andato a dormire e pagavo il proprietario della piscina per farmi lavorare.

(attimo di silenzio)

Diegarmanda:  (urlando a squarciagola) Gooooooooooooolllllll! No...

Gennaro:           Ma si’ scema?

Diegarmanda:  Mi sembrava gol.

Gennaro:           Ho capito, ma non ti devono sentire anche allo stadio. Siamo in un appartamento, vuoi che salga la signora di sotto con la scopa?

Franco:              Comunque il ragazzo se ne deve andare.

Gennaro:           Il ragazzo rimane.

Franco:              (a voce leggermente più alta del normale) Maria...

Gennaro:           Non puoi farlo!

Franco:              Certo che posso. (gridano un po’ di più) Maria...

Maria:                (entra) Insomma, cosa c’è? Mi avete chiamato?

Gennaro:           Ehm, Rituccia non è ancora pronta?

Maria:                Ancora un attimo.

Franco:              (a Gennaro) No, niente attimo. Il ragazzo deve andare. Ora!

Gennaro:           E va bene, strozzino. (a Maria) Dille di non scendere. (a Michele) E tu, va’ da lei.

Michele:            Io? In camera sua?

Gennaro:           Sì, in camera sua. Ma state attenti che vi tengo d’occhio.

Maria:                Ma…

Michele:            Oh, grazie, grazie. (esce)

Maria:                Ma Gennà?

Gennaro:           Non ti preoccupare, è nu bravo guaglione. E po’... (guardando Franco) è la cosa migliore per tutti.

Franco:              Soprattutto pé te.

Maria:                Siete davvero strani questa sera. Io torno in cucina, e se avete ancora bisogno di me... Arrangiatevi! (esce)

Marcello:         Ah, state guardando il Napoli?

Diegarmanda:  Già.

Marcello:         Io potevo essere allo stadio.

Diegarmanda:  Anche noi, ma a Gennaro non piace.

Gennaro:           Non è che non mi piace. Ma vuoi mettere la comodità di vedere la partita al calduccio comodamente seduti sul divano di casa?

Marcello:         Molto meglio vederla  nei box privati dello stadio

Franco:              Cosa?

Diegarmanda:  Sì, ma non siamo mica milionari. Là ce vonno nu sacco e solde.

Marcello:         Non se conosci le persone giuste.

Diegarmanda:  Le persone giuste?

Marcello:         Ma sì, quelle che ti aprono tutte le porte.

Diegarmanda:  Un usciere?

Marcello:         Ma quale usciere?!? Uno che ti possa portare ai piani alti.

Diegarmanda:  Ah, ho capito. ‘O guaglione e l’ascensore!

Franco:              Ehm, credo che intenda un personaggio un poco più importante.

Marcello:         Esatto! Un membro della dirigenza.

Gennaro:           Uno della dirigenza? E chi? De Laurentiis? Eheheh!

Marcello:         Ridete, ridete. Ma stasera mi avevano invitato alla partita.

Diegarmanda:  E come mai non ci sei andato?

Marcello:         Ma perché non mi interessa. Non sono appassionato. Nun m’ è mai piaciuto.

Gennaro:           Non ti è mai piaciuto?

Franco:              Ma se andavamo sempre allo stadio da giovani?

Diegarmanda:  Siamo andati anche in Inghilterra per la trasferta di coppa.

Marcello:         Ma quelli erano altri tempi. Adesso sono cambiato. Sono cresciuto, maturato. Mo’ faccio girà nu sacco e soldi..

Diegarmanda:  Anche Gennaro fa girare un sacco di soldi, ma li punta sulla squadra sbagliata.

Gennaro:           Shhh. Taci.

Marcello:         In che senso?

Gennaro:           Niente, niente.

Franco:              Beh, proprio niente non direi.

Marcello:         Raccontate, raccontate.

Gennaro:           Certo! Come no! Dire una cosa a te significa raccontarla a tutta la città.

