Almeno una volta

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ALMENO UNA VOLTA


Di Ben Maggio


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NOTE DI REGIA

“Almeno una volta” è il mio primo lavoro da autore, una commedia brillante che tocca delle tematiche attuali, come la crisi economica, la crisi del teatro e non solo. La comicità all'interno del testo ricorda molto quella delgi autori brillanti della seconda metà del 1900, dato il mio percorso artistico e più precisamente il mio modo di trasmettere la risata, le battute si sviluppano in un tempo comico e un ritmo veloce, con frenate brusche e ripartenze improvvise. Una commedia che parla di “teatro”, sicuramente un teatro principalmente partenopeo, ma non solo. Le citazioni che troverete all'inerno del testo sono volute per far fronte corentemente ad un finale dove il teatro sembra prendere vita e partecipare allo spettacolo.

I personaggi in realtà sono ispirati a lati diversi della mia personalità e, anche se io interpretai a teatro uno dei cinque (non dirò volutamente chi), avrei voluto interpretarli tutti e cinque; cinque personaggio con cinque storie diverse che si fonderanno in un' unica allegorica conclusione, cinque comicità diverse che vivono in sincro come se fossero un solo attore era questa la mia sfida, il mio modesto omaggio alla commedia teatrale e al teatro in generale.

SINOSSI

Due giovani imprenditori sono alle prese con la chiusura del loro teatro, quando ad un tratto un colpo di scena potrebbe cambiare la loro vita. Per poter cogliere l'occasione, i due si trovano a dover improvvisare una commedia per il sindaco coinvolgendo tre buffi e bizzarri personaggi che aiuteranno ad alzare il tono comico ed incalzante della commedia.

benmaggio@hotmail.it

Tel: 3472536239

In O.E.

Michele: Direttore Artistico

Antonio: Direttore

Ugo: Barbone

Spilbergo: Barbone

Peppeniello: Barbone


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PRIMO ATTO

Si apre il sipario e compare una scena completamente vuota, solo qualche nero che copre l’uscita dei camerini. Il fondale è anche nero, ma in modo poco omogeneo. Un paio di sedie e un tavolino marrone, talmente piccolo e inutile che rende ancora più vuoto il niente. Da lontano si sentono alcune voci, due in particolare, che discutono di qualcosa. Entra Michele, un uomo sulla quarantina, vestito casual, in maniera leggermente estrosa, come se fosse un musicista più che un attore come lui pretende di essere; seguito a ruota da Antonio, un uomo della stessa età con leggerissimi atteggiamenti effeminati, ma vestito decisamente meglio del primo.

Michele: Non è possibile! Non si è mai vista una cosa del genere.

Antonio: Ti lamenti sempre.

Michele: Antonio, io mi lamento perché questo teatro fa schifo!

Antonio: Questo teatro è perfetto, non gli manca niente.

Michele: Non gli manca niente?

Antonio: Dimmi allora cos’è che non ti va bene.

Michele: Partiamo dai cadaveri che stanno sotto al palco.

Antonio: Non c’è nessun cadavere.

Michele: Ci sono pezzi di legno e oggetti di scena che si ricordano Pirandello quando aveva dieci anni e non sono mai stati toccati! La muffa è tanta che sotto è pieno di funghi, c’è il villaggio dei puffi e tu sei Gargamella.

Antonio: Gargamella … (molto serio) Michele, te l’ho detto cento volte, sono oggetti d’antiquariato che valgono anche dei soldi.

Michele: Si devono buttare! Fanno schifo! Sono fradici! … E poi qui tutto è fradicio. C’è un’umidità pazzesca, la gente in sala rischia di ammalarsi: il pubblico l’altra sera è venuta in sala con le stufette elettriche. Senza parlare degli attori. Antò, non possono recitare che subito perdono la voce e gli vengono le placche alla gola.

Antonio: Va bene, questo è un problema che da oggi non ci riguarda più. Sono settimane che non viene più gente a vedere gli spettacoli, e adesso non vengono neanche più le compagnie teatrali.

Michele: Ma io non riesco a capire: Com’è potuto accadere?

Antonio: Che cosa?

Michele: Il pullman degli attori che non sono potuti venire perché c’è lo sciopero dei benzinai.


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Antonio: Michele, ma ti pare mai possibile che una compagnia teatrale non viene per lo sciopero dei benzinai? Ti hanno preso in giro.

Michele: Mi hanno preso in giro?

Antonio: Ma si, non te la prendere. Avranno saputo che il teatro è in fallimento, che nessuno viene mai a vedere le commedie, che non paghiamo più le compagnie … e hanno inventato una scusa per non venire. E poi di cosa ti sorprendi? Non è la prima compagnia che ci da buca … (Prende la sua agenda e fa per cancellare qualche appunto da sopra) . Non fa niente, tanto sarebbe stato l’ultimospettacolo. Dopo 50 anni, in questo teatro dove hanno recitato i più grandi artisti del panorama nazionale. Era tutta la mia vita questo teatro che mi hanno lasciato i miei genitori. (Malinconico ) Ho fallito. (Tentando di riprendersi)Ma che dobbiamo fare!? Da domani basta commedie e balletti, da domani diventerà un supermercato meraviglioso questo posto.

Michele: Ed è un’ottima idea infatti, soprattutto se si metterà a vendere ortaggi.

Antonio: Che centrano gli ortaggi.

Michele: Ma stai scherzando? Con l’umidità che ci sta i funghi escono da soli, non devi neanche farli portare dal camion.

Antonio: Invece di scherzare, aiutami ad appendere i cartelloni che annunciano l’annullamento della serata.

Michele: Ma che li appendiamo a fare? Sarebbero venute al massimo 2 o 3 persone. E poi non ho appeso neanche i cartelloni dello spettacolo perché non avevo i soldi per mandarli in stampa.

Antonio: Si, ho visto … ( schifato) che magra figura. Appendiamoli lo stesso, è una questione di serietà, voglio mantenere comunque il decoro e il nome del teatro.

Michele: Mo’ che devi chiudere vuoi mantenere il decoro? Ma non farci ridere per cortesia! Sei tu che questo teatro lo hai mandato al fallimento.

Antonio: Non ti permettere di dare la colpa a me, sai benissimo che non è vero!

Michele: E invece si. Antò, sono anni che ti dico di mettere un condizionatore, un termosifone, un pinguino delonghi. E’ normale che la gente non entra in un posto che ha le stalattiti davanti al botteghino. Quella povera ragazza per dare i biglietti deve superare le barriera di calcare che si sono create. La cassa è diventata una specie di frigorifero che una volta al mese devi sbrinare, altrimenti i soldi non si scongelano … magari ci fossero soldi in quella cassa!

Antonio: Senti Michele smettila (isterica)! La colpa non è mia che sono il proprietario del teatro! Al massimo è tua che non sei riuscito in qualità di direttore artistico a mettere in piedi un cartellone decente per sollevare le sorti di questo povero teatro.

Michele: Quest’anno sono stato un po’ sfortunato con le compagnie.

Antonio: Sono sei anni che questo teatro non vede uno spettacolo decente, sei anni … non chiedevo tanto, ma un nome semi conosciuto o uno spettacolo decente, che potesse attirare un po’ di pubblico, ma anche dieci persone.


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Michele: Sei veramente un fetente a dire queste cose.

Antonio: E’ la verità.

Michele: Ti sei dimenticato che ti ho portato su questo palco? … “La morte del cigno”.

Antonio: Ma il cigno moriva veramente però! Ti sembra una cosa normale?

Michele: Era una parodia.

Antonio: Una parodia? Una papera vestita da cigno che viene sgozzata, la chiami parodia? Quella bestia ha cacciato tanto sangue che una signora si è sentita male! Abbiamo dovuto affrontare una causa contro la protezione animali, ma ti rendi conto!

Michele: La papera aveva dato la delibera, era d’accordo.

Antonio: Non scherzare che ti dovrei sgozzare io a te. La parodia! Sei un delinquente incosciente, questo sei!

Michele: Almeno siamo andati su tutti i giornali. Ti lamenti sempre.

Antonio: Adesso sono io che mi lamento? E’ colpa tua se sono sempre nervoso se sto andando dall’analista.

Michele: Se stai andando dall’analista il motivo è un altro e lo sai bene.

Antonio: E cioè?

Michele: Da quando ti sei lasciato con il tuo fidanzato …

Antonio: Marco?

Michele: Si.

Antonio: E questo cosa centra?

Michele: Centra invece! Perché non sono io, sei tu che stai agitato perché soffri per questo Marco, sfoghi, io mi innervosisco e non riesco a scegliere commedie buone. Anche quando stavate insieme era così … litigavate sempre e mi rompevi le palle a me. Anzi, da quando vi siete lasciati è un poco meglio.

Antonio: Mi ha lasciato perché avevo perso tutti i soldi, e se li ho persi è colpa tua.

Michele: Mo ti sei lasciato per colpa mia? Ti sei lasciato perché sto Marco era una chiavica e ti amava solo per i soldi.

Antonio: Non sono fatti che ti riguardano, e in ogni caso se hai sbagliato a scegliere le commedie non è colpa mia e di Marco, prenditi le tue responsabilità Michele!

Michele: Le mie commedie erano ottime.

Antonio: Ah si? Allora dimmi che spettacolo c’era stasera?


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Michele: Bellissimo!

Antonio: Si, ma come si chiama?!

Michele: Il titolo è Bellissimo!

Antonio: Si, ma qual è il titolo?

Michele: Il titolo è, due punti, virgolette: “Bellissimo!”

Antonio: Uh Gesù! E’ meno male che non abbiamo pubblicizzato la cosa fuori al teatro. Che titolo improponibile! Sarà stata un’altra compagnia di attori fenomeno.

Michele: Era una compagnia del nord, dove fanno teatro moderno.

Antonio: E comunque non ti sei mai saputo organizzare. Come organizzatore fai pena! Spiegami come lo facevamo il pubblico stasera senza pubblicizzare l’evento? Come pagavamo gli attori? Hanno fatto bene a non venire.

Michele: Ma sicuramente non puoi dirmi che ho scelto uno spettacolo brutto.

Antonio: In che senso?

Michele: Infatti lo spettacolo era “Bellissimo”!

Antonio: Vado a scrivere fuori che siamo falliti (Esce da una quinta per andare nervosamente a prendere cartelloni e pennarelli)

Michele: Vai vai … tu sei fallito, io no! Io rimango ancora un grande attore e regista. Di me si ricordano ancora.

Antonio: (Fuori campo) Si ricordano perché gli devi dei soldi probabilmente!

Michele: Non fare lo spiritoso! Io sono un grande artista e lo sai bene.

Antonio: Non ti ho mai visto recitare niente!

Michele: Perché questo teatro fa troppo schifo. Io ho recitato al Piccolo di Milano, al Sistina di Roma, al Bellini di Napoli. Mica mi spreco per teatri di serie C come questo.

Antonio: (Entra pieno di roba in mano) Hai ragione Michele. Allora dai, fammi sentire qualcosa ora.

Michele: Che cosa?

Antonio: Un monologo.

Michele: Che monologo?

Antonio: Che ne so, uno qualsiasi cosa che conosci a memoria.

Michele: Qualsiasi cosa?


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Antonio: Si, facciamo conto che sia un provino, fammi vedere che sai fare? (Posa tutto sul tavolino e si siede)

Michele: Ma secondo te io ho paura di te? Ho paura di questo tuo atteggiamento di sfida? Come se non fossi in grado di fare quello che tu mi chiedi? E invece io ti dimostrerò non solo che sono meglio di quello che pensi, ma ti farò piangere lacrime talmente amare che ti rimarranno indelebili nel cuore. E scapperai senza avere più il coraggio di far rivedere la tua faccia.

Antonio: Michele! Io un monologo ti ho chiesto.

Michele: … Animale! Era questo il monologo, te lo stavo facendo.

Antonio: Scusa! Ti ho interrotto.

Michele: Lo vedi? Non capisci mai niente.

Antonio: E continua.

Michele: Mo mi hai bloccato!

Antonio: Ma chi l’ha scritto stu monologo?

Michele: Li scrivo io, sono anche uno scrittore modestamente.

Antonio: E come si chiama?

Michele: “La sfida della casalinga”

Antonio: E che centra la casalinga?

Michele: Invece centra, perché se mi facevi continuare si scopriva che la persona a cui si stava rivolgendo era in realtà una lavastoviglie che per dispetto non voleva più funzionare.

Antonio: Bravo, veramente bello.

Michele: Grazie lo so. E’ un opera meravigliosa infatti.

Antonio: Una casalinga che parla con una lavastoviglie?

Michele: Una lavastoviglie che parla con una casalinga.

Antonio: Ancora meglio!

Michele: Ma tu che vuoi capire di scrittura moderna, teatro dell’assurdo. Il teatro dell’assurdo è la ricerca dell’uomo nelle cose di ogni giorno, della traslazione dell’essere.

Antonio: Ma gli spettacoli che piacciono a te sono tutti teatro dell’ assurdo?! Non ti piace mai una cosa del teatro del normale?

Michele: Tipo Peter Pan? Romeo e Giulietta? Natale in casa Cupiello?

Antonio: Esatto! Che ci sta di male?


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Michele: Sei troppo legato alle cose passate, questa è la verità. E’ come la tua vita: non devi più guardare indietro, adesso devi guardare avanti, pensare al futuro. Devi reagire e lasciarti scivolare addosso tutto. Si vede che soffri ma è da questo momento che devi cacciare il carattere e trovare un rimedio a quello che non c’è più. Quando si chiude una porta si aprono mille opportunità, i cosiddetti portoni della vita.

Antonio: Parli di Marco?

Michele: No! Era il continuo del monologo!

Antonio: Eh no! Scusa!

Michele: Fosse una volta che mi fai finire.

Antonio: Ma quando inizi il monologo della casalinga devi avvisare!

Michele: L’ispirazione è improvvisa, spontanea.

Antonio: Ti dico io i monologhi che ti farei a te spontaneamente. Nun m fa parlà. (Prende quello che aveva posato sul tavolino e fa per uscire)

Michele: Dove vai?

Antonio: Ad appendere i cartelloni dove diciamo che siamo chiusi.

Michele: E io?

Antonio: Tu ripassati il monologo della casalinga.

Michele: La sfida della casalinga!

Antonio: (Uscendo) Quello che è.

Michele: Ti do una mano?

