A porte chiuse

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A porte chiuse

di Jean PauI Sartre

Versione italiana di G. V. Sampieri

Un isolotto stile Secondo Impero. A sinistra una grande finestra murata di mattoni,. A destra una porla ad un solo battente. Un camino in fondo e un bronzo di Traubetszkoy sul camino. Tre divanetti, uno al centro, due ai lati del salotto, uno rosso, l'altro verde, l’altro bleu,

SCENA I

Garcin, e l'Inserviente addetto al piano

GARCIN (entra e si guarda intorno) - Allora, ecco qua.

INSERVIENTE - Già.

GARCIN - Ècosi,

INSERVIENTE - Ècosì.

GARCIN - Io... io credo che a lungo andare ci si abitua al mobilio.

INSERVIENTE - Dipende dalle persone.

GARCIN - E le camere sono tutte eguali?

INSERVIENTE - Che dice ma il Qui arrivano dei Cinesi, degli Indù... Cosa vuole che se ne                     facciano d'un divano Secondo Impero!

GARCIN - Ed io cosa volete che me ne faccia? Sapete chi ero, io? Bah! Questo non ha importanza.         Dopo tutto, ho sempre vissuto tra mobili che non mi piacevano e in situazioni peggio che false.       Era la mia passione. Una situazione falsa in una sala da pranzo Luigi Filippo, non vi dice              niente?

INSERVIENTE - Vedrà, in un salotto Secondo Impero andràbene lo stesso.

GARCIN - Ah? Bene, bene, bene (si guarda intorno). Perònon mi sarei mai aspettato … Voi certo          non ignorate quel che si racconta laggiù?

INSERVIENTE - A che proposito?

GARCIN - Insomma... (con un gesto largo e vago) Di tutto questo.

INSERVIENTE - Come puòcredere a tali stupidaggini?… Gente che non ha mai messo piede

      qui…   Perché, insomma, se ci fossero giàvenuti. ..

GARCIN - Già(ridono tutti e due - Di colpo ritornando sei). Dove sono i pali?

INSERVIENTE - Cosa?

GARCIN - I pali, le graticole… gli imbuti di rame?

INSERVIENTE - Ma lei scherza!

GARCIN (guardandolo) - Ah? Bene. No. Non scherzavo. (Un silenzio. Cammina per il salotto).              Niente specchi, niente finestre, naturalmente. Niente di fragile (con improvvisa violenza). Ma perchémi hanno tolto lo spazzolino da denti?...

INSERVIENTE - Ecco! Ecco che la riprende il senso della dignitàumana. Èincredibile!

GARCIN (battendo sul bracciolo della poltrona, irosamente) - Vi prego di risparmiarmi le vostre familiarità! Non ignoro nulla della mia posizione, ma non sopporterei, che voi..... INSERVIENTE - Via, via! Mi scusi. Che vuole, tutti i clienti fanno la stessa domanda, se ne              vengono fuori con queste storie: Dove sono i pali, le graticole... E allora le giuro che non               pensano affatto alla loro toletta. Poi, appena rassicurati, ecco lo spazzolino da denti. Ma per         l'amor di Dio, èpossibile che non siate capaci di riflettere? Perché, insomma, vuol dirmi a che       scopo si pulirebbero i denti?

GARCIN (calmatosi) - Sì, in fondo, a che scopo? (si guarda intorno). E perchéci si dovrebbe                   guardare in uno specchio? Mentre quel bronzo, invece... Penso che ci sono dei momenti in cui mi guarderei in uno specchio con gli occhi spalancati. Spalancati, capite? Andiamo, via, non c'è   niente da nascondere; vi dico che non ignoro nulla della mia posizione. Volete che vi racconti     come succedono queste cose? Si soffoca, si affonda, si annega, soltanto lo sguardo resta fuori dell'acqua; e che cosa si vede? Un bronzo di Troubetszkoy. Che incubo! Andiamo, vi hanno             proibito di rispondermi, vero? Non insisto. Ma ricordatevi che non mi si prende alla sprovvista,     non pensate di vantarvi di avermi sorpreso: io guardo la situazione in faccia (ricomincia a          camminare). Dunque, niente spazzolino. E niente letto. Perchénon si dorme mai, beninteso.

INSERVIENTE - Sfido, io!

GARCIN - L'avrei scommesso, Perchési dormirebbe? Il sonno vi prende di dietro le orecchie,                  sentite gli occhi che si chiudono, ma perchédormire? Vi allungate sul divano e pf’t!... il sonno     sfuma. Ci si stropiccia gli occhi, ci si alza, e tutto ricomincia.

INSERVIENTE - Come èromantico, lei.

GARCIN - Tacete! Io non griderò, non mi lamenterò, ma voglio guardare la situazione in faccia.              Non voglio ch'essa mi aggredisca alle spalle, senza che prima abbia potuto conoscerla.               Romantico?Allora vuol dire che non si ha nemmeno sonno. Perchédormire se non si ha sonno?   Benissimo, benissimo. Aspettate: mi volete dire perchéquesta èuna sofferenza?                           Necessariamente una sofferenza? Ah, ecco: èla vita senza interruzioni.

INSERVIENTE - Quali interruzioni?

GARCIN (imitandolo) - Quali interruzioni? (sospettoso). Guardatemi bene. Ne ero sicuro! Ecco                cosa spiega l'indiscrezione volgare, insopportabile del vostro sguardo. Parola d'onore, sono             atrofizzate.

INSERVIENTE - Ma di che parla?

GARCIN - Delle vostre palpebre. Noi … noi battevamo le palpebre. Battere gli occhi, si diceva. Un         breve lampo nero, un sipario che cade e che risale: l'interruzione èfatta. L'occhio si inumidisce,   il mondo scompare, si annulla. Non potete sapere come era riposante. Quattromila pause di           riposo al giorno. Quattromila piccole evasioni. Allora... io dovròvivere senza palpebre? Senza      palpebre, senza sonno, fa lo stesso. Non dormiròpiù! E come potròsopportarmi? Cercate di         capire, fate uno sforzo. Io ho un carattere caustico, sapete, e... e ho l'abitudine di burlarmi di me   stesso. Ora, capite, non posso mica burlarmi in continuazione: laggiùc'era la notte. Dormivo. E     avevo il sonno delicato. In compenso mi lasciavo andare a sogni semplici. C'era un prato... Un       prato, ecco tutto. Ed io sognavo di passeggiare in quel prato. Fa giorno?

INSERVIENTE - Lo vede bene che le lampade sono accese

GARCIN - Perbacco! Questo èil vostro giorno. E fuori?

INSERVIENTE (esterrefatto) - Fuori?

GARCIN - Fuori! Al di làdi queste mura?

INSERVIENTE - C'èun corridoio.

GARCIN - E in fondo al corridoio?

INSERVIENTE - Ci sono altre carnera e altri corridoi, e delle scale.

GARCIN - E poi?

INSERVIENTE - Niente altro.

GARCIN - Avrete pure un giorno di libera uscita. Dove andate?

INSERVIENTE - Da mio zio, che ècapo degli inservienti al terzo piano.

GARCIN - Avrei dovuto immaginarlo. Dov' èl'interruttore?

INSERVIENTE - Non c'è.

GARCIN - Allora non si puòspegnere?

INSERVIENTE - La direzione puòtagliare la corrente. Ma non ricordo che l'abbia mai fatto a                  questo piano. Noi abbiamo corrente elettrica a volontà.

GARCIN - Benissimo, Allora bisogna vivere ad occhi aperti.

INSERVIENTE (ironico) - Vivere ...?

GARCIN - Non vorrete seccarmi ora con una questione di vocabolario. Ad occhi aperti. Per sempre.        Saràsempre giorno pieno nei miei occhi e nella mia testa (pausa). E se scagliassi il bronzo          contro il lampadario?

INSERVIENTE - Ètroppo pesante.

GARCIN (prende il bronzo e cerca di sollevarlo) - Avete ragione, Troppo pesante (un silenzio).

INSERVIENTE - Bene, se non ha piùbisogno di me, me ne vado…

GARCIN (sussultando) - Ve ne andate? Arrivenerci (l’inserviente va verso la porta). Aspettate           (l’inserviente si volta). C'éun campanello, là? (l'inserviente fa un segno affermativo). Posso                   chiamarvi quando mi pare, e voi siete obbligato a venire?

INSERVIENTE - Teoricamente, sì. Ma quel campanello ècapriccioso. C'èqualche cosa di guasto            nel meccanismo.

GARCiN (va al campanello e preme il bottone. Si sente suonare) - Funziona!

INSERVIENTE (stupefatto) - Funziona? (suona anche lui). Ma non si entusiasmi troppo. Non                  durerà. Allora, ai suoi ordini.

GARCIN (con un gesto per trattenerlo) - Io…

INSERVIENTE - Cosa?

GARCIN - No, niente (va al caminetto e prende un tagliacarte) - Che cos'èquesto?

INSERVIENTE - Lo vede: un tagliacarte.

GARCIN - Ci sono dei libri, qui?

INSERVIENTE - No.

GARCIN - E allora a che serve? (l'inserviente si stringe nelle spalle) - Bene. Andate pure (l'inserviente esce).

SCENA II.

Garcin, solo.

GARCIN (va al caminetto e accarezza il bronzo con lo mano. Poi si siede. Si alza. Va al campanello e preme sul bottone. Il campanello non suona. Prova due o tre volte. Inutilemnte. Va allora alla porta e tenta di aprirla. Nessun risultato. Allora chiama) - Cameriere! Cameriere! (Nessuna risposta. Furioso, scarica una pioggia di pugni sulla porto continuando a chiamare. Poi si calma subitamente e va a sedersi. A questo punto la porta si apre ed entra INES seguita dall’inserviente).

SCENA III.

Garcìn, Ines, l’Inserviente.

INSERVIENTE (a Garcin) - Ha chiamato?

GARCIN (fa per rispondere, ma lancia uno sguardo a Ines) - No..

