Al calar del sipario

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AL CALAR DEL SIPARIO

Commedia in tre atti

di NOEL COWARD

Traduzione di Renzo Nissim

                                   

PERSONAGGI

BONITA BELGRAVE

CORA CLARKE

MAUD MELROSE

MAY DAVENPORT

ALMINA CLARE

ESTELLE CRAVEN

DEIRDRE O'MALLEY

Tutte residenti nella casa di riposo

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

 Quadro primo

~ La scena rappresenta la grande stanza di soggiorno della villetta chiamata « Le Quinte », una casa di riposo per vecchie attrici nella val­lata del Tamigi. La casa è riservata solo ad attrici note che non hanno mezzi di sussistenza ed è stata fondata nel 1925 da Sir Hilary Brooks, un ricco impresario e, ai suoi tempi, un famoso at­tore. La casa è diretta e controllata da un comi­tato di noti attori ed attrici che si riuniscono una volta al mese per le decisioni del caso. La villetta non è lussuosa, ma confortevole e co­moda, con un bel giardino da cui si può godere la vista del Tamigi. La stanza di soggiorno è am­pia perché è ricavata da tre stanze con l'abbat­timento dei muri divisori. Nel centro a destra c'è una breve scala che conduce ad un ballatoio con un'arcata che dà accesso alle stanze superiori. A sinistra grandi finestroni si aprono su una grande terrazza scoperta che dà a sua volta sul giardino. A destra della scala che porta al bal­latoio c'è una piccola « hall » in fondo alla quale c'è una porta a molla apribile nei due sensi che immette nella cucina. A destra della « hall » una apertura che conduce alla porta di ingresso e alla sala da pranzo. Al centro del muro di destra un'altra porta immette nella stanza della téle-visione. A sinistra un grande caminetto. Al di là di questo la porta dell'ufficio di Miss Archibald. A destra un piccolo bureau ricavato nella parete con un piccolo scrittoio e sopra a questo una scansia con dei libri. Nel vano delle scale un vecchio pianoforte a coda, ancora in funzione. L'arredamento comprende stili vari: alcuni pezzi, regalati in occasioni varie, sono autentici; pol­trone comode ed un sofà ricoperti di « chintz » un po' sbiadito. Il sofà è situato nel centro, di traverso, rivolto verso il caminetto: davanti a un tavolino da caffè. Nello spazio formato dall'ansa del pianoforte a coda c'è una poltroncina rotonda. Altre poltrone qua e là. Una piccola tavola da gioco pieghevole nel centro a destra con seggiole intorno. Altri tavolini e piccole sedie completano il mobilio. Sul ballatoio in cima alle scale si scorgono i calori­feri del riscaldamento centrale. Sulla parete del ballatoio, ben visibili, sono incorniciati vecchi programmi ricordo di recite famose. Sopra il ca­minetto un grande ma non molto riuscito ri­tratto della famosa attrice Ellen Terry. All'inizio delle scale del ballatoio un busto in bronzo del fondatore della casa di riposo, Sir Hilary Brooks. La stanza è illuminata, oltre che da una lumiera centrale, da varie « appliques » a muro disposte ai lati del caminetto e altrove. Nella « hall » a de­stra si intravede una piccola lumiera di cristallo. Nella parete a sinistra del ballatoio, presso l'arco che conduce alle stanze superiori c'è, ben visi­bile, un estintore da incendio. Sulla terrazza tre seggiole a sdraio da giardino. E' pomeriggio di giugno subito dopo la colazione di mezzogiorno. Nonostante il tempo sia buono, il fuoco è acceso nel caminetto, trattandosi di estate inglese e perciò non eccessivamente calda. Bonita Belgrave e Cora Clarke sono sedute alla tavola da gioco ed hanno appena finito una par­tita di canasta. Bonita, sulla tarda sessantina, ha capelli rossicci e indossa un « jersey » di buona fattura, ma che mostra gli anni; due file di perle, orecchini e braccialetto fantasia. E' una donna di carattere allegro, vivace, con un marcato « sens of humour ». E' stata una buona vedette di commedie musicali durante il periodo 1924-18 e successivamente si è dedicata al teatro serio. Non una grande attrice, ma ricercata per le parti di sostegno. Ha lavorato nei corpi ausiliari du­rante la guerra e per mancanza di mezzi propri si è dovuta ritirare nel 1950. Cora, di poco più anziana di lei, ha un forte ros­setto in alto sulle guance, indossa un vestito di cotonina da pomeriggio e un pullover gettato sulle spalle. In capo porta una specie di turbante di colore vivace dal quale escono dei riccioli neri. Ha al collo parecchie collane piuttosto vistose e una catena d'oro con un medaglione. Maud Melrose, una minuscola soubrette sulla settantina, legge la sezione teatrale del « Sunday Times », rannicchiata sul sofà. Ha i capelli piut­tosto radi, indossa un imprimé blu, grossi occhiali di tartaruga e ha con sé una borsa nella quale fruga costantemente in cerca di sigarette, fiam­miferi, ecc. Da giovane ha avuto successo in varie commedie musicali, distinguendosi per la sua vivacità. Una buona musicista, disponeva di una voce di soprano di buon volume ed estensione. La sua vita è stata, nel complesso, piuttosto dura. May Davenport, di circa settantacinque anni, è seduta, ma si mantiene eretta sulla poltrona si­tuata nel centro a sinistra, e sta lavorando ad un ricamo. Ai suoi giorni è stata una grande attrice, specializzata in Shakespeare e nelle più impe­gnative commedie del tempo. Il suo portamento è di grande dignità e quasi regale. Indossa un vestito di velluto nero che un tempo forse era una vestaglia da tè; i suoi movimenti sono sem­pre lenti e un po' studiati. I capelli sono neri, ma ai lati essa ha lasciato che trasparissero alcune ciocche grigie. Ha un viso che mostra ancora i segni di una antica bellezza ed ha un trucco appena visibile. Al collo porta un nastro di velluto nero.

Almina Clare e Estelle Craven sono sedute sulla terrazza ravvolte in coperte per proteggersi dal forte vento. Estelle, settantaquattro anni, ha i capelli completamente bianchi ed è perennemen­te preoccupata. Sta lavorando all'uncinetto.

Almina ha ottantacinque anni ed è molto grassa. Si è assopita mentre leggeva il « Sunday Express». Ambedue sono state buone attrici, con ruoli di protagoniste, senza però mai raggiungere una gran­de fama.

Bonita                           - (a Cora facendo le somme del gioco) Mi devi due scellini e mezzo.

Cora                              - Ma tu mi dovevi uno scellino da dome­nica scorsa.

Bonita                           - Allora rimane soltanto uno scellino e mezzo.

Cora                              - Sarà meglio rimandare i conti alla pros­sima partita.

Bonita                           - Ero sicura che avresti detto così.

Cora                              - E perché?

Bonita                           - Perché ogni volta è la stessa storia, cara.

Maud                            - (alzando gli occhi dal « Sunday Times ») Vedo che quest'anno sperano di avere Buck Randy per lo spettacolo a beneficio della nostra casa di riposo.

May                               - E chi è questo Buck Randy?

Maud                            - Ma su, May. Non puoi ignorarlo. Sta facendo impazzire gli americani. May     - Non sono stata più in America dal 1913. E che diavolo fa questo Buck Randy?

Maud                            - Canta a torso nudo e con una cetra.

May                               - A torso nudo, e perché?

Bonita                           - Perché sembra, mia cara, che abbia il più bel corpo del mondo. E' stato Mr. America per due anni consecutivi.

May                               - E la cetra a che diavolo gli serve?

Bonita                           - Per accompagnarsi. L'anno scorso ha venduto più di due milioni di copie di un suo solo disco. Non può muovere un passo senza la scorta della polizia.

May                               - Non mi sorprende  - (Bonita torna a sede­re e si mette a leggere).

Maud                            - (tornando al « Sunday Times ») Dicono che parteciperà allo spettacolo anche Carolita Pa-gadicci. Verrà apposta in aereo da Roma.

May                               - Ho capito, quella con un gran petto che venne l'anno scorso e non aprì bocca.

Cora                              - Mi sembra che siano tutti molto carini di darsi tanto daffare per delle vecchie soprav­vissute come noi.

Bonita                           - Parla al singolare, cara.

Cora                              - Capisco che si fanno della pubblicità, però, in fondo, che cosa ci guadagnano?

May                               - Ma Cora, può darsi che qualcuno dì loro lo faccia per pura bontà.

Cora                              - E infatti ho detto che sono carini a darsi tanta pena per noi, ma Bonita si è subito sca­gliata contro di me.

Bonita                           - Non è per questo; ma perché hai detto che siamo tutte delle vecchie sopravvissute.

Cora                              - E' la verità: altrimenti non saremmo qui.

May                               - In fondo hai ragione tu, Cora. Ma un'altra volta prima di parlare ricordati che non è piace­vole sentirsi ricordare così brutalmente che vi­viamo della carità dei nostri colleghi più giovani.

Cora                              - Era meglio se stavo zitta. Mi dispiace.

May                               - Dispiace anche a noi, Cora, credimi, di­spiace anche a noi. (Deirdre O'Malley entra dal­l'attigua stanza della televisione. E' una vecchietta ben portante di ottantadue anni, dai capelli bian­chi. Indossa un vecchio abito nero. Ha un forte accento dialettale).

 Deirdre                         - Vi assicuro che vorrei avere fra le mani quello sciagurato che ha inventato la tele­visione per strangolarlo.

Bonita                           - Si è rotta di nuovo?

Deirdre                          - Peggio. E' un apparecchio diabolico. Stavo ascoltando il sermone domenicale di Padre Dugan, quando quello strumento infernale ha cominciato con i suoi soliti scherzi e ho dovuto vedere quel sant'uomo divincolarsi come un pa­gliaccio e la sua faccia angelica tutta storta da una parte come se fosse di gomma.

Bonita                           - (alzandosi) Miss Archie regolerà il te­levisore. Vado ad avvertirla.

Deirdre                          - Non disturbarti, prima che Miss Archie accomodi quell'orrendo apparecchio Padre Dugan avrà terminato il suo sermone e starà prendendo il tè. (Si avvia verso la scala) Vado su a fare un pisolino. Viviamo davvero in un brutto mondo se una qualsiasi macchina è capace di trasfor­mare un sant'uomo in un pagliaccio da circo! (Se ne va su per la scala).

Bonita                           - (ridendo) E' proprio straordinaria, non vi pare? Avresti dovuto vederla ai bei tempi, May : era formidabile.

May                               - (dopo un momento di riflessione) Era brava, ma discontinua. Non ha recitato mai una scena allo stesso modo due volte. (Almina Clare ed Estelle Craven rientrano dalla terrazza. Almina si siede sul divano. Estelle va al fuoco e si scalda le mani).

Estelle                           - Sono intirizzita fino alle ossa.

Almina                          - (lamentosamente) Credete che finiremo per averla?

Bonita                           - Che cosa, cara?

Almina                          - La terrazza per prendere il sole: il solarium.

Maud                            - La lettera al Comitato è già stata spe­dita da due settimane.

Bonita                           - Forse discuteranno la proposta venerdì alla prossima riunione.

Almina                          - Sarò morta e sepolta prima che in­comincino i lavori. Il cuore ha ricominciato a darmi dei fastidi: la notte scorsa non ho chiuso occhio,

May                               - E' soltanto un po' di indigestione, Almina, mangi troppo e troppo in fretta.

Almina                          - Mi piace mangiar bene.

Cora                              - Il Comitato potrebbe sostenere la spesa benissimo, se volesse. Perry stesso me l'ha detto.

May                               - Come segretario del fondo non avrebbe dovuto. Quel giovanotto parla troppo.

Bonita                           - Andiamo, May. Sai benissimo che ci è simpatico a tutte. Quando ti capita te lo coccoli per delle ore.

May                               - Su, andiamo, non dire sciocchezze.

Maud                            - Immagino che verrà qui anche oggi.

Cora                              - Certamente, è domenica. (Va verso la scrivania) Eppoi oggi deve venire anche per l'ar­rivo dì...

Bonita                           - (interrompendola) Cora!

Cora                              - (lancia uno sguardo verso May) Ebbene, sai ciò che intendevo dire.

May                               - (silenzio imbarazzante) L'arrivo di chi?

Maud                            - Questo pomeriggio la nostra piccola fa­miglia accoglierà una nuova ospite.

May                               - Perché non me l'avete detto? Chi è?

Bonita                           - Oh, Signore! Tanto vale dirglielo, ormai che il guaio è fatto!

May                               - Ma che state dicendo? Perché tanto mi­stero?

Bonita                           - E' Lotta Bainbridge.

May                               - (irrigidendosi) Lotta Bainbridge?

Bonita                           - Sì. Lei.

May —                          - (con apprensione) Lotta Bainbridge viene a stare qui?

Bonita                           - Sapendo che tra lei e te non correva buon sangue, avevamo pensato di non dirti niente.

May                               - Da quanto tempo l'avete saputo?

Maud                            - Ce lo ha detto Perry la scorsa domenica.

May                               - (con piglio accusatore) Non ditemi che eravate tutte d'accordo che io l'incontrassi faccia a faccia senza avvisarmi?

Bonita                           - Dora, la sua vestiarista, che è stata con lei per tanti anni, si sposa e deve lasciarla. Per di più, la casetta dove abitavano presso Fulham Road verrà demolita per costruirci un palazzo da uffici...

May                               - (alzandosi) Tutto questo non m'interessa. So solo che questa vostra silenziosa cospirazione è imperdonabile. (Si avvia verso la scala).

Maud                            - (cerca di trattenerla con una mano sul braccio) Lo abbiamo fatto per non anticipare il tuo dispiacere.

May                               - E credete che mi sarebbe dispiaciuto meno trovarmela qua tra i piedi, senza alcun preav­viso?

Bonita                           - Non te la prendere con noi, May. Dopo tutto è passato molto tempo. Il vostro litigio, voglio dire...

May                               - (avviandosi per le scale) Non c'è stato nessun litigio, mia cara Bonita. Sei male infor­mata.

Bonita                           - Insomma, in ogni caso mi sembra che...

May                               - Non ho parlato a Lotta Bainbridge negli ultimi trent'anni, e non intendo farlo adesso.

Maud                            - May cara, non essere così: adesso è tutto finito. (Maud va verso il soppalco).

May                               - Sarà bene che le spieghiate chiaramente come stanno le cose. Non abbiate alcuno scru­polo: capirà perfettamente. (May se ne va. Si­lenzio imbarazzante).

Bonita                           - Beh, mi sembra che le cose si met­tano male.

Maud                            - Forse avremmo dovuto dirglielo.

Bonita                           - Col tempo finiranno per riappacificarsi. Non potranno stare senza parlarsi all'infinito. Ma le prossime settimane non saranno certo piace­voli.

Cora                              - (va allo scrittoio e raccoglie le carte del solitario) Qualcuno ha detto che invecchiare è una bella cosa.

Bonita                           - Chiunque sia stato, non era ben infor­mato in materia.

Estelle                           - Io mi sono sempre sentita vecchia dal giorno che sono entrata qui.

Bonita                           - Forse perché hai fatto la caratterista per tanto tempo.

Estelle                           - Ho fatto prima l'ingenua, per anni. Ero graziosa; avevo due enormi occhi. Adesso sono diventati piccolissimi.

Maud                            - Ma come mai Lotta e May hanno liti­gato?

Bonita                           - Andiamo, Maud cara. Nel 1918 non eri neppure tu una scolaretta.

Maud                            - (calma) Ma sì, invece. Facevo proprio una parte simile in una commedia al teatro Adelphi. All'ultimo atto si doveva interrompere l'azione dagli applausi.

Cora                              - Se ben ricordo sono state le critiche a interrompere le recite. (Si affaccia alla finestra).

Cora                              - E' Perry. Oggi è in anticipo. (Comincia a fare il solitario con le carte).

Bonita                           - (aprendo la borsetta estrae il rossetto per le labbra) Finalmente!

Cora                              - Non perdere tempo, cara. Ormai...

Bonita                           - Lo so, lo so, ma è l'abitudine.

Almina                          - Ci dirà se avremo la terrazza-solarium.

Bonita                           - O se c'è qualche speranza che il Co­mitato prenda la domanda in considerazione.

Cora                              - Ma perché vi agitate tanto per questo benedetto solarium. Saranno comunque soldi but­tati via. Nient'altro che del vetro su cui bat­terà la pioggia.

Bonita                           - Hai ragione, Cora. Non dobbiamo farci sopra una fissazione. (Perry Lascoe entra dall'in­gresso. E' un uomo di bell'aspetto tra i trentotto e i quaranta anni. Indossa una giacca sportiva, calzoni di flanella grigia, un pullover a tinta ac­cesa e guanti da guida. Da giovane ha avuto un certo successo nell'operetta, ma ha capito che non sarebbe mai diventato una vera « stella » ed ha abbandonato la carriera artistica accettando il posto di segretario nell'amministrazione de « Le Quinte », la casa di riposo per vecchie attrici. Quasi tutti i residenti gli vogliono bene perché scherza, è sempre allegro e in fondo è buono).

Perry                             - Buongiorno!

Le Presenti                    - (a soggetto) Buongiorno, Perry!

Perry                             - Mie care, sono nei pasticci.

Maud                            - Che genere dì pasticci?

Perry                             - Ho urtato contro un carrettino di latte a Maidenhead. Fortunatamente le bottiglie erano vuote, ma il lattaio era furibondo. Dov'è May?

Bonita                           - In camera sua.

Perry                             - Bene.

Bonita                           - Bene un corno: ha saputo tutto.

Perry                             - Perbacco! E da chi l'ha saputo?

Maud                            - Un po' da tutte noi. Non c'era altra via.

Perry                             - Forse è meglio così.

Bonita                           - No, non è meglio per nulla. E' fuori di sé.

Perry                             - Povera Lotta. Ha sofferto tanto: adesso ci mancava anche questa.

Cora                              - Quando arriva?

Perry                             - A momenti. E il colonnello dov'è?

Cora                              - Nel suo studio. Penso stia ponderando sul menù di stasera. (Sylvia Archibald sopranno­minata Archie esce dal suo ufficio al piano su­periore. E' la direttrice de « Le Quinte », una don­na sulla cinquantina. Ha modi bruschi, un po' maschili, ma un cuore d'oro ed un buon carat­tere. E' molto amata dalle residenti benché qual­che volta sia autoritaria. E' una donna grossa, ma indossa calzoni di velluto a costoloni e ma­glie piuttosto attillate. Durante la guerra ha fat­to parte dei reparti ausiliari e poi ha lasciato il servizio col grado di colonnello e ne è molto or­gogliosa).

Miss Archie                   - Oh, è lei, Perry. M'era sembrato di sentire la sua moto.

Perry                             - Buona sera, Archie. La mia macchinetta da mezz'ora è invecchiata dì dieci anni. E' an­data a sbattere contro un carrettino di latte.

Miss Archie                   - (con un fischio) Per Diana! Dieci giorni di arresto non glieli leva nessuno, giovanotto.

Perry                             - Mi piace tanto sentirla parlare così. Mi ricorda il mio vecchio zio Edgard.

Miss Archie                   - Lasciamo perdere lo zio Edgard. A che ora arriverà Lotta Bainbridge?