Ugo: Permess? (Entra dalla platea un tipo apparentemente ostile, trasandato, con gli occhiali da sole e vestito di stracci. Il suo dialetto ricorda il napoletano, ma in realtà è una lingua unica, spesso incomprensibile) C’è nisciun? … C rummut…

Michele: Ma chi è? (Michele indietreggia lentamente impaurito, non sa se è alla presenza di un mal’intenzionato o addirittura di un fantasma)

Ugo: Buon giorgio. Che or è?

Michele: (Chiamando a voce alta) Antonio! Vedi che è entrato un barbone nel teatro!

Ugo: Barbone a chi? Scustumato?

Michele: Com’è entrato?

Ugo: Ii stev rummen bel bel e mag scetat, anz vui mat scetat. Fa fridd compa.

Michele: (Come prima) Antonio! E’ straniero, vieni tu che sai le lingue.


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Ugo: Tnit ollat?

Michele: Non ho capito.

Ugo: Tnit ollat?

Michele: Non capisco, parli lento che la sua lingua è difficile.

Ugo: Tnit.

Michele: Non capisco Tnit.

Ugo: I Teng, Tu tien, egli ten, nui tnim, vui tnit.

Michele: Tenete! Voi tenete!

Ugo: Si o tenev nun o chierev a bui.

Michele: Ma che cosa?

Ugo: Ollat.

Michele: Cos’è l’ollat.

Ugo: Ollat! Quello remmuc!

Michele: Remmuc? Ma che è, tedesco? Non vi seguo.

Ugo: Ollat! Muuuuuuuuuuuuuuu!

Michele: Il latte!

Ugo: Bra!

Michele: Tenete il latte?

Ugo: Si o tenev nun o chierev a bui vaggitt!

Michele: Vaggitt? Ma che lingua parla?

Ugo: Ma tu, e che lenqua sii?

Michele: Non capisco!

Ugo: Tu!

Michele: Io!

Ugo: E che.

Michele: E che!

Ugo: E che è?

Michele: E che è che cosa?


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Ugo: E che è succies!?

Michele: Allora, con calma. Siediti.

Ugo: Loc?

Michele: Si, siediti là. (Ugo si siede) Rispondi alle mie domande.

Ugo: Sta be.

Michele: Tu, da quale paese vieni?

Ugo: Napl.

Michele: Napoli!

Ugo: Sio. E tuo?

Michele: Anche io, ma forse non siamo proprio della stessa città. Perché la mia lingua napoletana è di una qualità diversa, non influenzata dalle invasioni barbariche e degli indiani d’America. La seconda domanda è la seguente: Cosa vuole lei?

Ugo: Lei chi?

Michele: Ma chi?

Ugo: Nun m facit e domand ngopp e femmn, pcchè i e femmn nun e capisc.

Michele: Ma quali femmine? Lei! Lei, nel senso tu.

Ugo: We ricchiò! Cumm t prmiett? Io songo ommo vero e originale.

Michele: Non lo metto in dubbio.

Ugo: Io songo sol venut a kietere si tnit ollat, p fa colaziò.

Michele: Non abbiamo latte.

Ugo: Occafè?

Michele: Niente ollat, niente occafè, niente di niente. Stiamo senza soldi.

Ugo: Pezzient!

Michele: Come ti permetti?

Ugo: Chest o capisc!

Michele: Senti, esci fuori o chiamo la polizia.

Ugo: (Si alza minaccioso e sicuro di sé) Ma tu pienz ca ii m mett appaur e tea? (Ci pensa e poi continua) Approposit … tnit ottea?

Michele: Fuori! Aspetta che mi squilla il telefono.


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Ugo: Erri spunn!

Michele: ( Risponde al cellulare) Pronto?! Si salve, sono io … Si … No, il teatro purtroppo da domani chiude. Non possiamo rimandare di un giorno, mi dispiace. Ma perché? … Lei è? Il sindaco?!

Ugo: Il sintaco! Ciao sintaco!

Michele: Statt zitt!

Ugo: Tnit ollat? Accussì benc a du vui!

Michele: Adesso usciamo fuori e ti vado a comprare il latte, mo’ però stai calmo!

Ugo: Hai arrevotato fratomo!

Michele: Mi scusi. Lei è proprio il sindaco? … e a cosa devo l’onore? … Domani? … Capisco … Il teatro è di 500 posti … 50.000 euro? … Per una sola serata? … Come mai tutti sti soldi? … Sono soldi pubblici, capisco … Certo che riusciamo a organizzare uno spettacolo per domani. Una commedia? Sarà divertentissima lo prometto … ma anche un po’ drammatica, come vuole lei. Non ci sono problemi … Prolunghiamo la chiusura di un giorno, che sarà mai. Arrivederla, è stato un piacere. Arrivederla. Mamma mia, che occasione fantastica! Antonio! Antonio! (Esce fuori, nel frattempo dalla parte opposta entra Antonio che vede Ugo rimasto in scena. Spaventato Antonio tenta un contatto con Ugo)

Antonio: Salve!

Ugo: We!

Antonio: Chi è?

Ugo: Chie? (La “e” finale della parola è quasi muta, gutturale, l’intenzione di Ugo sarebbe quella

di dire: “Chi?”)

Antonio: Chi è?

Ugo: Chie?

Antonio: Chi è?!

Ugo: Chie?!

Antonio: Io Antonio.

Ugo: Io Ugo.

Antonio: Perché è qui?

Ugo: … Tnit ollat?

Antonio: (Urlando) Michele!


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Ugo: Babuò, ii mnvac, pcchè teng cfà. Ricitncell a chillat ca a ropp veng pollat.

Antonio: Pollat?

Ugo: Bra pollat, buon giorgio (Esce dalla platea)

Michele: (Entra Correndo) Antonio! Ti cercavo, hai fatto il giro?

Antonio: (spaventato) Michele!

Michele: Sto quà!

Antonio: Anche io ti cercavo, ho avuto un’allucinazione.

Michele: Un’allucinazione?

Antonio: Ho visto un tipo vestito malissimo, una specie di barbone che parlava turco!

Michele: Ollat!?

Antonio: A me ha detto Pollat!

Michele: E lui! Dov’è andato.

Antonio: E’ uscito di là.

Michele: Benissimo, chiudiamoci dentro così non può più rientrare.

Antonio: Devi chiudere solo l’ingresso, le altre porte sono chiuse.

Michele: L’ingresso l’ho chiuso io adesso, mentre ti cercavo.

Antonio: Allora com’è uscito questo?

Michele: … Semplice, non è uscito!

Antonio: E’ rimasto qua dentro?

Michele: Si sarà buttato dalla finestra!

Antonio: Ma com’è possibile? Si butta dalla finestra?

Michele: Allora apriamo tutto, quello prima o poi esce.

Antonio: Ma che è, na mosca?

Michele: Facciamo così: io lo chiamo, così lui viene e lo accompagno all’uscita.

Antonio: No, quello mi fa paura.

Michele: Ma quando mai, quello è innocuo. Vuole solo del latte per fare colazione.

Antonio: E se non glie lo diamo diventa aggressivo?

Michele: Spero di no.


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Antonio: Ma come spero!? Proprio l’ultimo giorno di lavoro devono capitare queste cose strane?

Michele: Il penultimo giorno.

Antonio: Perché penultimo? Domani dobbiamo andare via.

Michele: Mi ha chiamato il sindaco a telefono cinque minuti fa.

Antonio: Il sindaco?

Michele: Si! Questo ti volevo dire, perciò ti chiamavo.

Antonio: Ha sbagliato numero?

Michele: Non mi credi?

Antonio: No!

Michele: Ti giuro!

Antonio: Aspetta un attimo. (Prende il telefono e risponde) Pronto! Chi è? … Si è qua, mo glie lo passo. (Porge il telefono a Michele) … E’ per te.

Michele: Chi è?

Antonio: Il Presidente della Repubblica.

Michele:Imbecille! Invece di scherzare, fai bene ad ascoltarmi. Antonio, è successa una cosa bellissima, senti qua: Il sindaco con tutti gli assessori comunali, impiegati ecc … hanno organizzato una festa che dovevano tenere in un teatro vicino, dovevano assistere a uno spettacolo.

Antonio: E allora?

Michele: Allora il teatro ha avuto un problema di infiltrazioni d’acqua, l’hanno momentaneamente chiuso e adesso loro non sanno dove andare. Così hanno pensato al nostro teatro.

Antonio: Perché l’unico senza spettacoli …

Michele: Bravissimo! Mi ha chiamato il sindaco e io gli ho detto che domani avremmo organizzato un grande spettacolo per loro.

Antonio: Che cosa?

Michele: Capisci la fortuna!? E’ la nostra opportunità per chiudere in bellezza, è la tua opportunità per rendere ancora onore al nostro teatro, al sogno dei tuoi genitori.

Antonio: Tu hai già detto di si?

Michele: Certamente!

Antonio: Ma non capisci che sarà un disastro, faremo una figura peggiore invece, davanti a persone importanti, davanti al sindaco! Non abbiamo una commedia, non abbiamo una compagnia, non


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abbiamo niente di niente! Devi chiamare subito il sindaco e dire che lo ringraziamo per la considerazione, ma non possiamo accontentarli.

Michele: Ci danno 50.000 euro.

Antonio: Cinquanta?

Michele: Soldi pubblici …

Antonio: Allora dobbiamo accontentarli assolutamente, dobbiamo inventarci qualcosa. Con la vendita del teatro siamo riusciti a marginare i debiti, ma con 50.000 euro possiamo vivere sia io che te qualche mese in maniera più tranquilla.

Michele: Magari a casa, senza fare niente …

Antonio: Tu non hai mai fatto niente nella vita.

Michele: Ma come facciamo?

Antonio: Ci serve un’idea.

Michele: Io forse saprei come fare.

Antonio: E cioè?

Michele: Potrei fare un paio dei miei monologhi e lasciamo il pubblico senza fiato.

Antonio: Ma tu si pazz! Quelli non è che rimangono senza fiato, si addormentano proprio, dopo dieci minuti dobbiamo rianimarli. Dobbiamo pensare a qualcos’altro!

Michele: Non capisci niente, te l’ho sempre detto.

Antonio: Dobbiamo trovare una commedia.

Michele: Tipo?

Antonio: Me lo devi dire tu, sei tu il direttore artistico!

Michele: Ma gli attori chi sarebbero?

Antonio: Tu!

Michele: E tu!

Antonio: Io non recito.

Michele: E allora devo per forza fare un monologo.

Antonio: Ti prego, non la casalinga e la lavastoviglie.

Michele: “La sfida della casalinga”!

Antonio: Come si chiama si chiama, assolutamente no! Michele tu non conosci nessuno che può darci una mano?


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Michele: No.

Antonio: Neanche qualche amico? Qualche parente?

Michele: No.

Antonio: Ma che razza di direttore artistico sei?!

Don Corleone: Salutammo. (Entra un altro uomo vestito male, barbone come Ugo, questa volta quello che lo caratterizza è un sigaro che tiene in mano a uso Boss della Mafia. Parla infatti con forte accento siciliano)

Antonio: Uh mamma mia! E chi è questo adesso?

Michele: Un altro barbone?

Antonio: Escono dappertutto!

Michele: Ma che so, zoccole?

Don Corleone: Chiedo scusa a lor signori se mi presento senza preavviso al vostro cospetto, ma non potevo fare altrimenti.

Michele: Almeno questo è più educato.

Antonio: Ma è siciliano?

Don Corleone: Voi sapete chi sono io?

Michele: Veramente no.

Don Corleone: Io sono quella persona che non si vede, ma c’è! Io sono l’eminenza grigia, io controllo e faccio in modo che tutte le cose vengano fatte in modo regolare, do rispetto e pretendo rispetto. Mi capiste?

Michele: Più o meno.

Antonio: Ma lei cosa vuole?!

Don Corleone: Il suo tono non mi piace. Lei mi sta mancando di rispetto e io questo non lo ammetto. Ma vi perdono perché ancora non mi conoscete. Io sono un uomo d’onore!Ma se alzate ancore la voce con mia, potrebbero capitare cose spiacevoli.

Antonio: Chist è pazz!

Michele: Calmi! Stiamo calmi! Non volevamo assolutamente offenderla, è che non abbiamo capito il suo nome.

Don Corleone: Io sono Vito Don Corleone, ma da oggi potete chiamarmi: Padrino.

Michele: Ma lei sta scherzando?

Antonio: E’ uno scherzo!


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Michele: Sta interpretando il personaggio del film.

Antonio: dev’essere un attore …

Don Corleone: Un attore sta minchia! (caccia la pistola) Un’altra parole e vi faccio saltare le cervella.

Michele: A pistola!

Antonio: Mamm ro carmin!

Michele: Scappiamo!

Antonio: Non posso!

Michele: Perché?

Antonio: Mi sono pietrificato.

Don Corleone: Si è pietrificato la femminuccia?

Antonio: Sa anche che sono omosessuale!?

Michele: E’ normale, quello si vede subito. Fai l’uomo per una volta!

Antonio: Perché tu sai fare l’uomo?

Michele: Scusateci Don Corleone. Non so se lo sa che c’è un film che parla di un personaggio tale e quale a lei, perciò pensavamo fosse un’imitazione. Ma è chiaro che non è così.

Don Corleone: Quale film e film? Pensate che stiamo scherzando? Io vi ammazzo qui su due piedi.

Antonio: No, per piacere! Faremo tutto quello che vuole.

Michele: Parla per te.

Antonio: Perché? Ti vuoi fare uccidere?

Michele: E io che ne so se non è un maniaco sessuale?

Antonio: Statt zitt che quello ti spara.

Michele: Io preferisco morire in quel caso, a te invece fa piacere.

Antonio: Guarda che il fatto che sono gay non vuol dire niente, pure tu mi fai schifo.

Michele: E Don Corleone?

Antonio: Anche Don Corleone mi fa schifo.

Don Corleone: Non ho capito!

Michele: Ecco fatto, sei fregato.


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Don Corleone: Che ha detto?

Antonio: Volevo dire che lei non è proprio il mio tipo, ma magari conoscendoci meglio … da cosa nasce cose.

Don Corleone: Ma tu fossi un poco frocio?

Antonio: Un poco …

Don Corleone: Io i froci li ammazzo senza neanche chiedere il nome!

Antonio: Io sono uomo, mi piacciono solo le femmine!

Don Corleone: No, tu sei gay si vede.

Michele: Che ti ho detto? E’ chiarissimo.

Antonio: Ma quando mai! A me piacciono le donne, con le tette, la figa. Mi piacciono i culi, delle femmine, e poi le sfrutto e mi piace stare con tante donne contemporaneamente. Scopare le donne bone con la minigonna, il tanga e le prostitute, le escort … Padrino.