INSERVIENTE (rivolgendosi ad Ines) - Qui èin casa sua, Signora (silenzio di Ines). Se ha qualche           domanda da farmi… (Ines tace e l'inserviente continua, deluso). Di solito i clienti desiderano       informazioni... Non insisto. D'altra parte per lo spazzolino, il campanello e il bronzo di                Troubetszkoy, il signore èal corrente di tutto e le spiegheràmeglio di me. Con permesso (esce).

(Un silenzio. Garcin evita gli occhi di Ines, Ines si guarda intorno, poi si rivolge bruscamente a Garcin).

INES - Dov'èFiorenza? (silenzio di Garcin). Vi domando dov'èFiorenza!

GARCIN - Io non ne so niente.

INES - Ètutto quello che sapete dirmi? La tortura dell’assenza! Ebbene, il colpo èmancato.                     Fiorenza era una piccola stupida ed io non la rimpiango affatto!

GARCIN - Domanda scusa, ma... per chi mi prende? Chi crede che io sia?

INES - Voi? Voi siete il carnefice.

GARCIN (sussulta, poi scoppia a ridere) - Divertente lo sbaglio! Il carnefice! Ma davvero lei è                entrata, mi ha guardato, e ha pensato: ecco il carnefice! Che idea! II cameriereèun idiota;             avrebbe dovuto fare le presentazioni. Il carnefice! Io sono Giuseppe Garcin, pubblicista e               letterato. La veritàèche siamo negli stessi panni Signora…!

INES - Ines Serrano, signorina.

GARCIN - Molto bene. Benissimo. Allora il ghiaccio èrotto. Cosìlei mi trova un ceffo da                        carnefice? E, se non le dispiace, da che cosa li riconosce lei, i carnefici?

INES - Hanno l'aria d'aver paura.

GARCIN - Paura? Stranissimo! E di che? Forse delle loro vittime?

INES - Via! Io so quello che dico. Mi sono guardata nello specchio.

GARCIN - Nello specchio? (si guarda intorno). Èseccante! Hanno tolto tutto ciòche poteva                         rassomigliare ad uno specchio (pausa). Ad ogni modo posso assicurarla che io non ho paura.               Non prendo certo la situazione alla leggera e sono ben cosciente della sua gravità. Ma non ho    paura.

INES (stringendosi nelle spalle) - Affar vostro (pausa). Qualche volta capita di andare a fare un               giro fuori?

GARCIN - La porta èchiusa a chiave.

INES - Tanto peggio.

GARCIN - Capisco benissimo che la mia presenza la infastidisca. E, personalmente anch'io                       preferirei restare solo: ho bisogno di mettere in ordine la mia vita e di concentrarmi in me            stesso, di raccogliermi. Ma sono sicuro che potremo benissimo adattarci l'uno all'altro; io non    parlo, non mi agito mai e faccio poco rumore. Soltanto, se posso permettermi un consiglio,        bisogneràcomportarci tra di noi con la massima gentilezza. Saràla nostra miglior difesa.

INES - Io non sono affatto gentile.

GARCIN - Allora, lo saròio per due (Un silenzio. Garcinèseduto sul divano. Ha un tic alla bocca           che sembra muoversi continuamente, come se parlasse. Ines cammina in lungo e in largo).

JNES (guardando Garcin) - La bocca!

GARCIN (scosso dal suo sogno) - Cosa dice?

INES - Non potreste tener ferma la bocca! Gira sotto il vostro naso come una trottola!

GARCIN - Le domando scusa. Non me ne rendevo conto.

INES - Èproprio questo che le rimprovero.

(Garcin ricomincia a muovere la bocca).

INES - Ancora! e pretendete d'essere gentile! Voi non siete solo, e non avete il diritto di infliggermi         lo spettacolo della vostra paura..

GARCIN (si alza e va verso Ines) - E lei, non ha paura?

INES - A che scopo? La paura andava bene «prima», quando c'ere ancora la speranza.

GARCIN (con violenza) - Non c'èpiùsperanza, èvero, ma siamo ancora al «prima». Non abbiamo           ancora cominciato a soffrire, signorina!

INES - Lo so (pausa). E allora? Che cosa succederà?

GARCIN - Non so. Io aspetto. (Un silenzio. Garcia torna a sedersi. Ines ricomincia a camminare. Garcin ha ancore il suo tic, e, dopo una sguardo a Ines, si prende il volto tra le mani, nascondendo lo bocca. A questo punto entra Stella seguita dal cameriere).

SCENA IV

Ines, Garcin, Stella e l’inserviente.

STELLA (guarda Garcin che non ha alzato la testa. Poi si rivolge a lui) - No! no, non alzare la                 testa. So cosa nascondi fra le mani, so che non hai piùvolto.

GARCIN (leva le mani e scopre il viso).

STELLA - Ah! (una pausa. Poi, sorpresa) Non vi conosco.

GARCIN - Non sono il carnefice, signora.

STELLA - Non vi scambiavo affatto per il carnefice. Io… ho creduto che qualcuno volesse farmi             uno scherzo (all’inserviente) E voi, chi aspettate ancora?

INES - Non verràpiùnessuno.

STELLA (riconfortata) - Ah! Allora resteremo soli, il signore, la signora ed io? (si mette a ridere).

GARCIN (seccamente) - Non c'èniente da ridere!

STELLA (ridendo sempre) - Ma questi divani sono cosìbrutti! E guardate come li hanno messi. Mi          sembra d'essere a Capodanno, in visita da zia Maria. Ciascuno ha il suo, suppongo. Quello èper    me? (all’inserviente). Ma io non potròmai sedermie, èun disastro: io sono in pervinca e il             divano èverde spinaci…

INES - Vuole il mio?

STELLA - Il divano rosso? Lei èmolto gentile ma non sarebbe affatto meglio. No, che vuole? a               ciascuno il suo. Io ho il verde, e me lo tengo (pausa). Il solo che farebbe per me èquello del

      signore (silenzio).

INES - Avete inteso, Garcin?

GARCIN (sussultando) - Il... divano? Oh, pardon (si alza). Èsuo, Signora.

STELLA - Grazie! (Si leva il mantello e lo getta sul divano. Una pausa). Facciamo le presentazioni,          dato che dobbiamo stare insieme. Io sono Stella Rigault.

GARCIN (si inchina e fa per dire il suo nome).

INES (precedendolo) - Ines Serrano. Molto felice.

GARCIN (si inchina di nuovo) - Giuseppe Garcin.

INSERVIENTE - Avete ancora bisogno di me?

STELLA - No, andate pure. Vi chiameròio. (L'inserviente s'inchina ed esce).

SCENA V.

Ines, Garein, Stella.

INES - Lei èmolto bella. Vorrei avere dei fiori per augurarle il benvenuto.

STELLA - Dei fiori? Si. Amavo molto i fiori. Ma qui appassirebbero, fa troppo caldo. Bah!                       L'essenziale èconservare il buon umore, non èvero? Lei è...

INES - Sì, la settimana scorsa. E lei?

STELLA - Io? Ieri. La cerimonia non èancora terminata (parla molto naturalmente ma come se vedesse ciòche descrive). Il vento, scompiglia il velo di mia sorella. Lei fa ciòche puòper               piangere. Andiamo, via, ancora uno sforzo. Ecco! Due lagrime, due piccole lagrime che brillano       sotto il crespo, Olga Jardet èmolto brutta stamattina. Sostiene mia sorella per il braccio. Non          piange per via del rimmel e devo dire che al posto suo…Era la mia migliore amica.

INES - Ha molto sofferto?

STELLA - No. Ero piuttosto depressa.

INES - Che cosa èstato?

STELLA - Polmonite (stesso modo di parlare, come sopra). Ebbene, ci siamo, se ne vanno. Buon             giorno! Buon giorno! Quante strette di mano. Mio marito si èammalato dal dolore, ed èrimasto    a casa (a Ines). E lei?

INES - Il gas.

STELLA - E voi, signore?

GARCIN - Dodici pallottole nella schiena (gesto di Stella). Mi scusi, io non sono un morto di buona         compagnia.

STELLA - Oh, caro signore, se voleste evitare parole così brutali.È…èurtante, E poi, che cosa   vuol dire? Puòessere che non siamo mai stati cosìvivi. Se èassolutamente necessario dare

      un nome a questo… stato di cose, propongo che ci si chiami "assenti", saràpiùsimpatico.

      E voi? … siete assente da molto tempo?

GARCIN - Da un mese, circa.

STELLA - Di dove siete?

GARCIN - Di Rio.

STELLA - Io, di Parigi. Avete ancora qualcuno laggiù?

GARCIN - Mia moglie (ripetendo il modo di fare di Stella).Èvenuta alla caserma come tutti i                   giorni; non l'hanno fatta entrare. Ora guarda tra le sbarre del cancello. Non sa ancora che io           sono... assente, ma lo sospetta. Ora se ne va. Ètutta in nero. Tanto meglio, non avràbisogno di       cambiarsi. Non piange. Del resto non piangeva mai. C'èun bel sole, e lei ètutta nera nella

      strada deserta, con i suoi grandi occhi di vittima. Ah, mi dàai nervi (un silenzio, Garcin va a sedersi sul divano di mezzo e sprofonda la testa tra le mani).

INES - Stella!

STELLA - Signore! Signor Garcin!

GARCIN - Desiderate?

STELLA - Siede seduto sul mio divano.

GARCIN - Mi scusi (si alza).

STELLA - Avevate l'aria così assorta.

GARCIN - Metto in ordine la mia vita.

INES (scoppia a ridere).

GARCIN - Quelli che ridono farebbero bene ad imitarmi.

INES - La mia vita ègiàin ordine. Assolutamente in ordine. Si èmessa in ordine da sé, laggiù, e              non ho bisogno di preoccuparmene.

GARCIN - Davvero? E credete che sia così semplice! (si passa la mano sulla fronte) Che caldo!               Permettete? (e fa per togliersi la giacca).

STELLA - Ah, no! (piùdolcemente). No. Gli uomini in maniche di camicia mi fanno orrore. GARCIN (rimettendosi la giacca) - Va bene (pausa). Io passavo le notti nelle sale di redazione. Ci faceva sempre un caldo soffocante (pausa. Poi, lo stesso modo di prima). Ci fa un caldo                  soffocante. Ènotte.

