Alleluja brava gente

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M/F

Laboratorio a Scena Aperta di Ostra

ALLELUJA BRAVA GENTE

Commedia Musicale in due atti di Garinei-Giovannini-Fiastri

Canzoni e Musiche Originali di Modugno-Rascel

Riduzione a 10 personaggi (su 25) di Vittorio Saccinto (128802)

M/F

Personaggio

ATTORE A

Ademar

ATTORE B

Ezzelino

ATTORE C

Valvassore

Abitante/Coro

ATTORE D

Folchetto

Abitante Coro

ATTORE E

Medicino Simone

Lotario

ATTORE F

Santone - Omo dallo Manto Bianco

Abitante/Coro

ATTRICE A

Peronella

Abitante/Coro

ATTRICE B

Belcore

Abitante/Coro

ATTRICE C

Suora 1

Abitante/Coro

ATTRICE D

Suora 2

Abitante/Coro

                                                       

PROLOGO

Dal nulla, nel buio, inizia un coro che andrà gradatamente aumentando di intensità sotto il quale scorrerà, non invadente ma vorticosa, una frase musicale

IL CORO        Cento,.. duecento.,. trecento... quattrocento… cinquecento.. seicento... settecento... ottocento... novecento...

Luce sulla scena. È un giorno qualunque dell'anno mille, in una qualunque piazza di un grosso borgo.

Sulla scena è il grande colorato carro di Ezzelino ed Ademar. I due, non ancora visti dal pubblico, urlano da dentro il carro "Gente dell'anno mille" e poi,

con un balzo, una piroetta un agile svolazzo, fanno la loro apparizione. Sono due strani tipi, tra il saltimbanco da fiera e il venditore ambulante.

Ezzelino è romano, ex frate, allevato in un convento e poi fuggito alla prima occasione per far vita ribalda. Sa leggere e scrivere, e si capisce subito che,

fra i due, è il più scaltro, il più dotato di senso pratico ma anche il più cinico e il più avido, mentre Ademar che è vestito con molto sfarzo, ha orecchini,

bracciali, un grosso anello all'anulare, indossa un ampio mantello bianco, si proclama principe arabo, parla uno strano dialetto siculo, è più fantasioso,

è più spagnolesco, anche se l'origine sicula lo ombra di rapidi sospetti e di rapidissimi, quasi fanciulleschi entusiasmi. Ademar ed Ezzelino si guardano in giro.

ADEMAR ed EZZELINO       

Gente dell’anno mille!

ADEMAR                

Vado?

EZZELINO              

Vai!

ADEMAR(cantando)  

Venite... sortite... currite... sentite...

fratelli... sorelle

puelli... puelle

donzelli... donzelle

masculi e fimmine

parguli e pargule

venite... venite... veniiiìte...

EZZELINO ed ADEMAR       

Gente dell'anno mille

ve salutamo cum amistade

cum reverentia et genuflessio

et v'offeriamo le novitade

(Durante questo richiamo entrano in scena gli altri 5 attori nei panni degli abitanti del paese.)

                                    

de esto anno de magno progressio

et de magnissima civilitade

GLI ABITANTI         

Ave... ave... ave... ave...

messeri mercanti

donde venite? Che merce tenite?

chi site? chi site? chi site? chi site?

ADEMAR

(presentando Ezzelino)

Isto è omo grandissimo;

                                    

Ezzelino se noma

et sua culla est Roma

(mormorio e reazioni di ammirazione)

De greco sape et de latino

et cum erbe et spezie diverse

la trasformazio de sora acqua

in frate vino scoverse.

Ser Ezzelino, acqua purissima iè.

(e ampollosamente versa dell'acqua da una brocca in un'altra).

EZZELINO

None, prence Ademar.

E una palletta fenicia

e due pallette fenice

e tre pallette fenice

(getta nella brocca tre palline)

                           

Est... est... est vino.

(e versa dalla seconda brocca, nella prima, un liquido rosso fra il mormorio di ammirazione dei presenti)

ABITANTI               

Bibiamo... bibiamo...

bibiamoci, gente

lo dolce licore che fa consolà

Bibiamo,.. bibiamo...

bibiamoci, gente

che lieto calore lo vino ce dà!

Lo sanguine nostro diventa più ardente

facimmo l'amore... facimmo l'amore. (2 volte).

(il coro è interrotto da un rullo di tamburo e da un colpo di cimbali. è Ezzelino che si accinge a presentare Ademar)

EZZELINO

(presentando Ademar)

Isto è Ademar

Prence d'Oriente

sultano di Zanzibar

ultimo discendente

dello fiero sultano Baiazette

che manducava li cristiani a fette.

(espressioni di timore degli abitanti)

                           

et arabo fu il padre

Califfo di Giordania...

et araba la matre

nativa de Catania.

Scienziato enciclopedico,

ha distillato il farmaco

d'eterna iuventute.

Tre gutte postea prandium

in acqua mesculate

lo vecchio torna iuvene

quivi et immediate.

EZZELINO

(rivolgendosi ad Ademar)

Prence Ademar,la demostrazio, prego.

ADEMAR

(ad Ezzelino)

Vostra Scienza Illustrissima,

bacio le mani e spiego.

(cerca tra la folla e trova una megera vecchissima e ingobbita).

                           

Vecchia decrepitissima

nata de Circassia,

bibe de esto farmaco

soltanto gocce tria

et incomincia a scotersi...

a frimere... a trimari

ed è tornata jovene.

Ammirari... tuccari

tuccari ma cumprari

cumprari e poi tuccari

cumprari... cumprari...

cumprari.,. cumprari...

cumprari... cumprari...(7volte)… cumprà

ABITANTI

Bibiamo... bibiamo...

bibiamo l'ampolle

de isto licore de felicità.

Bibiamo... bibiamo...

bibiamo l'ampolle

e nuovo vigore

lo corpore avrà.

Lo sanguine nostro

già bolle e ribolle.

Facimmo l'amore...

Facimmo l'amore.

(Battute di musica per carnasciale ballato interrotte dall'arrivo del terribile santone.)

(Il carnasciale si blocca e tutti si volgono dalla parte del santone.)

SANTONE

Gente dell'anno mille

fili de Sodoma e de Gomorra,

se pentimento nun ve soccorra

nello tremoto de foco et faville

come predixe l'Evangelisto

ecco l'incombere dell'anticristo.

Angelus Gàbriel con lui se tenzona.

Ma l'Anticristo se l'appecorona.

Mille e non più di mille

come il profeta Jovanni predisse

Morte cabalca cum redini rosse

nigro caballo dell'Apocalisse.

De profundis... de profundis

anno mille... finismundi.

CORO

Finismundi!

(Tutti ormai hanno rifiutato le offerte dei nostri, persino la schiava circassa, ricopertasi le nudità, è passata tra le file del santone e, come sbattuti dal vento, fuggono dalla scena che si abbuia. Restano in luce solamente Ezzelino, Ademar e la loro capretta. La musica, dall'agitato possente che ha accompagnato l'ultima azione, si è placata in un sottofondo un po' malinconico).

ADEMAR                

Cu fue?

EZZELINO

Boh.

ADEMAR                

Nun vendimmo cchiù?

EZZELINO

No.

ADEMAR

E mo’ che se fa?

EZZELINO

E mo’ se va, se cambia città. Avanti, pe' nuove contrade.

ADEMAR

(come se fosse arrivato in un'altra città e iniziasse la solita vendita)   

Gente...

(si ferma, come vedendo che nessuno c'è ad ascoltarlo)

Niente, nessuno pe' le strade.

EZZELINO

Tutti nelle magioni, Penitenze e orazioni.

(come se iniziassero una nuova avventura, forse la musica può sottolineare rapidamente questo spostamento di città)

Altera cittade.

ADEMAR

(come se iniziasse la solita vendita)

Gente...gente gente.

(fermandosi, di nuovo deluso dall'assenza di compratori).

EZZELINO

Ariniente...niente niente. Altera cittade.

(Il carro, spinto dal sempre più stanco Ademar, riprende a camminare.)

ADEMAR

Fossombruno.

EZZELINO              

Da sei jorni a digiuno..,

ADEMAR

Maccarese.

EZZELINO

A digiuno da uno mese.

ADEMAR

Rocca de Papa..,

EZZELINO

E manducamose la crapa.

ADEMAR

(fa un energico gesto di stare zitto)

Zitto. Nun te permitto.

EZZELINO

Come nun ditto...

(sdraiandosi)

Felice notte, Ademar.

ADEMAR

Santa notte, Ezzelino...

EZZELINO

(una pausa)

Ademar.

ADEMAR

Ezzelino.

EZZELINO

Non è che mentre dormo te ne vai?

ADEMAR

Ieo? Mai.

Te so’ amico, lo sai.

E nello malo destino,

è cosa consolante uno amico vicino.

EZZELINO

Parole sante...

(sdraiandosi di nuovo)

Domane, provamo a Borgofidene,

ADEMAR                

Speramo bene.

EZZELINO              

Speramo

(si allunga per dormire, anche Ademar si distende e si addormentano cullati dalla musica.

Poi apre un occhio, guarda Ademar)

Ademar? Ademar?

Dorme. Ansenti che russata!e che faccia beata!

Svejallo pe’ salutallo sarebbe 'na carognata.

(Ezzelino trascina via il carro con la capra e, dopo aver sfilato delicatamente i calzari dai piedi di Ademar, si allontana furtivo, abbandonando l'amico addormentato. La musica da notturna che era si stempera nel colori dell'aurora.)

ADEMAR                

(Si sveglia, cerca Ezzelino, lo chiama dapprima con voce calma, poi urlando, quando realizza

che se ne è fuggito)

Ezzelino, Ezzelino, Ezzelino!

(fa per cercare i calzari per inseguirlo; e si accorge che non ci sono. poi si rende conto che anche la capra gli è stata portata via. quasi fra sé)

Lo carro… i calzari... la crapa... (forte) Vipero! Che mi sono tenuto nello petto e ho nutricato con lo calore meo. Tutto m'arrobasti...

(rattristato)  

E m'arrobbasti pure lo sogno meo d'avecce uno amico che spartisse cu mia la bbona e la mala sorte...

(di rabbia, scattando)

E se vede che de lassù n'autro sogno me destinarono cchiu beddo ancora... Uno sogno che tu Ezzzelino, non potrai nè avere nè cercare mai.

ADEMAR

(cantando)   

Io cerco un sogno

come un ricordo di

di tanto tempo fa

come na ninna-nanna ca nisciuno

nisciuno m'ha cantato mai.

C'era 'na fiata

nu povero bastardo

ma poi se seppe

ch'era figghio d'un re...

Io cerco un sogno

come un ricordo di

di tanto tempo fa...

forse il sapore di lu latte

ca mea matri non m'ha dato mai.

Ma stu sogno

è o cchiù beddu del mondo

è na smania ca sento

ma nun sacciu qual'è.

Nu re

sansa caballo sansa spada né curona

ma nellu core

tanto bene e tante spine

e tanti pecché...

pecché pecché se vivo

ce dev'esse uno motivo

pecché

si un omo nasce ce deve esse

na ragione

ce dev'esse nu pecché.

(Mentre la musica si fa più forte, Ademar raccoglie le poche cose rimaste e si allontana,  zoppicando, verso un nuovo destino. La luce cala e la scena cambia.)

 

                                                       

PRIMO ATTO

(Ora la scena è sulla piazza del paese dove si svolgerà la nostra vicenda. E’ passato un tempo, forse due mesi e il paese è tristemente immerso in una atmosfera di penitenza. Al centro della piazza sta una gabbia di ferro nella quale è una figura umana coperta di stracci. Un grande corteo di penitenti, preceduto da incappucciati che portano stendardi abbrunati e agitano incensieri, occupa la piazza. I penitenti hanno flagelli, funicelle, spilloni, pugnali e strumenti di tortura.)

PENITENTI              Deh, Pentiamoci... Deh, Pentiamoci

                            Lo finismundi è proximo

                            Colpevoli... spregevoli…

                            strappamose i capelli.

                            Pentimose... sbrigamose,

                            lo finismundi incombe

                            già l'angeli, l'arcangeli…

                            apprestano le trombe.

                            All'inferi... li diabuli

                            inforcano i forconi

                            O Domine... O domine...

                            Concede li perdoni.

(Il coro sta uscendo, entra Ademar.)

ADEMAR                 E quale paese è chisto che le femmine nello gabbio stanno, come li sfringuelli?

BELCORE                (è lei la figura che sta nella gabbia) Esto è lo paese lo più tristo della Cristianità. Imperciò vattene, straniero, finché tempo te cresce.

ADEMAR                 (avvicinandosi alla gabbia) Aaaaah... E quali infamità facesti che dinto lo gabbio te misero?

BELCORE                Avanti che la pazzia chiappasse l'ommini, li vidisse come me ricercavano. Belcore, Belcoretto,    damme una carezza,

famo uno jochetto. Mò la paura dello finismundi l'ha stultiti tanto che, fuiendo la gioia, cercano lo     dolore, e danno allo

                            paraletico per penitenza quelli denari che prima davano a me per allegria.

ADEMAR                 Ah.donna pubblica sei!

BELCORE                (con orgoglio) Sic. Come te nomi?

ADEMAR                 (con molto sussiego) Ademar, prence d'Oriente, sultano de Zanzibar, inventore alchimisto, musico, omo geniale, stronomo, viaggiatore sciupafemmine...

BELCORE                Gnaffe...

ADEMAR                 (diventando più galante) Ma da che te rimiro, non più Ademar vurria esse, ma vento per lo corpo tuo carezzare.

(Così dicendo spicca un salto verso la gabbia e cerca di brancicare Belcore.)

BELCORE                E me paresse... (urlando come un'ossessa) No, no... Vade retro e nun me tangere, brutto schifizzoso... tiè (sputa verso di lui).

ADEMAR                 (disorientato dapprima, quindi con improvvisa collera) oh, oh, oh... Indemoniata sei... Ademar nullo male te fice. E tu lo sputazzi. E perocché?

BELCORE                Perocchè sei omo che me hai bramata da prima e di poi nello gabbio me hai sbattuta come una mala bestia...

ADEMAR                 Io? Ma chi mai te conobbe!

BELCORE                (sempre più invasata) Te e quelli della stirpe tua. Omo.

EZZELINO               (da fuori) Facite caritas a lo paraletico. Soccurrete lo paraletico

(ADEMAR sente la voce, la riconosce e si nasconde.)

EZZELINO               (fa il suo ingresso seduto su una bassissima carrettella che aziona velocissimamente grazie a due mattoni che tiene in mano)  

Date al paupero, offerite!

                            Tanto ormai che ce facite? (Peronella gli dà una moneta). Grazie.

PERONELLA             Soccurrete lo paraletico.

EZZELINO               (arriva vicino ad un abitante e gli vibra una mattonata sul piede dicendo) soccurrere... soccurrere.,.

(l'abitante gli dà una moneta) E diceme pure le grazie che te salvo l'anima,.. (va verso altri abitanti riprendendo ad imbonire) chi mette la limosina nello cestello meo mette li peccata nelle mani de deo.

BELCORE                (beffarda, dalla gabbia) Oh, mezz'omo, io li peccata mea dove li metto?

EZZELINO               (imperturbabile) Est magna imprudentia dimandare a uno romano dove te devi da mette una cosa,

                            (ritornando a questuare) Soccurrere lo paraletico…soccurrere...

(Ademar esce da dove si era celato e si ferma a guardare).

EZZELINO               (nel suo giro è capitato ai piedi di Ademar) soccurrere lo paraletico. so...

(Ademar gli blocca la mano. Ezzelino alza gli occhi e si trova di fronte ad Ademar) … currere!

ADEMAR                 (minaccioso) e se sapi currere, perocché non curri, come quando solo me lassasti?

EZZELINO               (arretra a forza di mattoni e tenta di sorridere) postea te spiego... (tenta un'impossibile giravolta).

ADEMAR                 (lo blocca e smozzica fra i denti) alzate, omo vipero, latrone, infido vermine.

EZZELINO               Bono, Ademar, nun me ruinà...

ADEMAR                 (stringendolo sempre più da presso e alzando il tono della voce) Alzate e cammina

EZZELINO               Ma io pe' questi so' paraletico, Ademar.

ADEMAR                 (lo acciuffa) Ho detto: alzate e cammina...(Ezzelino è costretto ad alzarsi; gli abitanti che si trovano sulla piazza e che hanno seguito la scena si fermano come interdetti).

PERONELLA             Meracolo!, meracolo! Lu paraletico cammina...

(Sulla piazza si accende immediatamente una grande animazione. Chi si fa da presso al gruppo di Ademar e di Ezzelino, chi esce per correre a chiamare gente, chi arriva.)

PERONELLA             (sempre più agitata). È stato isso... L'ho viduto io! Sine, sine. L'uomo dallo mantello bianco ha fatto lo prodigio: s'è appropinquato allo paraletico e, colla voce de tono e del lampo, gli disse: "Alzate e cammina"...

(stupore di tutti. si formano gruppetti. Peronella passa da un gruppo all'altro sempre più infervorata).

EZZELINO               (divincolandosi, sottovoce ad Ademar) Lassame, Ademar, che qui se mette bono... Lassame et rege lo joco.

(si libera) Meracolo... meracolo... Deambulo... Zompo... arizompo... saltello... movo li piedi, movo le cianche et movo pure lo deto magno. So’ sanato...

ADEMAR                 (si avvicina minaccioso con la mano alzata come a colpire Ezzelino)

Zittete, maleditto a tia...

EZZELINO               (afferra al volo la mano di Ademar che sta per abbattersi, si inginocchia e porta la mano di Ademar sulla testa, trasformando la percossa in un gesto di benedizione) Le grazie te rendo, omo miracoloso.

PERONELLA             Evviva l'omo dallo mantello bianco...

LA PIAZZA              Evviva!

ADEMAR                 (profondamente stupito) Oh Evviva a mia?... Ma io nulla fici... Ve state sbagghiando...

EZZELINO               Come nulla? Tu sei lo salvatore meo... (gli bacia ripetutamente la mano).

VOCE ABITANTE       Lo balbassoro... Lo balbassoro...

(Entra il valvassore.)

VALVASSORE          Benvenuto, omo dallo mantello bianco. Te exspectavamo.

