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Aminta (ms

Aminta

(ms. Campori 491)

di Torquato Tasso

 [Prologo]

AMORE IN HABITO PASTORALE Amore Chi crederia che sotto humane forme e sotto queste pastorali spoglie Fosse nascosto un Dionon mica un Dio  Selvaggio ò della plebe delli Dei? Ma tra grandi e celesti il più potente Che fa spesso cader di mano a Marte  La sanguinosa spada et a Netunno  Scotitor della terra il gran Tridente E le folgori eterne al sommo Giove  In questo aspetto certo e in questi panni Non riconoscerà si di leggiero Venere Madre me suo figlio Amore  Io da lei son constretto di fuggire E celarmi da lei perch'ella vuole Ch'io di me stesso e delle mie saette Faccia a suo senno: e qual femina e quale Vana et ambiziosa, mi rispinge Pur tra le corti e tra corone e scettri E quivi vuol ch'impieghi ogni mia prova: E solo al vulgo de ministri miei Miei minori fratelli ella consente L'albergar tra le selve et oprar l'arme Ne rozzi petti io che non son fanciullo Se ben ho volto fanciullesco et atti Voglio distrar di me come à me piace, Ch'a me fu non a lei concessa in sorte La face onnipotente e l'Arco d'oro Però spesso celandomi e fuggendo L'imperio no, ch'in me non l'ha ma i prieghi Ch'han forza porti da importuna Madre Ricovero ne boschi e ne le case De le genti minute. Ella mi segue Dar promettendo à chi m'insegna a lei O dolci baci o cosa altra più cara Quasi io di dare in cambio non sia buono A chi mi tace ò mi nasconde à lei O dolci baci, ò cosa altra più cara Questo so certo almen che i baci miei Saran sempre più cari à le fanciulle Se io che son l'Amor d'amor m'intendo. Onde sovente ella mi cerca invano Che rivelarmi altri non vuole e tace Ma per istarne anco più occulto ond'ella Ritrovar non mi possa à i contrasegni Depost'ho l'Ali e la faretra e l'Arco Non pero disarmato io qui ne vegno Che questa che par Verga e la mia Face Così l'ho trasformata e tutta spira D'invisibili fiamme: e questo dardo Se ben'egli non ha la punta d'oro E di tempre divine e imprime amore Dovunque fiede. Io voglio hoggi con questo Far cupa e immedicabile ferita nel duro sen della più cruda Ninfa Chi mai seguisse il coro di Diana  Ne la piaga di Silvia fia minore Che questo e il nome de l'alpestre ninfa Che fosse quella che pur feci io stesso Nel molle sen d'Aminta hor son molt'anni Quando lei tenerella ei tenerello seguiva nelle caccie e ne diporti E perchè il colpo mio più in lei s'interni Aspetterò che la pietà molisca Quel duro gielo che d'intorno al core L'ha ristretto il rigor de l'honestade E del virginal fasto. Et in quel punto Ch'ei fia più molle lancierogli il dardo E per far si bell'opra à mio grand'agio Io ne vò à mescolarmi fra la turba De pastori festanti e coronati Che già qui s'è inviata, ove a diporto Si stà ne di solenni esser fingendo Uno di loro schiera, e 'n questo luogo, In questo luogo apunto io farò il colpo Ma veder non potrallo occhio mortale Queste selve hoggi ragionar d'Amore Udranno in nova guisa e ben parassi Che la mia deità sia qui presente In se medesma e non ne suoi ministri Spirerò nobil sensi a rozzi petti Radolcirò de le lor lingue il suono Perchè ovunque io mi sia io sono Amore  Ne pastori ne me che negli stessi E la disuguaglianza di soggetti Come à me piace agguaglio. E questa è pur Suprema gioia e gran miracol mio. Render simili a le più dotte cetre Le rustiche sampogne. E se mia Madre Che si sdegna vedermi errar fra boschi Ciò non conosce, è cieca. Ma non io Cui cieco à torto il cieco vulgo àppella.

Atto primo

Scena prima

DAFNE SILVIA

DAFNE

Vorai dunque pur Silvia

Da i piaceri di Venere lontana

Menarne tu questa tua giovinezza?

Ne il dolce nome di madre udirai?

Ne intorno ti vedrai vezzosamente

scherzare i figli pargoletti?ah cangia

Cangia prego consiglio

Pazzarella che sei

SILVIA

Altri segua i diletti de l'Amore

Se pur v'è nel Amore alcun diletto

Ma questa vita giova: e 'l mio trastullo

È la cura de l'Arco e de gli strali

Seguir le fere fugaci e le forti

Atterrar combattendo; e se non mancano

saette alla Faretra o fere al bosco

Non temo io ch'à me manchino diporti

DAFNE

Insipidi diporti veramente

Et insipida vita: e s'a te piace

È sol perchè non hai provata l'altra

Così la gente prima che già visse

Nel mondo ancora semplice et infante

Stimò dolce bevanda e dolce cibo

L'acqua e le ghiande et hor l'acqua e le ghiande

Sono cibo e bevanda d'animali

Poiche s'è posto in uso il Grano e l'Uva

Forse se tu gustassi anco una volta

La millesima parte de le gioie

Che gusta un cor amato riamando

Diresti ripentita sospirando

Perduto è tutt'il tempo

Ch'in amar non si spende.

O mia fuggita etate

Quante vedove notti

Quanti di solitari

Ho consumato indarno

Ch'impiegarsi potevano in quest'uso

Il qual più replicato e più soave

Cangia cangia consiglio

Pazzarella che sei

Che 'l pentirsi da sezzo nulla giova

SILVIA

Quand'io dirò pentita sospirando

Queste parole ch'hor tu fingi et orni

Come a te piace torneranno i fiumi

A le lor fonti e i lupi fuggiranno

Dagli Agni e 'l Veltro le timidi Lepri

Amerà l'Orso il Mare e 'l Delfin l'Alpe

DAFNE

Conosco la ritrosa fanciullezza

Qual tu sei, tale io fui: cosi portava

La vita il volto e cosi biondo il crine

E cosi vermigliuzza havea la bocca

E cosi mista co 'l candor la rosa

Ne le guancie pienotte e delicate

Era il mio sommo gusto (hor me n'aveggio

Gusto da sciocca) sol tender le reti

et invischiar le panie et aguzzare

Il dardo ad una cote e spiar l'orme

E 'l covil de le fere e se tal hora

Vedea guatarmi da cupido amato

Chinava gli occhi rustica e selvaggia

Piena di sdegno di vergogna e m'era

Mal grata la mia gratia e dispiacente

Quanto di me piaceva altrui pur come

Fosse mia colpa e mia onta e mio scorno

L'esser guardata amata e desiata

Ma che non puote il tempo? e che non puote

Servendo meritando supplicando

Fare un fedele et importuno amante?

Fui vinta io te 'l confesso: e furon l'arme

Del vincitore humilta sofferenza

Pianti sospiri e domandar mercede

Mostrommi l'ombra d'una breve notte

All'hora quel ch'el lungo corso e 'l lume

Di mille giorni non m'havea mostrato

Ripresi all'hor me stessa e la mia cieca

Simplicitate e dissi sospirando

Eccoti Cintia il corno eccoti l'Arco

Ch'io rinuntio i tuoi studi e la tua vita

Cosi spero veder ch'anco il tuo Aminta

Pur un giorno domestichi la tua

Rozza salvatichezza et ammolisca

Questo tuo cor di ferro e di macigno

Forse ch'ei non e bello? ò ch'e non t'ama?

O ch'altri lui non ama? ò ch'ei si cambia

Per l'amor d'altri? over pur l'odio tuo?

Forsi che 'n gentilezza egli ti cede?

Se tu sei figlia di Cedippe a cui

Fu padre il Dio di questo nobil fiume

Et egli è figlio di Silvano à cui

Panne fu padre il gran dio de pastori

Non è men di te bella se ti guardi

Dentro lo specchio mai d'alcuna fonte

La candida Amarilli e pur ei sprezza

Le sue dolci lusinghe e segue i tuoi

Dispettosi fastidi: Hor fingi (e voglia

Pur Dio che questo fingere sia vano)

Ch'egli teco sdegnato alfin procuri

Ch'à lui piaccia colei, cui tanto e piace

Qual animo fia il tuo? e con quali occhi

Il vedrai fatto altrui? fatto felice

Ne l'altrui braccia e te scherni ridendo?

SILVIA

Faccia Aminta di se e de suo amore

Quelch'à lui piace à me nulla ne cale

E pur che non sia mio, sia di chi vuole

Ma esser non può mio s'io lui non voglio:

Ne s'anco egli mio fosse io sarei sua.

DAFNE

Onde nasce il tuo odio?

SILVIA

Dal suo amore

DAFNE

Piacevol padre di figlio crudele

Ma quando mai da i mansueti Agnelli

Nacquer le Tigri? ò i bei Cigni da Corbi?

O' me inganni ò te stessa.

SILVIA

Odio il suo Amo[re]

Ch'odia la mia honestade, et amai lui

Mentre ei volse di me quel ch'io volea

DAFNE

Tu volevi il tuo peggio. Egli à te brama

Quel ch'à se brama.

