Alessandro nell’Indie

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Alessandro nell'Indie

Alessandro nell'Indie

di Pietro Metastasio

PERSONAGGI

ALESSANDRO

PORO

re di una parte dell'Indie, amante di Cleofide.

CLEOFIDE

regina d'altra parte dell'Indie, amante di Poro.

ERISSENA

sorella di Poro.

GANDARTE

generale dell'armi di Poro, amante di Erissena.

TIMAGENE

confidente d'Alessandro e nemico occulto del medesimo.

La Scena è su le sponde dell'Idaspe, in una delle quali è il campo d'Alessandro, e nell'altra la reggia di Cleofide.

ARGOMENTO

La nota generosità usata da Alessandro il grande verso Poro, re di parte dell'Indie, a cui, più volte vinto, rese i regni e la libertà, è l'azione principale del dramma; alla quale servono d'episodi e il costante amore di Cleofide, regina d'altra parte dell'Indie, pel geloso suo Poro, e la destrezza con cui procurò ella d'approfittarsi dell'inclinazione d'Alessandro a vantaggio dell'amante e di se stessa. Comincia la rappresentazione dalla seconda disfatta di Poro.

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Campo di battaglia sulle rive dell'Idaspe. Tende, carri rovesciati, soldati dispersi, armi, insegne ed altri avanzi dell'esercito di Poro disfatto da Alessandro.

Terminata la sinfonia, s'ode strepito d'armi e di stromenti militari. Nell'alzar della tenda veggonsi soldati che fuggono. PORO con ispada nuda, indi GANDARTE

PORO

Fermatevi, codardi! Ah! con la fuga

Mal si compra una vita. A chi ragiono?

Non ha legge il timor. La mia sventura

I più forti avvilisce. E' dunque in cielo

Sì temuto Alessandro

Che a suo favor può fare ingiusti i numi?

Ah! si mora, si scemi

Della spoglia più grande

Il trionfo a costui... Ma la mia sposa

Lascio in preda al rival? No, si contrasti

(ripone la spada nel fodero

L'acquisto di quel core

Sino all'ultimo dì.

GAND.

Prendi, signore,

(frettoloso e porgendo il proprio elmo a Poro

Prendi, e il real tuo serto

Sollecito mi sporgi. Oh Dio! s'avanza

La schiera ostil. Deh! non tardar. S'inganni

Il nemico così.

PORO

Ma il tuo periglio?

GAND.

E' periglio privato. In me non perde

L'India il suo difensor. Porgi, t'affretta:

Non abbiam che un istante.

PORO

Ecco, o mio fido,

(si leva il proprio cimiero e lo pone sul capo a Gandarte

Sul tuo crine il mio serto. Ah, sia presagio

Di grandezze future.

GAND.

E vengano con lui le tue sventure.

(parte

SCENA SECONDA

PORO, poi TIMAGENE con ispada nuda e séguito de' Greci, indi ALESSANDRO

PORO

In vano, empia fortuna,

Il mio coraggio indebolir tu credi.

(in atto di partire

TIMAG.

Guerrier, t'arresta, e cedi

Quell'inutile acciaro. E' più sicuro

Col vincitor pietoso inerme il vinto.

PORO

Pria di vincermi, oh quanto

E di periglio e di sudor ti resta!

TIMAG.

Su, Macedoni, a forza

L'audace si disarmi.

PORO

(volendo difendersi, gli cade la spada)

Ah stelle ingrate!

Il ferro m'abbandona.

ALESS.

Olà, fermate.

Abbastanza fin ora

Vedrò d'indico sangue il greco acciaro.

Macchia la sua vittoria

Vincitor che ne abusa.

(a Timagene)

I miei seguaci

Abbian virtude alla fortuna eguale.

TIMAG.

Fia legge il tuo voler.

(parte

PORO

(Questi è il rivale).

ALESS.

Guerrier, dimmi: chi sei?

PORO

Nacqui sul Gange;

Vissi fra l'armi; Asbite ho nome: ancora

Non so che sia timor; più della vita

Amar la gloria è mio costume antico;

Son di Poro seguace e tuo nemico.

ALESS.

(Oh ardire! oh fedeltà!) Qual è di Poro

L'indole, il genio?

PORO

E' degno

D'un guerriero e d'un re. La tua fortuna

L'irrìta e non l'abbatte; e spera un giorno

D'involar quegli allori alle tue chiome.

Colà su l'are istesse,

Che il timor de' mortali offre al tuo nome.

ALESS.

In India eroe sì grande

E' germoglio straniero. In greca cuna

D'esser nato il tuo re degno saria.

PORO

Credi dunque che sia

Il ciel di Macedonia

Sol fecondo d'eroi? Pur su l'Idaspe

La gloria è cara e la virtù s'onora:

Ha gli Alessandri suoi l'Idaspe ancora.

ALESS.

Valoroso guerriero, al tuo signore

Libero torna, e digli

Che sol vinto si chiami

Dalla sorte o da me. L'antica pace

Poi torni a' regni sui:

Altra ragion non mi riserbo in lui.

PORO

Vinto si chiami! E ambasciador mi vuoi

Di simili proposte?

Poco opportuno ambasciador scegliesti.

ALESS.

Ma degno assai.

(a' Greci)

Si lasci

Libero il varco al prigionier. Ma inerme

Partir non dee. Questa, ch'io cingo, accetta

(si toglie dal fianco la spada per darla a Poro

Di Dario illustre spoglia,

Che la man d'Alessandro a te presenta;

E, lei trattando, il donator rammenta.

(Poro prende la spada da Alessandro, al quale una comparsa ne presenta subito un'altra

PORO

Vedrai con tuo periglio

Di questa spada il lampo,

Come baleni in campo

Sul ciglio al donator.

Conoscerai chi sono:

Ti pentirai del dono;

Ma sarà tardi allor.

SCENA TERZA

ALESSANDRO, poi TIMAGENE con ERISSENA incatenata, due Indiani e séguito

ALESS.

Oh ammirabile sempre,

Anche in fronte a' nemici,

Carattere d'onor! Quel core audace,

Perché fido al suo re, minaccia e piace.

TIMAG.

Questa, che ad Alessandro

Prigioniera donzella offre la sorte,

Germana è a Poro.

ERISS.

(Oh dèi!

D'Erissena che fia!)

ALESS.

Chi di quei lacci

L'innocente aggravò?

TIMAG.

Questi di Poro

Sudditi per natura,

Per genio a te. Fu lor disegno offrirti

Un mezzo alla vittoria.

ALESS.

Indegni! Il ciglio

Rasciuga, o principessa. Ad Alessandro

Persuade rispetto il tuo sembiante.

ERISS.

(Che dolce favellar!)

TIMAG.

(Son quasi amante).

ALESS.

Agli empi, o Timagene,

Si raddoppino i lacci

Che si tolgono a lei. Tornino a Poro

Gl'infidi ed Erissena:

Questa alla libertà, quelli alla pena.

(due comparse sciolgono Erissena ed incatenano gl'Indiani

ERISS.

Generosa pietà!

TIMAG.

Signor, perdona:

Se Alessandro foss'io, direi che molto

Giova se resta in servitù costei.

ALESS.

S'io fossi Timagene anche il direi.

Vil trofeo d'un'alma imbelle

E' quel ciglio allor che piange:

Io non venni insino al Gange

Le donzelle a debellar.

Ho rossor di quegli allori,

Che non han fra' miei sudori

Cominciato a germogliar.

(parte

SCENA QUARTA

ERISSENA e TIMAGENE

TIMAG.

(Oh rimprovero acerbo,

Che irrìta l'odio mio!)

ERISS.

Questo è Alessandro?

TIMAG.

E' questo.

ERISS.

Io mi credea

Che avessero i nemici

Più rigido l'aspetto,

Più fiero il cor. Ma sono

Tutti i Greci così?

TIMAG.

(Semplice!) Appunto.

ERISS.

Quanto invidio la sorte

Delle greche donzelle! Almen fra loro

Fossi nata ancor io!

TIMAG.

Che aver potresti

Di più vago, nascendo in altra arena?