Perry                             - Dovrebbe essere qui a momenti. (Cam­panello della porta) Eccola. (Esce Doreen la ca­meriera, dalla porta della cucina).

Miss Archie                   - (andando ad aprire) Lascia Do­reen, vado io... (Archie apre la porta di casa. Entra un signore molto anziano, ben vestito, tipo distratto. Ha in mano un mazzetto di violette) Ah, è lei Mr. Meeker Osgood!

Osgood                         - (entrando un po' imbarazzato) Perché, non è domenica oggi Miss Archie?

Miss Archie                   - Ma certo, si accomodi, lo aspetta­vamo.

Osgood                         - (entrando nella sala con affettata corte­sia) Buona sera, gentili signore.

Bonita                           - Buona sera, Osgood, come va?

Osgood                         - Bene, mia cara, grazie. Qualche piccolo acciacco di tanto in tanto, ma nel complesso ancora in buono stato.

Miss Archie                   - L'accompagno su.

Osgood                         - Non si disturbi, Miss Archie, conosco la strada. Mi aspetta non è vero?

Miss Archie                   - Eccome! Martha l'aspetta sempre

Osgood                         - Come sta?

Miss Archie                   - E' stata un po' giù negli ultimi due giorni, ma niente di preoccupante.

Osgood                         - Con permesso. Vado su da lei. (Si avvia su per le scale).

Miss Archie                   - Le darò una buona tazza di tè quando scenderà.

 

Osgood                         - Grazie mia cara, grazie. Lo gradirò molto. (Sparisce).

Maud                            - Credete che lei lo riconosca?

Miss Archie                   - Lui sicuramente. Forse non è mai capitato in una delle sue peggiori giornate. Con luì diventa persino allegra.

Maud                            - Ma credete che abbiano avuto rapporti intimi? Voglio dire, ai loro tempi?

Perry                             - (ridendo) No, per l'amor del Cielo! Lui ha 25 anni almeno meno di lei e poi è stata sem­pre una faccenda platonica. L'aspettava all'uscita del palcoscenico quando lei era già famosa e lui un ragazzo. Poteva diluviare, lui era sempre lì col suo mazzetto di violette.

Almina                          - Gliele porta sempre, anche adesso.

Perry                             - Un pensiero gentile, no?

Cora                              - Ero con lei nell'ultima commedia in cui ha recitato. Era a tutti cordialmente antipatica.

Estelle                           - Senta Perry, due settimane fa abbia­mo scritto una lunga missiva al Comitato per avere una terrazza a vetri che ci permetta di prendere un po' di sole e non di morire assi­derate. L'hanno letta?

Perry                             - Sì. E' venuta in discussione alla riunione di venerdì.

Bonita                           - E che hanno deciso?

Perry                             - Che l'avrebbero presa in considerazione.

Cora                              - Che cosa vi avevo detto?

Estelle                           - Crede che ci sia qualche speranza?

Perry                             - Certamente. Bisogna essere ottimisti.

Cora                              - La prego, Perry, lasci queste circonlocu­zioni pietose e ci dica sinceramente: lei pensa che ce la faranno costruire questa terrazza?

Perry                             - Hanno preso la cosa in considerazione. Di più non posso dirvi.

Bonita                           - Ma da ciò che hanno detto lei potrebbe aver capito da che parte il vento tira.

Cora                              - Non è stato almeno proposto di mandare qualcuno per un preventivo?

Perry                             - (con aria desolata) Ho già presentato il preventivo insieme alla lettera.

Cora                              - Cioè?

Perry                             - E' un preventivo della ditta Hodges e Creai.

Miss Archie                   - E a quanto ammonta?

Perry                             - Duemila e cinquecento sterline.

Bonita                           - Santo cielo, ma dì che cosa lo vogliono fare, di uranio?

Miss Archie                   - Credo sia la facciata che porta su il prezzo.

Bonita                           - C'era qualcuno favorevole nel Comi­tato?

Perry                             - Qualcuno sì, ma non la maggioranza.

Cora                              - E Boodie Nethersole, la nostra grande attrice, che ha detto?

Perry                             - Non era favorevole.

Cora                              - Me l'aspettavo.

Miss Archie                   - (ammonendolo) Perry, mio caro, lei sa bene che non deve discutere sulle decisioni del Comitato.

Bonita                           - (irritata) Non ti formalizzare troppo, mia cara. Si tratta di una cosa importante per noi.

Cora                              - Boodie Nethersole! La strozzerei!

Bonita                           - Anch'io, se riuscissi a trovarle il collo.

Miss Archie                   - Su, non esageriamo.

Cora                              - Fra l'altro non ha neppure il diritto di essere nel Comitato. Non è stata mai capace di recitare, neppure per dire « La Signora è ser­vita ».

Perry                             - Eppure in questi ultimi cinque anni ha avuto quattro ottimi successi.

Estelle                           - Forse abbiamo chiesto troppo. Tutto sommato la casa è comoda, ma sarebbe stato piacevole poterci godere il sole, quando c'è, sen­za dover sopportare quel terribile vento freddo.

Perry                             - Vi prometto che cercherò di rimettere la faccenda sul tappeto alla prossima riunione.

Estelle                           - E' tutta colpa mia. Sono stata io a suggerire l'idea. Adesso ve la prenderete con me. (Sta per scoppiare in lacrime).

Bonita                           - Non fare così, cara. Dopo tutto non è una questione di vita o dì morte.

Estelle                           - Ci speravo tanto. Tutte ci speravamo. Sarebbe stato così bello... (Scoppia a piangere e si avvia verso la scala per salire nella sua stanza).

Perry                             - Su, non pianga, Estelle. Vedrà che riu­scirò a spuntarla in qualche modo, dovessi ri­schiare il licenziamento! (Estelle sale su piangen­do, accompagnata da Perry. Bonita scaglia il libro sul tavolino da caffè).

Bonita                           - Quell'odiosa Boodie Nethersole. Glie ne dirò quattro quando verrà qui nella sua schifo­sissima fuori serie.

Cora                              - Per favore, cambiamo soggetto. Come ha detto Bonita, non è poi una cosa tanto impor­tante. Fino a poco tempo fa nessuna di noi pen­sava a questa terrazza e del resto abbiamo ormai tutte un piede nella tomba.

Bonita                           - Aspetta almeno che indossi il mìo su­dario. (Campanello della porta).

Miss Archie                   - Questa è Lotta. (Maud si alza per accomodare i cuscini del sofà) Vado io ad aprire. (Sì avvia) I nuovi arrivati hanno sempre un'aria sperduta. (Miss Archie esce nella hall. Maud va alla tavola e raccoglie le carte da gioco, le mette via in un cassetto e attende in piedi. Almina si alza e cerca di accomodarsi i vestiti addosso).

Cora                              - E' nulla in confronto all'aria che hanno dopo qualche mese di soggiorno in questa casa!

Bonita                           - Perché dici queste cose, Cora? So bene che non le pensi veramente.

Cora                              - Cercavo solo di far dello spirito.

Miss Archie                   - (/. e.) Venga, Miss Bainbridge. Da questa parte. (Miss Archie entra, seguita da Lotta Bainbridge e da Dora. Lotta Bainbridge è una donna sui settanta, ben conservata, i capelli, un tempo biondi, adesso son color cenere. Porta un cappellino e un tailleur di buona fattura. E' ben truccata e ha sul volto un contenuto sorriso. Dora ha in mano una valigia: è una donna sulla quarantina. Si vede che ha pianto).

 Lotta                            - (sorridendo) Sono un po' emozionata: è un po' come entrare in un nuovo collegio. (Ve­dendo Cora) Soltanto in un nuovo collegio non si ritrovano delle vecchie amiche. (Va verso Cora) Cora! Quanti anni che non ci vedevamo! (La bacia).

Cora                              - Davvero!

Maud                            - (andando verso Lotta) Ben arrivata, miss Bainbridge.

Lotta                             - Miss Melrose? (Si stringono la mano).

Maud                            - Precisamente. Maud Melrose. (Dora entra e posa la valigia presso la porta). Lotta     - Miss Melrose, anche senza essere una sua vecchia amica, l'ho ammirata molto spesso. Mi ricordo quando vestita da scolaretta cantava una così bella canzone, tanti anni fa, ma non rammento più il nome della commedia.

Maud                            - Era « Miss Mouse » all'« Adelphi ».

Lotta                             - «Miss Mouse» adesso ricordo! (Lotta si dirige verso Bonita) E lei è Bonita Belgrave, non è vero? L'avrei riconosciuta su mille.

Miss Archie                   - Conosce Almina Clare, non è vero?

Lotta                             - Ma certo! Almina! (La bacia) Una volta eri magra come uno stecco.

Almina                          - Ora non ho più alcun motivo di stare a dieta.

Lotta                             - Capisco, capisco. (Perry ritorna dalla cucina).

Perry                             - Benvenuta a St. Trinian, Miss Bainbridge.

Lotta                             - Oh, Mr. Lascoe. (Si stringono la mano) Non pensavo che sarebbe venuto qui ad accoglier­mi. E' molto gentile da parte sua. Questa è la mia cara Dora. Si sposa tra un mese. Non par­liamo della nostra separazione perché altrimenti scoppiamo in lacrime. Perché non vai di sopra, Dora, a mettere un po' a posto le mie cose come ultimo addio? Vuole essere così buona, miss Archie, di mostrarle la mia stanza?

Miss Archie                   - Certo. Venga, venga con me, Dora. (Dora esce e si avvia per le scale con Miss Archie. Perry prende il mantello di Lotta).

Lotta                             - (siede sul divano) Sapete che ero agita-tissima quando sono entrata, come ad una prima. Ma ora mi sento meglio. (Pausa) Sarita Myrtle è ancora qui?

Perry                             - Sì, ma come certo saprà è un po' svanita.

Lotta                             - Povera Sarita, è stata sempre un po' svanita, anche quand'era giovane.

Cora                              - Anche May Davenport, è qui, lo sa?

Lotta                             - Sì, sì, lo so. E quel ritratto della povera Ellen Terry chi l'ha fatto? Non è gran che, ma mostra abbastanza il suo fascino, non vi pare?

Bonita                           - (sì avvicina a Lotta e la bacia) Siamo tutte molto contente di avervi qui, miss Bain­bridge.

Lotta                             - Grazie, cara.

Perry                             - (per coprire il silenzio) Miss Archie le piacerà quando la conoscerà.

Lotta                             - Ne sono certa.

Perry                             - Ha lasciato il corpo delle « Ausiliarie » alla fine della guerra col grado dì colonnello ed è rimasta un po' militaresca. Ma sotto quell'aspet­to rude ha un cuore d'oro.

Lotta                             - In fondo sono stata fortunata di essere stata accolta qui. Siamo tutte fortunate, no?

Cora                              - E' questione di gusti.

Bonita                           - Oh, Cora, andiamo, smettila.

Lotta                             - Mi ricordo di essere venuta qui a « Le Quinte » con Sir Hilary anni fa, pochi mesi dopo che lui aveva inaugurato la casa. Era una bella giornata d'estate ed abbiamo preso il tè in giar­dino. Certo non pensavo che un giorno anch'io sarei venuta a viverci.

Bonita                           - In fondo, non ci si sta male. C'è la te­levisione e qualche volta andiamo al cinema a Maindenhead oppure prendiamo il tè al bar del cinema. La fermata dell'autobus è a due passi.

Lotta                             - Sono molto arretrata in fatto di cinema. Ultimamente vi sono andata pochissimo... Lo sa­pete che May Davenport ed io non ci parliamo più da molti anni?

Cora                              - Sì, lo sappiamo.

Bonita                           - Col tempo le cose si aggiusteranno.

Lotta                             - La situazione è veramente buffa. E' una ironia che il destino abbia deciso che noi due dobbiamo finire i nostri giorni sotto lo stesso tetto. Non posso fare a meno di vedere il lato comico di questa faccenda. Ma non so se May sia dello stesso parere.

Bonita                           - Per ora credo di no, ma forse col tempo...

Lotta                             - Il senso del ridicolo non è mai stato il suo forte.

Maud                            - Però qualche volta ha delle uscite assai buffe.

Lotta                             - Sì, lo ricordo anch'io, ma senza volerlo. Io sono venuta qui armata delle migliori inten­zioni. Il pensiero che la mia presenza possa crearvi dei fastidi mi preoccupa. Farò del mio meglio, ma non prendetevela con me se le mie buone intenzioni falliscono. May ha un brutto carattere.

Bonita                           - (per disimpegnarsi, alzandosi) Per noi questa è l'ora della siesta. Vieni Cora, andiamo di sopra.

Almina                          - (cercando di sollevarsi a stento dal di­vano) Oh, santo Cielo.

Perry                             - (aiutandola) Forza, su che ce la fa be­nissimo. Ecco... così!

Maud                            - (mentre Cora va a prendere un giornale sul piano e Bonita sceglie un libro dalla menso­la) A più tardi, Miss Bainbridge.

Lotta                             - « Au revoir », Miss Mouse.

Maud                            - No, non ero io che facevo la parte di Miss Mouse, io ero la soubrette. Miss Mouse era la povera Dolly Drexer. Se la ricorda, no?

Lotta                             - Vagamente.

Maud                            - Espressione fissa e dizione completa­mente piatta. (Maud si avvia per la scala seguita da Cora e Bonita).

Perry                             - (offrendo) Una sigaretta?

Lotta                             - (prendendone una) Grazie. (Perry gliel'accende) ... Lei è stato molto gentile... Questa sera Dora tornerà nella nostra casa e finirà di por­tare via il resto. Povera Dora! Mi mancherà mol­tissimo.

Perry                             - E lui, il futuro marito lo conosce?

Lotta                             - Sì, l'ho visto una volta. E' venuto da noi a prendere il tè. Mi è sembrato un buon dia­volo. Certo anche lei sentirà da principio, la mia mancanza, ma dopo si abituerà.

Perry                             - Col tempo ci si abitua a tutto.

Lotta                             - Speriamo.(Cercando di cambiare di­scorso) Lei ha lasciato il teatro molto giovane, a quanto ricordo.

Perry                             - Sì, dieci anni fa. Ne avevo trentatré.

Lotta                             - E perché?

Perry                             - Credevo di poter diventare un bravo attore, poi ho capito che mi illudevo.

Lotta                             - Rimpiange la sua decisione?

Perry                             - Francamente no. Confesso che ogni volta che vedo un giovanotto affermarsi sulle scene, provo un certo dispiacere e mi sembra che avrei potuto far meglio di lui. Ma poi ripensandoci capisco che la carriera dell'attore non è affatto facile.

Lotta                             - E non si è ancora stancato di combattere con queste vecchie ombre?

Perry                             - Voglio bene a queste vecchie ombre co­me le chiama lei. Qualche volta il Comitato mi dà ai nervi ma nella vita non si può aver tutto. (Miss Archie scende dalla scala).

Miss Archie                   - Dora ha quasi finito, Miss Bain­bridge, scenderà tra un momento, oppure vuole salire lei su?

Lotta                             - No, preferisco aspettarla qui.

Perry                             - (alzandosi) Con permesso, voglio dare un'occhiata al terrazzo. Intendo chiedere ad un'al­tra ditta, un altro preventivo per il solarium.

Miss Archie                   - Bravo. (Perry esce) E' un giova­notto prezioso. Andiamo perfettamente d'accordo.

Lotta                             - Sono contenta perché credo sia una cosa necessaria.

Miss Archie                   - Le dispiace se fumo?

Lotta                             - Per carità, faccia pure.

Miss Archie                   - Prima di lui avevamo una segre­taria che poco c'è mancato mi facesse impazzire. Sempre in stato di agitazione per una cosa o per l'altra, e assolutamente terrorizzata dal Co­mitato. Io le dicevo: ragazza mia, al Comitato bi­sogna saper tener testa; i componenti stessi fi­niscono per esserne grati, dopo un po'. Molto spesso non sanno neppure loro di che cosa par­lano. Lei sa certo, Miss Bainbridge, che cosa di­ventano gli attori e le attrici quando entrano in un comitato.

Lotta                             - Sì, lo so anche troppo. Ho fatto parte per tre anni di questo comitato, verso il 1930.

Miss Archie                   - 0 Signore, ho fatto una bella gaffe!

Lotta                             - No, affatto. In fondo sono d'accordo con lei. Vorrei aver fatto di più nell'interesse della casa di riposo. Cercavamo di vedere le cose dal punto di vista delle nostre ospiti, ma probabil­mente non ci riuscivamo.

Miss Archie                   - Adesso, tutto va abbastanza bene, grazie al Cielo. Perry fa da ufficiale di collega­mento tra il Comitato e me. Ogni tanto qualche difficoltà, naturalmente scappa fuori, ma nell'in­sieme mi contento. Per quanto riguarda il nostro regolamento...

Lotta                             - Ci siamo!

Miss Archie                   - Non si spaventi. Non ci sono troppe restrizioni.

Lotta                             - (ironica) Possiamo uscire da sole?

Miss Archie                   - Santo Cielo! Si capisce. Potete andare dove volete.

Lotta                             - Forse non esattamente...

Miss Archie                   - C'è però una cosa sulla quale non possiamo fare compromessi: niente animali.

Lotta                             - Perry me lo ha spiegato la settimana scorsa... Ho mandato il mio cagnolino a farsi ad­dormentare ieri l'altro. L'avevo comperato nove anni fa quando era ancora cucciolo. Mi era molto affezionato, ma non credo che qui sarebbe stato felice.

Miss Archie                   - Oh, mi dispiace di questo con­trattempo.

Lotta                             - Vorrei pregarla di non parlarne. E' l'uni­ca cosa che nelle circostanze attuali potrebbe far­mi crollare del tutto.

Miss Archie                   - Capisco. (Dora appare in cima alla scala e scende lentamente).

Lotta                             - Ecco Dora. La ragazza deve tornare a Londra al più presto. Mi metterà al corrente delle altre regole più tardi. Ne avremo tutto il tempo.

Miss Archie                   - Certo! Se mi vuole sono nel mio studio. (Saluta Dora ed esce sorridendo).

Lotta                             - Com'è la stanza, Dora?

Dora                              - Abbastanza carina. Non è una reggia, ma c'è una bella vista e molta tranquillità.

Lotta                             - Dov'è?

Dora                              - La seconda porta a destra sul corridoio. Vuole che l'accompagni?

Lotta                             - No, ci andrò quando tu sarai partita.

Dora                              - (in lacrime) Non posso lasciarla qui sola. Non posso! Non posso!

Lotta                             - Non dire sciocchezze, Dora, certo che puoi! Non c'è altra soluzione. Lo sai meglio di me.

Dora                              - No, è impossibile. Dopo tutti questi anni!

Lotta                             - (prendendole una mano) Su, fatti co­raggio, cara; è meglio per tutte e due.

Dora                              - Dirò a Frank che si trovi qualcun'altra. Giuro che lo farò. Noi due ci troveremo un ap­partamentino e continueremo come sempre. Non posso lasciarla qui in questo ricovero.