SILVIA

Dafne ò taci ò parla

D'altro se vuoi risposta.

DAFNE

Hor guata modi?

Guata che dispettosa giovinetta?

Hor rispondimi almen s'altri t'amasse

Gradiresti il suo amore in questa guisa?

SILVIA

In questa guisa gradirei ciaschuno

Insidiator di mia virginitate

Che tu domandi amante et io nimico

DAFNE

Stimi dunque nimico

Il Monton de l'Agnella?

De la giovenca il Toro?

Stimi dunque nemico

Il tortore à la fida tortorella

Stimi dunque stagione

D'inimicizia e d'ira

La dolce Primavera

Ch'hora allegra e ridente

Ci consiglia ad amare

Il Mondo e gli Animali

E gli huomini e le donne? e non t'accorgi

Come tutte le cose

Hor sono inamorate

D'un amor pien di gioia e di s[.....]

Mira la quel colombo

Che con dolce sussurro lusingando

Bascia la sua compagna

Odi quel lusignolo

che và di ramo in ramo

Cantando i àmo i àmo e se no'l sai

La biscia hor lascia il suo veleno e corre

Cupida al suo amatore

Van le Tigri in amore

Ama il leon superbo. E tu sol fera

Più che tutte le fere

Albergo gli dinieghi ne'l tuo petto

Ma che dico Leoni, Tigri, e Serpi

Ch'hanno pur sentimento? amano ancora

Gli Alberi veder puoi con quanto affetto

E con grandi iterati abbracciamenti

La vite s'aviticchia al suo marito.

L'Abete ama l'Abete il Pino il Pino

L'Orno per l' Orno, e per lo Salce il Salce.

E l'un per l'altro Faggio arde e sospira

Quella quercia ch'è pure

Si ruvida e selvaggia

Sente anch'ella il potere

De l'amoroso foco. E se tu havessi

Spirto e senso d'Amore intenderesti

I suoi muti sospiri. Hor tu da meno

Esser vuoi de le piante

Per non esser amante?

Cangia cangia consiglio

Pazzarella che sei

Horsu quando i sospiri

Udirò delle Piante

Io son contenta all'hor d'esser amante

DAFNE

Tu prendi à gabbo i miei fidi consigli

E burli mie ragioni? ò in amore

Sorda non men che sciocca. ma va puro

Che verà tempo che ti pentirai

Non haverli seguiti. E gia non dico

All'hor che fuggirai le fonti, solo

Per tema di vederti crespa e brutta

Questo averatti ben ma non t'annunzio

Già questo solo che ben ch'è gran male

E però mal commune. Hor non ramenti

Cio che l'altr'hieri Elpino racontava

Il saggio Elpino a la bella Licori

Licori chi 'n Elpin puote con gli occhi

Qual ch'ei potere in lei devria co'l canto

Se 'l devere in amor si ritrovasse

E 'l racontava udendo Batto e Tirsi

Gran maestri d'Amore e 'l racontava

Ne l'antro de l'Aurora ove su l'uscio

E' scritto: lunge , O' lunge ite ite profani.

Diceva egli e diceva che glie'l disse

Quel grande che cantò l'arme e gli amori

Ch'à lui lasciò la fistola morendo:

Che lagiù ne l'Inferno e un nero speco

La dove essala un Fumo pien di puzza

Da le tristi fornaci d'Acheronte

E che quivi punite eternamente

In tormenti di tenebre e di pianto

Son le femine ingrate e sconoscenti

Quivi aspetta ch'albergo s'apparecchi

A la tua feritade

È dritto e ben chi'l fumo

Tragga mai sempre il pianto da quegli occhi

Onde trarlo giamai

Non potè la pietate

Segui segui tuo stile

Ostinata che sei

Ma che fe all'hor Licori e che rispose

A queste cose?

DAFNE

Tu de' fatti prorpi

Nulla ti curi e vuoi saper gli altrui

Che risponder potea se non con gli occhi?

Risposer questi con dolce sorriso

Volti ad Elpino; Il cuore e noi siam tuoi

Tu bramar più non dei. costei non puote

Più darti e tanto solo basterebbe

Per intiera mercede al casto amante

Se stimasse veraci come belli

Quegli occhi e lor prestasse intiera fede.

SILVIA

E perchè lor non crede?

DAFNE

Hor tu non sai

Ciò che Tirsi ne scrisse? all'hor ch'ardendo

Forsenato egli errò per le foreste

Si ch'insieme movea pietate e riso

Ne le vezzose Ninfe e ne Pastori?

Ne già cose scrivea degne di riso

Se ben cose facea di riso

lo scrisse in mille piante e con le piante

crebbero i versi e cosi lessi in una

Specchi del cor fallaci, infidi lumi

Ben riconosco in voi gli inganni vostri

Ma che pro se schivarli Amor mi toglie?

SILVIA

Io qui trapasso il tempo ragionando

Ne mi soviene ch'hoggi è il di prescritto

Ch'andar si deve alla caccia ordinata

Ne l'Eliceto. Hor se ti pare aspetta

Ch'io pria deponga nel solito fonte

Il sudore e la polve ond'hier mi sparsi

seguendo in caccia una dama veloce

Ch'al fin giunsi et uccisi.

DAFNE

Aspettarotti

E forse anch'io mi bagnerò nel fonte

Ma sino alle mie case ir prima voglio

Che l'hora non e tarda come pare

Tu ne le tue aspetta che à te vegna

E pensa intanto pur quel che più importa

De la caccia e del fonte e se non sai

credi di non sapere e crede à savi

Scena seconda

AMINTA TIRSI

AMINTA

Ho visto al pianto mio

Risponder per pietate i sassi e l'onde

E sospirar le fronde

Ho visto al pianto mio:

Ma non ho visto mai,

Ne spero di vedere

Compassion ne la crudele e bella

Che non so s'io mi chiami %ograve; donna ò fera

Ma niega d'esser donna

Poiche niega pietate

A chi non la negaro

le cose inanimate

TIRSI

Pasce l'Agne l'herbetta il Lupo l'Agne

Ma'l crudo Amor di lagrime si pasce

Ne se ne mostra mai satollo.

AMINTA

Ahi lasso

Ch'Amor satollo e del mio pianto homai

E solo ha sete del mio sangue e tosto

Voglio ch'egli e quest'empia il sangue mio

Bevan con gli occhi.

TIRSI

Ahi Aminta ahi Aminta

Che parli? ò che vaneggi? hor ti conforta

Ch'un altra troverai se ti disprezza.

Questa crudele.

AMINTA

Ohimè come poss'io

Altri trovar se me trovar non posso?

Se perduto ho me stesso quale acquisto

Farò mai che mi piaccia?

TIRSI

O' miserello

Non disperar ch'acquistarai costei

La lunga etate insegna à l'huom di porre

freno à i leoni et à le tigri hircane

AMINTA

Ma'l misero non puote à la sua morte

Indugio sostener di lungo tempo.

TIRSI

Sarà corto l'indugio: in breve spatio

S'adira e 'n breve spatio poi si placa

Femina cosa mobil per natura

Più che fraschetta al vento e più che cima

Di pieghevole spiga. ma ti prego

Fa ch'io sappia più à dentro de la tua

Dura conditione e de l'amore

Che se ben confessato m'hai più volte

D'amare mi tacesti però dove

Fosse posto l'amore. et è ben degna

La fedele amicitia et il commune

Studio de le muse ch'à me scopra

Ciò ch'è gli altri si cela

AMINTA

Io son contento

Tirsi a te dir cio che le selve e i Monti

E i fiumi sanno e gli huomini non sanno

Ch'io son homai si presso alla mia morte?

Ch'è ben ragion ch'io lasci chi ridica

La cagion del morire e chi l'incida

Ne la scorza d'un faggio appresso il luoco

Ove sarà sepolto il corpo essangue?

Si che tal'hor passandovi quel empia

Si goda di calcar l'ossa infelici

Co'l piè superbo e tra se dica è questo

Pur mio trionfo e goda di vedere

Che nota sia la sua vitoria à tutti

I pastor paesani e peregrini

Che quivi il caso guidi. E forse (ahi spero

Troppo alte cose) un giorno esser potrebbe

Ch'ella commossa da tarda pietate

Piangesse morto chi già vivo uccise?

Dicendo ò pur qui fosse e fosse mio

Hor odi

TIRSI

Segui pur ch'io t'ascolto

E forse à miglior fin che tu non pensi

AMINTA

Essendo io fanciulletto si che apena

Giunger potea con la man pargoletta

Acorre ì frutti da i piegati rami

De gli arboscelli intrinseco divenni

De la più vaga e cara Virginella

Che mai spiegasse al vento chioma d'oro

La figliola conosci di Cidippe?

e di Montan richissimo di armenti

Silvia honor de le selve ardor de l'arme?

