Amateurs

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AMATEURS

di Tom Griffin

Traduzione di Mariella Minnozzi

Personaggi:

CHARLIE

DOROTHY, moglie di Charlie

NATHAN MONROE

WAYNE SEABURY

JENNIFER COLLINS

ERNIE CHILMARK

IRENE CHILMARK, moglie di Ernie

MONA WILLIAMS

PAUL CORTLAND

Scena:

L’azione si svolge nel mese di ottobre nel New England. Una casa bianca a due piani con le persiane nere e un cortile scrupolosamente curato. Siepi, fiori e alberi potati. Siamo in una zona periferica, ma non recente. Un soggiorno confortevole e accogliente, pieno di abitudini e ricordi. C’è un grande divano, qualche sedia, forse un divanetto a due posti. I tavoli, le lampade e i tavolinetti sono stati scelti con gusto. C’è un tappeto orientale consumato, ma ancora in buono stato. Da qualche parte, una scrivania. Un manifesto teatrale incorniciato “Cinquantesimo anniversario della compagnia dei Timberley Troupers”. Potrebbe anche esserci un modesto caminetto. Una credenza su cui ci sono liquori e roba da mangiare. Su un tavolino lì vicino ci sono altro cibo e una grande caraffa di punch. La stanza è più un tributo alla cura e all’amore che all’affluenza. Ci sono quattro entrate nella stanza: il portoncino di ingresso; fuori, alla fine di un sentiero, c’è la porta dello scantinato; una porta a vento dà in cucina; dalla cucina si passa al resto del piano inferiore. Attraverso un arco e un corridoio si accede al bagno del piano inferiore. Una scalinata porta al piano superiore, dove c’è un secondo bagno.

A seconda del progetto scenografico, si può accedere allo scantinato attraverso un piccolo corridoio fuori dalla porta d’ingresso o attraverso l’arco o dalla cucina. La scala può avere un pianerottolo oppure no. In questa versione non si usa il pianerottolo e si accede allo scantinato da una porta fuori dall’ingresso.

Si sta svolgendo un party. Per tutta la serata si mangia qualcosa e si beve molto.


ATTO PRIMO

Venerdì sera. Ottobre. Mentre le luci di sala si spengono, si sente un applauso, come se fosse la fine di uno spettacolo. La platea va al buio. Quando le luci si riaccendono, Dorothy, una donna allegra e gentile sui 40 anni, sta preparando un grosso vassoio di antipasti. Una musica leggera e di facile ascolto proviene dallo stereo, a basso volume. Canticchiando e facendo uno o due passi di danza, Dorothy dà gli ultimi ritocchi alla stanza: sposta un cuscino qui, un vassoio di salatini là. Alla fine accende una lampada e va in cucina. Charlie entra dalle scale. È un uomo sui 45 anni. È felice, intelligente, affascinante e un po’ pazzo, ma senza eccentricità. Indossa i pantaloni, il sopra di un pigiama, una vestaglia e le pantofole: è chiaro che sta chiudendo la casa prima di andare a dormire. Si guarda intorno. C’è qualcosa che non va. Prende una torcia elettrica dalla scrivania, la accende, poi spegne una per una tutte le luci della stanza e lo stereo. Quando tutto è al buio, torna di sopra. Dopo un momento, Dorothy entra dalla cucina. Ha un vaso di fiori. Trovandosi al buio, scuote la testa e, sempre allegra, riaccende tutte le luci. Parla rivolgendosi al piano di sopra.

DOROTHY - Charlie! (Charlie torna di sotto, sempre con la torcia. Si guarda intorno. Questa storia delle luci è seccante)

CHARLIE - Ci sono gli spiriti maligni in questa casa, Dorothy. (Sta per spegnere di nuovo le luci. Lei lo blocca, gentilmente)

DOROTHY - Charlie, che stai facendo?

CHARLIE - Spiritelli furbacchioni, traditori e repubblicani. Ogni volta che provo a chiudere i chiavistelli, loro li riaprono. Spegno una luce e la riaccendono. Non venirmi a parlare di esperienze extrasensoriali. Le sto vivendo.

DOROTHY - Sono io lo spirito maligno, tesoro. Stiamo dando un party.

CHARLIE - Un party? Noi? Stasera?

DOROTHY - Ne abbiamo parlato per settimane, amore. Non ti ricordi?

CHARLIE - (Non ne ha la più pallida idea) Per chi è questo party?

DOROTHY - È la sera della prima. Stiamo dando una festa per la prima. Il solito party dei Timberley Troupers per la sera della prima…

CHARLIE - Parli di attori? Verranno qui degli attori? Allora sarà meglio che nascondiamo l’argenteria e mettiamo il lucchetto al frigorifero. Bisogna anche spannare gli specchi. A sotterrare il libretto degli assegni sotto il concime ci penso io.

DOROTHY - (Con una pazienza di cui ha lunga pratica) Su, tesoro. Gli ospiti cominceranno ad arrivare tra poco. Perché non ti cambi? Ci servirebbe anche qualche altra sedia. Va bene?

CHARLIE - Vorrei che me l’avessi detto prima.

DOROTHY - Dai. Infilati una camicia e vai a prendere un po’ di sedie.

CHARLIE - Mi piacciono le feste.

DOROTHY - Lo so. Perciò cambiati e… Va bene?

CHARLIE - Lo sai qual è il segreto di un party riuscito? I preparativi. Si deve controllare e ricontrollare ogni più piccolo dettaglio. I bagni devono essere immacolati. Bisogna dare l’olio agli attaccapanni. Togliere dall’armadietto dei medicinali tutta la roba appiccicosa e nascondere tutte le pomate nelle tue pantofole. Per me, il segreto è questo.

DOROTHY - Devo andare in cucina. Dai. Vai di sopra e cambiati. Torno subito.

CHARLIE - I tuoi desideri sono ordini, bambola. (Lei ride, gli dà un bacetto sulla guancia e va in cucina. Lunga pausa mentre Charlie si guarda intorno. Alla fine, spegne di nuovo tutte le luci e si avvia di sopra. Suona il campanello della porta)

DOROTHY - (Fuori scena, in cucina) Charlie, apri tu, per favore? (Charlie si ferma, come se volesse andare ad aprire, invece spegne le luci del porticato, poi va a prendere due sedie dal corridoio e le porta nel soggiorno, che ora è al buio. Le mette giù, le studia, fa un passo indietro, gli cambia posto. Il campanello suona di nuovo. Fuori scena) Charlie! (Charlie sta ancora scrutando le sedie con la torcia e non la sente. Fuori scena) La porta, tesoro! Apri la porta! (Il campanello suona di nuovo)

CHARLIE - La porta! Vado io! (Gridando) È aperto! (La porta si apre lentamente. Nathan Monroe fa capolino, con molta circospezione. Charlie gli punta contro il raggio di luce della torcia. Nathan è un ometto di mezza età. Timido e goffo, si veste in modo molto tradizionale. Ha con sé una bottiglia di vino e una scatola di biscotti. Alla fine, Charlie, va alla porta) Benvenuto. Io sono Charlie, il marito di Dorothy. Scusa il pigiama. Ho intenzione di rimanere alzato per questa disgraziata occorrenza.

NATHAN - Io sono Nathan. Nathan Monroe.

CHARLIE - (Stringendogli la mano) Piacere.

NATHAN - Piacere.

CHARLIE - (Facendo entrare Nathan) Accomodati. Togliti il cappotto. Fa’ come se fossi a casa tua. (Mentre Nathan entra, Charlie va nel corridoio di ingresso e porta in soggiorno altre due sedie. Per un momento, Nathan viene lasciato solo al buio. Torna Charlie. Continuando allegramente) Dimentica i tuoi problemi. C’è uno spazzolino da denti nuovo in bagno.

NATHAN - Come, scusa? (Charlie accompagna Nathan più al centro della stanza. Lo studia con attenzione. Nathan, spaventato sia da Charlie che dal buio, sembra sul punto di scappare)

CHARLIE - Quindi tu sei Nathan Monroe.

NATHAN - Si, Nathan Monroe.

CHARLIE - Bel nome, vale la pena di ripeterlo. Comincia a far freddino, fuori.

NATHAN - Ottobre è così.

CHARLIE - Così come?

NATHAN - Freddino.

CHARLIE - Smettila di ripete tutto, Nathan. Altrimenti la gente comincerà ad evitarti. Finirai come me. I cotillons vanno e vengono, ma io, resto a casa. Perché? Non mi invitano mai. Perché? Perché ho una visione del mondo socialmente inaccettabile. Riguardo a te, invece, sarà per questo fatto che ripeti sempre tutto. Qualcuno guarderà il registro sociale, vedrà il tuo nome e qualcun altro dirà, “No, non quel Nathan Monroe! Ha il vizio di ripetere sempre tutto!” Hai mai letto Das Kapital?

NATHAN - No.

CHARLIE - Dagli un’occhiata. (Nathan è chiaramente colto alla sprovvista. Entra Dorothy dalla cucina con un dolce alla fragola. La sua entrata è resa difficile dal fatto che Charlie le ha messo le sedie tra i piedi. Dorothy capisce subito la situazione. Riaccende le varie luci)

DOROTHY - Charlie! (Vedendo Nathan) Nathan! Complimenti, sei il primo ad arrivare. Vedo che hai conosciuto Charlie.

NATHAN - Si.

CHARLIE - Conosciuto? Ci dividiamo già lo spazzolino da denti. (Uno sguardo affabile a tutti e due) Quest’uomo mi piace, Dorothy. Si ripete, ma a parte questo, è abbastanza presentabile. Adesso, se volete scusarmi, ho delle cose da fare. (Charlie esce dalle scale)

DOROTHY - (Prendendo il vino e i biscotti) Grazie. Oh, togliti il cappotto. Gli altri staranno per arrivare. Naturalmente, anche Barbara Major dà una festa. Lei si occupa dei costumi. Quindi saremo in pochi. Solo alcuni vecchi amici.

NATHAN - Posso darti una mano?

DOROTHY - No, grazie. Preparati qualcosa da bere e rilassati. Ho la cucina piena di roba che bolle e si arrostisce. (Con troppa disinvoltura) Ti è piaciuto lo spettacolo?

NATHAN - Moltissimo. Le scene, i costumi, la recitazione, il… L’ho trovato semplicemente fantastico. E vicino a me era seduto un uomo che, beh, non riusciva a smettere di ridere. Stava letteralmente morendo dal ridere, Dorothy. Letteralmente.

DOROTHY - Penso che sia andata abbastanza bene, considerato che era la prima.

NATHAN - Quel pezzo quando l’eroe esce dalla finestra, era scritto nel copione?

DOROTHY - (Un sorrisetto malizioso) Non credo.

NATHAN - Se l’è cavata molto bene. Con molta professionalità.

DOROTHY - Non gli ha fatto molto piacere. Ma le porte si incastrano. Il telefono non suona. I costumi si strappano. Il mondo dello spettacolo è fatto così! Torno subito. Fa’ come se fossi a casa tua. (Dorothy si affretta in cucina, allegramente. Nathan si guarda intorno con approvazione. Va alla credenza e si versa da bere. Charlie entra, venendo dal piano superiore, con una sedia stile regina Anne. Si è messo una camicia e una farfalla, ma porta ancora le ciabatte da camera. Mette la sedia in un posto particolarmente improbabile)

CHARLIE - Non so perché mi ha chiesto di portare tutte queste sedie. Ci siamo solo noi. E io, tanto per dirne una, di solito preferisco stare in piedi. (Si siede) E tu?

NATHAN - Dipende.

CHARLIE - Ah, no. Io se posso, sto in piedi. Sto in piedi perfino quando lavo i piatti.

NATHAN - Avete una casa molto bella.

CHARLIE - Una volta avevamo dei vicini che vivevano in quella casa grigia di fronte. Avevano una scimmia. Gli animali più curiosi che si possano trovare.

NATHAN - Si? Non lo sapevo.

CHARLIE - Se sapessero leggere, ficcherebbero il naso anche nelle tue lettere.

NATHAN - Non lo sapevo.

CHARLIE - Così mi sono messo seduto e ho scritto una lettera. Sai cosa diceva? Diceva, “Se ci saranno ancora problemi con la scimmia, dovrete vedervela con me.” Poi sono andato a consegnargliela e lui l’ha letta subito. La moglie era in cucina a pulire. Sono stato abbastanza chiaro, no?

NATHAN - E lui cos’ha fatto?

CHARLIE - Che poteva fare? Avevo ragione. Mi ha dato una pannocchia di granturco e mi ha detto di andare a casa. (Pausa) Comunque poi la scimmia è morta. Si è strozzata con una saponetta.

NATHAN - È… grottesco.

CHARLIE - Hanno detto che mentre stava morendo, ogni volta che apriva la bocca per prendere aria, faceva una bolla di sapone. (Pausa) E le bolle diventavano sempre più piccole. (Suona il campanello della porta) Così ho scritto un’altra lettera. Stavolta gliel’ho messa sotto il tergicristallo. Diceva, “Se la scimmia non fosse stata così impegnata a mangiare le saponette degli altri, sarebbe viva.” Ma la cosa li ha scossi. Quando mi ha rivisto, lui mi ha dato un pezzo di pizza.

DOROTHY - (Fuori scena, in cucina) Charlie, hai aperto?

CHARLIE - Dorothy si è occupata della pubblicità per lo spettacolo. (Il campanello della porta suona di nuovo. Charlie non se ne preoccupa per niente, Nathan invece lo sente ed è a disagio) Se ne occupa da anni. Di sotto abbiamo una stanza da gioco. Le pareti sono piene di manifesti. Dovresti vederle. Commedie. Tragedie. Farse. Io la chiamo, “L’intricata foresta di commedia, tragedia e farsa”. Tutti gli altri, nella stanza da gioco tengono appesi i bersagli per le freccette. Manifesti della birra. Ragazze in topless che bevono sulla spiaggia. Noi, il teatro. Non dirlo a nessuno. (Il campanello suona ancora una volta)

DOROTHY - (Fuori scena) Charlie!

CHARLIE - È l’arredamento più brutto che abbia mai visto in uno scantinato…

NATHAN - C’è qualcuno alla porta.

CHARLIE - E lascia che ti dia un consiglio su questa gente di teatro. Mi stai ascoltando?

NATHAN - Forse dovremmo andare ad aprire.

CHARLIE - È importante. Mi ascolti? Non prestargli mai i tuoi vestiti. (Senza tante cerimonie esce in corridoio. Nathan, abbastanza confuso, lo guarda andar via. Entra Dorothy dalla cucina e va alla porta)

DOROTHY - Ah, Charlie. Gli chiedi di aprire la porta e lui se ne va. Gli chiedi di falciare il prato e lui sradica una siepe. È impossibile. Oh, Nathan, assaggia una di queste cose con i funghi. Sono eccezionali. Vado ad aprire. (Dorothy apre la porta e vediamo Jennifer e Wayne. Jennifer Collins è una bella donna sui 35 anni. Indossa un vestito nero di classe. Jennifer fa costantemente battute di spirito. Wayne Seabury è un Dongiovanni che si è fatto da sé. Può avere sui 45 anni. I suoi vestiti sono troppo nuovi. Entrano tutti e due in soggiorno. Sono già stati in questa casa molte volte)

WAYNE - Se aspettavamo un altro po’, ci mettevamo le radici lì fuori.

DOROTHY - Entrate! Entrate! Ecco le star, venite! Siete stati tutti e due stupendi stasera. Sul serio. Per l’autografo, torno tra un attimo! Sul tavolo ci sono dei biscotti.

JENNIFER - La mia macchina è morta davanti alla scuola. Mi ha dato un passaggio Wayne. Come si chiama quella macchina, Wayne? Una Yogo? Una Yigo? Una cosa?

WAYNE - Una Chrysler Cordoba.

DOROTHY - Wayne, Jennifer, lui è Nathan.

NATHAN - Sono Nathan. Nathan Monroe.

WAYNE - (Stringendogli la mano) Wayne Seabury.

JENNIFER - Ciao, Nathan. Sono Jennifer Collins, ma le masse incolte mi chiamano Bubbles. Wayne mi chiama Bubbles.

WAYNE - Attento, Nathan. Bubbles è un po’ irritabile perché le hanno disdetto un appuntamento. Lei ha sempre questi appuntamenti fantasma. Poi a tutti gli viene il mal di testa o qualcosa del genere.

JENNIFER - Non fare lo spiritoso, Wayne, se no dico a tutti del riporto sul cavallo dei tuoi pantaloni.

DOROTHY - Smettetela voi due! Torno subito. E siate gentili con Nathan. È nuovo. (Dorothy va in cucina)

JENNIFER - Anch’io una volta ero nuova.

NATHAN - (Scherzando con poca convinzione) Ho trentatré anni.

WAYNE - Uh-huh.

NATHAN - Insomma, come si può essere nuovi a trentatré anni?

WAYNE - (Non afferrando la battuta) Ho capito. (Versando da bere) Ne vuoi un altro? Un punch, giusto?

NATHAN - Grazie.

JENNIFER - (Tra sé) Il fatto è che quando ero nuova e pura, volevo essere vecchia e impura. E adesso che sono vecchia e impura, voglio essere nuova e…

WAYNE - (Ignorando queste parole) Allora, Nathan, ti è piaciuto lo spettacolo?

NATHAN - Lo trovo meraviglioso. Molto divertente.

WAYNE - Ti è piaciuto?

NATHAN - Molto. Mi è sembrato che foste tutti molto professionali.

WAYNE - E Ernie Chilmark? Faceva il becchino. E sua moglie faceva la moglie del becchino. Ha una lavanderia a secco. Ci crederesti che un uomo con quel talento ha una lavanderia? Un genio del comico e per tutto il giorno non fa altro che inalare vapori.

JENNIFER - Ha lo stesso odore di una gonna a pieghe.

NATHAN - La moglie era molto brava.

WAYNE - Si, se la cava. Un po’ inesperta.

NATHAN - Naturalmente, non era una grossa parte.

WAYNE - Una volta, alle prove, il regista le ha detto di andare a destra in proscenio e lei è andata a destra sul fondoscena. Non ci potevo credere.

JENNIFER - Wayne la voleva chiamare “Sessanta Minuti”.

WAYNE - Dai, Jennifer. Tu scherzi, ma l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno a una prima è una novellina che fa smorfie, si dimentica le battute e parla sopra le tue risate.