Michele: Nun è convint …

Don Corleone: (Mantiene un espressione seria, impenetrabile, poi comincia a ridere crescendo sempre più) Haha!

Antonio: Haha…

Don Corleone: Hahahahahah!

Antonio: Hahahahahahah…

Michele: hahahahahahah

Don Corleone: HAHAHAHAHAHH!

Antonio: AHAHAHAHAHAHH!

Michele: AHAHAHHAHAHAH!

Don Corleone: (serio di colpo) Per adesso lasciamo andare.

Michele: Per questa volta ti è andata bene.

Don Corleone: Adesso vi farò una proposta che non potete rifiutare. (esce di scena e va dietro le quinte)

Michele: E’ proprio uguale al film!

Antonio: Sei sicuro che hai chiuso bene a chiave tutto?

Michele: E certo che sono sicuro.

Antonio: Ma dov’è andato?


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Michele: Fuggiamo!

Antonio: Troppo tardi. (rientra accompagnato da Peppeniello, un altro barbone, anche lui vestito male. Sembra il più vecchio dei tre, ha occhiali spessi e un bastone lo sorregge)

Don Corleone: Ecco qua.

Michele: E questo chi è?

Antonio: Un altro?

Michel: Stiamo a tre.

Don Corleone: Questo è Peppeniello, un mio amico.

Michele: Buon giorno.

Antonio: Salve!

Michele: Non risponde.

Don Corleone: E’ un povero ragazzo che non ha fissa dimora. Voi gli darete l’ ospitalità che merita in qualità di amico mio … E’ persona fidata …

Antonio: Noi non abbiamo letti da poter offrire, poi ci troviamo in un teatro …

Don Corleone: Voi gli darete ospitalità punto.

Antonio: Punto.

Michele: Non fare innervosire il mafioso … cioè volevo dire: il signor Padrino.

Don Corleone: Ti va bene questo posto Peppeniello?

Michele: Forse il signore è muto.

Don Corleone: Tu devi stare muto!

Michele: Scusi.

Don Corleone: Il ragazzo parla benissimo.

Michele: Il ragazzo, certo.

Don Corleone: Peppeniello, saluta i signori.

Antonio: Ma è vivo?

Don Corleone: Muto!

Antonio: Sembrava … pardon.

Don Corleone: Aspettare dovete.


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Michele: Deve prima effettuare il download, altrimenti non parte.

Don Corleone: Shhh!

Antonio: Statt zitt.

Michele: Scusasse.

Peppeniello: (dopo una po’, all’improvviso) Ma non c’è nessuno in questo teatro? Non le accendono le luci?

Michele: Chist è cecat!

Antonio: E pure sordo!

Michele: Signore siamo quà!

Antonio: Eccoci!

Peppeniello: Spilbergo!

Antonio: Spilbergo?

Peppeniello: Spilbergo! Vedi che stanno urlando fuori al teatro, forse è cominciato il mercato!

Michele: Quello pensa che stiamo fuori al teatro! Sta rovinato!

Antonio: Che dobbiamo fare?

Michele: Mi posso avvicinare o è proprio cecato che non ci vede niente proprio?

Don Corleone: Se ti avvicini, cadavere sei!

Michele: Ma uno non si può muovere che viene sparato? Lei è un po’ troppo esagerato.

Antonio: E’ vero, se io mo per esempio volessi andare in bagno.

Michele: Che centra andare in bagno?

Antonio: Non posso voler fare pipì?

Michele: Se vai in bagno tenti di scappare, fa bene poi a spararti, scusami.

Antonio: Ma tu non ti fai mai i fatti tuoi?

Michele: Statti zitto sennò gli dico che sei gay veramente.

Antonio: (Urlando)Sei un traditore!

Don Corleone: (Urlando)I traditori morire devono!

Peppeniello: Frutta fresca! Accattateve e cerase! Cocco bello!


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Michele: Pare di stare veramente al mercato! (Entra Ugo repentinamente, come chiamato dagli schiamazzi)

Ugo: Cumpagn mii!!!

Michele: E’ tornato!

Antonio: Pollat!

Michele: Ollat!

Ugo: Vulev ascii mamat chius aintooo!

Antonio: Di che paese è?

Michele: Napoletano, ma la devo verificare bene sta cosa.

Ugo: At canosciut e cumpagn mii?

Antonio: Vedi che quelli devono essere amici suoi.

Michele: Allora lo capisci?

Antonio: Ogni tanto riesco a carpire qualcosa

Michele: Senta … come si chiama?

Antonio: Ugo.

Michele: … Ugo.

Ugo: Ric capo.

Michele: Ugo, il signore lì, Don Vito Corleone, ci voleva sparare.

Ugo: Hahahahahahha … vat spavntat? Quello scherza!

Antonio: Puozza passà niente! Mi ha fatt mettere na paura!

Michele: Io avevo capito che scherzava.

Antonio: Mo’ ti sputo in faccia veramente parola d’onore. Ti sei fatto addosso dalla paura peggio di me.

Michele: Ho fatto finta per solidarietà nei tuoi confronti.

Ugo: A Pistò e fint! Mo’ ti spiaeg asituazion, sinò nun capesci.

Michele: Che centrano i pesci.

Antonio: Dev’essere uno che vende il pesce.

Michele: Al mercato pure lui.


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Antonio: Perciò quello sente sempre il mercato nelle orecchie.

Michele: Si è stonato completamente poverino, non capisce più niente, quello le ciliegie ce l’ha nelle orecchie.

Ugo: Mata sta assentr altriment parlamm e ncicapaimm. Chiaro?!

Michele: Una bellezza proprio!

Ugo: Chist è na mic mii. Si chiamm Spilbergo come il reggistro di cinemo.

Michele: Spilberg, non Spilbergo, ma lasciamo stare.

Ugo: Lo chiammammo accussio pecchè nun sapimm o ver nomm suoio. E’appassionat e cinm e fa l’imitazion di tutti i personagg di cinm. Fa continuament personagg di cinm e nun smett maio maio. Fa solo cinm.

Michele: Cinm?!

Antonio: Cinema!

Michele: Ma stai capendo, tu?

Antonio: Statt zitt o mi fai perdere il filo del discorso. Mi sto facendo tutto un periodo nella testa, non mi distrarre.

Michele: Poi dopo mi spieghi che sta dicendo.

Ugo: Con voi stev facenn o filmo: Opattino …

Michele: Che film è Opattino?

Ugo: Opattino! Na na na na na na, na na na na na na naaaaa ( Canticchia la colonna sonora)

Antonio: Il Padrino!

Ugo: Opattin! Ma l’amic tuoio nun capisc mai nient?

Antonio: Lo perdoni, è un po’ lento, vada avanti.

Michele: Mo sarei io lo scemo.

Antonio: Fammi sentire.

Ugo: Ogg è Opattin, aropp è Santocan.

Michele: Eh?

Ugo: Santocan! Santocan! Quann o sol la fozza tetà!

Michele: Sandocan!... la forza tetà …

Ugo: Brà! Poi ssa fa Zorr, L’ultim re Somari …


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Michele: Dei Moicani!

Ugo: Via col Mento, l’uomo Rango, Dritti Denti …

Michele: Qual è sto dritti denti.

Ugo: Quello che pall e po fa le prese in ciel.

Michele: Ma chi è stu dritti denti?

Antonio: Dirty dencing.

Ugo: Brà!

Michele: Ma come fai ha capire? Io ti invidio.

Antonio: Sto capendo man mano la lingua, ti devi impegnare un poco di più.

Michele: La verità è che tra intellettuali vi capite subito a volo.

Antonio: Quindi praticamente lui imita solo personaggi di film, non fa altro dalla mattina alla sera.

Ugo: Brà! Chist m piac pcchè ca pisc a volo.

Michele: Antò, se devi pisciare al volo è meglio che vai in bagno.

Antonio: Ma io non devo pisciare al volo.

Michele: Tu hai detto prima che volevi andare in bagno. Lui ha detto che mo pisci al volo, evidentemente avrà visto qualche gocciolina che spruzza fuori dal pantalone e ti stai bagnando. Non facciamo brutte figure! Sono barboni, ma noi dobbiamo pur sempre distinguerci.

Antonio: Michè ma fossi uscito scemo?! Io mo secondo te mi facevo sotto?

Michele: Non lo so, la paura fa brutti scherzi.

Antonio: Quello non ha detto pisci a volo, ha detto “ CApisc a vol”, capisce a volo!

Michele: Scusatemi, io posso sbagliarmi ogni tanto, ma non so portato per le lingue, abbiate pazienza.

Ugo: Chist invec è Peppeniello.

Michle: Quello che fa i mercati.

Ugo: O uaglino nun fa e mercat.

Michele: Invece si, prima stava vendendo e cerase, le ciliegie.

Antonio: E’ vero, l’ho sentito io, pure il cocco.

Ugo: Ma chill è piccrill nun po faticà ancor.

Michele: Ma quanti anni ha scusate?


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Ugo: Ten uattordiciann.

Michele: uattordici?

Antonio: Quattordici! E sforzati un poco.

Michele: Ma se li porta una chiavica!

Ugo: Il giovinett ha nu par e pobblem.

Antonio: E si vede.

Michele: Ma sono problemi gravi però.

Ugo: Non ci ver bon e nun c sent bon.

Antonio: Non ci vede bene e non ci sente bene.

Michele: Ma non fare il traduttore sempre, qualche cosa la capisco anche io.

Antonio: Ti stai abituando anche tu alla lingua?

Michele: Abituando è una parola grossa, ma le cose più semplici si capiscono. Dammi fiducia.

Rocky: Devi credere in te stesso, non mollare!

Antonio: E’ ripartito!

Rocky: ( Si alza il cappuccio della giacca e si muove a uso pugile) Perché se io posso cambiare e voi potete cambiare, tutto il mondo può cambiare!

Ugo: Sta facendo Rocco Bilboa!

Michele: Infasil Intimo!

Antonio: Rocky Balboa!

Michele: Ah! Un altro film?

Rocky: Adriana! Ce l’ho fatta!

Peppeniello: Ecco chi l’ha fatta! Io sentivo una puzza!

Ugo: Come veteto a Peppeniello gli funzona ben l’offato.

Michele: Che hai fatto?

Ugo: Offato!

Michele: Ma che cosa?

Ugo: Dennaso.

Michele: Ti devi soffiare il naso?


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Rocky: Adriana!

Peppeniello: Acal o panar!

Michele: Basta! Mo’ basta, non si capisce niente. Questo che urla, quell’altro che parla arabo, questo che non si sa che film sta facendo …

Ugo: Rocco Bilboa.

Antonio: Ancora!? Rocky Balboa!

Michele: Basta ho detto. Abbiamo capito il film … Se non era per il traduttore stavamo rovinati! Su tre barboni non ce ne sta uno normale! E adesso uscite fuori!

Ugo: Ciò provato, ma er tutt chius.

Michele: Per piacere Antonio, accompagnali tu.

Antonio: Li faccio uscire dal retro così non diamo nell’occhio.

Michele: E dacci cinque euro, così si comprano pure il latte.

Antonio: E quanto costa sto latt?

Ugo: Stollat!

Michele: Hai visto? Gli hai insegnato un’altra parola. Ollatt, Pollatt e Stollatt!

Antonio: Va bene. Tenete Peppeniello. (Porge a Peppeniello cinque euro. Peppeniello li tiene in mano non riconoscendoli o facendo finta di non riconoscerli)

Peppeniello: Che cos’è?

Antonio: Sono cinque euro.

Peppeniello: Come?

Antonio: Cinque euro!

Peppeniello: Come?

Ugo: Sossord!

Peppeniello: Soldi?

Michele: Perché quando urlo io non mi capisce e quando urlano gli altri si?

Peppeniello: Elemosina?

Antonio: Ma quando mai, si figuri …

Michele: … Una specie di elemosina.

Peppeniello: Ma chi è stato?


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Ugo: E’statiss. (Peppeniello aiutato da Ugo vede Antonio, aiutandosi col bastone)

Antonio: Non ringraziatemi, non c’è bisogno …

Peppeniello: Sto coso brutto?

Antonio: Ha parlato Raul Bova!

Michele: E’ perché non ci vede bene …(Peppeniello offesosi lancia i soldi contro Antonio)

Antonio: E questo è il modo?

Michele: Ma insomma!

Peppeniello:E come vi permettete di darci l’elemosina. E’ vero, non siamo vestiti bene, abbiamo stracci addosso e puzziamo, ma che vuol dire? L’elemosina si da solo a chi la chiede. Noi abbiamo una dignità che non ha prezzo che vale molti più soldi di quanto ne vale questo teatro. Volevamo è vero fare colazione, ma con voi, in vostra compagnia … la compagnia e basta, non volevamo soldi. L’apparenza inganna, ricordatevelo sempre … Mi dispiace, ma io non ringrazio per la vostra pietà, non la voglio e non mi serve. E ora … arrivederci. (escono tutti e tre in fila dietro le quinte, come se sapessero la strada)

Michele: Che granda figur e merd!

Antonio: E’ colpa tua, sei tu che mi hai detto di dargli i soldi.

Michele: E’ anche colpa tua che ce l’hai dati. Non potevi dire?: Michele guarda che quello l’elemosina non la vuole. E invece no perché ti sei lasciare influenzare dalle apparenze come me.

Antonio: Lo sapevo che alla fine era anche colpa mia.

Michele: Piuttosto, vacci ad aprire la porta, io intanto vedo un po’ che spettacolo possiamo fare io e te.

Antonio: Io e te non concluderemo niente.

Michele: Mi sa pure a me (Antonio esce, ma subito Michele lo richiama)… Antonio! Antonio!

Antonio: Dimmi!

Michele: Hai aperto la porta?

Antonio: No, come facevo? Io mo’ so uscito e so rientrato.

Michele: Hai ragione, avevo pensato una cosa … ma … niente, vai ad aprire la porta.

Antonio: Tu non stai bene, ti serve una bella vacanza … anche se la verità è che non hai mai lavorato. (Esce)

Michele: Non posso, non posso … non posso. Antonio! … Antò!

Antonio: (Rientra quasi subito) Che c’è?


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Michele: Hai aperto la porta?

Antonio: Michele, ma tu hai capito dove devo arrivare? Se tu mi blocchi io non posso andare dall’altra parte dell’edificio! Ci stanno i tre cabballeros che stanno aspettando a me per uscire, sennò li facciamo accomodare e si vedono lo spettacolo insieme al sindaco.