Di questa parlo. ah lasso vissi à questa

Così unito alcun tempo che fra due

Tortorelle più fida compagnia

Non sarà mai ne fue

Congiunti eran gli alberghi

Ma più congiunti i cuori

Conforme era l'etate

Ma'l pensier più conforme

Seco tendeva insidia con le reti

A i pesci et à gli augelli e seguitava

I cervi seco e le veloci Damme

E'l diletto e la preda era commune

Ma mentre io fea rapine d'Animali

Fui non so come à me stesso rapito

À poco à poco nacque nel mio petto

Non so da qual radice

Com'herba suol che da se stessa germini

Un incognito affetto

Che mi fea desiare

D'esser sempre presente

À la mia bella Silvia

E bevea da suoi lumi

Una strania dolcezza

Che lasciava nel fine

Un non sò che d'amaro

Sospirava sovente, e non sapeva

la cagion de i sospiri

Cosi fui prima amante che intendessi

Che cosa fosse amore

Ben me n'accorsi al fine et in qual modo

Hora m'ascolta e nota.

TIRSI

È da notare

AMINTA

A l'ombra d'un bel faggio Silvia e Filli

Sedeano un giorno et io con loro insieme:

Quando un Ape ingegnosa che cogliendo

S'en giva il mel per que prati fioriti

Alle guancie di Fillide udendo

À le guancie vermiglie come rosa

Le morse e le rimorse avidamente

Ch'à la similitudine ingannata

Forse un fior le credette, all'hora Filli

Cominciò à lamentarsi impatiente

De l'acuto dolor de la pontura

Ma la mia bella Silvia disse. taci

Taci non ti lagnar Filli perch'io

Con parole d'incanto leverotti

Il dolor de la picciola ferrita

À me insegnò già questo secreto

La saggia Aresia, e n'hebbe per mercede

Quel mio corno d'Avorio ornato d'oro

Così dicendo avicinò le labra

De la sua bella e dolcissima bocca

A la guancia rimorsa e con soave

Sussurro mormorò non so che versi

Ò mirabili effetti senti tosto

Cessar la doglia: ò fosse la virtute

Di que magici detti (Ò com'io credo)

La virtu della bocca

Che sana cio che tocca

Io che sino à quel punto altro non volsi

Che'l soave splendor degli occhi belli

È le dolci parole assai più dolci

Che'l mormorar d'un lento fiumicello

Che rompa il corso fra minuti sassi

Ò che 'l garir de l'aura fra le fronde

All'hor sentij nel cuor nove desire

D'appressare alla sua questa mia bocca

È fatto (non so come) astuto, e scaltro

Più del usato guarda quanto Amore

Aguzza l'intelletto [mi so]venne

D'un inganno .gen[tile] co'l qual io

Recar potessi à fine il mio talento

Che fingendo che un' ape havesse morso

il mio labro di sotto incominciai

Àlamentarmi di cotal maniera

Che quella medicina, che la lingua

Non richiedeva il volto richiedeva

La simplicetta Silvia

Pietosa del mio male

S'offrì di dare aita

A la finta ferita (ahi lasso) e fece

Più cupa e più mortale

La mia piaga verace

Quando le labra sue

Giunse à le labra mie

Nè l'Api d'alcun fiore

Coglion si dolce il suco

Come fu dolce il mele ch'all'hor colsi

De quelle fresche rose

Se ben gli ardenti baci

Che spingeva il desire à inhumidirsi

Rafrenò la temenza

[E la ] vergogna e felli

Più [le]nti e meno audaci

Ma mentre al cuor scendea

Q[uella] dolcezza mista

D'un secreto veleno

Tal diletto n'havea

Che fingendo ch'anchor non mi passasse

il dolor di quel morso

Fei si ch'ella più volte

Vi replicò l'incanto

Da indi in quà andò in guisa crescendo

Il desire e l'affanno impatiente

Che non potendo più capir nel petto

Fu forza che scopiasse: et una volta

Che à cerchio sedevam Ninfe e Pastori

E facevamo alcuni nostri giochi

Che ciaschun nel orecchio del vicino

Mormorando diceva un suo secreto

Silvia le dissi io per te ardo certo

Morrò se non m'aiti. A quel parlare

Chinò ella il bel volto e fuor gli venne

Un improviso insolito rossore

Che diede segno di vergogna e d'ire

Ne hebbi altra risposta che un silentio

Un silentio turbato e pien di dure

Minaccie. Indi si tolse e più non volle

Ne vedermi ne udirmi e gia tre volte

Ha il nudo mietitor tronche le spiche

Et altre tante il verno ha scosso i boschi

di loro verdi chiome et ogni cosa

Tentata ho per palcarla fuor che morte

Mi resta sol che per placarla io moia

E morrò volontier purch'io sia certo

Ch'ella ò se ne compiaccia ò se ne doglia

Ne so di tai due cose qual più brami

Ben fora la pietà premio maggiore

A la mia fede, e maggior ricompensa

A la mia morte ma bramar non deggio

Cosa che turbi il bel lume sereno

À gli occhi cari e affanni quel bel petto

TIRSI

È possibil però che s'ella un giorno

Udisse tai parole non t'amasse?

AMINTA

No'l so ne'l credo. ma fugge i miei detti

Come l'Aspe l'incanto.

TIRSI

Horsù confida

Ch'à me da il cor di far ch'ella t'ascolti

AMINTA

Ò nulla impetrarai ò se tu impetri

Ch'io parli io nulla impetrarò parlando

TIRSI

Perchè disperi si?

AMINTA

Giusta cagione

Ho al mio disperar ch'el saggio Mopso

Mi predisse la mia cruda ventura

Mopso ch'intende il parlar de gli Augelli

E la virtù de l'herbe e de le fonti

TIRSI

Di qual Mopso tu dici? di quel Mopso

Ch'ha ne la lingua melate parole?

E ne le labra un amichevole ghigno

E la fraude nel seno, et il rasoio

Tien sotto il manto? Horsù sta di buon core

Che i sciaurati Pronostichi infelici

Ch'ei vende à male accorti con quel grave

suo supercilio non han mai effetto

E per prova so io ciò che ti dico

Anzi da questo sol ch'ei t'ha predetto

Mi giova di sperar felice fine

À l'amor tuo.

AMINTA

Se sai cosa per prova

Che conforti mia speme non tacerla

TIRSI

Dirolla volentieri. All'hor che prima

Mia sorte mi condusse in queste selve

Costui conobbi e lo stimava io tale

Qual tu lo stimi. Intanto un di mi venne

E bisogno e talento d'irne dove

Siede la gran citade in ripa al fiume

Et à costui ne feci motto et egli

Cosi mi disse. Andrai ne la gran terra

Ove gli astuti e scaltri cittadini

E i cortegian malvagi molte volte

Prendosi à gabbo e fanno brutti scherzi

Di noi rustici incauti. Però figlio

Va su l'aviso e non t'appressar troppo

Ora sian drappi colorati [e] d'oro

E penacchi e divise e foggie nove

Ma sopra tutto guarda che mal fatto

O giovenil vaghezza non ti meni

Al magazino de le ciancie, ah fuggi

Fuggi quel incantato alloggiamento

Che luogo è questo? Io chiesi: et ei soggiunse

Quivi habitan le maghe che incantando

Fan travedere e traudir ciascuno

Ciò che diamante sembra ed oro fino

È vetro e rame: e quelle arche d'argento

Che stimaresti piene di tesoro

Sporte son piene di vesiche bugie

Quivi le mura son fatte con arte

Che parlano e rispondono à i parlanti

Ne già [ri] rispondon la parola mozza

Come Echo suole ne le nostre selve

Ma la replican tutta intiera intiera

Con giunta anco di quel ch'altri non disse

I trespidi le tavole e le banche

Le scranne le lettiere le cortine

E gli arnesi di camera e di sala

Han tutti lingua voce e gridan sempre

Quivi le ciancie in forma di bambi[sc]e

Vanno trescando e s'un Muto v'entrasse

Un muto cianciarebbe à suo dispetto

Ma questo è il minor mal che ti potesse

Incontrar, tu potresti ivi restarne

Converso in selce in fera in acqua, in foco:

Acqua di pianto e foco di sospiri

Cosi disse egli. Et io n'andai con questo

Fallace antiveder nella citade

E come volse il ciel benigno à caso

Passai per là dov'è il felice albergo

Quivi uscian fuor voci canore e dolci

E di cigni e di Ninfe e di sirene

Di sirene celesti e n'uscian suoni

Soavi e chiari e tant'altro diletto

Ch'attonito godendo et amirando

Mi [fermai] buona [pezza era] su l'uscio

Quasi per guardia de le cose belle

Huom d'aspetto magnanimo e ro[busto]

Di cui per quanto intesi in dubio stassi

S'egli sia miglior duce ò cavagliero

che con fronte benigna insieme e grave

Con regal cortesia m'invitò dentro

Ei grande e'n pregio me negletto e basso

O che sentij che vidi all'hora? Io vidi

… senza vel senza nube e quale e quanta

A gli immortali appar vergine Aurora

Sparger d'argento e d'or ruggiade e raggi

E fecondando illuminar d'intorno

Vidi Febo e le muse e fra le Muse

Elpin seder accolto et in quel punto

Sentij me far di me stesso maggiore

Pien di nova virtù pieno di nova

Deitade e cantai guerre et Herroi

Sdegnando pastoral ruvido carme

E se ben poi com'altrui piacque feci

Ritorno à queste selve io pur rite[nni]

Parte di quello spirto. Ne già suo[na]

La mia sampogna humil come sol[eva]

Ma di voce più altera e più sonora

Emula de le trombe empir le selve

Udimmi Mopso poscia e [co]n maligno

Guardo mirando affascinommi ond'io

Roco divenni e poi gran tempo tacqui

Quando i Pastor credean ch'io fossi stato

Visto dal Lupo e'l Lupo era costui

Questo t'ho detto accio che sappi quanto

Il parlar di costui di fede è degno

E dei beni sperar sol perchè ei vuole

Che nulla speri

AMINTA

Piacemi d'udire

Quanto mi narri. A te dunque rimetto

La cura di mia vita

TIRSI

Io n'havro cura

Tu lasciati trovar qui fra mezz'hora.