NATHAN - Mi è sembrata molto… divertente nella scena della veglia per il funerale.

WAYNE - (Stupefatto) Quella dove scoprono che hanno i cadaveri sbagliati? Doveva guardare verso il fondoscena per non ridere.

NATHAN - Si? Non me ne sono assolutamente accorto.

WAYNE - L’ho vista. Stavo sbirciando dal sipario.

JENNIFER - A proposito di professionalità.

WAYNE - Beh, Bubbles, almeno non stavo vomitando nel bagno delle ragazze.

JENNIFER - Mi sono divertita, Wayne. Ci sono tanti di quei graffiti in quella scuola. Ho preso quattro numeri di telefono.

WAYNE - In-cre-di-bi-le.

NATHAN - Siete stati tutti e due favolosi. Sul serio. Favolosi.

JENNIFER - (Con sincerità) Grazie, Nathan. Sei così carino.

WAYNE - Posso chiederti una cosa, Nathan? A parte gli scherzi, se non l’avessi saputo, avresti indovinato che eri seduto in una scuola e stavi assistendo a uno spettacolo di dilettanti? La verità? Sii sincero.

NATHAN - Beh…

WAYNE - La recitazione. Solo riguardo alla recitazione.

NATHAN - Era molto buona. Molto professionale.

JENNIFER - Lascialo in pace, Wayne. Sta cercando di rilassarsi e di bere il suo drink. Non è venuto qui per fare una recensione.

WAYNE - Era solo per sapere. Non succede spesso che un attore possa fare delle domande a un membro del pubblico. A un membro del pubblico imparziale.

NATHAN - Penso che la commedia sia un po’, sai…

WAYNE - Un po’ cosa?

NATHAN - Beh…

WAYNE - Sputa il rospo, Nathan. Siamo tra amici.

NATHAN - (Cauto) Stupida.

JENNIFER - Impresari di pompe funebri che cantano. Lo chiami stupido?

WAYNE - Non potrei essere più d’accordo. L’ha trovata Frances Eichler. Ha detto che era una delle prime opere di questo drammaturgo. Sai, “Ha tutte le risonanze del suo lavoro posteriore… bla… bla… bla.” Questa donna è una cosa da non credersi, Nathan. Pensa che tiene le fotografie di autori famosi nel portafoglio. È una rottura di scatole.

NATHAN - E quando sei uscito dalla finestra…

WAYNE - (Molto sulla difensiva) Si…?

NATHAN - Pensavo che fosse da copione. Sul serio. Credo che l’abbiano pensato tutti.

JENNIFER - Io si.

WAYNE - Ehi, Bubbles, perché non la pianti?

NATHAN - Lo credevo sul serio.

JENNIFER - Anch’io. Ho pensato, “Guarda quell’uomo in preda al panico che cerca di svignarsela dalla finestra. Che bella trovata.”

WAYNE - Un’altra cosa, Nathan. Ti sei accorto dei problemi con la fonica?

NATHAN - Quando hanno confuso “Grazia incredibile” e il telefono?

JENNIFER - Penso che se ne sia accorto, Wayne. Perché non lo chiedi a Paul Cortland? Arriverà tra poco.

WAYNE - Paul Cortland è un idiota. Uno dei grandi critici idioti del nostro tempo. Penso che non ci parlerò neanche.

JENNIFER - (Con falsa ammirazione) Oh, Wayne, sei così artista! (Charlie entra dal corridoio. Ha una grande sedia a dondolo che mette in soggiorno con noncuranza. Il rivestimento di vimini del sedile è quasi completamente mancante) Ciao, Charlie. Come va?

CHARLIE - Che piacere vederti, Jennifer. Sei meravigliosa stasera.

JENNIFER - Oh, mi prendi in giro.

WAYNE - Ciao, Charlie.

CHARLIE - Wayne. Ho sentito che hai fatto furore stasera.

WAYNE - (Con troppa modestia) Beh, ho fatto del mio meglio.

CHARLIE - Conoscete Nathan? Insegna con Dorothy. Ha il brutto vizio di ripetersi. Ripeti qualcosa, Nathan.

NATHAN - Ripeti qualcosa?

CHARLIE - Visto cosa volevo dire? Non può farci niente.

WAYNE - (Uno sguardo a Jennifer) Mi fa piacere rivederti, Charlie. Torno subito. (Wayne esce verso il corridoio)

CHARLIE - Allora, come stai, Nathan? Come sta la tua famiglia?

NATHAN - Non ce l’ho una famiglia.

CHARLIE - Sei single, eh? Mi piace. Vai di fiore in fiore. Batti il ferro finché è caldo. È così, eh?

NATHAN - (Ridendo educatamente) Beh, non proprio.

CHARLIE - Che ne dici di Jennifer? È disponibile. È appena tornata da Hollywood. Palme. Esibizionismo. Star sui marciapiedi. Un po’ di stabilità non le farebbe male.

JENNIFER - (Non può trattenersi dal ridere) Oh, Charlie, per favore…

DOROTHY - (Fuori scena, in cucina) Charlie! Ho bisogno di una mano!

CHARLIE - (Indicando Jennifer) Se fossi intrappolato in un’isola deserta con quella ragazza, non manderei nessun biglietto in una bottiglia. (Charlie va svelto in cucina. Jennifer ride)

NATHAN - È decisamente un uomo poco comune.

JENNIFER - No, Nathan. È un comprovato scemo. Tutti i vicini lo mettono a tacere con un po’ di provviste. Una volta Dorothy ha trovato un pesce azzurro di dieci chili nel frigorifero. (Civettuola) Allora, pensi di unirti al nostro gruppo girovago di guitti stazionari?

NATHAN - Io? Oh, no, non so recitare.

JENNIFER - Scherzi, Nathan? Questo è il requisito essenziale.

NATHAN - Mi interessa di più la parte finanziaria del teatro. Il botteghino. La pubblicità. Cose di questo tipo. (A disagio) Quando vivevo nel New Jersey, ero il tesoriere della compagnia dei Plainfield Players. Vedevo lo spettacolo un sacco di volte. So a memoria tutto lo spartito di Tutti insieme appassionatamente. Naturalmente, canto solo sotto la doccia.

JENNIFER - Sembrerai un chicco di uva passa quando esci fuori. (Charlie entra dalla cucina con due sgabelli. Dorothy lo segue con altre cose da mangiare. Charlie ha un atteggiamento particolarmente pratico, da uomo d’affari, mentre parla con Nathan)

CHARLIE - Nathan Monroe, ho bisogno del tuo aiuto. Tieni al minimo il tasso di ripetizioni e andremo d’accordissimo. Seguimi.

DOROTHY - Forse Nathan preferirebbe starsene tranquillo.

NATHAN - No, no, sono contento di poter dare una mano.

CHARLIE - No, no, è contento di poter dare una mano. (Si rende conto di aver ripetuto le parole di Nathan) Adesso mi ci metto anch’io. Tra poco ci sarà l’eco per tutta la casa. Come nelle Alpi svizzere. Ci ritroveremo la dispensa piena di montanari tirolesi. (Charlie fa cenno a Nathan di seguirlo. Timidamente, questi lo segue)

NATHAN - Torno subito. (Charlie esce salendo le scale. Nathan lo segue. Mentre se ne vanno, Charlie accenna il verso dei montanari tirolesi. Jennifer e Dorothy non possono fare a meno di ridere)

DOROTHY - Che tipo. (Attimo di confidenza) L’hai detto a nessuno?

JENNIFER - No.

DOROTHY - Jennifer, è così eccitante. Devi dirlo a qualcuno!

JENNIFER - L’ho detto a te.

DOROTHY - Secondo me, dovresti fare un annuncio.

JENNIFER - Giusto. “Signore e signori, farò un provino per una sit comedy. Siamo solo io e altre trecento donne disperate. Solo che loro stanno a Los Angeles a farsi siliconare il seno, invece io sto qui a fare una commedia musicale che parla di una famiglia di becchini stravaganti.” Una storia fantastica, Dorothy.

DOROTHY - Altre tre donne. Solo tre! Dillo almeno a Wayne.

JENNIFER - Per favore. Non la finirebbe più.

DOROTHY - (Molto colpita e a ragione) Ti hanno veramente mandato per fax le pagine del copione? Sono belle? Posso vederle?

JENNIFER - Non sono male. E no, non le puoi vedere.

DOROTHY - Dimmelo un’altra volta. Che diceva esattamente?

JENNIFER - (Piuttosto compiaciuta) Diceva… Oh, Dio, non lo sopporto.

DOROTHY - Tra poco arriveranno gli altri.

JENNIFER - Diceva, “Legga il copione, prenoti un volo per domenica e mi chiami appena saprà quando arriva. Manderò uno schiavetto a prenderla. Alloggerà al Sunset Marquis. Gli addetti al trucco della rete si occuperanno della sua testa lunedì mattina presto.”

DOROTHY - “Uno schiavetto”. Ha detto proprio “Uno schiavetto”? Chiama l’agente stasera. Adesso. Digli che prenderai l’aereo. Hollywood, stai arrivando!

JENNIFER - Hollywood, sono appena tornata. (Si sente del trambusto dal piano superiore. Dorothy stringe amichevolmente il braccio a Jennifer e si avvia in cucina. Sentiamo Charlie per le scale. Altro pezzetto di canto tirolese)

DOROTHY - È così… eccitante. (Dorothy va in cucina, mentre Charlie e Nathan entrano rumorosamente con una panca)

CHARLIE - Dovresti provarci anche tu, Nathan. Il canto tirolese ti riempirebbe i momenti vuoti della vita. (Si gira verso Jennifer) E tu, Jennifer? Ti va un po’ di Tirolo?

JENNIFER - No, grazie. Sono a dieta. (Wayne entra dal corridoio. Charlie attacca con il canto. Nathan, cercando di essere gentile, ogni tanto butta lì una vocale. Charlie va in cucina, sempre cantando allegramente)

WAYNE - Non è ancora arrivato nessun altro?

JENNIFER - No.

WAYNE - Sai che ti dico? Se sono andati tutti a casa di Barbara Major, in futuro ci sarà un sacco di gente con cui non avrò nessuna intenzione di passare troppo tempo.

NATHAN - Dorothy ha accennato a un altro party.

JENNIFER - Barbara Major si occupa dei costumi. Suo marito, Fred, è il regista. Suo cugino, Lionel, ha disegnato la scena e i suoi due nipoti mutanti l’hanno costruita. Sono come una congrega di streghe senza nessun talento. Gente odiosa.

WAYNE - Durante l’ultima settimana di prove, dopo che ho scoperto che volevano dare un party la stessa sera di Dorothy, non ho più parlato con Fred. L’ho tenuto a distanza. Ero incavolato. E lui lo sapeva. Francamente non è che quando sono incavolato gli altri possono fare a meno di notarlo. Barbara stasera, dopo lo spettacolo, è venuta da me. “Wayne”, mi ha detto, “Che succede? Sembri incavolato.” “Sono incavolato,” le ho detto. Se sono incavolato, non lo nascondo.

NATHAN - (Dopo un momento) Jennifer, Charlie mi ha detto che lui e Dorothy avevano un figlio che è scappato. È vero? (Pausa. Jennifer e Wayne si scambiano un’occhiata)

JENNIFER - Non è scappato. Dorothy e Charlie avevano un bambino, Charlie Jr. Charlie lo chiamava Scoiattolino. Lo portava sempre con sé. Perfino alle prove. Lui e Scoiattolino si mettevano seduti in fondo e, sai, giocavano… È morto più o meno sette anni fa. Un incidente nel cortile della scuola. È caduto dallo scivolo e… si è rotto il collo.

NATHAN - (Molto colpito) Oh, Dio, è… orribile. (Wayne si accerta che ci siano solo loro tre)

WAYNE - All’inizio andava tutto bene, ma piano piano Charlie ha cominciato a perdere la testa. Alla fine ha dovuto lasciare il lavoro, il… Insomma, tutto.

JENNIFER - Ma era intelligentissimo. Sul serio.

NATHAN - Dio, devono provare un grande dolore…

WAYNE - (Rompendo il silenzio) Ehi, su, è la sera della prima. Questa dovrebbe essere una festa.

JENNIFER - (Con un sorrisetto compiaciuto) Wayne, perché non fai vedere a Nathan il microfilm delle tue recensioni? (Jennifer va in cucina canticchiando “There’s no business like show business.”)

WAYNE - Jennifer parlerebbe molto di meno se scopasse ogni tanto. (Pausa) Allora, Nathan, io sono nel racket delle fotocopie. E tu?

NATHAN - Insegno insieme a Dorothy. Ho cominciato a settembre. (Charlie entra dalla cucina. Porta due sedie)

CHARLIE - Wayne. Nathan. Non voglio interrompere il flusso della festa. Fingete che io sia un miraggio. Un puntino che vaga nel deserto della vita. Una cometa che sguazza nel firmamento. (Charlie sorride allegramente e sale le scale)

WAYNE - Cosa insegni?

NATHAN - Storia americana. Tengo anche un seminario in…

WAYNE - (Interrompendolo) Allora, come ti è sembrata Jennifer stasera? Canta bene, eh?

NATHAN - Ha molto talento.

WAYNE - Sono mesi che mi osserva da vicino. So riconoscere quando una donna fa così. È quasi una questione chimica. Non trovi anche tu?

NATHAN - No, in effetti no.

WAYNE - Beh, io si. Ho la capacità… la capacità di analizzare cosa provano le donne per me. Sai, vai alla cassa del supermercato e la cassiera ti scruta. Ti spoglia, in un certo senso. Non ti è mai successo?

NATHAN - No.

WAYNE - A me succede continuamente. Sei sposato?

NATHAN - Divorziato. Una volta mi vergognavo per questo, ma il mio psichiatra dice che dovrei parlarne.

WAYNE - Uh-uh. E quando tu e tua moglie avete cominciato a uscire insieme, non ti ha fatto mai sentire così?

NATHAN - No. In effetti, dopo aver visto La fontana della Vergine di Bergman, mi ha detto apertamente che non mi trovava sessualmente attraente.

WAYNE - Perché l’hai portata a vedere un film di Bergman?

NATHAN - Che c’è di male?

WAYNE - Non è così che si riesce a portarsi a letto una ragazza in America, Nathan. (Continuando allegramente) Da quando abbiamo cominciato le prove, c’è questa rivoluzione di ormoni, sai? Io sono il protagonista maschile. Lei è la protagonista femminile. Un bacio qua. Una carezza là. Inoltre, è tornata da Hollywood appena tre mesi fa. È ancora emotivamente… disponibile, se capisci cosa voglio dire.

NATHAN - (Non capendo) Oh, certo. Certo.

WAYNE - E, come ogni donna appena divorziata che ho incontrato, è affamata di sesso.

NATHAN - Quando ha divorziato?

WAYNE - Un paio di mesi fa, forse. Lui era un tipo in gamba, ma non gli piaceva molto il teatro. Diceva che era frivolo. Per lavoro vendeva deodoranti per ambienti. Aveva sempre un profumo fantastico. Naturalmente, l’ho fatto ingelosire un po’.

NATHAN - Come mai?

WAYNE - (Un fatto inconfutabile) I protagonisti fanno sempre ingelosire gli altri, Nathan. Credimi. (All’improvviso, Charlie scende di corsa le scale. Ha in mano un vecchio cuscino di pelle malconcio. Lo lascia cadere e continua a muoversi)

CHARLIE - Wayne! Nathan! Svelti! C’è un marziano di fuori! Ha la testa che sembra un grosso ditale giallo! Sta venendo verso la casa! (Charlie va svelto in cucina. Wayne continua, senza perdere neanche una battuta)

WAYNE - La stessa cosa, questa strana rivoluzione ormonale di cui sto parlando, è successa tra me e Jennifer quando stavamo facendo The Rainmaker, tre anni fa. Allora era sposata. E francamente, come politica sessuale, non vado con donne sposate. Ma adesso, sai, con il divorzio, il suo rientro… Non si sa mai, no?

NATHAN - (Cercando di adeguarsi) A North Plainfield, mi ero preso una cotta per…

WAYNE - Il fatto è che io e Bubbles siamo amici da anni. Non si dovrebbe mai andare a letto con le amiche, Nathan, non credi?

NATHAN - Beh, io… non credo di averci mai pensato.

WAYNE - Beh, credimi. È così. Ma voglio dirti una cosa, in confidenza. Bubbles ha un bel corpo, questo è certo, ma non corrisponde ai miei standard. (Suona il campanello d’ingresso) E uno dei miei principi è, “Non toglierti mai i pantaloni davanti a una rompiballe.” È la mia regola principale. (Il campanello suona di nuovo)

DOROTHY - (Fuori scena, in cucina) Wayne, puoi andare ad aprire, per favore?

WAYNE - Certo! Attento, Nathan. Potrebbe essere Ernie. È sicuramente la persona più divertente che abbia mai conosciuto. Una forza della natura. Guarda e vedrai! (Wayne va alla porta d’ingresso, la apre di scatto. Irene Chilmark entra svelta. È una donna snella che è appena entrata nella mezza età, ben vestita in modo formale. Chiaramente non è entusiasta delle buffonate di suo marito. Applaudendo) Brava!! Brava!! Irene Chilmark, star del teatro, del grande schermo e dei Timberley Troupers!! Ta-da! (Guardando fuori dalla porta) Dov’è Ernie?

IRENE - Si è nascosto dietro la siepe con una cesta in testa.

WAYNE - Cosa?

IRENE - Pensa di essere divertente. (Wayne fa per uscire. Ernie Chilmark balza nella stanza. Ha in testa una cesta gialla di plastica da biancheria. Porta un naso da foca da bambini. Ernie è un uomo basso, grasso e compagnone vicino ai 40 anni. Ha già bevuto un paio di bicchierini. Sta fingendo di essere una foca)

ERNIE - Oink! Oink! Oink! (Wayne trova la cosa irresistibile. Ernie entra saltellando nella stanza, vede Nathan e gli offre il gomito, per stringergli la mano da foca. Nathan rimane tranquillo, divertito)

NATHAN - Nathan.

ERNIE - Oink, Oink, Nathan! Oink! Oink!

IRENE - Oh, Ernie, Dio mio, vuoi smetterla di fare la foca per due minuti?

ERNIE - Oink! Oink! Oink! (Va da Wayne) Oink! Oink! Oink!