Lotta                             - (sorridendo) Non è un ricovero, Dora. E' una bella casa di riposo per attrici che non lavorano più. Quando mi sarò abituata, sono certa che mi troverò bene e molto meno sola qui che in un appartamento... Mia cara, tu hai molti anni ancora davanti a te. Per carità, cerca di goder­teli. Non avrei avuto niente da lasciarti alla mia morte e saresti rimasta sola: un pensiero che mi avrebbe assillata. Credi a me, abbiamo deciso per il meglio. Ti prego, Dora cara, ti prego, non pian­gere. La cosa non è così terribile come sembra.

Dora                              - (con uno sforzo) Sì, sì... Verrò a trovarla tra quindici giorni.

Lotta                             - Ti aspetto.

Dora                              - E domani mi scriva per dirmi com'è an­dato il primo incontro con May.

Lotta                             - Sì. Può darsi che gli anni l'abbiano rad­dolcita.

Dora                              - Raddolcita! Se l'avessi davanti saprei co­me trattarla.

Lotta                             - (abbracciandola) Dora cara, adesso devi andare: comincio anch'io a sentirmi a disagio. Ti prego, cara amica, ora va. (Le dà una piccola spinta) Arrivederci.

Dora                              - (si avvia verso l'ingresso sempre piangendo) Ho messo la fotografia di Poochie sul cami­netto, quella con la palla in bocca.

Lotta                             - (con la voce che trema) Grazie, Dora, grazie.

Dora                              - Mi scriva... Arrivederci. (Dora se ne va. Lotta, rimasta sola, si morde il labbro per trat­tenere le lacrime. Poi va alla tavola da gioco, rac­coglie la borsa e il mantello e sale con fermezza la scala).

Quadro secondo

~ Un mese dopo. La stessa scena. Sono circa le tre antimeridiane di un lunedì mattina. All'alzarsi del sipario le finestre e le tende sono chiuse. Il caminetto è acceso. Mentre si alza il sipario Doreen entra dalla porta di servizio con un vassoio contenente dei sandwiches. Miss Archie entra dal­lo studio. Indossa una vestaglia di lana da uomo color kaki e delle vecchie pantofole foderate di pelo.

Miss Archie                   - Dovrebbero essere qui a momenti. Sarà bene che riscaldi un po' d'acqua. Probabil­mente qualcuna chiederà una tazza di tè.

Doreen                          - Sì, Miss Archibald.

Miss Archie                   - Mi spiace averti tenuta in piedi, Doreen. Rimarrai a letto un po' più domani. Nes­suna si alzerà presto dopo una serata come que­sta. (Va verso la finestra, apre la tenda e guarda fuori) Accidenti! Piove ancora. Le strade saranno sdrucciolevoli e Baxter dovrà andar piano.

Doreen                          - La rappresentazione è domani sera, vero Miss Archibald?

Miss Archie                   - Sì. (Guarda l'orologio) In realtà, stasera, sono le tre di mattina!

Doreen                          - Ci sarà anche Buck Randy?

Miss Archie                   - Credo di sì.

Doreen                          - Come mi piace!

Miss Archie                   - Ma se non l'hai mai visto!

Doreen                          - Sì, l'ho visto in televisione la settimana scorsa. Ha cantato una canzone a torso nudo. Era magnifico! (Sarita Myrtle entra dalle scale. E' un'arzilla vecchietta sugli ottanta. E' in vesta­glia e pantofole. Rimane a metà scale).

Miss Archie                   - Miss Myrtle! La credevo già ad­dormentata da un pezzo.

Sarita                             - Si sono tutti dimenticati di me. La casa è rimasta vuota e mi hanno lasciato sola, eccet­tuato Martha Carrington.

Miss Archie                   - Spero che non l'abbia svegliata!

Sarita                             - (ridacchiando) No. Sono passata accan­to alla sua porta in punta di piedi : stava russando.

Miss Archie                   - Miss Myrtle, lei è stata cattiva. Dovrebbe essere a letto, lo sa.

Sarita                             - Per favore, mi lasci stare un po' vicino al fuoco. La mia camera è così fredda!

Miss Archie                   - Non è affatto vero. E' una delle più calde.

Sarita                             - (scendendo lentamente la scala) Sva­nisci, ombra maledetta! Svanisci, ti dico! Uno, due: vattene, dunque! (Doreen guarda affascinata la scena).

Miss Archie                   - (con fermezza) Non deve recitare Macbeth, Miss Myrtle. Lo sa che fa impressione a tutte.

Sarita                             - (risolino sardonico) Ma se non c'è nes­suno! Le stanze sul corridoio non sono altro che « un grande vuoto aereo ». Forse è la fine del mondo. (Guardando i sandwiches sulla tavola da gioco) Santo cielo! Dei sandwiches! Chi mai ha portato dei sandwiches il giorno del giudizio?

Miss Archie                   - Non è il giorno del giudizio, mia cara. Sono le tre di lunedì mattina e lei deve tor­narsene a letto.

Sarita                             - Ma i sandwiches per chi sono?

Miss Archie                   - Per le altre attrici che torneranno dalle prove al Palladium. C'è stata anche lei l'anno scorso, ricorda?

Sarita                             - E quest'anno perché non sono andata con loro?

Miss Archie                   - Perché il dottor Jevons non le ha dato il permesso. Ha detto che il cuore non glielo permette.

Sarita                             - Il mio cuore è in perfette condizioni. E' la testa che non va. Sento sempre un gran rumore. Tutta l'isola è piena di rumori. Perché la mia testa è una grande isola. Un'isola è un pezzo di terra completamente circondato d'acqua. Per favore, potrei avere un bicchier d'acqua?

Miss Archie                   - (a Doreen) Va in cucina, e prendi un bicchier d'acqua. (Doreen corre in cucina) Su, Miss Myrtle, torni a letto, ed io stessa le porterò su l'acqua.

Sarita                             - Chi è la ragazza che era qui un mo­mento fa?

Miss Archie                   - La conosce benissimo: è Doreen. Le porta la colazione ogni mattina.

Sarita                             - Doreen... Doreen. E' un nome che non mi piace.

Miss Archie                   - Non è colpa sua se gliel'hanno messo.

Sarita                             - Tutti i nomi che finiscono in « een » sono brutti: Doreen, Maureen, Noreen. (Doreen entra con l'acqua).

Doreen                          - Ecco l'acqua, Miss Myrtle.

Sarita                             - Per che cosa?

Miss Archie                   - Non ha chiesto un bicchier d'ac­qua?

Sarita                             - (accettandolo dignitosamente) Grazie, grazie tante, cara. Spero che lo spettacolo ti sia piaciuto.

Doreen                          - (spaventata) Cosa intende dire?

Miss Archie                   - Lascia andare. Dille di sì, rispar­miamo tempo.

Doreen                          - Sì, Miss Myrtle.

Sarita                             - Temo ci sarà stato il pubblico sca­dente delle « matinées ». E poi c'erano anche le regate. La loro attenzione era divisa tra i due spettacoli.

Miss Archie                   - Doreen, riaccompagnala su a letto.

Sarita                             - (prendendo un sandwich dal vassoio) I sandwiches di prosciutto non mi vanno gene­ralmente, ma stasera ho una fame da lupo. (Si sente il clackson di un'automobile).

Miss Archie                   - Sono arrivate! Va ad aprire, Do­reen. (Doreen eseguisce. A Sarita) Deve proprio tornare a letto, Miss Myrtle. Che cosa direbbe il dottor Jevons se la vedesse in giro per la casa in camicia nel mezzo della notte?

Sarita                             - (scoppia improvvisamente a piangere) La prego, non mi mandi a letto. In camera c'è tanto freddo e tanta solitudine con tutte quelle stanze vuote. Per favore, mi lasci rimanere qui. La prego... la prego... Sia buona!

Miss Archie                   - (disperata) Andiamo, su! Non è il caso di piangere. (Cingendola con un braccio) Sta bene. Rimanga pure se proprio vuole, ma non si ecciti troppo.

Sarita                             - (rallegrata) Non so chi sia lei, ma sento solo che puzza di cavallo. (Entrano nella « hall » Estelle, Bonita, May, Cora, Deirdre e Ai-mina. Vestono mantelli, sciarpe, guanti, ecc.).

Estelle                           - Sta diluviando, credevo che non ce l'avremmo fatta.

Bonita                           - Santo cielo, cosa sta facendo qui Sa­rita? Dovrebbe essere a letto, mi pare.

Miss Archie                   - Si è svegliata ed è venuta giù pochi momenti fa. (Sarita offre graziosamente la mano a May) Non riesco a farla tornare in ca­mera sua. (Doreen entra dalla hall. Bonita si av­vicina ed abbraccia Sarita).

Bonita                           - Come va? Non ti vedevo da tanto tempo.

Sarita                             - (mangiando il sandwich) Sono stata via per una tournée. (Tutte si tolgono i mantelli e si seggono chi qua chi là).

Miss Archie                   - Doreen, puoi portare il brodo.

Doreen                          - (avviandosi in cucina) Va bene, Miss Archibald. (Lotta e Maud entrano nella « hall » e si mettono a parlare con Miss Archie. Le altre si passano l'un l'altra il piatto dei sandwiches).

Cora                              - (sprofondandosi in una poltrona) Sono completamente esausta. Quello scemo con la cetra non la finiva mai.

Almina                          - Sarà stato certo bellissimo a vedersi.

Cora                              - Dopo tre quarti d'ora della sua bellezza ne avevo abbastanza.

Maud                            - Per conto mìo me ne vado subito a letto. Mi porterò qualche sandwich in camera. Brodo non ne voglio perché mi sveglierebbe. (Mormorio di buonanotte. Maud se ne va)).

Miss Archie                   - Come sono andate le prove?

Lotta                             - (prendendo un sandwich) Abbastanza bene, ma un po' lunghe! Eppoi, tutti quei micro­foni mi danno un certo fastidio.

Cora                              - Oggigiorno nessuna attrice è capace di far sentire la propria voce. Non recitano, mor­morano. (Doreen rientra portando un vassoio con molte tazze di brodo che posa sulla tavola da gioco, in maniera un po' goffa).

Lotta                             - Il ballo di Marjorie Atherton con i suoi partners mi è sembrato assai riuscito.

Cora                              - Senza dubbio, visto che non sa muovere un piede.

Miss Archie                   - Adesso te ne puoi anche andare a letto, Doreen. Devi essere stanchissima.

Doreen                          - Non importa...

Sarita                             - Dovete sapere che io e Doreen stavamo nella stessa camera a Wolverhampton anni fa. La padrona era terribile e una notte ci sbarrò la porta di casa. Abbiamo picchiato come dannate contro la porta e alla fine dovetti entrare attra­verso la finestra. Non ti ricordi, Doreen?

Doreen                          - Veramente, Miss Myrtle, io...

Bonita                           - (conciliante) Ma certo che se lo ricorda. Chi dimenticherebbe una cosa simile?

Doreen                          - Buona notte a tutti. (Coro di risposta).

Lotta                             - Grazie di essere rimasta alzata sin'ora per noi.

Sarita                             - Non dimenticarti di spegnere la luce a gas sul pianerottolo. Abbiamo promesso a Mrs. Worsley di farlo e non voglio altre scenate.

Doreen                          - Va bene, Miss Myrtle. (Doreen se ne va verso la cucina).

Sarita                             - Quella ragazza ha la testa nelle nuvole. Ieri sera al primo atto è rimasta muta come un pesce. Apriva e chiudeva la bocca senza dire una parola. Il povero Ronnie non sapeva a che santo votarsi.

Miss Archie                   - (prendendola gentilmente per un braccio) E' ora di andare a letto, vecchia mia.

Sarita                             - (senza protestare) Lo so, lo so. Non posso perdere queste ore di sonno che manten­gono belle. Domani alle nove e mezzo svegliatemi per il treno. Santo Cielo, che vita! (Si avvia di sopra) Debbo ricordarmi di regalare qualcosa a quella ragazza che si dà tanto daffare. Come si chiama?

Miss Archie                   - (scandendo) Doreen, cara.

Sarita                             - Povera piccola! Essere costretta tutta la vita a portare un nome che sembra la marca di un collirio. (Sarita e Miss Archie se ne vanno per le scale).

Estelle                           - Povera vecchia Sarita! Credete che po­trà migliorare o che diventerà sempre peggio?

Bonita                           - Probabilmente rimarrà così com'è. E' serena e contenta. Così assicura il dottore.

 

Lotta                             - Miss Archie è molto buona con lei. (Guarda verso May).

Bonita                           - Miss Archie è buona con tutti.

Cora                              - Se soltanto non pretendesse che stessimo sempre sull'attenti! (Lotta porge una tazza di brodo a May).

Lotta                             - Un po' di brodo, May? (Le altre guar­dano attentamente. May volta la testa dall'altra parte in silenzio) May, ho qui un po' di brodo. Lo vuoi o non lo vuoi? (May continua a tacere ignorandola) Proprio vuoi continuare per sempre in questo tuo atteggiamento?

Deirdre                          - (alzandosi e andando verso Lotta) In nome di Dio! May Davenport, è una vergogna che tu trascorra gli ultimi anni della tua vita vivendo solo di odio.

May                               - Ti invito a misurare le parole e di occu­parti dei fatti tuoi.

Lotta                             - Ma sono i fatti di tutte noi. Dobbiamo cercare di vivere il più amichevolmente possibile senza creare delle stupide ragioni di tensione.

Deirdre                          - Dà retta a me, Lotta, ignorala. Lascia che scaldi il suo cuore duro al fuoco del suo antico odio. Altrimenti morirà assiderata, puoi esserne certa.

Lotta                             - Ne sono convinta Deirdre, ma dobbiamo pure cercare di uscire da questa situazione.

Deirdre                          - (alzandosi) Bene, per conto mio, vado a dimenticar tutto in braccio a Morfeo. Dirò qual­che « Ave Maria » prima di addormentarmi nel caso che il nostro buon Dio ritenesse opportuno richiamarmi a sé nel mezzo della notte.

Lotta                             - Non credo che lo farà. Buona notte, Deirdre. (Deirdre sale in camera. Lotta, decisa) May, voglio parlarti. (May si alza e senza guar­darla va verso la scala. Lotta la prende per un braccio).

May                               - (gelida) Lasciami passare.

Lotta                             - Non ho nessuna intenzione di lasciarti passare, né di lasciarti continuare in questa idio­zia. E' un mese che viviamo nello stesso tetto e non ci siamo dette una parola. E' una situazione intollerabile. Devi ascoltarmi e deciderti a cam­biar sistema.

May                               - (la lascia) No, non ho alcuna intenzione di cambiare. (Si avvia verso la scala).

Lotta                             - (riprendendola per un braccio) Ascol­tami!

May                               - Lasciami, ti dico, immediatamente! Sei diventata pazza?

Lotta                             - Ascoltami, May, ascoltami, te ne supplico. Non per me. Per quanto mi riguarda puoi benis­simo non parlarmi più, ma per le altre. La nostra vecchia questione deve essere risolta adesso. In condizioni normali sarebbe diverso; potremmo continuare ad ignorarci, come abbiamo fatto ne­gli ultimi trent'anni, ma qui non lo possiamo. Qui siamo costrette a vederci mattina, mezzo­giorno e sera per il resto dei nostri giorni. E' meglio affrontare la realtà, May. La sorte ci ha riservato dei brutti giorni, ma non c'è ragione di renderli ancora peggiori. In nome di Dio, di­mentichiamo il passato e andiamo incontro al futuro senza inutili rancori, con un po' di grazia e di ottimismo!

May                               - (ironica) Hai parlato molto bene, Lotta. Il tuo pubblico appello sentimentale è senza dub­bio toccante. E' la sola cosa che sai fare. (Si avvia verso la scala).

Bonita                           - Ha recitato sempre come una cagna. E cagna resterà.

Lotta                             - Ho fatto del mio meglio. Non insisterò più. E' una perdita di tempo e ormai me ne rimane tanto poco... (Si morde il labbro e abbozza un amaro sorriso) Per fortuna!

ATTO SECONDO

Quadro primo

La scena è la stessa dell'atto precedente. Una domenica pomeriggio di settembre. All'alzata del sipario la stanza è vuota. Il fuoco è acceso e le finestre sono chiuse. Suona il campanello della porta principale. Doreen entra in scena dalla cu­cina e va nella « hall ». Si sente il rumore della porta chiusa.

Doreen                          - (/. e.) Buongiorno, signore.

Perry                             - (/. e.) Buongiorno, Doreen, come va?

Doreen                          - (/. e.) Benissimo, grazie.

Zelda                             - (f. e.) Per di qua? Grazie. (Zelda Fenwick entra dalla « hall » seguita da Perry e Doreen. Zel­da è sulla trentina, graziosa, slanciata, e porta dei pantaloni dì buon taglio e una camicia sportiva. Si guarda intorno con interesse).

Perry                             - Dove sono le signore, Doreen?

Doreen                          - Credo di sopra. Miss Clarke e Miss Davenport sono andate a fare una passeggiata.

Perry                             - Miss Archie è nel suo ufficio?

Doreen                          - Sì, signore.

Perry                             - Ditele che siamo qui.

Doreen                          - Bene, signore. (Doreen dà un'occhiata un po' sospettosa a Zelda, va velocemente verso la porta dell'ufficio di Miss Archie, bussa e esce dalla stanza).

Zelda                             - Mi sembra una bella stanza di soggiorno questa. (Indicando il busto di Sir Hilary) E quel­lo chi è?

Perry                             - Sir Hilary Brooks, il fondatore di que­sta casa.

Zelda                             - Quando mia madre era giovane andava matta per lui e faceva la coda per ore per assi­stere alle sue recite. Io penso che questo Brooks fosse soltanto un gran gigione. (Guarda il ritratto di Ellen Terry sul caminetto) La mia nonna era una grande ammiratrice di Ellen Terry.

Perry                             - Era una famiglia che amava il teatro, la sua.

Zelda                             - E come! Mi ci portavano per forza quan­do avevo quattro anni.

Perry                             - Non le piaceva il teatro?

Zelda                             - Le pantomime e i lavori per bambini certamente no. Se ripenso a Peter Pan rabbrivi­disco.

Perry                             - Io invece l'adoro.

Zelda                             - Probabilmente perché lei ha il complesso materno. Tutti i ragazzi sensibili con il comples­so materno adorano Peter Pan. (Doreen rientra).

Doreen                          - Miss Archibald sarà qui a momenti.

Perry                             - Grazie, Doreen. (Dopo un'altra occhiata un po' spaurita, Doreen va in cucina. Zelda tira fuori un pacchetto di sigarette e ne offre una a Perry).

Zelda                             - Sigaretta?

Perry                             - No, grazie. (Le si avvicina e le accende la sigaretta).

Zelda                             - Chi è l'attrice più vecchia, qui?

Perry                             - Martha Carrington: novantacinque suo­nati.

Zelda                             - Caspita!

Perry                             - Non solo, ma ha ancora l'innamorato, Osgood Meeker. Un ragazzino sui settanta. Le viene a far visita ogni domenica con qualsiasi tempo. Probabilmente è su con lei, adesso. Le porta sempre delle violette. (Zelda estrae dalla tasca un notes e prende degli appunti).

Zelda                             - Bene. Questo è il genere di notizie che mi interessa.

Perry                             - Spero che sarà prudente, voglio dire che non farà nomi senza che sia assolutamente neces­sario.