CHORO

O bella eta de l'oro

Non già perche di latte

Se'n corse il fiume e stilò mele il bosco

Non perchè i frutti loro

Dier da l'aratro intatte

Le terre e serpi errar senz'ira ò tosco

Non perchè nuvol fosco

Non spiego all'hor suo velo

E'n primavera eterna

Ch'hora s'accende e verna

Rise di luce e di sereno il cielo

Ne portò Peregrino

Ò merce ò guerra à gli altrui lidi il pino

Ma sol perchè quel vano

Nome senza soggetto

Quel che dal vulgo insano

[Onor] poscia fu detto

Che di nostra natura il feo tiranno

Non meschiava il suo affanno

Fra le liete dolcezze

De l'amoroso gregge

Ne fu sua dura legge

Nota à quell'alme in libertade avezze

Ma legge aurea e felice

Che natura scolpi. S'ei piace ei lice.

All'hor tra fiori e linfe

Trahean dolci carole

Gli amoretti senz'arco e senza faci

Sedean Pastori e Ninfe

Meschiando à le parole

Vezzi e sussurri et a i sussurri i baci

Strettamente tenaci

La verginella ignuda

Scopria le fresche rose

Ch'hor tien nel velo ascose

E le poma del seno accerbe e crude:

E spesso in fiume ò in lago

Scherzar si vide con l'amata il vago

Tu prima Honor velasti

La fonte de i diletti

Negando l'onde à l'amorosa sete

Tu à begli occhi insegnasti

Di starne in se ristretti

E tener la bellezze altrui secrete

Tu racogliesti in rete

Le chiome à l'aura sparte

Tu i dolci atti lascivi

Festi ritrosi e schivi

À detti il fren ponesti à passi l'arte

Opra è tua sola Honore

Che furto sia quel che fu don d'Amore.

E son tuoi fatti egregi

Le pene e i pianti nostri

Ma tu d'Amore e di natura donno

Tu domator de Regi

Che fai tra questi chiostri

Che la grandezza tua capir non ponno?

Vattene e turba il sonno

a gli illustri e potenti

Noi qui negletta e bassa

Turba senza te lassa

Viver ne l'uso de l'antiche genti

Amiam che non ha tregua

Con gli anni humana vita e si dilegua

Amiam ch'el sol si more e poi rinasce

A noi si breve luce

S'asconde, il sonno eterna notte aduce.

Atto secondo

Scena prima

SATIRO SOLO

SATIRO

Picciola è l'Ape e fa co'l picciol morso

Pur gravi e pur moleste le ferite

Ma qual cosa e più picciola d'Amore

Se'n ogni breve spatio entra e s'asconde

In ogni breve spatio? hor sotto a l'ombra

De le palpebre hor tra minuti ricci

D'un biondo crine hor dentro à le pozzette

Che forma un dolce riso in bella guancia

E pur fa tanto grandi e si mortali

E cosi immedicabili le piaghe

Ohime che tutte piaga e tutte sangue

Son le viscere mie e mille spiedi

Ha negli occhi di Silvia empia e crudele

Più che le selve, ò come a te confessi

Tal nome e quanto vide chi t'el pose

Celan le selve Angui Leoni et Orsi

Dentro il lor verde. e tu dentro al bel petto

Nascondi odio disdegno et impietade

Fere peggior ch'Angui Leoni et Orsi

Che si placano quei questi placarsi

Non possono per prego ne per dono

Ohime quand'io ti porto i fior novelli

Tu li ricusi ritrosetta forse

Perche Fior via più belli hai nel bel volto

Ohime quand'io ti porgo i vaghi pomi

Tu li rifiuti disdegnosa forse

Perchè Pomi più vaghi hai nel bel seno.

Lasso quand'io t'offrisco il dolce mele

Tu lo disprezzi dispettosa forse

Perchè mel via più dolce hai ne le labra

Ma se mia povertà non può donarti

Cosa che'n te non sia più vaga e dolce,

Me medesmo ti dono. Hor perchè iniqua

Scherni et abborri il dono? Non son io

Da disprezzar, se ben me stesso vidi

Nel liquido del mar quando l'altr'hieri

Taceano i venti et ei giacea senz'onda

Questa mia faccia di color sanguigno

Queste mie spalle larghe e queste braccia

Torose e nerborute e questo petto

Setoso e queste mie velute cosce

Son di virilità di robustezza

Inditio e se no'l credi fanne prova

Che voi tu far di questi tenerelli

Che di molle lanugine fiorite

Hanno apena le guancie? e che con arte

Dispongono i capelli in ordinanza?

Femine nel sembiante e ne le forze

Son costoro. Hor di ch'alcun ti segua

Per le selve e ne Monti e'ncontra gli Orsi

E incontra i cinghiai per te combatta

Non son io brutto no ne tu mi sprezzi

Perche si fatto io sia ma solamente

Perchè povero sono. ahi che le ville

Seguon l'essempio hor de le gran citadi

E veramente il secol d'oro è questo

Poiche sol l'oro vince e regna l'oro

O chiunque tu fosti ch'insegnasti

Primo à vender l'amor sia maledetto

Il tuo carcer sepolto, e l'ossa fredde

E non si trovi mai Pastore ò Ninfa

Che lor dica passando: Habbiate pace

Ma le bagni la pioggia e mova il vento

e con pie immondo la greggia il calpesti

E'l Peregrin. Tu prima svergognasti

La Nobiltà d'Amor: tu le sue liete

Dolcezze inamaristi Amor venale

Amor servo de l'oro. E' il maggior mostro

Et il più abominevole e'l più sozzo

Che produca la terra e'l mar fra l'onde

Ma perchè in van mi lagno? usa ciascuno

Quell'armi che gli ha dato la natura

Per sua salute. il Cervo adopra il corso

Il leone gli artigli et il bavoso

Cinghiale il dente, e son potenza et arme

Ne la donna bellezza e leggiadria.

Io perche non per mia salute adopro

La violenza se mi fe natura

Atto à far violenza et a rapire?

Sforzero rapiro quel che costei

Mi niega ingrata in merto de l'amore

Che per quanto un caprar teste m'ha detto

Ch'osservato ha suo stile ell'ha per uso

D'andar sovente à rinfrescarsi à un fonte

E mostrato m'ha il luogo ivi io dissegno

Tra i cespugli appiatarmi e tra gli arbusti

Et aspettar sinchè vi venga e come

Veggia l'occasion correrle adosso.

Qual contrasto ò co'l corso ò con le braccia

Potrà fare una tenera fanciulla

Contra me si veloce e si possente?

Pianga e sospiri pure usi ogni sforzo

Di pietà di bellezza che s'io posso

Questa mano ravolgerle nel crine

Indi non partirà ch'io pria non tinga

L'armi mie per vendetta nel suo sangue

Scena seconda

DAFNE TIRSI

DAFNE

Tirsi com'io t'ho detto io m'era accorta

Ch'Aminta amava Silvia e dio sa quanti

Buoni offici n'ho fatti e son per farli

Tanto più volontier quanto hor v'aggiungo

Le tue preghiere; ma torrei più tosto

A domar un Giuvenco, un Orso un Tigre

Ch'à domar una semplice Fanciulla

Fanciulla tanto sciocca quanto bella

Che non s'aveggia ancor come sian calde

L'armi di sua bellezza e come acute:

Ma ridendo e piancendo uccida altrui

E l'ucida e non sappia di ferire

TIRSI

Ma qual è cosi semplice fanciulla

Ch'uscita de le fasce non apprenda

L'arte del parer bella e del piacere

De l'uccider piacendo e del sapere

Qual arme fera e qual dia morte e quale

Sani e ritorni in vita?

DAFNE

Chi è il maestro

Di cotant'arte?

TIRSI

Tu fingi e mi tenti?

Quel ch'insegna à gli Augelli il canto e'l volo

A Pesci il noto et à Montoni il cozzo

Al Toro usar il corno et al Pavone

Spiegar la pompa de l'occhiute piume

DAFNE

Com'ha nome il gran mastro?

TIRSI

Dafne ha nome

DAFNE

Lingua bugiarda:

TIRSI

E perchè? Tu non sei

Atta à tener mille fanciulle à scuola?