WAYNE - (Che si diverte moltissimo) Oink! Oink! Oink!

IRENE - (Andando da Nathan) Ciao, sono Irene Chilmark.

NATHAN - Nathan Monroe. Piacere.

IRENE - Questo idiota con quell’aggeggio in testa è mio marito, Ernie.

ERNIE - Ciao, Nathan! Oink! Oink!

NATHAN - (Molto a disagio) Oink. Oink…

IRENE - Oh, Ernie, smettila.

ERNIE e WAYNE - (Insieme adesso) Oink! Oink! OinkOinkOinkOinkOink!!! (Entra Dorothy dalla cucina)

DOROTHY - (Ridendo) Che sta succedendo qui dentro? Sembra di essere in uno zoo. (Ernie la circonda immediatamente con le sue buffonate da foca)

ERNIE - Oink! Oink! Oink!!

DOROTHY - (Cercando di scappare) Oh, Ernie, sei matto…

ERNIE e WAYNE - (Insieme) Oinkoinkoinkoinkoinkoink!!!

IRENE - Dio, Ernie…

ERNIE e WAYNE - (Insieme) Oinkoinkoinkoinkoinkoink!

DOROTHY - (A Nathan, divertita) Non te l’avevo detto che era un branco di matti? (A Irene) Perché si è messo quel coso in testa?

IRENE - Quale coso?

ERNIE e WAYNE - (Di nuovo) Oinkoinkoinkoinkoink! (Dorothy ride. È abituata a queste follie)

DOROTHY - E voglio che sappiate tutti e due che, secondo me, stasera siete stati bravissimi. Meravigliosi.

ERNIE - Sono stato meraviglioso? Oink! Oink! Si? Si?

IRENE - Noi due, Ernie. Dorothy ha parlato di tutti e due.

ERNIE - Oink! Oink! Oink!

IRENE - Oh, Ernie, per l’amor di Dio, togliti quello stupido coso dalla testa e siediti! (Charlie entra dal corridoio trascinando una sedia da scrivania e una scaletta. Fa il grido tirolese, cogliendo gli altri di sorpresa)

CHARLIE - Sono arrivati! Sono arrivati! I Timberly Troupers sono arrivati! Benvenuti!

IRENE - Ciao, Charlie.

ERNIE - Ehi, Charlie, che bello rivederti! Unisciti alla festa!

WAYNE - (A Nathan) Dunque, questa è una festa. Ernie Chilmark entra nella stanza e, bang, inizia la festa.

CHARLIE - Mi piacciono le feste riuscite.

DOROTHY - Penso che ormai abbiamo abbastanza sedie, tesoro.

CHARLIE - (Esaminando Ernie da vicino) Sei un uomo saggio, Ernie Chilmark. In questo periodo dell’anno un sacco di gente non porta il cappello. Pensano che sia una cosa da femminuccia.

ERNIE - Grazie, Charlie. Me ne ricorderò.

CHARLIE - (Con le sedie) Comodità o funzionalità? Scegli pure. Colonna A o colonna B. Sei ancora qui, Nathan? Non dovevi andare a una festa?

NATHAN - È questa la festa.

CHARLIE - Ti dirò una cosa, Ernie. Da amico. Perdi qualche chilo e metti su un po’ d’altezza. Da come ti stai sviluppando, farai per sempre parti da caratterista. Mai Romeo. Mai Amleto. Sempre l’omone grassottello che porta le valigie. Pensaci. (Jennifer entra dalla cucina. Soddisfatto del suo proclama, Charlie esce in cucina. Alla fine Ernie si toglie la cesta)

ERNIE - Che gli dai da mangiare, Dorothy? Comincia a comportarsi in modo un po’ strano.

IRENE - Pensa che sei basso e grasso, Ernie. Che c’è di strano?

NATHAN - (Cercando di unirsi agli altri) In effetti, è vero che la maggior parte del calore corporeo fuoriesce dalla testa. (Una pausa. Wayne e Ernie fanno un sorrisetto che dice, “Ma guarda che tipo.” Non ottenendo nessuna reazione, Nathan opta per il silenzio)

ERNIE - Allora, Wayne, mi guardo intorno e non vedo nessuna bella fanciulla appesa al tuo braccio. Dove la nascondi?

WAYNE - Non ho portato nessuna ragazza. Non mi piace averle tra i piedi la sera della prima.

JENNIFER - Cosa sarebbe, Wayne? Il coprifuoco delle ragazzine?

DOROTHY - Jennifer, sei tremenda.

JENNIFER - Per favore, Dorothy. Le ragazze di Wayne sono sempre così giovani.

WAYNE - Non lo so. Che significa giovane?

JENNIFER - Capisci che è giovane quando andate al ristorante e a lei con la cena regalano un palloncino.

ERNIE - Nathan, mi sembri un tipo molto silenzioso.

IRENE - Smettila, Ernie.

ERNIE - Comunque, dove sono tutti?

DOROTHY - Anche Barbara Major dà un party. Sospetto che la maggior parte dei giovani andranno da lei.

IRENE - Quella donna è una stronza.

WAYNE - Mi fa proprio incavolare. Stasera mi ha chiesto, “Wayne, che c’è? Sembri incavolato.” “Sono incavolato”, le ho detto. Ed era vero. Ero incavolato.

ERNIE - Barbara Major è una stronza. Questo è un fatto.

IRENE - E non sopporto neanche quel piagnone di suo marito. Il regista. Non saprebbe dirigere neanche un ascensore.

WAYNE - Dopo lo spettacolo è venuto da me e ha detto che ero stato “unico”.

JENNIFER - Forse ha visto il cesto che avevi in testa.

ERNIE - Vorrei tanto sapere dov’è l’eminente signor Paul Cortland. Pensavo che fosse l’ospite d’onore.

DOROTHY - Oh, verrà. Scrive sempre le recensioni subito dopo lo spettacolo. Probabilmente sta dando gli ultimi ritocchi alla critica entusiastica sui Timberley Troupers.

ERNIE - (Con pomposa modestia) In effetti, sono contento che sia venuto stasera. Mi sentivo molto su di giri. Sapete, quella sensazione che il pubblico penda dalle tue labbra? Avevo esattamente quella sensazione stasera. Sul serio. È stata una sorpresa.

WAYNE - Li avevi veramente in pugno. Quel monologo comico sulla bara. Ha funzionato benissimo.

IRENE - Finché non sei caduto.

ERNIE - Beh, la gente ha pensato che fosse da copione.

WAYNE - Come quando io sono uscito dalla finestra. La gente ha immaginato che fosse una scelta del regista.

ERNIE - Quando sono caduto dalla bara, Nathan, hai pensato che fosse da copione?

NATHAN - Si. Ho pensato che fosse da copione.

ERNIE - (Un rimprovero) Oink, oink, Irene. Ha pensato che fosse da copione.

NATHAN - Era un effetto voluto che i pantaloni si strappassero? (Jennifer praticamente si strozza dal ridere. Una pausa. Rendendosi conto che forse ha detto qualcosa di sbagliato, Nathan si dirige senza scopo verso il corridoio) Dov’è la ritirata…?

ERNIE - “La ritirata”. Ehi, Nathan, pensi di essere in un treno?

IRENE - Devi scusare mio marito, Nathan. È nato in una caverna ed è stato cresciuto dai lupi.

WAYNE - Alla fine del corridoio, Nathan. Lo vedi subito. (Nathan, a disagio, esce dal corridoio. Ernie lo segue, ululando come un lupo)

IRENE - Smettila di tormentare quel poveretto, Ernie.

DOROTHY - È un uomo molto dolce. Sembra così… Qualche volta quando ha un’ora buca, se ne sta seduto in sala professori per tutto il tempo senza dire una parola. È così solo.

WAYNE - Solo? Dio, Dorothy, quando era fidanzato con la moglie, l’ha portata a vedere un film di Bergman. Per forza è solo.

ERNIE - Hai fatto un bel colpo, eh, Dorothy? Voglio dire, per anni tutto quello che i Timberley Troupers sono riusciti ad avere, è stato un qualche diciannovenne che pensa che Cechov sia ancora attuale e tu fai una telefonata e viene a vederci il numero uno.

DOROTHY - È solo perché siamo vecchi amici. Abbiamo frequentato insieme qualche corso all’università. Gliel’avevo già chiesto altre volte e per caso stavolta ha funzionato. È un uomo delizioso.

WAYNE - È crudele e stupido e per quanto mi riguarda non esiste.

DOROTHY - È ridicolo. Non lo conosci neanche, Wayne.

WAYNE - Andiamo, Dorothy. Gli piacciono solo i drammi dell’Est europeo. Sai, dove il coltivatore di rape è l’eroe della città. Noioooooso…

IRENE - È vero, Dorothy. Quest’anno, quando Cabaret è venuto all’Arts Center, non ci è neanche andato. È stato piuttosto incivile. (Nathan entra dal corridoio. Rimane silenzioso sullo sfondo)

DOROTHY - Ha le sue idee. È questo il suo lavoro.

WAYNE - Ti ricordi quando abbiamo fatto Cabaret? Dio, che divertente.

ERNIE - Eri fantastico in quello spettacolo. Saresti diventato famoso se qualcuno ti avesse visto in quello spettacolo.

WAYNE - (Con modestia) Mi sono divertito. Era una sfida. (All’improvviso, spontaneamente, Ernie e Wayne si lanciano in una improvvisazione scherzosa della canzone e del balletto di Cabaret. Gli altri guardano divertiti. Lo spettacolo finisce)

IRENE - Quando esce la recensione di Paul Cortland?

DOROTHY - Dipende dal giornale. Pauly non c’entra niente.

ERNIE - Pauly? Ohi, ohi, siamo diventati intimi.

DOROTHY - Lo chiamavamo tutti così.

ERNIE - (Senza lasciare la presa) Tutte le ragazze del college sbavavano dietro allo pseudo intellettuale?

DOROTHY - Si chiamava così.

ERNIE - “Oh, Pauly, potresti portarmi i libri? Sono coooosì pesanti…”

DOROTHY - Abbiamo solo frequentato dei corsi insieme.

ERNIE - Una di quelle sciocchezze che vi sussurravate all’orecchio distesi uno accanto all’altra nel letto della camerata?

DOROTHY - Quanto sei stupido, Ernie! (Arrabbiata e offesa, Dorothy esce svelta in cucina)

ERNIE - Che le è preso? Che diavolo le è preso? Stavo solo cercando di scherzare. Dio mio, non si può neanche più scherzare a una festa?

IRENE - Hai mancato completamente di tatto, Ernie. Te lo sei meritato.

ERNIE - (Pausa, sul petulante) Ahhh… Va bene. Immagino che dovrei andare a chiederle scusa. Ragazzi, è dura per un ciccione comico come me. (Ernie va in cucina)

IRENE - Il dottore gli ha detto che se non smette di mangiare e bere così tanto, finisce in una bella bara cicciona. Solo durante il tragitto dal teatro a qui, ha bevuto due birre e si è mangiato quattro hamburger piccanti.

NATHAN - Conoscevo un uomo nel New Jersey che pesava centottanta chili. Non indovinereste mai come lo chiamava la gente.

IRENE, WAYNE e JENNIFER - (Insieme) Stecchino?

NATHAN - (Un po’ smontato) Esatto. (Irene va in cucina. Charlie entra dal corridoio. Porta una grossa sedia girevole)

CHARLIE - Questa sedia è riservata a chi vuole parlare con più di una persona per volta. Qualcuno abbastanza intelligente da concentrarsi su una vasta gamma di argomenti. Qualcuno che capisce le battute, mangiucchia educatamente il paté di fegato e riesce ancora a trovare lo Zambia sulla cartina. (Si ferma, studia Nathan) Continui a ripetere tutto, Nathan?

NATHAN - No, sono stato molto bravo.

JENNIFER - Si. È stato molto bravo. (Charlie si interrompe. Guarda sospettosamente tutti e due. Di nuovo questa faccenda delle ripetizioni)

CHARLIE - Vado a controllare il livello di radon in questa casa. (Charlie esce dalla porta d’ingresso. Ernie entra dalla cucina)

ERNIE - Forza, Wayne, spicciamoci. Abbiamo il tempo per una partitina veloce.

WAYNE - A Irene non seccherà? Si secca ogni volta che giochiamo a biliardo.

ERNIE - Si secca ogni volta che sorge il sole. (Dorothy entra dalla cucina) Dai. Svelto. Prima che arrivi.

WAYNE - Solo una partita. E tu, Nathan? Ti va di tentare la fortuna sul tavolo verde?

ERNIE - Dai, Wayne. Se ci trova qui, mi fa il culo a strisce. (Nathan fa cenno di no. Ernie e Wayne escono dal corridoio)

DOROTHY - Ernie Chilmark è proprio un bambino. Nathan, ti stanno trattando bene questi pazzi?

NATHAN - Oh, molto bene. (A Jennifer, affascinato) Sei stata veramente brava stasera. Scommetto che se vivessi a New York o a Hollywood, attireresti l’attenzione di qualcuno.

JENNIFER - Ci sono stata a Hollywood, Nathan. Due volte. Una volta quando ero giovane e stupida. E una volta quando ero più vecchia e stupida. La parola chiave è…

JENNIFER, DOROTHY e NATHAN - (Insieme) Stupida.

DOROTHY - Di’ la verità, Jennifer.

JENNIFER - Vuoi sul serio che faccia di nuovo la mia denuncia di Hollywood?

DOROTHY - Sta solo facendo la modesta. È stata corteggiata da un agente molto grosso quando era là. Era molto, molto, molto colpito. (Irene entra dal corridoio)

IRENE - Dov’è Ernie? Non importa. Non ditemelo. È di sotto a giocare a biliardo con Wayne. Lo scortico vivo. Ci metterò una vita, ma lo spello vivo. (Irene esce verso lo scantinato)

NATHAN - Non sono mai stato a Los Angeles. Mi è sempre sembrata così… vitale.

JENNIFER - Vitale? (Ride pensosa) Sai cosa ho fatto una volta che ero lì? Durante il mio primo viaggio? Quando ancora credevo nella fortuna e nelle macchine bianche luccicanti? Ho chiesto a un’amica di farmi una fotografia favolosa. Io che tenevo in mano una torta che avevo appena fatto. L’ho mandata al mio ultimo idolo invitandolo per “un dessert e altro.”

NATHAN - E non hai saputo più niente di lui, giusto?

JENNIFER - Quel figlio di puttana è venuto. La sua segretaria gli aveva preso l’appuntamento. E indovinate un po’? Era bello, sexy e divo proprio come l’avevo immaginato. Solo che parlava a malapena. E ogni tre minuti o giù di lì, si infilava nel naso una cannuccia che tirava fuori da una piccola bottiglietta bianca.

NATHAN - Droga?

JENNIFER - No, Nathan, spray per il naso. Dove l’hai trovato questo tipo, Dorothy? In Nuova Guinea?

DOROTHY - (Facendo una battuta) Stava seduto in sala professori.

JENNIFER - Comunque, dopo che aveva sbuffato e borbottato per un po’, gli ho detto che la cena era pronta. Avevo speso sessanta dollari per quella cena. Vino. Gamberi. Per non parlare del fatto che mi ero comprata un vestito nuovo. Dio, era un mostro…

NATHAN - Allora?

JENNIFER - Allora ha detto, dopo aver appena dato un’occhiata a tutto quel cibo esotico che mi ero ammazzata per preparare, “Senti, piccola, non ho molto tempo. Scopiamo, poi forse mi porterò via un po’ di dolce da mangiare durante la corsa all’aeroporto.”

NATHAN - Dio, che mancanza di sensibilità. E tu cos’hai fatto?

JENNIFER - (Tranquilla) Quando se n’è andato, gli ho dato quattro fette di torta di mele incartate nell’alluminio. (Un momento) Ah, la dolcezza dei ricordi. (Jennifer sorride a tutti e due, poi va di sopra, canticchiando “Memories”)

NATHAN - Ha un grandissimo talento. Potrebbe farcela. Lo penso davvero.

DOROTHY - Forse prima di quanto tu pensi. (Con fare improvvisamente cospiratore) Hai detto a nessuno di Horace?

NATHAN - No, mi sentivo un po’ a disagio. È ancora nel bagagliaio.

DOROTHY - Oh, Nathan, vallo a prendere. Si divertiranno tutti moltissimo.

NATHAN - Ma sono tutti attori. Io sono un po’ fuori esercizio. È solo un hobby.

DOROTHY - È solo per divertimento. Va bene?

NATHAN - Magari solo qualche minuto. Va bene. Torno subito. (Dorothy esce in cucina mentre Nathan apre la porta d’ingresso. Charlie è lì fuori con Paul Cortland. In realtà lo tiene per il gomito, come se lo stesse sorvegliando. Paul è un uomo distinto di mezza età con un vestito un po’ sgualcito. Sorride debolmente, chiaramente colto alla sprovvista dall’aggressività di Charlie)

CHARLIE - Stavo andando in garage quando ho visto questo qui che sgattaiolava su per il sentiero. Prendilo, Nathan. Non perderlo d’occhio. Io vado a controllare fuori, ma credo che sia venuto solo. (Con la stessa, allegra sicurezza, Charlie si avvia lungo il sentiero. Paul, un po’ frastornato, si riprende velocemente)

PAUL - Buona sera, sono Paul Cortland. C’è… Dorothy?

NATHAN - Certo, è… (Lo riconosce) Era seduto vicino a me a teatro. Lei è l’uomo che moriva dal ridere. (Dorothy entra dalla cucina. Vedendo Paul, corre da lui)

DOROTHY - Pauly? Pauly!

PAUL - Dorothy.

DOROTHY - (Un abbraccio amichevole) Oh, Paul, Pauly, sei qui. È meraviglioso rivederti. Assolutamente meraviglioso. E hai un… ottimo aspetto. Così… importante. Sei uguale a come ti si vede in televisione. Oh, sono proprio contenta che tu sia venuto.

PAUL - Grazie. “Importante”. Un bel benvenuto.

DOROTHY - Dammi il cappotto. Conosci Nathan? No, certo che no. Nathan Monroe, Paul Cortland.

PAUL - Piacere.

