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AL BUIO

TITOLO ORIGINALE DELL'OPERA SCHLAGWETTER

Radiogramma

diWOLFANG ALTENDORF

VERSIONE E ADATTAMENTO DI ITALO ALIGHIERO

                                   

PERSONAGGI

STEIGNER, 45 anni

OLFEN, 26 anni

FRITZ, 17 anni

LA SIGNORA STEIGNER, 40 anni

LA SIGNORA OLFEN, 20 anni

MAMMA SCHNEIDER, 50 anni

PETRI, 60 anni

L’INGEGNERE, 35 anni

Commedia formattata da

 (Si ode il rumore di un'esplosione che si ripercuote allontanandosi.

Silenzio. Atmosfera sonora: la galleria di una miniera bloccata da una frana. Suoni cupi, soffocati).

Steigner                         - (in 2° p.) Ehi... ehi, Olfen?! (Fritz geme:l p.) Olfen! Olfen! Dove sei? Maledetto schifo!

Olfen                             - (2° p.) Cos'è successo?

Steigner                         - E Fritz? Dove Fritz? E' lì con te il ragazzo, Olren?

Olfen                             - (stordito) Ma cos'è? Cos'è stato?

Steigner                         - Luce! (Manipola un oggetto metallico, poi lo scaraventa via) Al diavolo! Funziona ancora la tua lampada, Olfen?

Olfen                             - (breve pausa) Non la trovo più. Ma di' Steigner, che cosa è accaduto? (Fritz geme).

Steigner                         - C'è qualcuno che geme, qui. Sei tu, Fritz? Fritz! Dove sei, Fritz? Che buio della ma­lora! (Fritz germe).

Olfen                             - Chi è che fa così?

Steigner                         - Il ragazzo. Si dev'essere ferito da qual­che parte. Ehi, Fritz! Fritz, dove sei? (Lento avvicinamento. Pausa. In 1° p) Che buio schifoso. To' eccolo qui! Che cos'hai, di', ragazzo? Cosa ti senti? (Fritz geme) E' stato colpito. 'Sto lurido buco! Il ragazzo è stato colpito, Olfen.

Olfen                             - (2° p.) In che punto?

Steigner                         - Non si vede un accidente. Che razza di esplosione, eh? Proprio coi fiocchi.

Olfen                             - (avvicinandosi faticosamente) Ma come è successo?

Steigner                         - Vieni qua. Da questa parte. E conti­nua a cercare: forse trovi ancora la tua lampada.

Olfen                             - No, non c'è più. Mi è stata come strappata di mano.

Steigner                         - Ah! (Pausa) Ecco cos'era.

Olfen                             - (avvicinandosi) Che cosa?

Steigner                         -  Ilpiede.

Olfen                             - Il piede?...

Steigner                         - Sì, non c'è più. Siparito. E qui è tutto 'bagnato. [Striato di stoffa lacerata).

Olfen                             - (1° p.) Che fai?

Steigner                         - Lo bendo. Ci sei, finalmente? Siamo qui. (Fritz geme).

Olfen                             - E' ancora vivo.

Steigner                         - Aiutami a bendarlo. Mettiti dall'altra parte. Bravo: e adesso alzagli un po' la gamba.

Olfen                             - Così? (Fritz geme) Mi vien male.

Steigner                         - Si vedesse almeno qualcosa! Ha perso la conoscenza, il ragazzo. Be', ringraziamo il cielo.

Olfen                             - Hai finito?

Steigner                         - Subito. Poveraccio. Proprio lui, così giovane. E tu, ti sei fatto niente?

Olfen                             - ..non so. Mi ronza la testa.

Steigner                         - fatto. Più di questo non posso farti, ragazzo mio. Purché non si svegli e si metta a ur­lare.

Olfen                             - Ma insomma, cosa diavolo è successo? (Si allontana faticosamente) Ecco, qui è chiuso.

Steigner                         - Sì. La frana. Uno scoppio di grisou. Siamo sepolti.

Olfen                             - Sep... sepolti?!

Steigner                         - Già.

Olfen                             - E... e adesso?

Steigner                         - Niente. Si aspetta. Finché vengano a tirarci fuori.

Olfen                             - (pausa) E... e se non vengono?...

 

Steigner                         - Sciocchezze.

Olfen                             - Ma è... ma è possibile che accadano an­cora cose simili? Dobbiamo dunque crepare qua dentro?

Steigner                         - Ti dico che ci tirano fuori.

Olfen                             - Dipende da quanto è lungo il tratto di galleria che è crollato.

Steigner                         - Sì, certo.

Olfen                             - E se... e se basterà l'aria.

Steigner                         - (breve pausa) Bruciano gli occhi an­che a te?

Olfen                             - Ma se l'aria non bastasse?

Steigner                         - Gli occhi mi bruciano come il fuoco. Che dipenda dalla polvere?

Olfen                             - Che cosa?

Steigner                         - Qua, i miei occhi.

Olfen                             - Dobbiamo... dobbiamo uscire! (Trambu­sto, qualche passo: in 2° p.} pietre smosse).

Steigner                         - Che fai, laggiù?

Olfen                             - (2° p.) Dobbiamo uscire! presto, presto! Vieni qua, aiutami!

Steigner                         - (energico) Giù le mani, Olfen.

Olfen                             - Dobbiamo uscire. Qui si crepa tutti! Mo­riremo asfissiati.