STELLA - Si, èvero, ègià notte. Olga si spoglia. Come passa presto il tempo sulla terra!

INES - Ènotte. Hanno messo i sigilli alla porta della mia camera. E la camera èvuota e buia. GARCIN - Hanno messo la giacca sulle sedie. Si sono tirate le maniche della camicia sopra i                gomiti. Che puzza di sudore di sigaro (un silenzio). A me piaceva viver in mezzo ad uomini in   maniche di camicia.

STELLA (seccamente) - Ebbene non abbiamo gli stessi gusti, ecco tutto (rivolgendosi ad Ines). Le            piacciono a lei, gli uomini in camicia?

INES - In camicia o no, a me gli uomini non piacciono troppo.

STELLA (guardando Ines e Garcin con stupore improvviso) - Ma perché, perchéci hanno messo insieme?

INES (con impeto represso) - Che cosa dice?

STELLA - Vi guardo, e penso che noi dovremo rimanere qui insieme... Mi aspettavo di trovare                 degli amici, dei parenti...

INES - Un eccellente amico, con un buco in mezzo alla faccia.

STELLA - Anche quello. Ballava il tango come un professionista. Ma noi, noi, perchéci hanno                 riuniti?

GARCIN - Bah, saràil caso. Mettono la gente dove possono, in ordine d'arrivò(a Ines) Perché

      ride?

INES - Perchémi divertite con il vostro «caso». Avete talmente bisogno di rassicurarvi? Ma qui

      non lasciano nulla al caso!

STELLA (timidamente) - Non ci saremo giàincontrati altre volte?

INES - Mai. Io non l'avrei dimenticata.

STELLA - O forse abbiamo avuto relazioni comuni? Non conosce mica i Dubois-Seymour?

INES - Ne sarei molto sorpresa.

STELLA - Ricevevano tutti.

INES - Che Cosa fanno?

STELLA - Non fanno niente, Hanno un castello in Corèze, e...

INES - Io ero Impiegata alla posta.

STELLA (con un movimento di riserbo improvviso) Ah, ecco (pausa). E voi, signor Garcin? GARCIN - Io non ho mai lasciato Rio.

STELLA - Oh, allora avete perfettamente ragione: èil caso che ci ha riuniti qui.

INES - Il caso. Bene, Allora questi mobili sono qui per caso. Èper caso che il divano di destra è              color verde spinaci e che quello di sinistra èrosso? Un caso, non èvero? Bene, cercate ora di    cambiarli di posto e vedrete quel che succede. E il bronzo, èil caso ancora che l'ha scelto? E         questo caldo? Questo caldo? (un silenzio). Io vi dico che hanno regolato tutto, fin nei minimi         particolari, con amore. Questa camera ci aspettava.

STELLA - Allora tutto èprevisto?

INES - Tutto. E noi siamo stati scelti apposta.

STELLA - Non èper caso che voi, voi proprio, siate davanti a me? Che si aspettano?

INES - Non lo so. Ma qualche cosa si aspettano.

STELLA - Non possa sopportare che si pretenda qualche cosa da me. Mi viene subito voglia di fare         il contrario.

INES - Ebbene, lo faccia! Lo faccia dunque! Lei non sa nemmeno che cosa vogliono!

STELLA - Èinsopportabile. Mi deve succedere qualcosa, per causa vostra! (guarda). I vostri volti            non mi dicono nulla.

GARCIN (bruscamente a Ines) - Insomma, perchésiamo insieme, secondo lei? Lei ha detto troppo:         ora deve dire tutto.

INES (stupita) - Ma io non so assolutamente nulla.

GARCIN - Bisogna sapere! (riflette un momento).

INES - Soltanto se ciascuno di noi avesse il coraggio di dire…

GARCIN - Che cosa?

INES - Stella!

STELLA - Desidera?

INES - Che ha fatto? Perchél'hanno mandata qui?

STELLA (vivamente) - Ma io non lo so. Non lo so, davvero. Mi domando persino se non sia un                errore (a Ines). Non sorrida. Pensi alla quantitàdi gente che…che si assenta ogni giorno.           Vengono qui a migliaia e non trattano che con dei subalterni, con degli impiegati senza                  istruzione. Come vuole che non ci siano errori? Non sorrida (a Garcin). E voi, dite qualche         caso! Se si sono sbagliati nel mio caso, puòanche darsi che si siano sbagliati nel vostro (ad            Ines). E anche nel suo. Non èmeglio credere che si sia qui per errore?

INES - Ètutto quello che ha da dirci?

STELLA - Cosa vuole sapere di più? Io non ho nulla da nascondere. Ero orfana e povera, mi                    occupavo dell'educazione del mio fratellino. Un vecchio amico di papàdomandòla mia mano.    Era ricco e buono, ed io accettai. Lei cosa avrebbe fatto al mio posto? Mio fratello era ammalato      e la sua salute esigeva le piùgrandi cure. Ho vissuto sei anni con mio marito, senza il più              piccolo screzio. Poi, due anni fa ho incontrato l'uomo che dovevo amare. Ci siamo riconosciuti subito. Voleva che io partissi con lui ma io ho rifiutato. E dopo, la polmonite…Forse, in nome       di certi principi mi si potrebbe rimproverare d'aver sacrificato a un vecchio la mia giovinezza (a       Garcin) Ma credete che questa sia una colpa?

GARCIN - Certo no (pausa). E lei trova che sia una colpa vivere secondo i propri principi? Io                   dirigevo un giornale pacifista. Scoppia la guerra. Che fare? Tutti avevano gli occhi fissi su me. «Oserà»si chiedevano. Ed io ho osato. Ho incrociato le braccia ed essi mi hanno fucilato. Dov'   èla colpa? Dov'èla mia colpa?

STELLA (gli posa la mano sul braccio) - Non c'ènessuna colpa. Voi siete…

INES [completa ironicamente) - Un eroe. E vostra moglie, Garcin?

GARCIN - Mia moglie che cosa? Io la ho tolta dal fango!

STELLA - Vede? Vede?

INES - Vedo. Vedo (pausa). Ma per chi recitate la commedia? Siamo tra di noi.

STELLA (con insolenza) - Fra noi?

INES - Fra assassini! Siamo all’inferno, piccola cara; qui non sbagliano mai e non condannano la   gente per nulla.

STELLA - Stia zitta!

INES - All'inferno! Dannati!

STELLA - Stia zitta! Vuole star zitta? Le proibisco di usare parole così volgari!

INES - Dannata, la piccola santa. Dannato, l'eroe senza macchia. Abbiamo avuto la nostra ora di              piacere, non èvero? C'èdella gente che ha sofferto per noi, fino alla morte; e questo ci divertiva    molto. Ora, bisogna pagare.

GARCIN (alzando la mano quasi per colpirla) - Vuol tacere?

INES (guardandolo senza paura, ma molto sorpresa) - Ah! (pausa). Aspetti! Ho capito! So perché          ci hanno messo insieme!

GARCIN - Stia attenta a quel che dice!

INES - Vedrete come èstupido. Veramente stupido! Non c'ènessuna tortura fisica, vero? Eppure            siamo all’inferno! E qui non deve venire nessun altro. Nessun altro. Noi resteremo qui insieme,    soli, sino alla fine. Ècosìno? In conclusione, c'èqualcuno che manca: ed èil carnefice.

GARCIN (a mezza voce) - Già...

INES - Ebbene, hanno realizzato un'economia di personale, ecco tutto! Sono i clienti che fanno il             servizio da se stessi, come nei ristoranti cooperativi.

STELLA - Che intende dire?

INES - Il carnefice èciascuno di noi per gli altri due. (Una pausa. I tre digeriscono la notizia). GARCIN (con voce dolce) - Io invece non saròaffatto il vostro carnefice. Non vi voglio alcun male      e non ho niente a che fare con voi. Niente. Èsemplicissimo: ciascuno nel suo angolo. Come in   visita. Lei qui, lei là, io qua. E silenzio. Non èdifficile, vero? Ciascuno di noi ha abbastanza da   fare con se stesso. Io credo che potrei restare diecimila anni senza parlare.

STELLA - Bisogneràche io stia zitta!

GARCIN - Sì, così... E noi saremo salvi, tacere. Guardare in se stessi. Non alzare mai la testa.                   D'accordo?

INES - D'accordo.

STELLA (dopo un'esitazione) - D'accordo,

GARCIN (va al suo divano e si prende la testa fra le mani).

(Silenzio).

INES (si mette a canticchiare per se sola una canzonetta molto volgare).

(Mentre Ines canta; Stella si dàcipria e rossetto, cerca uno specchio intorno con aria inquieta. Cerca nella borsetta e poi si volta a Garcin).

STELLA - Avete uno specchio? (Garcin non risponde). Uno specchio, uno specchietto tascabile,              non importa come? (Garcin non risponde) Se mi lasciate tutta sola procuratemi almeno uno            specchio! (Garcin, sempre con la testa fra le mani non risponde)

INES (con premura) Io ho uno specchio nella borsetta (cerca ansiosa nella borsetta, poi con

      dispetto) Non c'èpiù. Me lo avranno tolto all’ingresso.

STELLA - Èseccante (pausa. Poi chiude gli occhi e vacilla).

INES (precipitandosi a sostenerla) - Che ha?

STELLA (riapre gli occhi e sorride) - Mi sento strana (si tocca il volto e il petto). Non fa questo                effetto, a lei? Quando non mi vedo, ho un bel toccarmi...: mi domando se veramente esisto.

INES - Lei èfortunata. Io invece, mi sento sempre dal di dentro.

STELLA - Ah, sì! Dal di dentro …Tutto quello che mi passa per la testa ècosì vago che mi fa

      venir    voglia dìdormire (una pausa). Nella mia carnera da letto ci sono sei grandi specchi. Li vedo. Ma         essi non mi vedono. Essi riflettono il divano, il tappeto, la finestra... Come èvuoto uno specchio    dove non c'èla mia immagine. Quando parlavo, mi mettevo sempre in modo che ci fosse uno specchio dove potessi guardarmi. Così parlavo e mi vedevo parlare. Mi vedevo come mi vedeva la gente, e ciòmi rendeva piùvivace (con disperazione). Il mio rossetto! Sono sicura d'averlo esso male. Non posso restare senza specchio tutta l'eternità!