NATHAN - Oink oink… (Subito inorridito) Cioè, salve. Non volevo dire “oink, oink”. “Oink, oink” era una specie di…

DOROTHY - Ci stiamo solo divertendo un po’. Vieni. Vieni. (Nathan, umiliato, fa per uscire)

NATHAN - Sai, forse è meglio lasciar perdere Horace…

DOROTHY - Dai, Nathan. Vallo a prendere. Sarà divertente. (Nathan esce. Dorothy fa entrare Paul)

PAUL - Chi era quello strano uomo di fuori?

DOROTHY - Charlie, mio marito. Gli piace molto… scherzare. Non si sa mai cosa gli può saltare in testa.

PAUL - Ahhh…

DOROTHY - Fatti guardare. Sai, ti ho visto a teatro, ma non volevo… (Con un sussurro confidenziale) Prima che arrivino gli altri, come ti è sembrato?

PAUL - Beh…

DOROTHY - (Cambia idea) Non importa. Non importa. Non avrei dovuto chiedertelo. Sai, stavo cominciando a pensare che non saresti venuto.

PAUL - Beh, ho finito la recensione e stavo venendo qui, quando mi è successa una cosa stranissima. Ha cominciato a girarmi la testa. All’improvviso. Ho perfino accostato la macchina sul bordo della strada. Adesso sto bene. È stato solo… non lo so. Una di quelle cose… Hai una casa splendida, Dorothy.

DOROTHY - Oh, grazie. Sembra che l’abbiamo comprata un milione di anni fa. “Succede qualcosa, ma non cambia niente.” Chi l’ha detto?

PAUL - Tu. Proprio adesso. (Ridono affettuosamente. Da vecchi amici. Suona il campanello)

DOROTHY - Oops. Vediamo chi è. Un secondo. (Va alla porta) Versati da bere. E prendi qualcosa da mangiare. Per favore. Mangeremo avanzi di cavolfiore per mesi. (Dorothy si avvia alla porta d’ingresso. La apre. Charlie entra svelto con Mona. In realtà, è un altro dei suoi prigionieri. Mona Williams è una bella ragazza sui 20 anni. È vestita molto alla moda, giovanile)

CHARLIE - Ho preso questa che cercava di rimorchiare Nathan. Afferma di non trovarlo per niente attraente. (La risata di chi la sa lunga) Nathan Monroe non è attraente?

DOROTHY - Mona?

MONA - Ciao, Dorothy. Sono io, Mona. Ti ricordi?

DOROTHY - Mi ricordo? Certo che mi ricordo. (Charlie va di nuovo verso la porta) Dove vai, tesoro?

CHARLIE - Pensi che lascio Nathan lì fuori tutto solo? Da come vanno le cose, il ripetente cronico si ritroverà con un harem. (Charlie esce. Dorothy è turbata da tutto ciò, ma si riprende rapidamente. Paul si presenta)

PAUL - Salve. Sono Paul Cortland.

DOROTHY - Paul Cortland, Mona Williams.

MONA - Sono Mona. Mona Williams.

DOROTHY - Wayne sarà entusiasta. È giù che gioca a biliardo con Irene e Ernie. Ti ricordi di Ernie e Irene? Per favore. Per favore. Togliti il cappotto. Fatti guardare. Sei meravigliosa. E che… bel vestito. Ma cosa c’è di diverso? C’è qualcosa di diverso.

MONA - Mi sono tinta i capelli.

DOROTHY - Ecco cos’è. Ti sei tinta i capelli.

MONA - Mi sono tinta i capelli. Sono andata a casa di Barbara Major e mi hanno detto che Wayne probabilmente era qui.

DOROTHY - Perché non sei andata nei camerini dopo lo spettacolo?

MONA - Non volevo che mi vedesse nessuno.

DOROTHY - E perché?

MONA - Non lo so. Mi sentivo di troppo. (A Paul) Tu sei Paul Cortland, il critico, vero?

PAUL - Si. Ho paura di si.

MONA - Che ne pensi dello spettacolo?

PAUL - Beh…

MONA - (Prima che lui possa rispondere) Sinceramente, anche se gli attori erano fantastici, ho avuto dei problemi con la commedia. Insomma, un musical su una veglia funebre? Una bara usata come camper durante le vacanze? Mi è sembrato sinistro e probabilmente anche insensato. Tipo che forse l’autore era immaturo e aveva paura della morte, così stava cercando di conciliare queste profonde sensazioni personali con lo scopo sociale dell’esperienza. O con le dinamiche dell’esperienza, almeno. Come quando odi tua sorella e in qualche modo associ questo fatto con il tifo scolastico o con la camicetta rosa di cui praticamente il resto del mondo non sa niente. O anche con la concettualizzazione. Caspita. (Mona prende fiato, cosa di cui aveva molto bisogno. Dorothy corre in soccorso di Paul)

DOROTHY - Beh, come andava la festa da Barbara Major? C’erano molte persone?

MONA - Piuttosto affollato.

DOROTHY - (Un po’ ferita da ciò) Oh…

MONA - Non sono rimasta a lungo. Stavano cominciando a suonare il piano quando me ne sono andata. Qualcuno cantava, “Feelings, woh-woh-woh, Feeling.” “Feelings, woh-woh-woh, Feelings” è una canzone abbastanza insensata.

DOROTHY - Oh, si, sono d’accordo. È una canzone stupida. (Suona il campanello. Dorothy va ad aprire)

PAUL - Hai lavorato con i Timberley Troupers?

MONA - Ho partecipato a qualche spettacolo, ma non ero molto brava. Mentre ero nel bel mezzo di un monologo o di qualcosa, all’improvviso mi ricordavo che avevo lasciato lo yogurt sul bancone o magari che ero in ritardo con i pagamenti della carta di credito. Era come se la vita reale continuasse a fare il suo numero nella mia testa. Ho dovuto smettere. Troppo intensamente intensa.

PAUL - Uh-huh. Capisco… (Dorothy apre la porta. Nathan è lì davanti con Horace. Horace è un pupazzo da ventriloquo. È vestito con un costume da Kit Carson. È vecchio e ammaccato. Nathan è un ventriloquo pessimo)

NATHAN - (Da Horace) Bene, farò il cactus. Ma guarda se non è il più bel fiore della prateria da queste parti.

DOROTHY - Oh, Nathan, è adorabile. Pauly. Mona. Guardate. Questo è Horace. Oh, Nathan, è meraviglioso.

NATHAN - (Da Horace, stringendo la mano agli altri) Ciao, Mona.

MONA - Ciao, Horace.

NATHAN - (Da Horace) Ciao, Paul.

PAUL - (Una cautissima stretta di mano) Ciao. (Jennifer entra dal piano superiore. Nathan si siede con Horace)

DOROTHY - Jennifer, devi vederlo. Non è incredibile?

JENNIFER - (Sorpresa) Mona?

MONA - Ciao, Jennifer.

JENNIFER - Perché Nathan ha il tuo ragazzo sulle ginocchia?

MONA - Huh? Oh… ho capito. Sei stata fantastica stasera.

JENNIFER - Sembri… più alta?

MONA - Mi sono tinta i capelli. Eri veramente bella stasera.

JENNIFER - Grazie, Mona.

DOROTHY - Jennifer Collins, vorrei presentarti Paul Cortland.

JENNIFER - (Stringendogli la mano) Salve, è un piacere.

PAUL - Mi sei piaciuta stasera. Sei un’attrice molto dotata.

JENNIFER - (Cercando di contenere la sua gioia) Oh… Beh, grazie. Grazie. Significa molto per me. Davvero.

DOROTHY - Oh, Jennifer, diglielo.

PAUL - Dirmi che cosa?

JENNIFER - Io e Dorothy abbiamo un piccolo segreto riguardo al mondo dello spettacolo.

PAUL - (Non capendo) Capisco.

JENNIFER - E se lo dici a qualcuno, ingaggerò un killer per farti annodare la lingua.

DOROTHY - Oh, Jennifer!

NATHAN - (Da Horace, a Jennifer) Salve, signora. Mi chiami Horace. E a lei come la chiamano?

JENNIFER - Incredibile.

DOROTHY - Fai qualcosa con lui, Nathan. Mi piace la sua bocca.

NATHAN - (Improvvisamente Horace) È tutto il giorno che ardo dal desiderio di parlare un po’. Provateci voi a starvene seduti in un bagagliaio per tutto quel tempo. (Come Nathan) Riesci sempre a ottenere quello che vuoi, vero, Horace? (Come Horace) C’hai preso in pieno!

JENNIFER - Perché continuo a pensare a Alfred Hitchcock?

DOROTHY - Jennifer, sssshhh… Pauly, hai mai visto niente del genere?

PAUL - No.

JENNIFER - Sembra che abbia la testa attaccata al sedere.

DOROTHY - Jennifer! Vuoi sederti in un posto particolare?

NATHAN - Io preferisco un semicerchio. (Jennifer finge di svignarsela. Dorothy la blocca. Con un po’ di trambusto, finiscono per sedersi tutti in una specie di semicerchio intorno a Nathan)

DOROTHY - Bene, Nathan. Il tuo pubblico è pronto. Quella bocca è così dolce. (Durante il seguente “numero” diventa atrocemente chiaro che Nathan potrebbe essere il peggior ventriloquo di tutti i tempi. Lui e Horace non sono quasi mai in sincrono)

NATHAN - (Schiarendosi la gola, da Horace) Bene, signori e signore, questo è il racconto di quella volta che ero in perlustrazione per quel grand’uomo, il generale George Custer. Nei miei viaggi, d’abitudine gironzolavo spesso nei pressi della riserva Ookakalawoowoo. E lì incontrai una madre e il suo piccolo coraggioso e mi ci affezionai. Begli indiani cordiali. Chiamavo il piccolo coraggioso Pasticcino. E ogni volta che mi trovavo da quelle parti, portavo un regalino a Pasticcino e a sua madre. Qualche volta qualcosa da mangiare. Una coperta. Avevo proprio una passione per quel ragazzo. Poi, dopo il duro inverno dell’82, non sono andato da quelle parti per circa sei mesi. E quando alla fine ci andai, non c’era traccia di Pasticcino. Così li cercai di tepee in tepee finché non trovai la sua mamma disperata. “Dov’è Pasticcino?” Chiesi. Con uno sguardo tristissimo negli occhi mi disse, “La squaw ha seppellito Pasticcino.” (Con un gesto svolazzante, Nathan mostra un pasticcino. Un momento, poi un applauso educato. Paul è particolarmente entusiasta. Dorothy lancia alcuni “bravo”) Sono un po’ fuori esercizio.

JENNIFER - Non si direbbe.

DOROTHY - È stato favoloso, Nathan.

PAUL - (Molto entusiasta) È stato… molto buono. Molto divertente. Sono anni che non vedo uno spettacolo di questo tipo.

NATHAN - È un pezzo d’antiquariato, lo faccio solo alle feste. (Wayne entra dallo scantinato)

JENNIFER - A proposito di antiquariato. (Wayne si ferma appena vede Mona. Chiaramente non si aspettava la sua presenza)

WAYNE - Mona?

MONA - Ciao, Wayne.

WAYNE - Che ci fai qui?

MONA - Mi fanno male le gengive. (Un momento) Il mio dentista è qui. Sei stato fantastico stasera.

WAYNE - Mi fa piacere vederti. Ti sei tinta i capelli.

MONA - Mi sono tinta i capelli.

DOROTHY - Wayne, ti presento il mio vecchio amico Paul Cortland. Paul, questo è Wayne Seabury, l’orgoglio e la gioia dei Timberley Troupers.

PAUL - (Stringendogli la mano) Piacere, Wayne.

WAYNE - Piacere mio. Sono un grande ammiratore del tuo lavoro.

JENNIFER - (Un sussulto teatrale) Oh, mio Dio, ha rotto il suo giuramento del silenzio!

WAYNE - Ehi, Bubbles, lasciami in pace, eh?

DOROTHY - Wayne, conosci Horace?

NATHAN - (Come Horace) Salve, pistolero. Il mio nome è Horace. Il mio lavoro esplorare.

WAYNE - Ehi, Nathan, è carino. Ma ho visto le tue labbra muoversi.

DOROTHY - Vieni Pauly, ti accompagno di sotto così ti presento Irene e Ernie. Erano la coppia di becchini nella commedia.

PAUL - (Profondamente privo d’entusiasmo) Oh, si.

DOROTHY - Saranno così eccitati quando sapranno che sei qui. (Indica Wayne e Mona) Jennifer, perché non vieni con noi?

JENNIFER - (Il lamento di un’adolescente) Devo proprio, mamma?

DOROTHY - Si. (Jennifer fa una smorfia a Wayne, poi raggiunge Dorothy e Paul e vanno tutti nello scantinato. Jennifer canticchia “Rock-a-bye Baby”. Nathan, a disagio, si occupa di Horace. Wayne e Mona si limitano a fissarsi. Una lunga pausa. Alla fine, Nathan rompe il silenzio)

NATHAN - (Come Horace) Un cowboy può anche arrostire quassù in montagna. (Wayne e Mona lo studiano senza espressione. Dopo una pausa micidiale) Lo lascio qui per un po’. (Cercando di fare una battuta di spirito, molto a disagio, come Horace) Deve andare a controllare il gabinetto di fuori. (Nathan esce svelto lungo il corridoio, lasciando Horace nella stanza)

MONA - Chi è quell’uomo, Wayne?

WAYNE - È un nuovo insegnante del liceo. Un amico di Dorothy. Sembra un tipo abbastanza in gamba.

MONA - Muove le labbra quasi di più che se stesse parlando normalmente. (Ridono tutti e due. Pausa) Non posso fermarmi molto. Vado in macchina a Boston stasera, da una mia amica. Torno in aereo a Filadelfia in mattinata. Ho pensato che era una buona idea passare a fare un salutino. (Una risatina timida) Quindi, sono passata a fare un salutino.

WAYNE - Un salutino. (Dopo una pausa) Hai visto tutto lo spettacolo?

MONA - Ogni momento. Sei stato meraviglioso, Wayne. Sul serio, meraviglioso.

WAYNE - Hai visto quando non riuscivo ad aprire la porta? Per poco non mi veniva un colpo. Sentivo il sudore che mi colava.

MONA - Hai risolto la situazione benissimo. Anch’io se mi fossi trovata con una porta incastrata, sarei uscita dalla finestra.

WAYNE - È stato imbarazzante. Allora, com’è Filadelfia?

MONA - Non è tutto quello che si dice.

WAYNE - No?

MONA - No. Sono andata a cercarti a casa dei Major. C’erano tante di quelle macchine che ho dovuto parcheggiare per strada.

WAYNE - Mi dispiace per Dorothy. Naturalmente, lei ha portato Paul Cortland. Il solo fatto che sia qui, mi fa venire il mal di pancia.

MONA - Una volta ho letto che i critici, per abituarsi a non mostrare le loro opinioni in pubblico, fanno pratica mettendosi davanti allo specchio e fingendo che un assassino gli stia chiedendo cosa pensano.

WAYNE - (Una pausa esitante) Allora, com’è Filadelfia?

MONA - Non è tutto quello che si dice. (Ridono. Mona indica Horace sul divano) Ho la sensazione che qualcuno ci stia guardando.

WAYNE - (Mettendo Horace a faccia in giù) Così dovrebbe essere a posto. (Le sfiora il viso. Svelta, prima che possa andare oltre, lei lo bacia leggermente sulla guancia e si allontana)

MONA - Com’è il lavoro delle fotocopie?

WAYNE - Non è tutto quello che si dice. (Una pausa) Perché sei tornata?

MONA - Mi sanguinavano le gengive.

WAYNE - Oh, si. Certo. Me n’ero dimenticato. (Nathan, un po’ alticcio, sbircia dall’angolo del corridoio. Vedendo Horace a faccia in giù, comincia a fare dei versi soffocati. Con molta esagerazione. In realtà, sembra che stia soffocando)

NATHAN - (Come Horace) Mmmmppphhh!!! Mmmmmpppphhh!!! Aaaaaaeeeggghhhh!!

WAYNE - Che dia… Nathan? Nathan, stai bene?

NATHAN - (Correndo al divano, come Horace) Mmmmppphhh!!! Mmmmmpppphhh!!! Aaarrggghhh!!!

WAYNE - Nathan, che c’è? Delle pillole! Hai delle pillole?

NATHAN - (Sollevando Horace, come Horace) Aaarrggghh… Oh… ah… ohhhh… Oh Dio, amici, che paura mi avete fatto prendere. Aaarrgghhh…

WAYNE - Che stai facendo, Nathan? Sei pazzo!

NATHAN - (Come Horace) Ho bisogno di spazi aperti. Aria! Tanta aria!

WAYNE - Sei fuori di testa! Ci hai fatto morire di paura!

NATHAN - Non volevo, stavo solo scherzando. Fingevo.

WAYNE - Accidenti, mi hai fatto venire le palpitazioni. Le sento. Il cuore mi batte ancora a cento all’ora.

NATHAN - Dai, Wayne. Io e Horace non volevamo far del male a nessuno.

WAYNE - Lo so, Nathan. Ma accidenti!

NATHAN - (Come Horace) Scusami, Wayne, vecchio mio.

MONA - Vedi, Wayne, Horace si sta scusando.

WAYNE - Horace è un pupazzo!! (Dalla parte dell’entrata, si sentono risa e trambusto. Dorothy, Jennifer, Ernie, Irene e Paul entrano dallo scantinato. Ernie sta finendo di raccontare qualcosa con grande animazione)

ERNIE - “Credevo che fossi un’attrice”, ha detto il contadino. E la mucca ha detto, “Se fossi un’attrice, non reciterei in questa stalla!” (Risate. Soprattutto dello stesso Ernie. Irene vede Horace. Resta a bocca aperta. Ernie va subito a prendere il pupazzo) Ehi, Nathan, è abbastanza malconcio…

NATHAN - (Come Horace) Aaarrgghhh!!! Lasciami!!! Aiuuuutoooo!!! (Istintivamente, Ernie indietreggia. Wayne è furioso)

WAYNE - Insomma, Nathan, vuoi smetterla!!

NATHAN - Scusa. Io… Scusa…

ERNIE - Pensavo che quello stupido coso fosse vivo… Dio… (Una pausa molto lunga, mentre i personaggi si riprendono. Ernie va subito a prendere da bere. Paul si siede sul divano, vicino a Horace. C’è una tensione palpabile nella stanza. Non ostile, ma c’è)

IRENE - Dorothy dice che hai un appartamento a Crandall Park. Com’è da quelle parti?

