Amara a chi capita

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CALZOLAIO

Tonnarella, 29, Novembre 2006

AMARA A CHI CAPITA

Commedia brillante in tre atti di: Rocco Chinnici

           

Briosa commedia in tre atti, ambientata ad anni or sono (anni settanta), e che vede coinvolti personaggi di varie tinte: Melo, uno dei pochi calzolai rimasti a Belmonte Mezzagno e che abita nel baglio di quel piccolo paese. Reduce di una brutta esperienza con la sua ex moglie Caterina, la quale, molto attraente, approfittando di queste sue bellezze regalatele da madre natura, decide di lasciarsi andare in una lunga storia d’amore col compare Rosario. Melo, uomo molto caritatevole, riesce a perdonarla. Lei, molto caparbia, e giacché si definiva donna “pia e devota”, contrariamente a quanto le diceva il marito per questa sua insistenza alla preghiera, continua ad uscire di casa per recarsi a Messa… diceva; e, anziché incontrare l’acqua santa finì che spesso incontrava qualche “diavolo”. Batti oggi e batti domani, successe che il marito scoprì la vera ragione di quelle continue “pie” uscite della moglie; s’infuriò tanto che stavolta non volle sentir ragione e la mandò via di casa. Poverino, rimasto solo, decide di risposarsi; pensò stavolta, scottato della brutta esperienza con l’attraente e seducente moglie, di risposarsi con la donna più brutta del paese, Lucia, per stare tranquillo e poter continuare a vivere felice il resto della sua vita. Si dice che: al “pro”, c’è sempre il “contro”, e… quando il diavolo va anche a mettergli la coda…  

(Tutto si svolge in un cortile dove  all’interno, mastro Melo  svolge la sua attività di calzolaio)

PERSONAGGI:

         Carmelo                                  maestro calzolaio   (anni 40)

            Lucia                                      moglie             (anni 35)

            Costanza                                suocera            (anni 65)

Rosalia                                   vicina              (anni 35)

            Angelino                                scemo              (anni 30)

            Zingara                                                          (anni 30)

            Agnese                                                           (anni 20)        

            Notaio                                                            (anni 50)                                

            Padre Liborio             parroco del paese        (anni 40)

            Fefé                                        sacrestano       (anni 60)

(Si sentirà narrare l’nizio della storia)

Stasera, è tempo di racconti,

storie di un tempo;

quando la fame e il digiuno,

non conoscendo cibo alcuno,

bussavan per per la case

tutti i giorni d’ogni mese.

In silenzio vi narro di quei giorni,

di tradimenti, amori  e corna.

La sfortuna di mastro Carmelo

che a raccontarlo non sembra vero.

Della moglie bella si vantava

e con tanto amore la pasceva,

mentre ella, donna di strada,

perfino col compare la tradiva.

Pensò allora egli di cambiare

e una moglie brutta risposare;

pensando: “la bruttezza non fa corna”.

Ma col destino il conto non torna.

Aprite orecchie e ascoltate la rima,

si è ripetuta ancora la storia di prima.

Ora, prima che la storia vien narrata,

parlo con chi ha con se la fidanzata,

di ricordarsi, a storia finita,

di questo proverbio esempio di vita:

Della moglie bella non ne gioite,

che prima o dopo sarete fottuti:

di quella brutta è meglio vi guardate

se non volete esser presto cornuti.

CARMELO

(Entra con due lumini accesi che va a posare accanto al quadro di San Giuseppe appeso alla parete accanto la porta) . San Giuseppe, te ne accorgi? Solo io ti penso in questo cortile di balordi e zoticoni. Solo io ti faccio un po’ di luce. Non dimenticarlo quando verrò su a trovarti… (si tocca facendo scongiuri) speriamo non a breve. (Fa il segno della croce e si avvia borbottando a riprendere lavoro al suo banchetto)  Mah, speriamo che riesce a ricordarlo quanto gli dico. (Si siede ed inizia a lavorare cantando col motivo del barbiere di Siviglia) Oh come son contento di questo gran momento, che mia moglie parte… e se ne va, e se ne va e se ne va! Sono un calzolaio, senza più guai, di questa qua, di questa qua, di questa qua!

ROSALIA

(L’unica vicina abitante in quel baglio; stanca di sentirlo cantare, affaccia rimproverandolo) Mastro Carmelo, ora dico io, questa maniera è? Non può inventarsi un’altra cosa, invece di vociare a gran lena? Come glielo devo dire che non si regge proprio quando comincia a cantare… diciamo cantare. Pare che vendesse frutta è verdura!

CARMELO

(Ironico) E scommetto che si comprerebbe due banane.

ROSALIA

Gliele venda a sua sorella! Gran pezzo di porco che non è altro! Ma come lo sopporta quella buona donna di sua moglie? A me doveva trovare, grandissimo broccolone che non è altro!

CARMELO

Ora dico io, questo modo è? Queste maniere sono? Oh, uno non neanche padrone di aprir la bocca in questo cortile che subito inizia lo spettacolo! Ma mai le asciugano i bronchi? Mai le piglia un’ulcera in questa lingua bifolcuta? Mai vi chiama con sé Gesù?

ROSALIA

Speriamo Iddio che un tuono ha da cadergli proprio sotto questo banchetto (dove egli lavora ad aggiustar le scarpe), e un fulmine le dovrebbe asciugare il cervello, grandissimo villano che non è altro! (Se ne rientra).

CARMELO

La lingua, la lingua, spero le possa cadere! Ma poi, dico io, due famiglie siamo in questo cortile; non potevo trovare una vicina educata, civile… No! Giusto questa! E dire che mi amava (ironico) Carmelo, Carmeluccio mio! mi voleva bene… lei dice! E che fare, non canto più? No no no no no! Io canto, altroché! Vuol dire che (rivolgendosi alla vicina) si mette i tappi nelle orecchie!

LUCIA

(Brutta come la peste. Entra in camicia da notte, e porta a Camelo un caffè. Ha in testa dei bigodini e parlerà, col marito, sdolcinata). Carmelo? Carmeluccio?

CARMELLO

Ah, eccoti qua l’altra! Sentiamo cosa vuole. (Si gira a guardarla e si spaventa) Che ti venga un colpo! Ma come sei combinata? (Tra se)  Mamma ch’è brutta!

LUCIA

Cos’è, ti sei spaventato? Non ti piaccio così? E ancora che aspetto!

CARMELO

Che aspetti? E a chi?

LUCIA

(Con tenerezza) Come a chi? A te!

CARMELO

A me? E… successo qualcosa?

LUCIA

(Alludendo ad un eventuale amoreggiamento) Se non salivi che poteva succedere.

CARMELO

(Pensa un po’) Ah, tu intendi dire di fare… (alludendo anch’egli)  friffiti, friffiti?

ROSALIA

(Sempre sdolcinata) E certo! Allora cosa?

CARMELO

E insiste! Allora non l’hai capito proprio! Ma quante volte devo dirtelo che solo a guardarti… m’impressiono… m’affliggo!

LUCIA

(Piagnucolosa) Così brutta sono?

CARMELO

No!!! L’hai presente una cambiale? Ecco, più brutta di una cambiale scaduta!

LUCIA

Ma… vedi bene, maritino mio? E non m’hai voluta tu così? Mia madre dice sempre che sono una pupa di cera.

CARMELO

Una pupa di cera si! Cerca di stare all’ombra, che il sole ti scioglie.

LUCIA

Come! Quando m’hai sposata, dicevi…

CARMELO

Senti, non apriamo questo registro. E poi… dico io, questi discorsi da fare di buon mattino sono? Non possiamo riparlarne stasera?

LUCIA

E va bene. Tieni, ti ho portato il caffè.

CARMELO

Già mi son preso l’aperitivo con la signora accanto!

LUCIA

Allora, stasera… friffiti, friffiti?

CARMELO

(Tra se) Ah, ma è un pensiero fisso! (A lei) Sempre trovando un accordo… una soluzione…

LUCIA

E qual’è, qual è questa soluzione di cui parli? Non puoi dirmela ora?

CARMELO

Ora, proprio… ora? (Lei annuisce)  e allora, se proprio vuoi saperla, te lo spego subito; così serve che cominci a preparare l’attrezzo… l’oggetto, insomma, che mi ostruirà l’impressionite e mi permetterà, quindi, di poterti abbracciare e fare…

LUCIA

(Sdolcinata) Friffiti, friffiti?

CARMELO

Ah, ma vedo che sei contenta!

LUCIA

Carmeluccio, io, per fare… hai capito? Farei qualsiasi cosa, pure quella di vestire sechìssi.

CARMELLO

Sechìssi, si; tu neanche se vesti sechisti… tu hai solo da cucire un bel sacchetto… di tela, di lana, di juta, di lino…

LUCIA

Che cosa? Un sacchetto? E… a che serve?

CARMELO

Ancora! Ma a la mia impressionite!

LUCIA

(Non capisce) Impressio…che?

CARMELO

Senti, vuoi che dobbiamo fare… come dici tu? E allora dobbiamo trovare il rimedio, la soluzione per quanto, guardandoti, non mi affliggo, non m’impressiono, e poter fare… hai capito, o ancora no?

LUCIA

Ah, si, si, si, ho capito! Sai che l’ho già trovato il sacchetto, come dici tu? E’ quello di juta dove mio padre teneva le lenticchie. Vuol dire che ogni volta, prima di fare… friffiti friffiti, te lo infili in testa quanto non vedi, e possiamo…

CARMELO

Brava! Hai indovinato! Solo che in testa lo infilerai tu.

LUCIA

Io? E io come faccio a sapere quando abbiamo da fare…

CARMELO

Ah, ma te lo spiego subito. Io, son qui a lavorare; metti che mi assale la calura…, il desiderio dell’amoreggiamento… (fa col muso segno di innamoramento) prendo il martello e batto due colpi… così, guarda (batte il martello sulla forma di ferro) sulla forma di ferro; tu, sentendo i due colpi, ti prepari: ti stendi sul letto, t’infili di corsa il sacchetto…mi raccomando di corsa! nel mentre entro io e… hai capito, adesso?

LUCIA

Allora io… come sento battere…

CARMELO

Due colpi di martello…

LUCIA

Mi snudo, mi stendo sul letto, m’infilo il sacchetto, arrivi tu, e… (preoccupata) E, senti un’altra cosa, se il martello non lo sento? …Non possiamo fare la prova, ora, di corsa?

ANGELINO V.F.S.

(Si sente la voce di Angelo, lo scemo del paese. Parlerà pronunziando alcune lettere sbagliate, tipica pronunzia di chi ha questo handicap) Matto (mastru) Carmelo! Oh, Matto Carmelo!

CARMELO

Senti? Muoviti, muoviti, corri! (Lucia esce) Ma chi mi porta! La colpa è tutta di quella zoccola della prima moglie, che con la sua veemente bellezza s’è messa con mezzo paese. Ora, l’ho voluta una moglie brutta e che non mi dia più di questi problemi, cosa mi lamento a fare? L’ho voluta la bicicletta, e allora pedala! (Entra Angelo. Sarà vestito: scarpe da tenis basse con calzettoni di colori diversi ; una sarà abbassata. Pantaloni corti e goffi, un berretto non alla moda, messo all’incotraria. Ogni tanto infilerà le dita al naso e farà qualche palloncino con la cewingum, ecc. ecc.).

ANGELINO

La taluto (saluto), matto (mastro) Cammelo.

CARMELO

Ah, tu sei, Angelino? Ma… senti un pò, non puoi chiamarmi zio Carmelo, zio! Lo preferisco di più, capito?

ANGELINO

Che dite (dice)! Lei è matto!

CARMELO

Ecco, vedi dove sta l’errore? Che tu mastro lo dici a modo tuo, e sino a quando non c’è nessuno è un conto, ma se dovessero esserci clienti… mi capisci?

ANGELINO

Ah… e te (se) allora io fotti (fossi) matto come lei, e mi ditettero (dicessero) pure matto, io te fatetti (facessi) mi teccherei (seccherei)? Io nun è che tono (sono) matto davvero; lei è matto!

CARMELO

(Più confuso che persuaso) Quanto mi faccio la croce con la mano manca (sinistra) Senti, io ho solo capito tiritì tiritì tiritì! Tirità tirità tirità!