INES - Vuole che le serva io da specchio? Venga, la invito nel mio angolo. Segga sul mio divano.

STELLA (indicando Garcin) - Ma...

INES - Non ci occupiamo di lui!

STELLA - Finiremo per farci del male. Èlui che l'ha detto.

INES - Ho forse l’aria di volervi nuocere?

STELLA - Non si sa mai.

INES (insinuante) - Sei tu che mi farai del male. Ma che importa! Poiché bisogna soffrire, meglio che sia per colpa tua. Siediti Avvicinati! Ancora, guardami negli occhi: ti vedi?

STELLA - Mi vedo piccola piccola.

INES - Io ti vedo invece. Tutta intera. Domandami qualcosa. Nessuno specchio ti saràpiùfedele. STELLA (a disagio, si volge verso Garcin come per chiedergli aiuto). - Signore, signore! Non vi     annoiamo con le nostre chiacchiere? [Garcin non risponde).

INES - Lascialo stare. Lui. Non conta più. Siamo sole. Interrogami.

STELLA - L'ho messo bene il rossetto?

INES - Fa vedere. Non tanto.

STELLA - Lo sapevo. Meno male che (gettando un’occhiata a Garcin) nessuno mi ha visto.                Ricominciamo.

INES - Cosìèmeglio. No. Segui il disegno delle labbra. Ti guideròio. Là... così. Ora va bene.

STELLA - Bene come poco fa, quando sono entrata?

INES - Meglio. Piùforte, piùcrudele. Una bocca da inferno.

STELLA - Che rabbia! Non poter piùgiudicare da sé. Mi giura che sta bene!

INES - Non vuoi proprio che ci si dia del tu?

STELLA - Mi giuri che sta bene?

INES - Benissimo. Sei bella!

STELLA - Ma ha poi buon gusto, lei?

INES - Certo che ho buon gusto, dal momento che mi piaci. Guardami bene. Sorridimi. Nemmeno           io sono brutta. Non valgo forse meglio di uno specchio?

STELLA - Non lo so. Lei mi intimidisce. La mia immagine negli specchi mi era familiare. La         conoscevo cosìbene... Ora sorriderò, e il mio sorriso arriveràin fondo alle sue pupille e Dio sa cosa diventerà.

INES - E perchénon dovrei essere io il tuo specchio? (Si guardano fisso negli occhi. Stella sorride,

      un po' affascinata)

INES - Non vuoi deciderti a darmi del tu?

STELLA - Mi riesce difficile dare del tu alle donne.

INES - Specialmente a delle impiegate della posta, vero? Che hai, là, sotto la guancia? Una macchia         rossa?

STELLA (sussultando) - Una macchia rossa Che orrore! Dove?

INES - Ecco, vedi! Io sono lo specchietto per le allodole. Mia piccola allodola, ora non puoi più               sfuggirmi. Non c’ènessuna macchia rossa. Nemmeno la piùpiccola macchia rossa! E se lo            specchio si mettesse a mentire? E se io chiudessi gli occhi e rifiutassi di guardarti, che te ne           faresti di tutta questa tua bellezza? Ma non aver paura: bisogna che io ti guardi, i miei occhi             resteranno spalancati per guardarti. Ed io sarògentile, molto gentile con te. E mi darai del tu (pausa).

STELLA - Ti piaccio!

INES - Molto! (nuova pausa)

STELLA (Indicando Garcin con un moto della testa) - Vorrei che mi guardasse anche lui.

INES - Ah! Perchéèun unmo! (a Garcin). Avete vinto voi (Garcin non risponde). Ma guardatela dunque (Garcin non risponde). Non fate la commedia; non avete perduto una sillaba di ciòche       abbiamo detto.

GARCIN (alzando bruscamente la testa) - Nemmeno una sillaba. Avevo un bel turarmi le orecchie,          voi mi chiacchieravate anche dentro la testa! Non mi lascerete mai tranquillo? Io non ho niente a che fare con voi, avete capito?

INES - E con la piccina avete niente a che fare? Non vi siete accorto dei suoi maneggi!Èper                    interessarvi che si dàtante arie!

GARCIN - Le dico di lasciarmi stare! C'èqualcuno che parla di me al giornale e vorrei ascoltare. Della piccola non mi importa proprio niente. Puòmettersi l'anima in pace.

STELLA - Grazie tante!Èdavvero un villano! (Un silenzio. I tre sono in piedi l'uno in faccia        all'altro).

GARCIN - Ecco! (pausa) - Vi avevo supplicato di tacere!

STELLA - Èlei che ha cominciato. Èvenuta ad offrirmi il suo specchio... Io non le avevo chiesto             niente!

INES - Niente! Soltanto che ti strofinavi a lui e facevi la smorfiosa perchéti guardasse.

STELLA - E con questo?

GARCIN - Ma siete pazze? Non vedete dunque dove andremo a finire? Tacete, ve ne supplico                 (pausa). Ora ci andremo a sedere nuovamente tranquilli tranquilli chiuderemo gli occhi e                 ognuno cercheràdi dimenticare la presenza degli altri. (Pausa. Garcin si risiede. Le due donne vanno al loro posto, di malavoglia, con passo esitante. Ma Ines si volta bruscamente).

INES - Ah! Dimenticare! Che bambinata! Io vi sento sin dentro le ossa. Il vostro silenzio mi grida            nelle orecchie. Potete inchiodarvi la bocca, tagliarvi la lingua... forse con questo vi impedirete di      esistere? Fermerete forse il vostro pensiero? Io lo sento, questo vostro pensiero; fa tic-tac come       una sveglia, e so bene che voi sentite il mio. Avete un bel rincantucciarvi sul vostro divano; voi     siete dappertutto; i suoni stessi mi giungono impuri perchévoi li avete intesi al passaggio. Mi       avete rubato tutto, voi, persino il viso; voi lo conoscete ed io non lo conosco più. E lei? lei? Voi     me l'avete rubata: se fossimo sole, credete che oserebbe trattarmi così? No, no, toglietevi quelle     mani dalla faccia. Io non vi lasceròstare! Sarebbe troppo comodo! Restereste là, insensibile,          sprofondato in voi stesso come un Budda, ed io avrei gli occhi chiusi, e sentirei che essa vi                  dedica tutti i palpiti della sua vita, persino il fruscio della sua veste, che essa vi lancia dei sorrisi      che voi non vedete nemmeno... No. No. Voglio scegliere io il mio inferno... Voglio guardarvi         bene in faccia e lottare a viso scoperto.

GARCIN - E va bene. Dovevamo pure arrivarci! Ci hanno manovrato come burattini. Se mi                      avessero messo con degli uomini... Gli uomini sanno tacere. Ma non bisogna domandare troppo       (va verso Stella e le passa la mano sotto il mento). Amore, piccola, ti piaccio? Sembra che tu mi    facessi l’occhietto.

STELLA - Non mi tocchi!

GARCIN - Bah! …Non facciamo storie! Sai, le donne mi piacevano molto. E anche io piacevo                loro. Mettiti dunque a tuo agio, noi non abbiamo piùnulla da perdere. Dell’educazione, e                perché? Delle cerimonie? e per cosa? Fra noi? Tra poco saremo nudi come vermi!

STELLA - Mi lasci!

GARGIN - Come vermi! Ah, vi avevo e avvertite! Non vi domandavo niente, niente altro che di              lasciarmi tranquillo, e un po' di silenzio. Mi ero tappato le orecchie. Gomez parlava in piedi tra   le tavole, tutti i compagni del giornale l’ascoltavano. In maniche di camicia. Volevo capire quel    che dicevano. Era difficile. Gli avvenimenti terrestri passano cosìpresto. Perchénon potevate      stare zitte? Ora èfinito. Gomez non parla più, quel che pensa di me èrientrato nella sua testa. Ebbene, bisogneràandare sino in fondo. Nudi come vermi: io voglio sapere con chi ho a che          fare.

INES - Lo sapete. Ormai lo sapete.

GARCIN - Fin che ciascuno di noi non avràconfessato perchéèstato condannato non sapremo               niente. Comincia tu, bionda! Perché?

STELLA - Vi dico che non lo so. Non hanno voluto dirmelo.

GARCIN - A me nemmeno, non hanno voluto rispondere. Ma io mi conosco. Hai paura di parlare            per prima? Benissimo. Cominceròio (un silenzio). Io sono proprio un niente di buono.

INES - Lo sappiamo che hai disertato.

GARCIN - Non parli di questo. Di questo non deve parlare mai. Io sono qui perchého tormentato           mia moglie. Questo ètutto. Durante cinque anni! Eccola; appena parlo di lei, la vedo subito. ÈGomez che mi interessa e invece èlei che vedo. Dov'èGomez? Durante cinque anni! Guarda, le     hanno restituito la mia roba. Si èseduta vicino alla finestra ed ha la mia giacca sulle ginocchia.   La giacca dei dodici buchi. Il sangue sembra ruggine. I buchi sono bruciacchiati... Ah!Èun         pezzo da museo, una giacca storica. Ed io l'ho indossata. - Piangerai, ora? Finirai col piangere?   Tornavo a casa ubriaco come un porco, puzzavo di vino e di donne; lei mi aveva aspettato tutta           la notte; e mai una lagrima, né una parola di rimprovero, naturalmente. Soltanto, i suoi occhi… i suoi grandi occhi... lo non rimpiango niente. Pagherò. ma non rimpiango niente. Fuori nevica.       Ma piangi, dunque! Èuna donna che ha la vocazione del martirio!

INES (quasi dolcemente) - Perchél'hai fatta offrire?