ERISS.

Avrebbe un Alessandro anche Erissena.

TIMAG.

Se le greche sembianze

Ti son grate così, l'affetto mio

Posso offrirti, se vuoi: son greco anch'io.

ERISS.

Tu greco ancor?

TIMAG.

Sotto un istesso cielo

Spuntò la prima aurora

A' giorni d'Alessandro, a' giorni miei.

ERISS.

Non è greco Alessandro, o tu nol sei.

TIMAG.

Dimmi almen qual ragione

Sì diverso da me lo renda mai.

ERISS.

Ha in volto un non so che, che tu non hai.

TIMAG.

(Che pena!) Ah! già per lui

Fra gli amorosi affanni

Dunque vive Erissena!

ERISS.

Io?

TIMAG.

Sì.

ERISS.

T'inganni.

Chi vive amante, sai che delira;

Spesso si lagna, sempre sospira,

Né d'altro parla che di morir.

Io non m'affanno, non mi querelo;

Giammai tiranno non chiamo il Cielo:

Dunque il mio core d'amor non pena,

O pur l'amore non è martìr.

(parte coi due prigionieri indiani, accompagnata dal séguito di Timagene

SCENA QUINTA

TIMAGENE

Ma qual sorte è la mia! Nacque Alessandro

Per offendermi sempre. Anche in amore

M'oltraggia il merto suo: picciola offesa,

Che rammenta le grandi. Eh, l'odio mio

Si appaghi al fine. Irriterò le squadre,

Solleverò di Poro

Le cadenti speranze: alla vendetta

Qualche via troverò; ché il vendicarsi

D'un ingiusto potere

Persuade natura anche alle fiere.

O su gli estivi ardori

Placida al sol riposa,

O sta fra l'erbe e i fiori

La pigra serpe ascosa,

Se non la preme il piede

Di ninfa o di pastor.

M, se calcar si sente,

A vendicarsi aspira;

E su l'acuto dente

Il suo veleno e l'ira

Tutta raccoglie allor.

(parte

SCENA SESTA

Recinto di palme e cipressi con picciolo tempio nel mezzo, dedicato a Bacco, nella reggia di Cleofide.

CLEOFIDE con séguito, indi PORO

CLEOF.

Perfidi! qual riparo,

(alle comparse

Qual rimedio adoprar? Mancando ogni altro,

Dovevate morir. Tornate in campo,

Ricercate di Poro. Il vostro sangue,

Se tardo è alla difesa,

Se vile è alla vendetta,

Spargetelo dal seno

Alla grand'ombra in sacrifizio almeno.

(alle comparse

Oh dèi! mi fa spavento

Più di Poro il coraggio,

L'anima intollerante e le gelose

Furie, che in sen sì facilmente aduna,

Che il valor d'Alessandro e la fortuna.

PORO

(Ecco l'infida!) Io vengo,

Regina, a te di fortunati eventi

Felice apportator.

CLEOF.

(rasserenandosi)

Numi! respiro.

Che rechi mai?

PORO

(come sopra, con ironia)

Per Alessandro al fine

Si dichiarò la sorte. Esulta: avrai

Dell'Oriente oppresso

(Cleofide si turba

A momenti al tuo piè tutti i trofei.

CLEOF.

Così m'insulti? Oh dèi! Dunque saranno

Eterne le dubbiezze

Del geloso tuo cor? Fidati, o caro,

Fidati pur di me.

PORO

Di te si fida

Anche Alessandro. E chi può dir qul sia

L'ingannato di noi? So ch'ei ritorna,

E torna vincitor, so che altre volte

Coll'armi de' tuoi vezzi, o finti o veri,

Hai le sue forze indebolite e dome.

E creder deggio? e ho da fidarmi? e come?

CLEOF.

Ingrato, hai poche prove

Della mia fedeltà? Comparve appena

Su l'indico confine

Dell'Asia il domator, che il tuo periglio

Fu il mio primo spavento. Incontro a lui

Lusinghiera m'offersi, onde con l'armi

Non passasse a' tuoi regni. Ad onta mia,

Seco pugnasti. A te, già vinto, asilo

Fu questa reggia; e non è tutto. In campo

La seconda fortuna

Vuoi ritentar: l'armi io ti porgo, e perdo

L'amistà d'Alessandro,

Di mie lusinghe il frutto,

De' miei sudditi il sangue, il regno mio;

E non ti basta? e non mi credi?

PORO

(commosso)

(Oh Dio!)

CLEOF.

Tollerar non posso

Così barbari oltraggi.

Fuggirò questo cielo; andrò raminga

Per balze e per foreste

Spaventose allo sguardo, ignote al sole,

Mendicando una morte. I miei tormenti,

Le tue furie una volta

Finiranno così.

PORO

Fermati; ascolta.

CLEOF.

Che dir mi puoi?

PORO

Che a gran ragion t'offende

Il geloso amor mio.

CLEOF.

Questo è un amore

Peggior dell'odio.

PORO

Io ti prometto, o cara,

Che mai più di tua fede

Dubitar non saprò.

CLEOF.

Queste promesse

Mille volte facesti, e mille volte

Tornasti a vacillar.

PORO

Se mai di nuovo

Io ti credo infedel, per mio tormento

Altra fiamma t'accenda,

E vera in te l'infedeltà si renda.

CLEOF.

Ancor non m'assicuro:

Giuralo.

PORO

A tutti i nostri dèi lo giuro.

Se mai più sarò geloso,

Mi punisca il sacro nume

Che dell'India è domator.

SCENA SETTIMA

ERISSENA accompagnata da Macedoni, e detti.

CLEOF.

Erissena! Che veggo!

PORO

Come! Tu nella reggia?

ERISS.

Un tradimento

Mi portò fra' nemici, e un atto illustre

Del vincitor pietoso a voi mi rende.

CLEOF.

Che ti disse Alessandro?

(Poro si turba

Parlò di me?

PORO

(si corregge)

(Ma questa

E' innocente richiesta).

ERISS.

I detti suoi

Ridirti non saprei: so che mi piacque;

So che dolce in quel volto

Fra lo sdegno guerrier sfavilla amore.

Di polve e di sudore

Anche aspersa la fronte

Serba la sua bellezza, e l'alma grande

In ogni sguardo suo tutta si vede.

PORO

Cleofide da te questo non chiede.

(con isdegno ad Erissena

CLEOF.

Ma giova questo ancora

Forse a' disegni miei.

PORO

(Ah, non torniamo a dubitar di lei).

CLEOF.

Macedoni guerrieri,

Tornate al vostro re: ditegli quanto

Anche fra noi la sua virtù s'ammira;

Ditegli che al suo piede

Tra le falangi armate

Cleofide verrà.

PORO

Come! Fermate.

(a' Macedoni con impeto

Tu ad Alessandro?

(a Cleofilde, turbato

CLEOF.

E che perciò? Non vedo

Ragion di meraviglia.

PORO

(come sopra)

In questa guisa

Il tuo decoro, il nome tuo si oscura.

L'India che mai dirà?

CLEOF.

Questa è mia cura.

Partite.

(a' Macedoni che partono

PORO

(Io smanio).

CLEOF.

Ah, non vorrei che fosse

Il tuo soverchio zelo

Quel solito timor che t'avvelena.

PORO

Lo tolga il Cielo!

(con tranquillità forzata

(Oh giuramento! oh pena!)

CLEOF.

Siegui a fidarti: in questa guisa impegni

A maggior fedeltà gli affetti miei.

Quando Poro mi crede,

Come tradir potrei sì bella fede?

Se mai turbo il tuo riposo,

Se m'accendo ad altro lume,

Pace mai non abbia il cor.

Fosti sempre il mio bel nume;

Sei tu solo il mio diletto;

E sarai l'ultimo affetto,

Come fosti il primo amor.

(parte

SCENA OTTAVA

PORO, ERISSENA, indi GANDARTE

PORO

Dèi, che tormento è questo!

Va Cleofide al campo, ed io qui resto!

No, no! si siegua. A' suoi novelli amori

Serva di qualche inciampo

La mia presenza.

