Agenzia investigativa

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Compagnia


 

(PÈ MEZ’ORA ‘E SFIZIO)

COMMEDIA IN DUE ATTI

di

SAMY FAYAD

L’autore:Nato nel 1925 a Parigi, giornalista e commediografo di ascendenza libanese, ha vissuto dal '38 a Napoli, città nella quale ha trovato una patria e dalla quale ha assorbito umori, tic e quel granello di follia presente nei suoi personaggi. La sua fortunata attività teatrale lo ha fatto conoscere in Italia e in tutto il mondo. Le sue commedie hanno ricevuto premi importanti come il Premio IDI nel '96 e il premio teatrale "L'Aretino", nel 1984. I suoi personaggi sono stati interpretati tra gli altri da Peppino De Filippo, Nino Taranto, Gigi Reder, Regina Bianchi, Dolores Palumbo, Angela Pagano, Nuccia Fumo e Antonio Casagrande.


PERSONAGGI

Ernestino Javarone

Otto Strossner

Caterina

Mariano Caracciolo

Signora Cimmino

Ofelia

Aristide Tremmelloni

Norma

Signora Javarone

Carlo Maria (trapiantato)

Sisto

Don Gaspare

Annibale Tremmelloni

PRIMO ATTO

La scena si svolge nell’ufficio principale dell’agenzia investigativa “fiat lux” . Sul fondo, la porta d’ingresso a vetri. Sopra vi è scritto: “Agenzia investigativa fiat lux – ricerca persone – infedeltà coniugale – massima discrezione”. Una porta a sinistra da nel resto dell’appartamento. a destra due porte, quella verso il fondo immette nel secondo ufficio, l’altra, verso il proscenio, in un ripostiglio. scrivania con telefono, poltroncine, un divano, uno schedario. Sulla parete dietro la scrivania, tra diplomi e attestati, due sciabole incrociate.

A sipario chiuso, giungono i rumori di una violenta colluttazione: mobili che rovinano a terra, grida di dolore, imprecazioni, vetri in frantumi etc… All’alzarsi del sipario, l’ufficio della Fiat lux, appare mezzo devastato: sedie rovesciate, carte per terra, il lume riverso sulla scrivania. fuori centro gli attestati alle pareti. La porta a vetri sul fondo, aperta verso l’interno. Dalla porta di destra sul fondo esce Javarone, riassestandosi la giacca.

JAVARONE        (verso l’interno) E ringraziate il Padreterno che stamattina ho fatto la santa comunione e debbo amare il prossimo mio, altrimenti, invece delle botte lo appendevo a una trave del soffitto. (si addenta un dito) Porca miseria!

CATERINA         (fuori scena, piangendo) Mariano, fratello mio…. Me l’hanno ucciso…me l’hanno ucciso…

(Dalla porta di destra affaccia timidamente il capo, Strossner. Si guarda intorno, va con estrema circospezione alla porta di fondo, guarda fuori e chiude. Poi affacciandosi alla porta di destra)

STROSSNER      Donna Caterina, l’energumeno se ne andato. È meglio che portiamo l’avvocato sul letto.

CATERINA         (fuori scena) E venite a darmi una mano!

(Strossner esce da destra e rientra, spingendo assieme a Caterina una sedia d’ufficio munita di rotelle, sulla quale giace esanime Mariano)

        

STROSSNER      Con questi sobbalzi, a letto non ci arriva vivo, è meglio che lo mettiamo sul divano. (lo sollevano alla meglio e lo adagiano sul divano)

CATERINA         Marino, fratello mio….

STROSSNER      Madonna, quante ne ha prese! Povero avvocato.         

CATERINA         La faccia mi pare una parmigiana di melanzane.

STROSSNER      Altro che parmigiana di melanzane, signora, guardate qua (solleva un braccio di mariano e lo lascia. il braccio ricade inerte) Peso morto!

CATERINA         Madonna mia!

(Strossner ripete l’operazione con una gamba di Mariano con lo stesso risultato)

STROSSNER      Gamba morta! Donna Caterina, Javarone non gli ha lasciato un osso sano.

CATERINA         Vedete che succede quando uno arriva a una certa età senza spusarsi...

STROSSNER      Ma perché, le mazzate se le pigliano solamente gli scapoli?

CATERINA         No, ma un uomo sposato, si deve muovere un passo, lo fa responsabilmente, pensando che tiene moglie e figli.

STROSSNER      Voi dite… (un tempo) Madonna, quante ne ha prese!

CATERINA         E vi ci siete messo anche voi, Snauzer!

STROSSNER      (puntualizzando) Strossner, donna Caterina, il mio nome è Strossner.

CATERINA         Va bene, Snauzer, Strossner, come vi chiamate… Ma come, scrivete papale papale a Javarone che tene è cornuto?

STROSSNER      Gesù, quello si è rivolto apposta all’agenzia, per saperlo.

CATERINA         E non contento di scriverglielo, mentre il curnutone lo pestava, voi tenevate bloccato mio fratello.

STROSSNER      Dietro sua richiesta. L’avvocato ha gridato: “Mantenetemi, se no trascendo!” ed io l’ho mantenuto. Le botte se le pigliava vostro fratello, sissignore, ma i contraccolpi li assorbivo tutti io. (traendo dalla tasca un orologio da taschino) Guardate qua, un caro ricordo di famiglia… (apre la controcassa dell’ orologio dalla quale piovono a terra gli ingranaggi) Ex …caro ricordo!

CATERINA         Figuriamoci le ossa di questo povero disgraziato! (Cade in ginocchio accanto al fratello e piange accarezzandogli la testa. Mariano rinviene lentamente)

MARIANO          (con una voce da oltretomba) Dove sto?

CATERINA         Mariano, fratello mio. (a Strossner) Sta resuscitando!

MARIANO          (c.s.) Dove sono!

CATERINA         Nell’agenzia, bello di Caterina tua.

MARIANO          L’agenzia mortuaria?

CATERINA         (facendo gli scongiuri) Sciò, sciò, l’agenzia tua. E sei sano e salvo. Cioè… quasi sano!

STROSSNER      Un po’ ammaccato!

MARIANO          Chi è questo signore?

STROSSNER      Ma come, avvocato, sono Strossner.

MARIANO          Ah! (un tempo) E perché vi siete tinto la faccia di rosso?

STROSSNER      Quello è il mio colore naturale; siete voi che mi vedete rosso.

MARIANO          (ricordando) Ah! Javarone mi ha applicato un filtro agli occhi?

STROSSNER      No, quello vi ha scamazzato pure il nervo ottico.

MARIANO          (fissando Strossner) Mi ha mantenuto… Caterina, Javarone si lisciava le mani addosso a me e questo signore mi manteneva attorcigliato alle mie spalle. Lui stava dietro, Javarone davanti e io in mezzo.

CATERINA         Dài, ormai è passata, non ti agitare. Vado a prepararti una bella tazza di caffè. (un tempo) Ce la fai a bere?

MARIANO          Proviamo; se non ce la faccio, me lo versi in un orecchio. (a Strossner) Tengo almeno un orecchio sano?

STROSSNER      (dopo una rapida ricognizione) In quello sinistro, il passaggio ci sta.

MARIANO          E’ già qualcosa!

CATERINA         Non ti muovere, mi raccomando. (a Strossner) Non lo fate muovere. (esce a sinistra)

MARIANO          (Mariano guarda a lungo Strossner che tenta di ingraziarselo con qualche timido sorriso) E bravo Strossner…(pausa, con altro tono) Io ancora debbo capire… (un tempo)… ma voi siete napoletano?

STROSSNER      E come no, nato e cresciuto a Napoli.

MARIANO          E come mai uno nato e cresciuto a Napoli si chiama Otto Strossner. Ma voi di che razza siete.

STROSSNER      Gesù, ve lo ripeto,  razza napoletana.

MARIANO          Spuria, però. Siete di ascendenza longobarda. Lo testimoniano il nome ed il comportamento.

STROSSNER      Avvocato, se vi fa piacere, cambio cognome.

MARIANO          Voi la testa dovete cambiare! (un tempo) Ma perché mi avete mantenuto?

STROSSNER      Gesù, perché me l’avete chiesto voi!

MARIANO          (paziente) Vedete, Strossner? In Italia – in Longobardia, non lo so – in Italia, mantenetemi è un’esortazione retorica. Quando Javarone è venuto, ha letto il vostro rapporto su sua moglie e invece di pensare alle corna sue se le presa con le corna mie, offendendomi, io ho gridato:”mantenetemi, la misura è colma, lo sdegno mi acceca, impeditemi di trascendere…”questi sottintesi, creano una pausa della lite, che serve per meditare e lasciare sbollire gli animi dei contendenti, che sono ancora alla fase verbale. Mi seguite? Voi invece no, pigliate alla lettera l’esortazione e vi attorcigliate addosso a me. Nella fattispecie, se dovevate mantenere qualcuno, vi attorcigliavate attorno a Javarone.

STROSSNER      Avvocato, voi non avete detto “mantenetelo”: me lo state dicendo adesso.

MARIANO          Ma pure se ho sbagliato a dire, tra me e un pazzo come Javarone, chi è che va mantenuto? Il Padreterno vi ha dato il raziocinio…usatelo! Altrimenti ecco i risultati, la moglie fa le corna a Javarone e le mazzate se le piglia il titolare dell’agenzia investigativa. E poi, ve l’ho detto cento volte, addolcite le relazioni ai clienti. Metteteci un po’ di vasellina.

STROSSNER      Avvocato, quelli stavano in una camera d’albergo. Ci sta la documentazione cinematografica, se proiettiamo il film ce lo sequestrano.

MARIANO          Ma c’è sempre il modo: dire e non dire, fare altalenare il cliente tra il dubbio e la speranza. Mo vi faccio un esempio: (con tono di circostanza) “La signora di cui trattasi e un individuo di sesso maschile si sono incontrati alle ore tot di fronte ad un circolo ricreativo adiacente ad un albergo. Un ingombrante veicolo adibito ai trasporti internazionali ha celato la coppia per qualche istante alla vista del nostro agente, il quale non è in grado di stabilire se i due sono entrati nell’albergo o nel circolo ricreativo. Quando il nostro uomo li ha rivisti, tre ore dopo, erano appena passati di corsa dei dimostranti, inseguiti da lacrimogeni sicché, un poco per l’affollamento, un po’ per il pianto copioso dovuto al fumo dei lacrimogeni, ancora una volta, il nostro uomo, non ha potuto stabilire da quale porta siano usciti” Avete afferrato? (con movimento rotatorio della mano)  Lo mettiamo sulla strada. Si sono incontrati; insinuiamo il sospetto: l’albergo; lasciamo uno spiraglio alla speranza: il circolo ricreativo. Un po’ di carità cristiana, Strossner, carità cristiana e vasellina.

CATERINA         (entrando dalla sinistra con la tazza) Il caffè! (Mariano beve) Perché non vai a buttarti un po’ sul letto?

MARIANO          No, ho da fare!

CATERINA         (aiutandolo ad alzarsi) Piano piano, non ti sbattere. (Mariano muove precariamente qualche passo e si dirige verso la scrivania) Io vado in farmacia a prenderti qualche pomatina. (a Strossner) Vi raccomando, dovesse cadere per terra, mantenetelo!

MARIANO          (voltandosi di colpo verso Strossner, che si trova a due metri da lui, e puntandogli contro un dito) Se questo signore si permette di mettermi una mano addosso, gli rompo la faccia! Strossner, giù le mani!

STROSSNER      Ma io non vi sto toccando.

MARIANO          Le intenzioni le avete, ve lo leggo negli occhi. Giù le mani, mettetevele in tasca. (Strossner esegue)

CATERINA         (a Mariano) Se ti dovesse venire un capogiro…

MARIANO          Sbatto con la faccia a terra, va bene? Ma questo signore non mi deve toccare. Strossner, fate conto che io sono una vacca indiana. Non mi dovete toccare. (siede alla scrivania) Ora, passando a debita distanza da me, andate nel vostro ufficio, ci stanno i raccoglitori delle infedeltà coniugali da riordinare, andate. A, a proposito di infedeltà: Sisto ha scoperto qualcosa sugli “Amanti diabolici”? Si è fatto vivo?

STROSSNER      Sissignore, Sisto sta a Capri.

MARIANO          A Capri! Dieci giorni fa ha riferito che la pista lo portava a Sorrento.

STROSSNER      E oggi ha telefonato che la pista seguitava per Capri.

MARIANO          Ma perché, questi amanti diabolici stanno facendo il viaggio di nozze? E Sisto appresso a loro a fare la bella vita… Andate a riordinare, andate. (Strossner esce da destra)

CATERINA         (con intenzione) Sono quasi le undici e sta per arrivare la signora Cimmino. (Mariano sospira e fa ballare un piede) Mariano, quella è un buon partito… Mariano, afferra la fortuna per i capelli…

MARIANO          E dàlli! La signora Cimmino è sposata. E poi è una cliente, hai capito? Non è un partito!

CATERINA         (imperturbabile) Se viene ogni giorno qua e passa ore intere a guardarti, un motivo ci deve essere. Quella ha  una simpatia per te.

MARIANO          Mi guarda perché gli ricordo il marito. Mi paga un supplemento e mi lascio guardare. È una prestazione professionale.

CATERINA         Dico io: le ricordi il marito, lo puoi pure sostituire…Mariano, io ho pensato una cosa: fa’ sparire il marito e sposatela tu.

MARIANO          Caterina, il mio mestiere è rintracciare la gente, non farla sparire! Và, và, và ‘a prendere la pomatina.

CATERINA         Insomma tu vuoi restare zitello.

MARIANO          Fino alla morte, fra cent’anni.

CATERINA         Ci hai pensato bene? Lo sai che cos’è un uomo senza una moglie vicino?

MARIANO          Un uomo con i nervi distesi e un uomo senza scocciature.

CATERINA         …e senza corna! Andiamo, dillo sinceramente. A te t’ha guastato la professione. Tu non vuoi sposarti per la paura delle corna!

MARIANO          E allora!? È un rischio che corrono gli uomini sposati. Io sto bene come sto, Caterina: senza moglie, senza famiglia…

CATERINA         …senza cuore, senza Dio…

MARIANO          …e senza corna! Va’, va’  a prendere la pomatina!

CATERINA         Vado, vado. (guardando in alto) Madonna mia, fa’ che Cimmino non si trovi. (esce dal fondo)

MARIANO          (gridandole dietro) Eh, che non si trovi…E noi come campiamo? (tra sé) Una moglie! (gridando ancora alla porta) Per farmi intossicare la vita non basta Strossner?

STROSSNER      (entrando da destra) Avvocato…  Avvocato, m’è venuta una bella idea sul modo di vendicarvi dell’affronto subìto. Allora: piglio il rapporto sulla moglie di Javarone, ne faccio fare una copia su pergamena in caratteri gotici e la mando all’interessato, incorniciata con sopra due belle corna di cervo maschio.

(Mariano si alza con mossa fulminea, prende una delle due sciabole dalla parete e l’alza minaccioso verso Srossner)

MARIANO          (gridando) Strossner, io vi spacco in due!

(Ma la mossa brusca gli fa lanciare un grido di dolore. Mentre Strossner si ritira Mariano si piega su se stesso portandosi una mano ai reni e con l’altra sorregge la sciabola a mo’ di candela. Dal fondo entra la signora Cimmino, una bella donna giovane e provocante che lo guarda estatica)

LA CIMMINO     (con voce flautata) Madonna!, tale e quale a Cimmino mio ai campionati internazionali di sciabola. Avvocato, non vi muovete!

MARIANO          E chi si può muovere?

LA CIMMINO     Vi state allenando?

MARIANO          No, sto posando per la statua di Vittorio Emanuele secondo!

LA CIMMINO     (estasiata) Tale e quale a Cimmino mio… la stessa voce da tenore lirico spinto. Guardo in voi il fac-simile e mi pare di vedere l’originale. Parlate, parlate avvocato, non mi togliete questa innocente illusione dei sensi, e non togliete la mano premuta sulle reni. Siete identico a Cimmino quando gli prendeva la sciatica.

MARIANO          Gli durava assai?

LA CIMMINO     Pure dieci giorni.

MARIANO          Stiamo freschi!

LA CIMMINO     E in quei giorni era mio prigioniero nell’intimità del focolare domestico. Sempre sotto gli occhi, mentre cucinavo, mentre sfaccendavo e rassettavo. (guarda l’orologio) A proposito, è l’ora del solito riordino e il vostro studio oggi ne ha proprio bisogno. Mi metto in libertà. (si spoglia restando in slip e reggiseno)

MARIANO          (sudando freddo) O Dio!...

LA CIMMINO     (ricordando) E mentre io rassettavo, lui mi raccontava le sue prodezze sportive. Lo spadone lo tenete sempre alzato?

MARIANO          Sempre alzato, signora, ma non sta bene…

LA CIMMINO     Lo spadone non sta bene?

MARIANO          Lui sì, grazie, dicevo: non sta bene che vi mostriate così… in libertà… in orario di ufficio.

LA CIMMINO     Niente ufficio, per carità. Avete la sciatica e vi trovate nell’intimità domestica in compagnia della vostra mogliettina.

MARIANO          Eh?!…. (chiamando) Strossner…

STROSSNER      (entrando da destra) Comandate. (alla vista della signora Cimmino lancia un fischio…)

MARIANO          Strossner, la pratica Cimmino. L’ultima risposta, a quando risale?

STROSSNER      (annuendo inebetito senza distogliere lo sguardo dalla signora Cimmino) Eh!

MARIANO          A quando risale?

STROSSNER      Risale, avvocato, risale!

MARIANO          Chi risale?

STROSSNER      Voi che avete detto?

MARIANO          Vi ho domandato a quando risale l’ultima risposta della pratica Cimmino.

STROSSNER      Ah, la pratica.

MARIANO          Voi che avete capito?

STROSSNER      Avevo capito un’altra cosa.

MARIANO          Siete un degenerato.

STROSSNER      Gesù, voi avete fatto risalire pure la sciabola.

LA CIMMINO     (sempre riordinando) Non abbassate lo spadone, avvocato!

MARIANO          Sta sempre alzato. (a Strossner) Volete rispondere si o no? A quando risale l’ultima risposta?

STROSSNER       La prima e l’ultima, a un anno fa. L’ambasciata italiana a Londra ha risposto negativamente.

MARIANO          Perché, Cimmino è partito?

STROSSNER       Quando?

MARIANO          Strossner, guardate a me. Se avete scritto a Londra, vuol dire che sta in Inghilterra, no? Adesso ditemi come e da chi avete saputo che Cimmino ci è andato.

STROSSNER       In Inghilterra? L’ho saputo da voi, quando la signora si è venuta a mettersi nelle nostre mani.

MARIANO          Quando la signora è venuta a mettersi nelle nostre mani, ci ha detto che Cimmino stava a Brescia. Ora, il viaggio Brescia- Inghilterra, questo cavolo di Cimmino quando cavolo l’ha fatto?