Benchè per dirti il ver non han bisogno

Di maestro: Maestro è la natura

[Ma la ma]dre e la balia anco v'han parte

DAFNE

Insomma tu sei goffo insieme e tristo

Hora per dirti il ver non mi risolvo

Se Silvia è simplicetta come pare

A le parole à gli atti. hier vidi un segno

Che me ne mette dubio. Io la trovai

La presso la cittade in que gran prati

Ove frà stagni giace un Isoletta

Sovr'essa un lago limpido e tranquillo

Tutta pendente in atto che parea

Vagheggiar se medesma e insieme insieme

Chieder consiglio à l'acque in qual maniera

Dispor dovesse in su la fronte i crini

E sovra i crini il velo e sovra il velo

I fior che tenea in grembo e spesso spesso

Hor prendeva un ligustro hor una rosa

E l'accostava al bel candido collo

A le guancie vermiglia e de colori

Fea paragone e poi sicome lieta

De la vitoria lampeggiava un riso

Che parea che dicesse: Io pur vi vinco

Ne porto voi per ornamento mio

Ma porto voi sol per vergogna vostra

Perche si veggia quanto mi cedete

Ma mentre ella s'ornava e vagheggiava

Rivolse gli occhi à caso e si fu accorta

Ch'io di lei m'era accorta: e vergognando

Rizzossi tosto e i fior lasciò cadere

Intanto io più ridea del suo rossore

Ella più s'arrossia del riso mio

Ma perchè avolta una parte de crini

E l'altra havea sparsa una ò due volte

Con gli occhi al lago consiglier ricorse

E si mirò quasi di furto pure

Temendo ch'io nel suo guatar guatassi

Et incolta si vide e si compiacque

Perche bella si vide ancor che incolta

Io me n'avidi e tacqui.

TIRSI

Tu mi narri

Quel ch'io credeva apunto; hor non m'apposi?

DAFNE

Ben t'apponesti, ma pur odo dire

Che non erano pria le pastorelle

Ne le Ninfe si accorte ne io tale

Fui in mia fanciullezza. Il mondo invecchia

E invecchiato intristisce.

TIRSI

Forse all'hora

Non usavan si spesso i cittadini

Ne le selve e ne campi e ne si spesso

Le nostre forosette haveano in uso

D'andare à la cittade hor son meschiate

Schiatte e costumi. ma lasciam da parte

Questi discorsi. hor non farai ch'un giorno

Silvia contenta sia che le ragioni

Aminta ò solo ò almeno in tua presenza?

DAFNE

Non sòSilvia è ritrosa fuor di modo

TIRSI

E costui rispettoso fuor di modo

DAFNE

È spacciato un amante rispettoso

Conseglial pur che faccia altro mestiero

Poich'egli è tal. Chi imparar vuol d'amare

Disimpari il rispetto. Osi, domandi

Soliciti, importuni, al fine involi

E se questo non basta anco rapisca

Hor non sai tu come fatta è la Donna?

Fugge e fuggendo vuol ch'altri la giunga

Nega e negando vuol ch'altri si toglia

Pugna e pugnando vuol ch'altri la vinca

Ve Tirsi io parlo teco in confidenza

Non ridir ch'io ciò dica. e sovra tutto

Non parlo in rime. Tu sai ch'io saprei

Renderti poi per versi altro che versi

TIRSI

Non hai cagion di sospettar ch'io dica

Cosa giamai che sia contra tuo grado.

Ma ti prego ò mia Dafne per la dolce

Memoria di tua fresca giovinezza

Che tu m'aiti ad aitare Aminta

Miserel che si more.

DAFNE

Ò che gentile

Scongiuro ha ritrovato questo sciocco

Di ramentarmi la mia giovinezza

Il ben passato e la presente noia

Ma che voi tù ch'io faccia?

TIRSI

A te non manca

Ne saper ne consiglio. basta sol che

Ti disponga à volere.

DAFNE

Horsù dirotti

Dobbiamo in breve andare Silvia et io

Al fonte che s'appella di Diana

La dove à le dolci acque fa dolce ombra

Quel Platano ch'invita al fresco seggio

Le Ninfe cacciatrici. Ivi sò certo

Che tufferà le belle membra ignude

TIRSI

Ma che però

DAFNE

Ma che però? Da poco

Intenditor s'hai senno tanto basti

TIRSI

Intendo ma non sò s'egli havrà tanto

D'ardir.

DAFNE

S'ei non l'havrà stiasi et aspetti

Ch'altri lui cerchi

TIRSI

Egli è ben tal che'l merta

DAFNE

Ma non vogliamo noi parlare alquanto

Di te medesmo? horsù Tirsi non vuoi

Tu inamorarti? Sei giovane ancora

Ne passi di quatro anni il quinto lustro.

Se ben soviemmi quando eri Fanciullo

Vuoi viver neghittoso senza gioia?

Che solo amando huom sa che sia diletto.

TIRSI

I diletti di Venere non lassa

L'huom che gusta l'amore ma coglie e gusta

Le dolcezze d'amor senza l'amaro

DAFNE

Insipido è quel dolce che condito

Non è d'alquanto amaro e tosto satia

TIRSI

È meglio satiarsi ch'esser sempre

Famelico nel cibo e doppo il cibo

DAFNE

Ma non s'el cibo si possiede e piace

E gustato à gustar sempre rinvoglia

TIRSI

Ma chi possiede si quel che gli piace

Che l'habbia sempre presto à la sua fame?

DAFNE

Ma chi ritrova il ben s'egli no'l cerca?

TIRSI

Periglioso è cercar quel che trovato

Trastulla si ma più tormenta assai

Non ritrovato all'hor vedr[ass]i Amante

Tirsi mai più ch'Amor nel regno suo

Non havrà più ne pianti ne sospiri

Abastanza ho già pianto e sospirato

Faccia altri hor la sua parte.

DAFNE

Ma non hai

Già goduto à bastanza.

TIRSI

Ne desio

Goder se così caro egli si compra

DAFNE

Sarà forza l'amar se non fia voglia

TIRSI

Ma non si può sforzar chi sta lontano

DAFNE

Ma chi lunge è d'Amor.

TIRSI

Chi teme e fugge

DAFNE

E che giova fuggir da lui ch'ha l'ali

TIRSI

Amor nascente ha corte l'ali apena

Può su tenerle e non le spiega à volo

DAFNE

Pur non s'accorge l'huom quand'egli nasce

E quando huom sen'accorge e grande e vola

TIRSI

Non s'altra volta nascer no' l'ha visto.

DAFNE

Vedrem Tirsi s'havrai la fuga e gli occhi

Come tu dici io ti protesto poi

Che fai del corridore e del cerviero

Che quando io ti vedrò chiedere aita

Non moverei per aitarti un passo

Un dito un detto una palpebra sola

TIRSI

Crudel ti darà il cuor vedermi morto?

Se vuoi purch'ami ama tu me facciamo

L'amor d'accordo.

DAFNE

Tu mi scherni o forse

Non merti amante così fatta. ahi quanti

N'inganna un viso colorito e liscio

TIRSI

Non burlo io nò ma tu con tal pretesto

Non accetti il mio amor pur come è uso

Di tutte quante: ma se non mi vuoi

Viverò sanza amor.

DAFNE

Contento vivi

Più che mai fossi è Tirsi e'n otio vivi.

E nel otio l'amor sempre germoglia

TIRSI

Ò Dafne à me questi otij ha fatto Dio

Colui che Dio qui può stimarsi à cui

Si pascon gli ampi armenti e l'ampie greggi

Da l'uno a l'altro mare e per li lieti

Colti di fecondissime campagne

E per gli alpestri dossi d'Apenino

Egli mi disse all'hor che suo mi fece

Tirsi altri scacci i Lupi e i ladri e guardi

I miei murati Ovili altri comparta

Le pene e i premi à miei ministri et altri

Pasca e curi le gregge et altri le dispensi

Le lane el latte: et altri le dispensi

Tù canta hor che se in otio ond'è ben giusto

Che non gli scherzi di terreno Amore

Ma canti gli avi del mio e vivo vero

Non sò s'io lui mi chiami Appollo ò Giove

Che nell'opre e nel volto ambo simiglia

Gli avi più degni di Saturno ò Celo

Agreste Musa à regal merto e pure

Chiara ò roca che suoni ei non la sprezza

Non canto lui però che lui non posso

Degnamente honorar se non tacendo

E riverendo. ma non fian giamai

Gli altari suoi senza i miei fiori e senza

Soave fumo d'odorati incensi.

Et all'hor questa semplice e devota

Religion mi si torrà dal cuore

Che d'aria pasceransi in aria i cervi

E che mutando i Fiumi letto e corso

Il Perso bea la Senna il Gallo il Tigre.

DAFNE

Ò tu vai alto. Horsù discendi un poco

Al proposito mio.

TIRSI

Il punto è questo

Che tu in andando al Fonte con colei

Cerchi d'intenerirla. Et io fra tanto

Procurerò ch'Aminta la ne vegna

Ne la mia forse men difficil cura

Sarà di questa tua. hor vanne.

DAFNE

Io vado

Ma al proposito nostro altro intendeva.

TIRSI

Se ben raviso di lontan la faccia

Aminta è quel che di là spunta e desso

Scena terza

AMINTA TIRSI

AMINTA

Vorò veder ciò che Tirsi havrà fatto

E s'havrà fatto nulla

Prima ch'io vada in nulla

Uccider vò me stesso inanzi à gli occhi

De la crudel fanciulla:

A lei cui tanto spiace

La piaga del mio core

Colpo de suoi begli occhi

Altre tanto piacer devria per certo

La piaga del mio petto

Colpo de la mia mano.