Marcello:         Ma quando mai?

Franco:              Sentitelo! Una tomba lui.

Marcello:         Assolutamente. Potete fidarvi.

Gennaro:           Tanto ormai ‘a frittata è fatta. Ho fatto una scommessa.

Diegarmanda:  E che scommessa!

Marcello:         Ah, una scommessa. E ti preoccupi per così poco?

Franco:              Ha scommesso cinquemila euro contro il Napoli.

Marcello:         Ah però. Un bell’azzardo.

Gennaro:           Un bell’errore. Io volevo puntarli sul Napoli. Ma l’addetto ha sbagliato e li mise sul Turun. Sul Turun!

Diegarmanda:  Ma come cavolo si fa a scommettere sul Turun?

Gennaro:           Mo’ verimm’!

Marcello:         Beh, annullala, no?

Diegarmanda:  Eh pare ‘na cosa semplice.

Gennaro:           Ci ho provato, ma mi hanno risposto che purtroppo una volta registrato non si poteva più tornare indietro.

Diegarmanda:  Poi era già accuminciata ‘a partita.

Marcello:         Questo succede perché non hai le conoscenze giuste.

Diegarmanda:  (a Gennaro) Non frequenti i piani alti.

Marcello:         Esatto! Potevi dirmelo prima. Io conosco molto bene il direttore del centro scommesse.

Diegarmanda:  Conosci il direttore dell’agenzia?

Marcello:         No, no. Conosco il direttore nazionale. Il Grande Capo.

Franco:              (canzonandolo) E come faresti a conoscerlo bene? Sentimmo.

Marcello:         È uno dei miei migliori clienti.

Gennaro:           Clienti? Tu tiene ‘e  clienti?

Marcello:         Certo. Ora sono un uomo in carriera.

(gli altri scoppiano a ridere)

Franco:              In carriera? Tu?

Gennaro:           Questa non me la voglio perdere. E quale sarebbe questa carriera?

Marcello:         Io, io sono un imprenditore. Con un’attività in espansione.

(ridono in maniera più fragorosa)

Marcello:         È inutile che facite ‘e sciém. È overo!

Diegarmanda:  E quale sarebbe questa “attività in espansione”? Il chiosco dei tuoi?

Marcello:         Sono un imprenditore nel campo della ristorazione.

Gennaro:           Gesù! Sto morendo!

Franco:              Ristorazione ‘a banca ‘e ll’acqua?

Diegarmanda:  Ahahahahah!

Marcello:         Ridete, ridete. Quando aprirò il mio prossimo ristorante nel centro di New York allora sarò io a ridere.

Franco:              Si, ma ridi anche per altro. Altrimenti rischi di restare serio per tutta la vita.

Gennaro:           A New York? Ma comme se pò credere ad una cosa del genere?

Marcello:         Non crederci. Sei libero di farlo.

Gennaro:           Ci mancherebbe.

Marcello:         Ma a breve vi inviterò a cena nel mio nuovo ristorante.

Franco:              Sì certo. Nella panineria dietro lo stadio. Ahahahahah!

Gennaro:           Ahahahahahah!

Marcello:         Ridete pure. Sono entrato in un giro importante. Sto aprendo un ristorante in pieno centro. Un ristorante coi fiocchi.

Diegarmanda:  Sì, cu ‘e  fiocchi d’avena!

Marcello:         È inutile che fate gli stupidi. Sono entrato in società con persone importanti. Persone con i soldi. Loro ci mettono il capitale, e io la mia esperienza di cuoco rinomato.

Diegarmanda:  Cuoco rinomato? Ma chi?

Marcello:         Io! Sono molto apprezzato nel settore.

Gennaro:           Scusa?

Marcello:         E ho una grande esperienza. Per non parlare degli studi con i maggiori chef.

Franco:              Ma se tu sei geometra?

Marcello:         Sì, è vero, ma solo di facciata.