ANGELINO

(Va cercando in giro) Ttio (zio) Carmelo… va bene cotì (così)?

CARMELO

Benissimo! Ah, ma vedo che apprendi velocemente! Ora mi vuoi dire che c’è, e a chi cerchi, Angelino?

ANGELINO

Non té?

CARMELO

(Fraintende) Tè? No, no! Caffè?

ANGELINO

E’ venuto nettuno?

CARMELO

Ulisse, Ulisse è venuto!

ANGELINO

Che Ulitte e Ulitte! Che tto (so), una femmina… ttana (strana)?

CARMELO

(Che non ha capito bene) Dico… ttana vuol dire ttana; non è che… hai mangiato qualche parola?

ANGELINO

Quetta (questa) mattina mi temba (sembra) un poco  ttruito (struito)…

CARMELO

(Fraintende con stitichezza) E, no caro Angelino; proprio stamattina sono andato in bagno due volte.

ANGELINO

Cot’è (cos’è), fa lo chettoto (scherzoso)? Ho detto, pima (prima) pima, te è venuta una femmina ttana… curiota (curiosa), intomma (insomma)?

CARMELO

Ah, strana… curiosa? Niente meno! E… aveva forse scarpe d’aggiustare? O pure…

ANGELINO

No niente, niente; fotte (forse), fotte mi baglio (sbaglio). (Carmelo è confuso) Io tono venuto lo ta (sa) pecché (perché)?

CARMELO

Si, si, forse è meglio parlare di questo.

ANGELINO

Dite (dice) mia mate (madre)…

CARMELO

Sentiamo cosa dice tua madre.

ANGELINO

M’integna (m’insegna) accontare (acconciare, aggiustare) le ccappe (scarpe)?

CARMELO

(Fraintende) A contare…? … propriu oggi?

ANGELINO

Ti, ti! (si).

CARMELO

E va bene, vuol dire ch’è proprio la giornata!

ANGELINO

Che dite (dice)?

CARMELO

Niente, niente; siedi! (Angelo si siede) E allora, senti: (comincia a contare le scarpe) una, (ne prende un’altra) due, (ancora un’altra), tre, (ancora un’altra), quattro. (Angelo continua a guardare meravigliato), cinque…

ANGELINO

Matto (mastro) Cammelo, gli temba (sembra) che tono (sono) ttemo (scemo)? Io ditevo (dicevo) contare (conciare), no contare!

CARMELO

(Confuso) Ah, io avevo capito invece contare! Quindi riepiloghiamo…

ANGELINO

Che cota? Pilotiamo? Pilotiamo l’aereo?

CARMELO

(Rabbia contenuta) Si, si, navighiamo! Senti, ma tua madre oggi non ne aveva da fare per portarti con lei?

ANGELINO

Allora non m’integni (m’insegni) più? (Comincia a piangere e affaccia la vicina).

ROSALIA

Ih, e che dobbiamo fare oggi? Non bastava lei? (Ad Angelo) E t’unaltro cosa piangi? Broccolone che non sei altro?

CARMELO

Senta, grandissima pecora strippa, si ritiri di corsa in casa, prima che le lancio sul muso questa forma di ferro. (Rosalia rientra borbottando) Ma guarda un po’ che sorta di zoccolona! Bell’amore ch emi aveva… lei dice; e meno male che non mi misi con lei! In questo cortile non si può più ne cantare, ne piangere… è diventato il cortile della clusura. Vieni, vieni qui, Angelino; perché piangi?

ANGELINO

Mi ha detto boccolone! (broccolone).

CARMELO

E niente ci fa!

ANGELINO

Ti (si) ma boccolone a me l’ha detto!

CARMELO

E va bene, su, vieni qui che t’insegno. (Angelo ritorna a sedersi e Carmelo ricomincia a contare le scarpe sotto la meraviglia di Angelo). Una, due, tre, quattro…

ANGELINO

Lei mi prende pe (per) petto (fesso). Io ditevo (dicevo) contare… contare come… ciantare (piantare) ciodi (chiodi) co (col) mattello (martello)! Ha capito?

CARMELO

Ah, cantare col martello! Così? (Inizia a cantare col martello in mano come fosse il microfono) Vedi tu che fantasia! (Canta) La donna è mobile, sul letto stava…

ANGELINO

Lei è vero “matto”, matto Carmelo! Io ditevo (dicevo) ciantare cotì! (prende il martello e, facendo il verso anch’egli “della donna immobile” batte due colpi sulla forma). Ha tapito (capito)?

CARMELO

Ah, così? La donne è mobile… (Ribatte due colpi. Lucia capisce che…)

V.F.S. LUCIA

Ho sentito, ho sentito, Carmeluccio!

CARMELO

(Preoccupato, si rende conto della situazione) Minchia! E ora?

ANGELINO

E ti (chi) è, tua moglie?

CARMELO

(Confuso) Senti che facciamo, Angelino, tu siedi qua e lucida queste scarpe che a momenti dovrebbe venire la cliente a ritirarli, che io ora scendo; va bene? Non azzardarti a venirmi dietro! E non muoverti per nessunissima ragione da qui!

ANGELINO

Va bene, va bene! (Carmelo esce, e Angelo comincia a pulire il paio di scarpe assegnatogli). Chittà (chissà) di chi tono quette ccappe (scarpe)! E te (che) pomata tti (ci) metto, pe lutidalle? (Cerca un po’, non trova niente, e comincia a sputare sulle scarpe e passargli la pezza). Cotì (così)! Belle lutite (lucide) lutite! (Di sopra, dove i due amoreggiano si sentono arrivare rumori e qualche gemito, Angelino si meraviglia)). E te (che) tuttetto (successo) topa (sopra)? Tti (ci) vado… a vedere? (Sta per avviarsi e si ferma). Lui dite (dice) non ti muovere di qui… fotte (forse) è meglio finire di lutidare (lucidare) le ccappe (scarpe), prima te viene la tiente (cliente). (Riprende a pulire; mentre entra Carfmelo; ha i capelli tesi, mal vestito, sudato…). Minta! (minchia) Te (che) fù, i terremoto? Te (che) tti (ci) è tuttetto (successo), matto (mastru) Cammelo? Te ha fatto una lotta e a peto (preso) battonate?  

CARMELO

Altro che lotta!

ANGELINO

E te (che) ttota (cosa) allora? Tioc (shock) alafilatico?

CARMELO

(Non capisce) Infilatico? (fraintendendo) Si, si, eh, altro che infilatico… l’hai presente quando si batte una pezza, o si strizza il canovaccio? Ecco, io non ho capito bene se ero la pezza o il canovaccio. Bih, bih, bih, bih, bih! (Preoccupato) Senti… che non ti salti in mente più di battere il martello!

ANGELINO

(Meravigliato) Il mattello? Ah, petté (perché)… tua (sua) moglie, come tente battere i mattello… è tegno (segno) te (che) tu devi andare topa (sopra) a pattare il tanovattio a terra?

CARMELO

Magari, fosse solo quello!

ANGELINO

Ah, di più, di più?

CARMELO

Di piùissimo!

ANGELINO

(Riflettendo) Allora lo tai che fattiamo (facciamo), la pottima (prossima) votta (volta), tome batti i mattello e lei tiama (chiama), tti (ci) vado io topa (sopra)! Ah, che diti?

CARMELO

No!!! Ma quando mai! Non ti rischiare!

ANGELINO

A lei tti (ci) temba (sembra) che non tono capate (capace)?

CARMELO

No, no! Tu sarai sicuramente capace…. (ironico) di passare il canovaccio…

ANGELINO

E pure quello di battere la petta (pezza)! E poi, matto Cammelo, io non divento cotì (così), tome (come) lei, che temba (sembra) una ttimmia (scimmia) ubbriaca e no tapitte (capisce) più niente; io rretto (resto) lutito (lucido) lutito… frecco (fresco) frecco, intomma! Ha tapito (capito)? (Arriva la proprietaria delle scarpe, una bella ragazza).

AGNESE

Buon giorno, mastro Carmelo!

CARMELO

Oh, signorina Agnese!

AGNESE

Sono venuta per  le scarpe, son pronte?

ANGELINO

(Ad Agnese, contento) Lo tai (sai), le ho ciantate io.

AGNESE

(Non capisce) Eh?!

CARMELO

No, niente, signorina Agnese, esso dice che li ha ciantate… nel senso di piantate… li ha… acconciate. Ecco, si!

ANGELINO

No, accontate, ma… ciantate (prende il martello e fa per battere), ciantate cotì!

CARMELO

(Lo ferma velocemente) Ooo!!! Non ti rischiare, sai!!! (Guarda sopra) Come siamo rimasti? (Ad Agnese) Niente, signorina… con questo tantate e ciantate, stamattina si corre il rischio di passare spesso il canovaccio! E siccome… (Agnese non capisce) Non ha capito?

AGNESE

Anche voi, mastro Carmelo, non è che… Dovreste fare un bel corso di dizione.

CARMELO

(Non capisce) Eh no! La matematica, se proprio vuol saperlo, non è il mio forte; io i conti li faccio alla femminile…

AGNESE

(Che non capisce) A la femmi…ché? Io intendevo dire dizione nel senzo d’imparare la pronunzia, una dizione teatrale insomma. (Si rivolge ad Angelo) Di, tu hai capito il concetto?

ANGELINO

(Capisce concerto) Ti, ti! E’ come quando ti tente tuonare (suonare) la mutica, e…

AGNESE

(Meravigliata) Tuonare?

ANGELINO

Lei dite i (il) contetto!

AGNESE

Ditemi, mastro Carmelo, non è che voi due, state… diciamo… giocandovi di me?

ANGELINO

(Non capisce e chiede a Carmelo)  Te (che) dite (dice)?

CARMELO

Niente, niente; la signorina ha capito che stiamo giocandoci a lei.

ANGELINO

(Contento) Vero? Ci stiamo giocando lei? Minta! Magari a vintetti (vincessi) io! Batta dommire (dormire).

AGNESE

Oh, no! Sembra di trovarmi in mezzo agli indigeni. Mi consegnate le scarpe che ho tanto di quel da fare; mentre qui…

CARMELO

(Le prende e gliele porge) Eccole qui, signorina!

 

AGNESE

(Le prende) Grazie; poi passa mammà a pagarle (esce).

CARMELO

(Le porge la mano per prendere i soldi, ed invece lei gliela stringe in segno di saluto) E se né andata! Al solito; sempre credito! Si, ma con questa famiglia rischio pure di perderli i soldi!

ANGELINO

E coté (cosé), te ne andata? E non vinto (vinco) più?

CARMELO

Per questa volta pasienza, vuol dire che sarai più fortunato la prossima volta. Senti che facciamo, Angelino, tu aspetta qui e continua acconciare le scarpe…

ANGELINO

No, a contare! Con-ta-re! Hai tapito?

CARMELO

Si, si va beh, come dici tu; che io a momenti torno, vado a casa della signorina Agnese per i soldi, se no è sicuro che passa tempo e non li prendo più; hai capito? E… mi raccomando, non muoverti da qui per nessunissima ragione al mondo… anzi, facciamo una cosa, in questa sedia le passiamo su la colla (fa finta di passarle la colla). Su, siedi e vediamo. (Angelino si siede, Carmelo si fa indietro due passi e lo chiama). Angelino vieni qua. (Angelino si alza tenendosi la sedia e gli si mette davanti). Bravo, vedo che hai capito! Però non devi nemmeno alzarti; capito?

ANGELINO

E ti (si), ti! (Carmelo esce) Me le ripete tento (cento) votte le cote! (Inizia a prendere le scarpe oservandole) Ora mi metto attontare le ccappe (scarpe. (Durante la riparazione delle scarpe, canta, canta e si accompagna come ritornello con due scanditi colpi di martello). Volare, oh, oh! Tantare (cantare),  oh, oh, oh, oh! Nel blu dipinto di blu, felite di ttare lattù, con te! (E batte due colpi di martello sulla forma di ferro)…

LUCIA V.F.S.

(Meravigliata) Ancora? Ah, ma allura funziona davvero il sacchetto! (Angelo, si ferma stupito).