TIRSI

Nove Aminta t'annuntio di conforto

Lascia homai questo tanto lamentarti

AMINTA

Ohime che di? Che porti?

O la vita ò la morte?

TIRSI

Porto salute e vita s'ardirai

Di farti loro incontra: ma fa luogo

D'esser un huomo Aminta un huomo ardito

AMINTA

Qual ardir mi bisogna e'n contra cui

TIRSI

Se la tua donna fosse in mezzo un bosco

Che cinto intorno d'altissime rupi

Desse albergo alle Tigri et à leoni

V'andresti tu?

AMINTA

V'andrei sicuro e baldo

Più che di festa villanella al ballo

TIRSI

E s'ella fosse trà ladroni et armi

V'andresti tu?

AMINTA

V'andrei più lieto e pronto

Che l'assetato Cervo à la Fontana

TIRSI

Bisogna à maggior uopo ardir più grande

AMINTA

Andrò per mezzo i rapidi torrenti

Quando la neve si discioglie e gonfi

Gli manda al mare. Andrò per mezzo il foco

E nell'inferno quando ella vi sia

S'esser può inferno ov'è cosa si bella

Horsù scoprimi il tutto.

TIRSI

Odi.

AMINTA

Di tosto

TIRSI

Silvia attende à una fonte ignuda e sola

Ardirai tu t'andarvi?

AMINTA

O che mi dici?

Silvia m'attende ignuda e sola

TIRSI

Sola

Se non quanto v'è Dafne ch'è per noi

AMINTA

Ignuda ella m'aspetta?

TIRSI

Ignuda ma

AMINTA

Ohimè che ma? tu taci? tu m'uccidi

Ma non sa già che tu v'habbi d'andare?

AMINTA

Dura conclusion che tutte attosca

Le dolcezze passate. hor con qual arte

Crudel tu mi tormenti?

Poco dunque ti pare

Che infelice io sia

Ch'accrescer vieni la miseria mia

TIRSI

S'à mio senno farai sarai felice

AMINTA

E che consigli?

TIRSI

Che tu prenda quello

Che la fortuna amica t'appresenta

AMINTA

Tolga dio ch'io mai faccia

Cosa che le dispiaccia

Cosa io non feci mai che le spiacesse

Fuor che l'amarla e questo à me fu forza

Forza di sua bellezza e non mia colpa

Non sarà dunque ver che in quanto io posso

Non cerchi compiacerle.

TIRSI

Hor mi rispondi

Se fosse in tuo poter di non amarla

Lasciaresti d'amarla per piacerle

AMINTA

Ne questo mi consente Amor ch'io dica

Ne ch'inmagini pur d'haver giamai

A lasciar il suo amor ben ch'io potessi

TIRSI

Dunque tu l'amaresti à suo dispetto

Quando potessi far di non amarla

AMINTA

A suo dispetto nò ma l'amarei

TIRSI

Dunque fuor di sua voglia.

AMINTA

Si per certo.

TIRSI

Perchè dunque non osi oltre sua voglia

Prenderne quel che se ben grave in prima

Al fin al fin le sarà caro e dolce

Che t'habbia preso?

AMINTA

Ahi Tirsi Amor risponda

Per me che quando in mezzo al cor mi parla

Non so ridir. Tu troppo scaltro sei

Già per lungo uso à ragionar d'Amore

A me lega la lingua

Quel che mi lega il core

TIRSI

Dunque andar non vogliamo.

AMINTA

Andar voglio io

Ma non dove tu stimi.

TIRSI

E dove

AMINTA

À morte

S'altro in mio prò non hai fatto che quanto

Hora mi narri

TIRSI

E poco parti questo?

Credi dunque tu sciocco che mai Dafne

Consigliasse l'andar, se non vedesse

In parte il cor di Silvia? E forse ch'ella

Il sà ne vuol però ch'altri risappia

Ch'ella ciò sappia. Hor se'l consenso espresso

Cerchi di lei non vedi che tu cerchi

Quello che più le piace? hor dov'è dunque

Questo tuo desiderio di piacerle?

E s'ella vuol ch'el tuo diletto sia

Tuo furto e tua rapina e non suo dono

Ne sua mercede à te folle che importa

Più l'un modo che l'altro:

AMINTA

E chi m'accerta

Che'l suo desir sia tale?

TIRSI

O mentecatto

Ecco tu chiedi pur quella certezza

Ch'à lei dispiace e che spiacer le deve

Dirittamente e tu cercar non devi

Ma chi t'accerta ancor che non sia tale?

Hor s'egli fosse tale e non v'andassi?

Eguale è il dubio e il rischio. ahi pur è meglio

Come ardito morir che come vile

Tu taci? Tu sei vinto. hora confessa

Questa perdita tua che fia cagione

Di vittoria maggiore andianne

AMINTA

Aspetta.

TIRSI

Che aspetta non sai che'l tempo fugge?

AMINTA

De pensiam pria se ciò de farsi e come

TIRSI

Per strada pensarem ciò che vi resta

Ma nulla fa' chi troppe cose pensa

CHORO

Atto terzo

Scena prima

TIRSI CHORO

O crudeltade estrema ò ingrato core

Ò donna ingrata: ò tre fiate e quatro

Ingratissimo sesso: e tu Natura

Negligente maestra perchè solo

A le donne nel volto e'n quel di fuori

Ponesti quanto in loro è di gentile

Di mansueto e di cortese e tutte

L'altre parti obliasti? ahi miserello

Forse ha se stesso ucciso ei non appare

Io l'ho cerco e ricerco homai tre hore

Nel luogo ov'io lasciailo e ne contorni

Ne trovo lui ne orma de suoi passi

Ahi che s'è certo ucciso io vo novella

Chiederne a que Pastor che colà veggio

Amici havete visto Aminta? O inteso

Novella di lui forse?

CORO

Tu mi pari

Così turbato. qual cagion t'affanna?

Ond'è questo sudore e questo ansare?

Hacci nulla di mal? fa che'l sappiamo

Noi visto on l'habbiam da poi che teco

Buona pezza partì ma che ne temi?

TIRSI

Ch'egli non s'habbia ucciso di sua mano

CHORO

Ucciso di sua mano? hor perchè questo?

Che ne stimi cagione.

TIRSI

Odio et amore

CHORO

Duo potenti nemici insieme aggiunti

Che far non ponno? ma parla più chiaro

TIRSI

L'amar troppo una Ninfa e l'esser troppo

Odiato da lei.

CHORO

Deh narra il tutto

Questo è luogo di passo e forse intanto

Alcun vorà che nova di lui rechi

Forse arrivar potrebbe egli medesmo.

TIRSI

Dirollo volentier che non è giusto.

che tanta ingratitudine è si strana

Senza l'infamia debita si resti

Presentito havea Aminta (et io fui lasso

Colui che referillo e chel condussi

Hor me ne pento) che Silvia devea

Con Dafne ir à lavarsi ad una fonte

La dunque s'inviò dubio et incerto

Mosso non dal suo cuor ma sol dal mio

Stimular importuno e spesso in forse

Fu di tornar indietro et io il sospinsi

Pur mal suo grado inanti. Hor quando homai

C'era il fonte vicino ecco sentiamo

Un feminil lamento e quasi à un tempo

Dafne veggiam che battea Palma à palma

La qual come ci vide alzò la voce

Accorrete gridò!Silvia è sforzata

L'inamorato Aminta che ciò intese

Si spiccò come un Pardo et io seguillo

Ecco miriamo à un arbore legato

La giovinetta ignuda come nacque:

Et à legarla fune era il suo crine

Il suo crine medesmo in mille nodi

A la pianta era avolto e'l suo bel cinto

Che del sen virginal fu pria custode

Di quello stupro era ministro et ambe

Le mani al duro tronco le stringea:

E la pianta medesma havea prestati

Legami contro lei ch'una ritorta

D'un pieghevole ramo havea à ciascuna

De le tenere gambe à fronte à fronte

Un satiro villan noi le vedemmo

Che di ligarla pur all'hor finia

Ella quanto potea facea scherno

Ma che potuto havrebbe à lungo andar?

Aminta con un dardo che tena

Ne la man destra al satiro aventoss[e]

Come un leone et io fra tanto pieno

M'havea di sassi il grembo onde fuggissi

Come la fuga de l'altro concesse

Spatio à lui di mirare egli rivolse

I cupidi occhi in quelle membra belle

Che come suole tremolare il latte

Ne giunchi si parean morbide e bianche.

E tutto il vidi sfavillar nel viso

Poscia accostossi pianamente à lei

Tutto modesto e disse. Ò bella Silvia

Perdona à questa man se troppo ardire

È l'appressarsi à le tue dolci membra

Perchè necessita dura, le forza,

Necessità di scioglier questi nodi

Ne questa gratia che fortuna vuole

Conceder loro tuo mal grado sia.

CHORO

Parole d'[amm]ollire un cor di sasso

Ma che rispose all'hor.

TIRSI

Nulla rispose:

Ma disdegnosa e vergognosa à terra

Chinava il viso e'l delicato seno

Quanto potea torcendosi celava

Egli fattosi inanzi il biondo crine

Cominciò à sviluppare e disse intanto.