(in atto di partire

GAND.

Ove, signore?

PORO

Al campo.

GAND.

Ferma! non è ancor tempo. Io non in vano

Tardai fin or. Questo real diadema

Timagene ingannò: Poro mi crede;

Mi parlò: lo scopersi

Nemico d'Alessandro. Assai da lui

Noi possiamo sperare.

PORO

Or non è questa

La mia cura maggiore. Al greco duce

Cleofide s'invia.

GAND.

Ma che paventi?

ERISS.

Che figuri perciò?

PORO

Mille figuro

Immagini crudeli

D'infedeltà, vezzi, lusinghe, sguardi.

Che posso dir?

ERISS.

Ma saran finti.

PORO

Addio.

Fingendo s'incomincia. Ah, non sapete

Quanto breve è il sentiero,

Che dal finto amor conduce al vero.

(parte frettoloso

SCENA NONA

ERISSENA e GANDARTE

GAND.

Principessa adorata, allor che intesi

Te prigioniera, il mio dolor fu estremo:

Or che sciolta ti vedo,

Credimi, estremo è il mio piacer.

ERISS.

Lo credo.

Dimmi: vedesti in su gli opposti lidi

Dell'Idaspe Alessandro?

GAND.

Ancor nol vidi.

E tu provasti mai

Alcun timor ne' miei perigli?

ERISS.

Assai.

Se Alessandro una volta

Giungi a veder...

GAND.

M'è noto. Ah, più di lui

Or non parliam. Dimmi che m'ami: i pegni

Rinnova di tua fé; dimmi che anela

Il tuo bel core all'imeneo promesso.

ERISS.

Eh! non è già l'istesso

Il vedere Alessandro

Che udirne ragionar. Qualunque vanto

Spiegar non può...

GAND.

Ma tanto

Parlar di lui che mai vuol dir? Pavento,

Cara (sia con la tua pace),

Che Alessandro ti piaccia.

ERISS.

E' ver: mi piace.

GAND.

Dunque, così, tiranna,

Mi deridi, m'inganni?

ERISS.

E chi t'inganna?

San gli dèi ch'io non fingo.

GAND.

Allor fingevi

Dunque, o crudel, che del tuo core amante

Mi giuravi il possesso.

ERISS.

Allora io non fingea: non fingo adesso.

(parte

SCENA DECIMA

GANDARTE

Perché senz'opra degli altrui sudori

Nasceano i frutti, i fiori;

Perché più volte l'anno,

Non dubbio prezzo delle altrui fatiche,

Biondeggiavan le spiche, e al lupo appresso

In un covile istesso

Il sicuro agnellin prendea ristoro;

Era bella, cred'io, l'età dell'oro.

Ma se allor le donzelle,

Per soverchia innocenza, a' loro amanti

Dicean d'esser infide

Chiaro così come Erissena il dice,

Per me l'età del ferro è più felice.

Ah, colei che m'arde il seno,

Se non m'ama, ah, finga almeno!

Un inganno è men tiranno

D'un sì barbaro candor.

Fin che sembrami sincera,

Io mi credo almen felice;

Se la scopro ingannatrice,

Cangio in odio almen l'amor.

(parte

SCENA UNDICESIMA

Gran padiglione d'Alessandro vicino all'Idaspe. Vista della reggia di Cleofide su l'altra sponda del fiume.

ALESSANDRO e TIMAGENE, guardie dietro al padiglione.

ALESS.

Pur troppo, amico, è vero: ama Alessandro;

E nel suo cor trionfa

Cleofide già vinta.

TIMAG.

Eccola: a lei

Offri e dimanda amore.

ALESS.

Amor! T'inganni:

Alessandro sì presto

Non si lascia agli affetti in abbandono.

Debole a questo segno ancor non sono.

SCENA DODICESIMA

Nel tempo d'una breve sinfonia si vedono venire diverse barche pel fiume, dalle quali scendono molti Indiani, portando diversi doni; e dalla principale sbarca CLEOFIDE, che viene incontrata da ALESSANDRO.

CLEOFIDE e detti.

CLEOF.

Ciò ch'io t'offro, Alessandro,

E' quanto di più raro,

O nell'indiche rupi

O nella vasta oriental marina,

Per me nutre e colora

Il sol vicino e la feconda aurora.

Se non mi sdegni amica, eccoti un dono

All'amistà dovuto:

Se suddita mi brami, ecco un tributo.

ALESS.

Da' sudditi io non chiedo

Altr'omaggio che fede, e dagli amici

Prezzo dell'amistade io non ricevo:

Onde inutili sono

Le tue ricchezze, o sian tributo o dono.

Timagene, alle navi

Tornino que' tesori.

(Timagene si ritira, dando ordine agl'Indiani che tornino su le navi coi doni

CLEOF.

Ah! mel predisse il cor. Questo disprezzo

Giustifica il mio pianto.

(piange

L'esserti... odiosa... tanto...

ALESS.

Ma non è ver. Sappi... t'inganni... Oh Dio!

(M'uscì quasi da' labbri idolo mio).

CLEOF.

Signor, rimanti in pace. A me non lice

Miglior sorte sperar de' doni miei:

Più di quelli importuna io ti sarei.

(in atto di partire

ALESS.

T'arresta.

(arrestandola)

Ah! mal, regina,

Interpreti il mio cor. Siedi e ragiona.

CLEOF.

Ubbidirò.

ALESS.

(Che amabile sembianza!)

CLEOF.

(Mie lusinghe, alla prova).

(siedono

ALESS.

(Alma, costanza).

CLEOF.

In faccia ad Alessandro

Mi perdo, mi confondo; e non so come...

SCENA TREDICESIMA

TIMAGENE e detti.

TIMAG.

Monarca, il duce Asbite

Chiede a nome di Poro

Di presentarsi a te.

CLEOF.

(Numi!)

ALESS.

Fra poco

Verrà: per or con la regina...

TIMAG.

Appunto

Inanzi a lei di ragionar desia.

ALESS.

Venga.

(Timagene parte

CLEOF.

(Poro l'invia!

Chi è mai costui!)

ALESS.

T'è noto il suo pensiero?

CLEOF.

Signor, l'ignoro, e non so dirti il vero.

SCENA QUATTORDICESIMA

PORO e detti.

PORO

(Eccola: oh gelosia!)

CLEOF.

(Poro!)

PORO

Perdona,

Cleofide, s'io vengo

Importuno così. La tua dimora

Più breve io figurai; ma d'Alessandro

Piacevole è il soggiorno e di te degno.

CLEOF.

(Già di nuovo è geloso! Ardo di sdegno).

ALESS.

Parla, Asbite: che chiede

Poro da me?

PORO

Le offerte tue ricusa,

Né vinto ancor si chiama.

ALESS.

E ben, di nuovo

Tenti la sorte sua.

CLEOF.

Signor, sospendi

La tua credenza: Asbite

Forse non ben comprese

Di Poro i detti.

PORO

Anzi son questi.

CLEOF.

Eh! taci.

PORO

No: lo pretendi in van.

CLEOF.

(Per suo castigo

Abbia ragion d'ingelosirsi). Il passo,

Amico o vincitor, qual più ti piace,

Volgi, signore, alla mia reggia.

PORO

(Ah, infida!)

CLEOF.

Più dell'Idaspe il varco

Non ti sarà conteso, e là saprai

Meglio tutti di Poro i sensi e i miei.

PORO

Non fidarti a costei:

E' avezza ad ingannar. Grato a' tuoi doni,

Io ti deggio avvertir.

CLEOF.

(Che soffro!)

ALESS.

Asbite,

Sei troppo audace.

PORO

Io n'ho ragion: conosco

Cleofide e il mio re. Da lei tradito...

CLEOF.

Non udirlo, o signor; nol merta: i primi

Oltraggi non son questi,

Ch'io soffro da costui.

PORO

(Perfida!)

CLEOF.

Accetti,

Alessandro, l'invito?

Qual risposta mi rendi?

Che ho da sperar? Verrai?

ALESS.

Verrò: m'attendi.

SCENA QUINDICESIMA

PORO e CLEOFIDE.