Zelda                             - Non si preoccupi, sono la discrezione in persona. Ma temo che qualcuna di queste signore possa riconoscermi.

Perry                             - Non credo. Il suo programma in televi­sione non è ancora cominciato.

Zelda                             - E' vero, ma potrebbero conoscermi dalla rubrica sul giornale. (Mette via il notes).

Perry                             - La presenterò come Miss... Miss Starkey.

Zelda                             - Sta bene. E questa terrazza a vetri dove dovrebbe venir costruita?

Perry                             - Ah, il solarium. (Indica fuori della ter­razza) Là sulla terrazza. (Zelda va verso la ter­razza e guarda fuori).

Perry                             - Dovrebbe venire coperta da vetrate, così quelle povere vecchie potranno godersi il sole senza quel terribile vento. (Va alle finestre e le apre) Adesso non ci possono mai stare in terrazza, a meno che la giornata non sia perfetta. (Esce sulla terrazza seguito da Zelda).

Zelda                             - Capisco. Questa casa è stata costruita nel posto sbagliato. (Miss Archie entra nella stanza Perry e Zelda vedendola, rientrano dalla terrazza).

Miss Archie                   - Buon giorno, Perry, non l'avevo sentita arrivare con la sua moto.

Perry                             - Infatti sono venuto con una mìa amica. Le presento Miss Starkey. Miss Archibald.

Zelda                             - Piacere.

Miss Archie                   - Piacere. (Si stringono la mano).

Perry                             - M'ha accompagnato lei con la sua mac­china. Guida da pazza.

Zelda                             - Ho una vecchia spider che marcia benino.

Miss Archie                   - Ci credo. Quanto può fare?

Zelda                             - Su un'autostrada sino ai centottanta.

Miss Archie                   - Magnifico! Anch'io ho avuto una decapotabile subito dopo la guerra.

Zelda                             - In quale corpo femminile era arruolata?

Miss Archie                   - Nell'Ensa. Mi occupavo dei tratte­nimenti teatrali per le truppe.

Zelda                             - (sedendosi sulla poltrona) Deve essere stato un po' faticoso avere a che fare con tutti quegli attori.

Miss Archie                   - (con tono difensivo) Per nulla, era interessantissimo. Il mio lavoro era più che altro amministrativo, ma ho girato parecchio: Cairo, Bombay, Burma... Molto meglio che davanti la scrivania di qualche vecchio ministero.

Zelda                             - Anch'io ho lavorato nel corpo delle Ausi­liarie durante la guerra. Sono stata due anni a Malta. (Cora e May entrano dalla terrazza. Por­tano cappotti pesanti. Cora vedendo Perry si mo­stra sorpresa).

Cora                              - Oh, Perry, è qui? (Zelda si alza).

Perry                             - Buon giorno, Cora, mi permetta di pre­sentarle una mia vecchia amica, Miss Starkey. Miss Cora Clarke. (Cora le stringe la mano).

Cora                              - Piacere di conoscerla.

Zelda                             - Piacere mio.

Perry                             - (continuando la presentazione) E questa è Miss May Davenport.

Zelda                             - Felicissima di conoscerla.

May                               - Piacere.

Zelda                             - Mio padre era un suo grande ammira­tore, Miss Davenport.

May                               - Temo che confondiate vostro padre con vostro nonno, mia cara.

Perry                             - Avete fatto una buona passeggiata, May?

May                               - Ottima, più di un chilometro di strada. (Osserva i pantaloni di Zelda) E' stata a cavallo?

Zelda                             - (con un sorriso) O no, siamo venuti in macchina da Londra.

Perry                             - Miss Starkey era ansiosissima di venire a visitare la villa de « Le Quinte », così l'ho con­dotta con me a prendere una tazza di tè insieme a loro.

Cora                              - Molto gentile da parte sua. (A Zelda) Ed ora dovete scusare, ma andiamo di sopra a cam­biarci. (Cora e May si avviano per le scale mentre Zelda le osserva attentamente).

May                               - « A bientót », Miss Starkey.

Zelda                             - (dopo essersi accertata che May è scom­parsa e non può sentire) Anche Lotta Bain-bridge è qui, non è vero?

Miss Archie                   - Sì. E' venuta lo scorso giugno.

Zelda                             - Lotta Bainbridge e May Davenport sono state per lungo tempo nemiche, non è vero? Mi sembra di ricordare qualche cosa del genere.

Miss Archie                   - Sì, fra loro c'è stato un grosso screzio.

Zelda                             - A proposito di che?

Miss Archie                   - (guardinga) Veramente non saprei, E' una vecchia faccenda.

 

Zelda                             - Hanno fatto la pace?

Miss Archie                   - (seccata) Non esattamente.

Zelda                             - Potrebbe essere una storia molto inte­ressante.

Miss Archie                   - (sorpresa) Una storia? Che vuol dire?

Zelda                             - « Vecchie nemiche che combattono an­cora al calar del sipario... ».

Miss Archie                   - Sembra il titolo di un articolo di giornale.

Perry                             - (nervosamente) Già, proprio così. (Os­good scende dalle scale),

Osgood                         - Oh, Miss Archie! (Miss Archie va in­contro ad Osgood. Si danno la mano). Mi dispia­ce di non averla salutata quando sono arrivato, ma sono subito salito da Martha. Spero voglia scusarmi.

Miss Archie                   - Ma certamente!

Osgood                         - L'ho trovata molto in forma oggi: una seconda giovinezza.

Miss Archie                   - Permette? Le presento Miss Star­key... Mr. Meeker.

Zelda                             - (alzandosi) Piacere di conoscerla.

Osgood                         - Piacere mio. (Saluta Perry il quale si inchina leggermente).

Zelda                             - Lei viene a far visita a Miss Martha Carrington ogni domenica, vero?

Osgood                         - Oh, certamente, sin dal giorno che è arrivata in questa casa, molti anni fa. E' diven­tato una specie di rito, vero, Miss Archie?

Miss Archie                   - Esattamente.

Osgood                         - Mi auguro di recarle un po' di conforto.

Miss Archie                   - E gliene reca molto, Mr. Meeker; l'aspetta ansiosamente per tutta la settimana.

Zelda                             - Da quanti anni si è ritirata dalle scene?

Osgood                         - Oh, molti, almeno trenta. L'ultima volta che l'ho vista recitare fu verso il 1925; non era più giovanissima, ma aveva conservato tutta la sua vivacità e il suo stile. Aveva un suo modo di muoversi così elegante! La prima volta che ebbi la fortuna di vederla fu nel 1906.

Zelda                             - Molto tempo fa.

Osgood                         - Avevo appena diciott'anni e, confesso, persi un po' la testa. (Con- un sospiro) Erano anni d'oro quelli per lei. Non c'era nessun'altra che potesse starle a paragone e non ci sarà mai. Lon­dra era ai suoi piedi,

Zelda                             - Mi ricordo che i miei genitori ne parla­vano spesso, però a quanto dicevano non aveva una gran voce. (Osgood si mostra urtato e guarda severamente Zelda).

Osgood                         - Aveva una sola cosa : un enorme fascino e questo vale più di tutto.

Miss Archie                   - (interrompendo per salvare la situa­zione) Vuole prendere il tè nel mio ufficio co­me sempre, Mr. Meeker, oppure preferisce aspet­tare e prenderlo con noi?

Osgood                         - Niente tè, oggi, Miss Archie, grazie, ho un appuntamento a Londra. Ho appena il tempo di prendere il treno delle quattro e quaranta.

Miss Archie                   - E' sicuro?

Osgood                         - Sì, e grazie lo stesso, lei è sempre così gentile. (Salutando Perry) Arrivederla, Mr. Lascoe.

Perry                             - Arrivederla a domenica prossima, Mr. Osgood.

Osgood                         - Sì, sì, a domenica. Arrivederla, Miss Starkey.

Zelda                             - Lieta di averla conosciuta.

Osgood                         - I suoi genitori avevano ragione: poca voce, ma le assicuro che questo non aveva impor­tanza, proprio nessuna importanza. (Osgood se ne va).

Zelda                             - Questa casa è una miniera di notizie. Potrei prendere qualche fotografia dal giardino. (Perry dà un colpo di tosse, imbarazzato) C'è an­cora un po' di luce.

Miss Archie                   - (sorpresa) Fotografie? A quale scopo?

Zelda                             - Per il mio album di ricordi. Vado a pren­dere la macchina fotografica; l'ho lasciata nella mia auto.

Perry                             - Vado io.

Zelda                             - No, non si disturbi. Preferisco andarci io stessa, anche perché vorrei dare un'occhiata in giro. Torno subito. (Esce nella terrazza).

Miss Archie                   - Ma che significa tutto questo?

Perry                             - Veramente...

Miss Archie                   - Perry, mi dica francamente, chi è quella ragazza.

Perry                             - Gliel'ho già detto. Miss Starkey, una mia vecchia amica, Miss Starkey.

Miss Archie                   - Qui c'è qualcosa sotto.

Perry                             - Per carità! Cosa vuole che ci sia.

Miss Archie                   - E' una giornalista, no?

Perry                             - (dopo una pausa) Sì, è Zelda Fenwick.

Miss Archie                   - Zelda Fenwick! L'autrice di quegli articoli scandalistici del « Clarion »?

Perry                             - Temo di sì.

Miss Archie                   - Ma è impazzito, Perry? Eppure lo sa che le interviste alla stampa sono contro i regolamenti.

Perry                             - Zelda Fenwick è molto influente.

Miss Archie                   - Quelli del Comitato lo sanno?

Perry                             - Per carità! E' stata una mia idea.

Miss Archie                   - Lei si è messo in un bel pasticcio!

Perry                             - Non m'importa, purché abbiano la ter­razza coperta! Il Comitato si è impuntato, ho fatto l'impossibile per persuaderli, ma non c'è verso. Eppure il bilancio potrebbe permettere la costru­zione benissimo. Ho avuto un altro preventivo da Weatherby: soltanto mille e ottocento sterline.

Miss Archie                   - Ma cosa c'entra Zelda Fenwick in tutto questo?

Perry                             - Abbiamo fatto un patto: lei farà un ap­pello per noi nel suo programma alla TV ed io, in cambio, le ho dato la possibilità di poter scri­vere un articolo esclusivo sulla nostra casa.

Miss Archie                   - Ci licenzieranno tutti e due! Avreb­be almeno dovuto prima consultarmi, mi pare!

Perry                             - Lei non c'entra: prendo io tutta la re­sponsabilità.

Miss Archie                   - No, non sono affatto d'accordo. Le dica di andarsene subito e di rinunciare a questa idea balorda.

Perry                             - Non si agiti tanto. Mi ha promesso di sottoporci l'articolo prima di pubblicarlo.

Miss Archie                   - Storie. Conosco i giornalisti e non mi fido. Perry, questa faccenda non mi piace af­fatto. E' contro il nostro regolamento.

Perry                             - Le nostre vecchiette non sognano che di avere un solarium. Non desiderano altro. Non vedo perché vi debbano rinunziare per colpa di un'egoista caparbia come Boodie Nethersole, con la scusa che costa troppo.

Miss Archie                   - Chi era favorevole?

Perry                             - Laura, Maggie e il vecchio Murdock. Gli altri erano incerti, e così è stato deciso per il no.

Miss Archie                   - (alzandosi e camminando su e giù) E' un bel pasticcio.

Perry                             - La terrazza-solarium farebbe bene alla salute di tutte. Ecco perché ho fatto venire qui Zelda Fenwick.

Miss Archie                   - E va bene. Ha vinto. Avremo certo delle noie, ma spero che non prenderanno la de­cisione di licenziarci.

Perry                             - Stia tranquilla: non lo faranno. Dovreb­bero sostituirci e il Comitato sa bene che non è così facile.

Miss Archie                   - Sta arrivando qualcuno, venga nel mio ufficio. (Miss Archie e Perry vanno nell'ufficio di Miss Archie. Zelda appare nella terrazza con la macchina fotografica e scatta una foto. Sarita appare sul ballatoio e poi scende lentamente le scale canticchiando fra sé e sé. E' in vestaglia e pantofole. Si dirige verso il caminetto, vede ap­poggiata su di esso una scatola di fiammiferi, batte le mani contenta e prende la scatola. Zelda dalla terrazza la osserva. Sarita siede su una pol­trona ridacchiando fra sé, contenta. Zelda entra dalla terrazza, posa la macchina fotografica sul pianoforte e si avvicina a Sarita).

Zelda                             - Buon giorno!

Sarita                             - (stringendole la mano, regalmente) Buon giorno. Mia sorella è andata alle prove ma ritor­nerà presto. Perché non si siede?

Zelda                             - Grazie. (Siede sul divano).

Sarita                             - (accendendo un fiammifero) Grazioso, vero?

Zelda                             - (sorpresa) Sì, molto grazioso.

Sarita                             - Quando eravamo piccole ci regalavano dei fiammiferi colorati con le capocchie lunghe e grosse, come tante piccole salsicce nere. (Getta il fiammifero usato nel caminetto) Quando li ac­cendevamo facevano l'effetto di stelle rosse e verdi.

Zelda                             - Mi scusi, ma non conosco il suo nome. Io sono Zelda... Starkey.

Sarita                             - Che brutto nome!

Zelda                             - (senza farci caso) E lei?

Sarita                             - Io sono Sarita Myrtle. Questo la sor­prende, vero?

Zelda                             - (frastornata) Oh, certamente.

Sarita                             - Ho sempre dimostrato meno anni di quelli che ho. E' un vantaggio, si capisce, però non si può fare per sempre le parti d'ingenua, non le pare?

Zelda                             - Da quanto tempo si trova qui?

Sarita                             - Oh, da parecchio tempo.

Zelda                             - Un bel posto questo, no?

Sarita                             - Grande.

Zelda                             - (insistendo) Lei si trova bene qui?

Sarita                             - Oh, sì. Ad eccezione delle giornate di matinée. Odio quei vassoi con la roba per il tè: fanno confusione, distraggono.

Zelda                             - Sono gentili con lei?

Sarita                             - Oh, sì, molto. Qualche volta un po' freddini al primo atto, ma poi si riscaldano.

Zelda                             - La sua camera è comoda?

Sarita                             - Fredda. (Indicando l'ufficio di Miss Archie) Lei dice di no, ma ne è convinta anche lei. Fredda.

Zelda                             - Lei, sarebbe Miss Archibald?

Sarita                             - Sì, temo di sì. (Deirdre entra dalla stanza della televisione) Non si può essere mai sicuri di nulla. Le facce delle persone cambiano tanto che si fa una gran confusione. (Accende un altro fiammifero. Estelle entra dalla stanza della televisione).

Deirdre                          - (avvicinandosi a Sarita) Santo Cielo, che cosa stai facendo con quei fiammiferi, Sarita Myrtle? Vuoi forse dar fuoco alla casa? (Le to­glie di mano i fiammiferi e li mette sul piano) Torna subito a letto, immediatamente.

Sarita                             - (getta via il fiammifero, va verso Deirdre e le dà la mano amabilmente) Piacere di co­noscerla.

Deirdre                          - Sì, sì. Ma adesso a letto subito, prima che Miss Archie ti trovi qui e ti chiuda in ca­mera. Estelle, aiutami, prendila per un braccio.

Sarita                             - (si svincola) Per amor del Cielo, parla sottovoce, Rupert, i bambini potrebbero sentire.

Estelle                           - Andiamo, cara. (La prende per un braccio).

Sarita                             - (rigettando il braccio di Estelle) D'ora innanzi, Mr. Cartwright, dobbiamo considerarci puri e semplici estranei. Non ho altro da dire. Addio. (Se ne va su per le scale e si ferma in comica posa sul ballatoio. Poi scompare).

Deirdre                          - E' meglio che tu la segua, Estelle, perché vada veramente a letto. A te dà più retta che a me.

Estelle                           - (rassegnata) Sì, vado. E speriamo che non sia il principio di un'altra delle sue crisi; (a Zelda) la prego di scusarmi. (Si avvia per le scale e scompare).

Deirdre                          - (a Zelda) Quella poveretta non ha la testa a posto.

Zelda                             - L'avevo capito.

Deirdre                          - Mi chiamo Deirdre O'Malley. Lei è un'amica di Miss Archie?

Zelda                             - No. Sono venuta qui in visita con Perry Lascoe. Ho sentito parlare tanto della villa « Le Quinte » che ho voluto vederla con i miei occhi. Mi chiamo Zelda Starkey.

Deirdre                          - (si stringono la mano) Molto lieta. Fa sempre piacere vedere qualche viso nuovo al po­sto delle nostre vecchie facce.

Zelda                             - E' qui da molto tempo?

Deirdre                          - Da quasi vent'anni. Ne ho viste pa­recchie arrivare e andarsene, ma sembra che il mio momento non sia ancora giunto. Così vuole il buon Dio.

Zelda                             - E' contenta di stare qui?

Deirdre                          - Per quanto si può essere contenti quando la vita non è che un ricordo e ci si trova soli ad aspettare di essere calate nella fossa...

Zelda                             - E il vitto com'è?

Deirdre                          - Questa è una domanda diretta che richiede una risposta ancor più diretta. La ri­sposta è no.

Zelda                             - Come mai?

Deirdre                          - Non sarebbe per caso una del Comi­tato?

Zelda                             - No, si tranquillizzi.

Deirdre                          - Meglio così. Altrimenti avrei da can­targliene, mi creda.

Zelda                             - Non approva l'operato del Comitato?

Deirdre                          - Approvare? (risatina ironica) E come sarebbe possibile? Non si fanno mai vivi. Qual­cuno si degna di venire, ma molto raramente. Arrivano, prendono il tè con noi e poi se ne vanno come sono venuti nelle loro belle mac­chine, e noi restiamo qui come animali in un giardino zoologico.

Zelda                             - Forse lei è un po' troppo severa, Miss O'Malley.

Deirdre                          - Severa? Vorrei vedere lei al nostro posto: passare gli ultimi anni della nostra vita sotto il controllo di un gruppo di buffoni egoisti e superficiali a cui non importa un accidente se siamo vive o morte. (Bonita e Maud scendono dalla scala).

Maud                            - (mentre finisce di scendere le scale) Do­po una critica simile non avrei più il coraggio di uscire di casa!

Bonita                           - Ma il « Sunday Times » era abbastanza favorevole.

Maud                            - Forse. Non ci ho capito molto con tutte quelle parole francesi e quelle circonlocuzioni. (Vedono Zelda e si dirigono verso di lei).

Deirdre                          - E' un'amica di Perry, Miss... Miss...

Zelda                             - Starkey.

Bonita                           - Io sono Bonita Belgrave e questa è Maud Melrose. (Si danno la mano). Maud e

Bonita                           - Molto lieta.

Maud                            - Perry dove s'è cacciato?

Zelda                             - Non saprei. E' scomparso. (May ed Estelle sul ballatoio. May ha con sé il lavoro a ricamo).

Estelle                           - (nello scendere le scale) Boodie Nethersole ha ottenuto un'ottima critica per la sua ultima commedia. Il « Sunday Times » ha detto che l'unica che avrebbe potuto starle a pari oggi sarebbe stata Edvige Fooyare.

May                               - Comincio a credere che il « Sunday Times » sia pagato dal Governo francese.

Bonita                           - Oh, Perry, credevo che lei ci avesse abbandonato.