Michele: … E se invece li facciamo accomodare dietro le quinte?

Antonio: Ma tu si pazz? Durante lo spettacolo? Io capisco che ti sei commosso per il fatto dell’elemosina, perché sei un ragazzo sensibile … ma tu ti rendi conto che la sera per i senza tetto conviene addirittura stare fuori che dentro data l’umidità? Lo hai detto stesso tu.

Michele: Ma io li faccio muovere …

Antonio: E poi fanno rumore, si sente mentre recitiamo che ci stanno degli esseri strani dietro le quinte. Il legno del palco e fradicio se uno muove un mignolo del piede, si sente tutto. Non sia mai quello si mette a vendere il cocco mentre si recita!

Michele: Allora li facciamo venire proprio sul palco, così si vedono!

Antonio: Allora a sto punto li facciamo recitare con noi anche, che dici?!

Michele: Va bene! Lo hai detto tu!

Antonio: Ma stai fuori di testa? Io ero ironico!

Michele: Io no!

Antonio: Ti rendi conto che stai dicendo? Quello domani arriva il Sindaco! Stiamo già combinati una bellezza che se tutto va bene siamo rovinati, e tu vuoi far recitare a quei tre morti di fame?

Michele: Ma che ci sta di male? Sono necessari invece, mica posso recitare solo con te che fai schifo?

Antonio: E tu che ne sai?

Michele: Antonio, nella vita bisogna essere onesti e tu sei una chiavica artisticamente parlando, fattelo dire da uno che ne capisce.

Antonio: E secondo te quelli sanno recitare?

Michele: Certamente! Ma hai visto con che abilità quello ci ha minacciati con la pistola, da attore vero!

Antonio: Attore vero … E tu ne capisci? … Ma non farmi parlare, mo li caccio e buonanotte, con te non voglio discutere.

Michele: Aspetta un attimo e ti spiego.

Antonio: Ma che vuoi spiegare?!


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Michele: Antonio parliamoci chiari e senza peli sulla lingua. Lo spettacolo deve venire bene perché altrimenti il sindaco i soldi non ce li dà e tu devi vendere la casa per mangiare.

Antonio: Perché? Tu che ne sai?

Michele: Perché sei rimasto senza soldi per pagare tutti i debiti, perciò hai venduto il teatro. Sti

50.000 mila euro, venticinque diviso due, ti fanno campare un altro annetto, quindi ti devi affidare a quello che ti dico io … ora mi vuoi ascoltare un secondo?

Antonio: Dici in fretta …

Michele: E’ molto semplice: Recitiamo io, te, l’attore dei film, il cecato sordo e quello che parla strano.

Antonio: Che schifo di compagnia!

Michele: Verrà una commedia spettacolare.

Antonio: Ma tu veramente stai facendo? Tu mi sembri più cretino di loro, smettiamola con questa farsa!

Michele: Assolutamente no, mi devi far parlare altrimenti non capisci.

Antonio: Io più ti faccio parlare più dici assurdità!

Michele: Come lo fai altrimenti una commedia con due personaggi?

Antonio: E che commedia vorresti fare? La sfida della casalinga contro la cucina?

Michele: No, faremo una commedia scritta da me.

Antonio: Sarà sicuramente un capolavoro … E di che parla?

Michele: Ti fidi di me?

Antonio: No! A me sembra che stai giocando! Ti rendi conto che c’è pure il sindaco in sala? (Rientra Ugo)

Ugo: E’ arrivoto il sintaco! Sintaco! Waiù, venit! Ci sto o sintaco!

Antonio: Ecco qua! Tu mi devi spiegare come si fa a recitare con questi elementi!?

Ugo: Weeeee! Element a chi?!

Michele: Stai calmo, lui non voleva offendere.

Ugo: Mi fa fare brute figure d’avanto al sintaco!

Michele: Il sindaco non c’è, viene domani.

Ugo: Ma pecchè, tu sei la sigritara?

Michele: E che cos’è la sicritaria?


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Antonio: La segretaria.

Ugo: Il sintaco viene qunto dici tu?

Michele: In che senso?

Ugo: Il sintaco viene quando vuol lui, nun c’è bisogn che dic tu quann dev venì.

Michele: Lo so, infatti è stato stesso lui che ha detto che veniva domani, mica glie l’ho suggerito io?

Ugo: Tu mvuò prentr inciro, lo so … ma io c’ho le conoscenz. Chetti cretti?

Michele: Chetti?

Ugo: Chetti Cretti!

Michele: Conosci una certa Chetti Cretti?

Antonio: Dev’essere qualche parente del sindaco.

Michele: Ma il sindaco non fa Cretti di cognome.

Antonio: Sarà da parte di madre …

Michele: O della moglie.

Antonio: Ma quello è divorziato!

Michele: Ma la parentela rimane, che centra …

Antonio: Anche se Chetti Cretti sembra più il nome di una zoccola!

Michele: Quindi il sindaco va a zoccole?

Antonio: No! Stiamo parlando di una sola in questo caso.

Michele: E’ la stessa cosa, anche se vai con una prostituta soltanto è uso dire: quello va a prostitute.

E’ un proforma.

Antonio: Ho capito, ma lui che ne sa?

Michele: Ugo, come hai saputo questa storia di Chetti Cretti? (Entra Spilbergo, questa volta con una pipa in mano)

Holmes: E’ elementare Watson: Il sindaco ha una parente che si chiama Chetti Cretti, dal suo nome si evince che le sue origini non sono italiane, men che meno napoletane, probabilmente è di origine anglosassone, quindi proveniente da quel ceppo dell’albero genealogico che fa riferimento alla madre del sindaco in questione. Ma è la madre il vero nodo della questione? Ebbene si perché, vede Watson, la genitrice del sindaco è figlia di una stirpe famosa nel mondo a luci rosse, dove il vero limite alla decenza è misurato con la moneta cinica e lussuriosa; quindi il fatto che il sindaco sia un figlio di zoccola è noto e risaputo, e questo vale per ogni sindaco o politico da noi conosciuto, del passato, presente e futuro, reale o immaginario. … Ma questa è solo una delle versioni, ce n’è


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un’altra in cui il ragazzo qui presente non sa parlare in italiano e non usa un semplice dialetto per comunicare, bensì una forma strana e incomprensibile anche per i suoi stessi simili. E’ così accadde poc’anzi che nel mentre interloquivate tra voi, il così detto Ugo pronunciò le parole “Chetti Cretti”, che è più semplicemente traducibile in Italiano con: “Che cosa ti credevi?” Oppure: “Cosa credi?” E in napoletano: “Che t crire?”. Quindi avete frainteso.

Antonio: Ma vafancul! (Esce)

Michele: Antonio! Dove vai? … Non mi lasciare da solo!

Ugo: Mi piace quann fa Sciello Coms.

Michele: Sherlock Holmes infatti. Bravi e complimenti, un vero attore. Si vede che c’è l’ha nel sangue.

Holmes: E’ elementare Watson.

Michele: Ma chi è Watson?

Ugo. Wat son io.

Holmes: No, è lui Watson, (indica Michele) è elementare.

Ugo: Nun ossaccio. Tu che scol hai fatt?

Michele: Io sono diplomato all’accademia dell’attore di Frattamaggiore.

Ugo: Allor Wat son io, perché ho la quinta elementar.

Michele: Che centra?

Ugo: Lo ha detto lui, l’elementar Wat son.

Michele: Ma lui ha detto che io sono Watson.

Ugo: Non va bene, allor facim accussio: Wat si tu.

Michele: Wat?

Ugo: Si. Wat son io e Wat si tu.

Michele: Wat chi?

Ugo: Wat son io e Wat si tu. Facciamo un duo, ecapì?

Michele: Due Wat! Ho capito hahahahhahaha. Che simpatici che siete. Ma che fine ha fatto l’altro giovanotto?

Ugo: Peppeniello!?

Michele: Esatto!

Holmes: E’ andato alla toilette. L’ho accompagnato io medesimo. Doveva esplicare i suoi bisogni primari.


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Ugo: Aveva cacà!?

Holmes: Si.

Ugo: Wa amic! e parl easy Jet!

Michele: Basta così, la situazione e chiarissima. Allora comincio a parlare con voi e poi magari lo trasferite a Peppeniello. Vi devo chiedere un piacere.

Holmes: E’ inutile mio buon amico che vi espliciti in modo chiaro ed esaustivo quanto in questo momento le nostre risorse scarseggino leggermente e ci sentiremmo a disagio ove mai la vostra richiesta dovesse comprendere l’appoggio materiale dei nostri beni grezzi.

Ugo: Nun c stann sord!

Holmes: Esattamente.

Michele: Avevo capito benissimo. Ma non era questa la richiesta che volevo farvi. Avete mai pensato di recitare?

Ugo: No, ma qual richiest buò fa?

Michele: Questa è la richiesta: Vi andrebbe di recitare?

Ugo: Ma quann?

Michele: Domani, su questo teatro. Vi preparo io, reciterò con voi, sarà un grande evento!

Ugo: Ma tomani arriva il sintaco!

Michele: Bravo! Reciteremo dinnanzi al sindaco. Anche tu reciterai. Cosa ne pensate?

Holmes: Io sono un discreto attore, tra un caso di rapimento ed omicidio, mi diletto con il teatro Shakespeariano.

Ugo: Ii vogl recitar col sintaco! Ollè!

Michele: Bene bisogna dirlo solo a Peppeniello.

Holmes: Sarà meglio andare a prendere il nostro giovane amico dalla toilette, il ragazzo ha problemi di vista e non vorrei si perdesse nei meandri dell’edificio artistico. Sarà meglio andarlo a cercare.

Ugo: Yamm compà!

Holmes: Andiamo

Ugo:Aropp venimm a recità, ii vogl fa l’attrore. (Escono Ugo e Spilbergo)

Michele: Recitare! … ma come parla questo. Certo non sarà facile, mi devo inventare qualcosa ...

(Sbuca Peppeniello dall’altra quinta improvvisamente, Michele ha quasi un colpo quando lo vede) Peppeniello! Che paura … I tuoi amici ti sono venuti a cercare, ma sono andati dall’altra parte! Ma


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tu come hai fatto a uscire di là ed entrare di qua? Hai fatto il giro? Sei cecato, ma le strade subito le impari … Peppeniello? … Peppeniello!

Peppeniello: Eccomi signore!

Michele: M’ha preso per il Padre Eterno. Peppeniello! Sono il signore si, ma del teatro! Ti ricordi di me!?

Peppeniello: Si signore! Parlami ed io obbedirò.

Michele: Ma non sono Dio, sono io, sto qua, sono umano! Mi vedi?

Peppeniello: Si!

Michele: Bene, si è calmato. Ti posso fare una domanda?!

Peppeniello: Si!

Michele: Tu sai recitare?

Peppeniello: Si!

Michele: Ti andrebbe di fare una commedia?

Peppeniello: Si!

Michele: Domani!

Peppeniello: Si!

Michele: Sei sicuro?

Peppeniello: Si!

Michele: Te la senti?!

Peppeniello: Si!

Michele: Bene sono contento! Ora vado a chiamare i tuoi amici, li faccio venire qua!

Peppeniello: Si!

Michele: Aspetta qua! (Esce da una quinta, ma Peppeniello continua ormai a cantilena)

Peppeniello: Si! … Si! … Si!

Antonio: (Entra dalla quinta opposta a dove è uscito Michele) Ciao Peppeniello. Hai visto Michele, il mio collega?

Peppeniello: Si!

Antonio: E’ andato di là?

Peppeniello: Si!


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Antonio: A proposito, scusa per prima, spero tu possa perdonarmi.

Peppeniello: Si!

Antonio: Hai ragione, sono io che ho bisogno di elemosina, non voi.

Peppeniello: Si!

Antonio: Si, infatti.

Peppeniello: Si!

Antonio: Ora vado da Michele, devo parlargli, dobbiamo risolvere questa storia della commedia!

Peppeniello: Si!

Antonio: Mi ha fatto piacere parlare con te, grazie! Quindi è Andato di là?

Peppeniello: Si!

Antonio: Va bene, a dopo! (Esce veloce e dall’altra parte entrano Ugo e Michele)

Peppeniello: Si! … Si! … Si! ,,,

Ugo: Si è inceppaaaaaaat!

Peppeniello: Si!

Michele: Che è successo?

Ugo: Ogni tant si incepp a cervell. Riman acces sol a lampadin del “si” e rice semp si. E’ un altr suo pobbleminolo.

Michele: Questo sta pieno di problemi.

Peppeniello: Si!

Michele: Io pensavo che prima mi diceva si perché capiva!

Peppeniello: Si!

Ugo: None! Chill nun a sentit popt nient!

Michele: No?

Peppeniello: Si!

Michele: E come si risolve sta cosa? (Entra Spilbergo con un ombrello)

Poppins: In tutto ciò che devi far il lato bello puoi trovar. Lo troverai e. Hop! Il gioco vien!

Michele: Che cosa?

Ugo: Ossapev!


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Poppins: Con un poco di zucchero la pillola va giù. La pillola va giù, la pillola va giù …

Peppeniello: Si!

Poppins: Con un poco di zucchero la pillola va giù! Tutto brillerà di più!

Ugo: Mari Poppino!

Michele: Mary Poppins?!

Peppeniello: Si!

Michele: Fa anche le femmine?

Ugo: Fa tutt cos chist!

Michele: Chist!?

Peppeniello: Si!

Michele: Ma lo vogliamo risolvere il problema dello stereo di Peppeniello che si è incantato o dobbiamo vedere a quest’altro che fa Mary Poppins?

Peppeniello: Si!

Ugo: Basta cantar na canzoncin. E’ l’unica che sent semp apprescindere e torna normale.

Michele: Normale per modo di dire!

Ugo: Lui la canzone la sent pecchè ha orecchi musicali!

Michele: Quindi le canzoni le sente …

Ugo: E si splocca!

Michele: Sblocca!

Peppeniello: Si!

Poppins: (Spilbergo canta una canzone vicino a Peppeniello) Se il pettirosso il nido fa un po' di sosta mai non ha. Che compito scappar di qua e di là.

Ugo: Statt zitt! Nun è chest a canzon. La sua preferita è un altr.

Michele: Ha pure i vizzi?

Peppeniello: Si!

Poppins: Quell’altra, te la ricordi?

Peppeniello e Ugo: Si!

Ugo: Uno, due, tre!


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Ugo e Poppins: (cantano battendo le mani) Batti batti le manine, che adesso vien papà, che porta i biscottini, ai poveri bambini.