GARCIN - Perchéera facile. Era una sensitiva. Ah! Mai un rimprovero! Io sono molto caustico,               Aspettavo, aspettavo sempre. Ma no, mai un pianto, mai un rimprovero. L’avevo tirata su dal fango, capite? Ora passa la mano sulla giacca, senza guardarla. Le sue dita cercano i buchi, alla     cieca. Che aspetti? Che speri? Ti dico che non rimpiango niente! Insomma, ecco: mi ammirava   troppo. Lo capisce, lei, questo?

INES - No. Me, nessuno mi ha mai ammirata.

GARCIN - Tanto meglio. Tanto meglio per lei. Ma tutto questo le deve sembrare molto astratto.               Ecco allora un episodio. Io m'ero portata a casa una mulatta. Che notti! Mia moglie dormiva al       piano di sotto, e doveva sentirci. Ella si alzava presto e siccome noi preferivamo restare a letto    fino a mezzogiorno, era lei che ci portava la colazione.

INES - Sporcaccione!

GARCIN - Ma si, ma si, il bene amato sporcaccione (sembra distratto). No, niente. ÈGomez ma non parla di me. Uno sporcaccione, diceva? Sfido: altrimenti che cosa ci starei a fare qui? E lei? INES - Ebbene io... Io ero quello che laggiùsi dice una donna dannata. Già, dannata, capisci? E la     condanna non èstata per me una grande sorpresa.

GARCIN - Ètutto?

INES - No, c'èanche l'affare di Fiorenza. Maèuna storia di morti. Tre morti. Prima lui, poi lei e               me. Non c'èpiùnessuno laggiù, posso stare tranquilla; soltanto la camera. La vedo ogni tanto.   Vuota, con le persiane chiuse. Ah! Ah! Hanno finito per togliere i sigilli. «Da affittare»... È da affittare! C'èun cartello sulla porta …È... ridicolo.

GARCIN... - Tre. Ha detto tre?

INES - Tre.

GARCIN - Un uomo e due donne?

INES - Sì.

GARCIN (un silenzio) - Lui si èsuicidato.

INES - Lui? Ne sarebbe stato assolutamente incapace! Nonèstato un tram che lo ha schiacciato.              Roba da ridere! Io abitavo con loro, era mio cugino.

GARCIN - Fiorenza era bionda?

INES - Bionda (guarda Stella). Sapete, io non rimpiango niente, ma non mi diverte troppo di                    raccontarvi questa storia.

GARCIN - Va, via! Dunque, le ha dato il disgusto di suo marito?

INES - A poco a poco. Una parola di qua, una di là. Per esempio, lui faceva rumore quando beveva;         soffiava col naso nel bicchiere. Piccolezze! Oh, era un povero uomo, molto vulnerabile. Perchésorridi?

GARCIN - Perchéio non sono affatto vulnerabile.

INES - Chissà(pausa). Io ho saputo insinuarmi, e lei ha finito per vederlo attraverso i miei occhi...            Per farla breve, mi èrimasta sulle braccia. Abbiamo affittato una camera all’altro capo della città. GARCIN - E poi?

INES - C'èstato quel tram... Io le dicevo tutti i giorni: ebbene, piccola, l'abbiamo ucciso? (un        silenzio). Sono proprio cattiva.

GARCIN - Sì, anch'io.

INES - No, tu non sei cattivo. Èun' altra cosa. Io, io si, sono cattiva: ho bisogno della sofferenza              degli altri per esistere. Una torcia. Sono una torcia che brucia nel cuore degli altri. Quando sono sola mi spengo. Durante sei mesi ho bruciato nel suo cuore; ed ho bruciato tutto. Tanto che una notte lei si èalzata ed èandata ad aprire il rubinetto del gas, senza che io me ne accorgessi, e

      poi ètornata a coricarsi vicino a me. Ecco.

GARCIN - Hum!

INES - Che?

GARCIN - Niente. Non èuna storia troppo pulita.

INES - Lo so bene che non èuna storte pulita. E con questo?

GARCIN - Oh! Ha ragione! (a Stella) A te, ora Che cosa hai fatto tu?

STELLA - Ve l'ho già detto che non ne so niente. Ho un bell’interrogarmi …

GARClN - Bene. Allora cercheremo di aiutarti. Quel tipo dalla faccia fracassata, chiè?

STELLA - Quale tipo.

INES - Lo sai benissimo. Quello di cui avevi paura quando sei entrata.

STELLA - Un amico.

GARCIN - E perché avevi paura di lui?

STELLA - Voi non avete il diritto di interrogarmi.

INES - Si èammazzato per colpa tua?

STELLA - Ma no, lei èpazza!

GARCIN - Allora perchéti faceva paura? Si èsparata una fucilata in faccia, eh? Èquesto che gli ha         portato via la testa?

STELLA - Tacete! Tacete!

GARCIN - Per causa tua! Per causa tua!

INES - Un colpo di fucile per causa tua!

STELLA - Lasciatemi in pace! Voi mi fate paura! Me ne voglio andare! Me ne voglio andare! (Si precipita alla porta e la scrolla).

GARCIN - E vattene. Io non domando di meglio. Purtroppo, la porta èchiusa a chiave. (Stella                 preme il bottone, ma il campanello non suona. Ines e Garcin ridono. Stella si rivolta verso di           loro, rimanendo addossata alla porta)

STELLA (con voce rauca e lenta) - Siete due esseri ignobili.

INES - Perfettamente: ignobili. E allora? Dicevamo? Dunque quel tipoèammazzato per colpa tua.           Era il tuo amante?

GARCIN - Certo che era il suo amante. E la voleva avere tutta per sé. Non èvero?

INES - Ballava il tango come un professionista, ma era povero, eh? (Un silenzio, Stella non                       risponde, svagata).

GARCIN - Ti si domanda se era povero.

STELLA - Sì, era povero.

GARCIN - E poi, tu dovevi pensare alla tua reputazione. Ma un giorno lui èvenuto, ti ha supplicato         e tu ne hai riso.

INES - Eh? Come? Tu hai riso di lui? Ed èper questo che si èammazzato?

STELLA - Ècon quegli occhi lìche guardavi Fiorenza? (Una pausa. Stella si mette a ridere. Poi):

STELLA - Ma non ci siete assolutamente! (si raddrizza, sempre addossata alla porta, e con tono   secco e provocatorio). Voleva un figlio! Ecco! Siete contenti?

GARCIN - E tu? tu non lo volevi?

STELLA - No. Ma il figlio l'ho avuto lo stesso. Sono andata a passare cinque mesi in Svizzera.                 Nessuno ha saputo niente. Era una bambina. Roger era con me quando ènata. Eta felice d'avere     una figlia. Ma io no.

GARCIN - E poi?

STELLA - C'era un balcone sopra il lago. Io portai una grossa pietra. E lui gridava: «Stella, ti

      prego, ti supplico!» Lo detestavo! Egli ha visto tutto. Si sporgeva dal balcone e vedeva dei cerchi nell'acqua.

GARCIN - E poi?

STELLA - Ètutto. Io sono tornata a Parigi. Lui ha fatto quel che ha voluto.

GARCIN - Si èsparato?

STELLA - Sì. Ma non ne valeva la pena. Mio marito non ha mai avuto il minimo sospetto (pausa).            Come vi odio! (Stella ha una crisi di singhiozzi senza lagrime, secchi).

GARCIN - Inutile, qui le lagrime non scorrono.

STELLA - Sono vile! Vile! (pausa). Se sapeste come vi odio!

INES (prendendola fra le braccia) - Povera piccola (a Garcin). L'inchiesta èfinita. Non c'èpiù                bisogno di fare quel ceffo da carnefice.

GARCIN - Da carnefice... (si guarda intorno). Pagherei non so che cosa per vedermi in uno                      specchio (pausa). Come fa caldo (si leva macchinalmente la giacca). Oh, scusi (fa per                rimettersela).

STELLA - Potete rimanere in maniche di camicia. Ormai... (Un silenzio).

INES - Ebbene, Garcin, eccoci nudi come vermi. Ci vedi piùchiaro, ora?

GARCIN - Non lo so. Forse. un po' piùchiaro (timidamente) Che sta possibile aiutarci l’un l’altro?

INES - Io non ho bisogno d'alcun aiuto.

GARCIN - Ines, essi hanno imbrogliato tutti i fili. Se tu fai il minimo gesto, se alzi la mano per farti         vento, Stella ed io ne sentiamo la scossa. Nessuno di noi puòsalvarsi da solo. Bisogna che noi

      ci perdiamo o ci salviamo insieme. Scegliete (pausa). Che c'èora?

INES - L’hanno affittata. Le finestre sono spalancate! Un uomo èseduto sul mio letto. L'hanno               affittata! L'hanno affittata! Entrate, entrate, fate come se foste in case vostra!Èuna donna. Va verso di lui e gli mette le meni sulle spalle... Che cosa aspettano per accendere? Non ci si vede       più! Si abbracceranno, adesso? Ma quella camera èmia! E perchénon accendono? Non posso piùvederli. Cosa dicono cosìa bassa voce? E lui la accarezza sul mio letto? Lei gli dice che è    mezzogiorno e che c'èun gran sole. Allora vuol dire che divento cieca! (pausa). Finito, Più            nulla: non vedo piùniente, non sento piùniente, Per me èormai èfinito ogni rapporto con la               terra. Non c'èpiùalcun alibi (ha un brivido). Mi sento vuota. Ora, si, sono completamente                   morta. Tutta intera qui (pausa). Che dicevi tu? Parlavi di aiutarmi, credo.

GARCIN - Sì. A sventare i loro piani.

INES - Ed io. In cambio?

GARCIN - Mi aiuterai a tua volta. Sarebbe cosìfacile, Ines: soltanto un po' di buona volontà.

INES - Della buona volontà... Dove vuoi che la prenda? Io sono tutta marcia, dentro.

GARCIN - Ed io? (pausa). Però... se provassimo lo stesso?

INES - Sono arida. Non posso piùdare né ricevere. Come vuoi che ti aiuti? Un ramo secco che sta           per bruciare (pausa. Poi guarda Stella che si stringe la testa tra le mani). Fiorenza era bionda.

GARCIN - Sai che il tuo carnefice saràquesta bambina?

INES - Lo so.