PORO

Lode agli dèi! Son persuaso al fine

Della tua fedeltà.

(con ironia

CLEOF.

(come sopra)

Lode agli dèi!

Poro di me si fida,

Più geloso non è.

PORO

Dov'è chi dice

Che un femminil pensiero

Dell'aura è più leggiero?

CLEOF.

Ov'è chi dice

Che più del mare un sospettoso amante

E' torbido e incostante?

Io non lo credo.

PORO

Ed io

Nol posso dir.

CLEOF.

Mi disinganna assai...

PORO

Mi convince abbastanza...

CLEOF.

La placidezza tua...

PORO

La tua costanza.

CLEOF.

Ricordo il giuramento.

PORO

La promessa rammento.

CLEOF.

Si conosce...

PORO

Si vede...

CLEOF.

Che placido amator!

PORO

Che bella fede!

Se mai turbo il tuo riposo,

Se m'accendo ad altro lume,

Pace mai non abbia il cor.

CLEOF.

Se mai più sarò geloso,

Mi punisca il sacro nume

Che dell'India è domator.

PORO

Infedel! questo è l'amore?

CLEOF.

Menzogner! questa è la fede?

A DUE

Chi non crede al mio dolore,

Che lo possa un dì provar!

PORO

Per chi perdo, o giusti dèi,

Il riposo de' miei giorni!

CLEOF.

A chi mai gli affetti miei,

Giusti dèi, serbai fin ora!

A DUE

Ah! si mora e non si torni

Per l'ingrato a sospirar.

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Gabinetti reali.

PORO e GANDARTE

PORO

E passerà l'Idaspe

L'aborrito rival senza contesa?

GAND.

No, mio re. Per tuo cenno

Già radunai gran parte

De' tuoi sparsi guerrieri, e presso al ponte,

Che unisce dell'Idaspe ambe le rive,

Cauto gli ascosi. In questo agguato avvolto

Troverassi Alessandro appena giunto

Di qua dal fiume; ed il soccorso a lui

Dell'esercito greco il ponte angusto

Ritarderà.

PORO

Benché da lui diviso

L'esercito rimanga, avrà difesa.

Sai pur che in ogni impresa

Lo precedono sempre

Gli argiraspidi suoi.

GAND.

Fra questi appunto

Seminò Timagene

L'odio per lui. Gli avrem compagni, o almeno

Non ci saran nemici; e, quando ancora

Gli fossero fedeli, il lor coraggio

Si perderà nell'improvviso assalto.

Tu questi dalle sponde

Combattendo disvia. Sul varco angusto

Io sosterrò del ponte

L'impeto ostile. Alle mie spalle intanto

Diroccheranno i nostri

Gli archi di quello ed i sostegni, in parte

Rosi dal tempo e indeboliti ad arte.

Così là senza duce

Resteranno le schiere, e senza schiere

Qua il duce resterà. Compìto questo,

Al fato e al tuo valor si fidi il resto.

PORO

L'unico ben, ma grande,

Che riman fra' disastri agl'infelici,

E' il distinguer da' finti i veri amici.

Oh, del tuo re, non della sua fortuna,

Fido seguace! E perché mai del regno,

Ond'io possa premiarti, il Ciel mi priva?

SCENA SECONDA

ERISSENA e detti.

ERISS.

Poro, Gandarte, arriva

Alessandro a momenti. Un greco messo

Recò l'avviso. Io dalla regia torre

Vidi di là dal fiume

Sotto diverse piume

Splender elmi diversi: il suono intesi

De' stranieri metalli; e fra le schiere

Vidi all'aura ondeggiar mille bandiere.

PORO

E Cleofide intanto

Che fa?

ERISS.

Corre a incontrarlo.

PORO

Ingrata! Amico,

Vanne, vola e m'attendi

Al destinato loco.

GAND.

E tu non vieni?

PORO

Sì; ma prima all'infida

Voglio recar su gli occhi

De' tradimenti suoi tutta l'immago.

Un'altra volta almeno

Voglio dirle infedele, e poi son pago.

GAND.

E tu pensi a costei? L'onor ti chiama

A più degni cimenti.

PORO

Va, Gandarte; a momenti

Raggiungo i passi tuoi.

GAND.

(Oh amor sempre tiranno, anche agli eroi!)

(parte

SCENA TERZA

PORO ed ERISSENA

ERISS.

Germano, anch'io vorrei trovarmi in campo

D'Alessandro all'arrivo.

PORO

In van lo brami.

ERISS.

Perché?

PORO

Non più. Lasciami solo.

ERISS.

E quale

Ragione il vieta?

PORO

A una real donzella

Andar così fra l'armi,

Come lice a un guerrier, non è permesso.

ERISS.

Misera servitù del nostro sesso!

(parte

SCENA QUARTA

PORO solo.

No, no, quella incostante

Non si torni a mirar. Troppo di Poro

Nell'anima agitata,

Che regna ancor conosceria l'ingrata.

Miei sdegni, all'opra. Audaci

Non vi crede Alessandro, e non vi teme.

Provi con sua sventura

Quanto è lieve ingannar chi s'assicura.

Senza procelle ancora

Si perde quel nocchiero,

Che lento in su la prora

Passa dormendo il dì.

Sognava il suo pensiero

Forse le amiche sponde;

Ma si trovò fra l'onde,

Allor che i lumi aprì.

(parte

SCENA QUINTA

Campagna sparsa di fabbriche antiche con tende ed alloggiamenti militari preparati da Cleofide per l'esercito greco Ponte sull'Idaspe. Campo numeroso d'Alessandro, disposto in ordinanza di là dal fiume, con elefanti, torri, carri coperti e macchine da guerra.

Nell'apertura della scena s'ode sinfonia di stromenti militari, nel tempo della quale passa il ponte una parte de' soldati greci, ed appresso a loro ALESSANDRO con TIMAGENE: poi sopraggiunge CLEOFIDE ad incontrarlo.

CLEOFIDE, ALESSANDRO, TIMAGENE; indi GANDARTE

CLEOF.

Signor, l'India festiva

Esulta al tuo passaggio, e lieta tanto

Non fu, cred'io, quando tornar si vide

Dall'ultimo Oriente,

Trionfator del Gange, infra l'adorna

Di pampini frondosi allegra plebe,

Su le tigri di Nisa il dio di Tebe.

ALESS.

Siano accenti cortesi, o sian veraci

Sensi del cor, di tua gentil favella

Mi compiaccio, o regina; e solo ho pena

Che fu all'India funesto il brando mio.

CLEOF.

Eh vadano in oblio

Le passate vicende: ormai sicuro

Puoi riposar su le tue palme.

(si sente di dentro rumore d'armi

ALESS.

Ascolto

Strepito d'armi.

CLEOF.

Oh stelle!

TIMAG.

Timagene, che fu?

TIMAG.

Poro si vede

Fra non pochi seguaci

Apparir minaccioso.

CLEOF.

(Ah, troppo veri

Voi foste, o miei timori!)

ALESS.

E ben, regina,

Io posso ormai sicuro

Su le palme posar?

CLEOF.

Se colpa mia,

Signor...

ALESS.

Di questa colpa

Si pentirà chi, disperato e folle,

Tante volte irritò gli sdegni miei.

(Alessandro snuda la spada, e seco Timagene, e vanno verso il ponte

CLEOF.

L'amato ben voi difendete, o dèi.

(Entrata Cleofide, si vedono uscir con impeto gl'Indiani da' lati della scena vicino al fiume. Questi assalgono i Macedoni. Poro assale Alessandro. Gandarte con pochi seguaci corre sul mezzo del ponte ad impedire il passo all'esercito greco. E intanto che segue la zuffa nel piano, alcuni guastatori vanno diroccando il suddetto ponte. Disviati i combattenti fra le scene, si vede vacillare e poi cadere parte del ponte. Quei Macedoni che combattevano su l'altra sponda si ritirano intimoriti dalla caduta; e Gandarte rimane con alcuni de' suoi compagni in cima alle ruine.

GAND.

Seguitemi, o compagni: unico scampo

E' quello ch'io v'addito.