Steigner                         - Ti ho detto giù le mani, Olfen! Vuoi che la frana si estenda? Può succedere come nien­te, sai. E allora, buonanotte davvero!

Olfen                             - Ma insomma, non possiamo 'mica...

Steigner                         - Dobbiamo! Non toccare.

Olfen                             - (pausa. Torna in 1° p.) Ma senti, Stei­gner...

Steigner                         - Bisogna puntellare la galleria, se no ricomincia a franare.

Olfen                             - Ma perché non vengono a tirarci fuori?

Steigner                         - Stanno già lavorando.

Olfen                             - E se noi asfissiamo?

Steigner                         - Ma piantala!

Olfen                             - (ansimando) Aria!... aria!... (Fritz geme).

Steigner                         - Buono, ragazzo, buono. Non si rende conto di niente, lui. In questo è più fortunato di noi.

Olfen                             - Credi?

Steigner                         - Diciassette anni! Gli han fatto cre­dere ch'era un mestiere senza pericoli. Una buona paga, una bella casa. E un bel giorno, che è che non è, si trova sepolto in fondo a un pozzo.

Olfen                             - Anche a noi hanno contato le stesse storie.

Steigner                         - Che c'entra? Noi abbiamo visto di peggio. Siamo stati in guerra, noi. Dobbiamo accon­tentarci.

Olfen                             - (ironico) Mi piace! Accontentarci, e cre­pare qua dentro.

Steigner                         - Noi la nostra vita l'abbiamo vissuta. E sappiamo ch'era una gran boiata.

Olfen                             - Perché boiata?

Steigner                         - Perché sì.

Olfen                             - La tua, forse. Ma la mia!... Io non vo­glio soffocare qua dentro!

Steigner                         - Ma che soffocare e soffocare! L'aria non manca.

Olfen                             - Già, ma quando sarà consumata"?

Steigner                         - Be', ci addormenteremo, ecco tutto. E' una morte dolce: viene da sé.

Olfen                             - E se... e se qui crollasse tutto?

Steigner                         - Sarebbe già successo, stai tranquillo, (Fritz geme) Zitto, ragazzo, siamo qui con te. Po­veretto, si trova in un bel guaio.

Olfen                             - Avrebbe bisogno di aiuto.

Steigner                         - Certo. Tutto dipende dal tempo che ci metteranno ad arrivare.

Olfen                             - Credi che ci resti qualche speranza?

Steigner                         - Finché viviamo. Finché non molliamo. I lavori di soccorso sono organizzati alla perfe­zione. E ci tireranno fuori, vivi o morti : questo non dipende da noi.

Olfen                             - Che cosa dobbiamo fare?

Steigner                         - Sdraiarci e star zitti. E' la cosa mi­gliore. Respirare il meno possibile. Risparmiare os­sigeno. Fuori l'aria non manca, ma qui è razionata. (Ride) Restrizione obbligatoria!

Olfen                             - E intanto si diventa matti, eh? Questa oscurità mi fa impazzire. Se dura ancora un po' mi dà di volta il cervello.

Steigner                         - Con una buona cura, poi, tornerai normale.

Olfen                             - (pausa) Sei sposato, Steigner?

Steigner                         - Io? (Ride amaro) Eccome!

Olfen                             - Mia moglie non lo sopporterà.

Steigner                         - E perché? La morte è una cosa così definitiva che tutti la sopportano.

Olfen                             - Le avranno avvertite le nostre donne?

Steigner                         - Anche quello fa parte del meccani­smo.

Olfen                             - E allora?

Steigner                         - E allora in questo momento sono se­dute lassù, e aspettano. E il vecchio Petry sta al telefono e comunica loro le notizie che riceve da qua sotto... (Dissolvenza).

(Ambiente sonoro. Una stanza. Mamma Schneider prega a bassa voce).

Petry                             - (2° p. : telefona) Sì... Bene... D'accordo.

                                      - (Posa il ricevitore). Sono andati avanti un bel po'. Tra poco sapremo notizie più precise. Stiamo fa­cendo tutto il possibile. (La signora Olfen in 1° p., scoppia in singhiozzi. Petry avvicinandosi) Non do­vete perdervi d'animo, signora Olfen. C'è ancora speranza. Molta speranza.

La Signora Olfen          - No, non è vero, lo so benis­simo.

Petry                             - Se fosse così, non sfacchinerebbero come tanti dannati. Quelli della squadra di soccorso, lag­giù, e l'ingegnere, nutrono speranze. E non mol­lano. In questi casi sono già accadute le cose più inverosimili, credetemi.

La Signora Olfen          - Io l'ho sempre temuto. Gior­no per giorno. O di notte, quando lui non c'era. Avevo come un presentimento. Lo sapevo, che un giorno sarebbero venuti a chiamarmi. Ma come pos­sibile che succedono cose simili? Che succedano an­cora al giorno d'oggi? (Singhiozza).

Petry                             - Sono casi eccezionali, signora Olfen. Una volta era molto peggio, (Con altra voce) Voi, a quanto vedo, mamma Schneider, avete molta più forza d'animo, eh?

Mamma Schneider        - (interrompe la preghiera) E il mio ragazzo?

Petry                             - Tutto andrà bene. Tra poco sapremo al­tre notizie.

Mamma Schneider        - Quanto ci vorrà ancora?

Petry                             - Forse un'oretta.

Mamma Schneider        - Va bene. Aspetto. (Conti­nua a pregare).

