All’insegna delle sorelle Kadar

Stampa questo copione


ALL’INSEGNA DELLE

SORELLE KADAR

Commedia in tre atti

di RENATO LELLI

La sera della prima rappresentazione Renato Lelli aveva assunto lo pseudonimo

di Franz Kir-Loe, col quale aveva fatto rappresentare altre commedie precedenti.

PERSONAGGI

ANTONIA KADAR

CARLOTTA KADAR

TERESA BEGYATS

FRANCESCA FOLDI

ILONA MIKOVICS

IRENE MIKOVICS

MAG­DA SARUDI

NINI’ MANOS

LUISA MEZO

BIAGIO NADAJ

ALESSANDRO VOROS

MICHELE KOVALIC

SIK

TOMASO NAGYLAKT

MARIO KERN

A Budapest - Oggi.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Retrobottega netta merceria di Antonia Kodàr. Scaffali cari­chi di stoffe fiorate. Banchi carichi di scatole e di altre mille cose. C'è mol­ta ì confusione. Una macchina da cucire. Qualche seggiola. Due porte: una nel fondo, a vetri, con­duce nel negozio ; una a destra, piccola, immette in un gabinetto di pulizia. Una finestra alla parete di sinistra. Mattina­ta di sole. E' primavera.

(Antonia Kadàr, in piedi dietro a un' banco, sta distri­cando una intricatissima matassa di lana. Magda Sàrudi cuce a macchina. Biagio Nadaj, seduto su di una seg­giola, legge un giornale).

Antonia                         - ... e c'è da correre a destra e a sinistra, in su e in giù, dar mance a tutto spiano,a una pletora di ingordi e di affamati che vivono su quegli incerti... Per raggiungere poi quale risultato? Che non ti garba mai quello che loro chiamano « stabilito ». Per queste tasse c'è da diventare idrofobe. E badate che tutti gli anni io debbo spiegarla, la mia situazione!... Siamo due sorelle... siamo merciaie... ma abbiamo ognuna' un negozio per proprio conto. Io in via Vittoria e l'altra in via Elisa­ betta. E ognuna si amministra indipendentemente, per­ché ognuna non ha nulla a che vedere coll'altra. Ora sembra che l'impiegato abbia capito, ma quest'altr'anno... siamo daccapo. Dite un po': mi ascoltate o parlo al vento?...

Nadaj                            - (senza togliere gli occhi dai giornale) Vi ascolto, e come!

Antonia                         - Credevo di no. E sempre me disturbano. Carlotta, mai. Carlotta si serve di un ragioniere che pensa Nadaj a tutto.

Antonia                         - Anche a farsi pagare. E come!

Nadaj                            - Ci troverà ugualmente il suo interesse.

Antonia                         - Ah, lei basta che si contorni d'uomini, è felice. (Nadaj continua a leggere il giornale e scuote il capo). Intanto, per quel poco che so, il mio capitale au­menta e il suo diminuisce.

Nadaj                            - Per chi dovrebbe raggranellare? Per lasciarli a voi?

Antonia                         - Non li vorrei.

Nadaj                            - E allora non criticatela.

Antonia                         - Mi dicono che da un po' di tempo in qua si sta vestendo come una parigina!

Nadaj                            - Avrà le sue buone ragioni.

Antonia                         - Debbono essere interessanti.

Nadaj                            - Le garberanno.

Antonia                         - Non crederete che me ne importi!

Nadaj                            - E chi lo pensa!

Antonia                         - (chiama, ad alta voce) Nini!... (A Nadaj) E poi lei viaggia! Non so che cosa pagherei per sapere dov'è che va.

Nadaj                            - E dove volete che vada?!... A divertirsi un po’.

Antonia                         - (ambigua) Mah!... Sarà come voi dite!... (Come prima) Oh, Nini!... (Poi) Io non ho mai viaggiato e sto benone. Oh, verrà, verrà il momento in cui me la pagherà per tutte. Lo sento, lo so.

Nadaj                            - Sapete che questo vostro attrito mi disturba e sembra che voi vi divertiate a calcarci sopra.

Antonia                         - Sarà perché non disturba me. La cara so­rellina, la svenevole... Falsa, intrigante, invidiosa... Non ha una buona qualità. Piccola com'è, è tutto veleno. Ma io non ci berrò mai in quel suo bicchiere. Garantito. (Entra dal fondo Nini Manos).

Nini                               - Chi è che m'ha chiamata?

Antonia                         - Se ti sto chiamando da un'ora! C'è gente in negozio?

Nini                               - Ora no, perché?

Antonia                         - Non far domande! Che cosa stai facendo?

Nini                               - Sto sgombrando il banco. E' venuto un sec­catore che, per comperarsi due fazzoletti di cotone, mi ha gettato all'aria tutta la bottega!...

Antonia                         - (con cipiglio) Se ha comperato, non è un seccatore. Almeno direi. Bada, figliola, che se mi accorgo che sei sgarbata con un cliente...

Nini                               - (seccata) Ma, signorina Antonia!... tutti i giorni mi dite la stessa cosa!...

Antonia                         - E finiscila, con quel tono annoiato!... Scioc­ca!... Di là sgombrerai dopo.

Nadaj                            - Sgombera dopo, sgombera dopo, qui sembra che ci sia sempre la rivoluzione.

Antonia                         - Oh, come siete sciocco- anche voi! (A Nini) Lascia socchiusa la porta, perché Magda possa vedere se entra qualcuno... e aiutami! (Nini sbuffa appena, mette una seggiola contro il battente affinché resti socchiuso. Antonia, intanto, a Nadaj) Rivoluzione?!... Se non vi garba, sapete bene dove trovare dell'ordine. (Ironica) E anche dei fiori.

Nadaj                            - Certo che lo so.

Antonia                         - (agitando la matassa) Con questa matassa io sto impazzendo.

Nini                               - (accanto, aiutandola) Voi state impazzendo e io sto morendo di malinconia. Oh, sgridate pure, se ve ne sentite la voglia! Con un sole simile, doversene re­stare chiuse qua dentro!...

Magda                           - Non credere di sentirla solo tu, questa ma­linconia!

Nini                               - Un viaggetto sul lago Balaton, di questi giorni, dev'essere un incanto!...

Magda                           - S'intende, in buona compagnia!...

Antonia                         - (a Magda) Sbagliami la cucitura, sai, che te la darò io, la compagnia!...

Nadaj                            - (guardando appena Magda) Ah!... ce l'hai dunque anche tu!

Antonia                         - Non fatela parlare, Nadaj, fatemi il favore! Vi ho dato il giornale apposta!

(Un silenzio).

Nadaj                            - (guardando appena verso Magda) E allora?

Magda                           - Ce l'ho si... ma è tanto timido!

Nadaj                            - (voltando pagina al giornale) L'importante è che ci sia (sbadiglia rumorosamente). La primavera fa effetto anche su me.

Antonia                         - Ho visto sbadigliare a quel modo soltanto nelle bettole dei giardini pubblici!

Nadaj                            - Oh, lasciatemi fare! Un buon sbadiglio vale un'ora di ginnastica.

Antonia                         - (a Magda) Quanto hai ancora, per finire?

Magda                           - Non molto. Debbo poi portarla io, al cliente, questa camicia?

Antonia                         - No!... ci andrò io collo strascico! (Nini ride).

Magda                           - Chiedevo. Via Bajza è lontana...

Nini                               - Ti farà chiamare un tassì coll'autista in livrea!

Magda                           - E perché no, se sarà carino?

Nadaj                            - Avete clienti anche in via Bajza?„.

Antonia                         - Che cosa può interessarvi?

Nadaj                            - Madonna santa, non vi voglio mica rubare il mestiere! Che razza di carattere! In quella strada ho dei parenti, ecco tutto.

Magda                           - - Signor Biagio... è un cliente che abbiamo soffiato al negozio rivale.

Nadaj                            - A Carlotta?!...

Antonia                         - E ci rimetto, a servirlo!... Ma, pur di farlo contento, gli regalerei qualcosa di più.

Nadaj                            - Vostra sorella lo sa?

Antonia                         - Glielo faremo sapere.

Nadaj                            - E non succederà nessun guaio?...

Antonia                         - I vetri li ho assicurati... Sono assicurata contro gl'incendi e contro qualsiasi altro genere di di­sgrazia... Che posso temere?

Nadaj                            - Qualche ceffone, per esempio!

Antonia                         - Magari!... Le farei sentire quanto pesano i miei,

Nadaj                            - Attenta... che siete più vecchia!

Antonia                         - Io sono semplicemente più anziana.» Cin­que anni non significano proprio nulla. E poi... lei è alquanto più bassa di me. (Nadaj legge il giornale). Lo so elle una volta o l'altra finiremo per metterci le mani addosso... Ebbene, non mi dispiacerà.

Nini                               - Sapete che ve ne sono altre due di matasse ridotte in questo stato?

Antonia                         - A questa ci sto lavorando da stamattina.

Nadaj                            - (dal giornale) Un'aggressione in via Elisa­betta...

Magda                           - Leggete forte.

Antonia                         - Se mia sorella non c'entra per niente, non m'interessa.

Nadaj :                          - Certo, che non c'entra per niente!

Antonia                         - E allora risparmiatemi il nome di quella strada.

Nadaj                            - Vi disturba anche questo?!

Antonia                         - Di Carlotta, tutto. Posso anche dirvi che, per andare a casa, nemmeno ci passo, di là!

Nadaj                            - Lo so, lo so che fate mezzo chilometro di più!

Antonia                         - Ne farei due, se occorresse.

Nini                               - Leggete, signor Biagio!

Nadaj                            - (senza leggere) Una vecchia signora stava dormendo, quando è stata svegliata da un rumore so­ spetto»,i

Magda                           - C'è da rimaner stecchite.

Nadaj                            - Lei ha gettato un grido e il ladro le è subito saltato alla gola».

Antonia                         - A chi intendo io, uno scherzetto del genere!

Nini                               - Non l’avrà mica uccisa?...

Nadaj                            - Se qualcuno, nella strada, non l'avesse udita e non fosse accorso, certo sarebbe finita male.

NlNÌ                             - L'hanno arrestato?

Nadaj                            - Sì, un nomo sui trent'anni.

Magda                           - Proprio l'età giusta.

Nadaj                            - L'età giusta per rubare?...

Magda ì                         - Per rubare un cuore! Seguivo un mio pen­siero.

Antonia                         - (ironica) La signorina Sàrudi fantastica sempre.

Magda                           - O non ne ho l'età?

Antonia                         - Alla tua età, io... Guardami un po'... (Magda la guarda. Dopo un silenzio) Voi avete dei cer­vellini. Continua il tuo lavoro, che sarà molto meglio.

Magda                           - No!, che l'amore è una gran cosa, signorina Radar!

Nini                               - Sì! L'amore è una gran cosa.

Nadaj                            - Eh, già! L'amore è una gran cosa.

Nini                               - Dapprima non si sa bene che cosa sia... ma lo si aspetta. Poi lo si comincia a intuire per un certo non so che che scorre addosso, nel sangue... Una specie di febbre... Quindi quasi lo si cerca. Ma non lo si trova. E, allora, subentra l'amarezza. Febbre e amarezza insieme. Un bel momento, però, quando meno lo si aspetta... ecco che ti piomba addosso. Allora tutto sorride e, se c'è il sole, si vorrebbe essere fuori.

Antonia                         - Lo vedi che la matassa s'ingarbuglia, invece d'aprirsi?

Nini                               - Vedo anche che non c'è gusto a parlare con voi di certe cose!

Antonia                         - E meno me ne parlerai, meglio sarà.

Nini                               - Come volete (e subito, a Nadaj) E allora, la vecchia signora?... Avrà avuto quattrini, gioielli...

Nadaj                            - E viveva sola. Non bisogna vivere soli. Il guaio, ora, è che la poveretta, per lo spavento, non sa più parlare. Dice che le sono rimasti gli occhi sbarrati e un continuo, spaventoso suono gutturale».

Antonia                         - A Carlotta, se Dio mi facesse la grazia!

Nadaj                            - Belle cose da dire! Oh, non è cosa impro­babile che possa capitare anche a voi. Se invece aveste qualcuno, con voi, vi sentireste protetta.

Antonia                         - Alla mia età, ci si protegge da sole.

Nadaj                            - (battendo una mano sul giornale) Quest'è un esempio.

Antonia                         - C'è donna e donna.

Nadaj                            - C'è ladro e ladro.

Antonia                         - Ho troppi catenacci, io, alla porta!

Nadaj                            - E al vostro cuore, contro ogni affetto.

Antonia                         - Ognuno fa quel che può.

Nadaj                            - La vostra non è vita.

Antonia                         - i Ma dite: avete per caso qualcuno da pro­pormi?... (Nini e Magda ridono). Non c'è davvero di che ridere. Oche. Ne volessi, dei mariti. (A Nadaj) Se avete qualcuno da proporre... andatelo ad offrire a mia sorella.

Nadaj                            - Io non ho nessuno, perché certi mestieri non li ho fatti mai, ma per il vostro bene

Antonia                         - Voi pensate che, con un marito, io potrei cambiare di molto?...

Nadaj                            - Ma certo! Una buona compagnia, un colla­boratore fidato...

Antonia                         - Se voi sentiste che effetto fa al mio sto­maco questo discorso!».

Nadaj                            - Siete testarda.

Antonia                         - Carlotta lo è assai meno.

Nadaj                            - Non saprei chi mettere nel peggio.

Antonia                         - (ironica) Eppure... un certo lato senti­mentale lei ce l'ha. E poi... la parola « marito » la turba sempre. Lo prova anche il fatto che tiene un commesso...

Nadaj                            - Che c'entra, questo?!

Antonia                         - Lasciate fare! Quel paio di calzoni che le gira sempre attorno alla sottana...

Nadaj                            - Vorreste dire...?

Antonia                         - Niente, dico. Ma qualche avventuretta, lei ce l'ha avuta.

Nadaj                            - Tanto meglio, così, almeno, avrà qualcosa da ricordare.

Antonia                         - E pensate che io no?

Magda                           - (che avrà allungato il collo -verso la porta di fondo) C'è Mario Kern.

Nini                               - Ancora il commesso della signorina Carlotta?...

Nadaj                            - Gente nominata».

Nini                               - E che cosa viene a fare?

Antonia                         - Certo... a portarmi altre intimazioni. La­sciateci soli.

(Dal fondo entra Mario Kern).

Mario                            - Buon giorno. (Un silenzio. Nadaj si alza faticosamente, Magda lascia la macchina e Nini posa lentamente la matassa sul banco). Ho detto buon giorno.

Antonia                         - Eh, caro!... Bisognerebbe pensare che il vostro augurio fosse sincero, per rispondervi!... Ma sic­come sappiamo dov'è che siete impiegato e qual è la buon'aria che respirate... sbrigatevi in fretta, che qui date noia.

(Nadaj, Magda e Nini muovono verso il fondo).

Mario                            - Come accoglienza, non c'è proprio male. Del resto, me ne infischio. Nessuno può rimproverarmi d'essere al servizio di vostra sorella... e siccome ho ricevuto un ordine, lo eseguisco.

Antonia                         - E allora vi dirò che questi ordini si vanno facendo troppo frequenti (e fulmina i tre collo sguardo Nadaj, Nini e Magda scompaiono nel fondo). Chiudete, (Mario chiude la porta di fondo. Mutando improvvisi mente tono) Voi capite, vero?

Mario                            - A volo.

Antonia                         - Dunque? Avete novità?

Mario                            - Ho anche fretta. (Antonia leva da un cm setto un notes e una matita). Benché mi trattiate male, temo che le ragazze finiranno per sospettare.

Antonia                         - Ma mia sorella non crede che...

Mario                            - Sì, ch'io venga a fare il cascamorto per unsi delle ragazze, nel doppio gioco di vedere anche ciò che succede qui... ma se potessi passare da casa vostra, la sera.» sarebbe preferibile.

Antonia                         - E va bene. Come vanno gli affari?

Mario                            - Non c'è male. Scrivete: Franz Kalmann...

Antonia                         - (scrivendo) E chi è?

Mario                            - Un rappresentante di magnifiche cinture di pelle di assoluta novità. Franz Kalmann di Szatmàr... La signorina Carlotta, prima di spiccare l'ordinazione, vuole assicurarsi che egli non ne venda anche a voi.

Antonia                         - Pagandogliele meglio, domani mattina avrò già l'esclusiva. Dove potrò trovarlo?

Mario                            - Dalle sette alle otto all'albergo Fata Morgana, via Damianics. Vostra sorella conta inoltre di fornirsi di profumi...

Antonia                         - Come fa la grande merceria di viale Andràssy?».

Mario                            - Ha già scritto a una Casa francese.

Antonia                         - (scrivendo) Conosco un rappresentante di Parigi... Clienti nuovi? Miei clienti entrati là, per errore?

Mario                            - Uno, ieri, n marito di una cliente... ma il nome saprò dirvelo. Nuovi, nessuno.

Antonia                         - Mi raccomando. (Dal cassetto leva del denaro) Ieri, all'ufficio tasse, ho avuto delle noie. Scam­biano sempre il mio negozio per quello di Carlotta, e mai quello di Carlotta per il mio. (Gli consegna il de­naro) Ma quel ragioniere, che fa?!

Mario                            - (guardando il denaro ricevuto) Eh!... a volte le farebbe anche l'occhiolino.

Antonia                         - Tenterebbe un affare!... E la tua padrona?

Mario                            - Ci scherza sopra.

Antonia                         - Se accadesse qualcosa di serio, fammelo sapere.

Mario                            - (sorridendo) Ve lo sposereste voi?

Antonia                         - Per farle un buon dispetto, sarei capace di questo e d'altro. Ora va.

Mario                            - Bisognerà che d'ora innanzi siate un tantino più generosa! Quel che faccio è sempre più pericoloso!

Antonia                         - Tu servimi sempre meglio... e non avrai di che lamentarti.

Mario                            - Va bene. (Va verso il fondo. Antonia rimette nel cassetto il notes e la matita. Volgendosi) Vostra so­rella sa di una certa canzone che v'irrita assai... Ora non so dirvi esattamente cos'è che questa canzone può ricor­darvi, del passato... Ebbene, ha pagato vari pengo a uno di quegli uomini che girano per le strade con quei pia­nini meccanici, affinché egli venga a suonarvela per qual­che», mezz'ora.

Antonia                         - Sentila, la vipera!

Mario                            - Non dovevo dirvelo?

Antonia                         - Tutto mi devi dire!

Mario                            - Io me ne vado. Buon giorno (e scompare).