Peppeniello, Ugo e Poppins: (Peppeniello si sblocca e canta anche lui) Batti batti le manine, fai volar le farfalline, gira gira il mulinello, questo bimbo è molto bello!

Peppeniello: Ollè! (Corre come un pazzo intorno al palco urlando, poi esce via)

Michele: E’ mo’ che fa? Aiuto!

Ugo: Quann si calm, torn aret. Meri Poppino, valla a piglià. Tu si a bebbisitter.

Poppins: Vado! (Apre l’ombrello ed esce come nel film)

Ugo: Amm risolt! Non ci sono pobblematic impossibile da risollevare.

Michele: E invece si. (Si accascia su una sedia in modo affranto)

Ugo: Che è succies?

Michele: Non so se farei bene a parlarne con te.

Ugo: Vieni, con me, facimm na passeggiat. Sfuog nu poc. (Lo prende per mano e cominciano a passeggiare sul palco)

Michele: No, è Antonio, il proprietario del teatro. Qualche volta lo ammazzerei.

Ugo: Coccamma si risovvono le cos.

Michele: Coccamma?

Ugo: Si. Tranquill frà.

Michele: Mi fa arrabbiare capisci? Perché non si fida di me. Io sono un grande artista e lui non lo capisce.

Ugo: Hai raggion!

Michele: A volte vorrei legarlo e strillargli in testa. Non vuole fare neanche questa commedia, ma perché?! Che devo fare lo devo costringere?

Ugo: No! Nun s fa accusì! Devi pallare.

Michele: Pallare?

Ugo: Cetto! Pallare coccamma!

Michele: Ho capito. Ma la calma non va bene, ci ho provato mille volte, ci vorrebbe la forza! Sono sei anni che gli sto dietro! Mi offende sempre, e io a lui non dovrei offenderlo?! Lo so che sono arrabbiato e mi dovrei calmare, ma io lo vorrei strozzare!

Ugo: Facciamo così. Quann iss ven. Ci pallo io.


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Michele: Ma io vorrei …

Ugo: Coccamma … ci pallo io.

Michele: Ma no … la cosa è complicata, grazie comunque.

Ugo: Tranquillo.

Antonio: ( Entra Antonio dalla quinta dov’era uscito) Michele!? Dove sei?

Michele: Eccolo!

Ugo: Coccamma! Palloci io.

Michele: E pallaci tu.

Antonio: Michele. Posso parlarti?

Ugo: Dici a me.

Antonio: Vorrei parlare con lui è una cosa personale.

Ugo:Fetente e merd, tu si nu disgraziat! ( Lo aggredisce spaventosamente, Michele cerca di fermarlo nello stesso momento entra Mery Poppins con e diventa una colluttazione a quattro con Peppeniello che insegue tutti con un bastone)

Michele: Coccalma!

Poppins: Calma bambini, non litigate!

Peppeniello: Si sono rubati la frutta dal bancone, mariuoli!

FINE PRIMO ATTO


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SECONDO ATTO

Si apre la scena e notiamo subito una divanetto al centro della scena, un tavolo sulla sinistre con un paio di sedie e un mobiletto sulla destra. Si sente da dietro le quinte Michele che parla al cellulare con la madre mentre entra in scena.

Michele: … Si, te l’ho detto, è una commedia comica … E’ comica anche se mi viene da piangere

…perché è una tragedia! … in parte è comica ma finisce in tragedia, perché ammazzo a tutti tra poco, mi stanno facendo esaurire … Avevamo poco tempo, sono rimasto in teatro a provare tutta la notte … Certo che ho cenato … uffa mamma, sono grande ormai! … (dietro di lui entra Ugo inconsapevolmente da Michele che lo osserva immobile) … Non torno a pranzo, no … Mamma,viene il sindaco a vedermi stasera, ti rendi conto? … Certo che puoi venire anche tu … Si mamma, hai ragione … dopo torno un attimo a casa e mi metto dei vestiti puliti … va bene … Ah Mamma! Quando vieni mi porti la paghetta? … Grazie, ok … faccio il bravo … ciao mamma, un bacio a dopo … ciao. (Michele si accorge di Ugo e si imbarazza, si guardano per qualche secondo)

Ugo: E nun ti miett scuorn? E tien quarant’ann?

Michele: Fatti i fatti tuoi!

Ugo: (Se ne va, poi ci ripensa si gira verso Michele e dice…) Ollatt?

Michele: Fatti una sciacquata, così andiamo a fare colazione. Dobbiamo fare presto che dobbiamo continuare a provare!

Ugo: Babbene! (Esce)

Michele: Gli altri stanno ancora dormendo? … Non va bene, dobbiamo provare! Dobbiamo provare! I tempi stringono! Sveglia! E’ possibile che stasera abbiamo lo spettacolo e abbiamo provato solo il primo atto? Mo li vado a svegliare. (Esce cercando di svegliare tutti, dall’altra parte entra Antonio con la colazione che è andato a prendere al bar, la posa sul tavolino e osserva i cornetti).

Antonio: 15 euro. Un euro e cinquanta a cornetto. Questo è proprio un ladro e un incompetente. Questi cornetti fanno schifo! … Guarda guarda … No, io adesso ce li riporto indietro. Poi sto caffè puzza pure! (Entra Michele da dov’era uscito)


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Michele: Antonio, tu già sei sveglio?

Antonio: Ma perché tu hai dormito? … Non mi far parlare che sono di un nervoso che non hai idea!

Sto passando le ventiquattro ore più brutte della mia vita per colpa tua!

Michele: Per colpa mia?!

Antonio: Meno male che da domani non ci vediamo più, perché ero arrivato al limite.

Michele: E’ l’ultimo sacrificio, un po’ di pazienza. Usa le tue ultime energie psicologiche e da domani sei in vacanza, da domani il teatro sparisce, lo abbattono!

Antonio: Io non ci arrivo fino a domani Michele, non ce la faccio più.

Michele: Resisti!

Antonio: Sono 24 ore che non dormo! Abbiamo provato ininterrottamente fino a stanotte alle 4:35.

Ci siamo addormentati a terra e sui tavolini dei camerini dove il tasso di umidità è del 200%.

Michele: Te l’ho detto io, compravi i pinguini delonghi la prossima volta. Ma fosse stato solo quello! Una puzza che non se ne ha un’idea! Quei barboni non si lavano da anni, anzi da decenni. Stavo soffocando!

Antonio: Io non ho sentito niente, sto un po’ raffreddato.

Michele: E cosa centra? Quella la puzza oltrepassa le mucoso e penetra nel cervello e ti rimane impresso per sempre! Io sospetto che non se ne andrà mai più.

Antonio: E quello che recita anche nel sogno?

Michele: Mamma mia!

Antonio: Quando ha fatto “Salvate il Soldato Rayan” è stato il momento peggiore!

Michele: E’ normale! Quello fa anche le bombe con la bocca: Boom! Buboom! M’ha fatto fa certi salti. Se non mi è venuto un infarto adesso non mi verrà mai più. Meno male che stasera c’è la commedia e ci salutiamo.

Antonio: A proposito, parliamo della commedia: sarà un completo disastro, sta venendo uno schifo!

Non si capisce niente, faremo una grande figura di merda!

Michele: Ma tu dici così per gli attori o per il testo?

Antonio: Michè gli attori sono: Un cecato sordo che quando gli suggerisci le battute non le sente e il copione non lo vede. Un altro che mi pare un’ invasato perché non si sa quale personaggio sta interpretando, e uno che quando parla non si capisce se ha detto una battuta del copione o sta facendo scorregge con la bocca!

Michele: Gli attori non sono un granchè, ma il testo è una chicca! E’ forte.


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Antonio: Il testo? Hahahahahahah … non mi far parlare altrimenti finisce male. Sono andato al bar per prendere un poco d’aria sennò impazzivo e facevo una strage a cominciare da te! La colazione poi, 15 euro! Non ci fossi mai andato, mi ha dato certa roba che fa schifo! (entra Ugo)

Ugo: Ollatt?!

Antonio: No, ho preso caffè e cornetti.

Ugo: Ollatt?!

Michele: Antonio, non hai preso un po’ di latte?

Ugo: Antooo … Ollatt!?

Antonio: Mi so dimenticato.

Michele: Ma allora si scem proprio! Cioè questo ci sta facendo la capa tanta da due giorni che vuole “ollat” e tu ti dimentichi?!

Ugo: Arostà Ollatt!?

Michele: Chi se lo sente mo tutto il giorno a questo?

Antonio: Ho sbagliato, che devo fare?

Michele: Sparati!

Ugo: Cioè … tuo sigghiuto obbarro?

Michele: Sigghiuto obbarro?

Antonio: Sta usando la cadenza messicana adesso, non ci far caso.

Ugo: Tuo sigghiuto obbarro … e nun hai accattatolo ollatt?

Antonio: … No.

Ugo: (sviene, Antonio e Michele cercano di sorreggerlo, Antonio con qualche difficoltà in più perché gli fa schifo)

Michele: Piglia a questo!

Antonio: Michele, lo stiamo toccando!

Michele: E che tiene la peste!?

Antonio: E io che ne so?

Michele: Mettiamolo sul divano! (Entra Peppeniello)

Peppeniello: Buon giorno! E’ successo qualcosa?

Michele: E’ svenuto Ugo!


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Peppeniello: Come?

Antonio: A terra, è mancato nelle gambe all’improvviso!

Michele: Animale, ha detto “come” perché non ha sentito, non perché voleva sapere com’era svenuto!

Antonio: Ah! Non avevo capito!

Michele: Peppeniello! Aiutaci!

Peppeniello: Come?

Antonio: Gli tieni la testa mentre noi alziamo le gambe!

Michele: Non ha sentito un’altra volta! Non voleva sapere come aiutarci! … Senti, chiama a qull’altro, Spilbergo, può essere che gli esce qualche personaggio dottore che ci può aiutare.

Antonio: Spilbergo! Spilbergo! Aiuto!

Superman: Tattaratta! Tarattarattaaaaa!

Michele: Chi è mo questo?

Superman: Avete gridato aiuto? Eccomi! Tattara! Tarattarattaaaa!

Antonio: Chist è Batman!

Michele: No, chist è Superman!

Superman: Non temete gente. Lo aiuterò io. Tattata! Tarattarattaaaaa!

Antonio: Che ne sai che è Superman?

Michele: L’ho capito dalla colonna sonora.

Superman: Cosa è successo al malcapitato?

Antonio: E’ svenuto.

Michele: Si, ma perché? … Perché non hai comprato Ollatt!

Superman: Allora è lui il colpevole!

Antonio: Perché devi fare la spia? … Superman, è svenuto perché è pazzo, non è colpa mia!

Michele: Ma se sai che quello è pazzo, vuoi prevenire la cosa? Compra una bella busta di latte che ci dura tutta la giornata, siamo tutti contenti e quello non ci rompe più l’anima!

Antonio: Io lo odio il latte, sono allergico al lattosio. Odio anche l’odore.

Michele: Tu sei malato con le cervella, questo è il tuo problema primario!


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Superman: Non temete ragazzi! Io sono Superman! Volo al supermercato a comprare il latte e torno! (Esce volando)

Antonio: Se n’è andato?

Michele: Mo’ torna.

Antonio: Vola?

Michele: Ma come fa a volare, mi devi spiegare! Secondo te vola veramente?

Antonio: Non lo so, io il film non l’ho mai visto.

Michele: Guarda che secondo me stai male, tu devi andare da un bravo psicologo, un professionista! (nel frattempo Peppeniello si è avvicinato a Ugo svenuto, lo tocca e lo scuote, gli sembra morto)

Peppeniello: Ugo! Ugo rispondimi! … (sconvolto) No! E’ mortoooo!

Antonio: E’ solo svenuto.

Peppeniello: Chi è stato?!

Michele: E’ stato lui!

Antonio: Non ci dire ste cose, sennò pensa che l’ho ammazzato io veramente.

Michele: Tanto non sente.

Peppeniello: Assassino! Bastardo! Me la pagherai!

Michele: Ha sentito!

Antonio: Sto fetente! Sente solo quello che vuole lui!

Peppeniello: Lo vendicherò! Assassino!

Superman: (entra da destra con un salto, tiene in mano una busta di latte) Cosa succede!?

Peppeniello: La pagherai! Cattivo! Assassino!

Superman: Cosa è successo Peppeniello!

Peppeniello: Questo coso brutto ha ucciso Ugo!

Michele: Ma perché a te ti sente?

Superman: Ho la supervoce.

Michele: Se, la supervoce …

Peppeniello: Mi vendicherò!

Antonio: Amico! Guarda che quello è vivo!


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Superman: “Quello” aveva un nome, e il suo nome era Ugo!

Antonio: (rivolgendosi a Michele) A me questi due mi sono proprio antipatici!

Superman: Questo abominio non rimarrà impunito! Lo vendicherò io sconfiggendo il male! Tattatà!

Tarattarattaaaaaaaaa!

Michele: Mo chist t’accir!

Antonio: E adesso come si fa?

Michele: Superman ha la superforza, stai attento!

Antonio: Nel film o nella realtà?

Superman: Peppeniello! Mantieni il latte!

Michele: Questo veramente ha portato il latte!

Antonio: Ma dove l’ha preso il latte? E’ stato velocissimo.

Michele: Avrà volato veramente forse, non lo so.

Ugo: (sente la parola “latte” e si sveglia magicamente) Ollat!!!

Michele: E’ risorto!

Antonio: Mi so salvato!

Superman: Sono stato io con i miei super poteri a farlo resuscitare! (Ugo prende con veemenza quasi incontrollata la busta di latte da mano a Peppeniello, ma una volta letto sulla confezione cade disperato sulle ginocchia)

Ugo: Noooo!

Michele: Che è successo!

Ugo: Ollatt inter!

Antonio: Ha comprato il latte inter?

Michele: Quello è Juventino evidentemente!

Antonio: E adesso come si fa?

Michele: Non se lo può bere! Non me lo berrei neanche io che sono napoletano.

Ugo: Il latte inter, no!

Michele: Forza Napoli!

Ugo: Il latte inter!

Antonio: Forse vuole dire: il latte intero.


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Michele: E lo vuole diviso?! Quello si vende tutto un pezzo.

Ugo: Perché a me?

Michele: Mo facciamo una cosa: lo congeliamo e lo tagliamo, va bene? Così è diviso.

Ugo: Noooo!

Michele: Non gli piace diviso.

Antonio: Perché non lo può bere!