Petry                             - (torna a lenti passi in 2° p.) Una volta è capitato anche a me. La Signora

Olfen                             - A voi?

Petry                             - Già. E mi hanno tirato fuori. Anche quel­la volta mia moglie sedeva qui dentro e aspettava. Credo che se non avesse aspettato, se non avesse sperato fino all'ultimo... Io sentivo che lei era sopra ad attendermi. E mi son fatto forza. La Signora

Olfen                             - E siete rimasto nella mi­niera?

Petry                             - Son rimasto alla miniera. Non mi è nem­meno passato per la mente di andarmene. La Signora

Olfen                             - Mio marito, quando uscirà, cercherà un altro impiego.

Petry                             - Già. Anche mia moglie disse così. Eppure son rimasto. Non potevo fare altrimenti. I minatori, quella volta, hanno sgobbato come pazzi, proprio come fanno oggi. E ce l'hanno fatta, a tirarmi fuori. E adesso che non posso più scendere nella miniera... ah! Certe volte ci sono come costretto. E allora vado giù, e faccio un turno anch'io. Non so com'è, ma là sotto è un'altra cosa. C'è chi lo sente e chi non lo sente. Ma chi ilo sente resta qui qualunque cosa accada.

La Signora

Olfen                             - Mio marito non resterà.

Petry                             - Dipende dalla ipersona. Così almeno cre­do. Quanto a me, la miniera mi ha stregato.

La Signora

Steigner                         - (2° p.} entrando) Buon giorno.

Petry                             - Oh, signora Steigner!

La Signora

Steigner                         - (avanza) Si sanno altre notizie?

Petry                             - Non ancora. Ma la cosa procede bene.

La Signora

Steigner                         - Insomma, ancora niente.

Petry                             - Signora Steigner, le presento la signora Olfen.

La Signora

Steigner                         - (viene in fretto in 1" p) Mio Dio, così giovane! Dovete soffrire molto, vero? (La signora Olfen scoppia di nuovo a piangere) E mamma Schneider, che prega. Beato chi sa an­cora farlo. (Altro tono) Dov'è il direttore? Se Tè svignata?

Petry                             - Il direttore è al suo posto. La Signora

Steigner                         - Ah già. Tutti i dirigenti sono là sotto, vero?

Petry                             - Certamente.

La Signora

Steigner                         - E noi... dobbiamo aspet­tare qui?

Petry                             - Non vi sembra la cosa migliore? La Signora

Steigner                         - Certo. Non si può mai sapere...! Avete bambini, signora Olfen? La Signora

Olfen                             - (distratta) Come? La Signora

Steigner                         - Io ne ho quattro. E ho dovuto prima affidarli ai vicini. Se li sono disputati. Già, l'avvenimento è sensazionale. Da un momento all'altro siamo diventati il centro del pubblico inte­resse. E' per questo che arrivo così tardi. Ma ancor sempre troppo presto, non è vero, Petry? (Pausa) Non è molto che siete sposata, vero, signora Olfen?

La Signora

Olfen                             - Sono due anni. La Signora

Steigner                         - (assorta) Due anni... (Con tenerezza) Andrà tutto bene, vedrete. Io ho un vero fiuto per queste cose. Posso fidarmene ciecamente, dico bene, Petry?

Petry                             - Già. Infatti.

La Signora

Steigner                         - Signora Schneider! (Con­tinua il mormorio delle preghiere. A bassa voce) Dio mio, c'è anche quel ragazzo! E' un caso ben più triste. Dunque niente bambini, voi, signora Olifen?

La Signora Olfen          - No.

 La Signora

Steigner                         - Avete dunque solo vostro marito?

La Signora

Olfen                             - (piano) Sì. La Signora

Steigner                         - E lui non ha che voi, im­magino. (Prosa. Assorta) Sì, lo vedo che siete sin­cera. Dopo soli due anni, forse, si può essere an­cora così. Può darsi. La Signora

Olfen                             - Non vi capisco. La Signora

Steigner                         - Io sono sposata da dicias­sette anni. Ma non ho mai avuto paura per lui. Neanche oggi. Solo durante la guerra sono rimasta ad aspettarlo. Per tutti gli anni della guerra. E im­maginavo che tornasse... non so, con una ferita. E allora m'intenerivo tutta. Pensavo : « Avrà bisogno di me». Ma quando tornò, tutto fu diverso. Di me non aveva bisogno. E adesso aspetto di nuovo. Ma non mi faccio più illusioni. La Signora

Olfen                             - Io... io non vi capisco. La Signora

Steigner                         - Mi sono abituata ad aspet­tare, ecco. Adesso, almeno, so dove lui si trova. Di solito non Io sapevo... (Dissolvenza). (Nella galleria franata).

Steigner                         - Sarà un'ora, immagino.

Olfen                             - Soltanto un'ora?

Steigner                         - Non di più. Ma è già abbastanza.

Olfen                             - Io ho in tasca i biglietti del cinema. Oggi è il giorno del cinema, per noi.

Steigner                         - Il giorno del cinema?

Olfen                             - Sì.

Steigner                         - Tu vai al cinema con tua moglie?

Olfen                             - Una volta alla settimana. Lina distra­zione ci vuole - no? - ogni tanto.

Steigner                         - Che strano.

Olfen                             - Perché?

Steigner                         - Io credo di non essere mai andato al cinema con mia moglie.

Olfen                             - Noi abbiamo i nostri due posti fissi.