Antonia                         - E anche con questo, dal « voi » sono pas­sata al «tu». Tutto voglio sapere, e tutti avrò nelle mie mani. (Riprendendo la matassa) Che, dico!

(Dal fondo rientrano Nadaj e Magda).

Nadaj                            - E allora?

Antonia                         - Allora... tutti vissero felici e contenti.

Magda                           - Così finivano le favole che mi raccontava la nonna (si rimette al lavoro).

Nadaj                            - Ho detto « allora »... per avere notizie di vostra sorella!

Antonia                         - E io vi faccio sapere che mia nonna, po­veretta, le favole le odiava.

Nadaj                            - Forse è per questo che siete cresciuta così scontrosa.

Antonia                         - Forse. (Ad alta voce) Nini!..,

Magda                           - C'è gente.

Nadaj                            - Nelle persone di una certa età io noto che quasi in tutte c'è... non so... c'è sempre un tantino di dolcezza, una certa preferenza alla bonomia, qualcosa di attraente, di riposante...

Antonia                         - Che in me non trovate.

Nadaj                            - Voi siete sempre in bollore.

Antonia                         - Voi dovreste imparare a tenerla un po' più chiusa, quella boccaccia!

(Nadaj riprende il giornale lasciato sulla seggiola, si appoggia a un banco e legge. Un silenzio).

Magda                           - (lavorando, canticchia improvvisamente) «Fiorin di maggio - tengo un ometto che non ha corag­gio... - che un bacio non mi dà se non lo chieggo... - fio­rin fiorello! ».

(Dal fondo rientra Nini).

Nini                               - (verso Antonia, per aiutarla) Se la signorina Antonia non s'inquietasse, ti risponderei.

Antonia                         - (fredda) Ma non si può. La signorina Antonia è scontrosa... e non ha cuore!

Nadaj                            - Io non ho detto questo. Il cuore ce lo avrete! Ma dove?

Antonia                         - (battendosi una mano sul petto, improvvisa­mente molto turbata) Qui, care, qui. E grosso così, anche. Avete settant'anni... e siete sciocco settanta volte. Perché non dite che sono anche brutta, che sono anche cattiva, che nessuno mi vuol bene, che sono rispettata solo per quei quattro soldi che ho? Oh, lo potete anche dire, non solo pensare. Ma cosa credete, che tutti si nasca colla sola voglia di ridere e scherzare? E per avere un viso che piaccia agli altri? Purtroppo, no. E dolcezze non ne posso avere perché ho sempre vissuto di con­trasti... e sorrisi nemmeno, che nessuno ha mai sorriso a me. Ecco, se volete saperlo. Voi penserete anche di conoscermi bene!... Ebbene, no, non mi conoscete affatto. E nessuno mi conosce. (Con forza) Nessuno! (ed esce in fretta a destra. Le ragazze continuano tranquille il loro lavoro).

Nadaj                            - Io non credevo di...

Nini                               - Spesso fa così.

Magda                           - E ritorna dopo un momento... cambiando semplicemente discorso.

Nini                               - Noi nemmeno ci facciamo più caso.

Nadaj                            - Sarà meglio che me ne vada!

Magda                           - Dirà che non avete spirito!

Nadaj                            - E se resto, sarà capace d'inquietarsi perché non me ne sono andato. La conosco bene. E anche l'altra. Identica, sotto altra forma. Nemmeno alla vostra età, le sorelle Radar seppero essere giovani!

Magda                           - Ma come mai?

Nini                               - Che nessuno abbia mai fatto loro un po' di corte?

Nadaj                            - Chi ci ha mai capito niente?...

Magda                           - Com'erano: carine?

Nadaj                            - Come sono ora.

Nini                               - Ora sono vecchie!

Nadaj                            - Erano così.

Magda                           - Oh, bella!...

(Da destra rientra Antonia).

Antonia                         - Ho dovuto andarmi a lavare le mani. Quella lana tinge. (Nini si guarda le mani e guarda Magda. Un silenzio).

Nini                               - (canticchia, nello stesso motivo di Magda) «Fiorino erboso - tengo un innamorato assai focoso... ch'egli mi vuol baciar se anche non voglio... ».

Antonia                         - (interrompendola, recisa) Basta. Io ho il pensiero che stamane si vende poco... e tu canti.

Magda                           - Canta perché è innamorata! (A Nadaj) Sa­pete che Nini sposa presto?

Nini                               - Non appena sarà pronto il corredo.

Antonia                         - (gelida) Anch'io, un giorno, l'ebbi pronto, un corredo... ed è ammuffito in un cassetto!

Nini                               - (seccata) Se lo dite per portarmi sventura!...

Nadaj                            - Quando mai le parole mutano un destino!

Nini                               - Mutano però d'umore.

Antonia                         - Sciocchezze. (L'aiuta nella matassa) E, per carità, non fare bronci. (Magda si alza e si avvia verso il fondo). Dove vai?

Magda                           - A cercare i bottoni.

Antonia                         - Che siano piccoli.

Magda                           - (uscendo) Nini, c'è gente. (Scompare por­tando con sé la camicia. Nini la segue in fretta).

Nadaj                            - Povere figliole! Perché tormentarle? Hanno vent'anni!

Antonia                         - E debbono fabbricarsi qualcosa per ricor­dare, un giorno... Vero?

Nadaj                            - Vi è rimasto impresso il mio discorso di prima?... Se anche voi avete qualcosa da ricordare, tanto meglio.

Antonia                         - Io, per vostra norma e regola...

(Dal fondo entra Teresa Begyàts).

Teresa                            - Buon giorno, signorina Antonia...

Antonia                         - (mutando subito) Buon giorno, signora Begyàts! Vi occorre qualcosa?

Teresa                            - Se permettete, mi siedo un attimo            - (siede). Ho da raccontarvi un bel caso. Buon giorno, signor Nadaj.

Nadaj                            - I miei rispetti, signora Teresa.

Teresa                            - Ieri mia figlia era fuori per le sue lezioni e io non mi sentivo d'uscire. Non stavo bene. (A Nadaj) Come sta la signora Nadaj?

Nadaj                            - Brontola sempre.

Teresa                            - No!... (Ad Antonia) Siccome mi occorreva del filo, pregai mio marito di acquistarmelo tornando dall'ufficio. Grigio-perla, gli dissi.

Nadaj                            - Eh, la mia è più insolente!

Teresa                            - (ridendo) Ah, sì? (Ad Antonia) Per farla breve... il filo me lo portò, ma grigio-ferro. Ora vengo per cambiarlo, e dalla signorina Nini mi sento dire che non è stato venduto qui.

Antonia                         - Ma da mia sorella. Io lo sapevo già.

Teresa                            - Davvero?!...

Nadaj                            - Voi credete di essere in una merceria, invece siete nel regno dei cieli!

Teresa                            - Se fosse come dite, non ci sareste voi. (Ad Antonia) La sventata fui io, che gli dissi soltanto... va « dalle sorelle Kadàr »...

Antonia                         - Il pover'uomo non è da rimproverare! (Nadaj alza appena le braccia verso il cielo).

Teresa                            - L'insegna è la stessa, lui s'è confuso.

Nadaj                            - Se sapeste, signora Teresa, che sono mesi ch'io vado predicando che occorre cambiarne una, di insegna!... Perché quasi ogni giorno, sapete, accadono equivoci del genere!

Teresa                            - E i negozi, per giunta, sono tanto vicini. Venti metri di via Vittoria, un angolo, e venti metri di via Elisabetta. Uno che non sa...

Nadaj                            - E poi... non soltanto le insegne sono uguali, ma la disposizione dei negozi. Le stesse vetrine, gli stessi colori... Persino i due retrobottega! Non so se avete no­tato. Qui c'è soltanto più disordine e manca un vaso di fiori sempre freschi.

Teresa                            - Non posso averlo notato, perché dalla si­gnorina Carlotta non ho mai messo il piede.

Antonia                         - Perciò vi sono grata!

Teresa                            - (guardandosi attorno) Qui c'è disordine? A me non pare!

Antonia                         - Ma che gli date ascolto?!... E poi, dove si lavora sul serio...

Teresa                            - Dicono che essa ha un certo modo un­tuoso d'accogliere i clienti!...

Antonia                         - Repulsivo, posso garantirvelo.

Nadaj                            - Ma non è vero!

Antonia                         - (marcando) Io non sarò mai la prima a cambiare qualcosa.

Nadaj                            - Cancellate quel « sorelle Kadàr » e met­teteci... Non so!... metteteci... Basterebbe «Antonia Ka­dàr, merciaia »... (A Teresa) Perché, data la pessima relazione che esiste tra loro, ogni più piccole errore assume l'importanza di una guerra aperta!

Antonia                         - Io promisi a mio padre, in punto di mor­te, che nessun cambiamento avrei mai portato ai negozi che lai stesso fondò per il nostro avvenire... e non verrò meno alla parola data.

Nadaj                            - Gli prometteste anche d'andar d'accordo!... e non ci siete andate!

Antonia                         - Dio m'è testimone che non fu possibile.

Nadaj                            - E così, la gente continuerà ad andare da lei credendo di venire da voi... e viceversa.

Antonia                         - Io so che Carlotta ci muore!

Nadaj                            - E voi no?...

Antonia                         - A me dispiace semplicemente.

Teresa                            - Io credo che in fondo in fondo voi vi vo­gliate un gran bene!

Antonia                         - - Sì, verde. In quei pochi anni in cui si tentò di condurre i negozi in società... invecchiata ci sono. E poi... ci saltò fuori quella vigliaccheria senza nome che nemmeno voglio ricordare. M'infiammerei.

Nadaj                            - Se fu un malinteso!

Antonia                         - Un accidente, chiamatelo con dolci nomi, voi, se lo potete. Ma a parte la porcheria peggiore, chi fu, dite, la prima a far apparire sui giornali un articolo che diffidava la gente ad entrare nel mio negozio per invitarla nell'altro?

Nadaj                            - Ma voi, prima di lei, non faceste appiccicare sulle sue serrande dei cartelli discretamente oltraggiosi?

Antonia                         - E chi m'impedì, un giorno, di aprire bot­tega sciupandomi le serrature?

Nadaj                            - Per carità, non cominciamo a enumerare tut­te le vostre sciocchezze!

Antonia                         - Ma guarda: a sentir lui, dovrei restarmeli! inerte!

Nadaj                            - So ben io quel che meritereste, tutte e due, Tanto più che state facendo ridere mezza Budapest!

Antonia                         - E a me non importa.

Nadaj                            - Perché la serietà non sapete che cosa sia. Ni lo sapete più.

Antonia                         - E nemmeno Carlotta.

Nadaj                            - (a Teresa) Voi non ci crederete, ma questa lotta è divenuta la loro vera e sola ragione di vivere! Capacissime di vendere sottoprezzo, pur di rubare clienti alla rivale!

Antonia                         - Vi faccio testimone, signora Begyàts: avevo una buona commessa, me la soffiava... Avevo buoni fornitori, me li prendeva... Io cominciai a fare altrettanto

Nadaj                            - Tant'è vero che prende più un loro dipendente di un impiegato di banca! Cose ridicole, assurde Burle inaudite, a volte puerili!... Invece se una, ima buona volta, cominciasse a fare da sé senza più curarti di niente, a quest'ora potrebbero vivere in pace. Se non tra loro, almeno con loro stesse.

Antonia                         - Io vorrei morire se non dico la verità: il giorno più bello della mia vita sarà quello in cui troverò il modo di fargliene una più grossa di tutte. A costo, guardate, di giocarmi tutto quello che posseggo.

Nadaj                            - E l'altra dice lo stesso.

Antonia                         - Ah, sì? E come lo sapete?

Nadaj                            - Me l'ha detto lei.

Antonia                         - Dunque... le parlate!

Nadaj                            - Ma non ho mica rancori, io!

Antonia                         - Va bene, ma il fatto stesso' di venire qui ogni giorno a leggervi il giornale potrebbe, penso, con­sigliarvi per il meglio!

Nadaj                            - Esagerazioni.

Antonia                         - Ah, trovate?... Ebbene, da domani il gior­nale andrete a leggervelo da lei.

Nadaj                            - Io sono capace d'andarci anche subito. (Ver­so il fondo) Due sorelle sole... senza nemmeno un pa­rente!... Ma formatevi una famiglia, se è vero, come dite con tanta sicurezza, che i mariti non vi mancherebbero! e riscaldatele come si conviene, quelle vostre case troppo fredde e troppo vuote!... Sono anni che ve lo predico!... o, almeno, cercate il modo di riavvicinarvi l'una all'al­tra come due buone cristiane, invece di tormentarvi ver­gognosamente come fate!

Antonia                         - Se mi dite che è stata Carlotta a pregarvi di rendervi interprete dei suoi sentimenti di mutata po­litica... ditele, da parte mia, che io resto la stessa.

Nadaj                            - Tutto quello che possedete, una volta o l'al­tra ve lo giocherete in tribunale. E l'avrete voluto. E vi starà bene. (Scompare dai fondo. Antonia volge le spalle alla signora Begyàts... e si asciuga frettolosamente una lagrima).

Teresa                            - (accorta, alzandosi) Oh!... a me dispiace di aver suscitato...

Antonia                         - No!... che certi sfoghi mi fanno bene! Car­lotta troppe me ne ha fatte! (la guarda e cerca di sor­ridere).

Teresa                            - Ma come s'intromette, quel signor Nadaj!

Antonia                         - Era un grande amico di mio padre, al qua­le promise d'interessarsi a noi. Perciò lo sopporto. Eh!... domani sarà da Carlotta!... e, vedete, io non vorrei... (Verso il fondo) Ma venite, che vi cambio il cotone.

(Teresa la segue. Dal fondo rientra Magda).

Magda                           - La camicia è pronta.

Antonia                         - Va dalla stiratrice, aspetta che sia stirata e poi portala al cliente. (Esce).

Teresa                            - (guarda la camicia, la tocca, poi) Voi, Mag­da, che ne dite di queste lotte?...

Magda                           - lo?... Io ho un bel da badare alle mie!

Teresa                            - Ah, sì? (ed esce. Magda, sul banco, im­pacchetta la camicia. Dal fondo rientra Nini).

Nini                               - (guardando uno scaffale) Di' un po': quella stoffa a fiori neri e grigi...

Magda                           - Io vado un po' all'aria e al sole...

Nini                               - Prima sembrava che ti seccasse!...

Magda                           - Se credi a quel che dico!...

Nini                               - Posso credere a quel che fai?

Magda                           - Poco anche a quello. La stoffa che cerchi è stata venduta ieri.

Nini                               - (prendendo altra stoffa) Bisogna proprio dire che ci si incretinisce, qua dentro. Mostrerò questa (ed esce, dal fondo. Magda, finito il pacco e gettata un'oc chiatti in bottega, corre al cassetto aperto poco prima da Antonia. Leva il notes e osserva quanto vi è scritto. Ri­mette a posto e richiude. Dal fondo entra Tomaso Nagylàkyj.

Magda                           - (verso destra) Oh, signor Nagylàky!...

Tomaso                         - Buon giorno a voi.

Magda                           - La signorina Antonia è in negozio! (Esce a Astra lasciando la porta aperta).

Tomaso                         - Ho visto, sì.

La voce di Magda         - E allora?

Tomaso                         - E' occupata. L'aspetto qui.

La voce di Magda         - Avete qualcos'altro da vendere?

Tomaso                         - Qualcosina, già!

La voce di Magda         - E non è mai possibile sapere di the sì tratta?...

Tomaso                         - Non ne vale la pena.

(Da destra rientra Magda).

Magda                           - (con cappello e soprabito) E io continuo a pensare a male.

Tomaso                         - C'è sempre, cara figliola, chi pensa al peg­gio!

(Dal fondo rientra Antonia).

Antonia                         - Sei ancora qua, tu?...

Magda                           - (per uscire, col pacchetto) Ho fatto il pacco, mi sono vestita... (Esce).

Antonia                         - Voi entrate sempre quando in nego-zio c'è pente!...

Tomaso                         - Se credete, guardando nei vetri la luce fat­ta non permette mai di vedere come si vorrebbe...

Antonia                         - Ebbene... che c'è?

Tomaso                         - Ho un'idea.

Antonia                         - Purché costi poco!

Tomaso                         - Io e voi... ci siamo sempre accordati.

Antonia                         - Fuori l'idea.

Tomaso                         - Essa, a tutta prima, potrà sembrarvi pue­rile, ma messa in atto sarà efficacissima.

Antonia                         - Cioè?

Tomaso                         - (fregandosi sempre le mani) E vi assicuro che all'effetto basterà un ragazzo.

Antonia                         - Dei ragazzi non mi sono mai fidata.

Tomaso                         - Non ho voluto che dimostrarvi, semplicemente, la semplicità del mezzo.

Antonia                         - Avanti, avanti!

Tomaso                         - Io so dove trovare...

Antonia                         - (interrompendolo) Se è una sciocchezza, risparmiatevela. Già ne ho fatte troppe, consigliata da voi! Non arriveremo alle bombole che emettono gas stomachevole, o alla polverina che dà il prurito!... Oc­corre qualcosa che abbia originalità!... Vi dirò anche che ero decisa a finirla, con questi scherzi... Ma, proprio un momento fa, ho saputo che Carlotta ne ha escogitata una nuova... Una che mi toccherà profondamente, anche se attesa. (Muovendosi) Cara sorellina, verrà anche il mo­mento mio.

Tomaso                         - (sottilmente) Forse la signorina Carlotta... pagherà meglio i suoi consiglieri!

Antonia                         - M'avete sempre detto che non ne ha!

Tomaso                         - (sfuggendo) La mia trovata vale oro...

Antonia                         - E allora risparmiatevela, perché non ho quattrini. Io vorrei...

Tomaso                         - Dite!

Antonia                         - Dite prima la vostra.

Tomaso                         - Ecco qua. Vi ho detto che so dove trovare...

Antonia                         - (interrompendolo) Le vostre idee si vanno facendo elementari!

Tomaso                         - Io guardo all'efficacia!

Antonia                         - E non si è fatto ciò che più m'importe­rebbe. Io vorrei qualcosa che colpisse lei, solamente lei, nel suo intimo!... Scoprire qualche suo segreto!

Tomaso                         - Ma ne ha?...

Antonia                         - Lo sospetto!... e bisogna indagare.

Tomaso                         - Datemi un indizio...

Antonia                         - Di tanto in tanto essa si assenta da Bu­dapest...

Tomaso                         - Questo non me l'avevate mai detto.

Antonia                         - Ma avreste anche dovuto accorgervene! Vi pago perché mi serviate! (Dal fondo rientra Biagio Nadaj).