Diegarmanda:  Di facciata? Come si fa ad essere geometra di facciata?

Marcello:         Perché in segreto coltivavo la mia passione. Di giorno studiavo da geometra mentre la sera uscivo mascherato per andare al corso di cucina.

Gennaro:           Mascherato?

Diegarmanda:  Comme a batman?

Franco:              Ma che senso ha? Che bisogno c’era di uscire mascherato, mica è un crimine studiare cucina!

Marcello:         Ma non potevo. I miei non lo accettavano.

Gennaro:           Ma figuriamoci! E chi pagava la scuola?

Marcello:         Una... una borsa di studio dell’università del Kentucky!

Diegarmanda:  Di dove?

Marcello:         Del Kentucky! In America!

Gennaro:           E perché mai l’Università del Kentucky ti avrebbe assegnato la borsa di studio per una scuola serale di cucina in Italia?

Franco:              Già perché?

Marcello:         Ma perché avevo salvato la vita al figlio del rettore durante la Guerra del Golfo.

Diegarmanda:  Eh?

Franco:              E tu che  ce facive nella guerra del golfo?

Gennaro:           Eh, questo ‘o vulesse proprio sapé.

Marcello:         Perché io sono una persona coraggiosa. Mica come voi che siete solo capaci di parlare dalla poltrona.

Diegarmanda:  Adesso arriva la super palla gigante!

Marcello:         No, cari. Nessuna palla. Io ero a manifestare durante la guerra. In Iraq! Non come voi, davanti alla tv. Io sono partito con 4 volontari americani. Abbiamo sabotato una postazione di missili di Saddam.

Franco:              Questa non si può sentire!

Marcello:         Stavamo entrando in un cunicolo quando un centinaio di soldati iracheni ci ha avvistato. Tatatatatà, sentivamo i colpi delle mitragliatrici che ci passavano vicini. Due dei nostri compagni furono colpiti. Io ed il compagno rimasto riuscimmo a fuggire attraverso il condotto stretto quando...

Gennaro:           Marcè, e ghiammo...

Marcello:         Anche l’ultimo compagno venne ferito. Allora lo caricai sulle spalle...

Diegarmanda:  Ma non era stretto il cunicolo?

Marcello:         ... ed incominciai a correre più veloce che potei. Passammo in un campo minato poi in mezzo ai carri iracheni.

Franco:              Ma basta!

Marcello:         Poi dei caccia ci lanciarono dei missili aria terra, ma riuscii a seminarli con un congegno segreto che...

Gennaro:           (urlando, spazientito) Ma finiscila!!! Ma c’’e pigliate pé fessi?  Come credi che possiamo berci tutta sta storia? Passi il bagnino a Beverly Hills, passi l’amico allo stadio, passi il grande capo delle scommesse, passi pure il ristorante in centro. Ma l’eroe in Iraq mi sembra eccessivo! Comme può pensà di farci bere anche questa? Si’ nu pallista!!! Si’ sempe stato nu pallista!!! Ed è per questo che la gente ti evita. E che tua moglie se ne va!!! Si’ nu povero pallista fallito!!!! ‘O vuò capì che le tue palle non interessano a nessuno! (sillabando) Non-ci-cre-de-nes-su-no!!!

Franco:              Salute!

Marcello:         Ma... Ma... (esce di casa)

Gennaro:           Eh quanno ce vò, ce vò!

Diegarmanda:  Però peccato..

Franco:              Cosa peccato?

Diegarmanda:  Vulevo sapé come finiva la storia dei missili.

Gennaro:           Quando torna ce ho facimmo dìcere.

Franco:              Tornare?  Doppo  chello che l’’e ditto non si farà vedere per mesi.

Gennaro:           State tranquilli che tornerà.

Diegarmanda:  Ma no,  non tornerà.

Gennaro:           Tornerà, vi dico.

Franco:              E comme fai ad esserne così certo?