PAUL - Molto bello. Silenzioso. È… molto bello.

ERNIE - Usano molto il lavaggio a secco in quella zona.

DOROTHY - Ernie ha una lavanderia.

WAYNE - Paul non ha ancora bevuto niente. Cosa preferisci, Paul?

PAUL - Bourbon e acqua, se c’è.

NATHAN - (Con uno scatto, come Horace) Un po’ freschino da queste parti, Paul. Che ne dici, amico?

JENNIFER - L’ho notato anch’io, Nathan.

NATHAN - Lui è Horace. Io sono Nathan.

JENNIFER - Rod Serling è nella stanza accanto.

WAYNE - (Dando a Paul il suo drink) Ecco qua. (Non riesce a resistere) Leggo i tuoi articoli da molto tempo. Quell’articolo che hai scritto, “Il teatro ha un continente?”, l’ho trovato eccezionale.

PAUL - “Il teatro è incontinente?”

WAYNE - Giusto. È quello che volevo dire. (Charlie entra dalla cucina. Porta tre sedie pieghevoli accatastate, che lascia cadere con un tonfo. Gli altri sobbalzano. Vede Paul)

CHARLIE - Ciao. Tu devi essere Paul. Dorothy mi ha parlato molto di te. Io sono Charlie. Scusami per l’errore di prima. La vigilanza è una maledizione.

PAUL - (Stringendogli la mano) Nessun problema. Hai una bellissima casa.

CHARLIE - A noi piace. (Improvvisamente azzera tutto) Tu sei Paul Cortland, il critico teatrale. Vero?

PAUL - (Uno sguardo a Dorothy) Si. Si.

CHARLIE - Ho letto i tuoi articoli. Ottimi. Incisivi. Mi piace il tuo punto di vista: “Non prendete prigionieri.” (Charlie si avvia alla porta d’ingresso)

DOROTHY - Dove vai, Charlie? (Allegramente, Charlie esce. Mona va verso il corridoio)

MONA - Scusatemi. Mi sembra che le gengive mi si stiano staccando dai denti. (Mona esce dal corridoio. Ernie non può più trattenersi)

ERNIE - Per non stare a menare il can per l’aia, Paul. Come t’è sembrato?

IRENE - Ernie!

ERNIE - È una serata in società. Posso essere socievole, no?

DOROTHY - Paul non è venuto qui per parlare della sua recensione.

WAYNE - Non te ne sei accorto, vero, quando sono uscito dalla finestra? O hai pensato che fosse… da copione? (Paul non riesce a trattenersi. Si mette a ridere) Hai pensato che fosse da copione? (La risata di Paul si trasforma in tosse)

DOROTHY - Vuoi un po’ d’acqua o qualcos’altro?

PAUL - No, no, sto bene. È solo… che l’aria è andata giù dalla parte sbagliata.

NATHAN - (Come Horace) La sabbia del deserto ti va nella gola e te la fa bruciare più in fretta di quanto ci mette un serpente a sonagli a mordere il tuo cavallo. (Tutti lo guardano abbastanza costernati. Nathan posa umilmente Horace)

DOROTHY - Allora, Pauly, ho letto sul giornale che andrai a Londra?

PAUL - Si. Tra un paio di settimane. Non vedo l’ora di partire. Naturalmente, due spettacoli al giorno stancano un po’. Avevo sperato di poter andare a Edimburgo, ma il mio itinerario non me lo permette.

WAYNE - Senti, non puoi lasciarmi in sospeso. L’hai capito o no?

PAUL - Come, scusa?

WAYNE - Se l’uscita dalla finestra era da copione? (Paul si mette di nuovo a ridere. Poi tossisce)

PAUL - Scusami… è solo che… (Non riesce a smettere) che…

JENNIFER - Wayne, perché non esci dalla stanza e non rientri dalla finestra?

WAYNE - Perché non vai affanculo?

DOROTHY - Pauly, stai bene?

PAUL - Non mi sento… molto bene. Forse è… (Cerca di riprendere fiato) Dov’è il bagno? Torno subito.

DOROTHY - Ce n’è uno in cima alle scale. (Dorothy lo accompagna alla scalinata)

PAUL - Scusatemi tutti. Torno subito. Sto bene, Dorothy.

DOROTHY - Sei sicuro? (Paul esce per le scale, ancora cercando di riprendersi. Dorothy lo guarda preoccupata)

JENNIFER - Cosa stai cercando di fare, Wayne? Di ammazzarlo?

WAYNE - Gli ho solo fatto una semplicissima domanda.

DOROTHY - Non sembra che stia bene. (A voce alta) Pauly! Stai bene?

PAUL - (Fuori scena, di sopra) Si, Dorothy. Benissimo. Torno subito. (Mona entra dal corridoio)

ERNIE - Paul non sembra così intelligente. Che ne dici, Jennifer? A te sembra molto intelligente Paul?

JENNIFER - Non ci ho neanche parlato.

ERNIE - A me non sembra tanto intelligente.

IRENE - Non ha avuto la possibilità di dire una parola, Ernie.

ERNIE - Volevo solo la sua opinione. Insomma, non è che gli ho chiesto di farmi vedere documenti top secret.

MONA - Non si può mai capire la mente umana. La gente pensava che Van Gogh fosse stupido.

WAYNE - Da quando tagliarsi le orecchie è una cosa così intelligente?

MONA - Se n’è tagliato solo uno.

JENNIFER - E tu hai pensato che non fosse intelligente.

ERNIE - Certo, che ne so io? Sono solo un commerciante.

IRENE - Smettila di essere così maleducato, Ernie.

ERNIE - Sono o non sono un commerciante?

DOROTHY - Stiamo dicendo un sacco di sciocchezze. Paul è un uomo molto intelligente che sta solo cercando di essere gentile in una situazione potenzialmente imbarazzante.

ERNIE - Va bene. È l’uomo più intelligente d’America. Va bene.

MONA - Alle lezioni di pittura c’era un ragazzo che dipingeva grossi quadri raffiguranti orecchie. Alte un paio di metri. Caspita.

ERNIE - Ehi, Mona, perché non lasci parlare gli adulti per un po’?

JENNIFER - Dio, Ernie…

WAYNE - Si, Ernie, datti una calmata, huh?

ERNIE - Una calmata? Sono calmo. È quello stronzo del critico che sta vomitando il pranzo nel cesso.

IRENE - Santo Dio, Ernie, sta’ zitto!

PAUL - (Fuori scena) Dorothy!

DOROTHY - Si, Pauly? (Paul scende faticosamente le scale e arriva nel soggiorno. Fa fatica a respirare e sembra avere grossi problemi)

PAUL - Non… (Cercando di prender fiato) Non mi sento bene… per niente. Penso… penso che dovresti chiamare…

DOROTHY - Wayne! Ernie! Aiutatelo!

PAUL - Un’ambulanza… Dio… (Paul crolla sul pavimento. Ernie e Wayne corrono da lui, ma lui è già caduto, ed è a terra in preda ai dolori. Confusione)

JENNIFER - Slacciategli i vestiti. Toglietegli la cravatta. La cinta.

ERNIE - Paul, mi senti?

DOROTHY - Pauly! Pauly, puoi sentirci?

WAYNE - Fatevi indietro adesso. Accidenti! Jennifer, chiama il 113! Il pronto soccorso! Qualcuno sa il numero del pronto soccorso?

ERNIE - No! Portiamolo in macchina. Possiamo arrivare all’ospedale in quattro minuti.

IRENE - (Correndo fuori) Vado a accendere la macchina. (Irene esce. Nathan corre in cucina. Mona rimane in piedi in silenzio, raggelata)

DOROTHY - Sta bene? Respira?

WAYNE - Non lo so!

JENNIFER - (Al telefono) Bene. Cosgrove Street, 42. Ci serve un’ambulanza. Penso che sia un infarto.

WAYNE - Una coperta, Dorothy, prendi una coperta!

JENNIFER - (Al telefono) No. Non lo sa nessuno!

ERNIE - Dio, sta peggio ora! Dai, Wayne, dobbiamo portarlo fuori di qui! (Dorothy esce svelta dal corridoio. Suona il campanello della porta)

JENNIFER - (Al telefono) Si, è caduto. Non riesce a respirare.

WAYNE - Paul! Forza, Paul!

JENNIFER - (Al telefono) No! No, non ne sono sicura!

ERNIE - Lo portiamo in macchina!

JENNIFER - (Al telefono) Lo portiamo in macchina. L’ospedale è qui dietro l’angolo… Come?

ERNIE - Paul! (Il campanello suona di nuovo)

JENNIFER - (Riattaccando) Dicono di no, Ernie. Hanno detto di lasciarlo qui. E di coprirlo.

ERNIE - Ci vogliono solo quattro minuti.

JENNIFER - Hanno detto di no!

WAYNE - Dorothy! Dove sono le coperte? (Charlie entra da fuori, senza rendersi conto del caos. Porta due sedie da giardino di plastica, tutte sporche. Guarda tutto il trambusto con pochissima curiosità. Lascia cadere le sedie con un tonfo)

CHARLIE - Le lascio qui. C’è gente che preferisce le sedie da giardino.

JENNIFER - Charlie, per favore…

ERNIE - Paul! Paul, mi senti? (Dorothy entra dal corridoio con le coperte. Suona il clacson della macchina)

CHARLIE - Certo, quando ti alzi…

JENNIFER - Non ora, Charlie! (Nathan entra dalla cucina con una brocca d’acqua. Rimane in piedi, ammutolito)

WAYNE - Paul, mi senti?

CHARLIE - Ti rigano tutte le cosce. Ma che importa?

DOROTHY - Per favore, amore. Dacci solo qualche minuto. Per favore…

ERNIE - Beh, dove diavolo stanno? Eravamo già arrivati ormai! (Suona di nuovo il clacson)

MONA - Vado a dirle che vengono loro! (Mona corre fuori. Gli altri stanno intorno a Paul. Nessuno sa bene cosa fare)

WAYNE - Paul!

DOROTHY - Pauly, non provare a muoverti. Sta arrivando aiuto, Pauly.

ERNIE - Dove diavolo stanno! (All’improvviso, Charlie si inserisce nella confusione. Indica Paul con fare accusatorio)

CHARLIE - Ma non importa quante sedie hai, c’è sempre un bastardo che preferisce stare lungo per terra! (Buio)

SIPARIO


ATTO SECONDO

Un’ora dopo. La casa ha un aspetto più buio e più caldo. La roba da bere e da mangiare è ancora sparsa per la stanza. Alcune sedie sono state spostate per facilitare il movimento, ma non ne è stata tolta nessuna. Horace è appoggiato al divano. Charlie entra dal piano superiore. Porta uno sgabello. Lo mette giù. Vedendo Horace, sorride educatamente.

CHARLIE - Che piacere vederti. (Raccogliendo degli avanzi) Non disperarti, piccolo mio. In ogni party c’è una persona che fa da tappezzeria. Ma chissà, presto potresti diventare una farfalla. (Si avvia in cucina. Lui e Jennifer si incrociano sulla soglia)

JENNIFER - Fai un po’ di pulizia, huh, Charlie?

CHARLIE - L’amico di Nathan non è un gran chiacchierone. (Charlie esce in cucina. Jennifer si guarda intorno. Si vede che è esausta. Accende la radio. Musica soft. Alla fine, si siede vicino a Horace e gli mette un braccio intorno alle spalle. Lo studia, come se potesse essere vero)

JENNIFER - Posso offrirti da bere? (Poi si mette la mano di Horace su un seno. Aspetta, finge di accorgersene) Ehi, bello, togli quella piccola zampa di legno dal mio seno. (Sposta la mano. Rimane seduta per un momento, poi rimette di nuovo la mano del pupazzo sul suo seno. Si gira verso di lui) Continua a tenerla lì e mi metterò a fare degli sporchi scherzetti da picchio. (Toglie di nuovo la mano) Comunque, l’ultima volta che sono andata a Los Angeles, ho avuto un permesso dall’agenzia immobiliare. Erano incavolati, per citare Wayne “Shakespeare” Seabury. E se me ne vado un’altra volta, saranno ancora più incavolati. Il che potrebbe costarmi il lavoro, la casa e Betty, la mia truccatrice personale. Quindi, quello che mi servirebbe, è un ricco cowboy che mantenga i miei superficiali sogni di gloria. Poi, ti ho visto in questo affollato saloon e ho pensato, “Chissà se quel figlio di puttana è solo.” (Si rimette la mano del pupazzo sul seno) Va bene, ma quanto basta per farti smuovere un po’. (Comincia a sbaciucchiarsi con Horace. Entra Charlie dalla cucina. Porta un piccolo sgabello da cucito. Vedendo Jennifer e Horace sul divano, cerca di nascondersi gli occhi e di svignarsela. Jennifer lo vede e percepisce subito che lui è a disagio)

CHARLIE - Le sedie della sala da pranzo sono da quel bulgaro che non riesce a pronunciare le vocali per essere ritappezzate. Se non fosse per lui, avremmo abbastanza sedie.

JENNIFER - (Con gentilezza) Charlie, vieni qui. Siediti.

CHARLIE - Certo. (Charlie si siede con cautela vicino a Horace, dall’altro lato)

JENNIFER - Non c’è bisogno di portare altre sedie, Charlie. Va bene? La festa è praticamente finita. Okay?

CHARLIE - (Indicando Horace) Con te ci parla, huh? Probabilmente perché sei una donna. Ci sono uomini così. Soprattutto quelli bassi e pallidi.

JENNIFER - Ci conosciamo dai tempi del liceo.

CHARLIE - Questo spiega tutto. Avevo un amico al liceo, Burton Knickerbocker. L’adolescente più brutto che abbia mai visto. Aveva i capelli sempre dritti, come se avesse preso la scossa. Le palpebre erano grosse come gusci d’uovo. Un po’ di tempo fa, ho visto la sua fotografia sul giornale. È vice presidente di una banca.

JENNIFER - Così gli hai scritto una lettera.

CHARLIE - Immediatamente. “Caro Burton”, ho detto, “Congratulazioni per il tuo successo. Ruba i soldi, se proprio devi, ma fai qualcosa per quelle palpebre.”

JENNIFER - Sono sicura che l’avrà apprezzato.

CHARLIE - (All’improvviso) Probabilmente, pensi che io non sappia che quell’omino è solo un pupazzo, vero? Probabilmente pensi che io lo consideri una persona.

JENNIFER - (Colta alla sprovvista) No… no.

CHARLIE - Ci conosciamo da molto tempo, Jennifer. Tante di queste persone pensano che io sia pazzo. Tu dovresti saperlo però. So distinguere un pupazzo da una persona. Chi non ci riuscirebbe?

JENNIFER - Lo so che non sei pazzo, Charlie.

CHARLIE - (Dopo una lunga pausa) Forse è solo timido.

JENNIFER - Chi?

CHARLIE - (Indica Horace) Lui. Posso capirlo. Ero timido una volta. Ti ricordi quand’ero timido, Jennifer?

JENNIFER - (Commossa) Me lo ricordo, Charlie.

CHARLIE - Forse è solo timido. (Wayne entra dallo scantinato)

WAYNE - Si è saputo niente?

JENNIFER - Non ancora.

WAYNE - Beh, che diavolo stanno facendo? Accidenti, è passata più di un’ora ormai.

CHARLIE - (Alzandosi) Se sto seduto un altro po’, diventerò un fungo immangiabile. E, Wayne?

WAYNE - Si, Charlie?

CHARLIE - Voglio iscriverti a un seminario antistress. Ti piacerà. Vai al lago e stai insieme a un branco di nervose donne in carriera con cosce carnose. La mattina giochi a pallavolo. Il pomeriggio parli del tuo potenziale inutilizzato. Potrebbe essere proprio quello che ti ci vuole. Cogli il momento finché puoi. (Jennifer ride mentre Charlie esce dal corridoio)

WAYNE - È la mia immaginazione, o è sempre più triste ogni momento che passa? E, a proposito, quel Nathan è un vero guastafeste. È ancora di sotto che gioca a biliardo. Ho fatto di tutto per liberarmi di lui, ma l’unica cosa che ha detto è stata, “Non importa. Rimango a guardare. Non mi dispiace.” Poi Mona lo invita a fare una partita. Con lei! Dio… (Pausa) Se non fossi così eccitato stasera, questa sarebbe la serata peggiore della mia vita.

JENNIFER - Wayne, posso chiederti una cosa, seriamente?

WAYNE - Certo. Fai pure.

JENNIFER - Mona è una specie di hippy?

WAYNE - Che c’è? Sei gelosa?

JENNIFER - Si.

WAYNE - Ehi, Bubbles, questa è quasi la serata peggiore della mia vita, perciò, per favore, te lo chiedo come un favore personale, non rompermi le palle.

JENNIFER - Non sei l’uomo più intelligente che abbia conosciuto. E neanche il più dotato. O il più bello. Ma sai una cosa, Wayne? Sotto tutti quei peli trapiantati sul petto, batte il cuore di un uomo fondamentalmente onesto. C’è qualcosa di affascinante in questo.

WAYNE - Dovrebbero darti un premio per la rottura di palle. Una targa con un martelletto sopra. (Sorridono tutti e due, a proprio agio l’uno con l’altra. Wayne va al tavolo dei liquori) Vuoi qualcosa da bere?

JENNIFER - Stai cercando di farmi rilassare, Wayne? Di farmi ubriacare, poi ti metti a scherzare e mi seduci sul tuo tappeto di orso polare? (Un momento) Ti ricordi quando abbiamo fatto insieme Il mago della pioggia?

WAYNE - Certo.

JENNIFER - Allora non ti sarebbe dispiaciuto.

WAYNE - Ehi, Bubbles, eri sposata. Per me le donne sposate sono come Kriptonite per Superman. Me ne tengo alla larga.

JENNIFER - Ma in certo senso non ti sarebbe dispiaciuto, dico bene?

WAYNE - Beh… Sei una donna attraente. Non lo nego… Comunque, perché hai sposato quell’uomo? Era veramente insignificante.

JENNIFER - Me l’aveva chiesto.

WAYNE - Tutto qui? Uno qualsiasi ti chiede di sposarlo e tu lo sposi?

JENNIFER - Si.