Steigner                         - Ma guarda. Sicché succede anche que­sto, al mondo.

Olfen                             - Ce ne un sacco di coppie di sposi che vanno al cinema insieme.

Steigner                         - D'accordo. Ma non sapevo che si sta­bilisse così in precedenza. Pensavo che succedesse per puro caso. Neanch'io vado al cinema solo. Ma certo non con mia moglie. Mai, ci siamo andati in­sieme.

Olfen                             - Probabilmente dipende da come si è spo­sati.

Steigner                         - Oppure... da quanto tempo! Dopo dieci anni è diverso. O dopo diciassette. Ma, ripeto, noi due non l'abbiamo fatto mai.

Olfen                             - E' possibile. Ma non riesco a immagi­narlo.

Steigner                         - (a mezza voce) Sapessi soltanto cosa hanno i miei occhi. Questo buio maledetto. Certo hanno qualcosa che non va.

Olfen                             - Ho paura che lei non lo sopporti.

Steigner                         - Chi?

Olfen                             - Evelyn.

Steigner                         - Tua moglie si chiama Evelyn?

Olfen                             - Sì. Evelyn.

Steigner                         - La mia si chiama Elisabetta. Forse di­pende anche da quello.

Olfen                             - Non ti capisco.

Steigner                         - Se si porta la propria moglie al cinema, bisogna che abbia un nome diverso da Elisabetta. Evelyn mi fa pensare a qualcosa di tenero, di pie-colino. Qualcosa che ha bisogno di noi. Elisabetta non ha bisogno di me.

Olfen                             - Sì, Evelyn di me ha bisogno.

Steigner                         - ...e neanch'io ho bisogno di lei. (Pausa).

Olfen                             - Non ce la faccio più, fra poco.

Steigner                         - Che cosa?

Olfen                             - A star qui sdraiato... ad aspettare... fin­ché mi addormento. Quand'ero piccolo, mio fratello una volta mi premette un cuscino sulla faccia. Ebbi una paura orrenda. Proprio quel che provo adesso.

Steigner                         - Penso che ci vorrà ancora un'ora.

Olfen                             - 523 metri sottoterra! Domani lo stampe­ranno sui giornali.

Steigner                         - Meglio non parlarne, Olfen.

Olfen                             - Se adesso fossi solo, mi metterei a urlare, o forse pregherei. Ma così...

Steigner                         - Dammi un po' la mano.

Olfen                             - Perché?

Steigner                         - Ah, niente. Se vuoi pregare... Io non ho nulla in contrario. Ci sono molte persone che sentono quel bisogno.

Olfen                             - Tu non ci credi?

Steigner                         - Ne ho perso l'abitudine. Se ne per­dono tante, nella vita. Quel ragazzo, per esempio: Fritz. Forse è già morto. Se ci fosse una giustizia, dovrei giacere io ai suo posto, con un piede di me­no... e morto. In guerra era lo stesso. Con le scarpe al sole finivano sempre gli altri. A me non è mai successo niente. E sì che non me ne sarebbe impor­tato gran che. Credo che la vita non si debba sti­marla un fico secco: allora la conservi. Ma tutto questo non ha nulla a che vedere con la giustizia.

Olfen                             - Nessuno sa niente di preciso...

Steigner                         - Io ho sempre fatto una vita da cane. E se anche questa volta ci scampo la pelle, continuerò come prima. Cosa vuoi che vada a cambiare? E intanto ho la netta sensazione che ce la caveremo. Fino ad oggi me la son sempre cavata. Tutte le volte i colpiti erano gli altri.

Olfen                             - Chi non è colpito soffre di più.

Steigner                         - Alludi a me?

Olfen                             - A mia moglie.

Steigner                         - Ah, già.

Olfen                             - Sono certo che sedeva alla macchina da cucire e si faceva il vestito nuovo. La stoffa glie la hanno regalata i suoi genitori. E lei è tutta contenta, pensa che stasera si va al cinema. Ma poi sono ve­nuti e glie l'hanno detto. Dev'essere stato un duro colpo per lei.

Steigner                         - Per mia moglie no.

Fritz                              - (gemendo) Mamma!...

Olfen                             - Che ha detto?

Steigner                         - Ha chiamato la mamma. Purché non riprenda conoscenza. Sua madre è una santa donna. La conosco. Mi fa pena, povera vecchia. Non ha avuto una vita facile. La conosco bene. Anche que­sta, doveva capitarle.

Olfen                             - La settimana scorsa abbiamo comperato un frigorifero... a rate. E adesso...?

Steigner                         - Il nostro 'buon accordo non è durato nemmeno otto giorni. Ma è bastato quel poco, per guastarci a vicenda tutto il resto della vita.

Olfen                             - Non si dovrebbe già sentir qualcosa, se ci stessero cercando?

Steigner                         - ... Neanche i quattro figli sono serviti a nulla. Anzi. Hanno peggiorato la situazione. Ma tu non puoi capirlo.

Olfen                             - No. Io non penso che a lei e so che an­che lei non sta facendo altro.

Steigner                         - Mia moglie, immagino, non era nem­meno in casa quando sono venuti a dirglielo... (Dis­solvenza).

(La sala d'aspetto di prima. Sottovoce, mamma Schneider che prega).

Petry                             - (2° p.: telefona)      - Sì... sì... Va bene. (Depo­ne il ricevitore) Sono sorte alcune difficoltà. La fra­na è molta estesa.