Gennaro:           Ha lasciato qui le chiavi di casa. (le prende dal divano)

Diegarmanda:  (accorgendosi di aver ignorato la tv) Ehi! Ma manca solo un minuto.

Gennaro:           E stammo ancora uno a zero per noi.

Franco:              Per noi, sentitelo questo!

Diegarmanda:  Eh però non segniamo contro questi brocchi.

Gennaro:           Attenta a come parli. Brocco sarrai tu!

Franco:              Ma ‘a vuò fernì, che non sapevi nemmeno chi fosse il Turun.

Gennaro:           Ma saccio buono  chi sono i miei soldi.

Franco:              Mannaggia, mannaggia.

Diegarmanda:  Dài! Attacchiamo!

Franco:              Pecché nun tirano! Perché non tirano?!?!?!

Gennaro:           Che sofferenza! Sto tutto surato. Ho le mani bagnate. (si asciuga su Diegarmanda)

Diegarmanda:  Ma che schifo!!!

Franco:              Siamo già nel recupero, e non succede nulla.

Gennaro:           Non deve succedere nulla!

Franco:              ‘A vuò fernì !

Diegarmanda:  Dài!!

Gennaro:           Manca poco! Manca poco! Forza Turun!

Diegarmanda:  Statte zitto!!! Na-po-li Na-po-li Na-po-li!!!

Franco:              (incalzando, poi man mano affievolendosi) Na-po-li Na-po-li Na-po-li!!!

Diegarmanda:  È finita.

Franco:              Non ci posso credere.

Diegarmanda:  È finita. (si siede sconsolata)

Franco:              No...

Gennaro:           (a voce normale) Ho vinto.

Franco:              Taci!

Gennaro:           (aumentando leggermente la voce) Ho vinto!

Diegarmanda:  Facit’’o sta zitto! Fatelo tacere!

Gennaro:           (urlando) Ho vinto! Ho vinto! Ho vinto! Che squadra ragazzi!

Franco:              Ma se fino a ieri non sapevi nemmeno che esisteva!

Gennaro:           L’importante è che ho vinto! Io ho vinto!

Maria:                (entra dalla cucina con Luisa) Chi ha vinto?

Franco:              Il Napoli no di certo.

Luisa:                 E allora cosa avete da festeggiare?

Franco:              Ti sembra che io stia festeggiando?

Diegarmanda:  È solo il mercenario qui che festeggia.

Maria:                Festeggi perché il Napoli ha perso? Sei impazzito?

Gennaro:           No tesoro, non sono impazzito. Non sono mai stato più lucido di questo momento! Ah  ah ah ah! (risata sadica)

Luisa:                 Mi fa paura.

Gennaro:           Marì, siediti perché devo confessarti una cosa importante.

Luisa:                 Oh mio Dio!

Franco:              Siamo giunti al momento del giudizio.

Maria:                Hai un’amante?

Luisa:                 Oh mio Dio!

Franco:              Peggio! Peggio!

Diegarmanda:  Molto peggio!

Luisa:                 Peggio di un’amante?! Oh mio Dio!!

Gennaro:           Ma qualu peggio? Nun dicimmo fessarie. Ti ho mentito, è vero. Ma per una giusta causa. Molto redditizia.

Maria:                Nun ce pozzo credere.

Gennaro:           Tesoro, calmati. Non è nulla di così grave.

Franco:              Nulla di grave?

Diegarmanda:  È una cosa gravissima. Marì, non lo perdonare!

Maria:                Non ne posso più. Vuoi parlare? Ch’’é fatto?

Franco:              Confessa!

Gennaro:           Ho scommesso!

Maria:                Cosa?

Gennaro:           Ho scommesso sulla partita. Una piccola, innocua scommessina.

Diegarmanda:  Innocua?

Franco:              Azz… scommessina. Cinquemila euro lui la chiama scommessina!