ANGELINO

Te (che) ha detto? (Nessuno risponde, riprende a cantare) E una nuvola docce (dolce) volava lontano lassù…

ROSALIA V.F.S.

Nella gola!!!

ANGELINO

(Non capisce) Tome?

ROSALIAV.F.S.

Vicino Milano!

ANGELINO

Boh! (Riprende a cantare) Volare, oh, oh! Tantare, oh, oh, oh oh!(ribatte i due colpi di martello)…

LUCIA V.F.S.

E canta ancora! Sali, sali che ho sentito! A te aspetto!

ANGELINO

E ti è quetta (questa), te dite tali (sali)? Ah, la moglie di matto Cammelo! (Pensa un po’) Ah, fotte (forse) ha tentito i mattello e… deve finire di pattare il tanovattio? Tti (ci) vado? E te (se) poi matto Cammelo… (Si avvia. Pensa un po’) ora tti vado, e poi tte lo dico a matto Cammelo che quetta votta (volta) l’ho pattato (passato) io il tanovattio (si avvia guardingo, ma appena salito sopra ridiscende sbalordito stropicciandosi gli occhi). Getù (Gesù) mio bello, te ho vitto!  Ma… te fu, un miraggio?

LUCIA V.F.S.

Vieni, te ne vai?

ANGELINO

A me ha detto! E te fattio (faccio) ora, non tti vado? Ora tti vado ttitto (zitto) ttitto. (E si avvia piano piano e senza aprire bocca. Si sentiranno, a soggetto fremiti, rumori, respiri affannosi. Dopo un po’ si rivedrà apparire Angelino distrutto: capelli malconci e tesi, pantaloni rimessi all’incontrario, camicia di fuori e strappata…) Madooonna! Non ne ho tapito niente di quello t’è tuttetto (successo); mi tento tutto mento (mezzo) motto (morto). (Entra Carmelo che lo guarda meravigliato). Allora i mattello (martello)… vuole dire… Aaah! E lui dite… (Alludendo a Carmelo e ironico) Il tanovattio… la petta (pezza)… Poccellone! (porcellone).

CARMELO

(Meravigliato) Che c’è, chè successo, Angelino? Come sei combinato? (guardandogli i pantaloni rigirati) E… i pantaloni? come mai li hai girati dentro e fuori?

ANGELINO

(S’inventa subito qualcosa, e, visto che ha i pantaloni girati…) Catto (cazzo)! La cerniera ti ton fregati! E dov’è la cerniera?

CARMELO

(Vorrebbe capire se…) Ma dimmi una cosa, non è che… (indicando sopra da sua moglie)

ANGELINO

No, niente… che topa (sopra) e topa! (continua ad inventarsi una scusa) Gli fattio (faccio) prendere un poco di aria… al pitello! Cotì io ttò (sto) più frecco (fresco)! (Cerca di togliersi dall’imbarazzo) Lo ta (sa) cota faccio; lei è venuto e io vado a ceccare a quello te mi ha fegato (fregato) la cenniera (cerniera). Ttao (ciao), ttao! (esce).

CARMELO

Poverino, mi fa proprio pena. Cos’ha dalla vita? Niente! Onesto, laborioso; dove lo metti, metti, egli sta e non si muove nemmeno se cadono le bombe. Non ha nemmeno il piacere di stare con una donna… Angelino di nome e Angelino nei fatti! (Si siede per ricominciare a lavorare) Rimettiamoci a lavorare. (Prende dalla tasca i soldi che ha riscosso delle scarpe) Per prima cosa metto questi soldi infondo al cassetto, quanto mia moglie non li trova; e ora ricomincio a lavorare… di cantare (gridandoglielo alla vicina) non se ne ha da parlare! (Entra Lucia tutta agghindata: cappellino, vestita elegante con tendenze fuori moda, valige e pacchi, pronta a partire.)

LUCIA

(Sdolcinata) Carmelo! Carmeluccio! Bambolottino mio!

CARMELO

Ah, lei qua è! (Lucia gli si mette accanto senza farsene accorgere; lui poi la vede e si spaventa). Che ti potessero cader le braccia! Devi finirla di presentarti così! Un colpo m’hai fatto prendere! E’ questa la maniera di presentarsi? Chissà il cuore dov’è andato a finire!

LUCIA

Il cuore, si! Dopo quello che hai combinato! Tu, il cuore, sicuramente ce l’hai d’acciaio, altro che storie! E com’eri ginnico! E poi… quel martello… sempre a battere, a battere (Carmelo guarda meravigliato); come fai, come fai? Che dici, batto io due colpi e andiamo su un’altra volta? Si suol dire che non c’è due senza tre. (Carmelo rimane sbalordito).

CARMELO

Come… come? Ma che hai inteso dire? Due, tre! (Adirato. Poi riflette e si avvia sotto il quadro di san Giuseppe appeso alla parete) San Giuseppe, non è che incominciamo da capo? Non è che si ripete la storia di prima? Dimmi una cosa non è che, poco fa, Angelino… (Attende che il santo gli risponda) Ch’è, non rispondi? Ah no! e allora sai cosa faccio? (spegne i lumini) cominciamo da questi! Ti spengo i lumini e ti metto pure in castigo! (Gira il quadro)  E non muoverti da così se non prima si scopre la verità! (Lucia lo guarda stupita).

LUCIA

Ma che cominci a dare i numeri ora? Mettere il santo in castigo!

CARMELO

(Adirato e sospettoso) Senti, forse volevi dire due… nel senso di due colpi?

LUCIA

E si, si, due colpi, due colpi, si! E non adirarti! Ch’è, ti sei vergognato? Forse vuoi dire che ho preteso troppo?

CARMELO

Oooh!!! Cosa credi che sono… veramente d’acciaio?

LUCIA

E meno male! E s’eri davvero d’acciaio, allora?

CARMELO

(Confuso) Senti, ma… non dovevi andare da tua matre? Cosa aspetti?

LUCIA

Cosa intendi dire, che ora, dopo che hai fatto sali e scendi e ti sei riempito il gozzo, vuoi liberarti di me? Io da mia madre ho d’andare. (Tono pietoso) Poverina, ha bisogno… sta male; non devo andare?

CARMELO

(Ironico) Ma quando mai! Vai, rompiti le gambe…

LUCIA

(Pietosa) Che dici? Questo mi auguri?

CARMELO

Non sia mai sempre! Io intendevo dire che per una madre come la tua, ricca e che non sa più dove mettere i soldi… e speriamo in Dio che li trasformi tutti in pidocchi, bisogna correre, fuggire senza guardare pericolo… ecco, si! Questo volevo dire, rompersi le gambe.

LUCIA

E’ l’invidia a farti dire certe cose. Io… non sai che essendo figlia unica, prima o dopo, i beni di mia madre saranno miei?

CARMELO

Giusto hai detto: “dopo”. Oh, tontolona! E non sarebbe meglio prima; dopo a che serve quando siam vecchi, pieni di camola, e non abbiamo nemmeno figli?

LUCIA

A questo avevo già pensato; vuol dire che questi beni, donati da mia madre, li lasceremo a padre Liborio, serviranno a fare riparare il tetto della chiesa madre che vi piove dendtro.

CARMELO

Ora dico io, come non mi viene un colpo… una paresi, un’ulcera! Sai che non abbiamo un soldo per fare una lira e pensi di lasciare tutto alla chiesa? Ma ti rendi conto quanti soldi ha tua madre, per il ricco lascito di tuo nonno dell’Australia? Altro che tetto da riparare! Centinaia di chiese può far costruire padre Liborio. Speriamo che in pidocchi hanno da trasformarsi! Levati, levati di qua, bellezza della natura!

LUCIA

Tu lo sai perché mia madre non vuol fare testamento.

CARMELO

E… perché, sentiamo?

LUCIA

Dice che… tu… sei sprecone!

CARMELO

Sprecone? E di che? Di che cosa? Se non ho nemmeno i soldi per rinnovarmi questo banchetto da lavoro, e il cibo lo compriamo facendo credito!

LUCIA

Sprecone, sprecone e pigro, dice.

CARMELO

Pigro? Come, se sono sempre qui, seduto al banchetto da mattina a sera a riparare scarpe! (Adirato) Levati, levati di qua pure tu!

LUCIA

E poi se mi rompessi le gambe… come dici tu, non è che mi dispiacerebbe tanto; mia madre mi dice sempre: “Lucietta, se non dovessi sentirti bene, chiamami che mi trasferisco da te!”

CARMELO

Ah, dovremmo pure darle da mangiare alla signora “cimiciolla”? Ma quanto è scroccona, tirchia, pidocchiosa! Ah, ma qui lo sa che ha da dilatarsi la bocca dai forti sbadigli! Altro che carne e pesce fresco! Senti, forse è meglio che le gambe se le rompe lei… (Vuole giustificarsi su quanto ha detto) Cioè… volevo dire… giacché  sei, li, come si dice: fai un viaggio e due servizi. E ora muoviti, su che aspetti, la carozza?

 

LUCIA

(Sempre pietosa, quasi piagnucolosa) Se tu non mi abbracci…

CARMELO

Ancora! Ah, ma allora vero dici! E comu ti abbraccio? Non vedi che… sono sporco, zozzo,  pieno di cera da dare alle scarpe? (suono corriera). Muoviti, muoviti, che la corriera sta partendo

LUCIA

Nemmeno… mi aiuti?

CARMELO

A cosa? A portare queste… cose? Con te combinata così? E non mi fanno le pernacchie arrivati in piazza? Senti cosa facciamo, aspetta che chiamo Angelino, può essere ch’è ancora nei pressi; tanto lui di questi problemi non ne ha. (Si affaccia dalla finestra e chiama Angelino). Angelo! Angelino! Vieni, che accompagni mia mogliera alla corriera!

ANGELINO F.S.

E tu m’integni (m’insegni) accontare (acconciare) le ccappe? (scarpe).

CARMELO

T’insegno, t’insegno! Su, corri!

LUCIA

Allora nemmeno alla corriera m’accompagni?

CARMELO

Ma dimmi una cosa, ti sei guardata allo specchio? Ti sei vista come sei combinata? O hai fatto qualche voto a Padre Pio per agghindarti così? E’ come se stessi andando ad una festa di carnevale.

ANGELINO

Bello tei! Una cata (casa) addobbi!. Appena entrato s’accorge di Lucia vestita in quel modo buffo e si spaventa). Minchia, ti è quetta?

LUCIA

Tu guarda quest’altro! Chi vuoi che sia, tua sorella?

ANGELINO

Ah, lei è? Mi ha fatto ppaventare (spaventare)! Oh, l’è piatuto (piaciuto) poco fa i… tanovaccio?

LUCIA

(A Carmelo) Che cosa? Cosa dice questo?

CARMELO

(Confuso, si reca da san Giuseppe e lo interroga) San Giuseppe, allora vero è! (silenzio) Ah, si! Insisti a star muto? E ora ti giro!

 

LUCIA

Con te parlo!

ANGELINO

(Meravigliato, a Lucia) Ma te (che) palla (parla) con tan Giuteppe?

LUCIA

Mi vuoi spiegare cosa dice questo, e cos’è il discorso del canovaccio?

CARMELO

(Tra se) Niente, sicuramente sarà il trauma della prima moglie, e penzo che… niente, niente; si, si forse mi sbaglio.

LUCIA

Che parli da solo, ora?

CARMELO

(Cerca di non fare capire di quanto aveva parlato con Angelo) No, niente… lui dice, il canovaccio… nel senzo che… se tu dovessi fare delle pulizie e passare il canovaccio, lui sarebbe contento di darti una mano… aiutarti, insomma! E’ vero, Angelino che tu saresti contento?

ANGELINO

Contento? Contentittimo, attai (assai) attai! (Meravigliato, a Carmelo) E te io l’aiuto co canovattio… tu non t’incatti? (Incazzi).

CARMELO

(Meravigliato) Io? Se tu l’aiuti col… canovaccio? Ma quando mai! Anzi ne sarei felicissimo!

ANGELINO

(Sbalordito) Ah, ti? Allora ti piattiono i tonnetti? (cornetti nel senzo di corna).

CARMELO

(Che non capisce l’allusione) Ma certo! Mi piacciono anche le alici, le triglie, gli sgombri, i merluzzi…

ANGELINO

(Meravigliato) Ah, ti piate il pette? (pesce).