Michele: Ma come, prima vuole ollatt e mo non lo può bere?! … (adirato verso Ugo) Ascoltami Ugo …

Ugo: Son alleggic.

Michele: (verso Antonio) E’ il cognome?

Antonio: E io che ne so?

Michele: Senti Ugo Alleggic!

Ugo: No! Sono alleggic a ollatt inter!

Antonio: E’ allergico al latte intero.

Michele: Il latte sarà ancora intero, ma tu mi hai sfracassato le pa…

Antonio: … Educazione!

Michele: Ma quando ci vo’ ci vo’.

Antonio: Forse Ugo lo gradirebbe parzialmente scremato!

Ugo: Brà! Lu sio ca mi capisc.

Michele: Luo soio mo ca mo capisc, ollatt inter divis scremato, alleggic… oh! E mo basta! Dove siamo arrivati!? Mi avete esaurito tutti quanti! … Questo che fa Superman, quest’altro col bastone che non ci vede, rischia di fare male seriamente a qualcuno … io ce lo spezzo sto bastone! In testa, gli do una mazzata che gli faccio tornare la vista! … Stasera viene il sindaco e non abbiamo ancora provato il secondo atto. … Vogliamo provare, si o no?!

Ugo: Ollatt?

Michele: Adesso ollatt lo posi e stasera dopo la commedia ci andiamo a fare na bella zupp e latt tutti assieme. … Va bene?!

Ugo-Superman-Antonio: Si.

Michele: (Prende il copione, lo arrotola a uso megafano e urla al suo interno avvicinandolo all’orecchio di Peppeniello)Va bene?!


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Peppeniello: Si.

Michele: Molto bene, uno “si” e basta!. Da oggi con Peppeniello recitiamo così, quando dobbiamo dirgli una battuta ci avviciniamo col megafono, anche improvvisato come questo che ho fatto e urliamo. Dovrebbe riuscire a sentire … un lampo di genio che mi è venuto stanotte.

Ugo: E’ Uggenio!

Peppeniello: Chi è Eugenio?

Antonio: Tu ti chiami Eugenio?

Michele: Io mi chiamo Eugenio?

Antonio: E perché non mi hai mai detto niente?

Michele: (Lo guarda disperato e dopo una pausa esclama) … Comincia la prova! Tutti apposto.

Antonio: Ci mettiamo nella posizione in cui eravamo alla fine del primo atto?

Michele: Esattamente. ( Tutti si posizionano al proprio posto, Superman lo fa volando e Peppeniello viene accompagnato da Ugo che poi si posiziona al suo posto. Michele che vede Superman volare si avvicina e gli suggerisce…) Tu da questo momento in poi non sei più Superman, è chiaro?

Clark Kent: Sono Clark Kent! (si mette gli occhiali)

Michele: No! Non sei Clark Kent. Sei un attore, devi recitare … sei … sei … Shakespeare? Lo conosci Shakespeare?

Shakespeare: Nascondi chi sono, e aiutami a trovare la maschera più adatta alle mie intenzioni.

Michele: Non ho capito.

Ugo: Ignuranza! Chist è o Macchebbetto!

Michele: Che cos’è?

Ugo: O Macchebbetto!

Michele: lasciamo stare …

Shakespeare: Più dolce sarebbe la morte se il mio ultimo sguardo avesse come orizzonte il tuo volto.

E se così fosse, mille volte vorrei nascere per mille volte ancor morire.

Ugo: L’Amaletto.

Michele: Amleto!

Antonio: Senti Eugenio!

Michele: Antò, io mi chiamo Michele!

Antonio: Non cambiare sempre però che mi confondo.


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Michele: Io non ho mai detto che mi chiamo Eugenio.

Antonio: Va bene, ma mò non ti arrabbiare … “Antonio”, va bene?

Michele: E certo!

Antonio: Però vedi che non sono così ignoranti come pensavamo, conoscono Shakespeare!

Michele: Quello dice Amaletto e non sono ignoranti?

Shakespeare: Oh Romeo Romeo perché sei tu Romeo!?

Rinnega tuo padre, rifiuta il tuo nome, o se non vuoi, giura che mi ami e non sarò più una Capuleti.

Solo il tuo nome è mio nemico: tu sei tu.

Che vuol dire "Montecchi"?

Michele: Adesso basta però! Questo è Romeo e Giulietta e la facciamo un’altra volta. Adesso continuiamo la commedia che stavamo facendo ieri. E’ in grado Sig. Shakespeare di ripetere e dire le battute del mio copione e basta?

Shakespeare: Certamente.

Michele: Perfetto. Adesso andiamo avanti con il secondo atto e poi ripetiamo tutto di un fiato la commedia un paio di volte. Quando arriva il sindaco con la giunta e gli assessori, facciamo lo spettacolo e ci pigliamo i soldi … cioè volevo dire gli applausi. (Prende il copione in mano e comincia a leggere) Dunque ricapitoliamo: Tu (indicando Ugo) Sei innamorato di lei (indica Peppeniello. Ugo, mette subito la parrucca a Peppeniello). Il fratello di lei (indica Antonio) non èd’accordo del vostro rapporto amoroso perché pensa che tu non abbia intenzioni serie. Shakespeare che è vostro padre decide che tu Peppeniello non devi vedere più quest’uomo, quando ad un certo punto entro io, il boss del quartiere, e decido che il matrimonio si deve fare per forza. Shakespear sviene, i figli si avventano su di lui e finisce il primo atto.

Shakespeare: Sig. regista, noto dal copione che nel secondo atto io sono morto, ovvero svengo e non mi alzo più, ovvero non recito più.

Michele: Infatti. Nel secondo atto tu sei morto. Il fratello, ovvero Antonio, uccide il boss, ovvero me e poi uccide Ugo.

Ugo: Overo?

Michele: (infastidito) Ovvero il fidanzato di sua sorella, quando scoprirà che è già incinta.

Antonio: Una tragedia.

Michele: Ho fatto il primo atto comico e il secondo atto drammatico. Come mi ha chiesto il sindaco, un po’ comico e un po’ drammatico.

Antonio: Il primo atto era comico?

Michele: Si.

Antonio: Faceva piangere!


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Michele: Non capisci niente, fidati per una volta.

Antonio: Ma quando l’hai scritta sta commedia?

Michele: Anni fa.

Antonio: E non l’hai bruciata?

Shakespeare: Posso esprimere un parere disinteressato ad un collega scrittore d’arte teatrale? … Fa schifo.

Michele: Ma che ne sai tu, buffone!

Ugo: Invec a me fa ritere Peppeniello ca parruc! Ochiammamm invec che Peppe niello, Femme niello! Ha!Ha!Ha!

Antonio: Che hai da dire contro i femmenielli, fammi capire?

Michele: Antonio, per piacere …

Antonio: No Eugè … Michè … mi sono scocciato!

Ugo: Mero scuordato ca si femminel pur tuo.

Antonio: Femminello non si dice! E poi posso essere quello che vuoi tu, ma ti lascio a terra lo stesso!

Michele: Calma! Basta! … E che cos’è questa storia? … Dobbiamo provare!

Ugo: Ii schezzavo!

Michele: Non bisogna scherzare! Quando si prova bisogna essere seri e rispettarsi l’uno con l’altro. Io e Antonio siamo dei professionisti è un caso che recitiamo con degli improvvisati come voi. Quindi rispetto … OOOOOOOH! (dito accusatorio) Fate i bravi! Per rispondere poi a Shakespeare: ti faccio morire così per tutto il secondo atto tu stai dietro le quinte a suggerire, come farò io per tutto il primo atto, è chiaro? Dobbiamo sacrificarci tutti. Non possiamo imparare bene la parte in poche ore, quindi è necessario un suggeritore e nel secondo atto sarai tu. Va bene?

Shakespeare: Yes Sir.

Michele: Bravo, mi piace che è convinto proprio, parla pure inglese.

Antonio: Ma suggerisci in italiano!

Michele: E’ chiaro che suggerisce in italiano, che fa le traduzioni?

Antonio: No, perché io l’inglese non lo so.

Ugo: Manch’ii.

Michele: Tu non sai neanche l’italiano! Figuriamoci l’inglese. (Battendo le mani) Comincia la prova! Il suggeritore si mette vicino la quinta perché non abbiamo la botola da suggeritore


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(Shakespeare si mette vicino a una delle quinte) Peppeniello … Peppeniello! … (Si innervosisce perché non ascoltato e lo sposta di forza) Ma è mai possibile che non senti mai e non ci vedi mai?… Mettiti qua!

Ugo: Cammo cammo!

Michele: Ho capito che devo stare calmo, ma quest’essere è una cosa impossibile! Non mi sente e non mi vede. Neanche se faccio così (Gli fa le boccaccie) … o così (altre boccaccie) … oppure così (ripetute boccacce e gesti, incalzando sempre di più fino a quando Peppeniello non gli dà uno schiaffo)… Aiah!

Peppeniello: Scusa! Ma c’era qualcuno d’avanti a me?!

Michele: C’ero io, carogna!

Peppeniello: Pensavo fosse una mosca.

Michele: Mi ha preso per una mosca!?

Ugo: Si è confucion.

Antonio: Sinceramente te l’avrei dato anche io uno schiaffo, hai fatto il buffone di quella maniera, te lo sei meritato.

Michele: Tu sei più carogna di lui!

Antonio: E poi Michele non esagerare, infondo è quasi cieco.

Michele: E’ quasi cieco ma la forza la tiene il giovanotto.

Ugo: Quello è giovine aiatante!

Michele: E’ un giovane aiutante!

Antonio: Aiutante di che cosa?

Michele: Al mercato, che ne so, aiuterà qualcuno?

Antonio: Quello non si mantiene in piedi, a chi aiuta?!

Michele: No, quello la forza ce l’ha, fidati.

Ugo: Uno poco di riscipietto per tua soreta!

Antonio: Ma non è mia sorella!

Michele: Ed invece si! Adesso dobbiamo recitare! Quindi Lui è tua sorella! Anzi Lei è tua sorella!

Ugo: E io l’ammo!

Michele: Bravo!

Ugo: Nella finzion, pecchè ii so eter, non cumm achille!


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Michele: Chi è Achille adesso?

Ugo: Iss è chille!

Antonio: Io so Achille?

Michele: Si, indica a te.

Antonio: A chill’è vivo! … Sono omosessuale è vero, ma nun so cretino come a te!

Michele: Antonio! La vuoi finire?

Antonio: Ma quello insinua!

Michele: Ma hai capito con chi ti stai andando a paragonare? Smettila e leva occasione!

Antonio: Faremo i conti dopo!

Michele: In posizione! Recitiamo per piacere! … Questa è la scena dove i due fratelli vanno dal boss che sono io e prima di entrare incontrano lo spasimante Ugo … Battuta! … Battuta! (Shakespeare non risponde) … Battuta Spilbergo! Quando dico battuta, devi suggerire!

Shakespeare: Chiedo venia.

Michele: Concentrazione Shakespeare, soprattutto tu che sei del mestiere! … Comincia la prova. Battuta!

Shakespeare: E tu cosa ci fai qui?

Antonio-Ugo: E tu cosa ci fai qui? (Ugo lo dice con spiccato accento napoletano)

Michele: No! Questa è la battuta di Antonio!

Ugo: Nun ha suggerit di chi er la battut!

Michele: Ma ragiona! … Tu li stai aspettando, sai che sarebbero arrivati. E’ lui che non sa che ti avrebbe trovato lì. Ragiona! Non puoi dire “E tu cosa ci fai qui” se lo sai già. Lo deve dire Antonio che non ti aspettava.

Ugo: E se m so scurdat che arrivavan?

Michele: Non puoi dimenticarti, su!

Ugo: E se inbece buless fa lo gnorri?

Michele: Com’è complicato questo … che significa?

Ugo: Si, tipo: lo so, ma non buless fa capì che ossaccio già che arrivano!

Michele: Ossai! Ossai! … insomma andiamo avanti, non è una farsa! La battuta la dice Antonio, e basta.

Ugo: Babbuò! … sei tu il reggistro …


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Michele: Appunto. Daccapo. Battuta.

Shakespeare: E tu che ci fai qui?

Antonio: E tu che ci fai qui?

Shakespeare: Non risponde (indica Ugo)

Ugo: Nun risponte!

Michele: … Scusate c’è qualcosa che non va … Questa battuta la dice Ugo?

Shakespeare: Più o meno …

Michele: Che vuol dire più o meno? La dice Ugo o non la dice Ugo?

Shakespeare: Quale battuta?

Michele: Ma come quale battuta? Quella che hai suggerito tu adesso: “Non risponde”.

Shakespeare: Direi che la battuta è di Ugo al 78%

Michele: Al 78%?

Shakespeare: E’ una probabilità, non ne sono certo.

Michele: Ma che ti inventi? Fammi vedere il copione (prende il copione in mano) … E tu saresti un autore di commedie, Shakespeare? … E’ scritto in corsivo! … In corsivo si scrivono le didascalie, le didascalie non si suggeriscono. Devi passare direttamente alla battuta di dopo!

Ugo: Ha spaliato!

Michele: Esatto, ha sbagliato.

Ugo: Ha spaliato, pecchè non è lui che non risponte, sono io che non risponto. Quinti la pattuta mia

è: “Nun rispunno io!”

Michele: Non hai capito una mazza! Tu non devi dire niente! … Antonio dice “E tu che ci fai qui?”

…e tu muto! Ugo: Dico “Muto”!

Michele: No! In silenzio, non devi dire niente, non devi aprire la bocca! Devi fare scena muta, immobile! E’ chiero?! Silenzio. Zitto.

Ugo: Ma ii mo’ nun mi ricordo tutte sti parol che m’hai dett. Una alla votta … quinti che tevo dire?

Michele: Va bene, allora dici: Muto. Aggiungiamo “Muto!” sul copione e andiamo avanti … Da capo! Ricominciamo tutto dall’inizio. Ce la facciamo ad arrivare alla terza battuta? … Inizia Antonio.

Antonio: E tu che ci fai qui?


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Ugo: Muto!

Michele: Bravo … Battuta.

Shakespeare: Io ti ammazzo!

Michele: Questo è Antonio ovviamente.

Antonio: Io ti ammazzo!

Michele: Battuta.

Shakespeare: (si alza va da Peppeniello, fa un megafono con il copione e gli urla nell’orecchio) … Amore mio fuggi!

Peppeniello: Mamma ro Carmine! (Spaventato scappa)

Michele: Dov’è andato quello?

Antonio: Si è spaventato!

Ugo: Anche a me a fatt na cert imbression!