Maria:             Ch’’é fatto? Hai scommesso cinquemila euro sul Napoli? Abbiamo perso cinquemila euro? Ma si’ asciuto pazzo!

Gennaro:           Eh no! Qui ti sbagli. Abbiamo vinto. Perché la mia abilità, il mio fiuto, mi hanno fatto scommettere sul Turun Palloseura.

Luisa:                 Su chi?

Diegarmanda:  (schifata) Sulla squadra che ha battuto il Napoli!

Franco:              Altro che abilità e fiuto. Qui è stata solo fortuna. Fortuna sfacciata.

Diegarmanda:  È ha pure sbagliato ‘a scummessa.

Gennaro:           Non guardiamo le piccolezze. Abbiamo vinto mille euro tesoro. E per farmi perdonare ti comprerò un magnifico regalo.

Maria:                Lo sai che non tollero le scommesse! Tu mi hai mentito!

Gennaro:           Ma l’hai detto tu. A volte delle piccole bugie fatte col cuore non fanno male.

Maria:                È una teoria del cavolo!  Però... Però... Con mille euro una bella borsetta può saltarci fuori.

Luisa:                 Eccome! Borsetta e scarpe.

Gennaro:           Perfetto. Accussì siamo tutti contenti.

Franco:              (che stava sfogliando la gazzetta sul tavolo) Ehi, aspettate un attimo. Ma le quote sono diverse.

Gennaro:           Come diverse?

Franco:              Sarebbero stati mille euro se avesse vinto il Napoli ma...

Gennaro:           Io ho scommesso sul Turun.

Franco:              E il Turun è dato a 40! Vale a dire...

Gennaro:           Du... Du...

Franco:              Eh si.

Gennaro:           Du... Du...

Diegarmanda:  A’ faccia!...

Gennaro:           Du... Du...

Maria:                Duemila?

Franco:              No Marì...

Luisa:                 Ma...

Gennaro:           Du... Du...

Maria:                Du?

Franco:              Esatto. Duicientomila euro.

Luisa:                 Oh mio Dio!

Maria:                Duecentomila euro? Non ci posso credere!!!

Gennaro:           Mi sento male.

Diegarmanda:  ‘I che sciorta...

Maria:                Gennà, sei un genio! Siamo ricchi!

Gennaro:           Sono un genio ragazzi! Lo dice anche mia moglie.

Franco:              Io è meglio ca me sto zitto.

Maria:                (urlando) Tesoro sei superlativo!

Rita:                   (entra con Michele) Avete finito di urlare? Cos’è questo baccano?

Maria:                Vieni, vieni tesoro. Tuo padre è un genio e ci ha fatto diventare tutti ricchi.

Franco:             Genio?

Gennaro:          Eh, eh ha ditto genio! Ha detto Genio! Invidiosi.

Rita:                   Ricchi? E com’è possibile?

Diegarmanda:  Ha sbagliato a fare una scommessa.

Gennaro:           Non ho sbagliato. La scommessa è valida a tutti gli effetti!

Franco:              Certo! Secondo te una persona sana di mente scommette sul Turun Palloseura vincente contro il Napoli.

Gennaro:           Perché no? Perché no? Il Turun palloseura è una squadra con antiche tradizioni...

Diegarmanda:  Mi viene da vomitare...

Franco:              E comunque il merito non è solo tuo.

Maria:                Ah no?

Gennaro:           E di chi sarebbe?

Franco:              Se non ci fosse stato chella ciucciuvéttela ‘e juventino le cose sarebbero andate diversamente.

Rita:                   Il mio Michele.

Michele:            Io vi avevo avvertiti.

Gennaro:           Avete ragione. Questa volta l’invidioso ha ragione. Il merito è anche do’ juventino.

Rita:                   Papà!

Gennaro:           Intendevo dire: è di Michele. E per sdebitarmi ti lascerò frequentare liberamente mia figlia.

Rita:                   Come se avessi bisogno do’ permesso.

Michele:            La ringrazio moltissimo!