Tomaso                         - (accorto) E va bene, me ne interesserò. Si­gnor Nadaj, i miei rispetti. (Verso di lui) Tèmpi duri e niente da fare. (Volgendosi) Beh, riverisco, signorina An­tonia. (Ha un cenno per Nadaj ed esce dal fondo).

Nadaj                            - Cos'è al vostro servizio anche quell'intri­gante?!...

Antonia                         - (ironica) Non credevo di rivedervi così presto, in fede mia!...

Nadaj                            - (un po' titubante) Per strada m'è venuto in­ mente che qui, poco prima che entrasse la signora Te­resa Begyàts, mi stavate parlando di una cosa che m'in­teressava... E la signora Teresa vi ha interrotta. Mi dice­vate che per mia norma e regola...?

Antonia                         - Ma niente! I discorsi interrotti, se ripresi fuori tempo, perdono sempre il loro vero sapore.

Nadaj                            - Sono ritornato anche per chiedervi un favore.

Antonia                         - Questa è la verità!

Nadaj                            - (di scatto) Ma non siate sempre così « dura », perbacco!... Sì, questa è la verità, ma non era necessario dirmelo.

Antonia                         - Su, su, che c'è?... Non sarà una pedanteria!

Nadaj                            - E' qualcosa che, se si avverasse, mi rende­rebbe molto lieto.

Antonia                         - Ancora... un marito?!...

Nadaj                            - (deciso) Signorina Antonia... io aiutai molto vostro padre, quando ebbe l'idea di fondare queste due botteghe... (Antonia lo fissa attentamente). ... gli volli bene come ad un fratello... Non è necessario che mi fissiate in quel modo!

Antonia                         - O dove debbo guardare, se questi vostri preamboli mi mettono addosso tanta curiosità!...

Nadaj                            - (guardando da altra parte) Nel nome di vostro padre... nel buon ricordo che egli ha lasciato di sé... fac­cio appello a quel grosso cuore che dite d'avere...

Antonia                         - Se vi servono dei quattrini, non è mica ne­cessario prenderla tanto al largo!

Nadaj                            - Ma non si tratta nemmeno di questo!

Antonia                         - E spicciatevi, allora!...

Nadaj                            - Uscendo di qui... ho incontrato Carlotta. Essa vorrebbe parlarvi.

Antonia                         - Cosa?!...

Nadaj                            - Voi dovete promettermi di riceverla.

Antonia                         - Qui?!... Ma nemmeno dipinta ce la voglio. Glie faccia tosta! Che spudorata! E per dirmi che cosa, se è lecito saperlo?

Nadaj                            - Questo non lo so.

Antonia                         - Io mi chiedo «e è impazzita.

Nadaj                            - E io mi chiedo se siete pazza voi che rifiu­tate.

Antonia                         - Non guardate il muro, se parlate con me! (Nadaj la guarda). Forse mi vedete pallida, vero? Infatti, il pallore me lo sento. Io non la riceverò né ora né mai.

Nadaj                            - Nemmeno se venisse per chiedervi delle scu­se... per offrirvi la pace...

Antonia                         - No!... nulla può convenirmi, dopo quello che m'ha fatto! Pace con lei, non ne voglio.

Nadaj                            - (scattando) Accidenti!...

Antonia                         - ... e non voglio scuse false, io. Nemmeno lei, voi conoscete, nemmeno lei. Chissà quale altro im­broglio sarebbe capace di nascondermi!

Nadaj                            - Ma non c'è imbroglio, perdinci! Non c'è!...

Antonia                         - Ditemi dov'è. '

Nadaj                            - Forse in istrada che aspetta, forse in negozio... Non lo so! Guardate: se si tratta di una burla, io ne rispondo. Dunque?

Antonia                         - (cammina, cammina) No... no... nò...

Nadaj                            - Accidenti a tutti i brutti caratteri e a tutti i sospettosi dell'universo! (Verso il fondo) Accidenti a tutti quelli che si interessano degli affari degli altri a fin di bene e non ne ritraggono che dispiaceri e ingratitudine. Accidenti...

Antonia                         - (irrigidendosi quasi) Ebbene sì, ditele che l'aspetto. Ma ditele... che l'aspetto armata.

Nadaj                            - Alla buon'ora! (e scompare dal fondo).

Antonia                         - (resta per un attimo immobile... poi, di scatto) Nini!... (ed esce in fretta a destra lasciando la porta aperta) Oh, Nini!!... (Dal fondo rientra Nini).

Nini                               - Eccomi.

La voce di Antonia       - Sgombera subito il retrobottega...

Nini                               - (guardandosi attorno) Sgomberare?...

La voce di Antonia       - Senza perdere un minuto.

Nini                               - Cosa succede?

La voce di Antonia       - Dov'è Magda?

Nini                               - E' fuori.

La voce di Antonia       - Sempre a zonzo, quando si ha bisogno!

Nini                               - (non sapendo da quale parte cominciare) Ma occorre una giornata, per mettere a posto, qui!...

La voce di Antonia       - Non perderti in chiacchiere! Fa come meglio si può!

Nini                               - (tentando di disporre meglio le tante scatole sui banchi) Il guaio è che non si può affatto! E se viene gente in bottega?

La voce di Antonia       - Ritornerà.

Nini                               - Buona, l'idea! (Poi) Se si mettesse la roba a posto man mano che la si tira fuori, Io scompiglio che c'è... non ci sarebbe. (Un silenzio. Nel mettere a posta una pezza di stoffa rovescia una pila di scatole).

La voce di Antonia       - Che fai?!...

Nini                               - Sgombero. (Poi) Come avete fatto ad accorgervi che c'è confusione?... Io ho sempre creduto che non la vedeste!

La voce di

Antonia                         - Muoviti! Muoviti!!...

Nini                               - Eh!... nemmeno venisse a farvi visita Sua Al­tezza Serenissima il Reggente!

La voce di Antonia       - E in negozio c'è ordine?

Nini                               - (che ha rimesso a posto, peggio di com'erano, k scatole cadute) Così!...

La voce di Antonia       - Bisogna riordinare anche di là!

Nini                               - Se veniste ad aiutarmi, si farebbe meglio! (Un silenzio). Posso chiedervi che cosa state facendo?

La voce di

Antonia                         - Mi sto vestendo. (Dal fondo entra Carlotta Kadàr).

Nini                               - E chi è che aspettate? (vede Carlotta e si stu­pisce. Carlotta le rivolge subito un gesto per invitarla u! silenzio).

La voce di Antonia       - Chi aspetto, lo vedrai... e, come ho detto a Nadaj, aspetto armata.

Nini                               - (quasi tra sé) Oh, mio Dio!!... (immobile, non stacca lo sguardo'da Carlotta che sta guardandosi attorno).

La voce di Antonia       - Hai sentito la rima? E per le rime le risponderò, se questa persona non sarà venuta esclusivamente per chiedermi delle scuse! E' una per­sona che non vedo da mesi e alla quale non parlo da anni. Non indovini?

Nini                               - (dopo un attimo di esitazione) No.

La voce di Antonia       - Quando la vedrai, ti piglierà un colpo secco. Sempre molto elegante, dicono!... ma anche sempre brutta e sempre arcigna, dico io!...

Nini                               - (le sfugge) Signorina Antonia!... (Carlotta muove verso di lei, severissima).

La voce di Antonia       - Perciò mi metto elegante anch'io! (Poi) Nini, togli dal banco, di là, quel mazzo di fiori di stoffa e portameli! (Carlotta indica a Nini di an­darsene e siede. Nini esce dal fondo). E che dici, tu, ch'io debba sembrare la sua serva? Eh, no. (Poi) Tu mi lascerai sola, Nini, con lei, ma se chiamerò accorrerai subito col metro di legno. (Dal fondo rientra Nini coi fiori di stoffa). Ma avrò altri oggetti, a portata di mano. (Carlotta si fa consegnare i fiori e le indica di nuovo di uscire). Questi fiori, Nini! (Nini esce dal fondo. Da de­stra rientra Antonia, quasi elegante, con un piccolo vaso di vetro).

Carlotta                         - I fiori, Nini li ha lasciati ame        (si alta e glieli porge).»

Antonia                         - (subito, senza guardarla) Non fare un solo passo verso di me. Bada!

Carlotta                         - No, Antonia.

Antonia                         - Quand'è che sei entrata?

Carlotta                         - Un momento fa. Non pensavo che occor­resse farsi annunciare! Del resto, in negozio, non c'era nessuno! (Posando i fiori su di un banco) Ti trovo bene. Molto bene.

Antonia                         - (dopo un attimo, malamente, sempre senza guardarla) Anch'io trovo te...

Carlotta                         - ...sempre brutta e sempre arcigna?

Antonia                         - (rigirando tra le mani il piccolo vaso) Mi hanno detto che hai da parlarmi. (Tenta di guardarla ap­pena) E di che, se è lecito?

Carlotta                         - Mia cara sorella...

Antonia                         - Non cominciare colle insolenze.

Carlotta                         - Non t'inquietare. Sarò gentile. Ecco... il dirti ciò che vorrei... credevo fosse più facile.

Antonia                         - Non si tratta di scuse?

Carlotta                         - Scuse di che?...

Antonia                         - (fissandola, ora, e posando su di un mobile il vasetto) Ma come?!... Non si tratta di scuse?!... E che cerchi, allora, da me?...

Carlotta                         - Se tu sapessi! Io cerco la pace.

Antonia                         - (ridendo male) Senza le alette e senza il ramoscello d'ulivo? (Gelida) E pensi che io possa con­cedertela così, senza che tu, prima...

Carlotta                         - E va bene, ma non pretenderai che io mi metta in ginocchio!

Antonia                         - Io esigo che le tue scuse siano rese di pubblica ragione.

Carlotta                         - Sentimi bene: io sono venuta a te colle migliori intenzioni del mondo, ma se tu prendi le cose su questo tono, ti avverto: io esco di qui, noi si resta come siamo, io faccio quello che ho in mente di fare senza rendertene conto... e sarà quel che sarà.

Antonia                         - Non sarà il terremoto.

Carlotta                         - Per te, invece, sarà forse peggio. Ti ro­derai dentro, ti consumerai, immaginerai chissà quale of­fensiva!... Mi porterai certo delle noie, ma bada che sarà la volta buona che ti denuncerò, perché non più contro me sola si scatenerà la tua ira, ma anche contro qualcuno che nessuno, intendi, deve molestare.

Antonia                         - E contro chi?...

Carlotta                         - Se invece sarai ragionevole, se invece ac­cetterai, per ascoltarmi, quelle poche scuse che ti debbo perché proprio le vuoi...

Antonia                         - Perché proprio le voglio?!... e quelle po­che?!... Ma che, sei pazza?!... Quelle tante che mi spet­tano, per indurmi sulla via della pace.

Carlotta                         - Ma che sei diventata?... Sua Maestà Bri­tannica?!... Se ogni nostro più piccolo dispetto è sempre stato ripagato!

Antonia                         - Ma tu fosti la prima.

Carlotta                         - Se vuoi ricordarlo, bellezza, fosti proprio tu a cominciare, offendendomi un giorno, per strada, in un modo ignobile!

Antonia                         - Non dirai che lo feci senza ragione!

Carlotta                         - Se quel Carlo Weiss non fu mai innamo­rato, di te!

Antonia                         - E di te, sì?...

Carlotta                         - Forse... nemmeno.

Antonia                         - Non farmi la modestina, ora, per aggiu­stare le cose! Tu me lo portasti via per invidia!... E ti ho odiata come si odia chi ruba la felicità!...

Carlotta                         - Felicità, lui non te ne avrebbe mai data. E poi... è passato tanto tempo!

Antonia                         - Per me, non è passata un'ora.

Carlotta                         - Beata te che non invecchi.

Antonia                         - Io sono invecchiata, allora. Mi sono anche ammalata, consumata... e tu, oggi, con tutta calma, bella bella, vieni a me per chiedermi la pace. Io potevo crederti incosciente, ma mai a questo punto. Se temi una offensiva, l'avrai, e se mi denuncerai... ebbene, finirò in galera, ma il rimorso verrà a corrodere te e quel « qual­cuno » che non vuoi sia molestato.

Carlotta                         - Ascoltami attentamente, testona. (Scan­dendo) Io mi sposo.

Antonia                         - (colpita) Che?... (Dopo un silenzio, ridendo male) E chi è quell'imbecille?!... (Carlotta muove decisa verso di lei. Antonia, scostandosi spaventata) Bada, Car­lotta!...

Carlotta                         - Vuoi ripetere quello che hai detto? Tu puoi chiamare anche Nini, ma con quel tuo metro di legno nemmeno mi sfiorerai!... e gli oggetti che puoi avere a portata di mano, puoi lasciarli dove sono. Io ho nervi buoni e unghie lunghe. Sta attenta. E tu sei la cattiva, non io! Quel Carlo Weiss di buona memoria, dopo due giorni che gli affittammo la camera, seppe farmi delle proposte che non oso ripetere!... e siccome s'accorse che tu ci spiavi, ti fece il cascamorto per confonderti.

Antonia                         - Vuoi togliermi anche la più piccola illu­sione, vero? Se sono cattiva, tu sei perfida.

Carlotta                         - Un giorno mi accorsi che tu ti stavi pre­parando un corredo!... Ebbene, ti lasciai fare!

Antonia                         - Per ingannarmi meglio!

Carlotta                         - No. Per non farti soffrire.

Antonia                         - (con forte ironia) Ma allora sei un angelo! (Mutando) E te l'intendevi con lui.

Carlotta                         - Ora mi offendi di nuovo!

Antonia                         - Dimmi che sei pura!

Carlotta                         - Questo non lo saprai mai, ma del tuo Carlo Weiss non sono mai stata la sua amante.

Antonia                         - Un altro c'è stato, però!

Carlotta                         - Da bambina si vedeva benissimo che avevi la testa fatta a pera... e qualcuno disse: «Quando An­tonia sarà donna, nessuno le toglierà dalla mente una idea, se fissata! ».

Antonia                         - Pera o non pera... io resto colle mie con­vinzioni e tu sposati chi vuoi. Tanto lo so chi è! Il tuo ragioniere!

Carlotta                         - (ridendo male) Quel vecchio scimunito?!... No!

Antonia                         - E allora chi?

Carlotta                         - Te lo dirò a pace fatta.

Antonia                         - Pace non farò. Non v'è nulla di più dolo­roso dell'infelicità che m'hai data. Essa scava in profon­dità, consuma e distrugge. Questo male è come il cancro. Ci se ne accorge appena, quando comincia... un piccolo segno, un neo. Non ci si vuol pensare, lo si vuol trascu­rare, sparirà. E invece aumenta, diventa una macchia, sempre più nera, e ti intacca tutta, ti avvelena. Perciò avvelenerò te! Capisci? (« nasconde il viso). Mi preparai all'amore come al dono migliore. Lo aspettavo da tanto tempo! E adesso più niente... adesso non aspetto più niente!... (Di scatto, fissandola) Spiegami un po': in que­sto tuo momento così desideroso di pace... non hai forse pensato, non più tardi di stamane, a una tua nuova burla ai miei danni?

Carlotta                         - (dopo un silenzio) Sì. Ma come lo sai?...

Antonia                         - L'ho sentito. E come ti scusi?

Carlotta                         - (frugando nella sua borsetta) Carlo Weiss zufolava sempre una certa canzonetta che ho risentita in un pianino meccanico... Questo pianino verrà a risuo­narla davanti alla tua bottega. A quell'omino ho dato due pengo perché venga a disturbarti... (posando del de­naro su di un banco) ... tu gli darai questi perché smetta. Non ci rimetterai del tuo. (Poi) Non credevo che l'uomo che aspetto domani si decidesse per le nozze così presto... Non supponevo nemmeno che egli mi amasse così tanto e non vedesse il momento di raggiungermi a Budapest... Sai... l'ho conosciuto in uno dei miei viaggetti...Anch'io lo amo. Molto. Sii buona, Antonia!

Antonia                         - Tu hai dunque la possibilità di essere felice!

Carlotta                         - Ho questa possibilità.

Antonia                         - Sai essere dolce, quando ti conviene. (Di scatto) No, puoi riprendertelo, il tuo denaro! Non lo voglio! Io voglio risentirla, quella canzone che per anni e anni ha tormentata la mia mente! E non mi turberà! (Sollevando d'un tratto le braccia) Creature amabili d'Id­dio! Vi sono grata per la bellezza e la bontà che avete a piene mani profuso nella mia vita!... e scusatemi se non posso ancora ricambiarvi con la medesima generosità. (A Carlotta) Vattene, vattene, non abbiamo altro da dirci.

Carlotta                         - (verso il fondo, indignata) Ah, la tua testa a pera!

Antonia                         - Ritornerai presto per rendermi conto delle tue orecchie d'asino.

Carlotta                         - (ritornando di qualche passo) Io t'in-vierò i confetti, Antonia, e Dio ti aiuti a ingoiarli. Strega!

Antonia                         - Carlo Weiss non tornerà mai più!... e nulla più m'importa. Quella è l'uscita, giovane sposa!

Carlotta                         - Per indicarmela, non era necessario ve­stirsi a nuovo. Che credevi, di mutar l'anima, coll'abito? L'anima resta quella anche se coperta d'oro. (Afferrando malamente i fiorì di stoffa) Come questi, guar­da, non riusciranno mai... né a dar profumo né a in­gentilirti. (Gettandoli per terra) Stracci.

Antonia                         - Raccoglili subito, sai!...

Carlotta                         - E perché?... se in tanta, chiarissima, ar­tistica confusione ci stanno così bene! (Antonia freme, le volge le spalle, si tormenta le mani e le labbra; Carlotta, dolciastra) Ti assicuro che la prima parteci­pazione... sarà per te.

(Dal fondo, titubante, goffo, entra Michele Kovaliscik).

Antonia                         - (senza volgersi) E io mi rallegrerò, non dubitare.

Carlotta                         - Ciao, cara   - (e senza quasi vedere Michele, esce dal fondo. Antonia si volge di scatto raccoglie in fretta i fiori... fa per seguire la sorella... e vede che non è sola).

Michele                         - forse disturbo...

(Dal fondo rientra Nini).

Nini                               - Il signore chiedeva di voi... e allora l'ho mandato subito di qua senza annunciarlo, nella spe­ranza che quella persona se ne andasse prima. Sono stata tanto in ansia!

(Antonia continua a guardare Michele, muta).

Michele                         - La signorina Kadàr?

Antonia                         - Se rappresentate qualche ditta... vi dico subito...

Michele                         - (sorridendo appena, quasi stupidamente) No! Davvero non indovinate chi sono? (Antonia, con un cenno invita Nini ad andarsene. Nini esce dal fondo). Dovevo arrivare domani... ma ho preferito anticipare.