CARMELO

Moltissimo!!!

ANGELINO

Pe (per) quetto figli non ne hai e il canovattio non lo tai (sai) pattare (passare)?

CARMELO

(Confuso, si rivolge da lontano a san Giuseppe) San Giuseppe! Oh, san Giuseppe! Niente hai da dire? Non parli? (Silenzio, poi ad Angelo) Senti, mi stai facendo confondere tutto; vuoi aiutare mia moglie a portare queste cose alla corriera, che deve andare da sua madre?

ANGELINO

(Guardando Lucia) Ah, deve pattire? (partire) Pe quetto è vettita (vestita) te pare… (A Carmelo) Come ti dite? (dice) La… la… la mate (madre) Occa! (Oscar) Ti, la mate Occa! Quella… ti ti!

CARMELO

(A Lucia che non capisce) La matriosca, dice la… (sbalordito, chiede ad Angelo) ah, ma sei pure istruito! Conosci la matriosca?

ANGELINO

Ti, ti; l’ho vitta (vista) ora ora!

CARMELO

Ora ora, a…chi?

ANGELINO

Era ton (con) Occa. .

CARMELO

(Continua a non capire) Con Occa?

ANGELINO

No, Occa! Guadda (indicando la propria bocca) Occa! Occa! Tapito?

CARMELO

(Ironico) Ah, no Occa? Occa!

LUCIA

Forse egli vuole dire Oscar; la madre di Oscar.

ANGELINO

Ti, ti! (A Carmelo) Oh, più catta (scaltra) di te è! E tu ditevi (dicevi) Te era tetina (cretina).

CARMELO

(Lucia guarda meravigliata) No, niente; lui vuole dire tetina nel senso di Titìna; come Caterina, ecco! Eh, a lui piace giocare con le parole, (ad Angelo) non è vero, Angelino?

ANGELINO

(Facendo segno di bastonate) Cot’è, ti tei ppaventato? (spaventato).

CARMELO

Dico io, vuoi accompagnare mia moglie alla corriera? (Si sentirà suonare ancora la corriera)  A raccontarla non ci crederebbe nessuno!

ANGELINO

Ti, ti, andiamo tunaltra matiocca.

LUCIA

Si, si, forse è meglio andare. Angelino, aiutami a prendere queste cose. (Si avviano; poi a Carmelo, ironica) Ah, vedi che quando torno… dobbiamo batterlo spesso quel martello!

CARMELO

Si, si! Tu basta che non dimentichi d’infilare la testa nel sacchetto… carissimo boccioletto…

ANGELINO

Il letto?

CARMELO

(Ad Angelo) Si, la branda. Boccioletto della natura! (A Lucia) E salutami tento mammina! Ah, senti… nun sederti accanto ad una partoriente che le fai venire subbito le doglie, o accanto al conducente che va a fottervi dentro qualche burrone.

LUCIA

(Adirata) Vieni, vieni, Angelino!

ANGELINO

E quando lei ritonna (ritorna), la potto (posso) aiutare a pattare (passare) il canovattio? Ah, ah che dite?

LUCIA

(Apre un porta monete, prende dei soldi e gli li da ad Angelo, mentre escono) Il canovaccio? Ma cosa avete con questo canovaccio? E si, si! Il sabato, come faccio le pulizie, te lo faccio passare!

ANGELINO

Mi, tolo il tabato? E tutta la settimana la cata retta ppocca (sporca)? Non pottiamo fare due giorni la settimana?

LUCIA

Quale due giorni! Solo il sabato si fanno le pulizie! Su, cammina ora, che ti compro un gelato.

ANGELINO

E ti, ti, tolo il tabato (sabato). Ah, tenta (senta) il gelato lo voglio al tioccolatto (cioccolato) me lo devi compare (comprare). (Si avvicina a Carmelo e, in cantilena…) Il canovattio non lo tai pattare! Il canovattio non lo tai pattare! (Escono i due, e Carmelo rimarrà pensieroso guardandoli uscire).

FINE PRIMO ATTO

SECONDO ATTO

(Scena come prima)

CARMELO

(Si reca da san Giuseppe) San Giuseppe, sempre te aspetto, che parli, dici qualcosa. Sei sicuro di non avere proprio nulla da dirmi? (silenzio)  Ah, si, e ne hai di stare con la faccia al muro! (Pensieroso) Chissà, forse ha ragione a non parlare; cos’ha da dirmi di Angelino? E’ stolido, poverino, sciocco del tutto. Ma si, forse è meglio rimettersi a lavorare. (Si riggira da san Giuseppe) E tu stai sempre girato, e ti muoverai solo quando si scioglie questo dubbio.

PADRE LIBORIO

Pace e bene, Carmelo. Ma cosa fai, parli col quadro?

CARMELO

Ah, benediciti padre! Che vuole, essendo soli, ogni tanto, con qualcuno bisogna pur parlare, e quindi parlo con san Giueseppe, sperando che mi dia (evidenziato) a-scol-to. E… come mai da queste parti? Ha forse qualche scarpa d’aggiustare? O…

PADRE LIBORIO

Lascia stare le scarpe, che per fortuna, con la crisi che c’è, ancora reggono. Sono venuto, perché… a quanto pare, tua moglie… si, insomma non dovrei dirtelo, ma… ieri l’altro è venuta a confessarsi, e… pare che voglia fare donazione dell’eredità di suo nonno, alla chiesa.

CARMELO

(Stupito) Puttana, di sua madre…!

PADRE LIBORIO

(Ammonendolo benevolmente) Eh, eh, Carmelo!

MELU

Cos’ha capito, padre! Io ho solo fatto un’esclamazione di gioia, come a voler dire: porcaccio di un grandissimo demonio infame! E… siccome questa è un’esclamazione troppo lunga: (inizia col ripeterla) porcaccio di… ha capito? Troppo lunga! Quindi ho pensato di accorciarla.

PADRE LIBORIO

E… proprio con sua madre?

CARMELO

Eh, se padre non ne ha! Ho detto di sua madre! Ah, ma solo perché l’esclamazione è corta.

PADRE LIBORIO

Beh, si, lasciamo stare! E volevo capire se anche tu eri d’accordo a questa donazione.

CARMELO

(Vorrebbe esplodere) Grandissima…

PADRE LIBORIO

Ci scommetto ch’è un’altra di quelle brevi.

CARMELO

Scarpa estiva di sua madre!

PADRE LIBORIO

(Non capisce) Eh?

CARMELO

No, niente, capisco io, sono le zoccole, un modello di scarpe estive che porta... sua madre.

PADRE LIBORIO

Mia madre?

CARMELO

Cosa c’entra sua madre, padre Liborio!

PADRE LIBORIO

Si, ma non mi hai ancora detto cosa ne pensi.

CARMELO

Della scarpa?

 

PADRE LIBORIO

Che scarpa e scarpa! Io parlo di tutti i beni: palazzi, terreni ristoranti… insomma, tutti gli a averi che ha il nonno di tua moglie in Australia!

CARMELO

(Rimane impietrito, come a sentirsi male) Palazzi, terreni, risto… padre Liborio, non è che lei, oggi è venuto per farmi star male? Per indispettirmi, per farmi uscire i sensi del tutto?

PADRE LIBORIO

Ma quando mai! Perché? E’ tutto… uno scherzo insomma! Cosa vuoi che siano i beni terreni? Cosa valgono? Niente! Oggi per te è un giorno di festa! Un giorno che non dimenticherai per tutta la vita! Un giorno che vale!

CARMELO

(Tra se) Ah, ho capito, è uno scherzo! E venuto a vedere.... visto che mia moglie è d’accordo a lasciare tutto alla chiesa, cosa ne pensavo io! (Fa un gesto col braccio) Te!

PADRE LIBORIO

A me!? 

CARMELO

A lei? Alla faccia dello scherzo!

PADRE LIBORIO

Oh, benedetto Iddio! Finalmente hai capito E’ come fosse uno scherzo, lasciare tutto ciò che abbiamo in questo mondo; semplicemente uno scherzo.

CARMELO

Ah, quindi… come dire: ogni scherzo vale.

PADRE LIBORIO

(Annuisce) Eh!

CARMELO

Allora, se le cose stanno così, per me può prendersi tutto, pure questa casa dove abbitiamo... alla mia morte s’intende; se no dove vado a dormire sotto il ponte?

PADRE LIBORIO

Davvero dici?

CARMELO

E certo!

PADRE LIBORIO

Sai che sei veramente scherzoso? Quindi alla tua morte, io…

CARMELO

Può venire qui, e, scherzando scherzando, facciamo l’atto.

PADRE LIBORIO

Con te?

CARMELO

E con chi se no, con mia sorella?

PADRE LIBORIO

E scusa, se tu sei morto!

CARMELO

(Si tocca) Eh, padre! Già mi tira i pedi? E meno male ch’è uno scherzo! Certo, potrebbe anche succedere... allora, vuol dire che continuerà a scherzare con mia moglie!

PADRE LIBORIO

Bravo, tu si che sei un perfetto cristiano. Vuol dire che alla tua morte…

CARMELO

Lascerò tutto alla chiesa; eh, è uno scherzo!

PADRE LIBORIO

Io vado, tornerò quanto prima.

CARMELO

E insiste, dunque!

PADRE LIBORIO

Dicevo, quanto prima… non per te, ma…

CARMELO

Nel senso dello scherzo dell’eredità di mia moglie. Cosa vuole, scherzando scherzando, m’ero dimenticato del nonno di mia moglie.

PADRE LIBORIO

Quanto sei scherzoso! Che Iddio ti benedica! (Esce)

CARMELO

Si, ma… non è che questo... scherzando, scherzando fa sul serio? Certi momenti sembrava dicesse vero. (Si gira da san Giuseppe) A te è inutile chiederti qual è la verità! (Riprende a lavorare cantando) Ma si, riprendiamo a lavorare che lo scherzo, pane a casa non ne porta. (Riprende a cantare) Come son contento, di questo momento; fare il carzolaio, senza più guai… festa sarà, festa sarà, festa sarà… (entra una zingara).

ZINGARA

(Melu, non avendola vista durante la sua esibizione canora, cerca di ricomporsi) Buon giornu a lei. E’ allegro a quanto pare!

CARMELO

(Sussulta, meravigliato) Neanche in centro città questo gran movimento! Che entra ed esci stamattina! (Imbarazzato) Buon giorno. io…

ZINGARA

Si lo so; non dica niente, gli occhi parlano sa soli! Posso leggergli la mano?

CARMELO

La mano? Non è che lei è quella dell’altra volta, quella dalle uova d’oro?

ZINGARA

Non so proprio di cosa parla, ne tanto meno voglio saperlo. Io sono qui solamente per leggergli la mano.

CARMELO

E cos’ha da dirmi, più di quello che so!

ZINGARA

Eh, fratello mio! Lei sa solo il sopra sopra; mentre vi sono tante cose che stanno in fondo.

CARMELO

In fondo? (Dalla paura balbetta) Di-di co-cosa pa-parla? E poi… mi creda non tengo neanche un soldo da darle, quindi…

ZINGARA

Chi ha parlato di soldi! Oggi voglio fare opera di bene, non voglio niente; voglio solo parlare del suo destino, e tengo tante di quelle cose da dire che lei nemmeno immagina. (Carmelo guarda incredulo) Sieda, su! E mi porga la mano.

CARMELO

(Un po’ spaventato) Ma io…

ZINGARA

Si, pure questo so, è ha ragione ad aver paura; la morte non è una buona compagna, ma ci appartiene... prima o dopo. 

CARMELO

(Sbalordito ed impaurito si tocca esclamando) Oooh! Oooh! Meglio dopo, meglio dopo! E siete due quest’oggi con questa morte! Mi scusi, ma... io cosa c’entro con la morte?

ZINGARA

Tutti c’entriamo; è sulo questione di attimi, si attimi! Perché… la vita, anche se a volte può semprare lunga, dura solo un attimo, un battito di palpebre... vuh! (Carmelo fa le corna toccandosi).