ADEMAR                 (sempre più frastornato) Exspectavate a mia?

VALVASSORE           Sic. Omo dallo mantello bianco, qual'è lo nomine tuo?

ADEMAR                 (subito sospettoso) E perocché?

VALVASSORE           Perocché io possa laudarlo,

ADEMAR                 (guarda verso Ezzelino che gli fa cenno di andare tranquillo) Ademar.

EZZELINO               (con voluta meraviglia) Ademar? Tu sei Ademar, prence d'Oriente, sultano di Zanzibar?

ADEMAR                 Sic.

EZZELINO               Gente, è Ademar!... Mille fiate ho inteso laudare lo nomine suo santo... Ginocchioni, gente davanti         allo prence Ademar...

(qualcuno si inginocchia; altri esitano)

                            Oh, ma ve volete genuflette? Balbassò, diglielo pure tu.

VALVASSORE           Genuflessi, gente, genuflessi...

EZZELINO               E che caspita, uno po' de respecto...

VALVASSORE           Infine la profezia dello monaco Santo Nicosia se compiette. E tu sei venuto a riaprire le porte della salvazione. Siamo ai tuoi piedi, celeste fideiussore.

(Belcore, che è stata ad assistere con aria di sfida, emette una rumorosissima pernacchia. Tutti si voltano.)

ADEMAR                 A mia?

BELCORE                Sic.

PERONELLA             (scattando) Ah, così faci allo santo omo che te deve redime, che te deve caccia’ tutti li diavoli dallo corpo. (rivolgendosi ad Ademar) Cacciaglieli subito.

ADEMAR                 Cu fue?

VALVASSORE           (come se dicesse a memoria) “Lo mesmo dì l'omo dallo candido manto la meretricia obsessa redimerà”. Sta scritto.

EZZELINO               (rispondendo ad una disperata occhiata interrogativa di Ademar) Sta scritto.

VALVASSORE           Vai dunque, omo profetico. E mondala.

ADEMAR                 Mondare la devo?

BELCORE                E veni, omo. Qui sta lo diabulo.

EZZELINO               (con gli occhi di fuori) Quale orrenda visione! (ad Ademar) Oh, nobile Ademar, ove mai tu te sentissi fatigato, potrei mondarla io.

BELCORE                (fa una grandissima risata) Esso lo deve facere. Facilo. Ma io dallo gabbio non sorto. E tu non lo tieni lo core de entrare qui. (con profondo disprezzo) Omo.

ADEMAR                 (fieramente) Aperite lo gabbio.

(La gabbia.viene aperta, Belcore attende in atteggiamento di sfida. Ademar entra nella gabbia che viene richiusa. Ademar copre la gabbia con il suo mantello bianco.)

BELCORE                Avante, facemelo vedere come lo fai, esto meracolo. No, eh? Io parole de frati non le voglio sentire. E non me tangere. Non me devi tangere. Omo!

(Tutti si accalcano sotto la gabbia cercando dl vedere quello che succede. Ezzelino si butta in mezzo alla gente per allontanarla e distrarne l'attenzione. la gabbia, intanto, comincia a muoversi prima lentamente, poi, sempre più veloce durante il "numero" che segue.)

EZZELINO               Eh... eh... gente... boni!... gente... Che paese de impiccianti.

(Entra la musica di “Ma che diavolo sarà?”).

EZZELINO               Gente, gente, nun state a guardà

                            fateve retro, e lassatelo lavorà

                            mentre cum atto de amore fraterno

                            caccia lu diabulo nello ninferno

                            Ergo, invece de stallo a guardà,

                            lo volemo aiutà.

UN ABITANTE          Ma come se fa

                            a potello aiutà?

ABITANTI                Ma come se fa

                            a potello aiutà?

(Tutti si mettono in ginocchio a circolo mentre la gabbia continua a muoversi.)

EZZELINO               So millanta e magari de più

                            li diavolacci compari de Belzebù.

                            Ogni dimonio cià formula bona

                            se voi cacciallo da 'na persona.

                            Ipso facto, bisogna appurà

                            ma che diabulo sarà.

ABITANTI                Ma che diabulo sarà?

                            Ma che diabulo sarà?

EZZELINO               Putàmo er caso ch'è Asmodeo

                            che con le corna cià fatto un trofeo

                            zompa tre volte su un piede solo

                            e strillando chiucchiuparacchiù

                            daje un calcio e buttalo giù.

CORO                     Daje un calcio e buttalo giù.

EZZELINO               Se fosse Asmodeo

CORO                     Chiucchiuparacchiù

PERONELLA             Chiucchiuparacchiù

CORO                     Chiucchiuparacchiù

VALVASSORE           Se lo gabbio non ristà

TUTTI                     Ma che diabolo sarà

                            ma che diabolo diabolo diabolo diabolo sarà

EZZELINO               Fosse che fosse Graffiacane

                            che sulle corna ce tie’ le campane

                            come scongiuro

                            sona il tamburo

                            e facendo barambambambà

                            daje un calcio e buttalo là

CORO                     daje un calcio e buttalo là

EZZELINO               Se è Graffiacane

CORO                     barambambambà

PERONELLA             barambambambà

TUTTI                     barambambambà

EZZELINO               Se fosse Asmodeo

CORO                     Chiucchiuparacchiù

PERONELLA             Chiucchiuparacchiù

CORO+PERON.        Chiucchiuparacchiù

                            se lo gabbio nun ristà

                            ma che diabulo sarà

EZZELINO               ma che diabolo diabolo diabolo

CORO                     diabolo sarà

EZZELINO               Se viceversa è Calabrache

                            che cià più corna de cento lumache

                            datte tre pacche

                            sopra le chiappe

                            e strillando piricchio picchio picchio chio

                            daje un calcio e buttalo giò

CORO                     daje un calcio e buttalo giù

PERONELLA             Se è Calabrache

CORO                     piricchio picchio picchio picchio pù

PERONELLA             Se è Graffiacane

CORO                     Barambambambà

PERONELLA             Barambambambà

CORO                     Barambambambà

PERONELLA             Se fosse Asmodeo

CORO                     Chiucchiuparacchiù

PERONELLA             Chiucchiuparacchiù

CORO                     Chiucchiuparacchiù

PERONELLA             Se lu gabbio al vento va

CORO                     Ma che diabulo sarà?

                            Ma che diabulo diabulo diabulo diabulo sarà

EZZELINO               Ho capito chi sarà

                            questo diabulo:

                            è lo dimonio Belzebù!

                            E' Belzebù lo capintesta

                            che co' le corna ce fa 'na foresta

                            salta la quaglia

                            cresci montone

                            fa bebè zezezè bububbù

                            daje un calcio e buttalo giù

                            Daje un calcio e buttalo giù

ABITANTI                Se è Belzebù be-be-bè ze ze zè bu bu bù

                            Belzebù be-be-bè ze ze zè bu bu bù

                            Belzebù be-be-bè ze ze zè bu bu bù

                            Belzebù be-be-bè ze ze zè bu bu bù. Belzebù

(La gabbia rallenta, si ferma.)

VALVASSORE (parlato) Lo gabbio s'è fermato

EZZELlNO (cantando) mò la gabbia non va più

CORO                     era proprio Belzebù be-be-bè ze ze zè bu bu bù

                            Belzebù be-be-bè ze ze zè bu bu bù

                            Belzebù - u - u - u

                            mò lo gabbio calamolo giù-giù-giù (4 volte)

                            (rallentando) Viva Ademar!

(La gabbia viene aperta.)

ADEMAR                 (esce con gesto da trionfatore; simile ad un trapezista dopo il salto mortale)

Mondata fue!

GLI ABITANTI          Meracolo...(cantato)

(Dalla gabbia esce Belcore che indossa il candido manto di Ademar ed ha un atteggiamento serafico e pentito.)

BELCORE                (canta dolce ed ispirata) Mondata

                            da omnia mea peccata

                            sanata

                            purificata e libera

                            laudata

                            nei seculi laudata

                            l'angelica venuta di Ademar.

ABITANTI (cantando) Meracolo... meracolo... meracolo

                            Tutto s’avvera siccome lo Monaco Santo ha previso.

VALVASSORE           Ti aspetta

                            la cripta de lo monaco.

                            Ancelle

                            le sante monacelle

                            preparino cibarie a volontà.

(Il coro va in sottofondo e gli abitanti escono.)

EZZELINO               Pure le cibarie a volontà! Oh nobile prence!...Diglielo tu, Ademar, che dove tu vai io seguito, quello che tu fai io facio

                            e se tu ti rifocilli, io puranco. (pausa) O no?

ADEMAR                 No.

EZZELINO               (a mezza bocca, sottovoce) O vengo tecum o spiattello tutto.

ADEMAR                 (al valvassore) Lo servo meo Ezzelino mecum viene.

VALVASSORE           Tecum viene?

EZZELINO               E tecumviene sì! Procedamus, Balbassò... Prego, prence Ademar.

(I due escono, preceduti dal valvassore. È rimasta in scena solamente Belcore che sempre indossando il bianco mantello guarda fisso dove è uscito Ademar.)

ADEMAR                 (Rientra) Lu mantu dimenticai.

(Belcore se lo toglie e lo dà ad Ademar).

ADEMAR                 Femmina meravigliosa. Verrai stanotte sotto le stelle... Dove ce incontramo?

BELCORE                (abbassa gli occhi pudicissima) Ademar, cognosco lo perocché dello tuo parlare... (suggestiva) frascheggiare... carnascialare..

sotto le stelle. Più mai il farò. (Ademar la fissa senza capire) io l'ho inteso. Tu me volesti mettere alla pruova.

Allegrati, Belcore s'è conversa per lo vero. Perocchè lo toccare delle tue bianche mani per sempre l'ha redento (e in ginocchio gli bacia le mani).

VALVASSORE           (apparendo) Ademar, la cripta ti attende.

ADEMAR                 Venio... venio... (guarda sconsolatamente Belcore) Anema mea, ma proprio secura sei?

BELCORE                Addio, dolcissimo fra gli uomini santi. (poi, appena Ademar è uscito, prorompe in una grande risata) Mondata! Mondata! Sono libera

(La scena cambia ed appare la cripta del monaco Nicosia, nel buio fitto, con un misterioso sottofondo musicale, si intravedono brancolanti le sagome di Ezzelino e di Ademar)

EZZELINO               (Chiamando) Ademar... ma ‘ndo stai?

ADEMAR                 (Sdegnosamente) Ca’ sugno.

EZZELINO               Ma ca’ dove?

ADEMAR                 Ca’, maledicto, e t'avverto: attento a non strafacere se no stavolta te spacco lo cranio.

EZZELINO               Bella gratitudo: t'ho fatto face bonissima figura de omo miracolante e tu ce sputi super? Merito meo,   hai convertito la peccatora. Allo sproposito, come era?

ADEMAR                 Bonissima. Ma fimmina impressionabile e suggestiva iè. Santo verace me credette e come se l'avessi redenta per lo vero, meco non se vuole più arravugliari.

EZZELINO               E se vede che nun l'avrai satisfatta. Lo proximo diabulo glielo caccio io, va.

ADEMAR                 Tu? Tu cosa fetosa? Ma io te sconciuno a tia... io te faccio...

(fa un significativissimo gesto coi due pollici e i due indici al largati).

(Entrano due monachelle portando un lume e dei piatti con frutta e cibarie. entrando vedono il movimento delle mani di Ademar e rimangono interdette.)

EZZELINO               (Pronto) No, niente: lo Santo me faceva vide la misura dell'aureola.

(Risata argentina delle due. rapidissime evoluzioni dopodiché le monachelle si dispongono in coro ed iniziano a cantare.

SUORE                   Esta è la profezia de lu monaco santo Nicosia

                            Jorno verrà che l'omo da lo candido manto arriverà

(Ademar fa cenno a Ezzelino come a dire “Sono io”)

SUORE                   Et lu paraletico sanerà

(Ademar fa un cenno a Ezzelino come a dire “Ah, questo sei tu”)

SUORA 1                Lo mesmo dì la meretricia obsessa redimerà

ADEMAR                 (sottovoce a Ezzelino, felice finalmente di riuscire a scoprire il gioco) Uora uora lo fici

SUORA 2                Deìnde poi lo muorto dalla tumba resurgerà

EZZELINO               Se serve lu muorto lo facio io

ADEMAR                 E ieo quello che te resurge

SUORA 1                Omnia gente lo recognoscerà

                            celeste gabelliere

                            et da illo acquisterà

                            l’eterna salvazione

SUORA 2                Repente

                            la bianca fonte

                            ne lo color dello sanguine

                            trasmuterà

                            che l'omo da lo candido manto

                            s'immolerà sullo rogo,

                            a garanzia

                            de la salvatio de l'umanità.

                            E verrà lo finismundi.

                            E verrà lo finismundi. E così sia!

(Le due suore s'inchinano e scompaiono veloci.)

EZZELINO               (appena uscite le monachelle) M'é venuta un idea formidolosa.

ADEMAR                 Quale?

EZZELINO               (cantando sulla stessa aria delle monachelle ma più liberamente) "Et omnia  gente te ricognoscerà celeste gabelliere et da te acquisterà l'eterna salvazione"... Acqui-sterà! (tiene a lungo la nota finale).

ADEMAR                 (riprendendo quella nota con tono di chi non ha capito) Acquisterà?

EZZELINO               (con tono affermativo, sempre sulla stessa nota di canto) Acquisterà!

ADEMAR                 (cantando) Ma acquistari vuol dire cumprari

                            pagari... sborsari...

                            cacciari dinari.

                            'Na mano che dà...

                            'na mano che prende

EZZELINO               E se c'è chi compra

                            c'è pure chi vende.

ADEMAR                 E che ce vendimmo...

                            nu fico siccuto?

EZZELINO               Amico, la sorte

                            ancora ci aita:

                            nui che vendemmo la bona vita

                            nui venderemo la bona morte

                            e come lo monaco santo ha previso

                            venderemo lo paradiso.

(Un urlo di gioia di Ademar che, avendo finalmente capito il piano, si congratula con Ezzelino, e intanto esplode la musica della canzone "Lo mundo è fatto pe’ noi")

ADEMAR ED EZZELINO Lo mundo è fatto per nui

                            per gente come nui

                            che nello mare dei guai

                            nun ce s'affoga mai

                            e se la cava così qualunque sia la luna

                            perché si dà del tu con la fortuna.

                            Uillallàrataplan

                            arriva il gabelliere

                            E accanto allui chi ci sta?

EZZELINO               Lo sottogabelliere

A DUE                    Non siamo in due, siamo in tre

                            Qualunque sia la luna

                            La terza sai chi è?

                            E’ la fortuna

                            io gabello…tu gabelli

                            da ogni parte… da ogni lato

                            io gabello.. tu gabelli

                            egli resta gabellato

                            Uillallàrataplan

                            Lo mundo è fatto per nui

                            Per gente co…

ADEMAR                 (fermando bruscamente la canzone) Alto, Ezzelino. E stu fattu della fontana coll'acqua vermigliona?

(indicando il dipinto) E chistu pupo cullu mantello bianco che se sta a rusularsi, sempre ieo dovrei essere...

EZZELINO               (Serafico) E non sei tu l'omo dallo mantello bianco?

ADEMAR                 Ah, si... Però allo rogo ce vai tuj

EZZELINO               Niuno delli duo ce anderà... Quell'acqua resta bianca in sempiterno perché se rossa nun la famo noi,

                            me sai dì chi la fa? Fra Cacchio Veliterno?

(I due cominciano a ridere e cantano "Lo mundo è fatto pe' noi".)

EZZELINO (cantando) Nui vendimo a quella gente

                            uno posto in Paradiso

                            poi co' tutto lo valsente

                            ce squagliamo all'improvviso

EZZELINO+ADEMAR  Uillallàrataplan.

                            Lo mundo è fatto per nui

                            per gente come nui

                            che cerca i comodi sui

EZZELINO               nelle scarselle altrui

                            e vada come che va

                            nun resta mai digiuna

                            a pranzo e a cena avrà pane e fortuna

ADEMAR                 Uillallallàrataplan

                            arriva il gabelliere

                            e assieme a lui chi ce sta?

EZZELINO               Lo sottogabelliere

EZZELINO+ADEMAR  In ogni calamità

                            non c'è paura alcuna

                            e a fianco a nui chi c’è

                            c'è la fortuna

                            c'è la fortuna

                            c'è la fortuna!

(Terminato il "numero" Ezzelino si dirige subito verso il lettino e comincia a prepararselo.)

ADEMAR                 (meravigliato) E mo' che faci?

EZZELINO               Me appresto a fa' lo cadabere. E tu apprestate a fa' lo santo.

ADEMAR                 Ma lo santo omo specialissimo iè. Tu che sei mezzo sacrestano fallo tu.

EZZELINO               Magari. Ma nun tengo lo fisico adatto.

ADEMAR                 E ieo, allora, secundu tia?

EZZELINO               Tu? Tu sei nato pe fa' lo Santo. Ci hai tutto: l'altitudine, li capelloni nazzareni, la voce de miele e de                                 vulcano... Tiè mira lo santo pittato. Mettete un po' come lui: brachia alte, oculi allo cielo... Sputato.

ADEMAR                 (che comincia a lusingarsi) Tu dici che ce somigghio

EZZELINO               Pari lo suo frate gemino!

ADEMAR                 (entrato ancor più nel gioco) Certo che è curioso... (ripensandoci improvvisamente) No... no...                                         stavolta nun me futti... nun te la dò la retta. Tu me stai abbambolando e io per tutti li…

EZZELINO               (interrompendolo) Eh, no, cominci malo. Scordete subito de biastimà perocché per uno santo                                        sarebbe come dasse la zappa sui piedi.

ADEMAR                 E come santo che altero non dovrei da facere?

EZZELINO               Prima cosa, levete st'anello perocché a li santi le ricchezze nun je competono. (gli toglie l'anello e se   lo infila nel dito) E poi cerca da esse meno selvatico. Nun te devi grattà perocché alli santi nun je rode mai. Nun devi fa acqua supra li muri, perocché li santi nun spandono Si passa fantesca, villica o qualsivoglia femmina, nun volgere lo capo e non sifolare et non facere manomortua, anco se è de terga doviziose Che me riguardi? Tra li santi non usa.