STROSSNER       (cadendo dalle nuvole) Ah, Cimmino stava a Brescia?

MARIANO          (chiude gli occhi e tira il fiato) Signora, posso abbassare lo spadone?

LA CIMMINO     E perché lo volete abbassare, cattivo?

MARIANO          Lo voglio abbassare sulla testa di questo fetente! Portatemi la pratica Cimmino.

(Strossner esce da destra)

LA CIMMINO     Sono quasi le undici. A quest’ora Cimmino che faceva?

MARIANO          (con lo stesso tono dolciastro di lei) Si mangiava la sfogliatella.

LA CIMMINO     E bravo, e come lo sapete?

MARIANO          (mentre lei si riveste) Perché me la portate ogni giorno, e ogni giorno mi domandate che faceva Cimmino alle undici. Cimmino non aveva pensieri, e a me me sta venendo il diabete.

(Entra Strossner con un fascicolo)

STROSSNER      La pratica Cimmino.

MARIANO          Leggete….

STROSSNER      (scorrendo rapidamente un foglio) Dunque… Eh… eh… (un tempo) Brescia. (un tempo) Gesù, ma voi vedete…

MARIANO          E voi avete scritto a Londra, e io da un mese mi sto abboffando di sfogliatelle.

STROSSNER      Provvedo subito, avvocato. Signora, state tranquilla:  vostro marito lo faccio tornare a Brescia.

(esce da destra)

MARIANO          (gridandogli dietro) Quale Brescia? Qui dovete farlo tornare, qui!

LA CIMMINO     Quindi non ci sono novità…

MARIANO          E se c’erano non vi avvertivo con la velocità del fulmine? Appena ricompare Cimmino, festeggio l’avvenimento con un pranzo all’Excelsior. (squilla il telefono) Posso muovere le mani per rispondere?

LA CIMMINO     Sì, e parlate, parlate….

MARIANO          (al telefono) Fiat lux, ricerche di persone, infedeltà coniugali, … (-) chi? (-) Ah, siete voi, Sisto… e parlate più forte. Cos’è questa interferenza,  state parlando dalla grotta azzurra? (-) Come? Da Firenze? State a Firenze? Toscana? (-) Beh, e che ci fate? (-) Ho capito che state pedinando gli amanti diabolici. Ma avete appurato che cosa ci sono andati a fare in Toscana? (-) Come? Per arricchimento culturale?! (un tempo) Sisto, guardatemi negli occhi, voi siete sicuro di essere sulla pista giusta, è vero? Non è che alla fine ci sta qualche sorpresina… (-) E va bene… verificate e teneteci al corrente. (riaggancia)

LA CIMMINO     Avvocato, più vi guardo e vi sento parlare e più sento in me un rimescolamento. È bene? È male? È peccato?

MARIANO          Finché state vestita e nei limiti è un’illusione dei sensi; lo avete detto voi: credete di vedere in me vostro marito e in questo non c’è niente di male.

LA CIMMINO     Certo, qualche piccola differenza tra voi e lui ci sta, ma questioni di dettagli. Lui, per esempio, porta gli occhiali azzurrati. Ora vi faccio vedere. (prende dalla borsa un paio di occhiali scuri e glieli sistema sul naso) È veramente impressionante… dato che mi trovo, aspettate che completo l’opera. (prende dalla borsa una barbetta biondiccia e gliela applica) Due gocce d’acqua. (Prende una parrucca e gliela calza in capo. Commossa) Ora siete proprio Cimmino dipinto… (gli dà uno specchietto) Guardate!

MARIANO          (specchiandosi) Ma io dove dono andato a finire?

LA CIMMINO     Certo, vi manca qualche centimetro di statura. Alzatevi sulla punta dei piedi. (Mariano si solleva) E ora, mangiatevi la sfogliatella. (gliela dà, Mariano la sbocconcella) Adesso che siamo soli, per una volta, una! Me lo fareste quello che Cimmino mi faceva sempre a quest’ora?

(Mariano smette di masticare e la fissa)

Dite di sì, dite di sì!

MARIANO          (sospettoso) Che vi faceva Cimmino a quest’ora?

LA CIMMINO     Dolce dolce, senza gridare, per non disturbare i vicini. Me lo fate, sì?

MARIANO          Dipende da quello che vi faceva, e se non è in contrasto con l’etica professionale…

LA CIMMINO     A quest’ora, quando teneva la sciatica, mi cantava… (un tempo)  “Piscatore ‘e Pusilleco”

MARIANO          (la guarda in silenzio, si stringe nelle spalle e attacca a cantare)

Piscatore d’ò mare e Pusilleco

                            Ca ogni notte me siente e cantà      

                            Piscatò sti parole so lacrime

                            Pè Maria ca luntana me sta…..

                                              

(si interrompe con un grido) Strossner….

                           

(Strossner entra da destra, Mariano lo fa avvicinare gli calza la parrucca, gli sistema la barba e gli occhiali, senza che Strossner reagisca in nessun modo)

Alzatevi sulla punta dei piedi. (Strossner si solleva) E ora cantate Piscatore ‘e Pusilleco!

STROSSNER      In quale tonalità?

MARIANO          (gridando) Strossner, cantate!

STROSSNER      Sissignore! (cantando)

Piscatore d’ò mare e pusilleco

                            Ca ogni notte me siente e cantà      

                            Piscatò sti parole so lacrime

                            Pè Maria ca luntana me sta…

MARIANO          Basta. (Strossner smette. Alla signora Cimmino) Con un modico supplemento ve lo mando a domicilio, lo volete?

LA CIMMINO     Noooo! Non gli somiglia proprio, si vede che è Strossner.

MARIANO          (masticando amaro e scuotendo Strossner per un braccio) E mimetizzatevi, sangue del diavolo. Ma che razza di investigatore siete? Manco una schifezza d’imitazione sapete fare. Andate a riordinare l’archivio, andate.

CATERINA         (entra dal fondo trafelata, mentre Strossner si libera della parrucca e degli occhiali) Mariano, Mariano, sta tornando Javarone.

MARIANO          Sta tornando qua?

CATERINA         Sissignore. Cammina per la strada e parla da solo: “Sto tornando dall’avvocato Mariano Caracciolo”. Mariano, chiama il 113.

MARIANO          Javarone sta tornando qua? E io qua l’aspetto. (prende le due sciabole dalla parete)

STROSSNER      Bravo, avvocato, armatevi. (incamminandosi in fretta verso destra) Io vado a riordinare.

MARIANO          Fermo dove state!

(Strossner si arresta)

CATERINA         Ti vuoi macchiare le mani di sangue?

MARIANO          E, già, per farmi ritirare la licenza… (nascondendo le sciabole sotto il divano) Conoscendo Javarone, è meglio togliere l’occasione. (alla signora Cimmino) Favorite in casa con mia sorella mentre spiccio questo cliente.

LA CIMMINO     Poi mi finite di cantare Piscatore ‘e Pusilleco?

MARIANO          Come no? Vi canto addirittura un long play… Andate.

 

(Caterina segnandosi, esce alla sinistra insieme alla signora Cimmino)

Strossner, travestitevi. (dopo una breve riflessione) Travestimento numero 5. State pronto dietro la porta e al mio richiamo entrate e agite.

STROSSNER      Travestimento numero 5…

(Esce da destra e chiude la porta. Mariano calza rapidamente la parrucca. Si apre la porta di fondo ed entra Javarone)

JAVARONE        (con voce tonante) Avvocato Mariano Caracciolo.

MARIANO          (volgendo le spalle e falsando la voce) Da parte di chi?

JAVARONE        Amici!

MARIANO          L’avvocato è fuori per un pedinamento urgente. Dite a me che riferisco.

JAVARONE        Non posso. Mi debbo gettare ai piedi di quel galantuomo e glieli debbo baciare. (si schiaffeggia gridando) Carogna!

MARIANO          (stretto nelle spalle) Chi?

JAVARONE        Io, io, carogna e analfabeta che non ho saputo leggere il rapporto dell’agenzia.

MARIANO          (liberandosi della parrucca) Ehi, Javarone! Cos’è questa novità?

JAVARONE        (guardando alternativamente la porta e Mariano) Avvocato, sono contento che siete tornato dal pedinamento urgente. Avete sentito quello che ho detto al signore che stava qua? L’ho detto e lo faccio. (si getta ai suoi piedi e gli bacia le scarpe) Perdonatemi, sono un animale, sono una carogna.

MARIANO          Mai vantarsi Javarone, mai vantarsi…

(Javarone si alza e stringe Mariano al petto)

JAVARONE        Che posso fare per ottenere il vostro perdono? (un tempo) Avvocato, io non ho mai conosciuto mio padre. Beh, ora faccio conto che voi siete papà mio. (lo bacia ripetutamente) Babbo perdonami! Babbo, il rapporto non l’ho saputo leggere… Parla di un incontro avvenuto il 15 marzo in un albergo alle 16,30. E grazie che è avvenuto… (trionfante) Con mio cugino Gian Domenico.

MARIANO          (fingendo di capire) Una cosa in famiglia…

JAVARONE        No, l’incontro è avvenuto tra la mia signora e me per lo sposalizio di mio cugino Gian Domenico. (mostrando una agenda) Ecco qua, leggete: giorno 15 ore 16,30 sposalizio Gian Domenico, albergo Magnum. Quel 15 marzo me lo ricordo perché faceva un caldo talmente forte fuori stagione, che abbiamo fatto un bagno a mare. (un tempo,  commosso) E io mi sono permesso di mettervi le mani addosso…

(Mariano lo guarda per un istante, poi grida verso la porta di destra)

 

MARIANO          Monsignore!

(Strossner entra da destra vestito da vescovo con la croce pettorale sollevata in aria)

STROSSNER      (entrando) Pax et bonum!

(Javarone gli si avvicina e gli bacia una mano)

JAVARONE        Eccellenza…

MARIANO          Non è Eccellenza, questo è Strossner.

JAVARONE        Si è fatto vescovo?

MARIANO          No, è pronto per un pedinamento in Vaticano. Strossner, vi voglio far fare una risata.

STROSSNER      (sospettoso) È  il caso di ridere?

MARIANO          Sì, con Javarone abbiamo chiarito. Strossner dite un po’, che tempo faceva quel giorno?

STROSSNER      Quale giorno?

MARIANO          Il 15 marzo.

STROSSNER      Ah, quando la signora e un individuo di sesso maschile… (e unisce gli indici in aria)

MARIANO          E non fate gesti allusivi. Quel giorno che tempo faceva?

STROSSNER      (facendo roteare una mano in aria) Uh!

MARIANO          Uh, che?

STROSSNER      Tempo pessimo. Marzo è pazzo, mare forza 9, una libecciata, una pioggia che non vi dico, la buttava a dirotto.

MARIANO          Quel giorno, il 15 marzo, Javarone e signora, hanno fatto un bagno in mare.

STROSSNER      (a Javarone) Davvero? Vi siete esposti a quel rischio con quel tempo?

MARIANO          (a Strossner) Strossner,  ma voi dove eravate? E a chi stavate pedinando? (a Javarone) Lui ha fatto tutto, pedinamento e rapporto.

JAVARONE        (assai triste) Gesù, Gesù, Gesù, e perché l’avete fatto? Le botte spettavano a voi e non a lui. (accorato) Vedete che giornata storta, combinato come sto con le mani, come faccio a rompergli le ossa?

MARIANO          A lui?

JAVARONE        Per forza.

STROSSNER      (piagnucolando) A me, e perché?

JAVARONE        Primo: avete insinuato sconcezze sulla mia signora.

STROSSNER      Ma si è chiarito…..

JAVARONE        (continuando) Secondo: perché mi avete spinto a pestare questo galantuomo innocente. Terzo: perché sono felice di avere una moglie fedele.

STROSSNER      E voi la felicità la festeggiate dando le botte a me?

JAVARONE        Vi punisco perché mi avete fatto essere infelice, lasciandomi credere di avere una moglie infedele. (a Mariano) Dico bene?

MARIANO          Il ragionamento non fa una grinza.

STROSSNER      Il ragionamento è tortuoso. (levando in aria la croce pettorale) Pax et bonum!

MARIANO          Strossner non fate la faccia feroce. Non posso permettere che i dipendenti manchino di rispetto ai clienti. (a Javarone) Prima che questo trascenda e vi faccia male, io lo mantengo e voi ve ne tornate a casa a festeggiare le scampate corna.

JAVARONE        Perché? Questo bombolone alla fragola si permette di mancarmi di rispetto. (si avvicina a Strossner e lo spinge con l’indice sulla spalla) Uomo da nulla, fatemi vedere come mi mancate di rispetto.

MARIANO          (mantenendo Strossner da dietro) Strossner non trascendete.

JAVARONE        (colpendo sempre Strossner con l’indice) Carta velina..

STROSSNER      Avvocato, chiamate il 113, un medico.

MARIANO          State senza pensiero che quando è il momento lo chiamo per farvi l’autopsia.

STROSSNER      Pax et bonum! Rispettate la veste che indosso.

(Javarone a colpi di indice sulla spalla lo fa indietreggiare ed esce con lui da destra, chiudendo la porta. Mariano si tappa le orecchie e ai primi rumori che provengono dall’ufficio di Strossner si soffrega le mani, prende le sciabole da sotto al divano e le appende alla parete. A sinistra fa capolino Caterina)

CATERINA         Dove sta Javarone.

MARIANO          Tutto sistemato, mi ha baciato i piedi e ha voluto essere picchiato.

CATERINA         Mariano, ma ti senti bene? (da destra rumori sospetti) Cos’è questo “quarantotto”?

MARIANO          Ah, Strossner. Sta facendo nuovo nuovo a Javarone.

CATERINA         (segnandosi) Maria Vergine, tu ti dovresti mettere in osservazione al policlinico. Senti, io non voglio sapere cosa sta succedendo, intanto faccio uscire la signora Cimmino dalla porta di servizio.

MARIANO          Brava, brava. Va.

(Caterina esce a sinistra. Suona il telefono Mariano solleva il ricevitore)

 

“Fiat Lux, ricerca di persone, infedeltà coniugale…” Ah, Sisto, beh, che si dice a Firenze? Come? (-) Ne ma perché fischiate? (-) Locomotive? E che fate in mezzo alle locomotive? (resta in ascolto stringendo le mascelle) Quindi partite per Venezia… Oh, per mia scienza, prevedete per caso, di fare una puntata, che so, a Vienna, Budapest… (-) Sisto, io non sto sfottendo. Voglio sapere dove cavolo vi stanno portando a sperdere questi amanti diabolici… (-) Va bene, indagate, riferite. (depone il ricevitore)

(da destra entra Javarone)

Già avite fatto?

JAVARONE        Avvocato, voglio un rapporto veritiero, nero su bianco, con la firma di quel signore là. E se trovo un’altra inesattezza, qua torno, e lo appendo fuori al balcone. E dato che mi trovo, vi affido un altro incarico. Vi ho detto che io non ho conosciuto mio padre, perché quello usò violenza a mia madre e se la squagliò. Vi affido l’incarico di trovarmi il babbo. Io ho bisogno del calore paterno. Quel signore, appena me lo trovate, prima gli faccio quello che so io e poi mi faccio dare il calore.

MARIANO          Mi dovreste fornire qualche elemento. Come è andato il fatto con vostra madre?

JAVARONE        Come è andato? (a un personaggio inesistente) Ma come, te ne approfitti che sei un pezzo d’uomo alto più di due metri, folta capigliatura, primatista del sollevamento pesi e lei una ragazzina che pesa meno di una foglia… te la porti in un bosco allettandola con gli amaretti di Saronno e le usi violenza?… Carogna!

MARIANO          Questo ha fatto il degenerato?

JAVARONE        Sissignore.

MARIANO          Carogna! Aspettate che prendo nota. (scrivendo) Alto più di due metri… folta capigliatura… primatista di sollevamento pesi… farò delle ricerche al Coni.

JAVARONE        Quella povera martire ha resistito finché le hanno retto le forze e il cuoio capelluto. Il carognone l’ha afferrata per la chioma e, gridando “io sono l’uomo delle caverne e tu la mia preda”, l’ha trascinata finché i capelli hanno ceduto di schianto. Quella santa donna ha dovuto portare la parrucca per due anni.

MARIANO          (scrivendo) E questo sarebbe accaduto 25 anni fa… in un bosco immagino. Sapete dove?

JAVARONE        A Fiuggi.

MARIANO          (scrivendo) Il nome di mamma?

JAVARONE        Norma Javarone.

MARIANO          E quello di papà il carognone?

JAVARONE        N.N.

MARIANO          (scrivendo) N.N. (rileggendo) Dunque Fiuggi, 25 anni fa, campione di sollevamento pesi, statura metri due… Javarone, speriamo d’essere fortunati; io a Fiuggi ci vado da oltre 25 anni e può darsi che frugando nella memoria…

JAVARONE        Eh, frugate, frugate… io intanto vado a festeggiare con la mia signora le scampate corna.

(Via dal fondo. Mariano si alza e va a bussare con discrezione alla porta di Strossner)

MARIANO          Strossner, siete in grado di intendere e di volere?

STROSSNER      (fuori di scena con un urlo) Madonna! (entra da destra trasformato in un ecce homo) In me vedete un morto che cammina.

MARIANO          Pari e patta. Ricomponetevi e cercate a chi appartengono le corna che avete attribuito a Javarone. Io mi vado a dare una rinfrescata.

(Esce da sinistra. Strossner si ricompone e siede esausto, volgendo la schiena alla porta d’ingresso dalla quale, entra Ofelia)

OFELIA               Siete investigatore?

STROSSNER      Quello che resta a servirvi.

OFELIA               (si presenta) Ofelia Adinolfi. (un tempo)  Nasco D’Onofrio.

STROSSNER      Come?

OFELIA               Ofelia Adinolfi. (un tempo)  Nasco D’Onofrio.

STROSSNER      (realizzando) Ah! Nata D’Onofrio.

OFELIA               Conoscete un’altra D’Onofrio?

STROSSNER      Voi siete la prima.

OFELIA               Siccome avete detto n’ata D’Onofrio…

STROSSNER      Ho detto nata. Siete nata D’Onofrio.

AMELIA              E chi è chell’ata?

STROSSNER      Signora, avete capito n’ata con l’apostrofo, io invece ho detto nata senza.

OFELIA               Nata senza che? Giovinotto, a me non manca niente, a chell’ata non lo so.

STROSSNER      (spazientito) Nata, senza apostrofo.

OFELIA               Ispettore, spiegatevi meglio.

STROSSNER      (con un sospiro) Quando siete venuta alla luce, quando mamma vi ha fatta, vi chiamavate D’Onofrio.

OFELIA               E io che ho detto?