Già di nodi si bei non era degno

Così ruvido tronco. hor che vantaggio

Hanno i servi d'Amor se lor commune

È con le piante il precioso laccio?

Pianta crudel potesti quel bel crine

Offender tu ch'à te feo tanto honore?

Quinci con le sue man le man le sciolse

In modo tal che parea che temesse

Pur di toccarle e desiasse insieme

Si chinò poi per isligarle i piedi

Ma come Silvia in libertà le mani

Si vide disse in atto dispettoso

Pastor non mi toccar son di Diana

Per me stessa saprò sciogliermi i piedi

CHORO

Hor tant'orgoglio regna in cor di Ninfa?

Ahi d'opra gloriosa ingrato merto

TIRSI

Ei si trasse in disparte riverente

Non alzando pur gli occhi per mirarla

Negando à se medesmo il suo piacere

Per torre à lei fatica di nègarlo

Io che m'era nascoso e vedea tutto

Et udia tutto all'hor fui per gridare

Pur mi ritenni. hor odi strana cosa

Doppo molta fatica ella si sciolse

E sciolta apena senza dire à Dio

A fuggir cominciò come un cerva

E pur nulla cagione havea di tema

Che l'era noto il rispetto d'Aminta

CHORO

Perchè dunque fuggissi

TIRSI

A la sua fuga

Volse l'obligo haver non all'altrui

Modesto Amore

CHORO

Et in questo anco è ingrata

Ma che fe il miserello all'hor che disse?

TIRSI

Nòl sò ch'io pien di mal talento corsi

Per arivarla e ritenerla e'n vano

Ch'io la smarij e poi tornando dove

Lasciai Aminta al fonte no'l trovai

Ma presago è il mio cuor di qualche male

So ch'egli era disposto di morire

Prima che ciò avenisse.

CHORO

È uso et arte

Di ciascun ch'ama minacciarsi morte

Ma rade volte poi segue l'effetto

TIRSI

Dio faccia che non sia fra questi radi

CHORO

Non sarà nò

TIRSI

Io voglio irmene à l'antroo

Del saggio Elpino ivi s'è vivo forse

Sarà ridotto ove sovente suole

Radolcir gli amarissimi martiri

Al dolce suon de la sampogna chiara

E correr fa di puro latte i fiumi

E stilar mele da le dure scorze

Scena seconda

AMINTA DAFNE NIRINA

AMINTA

Dispietata pietade

Fu la tua veramente ò Dafne all'hora

Che ritenesti il dardo

Però che'l mio morire

Più amaro sarà quanto più tardo

Et hor perchè m'avolgi

Per si diverse strade e per si vari

Ragionamenti invano? di che temi?

C'io non m'uccida? temi del mio bene

DAFNE

Non disperare Aminta

Che s'io lei ben conosco

Sola vergogna fu non crudeltade

Quella che mosse Silvia /agrave; fuggir via

AMINTA

Ohime che mia salute

Sarebbe il disperare

Poichè sol la speranza

È stata mia ruina et anco ahi lasso

Tenta di germogliar dentro al mio petto

Sol perch'io viva e qual è maggior male

De la vita d'un misero com'io?

DAFNE

Vivi misero vivi

Ne la miseria tua: e questo stato

Sopporta sol per divenir felice

Quando che sia fia premio de la speme

Se vivendo e sperando ti mantieni

Quel che vedesti ne la bella ignuda

AMINTA

Non pareva ad Amore à mia fortuna

Ch'a pien misero fossi e s'anco a pieno

Non m'era dimostrato

Quel che m'era negato

NIRINA

Dunque a me pur conviene esser sinistra

Cornice d'amarissima novella?

O per mai sempre misero Montano

Qual animo fia il tuo quando udirai

De l'unica tua Silvia il duro caso?

Padre vecchio orbo padre ahi non più padre

DAFNE

Odo una mesta voce.

AMINTA

Io odo il nome

Di Silvia che gli orecchi e'l cor mi fere

Ma chi e che la noma?

DAFNE

Ell'è Nirina

Ninfa gentil che tanta à Cinthia è cara

Ch'ha si begli occhi e così belle mani

E modi si leggiadri e gratiosi

NIRINA

E pur meglio che'l sappia e che procuri

Di ritrovar le reliquie infelici

Se nulla ve ne resta. ahi Silvia ahi dura

Sua sorte.

AMINTA

Ohimè che fia? che costei dice?

NIRINA

O Dafne

DAFNE

Che parli fra te stessa e perchè nomi

Tu Silvia e poi sospiri?

NIRINA

Ah ch'a ragione

Sospiro l'aspro caso

AMINTA

Ahi di qual caso

Può ragionar costei? Io sento io sento

Che mi s'agghiaccia il cuore e mi si chiude

Lo spirto è via

DAFNE

Narra qual aspro caso e qual che dici

NIRINA

O Dio perchè son io

La messaggiera? e pur convien narrarlo

Venne Silvia al mio albergo ignuda e quale

Fosse l'occasion saper la dei

Poi rivestita mi pregò che seco

Ir volessi alla caccia ch'ordinata

Era nel bosco c'ha nome de l'Elci

Io la compiacqui andammo e ritrovammo

Molte Ninfe ridotte et indi à poco

Ecco di non so donde un Lupo sbuca

Grande fuor di misura e da le labra

Gli gocciolava una bava sanguigna

Silvia un quadrello adatta in su la corda

D'un arco ch'io gli diedi 'l tira e'l coglie

A sommo il capo ei si rinselva et ella

Vibrando un dardo dentro il bosco il segue

AMINTA

O dolente principio ohimè qual fine

Già mi s'annuntia

NIRINA

Io con un altro dardo

Seguo lor traccia ma lontana assai

Che più tarda mi mossi come e' furo

Dentro la selva più non li rividi

Ma pur per l'orme lor tanto m'avolsi

Che giunsi nel più folto e più deserto

Quivi il dardo di Silvia in terra scorsi

Ne molto indi lontano un bianco velo

Ch'io stessa le ravolsi al crine: e mentre

Mi guardo intorno vidi sette lupi

Che leccavan di terra al quanto sangue

Sparso intorno à cert'ossa affatto nude

E fu mia sorte ch'io non fui veduta

Da loro tanto intenti erano al pasto

Talchè piena di tema e di pietade

Indietro ritornaimi, e questo è quanto

Posso dirvi di Silvia et ecco il velo

AMINTA

Poco parti haver detto? Ò velo ò sangue?

Ò Silvia tu sei morta?

DAFNE

Ò miserello

Tramortito è d'affanno e forse morto

NIRINA

Egli rispira pure. questo fia

Un breve isvenimento. ecco riviene

AMINTA

Dolor che si mi crucci

Che non m'uccidi homai? Tu sei pur lento.

Forse lasci l'uffitio a la mia mano

Io sono io son contento

Ch'ella prenda tal cura

Poichè tu la ricusi ò tu non puoi

Ohime se nulla manca

A la certezza homai

E nulla manca al colmo

De la miseria mia

che bado? Che più aspetto? O' Dafne,Dafne

A questo amaro fin tu mi salvasti?

A questo fine amaro

Bello e dolce morir fu certo all'hora

Ch'uccider io mi volsi

Tu me'l negasti e'l Cielo à cui parea

Ch'io precoressi co'l morir la noia

Ch'apprestata m'havea

Hor che fatto ha l'estremo

De la sua crudeltade

Ben soffrirà ch'io moia

E tu soffrirlo dei

DAFNE

Aspetta à la tua morte

Sin che'l ver meglio intenda

AMINTA

Ohime che vuoi ch'attenda?

Ohime ch'ho troppo atteso [e] troppo inteso

NIRINA

O foss'io stata muta

AMINTA

Ninfa dammi ti prego

Quel velo ch'è di lei

Sol è misero avanza

Si ch'egli m'accompagni

Per questo breve spatio

E di via e di vita che mi resta

E con la sua presenza

Accresca quel martire

Ch'e ben picciol martire

S'ha bisogno d'aiuto al mio morire.

NIRINA

Debb'io darlo ò negarlo?