ADEMAR                 Perocché, li santi nun lo tengono come tutti l’altri ommini?

EZZELINO               Lo tengono; ma nun je ponno dà satisfactione!

ADEMAR                 No, no. Nun è robba pe mia. E poi tutte ste pupate... mettete accusì... (rifà le mosse che Ezzelino gli ha fatto fare prima).

EZZELINO               Firmo. Nun te movere... (adulatorio al massimo) Come sei santo! Cosi, tutto luminoso... Ademar meo, già te vedo.

Io sto qui. (indica il lettino) Cadabere. Tu te appropinqui... me dici: surge...

ADEMAR                 E tu resurgi.

EZZELINO               No.

ADEMAR                 (sorpreso e irritato) E perocché se io te dico surge, tu nun resurgi?

EZZELINO               Perocché lo meraculo deve sembrà cosa de gestazione longa et tribolata. Tu dici “surge” e io niente. La gente se deve mozzicà

li denti: "che avvenirà? Surge o non surge? Insomma, ce vo' la suspensio. Però quando allo tuo secondo "surge”…

ADEMAR                 Tu surgi…

EZZELINO               E surgo si. Se no che sto a fa'? Allora l'impressione sarà ancora più magnissima. Claro?

ADEMAR                 Preclaro. (come ripetendo fra sé una lezione) Lo santo nun deve biastimare... nun deve...

EZZELINO               (che nel frattempo ha finito di mettere a posto il lettino e si è guardato intorno improvvisamente) Aita, me sento lo male...

ADEMAR                 (spaventatissimo) Madre mea, Ezzelino. Che te avvenne? Parla.

EZZELINO               Faccio lo finto mortuo, no?

ADEMAR                 E cominci cusì, senza niente dicere? Nu gelo de sanguine me facesti pigghiari.

EZZELINO               Ma perocché quelli che moreno lo dicono prima?... Daje, su', movete, chiama gente...

ADEMAR                 Vado?

EZZELINO               Vai, vai.

ADEMAR                 (gridando sullo stesso ritmo dell'inizio dello spettacolo) Venite...sortite...currite

                            sentite…vidite…

                            fratelli...sorelle...balbassore...

                            l'amico meo more

                            accorruomo... accorruomo!

(Accorre gente; tra la gente il valvassore.)

EZZELINO               Ademar, aita... Le gambe me fanno Jacopo Jacopo... Me sento divenire frigido..

ADEMAR                 (accorso vicino ad Ezzelino) No, Ezzelino lassare nun me devi.

EZZELINO               Te raccomando l'anima mea. (e reclina vistosamente il capo come morto).

ADEMAR                 (con tragico dolore) Lo meracolato meo... lo compare meo morette... Morto iè.

MONACHELLE           (coro garrulo delle monachelle) Alleluia... Alleluia

                            egli è mortuo... mortuo egli è.

VALVASSORE           (battendo sulla spalla di Ademar che singhiozza su Ezzelino)  È egli proprio morto?

ADEMAR                 Mortissimo.

VALVASSORE           E di che?

ADEMAR                 De subbito (e piange).

MEDICINO SIMONE   (vestito stravagantemente da medico dell'epoca, una grossa borsa dei ferri in mano, entra allucinato) Mortus? Ubi est mortuus?

ADEMAR                 Uno medicino. Fottuti semo.

SIMONE                  Hic est mortuus... Quia est mortuus?

ADEMAR                 (deciso) Vostra Scienza troppo tardi arrivao... Ezzelino mortu iè... Defunto, defuntissimo, sicco, trapassato.

SIMONE                  Ego iudicare debeo. Ego sum medicino Simone.

ADEMAR                 Ego santo Ademar.

SIMONE                  Honor maximus.

ADEMAR                 Magnissimo gaudio.

SIMONE                  Terque laureatus in Antiochia, Alagna et Brandizi (alza la mano) Terque. Ego sum omo sapiens quindi sapio. È’ mortissimo.

(Ademar ed Ezzelino tirano un sospiro di sollievo)

MONACHELLE           Alleluja! Alleluja!

                            Egli è mortuo... mortissimo è.

SIMONE                  Bello... bellissimo... che bello cadabere de masculo... E calduccio ancora

(stampa un bacione sulla faccia di Ezzelino).

ADEMAR                 (al Valvassore) Fusse egli alle volte nu poco recchiante?

SIMONE                  (a una suora con tono professionale) Forfice!

(Monaca 1 come un'infermiera gli porge una forbice).

ADEMAR                 (allarmato) E perocché facere?

SlMONE                  Avanti che si infrigida, gli taglio uno organo.

EZZELINO               (urla) No!

SIMONE                  Chi disse no?

ADEMAR                 Io. No.

SIMONE                  E,invece, sic. Ne habeo magna necessitate Debeo facere uno strapianto.

ADEMAR                 Che voi facere?

SIMONE                  (esaltandosi) Mirabile invenzione dello subscripto. Tempora verranno che niuno piu morirà de morbo, perocché tosto che uno organo funziona malamente, subito lo medicino Simone lo reseca, lo jetta et ce strapianta organo novo, bello et sano de cadabere fresco riperticato. Core, polmoni, pituitaria, omne organo se pote strapiantare.

ADEMAR                 (allusivo) Anco?...

SIMONE                  Anco... Omnia cosa... Posso?

EZZELINO               No.

ADEMAR                 (subito) No.

VALVASSORE           (intervenendo solennemente) Ora tace, medicino Simone. Lo strapianto non è riconosciuto. Lex non vult. Esto cadabere nun se tange.

ADEMAR                 (sollevato) Benedetto a tia.

SIMONE                  In nomine de Ippocrate esto cadabere est meus.

ADEMAR                 È meo.

SIMONE                  (incaponendosi) Est meus.

ADEMAR                 È meo. Talmente meo che subitissimamente lo resurgo, accussì pure lo tertio miraculo della profetia facio.

VALVASSORE           Non puoi. “Lo muorto da la tumba resurgerà” dice la profetia. Dalla tumba. Che egli sia immantinente portato allo cemeterio.

EZZELINO               No, lo cemeterio no.

VALVASSORE           Monacelle, spogliatelo e spargetelo d'aceto.

MONACHELLE           (cantando) Alleluia! Alleluia. Lo spogliamo... spogliamolo sì.

SIMONE                  Ecce bonissimo cadabere sprecato. Mala tempora per la scientia! (e va via).

(Le monachelle sollevano il letto di Ezzelino e si apprestano a portarlo via.)

ADEMAR                 (con grande ostentata commozione) Addio amicuzzo meo... Che doglianza me desti... che doglianza... (cambiando tono) Uno momento, sirocchiette. (sfila le scarpe che Ezzelino porta ai piedi e che sono quelle che egli rubò nella prima scena) Alli cadaberi, la calzatura non ci compete... Per ricordo la tengo. (al Valvassore) Io cca resto, a pregare per l'anema di Ezzelino.

MONACHELLE          E il terzio die lo mortuo, dalla tomba risorgerà.

ADEMAR                 (usciti tutti, siede, si infila i calzari e dice divertito) Ezzelino surge... surge... Ah, no… suspensio. (esplode in una risata.).

(La musica sale e la luce si spegne. La scena cambia, la musica diventa misteriosa e comicamente funebre. Appare il cimitero. Si solleva lentamente la pietra della tomba e appare Ezzelino coperto da un sudario. Ha paura ma recita la parte del coraggioso.)

EZZELINO               Boni... ho detto boni...

                            (cantando) Care salme

                            state calme

                            et paura non habere

                            nel sentir lo meo linguaggio

                            nel vedere lo deambulaggio

                            in codesto pio recinto.

                            Io non sono un caro estinto

                            sono un vivo de passaggio.

                            Care salme

                            state calme

                            dalle tombe non sortite

                            fuochi fatui non facite

                            ne rumori de misterio

                            che se sto allo cemeterio

                            dopo l'ora de clausura

                            è perché non ho paura.

                            Boni,

                            trapassati state boni,

                            è questione de minuti.

                            Pace

                            requiescate in santa pace

                            sotto l'alberi pizzuti.

                            E intanto io canto

                            spensierato me la canto

                            canto e ballo

                            e sghignazzo addirittura

                            perché non ho paura.

                            Ajo

                            quasi quasi me la squajo

                            qui i rumori so’ un fottìo.

(un battere di denti)

                            Senti,

                            qualche teschio batte i denti.

                            Porco Giuda, ma so’ io!

                            E intanto canto

                            più ce provo e meno canto

                            qui me trema tutta quanta l'ossatura

                            perché ci ho ‘na paura.

                            Ciò paura come un pollo

                            quanno sente che è Natale;

                            ciò paura come er sale

                            quanno sta pe' cascà a mollo;

                            ciò paura come er fieno

                            quanno sta a arrivà er cavallo;

                            come er Re der Portogallo

                            quanno vede er Saraceno;

                            ciò paura come un dente

                            quanno sta arrivà er dottore.

(vede sollevarsi lentamente la pietra della tomba accanto alla sua)

                            Ciò paura, brava gente

                            so’ invasato dar terrore!...

                            E intanto io canto

                            ma che cavolo me canto

                            ve saluto e me ne torno in sepoltura.

                            So’ morto de paura. Ciao!

(Rientra con un salto nella tomba. Appena Ezzelino si è chiuso nel sepolcro dall'altra tomba esce Folchetto, ladro di tombe. È privo di un braccio, ha una lanterna legata sulla testa, e porta appesa al collo una bisaccia gonfia. si muove e parla come chi è leggermente ubriaco.)

FOLCHETTO             Tante grazie, cavajere... Si tutti li defunti fossero bardati come che a te... lu mestiere de ladro tumbarolo sarìa ‘na bellezza... Giustacuore... spadone…  pellicciotto. (si tasta soddisfatto la bisaccia        e beve dalla borraccia, vuotandola) Bevi, Folchetto, ca si nun fosse pe’ lu vino, lu mestiere de tumbarolo non lo faresti più... Da quando che allo paese meo m'hanno tagliato lu braccio... pe' punizione. (intanto è riuscito a tirare su la pietra della tomba, e scopre Ezzelino che lo guarda con gli occhi sbarrati) Anima mea. (gli tira su la mano) Che bonissimo anello... de pretio! (gli lascia andare il braccio e si inginocchia vicino alla tomba) Mica che te l'arrobo: te lu pago... Te sta bene tutto nu rusario sano sano? (Ezzelino piega il dito per non fare uscire l’anello) Che c'è? Nun sì d'accordo?

EZZELINO               No.

FOLCHETTO             E va be’, ci aggiungerò pure qualche giaculatoria... (realizzando) Sei detto no? Oddio... (si allontana) Mai prima m'era succeduto... ‘Nu mortuo che me dice de no.

EZZELINO               Perocché, l'altri morti te dicono de sì?

FOLCHETTO             Ajo, me sento male... me sento male... (uscendo) Portateme all'osteria!

(Ezzelino mette la testa fuori dal sepolcro, sta per uscire, ma sente un rumore improvviso e si distende di nuovo nell'avello. Musica.)

SIMONE (D)            (arriva circospetto e sospettoso con la borsa dei ferri in mano) Nullo homo nelli dipressi. (musica) Avante, scientia.

(Musica. Ha aperto il sepolcro dl Ezzelino) Ecce Ezzelino, meraviglioso et godurioso mortucolo meo! (lo tocca) Temperatura ancora tiepida…

                            Oro te taglio ciò che me abbisogna.

(Ezzelino emette un gemito di terrore).

SIMONE                  (guardandosi attorno) Ulula ùpupa! Orsù, alle seghe. (Musica. Va verso la borsa e, voltando le spalle alla tomba, comincia a estrarre gli strumenti).

(Ezzelino, veloce come il fulmine esce dalla tomba, fa per fuggire, urta la statua che precipita nel sepolcro, salta sul basamento ed assume la posizione della statua.)

SIMONE                  (ritorna e per meglio lavorare appende il mantello al braccio di Ezzelino) Regge, albo simulacro. (si  cala nella tomba) Inaudito: è diventato ielato. Mistero dello rigor mortis; non ci video claro. (Ezzelino,         chinandosi in avanti per guardare quello che sta accadendo, fa cadere il mantello sulla testa del dottore) Ce video sempre meno claro. (si toglie il mantello dalla testa e lo rimette sul braccio di Ezzelino) T’ho ditto: regge... Amputatio immediata et asperrima. (si sente il sinistro esagerato rumore della sega).

FOLCHETTO             (rientra evidentemente ubriaco) Che cemeterio! Cadaberi che parleno... (Va verso la tomba di Ezzelino dalla quale il dottore, che ha segato dopo tremendi sforzi, un braccio della statua, emerge          recando l'arto) Pezzi de cadaberi che volano. (il braccio punta verso lui) E mo’ che voi da me? (si tasta dove gli manca il braccio)     Matre mea bella, torna da me lo brachio meo! Cominciasse la resurrezione della carne?... No no... fermete fermete... (Folchetto piomba in ginocchio con la faccia a terra mentre il dottore si allontana portando con se' il braccio). (uscito il dottore folchetto scoppia a ridere da ubriaco e si avvicina alla statua). Che cemeterio! Ma io a te 'ndove te so' visto? (Ezzelino lo guarda bloccato) Anvedi oh quanto devo da esse 'mbriacu. Me metto pure a parlà colle statue...

EZZELINO               E perocché nun ce vorresti parlà?

FOLCHETTO             Tanto nun me possono risponne...

(Realizza e con un urlo di terrore cade nella tomba dalla quale era uscito. È l'alba e si sente un canto che si avvicina. Ezzelino si precipita nella propria tomba e la chiude.) (Si avvicina il canto. Il corteo con le SUORE e Ademar in testa giunge al cimitero.)

SUORA 1                E’ l'aurora uomo dal mantello bianco. E’ tempo di resurrezione.

ADEMAR                 (E’ un po' incerto su come operare; cerca un raggio di sole; prende una posizione ieratica) Domine de lissù damme la forza de resuscitari Ezzelino...

SUORA 2                (gli batte sulla spalla)

ADEMAR                 (senza neanche voltarsi) Dimme, Monaché.

SUORA 2                Grande Ademar, perocché proprio lo cadabere de Ezzelino devi risorgere?

ADEMAR                 Ma, porco Giuda, cca chi è lu meracolante? Jeo o tia?

SUORA 1                Tia.

ADEMAR                 E allora ieo resurgo chi me pare a mia. (si volta verso la tomba di Ezzelino, tende le mani, assume un atteggiamento ispirato) Criatura de Dio, pure se traditore delli amici fosti e ladro, tutti li peccati tua perdonati te furono... Surge!

(Immediatamente si scoperchia la tomba dove era entrato Folchetto ed il ladruncolo balza fuori e corre ad inginocchiarsi davanti ad Ademar.)

FOLCHETTO             Grazie, grazie... (e fugge veloce prima ancora che la gente si sia riavuta dalla sorpresa).

ADEMAR                 (è rimasto a bocca aperta guardando in direzione di Folchetto)

VALVASSORE           (si getta in ginocchio ai piedi di Ademar) Perdonami grande Ademar... Empiamente di te avevo dubitato... Ma ora so che sei veramente l'atteso.

SUORINE                (cantando) Alleluia! Alleluia! Egli è l'atteso... l'atteso egli è.

SIMONE                  (si fa avanti vacillando e tira il mantello di Ademar) Li miei oculi me hanno sgannato o lo cadabere che hai risorto era mutilo d'uno brachio?

ADEMAR                 (ancora stordito e continuando a guardare in direzione di Folchetto) Sì, me sembrò.

SIMONE                  (non riesce a trattenere un singhiozzo e corre ad inseguire Folchetto) Fermati, redivivo. Nello laboratorio meo tengo quella cosa che te resecai stanotte.

(Entra il Valvassore)

VALVASSORE           La profetia si compiette. Apoteosi e giubilo. Popolo, plaudite in Ademar lo celeste fidejussore.

TUTTI                     (Battono le mani e dicono ritmicamente)Bravo. Bravo. Bravo.

(Ademar come in trance si sta avviando seguito da tutti festanti.)

VOCE DI EZZELINO   (dalla tomba) Bis.

ADEMAR                 (torna in sé, si blocca, riprende un atteggiamento solenne e si avvia verso la tomba di Ezzelino) Una voce... cca dentro me dice... me impone de face un altro miracolo... Ezzelino, surge, surge!

(La tomba si scoperchia ed appare Ezzelino che, ad imitazione di Belcore quando è uscita dalla gabbia, canta.)

EZZELINO               Mondato

                            da omne meo peccato

                            rinato

                            risuscitato in Domino

                            Laudato

                            per sempre sia laudato

                            sto gran fidejussore de Ademar.

CORO                     (che andrà in sottofondo durante le battute di Ademar e di Ezzelino) Meracolo... Meracolo...

EZZELINO               (durante il coro sottovoce ad Ademar) Appena te lascio solo...

ADEMAR                 (ancora smarrito) Un autro resuscitai... uno mortuo vero... Mirabilia me succedono...

EZZELINO              Tu chiamale mirabilia... Quello era vivo, stravivo e ladro tombarolo.

ADEMAR                 (deluso) Ah... Però bello sarebbe poté fa' miracoli pé lo vero.

EZZELINO               Vero o finto, basta che ce credono... Se no? Piuttosto, mo' massima celleprazio!

CORO                     (entrando nel coro) Meracolo... meracolo...

(Mentre il coro continua, entra una musica di trombe e di tamburi, l'intera scena ruota e si trasforma nella piazza dove il popolo è disposto in forma solenne: fra la gente avanza il Valvassore.)

VALVASSORE           Santo Ademar, clarifica a noi come potremo dalle tue mani acquistare la salvezza eterna.

ADEMAR                 (è un po' frastornato, si gratta la testa, Ezzelino gli fa un colpetto di tosse Ademar prende una    posizione di dignità) Ve clarificherò ma prima verbo ad Ezzelino cedo, che resurto de frisco come fùe, uno messaggio per tutti voi reca. Racconta, Ezzelino, che sei stato allo Paradiso... racconta che hai visto santo Pietro, racconta che te ha detto.

VALVASSORE           Hai visto lo Santo Pietro?