(getta la spada ed il cimiero nel fiume

Ah secondate,

Pietosi numi, il mio coraggio. Illeso

S'io resterò per lo cammino ignoto,

Tutti i miei giorni io vi consacro in voto.

(si getta dal ponte nel fiume

SCENA SESTA

CLEOFIDE dalla destra, preceduta da PORO senza spada.

CLEOF.

Ma per pietà, ben mio,

Non più sospetti. Io t'amo;

Non amo altro che te: penso a salvarti,

Quando soffro Alessandro.

PORO

Oh Dio! vorrei

Prestarti fé.

CLEOF.

Ma per prestarmi fede

Quai pegni vuoi da me? T'adoro ingrato;

Fuggitivo or ti sieguo;

Lascio i paterni lidi;

Abbandono i miei regni; e non ti fidi?

Giusti dèi, che vedete

L'interno d'ogni cor, tutti al grand'atto,

Tutti siate or presenti. Io fida a Poro

Sposa or mi giuro: il giuramento ascolti,

Vindice e testimonio il Ciel ne sia.

Poro, dammi la destra; ecco la mia.

PORO

Oh destra! oh sposa! oh me felice! Io fui

Un ingiusto fin or: perdono, o cara.

(inginocchiandosi

Qualunque fallo antico...

CLEOF.

Aimè! Sorgi, mia vita; ecco il nemico.

(spaventata

PORO

Dove?

CLEOF.

Colà.

PORO

Quest'altra via... Ma quindi

Pur s'appressan guerrieri. Agl'infelici

Son pur brevi i contenti!

CLEOF.

Sposo, ah, non v'è più scampo. A tergo il fiume;

Alessandro ci arresta

In quella parte, e Timagene in questa.

Eccoci prigioniri.

PORO

Oh dèi! Vedrassi

La consorte di Poro

Preda de' Greci? Agl'impudici sguardi

Misero oggetto? Alle insolenti squadre

Scherno servil? Chi sa qual nuovo amante...

Qual talamo novello... Ah, ch'io mi sento

Mille furie nel sen.

CLEOF.

Poro, è perduta

Per noi dunque ogni speme?

PORO

No; ci resta una via: si mora insieme.

(Poro snuda uno stile, ed alza il braccio in atto di ferirla

SCENA SETTIMA

ALESSANDRO che, uscendo alle spalle di PORO, lo trattiene e lo disarma; soldati greci, e detti.

ALESS.

Crudel, t'arresta.

CLEOF.

(Aita, o stelle!)

ALESS.

(a Poro

E donde

Tanto ardimento e tanta

Temerità!

CLEOF.

Signor, la morte mia

Di Poro è cenno.

PORO

Io sono...

CLEOF.

Egli è di Poro

Fedele esecutor. (Taci, ben mio).

(piano a Poro

PORO

No, più tempo, o regina,

Di ritegni or non è. Sappi, Alessandro,

Che nulla mi sgomenta il tuo potere;

Sappi...

SCENA OTTAVA

TIMAGENE e detti.

TIMAG.

Le greche schiere,

Signor, vieni a sedar. Chiede ciascuno

Di Cleofide il sangue: ognun la crede

Rea dell'insidia.

PORO

Ella è innocente: ignota

Le fu la trama. Il primo autor son io:

Tutto l'onor del gran disegno è mio.

CLEOF.

(Aimè!)

ALESS.

Barbaro, e credi

Pregio l'infedeltà?

CLEOF.

Signor, s'io mai...

ALESS.

Abbastanza palese

Per l'insulto d'Asbite

E' l'innocenza tua. Per me, regina,

Sarà nota alle schiere. Io passo al campo:

Intanto, o Timagene,

Tu di congiunte navi

Altro ponte rinnova; occupa i siti

Della città più forti. Entro la reggia

Sia da qualunque insulto

Cleofide difesa; e questo altero

Custodito rimanga e prigioniero.

(parte

SCENA NONA

CLEOFIDE, PORO e TIMAGENE con guardie.

TIMAG.

Macedoni, alla reggia

Cleofidi si scorga; e intanto Asbite

Meco rimanga.

CLEOF.

(In libertà potessi,

Senza scoprirlo, almen dargli un addio).

PORO

(Potessi all'idol mio

Libero favellar).

CLEOF.

De' casi miei,

Timagene, hai pietà?

TIMAG.

Più che non credi.

CLEOF.

Ah! se Poro mai vedi,

Digli dunque per me che non si scordi,

Alle sventure in faccia,

La costanza d'un re; ma soffra e taccia.

Digli ch'io son fedele,

Digli ch'è il mio tesoro,

Che m'ami, ch'io l'adoro,

Che non disperi ancor.

Digli che la mia stella

Spero placar col pianto,

Che lo consoli intanto

L'immagine di quella

Che vive nel suo cor.

(parte con la guardia

SCENA DECIMA

PORO e TIMAGENE

PORO

(Tenerezze ingegnose!)

TIMAG.

Amico Asbite,

Siam pur soli una volta.

PORO

E con qual fronte

Mi chiami amico? Al mio signor prometti

Sedur parte de' Greci, e poi l'inganni!

TIMAG.

Non l'ingannai. Sedotti

Gli argiraspidi avea: ma non so dirti

Se a caso, se avvertito,

Se protetti dal Ciel, gli ordini usati

Cangiò al campo Alessandro; onde rimase

Ultima quella schiera,

Che doveva al passaggio esser primiera.

PORO

Dubito di tua fè.

TIMAG.

Qualunque prova

Dimandane, e l'avrai. Va; la mia cura

Prigionier non t'arresta.

Libero sei: la prima prova è questa.

PORO

Ma come ad Alessandro...

TIMAG.

Ad Alessandro

Creder farò che, disperato, a morte

Volontaria corresti.

PORO

E di vendetta

Più speranza non v'è?

TIMAG.

Sì: già inviai

Un mio foglio al tuo re. Da quello istrutto,

A' reali giardini

Poro verrà fra poco: e là dell'Asia

A svenar l'oppressore agio ed aita

Avrà da me.

PORO

Ma questo foglio a Poro

Non pervenne fin or.

TIMAG.

No! Come il sai?

PORO

Più non cercar; Poro non l'ebbe: io posso

Asserirlo per lui.

TIMAG.

M'avesse mai

Tradito il messaggier! Tremo. Ah, t'affretta,

Asbite, a Poro: ah, s'ei non vien, ruina

Tutto il disegno mio.

PORO

Poro verrà: non dubitarne.

TIMAG.

Addio.

(parte

PORO

Ricomincio a sperar. Da' lacci sciolto,

L'impeto già de' miei furori ascolto.

Destrier, che, all'armi usato,

Fuggì dal chiuso albergo,

Scorre la selva, il prato,

Agita il crin sul tergo,

E fa co' suoi nitriti

Le valli risonar:

Ed ogni suon che ascolta

Crede che sia la voce

Del cavalier feroce,

Che l'anima a pugnar.

(parte

SCENA UNDICESIMA

Appartamenti nella reggia di Cleofide.

CLEOFIDE e GANDARTE

CLEOF.

E' ver, tentò svenarmi,

Ma per soverchio amor. Ma già che il Cielo

Dall'onde ti salvò, fuggi, Gandarte,

Fuggi da questa reggi. Ah! se Alessandro

Aggrava anche il tuo piè de' lacci suoi,

Nessun rimane in libertà per noi.

Ei vien: parti.

GAND.

Non sia

Mai ver ch'io t'abbandoni.

CLEOF.

Ah, dal suo ciglio

Celati per pietà.

GAND.

Numi, consiglio.

(si nasconde

SCENA DODICESIMA

ALESSANDRO e detti.

ALESS.

Per salvarti, o regina,

Tentai frenar, ma in vano,

D'un campo vincitor l'impeto insano.

Non intende, non ode,

Non conosce ragion. La rea ti crede,

E, minacciando, il sangue tuo richiede.

Ma non temer: mi resta

Una via di salvarti. In te rispetti

Ogni schiera orgogliosa

Una parte di me: sarai mia sposa.

CLEOF.