STROSSNER      Nasco. Invece dovevate dire nata…

(entra Caterina sull’ultima battuta)

CATERINA         E perché non è la stessa cosa?

STROSSNER      (alle due) Nossignore, perché se dice nasco, pare che sta nascendo nel tempo presente, adesso.

CATERINA         E come siete difficile!

OFELIA               Eh già, a trent’anni, venivo a nascere in un’agenzia investigativa.

STROSSNER      (soddisfatto per essersi spiegato) Perciò…

OFELIA               (che non ha capito nulla) Semmai da un ostetrico. (a Caterina) Ve pare?

STROSSNER      (ormai seccato) Andiamo avanti, signora: in che posso esservi utile?

OFELIA               Maresciallo, ho bisogno di un parere urgente.

STROSSNER      Avete appuntamento?

OFELIA               No, ma è questione di vita o di morte.

CATERINA         (che si era soffermata ad ascoltare la discussione in piedi dietro Ofelia) Ah, signora, se è questione di vita o di morte, ho il dovere femminile di avvisarvi che il signore qui presente è solo l’assistente dell’investigatore capo e gli è stato proibito di interessarsi della salute degli altri. Strossner, andate a chiamare mio fratello.

(Strossner si alza con un gesto di stizza ed esce da sinistra mentre Caterina si siede al suo posto e si incuriosisce al caso. Ad Ofelia)

Signora, nel frattempo che aspettiamo il titolare, dite a me, è la stessa cosa: l’Agenzia Fiat lux è precisa e discreta. È una questione di corna?          

OFELIA               Ho un figlio, signora. Un’anima innocente e per lui ho deciso: (con tono confidenziale, premurandosi che non ci sia nessuno in giro) mettiamo che ammazzo il padre della mia creatura… (Caterina la guarda fissa) …Signora, mettiamo che ammazzo il padre…

CATERINA         Signora, mettiamo… o lo volete ammazzare veramente?

OFELIA               (ringhiosa) Lo voglio ammazzare!

CATERINA         (sempre piu’ incuriosita) Andiamo avanti.

OFELIA               Secondo voi quanto mi dànno?

CATERINA         Di premio?

OFELIA               Di galera!

CATERINA         E questo lo decide il giudice.

OFELIA               E quanto mi dà il giudice?

CATERINA         Perché siete simpatica, l’ergastolo.

OFELIA               Eh, calate!

CATERINA         Trent’anni vi stanno bene?

OFELIA               Eh, calate!

CATERINA         Se riuscite ad avere le attenuanti, ventiquattro.

OFELIA               Vostro onore, vi sto pregando di calare!

CATERINA         Che calo? Se riuscite a dimostrare la violenza e l’abbandono, il tradimento… facciamo da quindici a dodici?

OFELIA               (pacata) Calate!

CATERINA         Signora, ma voi quanto volete spendere?… (riprendendosi) Quanti anni di galera vi volete fare?

OFELIA               Sei mesi.

CATERINA         (tra sé) Eh, per sei mesi neppure all’ospedale con la testa spaccata potete mandarlo!

OFELIA               Come?

CATERINA         No, dico, vi accontentate di poco. Signora mia, le pene per omicidio non si contano a mesi, quindi o vi tenete quello che vi danno o se no, è meglio che non lo ammazzate.

OFELIA               Quant’è bello l’avvocato: “È meglio che non lo ammazzate!”. Questo lo dite perché il barone Tremmelloni non è marito a voi!

CATERINA         Il barone Tremmelloni?

OFELIA               Sì, mio marito, quell’essere ignobile!

CATERINA         (incuriosita) Scusate, signora, ma perché lo volete ammazzare?

OFELIA               (tira dalla borsa una carta e la porge a Caterina)

CATERINA         (leggendo) Hotel Quisisana Capri…

OFELIA               Leggete dietro.

CATERINA         Gratifiche extra per prestazioni speciali. E allora?

OFELIA               Secondo Aristide, mio marito,  mio  figlio  è frutto di queste prestazioni speciali.

CATERINA         Quali prestazioni?

OFELIA               Signor giudice, i figli nascono in seguito a quali prestazioni speciali?

CATERINA         Vostra madre non ve l’ho ha detto?

OFELIA               La mia sì, ma la vostra pare che il segreto se l’è portato nella tomba. Secondo Aristide, io a Capri mi sono prestata…

CATERINA         Ah! E secondo voi?

OFELIA               La verità? (un tempo)  Non mi ricordo.

CATERINA         Ah no, signora mia, e abbiate la bontà: quando io mi presto poi me lo ricordo e su questo punto Aristide ha ragione, scusate!

OFELIA               Ma come, pure voi che siete il mio avvocato mettete in dubbio la mia onestà?

CATERINA         Ma quale avvocato, io vi sto solo dando un consiglio femminile. E quando sarebbero avvenute queste prestazioni speciali,  l’estate scorsa?

OFELIA               Dieci anni fa!

CATERINA         Dieci anni? E da dieci anni Aristide vive col pensiero fisso a Capri?

OFELIA               No, solo da due giorni, da quando siamo venuti a stare nell’appartamento di sopra.

CATERINA         Ah, voi siete la signora che è venuta a stare al numero 12?

OFELIA               Per servirvi.

CATERINA         Allora toglietemi una curiosità: com’è che fate quel quarant’otto, spostando i mobili?

OFELIA               Non li sposto, signora. Li rompo sulla testa di mio marito.

CATERINA         E fate bene! Ma non glieli potete rompere in testa senza aspettare mezzanotte, quando io sto per pigliare sonno?

OFELIA               Dovete perdonare, signora, ma quello si ritira tardi. Dunque dicevo, durante il trasloco si è rotta una cassa e a mio marito è venuta voglia di rileggersi le vecchie carte che teniamo conservate. Da due giorni non vivo più, non mi dà pace mi ha tolto il sonno e l’appetito. Mi ha tolto pure il rispetto dei figli. Commissario, quello mi vuole ammazzare.

CATERINA         Pure lui a voi?

OFELIA               Sì, ma io voglio fare prima.

(Bussano alla porta,  esce strossner va ad  aprire. Entra furioso Aristide scalzando Strossner)

ARISTIDE           (additando Ofelia) Ah, eccoti qua! (pacato con aria da pazzo) Io ti sparo…Hai capito… (a Strossner, gridando) Io le sparo!

(Ofelia si alza impaurita e si fa scudo con Strossner)

OFELIA               (a Strossner) Brigadiere, prendete nota.

STROSSNER      (Impaurito allontanando Ofelia che ripara vicino a Caterina) Signora, vi prego, io per oggi già ne ho avute abbastanza e non sono in grado di pigliare altre mazzate.

(Entra Mariano richiamato dal trambusto)

MARIANO          (ad Aristide) Ehi, signore!…

ARISTIDE           (a Mariano) Voi chi siete, che fate qua? (ad Ofelia) Ti sei venuta a rifugiare  dal tuo amante, fedifraga!

CATERINA         Mariano!

MARIANO          Ma chi la conosce! Sono l’avvocato Caracciolo e sto in casa mia.

ARISTIDE           Aaah, sei venuta con il tuo amante dall’avvocato! (fa per afferrarla) Ma io ti sparo, capito! Si deve perdere il nome del  barone Tremmelloni io ti sparo, prima a te e poi a lui. (cerca di avventarsi su Mariano che si fa scudo con Ofelia, Strossner e Caterina lo trattengono)

OFELIA               (passando dietro a farsi scudo con Mariano e gridandogli nell’orecchio) Avvocato, prendete nota!

ARISTIDE           (a Mariano) Io vi ammazzo! (ad Ofelia) Coda di paglia! (a Caterina e Strossner) Quanto mi fate avere?

OFELIA               (a Mariano) L’ho domandato prima io!

MARIANO          (ai due) Ma voi chi siete?

ARISTIDE           Zitto tu, i conti li facciamo dopo! (Balza su Ofelia che scappa. Afferra la lampada dalla scrivania) Io ti rompo il lume in testa!

MARIANO          Neh, amico mio, mollate il lume. (Si appende ad Aristide impedendogli di colpire Ofelia la quale ripara dietro di lui) Barone, v’ho detto di mollare il lume.

OFELIA               (gridando nell’orecchio di Mariano) Prendete nota!

MARIANO          (ad Ofelia) E voi levatevi di torno.

ARISTIDE           (riprende con tono pacato – da pazzo) Sei venuta dall’avvocato. Questa è una confessione. (a Strossner) La signora confessa.

OFELIA               Non confesso niente, dall’avvocato, sono venuta per chiedere protezione.

ARISTIDE           Ah, ma non ti servirà a niente, io chiederò l’estradizione da questa casa per te e il tuo amante, e po’ v’uccido tutt’e due!

MARIANO          Signor barone, state prendendo un abbaglio, io non sono l’amante della signora, io non là conosco proprio. Io sono l’avvocato!

ARISTIDE           Ah, allora l’amante è quest’altro! (Si avventa su Strossner. Mariano lo trattiene e nella foga gli pesta un piede)

MARIANO          Fermi! (i due finalmente si placano) Ma come vi permettete? Lasciate il mio segretario che ancora mi serve. Rispetto, contegno! Prima di venire a fare il quarantotto nel mio studio dovete telefonare e prendere un appuntamento. Questo è l’uso.

ARISTIDE           Avvocato, perdonatemi, sono accecato dalla gelosia. (prende dalla scrivania il foglio che Ofelia aveva dato a Caterina) Prestazione speciale. (si siede, si schiaffeggia e si mette a piangere)

MARIANO          Signor Barone, posso dire una di parola?

ARISTIDE           A che servono le parole. (leggendo) Prestazione speciale. Avvocato, avete capito, io tengo le corna. (raccontando) Quando l’ho conosciuta, la signora qui presente faceva la cameriera all’Hotel Quisisana di Capri, quindi accompagnava i turisti in gita nella Grotta Azzurra. (mostrando il foglio con disprezzo) Poi le davano gli extra per le prestazioni speciali… alla signora. Avvocato, il figlio che abbiamo, non mi somiglia proprio. Ho lasciato sempre correre cercando di non pensarci, quello pare addirittura un tedesco. Visto che è nato a Capri in mezzo ai turisti tedeschi, mi facevo capace che forse era la loro vicinanza ad influenzare i caratteri somatici, ma ora ho capito. (ad Ofelia) Parla, con chi sei stata nella grotta azzurra? Lascia che lo scopro… Avvocato, prima faccio fuori lui e poi lei.

MARIANO          Ma state tranquillo, la prestazione speciale che è citata sul foglio paga della vostra signora non sono corna… (un tempo)   semmai lo fossero sono di carta.

ARISTIDE           Di carta o di osso, sempre corna sono, ed io non me le tengo. Avvocato io devo ucciderla. (piange)

MARIANO          (cercando di consolarlo accarezza la fronte di Aristide) Su, su non fate così. (guardando Caterina ) Le donne…

ARISTIDE           Dite bene avvocato. (un tempo)  Avvocato, che massaggiate?

MARIANO          La fronte. Non avete mal di testa?

ARISTIDE           No. Il dolore è qui, nel cuore.

MARIANO          Mi credevo, scusate.  Facciamo così, voi mi date mandato e io mando un mio fidato collaboratore a Capri per indagare sulla faccenda, e vi convincerete che non è successo niente.. Nel frattempo calmatevi e non fate azioni avventate. Mando il mio collaboratore migliore. (a Strossner) Quando torna il piccione viaggiatore…. (riprendendosi) …il tenente Sisto, affidiamogli le indagini sulla grotta azzurra.

ARISTIDE           (alzandosi e stringendo la mano a Mariano) Grazie avvocato, metto le mie aristocratiche corna nelle vostre mani. (rivolto ad Ofelia) Quanto a te, fino al giorno in cui questo brav’uomo non fuga in me ogni dubbio non ti azzardare a mettere piede nella mia casa onorata. Pure mammà non vuole più vederti.

CATERINA         (accompagnando Ofelia per un braccio ed uscendo a sinistra con lei) Gli animali le corna le hanno sul serio e non se ne lagnano, le portano con dignità. Solo voi maschi del genere umano fate tante storie. Non preoccupatevi, la signora resta qua in casa mia;  neppure un cane tra le mani di quel tizio! (ad Ofelia) Altro che sei mesi, signora, io ve farei assolvere perché il fatto non costituisce reato.

(escono)

MARIANO          (ad Aristide accompagnandolo alla porta e congedandolo) Signor barone, state senza pensiero che l’agenzia Fiat Lux farà luce pure sotto la grotta Azzurra!

ARISTIDE           Grazie, avvocato, l’onore del mio casato sta tutto nelle vostre mani. (Aristide esce, Mariano resta pensoso) A grotta azzurra… Che bei ricordi… 

STROSSNER      Vado nell’altro studio a cercare una pratica (continuando a pensare) Capri… Hotel Quisisana… Grotta Azzurra… ah! 

(entra trafelata la signora Javarone)

LA JAVARONE  Siete l’investigatore?

STROSSNER      Sì, Agenzia Fiat Lux……

LA JAVARONE  (interrompendolo) Non ho tempo per i preamboli. (gli porge una busta) Cinquecento mila lire per voi.

STROSSNER      (rianimandosi) Grazie, non disturbatevi.

LA JAVARONE  Non mi chiedete a quale titolo?

STROSSNER      No! Prima cosa nella nostra professione, la segretezza.

LA JAVARONE  È una gratifica.

STROSSNER      Che ho fatto?

LA JAVARONE  Che farete!

STROSSNER      Che farò?

LA JAVARONE  Tacere! Non avete visto niente, non sapete niente e di conseguenza non potete parlare. È chiaro? (Strossner stringe le labbra e fa cenno di sì con la testa) Non mi domandate su che cosa tacere? (sempre a labbra strette, Strossner fa di no con il capo)

MARIANO          (entrando da sinistra) Neh, Strossner… (si interrompe) Signora… (Strossner gli fa cenno di tacere portandosi un dito alle labbra)

LA JAVARONE  Il signore chi è?

MARIANO          Sono il titolare dell’agenzia. (la signora prende la busta dalle mani di Strossner e la dà a Mariano)

LA JAVARONE  Non ho tempo per i preamboli. Qui ci sono cinquecento mila lire per voi. Una gratifica. Dovete tacere.

MARIANO          Mi volete far capire?

LA JAVARONE  Sono la moglie di Ernestino. (Mariano e Strossner si guardano con fare interrogativo) Ernestino non deve sapere. Mai e nulla.

MARIANO          Chi è Ernestino?

LA JAVARONE  Si è rivolto a voi per cogliermi in fallo. Come lo so? Ho letto il nome e il numero telefonico della vostra agenzia segnati nella sua agenda. Perché lui mi sospetta… mi sospetta… ah, sì, è vero, agli occhi del mondo sono colpevole, sì, ma di fronte alla mia coscienza, sono immacolata. Non è un capriccio, credetemi, ma la passione che infiamma e divora, l’incontro di due anime. Senza Gaspare, la mia vita, non ha significato.

MARIANO          Mettiamo ordine nelle idee, signora. Ernestino è vostro marito, ma la passione travolgente vi ha portata tra le braccia di Gaspare. Non è un fatto nuovo. Ma queste cose perché le dite a me?

LA JAVARONE  E a chi le dovrei dire?

MARIANO          Al confessore. O se la passione è tanto travolgente, lo andate a dire a Ernestino e chiedete il divorzio.

LA JAVARONE  A Ernestino? Pazzo, pazzo! Come se non lo conosceste. Con quella sua violenza incontrollata.

MARIANO          Perché, io lo conosco? Scusate, come fa di cognome Ernestino?

LA JAVARONE  Javarone, no?

MARIANO          (restituendole di colpo la busta) Ripigliatevi la gratifica.

LA JAVARONE  Volete condannarmi alle pene dell’inferno?

MARIANO          Signora, io apprezzo ancora le gioie della vita. Non ho intenzione di suicidarmi.

STROSSNER      Avvocato, una parola. (lo trae in disparte) Scusate, con Javarone si è chiarito. Lui è convinto che c’è un equivoco. (alla signora Javarone) Signora, con la passione ardente… con coso lì, come si chiama….

LA JAVARONE  Gaspare!

STROSSNER      Con Gaspare vi incontrate all’albergo Magnum?

LA JAVARONE  In albergo? Che volgarità! Lui ha preso un appartamentino.

STROSSNER      (a Mariano con discrezione) E quindi…

MARIANO          Se prima o poi lo viene a sapere?

STROSSNER      Da noi no. Avvocato, quello è venuto? Ha detto che non era vero niente, per il matrimonio del cugino Gian Domenico? Javarone è stato esaudito.

MARIANO          Come esaudito?

STROSSNER      Ricordatevi quella vecchia preghiera: “Signore, fa che io non sia cornuto, se lo sono fa che non lo sappia e se lo so fa che non ci faccia caso”. La preghiera di Javarone è stata esaudita. Per quanto riguarda i soldi, in una mattinata, l’agenzia ha subito due aggressioni. Invece di gratifica, consideriamolo un risarcimento danni e ripigliamoci la busta. (riprende la busta dalle mani della Javarone ) Signora, noi taceremo!

LA JAVARONE  Grazie! Oh, grazie!

MARIANO          Strossner, l’etica professionale…

LA JAVARONE  Non invocate l’etica professionale quando sono in gioco due vite, la mia e quella di Gaspare. Tacete, tacete!

STROSSNER      State senza pensiero.

MARIANO          Ma…

STROSSNER      Avvocato, risarcimento danni.

LA JAVARONE  Grazie, grazie. Siete due cuori generosi. (E premendosi un fazzolettino sulle labbra, esce dal fondo. Squilla il telefono)

MARIANO          (al telefono) Fiat lux… (di colpo stacca il ricevitore dall’orecchio lanciando un grido) Madonna del Carmine! (riavvicina il ricevitore con cautela) Chi è, chi è? (-) Un motore a reazione? Neh, Sisto, e che ci fate tra i motori a reazione? Come? (-) Lo sapevo. Quanto è vero Iddio, lo sapevo! Sicché dovreste partire in volo per la Svezia… Come? non potete partire? Vi siete passato una mano sulla coscienza… ah! Vi manca il passaporto… Allora sapete che fate? Bello bello, ve ne tornate a Napoli. I soldi sono finiti? Fatti vostri. Tornate con l’autostop. Ah! (riattacca e siede alla scrivania tenendosi la testa con le mani) Che brutto mestiere, Strossner… (osserva la busta) Più mi occupo dei fatti degli altri e più mi cresce la voglia di non avere fatti miei. E mia sorella vuole che mi sposi. Tsè! Sulla mia tomba dovranno scrivere: “Qui giace un anonimo senza moglie e senza storia”.

STROSSNER      Senza storia!|… Nel vostro passato ci sarà pure un punto oscuro… una macchia…

MARIANO          Niente, non ci sta niente! Mi potete radiografare. I soli punti oscuri sono questa schifezza di calcoli renali che non mi fanno campare. Per il resto: trasparente come un cristallo.