Perry                             - No. Ho avuto un po' da fare con Miss Archie.

Bonita                           - (a Zelda) E' sua la macchina parcheg­giata fuori?

Zelda                             - Sì.

Bonita                           - Bella davvero. L'ho ammirata dalla finestra del gabinetto.

May                               - Ma Bonita cara, certi dettagli non sono affatto necessari. (Si siedono chi qua chi là. May si mette a lavorare al suo solito ricamo).

Bonita                           - Dalla finestra di camera mia non l'avrei potuta vedere, la macchina, perché dà sul cortile opposto.

Deirdre                          - Se penso ai cambiamenti avvenuti in questo mondo durante la mia misera vita, mi viene il giramento di testa.

Cora                              - La tua non è stata affatto una « misera » vita, Deirdre. Te la sei goduta in pieno e con­tinui a godertela.

Deirdre                          - Vorrei sapere in che cosa consistono questi godimenti. Girare per questa casa come un fantasma e sentire le forze venirmi meno ogni giorno?

Cora                              - Non ci badi, Miss Starkey. A Deirdre piace ogni tanto parlare così.

May                               - E si diverte anche a mettere nell'imba­razzo noi.

Deirdre                          - Forse ciò che ti mette nell'imbarazzo è la verità delle mie parole, May Davenport.

May                               - Preferirei che tu mi chiamassi « May » semplicemente, oppure Miss Davenport. A sen­tire « May Davenport » penso all'appello che ci facevano a scuola.

Deirdre                          - Risparmia il tuo orgoglio per rispon­dere all'ultimo appello, Miss May Davenport.

Miss Archie                   - (severamente) Andiamo, Deirdre. Questo non mi sembra il modo di parlare, spe­cialmente quando abbiamo visite.

Deirdre                          - Tutto ciò che faccio o che dico è sempre sbagliato. Se stanotte cadessi nel fiume, son sicura che nessuno alzerebbe un dito per salvarmi.

May                               - (con tono sepolcrale) Gli Irlandesi sono specialisti per il sentimentalismo di bassa lega.

Bonita                           - Oh, May, non peggiorare la situazione, per l'amor del Cielo! (Lotta viene dalla scala).

Lotta                             - Che sta succedendo?

Bonita                           - Niente di grave, è Deirdre che ci pren­de un po' la mano.

Deirdre                          - Sarebbe a dire?

Bonita                           - Deirdre, ti prego!

Perry                             - Lotta, mi permetta di presentarle Miss Starkey.

Zelda                             - (avvicinandosi) Molto lieta.

Lotta                             - (le stringe la mano guardandola attenta­mente) Miss Starkey?

Zelda                             - Sì. Sono venuta qui con Perry, siamo vecchi amici.

Lotta                             - Miss Starkey è il suo vero nome, im­magino.

Zelda                             - Non capisco.

Lotta                             - Dal momento che lei è Zelda Fenwick, quella che scrive la rubrica « Gente alla ribalta » sul « Sunday Clarion ».

Zelda                             - (dopo breve pausa) Sì, sono io.

Miss Archie                   - Ci siamo!

May                               - (alzandosi) E' vero, Perry?

Perry                             - (confuso) Sì, verissimo.

Lotta                             - Perry, credo sarebbe stato molto meglio se lei ci avesse presentato Miss Fenwick col suo vero nome.

Perry                             - (confuso) Le spiegherò dopo, le spie­gherò tutto dopo.

Lotta                             - Non credo ci sia bisogno di alcuna spie­gazione: c'è solo un po' di confusione.

May                               - Non sono affatto d'accordo. Ci vorranno invece molte spiegazioni: (a Zelda) posso chie­derle, Miss Fenwick, se è venuta qui in veste di giornalista?

Zelda                             - Sono sempre in veste di giornalista, Miss Davenport. E' il mio mestiere.

May                               - Il Comitato è a conoscenza di questa sua visita?

Zelda                             - No, e se mi permette, il tono in cui lei mi sta parlando non mi piace affatto. Non debbo render conto delle mie azioni né a lei né al Comitato.

Perry                             - Un momento, vorrei spiegare come stan­no le cose.

May                               - Non ora, Perry.

Lotta                             - (con autorità) Mi sembra che stiamo drammatizzando troppo la situazione. (May cerca di interrompere Lotta) No, May, devi lasciarmi parlare. Sono certa che Miss Fenwick si renderà conto che parlare sul suo giornale della nostra casa sarebbe per noi estremamente umiliante. Prima di tutto violerebbe le regole di... (sorride ironicamente) dì questa speciale istituzione di carità. E in secondo luogo sono sicura che anche nella sua veste professionale non vorrebbe tra­dire la nostra fiducia e abusare della nostra ospi­talità. Non è così, Miss Fenwick?

Zelda                             - (imbarazzata) Veramente... io non...

Lotta                             - Anche se ne aveva l'intenzione, lei ci deve promettere che non scriverà' nessun arti­colo sul nostro conto. Noi ci contentiamo di vi­vere qui dimenticate dal resto del mondo. Nes­suna di noi desidera della pubblicità: getterebbe su noi una luce poco simpatica, mettendo in ri­salto i nostri anni e le nostre rughe. Non sa­rebbe generoso da parte sua, mi sembra. Noi siamo ancora legate al palcoscenico nel fondo del nostro cuore. Vogliamo essere ricordate co­me eravamo, non come siamo. Le chiediamo dun­que la sua parola.

Zelda                             - Comprendo bene il suo punto di vista, Miss Bainbridge, ma debbo esserle sincera: il mio direttore cerca da anni di avere un arti­colo esclusivo su questa casa. Il lavoro viene prima di tutto e non soltanto nel teatro. Perciò non posso prendere alcun impegno di non scri­vere un articolo su « Le Quinte »...

May                               - (cerca di interromperla) Mi sembra che allora...

Zelda                             - Ma posso promettere di fare tutto ciò che posso per essere d'aiuto. Ho fatto un patto con Perry: se mi faceva venire qui avrei rivolto uno speciale appello alla televisione per il so­larium.

Cora                              - Il solarium! Dovremo dunque vendere le nostre anime per avere questo maledetto sola­rium?

Lotta                             - Cora, ti prego!

May                               - Mi vergogno per lei, Perry: mi vergogno a morte.

Miss Archie                   - Calma, per favore. E' inutile pren­dersela con Perry. Ha agito in buona fede per aiutarci.

Estelle                           - (piagnucolando) E' tutta colpa mia. Sono io che ho avuto questa orribile idea.

Deirdre                          - (a Zelda) Lei, Miss... Miss... qualunque sia il suo nome, si vergogni! E' venuta come un lupo in veste di agnello per approfittare della buona fede di alcune povere donne senza difesa, che non chiedono altro che di essere lasciate in pace e tranquille. Lei è un mostro di doppiezza e di ipocrisia, cada su di lei la maledizione del demonio! Scriva, scriva pure quello che vuole e che il diavolo la porti via! Ecco, mi sono sfogata!

Lotta                             - Ce ne siamo accorte, Deirdre.

Zelda                             - (prendendo la macchina fotografica dal piano) Ho sopportato abbastanza. Perry, vie­ne con me?

Perry                             - No, debbo restare.

Zelda                             - E allora buona sera a tutti. Mi dispiace di aver provocato tutto questo scompiglio. Buona sera. (Esce. Si sente il rumore della porta chiusa con. violenza).

May                               - E' un vero oltraggio, un vero oltraggio.

Cora                              - Per l'amor del Cielo, May, controlla i tuoi nervi.

May                               - Il Comitato deve essere avvertito imme­diatamente.

Cora                              - Per conto mio trovo che vi state agitando per nulla. Che differenza porta il fatto che la ra­gazza scriva o non scriva questo benedetto arti­colo?

May                               - Ci sentiremo umiliate davanti a tutti.

Cora                              - Non esageriamo

Lotta                             - Ci scommetto che scriverà le solite sciocchezze sentimentali. Forse ci sentiremo im­barazzate per qualche giorno, poi ce ne dimen­ticheremo.

Cora                              - Andiamo a prendere il tè, e cambiamo argomento. (Bonita e Maud escono nella « hall ». Estelle aiuta Almina ad alzarsi ed esce con lei pure nella « hall »).

Perry                             - (a May) Sono veramente addolorato.

May                               - La prego di non rivolgermi la parola.

Perry                             - Mi credano, le mie intenzioni erano buone.

Lotta                             - Ne sono sicura, Perry. Ma è stata co­munque una cosa di pessimo gusto. (Lotta esce nella « hall » seguita da Deirdre. Anche Miss Archie la segue, ma si volta verso Perry).

Miss Archie                   - Venga, Perry, venga a prendere il tè con noi.

Perry                             - Non ho nessuna voglia di prendere il tè.

Miss Archie                   - Su, su, che si tratta di una bolla

di sapone.

Perry                             - Una cosa di pessimo gusto. Può darsi. Ma a me non sembrava.

Miss Archie                   - Nemmeno io mi sento in vena per il tè. Andiamo nel mio ufficio e beviamo un sorso di qualcosa di più forte. (Miss Archie e Perry si dirigono verso l'ufficio di Miss Archie).

~ La scena rimane vuota per qualche tempo. Sarita appare sul ballatoio e viene giù per le scale lentamente. Si dirige verso i fiammiferi sul pianoforte, ne accende uno e ne osserva con­tenta la fiamma. Poi si sente arrivare qualcuno: si nasconde a lato del divano. Doreen entra dalla cucina col vassoio del tè e si dirige nella stanza da pranzo.

Sarita allora va al tavolo da gioco, prende un'al­tra scatola di fiammiferi e tranquillamente risale le scale per dove è venuta.

Quadro secondo

~ La stessa scena alcune ore dopo. All'alzarsi del sipario la scena è vuota e buia, eccettuato per il fuoco del caminetto. Dal ballatoio delle scale vie­ne del fumo. Per qualche momento vi è silenzio, poi questo viene interrotto da un gran vocio pro­veniente dal piano superiore. Bonita in veste da camera appare sul ballatoio.

Bonita                           - Viene dalla camera di Sarita! Sveglia tutti, Deirdre. Io vado a chiamare Miss Archie. (Scende le scale precipitosamente e va a bussa­re alla porta di Miss Archie) Miss Archie! Miss Archie! Presto, venga! (Una luce appare attraver­so la porta di Miss Archie. May appare sul bal­latoio delle scale e accende le luci. Miss Archie esce dalla sua camera in pigiama).

Miss Archie                   - Ma che cosa sta succedendo?

Bonita                           - La camera di Sarita è in fiamme.

Miss Archie                   - Che cosa? (May scende le scale, mentre Miss Archie le sale in fretta, dicendo) Calma! Calma! Miss Davenport mi lasci passare, debbo prendere l'estintore. (Miss Archie stacca l'estintore dal muro ed entra nel corridoio verso la stanza di Sarita).

Miss Archie                   - (/. e.) Mettetevi tutte in fila ed aspettate i miei ordini.

May                               - I pompieri sono stati avvertiti?

Bonita                           - No, non ancora.

May                               - Allora bisogna telefonare subito. Vieni e aiutami a cercare il numero. Ho lasciato gli oc­chiali in camera.

Bonita                           - Anch'io. (Maud si unisce alle altre scendendo di camera sua).

May                               - Allora facciamo il 999. Il 9 viene prima dello zero. Non possiamo sbagliare. (May e Bo­nita scompaiono a sinistra. Maud apre le finestre della terrazza).

Miss Archie                   - (/. e.) Bisogna schiacciarlo contro il muro. Così. (Cora scende dalle scale).

Cora                              - Per carità, chiudete quelle finestre! Ci sal­vate da un incendio ma ci farete morire di polmonite. (Cora accende le « appliques » del muro facendo più luce. Estelle e Almina giungono an­ch'esse dalle loro camere. Ambedue siedono).

Maud                            - (chiudendo le finestre) Le avevo aperte per lasciare entrare un po' d'aria. Si soffocava dal fumo!

Estelle                           - Povera Sarita, povera Sarita! (Miss Archie compare sul ballatoio).

Miss Archie                   - Niente di grave. Avevano preso fuoco le tende ma sono riuscita a soffocare le fiamme. (Esce nel corridoio. Lotta e Sarita com­paiono in cima alla scala. Sarita è ravvolta in una coperta di lana. Appena scesa, Sarita si getta su una poltrona. Bonita rientra da sinistra. An­che Deirdre scende dalle scale).

Bonita                           - C'è nessuna di voi con gli occhiali? Non riusciamo a formare il 999.

Cora                              - Non importa. Siamo giunte a tempo, bruciavano solo delle tende e Miss Archie è riu­scita a spegnerle.

Bonita                           - Meno male! (Bonita esce a sinistra. Deirdre viene giù dalle scale).

Sarita                             - Era così bello tutto quel fuoco! Così bello!

Deirdre                          - (dalle scale) Carino davvero, Sarita Myrtle! C'è mancato poco che per colpa tua mo­rissimo tutte carbonizzate. Dico, carbonizzate nei nostri letti! Se non ci fossi stata io a sentire l'odore di bruciato.

Sarita                             - (toccando la coperta) Perché questo strano costume? Si tratta forse di una produzione orientale? (May e Bonita rientrano da sinistra).

May                               - Come ha potuto procurarsi i fiammiferi?

Bonita                           - Probabilmente li ha presi quando nes­suno la vedeva e li ha nascosti in qualche posto. Lo sapete bene che Miss Archie ispeziona tutte le sere la camera di Sarita.

Deirdre                          - Continuare a tenerla qui con noi un minuto di più è un pericolo per la nostra stessa vita.

May                               - Deirdre, non esagerare; calmati.

Deirdre                          - Mi calmerò quando mi parrà. E tu non parlarmi in quel modo, May Davenport.

Bonita                           - Vado a svegliare Doreen. Miss Archie non può occuparsi di tutto da sola.

Maud                            - Dobbiamo telefonare al dottor Jevons?

Cora                              - Per che cosa?

Maud                            - Per Sarita, naturalmente. Le potrebbe dare qualche sedativo.

Deirdre                          - Per conto mio qui ci vuole la camicia di forza!

Lotta                             - Smettila di parlar così, Deirdre. Queste non sono cose da dirsi. Ma adesso che ci penso, chissà se la povera Martha si è accorta di nulla. Vado a vedere.

Cora                              - Vado io, Lotta. Debbo salire in ogni modo per prendere le sigarette. Sto tremando come una foglia. (Cora si avvia per le scale. Il fumo si è diradato. Bonita e Doreen rientrano dalla cucina. Doreen indossa un kimono rosa, ed ha i capelli nei bigodini).

Bonita                           - Vai su ad aiutare Miss Archie.

Doreen                          - Subito, Miss Belgrave. (Mentre sale) Ma che odore di bruciato; che è successo? (Si avvia per le scale).

Deirdre                          - La casa era in fiamme, e quella ra­gazza domanda cosa è successo! Deve essere mez­za scema!

Lotta                             - Tu sei sempre esagerata, Deirdre.

Deirdre                          - Se non mi fossi accorta del fumo che entrava nella mia porta, a quest'ora questa casa sarebbe tutta un falò.

Bonita                           - Credo che mi ci vorrebbe un sorsetto di whisky. Ne ho un po' in camera mia. Maud, che ne dici?

Maud                            - Grazie.

Bonita                           - Qualcun altro? Lotta, May? (Tutte ac­cettano, meno May).

May                               - No, grazie, mia cara Bonita.

Lotta                             - Io sì, accetto volentieri.

Bonita                           - (avviandosi verso le scale) Vado a prendere la bottiglia.

Lotta                             - E tu, Maud, rimani con Sarita mentre io vado a prendere i bicchieri. (Lotta va in cucina).

Sarita                             - Ma cosa diavolo stiamo facendo tutte qui nel mezzo della notte? Forse c'è la lettura di un copione?

Deirdre                          - Ci mancherebbe anche questa! (Cora ricompare dalle scale con un pacchetto di siga­rette e un accendino).

Cora                              - Martha sta benissimo. Dorme tranquilla­mente. Ma la povera Miss Archie è bagnata come un pulcino. Volete una sigaretta?

Maud                            - Io sì, grazie. (Ne prende una. Lotta rien­tra dalla cucina con un vassoio pieno di bicchieri, caraffa per l'acqua, ecc., che posa sulla tavola da gioco).

Lotta                             - Come sta Martha?

Cora                              - Dorme tranquilla. Non ha sentito niente.

Estelle                           - Figuriamoci. Non accorgersi di tutto quel pandemonio. (Estelle tira fuori di tasca una scatola di fiammiferi e accende la sua sigaretta e quella di Maud. Cora accende la propria si­garetta col suo accendino).

Sarita                             - (battendo le mani) Accendete tutte le candele. Francois fate presto! Madame la Mar­quise sarà stanca dopo il suo viaggio in diligenza.

Deirdre                          - Per amor del Cielo, non lasciate nep­pure che si avvicini ai fiammiferi! (Bonita scende le scale con una mezza bottiglia di whisky).

Bonita                           - (scendendo) Ecco il whisky!

May                               - (disapprovando con ironia) Brava Bonita!

Bonita                           - (versa un po' di whisky in ciascun bicchie­re) Miss Archie sta godendosela un mondo. Sembra un generale! Sta trasportando con Doreen tutta la roba di Sarita nella camera in fondo.

Almina                          - Santo Cielo, quella vicina alla mia! Non chiuderò occhio, ne sono sicura. Mi sento già il cuore in gola!

Estelle                           - Prendi un cucchiaino di bismuto e due aspirine, cara. (Miss Archie compare sul bal­latoio della scala e comincia a scendere le scale. Ha il pigiama fradicio ma lei ha un'espressione di calma vittoriosa. Doreen la segue).

Miss Archie                   - Abbiamo corso un bel pericolo, non c'è che dire. Fortuna che l'estintore ha fun­zionato a dovere.

Cora                              - Anche troppo bene ha funzionato! Guar­da come s'è inzuppata.

Miss Archie                   - Perché in un primo momento Io tenevo rivolto verso di me; poi ho capito che era la parte sbagliata.

Bonita                           - (porgendole un bicchiere) Beva un sor­so di questo, « Mon Colonnel » e poi vada a cam­biarsi, se non vuole lasciarci la pelle.

Miss Archie                   - Grazie. Un po' di whisky mi ci vuole proprio.

Lotta                             - La sua presenza di spirito è stata splen­dida, Miss Archie. Le siamo tutte molto ricono­scenti.

May                               - (con tono sepolcrale) Davvero! [Tutte si mostrano sorprese di sentire May registrare le parole di Lotta).

Lotta                             - (con un sorriso) Sono lieta che anche tu, May, sia d'accordo con me. (Va verso May guar­dandola fissa. May ricambia lo sguardo per un momento, poi volta la testa dall'altra parte. Si alza e si allontana da lei).

Maud                            - (rompendo il silenzio) Stavamo pensando di chiamare il dottor Jevons.

Miss Archie                   - Decideremo domattina. (Abbassa la voce e guarda Sarita) Le darò una pillola che l'addormenterà subito. Gradireste una tazza di tè? In un minuto faccio bollire l'acqua.

Estelle                           - No, grazie, dopo il whisky...