EZZELINO               Eh no!

VALVASSORE           E che te disse?

EZZELINO               "Adunque" me dice santo Pietro "te manda lo dilettissimo Ademar?".

ADEMAR                 (assume un atteggiamento di orgogliosa modestia).

EZZELINO               Dico: "Sì. Posso entrare?”. Dice: "in paradiso non c'è posto per chi tene denaro". E co' due ditona da apostolo me tira fori da uno saccoccino della camiscia questo soldo de rame. Poi prosiegue: "Torna giù dallo santissimo Ademar e acquista", proprio sic disse, "acquista" lo scapolare de salvacondotto. Perocché lo finismundi sta lì, chiappe chiappe, e li pauperetti sansa lo scapolare finiranno tutti a bruciasse le medesime nello ninferno" (divenendo serio) cco lo perocché, come esempio a tutti voi, io consegno nelle tue mani miracolose tutto lo che possiedo, questo soldo de rame.

ADEMAR                 (dopo aver intascato la moneta) Anco l'anello me devi dare.

EZZELINO               Ammazza che santo. A Santo Pietro j'era sfuggito; a lui no. (glielo dà) E adesso te priego, damme lo scapolare. (e con un respiro dl sollievo cade in ginocchio al piedi di Ademar che con ieratico gesto gli infila solennemente al collo lo scapolare). Grazie.,. lo posto meo è assicurato.

MONACHELLE           (in coro, come sempre) Alleluia...Alleluia.

                            Lo posto suo... assicurato gli è.

EZZELINO               (Vedendo che Ademar non si muove ed è come trasognato)

                            E scatta... Vendi... semper vendesti. E vendi!

ADEMAR                 (guarda un momento Ezzelino) Vado?

EZZELINO               Vai!

ADEMAR                 (da bravo venditore quale è, si lancia nella grande vendita e attacca a cantare la canzone "Lo paradiso”)

                            Ma che grande fortuna ve tocca

                            faciteve sotto... stringeteve a mia

                            come pulcini di attorno alla biocca

                            per acquistare la mea mercanzia.

                            Ué... ué... ué... ué

                            così è scritto, così è deciso.

                            Ué... ué... ué... ué

                            io vi vendo lo Paradiso.

                            Tutto pe' voi...

                            solo pe' voi

                            lo Paradiso meo sarà.

                            Quello che ciai...

                            quello che poi...

                            per acquistallo me devi da dà...

                            Eh…

(Mentre sta cantando, tutto il popolo è scomparso senza che Ademar se ne sia accorto La musica resta in sottofondo malinconica.)

EZZELINO               (interrompendolo) Ehi, risparmia lo fiato. Ci hanno rimasti deserti.

ADEMAR                 (guarda in giro) Nun me hanno creduto, disgraziati... Dopo tutto quello che fici! Ma perocché se ne        irono?

EZZELINO               Perocché non imboccorno (Ezzelino prende per un braccio Ademar, che però, immerso nei suoi dubbi non lo segue).

ADEMAR                 Ma prima imboccorno, quando meracoli feci

EZZELINO               Meracoli!

ADEMAR                 Ma loro ce credettero. Eran così incantati quando da paraletico te sanai e la meretrice ho redenta…proprio lì, in quello posto.

EZZELINO               E mo' in quello posto ce la pigliamo tutti e due. Annamo che ci ho lo nervo dritto. Non imboccorno. Claro?

(Mentre se ne stanno andando, arriva all'improvviso accompagnato da una strappata musicale, un villico, carico di roba. poi un altro, poi un altro ancora, sempre sottolineati da effetto musicale. Ezzelino si ferma impietrito; poi guarda felice Ademar, e urla)

EZZELINO               Imboccorno!

ADEMAR                 Me credittero!

(Scoppia una musica. Ademar, felice, riprende con slancio ed ispirazione vivissimi, la canzone "lo Paradiso" che dà luogo a una azione coreografica, durante la quale gli abitanti consegnano i loro averi ad Ezzelino e ricevono lo scapolare da Ademar di fronte al quale si inginocchiano per un baciamano.)

ADEMAR                 (canta "lo Paradiso)

                            Le campane scampanano a festa

                            nessuno le sona e le sento sona’.

                            È nu concerto che ognuno cià

                            in testa

                            se il core è pieno de felicità.

CORO                     Din don

                            din don

ADEMAR                 Così è scritto, così è deciso.

CORO                     Din don

                            din don

ADEMAR                 Io vi vendo lo Paradiso

CORO                     Quanto lo fai

                            quanto lo fai

                            lo Paradiso a quanto sta?

EZZELINO               Quello che ciai

                            Quello che ciai

                            sicuramente basterà.

ADEMAR                 Lo Paradiso, lo Paradiso lo Paradiso

                            ce sta per tutti

CORO                     tutti tutti tutti tutti

ADEMAR                 vecchi, malati, poveri, brutti

CORO                     tutti tutti tutti tutti

ADEMAR                 Tutti sarete sanati lassù.

                            Lo Paradiso, lo Paradiso

                            fateve conto che è come la terra

                            sanza malanni, sanza la guerra

                            sanza le pene che soffri quaggiù.

                            Sanza la fame, sanza lo sete

                            sanza balzelli, sanza tiranni

                            sanza paure, sanza l'affanni

                            non aspettate un minuto de più.

                            Din din din dirididin.

                            Dan dan dan daradadan

                            Guarda, guarda. l'arcobaleno!

                            sette fiammate de sette colori.

                            Dappertutto tornò il sereno

                            dalli triboli ormai semo fori.

                            Ma quant'è bello lo Paradiso

                            ce stanno tutti li meglio santi

CORO                     tanti tanti tanti tanti

ADEMAR                 Santa Cecilia coi musicanti

CORO                     tanti tanti tanti tanti

ADEMAR                 A cielo aperto concerto ve fa

                            Pe' chi volesse qualche altro svago

                            c'è santo Giorgio che sfida lo drago.

                            I cherubini coi serafini

                            fanno le gare a chi vola de più.

                            Santo Giuseppe co' legno e pialla

                            face ‘nu sacco de giocarelli

                            bambole... trottole... e sonarelli

                            pe' i picciriddi che arrivano su

                            Din din din dirididin

CORO                     Dan dan dan daradadan

ADEMAR                 Ma che jorno... che jorno speciale

                            la più gran festa pe' l'umanità.

                            Meglio de Pasqua... più de Natale

                            che scorpacciata de felicità.

                            Din din din dirididin

                            Dan dan dan daradadan

                            Non esiste nu posto cchiù bello

                            ma che affare che state pe' fa

                            acquistate l'eterno sorriso

                            acquistate lo Paradiso.

CORO                     Din din din dirididin.

                            Dan dan dan daradadan

ADEMAR                 Lo Paradiso!

(La canzone "lo Paradiso" è terminata. Tutti i presenti hanno avuto lo scapolare ed Ezzelino ormai vuole soltanto fuggire con il ricavato del "colpo", mentre Ademar, che è fanciullescamente felice di interpretare la parte del santo, resterebbe ancora volentieri.)

EZZELINO               Affari aurei... imboccorno tutti.

ADEMAR                 Me credettero, Ezzelino... De mia si fidarono...

EZZELINO               Sei stato bravo... Proprio come uno santo vero

(al popolo da venditore) Gente, Ademar se ne va... Se ne imus... Tutti in regola con lo scapolare?

ADEMAR                 (indicando Peronella che sta in un angolo; quasi come una scusa per restare ancora) Chella piccidda laggiù non lo acquistò lo scapolare.

                            (alla ragazza) Ma tu allo paradiso non ce voi venire?

PERONELLA             Domine, sì!

ADEMAR                 Tieni fede in Ademar?

PERONELLA             Domine, sì!

ADEMAR                 E alloro lo acquisti lo scapolare meo?

PERONELLA             Domine, no! Non me necessita. Io ce vado de sicuro allo paradiso. So' virgine...

ADEMAR                 Brava! Me congratulo!

EZZELINO               Madamigella, compermesso... (ad Ademar da parte) Non acquista, e te congratuli7

ADEMAR                 Ma se uno santo non se congratula co’ le vergini... Doveroso me pare!

EZZELINO               Vedi de nun strafacere, eh... (poi a Peronella) Perone’, non hai capito niente. Se non acquisti lo scapolare, in Paradiso (e fa un gesto come per dire "in paradiso non entri”) Accidenti a li poveri e chi l'ha inventati!

PERONELLA             (Fieramente) Io uno ricchezza ce l'ho: la verginitate mea.

EZZELINO               Aridaje! La senti, Ademar? E se sei vergine, trova uno che te leva l'incomodo, perocché lui è santo e più che congratulasse non po'. E non posso nemmanco io perocché a sentitte parlà m'è venuto lo nervo dritto e quando tengo lo nervo dritto… viceversa.

FOLCHETTO             (entrando di corsa) È quine che se arimediano li posti pe' lu Paradiso? (la gente indica Ademar. Folchetto corre verso Ademar. Si inginocchia e gli mette ai piedi la bisaccia piena dl roba) Èccote tutto quello che tengo, damme lu posto pe' lo Paradisu. (Ademar gli infila al collo lo scapolare e nello slancio gli porge la mano da baciare. Folchetto si blocca) Ma io st'anello lo so' visto... Lo recognosco... (alza la faccia, vede Ademar, si alza in piedi) Ah! e recognosco pure a te... e ve recognosco a tutti e due. (rivolgendosi ad Ademar) E tu saresti lu santu...

(C'è un momento di imbarazzo fra i due, poi Ademar risolve la situazione.)

ADEMAR                 Si, proprio lo santo, e dalla tomba ti ho fatto sortire quanto è vero che onestamente morto eri... Sennò dentro a una tomba che ce stavi a facere?

FOLCHETTO             (ridacchiando) Scine, scine. Mortuo ero. E tu m'hai rimesso al mondo. Come nu secondo genitore sei. Patremo!

ADEMAR                 Figghiemo! Abbracciami!

FOLCHETTO             (guardandosi il braccio mancante) Veramente, io nell'abbraccio so' un po' difettoso.

ADEMAR                 E allora te abbraccio ieo. (lo stringe fortissimamente con tutte e due le braccia e mentre Folchetto geme dal dolore, gli dice all'orecchio) E se parli, mortuo definitivo diventi.

(Si sciolgono dall'abbraccio.)

FOLCHETTO             (fa il gesto di riprendere la bisaccia) Me posso almeno ripiglia’ la roba mea?

EZZELINO               gli dà una botta sulla mano) Postea fatta consegnatio, non se ammette reclamatio.

FOLCHETTO             Ah, me dici de none. Da mortuo, da vivo, da statua, sempre de none me dici. (Allontanandosi) Me ne rimembrerò.

(Ezzelino si congratula con Ademar stringendogli la mano. Intanto il medicino Simone si stacca dalla folla e acciuffa al volo Folchetto)

SIMONE                  (prende per il braccio Folchetto) Finalmente ti trovo... Non disperare... Semo o bono punto. L'ho posto dentro un bagno de sanguine de ranocchio.

FOLCHETTO             (frastornato) Chine?

SIMONE                  (molto circospetto) L'organo che te appartiene e che faccio boto solenne che te sarà ripristinato... Tu crede nella scientia?

FOLCHETTO             (impaurito, arretrando) Sine... sine.

SIMONE                  Est ancora duro et frigido, quasi marmoreo... ma est già de minore bianchezza... Credi tu allo medicino Simone?

FOLCHETTO             Sine, io credo a tutto.

SIMONE                  Prestissimo te lo strapianto.

(Folchetto fugge spaventato. Ezzelino ed Ademar stanno per andarsene.)

EZZELINO               Gente è ora de chiude... È proprio ora...

(Ademar vede ora Belcore e le va incontro.)

ADEMAR                 Belcore! Vieni anco tu a lo Banco della Salvezza (le porge lo scapolare).

BELCORE                Non tengo dinaro.

EZZELINO               (intervenendo) Beh, fatte na spasseggiatina. Uno mestiere ce l’hai. Rimedi qualche moneta e torni.

ADEMAR                 (Fa ad Ezzelino il suo caratteristico gesto di stare zitto; poi da santo) Ezzelino, potresti tu facere ancora lo paraletico? No. E potrebbe essa facere ancora la meretricia? No. Ieo a tutti e due ve sanai. E quindi a Belcore lo scapolare de diritto je spetta.

(Mormorio di scontento del popolo.)

PERONELLA             Tutti hanno pagato. perocché a Belcore gratis?

ADEMAR                 (deciso) perocché redento fue... da mia...

(Le si avvicina; Ademar e Belcore si guardano negli occhi. Poi Ademar prende lo scapolare e lo infila con affettuosa solennità al collo di Belcore che subito dopo si inginocchia e gli bacia la mano.)

MONACHELLE           (subito pronte) Alleluia!... Alleluia!...

                            Lo scapolare... lo scapolare le die’.

ADEMAR                 (sinceramente commosso) Belcore, smarritissima, ritrovatissima pecuredda, felice sugno che anche a tia la generositade de chisto popolo uno posto nello paradiso te garantì.

(Intanto, durante questa battuta, mentre Ezzelino è interessato a contare i soldi si sente un lungo rullo di tamburi. Il popolo incuriosito si rivolge verso il nuovo arrivo.)

VOCE ARMIGERO      (solennemente) L'archiepiscopo Lotario de Lotaringia, in divoto pellegrinaggio verso lo sacro soglio de Pietro.

EZZELINO               Ajo! (va verso Ademar per dirgli sottovoce) Oh... È arrivata Santa Matre Chiesa... Qui ce scoprono tutti l'altarini...

(Entra il vescovo Lotario. Si dirige in silenzio verso Ademar. Tutti fanno ala al suo passaggio inginocchiandosi.

MONACHELLE           (sempre prontissime) Alleluja!... Alleluja!

                            L'archiepiscopo...

(Le monachelle si bloccano ad uno sguardo del vescovo che è arrivato davanti ad Ademar. Ezzelino si è già leggermente scostato assumendo un'aria indifferente.)

LOTARIO (D)           (con accento tedesco) Noi essere Lotario, archiepiscopo de Lotaringia. Saresti tu lo santo pe' lo quale se fa tanto romore, sì?

ADEMAR                 (fingendo un'aria sbalordita) Ieo? Ma per lo vero, Ieo...

LOTARIO                 (additandolo) Tu sie che facesti le grande miracule, sì?

ADEMAR                 (schernendosi) Miracoli? Cose piccole...

LOTARIO                 (incalzandolo) Tu dice che sei unico e solo gabelliere de Dio, sì?

ADEMAR                 (indicando Ezzelino) Solo no. Puro isso ce sta.

EZZELINO               (con la massima faccia tosta) Brav'uomo, che dichi a me?

LOTARIO                 Questi stare salvacondotti per ingresso in Paradiso. (ad Ademar) Sì? (Ademar non risponde. Ad Ezzelino più forte) Sì?

EZZELINO               Ah, io nun so. (prendendone uno in mano, domanda ad Ademar) Che 'sti cosi so’ ‘sta cosa che dice Sua Eminenza?

LOTARIO                 (insistendo) Dire... rispontere... favellare...

SUORA 1                Sì, Archiepiscopo, è lui lo santo, lo gabelliere dello Finismundi.

EZZELINO               (tra i denti) Che paese de impiccianti.

(Lotario fa un cenno deciso. Il terrore sì dipinge sul volti di Ademar ed Ezzelino. Lotario, Ademar ed Ezzelino si fissano per un attimo; poi di colpo tutti e tre insieme cadono in ginocchio.)

TUTTI E TRE            Pietà!

LOTARIO                 (rialzando Ademar) Priego, Santo Ademar. Et benignati di concedere anche a noi la scapolaro per l'ingresso in Paradiso, sì?

(Ademar ed Ezzelino si guardano sbalorditi. Lotario tira fuori un cofanetto.)

EZZELINO               (rinvenendo prontamente) Sì. E come no? Adesso lo santo Ademar provvede subito. Un attimo dipatientia. Cià tante richieste...

(strappa il cofanetto dalle mani del vescovo) Anvedi che brellocchi... (guarda Ademar e lo trova ancora più imbambolato) Ademar, una scapolare extra per sua Santità... Oh...

ADEMAR                 (arrabbiato, tra i denti, a Ezzelino) Lasciami stari... ce penso da per mia... (prende lo scapolare, lo infila al collo del vescovo, e con intensa e sincera commozione, gli dice) È consolazione grande pe' lu core meo che tu che sii l'Episcopo de Santa Matre Chiesa, hai voluto da mia lu lasciapassare pe' lu Paradiso.

(Gli abitanti, affascinati, esplodono in una serie di fervorosi "alle... alleluja... alle... alleluja" e si piegano in atto di omaggio.

Ezzelino, furbetto, si allontana per andare a mettere al sicuro il prezioso cofanetto di Lotario. Ademar sinceramente commosso intona ALLELUJA, BRAVA GENTE)

ADEMAR                 Alleluja, brava gente

                            senza il peso dell’inutile ricchezza

                            ora avete la certezza

                            di volare dritti

                            verso l’aldilà

                            E fra poco sorridente

                            Santo Pietro il Paradiso

                            vi aprirà

                            Alleluja!

Poi, più intenso, rivolto a tutti. Gli abitanti, in una esaltazione mistica, si scambiano abbracci

                            Alleluja, brava gente

                            in cammino verso i pascoli del cielo

                            finalmente tutti liberi

                            Senza il peso delle cose di quaggiù

                            Tutti uguali, brava gente

                            Nello segno di serena umilità                 

CORO                     di serena umilità

                            Alleluja!

                            Alleluja, brava gente

LOTARIO                 Vi precede l'archiepiscopo Lotario

                            che spaziando fra le nuvole

                            una mistica farfalla sembrerà

SUORE                   Sursum corda, brava gente

                            questo grido i nostri cuori accenderà

                            Alleluja!

PERONELLA             Anch'io verrò

                            e con voi volerò

                            anco se scapolare non ho

SIMONE                  Ed io lassù

                            che affaroni farò

                            con gli angeli                    

CORO                     con gli angeli

CORO                     Alleluja, brava gente

                            ricchi solo della nostra povertà

                            Alleluja, Alleluja

                            Alleluja (5 volte)

                            Alleluja, brava gente

                            Bianco gregge nell'azzurra immensità

SUORA 1                Fino al trono degli Apostoli

                            Questo cantico

                            di gratitudine risuonerà

                            Santo Pietro sorridente

                            lo portone dello cielo ci aprirà

                            Alleluja.