Antonia                         - Io non so... non...

Michele                         - Trovo che è giusto che siate prudente. Non mi avevate mai visto, prima d'ora... e poi, si sa, in un primo tempo ci si trova a disagio. Anch'io, prima di entrare in negozio... ho camminato tanto, fuori, in istrada... E' bella la vostra merceria... Dei vostri generi io sono assai pratico... Ora avrete capito chi sono! Sono Michele Kovalicsik... di Vacz...

Antonia                         - (interessandosi vivamente, ma un po' sbalordita) Sedetevi, prego.

Michele                         - (sedendo) Grazie, Vi avevo pensata di­versa. Forse... perché i nostri amici comuni... Voglio dire... quelli che hanno combinato... chiamiamolo... l'affare... non hanno saputo descrivervi come rei siete. M'avevano detto che eravate piccola... Piccola non siete. Sapete che non ricordo il vostro nome?

Antonia                         - E come avete potuto scrivermi, allora che sareste arrivato domani?...

Michele                         - Non vi ho scritto io. Gli amici.

Antonia                         - (titubante) Il mio nome... è Antonia,

Michele                         - Antonia? Strano, avrei giurato che eri un altro. Antonia Kadàr. Il vostro cognome lo rammento, perché avevo un compagno che si chiamava coli, Antonia Kadàr, via Elisabetta...

Antonia                         - No. Via Vittoria. Che fa angolo con visi Elisabetta.

Michele                         - Vedete che confondo!... Sull'insegna dice « sorelle »...

Antonia                         - Una vecchia insegna.

Michele                         - Capisco. Per lettera... sempre indirizzati agli amici, voi mi chiedeste una fotografia... Vi feci dire che non ne avevo. Non è vero. Non ve la inviai perché non riesco mai bene, e non volevo che mi vede­ste peggiore di quel che sono. Avete quarant'anni...

Antonia                         - Quarantacinque. Dirvelo ,prima, pensai che vi fossero sembrati tanti!

Michele                         - Io ne ho quarantadue.

Antonia                         - Non li dimostrate!

Michele                         - Vero? Me lo dicono tutti, al paese.

Antonia                         - E io?

Michele                         - Io non guardo per il sottile. Io ho una gran lotta, per tirare innanzi... una lotta che dura da anni!... lotta che, senza aiuti, mi trascinerebbe chissà dove. Ho volontà di lavorare... ho un carattere docile™ e un gran desiderio di vivere un po' meglio di quel che non ho vissuto finora. Ora spetta a voi il dirmi che ne pensate di me. (Poi, ridendo appena) Davvero non credevo di aver tanto coraggio! (Quindi) Vogliamo dun­que tentare di fare la strada insieme? (Si alza, le va accanto, le prende una mano) Allora?

Antonia                         - (dapprima non sa se lasciargliela, la mano, o ritirarla... ma poi, tenendo gli occhi bassi) Io... vi aspettavo... vi aspettavo, Michele! (e lo guarda).

Michele                         - Col vostro denaro e colla mia buona vo­lontà di rendervi felice, noi saremo una coppia invi­diabile.

Antonia                         - Sì. Spero di sì. (Dal fondo rientra Nini).

Nini                               - Signorina Antonia, ritorna!

Antonia                         - (scostandosi in fretta da Michele) Chi?...

Nini                               - Lei! (e scompare).

Antonia                         - (a Michele, indicandogli la porta di destra) Di qua, prego. Non voglio ancora presentarvi ai co­noscenti... Prego! (Michele esce in fretta a destra. An­tonia chiude la porta e vi resta davanti. Dal fondo rien­tra Carlotta).

Carlotta                         - (verso il banco sul quale ha depositato il denaro per Tornino del piano meccanico) Scusa, sai!., ma avevo dimenticato qui del denaro (lo prende, lo ri­mette nella borsetta). Sono anche tornata per dirti che se vuoi cambiare d'avviso... posso concederti ventiquat­tro ore. (Volgendosi sulla porta di fondo) Capito?

Antonia                         - Se cambierò d'avviso, verrò se stessa, do­mani, da te.

Carlotta                         - Sei già diversa!

Antonia                         - E Se verrò, sarò io a chiederti la pace.

Carlotta                         - (verso di lei) Davvero?

Antonia                         - (subito) Non toccarmi, perché pungo.

Carlotta                         - (indietreggiando) Che cosa stai arzigogolando?

Antonia                         - Niente!

Carlotta                         - Bada, Antonia, c’è la Polizia!

Antonia                         - E perché se sto pensando al regalo di nozze che farò a te e al tuo…. Al tuo?

Carlotta                         - Michele.

Antonia                         - Michele?

Carlotta                         - Michele (e se ne va. Antonia getta all’aria i fiori di stoffa che teneva sempre in mano…. Fissa una pila di scatole…. Le urta malamente rovesciandole per terra…. E scoppia in una fragorosa risata).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

Retrobottega nella merceria di Carlotta Kadàr. La di­sposizione degli scaffali e dei banchi è identica a quella del primo atto. Anche la porta a vetri di fondo, la pic­cola porta di destra e la finestra a sinistra, hanno la stessa disposizione. Soltanto la macchina da cucire e le seggiole sono messe in modo diverso. E di diverso c'è molto ordine e un vaso di fiori belli e freschi. Pome­riggio di sale. Lo stesso giorno.

(Seduti o in piedi appoggiati ai banchi sono Francesca Foldi, llona e Irene Mikovics e Alessandro Voros. Luisa Mezo cuce a macchina. Non si ode che il rumore della macchina che lavora, perché tutti, meno Luisa, fissano, muti, la porta dì fondo. Dal fondo, d'un tratto, entra Carlotta Kadàr).

Carlotta                         - Scusatemi... (gli sguardi la seguono) che cosa vi stavo dicendo?...

Irene                              - Ci parlavate di voi... del vostro avvenire...

Carlotta                         - Sì, lo so, questo!... Ma a quale punto?... Luisa, mi disturbi con quella macchina.

Luisa                             - E come debbo fare?! Non posso mica met­terci la sordina!

Carlotta                         - Mia cara... lascia stare un momento, (Luisa posa i gomiti sulla tavola della macchina. Dal fondo entra Mario). Mario (guardando gli scaffali) Nemmeno quella le va bene...

Carlotta                         - (indicando) Là, guarda!...

Mario                            - (toccando una pezza) Questa?

Carlotta                         - Sì. Costa più cara!... (Mario prende la stoffa ed esce). Oggi non voglio nemmeno fornitori, tra i piedi... e tanto meno domani! Voglio essere tranquilla. Oggi, per aver tempo di parlare agli amici della mia futura felicità... Domani, per riceverla in casa mia, questa felicità!... (A llona e Irene) E voi due non aspet­tate di avere la mia età, per mettervi fuori a cercarla! Sì dice bene che viene da sé, quando meno la si aspet­ta... ma aiutati che Dio ti aiuta. Cominciate a fare qual­che piccolo viaggetto... presso amici, conoscenti... Io l'ho trovata così, uscendo dal guscio, in piena libertà da mattino a sera.

Irene                              - Papà non vorrebbe...

 

Ilona                              - Mammà verrebbe con noi...

Francesca                      - (ironica) Povere piccole! Se avete già più di trent'anni! ...

Carlotta                         - E io che ne ho quaranta... l'ho trovata.

Alessandro                    - (grave) Non c'è età, per l'amore!

Ilona                              - (a Francesca, seccata) I trent'anni li abbiamo suonati... ma non dovete preoccuparvene voi!

Francesca                      - (con una smorfia) E chi si preoccupa!

Carlotta                         - La mia età, sino a ieri non l'avrei mai confessata... Oggi la confesso e me ne vanto. Ah, vi as­sicuro che non v'è nulla di più bello di un convegno amoroso. Ha fascino, mistero...

Alessandro                    - L'amore è tutto un mistero!

Carlotta                         - (sorridendogli) Vero?

Alessandro                    - Bisogna, però, saperlo custodire gelo­samente, con cure infinite!

Carlotta                         - Io saprò certamente risolverla, questa missione delicata e sacra!

Irene                              - Come v'invidio!

Ilona                              - (subito, quasi con dispetto) Non ne hai le ragioni. Pretendenti ne hai! (Irene abbassa subito il capo, dolorosamente, llona, ad Alessandro e a Carlotta) E' eccessivamente meticolosa! Scarta! Ha tutto il mio carattere!

Francesca                      - (marcando) Sì!... (E subito a Carlotta) Provatevi a descrivercelo, quest'uomo!

Alessandro                    - Non ci riuscirà con esattezza!

Carlotta                         - E' vero. Oh, com'è vero quello che dite, signor Voros!... Non ci riuscirei.

Francesca                      - E perché?... Sarà bello... brutto...

Carlotta                         - A me sembra bellissimo... e forse non lo è!

Francesca                      - (insistente) Bruno... biondo... alto, bas­so... Quando sposai il mio Gustavo, sapevo benissimo che era magro come un'ombra e che aveva un naso enorme!

Ilona                              - Nemmeno una sua fotografia, avete?...

Carlotta                         - Non l'ho voluta... e ne ha tante! Non l'ho voluta, per desiderarlo di più.

Francesca                      - Evidentemente, siamo diverse.

Ilona                              - (a Francesca, con dispetto) In questo, io la capisco benissimo.

Irene                              - E arriva proprio domani?...

Carlotta                         - Domani. Conto i minuti!

Irene                              - E sarete sola ad aspettarlo?

Alessandro                    - (ridendo gravemente) Che domanda assurda!

Carlotta                         - (a cui le parole di Alessandro sembra le diano coraggio) Sola!... e non avrò timore.

Irene                              - lo vorrei sapere una cosa... E' proprio vero che l'amore non vale combatterlo?... nemmeno se pro­prio si vuole?...

(Luisa si è rimessa, a cucire a macchina).

Carlotta                         - Io non lo so... perché non l'ho combat­tuto!

Francesca                      - Io, ricordo che capitolai.

Ilona                              - E avreste fatto meglio a resistere!

Francesca                      - Sentiamo questa!..,

Ilona                              - Un uomo che ve ne ha fatte passare di bian­che e di nere... sin dal primo giorno di matrimonio!

Alessandro                    - (sempre grave) Ciò non toglie che lei lo abbia amato.

Francesca                      - (ad Alessandro) La signorina llona non sa quello che dice e voi avete risposto benissimo (Ilona guarda male Francesca. Francesca s'impettisce).

Carlotta                         - Mi dissero, un giorno, che l'amore è gloria del Signore. Non sapevo se crederci. Eppure... gente mia, due creature s'incontrano perché sono destinate a trovarsi. Non c'è da discutere, io l'ho provato. Verso Vacz, io ho sempre sentito un'attrazione... sino al mo­mento che in me è sbocciato qualcosa che mi ha dato tale fragranza... da ubriacarmi, quasi. Luisa, ti ho detto di non cucire a macchina.

Luisa                             - E perché vuol costringermi ad ascoltare! Sapesse che effetto fanno, su me, quelle sue frasi fio­rite! Lei sa bene che cosa ci ho trovato, io, in quel qualcosa, come dice lei, che sboccia! Un fannullone, un ubriacone, un buono a niente!

Carlotta                         - Per me non sarà così, cara!

Luisa                             - (riposando i gomiti sulla tavola della mac­china) r Glielo auguro.

Carlotta                         - Io non sono ricca... Mi sono sentita ric­chissima... Non sono bella... Mi sono sentita bellissima... Potente, poi... Mi sono sentita potente. (Luisa scuote il capo).

Alessandro                    -  E’ la mirabile metamorfosi che si compie.

Carlotta                         - Sì, è quella cosa lì... che avvolge di luce, di colori, di suoni... Il nostro cuore, poi, è un tumulto di sensazioni...

Alessandro                    - (soddisfatto delle sue parole) ... che so­spinge verso un'unica ragione d'essere.

Carlotta                         - Dovrei saper parlare come voi, signor Alessandro, per descrivervi meglio ciò che ho provato e ciò che sto provando!

Alessandro                    - Dopo sposata, sboccerà in voi una donna meravigliosa.

Carlotta                         - Lo credete davvero?!...

Alessandro                    - Sì, perché amate e vivete del vostro amore.

Carlotta                         - (gli è accanto, lo bacia) Dio vi benedica.

Francesca                      - (sempre ironica) Io non vi sapevo così erudito!

Alessandro                    - Eh!... anche gli esseri umani sono mi­steri come l'amore! Ma io debbo andare perché è già tardi. (Portando una mano in una tasca dei calzoni) Ora pago la mia cravatta...

Carlotta                         - Ve la regalo! Signor Alessandro, ve la regalo! E che è, una cravatta! (Va nel fondo, apre la porta) Mario!... la cravatta del signor Voros è pagata. E anche il « satin » della signorina Irene.

Irene                              - Oh!...

Alessandro                    - Troppa grazia!

Carlotta                         - (ad Alessandro) E tornate in settimana. Ve lo presenterò.

Alessandro                    - E ci verrò colla cravatta nuova! Tutti i miei rallegramenti, signorina Carlotta.

Carlotta                         - Grazie. Al ragioniere gliela farò io la vostra ambasciata.

Alessandro                    - E chi ci pensava più?... Siete certa che non sarà a Budapest... prima di dopodomani?

Carlotta                         - Certissima.

Alessandro                    - E va bene. (Verso il fondo) Buon giorno a tutti. (Le due Mikovics chinano appena il capo).

Francesca                      - Buon giorno, signor Voros. (Alessandro esce).

Carlotta                         - Tanto buono, tanto bravo… ha detto che in me sboccerà una donna meravigliosa…

Francesca                      - Ha la parola facile!           

Ilona                              - Io direi che è un pedante.

Carlotta                         - Oh no. È tanto caro. (Aprendo il cassetto di un banco) Luisa, vuoi andare un momento il negozio?

Luisa                             - (lasciando la macchina) E come! (Esce dal fondo).

Carlotta                         - (frugando nel cassetto) Voglio leggera qualcosa... e di fronte ai dipendenti non voglio esagerare.

Irene                              - Che ci leggete?

Carlotta                         - Certe frasi che so già a mente, tanto le, ho lette! (leva un foglio piegato e lo stringe contro il seno) E' una sua lettera. Credete, io benedico la vita.

Francesca                      - Ma vostra sorella Antonia sa di tutto questo?

Carlotta i                       - Gliel’ho detto.

Ilona                              - Siete andata?...

Carlotta                         - Stamane.

Irene                              - E non avete avuto paura?...

Carlotta                         - Paura di che, quando l'anima è in letizia!

Ilona                              - Venendo qui l'abbiamo incontrata. Aveva negli occhi...

Irene                              - Sì!...

Ilona                              - ...una strana luce. Noi non siamo mai en­trate nel suo negozio...

Irene                              - Nemmeno ci guardava mai!

Ilona                              - Ebbene... ci ha sorriso e salutate.

Carlotta                         - Posso dirvi che è lieta per me. (Dal fondo entra Mario).

Mario                            - (verso il cassetto aperto poco prima da Car­lotta) Il vostro « satin », signorina Irene, è già im­pacchettato.

Irene                              - Grazie, Mario.

Carlotta                         - Che cerchi?

Mario                            - (frugando nel cassetto) Mi occorre la fat­tura di quel reggipetto... Che cosa debbo dire a quel rappresentante di cinture, se torna?...

Carlotta                         - Che ripassi di nuovo, perché oggi e do­mani non voglio parlar d'affari.

Mario                            - Va bene.

Ilona                              - A me occorrerà una cintura!

Carlotta                         - Un regalino ci sarà per tutti.

Francesca                      - Meno male. Già mi rammaricavo di non aver fatto acquisti, oggi!

Carlotta                         - Spicciati, caro! Se non la trovi, quella fattura, la troverai!...

Mario                            - (chiudendo il cassetto) Avevo promesso di portarla ad Haller alle quattro, e le quattro sono pas­sate.

Carlotta                         - Va in negozio, ora, che può venire gente!

Mario                            - (verso il fondo) C'è la signora Mezo. Cer­cherò di là (ed esce).

Francesca                      - Dite dunque di vostra sorella!...

Irene                              - lo preferisco che leggiate la lettera.

Francesca                      - (autoritaria, sgarbata) Ma nossignori, che si va per ordine!

Irene                              - Eh!... potreste anche essere meno villana!

Ilona                              - Se vi rivolgete a me, in quel modo, vi assi­curo che ve ne pentirete.

Francesca                      - Mi voglio mettere i guanti, ora, per par­larvi!

Irene                              - I guanti, no…..

Ilona                              - ….ma la lingua a posto, si!

Francesca                      - La lingua a posto?!.... Ma sapete che nessuno me l’ha mai detto?

Irene                              - Ilona, ti prego!

Ilona                              - (verso il fondo) Già, mi pareva impossibile di aver potuto restare accanto a Francesca Foldi più di mezz'ora, senza bisticciare!...

Francesca                      - (portando le mani sui fianchi) Signora Francesca!... anche se non vi garba. E tengo a dirvi che c'è gente che mi resta accanto tutta la giornata, senza lamentarsene.

Ilona                              - Vostro marito... che è già troppo vecchio. Vieni, Irene.

Francesca                      - Madonna santa, senti che dice!

(bene, a malincuore, muove verso il fondo).

Carlotta                         - Ma... signorine Mikovics!... E anche voi, signora Francesca!...

(Dal fondo rientra Luisa).

Luisa                             - (mostrandosi appena) Debbo sempre restar­mene in bottega?

Carlotta                         - (scattando come una molla) Sì. (Luisa scompare. Carlotta, dolciastra) Sono così lieta, oggi!... (Ilona e Irene ritornano lentamente. Francesca s'impettisce ancora. Carlotta, dopo un silenzio, a Francesca) Ve l'ho detto... Stamane sono stata da Antonia e le ho par­lato. E' stata veramente buona. Sin da principio non ha usato né parole sconvenienti, ne... Proprio come se tra noi fosse sempre corso il migliore degli accordi. Vi dirò: un miracolo. Ha capito, insomma, la gravità, dirò, della cosa... la serietà della cosa. Il signor Nadaj le aveva detto che desideravo parlarle... Ebbene... si era tutta cambiata per ricevermi più degnamente, e aveva preparato persino un bel mazzo di fiori. « Sai? Mi sposo». «Sì? Che tu sia felice!». Non dico che ci siamo abbracciate... ma il desiderio era vivo in tutte e due. Non tarderemo.

Irene                              - Incredibile!

Carlotta                         - Io sono molto contenta anche per que­sto. (Aprendo il foglio) E lui, nella sua ultima lettera, mi dice...