CARMELO

(Impaurito) Neanche a carnevale tutti questi scherzi! Lei non ha proprio altro da fare? Madonna! Sta prendendomi un freddo strano... senta, aspetti che vado a vedere se trovo qualcosa da darle e mi lascia in pace; io ho tante cose da fare che lei nemmeno immagina. 

ZINGARA

Non mi crede? E va bene, me ne vado; vedrà come presto le cose si presenteranno senza nemmeno... bussare alla porta!

CARMELO

Che giornata movimentata! Scusi, si può sapere di che cose e di quale porta parla?

ZINGARA

Di questa s’intende!

CARMELO

(Spaventato) Di, di, di, di…que-questa?

ZINGARA

Cos’è, si è inceppato? Ha perso la voce, o ha paura? (Carmelo annuisce impaurito) E di chi? Di che cosa, se non le ho ancora detto niente?

CARMELO

E meno male, perché se no ero già secco!

ZINGARA

Che secco e secco! se non le ho svelato nemmeno una parola.

CARMELO

Come! mi parla di destino, morte, di cose che arrivano senza preavviso... più di questo?

ZINGARA

Ma cosa dice! Questa è la paura che porta a vedere certe cose; lei ha sentito morte, e subito... non è che  invece gli è passato per la mente, se la morte... di altri s’intende, può lasciarla ricco, e quindi entare in questa casa, senza preavviso, centinaia di milioni di milioni?

CARMELO

Ah, ma allora è proprio la giornata! Lei, così mi fa prendere un colpo...  Aspetti!  (Si sente arrivare Angelino). E ora? St’arrivando Angelino!

ZINGARA

E allora? Puo’ arrivare un reggimento di soldati, è sicuro che nessuno si accorgerà di noi, stia tranquillo; (in tono misterioso) sono una zingara di grandi poteri!

ANGELINO

(Che, all’insaputa di Carmelo, s’era già messo d’accordo con la zingara, farà finta di non vedere nessuno, ha il muso e la faccia sporchi di gelato al cioccolato) Bello tei, una cata addobbi! E chi è! non te? (comincia a chiamare Carmelo cantilenando)  Matto (maestro) Cammelo! Matto Carmeluttio! (Melo guarda sbalordito) Boh! Ma dove ten’è andato? (Apre il cassetto del banchetto e si prende un po’ di soldi. Si mette in tasca altre cose; Carmelo vorrebbe intervenire, ma la zingara lo trattiene). E te devo fare, ppettare (aspettare)? o mi ne vado? (riapre il cassetto e si prende i soldi che aveva lasciato). Ma ti, tanto non è te lo tà te tono ttato (stato) io. Quanti toldi!(soldi) (Tira dalla tasca il portamonete di Lucia che era riuscito a fregarle prima che partisse la corriera) Che diti?! Tome la matiocca va per fare i biglietto te ne accogge (accorge); il condutente a piedi gliela farà fare la ttada! (strada

CARMELO

(Vorrebbe reagire, ma la zingara fa segno di no). Come finisce questo incantesimo, le bastonate che ho da dargli saranno così tante che le ricorderà per tutta la vita! E meno male ch’è sciocco!

ANGELINO

(Cantilena, continuando a far finta ne di sentire e neanche di vedere) Mi era tembato di tentire pallare. Matto Cammelo! Matto Cammeluccio! Ma è ttupido (stupido) quetto Cammelo lattiare (lasciare) i banchetto ton tutti quetti toldi (soldi)! Fotte, fotte è meglio te me ne vado! Matto Cammelo! Ttao, ttao! (Ciao).

CARMELO

Ciao, ciao si! Aspetta che torni! (Va ad aprire il casseto dei soldi) Tutti, se li è presi, tutti! Pure quelli della mamma d’Agnese! Ed io che mi son pure fatto quella lunga camminata… non era meglio perderli! Una settimana di lavoro!

ZINGARA

Ma ssono solo quattro soldi!

CARMELO

(Meravigliato) E continua! Quattru soldi? Senta, o mi dice perché è venuta, o può cominciare ad andarsene di corsa; a momenti quello pure il banchetto si fragava!

ZINGARA

Però non ci ha visti!

CARMELO

E non era meglio se ci vedeva?!

ZINGARA

E possibile che non s’accorge proprio di nulla?

CARMELO

Certo che mi sono accorto! E bene pure; anche se forse era megliou non accorgermi di niente!

ZINGARA

Io parlo della magìa. Vede che poteri che ho? E ancora abbiamo d’iniziare.

CARMELO

E menu male! Avanti che finiamo ti voglio! E’ certo che neanche le mutande mi resteranno.

ZINGARA

E’ mai possibile che pensa sempre e soltanto ai soldi? Vuol sedersi e mi porge la mano? (Carmelo, intimorito, le porge la mano. Appena la prende, la guarda e si stupisce) Bih! Bih! Bhi! Bih! Bih! Sembra uno stradario! Quante strade e viuzze! E da dove inizio?

CARMELO

Senta, cominci appena gira l’angolo, così ci sbrighiamo.

ZINGARA

(Preoccupata) Bih, bih, bih, bih, bih!

CARMELO

(Impaurito) Che succede?

ZINGARA

Lei ha due cose da fare: o vivere molto da povero, o vivere poco da ricco. (Carmelo rimane scioccato). E questo solo lei può deciderlo.  

CARMELO

(Impaurito) E mi dica, sta morte riguarda la mia persona o qualcun’altro della famiglia? Che so... mia suocera... mia moglie...

ZINGARA

Ed è proprio questo il bello, che non si capisce a chi tocca di morire.

CARMELO

Questo è sicuramente padre Liborio che cominciò le preghiere! (La zingara non capisce) Niente, non faccia caso; guardi, guardi bene la mano invece!

ZINGARA

(Guarda attentamente la mano) Io cerco di guardare; è solo che il sangue circola troppo forte, bisogna che lei se beva un po’ d’acqua fresca.

CARMELO

Aspetti che ne prendo un bel boccale. (Si avvia) E… a lei…?

ZINGARA

Io preferisco, se c’è, un po’ di vino buono.

CARMELO

(Tra se) Vedi un po’ alla zingarella come le piace trincare. (Alla zingara) Aspetti. (Esce).

ZINGARA

(S’assicura ch’è uscito) Se trovassi quattro allocchi come questo, avrei di che vivere di rendita. (Entra Angelino) No, no, senti Angelino, esci di corsa, che se entra mastro Carmelo siamo fritti! Come siamo rimasti?

ANGELINO

E va beh, tanto non ci vede!

ZINGARA

A te sembra! Ci vede, ci vede!

ANGELINO

Ah, ci vede? E ha vitto pure te io…  (fa con la mano segno di rubare) Tu hai detto...

ZINGARA

(Sta per perdere la pazienza) Io, t’ho detto... va beh! Va beh! Non t’ha visto proprio! Lasciamo andare che dopo ti spiego meglio. E ora vattene, t’ho detto!

ANGELINO

Ah, ti? Veidi che tte (ce) lo dico...

ZINGARA

Senti, come siamo rimasti? Devi fare ciò che t’ho detto; e dopo ne riparliamo; se no... nix! Capisci nix?

ANGELINO

Nict? E ti (chi) è quett’altro? (quest’altro). (Si sente arrivare Carmelo).

ZINGARA

Vai, vai! (Esce).

CARMELO

(Entra con un fiasco e un bicchiere) Tenga; io già mi son bevuto una caraffa d’acqua fresca che sicuramente il sangue si sarà addormentato. (La invita a bere) Beva.

ZINGARA

Io è meglio che bevo a casa, non vorrei fosse il mio sangue a doversi agitare. Il fiasco glielo faccio recapitare a breve. (Carmelo guarda meravigliato).

CARMELO

(Stupito) Allora… il fiasco…

ZINGARA

Me lo porto, certo!

CARMELO

(Meravigliato) Ah, se lo…

ZINGARA

E ora si sieda e mi lasci finire di guardarei. (Carmelo si risiede e le porge la mano). Ma… è sicuro che l’acqua era fresca e abbondante?

CARMELO

Signorina, non solo era fresca, ma era così tanta che se no ci sbrighiamo rischiamo di sentir cantare le rane nella pancia.

ZINGARA

Se dice così... (Guarda la mano. Meravigliata) Ah, ora si! Ecco, ecco! Ora vedo...  si, si si! Proprio così! Lei, deve morire, se vuole diventare ricco!

CARMELO

Pure! Quindi questa morte per me è… una…

ZINGARA

Fortuna, si! Le sembrerà strano, ma è così.

CARMELO

E quand’è che dovrei diventar fortunato... volevo dire morire?

ZINGARA

Ora! Subbito! Se vuol diventare ricco! Abbreviando, lei ha da morire per finta; ha capito finalmente?

CARMELO

Per… finta? (Tra se)  Qua, mi sembra, di vedere la mano del prete. (Alla zingara) Senta, non è che lei, con tutta questa farsa, ha a che fare col prete e l’eredità

ZINGARA

(Tra se) E come fa questo a sapere dell’eredità? Non è che mia madrina… (A Carmelo) Scusi, ma di che prete parla?

CARMELO

No, niente, lasciamo andare. Stava dicendomi che devo morire per finta?

ZINGARA

Proprio così. Ora sua moglie torna con sua madre, lei...

CARMELO

(Meravigliato) Aspetti, aspetti! Mia moglie torna con sua...

ZINGARA

Madre. Sua suocera, insomma!

CARMELO

E allora preferisco morire davvero! Lei conosce mia suocera? No, no, no, no, no!

ZINGARA

Si, si, si, si, si! Lei, vedendola morto, subbito fa testamento dei beni a sua figlia, e... capito, ora?

CARMELO

(Meravigliato)  Guarda un po’ che intreccio, neanche Biutifull, cento vetrine... E lei, mi scusi, cosa c’entra in tutto questo, giacché col prete non c’entra?

ZINGARA

Ha ragione a farmi questa domanda, anche se non capisco questo discorso del prete; ma la risposta gliela posso dare a suo tempo. (Si avvia ad uscire).

CARMELO

Aspetti, aspetti! E io, visto che la morte è per finta, come faccio a morire?

ZINGARA

Tieni, (prende dalla tasca un flaconcino) bevilo, e per un po’ il tuo cuore batterà leggerissimo da non sentirsi proprio; ti metterai a terra, sembrerai morto da giorni. Chiamerò, senza farmi vedere quel ragazzo di poco fa ed io andrò via; dalla paura comincerà a gridare forte. Accorrerà qualche persona del vicinato… vedrai, tutto verrà da sé. Su sdraiati per terra e domani ci rivedremo al casolare delle ginestre per vedere un po’ il da farsi. (Carmelo beve il flaconcino; lei guarda fuori e grida aiuto. Si nasconde; entra Angelino e, senza farsene accorgere, va via).

ANGELINO

(Entra allarmato) Te (che) fu? Te tuttetto? (successo). (S’accorge di Carmelo li per terra e cerca di capire, toccandolo, s’è morto) E cot’è! Il tuore (cuore) è femmo; e quetta (questa) è la pima (prima. Tecondo, tecondo non reppira (respira) ppiù (più)! E tetto, (terzo) tetto, ti vede t’è motto (morto). E te fattio? Ora grido fotte fotte, cotì (così) corrono tutti. (Stava per gridare… e si ricorda di andare a controllare se c’erano ancora soldi da prendere) Appetta. (Va a guardare, mentre Melo osserva con la coda dell’occhio. Trova altri soldi e si mette a contarli con quelli che aveva in tasca). Quanti toldi! (Li posa sul tavolo e va a vedere se trova qualcos’altro nell’altra stanza.) Tono ricco! Tono ricco! (mentre si trova nell’altra stanza, Carmelo si alza, prende i soldi posati sul tavolo e va a nasconderli nella stanza opposta.. Rientra, gira il tavolo sottosopra e si ridistende a terra. Entra Angelino) Nemmeno una lira t’era (c’era). (Si avvicina al tavolo, ma… stupito) E ti è? I toldi 8soldi) dove tono? Totto i tavolo? (Molto confuso guarda Carmelo a terra e il tavolo; poi chiama Carmelo ironizzando) Cammelo! Matto Cammelo! Che fai il catto (scaltro) pure motto? (morto). Dammi i toldi che mi hai fregato. T’ho detto dammi i toldi che mi hai fregato! Io lo to che è pe finta, non mi fai ppaventare (spaventare). Appetta che gli tocco i tuore (cuore). (Gli tocca dalla parte del cuore, e… meravigliato) Oh, quetto vero motto è! Ora mi pendo i toldi totto i tavolo e ccappo (scappo) di cotta. (Fa per alzare il tavolo dando le spalle a Carmelo che cerca di trasformarsi la voce ammonendo Angelino che rimane col tavolo sospeso).