Maria:                Ma adesso dobbiamo festeggiare!

Gennaro:           Certo tesoro! Una bella bottiglia per festeggiare.

(campanello)

Maria:                Ma chi può essere a quest’ora.

Gennaro:           È Marcello. Ve l’ho detto che sarebbe tornato. (ad alta voce) Trase Marcè. È aperto!

(la porta si apre ed entra Marcello)

Marcello:         Eccoci alla resa dei conti

Maria:                Ciao Marcè. Che succede?

Marcello:         Ciao Marì. Ho un conto in sospeso con tuo marito e i suoi amici.

Gennaro:           Mi devi dei soldi? Non mi ricordo proprio, ma stasera sono generoso e ti abbuono il debito. Si’ cuntiénto Marcè?

Marcello:         Eh no, mio caro. Tu mi sarai debitore per tutta la vita.

Gennaro:           Non capisco.

Marcello:         Ah nun capisci, eh? Non capisci?

Gennaro:           No, nun  capisco, no.

Maria:               Non capisco nemmeno io. Ma che succede?

Marcello:                Sono tornato per vedervi strisciare ai miei piedi. Sì, ai miei piedi.

Franco:             Marcè, mi fai paura.

Gennaro:          Vedimmo ‘e ce  calmà.

Marcello:         Sono tornato perché volevo dimostrarvi chi era il pallista.

Diegarmanda:  Tu si’ ‘o pallista.

Marcello:         Eh no! Eh no! E qui vi sbagliate. Qui vi sbagliate! (agitando un foglietto)

Gennaro:          Sento un brivido areto ‘e rine... (si lascia cadere sulla poltrona)

Maria:                Gennà, che succère? Non stai bene?

Gennaro:          Spero con tutto il cuore che quella sia la borsa di studio del Kentucky.

Diegarmanda:  O l’autografo di Saddam Hussein.

Marcello:         No cari “amici” questo è un foglio che ti permette di risparmiare cinquemila euro buttati via.

Maria:                Risparmiare? Non capisco.

Gennaro:           Eh, capisco io...

Franco:              Oh, no...

Marcello:         Ecco l’annullamento della scommessa. Firmato dall’agenzia. Ci ho messo un minuto per ottenerla.

Gennaro:           Sto male, sto male... Sto male...

Maria:                Devo sedermi...

Marcello:         Vi ho sconvolti, eh?

Franco:              Non sai quanto.

Marcello:        Non ci credevate, eh?

Gennaro:           Avrei preferito ‘e nun ce credere, Marcè. Te l’assicuro.

Marcello:         Beh, allora? Nessuno che mi ringrazia?

Diegarmanda:  Ah, t’hadda pure ringrazià?

Marcello:         Certo, mi sembra il minimo. No?

Gennaro:           Ringraziarti! Ringraziarti?

Maria:                Stai calmo, Gennà.

Gennaro:           Calmo. Sono calmissimo. (si alza dalla poltrona e si avvicina a Marcello) Il signore ha ragione. Devo ringraziarlo. Devo ringraziarlo vivamente per quello che ha fatto. Mi ha recuperato i cinquemila euro. E l’ha fatto in un minuto. Ma non perché all’agenzia faceva comodo, nooo. Non perché gli ha fatto risparmiare duecentomila euro, nooo. Perché ha le conoscenze giuste, perché lui va ai piani alti, perché ha vissuto in America, perché é un eroe di guerra e dell’università del Kentucky. Solo per questo. E allora voglio proprio ringraziarti, amico mio. E abbracciarti! (lo abbraccia). E hai ragione, hai perfettamente ragione. Ti sarò debitore. Per tutta la vita. Perché un ergastolo non me lo leva nessuno se ti ammazzooooo! (tenta di strangolarlo, tutti cercano di fermarlo)

Marcello:         Aiuto, aiuto! Superman, vieni subito!!!!

(buio)

F i n e