STROSSNER      Ma pure qualcosa… mezza…

MARIANO          Neanche un ombra. Il mio passato si chiama Napoli e Fiuggi. Fiuggi e Napoli. (un tempo) Su, su, finite di riordinare e poi ce ne andiamo a pranzo.

(Strossner esce da destra. Mariano si accarezza il mento soppesando la busta. Ha l’aria dubbiosa e turbata. Guarda il telefono. Esita, poi si decide e compone un numero. Parla falsando la voce)

Il signor Javarone? Attenzione prego, c’è un messaggio anonimo per voi. Testo: vostra moglie vi tradisce con un certo Gaspare. Firmato due amici.

(allontana bruscamente il ricevitore con una smorfia e lo ripone)

E abbiamo salvato pure l’etica professionale!

(Mentre intasca la busta, dalla porta di fondo, entra Norma, di mezza età, bionda e palesemente artificiale, con due grandi occhiali scuri che le nascondono metà del viso)

NORMA              (affannando, con una mano sul petto) È permesso?

MARIANO          Prego, signora. Fiat lux, ricerca di persone, infedeltà coniugale, documentazioni cinefotografiche, massima discrezione.

NORMA              (lo ha studiato da vicino) Non c’è dubbio, siete l’avvocato Mariano Caracciolo. (e tira il fiato producendo un sibilo asmatico)

MARIANO          Con chi ho il piacere?

NORMA              Permettete che per il momento non riveli la mia identità. (tira il fiato – sibilo) Una bronchitella. Sono senza fiato.

MARIANO          Sedetevi, riprendete fiato. (mentre è girato per avvicinare una sedia, Norma gli grida alle spalle)

NORMA              E quanto c’è vuluto per truvarvi!…

(Mariano piega le ginocchia)

MARIANO          Signora, ma non stavate senza fiato?

NORMA              La vostra vista me l’ha fatto tornare.

MARIANO          (facendola sedere) State calma. E poi, una preghiera: se deve succedere un’altra volta, voi prima dite: “Mi è tornato il fiato” e poi lanciate l’urlo! Così io mi preparo.

NORMA              Ma voi siete preparato? Vi aspettavate la mia visita? No, che non potevate, che sciocca, che sciocca. Potete lontanamente immaginare quale circostanza mi spinge qui? No, che sciocca, che sciocca. Non potete! Riuscite a leggere i miei tormenti? No. (all’unisono con Mariano) Che sciocca, che sciocca. L’avvocato non può. (un tempo) Avvocato, perché non mi rispondete?

MARIANO          Perché state facendo tutto voi. Domande e risposte. In che posso servirvi? Separazione, divorzio, infedeltà, ricerche di persone?

NORMA              Ricerca di persona.

MARIANO          Bene. Chi dobbiamo trovare?

NORMA              Veramente… ho già trovato.

MARIANO          E allora perché state qua?

NORMA              Perché mi ha mandato la “Centocchi”.

MARIANO          La Centocchi è un’agenzia concorrente. Forse hanno rinunciato all’incarico perché non ce la fanno?

NORMA              Mi hanno mandato perché la persona sta qua.

MARIANO          Qua?

NORMA              (sibilo) Avvocato, l’avvertimento: mi sta tornando il fiato.

MARIANO          (afferrandosi saldamente ai braccioli) Dite, dite.

NORMA              (gridando) In me vedete una madre affranta!

MARIANO          Voi cantate da soprano?

NORMA              Io non canto proprio: sono stonata come una campana.

MARIANO          E allora continuate a parlare con quella bella voce della bronchitella. È più intimo e riposante.

NORMA              Avvocato, io le grandi emozioni le debbo esternate a pieni polmoni.

MARIANO          Ma se i polmoni non vi aiutano.

NORMA              Mi sforzo. Voi dite voce intima… come faccio affranta come sono? (un tempo)) Io ho un figlio, avvocato, che è una perla rara. Casa e famiglia e una devozione particolare per San Rocco. Un figlio da tenere in vetrina, tanto è bello e splendente. Ma esistono perle per quanto belle e splendenti che non presentino un piccolo difetto? No! Esistono?

MARIANO          Avete già risposto che no!

NORMA              Appunto, no! Quindi anche quella perla di mio figlio, ha un’imperfezione: per il più piccolo contrattempo, mena le mani. E le mena di brutto. Quando sarà morto, fra cent’anni, creaturina mia, al Policlinico gli faranno una lapide per riconoscenza.

MARIANO          Conosco la razza… la conosco… Oh, ma non conosco ancora il motivo della vostra visita. Posso solo rammaricarmi che vostro figlio non abbia preso da voi, i vostri modi, la vostra bronchitella…il resto, evidentemente, deve averlo preso dal padre…

NORMA              No, che dite! Il padre era, anzi è. Un gentiluomo.

MARIANO          Che non ha saputo educarlo. Un gentiluomo senza polso.

NORMA              Un gentiluomo che mio figlio non ha conosciuto.

MARIANO          Perdonate, signora non sapevo fosse morto!

NORMA              No! Sciò, sciò! Il gentiluomo non ha conosciuto mio figlio, né mio figlio ha conosciuto suo padre perché è nato… dopo.

MARIANO          Dopo che?

NORMA              (abbassa lo sguardo) È figlio dell’amore. (un tempo; urlando) In me vedete una ragazza madre!

(Mariano sobbalza portandosi una mano al cuore. norma tira il fiato – sibilo)

MARIANO          Signora, e vi avevo pregato di avvertire. (un tempo) Se ho capito bene avete ceduto al gentiluomo e nove mesi dopo… (Norma annuisce a occhi bassi) Oh, ma questi fatti perché li venite a raccontare a me? Veniamo al sodo!

NORMA              Siamo già al sodo. Prima di giudicare, dovete avere un quadro della situazione.

MARIANO          Un’agenzia investigativa, non deve giudicare, signora. Si attiene ai fatti!

NORMA              Dovete conoscere i fatti e le attenuanti. Rimasta sola dopo l’abbandono da parte del gentiluomo, entrai in qualità di governante in casa del Marchese  Paudice.

MARIANO          Quello delle conserve….

NORMA              Teneva le conserve e faceva il pittore paesaggista. Passava le giornate sane a dipingere il Vesuvio sulle etichette dei barattoli. Tutte dipinte a mano e firmate.

MARIANO          Insomma questo marchese non aveva da fare.

NORMA              Niente, dalla mattina alla sera. Io guadagnavo bene e quella creatura la tenevo in campagna presso una famiglia di contadini. Un giorno, all’età di cinque anni, il bambino mi venne a trovare, e fu proprio la domenica che il marchese buonanima mise il piede sulla buccia di banana che la creaturina mia aveva lasciato davanti al suo cavalletto di pittore paesaggista. In conseguenza dello scivolone, il marchese ritornò in seno al Signore e non avendo eredi, lasciò tutto a me in riconoscimento dei miei servizi: le conserve Paudice, due ville a Posillipo e la tenuta in Puglia.

MARIANO          Quindi il trauma cranico del marchese vi fruttò bene?

NORMA              Ignoranza infantile, come vedete. Abituato alla sana vita di campagna, il bambino aveva buttato la buccia per terra, davanti al cavalletto perché ignorava l’esistenza del secchio della spazzatura.

MARIANO          Signora, sentite a me, il gentiluomo, non ve l’ha contata giusta. Quello non è scomparso nel nulla, quello starà scontando l’ergastolo, e il figlio segue le sue orme.

NORMA              No, non dite così, non infrangete il mio sogno di quell’estate a Fiuggi.

MARIANO          L’incontro con il gentiluomo avvenne a Fiuggi?

NORMA              (in un sussurro) Sì! (tira il fiato – sibilo)

MARIANO          (prende un foglio dalla scrivania) Fiuggi… Fiuggi… venticinque anni fa… (Norma annuisce) Statura del gentiluomo: più di due metri… folta capigliatura… sollevatore di pesi…

NORMA              No, questo no.

MARIANO          Vi trascinò con i capelli gridando: ”Io sono l’uomo delle caverne e tu sei la mia preda” sì o no?

NORMA              Insomma… una via di mezzo… pure la statura… più di due metri no… voi quanto siete alto?

MARIANO          Uno e ottanta.

NORMA              Eh! Uno e ottanta.

MARIANO          Folta capigliatura.

NORMA              Questo sì, me lo ricordo bene.

MARIANO          Faceva il sollevatore di pesi!

NORMA              Che pesi… diciamo che sollevava…

MARIANO          Che sollevava?

NORMA              (minimizzando) Sollevava, sollevava… che so, valigie… il boccale dell’acqua diuretica.    (con una mano gli fa cenno di aspettare e si porta l’altra al petto, attaccando a cantare languida) “Che me guardate a fa, uocchie c’arraggiunate…”.

MARIANO          (un po’ allarmato) E che è?

NORMA              Voi, voi, venticinque anni fa, avete passato le acque a Fiuggi…

MARIANO          Le passo ogni anno.

NORMA              (sillabando tragica) Pensione Clara! (tira il fiato – sibilo)

MARIANO          Per piacere, non vi emozionate.

NORMA              (gridando) Mi debbo emozionare. Pranzavate ad un tavolo d’angolo della pensione Clara. (concitata) Di fronte a voi sedeva la famiglia Vitale: padre, madre, figlio di tre anni e la bambinaia. Tra un boccone e l’altro, voi e la bambinaia vi scambiavate occhiate di fuoco… poi arrivò il morbillo. (una luce incomincia ad accendersi nella memoria di Mariano) Così lei, avendo tempo libero a disposizione, faceva lunghe passeggiate. Un giorno v’incontraste sul limitare di un bosco, vi parlaste, v’inoltraste (cantando)  “…Che me guardate a fa, uocchie c’arraggiunate…”.

MARIANO          Avevate detto che non cantate…

NORMA              E infatti, cantavate voi!

MARIANO          Io?

NORMA              E così, passeggiando passeggiando, cantando cantando, arrivaste in vista della grotta del Ciociaro.

MARIANO          Ma voi, questi fatti…

NORMA              …e fu lì, nell’umida spelonca, che la bambinaia della famiglia Vitale, vi offrì il fiore della sua innocenza, vi immolò la sua virtù. Ricordate? (si sfila gli occhiali) Non mi riconoscete, Mariano?

MARIANO          (con tono falso) Voi?! Eccome, non vi riconosco? Gesù, Gesù, Gesù, dopo tanti anni… ma voi vedete il caso…

NORMA              Non è stato il caso Mariano, ma la testarda ricerca da parte mia. (un tempo) In me vedete la madre di vostro figlio.

MARIANO          (traballando) Ma che state dicendo?

NORMA              Figlio vostro e dell’amore, concepito nella grotta del Ciociaro, in quel dolce tramonto di Fiuggi.

MARIANO          Un figlio! (cade a sedere)

NORMA              Carne vostra, sangue vostro. (Tira il fiato: lo tira anche Mariano e assieme emettono il sibilo) Perdonatelo… sono venuta ad implorarvi: perdonatelo.

MARIANO          Ma perché, che mi ha fatto?

NORMA              Stamattina vi ha dato tutte quelle botte… (Mariano la guarda attonito e incredulo, si alza lentamente e a fatica, muove la bocca come un pesce che boccheggi) Ernestino, Ernestino, hai alzato le mani sul tuo babbo!

MARIANO          (sull’orlo del collasso) Ernestino, avete detto? Ernestino… Javarone? (Norma annuisce solennemente. Mariano ricade a sedere sul divano e lancia un grido) Madonna!!! (con un grido disumano) Madonna!!!

(da sinistra e da destra entrano Caterina e Strossner)

CATERINA         Mariano, ch’è stato?

MARIANO          (con gli occhi sbarrati, indicando Norma) Javarone… Javarone…

STROSSNER      Ma che è, la signora è Javarone vestita da femmina? (la porta di fondo si spalanca ed entra Javarone come una furia)

JAVARONE        Babbo! Babbo mio, perdonatemi! (e si butta ai piedi di Mariano tra lo stupore di Caterina e di Strossner, mentre Norma sviene, emettendo il suo sibilo bronchiale)

SIPARIO

FINE I ATTO

SECONDO ATTO

L’indomani pomeriggio. Il trapiantato è seduto con aria dimessa di fronte alla scrivania e ogni tanto sgomitola in aria come affetto da un tic nervoso. Caterina è in piedi sulla soglia della porta a sinistra, mentre Mariano dà sfogo alla sua ira camminando in lungo e in largo.

MARIANO          Quando è domani, faccio rifare l’insegna. Invece di Agenzia Investigativa, ci scrivo: ”Rifugio della ragazza madre”. Sangue d’ò diavolo, si è mai sentito di un collasso emotivo che dura da ventiquattro ore? E questo che è? Da un collasso o ci si riprende in dieci minuti o se more.  (al trapiantato) Dico bene?

TRAPIANTATO Benissimo.

MARIANO          E invece, la signora, da ieri pomeriggio se ne sta sdraiata sul mio letto con le pezze in fronte. (a Caterina) Tu lo chiami collasso e io lo chiamo violazione di domicilio. (scuotendola con un braccio) Ma che spera la signora, che spera?

CATERINA         (statuaria) La doverosa riparazione.

MARIANO          (a denti stretti) Sì, eh? E tu continua a fare comunella con la moribonda… e non contenta, appena dalla finestra vedi spuntare quella bella testa gloriosa di Sisto, lo fai entrare dalla porta di servizio e lo metti a tavola a banchettare. Tutti contro di me. Chiamiamo il pittore d’insegne: “Rifugio della ragazza madre e mensa gratuita per investigatori fessi”. A che punto sta il signor Sisto?

CATERINA         Sta bissando lo spezzatino. Quello digiuna da due giorni e si deve sostenere.

MARIANO          Non è vero! Ieri ha pranzato in una trattoria di Firenze.

CATERINA         Va beh! Non mangia da ventiquattrore.

MARIANO          Uno che finisce a Venezia partendo da Sorrento, non ha il diritto di mangiare più di una volta alla settimana. Quando si è finito di abboffare, mandalo da queste parti, che gli servo l’amaro digestivo. Mo va’, che debbo spicciare questo signore. Oh, e porta un messaggio alla signora: questo collasso si risolve nel giro di dieci minuti, è chiaro? Altrimenti glie lo faccio passare io con mezza damigiana di aceto.

CATERINA         (gelida) Seduttore! Padre snaturato! Anima nera!

(via da sinistra)

MARIANO          (al trapiantato) Scusate se vi ho fatto perdere tempo… Ma intorno a me ci sta una congiura.

TRAPIANTATO Fate bene, difendetevi… (sgomitola)

MARIANO          (notando le sgomitolate) Vi arriva qualche spiffero di aria?

TRAPIANTATO Non ci fate caso: è un po’ di singhiozzo. Cosa è niente!

MARIANO          In che vi posso servire?

TRAPIANTATO Voi vi occupate di ricerche di persone…

MARIANO          Sissignore, servizio accurato e discreto.

TRAPIANTATO Benissimo, io sto qua. (sgomitola)

MARIANO          Siete ricercato?

TRAPIANTATO No, ma se qualcuno mi vuole…

MARIANO          E questo dovreste saperlo voi: chi vi potrebbe cercare?

TRAPIANTATO Siete voi che me lo dovete dire. Secondo le richieste che avete… (sgomitola)

MARIANO          Ora vi faccio portare un bicchier d’acqua.

TRAPIANTATO Non vi scomodate, sta passando.

MARIANO          Dunque, dicevate, secondo le richieste che ho. Richieste di che?

TRAPIANTATO Di qualsiasi cosa, avvocato. Io so fare un po’ di tutto.

MARIANO          Fare? Ma per caso cercate lavoro?

TRAPIANTATO Appunto!

MARIANO          Allora avete sbagliato indirizzo. Vi dovete rivolgere al collocamento.

TRAPIANTATO Però sulla porta sta scritto ricerche di persone.

MARIANO          Di persone, non di personale. Cioè, noi rintracciamo persone scomparse.

TRAPIANTATO Aaaah, non è che trovate persone per quelli che cercano personale…

MARIANO          No. A quello, ve lo ripeto, ci pensa il collocamento.

TRAPIANTATO Ma voi vedete… (un tempo) In un certo senso, però, io sono una persona scomparsa. (sgomitola)  Lo vedete come mi piglia il singhiozzo?

MARIANO          Vedo, vedo… (allargando le braccia desolato) Se per lavorare bastasse il singhiozzo agli arti superiori…

TRAPIANTATO Non è che voi avete bisogno di personale…

MARIANO          No, l’agenzia è modesta, il personale è limitato… rivolgetevi con fiducia al collocamento.

TRAPIANTATO L’ho già fatto, ma mi hanno detto che non servo.

MARIANO          Scusate, avete detto che in un certo senso siete una persona scomparsa. Che significa?

TRAPIANTATO Significa che come mi vedete, di mio mi è rimasto poco o niente. (sgomitola)

MARIANO          No, sentite, fatemi il piacere di spiegarmi; perché questo movimento del braccio lo chiamate singhiozzo?

TRAPIANTATO Certo, ve lo posso spiegare, avvocato. Vedete, io per vivere,  mi sono aiutato con i trapianti.

MARIANO          Fate il giardiniere stagionale?

TRAPIANTATO No, parlo di trapianti di organi (un tempo) Voi come mi vedete? Vi sembro una persona normale?

MARIANO          (sgomitola)  Beh, a parte ‘o singhiozzo, direi di sì.

TRAPIANTATO Infatti, sono integro: due cosce, due braccia, una testa, eccetera. Internamente, pure sono integro, non mi manca niente. Allora, per farvi capire la situazione, io non sono io, ma sono, come vi devo dire… un essere composito. Avvocato, sono dieci anni che io entro ed esco dagli ospedali.

MARIANO          Siete di salute cagionevole?

TRAPIANTATO Meglio non parlarne! Avevo una salute di ferro! Ma la necessità mi ha spinto a un turpe commercio. Avvocato, me sono venduto tutto.

MARIANO          Avevate parecchie proprietà?

TRAPIANTATO Niente, avvocato!

MARIANO          E scusate, che vi siete venduto?

TRAPIANTATO Tutto me stesso, un poco per volta. Prima i reni, poi il fegato, la milza, il cuore, i polmoni, quello che serviva quello mi vendevo, a seconda della richiesta di mercato. Negli ospedali, ho intenerito primari e moribondi cosa che mi ha procurato dei lasciti in natura. Davo roba di prima qualità, in perfetta efficienza e mi trapiantavano gli scarti che prelevavano dai miei compratori. Adesso non c’è malattia che non abbia, sono un miracolo vivente e m’arrangio a far studiare gli studenti dell’ultimo anno dell’università “Federico Secondo”. E così, vendi oggi, vendi domani, di trapianto in trapianto, sono come mi vedete. Questa coscia, vedete, apparteneva ad un oculista del rettifilo, che Dio l’abbia in gloria; è solo un poco più corta della mia. Se fate silenzio vi faccio ascoltare il cuore: tre battiti in meno ogni quattro; era di un commerciante di gioielli che viveva con le palpitazioni.  (facendo segno a Mariano di avvicinarsi) Questo braccio, era  di un batterista rock,  povero ragazzo, ebbe un incidente perciò lo tengo sempre in movimento.