Ilona                              - Se me la fate vedere... sono un po' grafologa.

Carlotta                         - (stringendo subito il foglio contro il seno) Non questa!...

Francesca                      - La signorina Ilona non si accontenta mica di ascoltare! Vuol vedere, toccare con mano! (A Ilona) Io scommetto che non crederete a una sola pa­rola.

Irene                              - (a Francesca) O siete voi, quella?.»

Ilona                              - Vedere io?!... A me non interessa nemmeno sapere quello che c'è scritto. (Porgendo in fretta la mano a Carlotta) Io sono contenta come se la fortuna che vi sta capitando fosse capitata a me!... E coi nervi tesi, perché qui c'è qualcuno .che mi sta irritando, vi porgo tutti i miei auguri migliori, signorina Carlotta. (Verso il fondo) A casa, Irene.

Francesca                      - Ciao, bella Dona!

Ilona                              - (volgendosi di scatto) Vi sono donne che si sposano e che ne hanno il merito... Ve ne sono che non si sposano e che ne avrebbero il merito! E ve ne sono altre che si sono sposate, benché... Il resto ve lo lascio a indovinare (ed esce dal fondo).

Francesca                      - Tesoro! I discorsi fatti a metà, non li mai capiti. Però, dev'essere una cattiveria. (Verso il fondo) Scusate un momento! (ed esce).

Carlotta                         - Cosa mi combineranno, adesso, quelle due?!...

Irene                              - Non vi preoccupate, e leggete a me sola!

Carlotta                         - Sì, ma... c'è in me come un senso di ver­gogna!... (Legge sul foglio) «...io ti ripeto ciò che ti dissi e che ti dirò per tutta la vita: ti voglio tanto bene. Questa notte l'ho passata quasi senza dormire... e traccio questi segni tremanti... così, come escono- dalla pen­na, dopo dì aver sconvolto, in questa mia notte di veglia, tutta la mia vita... ». (Irene fa per guardare sul foglio; Carlotta, accorta, si scosta e guarda verso il fondo) Non si sentono...

Irene                              - Saranno uscite. Come scrive bene: conti­nuate!

Carlotta                         - Ci si innamora soltanto a leggere le sue lettere!... (Leggendo) «...Carlotta mia!... Dalla profon­dità della mia anima si riverbera la tua immagine, e nei miei sogni appaiono sempre le tue care sembianze... ».

Irene                              - Molto bene!

Carlotta                         - Ama i fiori, le bestie... scrive poesie, an­che... semplici, graziose... Forse ho fatto male a parlarne alla signora Francesca... E' chiacchierona, domani lo sa­prà tutto il quartiere...

Irene                              - S'io fossi felice, vorrei che tutto il mondo lo sapesse!

Carlotta                         - E allora... se qualcuno vi chiederà se è vero... dite pure di sì!... (Irene accenna di sì col capo. Carlotta continua) «... Domani io sarò accanto a te... ». La mia casa non è abbastanza bella per accoglierlo... e a voi non sembrerà forse abbastanza bello lui, per il tanto amore che gli' porto...

Irene                              - Mi hanno sempre detto che non è bello ciò che è bello...

Carlotta                         - E' un proverbio che conosco! (Legge) «... E' il mio destino che si compie... e si compie il tuo. Sono felice. E tu?... ». (ripiega il foglio).

Irene                              - Dev'essere un uomo d'ingegno.

Carlotta                         - E qui si rispecchia meravigliosamente.

Irene                              - Vi ha baciata, qualche volta?

Carlotta                         - (abbassando in fretta il capo) Guardate un po' se arrossisco! (Irene china il capo per guardare il viso piegato di Carlotta. Dal fondo rientra Mario).

Mario                            - Signorina Irene, vostra sorella se n'è andata (ritorna a frugare nel cassetto).

Irene                              - A rivederci, signorina Carlotta. Anch'io sono molto lieta per voi (le tocca appena una mano ed esce in fretta dal fondo).

Carlotta                         - (nervosamente) Sempre a disturbare, voialtri!

Mario                            - Ho rovistato in tutti i cassetti, di là... e quella fattura non si trova.

Carlotta                         - Ma non cascherà il mondo! (E porgen­dogli il foglio che tiene in mano) Eccola qua.

Mario                            - (verso di lei) Per forza non la trovavo! (lo prende).

Carlotta                         - Devi dire che non la trovavi perché la testa non ti serve (e muove verso destra).

Mario                            - Sarà così.

Carlotta                         - E' così. Cercate, cercate, mettete a soq­quadro ogni cosa... Luisa è come te!... e non vedete ciò che avete sotto gli occhi            - (esce a destra).

Mario                            - (riordinando in fretta il cassetto) Faccio un salto da Haller (e tra sé) Gnè gnè, gnè gnè, urta più la sua flemma dì uno scapaccione! (Dal fondo entra Magda).

Magda,                          - (accanto a Mario, sottovoce) Non c'è?

Mario                            - (chiudendo il cassetto) E dove volete che sia?!... In Paradiso, no certo. (Tentando di abbracciarla) Bellona! (Magda, in silenzio, lo batte scherzosamente) Voglio andare dalla signorina Antonia, per dirle che tu vieni a fare la spia!

Magda                           - Non vi permetto tanta confidenza, spione maestro!

La voce di Carlotta       - Mario!...

Mario                            - (verso il fondo) Io sono uscito da un pezzo (e scompare).

(Da destra rientra Carlotta intenta ad aggiustarsi i capelli).

Carlotta                         - Beh? Che c'è?...

Magda                           - Io non so se ciò che voglio dirvi sia im­portante...

Carlotta                         - Dimmi una cosa... Quel Tomaso Nagylàky viene spesso da Antonia?

Magda                           - Sì, perché?

Carlotta                         - Per  niente. E... non sai ciò che viene a fare?...

Magda                           - Nel retrobottega della signorina Antonia si parla molto in segreto!

Carlotta                         - Cos'è che non sai se è importante?...

Magda                           - Stamane è venuto un tale da vostra sorella... hanno parlato a lungo...

Carlotta                         - E chi è?...

Magda                           - Ah, non lo so.

Carlotta                         - E allora?...

Magda                           - Lo so che è ridicolo venire a riferire.,, senza dati, ma mi ha colpita una frase che la signorina An­tonia gli ha rivolto mentre lui se ne usciva: «Attento a non sbagliare! Via Vittoria, non via Elisabetta! Via Vittoria! ». «Non lo dimenticherò - ha risposto lui - è il nome di mia madre!».

Carlotta                         - E non hai tentato di chiedere qualche cosa?...

Magda                           - No, ma lo farò. (Verso il fondo) A quel cliente che a voi non pagava, ho portato stamattina la prima camicia.

Carlotta                         - E Antonia... è convinta di avermelo sof­fiato?...

Magda                           - Altre novità, nessuna.

Carlotta                         - Va, va...

Magda                           - A rivederci. (Apre la porta di fondo e la richiude subito) C'è il signor Nadaj.

Carlotta                         - (indicando la porta di destra) Esci dal cortile! Svelta!... (Magda esce in fretta a destra).

(Dal fondo entra Biagio Nadaj).

Nadaj                            - Dunque, signorina Carlotta... Non vedevo il momento di parlarvi per sapere com'è andata stamane!...

Carlotta                         - E come volete che sia andata?!... Mia sorella, la conoscete quanto me. Non parliamone, vi prego. (Mette in ordine delle scatole già in ordine). Oppure parliamone, altrimenti scoppio. Mi ero stretta come in un busto di ferro... avevo cambiata persino la voce... Macché! Mi ha ricevuta come un cane. Ha detto che non farà pace, assolutamente. E si era tutta agghin­data, quella sciattona! Vi dirò che c'è stato un momento in cui m'era sembrata mutata... Io ho sperato, per un attimo!... ma una sua risata mi ha accompagnata sin sulla strada. Una risata tagliente. Ce l'ho ancora negli orecchi. Ridi, ridi, ridi, Antonia, ridi!... ma si crepa anche ridendo, sai! (Siede, quasi raggomitolandosi) Io lo sapevo, me l'aspettavo... «Tu cerchi la pace, solo perché ti conviene!»... e poi... Oh, signor Nadaj... tutto il suo odio, sempre per quel Carlo Weiss che non fece bene né a me, ne a lei.

Nadaj                            - Eh, già! Ma chissà che il vostro passo non porti a buon frutto. Se non subito...

Carlotta                         - Io non posso aspettare.

Nadaj                            - Avete aspettato degli anni, aspetterete dei giorni...

Carlotta                         - (marcando) Non posso aspettare.

 Nadaj                           - E perché?

Carlotta                         - C'è una ragione.

Nadaj                            - Posso conoscerla?

Carlotta                         - Ve la dico se sedete. Siete vecchio e vostro cuore non reggerebbe.

Nadaj                            - Che c'entra il cuore... colla seggiola! Ma siedo! (siede).

Carlotta                         - Non giudicatemi sciocca e leggera: prendo marito.

Nadaj                            - (alzandosi e avvicinandola) Sul serio?! Su non scherzate! (Felice) La ragione di far pace era magnifica!

Carlotta                         - Ma interessata... e lei lo' ha capito l'ha capito!

Nadaj                            -Lasciate stare Antonia. E quand'è che...

Carlotta                         - Non saprei dirvi. Da ieri... da sempre»; E sposerò più presto di quanto non crediate.

Nadaj                            - Figliola mia! Questa è una notizia che non mi sarei mai aspettata. E' un magnifico regalo, per me! Davvero! E... lo conosco, io?

Carlotta                         - No. (Si alza, sì muove) Non lo conosco nemmeno io. (Nadai la guarda, stupito) Se volete ridere, ridete, ma non mi fate quella faccia, per carità. (Poi) Lo so che sembra uno scherzo. (Poi) Spesso andavo di certi miei amici, a Vacz... « Perché non prendi marito! Perché anche tu non fai come fanno tutte? »... e quo sta musica me la suonavano ogni volta che mi vedevano. Un giorno mi scrissero per dirmi che conoscevano un tale... descrivendomelo alla meglio... E' gente che scrive così male!... un tale che, a sentir loro, sarebbe stato felice di sposarmi. Io lo so... e, del resto, non mi è stato nascosto!... E' uno che è privo di mezzi e che, nella vita, non ha avuto fortuna. Il mio gruzzolo lo ha stuz­zicato. Giusto. Quando non c'è l'amore, una certa convenienza dev'esserci...

Nadaj                            - Ma cosa mi raccontate?!... (e cade a sedere).

Carlotta                         - (annusando in una piccola boccetta tolta di dietro a una scatola) Se volete i sali, son qua. (Posa la boccetta, si muove) Aveva, un tempo, una pic­cola merceria... Non a Vacz, ma a qualche chilometro!.., Poi, in seguito alla morte della moglie, gli affari gli andarono a catafascio...

Nadaj                            - (sempre più stupito) Vedovo?...

Carlotta                         - E non è un uomo?

Nadaj                            - Sì, ma...

Carlotta                         - In un certo senso... è garanzia!

Nadaj                            - ...con figli?

Carlotta                         - (dopo un silenzio) Mi riempite di do­mande.

Nadaj                            - Non direte che sono assurde!

Carlotta                         - No, ma sono troppe. Io mi sposo. Non vi basta?

Nadaj                            - Ah, ce n'è a sufficenza!

Carlotta                         - Me l'avete predicato tante volte!...

Nadaj                            - Sì, ma non così. E, naturalmente, nemmeno lui ha mai veduto voi!

Carlotta                         - (ridendo male) E chissà come mi hanno descritta. Se male, come lui lo hanno descritto a me, figuriamoci che cosa ne sbucherà fuori domani.

Nadaj                            - Non ridete, che non ne avete voglia.

Carlotta :                       - Se sono contenta!

Nadaj                            - Oh, no. (Un silenzio penoso). Cosa viene, domani?...

Carlotta                         - Domani mattina. La notizia del suo arrivo l'ho ricevuta stamane. L'ho lasciata a casa, la lettera, altrimenti ve la mostrerei. (Amara) E perché non volete che rida! Entrerà, dirà il suo nome, chiederà se sono io la signorina Carlotta Kadàr... ci 9Ì guarderà... e se proprio non ci spaventeremo... (Un silenzio). Io ero stanca di vivere sola. E anche per un'altra ragione. Ma non ve la , dirò.

Nadaj                            - Cose da pazzi. (Carlotta fa per ribellarsi. Nadij, marcando subito) Sì, cose da pazzi. Non c'è altra parola. Ma prima di giungere a tanto, non avreste potuto ferrare di vederlo? E' molto importante!

Carlotta                         - Non ho voluto.

Nadaj                            - Ma perché?

Carlotta                         - Ho le mie idee. Posso averle, no, le mie idee?...

Nadaj                            - Gli è che dite che lo sposerete, benedetta fi­gliola!... e almeno un poco dovrà pur piacervi!

Carlotta                         - Basterà che non disgusti.

Nadaj                            - E non è troppo poco?!... E poi, perché met­tervi nelle condizioni di rifiutarlo proprio qui?!... (Un silenzio). E il suo carattere?

Carlotta                         - Mi è stato garantito: docile e servile.

Nadaj                            - Così, come un orologio.

Carlotta                         - L'importante, per me, è che accetti una mia condizione.

Nadaj                            - Anche una condizione. E non la conosce.

Carlotta                         - Ho tutte le ragioni per credere che l'ac­cetterà. Vi ho detto che è un disperato.

Nadaj                            - No, no, non dovete più contare sulla mia amicizia.

Carlotta                         - Che debbo dirvi?...

Nadaj                            - Siete proprio sorella di quell'altra!

Carlotta                         - Vi prego, non nominatemela.

Nadaj                            - Come lei, una cosa giusta non la fate mai.

Carlotta                         - (scattando) Non criticate! Su! O chi siete, in fine, per introdurvi a tal punto nelle faccende mie!...

Nadaj                            - E perché me le raccontate, allora! (Marcando) Io vi sconsiglio di fare una cosa simile.

Carlotta                         - E' troppo tardi.

Nadaj                            - Avreste dovuto parlarmene prima.

Carlotta                         - Ho già messo al corrente certe pettegole... che tutto il rione, ormai, ne sarà a conoscenza.

Nadaj                            - Io non ho mai avuto il dono di capirvi. E Antonia?

Carlotta                         - Chi è, quell'imbecille?!...».

Nadaj                            - Lo vedete?

Carlotta                         - E imbecille dev'essere, perbacco, se non è stato capace di scrivermi una sola volta!

Nadaj                            - E' analfabeta!...

Carlotta                         - Non lo so. Non credo.

Nadaj                            - E allora?

Carlotta                         - Non lo so... non lo so!... Avrà avuto le sue buone ragioni!

Nadaj                            - E' giovane? E' vecchio?

Carlotta                         - Due anni più di me. Quarantadue.

Nadaj                            - Meno male.

Carlotta                         - (stranamente) Una situazione simile io dovevo affrontarla. E l'affronto. Perché ho voluto che Antonia lo sapesse? Nella speranza che essa ammettesse, una buona volta, di tormentarmi. E gli altri? Per costrin­germi ad affrontarla con maggior volontà, questa situazione... che ha del grottesco. Vedete bene che lo capisco. E a voi non l'ho detto prima d'ora, nel timore che foste riuscito a sconsigliarmi. Ora tutto è fatto.

Nadaj                            - E l'avete detto a tutti che dev'essere un im­becille?... (Carlotta tace. Tiene il capo basso, quasi avesse voglia di piangere. Piada} va verso di lei) Che c'è, ora?!... Eh?...

(Dal fondo rientra Luisa).

Luisa                             - (mostrandosi appena) Ha degli spiccioli, si­gnorina Carlotta? (Carlotta nemmeno si muove. Nadaj, con un gesto, invita Luisa ad andarsene). Andrò dal lat­taio (scompare).

Nadaj                            - Dunque?

Carlotta                         - Che dev'essere un imbecille... non l'ho detto... e forse non lo è. Mi sono anzi affannata a dire che lo conosco da tempo, che lo amo e che mi ama... Che vado incontro alla felicità. Se credete, a volte mi riesce di illudermi. Invento una storia... mostro fogli pie­gati dicendo che sono lettere sue... le leggo, anche!... ricordando frasi sognate nella mia giovinezza... Perché anch'io ho avuto il mio tempo!... Mi provo anche di so­gnarlo, a fabbricarmelo, questo individuo... e, si capisce, lo faccio come più mi piacerebbe!... ma quando penso che non sarà così, e che domani, d'un tratto, lo vedrò entrare... (indicando e guardando la porta di fondo) ... di là... (Dal fondo entra Michele Kovalicsik. Dopo un si­lenzio). Che volete?...

Michele                         - (con una grossa valigia) Cerco la signorina Kadàr.

Carlotta                         - La signorina Kadàr è fuori.

Michele                         - Fuori? Ritornerò. Scusate. (Esce).

Carlotta                         - (muovendosi) Non voglio seccatori, oggi.

Nadaj                            - Io non lo sono, dunque, per voi!... (Carlotta fa segno di no). Parlatemi, allora, a cuore aperto!

(Dal fondo, ancora Michele).

Michele                         - Vogliate scusarmi...

Carlotta                         - (malamente) Cosa volete ancora?...

Michele                         - Vorrei lasciare qui, questa valigia. Pesa as­sai... e siccome debbo ritornare...

Nadaj                            - Posate pure.

Michele                         - Mille grazie. (Poso la valigia in un angolo ed esce).

Nadaj                            - Cos'è, un viaggiatore?

Carlotta                         - (prendendogli le mani e stringendogliele) Signor Nadaj 

Nadaj                            - Coraggio! Se uno si sfoga...

Carlotta                         - Da vari anni... (guardando in fretta verso la valigia) Quell'uomo io non l'ho mai veduto... Quella valigia... non sarà uno scherzo di Antonia?

Nadaj                            - A che pensate?!...

Carlotta                         - Io le ho detto che la denuncerò!... ma mi ha risposto che non ha paura!

Nadaj                            - Non siate ridicola, via!

Carlotta                         - Le ho detto della strega... Le ho parlato di un matrimonio d'amore...

Nadaj                            - La convincerò io a lasciarvi in pace.