Lotta                             - Grazie, non credo mi andrebbe. (Anche le altre rifiutano).

Miss Archie                   - In questo caso, Doreen, puoi tor­nartene a Ietto.

Doreen                          - Grazie, Miss Archibald. (Doreen va via per la porta della cucina).

Cora                              - Credo che sia l'ora per tutte di tornare a dormire.

Miss Archie                   - Vado a levarmi questo pigiama e a mettermi una vestaglia. Poi porteremo su Sarita. Sarò qui in un momento. (Va nel suo ufficio).

Estelle                           - (prende Almina per la mano) Andia­mo, su, Almina. Non c'è nessuna ragione che tu rimanga seduta qui. (Si alza).

Almina                          - Credo che sia stato lo shock, ma mi sento ancora tremare tutta.

Estelle                           - Lo shock ora è passato, e non hai più alcun motivo di tremare. Vieni con me.

Almina                          - (issandosi faticosamente in piedi) Lo shock è una cosa molto pericolosa. Un'amica mia un giorno vide un uomo investito da un autobus, a Newcastle e tre giorni dopo le è venuto un colpo.

Estelle                           - Andiamo, cara. Non è il caso di ab­bandonarsi a pensieri funerei. (Estelle e Almina si avviano per la scala).

Sarita                             - A Newcastle io mi sono innamorata di Herbert.

Bonita                           - Quale Herbert?

Sarita                             - Il mio Herbert, naturalmente. Andava­mo sempre a Whitley Bay nei giorni liberi e ci tenevamo la mano guardando il mare.

Maud                            - Me ne vado su anch'io, Deirdre. Vieni anche tu? Buona notte a tutti. (Voci di « buona notte »).

Deirdre                          - Sì, vengo. (Dà uno sguardo a Sarita, mentre le passa accanto) Raccontarci con chi si teneva per mano a Whitley Bay, dopo aver dato fuoco alla casa! Una bella faccia tosta! (Maud e Deirdre si avviano per le scale. Miss Archie esce dal suo ufficio. Indossa vestaglia e pantofole).

Miss Archie                   - (avvicinandosi a Sarita) Andiamo, cara, è ora di tornare nel tuo bel lettino.

Sarita                             - Mio fratello Armand ed io eravamo dud anime in uri nocciolo. Lui il padre, io la mamma...

Bonita                           - Santi Numi! La « Primula rossa ».

Miss Archie                   - Bonita, mi aiuti per favore! (Bo­nita si avvicina a Sarita e la prende per la mano).

Sarita                             - Forse ho fatto qualcosa di sbagliato, ma per piacere non mi toccate. Non sopporto che la gente mi tocchi. (Sale da sola le scale, poi si ferma) II mare era assai mosso e c'era sem­pre vento. Ma l'aria era deliziosamente fresca e noi eravamo innamorati.

Miss Archie                   - Andiamo, cara, andiamo!

Cora                              - (sottovoce) E' una cosa intollerabile, in­tollerabile. (Si nasconde il viso tra le mani).

Lotta                             - Sì, certo, è terribile, ma non devi la­sciarti prendere dai nervi. Non possiamo farci nulla.

Cora                              - Penso che prima o poi dovrà andarsene.

Lotta                             - Evidentemente, prima o poi...

Cora                              - Cosa si sente quando la testa non fun­ziona più? Com'è la vita? Migliore o peggiore?

Lotta                             - Chi lo sa? Forse non si soffre; credo che Sarita non sia infelice.

Cora                              - (alzandosi a fatica) Può darsi che in fondo sia da invidiare. Per lo meno non si accorge della noia di star qui ad aspettare giorno per giorno, ora per ora. Vieni su, May?

May                               - No. Rimango ancora un po' vicino al fuoco.

Lotta                             - Anch'io. (Cora dà un'occhiata a Lotta. May guarda a sua volta Lotta con disdegno, poi volge gli occhi altrove. Lotta va alla tavola da gioco, posa il bicchiere che aveva in mano, e va a sedersi sul sofà. Lungo silenzio. May prende il suo ricamo, guarda ancora Lotta e cerca gli oc­chiali nella borsetta, rovista invano, poi emette un suono di soddisfazione: li ha trovati. Lotta continua a tenerle gli occhi addosso. Il silenzio è interrotto da May).

May                               - Oh... erano qui nella borsa... (Lotta non risponde e continua a guardare May. I loro sguar­di alla fine s'incontrano. May abbozza un sorriso forzato) Già... erano qui... ed io che li cercavo dappertutto!

Lotta                             - (declamando) « Le nevi si disciolsero e i fiori spuntarono - Sotto un mantello di verde le gemme si dischiusero una dopo l'altra e venne la primavera ».

May                               - Il fuoco è ormai quasi spento.

Lotta                             - C'è ancora un resto di calore. Non fa molto freddo.

May                               - (dopo pausa) Sei stata felice con lui?

Lotta                             - Sì: sino alla sua morte.

May                               - E' già qualcosa.

Lotta                             - (con disinvoltura) Qualche volta era insopportabile. Quelle sue terribili furie irlandesi.

May                               - Le ricordo! (Guarda Lotta freddamente) Perché me lo hai portato via?

Lotta                             - E' stato lui a venire con me. Di sua spontanea volontà. Devi averlo saputo. Non era uomo da farsi comandare...

May                               - Tu eri più bella di me.

Lotta                             - La bellezza non c'entrava per nulla. Quando qualcosa deve succedere, succede. Può capitare a chiunque.

May                               - Lo dici per sembrare meno colpevole?

Lotta                             - No, May. Non ho nulla da farmi perdo­nare da te. Charles ed io ci siamo innamorati e ci siamo sposati. Non ho rimorsi, né rimpianti.

May                               - Sei fortunata. Io invece, di rimpianti ne ho molti.

Lotta                             - Ormai, a che valgono?

May                               - E cosa è successo del tuo primo marito, mi pare si chiamasse Webster...

Lotta                             - Webster Bennet. Dopo il nostro divor­zio se n'è andato in Canada e vi morì qualche anno dopo.

May                               - Ma avevi un figlio. E' ancora vivo?

Lotta                             - Sì, ma se ne andò in Canada col padre e non tornò più. Ora è sposato.

May                               - Ti scrive spesso?

Lotta                             - La sua ultima lettera è di 17 anni fa.

May                               - Mi spiace, Lotta. Mi spiace proprio.

Lotta                             - Grazie, May. Ne ho sofferto molto. Ma poi mi sono rassegnata. Cosa vuoi? E' sempre vissuto con suo padre, non ha mai avuto bisogno di me, se non quando era piccolo...

May                               - Perché sei venuta a finire qui? Era pro­prio necessario?

Lotta                             - Sì. Non dispongo che di duecento ster­line all'anno. Le mie due ultime commedie hanno fatto fiasco. Mi sono accorta che stavo perdendo la memoria, non riuscivo più a ricordare la parte e questo mi ha completamente sconvolta...

May                               - E' successa la stessa cosa a me. Ho sem­pre imparato una parte con difficoltà, anche quan­d'ero giovane. Ora però non ci riuscivo più... Una cosa che mi umiliava più della mia condizione presente.

Lotta                             - Questa nostra vita non è affatto umilian­te. Ce la siamo guadagnata lavorando onesta­mente.

May                               - Forse hai ragione.

Lotta                             - Bonita ha lasciato qui la sua bottiglia; ne vuoi un poco?

May                               - Un goccetto appena... appena... (Lotta le offre il bicchiere e le versa un po' di whisky) Domani voglio comprarmi una bottiglia di whisky... Qual è la marca migliore?

Lotta                             - Non saprei. Sono tutte press'a poco uguali. E poi noi non siamo delle bevitrici.

May                               - (pausa) E così... ci siamo incontrate an­cora...

Lotta                             - Sì. Ci siamo ritrovate... (Alza il bic­chiere).

May                               - (tocca il bicchiere con lei) Cin cin.

Lotta                             - Cin cin e buona fortuna! (Si guardano commosse intensamente mentre il velario si chiude).

Quadro terzo

~ La stessa scena. Una settimana dopo. Pome­riggio, subito dopo la colazione di mezzogiorno. Cora seduta al tavolo da gioco fa un solitario. Deirdre sul sofà legge il « Sunday Times ». Bo­nita dall'altro lato del sofà legge il « Sunday Clarion ». Maud sta suonando al piano la diciot­tesima variazione di Rachmaninoff su Paganini. Almina sta leggendo seduta sulla poltroncina vi­cina al piano. Estelle su una seggiola lavora d'un­cinetto, e May, come sempre, al suo solito ri­camo. Lotta legge il « Sunday Clarion ».

Lotta                             - Senti, May, questa è veramente bella... (ride).

May                               - Ti ho già detto che non voglio ascoltarne neppure una parola.

Lotta                             - (leggendo) « Vecchie nemiche ancora combattono al calar del sipario ». Ed è anche a caratteri grandi. La prima volta che ci trovia­mo nella stessa... produzione! (Tutte ridono ec­cetto May).

May                               - Non ci trovo nulla da ridere.

Lotta                             - E' un articolo volgare, scritto male e pieno di falso sentimentalismo, ma nell'insieme meglio di quanto credevo.

May                               - Un pezzo illeggibile, vergognoso.

Lotta                             - Dopo l'incidente con Deirdre la giorna­lista avrebbe potuto essere molto più cattiva e vendicarsi.

Deirdre                          - Non mi pento affatto di quanto ho detto a quella odiosa, ipocrita ragazza. Cora          - Le solite sparate da palcoscenico di Deirdre.

Deirdre                          - Le mie sparate da palcoscenico, come le chiami tu, almeno io le faccio alla luce del giorno e dico le cose in faccia.

Bonita                           - (interrompendo la lettura) Il peggio è che ci ha messo di mezzo anche il povero Osgood. Ne parla all'ultimo, dopo averci descritto sedute in giardino al tramonto, ruminando sopra i no­stri passati successi...

Cora                              - Sedute in giardino: questa sì che è buo­na! Per essere divorate dagli insetti!

Lotta                             - Sembrava una ragazza a posto: e in­vece scrive in maniera obbrobriosa.

May                               - La roba che va bene per quell'orrendo giornale. Viviamo in un'epoca spaventosa. (Decla­mando) « Milton, dovresti essere vivo in questo momento: l'Inghilterra ha bisogno di te! ».

Cora                              - (ironicamente) Sipario!

Lotta                             - E sentite qui: (leggendo) «Mi domando se noi cittadini ordinari ci rendiamo conto quan­to dobbiamo a queste vecchie attrici, che stanno recitando l'ultimo atto della loro vita, prive di ogni emozione e di ogni fascino, respinte e dimenticate in attesa del definitivo calar del si­pario ».

Bonita                           - Lo spunto per una magnifica canzone. (Canticchia). « Al calar del sipario / Al calar del sipario / Ormai questo è per noi / L'ultimo sce­nario / Al calar del sipario! “ (Suona il campa­nello d'ingresso).

Cora                              - Questo è Perry.

Lotta                             - Poveraccio. Mi fa un po' pena.

May                               - Per conto mio non gliela perdonerò mai.

Deirdre                          - Perdonare non è il tuo forte, May Davenport. (Perry entra nella « hall ». Non è sorri­dente come il solito).

Perry                             - Salute a tutte.

Maud                            - Oh, Perry... (Istintivamente l'abbraccia).

Perry                             - (rispondendo al saluto generale) Meno male, vedo che mi avete perdonato.

Lotta                             - Tutte, meno May. Ma le tiene il broncio solo perché lei le dedichi un po' più d'attenzione.

May                               - Non dire stupidaggini, Lotta.

Perry                             - E' inutile che vi ripeta quanto sono di­spiaciuto per quell'articolo. E' stato un disastro. Il comitato mi ha accusato di essere andato al di là dei miei compiti, e ieri mattina sono stato licenziato. (Indignazione generale).

Lotta                             - Oh Perry! Questa è per noi una notizia terribile!

Perry                             - Anche per May?

May                               - (senza alzare gli occhi dal ricamo) Le ser­virà di lezione per il futuro.

Lotta                             - Andiamo, May, cerca di essere meno dura del solito.

Deirdre                          - Cosa ti aspetti da chi ha il cuore di pietra?

Lotta                             - Deirdre! Calma!

Deirdre                          - Calma un corno. Perry ha perduto il posto per colpa nostra. E May Davenport lo tratta come un qualsiasi delinquente. (Tutte si fanno at­torno a Perry per consolarlo).

Perry                             - Un momento, la storia non è finita. Ieri pomeriggio c'è stata un'altra riunione del Comi­tato e per fortuna presiedeva Maggie...

Bonita                           - E allora? Avanti, non ci tenga in ansia...

Perry                             - E' stato annullato il mio licenziamento. (Tutte sono contente e si congratulano con lui).

Maud                            - Evviva! Evviva!

Lotta                             - Magnifico.

Perry                             - E sapete perché il provvedimento con­tro di me è stato annullato?

May                               - (in tono categorico) Basta, Perry. Non una parola di più.

Perry                             - Due parole: queste: grazie, May. (Bacia May commosso ed esce. Tutti guardano May con stupore).

Bonita                           - Non ci capisco niente.

Deirdre                          - E io meno ancora.

Lotta                             - May, hai forse scritto al Comitato?

May                               - Preferisco non parlarne.

Bonita                           - E invece sì, ci devi dire tutto.

May                               - E sta bene. Ho telefonato a Maggie, men­tre voi eravate a pranzo. Le ho spiegato che Perry aveva agito soltanto per farci ottenere quel­lo che non riuscivamo ad avere. Le ho anche detto che se lo avessero licenziato, qui ci sarebbe stata una mezza rivoluzione e avremmo scritto tutte una lettera di protesta al Comitato.

Deirdre                          - Questa proprio non me la sarei aspet­tata. Tuoni e fulmini sulla mia vecchia testa irlan­dese, se non è una sorpresa fenomenale. Onore a te, May Davenport!

May                               - Per favore, Deirdre. Smettila di chiamar­mi May Davenport! Non ne posso proprio più. (Suona il campanello).

Maud                            - Ancora visite?

Doreen                          - (entrando, rivolta a Perry) Sono di là due infermiere della Croce Verde.

Perry                             - Le faccia aspettare. (Doreen esce).

Lotta                             - Ce n'eravamo dimenticate...

Almina                          - Quest'articolo benedetto ci ha fatto perdere la testa. Povera Sarita, speriamo sia per il suo meglio...

Perry                             - Dov'è Miss Archie?

Lotta                             - E' su da Sarita. Niente autoambulanza, vero?

Perry                             - No, la portiamo con una macchina pri­vata. Vorrei suggerire una cosa: niente abbracci... niente saluti... e soprattutto niente commozioni... Fate come se nulla fosse.

Lotta                             - Ma è proprio necessario portarla via?

Perry                             - Se non necessario, prudente; così ha detto il dottore. Ma state tranquilla, sarà curata con affetto e non le mancherà nulla. Nessuno le farà capire il suo vero stato. (Sale le scale).

Bonita                           - Sarà poi vero che dove la portano starà bene?

Cora                              - D'altra parte non c'è altra scelta.

May                               - (con decisione) Non c'è altra scelta; deve essere posta sotto sorveglianza, qualcuno deve occuparsi di lei giorno e notte. Nelle sue condi­zioni potrebbe diventare pericolosa! Basta una scatola di fiammiferi, come s'è visto.

Bonita                           - Ma lei non si rende conto di essere pericolosa...

May                               - Lo so, ma purtroppo lo è.

Deirdre                          - Una mia zia impazzì quand'ero ancora piccola, me ne ricordo benissimo. A quei tempi non si facevano tante storie. La vennero a pren­dere una domenica mentre stavamo pranzando e la portarono via come fosse stata un sacco di patate.

Lotta                             - Deirdre, mi pare che tu ora esageri!

Bonita                           - Ecco, stanno venendo.

Estelle                           - Non credo che ce la farò. Piangerò come una stupida a vederla andar via! (Fa per andarsene).

Cora                              - Rimani. Dobbiamo comportarci come se niente fosse. (Estelle si rimette a sedere).

Lotta                             - Meglio che facciamo finta di parlare.

Maud                            - Io non riesco a dire niente. (Prende un libro dal tavolo da gioco e finge di leggere).

Lotta                             - Bonita, va al piano e suona la prima cosa che ti viene in mente.

Bonita                           - No, no. Non ci riesco.

Lotta                             - Per favore. Per coprire questo imbaraz­zante silenzio.

Bonita                           - Sta bene. (Suona il « Notturno in fa maggiore » di Chopin. Cora siede al tavolo e finge di fare un solitario con le carte. Miss Archie, Sarita e Perry compaiono sul ballatoio della scala. Miss Archie ha in mano una valigia. Sarita è in grigio con un piccolo cappello. Tutte le donne nel­la sala cercano di darsi un contegno. Mentre Miss Archie scende la scala, Sarita si ferma sulla bal­conata delle scale).

Sarita                             - Che simpatico albergo. Sembra proprio di essere a casa propria.

Miss Archie                   - Su cara, scendi, scendi.

Sarita                             - Ricordo questo pezzo. E' Chopin, non è vero?

Bonita                           - (mentre suona) Sì, cara. E' proprio Chopin.

Sarita                             - Mi ricordo la scena che recitavo su que­sta musica nel « Segreto di Lady Mary ». (Sorride a Perry) Prima che lei fosse nato, molti anni fa, giovanotto. Era una scena di grande effetto. In­dossavo un abito da sera bianco e quando ero arrivata sulla porta mi voltavo lentamente e get­tavo una rosa rossa al mio primo attore. (Comin­cia a scendere le scale) Era solo una rosa finta e non sempre lui riusciva a prenderla al volo, ma ogni sera veniva giù il teatro dagli applausi. (Perry offre il braccio a Sarita, ma lei va verso il centro della sala. Miss Archie esce a destra nella «hall»). « Au revoir », mie care. Non vi dico addio perché è di cattivo augurio. E' stata veramente una bella « tournée ». Buona fortuna a tutte voi! (Sarita si unisce a Perry che l'accompagna amorevolmente ed esce con lei nella « hall ». Tutte le altre guarda­no, eccettuata Bonita che continua eroicamente a suonare il « Notturno » di Chopin).

ATTO TERZO

Quadro primo

~ La stessa scena. La serata di Natale. I mobili della stanza hanno subito alcuni spostamenti per l'occasione. All'alzarsi del sipario la scena è vuota. Sono circa le ventuno e trenta. La stanza mostra i segni della festività. Decorazioni di carta alle pa­reti e sul caminetto. Vicino alle finestre un albero di Natale illuminato. L'illuminazione e solo par­ziale. Un allegro fuoco arde nel caminetto. Doreen entra dalla cucina e accende le « appliques ». Poi raccoglie ritagli di carta colorata avanzati sparsi qua e là. Miss Archie entra nella hall. Indossa la sua vecchia uniforme militare del corpo ausilia­rio; ma ha in capo un cappellino di carta colorata. Dalla vicina stanza da pranzo giungono voci al­legre e confuse.

Miss Archie                   - (aiutando Doreen alla raccolta della cara avanzata) Metterai tutto in ordine doma­ni, Doreen. Porta il caffè, e poi vai dai tuoi che ti aspettano.

Doreen                          - Bene, Miss Archie.