CARMELO

(Facendo la voce d’oltre tomba) Angelino! Che fai? Vuoi rubbare al morto? (Angelino Confuso e molto impaurito, fa cadere il tavolo a terra e guarda Carmelo che s’era ricomposto.  Dalla paura non sa cosa fare; cerca d’andarsene in punta di piedi, e Carmelo, di spalle, gli fa una voce cavernosa) Vieni! Dove vai? (Angelino rimane bloccato e si gira lentamente a guardare Carmelo che s’era ricomposto).

ANGELINO

Madonna, chi mi potta in quette cote (cose)!

CARMELO

Guai, se ti prendo!

ANGELINO

(Si tocca il sedere pensando d’essersi fatto addosso e Inizia a gridare come un forsennato; affaccia Carmela) Aiuto! Aiuto! Mi tono tatato (cacato)! Aiuto! I motto te palla (parla)! Il motto te palla!!!

ROSALIA

(Entra preoccupata) Che fu, che vai gridando? Ch’è successo, Angelino?

ANGELINO

(Impaurito) Matto Cammelo! Matto Cammelo! E’ motto, è motto e palla!

ROSALIA

(Entrando in scena) Gesù, Maria e Giuseppe! (Preoccupata) Non è che stato quel malocchio che gli ho buttato poc’anzi? (Si avvicina a Carmelo e lo guarda sotto gli occhi impauriti di Angelino, e quasi gli chiede perdono d’avergli mandato mal’anni) Mastro Carmelo… anzi, Carmelo, Carmeluccio mio...

ANGELINO

Mischia! Tome Cammeluttio mio?

ROSALIA

Perdonami per quanto ti dissi poco fa. (Angelino continua a guardare meravigliato per quanto va scoprendo) Io non volevo che tu morissi... di subbito...

ANGELINO

Ah, no tubbito! Dopo!

ROSALIA

Io lo dissi per scherzo; per me puoi cantare quanto vuoi... pure di notte!

ANGELINO

Eh, no! La notte ti domme!

ROSALIA

Ora posso dirtelo, Carmeluccio bello, era la collera a farmi dire questo, la stizza di quando da piccola ti desiderai tanto e non ti ho potuto avere...

ANGELINO

(Meravigliatissimo)  Tome, (come) tome!? Allora lei ti voleva ppotare (sposare) ton lui?

ROSALIA

Avrei voluto stringerti fra le mie braccia e non lasciarti più. Io pensavo, con mia figlioccia, di farti uno scherzo quanto potevi essere mio almeno per un attimo.

ANGELINO

(Meravigliato) Allora lei... ton lui... (in disparte e ironico) Ah, ora tapicco (capisco)! A matto Cammello t’è (c’è) tempe piattuta (piaciuta) lei! Pe (per) quetto poi litigava con tua moglie: i canovattio, la ‘mpettionite (impressionite), la petta (pezza)! E bravo matto Cammelo! Meno male te (che) ora tti (ci) aiuto io a pattare la petta e il canovattio alla tignora Lutia!

ROSALIA

(Sempre, quasi piangendo) Vieni Angelino, aiutami a portare un po’ di queste cose in casa che liberiamo il cortile e gli sistemiamo il lettino da morto, prima che arrivino persone. (Tra se) Ma cosa ha combinato mia figlioccia? Non è che l’ha fatto morire davvero? (Prendono il tavolo e lo escono fuori. Carmelo si spoglia lasciando i vestiti, compreso le scarpe, sul posto dove egli si trovava ed esce. Rientrano i due, vanno per prendere il banchetto da lavoro, ma…)

ANGELINO

(Avvicinatosi per primo, dove si trovava Carmelo, vede gli abiti e rimane scioccato) Ttia Rotalia, ttia Rotalia! Matto Cammelo te n’è volato in cielo nudo! Tenta vettiti! Corri, corri!

 

ROSALIA

(Guarda, rimane imbambolata e sviene) Oh, no!

angelino

(Meravigliato e nello stesso tempo spaventato) Oh, madonna!!! E ora? Chi te (ce) l’attacca la tampanella (campanella) al gatto? (La campanella al gatto, è un detto di alcuni topi che volevano, ogni qualvolta il gatto si svegliasse, essere certi che non desse l’oro la caccia, e quindi legargli al collo una campanella in modo che facesse rumore e lo avrebbero sentito anzitempo; ma chi, avrebbe rischiato  tanto?)

FINE SECONDO ATTO

TERZO ATTO

(Scena medesima; in un angolo un tavolino con accanto delle  sedie).

ZINGARA

(Entrando guardinga, va a chiamare Rosalia) Madrina Rosalia! Madrina Rosalia!

ROSALIA

(Entra in scena) Ma cosa hai combinato, cos’hai combinato? Non è che quel miscuglio che gli hai fatto bere...

ZINGARA

Madrina Rosalia! Quale miscuglio e miscuglio! Quello che gli ho fatto bere era semplicemente un leggero sonnifero... certo può essere che il farmacista l’ha preparato più forte, ma sempre sonnifero era! Ora mi dica, non è che lei per caso ha parlato col prete...  

ROSALIA

Allora... se n’è salito veramente in cielo?

ZINGARA

Ancora, Madrina!

ROSALIA

Tu hai detto prete... e che c’entra il prete? Chi mi porta a fare tutto questo? E dov’è, dov’è ora? Come faccio? Allora è finito tutto?

ZINGARA

Lei deve solo sapere aspettare; non è finito niente ancora. Ogni cosa a suo tempo.

ROSALIA

S’è per questo, è da tanto che aspetto, che desidero d’abbracciarlo anche per un attimo; stringermelo forte al petto... mio, mio doveva essere Carmelo! E invece mi desidera cose brutte

ZINGARA

Ma quale! Sicuramente è solo reazione, collera per il non averla potuto possedere, o magari dessersi reso conto d’avere sbagliato a non sposare te! Cosa credi!

ROSALIA

Spero che le tue parole vanno dritte in cielo e il progetto non fallisce, se no l’eredità che pensavo di lasciarti, puoi scordarla; questo fu il patto, e a casa mia è meglio che non metti più piede.

ZINGARA

Ho capito, ho capito! Questo era l’amore che m’ha voluto di madrina?

ROSALIA

Io, di bene te ne ho voluto tantissimo da poi che mi fosti affidata; ho preferito tenerti in istituto perché studiassi e ti facessi strada. T’ho cresciuta come fossi figlia mia.  

ZINGARA

E la ringrazio per quello che ha fatto per me, il non avermi fatto mancare mai niente, nemmeno l’affetto che avrebbe potuto darmi mio padre e mia madre. Ora non si preoccupi; speriamo invece che Angelino non s’è accorto di quest’imbroglio.

ROSALIA

Io dico che quello è davvero convinto che Carmelo è salito in cielo...  (preoccupata) Ma tu… dico, sei sicura che non sia... morto?

ZINGARA

Ancora? Vedrà che a breve e se lo troverà fra le sue braccia come un bimbo al seno della madre, ma... solo per un’avventura, una semplice avventura e nulla più, così siamo rimaste. Più di questo non posso fare.

ROSALIA

Si, si! Oh, Gesù mio! E quando, quando? E… sua moglie, sua moglie che lo sa morto?

ZINGARA

Per favore, una cosa alla volta! (Si sentono rumori di passi) Ci sentiamo strada facendo; ora è meglio che me ne vado, arriva qualcuno! (la Zingara esce e Rosalia se ne rientra in casa. Entrano Padre Liborio e Carmelo dispiaciuto).

PADRE LIBORIO

Ma cosa hai combinato? E ora, come fai a giustificare tutto? Come fai a farti perdonare da tua moglie? Dovrai risuscitare prima o dopo… o no?

CARMELO

E si, si, mi lasci il tempo di pensare; e poi, nun è meglio per lei che finisce così? Non doveva lasciare tutto alla chiesa mia moglie alla mia morte?

PADRE LIBORIO

Ma la chiesa non vuole tutto ciò ch’è falso! Lo capisci almeno in che casino... (facendosi il segno della croce) che Iddio mi perdoni. E meno male che le autorità aspettano a chiarire tutto; come si fa a credere a quanto detto da Angelino, lo sanno tutti in paese ch’egli è… come dire…

Scemo isomma, e che nessuno prende per vero quanto ha dichiarato; anche se molti, e per prima tua moglie, credono a quella versione.

CARMELO

Come ho fatto, come ho fatto a combinare questa frittata!? Chi mi porta a mettermi d’accordo con… Dica un po’ padre, non è che lei ha a che fare con una zingarella?

PADRE LIBORIO

Zingara! Quale zingara? Non capisco.

CARMELO

Che imbroglio, che imbroglio! (Si sente arrivare qualcuno). E chi è ora? Sicuramente saranno i carabinieri che vengono a cercarmi. (Si nasconde. Padre Liborio va a guardare).

PADRE LIBORIO

Il sacrestano! E come ha fatto a sapere ch’ero qua?

FEFE’

(Sacrestano Personaggio un po’ scemo e balbuziente) Padre Lliborio, padre Liborio! Che fa qui? Lo ha dimenticato il morto? I parenti sono tutti davanti la chiesa che aspettano, e lei...    

PADRE LIBORIO

Il morto? E di quali parenti stai parlando?

FEFE’

Come di quali parenti! Di quelli dove ora ci troviamo! Nun c’è il funerale di quello che se n’è salito in cielo nudo! Mastro Carmelo! Lo ha dimenticato? E’ in chiesa che lei avrebbe dovuto essere, no a casa del morto!

PADRE LIBORIO

Ah, quindi oggi c’era…

FEFE’

Padre Liborio, ma si sente bene? Mi sembra un po’ intontito. Ce ne andiamo, che quelli aspettano! Non è che pensava di dover venire a prendere il morto in casa, ed è venuto sin qui per questo?

PADRE LIBORIO

Senti che fai, comincia a scendere, apri la chiesa che io a momenti arrivo.

FEFE’

Mi deve scusare padre, ma questo discorso del morto ce l’ho qua (indicando la bocca dello stomaco), non mi convince proprio. Lei crede veramente che sia salito in cielo, nudo?

P. LIBORIO

Fefé, oh Fefé! E sei pure sacrestano! Come vuoi che salgono in cielo i morti, con tutti i vestiti?

FEFE’

Allora perché, padre, quando una persona muore gli si comprano i migliori vestiti, le scarpe più belle...? Cosa interessa a Dio delle scarpe e dei vestiti nuovi?

PADRE LIBORIO

L’anima è nuda che si presenta a confronto col Supremo, caro Fefé; non saranno certamente queste cose (evidenziando la parola: nuove) nuove, a renderla migliore; oramai quello ch’è fatto è fatto. Eh! (Svia il discorso) Senti, non pensi più tosto che davanti la chiesa, le persone stanno aspettando?

FEFE’

E va bene, che ho detto? Neanche a lei convince il discorso? Vuol dire che ogni volta che muore una persona starò attento a vedere se sale in cielo nudo o con tutti i vestiti. Vado, allora?

PADRE LIBORIO

Si, si sbrigati più tosto; e… senza dire ai parenti che mi trovavo qua, che arrivo subito.

FEFE’

Si, si, va bene lo dico a tutti che lei era qui (esce).