ADEMAR                 Come Mosè

                            la sua gente guidò

                            vostra guida e rifugio sarò

                            Tutti con me

                            ripetete con me

                            questo grido di giubilo

CORO                     Grido di giubilo

CORO +ADEMAR      che vola altissimo

                            e oltre le nuvole va

                            Esultiamo e cantiamo                   (si ripete 2 volte)

                            Come il mitico Re Davide

                            cantò

                            Alleluja.

(Lo slancio di fervore ha raggiunto l’esaltazione di uno Spiritual e tutti si sono abbandonati ad una danza al cui termine l’archiepiscopo Lotario si inginocchia davanti ad Ademar che, in una felicità bambinesca, gli tende la mano da baciare. Su questa immagine e su quella di Ezzelino che, arrivato di corsa, ha un’espressione di preoccupata sorpresa, cala il sipario.)

SECONDO ATTO

(Sipario chiuso, si sente il coro "alle-alle-luja" e scopriamo la stessa immagine della fine del primo atto. Ademar invita Lotario ad alzarsi e a precederlo. Tutti si apprestano ad uscire. Ezzelino, in punta di piedi, si introduce tra loro, prende Ademar per la mano e lo tira fuori dal gruppo. Intanto la scena cambia e ci troviamo sotto un albero di fico, vicino al quale Ezzelino ha depositato il bottino.)

ADEMAR                 Perché me trascinasti via? Ieo frammezzo a ‘sta gente... felice me sento...

EZZELINO               E io puranco, framezzo a ‘sti brellocchi: uno collare aureo... uno d’ariento, uno sacchetto de monete che le contamo postea...

ADEMAR                 Ma subbito ce ne dovemo ire? Dimane la gente delusa rimarrà...

EZZELINO               E chissene! (guarda Ademar) Aoh! A me me sta a veni 'na suspicione,.. Ciavessi preso gusto a fa lo santo?

ADEMAR                 E si fusse? (scattando) Parli bono tu! Nella vita qualcuna dolcitudine la provasti... Ma ieo?! A mia nessuno mai me disse nu verbo gentile, e cca santo me chiamano... Nisciuno me fice mai una carezza, e cca le mani me baciano.

EZZELINO               (con finto candore) Ma non eri figlio di un Principe d'Oriente?

ADEMAR                 Mea matre femmina ambulante de Caltagirone fue... e de patri millanta ce n'avetti, a oriente a occidente, in ogni loco.

EZZELINO               Salus! Ma mo ciabbiamo un sacco de quattrini, Ademaruccio meo. E ricordate che uno bastardo povero è uno bastardo; ma uno bastardo ricco è uno ricco, e basta.

ADEMAR                 Ezzelino, io te vurria parlare cu lo core aperto... Perocché... trattenendosi) perocché te voglio bene, e te considero uno fratello.

EZZELINO               E no, fratello, no. Dopo quello che m'hai detto de tu’ madre...

(ADEMAR fa il suo caratteristico cenno di tacere).

EZZELINO               Bono, Adema', non t'arrabbià, che diventi brutto... Apri ‘sto core.

ADEMAR                 'Na fiata, sentii dicere da uno sapiente d'Arabia, che le ricchezze nun danno la felicità. E se avesse detto lo vero?

EZZELINO               L'ha detto, lo vero. Ma se riferiva a le ricchezze de l'altri. Ademar guarda (mette le mani nel sacco delle ricchezze) Co' questi sarai felice, promitto... Annamo...

ADEMAR                 Ma ieo uora, cca, felice me sento.

EZZELINO               Uora e cca è periculoso. Ma te ricordi che secundo la profetia, dovresti finì rosolato come un pollastro?

ADEMAR                 Solo dopo che la fontana diventasse rossa...

EZZELINO               (sornionamente) Ah... Sicché, se l'acqua se facesse rossa, lo piglieresti lo fugone, eh?

ADEMAR                 Beh... sì...

EZZELINO               (trionfante) Ah, lo vidi?

ADEMAR                 Ieo muriri non voglio. Ma tu lo dicisti: se rossa nun la facimo nui, l'acqua rimane bianca in sempiterno. Adunque, quanto ci aggrada potemo restari.

EZZELINO               (si avvicina, lo prende per le spalle, lo guarda negli occhi) Ademar... Guardame nell'oculi. Qua ce semo inventato tutto noi.

ADEMAR                 Ma loro ce credettero... pe’ loro è lo vero... E pe’ chesto se serenarono... e canteno. (un attimo di silenzio. Ademar ed Ezzelino ascoltano il coro) Chesta pace... chesta bonitade... Chesto calore... Ezzelì, stanotte se respira ammuri... Pe' mia... (prende la chitarra e fa un accordo) Questa può essere l'ultima notte del mondo.

EZZELINO               (guarda Ademar, medita, scrolla la testa. quando Ademar ha accennato la sua strofetta di canto, continua quasi fra sé) Questa deve essere l'ultima notte del mondo. Ho capito: mò ce penso io. (ad Ademar) lo esco uno poco... La notte è così bella... E poi po' esse l'ultima. Che ce la volemo perde?… Tu, non te move: coll'umido, hai visto mai che te se arrugginisce l'aureola.

(Si allontana. Una musica dolce in sottofondo. Ademar rimasto solo, come rapito in sogno, canta “Questa può essere l'ultima notte del mondo”. Mentre canta, la scena cambia ed entrano due coppie, in un dolce e sereno abbraccio).

ADEMAR                 Questa può essere l'ultima notte del mondo

                            l'ultima notte che noi guarderemo le stelle

                            e aspetteremo insieme

                            che il bianco del mattino invochi il sole

                            aspetteremo

                            il giorno che verrà

                            E in questa notte c'è tutto l'amore del mondo

                            noi ritroviamo le antiche parole d'amore

                            e non finisce la vita

                            se camminiamo mano nella mano

                            per stare assieme

                            nell'eternità.

TUTTI + ADEMAR     Questa può essere l'ultima notte del mondo

                            l'ultima notte che noi guarderemo le stelle

                            e aspetteremo insieme

                            che il bianco del mattino invochi il sole

                            aspetteremo

                            il giorno che verrà    Ringrazio Dio per quello che sono

                            E il destino mio lo ricevo come un dono

                            E aspetteremo insieme

                            che il bianco del mattino invochi il sole

                            aspetteremo

                            il giorno che verrà.

CORO                     Questa può essere l'ultima notte del mondo.

EZZELINO               Tengo manera de face che l'acqua sia rossa.

(La scena cambia e compare la capanna dove viveva Ezzelino quando si fingeva paralitico. La musica va in sottofondo, e noi vediamo Peronella che sta rovistando in cerca di qualche cosa, la trova, sente Ezzelino che si avvicina e fa sparire quello che stava prendendo. Ezzelino la trova in atteggiamento sospetto.)

EZZELINO               Peronella! Ah, ti beccai? Che stai a fa' nella capanna mea? Speravi de sgraffigna’ lo scapolare, eh? (tira fuori uno scapolare dalla tasca) Ecce: lo voi?

PERONELLA             (facendo per prenderlo) Dominesì.

EZZELINO               (sottraendoglielo) E domine no... Tu una ricchezza ce l'hai.

PERONELLA             Solo la verginitate mea.

EZZELINO               E te pare nihil... (con altro tono) Che poi sarà lo vero?

PERONELLA             Eh, sine... Sapessi quanto ho dovuto penà pe' conservamme... Quando li turchi so' sbarcati alla marina, sai da che me so' dovuta travestì? Da omo, ammalato de colera.

EZZELINO               Eh... Bastava da omo!

PERONELLA             Co' li turchi?

EZZELINO               E brava, la pulzella... E allora, appurato che sta' ricchezza ce l'hai, paga co' quella... Daje, Peronè, nun te fa' tirà lo zinalino, perché...Questa può essere l'ultima notte del mondo…Ma adesso, vanne, pecché ci ho da fa’.

(Peronella esce. Ezzelino prende una ampolla e canta.)

                           

Belle pallette fenicie color porporino,

                            anche stavolta, vi priego, aitate, Ezzelino.

                            Come già feci in passato

                            quando che l'acqua in vino ho trasmutato

                            la bianca fonte rossa facerò.

(La luce si spegne su Ezzelino. Una modulazione musicale e la luce scopre ora Ademar, solo, che sta guardando le stelle.)

CORO                     Questa può essere l'ultima notte del mondo...

(Alle sue spalle, non vista, é entrata Belcore, che sussurra, quasi cantando, la continuazione della canzone.)

BELCORE                L'ultima notte pe' statte vicino vicino...

(Sorpreso, si volta; la musica resta in sottofondo per tutto il dialogo)

ADEMAR                 Che cerchi, Belcore?

BELCORE                Conforto. Sei lo solo che me lo pote dare.

ADEMAR                 Tu sempre me credisti, da quello jorno nello gabbio... quando te ho redenta.

BELCORE                Redenta uno paro de' ciufoli... Io volevo uscire da chello gabbio... Anco da uno scimmione me sarei fatta miracolare.

ADEMAR                 Te prendesti joco de mia... Nun te ho mutato... Sempre la medesima femmina de tutti sei...

BELCORE                No, da quando te conobbi non so più io... E tengo rossore de lo meo passato.

ADEMAR                 Faceme capire: allora te ho redenta?

BELCORE                No!

ADEMAR                 Oddeo! Lo capo me se incenne... Indecifrabili e misteriosissime le femmine sono. Belcò, che voi?

BELCORE                Amore.

(Musica)

ADEMAR                 (smarrito) Da mia?

BELCORE                Sì... Santo... Diabolo... omo, quello che sei!

ADEMAR                 Ma ieo...

BELCORE                (cantando "questa può essere l'ultima notte del mondo")

                            Questa può essere l'ultima notte del mondo

                            non le sprechiamo 'ste bocche pe' dice parole

ADEMAR                 Pure l'ammore è un sogno

                            ma chi lo sa se è chillo che cercavo.

BELCORE                Non dimandare

                            ma teneme con te.

ADEMAR e BELCORE Forse stanotte è la notte

                            più bella del mondo

                            forse è la fine

                            ma sembra il principio di tutto.

                            E venga pure dimane

                            le stelle si sprofondino nel mare

                            restiamo insieme e che sarà sarà.

(Sul largo musicale Ademar e Belcore si guardano, forse starebbero anche per stringersi in un abbraccio, per baciarsi, ma un grido lontano lacera l'aria.)

VOCE                     L'acqua della fonte s'è fatta rossa...

SUORINE                Repente

                            la bianca fonte

                            nello colore de lo sanguine

                            trasmuterà.

(Ademar è come folgorato da questo annuncio, che si ripete sempre più forte mentre la musica cresce di intensità. Ademar guarda Belcore, la bacia sulla fronte e scappa mentre la scena cambia. Ora ci troviamo sulla piazza dove la fontana sta buttando acqua rossa, la gente del paese si muove sbigottita. Tutti si allontanano cantando “meracolo”. La musica diminuisce di intensità, finché resta in sottofondo. Arriva di corsa Ademar, che immerge la mano nella fontana tirandola fuori colante acqua rossa. Mette la mano sul mantello bianco e la mano vi lascia un'impronta rossa. È stravolto ed impaurito; si guarda intorno quasi smarrito.)

EZZELINO               (arriva di corsa) Che stanno a di’, ‘sti matti? Che l'acqua s'è fatta rossa?

ADEMAR                 Guarda.

EZZELINO               (ancora più in malafede) Uuuuh... È rossa! Chi l'avrebbe mai ditto!

ADEMAR                 E da sola si fici. Da sola!

EZZELINO               E no. E qui bisogna ire!

(Ezzelino ed Ademar si avviano per scappare ma sono bloccati dall'ingresso degli abitanti che indossano ghirlande, scialli, corone ed altre guarnizioni rosso scarlatto. La musica sale di tono. I nostri amici sono ormai circondati dagli abitanti che con sguardo ed atteggiamenti fervorosi ed imploranti si inginocchiano e tendono le mani verso Ademar che è colpito da questa manifestazione di fede.)

EZZELINO               (sottovoce) Te l'avevo detto che dovevamo essere fuiti... Be’, dividemose. Tu tielli boni. Io vado a prende lo sacco e se rivedemo a fra poco... Oh, dove se rincontramo?...

(Suonata da un solo strumento si sente la frase "io cerco un sogno" che poi cresce e resta in sottofondo. Ademar è fermo ad occhi chiusi, come riflettendo.)

EZZELINO               Dove se rincontramo?

ADEMAR                 (dopo una pausa, durante la quale ha guardato la gente che lo fissa, forse anche mormorando a voce bassa un canto) Lissù.

EZZELINO               Lissù dove? (poi dall'atteggiamento di Ademar e dallo sguardo dei presenti, capisce, realizza, gli si avvicina, lo tira a sé) Eh, no, eh... Matto va bene, ma insino a uno certo punto... Svegliate... Te sei scordato che avemo inventato tutto noi.

ADEMAR                 Chi u fici, u fici... Chillo che cunta, jè che tutto succedette come era scritto.

EZZELINO               Ah, ma te sei bibuto el cerebro... No, non te la lascio facere un'imbecillata come questa. Proprio mo' che ciavemo le ricchezze.

(Musica)

ADEMAR                 Tenitele

EZZELINO               Tutte?

ADEMAR                 Tutte.

EZZELINO               Ma tutte, proprio tutte... Pure la parte tua?

ADEMAR                 A nu santo le ricchezze non je competono.

EZZELINO               (con un altro tono e un nuovo stato d'animo) Beh, certo che vai a fa' una gran morte... Sublime... Che poi lo finismundi sta allo portone... Fai bonissima figura co' poca spesa... Proprio deciso?

ADEMAR                 L'acqua rossa iè

EZZELINO               E chi u fice, u fice?...

ADEMAR                 Chi u fice, u fice...

EZZELINO               Allora, addio, Ademar (appare commosso) Fatte abbraccià, va'. (fa per abbracciarlo) No, che poi me commovo...

ADEMAR                 Vado?

EZZELINO               (fra lo sdegnoso e il commosso) Va', va'... (trattenendolo per la mano, con angoscia) Ademar!

ADEMAR                 (si volta, forse ancora speranzoso) Eh?

EZZELINO               No... scusa: l'anello... tanto poi col foco l'oro se squaja... (con altro tono) Lo tengo pe' ricordo tuo.

(Ademar sorridendo gli dà l'anello, mentre più commosso sale il canto dei cittadini che cantano "meracolo".)

CORO DEI PAESANI  Meracolo... meracolo

                            muore Ademar e spalanca per noi il Paradiso.

(Il vescovo Lotario lo benedice; Belcore gli tende una mano per fermarlo. Ademar la guarda ma non raccoglie l'invito terreno e continua.)

(E mentre più forte si fa lo scampanio e più alto si levano il coro e la musica di "meracolo" intrecciata con quella di "io cerco un sogno", Ademar si allontana verso il fondo, lasciando Belcore con le braccia tese ed Ezzelino che guarda scuotendo la testa come per dire: "Ademar... è proprio matto".

LOTARIO                 (canta sulla musica di "Miracolo")

                           

Andate

                            A casa ritornate

                            Pregate

                            e confidate in Domino.

                            Fra poco

                            lo fumo dello foco

                            dirà che s'è compiuta volontà.

(Tutti escono. Resta in scena la sola Belcore. Entra Ezzelino.)

EZZELINO               (le si avvicina e le passa due volte la mano davanti agli occhi) Ah Belcò, che te sei impietrita?

BELCORE                (si riscuote, caccia un urlo) Aaaaaah! Ademar è ito!(abbraccia Ezzelino cominciando a singhiozzare e sussurrando parole incomprensibili).

EZZELINO               (rincuorandola con finto affetto) Suso, Belcore, suso. Te capisco. Non avvene tutti li jorni che una        come te trova uno omo come Ademar... (continua ad accarezzarla sempre più calorosamente) Però! Sei una fasulla magra...

BELCORE                (smette di piangere e allontana con uno spintone Ezzelino) Che faci?

EZZELINO               Te sbattevo una mano sopra l'omero a mo’ de consolatio...

BELCORE                E che chesto è l’omero? Non teni vergogna, l’amico tuo è ito a morire e tu smanacci e pomici?

EZZELINO               No? (le prende una mano e la riattira verso di sé) Vieni meco, e te promitto che nun avrai da pentirtene.

BELCORE                Teco a facere che?

EZZELINO               (brancicandola) Omnia.

BELCORE                Ma che sei sortito da senno? E lo finismundi? Ma nun la vide la terribile acqua rossa?

EZZELINO               (spavaldamente si avvicina alla fonte e giocherella con l'acqua rossa) Me la sbatto... (bevendola) Me la bibo. (sputa con sorpresa e disgusto) Puah! Come è amarastra e puteolenta. Belcò, sai serbare uno secreto?

BELCORE                Se le femmine dello mestiere meo nun sapessero tené li segreti, povera umanitate.

EZZELINO               E none... e none... Malnaggia, che me devo sta' zitto.

BELCORE                (diventando civetta allo scopo di far parlare Ezzelino) E allora addio, Ezzelino. Me dole lo core de lasciarte perocché mi avrebbe aggradito assai diventare la tua ganza.

EZZELINO               (tutto trionfio) E aggradisceme adunque.

BELCORE                (facendogli una fugace carezza) Volentierissimamente il farei si l'acqua nun fosse rossa; ma così... Vado a riccogliermi in orazione... (fa mostra di avviarsi).

EZZELINO               (decidendosi) Belcò, tiette. L'acqua rossa l'ho fatta io. Con certe pallinette de porpora fenicia assai coloranti.

BELCORE                Te sei preso joco de la profetia?

EZZELINO               (ghignando con aria di superiorità) La profetia... Fole per fantoli.

BELCORE                Ma tu eri paraletico e fosti sanato...

EZZELINO               (sgambettando allegramente) Mistificatio...

BELCORE                E la mea redenzione?