MARIANO          Gesù, e tutto questo perché l’avete fatto?

TRAPIANTATO Per ottenere la pensione di invalidità. (triste) Avvocato, io non tenevo né arte e né parte; neppure un tozzo di pane da mettere sotto i denti…

MARIANO          E avete avuto la pensione?

TRAPIANTATO Certamente, ma è una è pensioncina, e me l’hanno data per pietà, perché io avendo usufruito del trattamento della mutua, i primari, non è che hanno fatto un lavoro perfetto. E grazie a queste piccole imperfezioni di comportamento che la commissione ha deciso di darmi una piccola pensione.

MARIANO          Ma voi vedete…

TRAPIANTATO (sgomitola)  Quindi, bene o male, ho risolto in parte il problema con la pensioncina d’invalidità, però il lavoro mi serve sempre. (un tempo) Non ci sarebbe la possibilità come investigatore? Se mi metto d’impegno, posso pedinare la gente passando inosservato.

MARIANO          Con quelle piccole imperfezioni? È un po’ difficile. Sentite, dal momento che il collocamento vi ha dichiarato inservibile, perché non provate a lavorare alla televisione? Niente niente vi trasmettono a puntate.

TRAPIANTATO Lo sapete che mi avete dato un buon consiglio? Alla televisione non ho provato ancora.

MARIANO          E provate. Lì, le migliori schifezze le fanno passare per originali televisivi.

TRAPIANTATO Vi ringrazio per il consiglio, avvocato. Chi sa che non sia la volta buona.

MARIANO          Auguri e fatemi avere vostre notizie.

TRAPIANTATO I miei omaggi. (avviandosi all’uscita zoppicando)

MARIANO          E statevi accorto. Camminando come camminate, doveste finire sotto una macchina!

TRAPIANTATO State senza pensiero.

(esce)

MARIANO          (allargando le braccia) Gesù, Gesù…

(la porta di sinistra si apre ed entra Sisto con l’angolo di un tovagliolo infilato nel colletto sta mangiando un babà)

SISTO                  Agli ordini, avvocato.

MARIANO          Ecco il nostro Sisto! Il banchetto è stato di vostro gradimento?

SISTO                  (indicando) Coronato da questo squisito babà casereccio.

MARIANO          Dunque vi siete fatto questo bel viaggio di arricchimento culturale…

SISTO                  Gli incerti del mestiere, avvocato. Ma in un avvenire non lontano, vi dimostrerò di che cosa sono capace.

MARIANO          Sisto, voi non avete avvenire. Se io vi mando a Sorrento e voi arrivate a Firenze via Capri, lo posso capire: un investigatore non si pone limiti di spazio. E posso pure capire che da Firenze decidete di spingervi fino a Venezia e di lì prendere un aereo per la Svezia: gli amanti diabolici vanno seguiti pure in capo al mondo. Ma a questo punto smetto di capire. A questo punto, mi dovete spiegare come fate a viaggiare nello stesso scompartimento degli amanti diabolici, pranzare nella stessa trattoria, seguirli all’agenzia di viaggi e solo nel vedere i loro passaporti, solo allora, capire che non sono gli amanti diabolici, ma il console di Svezia e la moglie in vacanza? E meno male che stavate senza passaporto e senza soldi, altrimenti mi toccava di andarvi a recuperare in Svezia, a bordo di un rompighiaccio. Tornate a Sorrento, eh! E mimetizzatevi, sangue del diavolo. Sono mesi che sulla spiaggia ci state solo voi, e pure fuori stagione. Che volete fare insospettire la Guardia di Finanza? Mimetizzatevi.

SISTO                  Da che?

MARIANO          Da duna, da fico d’india, fantasia, Sisto. Vent’anni fa, io mi mimetizzai da lambretta, tanto che il pedinato tentò di mettermi pure in moto e io riportai la lussazione di una spalla.

SISTO                  Riuscì a mettervi in moto?

MARIANO          (a denti stretti) Come faceva? Stavo senza miscela… andate, andate.

SISTO                  Avvocato, a Sorrento non è cosa.

MARIANO          E allora scegliete voi. Taormina, San Remo, Positano…

SISTO                  In base a certe deduzioni, un’ipotesi di pista ce l’avrei, ma non passa per Sorrento.

MARIANO          E per dove passa?

SISTO                  Per il Ponte di Tappia, a due passi dall’Agenzia.

(Mariano si abbandona sul divano in un atteggiamento scorato)

MARIANO          Volete andare al Ponte di Tappia? Andate! (un tempo) Sisto, vi avverto, là ci sta un albergo che ospita comitive di turisti giapponesi. (un altro tono) Arrivate in Giappone e quant’è vero Iddio non spreco manco la carta bollata per richiedere la vostra estradizione! Andate, andate! A proposito, fate una puntatina a Capri, all’Hotel Quisisana. (prende un foglio dalla scrivania) Qua stanno gli appunti. Fatemi sapere che sono queste  prestazioni speciali di una loro ex cameriera.

SISTO                  Prendo il primo vaporetto, sbrigo questa cosa e poi mi apposto al Ponte di Tappia.

MARIANO          Mi raccomando, qua ci vuole parecchia vasellina…e nun ve perdete un’altra volta gli amanti diabolici.

SISTO                  State senza pensiero. Gli amanti diabolici, prima o poi io ve li smaschero.

MARIANO          (mentre Sisto esce dal fondo) Prima, Sisto! Smascherateli prima.

(da sinistra entra Caterina)

CATERINA         Posso?

MARIANO          Solo se vieni ad annunciare la lieta novella della fine del collasso.

CATERINA         Dimmi una sola cosa, padre senza cuore, hai deciso per tuo figlio?

MARIANO          (insofferente) Javarone non lo voglio! Hai capito? È brutto, peloso e ha le corna.

CATERINA         Zitto, che la madre ti sente!

MARIANO          Che senta! (gridando verso sinistra) La signora mi è venuta a fare questo bell’omaggio. Non fossi mai andato a Fiuggi. Oltretutto, non c’è proporzione: per mezz’ora i sfizio, tu ti devi trovare sulla coscienza un figlio di cento chili.

CATERINA         Mariano, Javarone lo vedi com’è adesso. Ma pensa ch’è stato un bambino rosa e paffutello, da trattare con l’ovatta e il borotalco, anima di Dio.

MARIANO          (ironico) Veramente? L’anima di Dio non è nato come appare adesso?

CATERINA         Quando aveva cinque mesi, povera creatura innocente, il Signore se lo stava chiamando…

MARIANO          …Poi l’ha visto e ce ha ripensato!

CATERINA         …Polmonite doppia con versamento pleurico e ritenzione urinaria. Prognosi riservata. (gridando) E tu che andavi facendo mentre tuo figlio era in imminente pericolo di vita?

MARIANO          Mandavo telegrammi con voti di pronta guarigione. Che ne potevo sapere…

CATERINA         (commossa) dosi massicce di antibiotici e divieto assoluto di fumare.

MARIANO          Perché, a cinque mesi già fumava?

CATERINA         …Divieto di fumare vicino a lui. Fu in quell’occasione che Norma fece il voto! Promise di non sposarsi finché non trovava il padre della sua creatura miracolata. Marià, ti ha trovato. Falle sciogliere il voto.

MARIANO          Non è possibile. Tengo un voto fatto pure io. Ti ricordi quella volta che ti stavi strozzando con un oliva? Io feci un voto per la tua salvezza: castità perpetua.

CATERINA         Castità o celibato?

MARIANO          Castità, decisi di mortificare la carne.

CATERINA         Meno male, allora ti puoi sposare.

MARIANO          E con il voto come faccio?

CATERINA         Che devi fare? Tu tieni i calcoli renali, gli sforzi ti sono proibiti. Po’, tiene pure nà certa età. (gridando)  Quella è una ragazza madre! Devi riparare, e riparando finalmente ti sistemi! (La porta di fondo si apre ed entra Javarone trafelato)

JAVARONE        Babbo mio! (gli bacia la mano) Zì Caterì, mammà comme sta?

CATERINA         Si riprende, figlio bello… lentamente ma si riprende.

JAVARONE        È trasportabile?

CATERINA         Aspettiamo qualche altro giorno, sì?

JAVARONE        Povera mammarella mia. (esce di corsa a sinistra)

MARIANO          Ma chiama n’ambulanza! Il collasso emotivo, la signora so va ‘a curà int’ò spitale.

CATERINA         Afforza! Tiene ‘a capa tosta! La signora Cimmino no, e va bene, può darsi che il marito si trova. Ma questa già ti è mezza moglie, ti porta un figlio adulto senza la scocciatura di crescerlo. Ti porta le terre in Puglia, le ville a Posillipo, le conserve Paudice. Marià, ti porta una famiglia. Tu che altro vai trovando, che aspetti? (fuori di scena si sente il sibilo asmatico di Norma)

MARIANO          (indicando a sinistra) Sto aspettando ‘o treno. (da sinistra entra Norma sorretta da Javarone)

NORMA              Ringraziamo tutti nostro Signore che mi da la forza di camminare. Hai pregato San Rocco, Ernestì?

JAVARONE        Avite voglia, mammà!

NORMA              Ringraziamo pure San Rocco.

MARIANO          Ringraziamo San Rocco e parliamoci chiaro. (a Norma) Venticinque anni fa, signora, abbiamo ceduto entrambi a un momento di debolezza… la gioventù, le acque diuretiche, le foreste imbalsamate di Fiuggi… non indaghiamo, non giudichiamo… (a Caterina che lo tira per la giacca) …e nun tirammo ‘a giacca… dunque, venticinque anni fa ci è stato quello che ci è stato e il frutto (indicando Javarone) eccolo qua.

JAVARONE        (con trasporto) Babbo mio…

MARIANO          Constatiamo tutti che è un bel frutto maturo, succoso, pieno di sostanza… una figura imponente, fronte di pensatore, una peluria virile. Mi compiaccio, avete fatto una bella creatura, degna di voi. A questo punto mi domando e vi domando: come si fa a colmare il vuoto di venticinque anni? Vi vedo consenziente, il vuoto è incolmabile. Allora arriviamo al nocciolo, signora: sono disposto a provvedere. Togliendomi il pane di bocca e diminuendo lo stipendio al longobardo, posso impegnarmi a passarvi un vitalizio agganciato alla scala mobile. Fissate voi la cifra.

NORMA              Santi del Paradiso, San Rocco mio prediletto, noi siamo benestanti, non degradate il valore della vita al possesso dei beni materiali.

JAVARONE        Noi andiamo trovando il calore, babbo.

MARIANO          E da me lo volete?

JAVARONE        (cambiando bruscamente tono) Da voi, sissignore. E chiedendo calore, chiedo poco, dopo quello che avete fatto. (un tempo)  A proposito, mammà, mi avevate detto che era un pezzo d’uomo alto più di due metri, folta capigliatura…

NORMA              (ad occhi bassi) Con l’età, le persone cambiano, figlio mio bello.

JAVARONE        E il babbo per cambiare a comm’è mò, dovrebbe avere centocinquant’anni.

MARIANO          Ben detto. (a Norma) Signora, dovete ripetere in mia presenza il racconto che avete fatto a vostro figlio. ( prende il foglio dalla scrivania e lo consulta) Dunque, foste allettata dagli amaretti di Saronno, io vi afferrai per la chioma e vi trascinai nella grotta del Ciociaro gridando: “Io sono un uomo delle caverne e tu sei la mia preda”. Che altro? Ah, per colpa di quella rimorchiata, portaste la parrucca per due anni…

NORMA              Mariano, non mi fate perdere il rispetto di mio figlio.

MARIANO          Eh no, scusate, vostro figlio deve conoscere la verità. (a Caterina) E tu, nun tirà!

JAVARONE        (a Norma) Ma perché, quella che so non è la verità?

NORMA              Ernestì, la verità sta nel giusto mezzo. Ho colorito l’episodio… Eri un bambino innocente, amavi le favole, devi compatire tua madre e non negarle il tuo affetto.

MARIANO          Mò, per piacere, fornite la versione originale. Vi ho trascinata per i capelli?

NORMA              Trascinata no… Mi accarezzava rudemente il cuoio capelluto.

MARIANO          E ho gridato “Io sono l’uomo delle caverne”? Se non ricordo male io cantavo: “Uocchie c’arraggiunate”.

NORMA              Però, in una caverna mi portaste…

JAVARONE        (a Norma) Allora mi avete raccontato delle bugie… (un tempo)  Però vi attirò nel bosco allettandovi con gli amaretti di Saronno!

NORMA              Veramente no, Ernestì. Gli amaretti e il resto, mi sono serviti solo per colorire…

MARIANO          Colorire? A stù guaglione gli avete pittato la cappella Sistina. Javarò, quello che si è fatto, lo si è fatto di comune accordo, va bene?

JAVARONE        (a Norma) Non foste trascinata per la chioma?

NORMA              Trascinata sì… ma dal mio trasporto amoroso.

JAVARONE        E la parrucca?

NORMA              Per festeggiare il tuo primo compleanno, ce ne andammo in una trattoria sul mare… abusai di cozze…

MARIANO          Ve venette ‘ò tifo!

NORMA              Caddero tutti i capelli e rimediai con la parrucca.

JAVARONE        Gesù, vent’anni di bugie…

NORMA              (cadendo in ginocchio) Ho perduto l’affetto di mio figlio! Madre addolorata, mi hai conficcato le tue sette spine… Anime del purgatorio, mi avete riversato addosso le vostre sofferenze… San Lorenzo, sto coricata con te sulla graticola. (tira il fiato – sibilo) Mi vado a mettere in agonia.

MARIANO          Addò?

NORMA              (indicando verso sinistra) Di là!

MARIANO          Voi tenete la villa a Posillipo. Andate a agonizzare ‘nnanz’ò panorama!

NORMA              In casa vostra voglio agonizzare, come san Lorenzo, consumata dal fuoco, arrostita dai ferri roventi, soffocata dal fumo. (uscendo a sinistra sorretta da Javarone) San Rocco mio, ci vediamo tra poco lassù… (via a sinistra)

CATERINA         Tu la stai uccidendo, assassino. Ma come, ‘o sfizio si e la riparazione no?

MARIANO          Dopo venticinque anni cadono in prescrizione pure gli omicidi, sangue del diavolo! Me ne sono tolti di sfizi in vita mia! E se mò si presentano qua settanta femmine con settanta figli, me le sposo tutte quante?

CATERINA         Tu hai avuto settanta femmine? Ihhh! Cu ‘e calcole che tiene?

MARIANO          Ma perché, quello sfizio uno se lo leva con i reni? E poi te lo ripeto, ho fatto un voto.

JAVARONE        (che entrando da sinistra ha udito) E pure io l’ho fatto, babbo mio!

MARIANO          Sentite, Javarone, non mi chiamate babbo.

JAVARONE        (minaccioso) Ma perché, non ne sono degno?

MARIANO          Per carità… ma sapete, fino a ieri eravate un cliente… facciamo passare un po di tempo, sì?

JAVARONE        Però voi mi dovete chiamare Ernestino.

MARIANO          Cominciamo con Ernesto.

JAVARONE        (gridando) Ernestino! Io ho bisogno di calore paterno, ohè!

MARIANO          Come non detto, vi chiamerò Ernestino.

JAVARONE        Oh, così va bene. E adesso vi racconto il mio voto. Dovete sapere che ieri mattina ho ricevuto due telefonate da un anonimo… no, una telefonata da due anonimi… comm’è ‘o fatto? Insomma, uno che per telefono si è firmato “due amici” e mi ha detto che la mia signora mi è infedele. Io ho fatto bloccare il telefono ed entro oggi saprò da dove è partita la telefonata. Embè, quel fetentone che si è permesso di mettere in dubbio la serietà della vostra Agenzia, qua ve lo porto e lo appendo al balcone. Questo è il voto che ho fatto.

MARIANO          (paterno) Ernestino… Vedete vi ho chiamato Ernestino… (gli dà un buffetto) Quant’è bello Ernestino… Quello che avete fatto, non è un voto, ma un riprovevole proponimento. Sapete la collera che si sarà preso San Rocco…

JAVARONE        Quello si è permesso di mettere in dubbio la vostra serietà professionale.

MARIANO          Ernestino, date retta a uno che vi può essere padre. La più fulgida virtù cristiana, è il perdono. Andate a casa, telefonate alla SIP di lasciar perdere e praticate la virtù del perdono.

JAVARONE        Nossignore babbo, chesto a vuje nun l’avevano fa! (esce)

CATERINA         Che perla di figlio! Come prende a cuore la tua reputazione!

MARIANO          (chiamando) Strossner!

STROSSNER      (entra da destra) Agli ordini.

MARIANO          Telefonate alla società dei telefoni a chi sapete voi e pregatelo di sbloccare l’apparecchio di Javarone…

STROSSNER      Vostro figlio?

MARIANO          Voi quanti ne conoscete?

STROSSNER      Di figli vostri? Uno solo.

MARIANO          Di Javarone, quanti ne conoscete?

STROSSNER      Uno solo!

MARIANO          E allora è inutile che state a sfrocoleare, per voi e per l’agenzia è Javarone e basta. (parlando di javarone) Ma quanto è fesso!

STROSSNER      Uh, e chi sa e chi ha pigliato…

MARIANO          Se uno ti fa una telefonata anonima, è perché non vuole essere riconosciuto. Embè, che fa Javarone?

STROSSNER      Che fa?

MARIANO          Deve appurare chi è stato.

STROSSNER      Quant’è fesso stu figlio vostro… (correggendosi) Questo cliente nostro. (un tempo) Chi ha fatto ‘a telefonata?

MARIANO          Se vi ho finito di dire che è anonima. Andate, andate a far sbloccare il telefono. (Strossner esce da destra. A Caterina) E tu di’ alla signora che si preparasse, tra mezz’ora la rimandiamo a casa.

CATERINA         Marià, quella a stento sta in piedi, le si piegano le gambe.

MARIANO          Ce le faccio ingessare. (spingendola) Va’, va’. (La fa uscire da sinistra e chiude la porta. Poi va alla porticina di sinistra ed entra nello sgabuzzino. Vi esce qualche istante dopo con un giubbotto di cuoio ed una rivoltella. Si sfila la giacca, indossa il giubbotto, impugna la rivoltella e fa delle flessioni sulle gambe) Strossner!

STROSSNER      (entrando da destra) Agli ordini. (lo osserva incuriosito) Ma che è, vi hanno fatto sceriffo?