Miss Archie                   - Le due scatole di biscotti rimaste puoi portarle al tuo fratellino.

Doreen                          - Oh... grazie.

Miss Archie                   - Come va a scuola?

Doreen                          - E' molto vivace e intelligente: se non fosse per quel benedetto difetto!

Miss Archie                   - Difetto! Ma che vuoi che sia una piccola balbuzie! Avresti dovuto conoscere il mio ex caporale, Betty... Betty, non ricordo più il co­gnome adesso... Balbuzienti a quel modo ce ne sono pochi, eppure...

Doreen                          - Eppure?

Miss Archie                   - Eppure ha fatto una magnifica carriera! (Suonano alla porta) E chi può essere a quest'ora? Va ad aprire, Doreen. (Prende i rita­gli di carta dalle mani di Doreen e va in cucina. Doreen esce dalla « hall » per andare ad aprire. Poco dopo dalla « hall » entra Zelda seguita da Do­reen. Zelda indossa un paio di pantaloni neri di « corduroy », una giacchetta di velluto nera, una camicia bianca ed una sciarpa rossa. Ha in mano un grosso pacco che deposita sul tavolo da gioco).

Doreen                          - Vado subito ad avvertire Miss Archie.

Zelda                             - Grazie. (Doreen esce in cucina).

Doreen                          - (/. e.) C'è qualcuno per lei, Miss Archie. (Dopo poco Miss Archie entra dalla cucina).

Miss Archie                   - (stupefatta) Oh!

Zelda                             - Buona sera.

Miss Archie                   - (imbarazzata) Doreen non mi ha detto che era lei.

Zelda                             - Buon Natale!

Miss Archie                   - (dà uno sguardo ansioso verso la stanza da pranzo) Altrettanto.

Zelda                             - Sono stata ad un ricevimento qui vicino a Maidenhead, e sto ritornando a Londra. Ho pen­sato di farmi viva per porgere i miei auguri con qualche bottiglia di champagne.

Miss Archie                   - Oh!

Zelda                             - Là sul pianoforte.

Miss Archie                   - Champagne! Ma veramente...

Zelda                             - Sono ancora nel libro nero?

Miss Archie                   - Non esattamente, Miss Fenwick, ma certo quell'articolo non è stato molto gradito.

Zelda                             - Non si preoccupi, mi fermo solo due mi­nuti. Non è nemmeno necessario che le informi della mia visita. Faccia finta di aver trovato lo champagne davanti la porta. Per una volta almeno non sono qui in veste professionale. Ma solo per farmi perdonare.

Miss Archie                   - Capisco.

Zelda                             - Non per l'articolo, sia ben chiaro perché faceva parte del mio lavoro. Ma perché non ho mantenuto la mia promessa.

Miss Archie                   - Non capisco.

Zelda                             - Promisi a Perry di fare un appello alla televisione.

Miss Archie                   - Ah, sì, questo me lo ricordo.

Zelda                             - Ma alla TV non ne hanno voluto sapere; anche il mio direttore era contrario e così... così vi ho dovuto rinunciare.

Miss Archie                   - La prego, non se ne crucci. Tutto è finito e dimenticato. Vuole bere qualcosa?

Zelda                             - No, grazie, debbo andare. Ho in macchi­na un amico che mi aspetta. Piuttosto debbo darle qualcosa da parte del mio direttore: non è per lei, ma per la casa... (Dà una busta a Miss Archie).

Miss Archie                   - Che c'entra il suo direttore?

Zelda                             - Lord Charkley. E' un vecchio brontolone, ma ha paura di andare all'inferno. Così di tanto in tanto gli piace fare un gesto di generosità. Forse una forma di assicurazione spirituale. Ma può anche darsi che sia sincero; è difficile inda­gare nei sentimenti umani. Comunque, il mio compito è finito.

Miss Archie                   - (apre la busta e ne estrae uno chè­que) Duemila sterline!

Zelda                             - Per il solarium.

Miss Archie                   - Possibile?

Zelda                             - E senza alcuna condizione. E' un dono privato per uno scopo preciso. Il Comitato non potrà farne altro uso. E adesso vado. Auguri un « buon Natale » a tutti.

Miss Archie                   - La prego, rimanga un momento.

Zelda                             - Preferisco di no.

Miss Archie                   - Il tempo necessario perché la rin­grazino...

Zelda                             - Non desidero alcun grazie: credo che le signore siano stanche di dire « grazie » per quello che ricevono ogni giorno. Di nuovo, i miei auguri!

Miss Archie                   - Permetta allora che la ringrazi io per loro.

Zelda                             - (sorrìdendo) Certamente.

Miss Archie                   - (commossa) Grazie! (Stringe forte la mano di Zelda).

Zelda                             - Piano. Il braccio mi occorre per guidare.

Miss Archie                   - Mi scusi.

Zelda                             - Ma lo sa che quel cappellino di carta le sta molto bene? Buona notte, colonnello. (Zelda esce dalla « hall ». Miss Archie rimane immobile guardando lo chèque. Poi lo rimette nella busta e lo posa sul caminetto. Estrae un fazzoletto dalla manica e si soffia il naso. Doreen entra dalla cu­cina con un grande vassoio da caffè).

Doreen                          - Lo vogliono qui o in sala da pranzo?

Miss Archie                   - Qui, sul tavolino.

Doreen                          - Bene, Miss Archie. (Posa il vassoio sul tavolino) Ha ancora bisogno di me?

Miss Archie                   - No, Doreen, vai pure.

Doreen                          - La ringrazio ancora per la spilla che mi ha regalato. E' bellissima.

Miss Archie                   - Sono contenta che ti piaccia.

Doreen                          - Allora arrivederla. E tanti auguri!

Miss Archie                   - A domani, Doreen. (Lotta, May, Osgood e Perry entrano dalla « hall » Osgood e Perry indossano lo smoking. Almina, Maud, Estelle, Deirdre, Cora e Bonita li seguono. Sono tutte ve­stite da sera e qualcuna ha ancora in capo il cap­pello di carta).

Lotta                             - Il tacchina era delizioso, Miss Archie. Tutto il pranzo era davvero squisito! (Osgood ac­compagna Almina alla poltrona a sinistra).

Almina                          - Mi ci vorranno almeno tre giorni per digerirlo!

Lotta                             - Veramente dovremmo ringraziare anche Mrs. Blake. E' ancora qui?

Miss Archie                   - No, è già andata a casa.

Lotta                             - La ringrazieremo domani. (Bonita ed Estelle si avvicinano alla tavola e cominciano a versare il caffè).

Bonita                           - Chi vuole caffè?

Almina                          - Non per me, grazie. Altrimenti non dormo. (Movimenti generali per la distribuzione del caffè).

Perry                             - (indicando il pacco sul pianoforte) E quello cos'è?

Miss Archie                   - E' una cassa di champagne.

Bonita                           - Una cassa di champagne! Qualcuno è forse impazzito?

May                               - Chi diavolo può averla mandata?

Miss Archie                   - Credo che quando ve lo dirò, an­drete su tutte le furie.

May                               - Perché?

Miss Archie                   - E' un regalo di Zelda Fenwick. Stava tornando a Londra e si è voluta fermare per farci gli auguri di Natale.

Estelle                           - Zelda Fenwick!

Miss Archie                   - E per fare la pace.

Cora                              - Non vorrà per caso farci la fotografia mentre lo beviamo per pubblicarla sul giornale?

Miss Archie                   - No, è stata un'offerta disinteres­sata. Un pensiero gentile da parte sua, nient'altro, ve lo assicuro.

Perry                             - Be'... questa volta si è comportata bene!

Deirdre                          - Rimandateglielo. Non vogliamo esserle debitrici.

Lotta                             - Sarebbe sciocco e poco cortese.

Deirdre                          - Ma guarda! Champagne! Per un muc­chio di relitti umani come noi!

Lotta                             - Non siamo affatto un mucchio di relitti umani, Deirdre. Al contrario: siamo bene assistite e viviamo comodamente. Trovo che è stato gentile e generoso da parte di Miss Fenwick offrirci una cassetta di champagne, e propongo di aprire una bottiglia subito!

Miss Archie                   - Miss Fenwick mi ha lasciato an­che qualche altra cosa. (Va al caminetto e prende la busta) Questo.

Maud                            - Che diavolo è?

Miss Archie                   - Un dono alla nostra casa da parte dì Lord Charkley, il padrone del suo giornale. Uno chèque di duemila sterline per fabbricare il so­larium. (Un momento di silenzio attonito).

Perry                             - Questa non me l'aspettavo.

Cora                              - Duemila sterline!

Estelle                           - E' incredibile! (Scoppia in pianto) In­credibile! (Perry prende la busta dalle mani di Miss Archie, estrae lo chèque e lo esamina).

Perry                             - Duemila sterline, quant'è vero Iddio!

May                               - (con disapprovazione formalista) Perry, non mescoli il sacro col profano, la prego!

Cora                              - Ci deve essere qualche trucco!

Miss Archie                   - Nessun trucco, nessuna clausola: una semplice donazione, che deve servire soltanto per il solarium. Su, Perry, prenda la cassetta di champagne e andiamo in cucina ad aprirla.

Perry                             - Benissimo. (Prende la cassetta e va in cucina).

Miss Archie                   - (seguendolo) Temo che dovremo usare i bicchieri comuni. Non abbiamo coppe da champagne. (Miss Archie va in cucina).

Cora                              - (ironica) Che cosa inaudita! Una casa di riposo senza coppe da champagne! (Ridono tutte, meno Estelle che scoppia in pianto).

Estelle                           - Scusate, è la grande contentezza!

Cora                              - Su, su, cara, non mi pare davvero il caso di piangere, tutt'altro!

Estelle                           - Lo so. Ma non posso trattenermi.

Deirdre                          - Non sprecare le tue sciocche lacrime per un attimo di felicità. Risparmiale per quando ne avrai bisogno; e credimi, ne avrai bisogno presto.

Lotta                             - Qualche volta mi domando se tu, Deirdre, credi a ciò che dici.

Deirdre                          - Sarebbe a dire?

May                               - Anch'io mi chiedo perché insisti sempre sulla infelicità, la vecchiaia e la morte. Hai tanta paura?

Deirdre                          - Sappi che non ho mai avuto paura di nulla e di nessuno, dal giorno che sono nata, May Davenport.

May                               - E allora perché non hai rispetto per i sentimenti di chi ha meno coraggio di te?

Deirdre                          - Quando giungerà il mio momento, Id­dio onnipotente mi chiamerà a sé: ecco tutto.

May                               - Credo che il buon Dio ci chiamerà tutte a sé quando il nostro momento sarà giunto. Non penso che tu abbia il monopolio della pietà divina. Frattanto lasciaci vivere in pace questi anni che ci sono rimasti.

Bonita                           - Ben detto!

Deirdre                          - Benissimo! Tutte contro di me, sol­tanto perché sono vecchia, sfinita e straniera fra voi.

Cora                              - Ma se possiedi più vitalità di tutte noi messe insieme! Perciò stai tranquilla e non dram­matizzare!

Deirdre                          - Io drammatizzo, forse?

May                               - Non hai fatto altro in vita tua: sempre!

Bonita                           - Basta con le discussioni. E' Natale. (Ru­more di bottiglia di champagne stappata in cu­cina) Non avevo sentito questo rumore, da anni. (Miss Archie entra dalla cucina con un vassoio colmo di bicchieri. La segue Perry con due bot­tiglie di champagne. Il tutto viene messo sul tavo­lino da caffè. Dalla cucina entra anche Osgood. Distribuzione di bicchieri e tutti si preparano al brindisi).

Almina                          - Dopo tutto quel pranzo, vi raccomando il mio fegato!

Cora                              - Di che anno è?

Perry                             - (guardando la bottiglia) Millenovecento-trentotto!

Cora                              - Meglio che niente!

Maud                            - A me proprio un goccio...

Osgood                         - Miss Archie, crede che potrei portarne un sorso anche a Martha? Penso che lo gradirebbe.

Miss Archie                   - Un'ottima idea.

Osgood                         - (prendendo due bicchieri da Miss Archie) Grazie. (Va verso la scala) Spero che sia an­cora sveglia.

Miss Archie                   - Forse la troverà assopita, ma ge­neralmente prima delle undici non si addormenta completamente.

Osgood                         - Nel caso la sveglierò dolcemente. Una buona sorpresa non fa male. (Osgood si allon­tana per le scale).

Bonita                           - Quell'uomo mi fa una gran tenerezza. Ancora innamorato dopo tanti anni!

May                               - (declamando) « L'amore non sente il mor­so del tempo ma continua inalterato fino al limite estremo del destino ».

Deirdre                          - Vorrei sapere chi è che parla di morte adesso.

May                               - (secca) William Shakespeare.

Deirdre                          - Sono molto ignorante!

May                               - Una volta tanto condivido l'opinione di Deirdre.

Perry                             - Ed ora un brindisi alla salute di Zelda Fenwick e di Lord Charkley. D'accordo?

Cora                              - E' il meno che possiamo fare. (Tutte al­zano il bicchiere per brindare. Maud va al piano e dà il via alla nota canzone : « For they are jolly good fellows ». Coro generale con applausi. Maud continua a suonare più piano in modo da rendere udibile il dialogo seguente).

Perry                             - (a Bonita) Su, bevete, che in cucina ab­biamo la scorta!

Bonita                           - Ma certo! Al diavolo, voglio proprio ubriacarmi! (Perry versa a Bonita).

Perry                             - May?

May                               - Grazie: un altro goccetto. (Perry riempie i bicchieri a tutte).

Perry                             - Ciò che piace non fa mai male. Su, be­viamo.

Bonita                           - Lo champagne! Ha un che di affasci­nante. Chissà perché?

Deirdre                          - Perché è distillato dal diavolo e costa caro.

Almina                          - Quando lavoravo con Millie James nel 1904 lei ne aveva sempre un bottiglione in came­rino.

May                               - Povera Millie! E i risultati si son visti ben presto! (Miss Archie viene dalla cucina con un'al­tra bottiglia di champagne. Bonita va al piano­forte e si mette allegramente a cantare un val-zerino).

Bonita                           - (accompagnandosi al piano) Champa­gne, champagne, champagne. / Sei sublime, sei divino, sei profano, / di un alito arcano / c'inondi pian piano / Champagne, champagne, champagne. (Perry invita con un inchino Miss Archie e i due si mettono a ballare. Risate e allegria generale) Le parole sono molto stupide.

Maud                            - E' il valzer della commedia musicale « Miss Mouse ». La povera Dolly Drexer lo can­tava alla fine del secondo atto. Mi ricordo la sua pettinatura di penne di struzzo. Le andavano sem­pre a finire in bocca!

Bonita                           - Canta questa che piace a me... (Bonita accenna qualche accordo al piano e Maud si mette a cantare) « Wan't you come and live in my house, Miss Mouse? Voi ripetete con me Miss Mouse tutte in coro. Daccapo. « Wan't you come and live in my house, Miss Mouse? ».

Tutte                             - (in coro) Miss Mouse!...

Maud                            - It's as sweet as any apple-pie house -Miss Mouse « Come and live in my          - (Applausi e risate).

Tutte                             - (in coro) Miss Mouse!

Maud                            - « I will give you honey from the bees bread and milk and lovely bits of cheese. Please, please, please, please, please, please, please. Come and live in my house ». (Recitativo) Altogether...

Tutte                             - (cantando) « Come and live in my house ».

Maud                            - (cantando) - house ».

Tutte                             - Miss Mouse!.

Lotta                             - Ed ora Bonita: « Over the hill I'U find you ».

Bonita                           - No, quello proprio no! Non ne ricordo neppure una parola!

Maud                            - Avanti, te le suggerisco io!

Bonita                           - (incomincia a cantare accompagnandosi in­certa) « Over he hìll I'U find you There by the mu'rmuring stream ».

Maud                            - (suggerendo) « And the bird in the woods.»

Bonita                           - (continuando) « And the bird in the

woods behind you

Will echo our secret dream

There in the twilight waiting

Gentle, serene and stili

AH the cares of the day

Will be banished away

When I find you, over the hill...

When I find you over the hill...! (Applausi generali).

Deirdre                          - Stupidaggini sdolcinate.

May                               - Il motivo però è piacevole.

Maud                            - (a Perry) Perry, perché non ci canta la canzone che cantava in « Una di troppo ».

Perry                             - Oh, Maud. Non me la sento davvero. Non ce la farei.

Bonita                           - Su, su, non si faccia tanto pregare. Sia­mo amici, non pubblico.

Deirdre                          - Suona qualcosa di allegro, per amor del cielo! Altrimenti tra poco piangeremo come vitelli.

May                               - (ironica) Un bel motivetto irlandese?

Deirdre                          - E perché no? (Bonita attacca un moti­vetto irlandese. Deirdre si mette a ballare. Tutti battono le mani. Allegria generale. Ad un certo momento Deirdre lancia un piccolo grido e va­cilla. Si porta una mano al cuore. Bonita smette di suonare).

Bonita                           - (accorrendo) Deirdre, Deirdre, che ti senti?

Deirdre                          - Santa Madre di Dio... E' venuto il mio momento!... Viene... Viene... (Perry e Miss Archie la mettono sul divano).

Lotta                             - Presto, un po' di cognac. (Va al tavo­lino, versa un po' di cognac in un bicchiere. Perry e Miss Archie sorreggono la testa di Deirdre men­tre Miss Archie cerca inutilmente di far bere il cognac a Deirdre).

May                               - Bisogna telefonare al dottor Jevons. (Per­ry si allontana di corsa).

Lotta                             - (sentendo il polso di Deirdre) Temo che non ci sia più niente da fare.

Cora                              - Vuoi dire che...

Lotta                             - Temo proprio dì sì! (Silenzio generale.

 Tutti guardano Deirdre. Estelle scoppia in pianto. May prende le mani di Deirdre e gliele incrocia sul petto).

May                               - Gli irlandesi sono fortunati!

Quadro secondo

La stessa scena. Pomeriggio di domenica del giugno successivo. I mobili sono stati rimessi ai loro posti abituali. Dalle finestre si intravvede il solarium di nuova costruzione. Estelle, Bonita e Cora sono sedute nel solarium per godersi il sole pomeridiano. May siede al suo solito posto lavo­rando al ricamo come sempre. Lotta legge seduta sul sofà. Dopo poco chiude il libro e lo mette sul tavolo.

Lotta                             - E così sono riuscita a finirlo! Sarei cu­riosa di sapere che cosa l'ha spinta a scriverlo.

May                               - Non può averlo scritto lei. E' mezza anal­fabeta!

Lotta                             - Comunque, c'è dell'immaginazione.

May                               - Un monte di bugie da capo a fondo!

Lotta                             - I primi capitoli, dove parla della sua infanzia non sono male. Dice che uno dei suoi primi ricordi è il rumore della ghiaia del piazzale quando suo padre e sua madre tornavano in car­rozza dall'opera.

May                               - E pensare che è nata sopra una tabac­cheria di Wilton Road!

Lotta                             - Credi che anche noi dovremmo scrivere le nostre memorie, May?

May                               - Certamente no.

Lotta                             - Sarebbero certo più interessanti di quel­le di Marion Broodie. Pensa quante esperienze potremmo raccontare!