EZZELINO               (sempre zompettando) Belcò, tu lo sapi come t'ha guarito Ademar... Arimistificatio...

BELCORE                Et tu cadabere e poscia resurto?

EZZELINO               (sempre allegrissimo) Tertia mistificatio. Ademar me resurse nello stesso modo che guarì a te nello gabbio. (ripensandoci) Beh, proprio nello stesso modo, no.

BELCORE                (con un filo di speranza) Allora, anco lo sacrifizio de Ademar è mistificatio?

EZZELINO               Non anco. Quello se abbrucia per lo vero. E nulla se po' facere pe' lui. Tiene uno morbo che non perdona: lo cerebro pieno de sogni. Imosene, Belcò, ché oramai ne sto' paese, io e te soli tenemo ancora la capocchia sopra lo collo (fa per toccarle il seno).

BELCORE                Aho! Chesto non è lo collo.

EZZELINO               No? Me abbaglio sempre. Be', che ne dici? Ce veni co 'sta faina?

BELCORE                (assai frettolosamente) Curro a pigliare la roba mea... Vado come lo vento… Returno fra poco.

EZZELINO               Te aspetto nella capanna mea. Fra poco...

BELCORE                Si, Fra poco…

EZZELINO               (gioiosamente) Fra poco (iniziando a cantare Fra Poco)

                            quant'è bello da bocca de donna

                            sentire "fra poco".

                            Non è un no, non è un ma, non è un sì

                            ma vo’ dicere sì.

                            Fra poco

                            sottilissima astuzia di donna

                            che impone lo joco

                            temporeggia... recalcitra, ma

                            alla fine ce sta.

                            Fra poco

                            non appena Belcore ritorna,

                            la piglio e trasloco

                            fra poco

                            e la porto lontano da qua

                            in qualsiasi città

                            in qualunque sia loco

                            fra poco...

(La luce si spegne su Ezzelino pieno di fervorosa speranza e si accende sul sacro monte, lontano dalla città, dove Ademar sta preparando il suo rogo. È tutto invasato da mistico fervore e canta anche lui "fra poco".)

ADEMAR                 Fra poco

                            cabalcando uno rosso caballo

                            de fiamme e de foco

                            al galoppo nell'eternità

                            Ademar entrerà.

                            Fra poco

                            co’ lo rosso mantello splendente

                            de fiamme e de foco

                            alle soglie dell’eternità

                            Ademar giungerà

                            sul caballo de foco

                            fra poco.

(La luce si spegne su Ademar e si riaccende ancora su Ezzelino che nella sua capanna ha terminato di chiudere il sacco delle ricchezze. È impaziente, guarda la clessidra. canta "fra poco".)

EZZELINO               Fra poco

                            sono già due clessidre che aspetto

                            e me disse "fra poco"

                            ma a metà della terza, lo so

                            che tu arrivi, Belcò…

                  

(La luce si accende su Peronella che sta stendendo panni.)

PERONELLA             Fra poco

                            perocché la funtana se fece color de lo foco

                            chella sola ricchezza che ho

                            la sacrificherò.

(Si accende la luce su Belcore che, affannata e scarmigliata, sta correndo verso il sacro monte per avvertire Ademar.)

BELCORE                Fra poco

                            se m'assiste la forza, Ademar,

                            te trarrò dallo foco.

                            Fra poco

                            Ademar, sto venendo da te

                            sto correndo da te

                            te trarrò dallo foco.

(Le luci scoprono ora contemporaneamente i quattro personaggi: Ezzelino alla capanna, Ademar al rogo, Belcore sulla strada, Peronella allo stenditoio e tutti e quattro cantano il finale di "Fra poco".

ADEMAR+EZZELINO+PERONELLA+BELCORE       

Fra poco

                            Uno rosso

                            Bagliore

                            De foco

                            Brilla

                            Fra poco

                            La mia vita

                            Sacrificherò

                            Fra poco

                            Brucerò

                            Fra poco

                            Al destino

                            Che vole così

                            Devo dicere

                            Sì

                            Fra poco       Fra poco

                            Belcore

                            Goduriosa

                            Viene

                            Fra poco

                            Ciò la donna

                            Ciò l’oro

                            Ciò tutto

                            Che voglio

                            De più

                            Fra poco

                            Goderò

                            Fra poco

                            Al destino

                            Che vole così

                            Devo dicere

                            Sì

                            Fra poco       Ademar

                            Sto correndo

                            Verso te

                            Sto da te

                            Fra poco

                            Fra poco

                            Lo meo core

                            Ademar

                            Salverà

                            Fra poco

                            Salverò

                            Fra poco

                            Al destino

                            Che vole così

                            Devo dicere

                            Sì

                            Fra poco       La verginitate

                            Mea cederò

                            Fra poco

                            Fra poco

                            La ricchezza

                            dilapiderò

                            Fra poco

                            Cederò

                            Fra poco

                            Al destino

                            Che vole così

                            Devo dicere

                            Sì

                            Fra poco

(Buio sui quattro. La luce torna su Ademar intento ad accendere il rogo. Invano egli tenta di provocare la fiamma con l'acciarino. Appare ansimante il medicino Simone.)

SIMONE                  Alle grazie. Tu vive ancora. (inizia freneticamente a buttare giù la catasta del rogo) Non te abbruciare!

ADEMAR                 (è commosso) Nobile core, la tua pietate me commuove.

SIMONE                  No, nello foco no. Appiccate!

ADEMAR                 Eh!?

SIMONE                  Che ce rimette? Lo cadabere rimane intatto e io posso secarti ogni organo. Ho già portato lo cappio (lo mostra speranzoso).

ADEMAR                 (lo solleva da terra tenendolo per il collo e il fondo della schiena e urla) Tu ringrazia il cielo che me devo immolare da santo, se no lo cappio a tia lo facevo assaggiare. (lo sbatte fuori).Pussavia...

SIMONE                  (approdando rovinosamente in quinta) Lo cammino della scientia de troppi ostacoli è irsuto.

(Ademar riprende ad accendere con l'acciarino la legna del rogo.)

BELCORE                (affannata e ancora fuori scena) Ademar! Ademar! (entra) Grazie, legno che non avvampasti... Grazie, gambe che qui velocemente me portaste... (si butta fra le braccia di Ademar) In tempore giunsi pe' ditte 'na cosa che a te rende la vita e a me la volontà de vivere.

ADEMAR                 Tace, nun è lo momento de parlare de vita. Tutti li pensieri mei allo strapasso voltati so'...

BELCORE                Lo finismundi nun ce sarà più!

ADEMAR                 Stultissima fimmina... Va, vattinne mentitora.

BELCORE                Io mentitora? E tu, allora... chi sei tu? Uno fraudatore.

ADEMAR                 (molto calmo) Anche de uno fraudatore se pote servire Domineddio pe' li fini sua. In che manera, secundario iè. Egli lo tocco finale ce mise ed io cumprisi lo rosso messaggio de la fonte. E fra poco, (recita): Cabalcando uno rosso cavallo

                            de fiamme e de foco

                            de galoppo nell'eternità

                            Ademar entrerà

BELCORE                E se io te dicessi che non fu Domineddio a cagnà colore all’acqua della fonte?

ADEMAR                 (più che mai testardo) Chi u fici, u fici.

BELCORE                (infuriandosi) Ah, sì? E allora datte foco, capocchione. (gli strappa l'acciarino e corre ad accendere il foco che divampa) Eccolo, lo rosso caballo de foco. Te l'ho insellato io. Cabalcatelo per l'eternità.

(Ademar guarda come suggestionato le fiamme che divampano e si accosta al rogo. Nel frattempo Belcore ha cominciato a spogliarsi. Ademar si volta per salutarla).

ADEMAR                 Addio, Belcò... (guardandola resta interdetto) Che voi face?

BELCORE                (spavalda) L'amore.

ADEMAR                 Fimmine. Tutte alla medesima maniera. L'ammore non basta pe' sanà li malanni della vita.

BELCORE                No, però aiuta. (si toglie un altro indumento).

ADEMAR                 Strumento de Satana... indurre in tentazione me vorresti; eh? Come fece Salomè co lo meo collega Giovanni. Ma non ci riuscirai, fimmina; ormai io santo sono.

BELCORE                (infuriandosi) Ma perocché li santi nun lo tengono?

ADEMAR                 (infuriato anche lui) Sìì... ma nun je ponno dà satisfactione. (e si copre il volto fra le mani).

BELCORE                (lascia cadere l'ultimo indumento, tende le braccia ad Ademar) Nun ponnò?

ADEMAR                 Nun ponno. (si toglie con un gesto di rabbia le mani dal volto e guarda verso Belcore) Nun potrebbero...

(Ademar va verso di lei. la musica cresce. La luce si abbassa e resta acceso solo il rogo che divampa. Poi si spegne anche il rogo e la luce si accende sulla capanna di Ezzelino. Ezzelino sta con la clessidra in mano e canta:)

EZZELINO               Fra poco

                            le clessidre so' già ventitré

                            e Belcore non c'è.

                            Ma è quistione de poco. Fra poco.

PERONELLA             (entra ansimando) Ezzelino!

EZZELINO               Peronella! Una va... l'altera vene... Chi sarò mai? Tutta de rosso vestuta... Per eccitare lo tauro, eh?

PERONELLA             Te prego, Ezzelì: damme lu scapolare. M'è scoppiata ‘na paura de ire allo ninferno.

EZZELINO               Tu me dai 'na cosa a me.

                            Io te do ‘na cosa a te.

PERONELLA             Prima dai la cosa a me

                            dopo do la cosa a te.

EZZELINO               (riscaldandosi) Noooo

                            Postea fatta consumatio

                            avverrà la consegnatio.

PERONELLA             (decisissima) No.

EZZELINO               (un attimo di riflessione) E va bene. Ringrazia lo cielo che ho prescia. Eccote lo scapolare (glielo mostra)

(Peronella avanza a prenderlo. Mentre Peronella prende lo scapolare, con l'altra mano Ezzelino la attira a sé).

E mo’, ‘ndo scapoli? (eseguendo via via) E fatte levà sto zinaletto scarlatto... e fatte levà 'sta vestarella scarlatta... oh, ma più imo sottopanni e più sei scarlattina.

PERONELLA             Che nun te piace? Eppure e un po’ opera tua, sto corredino!

EZZELINO               Mea?

PERONELLA             Te ricordi quelle pallinuzze coloranti che tenevi dentro quest'ampolla? Mbè, le so pigliate e me ce so tinto tutto de rosso pe' la festa de lo finismundi. Che ho fatto male?

EZZELINO               No: bono facisti... (ripensandoci) Ma se stanotte quando t’ho incontrato qui, l'ampolla era piena?

PERONELLA             No, è che, dopo che la so' svotata, pe' nun fattene accorge, dentro l'ampolla, al posto delle pallinuzze, ci ho messo tutte chiccole de capra.

EZZELINO               (comincia sorridendo) Le chiccole de capra... E già, so' quasi uguali... E allora io nell'acqua ci ho misso le chiccole de capra... E poi me la so' pure bibuta... (sputa nauseato) Ecco lo perocché sapeva de... (realizzando) Ma che le chiccole de capra fanno l'acqua rossa?

PERONELLA             Ma che dichi mo’?

EZZELINO               (già in preda ad una specie di delirio) Dico che le chiccole de capra non fanno l'acqua rossa... Ma allora rossa nun l'ho fatta io? E se non l'ho fatta io, chi la ha fatta? Oh, Deo... La profezia se avverò... C'è lo finismundi!... (a Peronella) C'è lo finismundi!

PERONELLA             E sai che novitate!

EZZELINO               No, dico: se more! Se more!

PERONELLA             Ce lo so: morono tutti.

EZZELINO               Ma pe’ l'altri è normale; l'ho sempre sentito di’ che more gente... Ma io, che moro io non l'ho mai sentito di’... (canta So’ io che moro)

                           

Aita! Aita! (2 volte)

                            Pe' me è finita

                            Io che so' nato pe' la bella vita

                            Io che la vita me la gusto e l'assaporo

                            e mo so' io che moro

                            E lascio tutte

                            le cose belle

                            lo frate sole e le sorelle stelle

                            e il qui presente mi cugino

                            sacco d'oro

                            aho, fra poco moro

                            A pessimo gioco

                            farò bono viso

                            ché tanto entro nello Paradiso

                            Ma non posso entrare

                            non c’ho più lo scapolare

                            e a bruciamme nel ninferno finirò

                            E giù da basso

                            c'è Satanasso

                            che dice "t'ho pijato e nun te lasso"

                            dopodiché me se inchiappetta

                            ‘n sempiterno

                            aho, così è l'inferno!

                            Io voglio salvamme

                            Non voglio abbruciamme

                            non voglio arrostire tra le fiamme

                            Ma forse se adesso me pento e me confesso

                            L'episcopo Lotario me perdonerà

(Tre colpi al portone di Lotario.)

VOCE FRATI            Co sto freddo e co sto vento

                            chi è che bussa a 'sto convento

EZZELINO               Non c’ho più lo scapolario

                            c’ho bisogno de Lotario

(Su accordo d'organo, appare Lotario. I due cantano.)

LOTARIO                 Chi se permitte de rumpere

                            le mie santissime scatole

EZZELINO               Sono Ezzelino miserrimo

                            che sta per perdere l’anima

VOCE FRATI            L'anima sua

                            lui la perderà

LOTARIO       '         Na suspicione me pungola;

                            l'oro arrubbasti alli villici?

EZZELINO               Pe nun annà dritto all'inferi

                            rinuncio all'oro anche subito

VOCE FRATI            A tutto l'oro

                            rinuncerà

LOTARIO                 Quand’e così me sacrifico

                            lo scapolare meo dandoti

(Gli dà lo scapolare e prende il sacco.)

EZZELINO               In cambio quest'oro prenditi

INSIEME                 Chisto è l'affare del secolo!

VOCE FRATI            E bravo il nostro Lotario

                            che lo fregò

(L'archiepiscopo rientra, mentre Ezzelino, preso da furba esultanza, riprende a cantare “Aho, so’ io che moro”.)

EZZELINO               Me so’ salvato

FRATI                    Te sei salvato

EZZELINO               Me so’ salvato

VOCE FRATI            Te sei salvato

EZZELINO               E Satanasso rimarrà scornato

VOCE FRATI            Ed Ezzelino ha sbaragliato Belzebù

EZZELINO               Te lo credevi de potemme fa' la festa

                            e mo’

                            (tie’) beccate questa.

(Buio, la scena cambia e la luce torna sulla stanza dell'archiepiscopo che sta accarezzando appassionatamente il sacco delle ricchezze.)

LOTARIO                 Topo che Tombarolo Folchetto afere me rifelato grandissimo imbroglio de questi due affenturieri, voglio fare piccolo trafestimento prutenziale et facere controllazione su monte, ya.

(Buio immediato. Musica. La luce si accende sul sacro monte. Poco dopo Ademar riemerge dai cespugli semivestito. È sorpreso, quasi avvilito.)

ADEMAR                 Nun capisco, con nessunissima fimmina mai me capitò de facere cilecchia, E mò proprio cu tia.

BELCORE                (affettuosamente) Ademar, nun te prendere vergogna. Capita. Tu nella mente tieni troppe fantasie e diceno in terra de Neapoli che “o’ fatto nun vole pensieri”.

ADEMAR                 Ma mai se fice disturbare da pensieri e fantasie. Mai se preoccupò. Lu perigghio era lo suo mestiere. E mò nell'indifferenza se rifugiò. Perocché? Ma perocché? (illuminandosi) Perocché lo cielo nun vole che dalla mea missione me destraggo. Allegrati, Belcore! Questa è la prova definitiva della mea santitade. È proprio vero che li santi nun je ponno dà satisfactione. Addio.

BELCORE                Dici che me porti amore, e me congedi così!

ADEMAR                 Vide, Belcore: l'ammore, per la vita di un omo, è una cosa bellissima; ma nun è tutta la vita.

BELCORE                Per me lo è.

ADEMAR                 Fimmine! Chisto è lo limite e la grandezza vestra. Grazie, Belcore.

BELCORE                (urlando) De che?

(Musica.)

ADEMAR                 De che.Nello deserto della vita mea uno fiore facisti fioriri, e accusì più grande lo sacrificio meo rendi… più granne e più amaro. De questo te ringrazio. (canta AMARO FIORE MIO)

                            Amaro fiore mio,

                            amaro fiore mio,

                            povero fiore

                            che se sbagliò stagione

                            fiorì quando non è tempo d'amore.

                            La voce tua se perde

                            nello vento...

                            la mano tua me stringe

                            e non la sento…

                            te guardo

                            eppure non te vedo 'cchiù...

                            perché

                            Amaro fiore mio,

                            io non sarei più io

                            se rimanessi.

                            Chi tene l'ali non se po' ligare.

                            Sorrideme, Belcore…

                            regalame un addio

                            poi scòrdete per sempre il nome mio,

                            povero fiore,

                            (parlato)…capisci Belcore

                            Sarebbe un tradimento

                            se restassi

                            se adesso rinunciassi

                            per sempre al sogno mio.

                            (cantato) Un uomo quand’è omo

                            dice addio

                            anche all'amore.

BELCORE                Ademar, tiette: l’acqua rossa l’ha fatta Ezzelino.

ADEMAR                 Chi u fici, u… (resta bloccato).

BELCORE                Io speravo de poterte salvare senza darte 'sta pena, sei tu che me costrigni.

ADEMAR                 (sospettoso, ma timoroso che Belcore dica la verità) Che altero inventi?

BELCORE                Ezzelino, lui la fece. Lui stesso me lo disse. Co’ certe pallinette coloranti...

ADEMAR                 (cominciando a crederci) Le porporelle fenicie...

BELCORE                Chelle. A morire te mannava, l'amico tuo.

ADEMAR                 (smarrito) Ma… allora... allora... niente de che credetti è lo vero. Nun so' uno santo. Uno castello de aria me fabbricai... Una lucciola vidi passare e pe' 'na stella cometa la pigghiai..

                            Tenevo un sogno

                            un sogno cusì granni da muriri

                            e mò se n'è fujiuto

                            se n e juto

                            'ntussecato

                            Ezzelino

                            assassino

                            unne stai?

                            Vinne ca, brutto vigliacco

                            io t'acciacco...