GARCIN - Èper suo mezzo ch'essi ti terranno in loro potere. In quanto a me io... io non faccio                 nemmeno attenzione a lei. Se da parte tua...

INES - Cosa?

GARCIN - Èuna trappola, capisci? Stanno in agguato per vedere se ci caschi.

INES - Lo so. E tu, anche tu sei una trappola. Credi che non abbiano previsto le tue parole? E che            nelle tue parole non si nascondano altre trappole? Tutto èuna trappola? Ma cosa me ne

      importa? Anch'io sono una trappola. Una trappola per lei: E sono io che la prenderò.

GARCIN - Tu non prenderai proprio niente. Ci corriamo dietro come i cavalli di una giostra senza            mai raggiungerci. Non occupartene più, Ines. Apri le mani, sciogli la stretta. Altrimenti...                l'angoscia per tutti e tre.

INES - E tu credi che io rinunci così? So benissimo quel che mi aspetta. Io brucerò, io brucio e so             che non ci saràfine: io so tutto: credi per questo che rinuncerò? Non ci pensare nemmeno! Sarà   mia e ti vedràcon i miei occhi, come Fiorenza vedeva il marito. Che mi vieni a contare della            nostra angoscia? Io ti dico che so tutto e non posso avere nemmeno pietàdi me.

GARCIN (prendendola per le spalle) - Io, invece, posso avere pietàdi te. Guardami: siamo nudi.             Nudi sino alle ossa ed io ti conosco fin dentro il cuore. Èun legame: credi che vorrei farti del       male? Io non rimpiango nulla, non mi lamento, anch'io sono arido, secco. Ma di te posso ben         avere pietà.

INES (che si èlasciata prendere per le spalle, mentre egli parlava, si scuote a un tratto) - Non mi toccare! Detesto che mi si tocchi! E tieni la tua pietà! Via, Garcin, anche per te ci sono molte            trappole in questa stanza. Per te. Preparate per te. Faresti meglio ad occuparti degli affari tuoi      (pausa). Se ci lascerai in pace, la piccola e me, io faròin modo di non nuocerti.

GARCIN (la guarda un momento, poi alza le spalle) - E va bene.

STELLA (levando la testa) - Aiuto. Garcin!

GARCIN - Cosa vuoi?

STELLA (alzandosi e avvicinandosi a lui) - Ma... voi potete aiutarmi.

GARCIN - Rivolgiti a lei.

(Ines si avvicina, si mette dietro Stella le èvicinissima pur senza toccarla. Durante le battute seguenti, le parleràquasi all'orecchio. Ma Stella, voltata verso Garcin, che la guarda senza parlare, risponde soltanto a lui, come se fosse lui ad interrogarla).

STELLA - Ve ne prego, voi avete promesso, Garcin, avete promesso! Presto, presto, non voglio                restare sola. Olga l'ha portato a ballare.

INES - Chi ha portato a ballare?

STELLA - Piero. Ballano insieme.

INES - Chi èPiero?

STELLA - Un piccolo sciocco. Mi chiamava la sua acqua sorgiva. Mi amava. E lei se lo porta a                 ballare!

INES - E tu lo ami?

STELLA - Si mettono a sedere. Lei non ne puòpiù. Ma perchéballa? A meno che non sia per                   dimagrire! Certo no; certo che non gli volevo bene: ha diciotto anni! ed io non sono mica una       strega!

INES - Allora lasciali fare. Che te ne importa?

STELLA - Ma Piero mi apparteneva!

INES - Non t'appartiene piùnulla sulla terra, ormai!

STELLA - Era mio!

INES - Sì. Era... Cerca di prenderlo, ora, prova a toccarlo. Olga, sì, lo puòtoccare. Non èvero? Non        èvero forse? Puòstringergli le mani, sfiorargli le ginocchia...

STELLA - Ora si sporge verso di lui con quel suo petto enorme, gli respira sul volto. Povero                      Puccettino! Povero piccolo Puccettino, che aspetti per scoppiarle a ridere sul naso! Oh, sarebbe      bastato uno sgardo! Non avrebbe mai osato! Non valgo proprio piùnulla, dunque?

INES - Piùnulla. E sulla terra non c'èpiùnulla di tuo; tutto ciòche ti appartiene èqui. Vuoi il                   tagliacarte? Il bronzo di Troubetszkoy? Il divano? Ètuo. Ed io, piccola, io sono tua per sempre! STELLA - Ah? Mia? Ma chi di voi oserebbe chiamarmi la sua acqua sorgiva? Non vi si può             ingannare, voi altri, voi lo sapete che io sono una cosa sporca! Pensa a me Piero, difendimi; fin      che tu pensi: «la mia acqua sorgiva, la mia cara acqua sorgiva», io non sono qui che a metà, non sono colpevole che a metà, sono ancora acqua sorgiva laggiù vicino a te. Olga èrossa come un     pomodoro! Via, èimpossibile: cento volte abbiamo riso insieme di lei! Ma che cosa èquesti           musica? Mi piaceva tanto. Ah! è«Saint Louis Blues»... Ballate, ballate!... Vi divertireste,                   Garcin, se poteste vederli. E Olga non sapràdunque mai che io la vedo? Io ti vedo, ti vedo, con   la tua pettinatura disfatta e il tuo viso rapito, vedo che gli cammini sui piedi! C'èda morir dal       ridere! Andiamo! Piùpresto. Piùpresto. Piero la tira, la spinge. Èindecente! Piùpresto! A me       diceva che ero tanto leggera! Via, via (Stella balla, ora, mentre parla). Ti dico che ti vedo! E lei   non se ne importa, e balla attraverso il mio sguardo. «La nostra cara Stella». Ha pure la                   sfrontatezza di parlargli di me! Andiamo! Non èlei che puòparlare e ballare insieme! Che cos'è      ora... No! No! Non glielo dire! Te lo lascio, portatelo via, tienitelo, fanno quel che vuoi, ma non          gli dire... (Stella cessa di ballare). Bene, ora. Te le puoi tenere. Gli ha detto tutto, Garcin,

      Roger,       il viaggio in Svizzera, la bambina: gli ha raccontato tutto. «La nostra cara Stella non era». No,       no, effettivamente non ero... Piero scuote la testa con aria triste, ma non si puòdire che la notizia lo abbia sconvolto. Tienitelo, ora. Non sono certo le sue lunghe ciglia o i suoi atteggiamenti da signorina che ti contenderò! Ah! mi chiamava la sua «acqua sorgiva», il suo cristallo. Ebbene, il cristallo èin frantumi. «La nostra cara Stella»: ballate, via! Uno, due! (Stella si rimette a ballare). Darei non so cosa per tornare un istante sulla terra, un solo istante, per ballare (balla. Una pausa). Ora non sento piùtanto bene. Hanno spento le luci, come per il tango; perchésuonano in sordina? Piùforte! Come èlontano!.. Io... non sento piùniente (smette di ballare). Mai piùniente. La terra mi ha lasciata, Garcin, guardami, prendimi fra le tue braccia.

(Ines, di dietro le spalle di Stella, fa segno a Garcin di schivarla).

INES (imperiosa) - Garcin!

GARCIN (indietreggiando di un passo ed indicando Ines a Stella) - Rivolgiti a lei.

STELLA (aggruppandosi a lui) - Non te ne andare. Sei o non sei un uomo? Ma guardami, dunque.           Non sfuggire al mio sguardo. Èproprio tanto penoso? Ho i capelli d'oro, e, dopo tutto, qualcuno     sièammazzato per me! Te ne supplico! Io sono caduta loro dal cuore, come un uccellino dal          nido. Raccoglimi, prendimi nel tuo cuore.

GARCIN (respingendola con un certo sforzo) - Ti dico di rivolgerti a lei.

STELLA - A lei? Ma lei non conta: èuna donna!

INES - Io conto? Ma caro uccellino mio, cara piccola allodola, ègià tanto tempo che tu sei al sicuro          nel mio cuore! Non aver paura, io ti guarderòsenza stancarmi. Tu vivrai nel mio sguardo come       un filo di paglia in un raggio di sole!

STELLA - Un raggio di sole? Ah! mi lasci in pace! Ha giàprovato poco fa, e ha ben visto che non

      cièriuscita!

INES - Stella, mia cara acqua sorgiva, mio bel cristallo!

STELLA - Il vostro cristallo? Ègrottesco! Chi crede di ingannare? Andiamo, via, tutti sanno che ho        gettato la bambina dalla finestra. Il cristallo èin frantumi sulla terra e a me non m'importa piùdi       nulla.

INES - Vieni! Tu sarai per me quel che vorrai! Acqua sorgiva, acqua infetta, tu ti ritroverai in fondo         ai miei occhi quale vorrai essere.

STELLA - Mi lasci! Ma che cosa devo fare perchémi lasci? Ecco, prendi! (e le sputa sul volto). INES (la lascia bruscamente. Poi rivolgendosi a Garcin) - Garcin! Me la pagherai!

(Una pausa; Garcin scrolla le spalle e va verso Stella).

GARCIN - Allora?... Vuoi un uomo?

STELLA - Non voglio un uomo. Voglio te.

GARCIN - Meno storie! Non importa chi farebbe al caso tuo. Io mi trovo qui, dunque sono io (la             prende per le spalle). Non ho niente che possa piacerti, sai: non sono che un piccolo povero           stupido e non so nemmeno ballare il tango.

STELLA - Ti prenderòcosìcome sei. Poi ti cambierò, forse.

GARCIN - Ne dubito. Io saròspesso... scontroso. Ho altre cose per la testa.

STELLA - Quali cose?

GARCIN - Questo non ti interessa.

STELLA - Aspetteròqua, sul tuo divano, che tu ti occupi di me.

INES (scoppiando a ridere) - Ahi Che cagna! Giù, coricati, va! E non ènemmeno bello!

STELLA (a Garcin) - Non ascoltarla. Non ha occhi, non ha orecchie. Non conta.

GARCIN - Io non ti amerò, sai? Ti conosco troppo bene.

STELLA - Mi desideri almeno?

GARCIN - Sì.