Io sposa d'Alessandro?

(sorpresa

ALESS.

E qual altro riparo,

Quando un campo ribelle

Una vittima chiede?

GAND.

Eccola.

(si palesa

CLEOF.

(Oh stelle!)

ALESS.

Chi sei?

GAND.

Poro son io.

ALESS.

Come fra questi

Custoditi soggiorni

Giungesti a penetrar?

GAND.

Per via nascosa,

Che il passaggio assicura

Dalle sponde del fiume a queste mura.

ALESS.

E ben, che vuoi? Domandi

Pietà, perdono? O ad insultar ritorni

L'infelice regina?

GAND.

A che mi vai

Rimproverando un disperato cenno,

Fra' tumulti dell'armi, in mezzo all'ire

Mal concepito, mal inteso e forse

Crudelmente eseguito? E' a me palese

L'inumana richiesta

Del campo tuo, che lei vuol morta; e vengo

Ad offrirmi per lei. Porto all'insana

Greca barbarie un regio capo in dono.

Io la vittima sono

Se il reo si chiede; io meditai gl'inganni;

In me punir dovete

Le insidie, i tradimenti:

Son Cleofide e Asbite ambo innocenti.

ALESS.

(Oh coraggio! oh fortezza!)

CLEOF.

(Oh fede che innamora!)

GAND.

(Il mio re si difenda, e poi si mora).

ALESS.

(E fia ver che mi vinca

Un barbaro in virtù? No). Poro, ascolta:

Col tuo fedele Asbite

Ti lascio in libertà. L'istessa via,

Che fra noi ti condusse,

Allo sdegno de' Greci anche t'involi.

GAND.

E Cleofide intanto...

ALESS.

Cleofide è mia preda:

Ritenerla potrei, potrei salvarla

Senza renderla a te; ma, quando vieni

Ad offrirti in sua vece,

La meritasti assai. Dall'atto illustre

La tua grandezza e l'amor tuo comprendo;

Onde a te (non so dirlo), a te la rendo.

CLEOF.

Oh clemenza!

GAND.

Oh pietà!

ALESS.

D'Asbite io volo

A disciogliere i lacci. Andate, amici;

E serbatevi altrove a' dì felici.

Se è ver che t'accendi

(a Gandarte

Di nobili ardori,

Conserva, difendi

La bella che adori,

E siegui ad amarla,

Ché è degna d'amor.

Di qualche mercede

Se indegno non sono,

La man che lo diede

Rispetta nel dono:

Non altro ti chiede

Il tuo vincitor.

(parte

SCENA TREDICESIMA

CLEOFIDE, GANDARTE; poi ERISSENA

CLEOF.

Chi sperava, o Gandarte,

Tanta felicità fra tanti affanni?

Quanto dobbiamo a' tuoi pietosi inganni!

GAND.

Di vassallo e d'amico

Ho compiuto il dover. Ma... Chi s'appressa?

CLEOF.

Sarà forse lo sposo.

Ah, no: giunge Erissena.

GAND.

Oh, come asperso

Ha di lagrime il volto!

CLEOF.

Eh! Non è tempo

Di pianto, o principessa. Andremo altrove

A respirar con Poro aure felici.

ERISS.

Ah, che Poro morì.

CLEOF.

Come?

GAND.

Che dici?

CLEOF.

Mi ha tradita Alessandro!

ERISS.

Ei di se stesso

Fu l'uccisor.

CLEOF.

Quando? Perché? Finisci

Di trafiggermi il cor.

(con affanno e fretta

ERISS.

Sai che rimase,

Creduto Asbite, a Timagene in cura...

CLEOF.

E ben?

ERISS.

Cinto da' Greci,

Lungo il fiume alle tende

Andava prigionier, quando si mosse

Con impeto improvviso, ed i sorpresi

Improvidi custodi urtò, divise:

Fra lor la via s'aperse

Si lanciò nell'Idaspe e si sommerse.

GAND.

Privo di te, servo de' Greci, in odio

(a Cleofide

Ebbe Poro la vita.

CLEOF.

(piangendo)

I suoi furori

Mi predicean qualche funesto eccesso.

GAND.

Ma donde il sai?

ERISS.

Da Timagene istesso.

CLEOF.

Che mi giovò su l'are

Tante vittime offrirvi, ingiusti dèi?

Se voi de' mali miei

Siete cagione, all'ingiustizia vostra

Non son dovute; e, se governa il caso,

Tutti gli umani eventi,

(con passione disperata

Vi usurpate il poter, numi impotenti!

GAND.

Ah, che dici, o regina! Un mal privato

spesso è pubblico bene;

E v'è sempre ragione in ciò che avviene.

Fuggi; torna in te stessa;

Pensa a salvarti.

CLEOF.

(come sopra)

A che fuggir? Qual danno

Mi resta da temer? Lo sposo, il regno,

Misera! già perdei; si perda ancora

La vita che m'avanza:

Dov'è più di periglio o più speranza.

Se il Ciel mi divide

Dal caro mio sposo,

Perché non m'uccide

Pietoso il martìr?

Divisa un momento

Dal dolce tesoro,

Non vivo, non moro;

Ma provo il tormento

D'un viver penoso,

D'un lungo morir.

(parte

SCENA QUATTORDICESIMA

ERISSENA e GANDARTE

GAND.

Adorata Erissena,

Fra perdite sì grandi, ah, non si conti

La perdita di te. Fuggiam da questa

In più sicura parte:

Tuo sposo e difensor sarà Gandarte.

ERISS.

Vanne solo: io sarei

D'impaccio al tuo fuggir. La mia salvezza

Necessaria non è: la tua potrebbe

Esser utile all'India. Anzi tu devi

A favor degli oppressi usar la spada.

GAND.

E dove senza te speri ch'io vada?

Se viver non poss'io

Lungi da te, mio bene,

Lasciami almen, ben mio,

Morir vicino a te.

Che se partissi ancora,

L'alma faria ritorno;

E non so dirti allora

Quel che farebbe il piè.

(parte

SCENA QUINDICESIMA

ERISSENA sola.

E pur, chi'l crederia? Fra tanti affanni

Non so dolermi, e mi figuro un bene,

Quando costretta a disperar mi vedo.

Ah, fallaci speranze, io non vi credo.

Di rendermi la calma

Prometti, o speme infida;

Ma incredula quest'alma

Più fede non ti dà.

Chi ne provò lo sdegno,

Se folle al mar si fida,

De' suoi perigli è degno,

Non merita pietà.

(parte

ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Portici de' giardini reali.

CLEOFIDE ed ERISSENA

CLEOF.

Ma lasciami, Erissena,

(con noia

Respirar sola in pace. I passi miei

Perché seguir così? Perché affannarmi

Con sì spesse richieste? E' ver, sedotto

Ho d'Alessandro il core; è ver, di sposo

Ei la man mi promise: io vado al tempio.

Già la vittima è pronta,

Già il rogo si compone; e sol l'idea

Di vittima e di rogo or mi consola.

Se altro non vuoi saper, lasciami sola.

ERISS.

Che bella fedeltà! Ma con qual fronte

Al tempio andrai?

CLEOF.

V'andrò come conviene

A una sposa reale.

ERISS.

E Poro?

CLEOF.

E Poro

Fin colà negli Elisi

Sarà pago di me.

ERISS.

Ma l'Asia tutta...

CLEOF.

Tutta mia approverà.

ERISS.

Sì, veramente

Dell'Asia in te le spose avranno...

CLEOF.

Avranno

Dell'Asia in me le spose esempio e guida.

ERISS.

Arrossisco per te: spergiura! infida!

CLEOF.

Alle ingiurie, Erissena,

Non trascorrer sì presto. Io ti vorrei

In giudicar più cauta. Il tempo, il luogo

Cangia aspetto alle cose. Un'opra istessa

E' delitto, è virtù, se vario è il punto

Donde si mira. Il più sicuro è sempre

Il giudice più tardo,

E s'inganna chi crede al primo sguardo.

Se troppo crede al ciglio

Colui che va per l'onde,

In vece del naviglio

Vede partir le sponde,

Giura che fugge il lido:

E pur così non è.