P. LIBORIO

Deve stare attento a vedere salire il morto in cielo nudo, certo che… però in quanto ai vestiti e alle scarpe nuove… e meno male chè mezzo scemo. E noi, che sentiamo di sentirci scaltri… Eh, quanto siamo falsi! (Va a guardare s’è già lontano e dopo fa uscire Carmelo). Puoi uscire, è andato via. (entra Carmelo) Dovendo dire la verità, non so proprio come aiutarti, credo però che le cose vanno venendo da se; senza che noi ce ne accorgiamo, la vita continua a fare il suo corso senza guardare questi particolari, e quanto meno te lo aspetti finisce tutto, perché il tempo corre e ti arricchisce solo di ricordi. L’importante è che attraverso questi ricordi, noi meditiamo, meditiamo e correggiamo gli sbagli commessi. Ora devo andare, caro Carmelo, vuol dire che passata la tempesta, verrai in chiesa a fare una buona confessione. (Si sente arrivare qualcuno) E chi è? (Va guardare e rimane meravigliato) Certo, hanno visto la chiesa chiusa e… Senti io mi nascondo qui fuori, sperando che non mi vedano, e andrò subito via.

CARMELO

Io vengo con lei, padre, c’è la zingara che m’aspetta.

PADRE LIBORIO

Zingara! Che zingara?

CARMELO

Andiamo, andiamo che strada facendo le racconto tutto.

P. LIBORIO

Si, si andiamo e che Iddio te la mandi buona. (Escono e dopo un po’ entrano gli altri).  

LUCIA

(Entrano: Lucia e Costanza la suocera;  saranno vestite in nero e, come Angelino, afflitti dal dolore per la scomparsa di Carmelo. Entra anche il notaio) Non riesco a capire come mai la chiesa era chiusa.

COSTANZA

Non addolorarti più di tanto, figlia mia, vuol dire che quando il prete è comodo ci fa sapere il da farsi.

LUCIA

Si accomodi, notaio. (Si siedono per dare inizio al testamento. Angelino guarda in aria cercando qualcosa). Siedi Angelino, che fai?

ANGELINO

Tecco, tecco (cerco) a matto Cammelo te compare.

NOTAIO

(A Costanza) Compare si! Poverino, è rimasto molto scioccato.

LUCIA

Povero Angelino, vieni qua, siedi; tu devi cercare di persuaderti che  mio marito... quanto bene mi voleva, buon’anima, oramai... (facendo con le dita segno che è morto).

ANGELINO

(Ironico) Attai, (assai) attai gliene voleva bene! Bella petta! (fessa).

NOTAIO

(A Lucia) Vedete? Dal dispiacere ha anche le traveggole! Vede persino le pezze. Allora, signora Lucia, sbrighiamoci che ho altri atti d’andare a fare, vedrete che Angelino, piano piano, si renderà conto della scomparsa di vostro marito (si siedono).

ANGELINO

(Tra se) La petta, ti! Chittà a quale petta aveva la tetta (testa) matto Cammelo! Fotte, fotte a quella della tignora Rotalia (Rosalia).

NOTAIO

Dunque, io sottoscritta Santangelo Costanza, nata a Belmonte Mezzagno in via Principe di Ventimiglia, numero… senza numero; dichiaro di donare tutti i miei averi alla mia ed unica figliola Ferretti Lucia, residente a Belmonte Mezzagno, al cortile Martiri d’Ungheria, numero… (si gira a cercare il numero e non lo trova) Minchia! neanche qui ce n’è numero?

COSTANZA

Cosa vuole che importi il numero, qui solo loro abitano con questo nome, quindi…

NOTAIO

Contenta voi, contenti tutti. Firmate qua.

COSTANZA

Notaio, aggiunga all’atto che il contratto deve avere valore dal momento in cui si accerti l’avvenuta morta di mio genero; ha capito?

NOTAIO

Si, si, ho già messo una postilla; firmate intanto.  (I due firmano).

ANGELINO

(Pensava di firmare pure lui) E io quando firmo?

NOTAIO

Tu firmi quando è ora! Sei contento?

ANGELINO

Ti, ti! E… tenta (senta), quando è ora?

NOTAIO

Più tardi!

ANGELINO

E… tenti, a te (che) ora tiamo arrivati?

NOTAIO

A l’ora di mungere.

ANGELINO

(Più confuso che persuaso) Ah, all’ora di mungere? E tenta (senta) a te ora ti munge? 

NOTAIO

Verso quest’ora.

ANGELINO

Ah, ora ti, te ho tapito! No pima! (Angelo, confuso, continua a farsi i conti).

NOTAIO

(A Lucia) Ma intanto è strano quanto si dice di suo marito. Per me è strano invece come si siano già perse le tracce.

LUCIA

Nessuno, non l’ha più visto nessuno. Dicono che se n’è salito in cielo e non s’è visto più.

ANGELINO

(Al notaio) E… mi accotti (ascolti) signor notaio; quando ha detto che ti munte (munge)?

NOTAIO

A momenti!

ANCILUZZU

Ah, a momenti! (Confuso) Ma io lo ttetto (stesso) continuo a non ti capire niente...

NOTAIO

(A Lucia. Meravigliato) Mi scusi signora, ma… qualcuno avrà dichiarato l’avvenuta scomparsa di suo marito?

LUCIA

Solo Angelino e questa signora accanto erano presenti, quando è successo il fatto, e hanno detto di averlo visto a terra, morto; poi, il tempo di entrare dentro e posare alcune cose, quando sono usciti hanno visto solo i vestiti allo stesso posto dove avevano lasciato il morto, poco prima di entrare, e hanno dovuto dichiare che l’anima abbandonò i vestiti ed è salita in paradiso.

COSTANZA

In paradiso, si! Come si vede che sei credulona, a quello neanche i diavoli lo vogliono lassù!

LUCIA

E basta, madre! Davanti al notaio? E poi, oramai… (Piangendo) Non c’è più Carmeluccio mio!

NOTAIO

Su, su signora, si facci animo! Beh, io devo andare, ho ancora altri atti d’andare a fare, (a Lucia) arrivederla signora e… non so se farle gli auguri… per il ricco lascito di sua madre, o le condoglianze per la recente perdita di suo marito. Sa che le dico, glieli faccio entrambi e non se ne parla più.

COSTANZA

Signor notaio, quanto viene la spesa?

NOTAIO

Dovendo fare i conti... Ottocento milalire.

COSTANZA

Minchione! Ottocento milalire? Ma che, solo... quest’atto?

NOTAIO

Cosa vuole che siano, in confronto a quanto ha ereditato! (A Lucia) Cerchi di saperli fare fruttare tutti questi soldi. (Costanza esce per andare sopra.. Ad Angelino) Tu vieni con me Angelino?

ANGELINO

Io, ora qui devo ttare (stare), tti (ci) devo aiutare a fare le pulittie alla tignora Lutia..

LUCIA

Lo lasci, lo lasci stare, notaio! E’ fissato con queste pulizie; più tardi l’accompagno io da sua madre. (Il notaio esce) Senti che fai Angelino, siediti qui (indicando il banchetto da lavoro e tutti gli attrezzi) e finisci di giustare queste ultime scarpe, che come arrivano i clienti glieli diamo e non ne prendiamo più, come facciamo?

COSTANZA

(Entra in scena tenendo in mano il famoso sacchetto, o meglio “attrezzo” dei desideri. Angelino è intento a cucire una scarpa e non s’accorgerà dei due) Senti, Lucia, (In disparte, quanto Angelino non senta) ho alzato il guanciale (cuscinu) per riposare un po’ e ho visto questo saccoccio; a che serve? E come mai era sotto il guanciale?

LUCIA

(Cerca d’inventarsi qualcosa e di non fare sentire ad Angelo di quello che stanno parlando) Ah, questo?! Questo è… una cosa che… ti fa… come dire…

COSTANZA

Così difficile è, dirmi di questo cos? E perché lo tieni sotto il guanciale?

LUCIA

Quale difficile e difficile! Questo serve... insomma... a far fare sogni beati, sogni di quelli mai fatti prima, ecco, si!  

COSTANZA

(Meravigliata) Ah, forse vuoi dire che, coricandoti di giorno, siccome c’è ancora troppa luce, questo te lo infili in testa e così non vedi più niente e... puoi addormentarti tranquilla.

LUCIA

No, no, vedi bene! E in quanto al dopo, ch’è difficile prender sonno!

COSTANZA

(Meravigliata) Mi credi di non aver capito niente, di quello che hai detto?

LUCIA

E forse è meglio così. Sai che faccio, vado a comprare qualcosa da mangiare, perché dentro no c’è niente; ad Angelino lascialo lavorare, che quando torno ne parliamo (esce senza che Angelino s’accorge di niente).

COSTANZA

Per me quello può lavorare quanto vuole. (Guarda un po’, respirando quel sapore di tranquillità) Quasi, quasi, prima che ritorna mi faccio un bel pisolino; m’infilo in testa questo sacchetto, e... con questa tranquillità... ah! Riposerò da cadere in letargo. (esce).

ANGELINO

(Ha finito di cucire la scarpa e la osserva attentamente come gli è venuta; è meravigliato…) Neanche te fotti matto (mastro), oh! (La posa e ne prende un’altra e la guarda) Ti, ma pe (per) aggiuttare quetta, tte (ce) n’è di lavoro! (Prende chiodi e martello e comincia a cantare e piantare) Volare, oh, oh! (E batte, accompagnandosi col martello, sull’incudine) Felice di stare lassù, con te. (Ribatte il martello e si sente gridare Costanza che voleva riposare; e…).

COSTANZA

Dico io, ancora devi battere? Ancora molto ho d’aspettare prima che finisci?

ANGELINO

E Ti è quetta (questa)? (Meravigliato) Ah, la tignora Lutia! Fotte (forse) fotte deve fare le pulittie! Già Tabato (Sabato) è? Me l’ero dimenticato! (E corre sopra) Tto (sto) venendo, tto venendo! (Si sentiranno, a soggetto, grida di piacere e gemiti a mai finire. Affaccia Rosalia e cerca di capire quanto succede).

ROSALIA

Allora non mi ero sbagliata, quando sentivo battere il martello e subito dopo questi sospiri d’amore! E cosa vuol dire? (Sente rumori; è Angelino che ritorna sempre tutto mal vestito, i capelli scombinati, è  mezzo morto. Rosalia si nasconde. Angelino sta per andarsene a casa, Rosalia ribatte il martello, e torna a nascondersi. Angelino sente chiamare Costanza, e riparte ancora per sopra).

COSTANZA V. F. S.

Vieni, te ne sei andato?

ANGELINO

(Rientrando da fuori) E cot’è? (cos’è) Neanche il tempo di tittemarmi (sistemarmi) mi ha dato, oooh!

COSTANZA V. F. S.

Sali t’ho detto!

ANGELINO

E ti, ti, tto venendo! (E risale sopra. Si risentiranno i rumori e le grida di prima, mentre Rosalia capisce tutto).

ROSALIA

(Meravigliata. Pensa che sia Lucia) Puttana di sua madre! Ora ci vuole. E meno male ch’è scemo! E complimenti alla signora Lucia! Neanche il tempo gli ha dato al marito di… (Angelinoo ridiscende sempre aggiustandosi tutto e Rosalia rientra a casa sua).

ANGELINO

(Rientra con i vesti alla sanfrasò, i capelli spettinatissimi, stanco da morire) Te (che) tota (cosa)? Ora me ne vado di cotta (corsa) di cotta, a cata (casa)!!! Mi vado a ttucchiare (succhiare) quattro uova frecche frecche, cotì mi tirano tu (su). (Fa per andarsene e s’accorege che sta arrivando Lucia, si nasconde, appena Lucia entra in casa lui va via).

LUCIA

(Che non aveva visto Angelino, riesce) E Angelino dove? Se n’è andato? (Va a guardare, ma già Angelinoo è lontano) E non dovevo incontrarlo per strada? Sicuramente sarà entrato prima, dalla viuzza.

COSTANZA

(Entra, frastornata e confusa, è tutta sudata, languida e mal vestita). Non ho capito bene s’è stato un sogno, o cosa. (Si avvia a battere il martello). E pure il rumore era questo! Mah!

LUCIA

Ch’è successo, non ti senti bene?

COSTANZA

(Meravigliata) Non mi sento bene?! T’auguro tantissimo, figlia, di sentirti sempre come mi sento io ora! Che fuoco! Che vampate! Che miracolo!

LUCIA

Miracolo, vampate! Ma di cosa stai parlando?

COSTANZA

E come te lo posso spiegare?

LUCIA

Così difficile è spiegarmi quanto è successo?