Carlotta                         - Oh, sarà inutile, vedrete. (Guarda ancora la valigia... guarda Nadaj... riabbassa il capo. Quindi) Vi dicevo che, da vari anni, stavo cercando di appoggiarmi a qualcuno... oppure qualcuno che si appoggiasse a me!... per un certo equilibrio che si faceva giorno per giorno sempre più indispensabile. Non potete capire perché. (Si muove, si ferma) Se sapeste quant'è difficile trovare un uomo che vi piaccia... tra quelli che supponete di­sposti!... E quant'è maggiormente difficile che una donna della mia età possa piacere ad uno di questi! Della mia età e del mio fisico!... perché so vedermi quale sono. Io ne dimostro molti di più di quaranta... (e subito) E anche Antonia! (Si muove ancora, si ferma ancora) Quindi... ci si smarrisce. E passa la fantasia... si soprassiede all'idea... e ci si sente liete di aver abbandonata ogni velleità. Ma un bel giorno il desiderio riaffiora, la volontà si fa maggiore e ci si rimette a cercare. Ancora più vecchia e, naturalmente, peggiore. C'è il gruzzolo, sì, ma non è tale da accecare chiunque! Ci si rimette, dun­que, a cercare, sino a che, veramente stanca e infinita­mente delusa, si lascia fare ad altri, se si ha, diciamo, la fortuna di avere chi può aiutarvi. Ci si abbandona al caso. Ecco. E si spera soltanto che il prescelto, non da voi... vada alla meno peggio. (Una pausa). Eh, caro mio, se c'è la voglia di vederlo, prima! Ce, e come!... Ma la necessità di non vederlo affatto, bisogna che sia più forte, se non si vuole correre il rischio di perdere... l'occasione, rifiutandolo!... Perché la bocca... i capelli... il modo di camminare... perché la voce... Sapete com'è!... Sono come sono, ma c'è ciò che mi piace e ciò che non mi piace. (Poi) E' una brutta avventura, lo so! Una pericolosa avventura. Se va, va!... se non va, tanto peggio per chi ci si arrischia. (Altra pausa) Per questo... per tutto que­sto, ho accettato ad occhi chiusi!... e così ha fatto lui. Hanno combinato tutto questi amici comuni... e sempre soltanto loro mi hanno scritto... E' gente seria, che mi vuol bene... ho, quindi, un briciolo di fiducia. (Un lungo silenzio). Com'è, non dite più niente? Non sono più pazza?

Nadaj                            - (stringendosi nelle spalle) Che Dio vi aiuti.

Carlotta                         - Eh, già! (Aprendo una scatola per rior­dinare ciò che vi è in ordine). La vita è una lotta dalla quale si esce sempre ferite... specie quando più nessuno si occupa di voi. E pensate... che non avevo mai potuto dimenticare di essere donna. Che lunghe torture, Nadaj!... torture mute!... quando il proprio tempo dei fiori, della poesia e di tutto ciò che può esservi facile come l'atten­dere un buon sorriso e il sentirsi una parola sussurrata... è passato! E non desideravo che la semplicità, come un bicchiere d'acqua... E non avevo grandi pretese. Come tutte, mi fabbricavo, pietra su pietra, il mio nido... (chiu­dendo la scatola con forza} Pietra su pietra, che mi sono servite a lanciarle, una alla volta, contro i miei simili. Il nido per chi?... E lo si distrugge. (Rigirando la sca­tola). Per quel mio gatto troppo grasso e sempre ladro? Per quel mio cuore troppo solo e così indurito? Per chi?... Pei- Antonia, quand'io non ci fossi più? Perché portasse in giro, per le mie stanze, altre sue risate? Eh, no. (Dal fondo rientra Mario).

Mario                            - (mostrandosi appena) Sono tornato.

Carlotta                         - (lanciandogli improvvisamente la scatola con­tro) E che m'importa! (Mario scompare. Col tono di prima, dopo un silenzio). Io darò certo l'impressione di cedere, ma sarà la volta buona che cambierò l'insegna. Se Dio vuole. E che Antonia, d'ora innanzi, badi bene a quello che fa, perché se lei punge, io brucio. E cam­bierò colore agli sporti... e tutto cambierò. Non potevo mica continuare a vivere col solo pensiero di trovare una burla peggiore di quella ricevuta, per continuare a tormentarci l'una e l'altra!... (Poi) Vi siete fatto agnel­lino, signor Nadaj?... Come siete ridicolo, anche voi! (e, amara) Non avrà code, il mio abito di nozze!... e nem­meno fiori d'arancio, il mio velo!... e lui porterà, proba­bilmente, un vestito che io gli avrà acquistato         (ride forte, dolorosamente).

Nadaj                            - Non tormentatevi di più!

Carlotta                         - (accostandoglisi) Signor Nadaj!... vi ho detto delle verità e delle menzogne. (Nadaj la guarda, muto. Carlotta, tormentandosi le mani) Ma dovevo contenermi così. Debbo contenermi così. A volte non » nemmeno io quel che dico e quel che faccio. Sono così in piena crisi. Passerà. (Dal fondo rientra Luisa coi una pezza di stoffa. Carlotta a Luisa) C'è una scatola B in terra, non pestarla. E raccoglila... rimetti a posto le cravatte... rimetti a posto la scatola!... Se non vi stendo addosso da mattina a sera, altro che negozio di Antonio diverrebbe questo!... (Luisa la guarda; Nadaj scuote il capo). E sono buona... generosa... Umile!... (Nadaj si muove, grattandosi in testa). Ma non dovete approffittavene! Poi vattene a casa, che non voglio vedere nessuno, (Dal fondo entra Tomaso Nagylàky). Oh, proprio voli Giungete a proposito. (Tomaso le sorride e si frega le mani. Intanto Luisa mette a posto la pezza in una sa sia... Raccoglierà poi la scatola e su di un banco dispone le cravatte). Ascoltatemi attentamente... Non proferite una sola parola... e appena ho finito, andatevene. Capito? Stamane sono stata da mia sorella... e mentre stavo per giungervi, voi uscivate dal suo negozio. Mi avete veduta?

Tomaso                         - (sconcertato) Ma... se non debbo profferir I parola!...

Carlotta                         - Che cosa andate a fare, da lei?...

Tomaso                         - Io...

Carlotta                         - Poco fa ho avuto campo di chiedere a unapersona, senza nemmeno domandare se vi conosce... se Tomaso Nagylàky si recava spesso da Antonia. E sapete che cosa mi è stato risposto? Spessissimo e che ci confabulate a lungo e in segreto.

Tomaso                         - In verità, non ho il piacere di capirvi (e guarda Nadaj).

Carlotta                         - Ah, sì?... Nemmeno se vi dico che siete I una canaglia?...

Nadaj                            - (accorto) Che siete una canaglia io lo sapevo da un pezzo... Io stamane vi ho veduto da Antonia... ma non sono stato io a riferire.

Carlotta                         - Peggio di una canaglia, siete!... se rubate alla gente quattrini a imbroglio! Voi servivate lei contro di me... e, nello stesso tempo, servivate me contro di lei. Non negate, altrimenti m'inquieto, badate!...

Tomaso                         - Ma inquieta voi lo siete già!... e a torto!

(Luisa esce a destra).

Carlotta                         - A torto?!... (A Nadaj) Ma lo sentite? Era lui che mi suggeriva e metteva in atto le mie burle e i miei dispetti!... E come s'è fatto sempre pagare!

Nadaj                            - E non lo conoscevate?...

Tomaso                         - La mia presenza presso la signorina An­tonia io la posso spiegare benissimo!... (A Nadaj) Non posso però permettervi d'insultarmi.

Nadaj                            - Se non vi mettono in angustia nemmeno le legnate! (A Carlotta) Per far soldi, è stato capace di mettere in subbuglio intere famiglie, quel venditore di impiastri!

Tomaso                         - Giuro che mi si accappona la pelle ad ascol­tare simili eresie. Io sono un nomo onorato, signor Na­daj!... e dovrete rendermene ragione.

Nadaj                            - Sì!!...

Carlotta                         - Badate a me, vecchio imbroglione. Si era rimasti sì o no d'accordo che non avreste mai messo piede nell'altro negozio?...

Tomaso                         - Ci sono stato costretto... per ragioni mie personali.

Carlotta                         - E ditele!

Tomaso                         - Io ripasserò, perché desidero parlare a voi sola.

Carlotta                         - Per imbrogliarmi meglio, vero? Accontentatevi se non pretendo la restituzione di quei cinquanta pengo che vi ho dato proprio ieri!... Andatevene e non fatevi mai più vedere. (Da destra rientra Luisa con cappello e soprabito). E tu, dove te ne vai?

Luisa                             - A casa. O  non me l'ha detto?!...

Carlotta                         - Io?!... e quando?!...

Nadaj                            - Ma sì che l'avete detto!

Carlotta                         - E allora che cosa aspetti? Va, va, va!... (Luisa esce dal fondo).

Nadaj                            - E me ne vado anch'io, perché tra i matti non ci so vivere.

Carlotta                         - Ma andatevene tutti, una buona volta!

Tomaso                         - Voi non dovete pensare...

Carlotta                         - (scattando) Non voglio vedere nessuno (ed esce in fretta a destra).

Tomaso                         - (verso il fondo, guardando male Nadaj) Vi renderò il pane che vi siete meritato ( ed esce).

Nadaj                            - Il pane e il vino, brutta figura! (Muove len­tamente verso il fondo, poi, sempre lentamente, muove verso la porta di destra. Dal fondo rientra Michele).

Michele                         - Sono qui di nuovo... Il commesso mi ha detto che c'è la signorina Kadàr.

Nadaj                            - Ma sì, che c'è!... (Indicando) E' di là!

Michele                         - Strano, non l'ho veduta entrare... e sì che non mi sono mosso dal fanale the è subito di fianco alla bottega...

Nadaj                            - (verso di lui) Sentite... se siete un viaggiatore o un rappresentante...

Michele                         - No, no... Sono Michele Kovalicsik.

Nadaj                            - Ah, sì?... E credete di essere il benvenuto?...

Michele                         - Altroché! (Sorride e abbassa il capo).

Nadaj                            - (verso il fondo) Beato voi, allora! (ed esce).

Michele                         - (tra sé) Che strana gente! (Va a pren­dere la valigia,, la posa su di un banco, cerca qualcosa in una tasca) A distanza di poche ore, direi che qualcosa, qui, è già cambiato. (Leva una chiave, apre la valigia) Ce più ordine... e ci sono dei fiori. Molto bene. (Da destra rientra Carlotta). Buon giorno.

Carlotta                         - (osservandolo attentamente) Che cosa fate con quella valigia?...

Michele                         - L'apro.

Carlotta                         - Ma, se non sbaglio, poco fa vi ho detto...

Michele                         - ...che la signorina Kadàr non c'era! Ma adesso c'è!

Carlotta                         - Ah, sì? E che volete da lei?

Michele                         - Qualcosa che non voglio dire a voi.

Carlotta                         - Nemmeno chi siete?...

Michele                         - Beh!... questo posso anche dirlo. Sono Mi­chele Kovalicsik.

Carlotta                         - (quasi senza fiato) Come dite?...

Michele                         - Perché, non vi garba? (Marcando) Mi­chele Kovalicsik, di Vacz. Se volete dirle che sono qua...

Carlotta                         - Michele Kovalicsik?!... Ma non dovevate arrivare domani?

Michele                         - Ah!... vi ha parlato di me?!... (Togliendo indumenti dalla valigia) E... bene o male?.- Non volete dirlo?... Dite la verità, che ci vuole del coraggio a fare... quel che facciamo! (Togliendo un cartoccio) Vi piace il maiale? Questo è un salame montanaro... Una spe­cialità. Carne e spezie. E' squisito. Se vi piace ve lo farò gustare. Io ne vado pazzo. Io ne mangerei sempre dell'affettato            - (lo posa e continua a toglier roba dalla valigia). Perché mi guardate così stralunata?... Rispon­dete alla mia domanda: vi ha parlato bene o male di me?...

Carlotta                         - Non vi conosce ancora!

Michele                         - Siete una sua confidente? (Carlotta tace e continua a fissarlo. Michele continua, togliendo un altro cartoccio) A casa mi era rimasto un pezzo di for­maggio... e l'ho portato con me. Si sarebbe sciupato! Sono economo. (Guardandola) Mi accorgo che state sot­toponendomi a un attento esame. Come mi trovate?

Carlotta                         - ...Se mi trovassi al posto della signorina Kadàr?...

Michele                         - Anche.

Carlotta                         - non so!...

Michele                         - Avreste dovuto vedermi a vent'anni. Eh!... allora sì! Ma ho delle fotografie di allora, e ve le farò vedere. Ma poi... i capelli se ne sona andati quasi tutti... e non riesco più bene. (Riprende il lavoro) Ecco quello che cercavo... (leva un piccolo astuccio) Volete vedere? (le va accanto. Carlotta si stringe in sé, quasi per paura). Questo fu il regalo di nozze ch'io feci alla mia prima moglie. Voi le saprete che sono vedovo... Orecchini, braccialetto e spilla. Oro buono!... Se li vorrà... io non ho altro da offrirle. Se non li vuole, si vendono. Tanto, oramai, ogni ricordo del passato bisogna cancellarlo. (Chiudendo l'astuccio) Eh, povera Marika, se tu fossi qui a vedermi! (Ritorna accanto alla valigia) ... ma dal cielo, certo, pregherai per me. Scusate se mi sfogo un po'. (Poi) Quante lotte, quante sofferenze, povera donna! E io, che desideravo' tanto un bambino...

Carlotta                         - (con vivissimo interesse) Vi piacciono?...

Michele                         - Immensamente... ma non ci riuscimmo. Mi piacciono anche quelli degli altri, figuratevi. Era sempre malata, sempre triste... Questa è sana, vero?

Carlotta                         - Oh, sì!... Mia non so se alla sua età, dei bambini... E poi... non so nemmeno se l'intimità dovrà raggiungere...

Michele                         - Capisco. Caso mai, col tempo!... (Colle mani in tasca, con passo soddisfatto, largo, verso di lei) Sì, sì, capisco. (Poi) Ma che cosa sta facendo di là?...

Carlotta                         - E' uscita un momento in cortile...

Michele                         - Io non ho fretta. L'unica cosa che dovevo fare... era di venire a Budapest... e a Budapest ci sono. Una magnifica città. (Siede, sempre tenendo le mani nelle tasche dei calzoni) Siete mai stata a Vacz, voi? (Carlotta non risponde, e siede, non staccando mai lo sguardo da lui). Niente di bello. Io, poi, stavo fuori... a qualche chilometro... E come sono pratico di mer­cerie! Ma senza fortuna. Forse per le troppe disgrazie. Vi annoio? (Carlotta segna appena di no). Scommetto che voi mi giudicate sfacciato. Vi conosco appena... e subito vi ho parlato come se ci conoscessimo da tempo. Invece sono timido. ;Ed è forse questa mia timidezza che... Del resto, non potevo mica entrare e restarmene muto. E poi si diventerà amici, no? Lavorate qui? E' veramente un bel negozio. (Poi) Eh!... sul principio, quando mi fecero la proposta... Fu in verità un po' dura da accettare... ma poi, come tutte le cose... una volta che ci si è... (Un silenzio). Ditemi una cosa... ritornando al discorso di prima... ma senza complimenti... Se foste voi, lei, che ne pensereste di me?... Così, a occhio! (Car­lotta, sorridendo appena, evidentemente soddisfatta, ab­bassa il capo). Siete sposata? (Carlotta accenna di no). Ma quante ce ne sono... delle donne da marito! Ma­donna santa! (Poi) Vi ho un po' confusa. Scusate. (Guarda verso la porta di destra) Si va in cortile, di là?...

Carlotta                         - (guardando pure verso destra) Sì. Ed è di là che lei giungerà.

Michele                         - Non certo attraverso il muro, (Ride e allarga le gambe).

Carlotta                         - Volevo dire... e voi, come ve l'aspettate?

Michele                         - Dio mio... sin dal primo momento... Ci si aspetta sempre qualcosa di meglio. No? Del resto, non poteva mica cambiarsi faccia per me! E poi... si tratta più di un affare che di un affetto.

Carlotta i                       - Si direbbe che l'avete già veduta!

Michele                         - Stamane.

Carlotta                         - (alzandosi) ... E dove?...

Michele                         - ' Non ve l'ha detto?... Qui!

Carlotta                         - (scostandosi) Siete venuto anche stamane?

Michele                         - Come sono venuto mezz'ora fa. Feci scri­vere che sarei giunto domani... e invece ho anticipato. Che ci facevo più, a Vacz!

Carlotta                         - Mezz'ora fa, sì... e scusate se io.„ Non sa­pevo chi foste!... ma stamane non vi ho veduto!

Michele                         - Infatti... non c'eravate.

Carlotta                         - (scostandosi ancora) Se non mi sono mossa, di qui...

Michele                         - Ditemi una cosa: so che dovrò assogget­tarmi ad una condizione. Ne sapete niente?

Carlotta                         - (un tantino dura) So che non accetterà quel vostro dono... Il passato dev'essere passato!... e so anche che bugiardo non le garberete.

Michele                         - (alzandosi) Bugiardo... perché?...

Carlotta                         - Sostenete di essere venuto stamane... e non è vero.

Michele                         - Fatevele dire appena verrà!

Carlotta                         - (avvicinandosi alla porta di destra sempre guardandolo) Ma se fossi io, la signorina Kadàr... vi piacerei?

Michele                         - Dovete essere più giovane, voi!,..

Carlotta                         - (in sospetto) - Quaranta.

Michele                         - Vedete? Cinque anni di meno.

Carlotta                         - E... si chiama, la signorina Kadàr che cercate?

Michele                         - Perché?... Ve ne sono altre?

Carlotta                         - Ditemi il nome.

Michele                         - Antonia.

Carlotta                         - (puntandogli contro l'indice) Voi, stamat­tina, avete sbagliato negozio!

Michele                         - (guardandosi attorno) Cosa?,., ma... (e muove in fretta verso la porta di destra).

Carlotta                         - (scostandosi in fretta) La signorina Kadàr che cercate, sono io!

Michele                         - (volgendosi di colpo) Eh, no.

Carlotta                         - (scostandosi ancora) Sono io che vi aspet­tavo!... perché voi cercavate di Carlotta Kadàr!

Michele                         - (smarrito) Carlotta?

Carlotta                         - Non sapevate il nome?!...

Michele                         - M'era stato scritto su di un foglietto che smarrii... Non ho mente per i nomi... (Poi) Carlotta?... Sì, mi pare!... ma anche Antonia ha detto che mi aspet­tava! E chi è, allora, quest'Antonia?

Carlotta                         - Mia sorella.

Michele                         - (quasi tra se) « Sorelle Kadàr »! ... E ha un negozio simile a questo?

Carlotta                         - Sì, ma io sola sono l'amica dei Kertész vostri amici!... E lei nemmeno sa che esistono...

Michele i                       - Gliene ho parlato!...