Forse tu ancor t'inganni:

M'insulti, mi condanni,

Mi credi un core infido,

E non sai ben perché.

SCENA SECONDA

ERISSENA, poi TIMAGENE

ERISS.

E ostentar con tal fasto

Si può l'infedeltà!

TIMAG.

(cercando per la scena, senza veder Erissena

Poro non vedo.

Questa è pur l'ora, il loco è questo.

ERISS.

(senza veder Timagene

E poi

Ci lagneremo noi

Se non credon gli amanti

Alle nostre querele, a' nostri pianti!

TIMAG.

Se il mio foglio ei non ebbe,

Asbite almen dovrebbe...

(vede Erissena)

Oh Ciel! chi mai

Qui condusse Erissena?

L'eviterò. S'aspetti,

Non veduto, che parta.

(nell'andare a nascondersi, s'incontra con Alessandro

SCENA TERZA

ALESSANDRO e detti.

ALESS.

(a Timagene)

Ove t'affretti?

TIMAG.

Signor... vado...: attendea...

ALESS.

Che mai?

TIMAG.

L'istante

Di teco ragionar.

ALESS.

Parla.

TIMAG.

Vorrei...

(Stelle, ove son! Non trovo i detti).

ALESS.

Intendo:

Solo mi vuoi. Bella Erissena, e dove

Dalla real Cleofide lontana

Solinga errando vai?

Forse ancor non saprai

Ch'ella sarà mia sposa

Prima che questo sol compisca il giro.

ERISS.

Il so pur troppo; e il tuo bel core ammiro.

(con dispetto, e parte

SCENA QUARTA

ALESSANDRO e TIMAGENE

TIMAG.

(Dèi: che m'avvenne mai! Gelar mi sento;

Mi trema il cor).

ALESS.

(tutto senza sdegno)

Siam soli:

Ecco l'ora, ecco il loco, ecco Alessandro.

Che pensi, o Timagene? A che d'intorno

Voslgi il guardo così? Se Poro attendi,

Molto è lungi da noi; l'attendi in vano.

Ardir!... Che! la tua mano

All'onor di svenarmi

Non può sola aspirar?

TIMAG.

Come! Io... svenarti?

Ah! qual è quell'infame,

Che ha questo in te nero sospetto impresso?

ALESS.

Vedilo.

(gli dà il foglio da lui scritto a Poro

TIMAG.

(Oh numi!)

(abbattuto)

ALESS.

E' Timagene istesso.

TIMAG.

Perfido messaggier!

ALESS.

Come! Si lagna

Della perfidia altrui

Chi l'esempio ne diede?

D'esiger l'altrui fede

Qual diritto ha un traditore?

TIMAG.

E pur, se vuoi

Ascoltar le mie scuse...

ALESS.

Ah taci: aggravi

Così la colpa tua. Reo, che convinto

Va mendicando scusa,

Sol del suo cor la pertinacia accusa.

TIMAG.

E' ver. Nel passo, a cui ridotto io sono,

(disperato

Più difesa o perdono

E' follia di sperar: tutto il tuo sdegno

A vendicarti affretta.

ALESS.

Alessandro vendetta! E sazio ancora

D'offendermi non sei?

TIMAG.

Dovuto è questo

Mio sangue a te.

ALESS.

Ma che mi giova il sangue

D'un traditore? Ah, se mi vuoi superbo

Del mio poter, rendimi il cor, ritorna

Ad esser fido; e Timagene amico

Mi renderà, tel giuro,

Più pago di me stesso,

Che Poro debellato e Dario oppresso.

TIMAG.

Oh delitto! oh perdono!

Oh clemenza maggior de' falli miei!

(inginocchiandosi con impeto e piangendo

Ma che resta agli dèi,

Se fa tanto un mortal?

ALESS.

Sorgi! In quel pianto

Già l'amico vegg'io. Sì bel rimorso

Le tue virtù ravvivi.

Vieni al sen d'Alessandro: amalo e vivi.

Serbati a grandi imprese,

E in lor rimanga ascosa

La macchia vergognosa

Di questa infedeltà;

Ché, nel sentier d'onore

Se ritornar saprai,

Ricompensata assai

Vedrò la mia pietà.

(parte

SCENA QUINTA

TIMAGENE indi PORO

TIMAG.

Oh rimorso! oh rossore! E non m'ascondo,

Misero! a' rai del dì? Con qual coraggio

Soffrirò gli altrui sguardi,

Se reo di questo eccesso,

Orribile son io tanto a me stesso?

PORO

(Qui Timagene, e solo!) Amico, il Cielo

Pur salvo a te mi guida.

TIMAG.

Ah, fuggi, Asbite,

Fuggi da me.

PORO

Qui d'Alessandro il sangue

Non dobbiamo versar?

TIMAG.

Prima si versi

Quello di Timagene.

PORO

E la promessa?

TIMAG.

La promessa d'un fallo

Non obbliga a compirlo.

PORO

Infido! Ah dunque

Tu più quel Timagene

Di poc'anzi non sei?

TIMAG.

No, quello in seno

Avea perfida l'alma, il cor rubello.

PORO

Ed or...

TIMAG.

Lode agli dèi, non è più quello.

Fin ch'io rimanga in vita,

Ricomprerò col sangue

La gloria mia smarrita,

Il mio perduto onor.

Farò che al mondo sia

Chiara l'emenda mia

Al pari dell'error.

(parte

SCENA SESTA

PORO, poi GANDARTE, indi ERISSENA

PORO

Ecco spezzato il solo

Debolissimo filo a cui s'attenne

Fin or la mia speranza. A che mi giova

Più questa vita, ogni momento esposta

Di fortuna a soffrir gli scherni e l'ire?

Ah! finisca una volta il mio martìre.

(in atto di snudar la spada

GAND.

Ferma! Sei tu, mio re?

(trattenendolo)

ERISS.

Sei tu, germano?

PORO

Pur troppo io son.

GAND.

La principessa estinto

Ti dicea nell'Idaspe.

ERISS.

L'asserì Timagene.

PORO

E v'ingannò.

GAND.

Ma quell'incerto sguardo,

Quella pallida fronte,

Quella man sull'acciaro, oh Dio! mi dice

Che a un disperato affanno

Il mio re s'abbandona, e non m'inganno.

PORO

E qual empio potrebbe

Consigliarmi la vita in questo stato?

ERISS.

Ah no, germano amato,

Non dir così; mi fai morir.

GAND.

Non sia

Di tua virtù maggiore

La tirannia degli astri.

ERISS.

Hai molti al fine

Compagni al duol; né de' traditi amanti

Tu il primo sei; né delle amanti infide

Cleofide è la prima,

Né l'ultima sarà.

PORO

(sorpreso)

Che?

ERISS.

Non dolerti.

Molto acquista chi perde

Una donna infedel. Lascia che sposa

L'abbia pure Alessandro.

PORO

(sorpreso)

Abbia Alessandro

Chi?

ERISS.

L'ignori? Cleofide.

PORO

E obbligarla

Chi a tal nodo potrà?

ERISS.

Nessun. Di tutte

Le sue lusinghe armata,

Ella stessa il richiese.

PORO

Ella!

ERISS.

E l'ottenne;

E i felici consorti andran contenti...

PORO

Dove?

(impaziente

ERISS.

Al tempio maggior.

PORO

Quando?

ERISS.

A momenti.

PORO

Perfida! in van lo speri.

(furioso in atto di partire

GAND.

(trattenendolo

Ove t'affretti?

PORO

Al tempio!

(risoluto

ERISS.

Ah, no!

GAND.

T'arresta!

PORO

Lasciatemi!

(volendosi liberar da loro

GAND.

Ti perdi!

ERISS.

Corri a morir!

PORO

Lasciatemi, importuni!

(si libera con impeto

Or non vedo perigli,

Or non soffro consigli,

Or non odo ragion. Tutta la terra,

Tutti i numi del ciel, tutto l'inferno

Non basterebbe a trattenermi ormai.

ERISS.

E che tentar pretendi?

GAND.

E che farai?