WAYNE - Il matrimonio. È un’istituzione così deprecabile. (Charlie entra silenziosamente dal corridoio. Porta con sé numerosi cuscini) All’inizio è tutto zucchero e miele, poi, prima che te ne accorga, è come vivere con un morto. Le guardi mai le coppie sposate al ristorante? I morti viventi. No, grazie.

CHARLIE - (Posando i cuscini) Ridi pure, ma si può imparare molto dai morti viventi. Una volta sono andato al museo del parco. C’era una mummia. Somiglia alla parola mamma e quella è la parola giusta.

JENNIFER - Cuscini, Charlie? Adesso porti i cuscini?

CHARLIE - Hai ragione, Jennifer. Non è una buona idea. Vado a svegliare i vicini. Mi faccio prestare un paio di sedie.

WAYNE - Charlie, basta con le sedie. Tra poco non ci potremo più muovere.

CHARLIE - Non prendertela con le sedie, Wayne. È il tuo stress. Dovresti andare al corso. La sera, ti siedi a piedi nudi accanto a degli sconosciuti e parli di piramidi, cristalli, perdita dei capelli…

JENNIFER - Sei in vena di filosofia stasera, Charlie.

CHARLIE - Grazie, Jennifer. Apprezzo il tuo interesse. (Charlie esce dalla porta d’ingresso. Jennifer ride. Wayne scuote la testa. Una lunga pausa. Quando Wayne parla, lo fa con una certa cruda onestà)

WAYNE - L’anno scorso ho chiesto a Mona di sposarmi.

JENNIFER - (Sinceramente sorpresa) Si?

WAYNE - Un fine settimana siamo andati a fare quelle gite con giallo compreso, dove devi scoprire l’assassino. Stavamo in un brutto alberghetto sulla spiaggia. E non lo so, gliel’ho chiesto. Dio, Jennifer, è stato un fine settimana così particolare! Tutta quella gente… strana. Sempre pigiati negli angoli nel tentativo di scoprire l’assassino. Tutti che cercavano indizi per tutto l’albergo. Comunque, guardandomi in giro, nessuno sembrava molto felice e ho pensato, “Beh, io sono felice con Mona.” E così gliel’ho chiesto.

JENNIFER - Cos’ha risposto?

WAYNE - È scoppiata a piangere e ha detto che era tutto “intensamente intenso”. Poi… ha detto di no. (Una risata amara) E abbiamo continuato il nostro week-end con il morto ed era divertente lo stesso. Più o meno. Anche se mi avevano appena tagliato le palle.

JENNIFER - Chi l’aveva organizzato?

WAYNE - Che cosa?

JENNIFER - Il week-end con il morto.

WAYNE - Oh, un grossista di latticini del Vermont. Era un tipo incredibile. Ha preso il nome e l’indirizzo di tutti e gli ha mandato un cesto regalo di formaggi assortiti. Su ognuno c’era attaccata una stupida poesia su un omicidio. (Ci pensa) Dovrebbero darti l’ergastolo, signor Formaggino. (Ridono tutti e due. Wayne si avvia verso lo scantinato) Lo sai che faccio? Vado di sotto e li separo, fisicamente. Userò una stecca da biliardo.

JENNIFER - Wayne?

WAYNE - Si?

JENNIFER - Vuoi ancora sposarla?

WAYNE - La verità?

JENNIFER - No, Wayne, dimmi una bugia, mi piace.

WAYNE - No.

JENNIFER - (Parla sul serio) Buon per te, Wayne. (Si sorridono. Wayne fa per uscire, poi torna da lei)

WAYNE - Jennifer, posso chiederti una cosa? Seriamente?

JENNIFER - Certo. Ma non posso prometterti che non mi metterò a ridere.

WAYNE - Stasera, quando sono uscito dalla finestra, credi che il pubblico abbia pensato che fosse da copione? (Jennifer ride) L’ultima castrazione. (Sorridendo, Wayne esce verso lo scantinato. Jennifer si prende un momento, si guarda intorno, beve un sorso generoso del suo drink, poi va al telefono e fa un numero)

JENNIFER - Salve, sono Jennifer Collins. C’è Peter? (Ascolta) Si. Beh, senta, potrebbe dirgli che voglio registrare la puntata pilota? Gli dica che domani prenoterò l’aereo… E che il Sunset Marquis è fantastico… E… (Aspetta) Jennifer Collins. Collins. C-o-l-l-i-n-s. Sarò a Los Angeles sabato sera sul tardi… Bene… Sono al 413-237-8802. Certo. (Un altro momento) E lo ringrazi da parte mia. Sono felicissima. Apprezzo molto che mi abbia procurato quest’opportunità. Davvero. (Aspetta) Arrivederci. (Riattacca. Per un momento rimane immobile. Poi, illuminandosi, si gira verso Horace) Beh, indovina un po’? Sarò una stellina. (Si confonde all’improvviso, quando Mona e Nathan entrano dallo scantinato. Sono molto allegri. Wayne li segue. Lui non si diverte per niente)

NATHAN - Non avevo mai giocato a biliardo. In tutta la mia vita. Mai. Ci credereste?

WAYNE e JENNIFER - (Insieme) Si.

MONA - Nathan mi ha detto che si sente come un gangster.

NATHAN - Sai, le sale da biliardo nei film e roba del genere.

MONA - E indovinate un po’? Ha vinto tre partite di seguito.

WAYNE - (Irritabile) Forse Nathan potrebbe partecipare al torneo professionale. (Suona il telefono. Per un momento, nessuno risponde, poi va Wayne) Pronto. (Uno sguardo agli altri) Si, Irene. Certo, siamo ancora tutti qui. Siamo sulle spine… “Siamo sulle spine”. È un modo di dire. (Ascolta) Uh-huh. Uh-huh. Ah. No. Uh-huh. (Fa un cenno di vittoria agli altri) Bene. Lei è lì adesso?… Uh-huh. Va bene… Si… No, no, lo dico io a tutti. Come sta Dorothy?… Bene…. Si. Ciao. (Riattacca) Era Irene.

JENNIFER - E…?

WAYNE - Si riprenderà.

MONA - È stato un infarto?

WAYNE - Irene dice che adesso c’è la sorella con lui. Starà bene.

JENNIFER - Beh, cos’è stato, Wayne? Siamo tutti sulle spine.

WAYNE - Si, è stato un infarto. È nel reparto di rianimazione, ma il dottore dice che il danno è stato minimo. Gli stanno facendo le analisi.

NATHAN - (Come Horace) C’è altro, amico? Nient’altro?

WAYNE - Mi rifiuto di parlare con un pupazzo, Nathan.

NATHAN - Scusa. Nient’altro?

WAYNE - In ospedale si sono presi cura di lui, ci è voluto un po’ perché si stabilizzasse, ma adesso sta bene. Ernie, Irene e Dorothy torneranno tra poco.

MONA - Tutta la faccenda è stata intensamente intensa. Pensavo che fosse morto.

WAYNE - Anch’io. Cioè, non pensavo che fosse morto quando era qui, ma ero sicuro che sarebbe arrivato morto all’ospedale, visto il tempo che ci è voluto perché venissero a prenderlo.

JENNIFER - Potresti ripetere? Penso di aver perso qualche verbo.

WAYNE - Sai, Jennifer, qualche volta mi fai venir voglia di… (Si interrompe) A che serve?

JENNIFER - Ti faccio venir voglia di fare che, Wayne? Sono di nuovo sulle spine. Mi si piegano le ginocchia.

MONA - Voi due litigate in continuazione, vero?

WAYNE - Jennifer non litiga. Spara qualche colpo, poi se la dà a gambe.

MONA - C’è una teoria secondo la quale le persone che litigano sempre hanno una grande attrazione l’uno per l’altra.

WAYNE - È una teoria ridicola.

MONA - Credo che sia di Freud o qualcuno del genere.

WAYNE - Beh, è di Freud, che sarà mai? Mi ha mai conosciuto Freud?

MONA - No.

WAYNE - Ecco, vedi.

NATHAN - (Saltando fuori dal nulla) Ultimamente ho letto una monografia in cui si affermava che Freud era un misantropo. (Lunga pausa. Non sanno come reagire. Mona comincia a agitarsi)

MONA - Immagino che dovrei andare. Devo arrivare fino a Boston.

WAYNE - Beh, puoi bere un altro bicchierino, no? Non abbiamo neanche… parlato. Lo sai?

JENNIFER - Dai, Nathan. Vieni con me. Giocheremo a biliardo, berremo gin scadente, ci metteremo un sacco di lustrini e intanto lasciamo questi due stupidi ragazzini da soli.

NATHAN - (Seguendola) Ah, si. Certo. Capisco.

MONA - Non volevamo farvi scappare.

WAYNE - Vanno solo in cantina a giocare a biliardo, Mona.

MONA - Jennifer, voglio solo dirti un’altra volta quanto sei stata brava stasera. E non scoraggiarti perché non sei arrivata ancora da nessuna parte. Si risale sempre.

JENNIFER - (Ironica) È una cara ragazza, Wayne. Andiamo, Nathan.

NATHAN - Piacere d’averti conosciuta, Mona.

MONA - Piacere di aver conosciuto te. E Horace.

NATHAN - (Con la voce di Horace) Ci rivediamo, con la prossima carovana che passa da queste parti.

WAYNE - Nathan…

MONA - (Usando una voce tipo quella di Horace) Ci siederemo davanti a un falò e ci racconteremo delle storie.

NATHAN - (Con la voce di Horace) Metteremo tutti i carri in cerchio e arrostiremo un bufalo.

MONA - (Con una voce tipo quella di Horace) E canteremo finché il falò non sarà ridotto in cenere.

WAYNE - (Non ne può più) Ehi, che diavolo sta succedendo!

MONA - Wayne, non essere così impaziente.

JENNIFER - Si, Wayne. Stavamo per arrivare a quando Horace stupra donne e bambini.

NATHAN - Spero che le tue gengive torneranno a posto.

MONA - Anch’io. Beh. Ciao.

JENNIFER - (Afferrando Nathan) Andiamo, amico. Prima che Wayne ti conficchi una freccia in testa. (Jennifer trascina Nathan fuori scena, nello scantinato)

MONA - È un uomo tanto dolce.

WAYNE - Lui e il suo amico, Horace, sono due dei più grossi guastafeste nella storia del pianeta.

MONA - Uno dei più grossi guastafeste. Lui e Horace sono uno.

WAYNE - Va bene. Uno. Due. Che differenza fa? Lui e Horace sono due rompicoglioni.

MONA - Qualche volta sembri così sgarbato, Wayne.

WAYNE - Non lo sono. Lo so, hai ragione. È solo che… insomma, si, Nathan è in gamba. Volevo solo passare un po’ di tempo da solo con te, tutto qui. Non ci vediamo da molto tempo. Tutto qui.

MONA - Adesso siamo soli. (Charlie entra silenziosamente da fuori. Lascia la porta aperta. Ha con sé quattro sedie pieghevoli di legno. Gli altri non si accorgono di lui)

WAYNE - Sei sicura di non voler niente da bere o qualcos’altro?

MONA - Forse dovremmo parlare. Devo guidare fino a Boston.

WAYNE - Certo, parliamo. (Nessuno dei due sa bene cosa dire. All’improvviso, Charlie avanza nella stanza facendo un gran rumore. Ben consapevole della loro presenza, cerca di sistemare le sedie in silenzio. Ma non funziona. Molto rumore. Alla fine, alza lo sguardo. Tutti e due lo stanno fissando, increduli)

CHARLIE - Una volta conoscevo uno, un ragazzo pelle e ossa pieno di bolle, che riusciva a starsene seduto in silenzio per dieci, undici ore di fila senza dire una parola.

WAYNE - Charlie, che stai facendo? Dove hai preso le altre sedie?

CHARLIE - Dai vicini. Gente meravigliosa. Lui è una spia industriale. Lei una casalinga. Il sale della terra. Naturalmente, il bastardo ha riempito di microfoni tutto il vicinato. Lo fa con l’impianto per annaffiare. Quando annaffiano il prato, io me ne sto in casa.

WAYNE - Senti, Charlie, io e Mona stiamo cercando di fare una chiacchierata.

CHARLIE - Non voglio interrompervi. Sto andando via.

WAYNE - Grazie, Charlie.

CHARLIE - Riguardo al tipo pelle e ossa con le bolle, si è fatto prete. Dicono che può stare ad ascoltare dentro a un confessionale dalle sei di mattina fino a mezzanotte. Un sacco di preti guardano la TV durante il giorno per spezzare la monotonia. Lui no. Aveva il silenzio nel sangue. Potevi confessare che avevi appena fatto a pezzi tua madre con un’ascia, lui si limitava a annuire. (Allegramente, Charlie esce dalla porta d’ingresso)

MONA - Ha preso molto sul serio questa storia delle sedie. (Lunga pausa) Le mie gengive non stanno poi così male. Avrei potuto trovare un dentista a Filadelfia.

WAYNE - Grazie, Mona. È bello saperlo.

MONA - Quello che voglio dire è che sono venuta qui soprattutto per vedere te e poi anche per andare dal dentista. (Dicendolo d’un fiato) Mi sono innamorata, Wayne. Lui è un professore di storia che ho incontrato a un raduno sull’ozono. È sposato con due figli adolescenti e sua moglie, Portia, sa tutto di noi. Hanno un matrimonio aperto. Lei esce con un sottufficiale. Una volta siamo perfino usciti tutti e quattro insieme. Per quanto mi riguarda, è stato una doppia assurdità. È stato lui a farmi tingere i capelli. Sono persone veramente interessanti, Wayne. E indovina un po’? Hanno imparato a riciclare il 93% di tutto quello che usano.

WAYNE - Aspetta un momento. Un attimo. Mi sono perso. Sto ancora cercando di capire chi è stato a farti tingere i capelli.

MONA - Franklin.

WAYNE - Bene. E Franklin chi è? Il sottufficiale?

MONA - No. Franklin è il mio amante.

WAYNE - (Nascondendo il suo dolore) Oh, capisco. Capisco quello che… certo.

MONA - Lo so che a sentirlo sembra un bel casino, ma sul serio, Franklin è una persona eccezionale. E anche Portia. E probabilmente ti piacerebbero anche i ragazzi.

WAYNE - Si… Peccato che non li hai portati.

MONA - Ho detto a Franklin di te. Che mi hai chiesto di sposarti. Lui ha detto che rifiutare è stata la cosa migliore. Dice che il dolore è una torta di formaggio bavarese: è sempre più saporita se la si mangia prima che si spiaccichi. Non è una descrizione pazza? (Wayne non dice niente. Tutta questa faccenda è molto dolorosa) E ti ricordi che hai detto che forse eri troppo vecchio per me? Franklin è d’accordo.

WAYNE - Franklin è un vero Socrate del cazzo. (Un momento) Quanti anni ha?

MONA - La tua età. (Lunga pausa. Mona alla fine va a prendere il cappotto. Questa situazione è diventata imbarazzante) Beh, devo andare.

WAYNE - Allora, com’è a letto?

MONA - Penso che sia bravo, ma ho solo te come termine di paragone. Tu e quel clarinettista vagabondo di cui ti ho parlato.

WAYNE - Che fai? Tieni un grafico illuminato vicino al letto?

MONA - (Andando da lui, con affetto) Ti ricordi che mi dicevi sempre che per una volta volevi stare con una donna senza dover pensare a come ti stanno i capelli o se hai i calzini bucati e roba del genere? Ti ricordi? (Nessuna reazione) Qualcuno con cui poter guardare un brutto film? Qualcuno a cui non importa se sei un bravo lanciatore o no? Qualcuno…

WAYNE - Mona, per favore…

MONA - Qualcuno con cui non dover…

WAYNE - Ehi, Mona…

MONA - La troverai, Wayne. Lo so.

WAYNE - (Dopo una pausa, rassegnato) Mona, li odio i tuoi capelli.

MONA - Lo so. Li odiano tutti. (Si avvia verso la porta) E Wayne, sei stato spettacolare stasera. (Si ferma di nuovo) Beh, ciao.

WAYNE - Mona?

MONA - Si?

WAYNE - Sei stata un gioiello nella mia vita. Mi hai fatto sentire giovane.

MONA - (Lanciandogli un bacio, combattendo contro le lacrime) Ciao. (Mona esce. Stremato, Wayne va sul divano e si siede vicino a Horace. Charlie entra da fuori con altre due sedie pieghevoli di legno. Vede Wayne solo. Posa le sedie)

CHARLIE - Allora, la mangusta è fuori dal recinto?

WAYNE - Come?

CHARLIE - Lascia che ti dia un consiglio sulle donne, Wayne. Ti risparmierà un sacco di dolore a lungo andare.

WAYNE - Non ora, Charlie.

CHARLIE - Una donna è come un orologio. Puoi caricarla, puoi leggerla, qualche volta puoi perfino illuminarla nel buio. Ma nel profondo, non hai la più pallida idea di come tutte quelle molle e quegli ingranaggi riescano a farla ticchettare.

WAYNE - Questa è buona, Charlie. L’hai inventata tu?

CHARLIE - (Sorprendentemente gentile) Andrà tutto bene, Wayne. Le donne vanno in giro a spezzare i cuori continuamente. Eppure, guardati intorno. (Come le vedesse per la prima volta, con ammirazione) Sedie!! La vita continua.

WAYNE - Grazie, Charlie. Lo apprezzo molto.

CHARLIE - (Indicando Horace) Non mi ha detto neanche una parola. E non dirmi che è la mia immaginazione. (Charlie va svelto di sopra. Wayne lo guarda andare via, affascinato. Nathan e Jennifer entrano dallo scantinato. Jennifer è nel bel mezzo di una storia che sta raccontando)

JENNIFER - Eccitata, Nathan? Ero in estasi! Stavo già pensando al guardaroba per gli Emmy, a come, in poche settimane, avrei avuto il mio parcheggio privato, il mio tavolino alla mensa. Forse addirittura la mia stupida roulotte personale. Tutta quella… roba. E così ho fatto un’altra registrazione. La terza chiamata. Ma non ce l’ho fatta. O arrivi primo o è come se non avessi fatto niente. Giusto, Wayne? Beh, io c’ero solo arrivata vicino. Sono uscita. Era una di quelle giornate afose a Los Angeles, una di quelle giornate in cui tutto era così caldo e… artificiale. Vedevo l’insegna di Hollywood che brillava sulla collina. Così, sono salita nella mia macchina presa a noleggio e sono andata al Lago di Hollywood. Il lago di Hollywood, è perfetto! Quell’accidenti è fatto di cemento. Ho fatto un giro lì intorno. L’unica cosa che riuscivo a pensare era, “Ci sono pesci in questo lago?” Così l’ho chiesto a qualcuno. In effetti, mi sono avvicinata a un uomo, un tipo di mezza età dall’aspetto esausto e gli ho chiesto, “Ci sono pesci in questo lago?” Sai cosa mi ha risposto? “Questa è Hollywood, signora. Non ci sono pesci a parte gli squali. Non c’è fondo, a parte il fango. Non ci sono principi, a parte le rane.” E abbiamo riso tutti e due.