                            t'ammacco... te fiacco

                            la testa te spacco

                            te chiudo in un sacco

                            te pisto col tacco.

                            Unne stai, bagarozzo?

                            Io te spezzo...

                            te strozzo...

                            te sgozzo...

                            t'ammazzoooooooooo

(Esplode di colpo in un pianto sincero.)

BELCORE                Aspetta, che vòi facere?

ADEMAR                 (finendo di riprendere la sua roba per andarsene) La rivincita voglio.

BELCORE                Incomincia da me (e si riapre il mantello).

ADEMAR                 Piena di idee sei. E tutte bone. Incomincio sì.

(E fa per avviarsi verso lei, quando si sente lontano il coro della processione che si avvicina e resterà in sottofondo.)

VOCI CORO             (sull'aria di "Io vendo il paradiso" ma cantata in coro e lentamente)

                            Lo Paradiso... lo paradiso...

                            lo paradiso ce diè lo santo

                            Santo... Santo... santo.,. santo...

(Ademar si è fermato nell'abbraccio.)

ADEMAR                 Cu fue?

BELCORE                (si stacca da lui e va a vedere) Lo paese sano sta salendo qua, in processione...

ADEMAR                 (desolato e inquieto, guardando il cielo) Ma pure mo' che nun so' più santo, nun je posso dà satisfazione?

BELCORE                Vengono a vide si te sei abbruciato per lo vero.

ADEMAR                 (improvvisamente fanciullesco) Matre mea, e che figura ce facio?

BELCORE                Non è che per non face brutta figura, te rivorrai abbrucià?

ADEMAR                 No. Non so' cchiu' l'orso addomesticato. Mo' so' io che faccio la musica. (si toglie il mantello bianco e lo butta fra le fiamme) Ecco, Ademar morto jè... se sacrificò... pe' la gente che vene e che delusa non deve rimanere. (guardano verso la processione che sale) Aho, e che vene a face Ezzelino nella processione? Perocché nun se n'è fuiuto? Viene a ridere sulle ceneri mie quello grandissimo figghio de... Oh, scusa, Belcò.

BELCORE                De nullo.

ADEMAR                 E allora, veni Ezzelino, che te lo indico io lo posto dove devi ride! (prende Belcore e la sbatte in ginocchio) Belcò, chiàgneme... chiàgneme morto...

(Lei lo guarda e non capisce. Lui le dà uno schiaffo e lei comincia a piangere. Il coro è ora  più forte. La (piccola) processione, capitanata da Ezzelino, arriva sul sacro monte. Il coro è interrotto da Belcore che, come se fosse impossibilitata a parlare dal pianto e dai singhiozzi, fa loro gesti per indicare di stringerlesi intorno. Finalmente riesce a parlare.)

BELCORE                (con voce di pianto) Accurre, gente, e mira

                            lo foco della pira,

                            lo santo s'è abbruciato

                            lo santo s'è immolato.

(Con grande commozione, frenando le lacrime, mostra al popolo, come reliquia, un pezzo del bianco mantello di Ademar, tutto bruciacchiato. Scoppiano tutti a singhiozzare, si passano il piccolo pezzo di stoffa col quale si asciugano le lacrime.)

EZZELINO               (commosso e compunto) Me cordoglio vivamente... Che perdita...

ADEMAR                 (da dietro il cespuglio con voce suggestiva) Ezzelino...

(Ezzelino sussulta)

BELCORE                Ezzelino, te appellarono,

EZZELINO               (falso più che mai) A me?

PERONELLA             Sì… sì… Anco io sentii... te chiamarono…scine scine…

VALVASSORE           Anco io sentii chiamarte.

BELCORE                E nun ve sembrò la voce de Ademar?

PERONELLA             Sì... sì.., Era la voce sua... Era lo santo che te vocava.., scine... scine...

EZZELINO               (cercando di convincere gli altri e se stesso) Ademar? E come po' esse? Li strapassati mica discoreno...

ADEMAR                 (da dietro i cespugli) Ezzelino...

(Attonito silenzio dl tutti. Qualcuno si inginocchia.)

ADEMAR                 (come sopra) Dilettissimo, quassù hanno deciso che anche lo sottogabelliere allo pari de mia se debba venerari.

EZZELINO               (sorpreso e un po' compiaciuto) Me fanno santo pure a me?

ADEMAR                 Sì.

MONACHELLE           (intervenendo)

                           

Alleluja... alleluja...

                            pure a lui... lo fanno santo sì… sì…

PERONELLA              (tutta felice) Che satisfactione. Fanno santo pure a lui...

(Vocio e movimento di congratulazioni.)

EZZELINO               Grazie, grazie, Santo Ademar. Ma dimme: ora, che debbo io facere?

ADEMAR                 (come sopra) Abbrùcete.

EZZELINO               Non ho inteso bene.

ADEMAR                 Hai inteso... hai inteso... Solo dopo che te sarai abbruciato, le porte dello paradiso se apriranno per tutti. Non prima.

(Silenzio generale. Tutti gli occhi sono su Ezzelino.)

PERONELLA             (saltando al collo di Ezzelino) Ezzelì, Ezzelino meo, sei contento?

EZZELINO               Eh... nun te dico.

PERONELLA             (a Belcore in gesto di sfida) Hai visto? Pure lo meo se abbrucia (e le mostra la lingua)

VALVASSORE           Lo rogo è già parato.

(Ezzelino si volta, vede il rogo pronto e acceso e cerca di scappare. Il popolo lo rincorre, lo solleva mentre lui si divincola e lo porta sul rogo.)

EZZELINO               (sopra il rogo) Ajo... Ma questo scotta... Boni, lasciateme...(con voce improvvisamente imperiosa) Sacrileghi, giù le mani da lo santo... (sorpresi da questo improvviso scatto lo lasciano e lui salta giù dal rogo) Eh, ma che paese de zelanti... Abbruciare me abbrucio, ma mica coram populo... (verso il cielo) Ademar, devo esso pari tuo? Tu te sei abbruciato da solo, e io puranco.

ADEMAR                 Giusto. Iatevene, jente mea. E lassate che Ezzelino in solitudine se immoli.

PERONELLA             (a Belcore, mentre tutti escono) So proprio sfortunata sa'. È lo seconno rogo che me perdo. Ezzeli’, se rivedemo a loco in cima. (Indica col dito il cielo. Peronella e Belcore escono.)

EZZELINO               Sì, al reparto abbrustoliti! (rimasto solo, si accerta che tutti si siano allontanati, poi va verso il rogo.)

Ademar... me senti? (Ademar non risponde ancora) Ce sei? (nessuna risposta. Allora con faccia espressiva si toglie un indumento e lo butta tra le fiamme accompagnando l'azione con mugolii di sofferenza) Ah, me abbruchio! Come me abbruchio! (intanto Ademar è apparso alle spalle di Ezzelino il quale voltandosi lo vede e urla) Aaaaaaaah... (urlo di terrore) Sei rivenuto giù? Ma che nun te fidavi?

(Ademar lo acchiappa per lo collottola)

EZZELINO               (toccandolo con l'altra mano e realizzando) Tu sei vivo. Nun te sei ancora abbruciato? Lo devi fa’ subito. Oh, tu sei la garanzia. Se no, annamo a fini’ tutti allo ninferno. Daje, monta su.

ADEMAR                 (premendo Ezzelino per il collo, con lentezza minacciosa) Jeo tutto sapo.

EZZELINO               (con voce soffocata) E te credo: sei santo.

ADEMAR                 Ieo santo non sono più, perocché l'acqua rossa tu la facesti.

EZZELINO               (sempre con voce soffocata) No, te lo giuro, magari l'intenzione ce l'ho avuta... ma solo pe' fatte scappà co' me... ma, poi, invece, non so' stato io...

ADEMAR                 Sì, tu sei stato. Tu, pe' pigliatte le ricchezze. Parla: unne stanno le ricchezze?

EZZELINO               E se me tieni così stranguglioni, come parlo?

(Ademar lo lascia più libero.)

EZZELINO               Le ricchezze l'ho consegnate a quello sant'omo dell'episcopo Lotario. (mostra lo scapolare) Vedi? Se no, come ce l'avrei 'sto scapolore?

ADEMAR                 (infuriato glielo strappa) Hai finito de mentire, perocché adesso te accido. (gli tira un nodoso ramo d'albero che Ezzelino prende istintivamente al volo) Difendete... Ademar non ammazza un omo    disarmato.

EZZELINO               Ah, no? (e butta via il bastone).

ADEMAR                 Raccoglilo e pietà nun ce provare a chiederla; perocché so' li santi che perdonano; l'ommini bastonano.

EZZELINO               Sei sicuro de nun esse più uno santo?

ADEMAR                 (Vibra una tortorata) Tu che dici?

EZZELINO               Me pare de no. (raccoglie il bastone).

ADEMAR                 Maledetto lo jorno che te incontrai...

                            Me sentivo uno re sansa de tia

                            sovrano d'ogni strada

                            monsignore de ogni crocevia.

                            Ogni contrada

                            correvo a lo galoppo.

                            Poi sei comparso tu; e mo' t'accoppo.

EZZELINO               Eri uno re. Ma re de li pezzenti

                            padrone d'uno mulo

                            che tirava lo fiato co li denti.

                            Pieno de buffi

                            e co' le pezze al culo.

ADEMAR                 E subbito lo mulo me arrobasti

                            solo le pezze al culo me lassasti.

                            Ho già aspettato troppo.

                            Mo’ la misura è colma:

                            e io t'accoppo.

                            (mena un colpo).

EZZELINO               Allora qui se mena

                            m'inviti a pranzo e cena.

                            (imbraccia il bastone. i due si studiano)

ADEMAR                 S'io fossi fiamma t'abbrustolirei

                            come tu me volevi abbrustolire.

EZZELINO               S'io fossi acqua non te toccherei

                            pe’ la paura de m'imputridire.

ADEMAR                 Ma se fossi Ademar, siccome sono,

                            l'anima dallo corpo te sprigiono.

(Ademar si scaglia contro Ezzelino che lo evita, facendolo finire fuori scena con urla di dolore.)

EZZELINO               (con aria da vincitore) Fossi Ezzelino come sono e fui;

                            l'anima sì, ma de li mejo tui.

(Ademar rientra e vibra un grande colpo che fa cadere il bastone dalle mani di Ezzelino.)

ADEMAR                 (menando) E para... difennete... e schiva.

EZZELINO               (indicando fuori) Oh, guarda chi arriva?

(Ademar si volta a guardare ed Ezzelino fa per colpirlo. L'azione è rallentata. La musica: “Lo mundo è fatto per noi” riprende normale.)

ADEMAR                 Ah, brutto fetuso

                            Ah, cane fecciuso

                            Mo paghi le spese

                            de tutte le offese

                            de ogni nequizia

                            de ogni malizia

EZZELINO               Ricordate pure

                            l'antica amicizia,

                            li pingui bottini

ADEMAR                 Li tiri mancini

EZZELINO               La fame spartita

ADEMAR                 La fede tradita

EZZELINO               Li giorni de sole

ADEMAR                 Le male parole

EZZELINO               Le allegre avventure

ADEMAR                 Le mille imposture

                            passate e future,

                            azzittàte e prega;

                            t’ammazzo, schifoso!

EZZELINO               Ammazzame pure

                            così m'ariposo.

ADEMAR                 E allora te schiaccio…

                            Ma non ce la faccio.

(I due sono in terra sfiniti. da fuori campo si sente la voce di Folchetto.)

FOLCHETTO            (fuori scena) Veni, veni, Archiepiscopo... Veni pure avanti tranquillo...

EZZELINO               (con un filo di voce) Ademà, c'è l'Archiepiscopo... Nascondemose... (i due a fatica si nascondono).

FOLCHETTO             (fuori scena) Attento che lì c'e sta ‘na marana. (rumore di corpo che va nell'acqua) Te l'avevo detto... Damme ‘na mano, archiepi’, che t’aiuto a sorti’ fora.

(Lotario entra e, camuffato da monaca, si avvicina a Folchetto e gli dà un potente pugno sulla testa.)

FOLCHETTO             Ahi, e che è la maniera chesta de dà la mano Archiepì? (siede stanco).

LOTARIO                 Non me devi chiamare archiepisco, altrimenti tutta questa mea camuffazione de monaca diventa inutile.

FOLCHETTO             Ma qua sullo cacumine de lu monte chi ce sente?

LOTARIO                 Silenzio. Conduci me a sorghente de fontana. Subito.

FOLCHETTO             Nun me posso riposà un infricchietto?

LOTARIO                 (gli dà un altro pugno in testa) In pieti! Tu me spiri pochissima fidanza.

FOLCHETTO             Ah scine! Perocché quando m'hai ordinato de fa’ l'acqua rossa non te lo so fatta bene?

LOTARIO                 Ssss! Non mentovare che tu fatto acqua rossa! Vuoi tu ruinare tutto meo procramma prestabilito?

FOLCHETTO             (si massaggia la testa) Aho, sirocchia, teni nu pugno ca pare un ariete.

LOTARIO                 (sorridendo si toglie il guanto di velluto e scopre un pugno di ferro) Pugno de fero in guanto de     velluto. Est lo motto de santa matre Ecclesia... Hai tu preparato bene tutta macchinazione de acqua e   controacqua, sì?

FOLCHETTO             (temendo il pugno) Ahò, non rincumincià co’ li dubbi... Facerai un figurone.

LOTARIO                 Doverà essere perfecto. Et mea fama de sanctissimo archiepiscopo correrà de bocca in bocca et allo conclave, trac, tutti miei offersari caput.

FOLCHETTO             Si nun te fanno Papa stavolta...

LOTARlO                 (gli si avvicina minaccioso) Non parlare de mei proghetti futuri... Nessuno deve sapere che io miro allo trono de (gli dà un pugno in testa) Petrus.

FOLCHETTO             Ajo! A sirocchia, si nun te smetti de mena’, io mollo tutto, sa? Già me rimorde la cuscienza de infinocchià così tutta 'sta pora gente...

LOTARIO                 Tu più nulla hai a che spartire co' pofera gente, sì. Grossa porzione te spetta delle ricchezze che me ha consegnato quello idiota de Ezzelino.

FOLCHETTO             Ridi, ridi, però se lu popolo se n'incaglia…

LOTARIO                 (con scatto isterico) Popolo me face grosso paffo, si? Antiamo a fare controllazione de sorghente...Recordi tu parole de ordine, sì?

FOLCHETTO             Sine. (canta) Alleluja.

LOTARIO                 Voce armoniosa tieni, anche se uno poco troppo maschio. Te piacerebbe cantare nello coro de Cappella Pontificia, sì?

FOLCHETTO             Beh, certo, me piacerebbe.

LOTARIO                 Allora, appena a Roma, ricordame che te faccio castrare.

FOLCHETTO             Ecco, bravo. Leveme pure n'antro pezzo và.

LOTARIO                 (avviandosi) In marcia! E ricordate; io dico Alleluja.., E tu fai acqua bianca. In caso de impedimento improvviso, due Alleluja e tu rifai acqua rossa... (uscendo) Uno alleluja, bianca... due alleluja, rossa... (sono usciti di scena).

(Ezzelino si risolleva a fatica dal luogo dove si era nascosto.)

EZZELINO               Hai visto che l'acqua rossa non l'avevo fatta io... (silenzio da parte di Ademar) Ahi... ahi... (cerca di mettersi in piedi ma non ci riesce, sconocchiato com'e) E le ricchezze all'episcopo... pure quello era vero... (realizzando) Ma allora... se l'ha fatta lui l'acqua rossa, nun se more... Ademar, nun se more... Vivemo... vivemo... (in un impeto dl gioia fa per tirarsi su, ma i dolori dellarecente bastonatura lo riassalgono) Un po’ acciaccati, ma vivemo... Ma che se semo menati a face... eh, Ademar? (non sente risposta) Ademar, non te avrò menato troppo... perocché quando io perdo lo lumine... Ademar!... Amico meo!...

ADEMAR                 A mia dicisti?

EZZELlNO               A tia, sì.

ADEMAR                 "Amico" tieni la faccia de chiamamme?

EZZELINO               Eh, sì. E che uno sodalizio come lo nostro po' finì così per uno malinteso? Perocché, si ce pensi bene, io a te che te ho fatto? Niente. La ruina nostra è Lotario. Ma se ce rimettemo insieme... noi due... Oh, pensa... Ezzelino et Ademar (sguardo ad Ademar che ricambia lo sguardo senza parlare) Ademar et Ezzelino (accenna a cantare) Lo mundo è fatto pe' nui... pe' gente come nui... che nello mare di guai... nun ce se affo... (guarda Ademar che appare concentrato in un pensiero) Ma che ci hai? Teni una faccia...

ADEMAR                 Riflettendo sto.

EZZELINO               Vacce piano che nun sei abituato. (Ademar si alza) No, no: come nun ditto.

ADEMAR                 Per lo vero, tu verresti cu' mia contro Lotario?

EZZELINO               Parola de onore.

ADEMAR                 Lassa stari. Lotario vole imbrogliare lo popolo.

EZZELINO               Eh, no!

ADEMAR                 E lo popolo nun se deve imbrogliari...

EZZELINO               (facendo eco esageratamente) Nun se deve. (altro tono) Oh, per quanto, detto inter nos, pure nui allo popolo je volevamo face lo stesso servizio.

ADEMAR                 (scatta) Eh, no! (fa un movimento col braccio sentendo dolore) Ajo. È differente, Ezzelino: noi dello popolo facimo parte. Stamo alla pari. A tarocchi scoverti se joca, io imbroglio a loro e loro a mia. Reciproco è lo rischio. Io je posso vende uno pezzo de piombo e faje crede che è oro, ma loro me ponno pagà co' moneta fasulla. È una questione fra privati. Ma quanno chi te inganna è omo de potere e dello potere se serve pe fraudatte, allora è diverso, allora è turpitudine che grida vendetta. E Lotario è omo de potere, e io nun permitto che lo popolo sia imbrogliato dallo malo goberno della matre superiora.

EZZELINO               Me pare justo.

ADEMAR                 Bravo Ezzelino! (gli dà una pacca sulla spalla) Ajo...

EZZELINO               (contemporaneamente) Ajo.