Michele: Vallo a prendere e spiegagli che quella era una battuta della commedia. (Esce Shakespeare)

Shakespeare: (Vove F.C.) Mi dia una mano! Non vedi che si è arrampicato?

Michele: Un attimo di pazienza, vado e torno subito. (esce)

Antonio: … Siamo rimasti io e tu.

Ugo: … Ii e tuo …

Antonio: Tu e io …

Ugo: Tuo e ii …

Antonio: Tu e io, io e tu … (il tono comincia a diventare aggressivo, si avvicina a Ugo)

Ugo: Pello! Nun ti afficinare! Io ho fatto Cungfluo!

Antonio: Hai paura di me? Ma non dovresti avere paura di me, io sono una femminuccia!

Ugo: … Tu si, ma ii no. Mi piaccino le femmine oriccinali.

Antonio: E’ quello che avete voi, paura di gente come me e la esorcizzate con battute e sketch a teatro o in televisione, qualche volta scendendo anche nel cattivo gusto … E sai qual è la nostra più grande vittoria? … ha ha ha … Noi ridiamo … ridiamo insieme a voi, perché siamo superiori a queste cose, perché ci sentiamo e siamo come voi. Se io ti dicessi che soffro per una donna tu capiresti, perché sarà capitato anche a te … e se ti dicessi che una donna soffre per un uomo capiresti lo stesso, sarà capitato miliardi di volte! Ma se un uomo soffre per un uomo a chi può dirlo? Con chi può sfogarsi? Con chi può confessarsi senza essere preso in giro da un deficiente


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come te? Stai attento che siamo tanti, uomini e donne gay e l’ignoranza sta diminuendo, adeguati. Ha ha ha… Se tu mi prendi in giro io dovrei vergognarmi? … ha ha ha … no, sono stanco … anche di ridere. Sono stanco come uomo. (esce)

Peppeniello: (Entrano Peppeniello seguito da Michele e Shakespeare) Amore mio fuggi!

Ugo: E non schezziamo!

Michele: “Amore mio fuggi” è la battuta del copione. La devi dire quando sarà il momento, non adesso!

Sparrow: Fortuna che sono un pirata! Altrimenti, sangue di mille balene, non potevo arrampicarmi su quelle funi e quelle colonne per metterlo in salvo!

Ugo: Giecco Sparrovs!

Michele: Non esageriamo! Quello su un tavolo è salito! … Dov’è andato Antonio?

Ugo: … Serio però …

Michele: In che senso?

Ugo: Dov’è ghiuto Antò zenza schezzare … Serio!

Michele: E’ chiaro! Mi devi dire la verità se la sai.

Ugo: E’ ghiutooo … into o cess!

Michele: A fare pipì?

Ugo: Non schezzà! Questo sono cose serio! Non toppiamo ridere!

Michele: Quello è andato in bagno, che ci sta da ridere? … Se la sta tenendo da ieri sera probabilmente … faceva gli sprizzi di pipì sul palco, vi ricordate?

Ugo: Nun scherzà!

Michele: Tu hai sempre fatto o scemo, mo io non devo scherzare!

Ugo: Ii tio avvettito!

Michele: Va bene. In ogni caso Jack Sparrow te la senti di fare il suggeritore? Lo sai fare? Sai leggere?

Sparrow: Io sono Capitano! E so fare il suggeritore meglio di chiunque altro.

Michele: A me basta che lo sai fare meglio di Shakespeare, quello che suggeriva prima. (Rientra Antonio con aria seria)

Antonio: Eccomi.

Michele: Già hai fatto? Bene … forza cominciamo la prova da capo, ognuno al proprio posto e che Dio ce la mandi buona … (tutti si sistemano) Comincia la prova!


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Antonio: E tu che ci fai qua?

Ugo: … Se risponn non ti offenti?

Michele: Perché si deve offendere?

Ugo: Lo tico pepprecazione! Se po s’offenn …

Michele: Qui stiamo recitando, non è vero quello che facciamo, quindi nessuno si offende. Andiamo avanti.

Ugo: L’ha tetto lui … Muto.

Antonio: Io ti ammazzo!

Ugo: Per finta … ?

Michele: (indispettito) Battuta! (Sparrow urta col gomito Peppeniello per fargli segno)

Peppeniello: Amore mio fuggi!

Michele: Battuta …

Sparrow: Tuo padre è morto! (indica Ugo)

Ugo: Mio padre è morto?

Michele: No! E’ la battuta che devi dire: Tuo padre è morto.

Ugo: Ah! Tuo padre è morto!

Sparrow: Chi si prenderà cura di tua sorella? (indica ancora Ugo)

Ugo: In quest caso nun è a mia! Ma sua!

Michele: Esatto!

Ugo: Quindi: chi avrà cur di sua sorell?

Michele: No! Di tua sorella!

Ugo: Chi avrà cura di mia sorella?

Michele: No!

Ugo: Delle nostre sorelle! … Di tutt quant!

Antonio: Ma quello è scemo proprio, non si può andare avanti così!

Michele: Ma sai leggere tu?

Ugo: Abbastanz.

Michele: Non esiste abbastanza, o si o no.


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Ugo: Al 78 percient.

Michele: Ma andate tutti a percentuale qua? … (prende un copione) Il copione ce la fai a leggerlo?

Ugo: Sio.

Michele: Allora dopo prendiamo un giornale e ce lo mettiamo dentro. Facciamo finta che il tuo personaggio stava leggendo una notizia molto importante prima che arrivano lui con la sorella ed è per quello che non distogli lo sguardo dalla notizia. Mo ce lo scrivo a penna ( Scrive a penna qualcosa sul copione e glie lo da) Ecco qua … Così quando inizia il secondo atto partiamo daquesta battuta … Adesso andiamo avanti. Quindi Sparrow, tu suggerisci solo ad Antonio e Peppeniello.

Sparrow: Agli ordini

Michele: Comincia la prova!

Ugo: Accummenciiii?

Michele: Si tu, te l’ho detto prima! Incominci tu, leggi! La prima battuta è tua!

Ugo: Quest notizioa … è veramenta imbordante! … La tevo lieggiere pene!

Michele: Bene! Non “pene”.

Antonio: Michè, ma tu hai scritto in italiano?

Michele: E certamente.

Antonio: E come mai quello legge in straniero?

Michele: Non lo so, avrà il traduttore automatico incorporato. Sto cercando di andare avanti perché mo’ piglio a tutti e tre e li caccio a calci.

Antonio: Che ti avevo detto? Non si può fare una commedia così.

Michele: Da capo. Comincia la prova.

Ugo: Nun ghieva bon?

Michele: Benissimo, ma se la ripetiamo è meglio.

Ugo: Quest notizioa è veramenta imbordante! … La tevo lieggiere pene!

Antonio: E tu che ci fai qua?

Ugo: Mutuo!

Michele: Finanziamento!

Antonio: A tasso agevolato!

Ugo: Agge volat pur’io. Quann iett a Parig! Tant’ann fa. Collaero!


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Michele: Mo ti faccio volare io, ma dalla finestra mannaggia la miseria! … Muto! Devi dire: Muto! Leggi! …

Ugo: (leggendo) Muto!

Michele: Non mutuo! … E l’hai scelta tu la parola, demente!

Antonio: Calmati Michele.

Michele: Non ci arrivo a stasera, muoio prima. Da capo.

Ugo: Quest notizioa è veramenta imbordante! La tevo lieggiere pene! ... Bene.

Antonio: E tu che ci fai qua?

Ugo: Muto!

Antonio: Io ti ammazzo! (Sparrow fa cenno a Peppeniello)

Peppeniello: Amore mio fuggi!

Ugo: Tuo patro è muorto … chi s prennerà cura e soreta?

Michele: Battuta!

Sparrow: Tu ti prenderai cura di me amore mio! (Sparrow fa cenno a Peppeniello)

Peppeniello: Amore mio fuggi!

Michele: Col megafono!

Sparrow: Tu ti prenderai cura di me amore mio!

Peppeniello: Tu ti prenderai cura di me amore mio!

Sparrow: (Urlando sempre al megafono) In coperta cani rognosi! Issate le vele di prua! Ammainate l’ancora! Prepararsi alla battaglia!

Michele: Ma che stai dicendo!

Sparrow: Tu perché non sei in coperta come tutti gli altri? Ti credi di essere speciale? Ti faccio vedere io feccia dei sette mari di cosa è capace il Capitano Jack Sparrow!

Antonio: Ma un personaggio calmo questo non lo fa mai? Sta sempre agitato?

Sparrow: Commodoro, conduca quest’uomo alle carceri!

Michele: Spilbergo …

Sparrow: Mi vuoi ammutinare, lurido verme schifoso! Ma io non te lo permetterò.

Michele: Per piacere, ti prego, andiamo avanti! Leggi il copione, adesso deve entrare il boss che sarei io …


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Don Corleone: Quale minchia di boss deve entrare, fammi capire?

Antonio: E’ tornato il Padrino.

Don Corleone: E tu saresti un boss, merda schifosa? Io ti faccio secco su due piedi se non sparisci subito dalla mia vista, capisti?

Antonio: Posso fare la colonna sonora?

Michele: Mi vuoi dare una mano invece di assecondarlo?

Antonio: No perché io sono amante delle colonne sonore.

Michele: Ma che me ne frega! Noi stiamo lavorando, non possiamo metterci a fare il Padrino parte uno, due e tre.

Antonio: (canta in maniera sguaiata) Na na na na na na na na na na na naaaaaaaaaaaa.

Don Corleone: Me piace il picciotto.

Ugo: Come pessona o secsualmento?!

Antonio: Io ti ammazzo! (Ha una reazione spropositata verso Ugo che è costretto a scappare)

Peppeniello: Amore mio fuggi!

Ugo: Tuo patro è muorto … chi s prennerà cura e soreta?

Peppeniello: (urtato questa volta per caso da Antonio durante l’inseguimaneto) Tu ti prenderai cura di me amore mio!

Michele: Basta! Fermi! (si fermano) Antò ma fossi uscito pazzo? Ti metti a rincorrere Ugo all’improvviso?

Antonio: Quello allude!

Michele: Ma allude che cosa? Quello non ha detto niente di male. Cerca di calmarti.

Antonio: Io sono nervoso e voglio rimanere nervoso e basta!

Michele: Sei cocciuto, come i bambini.

Don Corleone: Se vuoi, lo faccio calmare io …

Michele: No grazie, non c’è bisogno. Però una cosa la potresti fare per me: potresti continuare a suggerire come stavi facendo prima.

Don Corleone: Suggerire che cosa?

Michele: Ma quando cambia personaggio perde anche la memoria?

Ugo: Spesso si.

Michele: Ma è un castigo di Dio proprio!


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Ugo: Compà t stai aggittanto, ci pensi i! Che pessonaggio ti sevve?

Michele: Ah, tu sai fargli cambiare il personaggio a tuo piacimento? Questa già è una cosa buona

…Che personaggio ci facciamo fare? Antonio: A me piaceva Superman.

Michele: No! Quello stava tutto esaltato, ti voleva pure uccidere.

Antonio: Allora Mary Poppins!

Michele: Quella cantava solo!

Antonio: Appunto a me piacciono le canzoni.

Michele: No, non va bene.

Antonio: Sherlock Holmes!

Michele: No!

Antonio: Ma non ti piace nessuno?

Michele: Hai ragione, non mi piace nessuno. Mi fanno schifo tutti.

Antonio: Proviamo con un personaggio nuovo!

Michele: Non lo so se si può fare … Possiamo fare un personaggio nuovo?

Ugo: A tisposizion dottò! Qua ciabbiamo tutto. Nun c manca nient!

Michele: Ottimo, allora fammi pensare … Ci serve un’idea … una genialata … Ho trovato! Il genio della lampada di Aladino!

Antonio: Meno male che ci hai pensato bene!

Michele: Perché?

Antonio: Spiegami a cosa ci serve il genio della lampada.

Michele: Ti fidi di me?

Antonio - Michele: No!

Michele: Lo so, ma ti devi fidare lo stesso. Ugo, fagli fare il Genio della lampada di Aladino.

Ugo: Sta ben! (imponendo le mani su Spilbergo) Eugenio della lampana di Palatino!

Michele: Un’altra volta Eugenio?

Antonio: Nella sua lingua Eugenio vuol dire Genio.

Michele: Ho capto.


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Ugo: Eugenio della lampana di Palatino! Fai a Eugenio della lampana di Palatino! Fai Eugenio!!!

Don Corleone: Ma che minchia dici?

Ugo: Non funciona!

Michele: E’ normale che non funziona, non si capisce niente quando parli … Io un desiderio volevo esprimere, neanche tre.

Antonio: Ma secondo te quello ti esaudiva veramente tre desideri?

Genio: Tre desideri? Chi mi ha chiamato? Ha!Ha!Ha!Ha! … sono il Genio della lampada e sono pronto ad esprimere tre desideri a tua scelta padrone.

Antonio: Sono io! Sono io! Ho detto prima io!

Michele: Ma che cosa? Io l’ho chiamato! I desideri sono i miei!

Antonio: No! Si è svegliato quando ho detto “ tre desideri” e lui ha risposto “tre desideri? Chi mi ha chiamato?” Quindi si è svegliato grazie a me.

Michele: Non scherziamo! L’ho chiamato io perché l’idea l’ho avuta io.

Ugo: Verament sostato ii!

Antonio: Chiediamo a lui chi è il padrone tra me e te.

Michele Se se … chiediamolo a lui.

Antonio: Chi è il tuo padrone?

Genio: Sei tu! (indicando Antonio)

Antonio: Hai visto sono io! … (con cantilena) Sono io! Sono io! Sono io!

Michele: Antò! … Ma tu non stavi nervoso?

Antonio: Sono io! Il padrone!

Michle: Antonio, Vuoi gentilmente chiedere un desiderio al Genio da parte mia per favore?

Antonio: Certamente … un desiderio te lo regalo.

Michele: Grazie. Vuoi gentilmente chiedergli di suggerire le battute in modo corretto senza invenzioni o sparate di testa? Perché dobbiamo andare avanti con la commedia? Perché altrimenti vi strozzo a tutti quanti?!

Antonio: … Puoi fare quello che ha detto lui?

Genio: Come desideri padrone.


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Michele: Meno male! E vediamo se riusciamo a dire la settima battuta del secondo atto! Siamo da un’ora su sette battute. Andiamo avanti. Da capo! Ricomincia la prova! Speriamo sia la volta buona … Vai!

Ugo: Quest notizioa è veramenta imbordante! La tevo lieggiere pene!