STELLA - Ètutto quel che voglio.

GARCIN (si china su di lei).

INES Stella! Garcin! Voi perdete la testa. Ma io sono qui, qui!

GARCIN - Va bene. E con questo?

INES - Davanti a me? Voi non... Voi non potete!

STELLA - E perché? Mi spogliavo bene davanti alla mia cameriera!

INES (aggrappandosi a Garcin) - Lasciala! Lasciala! Non la toccare con le tue sudicie mani di                 maschio!

GARCIN (respingendola con violenza) - Basta, eh?! Non sono mica un gentiluomo, io, e non avrò           paura di colpire una donna!

INES - Me l'avevi promesso, Garcin, me l'avevi promesso! Te ne supplico! Me lo avevi promesso! GARCIN - Tu hai rotto il patto. (Ines si libera e indietreggia sino in fondo alla stanza)

INES - Fate quel che volete. Siete i piùforti. Ma ricordate che io sono qui e vi osservo. Non vi                 toglierògli occhi di dosso un solo istante, Garcin. Dovrai abbracciarla sotto il mio sguardo!           Come vi odio tutti e due! Amatevi, si, amatevi! Ma no: siamo all'inferno e avròla mia rivincita.

(Durante lo scena seguente, Ines guarderà i due senza dire una parola).

GARCIN (ritorna verso Stella e lo prende per le spalle) - Dammi la bocca. (Pausa. Garcin si china su Stella, poi bruscamente la raddrizza).

STELLA (con un gesto di dispetto) - Ah!…(pausa). Ti ho detto di non badarle.

GARCIN - Ma non si tratta di lei! (pausa). Gomez èal giornale. Hanno chiuso le finestre, è                     inverno. Sei mesi. Sono giàsei mesi che mi hanno … Tremano dal freddo. Hanno tenuto la             giacca …Èstrano che abbiano così freddo, laggiù. Ed io che ho tanto caldo! Questa volta èdi      me che parla!

STELLA - Dureràun pezzo? (pausa). Dimmi almeno che cosa racconta.

GARCIN - Niente. Non racconta niente. Èun mascalzone, ecco tutto (tende l’orecchio). Un bel         mascalzone! Bah … (Si avvicina a Stella). Torniamo a noi. E tu, mi vorrai bene?

STELLA (sorridendo) - Chi sa? 

GARCIN - Avrai fiducia in me?

STELLA - Che strana domanda! Tu sarai sempre sotto i miei occhi... e non saràcon Ines che mi                tradirai!

GARCIN (pausa, Poi lascia le spalle di Stella) - Io intendevo parlare di un'altra fiducia                       (ascoltando). Va, va, di quello che vuoi! Tanto non sono lì per difendermi! (a Stella) Stella,                 bisogna che tu abbia fiducia in me.

STELLA - Che strana richiesta! Hai la mia bocca, le mie braccia, tutto il mio corpo: sarebbe così              semplice... La mia fiducia! Ma che fiducia puoi chiedermi? Ah! Bisogna che tu ne abbia fatta       una ben grossa per insistere cosìche io abbia fiducia in te!

GARCIN - Mi hanno fucilato.

STELLA - Lo so. Ti eri rifiutato di partire. E poi?

GARCIN - No... non si puòdire che io mi fossi proprio rifiutato (rivolgendosi agli invisibili). Parla           bene, lui. Ègiusto nel biasimo, ma non dice quel che bisognava fare. Potevo entrare dal

generale e dirgli:«Signor generale, io non parto»? Che stupidaggine! Mi avrebbe messo dentro. Volevo parlare, io! Volevo poter parlare! Non volevo che soffocassero la mia voce. (A Stella): Cosìho preso il treno, e mi hanno acchiappato alla frontiera.

STELLA - Dove volevi andare?

GARCIN - A Mexico. Contavo di fondare un giornale pacifista (Un silenzio). Ebbene, di qualche

      cosa!

STELLA - Cosa vuoi che ti dica? Hai fatto bene, se non volevi batterti.

(Garcin ha un gesto di sconforto).

STELLA - Ah, caro mio, non posso sapere come bisogna risponderti!

INES - Tesoro, bisogna dirgli che èscappato come un eroe. Perchéèscappato, il tuo piccolo caro.             Ed èquesto che lo mette in croce.

GARCIN  - Scappato… partito... Dite come vi pare.

STELLA - Bisognava bene che tu scappassi. Se tu fossi rimasto, ti avrebbero preso.

GARCIN - Sicuro (pausa). Stella, sono un vigliacco, io?

STELLA - Ma non ne so niente, amore. Non posso mettermi nei panni tuoi! Tocca a te dirlo.

GARCIN - Ed io non posso dirlo.

STELLA - Ma dovevi avere delle ragioni per agire come hai agito.

GARCIN - Sì.

STELLA - E allora?

GARCIN - Ma erano poi quelle le vere ragioni?

INES - Ah! Ecco dove sta il dilemma! Erano o no le vere ragioni? Perchéla paura, l'odio e tutte le            porcherie che ti nascondi, non possono essere delle ragioni. Cerca, allora, interrogati.

GARCIN - Sta zitta! Cosa ne sai tu? Credi che abbia aspettato i tuoi consigli? Io andavo su e giù                  nella mia stanza, notte e giorno. Dalla finestra alla porta. Dalla porta alla finestra. Mi spiavo.               Seguivo le mie stesse tracce. Mi sembrava d'aver passato la vita intera a interrogarmi. E poi, è      stato quel ch'èstato. Ho … ho preso il treno. Ecco quel ch'ècerto. Ma perché? Alla fine pensavo    ancora: saràla mia morte che deciderà. Se moriròdecentemente, avràdimostrato che non sono       stato un vigliacco.

INES - E come sei morto, Garcin? GARCIN - Male (Ines scoppia a ridere). Oh!èstata una                semplicissima debolezza fisica. Non me ne vergogno affatto. Ma tuttoèrimasto in sospeso, per           sempre (a Stella). Vieni, tu. Guardami! Ho bisogno che qualcuno mi guardi mentre parlano di      me sulla terra.

INES - E tu, Stella, li ami, tu i vigliacchi?

STELLA - Se sapessi quanto poco me ne importa! Vigliacco o no, purché baci bene!

GARCIN - Dondolano la testa, fumando i loro sigari. Si annoiano. Pensano: Garcin èun vigliacco.           Tanto per pensare a qualche cosa. Garcin èun vigliacco. Ecco quel che hanno deciso, loro, i         miei compagni. Fra sei mesi diranno: vigliacco come Garcin. Voi due avete fortuna: nessuno            pensa piùa: voi sulla terra. Io, invece, ho l'assenza piùdura.

INES - E tua moglie, Garcin?

GARCIN - Cosa? Che c'entra mia moglie? Èmorta, ormai.

INES - Morta? GAR, cIN - Ho dimenticato di dirvelo. Èmorta poco fa. Sono due mesi circa.

INES - Di dolore?

GARCIN - Certo, di dolore! Di cosa volete che sia morta? Via, tutto va bene. La guerra èfinita,              mia, moglie èmorta ed io sono entrato nella storia (ha un singhiozzo secco e si passa la mano   sul volto. Stella si attacca a lui).

STELLA - Caro, caro! Guardami! Toccami! (gli prende lo meno e se lo mette sul seno). Metti la                mano sul mio petto. (Garcin fa un movimento per svincolarsi). Lascia la mano, lasciala, non        muoverti. Essi moriranno l'uno dopo l'altro. Cosa ti importa di quel che pensano? Dimenticali! Non ci sono piùche io.

GARCIN (svincolando la mano) - Loro non mi dimenticano. Essi moriranno, ma altri verranno e prenderanno la consegna: ho lasciato la mia vita nelle loro mani.

STELLA - Ouf! Tu pensi troppo!

GARCIN - E che fare d'altro? Un tempo agivo… Ah! ritornare un giorno solo in mezzo a loro! Che         smentita! Ma io sono fuori giuoco. (Una pausa).

STELLA (dolcemente) - Garcin?

GARCIN - Sei lì, tu? Bene, ascolta. Tu devi farmi un favore. Lo so: ti sembreràstrano che si possa           chiedere aiuto a te, non ci sei abituata. Ma se tu volessi, se tu compiessi un sforzo, potremmo           amarci davvero. Guarda. Sono in mille a ripetere che io sono un vigliacco. Ma cosa sono mille?    Se ci fosse un'anima sola che affermasse con tutte le sue forze che io non sono fuggito, che io       non posso esser fuggito, che io ho del coraggio, che sono puro, ebbene... io sono sicuro che sarei salvo! Vuoi credere in me?

STELLA (ride) - Stupido, ma lo sai che ti amo!

GARCIN - Tu dicevi...

STELLA - Era per burla. Io amo gli uomini, Garcin; i veri uomini dalla pelle dura, dalle mani forti,           Tu non hai il mento del vigliacco, non hai la bocca del vigliacco, non hai la voce d'un vigliacco,     i tuoi capelli non sono i capelli d'un vigliacco. Ed èper la tua bocca, per la tua voce, per i tuoi   capelli che ti amo.

GARCIN - Èvero? Èproprio vero?

STELLA - Devo giurartelo?

GARCIN - Allora li sfido tutti, quelli di laggiùe quelli di qui! Stella, noi usciremo dall’inferno! (Ines scoppia a ridere. Garcin si interrompe e la guarda)

GARCIN - Che c’è?

INES (ridendo) - Ma Stella non crede una parola di quel che dice. Come puoi essere così ingenuo?

STELLA - Ines! (A Garcin): Non l’ascoltare! Se vuoi la mia fiducia devi cominciare col darmi la tua.

INES - Ma sì, me sì. Abbi fede in lei. Ella ha bisogno di un uomo, la puoi credere, d'un braccio                 d'uomo intorno alla sua vita, d'un odora di uomo, d'un desiderio d'uomo negli occhi di un uomo.   Per il resto... Ah! essa ti diràche sei il Padreterno, se questo puòfarti piacere.

GARCIN - Stella!Èvero? Rispondi! Èvero quello che dice?