COSTANZA

Difficile, come difficile t’è venuto spiegarmi del sacchetto! E tu hai proprio ragione, questo attrezzo è una cosa unica, meravigliosa, una cosa che non si può descrivere; basta che lo infili in testa e subito si scatena l’ira di Dio.

LUCIA

E scommetto che c’entra pure il martello?

COSTANZA

Si, si! E… tu, come fai a saperlo?

LUCIA

(Meravigliata) Ma allora… questo è segno che Carmelo è vivo! E che vuol dire questo scherzo?

COSTANZA

Carmelo... chi, tuo marito? E che c’entra il martello con tuo marito?

LUCIA

C’entra, c’entra, e come se c’entra!

COSTANZA

(Comincia a capire) Aspetta, aspetta! Non è che quando tu... o meglio, lui batte…(facendo finta di battere il martello) Tu… t’infili… (facendo finta d’infilarsi il saccoccio in testa) e poi… (Lucia annuisce) A saperlo, lo potevo fare prima il testamento! Sai ch’è veramente in gamba tuo marito?

LUCIA

(Risentita) Pure! Ah, è pure…

COSTANZA

Ma cos’hai capito? Io, intendevo dire in gamba nel senso che hai un marito che ti tiene sveglia con i giochini; e io che pensavo...

LUCIA

(Rimprovera la madre) Madre! Hai ancora il coraggio di pensare, dopo quello... che hai fatto?

COSTANZA

Lucia, figlia mia, la colpa non è di nessuno, nemmeno di tuo marito; solo di questo sacchetto che non ti permette di vedere con chi hai a che fare.

LUCIA

Si, ma ora lui dov’è? Che forse s’è accorto d’aversi messo con te, e...

COSTANZA

No! non credo che sarebbe salito la seconda volta! (Lucia la guarda meravigliata; lei cerca di giustificare quanto detto) Niente, niente! Volevo dire che non sarebbe salito la prossima volta se s’accorgeva d’essersi messo con me, ma... siccome non poteva accorgersi...  

LUCIA

E’ salito di nuovo!

COSTANZA

Ma quale di nuovo e di nuovo! Senti, non metterti pulce in testa; anzi sai che facciamo? Andiamo in paese e vediamo di trovarlo, magari sarà dispiaciuto per quello ch’è successo, e...

LUCIA

E che motivo c’era di fingersi morto? Forse voleva allontanarsi da me per le brutte maniere che l’ho trattato?

COSTANZA

Sicuramente la colpa di quanto è successo è solo mia. Potevo farlo prima il testamento; chissà... le privazioni, i sacrifici che avete fatto e senza che ve ne fosse stata la ragione... a tutto questo, sicuramente non si sarebbe arrivato. Certe volte per i troppi pensieri: il non sapere come pagare le scadenze, come metter su la pentola... i soldi, che pare non abbiano importanza, influiscono sulla nostra stabilità mentale, e si combinano cose strane. Su, andiamo, andiamo a cercare tuo marito (escono).

ZINGARA

(Entra dopo che sono uscite Costanza e Lucia) Madrina Rosalia! Madrina Rosalia!!

ROSALIA

(Entrando in scena premurosa di voler sapere) Era ora, finalmente! E allora! Com’è finita? Viene, viene?

ZINGARA

Dice che a momenti arriva, e vuole che deve farsi trovare col sacchetto infilato in testa…

CARMELA

Il sacchetto?! Ma di cosa parli?

ZINGARA

Il sacchetto, è... e serve...

ROSALIA

E’, serve... vuoi spiegarti meglio?

ZINGARA

Questo sacchetto, che la signora Lucia tiene sotto il guanciale, serve a metterselo in testa per quanto è brutta...

ROSALIA

Io?

ZINGARA

Che c’entra lei! La moglie di mastro Carmelo.

ROSALIA

Mi credi se ti dico che non sto più raccapezzandomi?

ZINGARA

E va bene, niente ci fa; glielo spiego un’altra volta, ora non c’è tempo. Però intanto, dice mastro Carmelo che lei deve mettersi il sacchetto in testa, così dice di fare meno torto a sua moglie; ha capito? Io vado a mettermi in strada a vedere se salgono madre e figlia. Vada, vada e si tienga pronta! Come sente il segnale... (Va a battere leggermente il martello) o meglio due colpi di martello... ha capito? (La zingara esce, mentre Rosalia sale in casa di Carmelo, aspettando che si faccia l’ora per…)

ANGELINO

(Dopo un po’ entra Angelino con le scarpe che avevano aggiustato alla signorina Agnese) La tignorina (signorina) Agnete dite che quette cappe (scarpe) ti devono aggiuttare meglio; e te fa non le aggiutto? Te no tome la vinco la tignorina? (Guarda la porta che conduce in casa di Carmelo,  come a volere parlare con Lucia) Tte (ce) lo dico alla tignora Lutia? No, fotte e meglio te non ti dico niente. (Comincia a lavorare, ogni tanto le guarda; poi prende il martello). Qua, tti (ci) vogliono piantati due ciodini (chiodini). (li prende e li pianta facendo rumore nel battere il martello, due volte,  tanto che dopo…)

ROSALIA V.F.S.

Ho sentito, ho sentito! Sali e sbrigati che sono pronta!

ANGELINO

E te è, già tabato (sabato) è! Di nuovo le pulittie ti devono fare?

ROSALIA

Sali, Sali che sto aspettando!

ANGELINO

Tento (sento), tento! Tto venendo! Quetto (questo) mattello lo impitticherei al muro! E te fa, non ti vado? Meno male che mi tono (sono) tucchiato le uova frecche frecche! (esce).

ZINGARA

(Entra con Carmelo) Ha capito, quindi, il motivo di tutto questo? Ora lei sale sopra, fa quello che deve fare, così mia madrina mi lascia l’eredità; io mi sistemo economicamente, lei si passa questo... diciamo capriccetto, nessuno saprà mai niente, e finalmente mia madrina mi lascia definitivamente in pace. (Si sentono arrivare Lucia e Costanza, e i due si nascondono).

COSTANZA

Non preoccuparti, ho detto, che le cose si sistemeranno molto presto.

LUCIA

(Piagnucolosa) Non ci credo, non ci credo! La lingua doveva cadermi, quando lo torturavo con le mie lagne. Sicuramente si sarà stancato pure di sentirmi, povero Carmeluccio. Lui, forse non lo saprà mai, ma io gli volevo u bene da morire… (entra Carmelo, mentre loro sono di spalle).

COSTANZA

Nun piangere, non piangere, ora, chissà se le cose non potranno ancora sistemarsi.

LUCIA

(Quasi piangendo) Sistemarsi, si! Forse non l’ho mai saputo voler bene come avrebbe meritato; ho sempre difeso lei senza pensare di poterlo dispiacere. Ha lavorato sempre, mentre io gli ripetevo ch’era pigro. Non è vero, madre, è servizievole e lavoratore. Come faccio, come faccio, ora; è proprio vero: “il vero bene si apprezza, solo quando lo si perde”. Ed io, anche se non gliel’ho mai dimostrato, di bene gliene ho sempre voluto assai, assai, madre!

CARMELO

Anch’io te ne ho voluto e te ne voglio tantissimo!  

LUCIA

(Esplodendo di gioia) Carmelo! Tu, qui? Sei propriou tu? fatti toccare! (va per abbracciarlo, ma...).

CARMELO

(Fa un passo indietro per quanto è brutta) Aspetta, fammi riabituare. Pensavo di morire... per finta s’intende, quanto tua madre ti faceva subito ricca; ma a che serve essere ricchi quando si corre il rischio di perdere il bene delle cose semplici. E, se proprio vuoi saperlo, non m’interessa se non sei per niente bella, le tue parole valgono di più di tutta la bellezza del creato. E ora fammi prender fiato e una botta di coraggio, e... su, abbracciami! (S’abbracciano).

COSTANZA

Non credevo proprio d’avere un genero poeta. Sapete ora che facciamo, andiamo subito dal notaio e…

ANGELINO

(Entra in scena e rimane stupito nel vedere gli altri) Io… (S’accorge di Carmelo) Oh, matto Carmelo! Che fu, è tonnato?

CARMELO

E ora sono cazzi tuoi!

LUCIA

(Meravigliata) E… tu, da dove vieni?

ANGELINO

(Meravigliato) Ah, tignora Lutia, lei qua è ttata?

LUCIA

E certo! Dove volevi che dovevo essere?

ANGELINO

(Guarda sopra meravigliatissimo) E lei (a Costanza) è ttata pure qua?

COSTANZA

Qua, qua sono stata!

ANGELINO

(Riguarda sopra, non capendo più niente) Minchia! E ti è quella topa? (Cerca di inventarsi qualcosa) Io… tono ttato (stato) a… (a Lucia, molto meravigliato nel vederla giù) Tignora Lutia, ma lei è ttata (stata) tempe (sempre) giù?

LUCIA

Certo, che sono stata giù, non vedi?

ANCILUZZU

E io allora… (confuso, guarda la porta da dov’è entrato).

LUCIA

Tu! Tu chi?

ANGELINO

(Cercando di dare un taglio a tutto quanto) Tentite, io, in quetta cata, ho fatto tutte tutte le pulittie, tutte tutte e attai attai; ora ho detito (deciso) che in quetto potto non te più bisogno di pulire, e me ne vato a cata pe tempe; e… vitto (visto) che ti tono (va a prendere il martello) mi potto pure i telecomando (telecomando). (Si avvicina ad ognuna di loro e parla di ognuna) Tu (a Lucia) tei qua; (a Costanza) tu pure; allora, ti era… (indicando sopra. Li saluta tutto confuso e si avvia ad uscire). Tao, tao, e… fotte (forse), fotte, addio a tutti. (esce. Cade il quadro di san Giuseppe dalla parete; Carmelo resta scioccato).

CARMELO

(Meravigliato) Si è mosso san Giuseppe! Allora… lo scemo…

COSTANZA

(Rimangono immobili e sbalorditi) La volete sapere la verità? Non ne ho capito una virgola di quello ch’è ha detto. Sapete che facciamo, andiamo subito dal notaio. (Stavano per avviarsi ed entra la zingara).

ZINGARA

Eh no, carissimo mastro Carmelo! E alla mia eredità non pensa?

LUCIA

(Lucia e Costanza rimangono stupite) E… lei chi è? Mi scusi, cosa vuole da mio marito?

CARMELO

Io, non la conosco e non so niente di niente! (Entra Rosalia; è in estasi, tanto che non le importa dei presenti).

ROSALIA

(Pensando d’avere avuto a che fare con Carmelo) Carmelo... mastro Carmelo, gliela posso dire una cosa?

CARMELO

No, no! non mi dite niente!

ROSALIA

Siete... come dire...è stato...

CARMELO

Non lo so e nemmeno voglio saperlo! (Meravigliato, tra se) E chiamalo fesso!!! (Alludendo ad Angelino).

ROSALIA

Che energia, che fuoco! Siete... come posso spiegarlo...

CARMELO

Niente, lasci perdere, le ho detto che non c’è bisogno di dirmi niente, ne lei e ne altre. (Rosalia, che teneva il sacchetto in mano, s’accorge di Costanza e Lucia che vogliono prenderlo e scappano una dopo latro cercando di prenderlo, facendo dieverse entrate ed uscite discena) Però una cosa vorrei saperla; (alla zingara)  Ma lei… non è che…

ZINGARA

Scusate, nun c’è proprio niente da capire, e mi lasci spiegare. (Verso il pubblico, mentre i personaggi tutti rimarranno immobili assumendo una loro posizione; Carmelo sarà seduto al suo banchetto di lavoro mentre la zingara narrerà al pubblico...) Solo due parole voglio a tutti narrare: “ Il sacchetto e il martello, /  che tanto han creato vampate e fuoco, / altro non è stato che solo un gioco, / gioco di vita inventata: “Amara a chi capiata”, / che neanche pare fosse vero; / ma io che fui è c’ero, / solo una cosa voglio a tutti ricordare: / che sti fatti e fatterelli, / ci portano a pensare / che la vita, quella vera, / anche s’è fatta di fame e stenti, / non c’è bisogno di pregare i santi; / basta l’amore, l’amore vero, per andare sempre avanti. (Si blocca pure lei, e si va chiudendo il sipario).  

FINE