Antonio: E tu che ci fai qui!

Ugo: Mutuo! … Muttuoi! … Mutui! …

Michele: Muto!

Ugo: Muto!

Antonio: Io ti ammazzo!

Peppeniello: Amore mio fuggi!

Ugo: Tuo patro è muorto … chi s prennerà cura e soreta?

Peppeniello: Tu ti prenderai cura di me amore mio!

Michele: Battuta!

Genio: Non puoi amare un uomo che ha ucciso tuo padre!

Antonio: (senza enfasi) Non puoi amare un uomo che ha ucciso tuo padre.

Michele: Gli vogliamo dare un’intenzione alla battuta, che dici?

Antonio: In che senso? Che intenzioni hai?

Michele: Tu così la dici questa battuta? Non puoi amare un uomo che ha ucciso tuo padre. Poi ieri sono andato in banca e ho fatto un versamento.

Antonio: Magari!

Michele: Tu lo vuoi ammazzare a quello! Non puoi essere moscio quando dici questa battuta devi dirla con foga, con forza, ti deve uscire da dentro urlando! … Riprova!

Antonio: (in modo sguaiato e malefico) Non puoi amare un uomo che ha ucciso tuo paaaaadre!

Michele: Forse è troppo!? Una via di mezzo.

Antonio: (La prima parte calma) Non puoi amare un uomo (la seconda suaiata) Che ha ucciso tuo paaaaadre!

Michele: No, la seconda parte è troppo finta. Il pubblico deve credere all’emozione che stai provando alla tua sofferenza per la morte di tuo padre e per tua sorella. Devi dire tipo: Non puoi amare un uomo che ha ucciso tuo padre! (mettendosi la mano in fronte)

Antonio: Devo mettere anche la mano in fronte praticamente?


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Michele: Mettila dove vuoi tu la mano, basta che la dici bene sta battuta.

Antonio: (mettendosi la mano in fronte ma non esaudendo la richiesta di Michele) Non puoi amare un uomo che ha ucciso, tuo padre!

Michele: Mo me ne vado e buonanotte!

Antonio: Non va bene?

Michele: Mi stai prendendo in giro? No che non va bene, hai sbagliato a mettere la virgola!

Antonio: Mo mi devi spiegare, come hai fatto a vedere dove ho messo la virgola?

Michele: Hai messo la virgola dopo “ucciso”. Hai detto: Non puoi amare un uomo che ha ucciso, “virgola” tuo padre!

Antonio: Non ho detto “virgola”!

Michele: “Virgola” l’ho detto per far capire!...Va bene, comunque non sai recitare.

Antonio: Te lo avevo detto!

Michele: E avevi ragione. Andiamo avanti. Antonio ripeti quest’ultima battuta.

Antonio: Non puoi amare, un uomo che ha ucciso tuo padre! … Va bene?

Michele: Fa schifo! … Battuta!

Genio: (col copione a uso megafono verso Peppeniello) Amore, chiama il boss, forse farà ragionare mio fratello!

Peppeniello: Amore, chiama il boss, forse farà ragionare mio fratello!

Genio: Adesso Antonio prende la pistola e la punta verso lo spasimante di sua sorella.

Michele: Vedi quanto è bravo il Genio? Suggerisce proprio bene. E’ l’unico che mi da soddisfazione.

Antonio: Ma la pistola non ce l’ho, faccio con le dite?

Michele: Si, fai con la mano.

Antonio: Altrimenti mi faccio prestare quella di Spilbergo.

Michele: Si, usa quella che così ti abitui. Familiarizzi con gli oggetti di scena.

Antonio: Spilberco mi presti la pistola?

Genio: Certamente!

Antonio: Grazie.

Genio: (dopo avergli passato la pistola) Secondo desiderio esaudito padrone!


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Antonio: No! Mannaggia la miseria!

Michele: Che è successo?

Antonio: Ho sprecato un desiderio! Non me ne sono accorto!

Michele: No! Tuo padre ha sprecato, sai cosa? Uno spermatozoo quando mise in cinta tua madre, poteva risparmiarselo, il mondo gli avrebbe reso grazie.

Antonio: Adesso me ne rimane solo uno.

Michele: La vogliamo smettere di giocare? Grazie … Ora entro io, il boss … Mi ridai l’ultima battuta?

Peppeniello: (Spilbergo urta Peppeniello per fargli segno) Amore mio fuggi!

Michele: No questa!

Peppeniello: (altra toccata di Spilbergo) Tu ti prenderai cura di me amore mio!

Michele: Quell’altra!

Peppeniello: Amore, chiama il boss, forse farà ragionare mio fratello!

Michele: Dobbiamo sempre iniziare da capo con questo giovanotto?

Genio: Il giovanotto memorizza volta per volta, ma non sapendo a che punto siamo, ricomincia sempre da capo, dato che non ci vede e non ci sente bene,

Michele: Quindi ogni volta che ci fermiamo lui inizia da capo.

Genio: Esattamente.

Michele: Allora suggeriscigli le sue prossime cinque battute così ci portiamo avanti con il lavoro.

Genio: Ve bene: (fa segno con la mano indicando il numero 1) Ti prego no! (il 2) Devo fare la cacca. (3) Oh si! (4) Puzzi di cipolla! (5) Tu e tua madre!

Michele: Ripeti! Non si sa mai.

Genio: Ve bene: (fa segno con la mano indicando il numero 1) Ti prego no! (il 2) Devo fare la cacca. (3) Oh si! (4) Puzzi di cipolla! (5) Tu e tua madre!

Antonio: Ma che schifo di commedia che hai scritto.

Michele: Andiamo avanti. Così, quando gli facciamo segno lui già le sa e andiamo avanti. Adesso entro io. Tu Antonio punti la pistola contro Ugo.

Antonio: Peccato che è finta!

Michele: E io dico: Fermi tutti! Come ti permetti di puntare la pistola su un mio picciotto!

Don Corleone: Chi ti disse che è un tuo picciotto?


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Michele: Un’altra volta?

Don Corleone: Solo io sparo in questo quartiere! Pecchè lo volevi sparare?

Antonio: Ha messo in cinta mia sorella!

Don Corleone: Quella bedda picciridda lì?

Antonio: Si Padrino! Mi mancò di rispetto.

Don Corleone: Bravo! E quel minchione cosa vuole?

Antonio: Lo vuole proteggere, è un boss!

Don Corleone: Nossignore! Io lo ammazzo!

Michele: Antonio, la vuoi finire?

Antonio: Non riesco a uscire dal personaggio.

Michele: Vieni qua che ti faccio uscire io una cosa, ma dalla testa!

Peppeniello: Amore mio fuggi! (Michele prende la pistola da mano ad Antonio e comincia a rincorrerli, Don Corleone, protetto da Ugo e inseguito da Antonio, cerca di fermarlo)

Michele: Ti lascio su una sedia a rotelle, voglio vedere chi si prenderà cura di te! (urta ancora una volta per sbaglio Peppeniello)

Peppeniello: Tu ti prenderai tu cura di me amore mio! (Michele calpesta per sbaglio il piede di Antonio)

Antonio: Ahia! Mi hai pestato il piede carogna! Aiutatemi! Che dolere! ( Cerca di appoggiarsi e urta per caso Peppeniello)

Peppeniello: Amore, chiama il boss, forse farà ragionare mio fratello!

Antonio: Boss, aiuto! Padrino!

Michele: Peppeniello, dammi il bastone! Glie lo devo spaccare in testa! (Cerca di strattonarlo, Peppeniello lo confonde come un segnale di battuta)

Peppeniello: Ti prego no!

Michele: Perché? (continua a tirare il bastone ma Peppeniello non molla)

Peppeniello: Devo fare la cacca!

Michele: E a che ti serve? Lo devi usare come tappo?

Peppeniello: Oh si!

Michele: Che schifo! (Lascia il bastone, questo gesto improvviso fa perdere l’equilibrio a Peppeniello che va a finire contro Antonio)


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Peppeniello: Puzzi di cipolla!

Antonio: E tu puzzi di fogna!

Ugo: Aspè aspè! Coccamma! Nun va pigliat co l’amico frizz Peppeniello. Sta ripetento solo le pattute che gli attetto Spilbergo prima!

Michele: (ci pensa un po’ poi prende il braccio di Peppeniello e lo manda … ) Sta ripetendo le battute?… Puzza passà nu guaio!

Peppeniello: Tu e tua sorella. (Momenti concitati)

BUIO

(Si riapre la scena con Michele seduto e raccolto su una sedia. A quel Punto arriva Antonio) Antonio: Te lo avevo detto che era una pazzia! Michele: Almeno ci abbiamo provato.

Antonio: Li hai mandati via?

Michele: Si.

Antonio: Sono usciti quindi?

Michele: Spero di si, a meno che non escono di nuovo all’improvviso.

Antonio: Bisogna chiamare il sindaco e dargli la brutta notizia.

Michele: Non posso. Ha chiamato da un numero sconosciuto.

Antonio: E’ adesso come si fa? Che guaio che hai combinato.

Michele: Che abbiamo combinato!

Antonio: E io che centro?

Michele: Centri e come! Perché hai accettato anche tu di farla la commedia.

Antonio: Mi hai costretto!

Michele: No, non ti ho costretto. Hai accettato quando ti ho detto la cifra che il sindaco ci avrebbe dato.

Antonio: Ho accettato perché pensavo che potesse essere l’ultima volta che questo teatro avrebbe visto la sala piena.

Michele: I soldi Antò. Tu volevi i soldi. 25.000 euro che ti servivano per buttare del fumo negli occhi a Marco.

Antonio: Che stai dicendo?


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Michele: Tu volevi riconquistare Marco! Dilla la verità, a questo ti servivano i soldi, anche se sai benissimo che 25.000 euro posso dare l’illusione di avere un po’ di soldi, per poco tempo, ma non ti cambiano la vita … In fondo ti capisco … tu mi odi ma infondo sono il tuo migliore amico. So cosa si prova, anche io ho amato una donna. La differenza dei nostri gusti non cambia la forza dei sentimenti.

Antonio: Tu dici di essere mio amico? E hai sfruttato questa mia debolezza per andare avanti con la tua assurda idea.

Michele: Si, sono stato egoista, va bene.

Antonio: No Michele! Non va bene invece!

Michele: Io sono un fallito Antò! Lo so … e lo sai anche tu. Io l’ho fatto per una finta gloria per credere almeno una volta nella vita di valere qualcosa. Ma come il tuo sogno di riconquistare Marco

èuna sciocca illusione, il mio di riconquistare me stesso lo è stato ancora di più. (entrano i tre barboni)

Peppeniello: Mi piace questo discorso delle illusioni, perché non approfondirlo?

Antonio: Sono entrati un’altra volta?

Michele: Sono peggio degli scarafaggi.

Antonio: Basta! Chiamiamo la Polizia!

Peppeniello: Non è necessario.

Robocopo: Non sarà necessario! Sono io la legge! Sono Robocop, vivo o morto tu verrai con me.

Ugo: Basta Spilbergo. Non è il momento.

Peppeniello: Ha ragione Ugo. Caliamo la maschera. (Si leva occhiali e cappello e posa il bastone)

Michele: Ma allora ci vede!

Antonio: E ci sente pure bene!

Michele: Ma rimane sempre brutto però.

Peppeniello: Pronto buongiorno, parlo con il Sig. Michele? Sono il Sindaco. Volevo chiedere se era disponibile il suo teatro per domani, ne avrei un’estrema necessità. Lei è il direttore artistico, non è vero?

Michele: … Ma quindi … sei tu che mi hai chiamato ieri mattina.

Peppeniello: Si ero io. Io e i miei amici vi abbiamo fatto uno scherzo.

Antonio: Sti fetenti! … Uscite subito fuori!

Michele: Ma perché?


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Peppeniello: Perché? Non vi siete chiesti come mai noi tre barboni siamo entrati e usciti dal vostro teatro anche con le porte chiuse e sbarrate? Sapevamo muoverci lungo i corridoi di questo teatro con una facilità estrema, quasi li conoscessimo a memoria … e li conosciamo a memoria … Voi pensate veramente che quando vi trovate da soli in un teatro siete soli veramente? Certo che no … nessun teatro è vuoto c’è sempre una presenza che lo presiede, almeno una e nel caso di questo teatro le presenze sono tre.

Antonio: Non vi ho mai visti. Voi nel mio teatro?

Peppeniello: Il teatro non è tuo! Il teatro non è di nessuno ed è di tutti. Il teatro è vita, è morte, è libertà, è cultura, è amore, è odio, tutte cose eterne, è la massima espressione dell’uomo che lo rende immortale agli occhi della storia. Non può essere di nessun uomo, anche se voi l’avete venduto e l’avete mortificato … Sono anni che vediamo spettacoli su questo palco, abbiamo sentito applausi, fischi, risate, ma mai un silenzio. Il teatro non è mai in silenzio, anche quando è vuoto come adesso. Ascoltate … lo sentite? … il pubblico non lascia mai la sala, anche quando si alza dalla poltrona l’anima delle persone rimane seduta e guarda il sipario chiuso come se dietro a quella stoffa rosse continuasse ad esistere questo mondo fatto di comici, attori, guitti, maschere, poeti, scrittori, romantici, musicisti e ballerini. Anche adesso. Noi siamo sempre stati spettatori, ma almeno una volta volevamo salire sul palco. Almeno una volta. Volevamo essere personaggi almeno una volta, volevamo recitare con voi almeno una volta, l’ultima volta. Da domani andremo via insieme al teatro.

Michele: Mi dispiace …

Peppeniello: Non dovete dispiacervi, anzi vi ringraziamo per averci dato l’opportunità di vivere su queste tavole insieme a voi e diventare eco.

Michele: Eco?

Antonio: Si Michele, non hai capito? … Sono fantasmi …

Peppeniello: Siamo eco! … L’eco, che rimbomba tra le quinte e le tavole di tutti i teatri del mondo, l’eco della voce dei più grandi artisti che riecheggia nel tempo attraverso l’arte. Volevamo diventare eterni insieme a loro e per farlo bastava solo salire su questo palco insieme a voi prima di sparire, perché anche voi adesso insieme a noi appartenete a questo eco a questo coro composto da tutte quelle persone che prima che chiudesse il sipario si sono prostate al pubblico hanno servito l’arte innalzando lo spirito e inchinando il capo hanno sentito innalzare il proprio cuore alle stelle … ed è bastato solo farlo … è bastato farlo …

Tutti: … almeno una volta.

Fine.


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