STELLA - Io non capisco niente di tutte queste storie... Via, anche se tu fossi un vigliacco io ti                 amerei lo stesso! Ti basta ora?

(Pausa).

GARCIN (a tutte e due) - Mi disgustate!

(Va verso la porta).

STELLA - Cosa fa?

GARCIN - Me ne vado.

INES (rapida) - Non andrai lontano. La porta èchiusa.

GARCIN - Bisogneràpure che aprano! (Preme il bottone del campanello. Ma il campanello non               funziona)

STELLA - Garcin!

INES (a Stella) - Non ti inquietare. Il campanello èguasto.

GARCIN - Vi dico che apriranno! (batte con violenza ripetutamente sulla porta) Non vi posso più           sopportare, non ne posso più!

(Stella corre verso di lui. Egli la respinge).

GARCIN - Vattene! Tu mi disgusti ancor piùdi lei. Io non voglio annegare nei tuoi occhi. Sei                  viscida! Sei molle! Sei una piovra, una palude! (batte sulla porta). Aprite o no?

STELLA - Garcin, te ne supplico, non te ne andare, ti lasceròtranquillo, ma non te ne andare. Ines           ha tirato fuori le unghie e non voglio restar sola con lei.

(Garcin continua a battete alla porta).

STELLA - Vigliacco! Vigliacco! Oh, èproprio vero che sei un vigliacco.

INES (avvicinandosi a Stella) - Allora, mia piccola allodola, non sei contenta? Mi hai sputato in                faccia per piacergli e abbiamo litigato per colpa sua. Ma ora se ne va, il guastafeste, e ci lascia      sole, tra noi donne.

STELLA - Non ci guadagnerai nulla. Se quella porta si apre, io scapperò.

INES - Dove?

STELLA - Non importa dove. Il piùlontano possibile da te!

(Garcin non ha cessato di tempestare la porla con i pugni)

GARCIN (furioso) - Aprite! Aprite dunque! Io accetto tutto! Le viti ai piedi, le tenaglie, il piombo           fuso, le molle, la forca, tutto quello che brucia, tutto quello che dilania, io voglio soffrire sul           serio! Piuttosto la frusta, il vetriolo, che questo fantasma di dolore che accarezza e che non fa   mai male abbastanza (afferra la maniglia della porta e la scuote). Aprite, sìo no? (la porta si

      apre bruscamente e Garcin rischia di cadere). Ah! (Un lungo silenzio)

INES - Ebbene Garcin! Vattene!

GARCIN (lentamente) - Mi domando perché si èaperta questa porta.

INES - Che aspetti? Vattene, vattene... presto!

GARCIN - lo non me ne andrò

INES - E tu, Stella? (Stella non si muove. Ines scoppia a ridere). Allora? Chi? Quale dei tre? La via          èlibera. Che ci trattiene? Ah, c'èda morir dal ridere. Noi siamo inseparabili.

STELLA (saltandole addosso alle spalle) - Inseparabili? Garcin! Aiutami, aiutami presto. La               trascineremo di fuori e le chiuderemo la porta dietro. Vedrà!

GARCIN - Lasciala!

STELLA - Sei pazzo! Essa ti odia.

GARCIN - Èper lei che sono rimasto.

(Stella lascia Ines e guarda Garcin con stupore).

INES - Per me? (Pausa). Bene, allora chiudete la porta. Fa dieci volte piùcaldo da quando si è                aperta.

(Garcin va alla porta e la chiude).

INES - Per me?

GARCIN - Si. Tu lo sai che cosa èun vigliacco. Tu sai che cose èil male, la vergogna, la paura. Ci            sono stati dei giorni in cui ti sei vista fin dentro il cuore, e questo ti ha rotto le braccia e le            gambe. E l'indomani non sapevi piùche pensare, non riuscivi piùa decifrare la rivelazione della   vigilia. Si, tu conosci il prezzo del male. E se dici che io sono un vigliacco, èperchéte ne         intendi, vero?

INES - Sì.

GARCIN - Sei tu che devo convincere: tu sei della mia razza. Credevi che sarei andato via? Ma io           non potevo lasciarti qui trionfante, con tutti questi pensieri nella testa, questi pensieri che mi           riguardano.

INES - E tu vorresti convincermi?

GARCIN - Voglio soltanto questo (ascoltando): Non li sento più, sai. Senza dubbio l'han finita con          me. L'affare èchiuso. Io non son piùniente sulla terra, nemmeno un vigliacco. Ines, eccoci soli.     Non ci siete che voi due per pensare a me. Lei non conta. Ma tu, tu che mi odi, se mi credi, mi   salvi!

INES - Non saràfacile. Guardami: io ho la testa dura.

GARCIN (prendendola per le spalle) - Ascolta. Ciascuno ha la sua meta, vero? Io, io me ne                      infischiavo del denaro, dell’amore. Io volevo essere un uomo. Un uomo forte. Ho scommesso tutto sullo stesso cavallo. Èpossibile essere un vigliacco quando si èscelta la via più                        pericolosa? Si puògiudicare un uomo per un solo gesto?

INES - Perchéno? Tu hai sognato per trent'anni d'essere coraggioso e ti concedevi mille piccole                debolezze, perchétutto èpermesso agli eroi. Come era comodo! E poi, nell'ora della decisione,     del pericolo, hai preso il treno per Mexico. Le azioni soltanto mostrano ciòche si voleva fare!

GARCIN - Sono morto troppo presto. Non mi hanno lasciato il tempo di tradurre in azioni le mia             volontà!

INES - Si muore sempre troppo presto, troppo tardi. E tuttavia la vita èquella. Tirate le somme,                bisogna fare il totale.

GARCIN - Tu sai rispondere a tutto.

INES - Via! Andiamo! Non perderti di coraggio. Deve esserti facile persuadermi. Cerca degli                   argomenti. Fa uno sforzo. (Garcin alza le spalle).

INES - E allora? Dunque? Te l'avevo detto che eri vulnerabile! Ah, come la pagherai, ora. Sei un vigliacco, Garcin! Un vigliacco perchéio lo voglio! Io lo voglio, capisci! Lo voglio!

(Garcin va verso di lei, furioso, le mani aperte).

INES - Ah! Ora si aprono le tue grosse mani d’uomo! Che cosa speri? I pensieri non si afferrano               mica con le mani! Via, andiamo, non hai altro da scegliere: bisogna convincermi. Io ti tengo in       mio potere.

STELLA - Garcin!

GARCIN - Che?

STELLA - Vendicati!

GARCIN - E come?

STELLA - Baciami! Sentirai come canta!

GARCIN - Hai ragione, Ines: tu mi tieni, ma anch'io ti tengo! (Si china su Stella. Ines caccia un                grido).

INES - Ah! Vigliacco! Vigliacco! Vàa farti consolare dalle donne!

STELLA - Canta, Ines! Canta!

INES (a Stella) - Se vedessi la sua grossa mano appoggiata alla tua spalla, che gualcisce la stoffa e            la carne. Ha le mani umide! Il sudore ti lasceràuna macchia sul vestito.

STELLA: - Canta! Canta! Stringimi piùforte contro di te, Garcin. Scoppieràdi rabbia!

INES - Ma sì, stringila ben forte, stringila! Mischiate il vostro calore. Èbello l'amore, eh, Garcin? È         tiepido e profondo come il sonno. Ma io ti impediròdi dormire! (Garcin ha un gesto, come per liberarsi).

STELLA - Non ascoltarla, Prendimi la bocca, io sono tua, tutta tua.

INES - Ebbene, che aspetti? Prendila! Garcin il vigliacco tiene fra le sue braccia Stella l’infanticida.         Le scommesse sono aperte. Garcin, il vigliacco, la bacerà? Io vi vedo, vi vedo. Da sola, io sono    tutta una folla! La folla, Garcin, la folla! La sentì? (mormorando): Vile, vile, vile, vile! Io non ti    lascerò. Che vai cercando sulle sue labbra? L'oblio? Ma ème che bisogna convincere. Me.          Vieni, vieni! Ti aspetto. Ecco, Stella, egli allenta la stretta, èdocile come un cane... Tu non          l’avrai!

GARCIN - Non faràdunque mai notte?

INES - Mai..

GARCIN - Tu mi vedrai sempre?

INES - Sempre. (Garcin lascia Stella e fa qualche passo per la stanza. Si avvicina al bronzo). GARCIN - Il bronzo... (lo accarezza). Il bronzo èlì; io lo contemplo, e capisco che sono all'inferno.     Vi dico che tutto era previsto! Avevano previsto che mi sarei fermato davanti a questo camino,      che avrei premuto con la mia mano su questo bronzo, con tutti questi sguardi sopra di me. Tutti     questi sguardi che mi divorano... (si rivolta bruscamente) Ah! ·Voi non siete che due? Vi                 credevo molto piùnumerosi (ride). Allora èquesto l'inferno. Non l'avrei mai creduto!                 Ricordate? Lo zolfo, il rogo, la graticola! Ah, che buffonata! Non c' èbisogno di nessuna                    graticola! L’inferno sono gli altri…

STELLA - Amor mio!

GARCIN (respingendola) - Lascia. Non posso amarti finché lei ètra noi.

STELLA. - Finchéètra noi? (Stella prende il tagliacarte sulla tavola, si precipita su Ines e le vibra            numerosi colpi).

INES (dibattendosi e ridendo) - Che fai? Che fai? Sei pazza? Lo sai bene che sono morta.

STELLA - Morta?

(Lascia cadere il tagliacarte. Pausa. Ines raccoglie l'arma e si colpisce con ira).

INES - Morta! Morta! Morta! Né il coltello, né il veleno, néla corda. Ègiàfatto, capisci? E noi                siamo insieme per sempre.

STELLA (scoppiando a ridere) - Per sempre! Dio, come èstrano! Per sempre!

GARCIN (ride guardandole tutte e due) - Per sempre!

(Tutti e tre cascano seduti ciascuno sul suo divano. Un lungo silenzio. Hanno smesso di ridere e si guardano l'un l’altro. Garcin si alza).

GARCIN - Allora, continuiamo.

SIPARIO