Carlotta                         - E io sola ho sempre ricevuto la loro cor­rispondenza!

 Michele                        - E perché i Kertész non mi hanno mai raccontato... dell'altra?

Carlotta                         - Non volli io, per parlarvene io stessa, dopo.  Non c'è accordo, tra me e lei!...

Michele                         - (marcando) Perché mi ha accolto come foste voi?

Carlotta                         - Le dissi che mi sarei sposata..; e tuttora ruba, quando le riesce!

Michele                         - (che ancora non sa se credere o no) Ma questa non è via Vittoria?

Carlotta                         - Questa è via Elisabetta.

Michele                         - E sono vicine, queste strade?... (Carlotta cade a sedere e accenna di sì. Michele non sa più che fare, che dire). Lei avrà subito capito che io... e allora? Ma voi perché non appena avete sentito il mio nome, noni avete...

Carlotta                         - Volevo parlarvi un po', prima!... (Michele va in fretta accanto alla valigia e si dispone a rimetterà dentro la roba). Volevo far pace... non ha voluto...

Michele                         - Non dico di ritornarmene a Vacz... farei ridere tutti!... ma qui non ci resto davvero: almeno sino a che tutto non si è ben chiarito.

Carlotta                         - (con espressione e voce quasi supplichevole) Oh, no, non andatevene!

Michele                         - Di lotte ne ho avute abbastanza per il pas­sato...

Carlotta                         - Vi prego!... Non precipitate!...

Michele                         - Io pensavo che qui tutto fosse tranquillo...

Carlotta                         - Lo sarà, se voi mi aiuterete!... e interroga­temi, se pensate ch'io menta!

Michele                         - Due sorelle!... due negozi!... così vicini,cosi simili!... No, no, voglio vederci dentro bene, prima!

Carlotta                         - Ma così voi le darete la più grande soddi­sfazione della sua vita! A questo essa voleva giungere! Dividerci prima che fossimo uniti! (Alzandosi) Se io vi dicessi che... (non osa continuare, ma poi, decisa, a capo basso) Se vi dicessi che di voi non speravo tanto... Forse io, per voi, non sono... Ebbene, se è per questo...

Michele                         - Non è per questo.

Carlotta                         - (incoraggiata) Vi avranno detto, i Kertész, che io metto a vostra disposizione una somma, se...

Michele                         - Sì, ma io... Io ora mi sento troppo ridicolo.

Carlotta                         - E io, allora?!... (Con forza, marcando) Quella somma, la raddoppierò. (Michele rallenta il suo lavoro. Carlotta, accorta) E avrete la cointeressenza negli affari... e il vostro nome sull'insegna...

Michele                         - (stuzzicato) Ma c'è una famosa condizione, da accettare!... E sarebbe?

(Dal fondo, improvvisamente, entra Antonia Kadàr).

Antonia                         - (subito ironica) Ah, non m'ero sbagliata! (A Michele) Quando ho visto che tardavate, ho pensato: « Stamane è venuta da me credendo d'andare da lei, oggi è andato da lei, credendo di ritornare da me ». Proprio come i nostri clienti più distratti. (Michele la fissa, muto, Carlotta si trattiene a stento. Antonia, rivolgendosi a Car­lotta) Sarebbe inutile che io mentissi, ora! Se non ce l'a­vessi trovato, il tema era la pace!... C'è, il tema è la lotta. (A Michele) Il vostro stupore è giustificato. I negozi sono identici!... le donne pressoché!...

Carlotta                         - Antonia...

Antonia                         - Risparmiati ogni discorso inutile, sai, perché anch'io, come te, cerco di sistemarmi, E collo stesso tuo diritto.

Carlotta                         - (chiama) Mario!...

Antonia                         - L'amore che mi avevi descritto non esiste... e non occorreva la mia intelligenza, per capirlo... Questo- è un affare!... e io sono pronta, disposta e decisa a conte­startelo. Se si tratta di cifre, chi più ha più dia!... Se si tratta d'altro, chi ha più volontà la metta in pratica.

Carlotta                         - (richiama, muovendo verso il fondo) Ma­rio!...

Antonia                         - (ponendolesi davanti) E' inutile che tu chiami il commesso. Non potrà esserti utile in nessun modo... e lo so io, il perché.

Carlotta                         - (viso contro viso) Perfida, sei!

Antonia                         - Io sono tutta d'un pezzo. Non come te, che ora sei una piccola donna sentimentale e sognatrice... e ora un istrice pericoloso!

Carlotta                         - No!... no!... tu sei un demonio!

Antonia                         - Lo so!

Carlotta                         - Ma tutto ha un limite, devi convenirne!

(Michele si affretta a chiudere a chiave la sua valigia).

Antonia                         - Se lo abbiamo passato da un pezzo, il limite!

Carlotta                         - E allora, qualunque cosa si fa... può es­sere giustificato!

Antonia                         - Qualunque.

Carlotta                         - (afferrandola) Anche se ti metto- le mani addosso!...

Antonia                         - (cercando di liberarsi dalla stretta) Con garbo, però! Dimmi piuttosto quant'è che gli dai perché ti «posi! Io gli offrirò altrettanto perché non lo faccia. (A Michele) Credo che possa convenirvi!

Michele                         - (verso il fondo, colla valigia) Per il mo­mento mi conviene andarmene.

Carlotta                         - No!... (Lascia Antonia e corre verso il fondo) Se ve ne andate, siete un vile!

Michele                         - Io ho una camera alla pensione « Econo­mica ». Attenderò.

Carlotta                         - Per me siete venuto, per me dovete restare. (Afferrandolo per un braccio) Per me!

Michele                         - Né per voi, né per altri, per ora... e se vi accapigliate, non sperate che io intervenga. Quindi, limi­tatevi alle vostre possibilità. (Urtandola appena) La­sciatemi!

Carlotta                         - (con forza) Voi non dovete uscire!

Michele                         - Anche delle imposizioni?!... Mi sembrava già troppo quella condizione che ancora non conosco.

Antonia                         - Ah, c'era una condizione?!... Da me non l'avrete,

Carlotta                         - (portandosi le mani sul capo) Oh, vi sup­plico!... tutti e due!... Non è leggerezza, la mia!... non è volontà di matrimonio!... non è necessità fisica!... è qualcosa di più!... (scomponendosi i capelli) ...è... (e non lo dice).

Antonia                         - Io sono tutt'orecchi!... e se la tua ragione mi convince...

Carlotta                         - (ancora viso contro viso) No. Non lo dirò mai, a te. Mai. Bada, però, che ti colpirò inesorabil­mente, se la tua malvagità distruggerà la mia speranza!... (e fa ancora per afferrarla) Capisci?

Antonia                         - (urtandola malamente) No, non capisco. (Carlotta ha urtato contro un banco e vi si appoggia dolorosamente).

Michele                         - Pensione « Economica »... camera ventisei (ed esce).

Carlotta                         - No!... Oh, no!... (e posa il viso sulle brac­cia piegate sul tavolo del banco).

Antonia                         - E adesso posso andarmene anch'io (si ag­giusta bene il vestito). E saremo pari, perché non riu­scirai nel tuo intento. Io sono più ricca di te, lo sai!... Molto più ricca di te!... Io ho raggranellato!... sempre!.» e tu hai sempre speso. Troppo. Per divertirti? Ora mi diverto io. Ora me ne valgo di questa mia superiorità. Quindi... nemmeno se gli darai tutto quello che hai, basterà. Io gli darò sempre di più. E me lo sposerò io, se sarà necessario, E se sarà una cosa grottesca... rin­grazia il cielo che l'ho tolta a te. Vedi che può essere anche un favore che ti faccio...

Carlotta                         - (cadendo in ginocchio) Antonia... ti prego...

Antonia                         -  ...non sono nemmeno cattiva...

Carlotta                         - Se tu potessi capirmi...

Antonia                         - Oh, non in ginocchio.

Carlotta                         - ...io ti aprirei il mio cuore...

Antonia                         - (marcando) Nemmeno cattiva, ma non una santa.

Carlotta                         - (marcando essa pure) ... io ti direi la mia angoscia...

Antonia                         - Non sono Michele e non mi comperi.

Carlotta                         - (alzandosi) Se ti dicessi, forse riuscirei a scuotere il tuo cuore...

Antonu                          - E dillo!

Carlotta                         - (dopo un attimo) E se fosse peggio? (Puoi- di se) Peggio, peggio sarebbe, perché ti conosco!

Antonia                         - Bisognava essere più furba, andare a prenderselo alla stazione... (e muove verso il fondo) Io avrei fatto così.

Carlotta                         - Poco furba sei stata anche tu, se gli hai permesso l'errore di risbagliare bottega... (Tendendo un braccio verso di lei) Senti, Antonia...

Antonia                         - » Sciocca!... il mio gioco non avrebbe potuto durare (fa per aprire la porta).

Carlotta                         - Non te n'andare!...

Antonia                         - Quanto ammonta il tuo capitale? (Apre la porta) Il mio arriva ai centomila pengo!...

Carlotta                         - (verso di lei) Antonia...

Antonia                         - (chiudendo la porta) Mi vuoi dire la tua angoscia?

Carlotta                         - (dopo un attimo) No.

Antonia                         - (riaprendo) - E allora...

Carlotta                         - Io invoco tutti i santi. Tu spezzi la mia vita... tu distruggi qualcosa di sacro... E io debbo vivere e tu non devi distruggere... (Alzando gli occhi al cielo) Dio mio, tu sai la mia pena! Aiutami tu!

Antonia                         - Ma non la so io e non ti aiuterò (fa per uscire).

Carlotta                         - (fuor di sé, disperata) Io ho un bam­bino!... un bambino che non ha nome!... un bambino mio!... da salvare!... Un bambino.... (Antonia, colpita, sbalordita... fa, istintivamente, un passo verso di lei... ma poi, quasi rigida, con espressione quasi spaventosa, esce sbattendo la porta dietro di se). ...mio ...mio... mio!... Un bambino mio!... (si piega sin verso terra, singhiozzando e si accascia, sempre raggomitolata).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

In casa di Antonia Kadàr. Salotto e camera da pranzo insieme. I mobili non sono né belli né brutti e, come nel suo retrobottega, vi è molto disordine. Mezza tavola è apparecchiata. Sull'altra metà vi è un grosso involto di biancheria. Su di una seggiola un paio di scarpe. Su di un'altra un tovagliolo. Su di una poltroncina un so­prabito, un cappello e una borsetta. Su di un mobile una casseruola. Su di un altro un cestino da lavoro e molte calze. Una piccola radio. A sinistra una finestra. Due porte: una nel fondo, l'altra a destra. Sulla radio un abat-jour. Lo stesso giorno. E' sera.

(Antonia Kadàr, in pantofole e vestaglia, in piedi ac­canto alla tavola, sta versandosi da bere. Beve. Quindi si accinge a sparecchiare. Suona un campanello. Antonia guarda verso la finestra, resta immobile un momento, riprende a sparecchiare. Ancora il campanello. Antonia va alla finestra, l'apre, guarda di sotto).

Antonia                         - Chi è? (Si sporge) Chi? (Si, ritrae in fret­ta, chiude la finestra. Ritorna alla tavola e apre Rinvolto di biancheria di bucato. (Di nuovo il campanello. Dopo un altro momento di immobilità, Antonia corre alla ra­dio, l'apre ed esce dal fondo. La radio trasmette un jazz. Antonia rientra. Alla radio alza il tono e, in fretta, porta fuori, a destra, il soprabito, il cappello e la borsetta! Rientra. Toglie di sulla seggiola le scarpe e le getta sot­to un mobile. Fa lo stesso colla casseruola. Prende lei calze e gira un po' attorno senza sapere dove metterle. Le pigia in un cassetto, malamente. Poi, accanto al ta­volo, prende il tovagliolo che sta sulla seggiola e si ac­cinge a piegarlo, lentamente. Dal fondo appare Carlotta Kadàr. Antonia nemmeno la guarda. Carlotta resta un po' accanto alla porta di fondo, si avvicinai alla radio e la spegne). Non far complimenti. Proprio... come se tu fossi in casa tua.

Carlotta                         - Se mi hai aperto, vorrai ascoltarmi!...

Antonia i                       - Non lo so bene, ancora (porta il tovagliolo piegato in un cassetto di un mobile. Ritorna accanto al tavolo) Se non ti avessi aperto, saresti stata capace di di­sturbarmi sino a chissà quando... (Prende bottiglia e bicchiere) Pagliacciate vicino a casa mia, non ne voglio. (Esce a destra. Carlotta, col capo basso, resta ferma ac­canto alla radio. Antonia, rientrando) Ti ho lasciata en­trare per questo. Non perché avessi voglia di vederti. (Prende piatto, posate e va a posarle su di unì mobile).

Carlotta                         - Non ti nascondo d'essere stata alla pen­sione « Economica », prima di venire qui... Qui non vo­levo venire.

Antonia                         - (piegando la tovaglia) Avresti fatto meglio.

Carlotta                         - Ma... Michele Kovalicsick non c'era... non aveva lasciato detto dove fosse andato... Per questo io...

Antonia                         - E io, al tuo posto, nemmeno sepolta mi sentirei nascosta. (Va a mettere la tovaglia nello stesso cassetto dove ha messo il tovagliolo. Prende il piatto e le posate e muove verso destra) Hai del coraggio. (Esce).

Carlotta                         - Non portarmelo via, Antonia!... ho biso­gno di lui... ho bisogno di te!

Antonia                         - (rientrando) Che cosa? (Carlotta tace. An­tonia, fissandola) L'umiltà non ti si addice.

Carlotta                         - Non èfalsa.

Antonia                         - Tutto il tuo orgoglio, dunque».

Carlotta                         - Se ti dicessi di volerti bene... non dirà la verità. Noi due non ci siamo mai volute bene...

Antonia                         - - Mai... mai... (Leva, uno alla volta, i capi di biancheria che stanno nel grosso involto. Li osserva li piega, posandoli sul tavolo),

Carlotta                         - Forse perché abbiamo troppo poco vissuto insieme... Tu sino ai dieci anni vivesti in casa della mamma... Quando venisti da noi, io mi ammalai e fui allontanata... Quando tornai, tu eri partita col babbo e io restai colla mamma...

Antonia                         - Ricordo che la difendevi...

Carlotta                         - Come tu difendevi lui.

Antonia                         - Mi racconti tutte cose che se.

Carlotta                         - Quel che non sai, forse non lo vuoi sentire!...

Antonia                         - No. (Carlotta resta per un momento immobile, quindi muove decisa verso la porta di fondo, per andarsene. Antonia, subito) Michele Kovalicsik sarà qui da me fra mezz'era.

Carlotta                         - (volgendosi) Perché me lo dici?

Antonia                         - (va verso il mobile dove si trova il cestino U da lavoro e lo prende. Ritorna al tavolo) Non ho sotterfugi. Alla pensione sono stata più fortunata di te. Ce l'ho trovato, io.

Carlotta                         - E perché viene qui?

Antonia                         - Se te ne vai, te lo saprò dire. (Carlotta ritorna e le va accanto). Se non te ne vai...

Carlotta                         - Se non me ne vado...? (Antonia tenta dì scostarla, con un gomito). Spesso ho pensato come mai, noi due, sorelle... Tant'odio!... Non urtarmi, non posso sentirmi urtata!...

Antonia                         - Scostati, perché non posso sentirmi nes­suno, accanto.

Carlotta                         - Il tuo odio è grande, verso di me!...

Antonia                         - (stendendo una camicia da notte) Se vuoi ridere... questa camicia faceva parte di quel mio corre­do...

Carlotta                         - Non ho voglia di ridere.

Antonia                         - Per anni non toccai un solo capo... (pie­gandola frettolosamente e malamente). C'è chi fa prima il corredo... e c'è chi fa prima un figlio...

Carlotta                         - Vuoi che te ne parli?

Antonia                         - Ho detto di no.

Carlotta                         - E allora che ci sto a fare, qui?

Antonia                         - Lo chiedi a me? (Carlotta si avvicina alla finestra, l'apre). Perché apri?...

Carlotta                         - C'è odor di cucina, qua dentro... Mi man­ca l'aria...

Antonia i                       - La stessa frase me la dicesti molti anni fa... Io ho buona memoria. Tu non ricordi, scommetto, La casa era un'altra... il babbo era morto da poco... la finestra guardava in quella piccola strada buia dove tu, la sera, t'incontravi con... E ogni tanto dovevi guardare...

Carlotta                         - (sempre accanto alla finestra, aprendo la sua borsetta) Antonia... guarda... (toglie dalla borsetta una piccola rivoltella, la mostra) Con questa sono venuta da te... Dimmi che non...

Antonia                         - (trattenuta) Sarà pericoloso per entrambe.

Carlotta                         - Ah, lo so, lo so, ma... ma tu non devi spin­germi alla disperazione...

Antonia                         - Se la riponi, sarà meglio.

Carlotta                         - (riponendola) Sì, Antonia... (Richiude la finestra). Io ti ubbidirò... Vedi... da oggi, dal momento in cui ti ho detto la verità... io... io ho sentito che posso, che debbo essere buona!... Non sacome dirti! Mille pa­role, tutte insieme, mi si accavallano nel cervello... e non so se ne usciranno le più convincenti o le più assurde. Ma non c'è nulla di preparato e di falso. Non c'è lezione imparata a memoria. Nemmeno questa mia umiltà deve adombrarti. Tu continuerai a dire che è così... perché mi conviene... Ebbene, sì, non lo nego. Sbagliavo sempre, quando pensavo che mai si ha bisogno degli altri, quan­do la propria indipendenza finanziaria™ E invece bi­sogna contornarsi d'amore, non d'odio... d'affetto, non di solitudine. (Verso di lei) Tu forse non hai segreti... Se tu sapessi cosa vuol dire gettarlo fuori!... gridarlo for­te!... E' un grande sollievo, come chi respira aria sana, finalmente, dopo tant'aria vizza che t'ha bruciata la go­la... E' la luce, dopo tanto tempo che hai brancolato nel buio... Ti fa male agli occhi, in un primo momento... ma è la luce! Io ho un figlio e tu lo sai...

Antonia                         - (indicando la borsetta) So anche cos'hai lì dentro... e vorrei che tu la posassi.

Carlotta                         - (guardandosi attorno) Oh, sì. (Va a po­sare la borsetta su di un mobile e ritorna) Volevo farti paura, sai, non servirmene...

Antonia                         - L'avevo capito.

Carlotta                         - E vorrei che la tua voce fosse meno a-spra... e che il tuo viso...

Antonia                         - Ma io non sono come te che ne hai due, di voci!... e due, di visi!... e molte espressioni.