MARIANO          Ho dotato l’agenzia di un giubbotto antiproiettile. Con Javarone sciolto, è meglio non correre rischi.

STROSSNER      Ma perché, mò che ha appurato che vi è figlio, vi può pure sparare?

MARIANO          No, ma può sparare a voi…

STROSSNER      A me?

MARIANO          A voi… a Sisto… a chiunque prende in antipatia. Invece, questo panciotto, è a prova di Javarone. Questo non lo buca nemmeno un Bazooka. Tecnologia tedesca. A proposito, in omaggio alle vostre lontane radici, vi concedo l’onore di indossarlo.

STROSSNER      Ma come, avvocato, mi debbo fare le ore d’ufficio con quest’armatura addosso?

MARIANO          No, solo cinque minuti, il tempo di collaudarlo. Voi lo indossate e io vi sparo.

STROSSNER      (con un sorrisetto) Quant’è bello l’avvocato… troppo onore…

MARIANO          Ma voi che temete? La garanzia è illimitata. Se, in linea del tutto ipotetica, si dovesse bucare, a me rimborsano il costo e ai vostri eredi le spese per il funerale.

STROSSNER      (c.s.) Quant’è bello l’avvocato… (con altro tono) Dal momento che io non ho eredi e voi il panciotto ve lo trovate addosso, collaudiamolo facendo che io sparo a voi.

MARIANO          E non siate scettico, Strossner. Non vi fidate della tecnologia tedesca?

STROSSNER      Non è questo… ma…

MARIANO          (cercando di convincerlo) Facciamo un'altra cosa allora, lasciamo decidere alla sorte, va bene? Ce la giochiamo a testa o croce. (prende una moneta dalla tasca) Scegliete, testa o croce…

STROSSNER      Dipende da quello che è testa e quello che è croce.

MARIANO          Testa, io mi levo il panciotto, croce vi fate sparare voi.

STROSSNER      (dopo una breve riflessione) Comm’è ‘o fatto?

MARIANO          (sillabando) Testa, mi levo il panciotto…

STROSSNER      Eh…

MARIANO          Croce, vi fate sparare voi.

STROSSNER      Va beh! Speriamo che non esce croce. (Mariano lancia la moneta e la raccoglie nel palmo della mano)

MARIANO          E invece la sorte ha voluto croce. Vi fate sparare voi.

STROSSNER      Mi faccio sparare… (mentre Mariano si sfila il panciotto) Scusate, ma se è uscito croce, perché vi state togliendo il panciotto?

MARIANO          Perché, essendo uscito croce vi posso mai sparare senza che tenete il panciotto addosso?

STROSSNER      (ancora stranito) Eh, già… (sforzandosi di capire)  Avvocà, ma il fatto era : TESTA voi vi togliete il panciotto. Essendo uscito croce…

MARIANO          (prontamente) Io sparo a voi. I patti erano così o no? E non vi posso sparare senza protezione, Strossner mio. Voi ve ne andate al camposanto e vi siete levato il pensiero… Ma io resto a farmi ventiquattro anni di galera. Quindi, proteggetevi, proteggetevi.

STROSSNER      (grattandosi in testa) Avvocà, vi dispiace se facciamo al contrario, io testa e voi croce? … Perché qua ci sta un fatto che non quadra: io mi levo il panciotto – voi vi fate sparare.

MARIANO          Volete che invertiamo? Va bene. Allora, testa vi fate sparare voi, croce io mi levo il panciotto.

STROSSNER      Eh, facciamo così. (Mariano getta in aria la moneta)

MARIANO          Avete detto testa?

STROSSNER      Sissignore.

MARIANO          E testa è. vi fate sparare voi.

STROSSNER      Insomma, o viene testa o viene croce, chi si deve fare sparare sono sempre io.

MARIANO          La sorte così ha voluto. (togliendosi il panciotto) Jammo, proteggetevi.

STROSSNER      Quando uno nasce disgraziato… (indossa il panciotto) Avvocà, oltre che testa o croce, non possiamo fare che se la moneta cade in piedi stiamo a fiducia e nessuno si fa sparare?

MARIANO          Lo dobbiamo collaudare o no questo panciotto? Vi sembra che vi sparo se non fossi sicuro della tecnologia tedesca? Iammo, state immobile comm’è ‘o figlio e Guglielmo Tell ca già sto nervoso.

STROSSNER      (punta un dito contro la rivoltella) Avvocà, la mira è troppo alta. Avete detto Guglielmo Tell e per associazione d’idee state puntando alla testa… Abbassate la mira… (Mariano abbassa la canna) Ancora un poco… (Mariano abbassa la canna) N’atu ppoco… (Mariano abbassa ancora) Ancora due centimetri…. ncora un centimetro…. (la pistola adesso è perfettamente verticale) Mò potete sparare.

MARIANO          (osservando la posizione della pistola) Sparo ‘ngoppa ‘o père mio?

STROSSNER      E vulite sparà in testa a me?

MARIANO          Ma quale testa, io sono tiratore scelto. Jammo, fermo fermo. Pronto?

STROSSNER      (turandosi le orecchie) Come?

MARIANO          (gridando) Pronto?

STROSSNER      Pronto? Chi è? avvocà, il telefono.

MARIANO          Fermo. Preparatevi, mirat! Fuoco! (Dalla pistola parte un colpo. Strossner si immobilizza, con gli occhi sgranati) Avete visto? Uomo di poca fede. Che avete sentito?

STROSSNER      (allucinato) Sento una puzza di peli bruciati. Voi no?

MARIANO          (annusando) Eh, la sento pure io. Che può essere?

STROSSNER      (annusando ma immobile) Che può essere? (solleva lentamente il capo) Viene dall’alto. (si porta una mano tra i capelli poi l’annusa) Mi avete preso i capelli di striscio. (con un sorriso ebete) Ma voi vedete… bastava un mezzo centimetro… (E sviene rigido sul divano. Mariano accorre e lo rianima dandogli dei buffetti)

MARIANO          Jammo, Strossner, è stato cosa è niente.

STROSSNER      È stato cosa di mezzo centimetro…

MARIANO                   Siete troppo emotivo….

STROSSNER      ‘O tiratore scelto…

MARIANO          Sapete qual è la cosa migliore?

STROSSNER      Che io sparo a voi.

MARIANO          Noo!

STROSSNER      Che leviamo mano. Anche perché debbo cambiarmi i pantaloni. (Si alza e accenna a muoversi ma congiunge rapidamente le ginocchia, si appoggia a mariano e, aiutato da questi, che con una mano si tura il naso, si sfila il panciotto che scivola a terra. Mariano lo raccoglie e lo mette nello sgabuzzino) Distanza ravvicinata… a bruciapelo…

 

                            (Strossner si avvia verso la porta di destra in precario equilibrio e sempre con le ginocchia giunte. Dal fondo entra don Gaspare, un giovane prete dall’aspetto atletico, con occhiali e capigliatura folta e rossiccia. Alla vista di Strossner che procede a quel modo resta interdetto. Strossner si arresta per un attimo e accentuando il suo modo di camminare, quasi come una danza, facendo anche una piroetta, procede verso destra, fino a scomparire, cantando)

DON GASPARE (mellifluo) Permesso…

MARIANO          Prego, padre.

DON GASPARE Mi potete dedicare cinque minuti?

MARIANO          A vostra disposizione (professionale) Ricerca di persone… (don gaspare fa un gesto di diniego) infedeltà coniugale…

DON GASPARE (indicando la tonaca) Ma vi pare che nel mio stato…

MARIANO          Scusate, è l’abitudine. Accomodatevi.

DON GASPARE (sedendosi) Grazie. (un tempo) Mi chiamo Gaspare Maglietta, Don Gaspare, e sono da voi per svolgere un compito pietoso. Una mia parrocchiana, una giovane signora molto devota, da qualche tempo, ciò mi è stato riferito e voi me ne darete conferma o meno, frequenta con assiduità quotidiana la vostra agenzia.

MARIANO          La signora Cimmino?

DON GASPARE (annuendo) La signora Cimmino. I parenti della giovane, sono in apprensione, e giustamente, per il motivo che non vi sfugge. Ora, data la mia condizione di curatore di anime, i suddetti parenti si sono rivolti a me perché faccia qualche indagine in proposito. (Da quando don Gaspare ha incominciato a parlare, dal fondo è entrato Sisto fingendosi cieco. Ha un paio di occhiali neri ed impugna un bastone col quale saggia il terreno prima di muovere il passo. Mariano non lo riconosce e gli fa cenno con la mano di attendere perché – indica don Gaspare – è occupato con un cliente. Ma sisto, imperterrito, continua ad avanzare verso di lui preceduto dal toc toc del bastone contro i mobili, finché va ad urtare nella scrivania. Don Gaspare muta tono, che da mellifluo diventa aspro) Neh, avvocà, ma voi mi state sentendo?

MARIANO          Come?

DON GASPARE (addolcendo il tono) Mi state seguendo figliolo?

MARIANO          Sì, vi seguo. Scusate un momento, reverendo. (a Sisto) Vi ho pregato di aspettare.

SISTO                  Dite a me?

MARIANO          E certo!

SISTO                  E che fate a fare i segni con la mano? Non vedete che sono cecato?

MARIANO          Ah, siete cecato?

SISTO                  Ma perché,  Gesù, non si vede? Allora lo siete pure voi?

MARIANO          (seccato – a don Gaspare) Fatemi dare qualche spicciolo a questo povero infelice e poi sono tutto vostro. (dà qualche moneta a Sisto) Ecco qua… E mò jatevenne… (ma Sisto non si muove) Dunque, reverendo, dicevate…

DON GASPARE Vorrei sapere la signora Cimmino che cacchio… (si riprende velocemente e grida) Ciceruacchio! (pausa mentre Mariano lo guarda attonito, don Gaspare addolcisce il tono) Ciceruacchio … (un tempo) Che ci viene a fare la giovane parrocchiana?

MARIANO          La Giovane Ciceruacch… (si riprende) La giovane parrocchiana mi ha affidato il compito delicato di… (a Sisto che gli ha toccato ripetutamente la spalla) E mò, che volete?

DON GASPARE Sangh d’à marina… (riprendendosi) Ehm… ma ve lo appena detto…

MARIANO          Non dico a voi, padre, ma a questo infelice. (a Sisto) Che volete ancora?

SISTO                  (chinandosi al suo orecchio) Vengo direttamente dal Ponte di Tappia.

MARIANO          E pure ca venite d’ò ponte a Maddalena, a me che me ne importa?

SISTO                  Avvocà, io sono il pessimista sistematico della Sorrento – Venezia via Firenze.

MARIANO          (alzandosi e allontanandosi con lui dalla scrivania) Sisto! E pecchè facire ‘o cecato?

SISTO                  Ssst! Non mi tradite. (a voce alta) Benché pessimista, avrei un incarico da affidare all’agenzia “Fiat Lux”.

MARIANO          Vorreste ritrovare la vista?

SISTO                  È possibile?

MARIANO          Mò vediamo, ma dovete aspettare il vostro turno.

SISTO                  Su quella sedia vicino alla porta? (e va a sedersi a grandi colpi di bastone)

MARIANO          Bravo, su quella sedia. (realizza la gaffe di Sisto e cerca di rimediare con un sorrisetto forzato a don Gaspare, che ha seguito con curiosità lo svolgere della scena) Quello entrando ha sentito la sedia con il bastone. Il bastone è l’occhio dei ciechi. Dio vede e provvede, questa è materia vostra.

DON GASPARE (ispirato) Proprio così. E voi, invece di cercare le persone, dovreste cercare Dio, figliolo, cercare Dio.

MARIANO          Non è facile, reverendo. L’Agenzia è modesta, il personale e i mezzi sono limitati. Volete dunque sapere perché la signora Cimmino viene con assiduità quotidiana?

DON GASPARE E si trattiene fino a tre ore. Che cacchio… (gridando) Ciceruacchio!

MARIANO          (dopo averlo sogguardato a lungo) Reverendo, ma perché ce l’avete con Ciceruacchio?

DON GASPARE Avete ragione, scusate. Io, tra l’altro, insegno storia… un po’ di stanchezza. Da tre giorni tengo a Ciceruacchio dint’è rrecchie. Dicevo, perché la mia parrocchiana viene da voi ogni giorno? Perché si trattiene tanto a lungo? (Sisto mima un nuotatore)

MARIANO          Eh, reverendo mio, solo voi, in quanto curatore di anime, potete capire il dolore di quella povera giovane signora. Mi ha incaricato di rintracciare il marito, questo è ovvio. Perché si trattiene tanto a lungo? Perché, l’inspiegabile scomparsa del consorte l’ha fatta precipitare in un profondo stato di sconforto. Che fa in quelle ore che si trattiene nell’agenzia?

DON GASPARE Eh, che fa? (Sisto continua a mimare con lena il nuotatore)

MARIANO          (a Sisto) Neh, povero infelice, statevi fermo con le braccia.

DON GASPARE (sul tempo con lo stesso tono) E statevi fermo, sanghe d’à marina Svizzera!

MARIANO          Voi insegnate pure Geografia?

DON GASPARE (imbarazzato) Sì!

MARIANO          E da tre giorni tenete dint’è rrecchie pure la marina Svizzera… Dunque, la signora che fa… Ha scoperto che suo marito ed io ci somigliamo e mi considera un suo fac-simile… Rivive la sua vita di ogni giorno con Cimmino: rassetta lo studio, mi fa allenare con la sciabola, mi rifocilla con le sfogliatelle, mi fa cantare “Piscatore ‘e Pusilleco”…

DON GASPARE (vivamente colpito, con aria trasognata) Voi che dite?… La sciabola… la sfogliatella delle undici…

MARIANO          (realizzando) Come sapete l’ora?

DON GASPARE (imbarazzato) Ehmm… conosco gli usi e i costumi delle mie parrocchiane, figliolo… (accennando) “Piscatore d’o mare e pusilleco…”. (un tempo) non l’avrei mai immaginato… Commovente… E niente altro? Rivive solo questi episodi innocenti? Non è che si spinge oltre… Parlate! Fate conto di parlare in confessione… Non è che la somiglianza, ‘o fac-simile, la spingano a commettere atti sconsiderati…

MARIANO          Reverè, in confessione: sciabola, riassetto dello studio, sfogliatelle e Piscatore ‘e pusilleco. E sempre in confessione, a parte l’etica professionale che mi vieterebbe qualsiasi atto sconsiderato, io tengo i calcoli renali. La signora è di una fedeltà assoluta al marito. Se l’amore si misura a sfogliatelle, quello della signora è l’amore del secolo.

DON GASPARE Commovente, sconvolgente… E dello scomparso nessuna notizia?

MARIANO          Dopo Brescia c’è il nulla. Ma non lo dite né lo fate sospettare alla signora. Potrebbe commettere un atto irreparabile.

DON GASPARE Fino a questo punto, dunque, vuole bene al marito… Io …. per meglio dire i parenti, temevano che credendosi abbandonata, avesse trovato una consolazione…

MARIANO          Consolazione? Quella pensa solo a Cimmino. Non bada a spese: cablogrammi, telefonate intercontinentali, l’interpool. Sempre a sue spese mi ha proposto di stabilire un contatto con un satellite artificiale.

DON GASPARE Sconvolgente, sconvolgente…

MARIANO          Reverè, se vi urge, gridatelo pure; siamo uomini di mondo. Jammo, nu bellu Ciceruacchio.

DON GASPARE No, non mi sembra il caso di incomodare Ciceruacchio. Vi ringrazio, riferirò ai parenti e… Scusate, sono troppo commosso. Grazie, grazie. (e gli bacia la mano)

MARIANO          (baciandogli la mano a sua volta) Sempre a disposizione.

DON GASPARE (uscendo dal fondo) Sconvolgente… sconvolgente. (Via. Sisto si alza)

MARIANO          Neh, Sisto. Mò mi volete spiegare che cos’è questa mascherata?

SISTO                  Avvocà, seguo la pista. La quale porta qua e procede appresso all’uomo di chiesa che è appena uscito.

MARIANO          Don Gaspare Maglietta?

SISTO                  Sissignore. Il quale, l’estate scorsa, se ne stava a Sorrento.

MARIANO          E che ci faceva?

SISTO                  (misteriosissimo, mimando un nuotatore) I bagni di mare. (mariano lo fissa minaccioso) Avvocà, non fate lo scettico. In testa tengo tutti gli elementi, ma debbo avere il tempo di ricomporre il mosaico. Se le cose stanno come penso, entro questa sera avrete la soluzione. Poi aspetto notizie da Capri da un momento all’altro. (da sinistra entra norma al braccio di caterina)

NORMA              Il Signore, nella sua bontà, mi ha dato un po’ di forza, sicché mi faccio accompagnare da Catarinella, respiro una boccata d’aria e faccio un salto in farmacia a pigliare certe pillole.

MARIANO          (a denti stretti) Le dovevate pigliare venticinque anni fa.

NORMA              Ma torno subito, Mariano, non state in pensiero per me. (esce dal fondo con Caterina)

SISTO                  Avvocato, la faccia di quella signora non mi è nuova. (misterioso) Un altro tassello del mosaico. Avvocà, Sessa Aurunca. Io seguo la signora.

MARIANO          Quella non va a Sessa Aurunca, Sisto.

SISTO                  Dove va va, io la seguo. (E fingendosi cieco, con l’aiuto del bastone, esce dietro alle due donne. Da destra entra Strossner)

STROSSNER      Per il telefono niente da fare, purtroppo è già in corso una regolare denuncia. (depone delle buste sulla scrivania di Mariano)

MARIANO          Ah, è in corso (un tempo) Ieri avete telefonato a Javarone?

STROSSNER      Sì, per comunicargli che il rapporto veritiero era pronto.

MARIANO          Quindi, lo riconoscete: avete telefonato voi. Non è che, quando è il momento, qui me lo avete detto e qui me lo negate? (un tempo) Mettetemelo per iscritto.

STROSSNER      Che debbo scrivere?

MARIANO          (dandogli carta e penna) Ve lo detto io. (dettando) Ieri, giorno venticinque, io sottoscritto Otto Strossner, ho telefonato a quell’animale del signor Ernestino Javarone. Data e firma.

STROSSNER      Neh, avvocà, a che serve?

MARIANO          (minimizzando) Niente… Per il diario storico dell’agenzia (ripone il foglio sulla scrivania)

STROSSNER      A proposito, avvocà, alla faccia del vostro passato limpido!

MARIANO          Strossner, pensiamo al lavoro.

STROSSNER      Sissignore. (indicando le buste che ha deposto sulla scrivania) Qua stanno le lettere anonime del mese in corso.

MARIANO          E dalle con le lettere anonime… Strossner, voi siete esperto in ricerche di mercato e in persuasione occulta? No! Perciò non parlate con proprietà di linguaggio. Prendete la lettera numero uno e leggete ad alta voce. (Strossner apre una busta e ne trae un foglio)

STROSSNER      (leggendo) Siete sicuro della fedeltà di vostra moglie? Firmato: un amico.