May                               - E su quante altre potremmo sorvolare!

Lotta                             - May, per favore, non cominciamo dac­capo! (Cora entra dal solarium).

Cora                              - Non resistevo più di star lì a cuocere come una lucertola. (Esce nella stanza della tele-visione).

May                               - Cora si è sempre lamentata, anche nei I momenti migliori. Non è mai contenta.

Lotta                             - Lo sapevi che abbiamo recitato una! volta insieme all'« Adelphi » negli anni venti : por­tava non so quante collane al collo e un cappello di astrakan.

May                               - Ha avuto sempre la mania di grandezza.

Lotta                             - Forse lei soffre più di tutte noi.

May                               - (con amarezza) Ne sei proprio sicura?

Lotta                             - Ti dà ancora tanto fastidio vivere qui?

May                               - (posando il suo telaio da ricamo) Purtrop­po sì. Odio questa mia vita. Ho cercato di adat­tarmi, di rassegnarmi, ho fatto ogni sforzo, ma non ci sono riuscita. Sono grata a chi mi dà un tetto e un po' di cibo, ma ogni boccone è per me un'umiliazione terribile. Sono sempre stata orgogliosa e questa è una delle ragioni della mia impopolarità nel teatro. Ma sono stata anche im­previdente. Adesso pago, pago amaramente e non debbo che rimproverare me stessa. (Riprende il lavoro) E adesso, se non ti dispiace, vorrei cam­biare soggetto.

Lotta                             - Già! Non sei cambiata, May. Vuoi an­cora comandare.

May                               - Che intendi dire?

Lotta                             - E se io non avessi voglia di cambiare argomento? Se desiderassi sfogarmi rievocando tutte le sciocchezze e le leggerezze che mi hanno ridotta in questo stato?

May                               - Parli seriamente?

Lotta                             - No, no. Rassicurati. Ormai sono rasse­gnata e quasi contenta.

May                               - Questione di temperamento.

Lotta                             - Vuoi dire che sono una debole?

May                               - Non voglio dire niente.

Lotta                             - Io ho sempre intepretato parti più leg­gere delle tue. Ho debuttato in Cordelia. E ho avuto successo.

May                               - Uno dei personaggi più retorici e anti­patici di Shakespeare.

Lotta                             - (rìdendo) Sta bene, hai vinto tu, cara. (Suona il campanello della casa).

May                               - Chi sarà?

Lotta                             - Probabilmente Osgood.

May                               - Di solito entra senza suonare. La porta è sempre aperta. (Doreen esce dalla cucina e va ad aprire).

Lotta                             - Qualcuno del Comitato...

May                               - Non ci mancherebbe altro. La loro insop­portabile allegria mi dà ai nervi. (Doreen entra dalla stanza di ingresso).

Doreen                          - (a Lotta) Un signore che chiede di lei, Miss Bainbridge.

Lotta                             - Di me?

Doreen                          - Sì, è una cosa importante.

Lotta                             - Ti ha dato il nome?

Doreen                          - Sì, Alan Bennet.

Lotta                             - (portando la mano alla gola e chiudendo gli occhi; pausa penosissima, ma poi si riprende) Fallo entrare, Doreen.

Doreen                          - Bene, Miss Bainbridge. (Doreen esce nella « hall »).

May                               - E' lui? (Lotta fa segno di sì, in silenzio. May, riponendo il ricamo) Meglio che me ne vada.

Lotta                             - No, per favore, resta. (Doreen rientra pre­cedendo Alan Bennet, poi scompare nella cucina. Alan è sulla cinquantina, ben vestito, ma traspare in lui un'aria di scontentezza e di fallimento. E' nervoso).

Alan                              - (prima guarda May, poi riconosce la madre, Lotta; cercando di essere casuale) Ciao, mam­ma!

Lotta                             - Alan, questa è una vera sorpresa... Vo­glio dire... Non immaginavo mai che tu fossi in Inghilterra.

Alan                              - Sono arrivato in aereo ieri da Toronto. (Si abbracciano).

Lotta                             - May, ti presento mio figlio. Miss May Davenport.

Alan                              - Ho sentito molto parlare di lei, Miss Davenport.

May                               - Molto gentile. Scusate, ma debbo andare, Lotta.

Lotta                             - No, per favore. Alan ed io possiamo an­dare in giardino.

May                               - Non è necessario. Vado a vedere la tele­visione. Non mi interessa gran che, ma insistendo, chissà... La saluto, per ora, Mr. Bennet.

Alan                              - Spero di rivederla.

May                               - Se resta per il tè ci rivedremo senz'altro. (May va nella stanza della televisione).

Lotta                             - (dopo una breve pausa) Siedi, Alan. Pren­di una sigaretta. (Alan siede sul divano).

Alan                              - Grazie, non fumo.

Lotta                             - Bravissimo. Io invece non smetto mai. (Prende una sigaretta, l'accende, siede anche lei sul divano).

Alan                              - Allora... eccoci qua!

Lotta                             - Già. Eccoci qua.

Alan                              - Stai benissimo, mamma. Non sei cam­biata. Ti avrei riconosciuto fra mille.

Lotta                             - Ne dubito. Trentatrè anni sono parecchi.

Alan                              - (con aria colpevole) Già, è vero, sono molti.

Lotta                             - (con uno sforzo) Come sta tua moglie?

Alan                              - Cynthia? Ottimamente, grazie.

Lotta                             - Mi fa piacere.

Alan                              - In questi ultimi tempi è un po' ingras­sata, ma penso sia una cosa normale.

Lotta                             - Sì, credo anch'io.

Alan                              - Mi ha pregato di salutarti con molto af­fetto.

Lotta                             - Grazie, grazie.

Alan                              - Mi invidiava perché venivo in Inghilterra. Lei non si è mai mossa dal Canada. E' di Winnipeg, ma la sua famiglia si è trasferita a Montreal nel 1938.

Lotta                             - Molto grande?

Alan                              - Winnipeg?

Lotta                             - No, la famiglia di tua moglie.

Alan                              - Piuttosto: tre sorelle e un fratello che vive in Ecuador.

Lotta                             - Confesso che non so esattamente dove sia, l'Ecuador.

Alan                              - Nell'America del Sud, tra la Colombia e il Perù.

Lotta                             - Oh... Avete bambini? (Altra pausa).

Alan                              - Tre. (Tira fuori alcune fotografie dal por­tafoglio) Ti ho portato qualche fotografia. Non sono perfette, ma tanto per dare un'idea.

Lotta                             - Mi metto gli occhiali. (Eseguisce).

Alan                              - (porgendole una foto) Questa è Joan, la più piccola. Allora aveva solo tre anni.

Lotta                             - E' caruccia.

Alan                              - (porgendole una foto) E questa è Eileen. E' in collegio.

Lotta                             - (osserva la foto) Una faccia già matura. Ha proprio bisogno degli occhiali?

Alan                              - Sì, un lieve astigmatismo, ma con gli occhiali ci vede benissimo. (Porgendole un'altra foto) E questo è Ronnie, il maggiore. E' già un uomo. Studia per ragioniere.

Lotta                             - Molto alto, a quanto sembra.

Alan                              - Uno e ottanta circa. Ha molta disposi­zione per la matematica.

Lotta                             - (restituendo le foto) Perché non mi hai detto che venivi?

Alan                              - Volevo farti una sorpresa.

Lotta                             - (asciutta) E ci sei riuscito! Una grande sorpresa.

Alan                              - Spero non troppo spiacevole.

Lotta                             - (pausa) Alan, ma perché sei venuto?

Alan                              - Sono venuto... per portarti via da questo posto. Non avevo la minima idea che tu fossi qui. Un'amica di Cynthia le ha mandato un ritaglio del « Sunday Clarion » con un articolo su questa casa. Lo sapemmo da là. E' rimasta malissimo.

Lotta                             - E perché?

Alan                              - Be', insomma. Dopo tutto sei sua suo­cera!

Lotta                             - Ma se non mi conosce neppure!

Alan                              - Non è colpa sua.

Lotta                             - Non ho detto questo. Ma resta il fatto che non ci siamo mai incontrate. Mi ha scrìtto una sola volta, diciassette anni fa, poco dopo il vostro matrimonio.

Alan                              - In ogni modo, abbiamo discusso a lungo su questa situazione.

Lotta                             - Quale situazione?

Alan                              - Sì, la tua permanenza qui, in un istituto di carità. Non avevamo la minima idea, che tu fossi ridotta in questo stato.

Lotta                             - Non drammatizzare, Alan. Qui mi trovo bene. E' un posto molto comodo.

Alan                              - Perché non mi hai mai scritto?

Lotta                             - Non riuscivo più a trovare il tuo indi­rizzo.

Alan                              - Non parlare cosi, mamma. Lo vedi che cerco di fare del mio meglio. Perché non m'aiuti?

Lotta                             - Sei stato molto buono a venire, Alan. Ma non sono convinta che tu l'abbia fatto con ecces­sivo entusiasmo.

Alan                              - Sono tuo figlio!

Lotta                             - Sì, certo. Ma questa parola non ti suona strana?

Alan                              - Credimi, mamma, mi dispiace di averti fatto soffrire tutti questi anni.

Lotta                             - Ti credo. Forse tutti e due abbiamo i nostri torti. Penso però che sia un po' tardi per riempire il vuoto del passato. Ormai sono una vecchia egoista con le mie abitudini.

Alan                              - (estrae di tasca una lettera) Questa è una lettera dì Cynthia. (Gliela porge) Mi ha pregato di dartela.

Lotta                             - (prendendola) Grazie. (L'apre e la legge in silenzio).

Alan                              - Ti assicuro che è sincera.

Lotta                             - (-finisce di leggere e rimette la lettera accu­ratamente nella busta) E' una lettera molto gentile. Domani le risponderò.

Alan                              - Sei d'accordo con la sua proposta?

Lotta                             - (fissandolo) Tu lo sei?

Alan                              - Certamente. Altrimenti non sarei qui.

Lotta                             - Questo è un momento terribilmente tri­ste, Alan, pieno di rimpianti, di fatti irreparabili. Non so trovare le parole adatte. Avrei preferito che tu non fossi venuto, che fossi rimasto alla tua vita e mi avessi lasciato finire la mia in pace e tranquillità.

Alan                              - Lasciarti vivere della pubblica carità?

Lotta                             - Lo trovi tanto umiliante?

Alan                              - Sì, molto. Cynthia è rimasta malissimo quando l'ha saputo, e anche Myrtle.

Lotta                             - Myrtle?

Alan                              - La sorella di Cynthia. Ha sposato uno dei migliori ginecologi di Toronto.

Lotta                             - Ottimo matrimonio!

Alan                              - Insomma, cerca di capire il mio punto di vista, mamma!

Lotta                             - Lo capisco benissimo, mio caro. Cynthia mi propone di venire a vivere con voi. Invece di I carità pubblica sarebbe carità privata. Ti pare che ci sia tanta differenza?

Alan                              - Moltissima differenza. Sei mia madre, la | carità non c'entra!

Lotta                             - Parole... Solo parole. « Sono tuo figlio »! « Tu sei mia madre »! Trovi che significhino molto?

Alan                              - Penso sinceramente di sì!

Lotta                             - Sì, sì, hai ragione; Sono un'ingrata. Ma vedi, Alan, è una cosa impossibile. Tu ed io sia­mo sì madre e figlio, ma spiritualmente siamo due estranei che si parlano dopo trentatrè anni di lontananza. Quando eri piccolo, di tanto in tanto, riuscivamo a capirci, ma non per molto. Tu eri | figlio di papà.

Alan                              - Non era tutta colpa sua se mi sentivo più vicino a lui.

Lotta                             - E' vero. Era anche colpa mia e colpa delle circostanze. Io ero sempre in tournée e co-minciavo ad aver successo. Tuo padre invece non i riusciva a combinar nulla. Era gelosissimo, noni solo dì me ma anche del mio lavoro. Non lo con­danno per averti allontanato da me. Col suo ca­rattere era inevitabile, ma non avrei potuto la-1 sciare il teatro, neppure se lo avessi voluto. Noni avremmo avuto da mangiare.

Alan                              - Non mi sembra che sia il caso di rievo-care tutte queste cose.

Lotta                             - Voglio soltanto farti capire che alcune nostre decisioni sono scelte irrevocabili.

Alan                              - Allora non verrai? Non vuoi accettare l'ospitalità che Cynthia ed io ti offriamo?

Lotta                             - No, caro. Sarebbe una cosa insopporta­bile per tutti. In fondo al tuo cuore devi esserne j convinto anche tu, ammettilo. Se Dio mi darà! vita e se tu potrai permettertelo, vi verrò a trovare per conoscere Cynthia e i miei nipotini.

Alan                              - Mamma, ti prego, non prendere decisioni affrettate. Pensaci su bene.

Lotta                             - Va bene, ci penserò.

Alan                              - Rimarrò qui per tutta la settimana. Ho degli affari da sbrigare per la mìa ditta.

Lotta                             - Per chi lavori?

Alan                              - Si chiama « O.T.B. », la Ontario Travel Bureau. Un buon stipendio, ma niente di straordi­nario. Posso migliorare in futuro e poi avrò una pensione quando mi ritirerò.

Lotta                             - Come me.

Alan                              - E adesso è meglio che ti lasci. Ho il tassì che mi aspetta fuori.

Lotta                             - Non potresti mandarlo via e fermarti qui per il tè? Conosceresti le mie compagne. Non sono antipatiche.

Alan                              - No, adesso preferisco andare. Posso tor­nare a farti visita?

Lotta                             - (commossa) Sì, caro, vieni ancora una volta.

Alan                              - Mamma...

Lotta                             - (scostandolo dolcemente) Va, va, su, fai il bravo.

Alan                              - Ma mamma...

Lotta                             - Per piacere, accontentami. Rivederti ina­spettatamente è stata per me una forte scossa. Dove posso trovarti in questi giorni?

Alan                              - Sto all'Hotel Cumberland.

Lotta                             - Bene. Me ne ricorderò. Addio, Alan! (Lo stringe forte a sé, poi lo allontana) Adesso va.

Alan                              - Potrei venire mercoledì o giovedì?

Lotta                             - Mercoledì o giovedì andrebbe benissimo.

Alan                              - Allora fissiamo senz'altro per giovedì. Se arrivassi a mezzogiorno potremmo fare colazione insieme.

Lotta                             - Ottima idea: senz'altro.

Alan                              - Au revoir, allora.

Lotta                             - Au revoir. (Alan le sorride ed esce nella hall. Lotta si abbandona sul divano, nasconde la faccia tra le mani e scoppia in pianto. May rientra dalla stanza della televisione. Vede che Lotta sta piangendo. Esita un momento, poi le si avvicina).

May                               - Non piangere, Lotta. Su, su, niente lagrime.

Lotta                             - Tra un minuto tutto sarà passato.

May                               - Perché è venuto?

Lotta                             - Per offrirmi di andare a vivere insieme a loro in Canada. Mi ha portato una lettera molto cara di sua moglie che mi pregava di accettare.

May                               - E tu hai rifiutato?

Lotta                             - Sì. Ho rifiutato.

May                               - Capisco. (Breve pausa) Posso esserti utile?

Lotta                             - Sì, cara; dammi il mio lavoro a maglia, deve essere sul piano. (May va verso il piano, prende il lavoro e lo porge a Lotta) Grazie. Se un anno fa mi avessero detto che un giorno mi sarei messa a lavorare a maglia, non ci avrei creduto.

May                               - E' un colore molto indovinato. Cosa ne farai?

Lotta                             - Una giacca da letto. Quella che ho è di un blu troppo acceso. E poi casca ormai a pezzi. (Estelle e Bonita entrano dal solarium. Almina e Maud le seguono, andando tutte a sedersi).

Almina                          - Lo credereste che fuori nel solarium fa quasi troppo caldo? Chi l'avrebbe mai detto! (Cora viene dalla camera della televisione).

Cora                              - Il televisore ha ricominciato i suoi soliti scherzi. Per fortuna c'era solo un coro del Galles.

Maud                            - Miss Archie penserà ad accomodarlo.

Bonita                           - Cora, vogliamo fare una partita a ca-nasta prima del tè? (Perry entra dalla hall).

Perry                             - Bon jour, mes dames, comment ca va?

Bonita                           - Benissimo, merci bien. (Bonita e Cora si mettono alla tavola da gioco. Perry si avvicina a May e le porge un pacchettino).

 

Perry                             - (abbracciandola) Con i miei più cari auguri.

May                               - (severamente) Perry, lei sta violando an­cora il regolamento! In questa casa è proibito ri­cordare i compleanni.

Perry                             - Solo un po' di profumo.

Bonita                           - Auguri, May. Perché non ci hai detto niente? (Voci di « tanti auguri - buon complean­no » ecc.)

May                               - Vi ringrazio infinitamente. (Apre il pac­chetto) Oh, Perry! Non avrebbe dovuto. Sono arrabbiata... e commossa. (Lo bacia).

Perry                             - (le prende affettuosamente la mano, poi si volge alle altre) E Topsy Baskerville è già arrivata?

Bonita                           - No. Miss Archie è andata a prenderla e ha detto che sarebbe arrivata col treno delle due e dieci. Dovrebbero essere qui a momenti.

Estelle                           - Povera, vecchia Topsy. Sarà certo un po' emozionata!

Cora                              - Lo siamo state tutte, no?

Bonita                           - Recitavo con lei durante la guerra del '15; cantava « Oh, Mr. Kaiser ».

Maud                            - Sì, sì, ricordo! (Bonita va al piano e Maud si mette a canticchiare la canzonetta « Oh Mr. Kaiser ». Le altre si uniscono in coro. Poi c'è una pausa).

May                               - Chi è questa Topsy? Non ne ho mai sen­tito parlare.

Cora                              - Topsy Baskerville: un'attrice d'operetta.

May                               - Roba faticosa.

Perry                             - E' tanto cara. Sono sicuro che le vor­rete tutte bene.

Lotta                             - Ma certamente, Perry. (Con una certa malizia) Lo avrete detto senza dubbio anche un anno fa quando sono arrivata io.

Bonita                           - Probabilmente sì. Strano, è già pas­sato un anno. Sembra impossibile.

Lotta                             - (andando verso May) Mi sentivo triste, sola e senza speranza, come chi entra in una pri­gione. E adesso, dopo un anno di prigione, mi sento improvvisamente libera. Non è strano? (Si sente la porta di casa che si richiude. Poi la voce di Miss Archie fuori campo).

Miss Archie                   - (/. e.) Venga, per di qua, Miss Baskerville... (Bonita riattacca la canzone « Oh Mr. Kaiser » accompagnandosi al piano. Miss Archie entra dalla hall seguita da Miss Baskerville, una vecchietta sui settanta, che si guarda intorno timidamente. Poi riconosce la sua canzone e sor­ride).

Topsy                            - Ma questa è la mia canzone!...

Bonita                           - Ciao, Topsy. Non mi riconosci, sono Bonita. (Topsy riconosce Bonita, le fa un cenno di saluto poi va verso Maud che l'abbraccia men­tre Bonita continua a suonare e cantare « Oh Mr. Kaiser », insieme a Maud. Topsy saluta Estelle e Perry che fa le altre presentazioni mentre len­tamente cala il sipario).

FINE