La Signora

Olfen                             - Lo sapevo, lo sapevo! (Piange di nuovo).

Petry                             - Non è niente di irreparabile. Ritarda solo i lavori di soccorso. L'ingegnere è molto ottimista. Credetemi, i ragazzi non mollano, signora Olfen. Lo Signora

Steigner                         - Gli potete credere, signora Olfen. Non ci abbandoneranno, lo so di sicuro. Al giorno d'oggi, coi giornali e la radio, non ci si può più permettere di lasciare tre minatori sepolti sotto­terra.

Petry                             - Mai ci si è potuti permettere una cosa si­mile, signora Steigner. Li hanno sempre tirati fuori, anche quand'era troppo tardi. Sempre, li han tirati Cuori.

La Signora

Steigner                         - Avete ragione, Petry. E tireranno fuori anche mio marito. E' giusto ed è bene, anche se ormai non ci occupiamo più ì'una dell'altro.

Lo Signora

Olfen                             - Ma i vostri 'bambini...-? La Signora

Steigner                         - Già, questo è molto im­portante. Ci sono. Vogliono mangiare. Bisogna ve­stirli. Mandarli a scuola. E tutto pesa sulle mie spal­le. Non guardatemi a quel modo, signora Olfen. Vi racconto tutto questo per farvi pensare a qualcos'altro. Se no quest'attesa vi ammazza. Viene il maestro e si lamenta. I vicini protestano. E quando saranno grandi, ci saranno altri guai. L'unica che ci pensa sono io. Lui non se ne occupa. Quando ha imito il suo turno, se ne va da qualche parte. Io non gli chiedo nemmeno più dove va. E anch'io me ne vado da qualche parte, quando mi salta di farlo. La Signora

Olfen                             - Con tutto questo, siete qui e lo aspettate.

La Signora

Steigner                         - Naturale. Sono sua mo­glie. Almeno, secondo lo stato civile. Sicché ne ho A diritto. E poi c'è un'altra cosa. Una cosa importan­tissima, quando si hanno quattro figli, Nemmeno questo potrete capirlo. Mi occorre il suo danaro. La Signora

Olfen                             - Il suo... danaro"?

La Signora

Steigner                         - La realtà è questa, c'è poco da fare. Se lui resta là sotto mi daranno una magra pensione. E quella non basta. Perciò è bene che non resti là sotto. E' un discorso strano, eh? La Signora

Olfen                             - E' una cosa che non avevo pensato.

La Signora

Steigner                         - E non dovete. Perché voi lo amate. E io v'invidio: davvero! Sapeste come vi invidio! Per la vostra angoscia, per il vostro tormen­to, per tutto. Farei il cambio con voi, credetemi, anche se il dolore mi dovesse stroncare. Farei per­sino il cambio… (sottovoce) con quella povera mam­ma che prega. Anche se il suo caso è del tutto di­verso. In un certo senso... molto più grave. La Signora

Olfen                             - (commossa) Signora Steigner, ho... ho pietà di voi...

La Signora

Steigner                         - (irrigidendosi) Macché pietà! Se fossi in voi, non m'importerebbe affatto come stanno gli altri. Del resto, mica ve ne importa. Non siete nemmeno qui, voi. Lo vedo dai vostri occhi. Siete con lui. Come quella vecchia è con suo figlio. Io soltanto sono qui. Me ne sto qua seduta, solitaria e abbandonata. (Pausa) Voi lo potete acca­rezzare. In questo stesso momento, se volete. E difatti lo state facendo. (Dissolvenza) E’ vero o no"? La Signora

Olfen                             - (assorta) Sì. (Nella galleria franata)

Fritz                              - (gemendo) Mamma...!

Mamma Schneider        - (introdotta da lieve vibrazione sonora, farla sussurrando) Sì, figlio mio. Fritz   - Cos'è successo, mamma"?

Mamma Schneider        - .'Niente, caro. Stai tranquillo.

Olfen                             - Ha detto qualcosa"?

Steigner                         - Sta delirando.

Fritz                              - Mi fa male la gamba, mamma.

Mamma Schneider        - Non è niente, Fritz. Devi solo star fermo.

Steigner                         - Invoca la mamma. A diciassette anni, lo si fa ancora. Ho l'impressione che gli sembri pro­prio di vederla. Sapessi solo che cos'hanno i miei occhi. Sembrano pieni di terra.

Olfen                             - Quest'estate volevamo andare sulla vetta della Zugspitze. Sai, mi piacerebbe, una volta tanto, guardare giù da una grande altezza. Sarebbe una specie di rivincita.

Steigner                         - Rivincita... questa è buona! Qua sotto, una volta, c'erano dei cavalli. Passavano una vita intera senza vedere il sole. Porco mondo! E nessuno ci ha mai pensato.

Fritz                              - Resta qui con me, mamma.

Mamma Schneider        - Ma se sono qui. Se non stai disteso tranquillo, non puoi guarire.

Fritz                              - Disteso tranquillo...

Steigner                         - Questo non se h. caverà. Povero ra­gazzo. E se non vengono presto a tirarci fuori...!

Olfen                             - Nel Tibet ci sono dei monaci che si fanno seppellire vivi. Solo perché hanno la fede. Tutta una vita al buio.

Steigner                         - Ormai sarà passata un'ora e mezzo.

Fritz                              - Dovrò morire, mamma"?

Mamma Schneider        - Ma no, Fritz, che scioc­chezze!