Carlotta                         - Oh, anche tu. Tu piangesti tanto quando il babbo morì... e il tuo viso, ricordo, fu tanto diverso... E lo fu diverso, quando quel Carlo Weiss venne ad abi­tare da noi...

Antonia                         - Non dire poi che sono stata io a ricadere nel discorso...

Carlotta                         - L'ho nominato per farti comprendere...

Antonia                         - L'hai nominato, perché, caspita!, ti ricorda qualcosa. «Non sono stata la sua amante!»... ma non l'avevo creduto, sai!... (Carlotta fa per parlare. Antonia, interrompendola) Le vostre corse nell'orto... o lungo il Danubio... o a Buda... mentr'io mi struggevo!... (Carlot­ta fa ancora per interromperla). E' la parola, perché tu non saprai mai. E non ci volevo trovar nulla di male per non soffrire troppo!... e troppo soffrivo, per non riuscire a vincere te, più giovane e più abile. Sì, più abile, perché le tue smorfie, le tue romanticherie ti face­vano più attraente di me!... i tuoi giochi e la tua aria innocente ti facevano sembrare migliore. E migliore non eri!... e migliore non sei. (Carlotta scuote il capo len­tamente). Anche per questo ti ho odiata. Certe parole non mi sarebbero mai uscite dalle labbra!... a te, invece, tutte. Non so se le hai perse quelle tue abitudini: forse per quei piccoli romanzi che divoravi, inventavi storie e bugie che sembravano verità. Nessuno ti scriveva e leg­gevi lettere che sembravano scritte... e io a cercarle, que­ste lettere... a indagare... e non trovavo mai nulla. Se ho avuto due espressioni, le ho avute per il dolore e per l'indifferenza. Tu, tante, invece, e anche per quando non ti accadeva niente. Sei sempre stata falsa, tu! Sempre. Che Dio mi perdoni e che la poveretta riposi in pace... ma tutta alla mamma, tu assomigli. Sì!... In campagna essa era riuscita a far credere che non era divisa dal ma­rito per incompatibilità di carattere, ma per necessità economiche. E come ne sapeva parlare, di lui! Le riusci­va persino di piangere, quando qualcuno le chiedeva notizie del marito lontano! E il babbo, invece, che as­somigliava a me, non sapeva mentire. Un temperamento difficile, non dico di no... Che non attirava, che non simpatizzava... E anche il mio, voglio riconoscerlo!... ma schietto e limpido. E quando morì la mamma e tu veni­sti con noi... Oh, inutile che io ti rammenti. Lotta, lotta, sempre lotta. (Ha trovato uno strappo in una federa). Un uomo solo, in tutta la mia vita, ha saputo avvicinar­mi, per parlarmi al cuore... E non aveva più vent'anni... quindi più facile alla «presa »... Un uomo solo, e tu... e tu che forse ne avevi avuti tanti, in quella tua illimitata libertà che io non ho mai saputo che cosa sia, me lo portasti via. (Infila un ago. Non vi riesce subito) Sì, Carlotta... e m'ero fabbricato il castello anch'io. Un po' tardi, ma ugualmente dorato e luminoso, se vuoi saperlo. Anch'io come tutte. M'hai detto che egli ti fece delle proposte che nemmeno oseresti ripetere!... m'hai detto che fu un inganno, la sua corte per me!... Non è vero. (Fissandola) Le stesse proposte le fece anche a me. E devi crederlo. Non ti sposò... Non affermo che egli mi avrebbe sposata... Nelle donne, non cercava che il pia­cere, lui!... Soltanto... io gli diedi l'illusione dì resiste­re!... e tu non gliela desti. In te trovò la facilità! Per questo...

Carlotta                         - (con forza) Ma che credi?!...

Antonia                         - (cucendo) Credo al sangue che mi diede la febbre!... credo al dolore che mi fece soffrire!... e credo, anche... Non lo so!... credo che avrei saputo fare come te. Vivaddio, si vive una volta sola!... e avrei vis­suto un poco!... e ora vivrei per qualcuno che sarebbe uscito da me.

Carlotta                         - (impedendole di cucire) Antonia...

Antonia                         - (sempre cucendo, si scosta) E non m'im­porterebbe di nessuno... e non lo avrei lontano, mio fi­glio... Sarebbe cresciuto accanto a me sin dal primo giorno!... e che la gente... Oh, la gente! Già, di questi tempi, la gente se ne infischia altamente. (Marcando) Falsa!... persino nella tua maternità!

Carlotta                         - E' facile giudicare... quando il malanno è negli altri!

Antonia                         - Per le donne che hanno il nostro destino, un figlio non è un malanno. E' un dono!... e tu non l'hai goduto. E adesso cerchi un marito per un figlio d'altri che t'è già nato. Pazzie.

Carlotta                         - Oh, no, se questa creatura non ha un nome legittimo!

Antonia                         - Ma il tuo cos'è?!... Non è un nome, il tuo?

Carlotta                         - Non lo voglio bastardo.

Antonia                         - Che lo è lo sai tu, lo so io... e lo sanno gli altri!

Carlotta                         - Non lo saprà lui.

Antonia                         - Chi?... lui?... E chi potrà nascondergliela, questa verità? (Lascia l'ago e piega malamente la fe­dera).

Carlotta                         - Quell'uomo accetterà la mia condizione!...

Antonia                         - Non ne sei sicura.

Carlotta                         - Tu non devi togliermelo. E' vedovo... non ha figli... Il mio, per la gente, sarà suo...

Antonia                         - E tu, per la gente... la matrigna?!...

Carlotta                         - Sì.

Antonia                         - Ma ti rendi conto...

Carlotta                         - Da anni cerco e penso...

Antonia                         - Devi avere la mentalità di una gallina!... la fantasia di una sciocca!... Un romanzaccio d'appendi­ce! Ci perderai nell'amore!...

Carlotta                         - Ci guadagnerò nella stima.

Antonia                         - Di chi?

Carlotta                         - Tu ami molto il denaro

Antonia                         - Pretendi di farlo crescere in quest'in­ganno!

Carlotta                         - Io ti darò del denaro...

Antonia                         - Ma non ci riuscirai!

Carlotta                         - Perché non lo vuoi tu?

Antonia                         - Non ci riuscirai per forza di cose.

Carlotta                         - Tu non pensare. Ti darò cinquemila pengò...

Antonia                         - Io vorrei avere la tua colpa...

Carlotta                         - Hai capito? Cinquemila pengo...

Antonia                         - Non vengo a patti. (Porta su di un mo­bile la biancheria piegata).

Carlotta                         - Vuoi di più?

Antonia                         - (prendendo la borsetta che contiene la rivol­tella) Non contratto. (Getta la borsetta sulla tavola) Prendi la roba e vattene. E sappi servirtene, di quella rivoltella. Non per spaventare me!... non per sparare contro tuo figlio!... e ora stai francamente facendo di peggio!... Sparare contro te stessa, che sei indegna di tutte

Carlotta                         - (prendendo la borsetta) Nei riguardi di quell'uomo, sei dunque decisa?...

Antonia                         - Sì. Più che mai, ora (e subito fa per ri­prenderle la borsetta di mano) Fa un po' vedere!

Carlotta                         - (intuendo, impedendo) No.

Antonia                         - Fammi vedere!

Carlotta                         - Antonia, non voglio!

Antonia                         - Un momento solo!

Carlotta                         - Non far sciocchezze!

Antonia                         - Da tempo non ne faccio più.

Carlotta                         - E' pericoloso, bada!...

Antonia                         - Ma insomma!... (riesce a strapparle di mano la borsetta).

Carlotta                         - Antonia...

Antonia                         - (estraendo la rivoltella) Voglio vedere se è carica.

Carlotta                         - (cadendo a sedere) No. Non è carica.

Antonia                         - (posandola subito sulla tavola) Eh, già, non ti smentisci. (Carlotta nasconde il viso. Un silenzio). Per carità, non piangere. (Riprende a piegar biancheria, con dispetto) Io ti aspettavo, stasera... Io credevo di sco­prire, in te, la nuova donna che per un momento, oggi, mi era sembrato d'intravedere... Niente, invece. Solo ari­dità e ragionamento. (Con forza) E non piangere, che hai tutto! (Poi) Dici che sono avida di denaro!... Di ben altro sarei avida, io! Vorrei poter dirti: non mi devi dare quattrini, dammi tuo figlio! (e subito) Lo so, lo so che non si può! Eh, lo so, purtroppo. E forse tu me lo daresti.

Carlotta                         - (alzandosi di scatto) Oh, no. (Si guardano, per un attimo, senza batter ciglio). Non aridità, non ra­gionamento! Solo smarrita.

Antonia                         - E quando ti ritroverai? (Carlotta riprende la rivoltella, la rimette nella borsetta, non risponde. An­tonia, marcando) Quando?!... (Poi) Avresti avuto voglia, tu, di combinarmi scherzi, se io fossi stata al tuo posto! Ne sento, ora, tutta la vergogna per te. Va via, ti pre­go. (Riprende il suo lavoro. Carlotta muove qualche pas­so verso il fondo). Non gli hai, almeno, mai fatto man­care niente? Sapevi bene a chi l'avevi affidato? Quando ti allontanavi da Budapest andavi almeno da lui? Io vorrei sentire gridare il tuo amore!

Carlotta                         - (stancamente) A che varrebbe?... (e muove qualche altro passo verso il fondo).

Antonla                         - (dopo un silenzio) Si chiamerà Cari vero?

Carlotta                         - No. Stefano.

Antonia                         - E... gli rassomiglia?

Carlotta                         - A chi?... (Antonia tace). Il tuo errore l'avevo già capito. Di Carlo Weiss, te lo ripeto, non mai stata la sua amante! (Antonia la guarda). Mailfano ha sei anni... e Carlo Weiss non lo conoscevo ancora.

Antonia                         - E allora?

Carlotta                         - (dopo una pausa) E allora... (poi, versta di lei) Non credere che io.„

Antonia                         - So io quel che credere o no.

Carlotta                         - Ma se non mi lasci dire, sarà inutile! (Poi) Se un uomo mi veniva attorno, non pensavo a! me... pensavo al piccolo... e non badavo se altre perso ne... Avevo la mia idea fissa! Ma non tutti erano disposti... Capisci? (Marcando) Nessuno era disposto! (Ac­canto) Oh, Antonia, lasciami fare! Tu dici che è un errore! Sarà un errore!... ebbene, lo commetterò, se tu me Io permetti! (Antonia scuote il capo negativamente). Io non so dirti' meglio, e dentro avrei tutte le parole per convincerti!

Antonia                         - Se ti legherai non avrai più scampo.

Carlotta                         - Abbiamo sempre goduto a farci del male! Non t'intenerire ora! Me lo avresti preso per dispetto! Noti prendermelo per salvarmi!

Antonia                         - Dimmi com'è.

Carlotta                         - Il bimbo? (Si scosta appena, le volge qua­si le spalle) E' un po' gracile... Forse cresce troppo in fretta.. Non bello, ma...

Antonia                         - Vai spesso da lui?

Carlotta                         - Al massimo, ogni dieci giorni.

Antonia                         - Dove?

Carlotta                         - A Vacz.

Antonia                         - Ti riconosce, quando ti vede?

Carlotta                         - Certo.

Antonia                         - Che cosa ti dice?

Carlotta                         - Mi corre incontro... mi salta al collo,.. dice che mi vuol tanto bene, perché gli porto sempre giocattoli e dolci...

Antonia                         - Lo vedi?

Carlotta                         - (subito) Tutti i bimbi dicono così!

Antonia                         - Sì, ma in tutti germoglia qualcosa che nel tuo non può germogliare!

Carlotta                         - (trattenendo un scatto) Io sono sua ma­dre!

Antonia                         - I bambini amano chi li alleva, non chi li crea!

Carlotta                         - E che ne sai, tu?...

Antonia                         - Chi lo ha allevato?

Carlotta                         - (dopo un attimo) Andai a Vacz, quando... Andai da quei miei amici. Furono loro ad assistermi e a farmi conoscere una famiglia di contadini dei din­torni... A ima donna era morto un bambino di dieci giorni... (Supplichevole, sempre quasi senza guardarla) M'han detto che quel Michele Kovalicsik è un brav'uo-mo... Ti prego, ti supplico... Raggiungerò così la mia mèta! (Di scatto, volgendosi verso di lei) Tu devi vo­lere! (Afferrandola per un braccio) Tu devi!

Antonia                         - (malamente) Lasciami!

Carlotta                         - Se non per me, devi volere per Stefano!

Antonia                         - - Vuoi proprio battere la testa contro il muro!

Carlotta                         - L'avrò voluto.

Antonia                         - Sei un'incosciente!

Carlotta                         - Forse!

Antonia                         - Ma se cerchi un nome per il tuo bambino, perché non gli dai quello di suo padre? Perché non cerchi di lui? Perché non l'hai ancora cercato?

Carlotta                         - Perché non fu mai possibile.

Antonia                         - Sposato?

Carlotta                         - Egli morì prima che Stefano nascesse. (Nasconde il viso. Antonia continua a piegare la bian­cheria. Non la guarda nemmeno. Carlotta, dopo un si­lenzio) Sette anni fa... Conoscevo le Bitto, allora!... Una domenica andai con loro a Monte San Giovanni colla funivia... Si dovevano incontrare con dei loro amici... Passammo una giornata in piena allegria... Tra questi c'era un certo Stefano Miskolc, un giovane taciturno, malinconico, che era molto deriso dagli altri. Da prin­cipio mi divertii anch'io... poi... non so!... questo deri­derlo mi disturbò. (Un silenzio). Ti dispiace, se... Vorrei dirti tutto. (Quindi) Aveva trentasei anni... Era uno di quei tanti che scrivono novelle che nessuno pubblica e commedie che nessuno rappresenta... Me lo disse lui «tesso, quando, di ritorno a Budapest, mi accompagnò a casa. Le Bitto, cogli altri due, andarono al cinema del Iago... Io e questo Miskolc, invece no. Si sfogò tanto, con me... e in me, non saprei dirti esattamente... si risve­gliò un sentimento che direi materno. Era orfano... No, orfano: bastardo. E come ci soffriva, per questo! E come infieriva contro coloro che lasciano questi figli per il mondo senza nome e con tanta vergogna. Questi figli non ne hanno colpa, diceva, ma su loro vi resta qual­cosa come un marchio. Perciò era cresciuto nella tristez­za... Si sentiva come menomato!... Perciò non aveva né spirito né coraggio. Forse io ero la sola che leggesse ciò che egli scriveva... Non me ne intendevo gran che, eppure sentivo, capivo che un gran che di buono non c'era. Non glielo dissi mai!... Dapprima ci si incontrò sempre casualmente... poi ci cercammo... poi ci vedemmo ogni giorno. Non so come fu... come potè accadere... (Una pausa). Quando glielo dissi... Ero in preda, sai, a un tale smarrimento, a una tale angoscia, che non saprò mai descrivere. Si convenne che ci saremmo sposati entro il mese. Quante volte, Antonia, fui per dirtelo! Dovevo dirtelo, ma il coraggio mi mancò sempre. Deci­demmo che sarebbe venuto lui, da te. Fu un sabato... Sarebbe venuto nel pomeriggio... Io lo attesi invano. Attraversando via Imperatore Guglielmo, un'auto... Sul colpo, sai! (piange. Antonia vuole essere indifferente ad ogni costo... e le riesce male). Oh, Antonia, lo strazio!™. Puoi ricordare, se vuoi, perché il mio dolore non potè certo sfuggire ai tuoi occhi. Non lagrime, non follie... Tutto dentro, tutto chiuso, ma così evidente! Lasciai il negozio per qualche giorno, e tu fosti tanto severa. E io non ti dissi mai. Intanto il mio peccato faceva il suo cammino, inesorabilmente. E inesorabilmente si spegneva un dolore e aumentava un'angoscia. Non voglio dirti il lavorio affinché tu non ti accorgessi di nulla... Una falsa indisposizione mi allontanò... Mi fu complice il poco accordo che correva tra noi... Non t'importava sapere dove fossi e da chi... E, dopo, il tuo carattere sempre più freddo, e il mio carattere sempre più logorato dall'ansia, ci resero sempre più estranee. Comparve Carlo Weiss... Avvenne che ognuna di noi andò a vivere da sé... (In uno schianto) Non pensare» che io non ami il mio pic­colo, non dire che non può germogliare, in lui, ciò che germoglia negli altri... E' ancora tanto piccino, riguada­gnerò il suo amore... Ma tu non devi essermi contro... Non devi odiarmi di più! Se la mia colpa non ti fa orrore, non condannarmi!... Antonia... (la tocca, l’accarezza quasi, febbrilmente) Io mi correggerò... Non mi ri­conoscerai... Io non voglio che egli soffra, un giorno, se è vero che i bastardi si sentono menomati!... e non hanno ne spirito, né coraggio! (Quasi gridando) Non voglio! Oh, in nome di chi è morto e di chi sta per affrontare la vita... Antonia! (Improvvisamente, sono una tra le braccia dell'altra. Un lungo silenzio penosissimo. Carlotta, piegandosi quasi) Io ti ringrazio, io ti benedico... Non lo dimenticherò. (Antonia si asciuga frettolosamente gli occhi). Sul serio verrà stasera, qui?...

Antonia                         - Quel tuo Stefano era povero?... (ss scosta. Carlotta accenna di sì). Il tuo bambino non lo sarà. Col nostro denaro, non si sentirà menomato... E il denaro dà spirito e coraggio...

Carlotta                         - Che vuoi dire?... (S'ode il suono del cam­panello. Carlotta guarda subito verso la finestra, verso la porta di fondo) E' lui...

Antonia                         - Sì. (Carlotta muove in fretta verso il fondo). No, Carlotta...

Carlotta                         - Che vuoi fare?...

Antonia                         - Spegni la luce. (Muove verso l'abat-jour e l'accende) Ubbidisci! (Carlotta spegne la luce centrale. Antonia siede accanto alla radio, collo sguardo nel vuoto).

Carlotta                         - Non apro?

Antonia                         - No.

Carlotta                         - (verso di lei) Ma... perché?

Antonia                         - Papà era l'ultimo dei Kadàr... Stefano Kadàr, suona bene... Noi due saremo la sua famiglia.

Carlotta                         - (inginocchiandolesi accanto) Credi che...

Antonia                         - (alzando lo sguardo al cielo) Io ringrazio il Signore... (Di nuovo il campanello. Antonia, sempre guardando in alto, afferra un braccio di Carlotta e lo tiene con forza. Carlotta guarda la sorella... poi, lentamente, alza pure essa lo sguardo verso l'alto).

FINE