NATHAN - Com’è… cinico.

JENNIFER - (Dando un’occhiata a Nathan) Sono partita un paio di settimane dopo. Non avevo abbastanza fegato. Non era il talento che mi mancava. Ma il fegato. (Da fuori, sentiamo l’“Oink oink” di Ernie, forte, mentre lui avanza sul sentiero) È il ritorno di Ernie, la Foca in Fuga. (Jennifer esce in cucina. Trambusto alla porta d’ingresso. Ernie irrompe nella stanza, ridendo e pieno di sé. Ha addosso dei pezzi di vestiario spaiati rubati in ospedale. È seguito da Irene e Dorothy, che sono visibilmente stanche, sia per l’avventura in ospedale sia di Ernie)

ERNIE - OinkOinkOinkOinkOink!

IRENE - Oh, per favore, smettila!

ERNIE - Oinkoinkoink!! È vero? Oink! Oink! Oink! Ditemi, sto mentendo o è la verità?

IRENE - È la verità, Ernie.

ERNIE - Oink! Oink! È andata così, Dorothy?

DOROTHY - Io c’ero.

IRENE - Pensi che adesso potresti smetterla di comportarti come un completo idiota?

ERNIE - Solo se lo dici a Wayne.

IRENE - Oh, Ernie…

ERNIE - Oink! Oink! Diglielo!

WAYNE - Che cosa?

ERNIE - (Di nuovo con la cesta) Oink!!! Oink!!! Oink!!!

IRENE - Va bene, Ernie! Glielo dirò. Dio! Un’infermiera all’ospedale ha riconosciuto Ernie. L’ha visto nello spettacolo.

ERNIE - Senti, Wayne, è fantastico. Diglielo meglio, Irene.

IRENE - Diglielo meglio tu!

DOROTHY - (Esausta da tutto questo) Glielo dico io. Stavamo seduti in una sala d’aspetto e un’infermiera è passata di lì.

ERNIE - E Wayne, credimi, è rimasta folgorata.

IRENE - Ci sono delle briciole sul pavimento, tesoro. Perché non scendi da quel piedistallo e non le raccogli?

ERNIE - Folgorata, Wayne, folgorata!!

DOROTHY - E ha detto a Ernie, “Non l’ho vista in Arsenico e vecchi merletti?” E viene fuori che aveva visto Ernie nella parte di Teddy quando l’abbiamo fatto qualche anno fa.

ERNIE - Quattro anni fa. “Carica!!”

WAYNE - Eri bravo in quello spettacolo.

ERNIE - E cos’ha detto? Te lo ricordi?

IRENE - Vado in macchina a prendere la cassetta.

ERNIE - Ha detto che il mio Teddy Roosvelt era la migliore interpretazione comica che avesse mai visto. Sono le sue esatte parole, Wayne, bello mio!

WAYNE - Piacevole. È fantastico essere riconosciuti. Sai, al bar dove vado di solito, tutti vengono…

ERNIE - E Arsenico e vecchi merletti è stato quattro anni fa. Quattro anni! Vediamo quanti cosiddetti professionisti di grido lasciano un’impressione del genere! Vediamo!

NATHAN - Come sta Paul Cortland?

DOROTHY - È ancora in rianimazione, ma le funzioni vitali sono buone. Ha ripreso conoscenza. Adesso c’è sua sorella con lui. Il dottore ha detto che è fortunato. Non è stato molto forte. L’ho visto solo un momento, ma mi sembra su di morale. È un uomo così gentile. Continuava a scusarsi per aver rovinato la festa.

ERNIE - E indovina cos’abbiamo fatto al ritorno? Abbiamo avuto una grande idea.

IRENE - Tu hai avuto una grande idea, Ernie. Non noi. Dorothy non ci voleva neanche andare. Ma eravamo prigioniere in macchina.

ERNIE - Abbiamo fatto un salto da Barbara Major. E c’erano rimaste solo quattro macchine. Il suo party evidentemente è stato un fisco.

DOROTHY - Dobbiamo proprio parlarne?

ERNIE - Pensavo che gli altri fossero interessati. E indovinate un po’ di chi era una delle macchine? Di Christine Bender. È laureata in psicologia e non riesce a guardare neanche un verme senza cercare di scoprire qualcosa di profondo circa la sua personalità.

WAYNE - Mi fa incavolare. Una volta le ho detto, “Christine, mi fai incavolare,” lo sapete che ha risposto? Ha detto che lei non era responsabile per la mia infanzia infelice. Ha detto proprio così. Io ho avuto un’infanzia fantastica. Quella donna mi fa proprio incavolare.

IRENE - Detesto ammetterlo, ma Ernie ha ragione. Costringe sempre gli altri a fare il gioco delle “confessioni”. È grottesco.

ERNIE - Probabilmente è proprio quello che stanno facendo in questo momento. Se ne stanno seduti a fare quel gioco. (Jennifer entra dalla cucina)

IRENE - Ogni volta che c’è Christine Bender, si finisce per fare quel gioco.

ERNIE - Vi ricordate quando Sam Crowther ha confessato che si mette i vestiti della moglie? È stato triste, in un certo senso.

JENNIFER - Lo so. I gusti di quella donna sono terribili.

ERNIE - Sei molto silenzioso, Nathan. Hai mai fatto quel gioco?

NATHAN - Si.

ERNIE - Non farlo mai. Christine Bender è una vera psicopatica.

DOROTHY - È un gioco stupido e un argomento stupido.

NATHAN - Ero a una festa a North Plainfield, nel New Jersey. Però non sono mai arrivati a me. Me ne sono andato dopo che Helen, era mia moglie, aveva confessato il suo segreto.

WAYNE - Non ti biasimo, Nathan. Qualche volta si va troppo sul personale.

NATHAN - Helen ha confessato che da quasi quattro anni aveva una relazione con quello che le riparava la lavastoviglie. È stata una… rivelazione orribile. Soprattutto in società. Mi sentivo umiliato, avevo la nausea. L’uomo che ripara la lavastoviglie! Non sapevo cosa dire. Alla fine, ho detto la prima cosa che mi è passata per la testa. E invece di essere comprensivi, gli altri si sono messi a ridere.

WAYNE - Hanno riso in una situazione del genere? Cos’avevi detto?

NATHAN - (Debolmente) “Helen, d’ora in poi useremo solo piatti di carta.” (Gli altri ridono. Nathan si adegua) È stata una cosa veramente stupida da dire.

JENNIFER - Non farti deprimere, Nathan. Queste cose tendono a succedere ciclicamente. (Borbotta e fischia con disapprovazione)

DOROTHY - Jennifer, non è divertente.

NATHAN - Non c’è problema, Dorothy. Ormai l’ho superata. Comunque, poco dopo me ne sono andato di casa. Ho preso una camera in affitto.

IRENE - Ernie, tu cosa faresti se io avessi una relazione?

ERNIE - Ti ammazzerei con una mazza da baseball.

DOROTHY - Ernie!

ERNIE - Beh, è vero.

DOROTHY - Tutta questa conversazione mi rende nervosa.

ERNIE - Va bene, cambiamo argomento. Devo andare a pisciare.

IRENE - Ricordati di mettere i giornali per terra.

ERNIE - Quando uno deve pisciare, deve pisciare! Chiedilo a Wayne! (Ernie va di sopra svelto)

NATHAN - Forse non avrei dovuto parlarvene.

DOROTHY - Non c’è problema, Nathan. È successo molto tempo fa?

NATHAN - A marzo.

DOROTHY - Marzo di quest’anno?

NATHAN - Le ho lasciato tutto. La casa, la macchina, i mobili, gli Hummel. Sai, quei soprammobili europei. (Andando su di giri) Non posso più vedere un Hummel senza pensare a Helen. Sono arrivato a odiare i soprammobili!! (Pausa) Dovreste vedere casa mia. Non c’è niente. Metto nella credenza perfino la saliera quando non la uso… (Lunga pausa. Nessuno sa bene cosa fare)

DOROTHY - (Cambiando argomento) Sono così sollevata riguardo a Pauly. Devo confessare che pensavo fosse morto. (Ride) Non sarebbe stato molto bello leggere sui giornali: “I Timberley Troupers uccidono un critico!”

IRENE - Sai che ti dico? Sono contenta di essere uscita dall’ospedale. Dopo che quell’infermiera aveva riconosciuto Ernie, sembrava che Bob Hope fosse andato a intrattenere le truppe. Non la finiva più di raccontare barzellette. Dovrei tenerlo al guinzaglio. (Charlie entra dal piano superiore. Adesso porta il pigiama con una cravatta blu. Ha con sé due vecchie sedie di legno che hanno un gran bisogno di essere rimpagliate)

CHARLIE - (Come se fosse la prima volta) Che piacere vedervi. Benvenuti.

DOROTHY - Charlie, le hai prese in soffitta quelle sedie?

CHARLIE - Già. Ma quel posto è una putrida palude di ragnatele e ricordi. (Posando le sedie) Vedi che nessuno ci si sieda.

DOROTHY - (Troppo stanca per lottare) Dovresti andare a dormire. È tardi.

CHARLIE - C’è qualche altra sedia lassù. Torno subito.

DOROTHY - (Con troppa veemenza) No, tesoro! Basta con le sedie! (Charlie si ferma. Il tono di lei lo ha sorpreso. Gli altri stanno in silenzio, tesi. Lui la guarda con grande affetto)

CHARLIE - Ti ricordi quando siamo andati alla quadriglia, qualche anno fa, Dorothy? Quella in cui c’era di mezzo tua zia.

DOROTHY - Me lo ricordo. Zia Katherine.

CHARLIE - Avreste dovuto esserci. Erano vestiti tutti da contadini. Eravamo in una fattoria, isolata. Dorothy si era messa un vestito da sera e io portavo il mio completo migliore.

DOROTHY - (Le piace il ricordo) È vero. Ci sentivamo due cretini.

CHARLIE - Te lo ricordi il mio vestito, Dorothy? Il vecchio completo grigio?

DOROTHY - Eri sempre magnifico con quel vestito.

CHARLIE - Amo questa bella signora da venticinque anni. Nel bene e nel male. Né la pioggia, né la grandine, né il gelo può impedirci di fare i nostri giri stabiliti.

DOROTHY - Oh, Charlie…

CHARLIE - Uragani, monsoni, maremoti. Niente potrebbe fermare il nostro amore.

DOROTHY - (Imbarazzata) Lo pago per fargli dire queste cose.

JENNIFER - No, non è vero, Dorothy.

CHARLIE - (Si avvia) Se vuoi pagarmi per qualcosa, pagami perché lavo i piatti. Ho le mani tutte screpolate, devo stare attento a non fare cenni di saluto agli sconosciuti. (A Dorothy, con grande calore) Tieni l’ultimo do-di-do per me. (Charlie va di sopra, lanciando il grido tirolese, inesplicabilmente)

DOROTHY - (Commossa) Pensa che stiamo andando a una quadriglia.

NATHAN - Lo pensa davvero?

DOROTHY - Forse. Una volta il dottore ha detto una cosa molto… carina. Ha detto che la mente di Charlie è come un caleidoscopio che tieni rivolto verso la luce e fai girare. Ogni tanto, si blocca e il disegno è bello e netto. Ha anche detto che il caleidoscopio non si fermerà mai. (Pausa) Beh, basta con il mio marito pazzo. Sapete, nessuno di noi ha mangiato molto. Sarò sopraffatta dagli avanzi.

IRENE - Ho sentito parlare di avanzi. Cosa sono? (Ernie entra dal piano superiore. Ha in mano il manoscritto della recensione di Paul Cortland. È furibondo)

ERNIE - Spero che quel figlio di puttana muoia!!

DOROTHY - Cosa?

ERNIE - Paul Cortland! Spero che quel bastardo tiri le cuoia!

WAYNE - Ehi, Ernie, non starai esagerando? Paul era un ospite di Dorothy.

ERNIE - Ah, si? Senti qua.

IRENE - Cos’è, Ernie?

ERNIE - (Leggendo) “Venerdì sera, ho visto uno spettacolo dei Timberley Troupers, la compagnia teatrale amatoriale più antica della città. Ho evitato lo “sturm und drang” del teatro amatoriale per più di otto anni. Venerdì sera, la mia riluttanza e la mia paura hanno trovato una giustificazione per altri otto anni.”

IRENE - Dove l’hai presa?

WAYNE - Allora, aveva delle riserve. E con ciò?

ERNIE - “Troppo spesso, i dilettanti presumono che il loro status di non professionisti sia semplicemente la conseguenza del non aver “intrapreso quella strada”. Comunque, non è il talento, né il desiderio, ma il bisogno che rende un attore un professionista. Senza il bisogno, non c’è rischio. Senza il rischio, non c’è arte. Gli amatoriali sono amatoriali. I loro sforzi non giustificano una recensione seria più di quanto la giustificherebbe una raccolta di francobolli “carina”.

DOROTHY - Smettila, Ernie!

JENNIFER - Piantala con queste stronzate, Ernie. È veramente volgare.

ERNIE - Che c’è di male? A Broadway, leggono le recensioni la sera della prima.

JENNIFER - A Broadway, di solito, non rubano le critiche in ambulanza.

ERNIE - Non l’ho rubata in ambulanza. Stava nella sua giacca, di sopra. Ero curioso, così l’ho presa. Che sarà mai!

IRENE - E cosa pensi di dirgli?

ERNIE - E lui che ne sa? Per quanto ne sa lui, potrebbe essergli caduta ovunque. E sai, Irene, forse non correresti tanto a darmi addosso se sapessi che non ti ha neanche nominata. Uno spettacolo a quattro personaggi e non ti nomina neanche! Quel figlio di puttana ha pensato che tu fossi invisibile!

DOROTHY - Per favore, Ernie, adesso basta.

ERNIE - Ehi, Dorothy, pensi che mi diverta? Senti quello che ha detto di me, Pauly. Forse ti piacerà. (Leggendo) “Ernest Chilmark, che interpretava l’onnipresente becchino, ha una circonferenza che sovrasta di molto la sua piccola estensione vocale. La sua interpretazione è pomposa senza essere gioiosa. Invece di vedere il luccichio nei suoi occhi, siamo più portarti a soppesare la rotondità della sua pancia. È un’esposizione ponderosa.”

WAYNE - Questo è crudele. Bisogna dirlo.

DOROTHY - Per favore, Ernie, metti via quella roba.

ERNIE - Però, gli è piaciuta Jennifer. Fagli vedere una bella coscia e pensa che sei una star.

JENNIFER - Non prendertela con me.

WAYNE - Ernie, la situazione ci sta sfuggendo di mano.

ERNIE - (Leggendo, attaccando Wayne) “Per quanto riguarda l’allegro Duncan, Wayne Seabury non solo non è adatto al ruolo, ma è completamente sbagliato. La sua interpretazione è risibilmente caricata. In effetti, se l’opera non fosse dichiaratamente una commedia, le sue buffonate sarebbero esilaranti.”

WAYNE - (Ferito) I critici hanno le loro riserve. Sono fatti così. Tutto qui.

ERNIE - (Girandosi verso Jennifer) “Eppure, in mezzo a tanta insensatezza, Jennifer Collins brilla di luce propria. Nonostante il testo di scarso valore e il supporto inadeguato, riesce ad incantare con la sua forza, il suo stile e il suo costante impegno in ogni momento comico. Guardarla è una vera gioia.” (Durante questa battuta, Charlie scende le scale. Sente l’agitazione nell’aria e ascolta, senza che gli altri lo vedano. Porta con sé una sedia di vimini rotta)

JENNIFER - Dio, Ernie, mi stai uccidendo.

ERNIE - “Il solo mistero è perché un’attrice così brava permetta che il suo talento si eroda alla presenza di tante scorie teatrali.” Per me non è per niente un mistero. L’hanno cacciata da Hollywood!

DOROTHY - Dammela, Ernie. Dammela e smettila.

IRENE - Per favore, Ernie, stai facendo sentir male tutti quanti. (Charlie porta la sedia nella stanza e la mette giù con la solita autorità)

CHARLIE - Star male? Voi non lo sapete cosa significhi star male! (Dorothy si gira verso di lui. La sua pazienza è finita)

DOROTHY - Vai a letto!! Accidenti, smettila di portare queste cazzo di sedie e vai a letto!! (Tutti si immobilizzano. Charlie sembra istupidito dalla veemenza della moglie. Mette giù la sedia, annuisce e si avvia per uscire dalla stanza. Inorridita, Dorothy va da lui) Scusami, tesoro. Mi dispiace di aver urlato. È questa faccenda di Pauly e… Mi perdoni?

CHARLIE - (A tutti, il filosofo) È sempre la stessa storia, fin dall’antichità. “Ammazzate il messaggero”. Uno porta le sedie. Le sedie passano di moda e all’improvviso è colpa sua. Il re dice alle guardie del palazzo, “Tagliategli la testa!” L’uomo delle sedie viene impiccato sulla pubblica piazza. Giri pagina. Passano gli anni. Le sedie tornano di moda. Tutti dicono, “Dov’è l’uomo delle sedie?” È nella brughiera, sta marcendo in una scatola. Nota a piè di pagina. Un ibid. Un idem. Un op. cit. Fine della storia. Porta fuori il gatto. (A Dorothy, con gentilezza) I tuoi desideri sono ordini per me, angelo mio.

DOROTHY - Buona notte, tesoro. (Si danno un bacio fuggevole. Charlie va di sopra. Lunga pausa. Dorothy aspetta che Charlie se ne sia andato, poi si avvicina a Ernie) La prendo io.

JENNIFER - Si, Ernie, dai.