MARIANO          E mò leggete la numero due, da spedire il giorno dopo.

STROSSNER      (prende un foglio da una busta di colore diverso e legge) Agenzia investigativa Fiat Lux, ricerca di persone, infedeltà coniugale…

MARIANO          Eccetera. La prima, non è una lettera anonima. È una domanda: siete sicuri della fedeltà di vostra moglie?  Se sì, straccia la lettera. Se invece nutre qualche dubbio – che non è certamente la lettera a far nascere – l’indomani riceve la seconda lettera, un volantino pubblicitario dell’agenzia e quindi sa a chi rivolgersi per appurare. Strossner, questa è né più né meno che una campagna promozionale per incrementare l’attività dell’agenzia. (un tempo) Strossner, tutti quanti avvimma campà! (un tempo)Questi non sono campanelli ‘nganna ‘a gatta come state pensando voi. Voi dite: le lettere insinuano… Ma perché, se facciamo la pubblicità a una saponetta insinuiamo che la gente non si lava?

STROSSNER      Io invece, col vostro permesso, dico che questi sono campanelli. Ma perché dobbiamo far sapere le brutture alla gente?

MARIANO          Perché la gente le vuole sapere e perché il nostro mestiere questo è,  Fiat Lux, fare luce, pure sulle corna.

STROSSNER      Qui vi volevo. A voi ha fatto piacere la luce sul paesaggio di Fiuggi?

MARIANO          Non facciamo casi personali.

STROSSNER      Avvocà, il mondo è pieno di miliardi di casi personali.

MARIANO          Ma non tutti sono casi da nascondere.

STROSSNER      Perché, il vostro lo tenevate nascosto? Non lo sapevate proprio. Poi è venuta la signora e, mò ce vò, ha voluto fare luce…

MARIANO          Neh, ma questo accanimento da che vi viene? Niente niente avete pure voi un passato da nascondere?

STROSSNER      Non è questo, faccio mie le vostre parole di ieri: il mio passato è limpido, una lastra di cristallo. (sibilo di Norma che entra dal fondo)

MARIANO          E levate a lastra dal binario che sta passando il rapido.

NORMA              (avanzandosi) Caterina è rimasta a fare un po di spesa… (si interrompe alla vista di Strossner e leva lentamente un dito verso di lui) Ma voi non siete?!… (si porta una mano al petto) Fatemi pensare. (con un grido) Amalfi! (tira il fiato con il sibilo) Voi siete Wustell! (Strossner e Mariano si guardano) Non siete Wustell?

STROSSNER      No, sono Strossner.

NORMA              Volevo dire Strossner. (con slancio) Otto!

STROSSNER      (cadendo dalle nuvole) Ma io non ho il piacere…

NORMA              Non potete riconoscermi a prima vista, anime del purgatorio… Ventitre anni fa ero bruna e il tempo ha compiuto la sua opera. Wustell, vi ricordo solo due nomi: Amalfi e la grotta di smeraldo.

STROSSNER      (ricordando) Uuuuh! Avvocà, Uhhhhhh!…

MARIANO          Uuuuh che?

STROSSNER      La signora Norma… Amalfi… Ventitre anni fa. (a Norma) Che piacere rivedervi dopo tanto tempo…

NORMA              (nostalgica) Quell’anno partecipaste alla regata delle Repubbliche Marinare.

STROSSNER      Eh, come, non mi ricordo… Ma voi vedete… Che tempi!

NORMA              620In quell’inebriante tramonto che vide la vostra vittoria su Pisa, Genova e Venezia, salimmo sulla vostra barchetta e aummo aummo, ci infilammo nella grotta dello smeraldo.

STROSSNER      Eeeh, come, non mi ricordo?

NORMA              Io mi lasciavo cullare dalle onde e dalla vostra voce virile che cantava “Uocchie c’arragiunate”…

STROSSNER      (a Mariano) Bei tempi, avvocato. (a Norma) E il bambino?

NORMA              Nacque nove mesi dopo.

STROSSNER      Anima di Dio! (realizzando mentre Mariano si fa più attento)  Nacque?

NORMA              Dunque sapevate della sua esistenza?

STROSSNER      E come, non lo sapevo? Il bambino che stava…

MARIANO          Fatemi capire… Il bambino nacque nove mesi dopo la regata delle repubbliche marinare? Dunque il bambino è figlio di Strossner!

NORMA              Sì! (sibilo)

STROSSNER      Come?!

MARIANO          (gridando) E allora che centriamo io e la grotta del Ciociaro?

NORMA              Ma che avete capito? Ernestino, è figlio vostro, nessuno ve lo tocca. C’era già ad Amalfi…

STROSSNER      E infatti io me lo ricordo, questo volevo dire. La signora villeggiava con un bambino. (un tempo) Uuuuh, era Javarone! (indicando mariano) Che è figlio suo.

NORMA              Sì, Ma quello della grotta di smeraldo, è figlio vostro, Wustell… (Mariano e Strossner cadono a sedere)

MARIANO          Ce ne sta un altro…

NORMA              Ero giovane, appassionata, inesperta…

STROSSNER      Uh, madonna… (a Mariano) Avvocà, mi dovete credere è stata una passeggiata in una grotta. (a Norma) Siete sicura? Non è che in quell’anno ad Amalfi c’era pure l’avvocato?

MARIANO          Neh, Strossner, abbiate bontà!

NORMA              Sono sicura, sono sicura.

STROSSNER      E dove sta il bambino?

NORMA              Luciano non si trova. Stava in mezzo al mare…

STROSSNER      Ed è naufragato… (Mariano gli batte manate di incoraggiamento sulla schiena)

NORMA              No, era andato a porto Azzurro… Diciamo meglio, ce l’avevano portato.

STROSSNER      Una vacanza con gli amici?

NORMA              No, fa il carcerato. Gli hanno dato ventidue anni, figlio mio bello.

MARIANO          (a Strossner) Fatevi coraggio!

STROSSNER      Avvocà, levate la mano. (con decisione) Mi dispiace, ma quello non può essere figlio a me.

MARIANO          E perché?

STROSSNER      Per il semplice motivo che io sono omosex. In altre parole, avvocato e con decenza parlando, io sono ricchione.

MARIANO          (subito, infastidito) Ma faciteme ‘o piacere!

STROSSNER      Mi dovete credere, quant’è vera ‘a Madonna. Mi credete?

MARIANO          No! Uno arriva e dice io so ricchione e io gli debbo credere su due piedi? E questo che è? senza referenze. (un tempo) Avete referenze? Non le avete. Strossner, considero la vostra dichiarazione un caso di umorismo transitorio e vi invito ad affrontare le vostre responsabilità di padre.

STROSSNER      Ce aggio pruvato!

NORMA              Lo sapevo che San Rocco non mi abbandonava. In due giorni ho trovato il padre di Ernestino e quello di Luciano. Mariano, l’emozione me lo sta facendo venire… Io allucco!

MARIANO          (a Strossner) Mantenetevi alla sedia. (i due si ancorano mani e piedi alla rispettiva sedia)

NORMA              (gridando) Io mi vado a rimettere in agonia. (esce a sinistra)

MARIANO          (dopo una lunga pausa) E così, Strossner, ci siamo scoperti parenti…

STROSSNER      Ma noi che siamo l’uno all’altro?

MARIANO          (meditando) Io sono zio di vostro figlio e voi del mio… No…   consuoceri… No, io sono il padre di mio figlio e voi del vostro…

STROSSNER      Ma tra noi due che siamo?

MARIANO          Che ne saccio?… co-padri… Compari… (un tempo) Facciamo così, Strossner: siamo soci nella stessa cooperativa. (Strossner scoppia a piangere sul petto di Mariano) E non fate cosi, jammo. Da oggi vi passo pure gli assegni familiari. (fuori di scena un grido straziante di Norma) Mò quella si fa venire un secondo collasso emotivo… (Ed esce di corsa a sinistra. Dal fondo entra la signora Javarone, circospetta)

LA JAVARONE  Centomila lire per voi.

STROSSNER      Sono arrivati gli assegni familiari… (la riconosce. si alza) Signora, volete  papà?

LA JAVARONE  Il papà di chi?

STROSSNER      Il vostro. Lo chiamo subito.

LA JAVARONE  E perché, lo volete disturbare? Quello sta a Salerno!

STROSSNER      L’altro papà.

LA JAVARONE  L’altro? Quanti ne tengo?

STROSSNER      Vostro marito non vi ha detto niente?

LA JAVARONE  Quello non dice mai niente… Pensa solo se tiene o non tiene le corna. Questa gratifica è il prezzo di un informazione. Che è venuto a fare il sacerdote?

STROSSNER      Quale?

LA JAVARONE  Quello che è stato qui. L’ho seguito per strada, l’ho visto entrare, trattenersi e uscire. E mò, per centomila lire, voglio conoscere il motivo della sua visita.

STROSSNER      (soppesando la busta nel timore di perderla) ‘O prevete… Secondo me è venuto a benedire l’agenzia.

LA JAVARONE  Non portava l’aspersorio.

STROSSNER      È venuto a dare i conforti religiosi alla moribonda che sta di lù.

LA JAVARONE  Non può dare conforti religiosi.

STROSSNER      È fuori servizio?

LA JAVARONE  Il perché lo so io. (entra Mariano voltando le spalle ai due)

MARIANO          (verso l’interno) E se non vi passa tra dieci minuti, ve ne faccio bere un altro mezzo litro.

STROSSNER      Avvocà, la madre dei nostri figli ha avuto di recente l’estrema unzione?

MARIANO          Vulesse ‘a Madonna! Intanto le ho fatto bere mezzo litro di camomilla. (girandosi vede la signora) Ah, signora, voi state qua?

LA JAVARONE  Mi apettavate?

MARIANO          No… ma… (scambia con Strossner uno sguardo imbarazzato) Vostro marito non vi ha detto niente?

LA JAVARONE  (innervosita) Ma che è ‘sta cosa che mi deve dire?

MARIANO          Non ve l’ha detto. E già, quello in testa tene ‘na cosa fissa.

STROSSNER      Due cose fisse, avvocà, due.

MARIANO          (alla signora Javarone) Allora quale motivo vi porta qui?

STROSSNER      Vuole sapere che è venuto a fare il prete che è venuto qui?

MARIANO          Don Gaspare Maglietta?

LA JAVARONE  (facendo ballare un piede) Si chiama Gaspare Maglietta? eh?

MARIANO          Così ricordo.

LA JAVARONE  E che voleva?

MARIANO          Notizie del marito di una nostra cliente.

LA JAVARONE  Il signor Cimmino, immagino.

MARIANO          Come lo sapete?

LA JAVARONE  So, so e basta. Vi ha detto perché voleva notizie?

MARIANO          Per rassicurare i parenti della signora, che sono in ansia.

LA JAVARONE  (facendo ballare un piede) I parenti in ansia… E bravo! Naturalmente, era premuroso, ansioso pure lui; magari gli è scappata anche qualche lacrima di commozione… Vi è sembrato un prete normale?

MARIANO          No, ce l’aveva brutto con Ciceruacchio e con la marina svizzera.

LA JAVARONE  (agitata) Mi dovete dire se era premuroso e ansioso nei riguardi della signora Cimmino.

MARIANO          Uh, avete voglia! Secondo me, quel don Gaspare Maglietta, è uno che non me la conta giusta.

LA JAVARONE  Lo immaginavo. Siamo dunque al ripensamento, al pentimento… e io… io sono sul punto di essere tradita.

MARIANO          Con tutto il rispetto, signora, proprio voi non dovreste parlare di tradimento.

LA JAVARONE  Siamo alla predica?

MARIANO          No, ma in qualità di suocero… (si corregge) I sorci! (si porta una mano ai reni) Questi calcoli mi fanno vedere i sorci verdi. Dicevo, in qualità di…

STROSSNER      Sorcio verde…

MARIANO          In qualità di uno che vi può essere padre…

STROSSNER      Diciamo meglio: suocero.

MARIANO          In qualità di uomo di esperienza vi dico che non sta bene. D’accordo, diciamo che vostro marito Ernestino non è un Apollo… ma in aggiunta alla bruttezza ha da tenè pure le corna? Signora mia, pensiamo anche alle convenzioni sociali… Quel giovane ha una madre, un padre…

LA JAVARONE  Risparmiatevi la predica, per piacere. Che ne sapete voi della passione che infiamma e divora? Quel che volevo sapere l’ho saputo. Arrivederci e grazie. (via in fretta dal fondo)

MARIANO          Voi capite che quella mi è nuora? (prende la busta dalle mani di Strossner e l’agita in aria) Qui si pone il caso di coscienza.

STROSSNER      A me che mi è la signora?

MARIANO          A voi niente.

STROSSNER      Allora a me il caso di coscienza non si pone. (riprende la busta e l’intasca)

JAVARONE        (fuori di scena) Addò sta? Non lo mantenete. Quant’è vero Dio l’appendo al balcone.

MARIANO          Javarone ha avuto il numero dalla Sip. Strossner, intrattenetelo voi… (entra precipitosamente nella porticina a destra, verso il proscenio, mentre dalla porta di fondo entra Javarone)

JAVARONE        (tuonando) Babbo, dove state?

STROSSNER      Il babbo non c’è.

JAVARONE        La telefonata è partita da questo ufficio. Me l’hanno confermato alla SIP.

STROSSNER      Da questo ufficio? Quale telefonata?

JAVARONE        (sedendosi alla scrivania e battendovi sopra i pugni) Da questo ufficio… da questo telefono… (il suo sguardo si posa su un foglio di carta, Javarone smette di battere e solleva il foglio, leggendo) Ieri, giorno 25, io sottoscritto Otto Strossner ho telefonato a quell’animale del signor Ernestino Javarone…

STROSSNER      (senza realizzare) Lassate sta, serve per il diario storico… (Sgrana di colpo gli occhi. sospensione. Javarone si alza lentamente e sfila la rivoltella dalla tasca posteriore)

JAVARONE        (con sussiego guappesco) Quindi avete telefonato voi e mi avete dato pure dell’animale per iscritto…

STROSSNER      (arrampicandosi sugli specchi) A voi? Quando mai? È scritto all’animale di Javarone, ci sta una preposizione articolata. Se appresso a me fate l’analisi logica del periodo…  (categorico) Voi tenete un animale in casa?

JAVARONE        Sissignore.

STROSSNER      (tra sé) Assa fa ‘a madonna. (a Javarone) Appunto. Ho telefonato all’animale del signor Javarone. Quell’animale è scritto. Quello.

JAVARONE        (con lo stesso tono pacatamente minaccioso) Io tengo due gatti. A quale dei due?

STROSSNER      A quello che poteva venire all’apparecchio se non teneva altri impegni.

JAVARONE        E che tenevate a ce dicere ‘o gatto?

STROSSNER      Un’imbasciata del babbo. Gli voleva fare la sorpresa di una zuppetta di alici puteolane fresche di giornata. Un pensiero delicato del babbo.

JAVARONE        (solleticandogli il mento con la canna della pistola) Amico, siete incorso in tre errori: avete telefonato voi, avete insinuato che la mia signora mi tradisce e, lo apprendo mo, mi avete ingiuriato dandomi dell’animale.

STROSSNER      Javarò, mi meraviglio di voi che – avendo la fronte e le sopracciglia di uomo di dottrina – incorrete in questo equivoco infantile. Animale non è ingiuria. Ammesso e non concesso che l’animale dell’appunto di ufficio è riferito a voi, si tratta di una constatazione scientifica.

JAVARONE        Overo?

STROSSNER      Sissignore. Vi invito a dimostrarmi, trattato di zoologia in mano, che io, il babbo e quanti altri parliamo e ragioniamo non siamo degli animali.

JAVARONE        Parlate per voi.

STROSSNER      Parlo per tutti. Voi mi insegnate che i regni sono tre: animale, vegetale e minerale. Poi c’è il regno dei cieli.

JAVARONE        Al quale state per andare a finire.

STROSSNER      Siccome purtroppo non siete morto (purtroppo per il regno dei cieli che conterrebbe un’anima santa in più) a quale regno appartenete?

JAVARONE        Alla Repubblica Italiana.

STROSSNER      Regno della natura. Dite.

JAVARONE        Ditelo voi.

STROSSNER      Allo stesso regno mio e del babbo, quello animale. Javarone, ah quant’è bella l’istruzione!

JAVARONE        Ammesso che le cose stanno come dite, avete omesso di specificare se sarei animale bipede o quadrupede.

STROSSNER      Ma è sottinteso.

JAVARONE        Ditelo mo, in mia presenza,e responsabilmente.

STROSSNER      Ma come, mettete in dubbio se siete bipede o quadrupede? Lo dovevo pure scrivere?

JAVARONE        Allora l’animale dell’appunto è riferito a me!

STROSSNER      No, al gatto. E che mi mettevo a specificare quell’animale quadrupede? Era sottinteso che era il gatto. Voi le alici le mangiate a zuppetta?

JAVARONE        Non le mangio proprio.

STROSSNER      Oh, e mi mettevo allora a telefonarvi se le alici non le mangiate?

JAVARONE        Voi ve ne state andando per i vicoli.

STROSSNER      Nossignore, io sto ragionando e voi e ‘sta rivoltella siete fuori strada.

JAVARONE        Appunto nei vicoli, perdio.

STROSSNER      Non imprecate neppure nei vicoli che San Rocco si piglia collera.

JAVARONE        Specificate.

STROSSNER      Javarò, la cosa è ovvia. Non potete essere un animale quadrupede. Mi avete mai sentito dire: “A Javarone manca solo la parola”.

JAVARONE        No, sentite, io vi sparo, quant’è vero Dio.

STROSSNER      Mi sparate?

JAVARONE        Vi sparo.

STROSSNER      Non potete. Non tengo ‘o panciotto addosso.

JAVARONE        (lo fissa attonito) Avete detto panciotto?

STROSSNER      Eh, panciotto.

JAVARONE        Ma io vi sparo pure se state in mutande.

STROSSNER      Non potete. Altrimenti il panciotto che ci sta a fare in ufficio?

JAVARONE        E a me che me ne importa.

STROSSNER      A voi no, ma a me sì: la pelle è mia.

JAVARONE        Sentite, io già tengo un buon motivo per spararvi, mo vi mettete a parlare difficile ne ho un secondo.

STROSSNER      Che sciocchezze. Un motivo annulla l’altro, perché se me sparate una prima volta, che mi sparate a fare la seconda?

JAVARONE        Per infierire.

STROSSNER      Su un cadavere? Che vergogna!

JAVARONE        Il primo colpo lo posso mancare.

STROSSNER      Non potete, dal momento che mi trovo senza panciotto. Se lo tenessi, il primo colpo non mi farebbe né caldo né freddo, nel qual caso avreste diritto di sparare una seconda volta… Che so, a una coscia.