PORO

Trafiggerò quel core,

Che di perfidia è nido;

E con quel sangue infido

Il mio confonderò.

Del giusto mio furore

Per memorando esempio

I sacerdoti, il tempio,

I numi abbatterò.

(parte

SCENA SETTIMA

ERISSENA e GANDARTE

ERISS.

Seguilo almen, Gandarte;

Assistilo, se m'ami.

GAND.

Addio, mia vita.

Non mi porre in oblio,

Se questo fosse mai l'ultimo addio.

Mio ben, ricordati,

Se avvien ch'io mora,

Quanto quest'anima

Fedel t'amò.

Io, se pur amano

Le fredde ceneri,

Nell'urna ancora

Ti adorerò.

(parte

SCENA OTTAVA

ERISSENA sola.

E di me che sarà? Da chi consiglio,

Da chi soccorso implorero? Son tanti

I miei disastri; e fra' disastri io sono

Di palpitar sì stanca,

Che a cercar qualche scampo il cor mi manca.

Son confusa pastorella,

Che nel bosco a notte oscura,

Senza face e senza stella,

Infelice si smarrì.

Mal sicura al par di quella,

L'alma anch'io gelar mi sento:

All'affanno, allo spavento

M'abbandono anch'io così.

(parte

SCENA NONA

Parte interna del gran tempio di Bacco magnificamente illuminato e rivestito di ricchissimi tappeti, dietro de' quali al destro lato, vicinissimo all'orchestra, andranno a suo tempo a ricoverarsi Poro e Gandarte, in modo che rimangano celati a tutti i personaggi, ma scoperti a tutti gli spettatori. Vasto e ornato, ma basso rogo nel mezzo, che poi s'accende ad un cenno di Cleofide. Due grandissime porte in prospetto, che si spalancano all'arrivo d'Alessandro, e scoprono parte della reggia e della città illuminata in lontananza.

PORO uscendo impetuoso, e GANDARTE seguitandolo da lontano.

GAND.

Signor, fermati; ascolta!

PORO

Tu qui! Chiusi del tempio e custoditi

Son pur gli ingressi. Onde venisti?

GAND.

Io venni

Su l'orme tue per la segreta via

Che conduce alla reggia.

PORO

A secondarmi

Giungi opportun. Presso alle chiuse porte,

Che s'aprono attendiam: la coppia rea

Inaspettati assalirem.

GAND.

T'accieca

L'ira, o mio re. Di conseguir che speri?

Il popolo, i guerrieri,

I custodi, i ministri... Ah che in tal guisa

La tua morte assicuri:

Perdi la tua vendetta.

PORO

Ogni difesa

L'ira mia preverrà.

GAND.

Signor, quest'ira,

Deh per ora sospendi:

Salvati, fuggi, e miglior tempo attendi.

PORO

Non più. T'accheta: ho risoluto.

GAND.

(inginocchiandosi)

Oh Dio,

Pietà di noi. Fuggi, mio re: conserva

A' tuoi popoli il padre, ad Erissena

Del cor la miglior parte,

All'India il difensor, tutto a Gandarte.

PORO

Indarno...

GAND.

Aimè! del tempio

Si scuotono le porte. Odi il tumulto

Della turba festiva. Ah, fuggi! il core

Per te mi trema in seno:

Fuggi.

PORO

Non l'otterrai.

(risoluto

GAND.

Célati almeno.

PORO

A render certo il colpo,

Util saria; ma dove?

GAND.

Offron que' marmi

A te comodo asilo

Fra la porpora e l'òr che li circonda.

Vieni, e sicuro sei.

PORO

Reggete questa man, vindici dèi!

(snuda la spada e va a nascondersi con Gandarte

SCENA ULTIMA

Preceduti dal coro de' baccanti, ch'entrano cantando e danzando nel tempio, e seguìti da guardie, popolo e sacerdoti con faci accese alla mano, s'avanzano CLEOFIDE alla destra del rogo, ALESSANDRO, ERISSENA e TIMAGENE alla sinistra; e detti celati.

CORO

Dagli astri discendi,

O nume giocondo,

Ristoro del mondo,

Compagno d'Amor.

D'un popolo intendi

Le supplici note,

Accese le gote

Di sacro rossor.

CLEOF.

Nell'odorata pira

Si dèstino le fiamme.

(i sacerdoti accendono il rogo

PORO

(Perfida!)

ALESS.

E' dolce sorte unire insieme

E la gloria e l'amor.

PORO

(Più fren non soffre

Già 'l mio furor).

ALESS.

Vieni, o regina. Un nodo

Leghi le destre e i cori.

(accostandosele, in atto di darle la mano

CLEOF.

Ferma: è tempo di morte e non d'amori.

ALESS.

Numi!

PORO

(Che ascolto!)

(Poro resta immobile nell'attitudine di scagliarsi

CLEOF.

Io fui

Consorte a Poro: ei più non vive e deggio

Su quel rogo morir. Se t'ingannai,

Perdonami, Alessandro: il sacro rito

Non sperai di compir senza ingannarti.

Temei la tua pietà. Questo è il momento,

In cui si adempia il sacrifizio a pieno.

(in atto di andare verso il rogo

ALESS.

Ah! nol deggio soffrir.

(volendo arrestarla

CLEOF.

(impugnando uno stile

Ferma, o mi sveno.

PORO

(Oh amore!)

GAND.

(Oh fedeltà!)

ALESS.

Non esser tanto

Di te stessa nemica.

CLEOF.

Il nome d'impudica,

Vivendo, acquisterei. Passa alle fiamme

Dalle vedove piume

Ogni sposa fra noi. Questo è il costume

Dell'India tutta; ed ogni età lontana

Questa legge osservò.

ALESS.

Legge inumana,

Che bisogno ha di freno,

Che distrugger saprò.

(vuole appressarsi a Cleofide

CLEOF.

(in atto di ferirsi)

Ferma, o mi sveno.

ALESS.

(Risolvermi non oso).

CLEOF.

Ombra del caro sposo,

Ecco della mia fé le prove estreme.

(volendo gettarsi nelle fiamme

PORO

Aspettami, cor mio: morremo insieme.

(scoprendosi

GAND.

(Aimè! Poro si perde).

CLEOF.

Dèi! traveggo? Sei tu?

PORO

No, non travedi:

Il tuo Poro son io.

GAND.

Chi usurpa il nome mio?

(scoprendosi

Non crederlo, Alessandro: io son...

PORO

Tu sei

Il mio caro Gandarte; e non è tempo

Di finger più. Trovai fedel la sposa:

Son paghi i voti miei. Così potessi,

Con la man d'Erissena,

Con parte del mio regno, esserti grato.

ALESS.

Son fuor di me. Come! Tu sei...

(a Poro

PORO

Son io

Il tuo nemico.

ALESS.

E di venire ardisci?...

PORO

A morir con la sposa.

ALESS.

(a Cleofide

E tu non vuoi?...

CLEOF.

Viver senza di lui.

ALESS.

Gandarte?...

GAND.

Espone

Come è dover, la vita

Per quella del suo re.

ALESS.

Dunque germoglia

Tanta virtù nell'India? Ed io dovrei

Contar tra i fasti miei tanti infelici?

No, nol crediate, amici: un cor capace

Di sì crudel diletto io non mi trovo.

Abbia l'India di nuovo

E pace e libertà; da me riceva

Poro la sposa e la real sua sede;

E, in premio di sua fede,

Su la feconda parte,

Ch'oltre il Gange io domai, regni Gandarte.

CLEOF. e GAND.

O Alessandro!

ERISS. e TIMAG.

O signor!

ALESS.

Tacete. Omaggi

Altri non vuo' da voi che l'odio estinto.

CLEOF.

Or trionfi, Alessandro.

PORO

Or Poro è vinto.

TUTTI, fuor che ALESSANDRO

Serva ad eroe sì grande,

Cura di Giove e prole,

Quanto rimira il sole,

Quanto circonda il mar.

Né lingua adulatrice

Del nome suo felice

Trovi più dolce suono,

Di chi risiede in trono

Il fasto a lusingar.

FINE