Fritz                              - Il mio piede deve aver qualcosa, mamma.

Mamma Schneider        - Non parlare e dormi. Il son­no è la miglior medicina.

Steigner                         - (a mezza voce) Ehi, Fritz!

Fritz                              - Che bellezza che tu sia qui, mamma.

Steigner                         - Vede sua madre. Eppure è buio pesto e lui certo ha gli occhi chiusi. Non abbiamo dunque solo gli occhi, in testa. Quella volta là, invece, (ride amaro) io in testa non ci avevo nemmeno gli occhi. Ho sposato Elisabetta perché stava per avere un figlio da me. Solo per quello. Se no non l'avrei mai sposata. Ma la gente, al paese...

Olfen                             - Evelyn e io ci siamo sposati molto gio­vani, Lei aveva appena diciottenni. Io ventiquattro. I suoi genitori erano contrari. Ma l'abbiamo spun­tata ugualmente.

Steigner                         - Già. Noi, invece, ci siano stati costretti. Un bambino...!

Olfen                             - Noi, bambini non ne possiamo avere.

Steigner                         - Ma li vorreste, vero?

Olfen                             - Sì, ma non c'è speranza.

Steigner                         - Quando nacque il primo, si ebbe paura che ne venisse un altro. Ora ne abbiamo quattro. La vita è talmente stupida.

Olfen                             - Noi adotteremo un bambino.

Steigner                         - Talmente stupida. Noi due abbiamo continuato a vivere insieme perché abbiamo dei fi­gli. Volere o non volere.

Fritz                              - Sono a casa, mamma'? Perché non andia­mo a casa"?

Mamma Schneider        - Devi startene fermo e tran­quillo. (Dissolvenza con vibrazione sonora) Devi dormire, Fritz.

Steigner                         - Il ragazzo è agli estremi.

Olfen                             - Avessi una sigaretta!

Steigner                         - (ridendo) Già, una sigaretta! Ci fareb­be proprio comodo.

Fritz                              - Mamma! Mamma! (Torna in sé) Cosa suc­cede"? Ehi, cosa c'è"? Dove sono"?

Steigner                         - Fritz!

Fritz                              - Sì. Cosa c'è"? Accendete la luce. Cosa mi è successo"?

Steigner                         - Sangue freddo, ragazzo. Son qua io, Steigner. E anche Olfen.

Fritz                              - Ma  - (perché non vedo niente"?

Steigner                         - Perché è buio 'pesto. Non farci caso. Verranno subito a tirarci fuori.

Fritz                              - Ma che cosa mi è successo"? Perché sono coricato qui?

Steigner                         - Hai dormito, Fritz. Niente di speciale. Devi startene lì tranquillo.

Fritz                              - E perché1?

Steigner                         - Niente di speciale, ti dico.

Olfen                             - Devi dirglielo, Steigner.

Fritz                              - Chi è che parla"?

Olfen                             - Sono io: Olfen.

Fritz                              - Che cos'è che mi deve dire"?

Steigner                         - Una cosa da nulla. Ti sei fatto una piccola ferita. Al piede sinistro.

Fritz                              - Che... che ferita è"?

 Steigner                        - Una scalfittura. Ti ho bendato il piede. Tutto è a posto. Non può succederti niente.

Fritz                              - Ma... che cosa è accaduto"?

Steigner                         - La galleria è crollata alle nostre spalle. Ma stanno già lavorando per tirarci fuori. Non senti?

Fritz                              - Che cosa"?

Steigner                         - Sono abbastanza vicini.

Fritz                              - Io non sento niente.

Steigner                         - Vuol dire che io ho l'udito più fino. Mettiti giù. Stai calmo.

Fritz                              - Voglio vedere... che cos'ho alla gamba. Ac­cendete la luce!

Steigner                         - Le lampade sono tutte rotte.

Fritz                              - Tu vuoi solo impedirmi di vedere.

Steigner                         - Ma neanche per sogno. Le lampade sono rotte davvero.

Fritz                              - (pausa) Devo... devo morire"?

Steigner                         - Ma cosa vai a pensare! Ti abbiamo fa­sciato la gamba. Così non può più succederti niente. Appena usciremo di qui, ti manderanno agl'ospedale, con un sacco di 'belle infermiere attorno. (Sì sforza di ridere) Starai come un pascià, che te ne pare"? (Silenzio) Ehi, Fritz!

Olfen                             - Lascialo. Stai notando niente"?

Steigner                         - Che cosa"?

Olfen                             - Comincio a sentirmi stanco.

Steigner                         - E' la reazione allo spavento.

Olfen                             - Io credo che cominci già, a poco a poco.

Steigner                         - Che cosa"?

Olfen                             - La mancanza di ossigeno.

Steigner                         - Ma va là!

Olfen                             - E' come... come se mi venisse addosso qualche cosa.

Steigner                         - Senti, non cominciamo a montarci la testa l'uri l'altro. Cerca di dormire.

Olfen                             - Io... io cerco... di star sveglio. Non... non ho voglia di crepare qua dentro. Non voglio. Non voglio! (Qualche rumore) Voglio uscire! Uscire!

Steigner                         - Olfen! Via le mani di lì, ti ho detto!

Olfen                             - (pausa. Esausto) Ah, non temere. Non ce la faccio più, oramai. Siamo spacciati. Siamo spac­ciati... (Pausa).