JAVARONE        Io miro alla pancia.

STROSSNER      Se lo tenessi, ci trovereste il panciotto; quindi è inutile che sprecate un colpo.

JAVARONE        Allora vi sparo direttamente alla coscia.

STROSSNER      E perché, dal momento che, non tenendo il panciotto, mi potete sparare direttamente nella pancia?

JAVARONE        Madonna, io esco pazzo. Ditemi voi dove vi debbo sparare.

STROSSNER      Se proprio non potete farne a meno, sparate in aria Javarò. E poi c’è un argomento principe per cui non mi potete sparare. Ernestì, io sono il babbo di Luciano.

JAVARONE        Luciano chi?

STROSSNER      Vostro fratello.

JAVARONE        ‘O carcerato?

STROSSNER      ‘O carcerato. Ernestì io sono vostro zio.

JAVARONE        Overo?

STROSSNER      Sul mio onore.

JAVARONE        E come avete fatto?

STROSSNER      Come ha fatto il babbo con mammà.

JAVARONE        (con un sorriso radioso) Amalfi… la regata storica….

STROSSNER      La grotta dello smeraldo….

JAVARONE        Ma voi vedete… Il babbo di Luciano… Quindi mi siete zio… E posso mai appendere a uno zio mio fuori al balcone?

STROSSNER      Eh, vi pare? (si abbracciano)

JAVARONE        Però, zio, mo mi dovete spiegare bene ‘sti rapporti che scrivete. Il fatto si riassume in una domanda: io le corna le tengo o no?

STROSSNER      Venite che ve lo spiego. Leggendo la relazione capirete come si è ingenerato l’equivoco. (uscendo con lui a destra) C’era una manifestazione di disoccupati, la polizia ha incominciato a menare le bombe lacrimogene… (chiude la porta, dal fondo entrano Sisto e la signora Cimmino)

SISTO                  Gesù, Gesù, le cose della vita. Mi dovete credere, signora: se qualcuno me lo veniva a raccontare lo facevo chiudere in manicomio. (lei si mette a sedere sul divano in posa languida) Ventisei anni fa, io lavoravo a Sessa Aurunca in un cantiere stradale. Un giorno, sulla spiaggia di Mondragone, faccio conoscenza con una signora che villeggiava da quelle parti e, che è che non è, nasce una violenta simpatia, tanto che un pomeriggio ci siamo andati a sperdere in una campagna ai piedi della montagna in in mezzo ad alberi, uccellini e bufalotti. Embè, la signora che ho seguito poco fa era proprio lei. E questo sarebbe niente: a mia insaputa, mi ha fatto omaggio di un figlio concepito nella grotta.Gesù, gesù, cos’’e pazze! (un tempo) Qua non c’è nessuno, tutto tace, e allora andiamo a ricomporre il mosaico. (Esce dal fondo. La porta di destra si apre ed entra mariano con estrema cautela. Va in punta di piedi verso la porta di Strossner e vi poggia l’orecchio, mentre la signora Cimmino si libera del vestito e si sdraia sul divano in posa provocante).

MARIANO          (stranito) Stanno ridendo. (Si volta, scorge la signora Cimmino, ha un trasecolamento. Lei muove lentamente un dito, facendogli cenno di avvicinarsi. Mariano le risponde con un sorriso che subito si spegne) No, signora, non facciamo pigliare collera a don Gaspare. Fate la parrocchiana seria.

LA CIMMINO     Io ci ho ripensato: il fac-simile è meglio dell’originale.

MARIANO          Non adulate. La carne è debole… C’è una moribonda in casa… (Si siede alla scrivania e finge di lavorare. Lei si alza e gli si avvicina procedendo flessuosamente, si siede sul bracciolo della poltrona e gli fa scorrere un dito sulla nuca) Signora, ferma col dito… Quello non è un fac-simile… Mo piglio lo spadone e mi metto in posa, va bene? Così v’arrecriate gli occhi… (lei lo fa alzare e lo guida verso il divano) Dove andiamo? (incomincia a cantare) “Piscatore d’’o mare ‘e pusilleco…” (La signora Cimmino lo rovescia sul divano e preme addosso a lui con tutto il corpo, mentre Mariano pedala con le gambe in aria) Datemi la sfogliatella, sì? (dal fondo entra Caterina con qualche sacchetto della spesa)

CATERINA         Uh, Mariano, ti stai facendo fare l’intramuscolare? (guardando altrove) Sei indecente? Posso guardare? (si volta, insospettita, e lancia un urlo) Marià, che stai facendo?

MARIANO          (con voce soffocata) Voglio ‘a sfogliatella!

CATERINA         A’ faccia d’e calcoli renali!

NORMA              (entrando da sinistra) Il padre di mio figlio in flagrante copula carnale! (emette il sibilo e piega le ginocchia)

CATERINA         Norma! (la sorregge ed esce con lei da sinistra)

DON GASPARE (fuori di scena) Avvocato, sono sconvolto!

MARIANO          Avete visto? Si è pigliato collera don Gaspare.

DON GASPARE (fuori di scena)  Non reggo più!

LA CIMMINO     (alzandosi turbata) Di chi è quella voce?

MARIANO          Di don Gaspare.

LA CIMMINO     (vergognandosi della propria nudità) Oh, Dio!

(si guarda intorno e corre a rinchiudersi nello sgabuzzino)

MARIANO          Lì no. Non ci sta aria… (Ma lei ha già chiuso la porta. Da quella di fondo entra don Gaspare con aria affranta)

DON GASPARE Non trovo pace, credetemi. Da quando ho sentito il vostro racconto, sto vivendo ore d’inferno. (schiaffeggiandosi) Come ho potuto farlo?

MARIANO          Che avete fatto?

DON GASPARE E lei, povera creatura innocente, non vive che per il marito… macerandosi nel tormento… (con aria allucinata) Sono venuto a confessare.

MARIANO          (indicando a sinistra) Dovete confessare la moribonda?

DON GASPARE Sono io che mi debbo confessare. (mettendogli entrambe le mani sulle spalle) Vi prego di ascoltare la mia confessione.

MARIANO          (allarga le braccia, con modestia) Se mi ritenete degno…

DON GASPARE Sì, siete un galantuomo. Ascoltatemi. (si mettono a sedere, in modo che Mariano sembri il confessore e don Maspare il penitente)

MARIANO          Dite.

DON GASPARE Io, vedete, ero felicemente sposato…

MARIANO          Avete ottenuto la dispensa di Sua Santità?

DON GASPARE Ma qua dispensa! Non mi distraete… (col tono iniziale) Ero sposato con una santa donna.

MARIANO          Una suora…

DON GASPARE Una cara e dolce creatura che mi rendeva felice. Lei mi ha redento, capite? Prima di conoscerla facevo il falsario… (mariano lo guarda attonito) Passaporti, patenti, Buoni del tesoro… Ma con lei la mia vita è cambiata da così a così. Mi sono messo a disegnare onestamente fumetti pornografici e ho ripreso la mia attività sportiva.: schermitore… (Mariano ha gli occhi sbarrati) Un giorno – maledetto giorno – un lampo, una luce accecante e sento divampare quella che credevo una grande passione. Abbandono casa e moglie.

MARIANO          Per farvi prete…

DON GASPARE Per una donna. (con sarcasmo) La grande passione, tsè! Un fugace fuoco di paglia, invece… Figuratevi: facevamo progetti, Brasile, India, Un battello sul Nilo e invece è finito in un monolocale accessoriato al Ponte di Tappia…

MARIANO          ‘O ponte ‘e Tappia…

DON GASPARE Dopo avere annunciato a mia moglie che me ne andavo a Brescia per partecipare a un quadrangolare di sciabola, mi andai a chiudere nel monolocale come in una prigione, per viverci due, tre ore di passione nelle ore pomeridiane. Un giorno, mentre prendevo una boccata d’aria, scorgo mia moglie per la strada, la seguo a distanza e la vedo entrare qui…

MARIANO          Reverè, stiamo sempre parlando della signora Cimmino?

DON GASPARE E di chi se no?

MARIANO          Quindi voi sareste?

DON GASPARE Io sono Cimmino, travestito indegnamente da sacerdote.

MARIANO          (alzandosi di colpo) Abbiamo trovato Cimmino! (Fa per slanciarsi verso la porta dello sgabuzzino, ma si ferma davanti alla vista del vestito della signora Cimmino. Mentre il falso don Gaspare continua a parlare assorto nei suoi pensieri, inizia l’opera di avvicinamento al divano)

DON GASPARE Il racconto che mi avete fatto mi ha toccato il cuore. E io che avevo sospettato che dietro l’insegna dell’agenzia si nascondeva la losca attività di una casa-squillo. (Mariano ha raggiunto l’indumento e con la punta del piede l’ha spinto sotto il divano) Dalla mia immaginazione malata già me la vedevo nuda aggirarsi per quest’ufficio o magari nascosta in chissà quale stanza. Sang’ d’à marina svizzera, come ho fatto a crederla capace di simili brutture? Enrichetta mia, perdonami! (da pochi istanti è entrata dal fondo, non vista dai due, la signora Javarone)

LA JAVARONE  Ah, Enrichetta tua… E io che sono mo? Sono diventata una pezza da piedi?

DON GASPARE Adelaide!

MARIANO          Ma come, la donna è lei? Mia nuor… La moglie di un mio cliente?

DON GASPARE Adelaide, vade retro!

LA JAVARONE  (dando una busta a mariano) Cinquecentomila lire per voi.

MARIANO          A quale titolo?

LA JAVARONE  (prendendo una rivoltella dalla borsetta) Non avete visto e non avete sentito niente. (Punta la pistola contro Gaspare. Mariano tenta, ma inutilmente, di disarmarla)

MARIANO          Rispettate la veste che indossa.

LA JAVARONE  È una veste falsa come il suo cuore. Io lo sparo.

MARIANO          Non potete.

LA JAVARONE  Chi lo dice?

MARIANO          Io. State in casa mia.

LA JAVARONE  Il pianerottolo fa parte della casa?

MARIANO          No, è condominiale.

LA JAVARONE  Allora lo sparo sul pianerottolo. (a don Gaspare) Esci fuori!

MARIANO          Ve lo proibisco anche in qualità di condomino. E se non basta, in qualità di suocero.

LA JAVARONE. Suocero di chi?

MARIANO          Di mia nuora. I suoceri, per legge, sono equiparati ai commissari di pubblica sicurezza. Signora, passatevi la mano sulla coscienza, ve la sentite di soffocare così brutalmente un uomo pagando, per di più, con trent’anni di galera?

LA JAVARONE  (scoppiando a piangere e dando la rivoltella a Mariano) Vedete come mi ha ridotta? Al punto che stavo per commettere un atto irreparabile… (a don Gaspare) Ma perché, perché mi vuoi lasciare? (lo abbraccia) Io ti ho dato la mia vita… Per te ho tradito quella perla di Javarone… Ho disceso la china fino a toccare il fondo e tu vieni qui a gridare Enrichetta mia! (la porta dello sgabuzzino si apre ed entra la signora Cimmino)

LA CIMMINO     Aria! La dentro si soffoca…

DON GASPARE Enrichetta mia!

LA CIMMINO     Gaspare! (con altro tono) Ma come, ti sei fatto prete a Brescia e tieni abbracciata un’altra donna?

DON GASPARE No, mo ti spiego… (nota il suo abbigliamento succinto) E tu così ti fai trovare? Nuda in una casa squillo? (a Mariano) ‘A sfogliatella, eh? Piscatore ‘e Pusilleco… (disarma Mariano) Io vi sparo a tutti e due, quant’è vero ‘a Madonna!

MARIANO          Fermo! Reverendo, fatemi spiegare. (don Gaspare si fa più minaccioso) Reverendo, di questo passo non diventate mai vescovo.

DON GASPARE E io fesso fesso, che sono caduto nella trappola. Sicché venivi qui per affrettare le ricerche… ‘o cablogramma… il collegamento col satellite artificiale…

LA CIMMINO     Ma che hai capito? Io dell’avvocato mi servivo come di un fac-simile.

MARIANO          (gridando) Strossner! Sisto! (entrano Strossner e Sisto da punti diversi).

SISTO                  (indicando don Gaspare e la signora Javarone) Avvocato, gli amanti diabolici! Ve l’ho detto che ve li trovavo entro oggi.

NORMA              (che è entrta da sinistra con Caterina) Gaspare!

DON GASPARE Mammà.

MARIANO          Mammà?

NORMA              Figlio mio bello, dove sei stato tutto questo tempo? Ti sei fatto prete?

DON GASPARE È un travestimento.

NORMA              Meno male. Io intanto ti ho preparato una sorpresa. Ho trovato papà tuo.

DON GASPARE (trepidante) Dove sta?

NORMA              (indicando Sisto) Eccolo.

STROSSNER      (stringendo la mano a Sisto) Congratulazioni.

SISTO                  Gesù, Giuseppe e Maria! L’amante diabolico è figlio a me… Ed è pure canonico…

STROSSNER      (a Sisto) In quale grotta vi siete iscritto alla cooperativa?

SISTO                  La grotta dei Fratelli Bandiera. (bacia la mano a don Gaspare) Figlio mio…

NORMA              (A DON GASPARE) E questo è zio Mariano. Il padre di Ernestino.

DON GASPARE Uh, mi siete zio?

LA JAVARONE  Oddio, mio suocero! (da destra entra Javarone)

JAVARONE        Neh, Adelaide, tu che fai qui?

LA JAVARONE  Sono venuta a conoscere papà.

JAVARONE        Ah, già. Oh, dato che ci troviamo insieme… Papà, da padre, col cuore in mano, io tengo le corna?

MARIANO          Noooo.

JAVARONE        (alla signora Javarone) ‘E visto, Sei contenta mo?

LA JAVARONE  (timida) Se lo dice papà…

NORMA              Ernestì, questo è tuo fratello Gaspare.

JAVARONE        (sbrigativo) Piacere.

DON GASPARE (c.s.) Lieto. Mammà, questa è Enrichetta, mia moglie…

NORMA              (pudica) Conosco…. Conosco…

DON GASPARE Quella stava stipata di là così come la vedete e io ancora debbo capire ‘stu fatto del fac-simile. Zio Mariano, da zio col cuore in mano, io tengo le corna?

MARIANO          Noooo.

DON GASPARE Eravate un fac-simile. Insomma, tenevate in caldo la mia immagine.

MARIANO          Appunto.

DON GASPARE Meno male.

NORMA              (a don Gaspare) Questa è  zia Caterina e questo è zio Strudell, il padre del carcerato.

STROSSNER      Strossner, per piacere. Non stroppiate ‘o nome d’o zio.

NORMA              (a Mariano) Vedete che figli? (A SISTO) Vedete che pezzi di giovani? Grazie, san Rocco, grazie. (a Mariano, Strossner e Sisto) Voi siete i padri dei miei figli e io ho il dovere di provvedere a voi. San Rocco ha voluto questo incontro miracoloso e nessuno ci potrà più separare.

MARIANO          Come, come?

NORMA              Resto con voi. Restiamo insieme, tutti; famiglia unita per accudirci, curarci e confortarci a vicenda in questo mondo così pieno di pericoli e di brutture. Non replicate, non vi mettete in cerimonie. Adesso ringraziamo con una bella preghiera chi dobbiamo ringraziare. (con gli occhi al cielo) San Rocco, san Gennaro, Sant’Antonio abate… Dite tutti insieme a me…

TUTTI                 (eccetto mariano, che è crollato sul divano) … San Ciro, anime del purgatorio, Roberto d’Angiò, San Gioacchino, Carlo terzo, San Giovanni a Teduccio, Vittorio Emanuele II, Santi Cosma e Damiano, San Diego, Sant’Armando, Maradona…

CATERINA         (giuliva) E mo tutti a festeggiare. Sciampagna! Sciampagna! (entra il Trapiantato)

TRAPIANTATO (a Mariano) Avvocato mio, alla televisione non mi hanno voluto. Hanno detto che tengo un lieve difetto di pronuncia. (norma si volta a guardarlo)

NORMA              Carlo Maria!

TRAPIANTATO (stupito) Signora… Mi sapete? Ci conosciamo?

NORMA              Non vi ricordate? Vent’anni fa, Rodi Garganico, la grotta di Ettore Fieramosca.

TRAPIANTATO La signora Norma! (a Mariano) Uuuh, avvocà…

MARIANO          Uh, ma voi vedete. (a Norma) Quant’anni tène mo ‘o piccerille?

NORMA              Diciannove.

MARIANO          Anima di Dio! E che fa?

NORMA              Il motociclista su un mezzo meccanico giapponese.

MARIANO          È un corridore?

NORMA              No, è scippatore.

MARIANO          Anima di Dio!

NORMA              (al Trapiantato) Mo vi racconto… (in disparte con il Trapiantato)

MARIANO          (gridandogli dietro) Carlo Marì, avete trovato sistemazione!

ARISTIDE           (entra trafelato trascinando un ragazzo che somiglia inverosimilmente, tic compresi, al Trapiantato) Avvocà, avvocà. (cercando con lo sguardo la moglie) Dove sta la mia cara Ofelia, gli debbo chiedere perdono in ginocchio per avere dubitato della sua fedeltà.

MARIANO          Calmatevi, che è successo?

ARISTIDE           (mostrando un foglio) Ho avuto il rapporto del vostro agente di Capri. Nella grotta Azzurra non è successo niente, (guardando Ofelia con affetto) Santa donna, in quel periodo faceva la dama di compagnia ad un ospite del Quisisana, un povero invalido in convalescenza che aveva subito un trapianto. Queste erano le prestazioni speciali. (CORRE AD ABBRACCIARE OFELIA)

MARIANO                   E stammece zitte! Avete visto, di carta o di osso, le corna le abbiamo tolte pure a voi.

OFELIA                        Sei convinto mò? Ma come hai potuto solamente dubitare della mia onestà! (ABBRACCIA ARISTIDE)

STROSSNER      E certo, come avete potuto dubitare, chillo, vuje e ‘o piccerillo siete due gocce d’acqua. (SCAMBIANDOSI UN OCCHIATA CON MARIANO INDICANDO FURTIVAMENTE IL TRAPIANTATO. POI INSIEME A MARIANO SI AVVICINA AL PROSCENIO)

         Avvocà, fatemi capire. (ANGOSCIATO) Il carcerato m’è figlio, ma pure l’amante diabolico e lo scippatore ci sono nipoti?

MARIANO                   Quello che ci sono ci sono. Grandezza di Dio, siamo tutti una sola famiglia con questi figli delle colpe…

STROSSNER      Corna, scippi, galera. E che dirà la clientela quando lo viene a sapere? Non pare brutto?

MARIANO                   Nella disgrazia siamo fortunati, Strossner. Pare brutto, ma resta in famiglia.

SIPARIO