ERNIE - No, la tengo io. Questa recensione non sarà mai pubblicata! (Furioso per la frustrazione) Pensate che andrò a lavorare lunedì con questa sul giornale?!

DOROTHY - Ernie, dammela.

ERNIE - Gli diremo che è andata persa nella confusione. Tanto non è in condizioni di scrivere niente. Se ne dimenticheranno. Non sarà pubblicata. Nessuno ci farà caso.

DOROTHY - Noi si.

ERNIE - Questa recensione non sarà mai pubblicata su quel maledetto giornale. Mai!!

IRENE - Smettila, Ernie!

NATHAN - (Alzandosi) Adesso è ora di smetterla.

ERNIE - Cosa? Mi stai dicendo quello che devo fare, Nathan?

NATHAN - È solo che è ora di smetterla…

ERNIE - Non dirmi quello che devo fare, mammoletta! Dillo a tua moglie! È lei quella che ne ha bisogno!

WAYNE - Stai esagerando, Ernie! Smettila!

DOROTHY - Ernie Chilmark, voglio che te ne vada da casa mia. Adesso! Ho sopportato abbastanza!

IRENE - Andiamo, Ernie. Questo è troppo.

ERNIE - Che cazzo di amici! Sembra che ho fatto chissà che di terribile! Paul Cortland è uno stronzo! Peccato che sia ancora vivo!! (Con un improvviso coraggio, Nathan corre da Ernie e prende la recensione. Istintivamente, Ernie lo butta violentemente per terra) Toglimi le mani di dosso!!

JENNIFER - Cristo, Ernie!

ERNIE - Mi ci ha costretto! Quel bastardo buono a niente mi ha assalito! Mi ci ha costretto!

WAYNE - Forza, Ernie, vattene!

DOROTHY - Nathan, stai bene?

NATHAN - (Stringendo ancora in pugno la recensione) Si… certo… sto bene…

ERNIE - E io! Huh? Io?!

JENNIFER - (Furiosa) Tu, che cosa?! Testa di cazzo, che cosa?

IRENE - Andiamo. Andiamo a casa, Ernie.

ERNIE - Si. Dimmi cosa devo fare, Irene. Come quando mi hai detto che sono andati tutti al party di Barbara perché la gente era stufa di sentire le chiacchiere insensate di un pazzo.

WAYNE - Piantala, Ernie! Vattene!

ERNIE - Mi dovrai buttare fuori con la forza, Wayne!

IRENE - Smettila!

ERNIE - Come quando mi hai detto che ti dispiaceva per Dorothy perché quel pazzo di suo marito è così patetico!!

DOROTHY - (Con una calma rabbia) Sei un verme, Ernie. Ti comporti come un verme e pensi come un verme. Sei uno di quegli zoticoni ignoranti e fanatici che credono che qualche barzelletta idiota possa coprire tutto il marcio. Ma non lo copre. Neanche un po’. Sprigioni egoismo e meschinità dovunque da ogni poro. E se dici una sola parola in più su Charlie davanti a me, ti strapperò il cuore dal petto mentre ancora respiri. (Colpita dal suo stesso scoppio, Dorothy va in cucina)

ERNIE - (Debolmente) È come il marito. L’avete sentita tutti. È malata di testa.

IRENE - Ti aspetto in macchina.

ERNIE - No, no, vengo… vengo.

IRENE - Sono in macchina. (Irene esce dalla porta d’ingresso. Pausa. Ernie va da Nathan)

ERNIE - Mi dispiace di averti spinto, Nathan. Sai, nella foga del momento. Nella foga del momento. (Niente) E che cazzo sarà mai! Ho preso quella maledetta recensione! Che cazzo sarà mai!! (Nessuna reazione) Ci ha fatti sembrare ridicoli!

JENNIFER - No, Ernie, tu ci hai fatto sembrare ridicoli. Non lui. Tu.

ERNIE - Smettila di darti tante arie, Bubbles. Forse così non ti considererebbero tutti una rompicoglioni. (Si avvia per uscire, si ferma) Wayne? Perché non vieni con noi? Andiamo da Barbara. Almeno con Barbara e Fred, sei trattato da ospite. (Nessuna risposta) Almeno sei trattato come un ospite, cazzo!!! (Infuriato e impotente, Ernie esce. Lunga pausa)

JENNIFER - (Piano, ironica) Non c’è niente che ecciti gli animi come la sera della prima.

WAYNE - Certo, è una recensione cattiva.

JENNIFER - Hai ragione, Wayne. Non credo che gli siamo piaciuti.

WAYNE - Tu gli sei piaciuta.

JENNIFER - Io faccio vedere le cosce. Gli uomini non possono resistermi.

NATHAN - Sapete, era molto tempo che non passavo una serata così movimentata. Quando vivevo nella camera ammobiliata, c’è stato un incendio, ma non era niente in confronto a questo.

JENNIFER - Che peccato.

NATHAN - Non dicevo in quel senso. Volevo solo dire…

JENNIFER - Lo so cosa volevi dire, Nathan. Stavo solo facendo la rompiscatole. È un tratto patologico. Chiedilo a Wayne.

WAYNE - Si. È patologico. Non può farci niente. (Nathan accetta questa risposta. Irene entra dalla porta d’ingresso, senza bussare. Lentamente, a disagio, va a prendere la cesta della biancheria)

IRENE - Vuole la cesta. Vuole portarla a casa di Barbara. Dov’è Dorothy?

JENNIFER - È ancora di là.

IRENE - Per favore, ditele che mi dispiace.

WAYNE - Certo.

IRENE - (Vuota) Ernie dice che la cesta farà colpo a casa di Barbara. Dice che è una cosa molto comica. È meglio che vada da lui. Buona notte.

JENNIFER - Buona notte.

WAYNE - Irene. Non è colpa tua.

IRENE - Non penso che Charlie sia patetico. L’ho detto. Ma non lo… (Irene non riesce a continuare. Scuote la testa debolmente ed esce)

WAYNE - Mi dispiace per lei, ritrovarsi nel bel mezzo di tutto ciò.

NATHAN - Non sembra un uomo con cui è molto facile vivere.

JENNIFER - (Dopo una pausa) Non mi dispiace che abbia preso la cesta. Comunque ormai non ci serviva più.

WAYNE - Però toglie un po’ di divertimento alla festa. Oink! Oink!

JENNIFER - (Unendosi a lui) Oinkoinkoink! (Jennifer e Wayne si guardano. Sempre facendo il verso della foca, si avvicinano a Nathan, esortandolo a unirsi a loro. Lui resiste, ma alla fine, in uno scoppio insolito, li imita, battendo le mani come una foca)

WAYNE, NATHAN e JENNIFER - (Insieme) Oinkoinkoinkoinkoinkoink!!! (Ridono tutti. La risata si smorza. Alla fine, Nathan si avvia in cucina)

NATHAN - Beh, me ne vado. È tardi. Vado a dirlo a Dorothy.

JENNIFER - No, Nathan, non ora. Lasciala sola.

NATHAN - Certo, hai ragione. Sono d’accordo. Certo.

JENNIFER - Glielo diremo noi.

NATHAN - Sapete, tra tutte le persone al liceo, Dorothy è l’unica che cerca di farmi sentire a casa. Sono stati tutti carini, ma Dorothy è… gentile. Ha capito che ero un uomo solo che aveva bisogno di nuovi amici. È strano a dirsi, ma mi sono divertito. Non esco molto.

JENNIFER - (Ironica) No?

WAYNE - Smettila, Jennifer. Nathan sta cercando di parlare seriamente.

NATHAN - Oh, non far caso a lei, Wayne. È patologico. (Un sorriso timido) Hai delle bellissime gambe.

JENNIFER - Nathan, che mascalzone! Vai a casa e lavati il cervello con la varichina.

NATHAN - (Stringendogli la mano) Wayne, spero di rivederti.

WAYNE - Anch’io.

NATHAN - (Una piccola illuminazione) Sai che faccio domani? Vado a comprare dei soprammobili! Me ne sono privato per troppo tempo. La vita è breve. Buona notte. (Nathan ride, saluta con la mano ed esce. Jennifer e Wayne si guardano. Jennifer canticchia la colonna sonora di “The Twilight zone”)

WAYNE - Beh, in fondo è un uomo dolce. Che brutta storia quella della moglie. Un tipo come lui, gli ci vorrà un sacco di tempo per trovare qualcuno che se lo scopi.

JENNIFER - Sei molto profondo, Wayne. Non ci avevo mai pensato prima, ma tu si. Sei molto profondo.

WAYNE - Tu un marito devi farlo diventare pazzo. Quel poveretto dev’essere impazzito.

JENNIFER - Quel poveretto era troppo occupato a sedurre cameriere in città tipo Bridgeport per impazzire. Avevamo tanti di quei deodoranti per ambienti che dovevamo fare la misurazione del polline ogni ora. (Si interrompe) Eccetera…

WAYNE - Pensi che dovremmo andare a vedere come sta Dorothy?

JENNIFER - Uscirà lei.

WAYNE - Mona se n’è andata.

JENNIFER - Si è proiettata astralmente o ha preso la macchina?

WAYNE - Ha una storia con uno a Filadelfia. Uno più giovane. Probabilmente è meglio.

JENNIFER - Probabilmente.

WAYNE - Sai, se non fossi dovuto uscire dalla finestra, stasera, gli sarei piaciuto di più. (Pausa) Forse no. (Cruda onestà) L’anno scorso, un amico mi ha procurato un provino su una nave da crociera. Cercavano un cantante. Così ci sono andato. Volevo quel posto, sai. Avrei lasciato il negozio di fotocopie in un secondo. (Una risata) Così, ho fatto il provino. Sono salito su questo palcoscenico da cabaret e ho cantato la mia canzone. E quell’uomo, tutto solo al buio, ha detto, “Grazie, le faremo sapere.” Ma volevo quel lavoro così tanto che praticamente ho scongiurato quel tipo di dirmelo subito. Sai cos’ha detto? “Senta, se la ingaggiassimo, dovremmo comprare altre scialuppe di salvataggio.” Poi si è messo a ridere. (Ci pensa) Avevo cantato “Moon river”. Ero così nervoso, che a metà canzone ho dimenticato le parole e ho canticchiato un pezzetto. (Wayne fa qualche nota, poi cambia e passa alla disperata versione canticchiata)

JENNIFER - E non ti ha dato il posto? Che bastardo. (Ridono tutti e due. Sono molto rilassati l’uno con l’altra)

WAYNE - Immagino che dovrei accompagnarti a casa. Domattina, puoi chiamare il meccanico. (Notando Horace) Non ci posso credere. Nathan ha dimenticato Horace.

JENNIFER - Non svegliarlo. Si rimetterà a parlare delle praterie.

WAYNE - A modo suo è tenero.

JENNIFER - Ehi, Wayne, ho un’idea.

WAYNE - Si?

JENNIFER - Quando mi accompagni a casa, perché non sali anche tu? Puoi fare del sesso pacchiano e imbarazzante.

WAYNE - Con te?

JENNIFER - Sono pulita, Wayne. Ho un certificato. E nella mia camera da letto ci sono specchi dappertutto.

WAYNE - Domattina ci sentiremmo strani. Lo so.

JENNIFER - Certo. È per questo che si fa sesso, non lo sapevi?

WAYNE - Posso farti una domanda?

JENNIFER - No, se è ancora su quella maledetta uscita dalla finestra.

WAYNE - Parli sul serio o stai facendo la spiritosa? Certe volte non riesco a capirlo.

JENNIFER - (Un sorriso) Qualche volta non lo capisco neanch’io. (Dorothy entra dalla cucina)

DOROTHY - Beh, ho lavato i ripiani almeno quattrocento volte e ho pulito per ben due volte ogni secchio dell’immondizia, poi ho pensato che era ora di smetterla di cercare di pulire le cose.

WAYNE - Nathan se n’è appena andato. Ha dimenticato Horace.

DOROTHY - Povero Nathan. Non so cosa penserà di me.

WAYNE - Ha detto che si è divertito molto.

DOROTHY - Non esce spesso.

JENNIFER e WAYNE - (Insieme) No? (Ridono tutti. Dorothy si guarda intorno tristemente)

DOROTHY - Mi dispiace per Ernie. È sempre stato un amico.

WAYNE - Passerà.

DOROTHY - Non sarà mai più lo stesso. Possiamo fingere che lo sia, ma sappiamo che non è così.

WAYNE - Senti, noi ce ne andiamo. È stata una lunga serata. Devo ancora accompagnare Jennifer. La sua macchina si è rotta.

JENNIFER - (Abbracciando Wayne) Quello che Wayne sta cercando di dire è che il fatto che ce ne andiamo insieme non deve essere scambiato per un “menage a deux”. Anche se sto progettando di usare tutte le mie astuzie femminili per catturare questo Adone acrilico.

WAYNE - Non ha la minima probabilità di successo.

DOROTHY - Non lo so, Wayne. È molto furba.

WAYNE - Neanche una probabilità su un milione.

DOROTHY - (Allegramente) Beh, perché voi piccioncini non…

WAYNE - Dammi un attimo di respiro, per favore.

DOROTHY - Portare Jennifer a casa dove vive tutta sola e probabilmente avrà bisogno di aiuto per salire tutte quelle scale buie.

WAYNE - Abita al primo piano.

JENNIFER - Ho dei giocattoli sexy, Wayne. Potremmo giocare con le mie bambole gonfiabili.

WAYNE - In-cre-di-bi-le… (Baciando Dorothy) Buona notte, Dorothy. Grazie di tutto. E Dorothy, avevi ragione. Ernie se l’è voluta.

DOROTHY - Forse, Wayne. Forse.

JENNIFER - (Abbracciando Dorothy) Dormi un po’.

DOROTHY - Certo.

WAYNE - Buona notte.

JENNIFER - Vado a conquistare la fortezza.

WAYNE - Un’assoluta campionessa mondiale di rottura di palle. (Ridono. Wayne esce. Dorothy trattiene Jennifer)

DOROTHY - Jennifer, l’hai chiamato?

JENNIFER - Si.

DOROTHY - Ci vai?

JENNIFER - Si.

DOROTHY - (Abbracciandola) Diventerai una star. E io e Charlie verremo a stare nella tua villa.

JENNIFER - Si, potete prendere la camera degli ospiti quando Warren Beatty l’avrà liberata. Buona notte. Ti chiamo domani, dopo aver parlato con Peter. (Jennifer esce. Dorothy chiude la porta e accende la luce del porticato. Guarda di sopra, ispeziona la stanza, spegne un paio di luci, poi raccoglie alcuni resti del party e va in cucina. Charlie scende in soggiorno. Porta ancora il pigiama e la cravatta. Ha aggiunto un maglione rosso brillante. Entra nella stanza. Ha con sé una sdraio. La mette giù. Vede Horace. Si siede vicino a lui)

CHARLIE - È freddino. Tra poco ricomincerà a nevicare. (Un momento) Va bene essere timidi. Le persone timide hanno dei sentimenti. È solo che li tengono per sé. Io mi identifico con i timidi. (Lascia che questo faccia il suo effetto) Naturalmente, se esageri, la gente non ti sopporta. (Dorothy entra dalla cucina. Continua a pulire)

DOROTHY - Mi sembrava di aver sentito parlare. Che c’è, tesoro, non riesci a dormire?

CHARLIE - Non ho chiuso occhio. Il Gelo è venuto a bivaccare nel mio letto.

DOROTHY - Ho altre coperte.

CHARLIE - Hai dato proprio un bel party, Dorothy. Mi sono divertito moltissimo.

DOROTHY - Grazie, Charlie.

CHARLIE - (Indicando Horace) È bello avere di nuovo un ragazzino in casa, vero?

DOROTHY - (Questo la fa immobilizzare) Non è un ragazzino, tesoro. È solo un pupazzo.

CHARLIE - Lo so. Pensi che io sia nato ieri?

DOROTHY - Perché non vai a letto mentre io preparo una cioccolata calda, poi possiamo vederci un film in TV. Mi sembra un programma… avventuroso.

CHARLIE - Basta che non sia uno di quei film estivi. Odio i film ambientati al mare. La gente non parla come dovrebbe in costume da bagno. L’esofago non può distendersi. È un fatto.

DOROTHY - Sono d’accordo. Niente film estivi. Vai. Arrivo subito.

CHARLIE - Nella mia mettici un po’ di altea. Quella che galleggia.

DOROTHY - Quella che galleggia. Certo.

CHARLIE - Mi preoccupa.

DOROTHY - Chi?

CHARLIE - Quel ragazzino. È così silenzioso.

DOROTHY - Probabilmente ha molti segreti.

CHARLIE - Sai, quando Scoiattolino diventava silenzioso, lo sai cosa gli dicevo? Dicevo, “Il gatto ti si è mangiato la lingua?” Rideva sempre quando glielo dicevo.

DOROTHY - Me lo ricordo, amore.

CHARLIE - Era un ragazzino meraviglioso.

DOROTHY - Lo so.

CHARLIE - “Il gatto ti si è mangiato la lingua?” E lui rideva.

DOROTHY - Me lo ricordo.

CHARLIE - Quando è morto, ho scritto una lettera a Dio. “Caro Dio”, ho scritto, “chi cazzo ti credi di essere? Firmato, Charlie.” Mi sentivo a disagio a usare un linguaggio profano con Dio, ma soffrivo così tanto.

DOROTHY - Lui lo capiva, Charlie.

CHARLIE - Col cazzo! Mi ha risposto, “Caro Charlie, chi cazzo credi di essere tu? Firmato, Dio.” (Come se questo spiegasse tutto, Charlie va di sopra senza tante cerimonie. Dorothy rimane in silenzio. Guarda tutte le sedie. Un sorriso fatalistico. Spegne qualche altra luce. Vede la recensione spiegazzata, la prende, poi, quasi con indifferenza, la butta nel cestino della carta straccia. Si avvia in cucina, si volta indietro e vede Horace. Incapace di resistere, va da lui e gli si siede accanto sul divano. Lunga pausa. Poi, con gentilezza, gli tocca il piede)

DOROTHY - Il gatto ti si è mangiato la lingua? (Esausta, emotivamente provata, scoppia in un breve pianto. Quasi istantaneamente, smette. Dà un’ultima pacca a Horace, si alza, guarda verso la scalinata. Va svelta in cucina. Horace rimane solo in scena. Le luci sfumano e c’è buio)

SIPARIO