Steigner                         - Olfen! (Silenzio) Senti, Olfen, non perdere il controllo dei nervi. Un'altra mezz'ora, e ce l'abbiamo fatta, credi a me.

Olfen                             - Prima di allora saremo crepati. Asfissiati!

Fritz                              - Asfissiati"? Asfissiati"? (Si agita) Per... per­ché"? Perché?

Steigner                         - (in tono di rimprovero) To', hai visto? (Paterno) Qui non asfissia nessuno, Fritz, stai tranquillo. Ma se non stai lì buono buono, finirai male. Sai bene che sei ferito alla gamba.

Fritz                              - Ma... io... non... voglio morire asfissiato!

Steigner                         - Ma se son balle! Qui c'è aria da ven­dere. Mettiti giù e dormi. Quando ti sveglierai, sarai all'ospedale. E ti daranno sei settimane di licenza per convalescenza. Le passerai in qualche punto della Foresta Nera.,, o da qualche altra parte.

Fritz                              - (fioco) Dormire...

Steigner                         - (sottovoce) E' come al fronte. Giorno e notte non facevamo altro che calmarci a vicenda. (Mamma Schneider torna a bisbigliare in primissimo pano preceduta dalla vibrazione sonora).

Fritz                              - Mamma!

Mamma Schneider        - Non devi muoverti tanto. Io ti sto vicina. Anche quando hai avuto il morbillo ti sono stata vicina. Tutta la notte accanto al tuo letto. E così quando hai avuto la scarlattina.

Fritz                              - Sì, mamma.

JJteigner                        - Ecco, adesso è di nuovo felice.

Olfen                             - E' un altro genere di stanchezza, non te ne accorgi"?

Steigner                         - Sì.

Olfen                             - Allora stiamo morendo.

Steigner                         - Non parlarne, se ti riesce.

Olfen                             - Voglio provare se sono ancora in grado di parlare.

Steigner                         - La cosa dev'essere più grave di quanto credessi. Probabilmente è crollata l'intera galleria.

Olfen                             - Entro un'ora sarà tutto deciso. Meno del­la durata d'un film.

Fritz                              - Non gli dirai niente al 'babbo?

Mamma Schneider        - Bisogna che lo sappia, Fritz.

Fritz                              - Mi picchierà quando verrà a sapere che ho rotto il vetro col pallone.

Mamma Schneider        - Prima gli parlerò io. Cre­do che anche lui, da ragazzo, abbia rotto dei vetri giocando al pallone.

Fritz                              - Il nonno, allora, l'avrà picchiato.

Mamma Schneider        - Be', stai calmo. Glie lo dirò io prendendolo per il suo verso.

Fritz                              - Sì, mamma.

La Signora

Olfen                             - (preceduta da vibrazione sonora, entra a bisbigliare in primissimo piano) Caro...

Olfen                             - Evelyn"?

La Signora

Olfen                             - Sì, sono qui con te.

Olfen                             - Sono tanto contento.

Steigner                         - Olfen?...

La Signora

Olfen                             - Non riuscivo a crederci. Mi pareva che mi avessero tolto la terra sotto i piedi.

 

Olfen                             - Sono contento che tu sia qui. Hai finito il tuo abito?

Steigner                         - Olfen, che succede? La Signora

Olfen                             - Come potevo finirlo, caro?

Mamma Schneider        - Sto pregando per te, Fritz: continuamente. E mi faccio dei rimproveri: conti­nuamente.

Fritz                              - Non andartene, mamma. Resta qui.

Mamma Schneider        - Sì, caro. Ma non avrei do­vuto lasciarti lavorare nella miniera. E' stata colpa mia.

Fritz                              - Il lavoro mi piace.

Mamma Schneider        - Ma sei troppo giovane per questo. E' un lavoro troppo pesante per te.

Fritz                              - Ma no, sembra soltanto. E poi, non gua­dagno già abbastanza bene?

Mamma Schneider        - Certo. E io sono fiera di te.

Fritz                              - E fai bene, mamma. La Signora

Olfen                             - Hai bisogno di qualcosa? (Dissolvenza con vibrazione sonora).

Olfen                             - «No, Evelyn, sono felice. Di che cosa vuoi che abbia bisogno? I biglietti del cinema li ho già presi.

Steigner                         - Olfen!

Olfen                             - Evelyn...

Steigner                         - Olfen, di'!

Olfen                             - Che ce?

Steigner                         - Hai visto... tua moglie?

Olfen                             - (pausa) Sì. Era qui con me.

Steigner                         - Hai delirato come Fritz.

Olfen                             - Credo di aver dormito, (lontanissimi, si cominciano a udire dei tonfi, dei rumori) Era qui con me. Strano, vero?

Steigner                         - Zitto! (Pausa) Senti niente?

Olfen                             - (pausa) Sì.

Steigner                         - Sono... sono loro, Olfen. Sono loro. Dobbiamo farci sentire. Mondo cane, sono loro!

Olfen                             - Io non mi posso più muovere. Sono come sotto una montagna di piombo.

Steigner                         - (grida) Ehilà! Oooh! (Pausa) Non pos­sono sentirci. Dobbiamo battere dei colpi. (Gemiti, faticoso spostamento in 2° p.) Dei colpi... (Dissol­venza).

(Nella sala d'aspetto).