ADEMAR                 Ma lo capisci che nun potemo lassà che 'sta povera gente in ruina vada? Ecco, Ezzelino, ecco   perocché lo destino me guidò in queste contrade: pe' additamme la vera missione mea... È chisto il sogno lo sogno vero e justo che cercai. Ezzelì, che stamo tempo a perdere? Annamo contro Lotario, contro quello perfido Alemanno...

EZZELlNO                E come no? (rivolgendosi contro un immaginario Lotario) Ah, Lotà, sei alemanno? E allora preparate a pijattelo in der gheghen.

ADEMAR                 Lotario, carissima l'hai a pagari! Lo malotolto hai a risputari!

EZZELINO               A risputare.

ADEMAR                 Le ricchezze ce ripigghiamo!

EZZELINO               Le ricchezze ce ripigghiamo!

ADEMAR                 E allo popolo le ridamo!

EZZELINO               Allo popolo le ri... (si ferma contrariato, i due si guardano un istante).

ADEMAR                 Non sei d'accordo? Nun te senti già 'cchiù felice allo pensiero dello bene che stamo pe' facere?

EZZELINO               E come no! Non capo più nella pelle. Non video l'ora!

ADEMAR                 Bravo! Accusì me piaci. Uno piano infallibilissimo dovemo studiare subito!

EZZELINO               (aggregandosi di malavoglia) Subito!

ADEMAR                 Che teni?

EZZELINO               No è che so' stanco... Co' tutte quelle botte che m'hai dato... Riposamoce uno poco... La notte porta consiglio... Poi, a mente fresca, lo piano viè più infallibile assai...

ADEMAR                 È proprio quello che mi aspettavo de sentì dicere da uno saggio comme tia. (si distende) Felice sonno, Ezzelino.

EZZELINO               Bono riposo, Ademar. (si distende).

ADEMAR                 Ezzelì?... Ezzelino?…

                            Non è che mentre dormo te ne vai?

EZZELINO               Io? Mai.

                            Te so' amico, lo sai.

                            E, in qualunque destino,

                            è cosa consolante

                            uno amico vicino.

ADEMAR                 Parole sante! (si distende e comincia a dormire, russa anche più vistosamente di quanto russassenella prima scena).

EZZELINO               Ademar!... Ademar!... Dorme... Ansenti che russata,

                            e che faccia beata.

                            Svegliallo

                            pe' salutallo

                            sarebbe 'na carognata. (e furtivo si allontana).

(Appena Ezzelino è uscito, Ademar apre gli occhi, sorride, prorompe in una fragorosa risata uscendo veloce dalla parte opposta, mentre la musica si fa fortissima e la scena cambia.Ora siamo sulla piazza del paese dove la fontana continua a sgorgare acqua rossa. Tutti gli abitanti sono in scena, sereni, in attesa dell'estremo momento.)

LOTARIO                 (entra ansimante e commosso) Brava gente, ascoltame. (Tutti si voltano verso di lui che parla con voce rotta dalla commozione). Ho avuto una visione!(brusio di sorpresa degli abitanti). Stavo in mia umile cella meditatoria quando ecco che me appare lo Santo Monaco Nicosia.

(sensazione fra i presenti).

ABITANTE               (ansiosamente) Se pote sapere che te disse?

LOTARIO                 (infastidito e rabbiosetto) Se pote! Basta che te zitti e nun me rompi la narrazione, sì? (si ricompone ed assume un'espressione ispirata) Cusì me parlò lo monaco con suo suavissimo vocione, (imitando la voce del monaco) "Lo popolo ha peccato e merita lo finismundi ma... (astuta pausa) si tramezzo alli peccatori se trova anco una sola criatura justa, Domineddio misericordioso concederà prorogazione".

(sensazione generale).

VALVASSORE           (spingendo indietro avanti lui) Io sempre gubernai cum maxima justitia.

PERONELLA             (facendosi largo) Io so' vergine.

LOTARIO                 (rispazientendosi) Ignoranti! Criatura justa è truovata: sono io. E io ora comanderò a terribile fontana rossa de facere bianca... Ginocchioni... (tutti si inginocchiano, poi alzando le braccia al cielo) Domine, concede prorogazione. Fai a me fermare fontana rossa. Ausculta mia flebile voce. (urla a mo' di yodler) Alleluchia!

(Un attimo di attesa, poi l'acqua ritorna bianca. Urlo unanime di gioia del popolo. Lotario si pavoneggia al colmo della gloria.

MONACHELLE           Alleluja… alleluja...

                            l'acqua è bianca... bianchissima è.

(Al doppio "alleluja" delle monachine l'acqua ritorna di colpo rossa)

(Mormorio di meraviglia del popolo.)

LOTARIO                 (visibilmente indispettito) Silenzio. Io tutto capito. Domineddio me vuole mettere allo pruova. Oro io         un'altera volta compirò prodigio. Alleluchia! (la fontana rossa torna bianca. Altro urlo di gioia).

POPOLO                  E’ bianca!

MONACHELLE           (prontissime)

                            Alleluia... alleluja...

                            l'acqua è bianca... bianchissima è.

                            L'acqua ritorna di colpo rossa.

POPOLO                  E’ rossa!

LOTARIO                 (arrabbiatissimo con le monachelle) Bianchissima un paro de krapfen... Maledicta vostra foca canterina...

VALVASSORE           Archiepiscopo che accade?

LOTARIO                 (furibondo) Accade che è colpa vestra. (poi, calmandosi, trova prontamente una scusa) Nicosia me aveva avvertito. Mea potentia de bono archiepiscopo è minore de vostra potentia de fetentissimi peccatori. Certo, si avessi potentia de Papa... (si guarda attorno con espressione astuta) Si volete acqua bianca permanente… (trasformandosi di colpo in piazzista di se medesimo, canta su "Gente dell'anno mille").

                            Gente dell'anno mille

                            de matre Ecclesia la soglia è vacante

                            A Roma tutti dovete venire

                            e allo Conclave che sta cogitante

                            proclamerete che è necessario

                            che venga eletto per Papa Lotario.

BELCORE                Ma se venimo insino a Roma, potrà almanco lo popolo riavere le ricchezze sue che, se nun me abbaglio, sono in quello sacco… (indica il sacco che l'armigero dell'archiepiscopo avrà seco).

LOTARIO                 (la guarda con odio) No. Li vostri beni oramai fanno parte dello tesoro de Santo Pietro.

EZZELINO               (appare in cima alla torre, vestito con un camicione; un mazzo di chiavi alla cintura, una folta barba    bianca; insomma, ingenuamente truccato da San Pietro) Che me hai chiamato?

Tutti si bloccano e si guardano stupefatti. Mormorii di meraviglia "Santo Pietro"..."Santo Pietro"... "Santo Pietro".

LOTARIO                 Ma tu sei feramente Santo Pietro?

EZZELINO               (intenzionale) Ah, principiamo bene. Se non conosci lo capostipite de tutti li pontefici, come poi sperà d'esse fatto Papa?

LOTARIO                 No, no: te reconosco benissimo. Me inginocchio. Ma tu voi che io sia fatto Papa?

EZZELINO               Dipende. (come cambiando discorso) Ma che stavi a di’ prima... de quello sacco de ricchezze?     Dove lo devi portà?

LOTARIO                 A Roma, allo trono de Santo Pietro.

EZZELINO               E io chi so’?

LOTARIO                 (a fatica, mordendosi le labbra) Santo Pietro.

EZZELINO               (tendendo le braccia) E allora dà qua; te risparmio la facchinata.

LOTARIO                 (sconfitto, tenta un'altra carta) Ma non potrei custodirlo io?

EZZELINO               (spazientedosi) E no. Solo alli pontefici è permisso de custodi’ lo tesauro de Pietro. Tu ma che grado ci hai?

LOTARIO                 Archiepiscopo.

EZZELINO               E allora non poi. Adunque, consegna lo sacco e, appena sarai Papa, te lo ridò.

LOTARIO                 (eccitatissimo) Avete sentito? Santo Pietro in suo persona ha detto che io sarò Papa. Ripete, te priego!

EZZELINO               Auffo. Appena sarai fatto Papa.

LOTARIO                 (interrompendolo) Basto così. (gli consegna il sacco).

EZZELINO               (col sacco delle ricchezze) Bono viaggio brava gente. Bono viaggio insino a Roma. Io vado.

(Su un altro punto della torre compare Ademar che ha modificato le sue sembianze sino a renderle molto simili a quelle del Cristo dell'iconografia popolare. Il popolo cade in ginocchio.)

ADEMAR                 Dove vai, Pietro?

EZZELINO               (resta folgorato. Naturalmente ha riconosciuto Ademar ma non sa che fare) Ajo!... Io venivo giustappunto da te pe' consegnatte le ricchezze.

ADEMAR                 (rivolgendosi al popolo) Brava gente, Santo Ademar me riferì come puro e semplice tenete lo core. La virtù vostra ve salvò. Lo finismundi è rimandato de mille anni. (cantando) Alleluja... (l'acqua torna bianca, il popolo tripudia). (alle monachelle che stanno per cantare come al solito) Zitte, sirocchiette.

VOCE POPOLO         Miracolo... miracolo... miracolo...

BELCORE                Signore, facce una grazia, rimandaci Ademar,

ADEMAR                 Videremo...

EZZELINO               (contraffacendo la voce) Pure Ezzelino.

ADEMAR                 Ezzelino no!

PERONELLA             E perocché Ademar sì e Ezzelino no?

ADEMAR                 Ezzelino, meritare se lo deve.

FOLCHETTO             (entra come un fulmine e si dirige verso Lotario) Archiepiscopo, io co' tutti 'sti Alleluja nun ce sto più a capì niente. Ma porco...

ADEMAR                 (in tono di dolce rimprovero) Folchetto...

FOLCHETTO             (si volta e resta folgorato. Si segna, poi crolla a terra).

ADEMAR                 E adesso, addio. Mille anni ancora ve restano. Sappiatene fare bono uso. Vivete. Dove vai, Pietro? Ridà allo meo popolo le ricchezze sue!

EZZELINO               (allibito) Ma proprio ridare gliele devo?

ADEMAR                 Te chiami Pietro? E ridalle indietro.

(Molto a malincuore Ezzelino apre il sacco. Le ricchezze piovono dall'alto sul popolo che resta fermo fissando la luminosa apparizione. Mentre Ademar ed Ezzelino spariscono, il popolo in  festa si  precipita a raccogliere le ricchezze cantando "Urrà viviamo ancora").

TUTTI                     Urrà! Viviamo ancora!

                            Urrà, viviamo meglio ancora

                            da lo finismundi semo fora.

                            Urrà! Viviamo ancora!

                            Nell'aurora d'una rinverdita umanità

                            vivi vivi vivi,

                            tutti vivi siamo qui...

                            mani, braccia, gambe

                            tutti interi siamo qui...

                            qui, alla buona di Dio,

                            tutto quello ch'è mio

                            è tuo... tuo... tuo

                            Urrà, viviamo ancora!

                            Urrà, sappiamo solo ora

                            dopo la tempesta che passò

                            quale dono splendido, la vita.

                            Urrà, viviamo ancora!

                            Urrà e a comincià da ora

                            quanto e quanto tempo passerà.

                            Millecento, milledue,

                            milletré, millequattro,

                            millecinque, millesei,

                            millesette...

                            Urrà, cantiamo ancora

                            milleotto... millenove...

                            fino a che il duemila arriverà.

                            Se lo finismundi nel duemila ci sarà

                            fortunatamente più non ci riguarderà

                            onde ragione per cui

                            non so' caboli miei ma (al pubblico) tui...

                            Urrà, viviamo ora!

                            Urrà, viviamo bene ora

                            che sappiamo queste verità:

                            ma che dono splendido, la vita...

                            la vita... la vita... la vita!

(Terminata la canzone, tutti restano in posa, come bloccati, la luce si abbassa ed appare Ezzelino. )

EZZELINO               (rivolto al pubblico) Non pago dello disastro combinato, quello cerebro pieno de sogni me voleva persuadé a tornà allo paese... A che face, dico io?

ADEMAR                 (rivolto al pubblico) Chello meschino sansa fantasia nun capisce che devo ritornare a ricogliere lo frutto dello bene che seminai... Uno re sarò per chesta brava gente... (rivolgendosi ad Ezzelino) Ma non li sentisti come me invocavano?

EZZELINO               (molto scettico) E va bè.. Tornamo.. Hai visto mai...

ADEMAR                 Annunciame adunque allo popolo meo... cum solemnitade...

EZZELINO               Vado?

ADEMAR                 Vai... Vai...

EZZELINO               (scompare. Glissato musicale. La luce torna vivissima. Gli abitanti prendono a muoversi. Ezzelino riappare e annuncia) Gente, torna a voi Ademar... In una nuvola di fumo gloriosamente appare Ademar che saluta con un solenne “alleluja”. Tende poi l'orecchio per raccogliere il festoso “alleluja” dei paesani, i quali però, rispondono con uno svogliato e annoiato saluto. Ademar ed Ezzelino restano sorpresi; continuano a salutare festosamente, mentre i paesani escono di scena.

ADEMAR                 Disgraziati! Io pe' serenà 'sta gente me stavo pe' abbruciamme... poco mancò che pure a tia ammazzassi... E mo’? Santo me chiamavano... Le mani me baciavano... festa me facevano.

EZZELINO               E passata la festa, gabellato lo santo.

ADEMAR                 Eh, sì, ragione tieni. Altro oramai je passa pe lo cranio. Lo popolo se ricorda de li santi solo quando se appaura.

EZZELINO               Ademà, li santi so' fatti pe' sta' in cielo.

ADEMAR                 (Testardo) Ma perocché allora dissero "rimandace Ademar"?

EZZELINO               Guarda che lo disse Belcore. Quella è innamorata.

ADEMAR                 Belcore? Certo, Belcore. Non tutto perdetti. (chiamando) Belcore! Belcore!

BELCORE                (entra, gli si getta fra le braccia. Ezzelino si  allontana  discretamente). Ademar meo, come sono felice per lo tuo retorno.

ADEMAR                 Allegrati, Belcò. Tu lo chiedesti e tu lo ottenesti. Ora viveremo insieme.

BELCORE                Sempre insieme. Ho tanto bisogno de te.

ADEMAR                 Sicurissimo ero. Preparate che partimo.

BELCORE                Partimo? Ma come! Proprio mo' che lo laboro riprende e l'affari mei prosperano?

(si sentono le voci di alcuni uomini del paese che la chiamano).

VOCE UOMINI (a Belcore) Belcore..,Belcoretto...

BELCORE                (felice e orgogliosa) Li senti come stanno allupanati? Figurete se lasso lo paese in uno momento come chesto.

ADEMAR                 E l'amore che giurasti de portamme? Mentivi... Tu pure mentivi!

BELCORE                No. Io non mentivo. Io te amo, Ademar. Con te ce venio gratis. (lo abbraccia) E ove mai me occorresse me presti aiuto e vigilanze.

ADEMAR                 Ah! Me promovesti da santo semplice a santo protettore... (allontanandola con uno spintone) Vattinne! Vattinne!

(Belcore rimane un momento interdetta. Poi alza le spalle e si allontana ancheggiando. Ezzelino che ha seguito la scena, guarda Ademar e si sforza di non ridere.)

ADEMAR                 (arrabbiato) Niente da ridere c'è. Imocene. Imocene subito da chesto paese.

PERONELLA             (entrando di corsa, vestita elegantemente) Ezzelino!

EZZELINO               Peronella! (sbircia Ademar, pavoneggian dosi)

PERONELLA             È tanto che te sto' a cercà!

EZZELINO               Me ricercavi eh? Te sei decisa finalmente a facela 'sta cosa!

PERONELLA             Domine sì!

EZZELINO               Allora veni con me.

PERONELLA             Domine no. Me sò già promessa.

EZZELINO               E co chi?

PERONELLA             Co' Lotario!

EZZELINO               Lotario?... E l'ecclesiastici mica se ponno sposa’.

PERONELLA             Lui dice che sì... che è quistione de poco.

VOCE LOTARIO        (di fuori) Peronella!

PERONELLA             (con accento tedesco) Ziii? (esce di corsa in direzione della voce di Lotario).

(Ademar prorompe in una fragorosa risata divertita).

EZZELINO               (con voce semispenta) E mo' che se fà?

ADEMAR                 (con voce entusiastica e decisa) Se va... Se cambia città... (musica) Avanti pe' nove contrade! (avvicinandosi  affettuosamente ad Ezzelino, attacca) Lo mundo è fatto per nui... Forza Ezzelino! Pe gente come nui... (lo scuote energicamente) E dai!

EZZELINO               (comincia ad aggregarsi alla canzone per imbaldanzirsi via via)

                            Che nello mare dei guai

                            nun ce se affoga mai

                            e se la cava così

                            qualunque sia la luna

                            perché si dà del tu...

(La canzone si interrompe per l'arrivo di uno strano messere con un grande mantello bianco. Una nota di musica resta sospesa nell'aria.)

UOMO DAL MANTELLO BIANCO

(rivolgendosi al due)

Messeri, è questo lo paese natale dello santo monaco Nicosia?

ADEMAR ed EZZELINO Sì.

UOMO d.M.B.           Alleluja... Alfine giunsi alla meta mea. (si inginocchia e bacia la terra)

ADEMAR                 Ma tu chi sei?

UOMO d.M.B.           Io sono l'omo dallo bianco manto. Conoscete la profetia?

ADEMAR ed EZZELINO (facendo un gesto espressivo con la mano) Eeh!

EZZELINO               Chi sape come saranno contenti de vidette!

ADEMAR                 So' seculi che t'aspettano...

UOMO d.M.B.           Vado?

ADEMAR ed EZZELINO (si guardano, sorridono e, insieme) Va'!... va'!

(L’uomo dal mantello bianco si allontana. Ademar ed Ezzelino si guardano, scoppiano a ridere e si stringono la mano e cantano festosi e di nuovo ribaldi).

                           

Accanto a noi chi c'è?

                            c'è la fortuna...

                            c'è la fortuna...

                            c'è la fortuna...

(Poi, sotto braccio, si dirigono verso il fondo, mentre, sul crescendo musicale, cala il sipario.)

SIPARIO