La Signora

Steigner                         - Sì. Ci siamo rovinati la vita l'uno all'altro, solo perché siamo stati vili. La Signora

Olfen                             - Vili? La Signora

Steigner                         - Sarei riuscita ad allevare il mio bambino anche da sola. Sarebbe stato più semplice. Ma non me la son sentita. Il paese, la gente, il «parroco... Dovevo far fagotto e andarmene. Ma non ne ebbi il coraggio. Perciò lo costrinsi a sposarmi. E questo un uomo non lo dimentica. La Signora

Olfen                             - Ma la colpa era anche sua. La Signora

Steigner                         - (sprezzante) Già, fateglie­lo capire, a un uomo. Neanche alla gente riuscite a farglielo entrare in testa. Avere un bambino è una vergogna sodo per la ragazza. E' un concetto che non cambierà mai. Un matrimonio miserabile, in­vece, non è una vergogna. Che ne dite voi, Perry'?

Petry                             - (distratto) Io?...

La Signora

Steigner                         - Ecco, lo vedete? Tutto di­pende da quello, eppure nessuno sa la risposta giu­sta. Nei film sì, da sanno tutti. Nei film una ragaz­za in quelle condizioni è compatita. Ma nella vita!... (Squilla il telefono).

Petry                             - (telefona) Sì, Petry. (Con gioia) Ah, lo dicevo, io! Splendido! Quanto tempo ci vuole an­cora, ingegnere? Ah benissimo. (Riattacca il micro­fono).

La Signora

Steigner                         - Cosa c'è.

Petry                             - Li hanno sentiti battere dei colpi. Sono vivi! Tra poco li raggiungeranno. Sono già vicinis­simi. Mezz'ora al massimo.

La Signora

Steigner                         - Avete visto, signora Olfen? La Signora

Olfen                             - E'... vivo? Mio Dio, è vivo! Vivo! Che miracolo! Che miracolo.

Mamma Schneider        - (con voce agghiacciante) FritzL. FritzL. Ma aspetta, Fritz! Non andartene! (Scoppia in desolati singhiozzi. Dissolvenza). (Nella galleria franata. I rumori della squadra di soccorso sono più forti e più vicini).

Olfen                             - (1° p., ansimante) Batti Steigner. Batti anco-ra un colpo.

Steigner                         - (2° p., ìd.) E' troppo... è troppo fatico­so... Non ce la faccio.

Olfen                             - Bisogna... bisogna che si affrettino... Ehi, Steigner. Prova ancora una volta.

Steigner                         - Non posso più muovermi. Ma ili ru­more è molto vicino. Stiamo zitti, adesso. (Dissol­venza).

(Nella sala d'aspetto. Si ode il singhiozzare di mam­ma Schneider).

La Signora

Olfen                             - Ma che cos'ha? La Signora

Steigner                         - Il suo ragazzo. Forse è successo qualcosa al suo ragazzo.

Petry                             - E' strano. (Viene in 1° p.) Che cosa avete, signora Schneider?

Mamma Schneider        - (tra i singhiozzi) Eh?

Petry                             - Li hanno sentiti battere, sotto. Ci arrive­ranno subito. Sono vivi, signora Schneider.

Mamma Schneider        - Fritz è morto.

 

Petry                             - Ma... ma...

La Signora

Steigner                         - Come fa a saperlo? La Signora

Olfen                             - Lo sa. (Squilla il telefono).

Petry                             - (accorre in 2° p.} stacca il ricevitore) Sì? Fatto? Magnifico! Allora... Olfen, sì... Steigner... (Colpito) Ah! Capisco. E il ragazzo, Fritz? (Pausa. Riattacca lentamente. Senza entusiasmo) Vostro ma­rito, signora Olfen... e anche... Steigner. L'ingegne­re li sta già accompagnando su. La Signora

Olfen                             - E' vivo?

Petry                             - Sì.

La Signora

Olfen                             - Dio mio, come ti ringrazio! La Signora

Steigner                         - E il ragazzo?

Petry                             - E' morto. (Porta che s'apre. Passi in avvicinamento).

L'Ingegnere                   - (imbarazzato) Eccoli... eccoli qua. (Silenzio teso).

Olfen                             - (2° p.) Evelyn!

La Signora

Olfen                             - (si allontana di corsa, in 2° p., singhiozzando) Caro... caro... caro... Sei qui... sei qui...

La Signora

Steigner                         - (allarmata) Ma cos'ha? Perché ha gli occhi -bendati?

L'Ingegnere                   - (avvicinandosi lentamente) La vi­sta. Lo mandiamo subito in clinica.

Steigner                         - (I p.) L'ho capito subito. La Signora

Steigner                         - Ma non sei mica?... Non sei mica?...

Steigner                         - Cieco. Sì. Il medico non ha fatto tanti discorsi.

L'Ingegnere                   - Forse non è .poi tanto grave. La Signora

Steigner                         - (con doloroso stupore) Cie­co?... Dio mio!

L'Ingegnere                   -  L'autoambulanza è già fuori.

Steigner                         - Be'... allora...

La Signora

Steigner                         - Ma... ma io... (Con infi­nita dolcezza) Dammi il braccio. Caro!... (Pesisi lenti e incerti in allontanamento).

L'Ingegnere                   - (sottovoce) - Di', Petry. Mamma Schneider è già informata?

Petry                             - Sì.

L'Ingegnere                   - (qualche passo. Pausa) Signora Schneider...

Mamma Schneider        - Eh?

L'Ingegnere                   - Volete... vederlo?

Mamma Schneider        - (pausa. A bassa voce) Sì.

FINE