La cagion perche'l chiedi

Fa ch'io debba negarlo

AMINTA

Crudel si picciol dono

Mi nieghi al punto estremo

E 'n questo anco maligno

Mi si mostra il mio fato: Io cedo io cedo

A te si resti. E voi restate ancora

Ch'io vò per non tornare

DAFNE

Aminta aspetta ascolta

Ohime con quanta furia egli si parte

NIRINA

Egli va si veloce

Che fia vano il seguirlo. Ond'è pur meglio

Ch'io segua il mio viaggio. e forsi è meglio

Ch'io taccia e nulla conti

Al misero Montano

CHORO

Atto quarto

Scena prima

DAFNE SILVIA CHORO

DAFNE

Ne porti il vento con la rea novella

Che s'era di te sparta ogni tuo male

E presente e futuro. Tu sei viva

E sana Dio lodato et io per morta

Pur hora ti tenea: in tal maniera

M'havea Nirina il tuo caso dipinto

Ahi stata fosse muta od altri sordo

SILVIA

Certo il rischio fu grande et ella havea

Giusta cagion di sospettarmi morta

DAFNE

Ma non giusta cagione havea di dirlo

Hor narra tu qual fosse il rischio e come

Tu lo fuggisti

SILVIA

Io seguitando un Lupo

Mi rinselvai nel più profondo bosco

Tanto ch'io ne perdei la traccia. Hor mentre

Cerco di ritornare onde mi tolsi

Il vidi e'l riconobbi à un stral che fitto

Gli haveva di mia man presso un orecchia

Il vidi con molt'altri intorno à un corpo

D'un Animal ch'havean di fresco ucciso

Ma non distinsi ben la forma. Il Lupo

Ferito credo mi conobbe e'n contra

Mi venne con la bocca sanguinosa

Io l'aspettava ardita e con la destra

Vibrava un dardo. Tu sai ben s'io sono

Maestra di ferire e se mai soglio

Fare colpo in fallo. Hor quando il vidi tanto

Vicin che giusto spatio mi parea

Alla percossa lancia' un dardo e'n vano

Che colpa di fortuna ò pur mia colpa

Invece sua colse una pianta. all'hora

Più ingordo incontra ei mi veniva et io

Ch'el vidi si vicin che stimai vano

L'uso de l'arco non havendo altre arme.

Alla fuga ricorsi. Io fuggo et egli

Non resta di seguirmi. hor odi caso

Un velo ch'i havea avolto intorno al crine

Si spiegò in parte e giva sventolando

Si ch'in un ramo aviluppossi, io sento

Che non sò che mi tiene e mi ritarda

E per la tema del morir radoppio

La forza al corso e d'altra parte il ramo

Non cede e non mi lascia. Alfin mi svolvo

Del velo alquanto de' miei crini ancora

Lascio svelti co'l velo e cotant'ali

M'impennò la paura à i piè fugaci

Ch'ei non mi giunse e salva uscij del bosco

Poi tornando al mio albergo i t'incontrai

Tutta turbata e mi stupij vedendo

Stupirti al mio apparire

DAFNE

Ohime tu vivi

Altri non già

SILVIA

Che dici? Ti rincresce

Forse ch'io viva sia? m'odij tu tanto

Mi piace di tua vita: ma mi duole

De l'altrui morte.

SILVIA

E di qual morte intendi?

DAFNE

De la morte d'Aminta.

SILVIA

Ahi come è morto?

DAFNE

Il come non so dir ne so dir anco

S'è ver l'effetto ma per certo il credo

SILVIA

Che è ciò che mi dici? et à che rechi

La cagion di sua morte.

DAFNE

Alla tua morte

SILVIA

Io non t'intendo.

DAFNE

La dura novella

De la tua morte ch'egli udì e credette

Havrà porto al meschino il laccio ò 'l ferro

Od altra cosa tal che l'havrà ucciso

SILVIA

Vano è il sospetto in te de la sua morte

Ch'ogn'uno à suo poter salva la vita

DAFNE

O' Silvia Silvia tu non sai ne credi

Quanto il foco d'Amor possa in un petto

Che petto sia di carne e non di pietra

Com'è cotesto tuo. Che se creduto

L'havessi haveresti amato chi t'amava

Più che le care pupille degli occhi

Più che lo spirto de la vita sua

Il credo io bene, anzi l'ho visto e sollo

Il vidi quando tu fuggisti (o fiera

Più che Tigre crudele) et in quel punto

Ch'abbracciar lo dovevi il vidi un dardo

Rivolgere in se stesso e quello al petto

Premersi disperato ne pentirsi

Poscia nel fatto che le vesti et anco

La pelle trappassossi e nel suo sangue

Lo tinse e'l ferro seria gito à dentro

È passato quel cor che tu passasti

Più duramente se non ch'io gli tenni

Il braccio e l'impedij ch'altro non fesse

Ahi lassa è forse quella breve piaga

Solo una prova fu del suo furore

E de la disperata sua constanza

E mostrò quella strada al ferro audace

Che correr poi dovea liberamente

SILVIA

O' che mi narri?

DAFNE

Il vidi poscia all'hora

Ch'intese l'amarissima novella

De la tua morte tramortir d'affanno

E poi partirsi furioso in fretta

Per uccider se stesso e s'havrà ucciso

Veramente

SILVIA

E ciò per fermo tieni?

DAFNE

Io non v'ho dubio

SILVIA

Ohime tu no'l seguisti

Per impedirlo cerchianlo andiamo

Che poi ch'egli moria per la mia morte

Da per la vita mia restare in vita

Lo segui ben ma correa si veloce

Che mi sparì tosto dinanzi e'n darno

Poi mi girai per le sue orme. hor dove

Voi tu cercar se non n'hai traccia alcuna?

SILVIA

Egli morrà se no'l troviamo ahi lassa

E sarà l'homicida ei di se stesso

DAFNE

Crudel forse t'incresce che ti tolga

La gloria di questo atto? esser tu dunque

L'homicida voresti? Ei non ti pare

Che la sua cruda morte esser debb'opra

D'altri che di tua mano? hor ti consola

Che comunque egli moia per te more

E tu sei che l'uccidi.

SILVIA

Ohime che tu m'accori e quel cordoglio

Ch'io sento del suo caso m'accerbisce

Con l'accerba memoria

De la mia crudeltade

Ch'io chiamava honestade e ben fu tale

Ma fu troppo severa e rigorosa

Hor me n'accorgo e pento.

DAFNE

O' quel ch i' odo

Tu sei pietosa tu? tu senti al core

Spirto alcun di pietade? O' che vegg'io

Tu piangi tu superba? ò meraviglia

Che pianto è questo tuo pianto d'Amore

SILVIA

Pianto d'Amor non già ma di pietade

DAFNE

La pietà messaggiera e de l'Amore

Come il Lampo del tuono.

CHORO

Anzi sovente

Quand egli vuol ne petti virginelli

Occulto entrare onde fu prima escluso

Da severa honestà l'habito prende

Prende l'aspetto de la sua Ministra

E sua Nuntia Pietate e con tai larve

Le simplici ingannando è dentro accolto

DAFNE

Questo è pianto d'Amor che troppo abbonda

Tu taci? ami[ti] tu Silvia? ami: ma invano

O potenza d'Amor giusto castigo

Mandi sovra costei misero Aminta

Tu in guisa d'Ape che ferendo more

E ne le paghe altrui lascia la vita

Con la tua morte hai pur trafitto al fine

Quel duro cuor che non potesti mai

Punger vivendo Hor se tu spirto errante

Si come io credo e de le membra ignudo

Qui intorno sei mira il suo pianto e godi

Amante in vita amato in morte. E s'era

Tuo destin che sol fosti in morte amato

E se questa crudel volea l'Amore

Venderti sol con prezzo così caro

Desti quel prezzo tu ch'ella richiese

E' l'amor suo co'l tuo morir comprasti

CHORO

Caro prezzo à chi'l diede: A chi il riceve

Prezzo inutile e infame

SILVIA

O' potess'io

Con l'amor mio comprar la vita sua

S'egli è pur morto.

DAFNE

O' tardi saggia, e tardi

Pietosa quando ciò nulla rilieva.

Scena seconda

NUNTIO CHORO SILVIA DAFNE

NUNTIO

Io ho si pieno il petto di pietate

E si pieno d'horror che non rimiro

Ne odo alcuna cosa ov'io mi volga

La qual non mi spaventi e non m'affanni

CHORO

Hor che porta costui

Ch'e si turbato in vista et in favella

NIRINA

Porto l'aspra novella

De la morte d'Aminta.

SILVIA

Ohimè che dice?

NIRINA

Il più nobil pastor di queste selve

Che fu cosi gentil così leggiadro

Così caro à le Ninfe et à le Muse

Et è morto fanciullo. ahi di che morte

CHORO

Contane prego il tutto accio che teco

Pianger possiam la sua sciagura e nostra

SILVIA

Ohime che non ardisco

Appressarmi ad udire

Quel ch'è pur forza udire. empio mio core

Mio duro alpestre core

Di che di che paventi

Vattene incontra pure

A que coltei pungenti

Che costui porta ne la lingua e quivi

Mostra la tua fierezza

Pastore io vengo à parte

Di quel dolor che tu prometti altrui

Ch'à me ben si conviene

Più che forsi non pensi et io il ricevo

Come devuta cosa hor tu di lui

Non mi sia dunque scarso

NIRINA

Ninfa io ti credo bene

Ch'io sentij quel meschino in su la morte

Finir la vita sua

Co'l chiamar il tuo nome

CHORO

Hor incomincia homai

Questa dolente historia

NIRINA

Io era à mezzo il Colle ov'havea teso

Certe mie reti quando assai vicino

Vidi passare Aminta in volto e in atti

Troppo mutato da quel ch'ei soleva

Troppo turbato e scuro. io sorsi e corsi

Tanto che'l giunsi e lo fermai et egli

Mi disse. Ergasto vuo che tu mi faccia

Un gran piacere questo è che tu ne venga

Meco per testimonio d'un mio fatto.

Ma pria voglio da te che tu mi leghi

Di stretto giuramento la tua fede

Di startene indisparte e non por mano

Per impedirmi à quel che son per fare

Io (chi pensato havria caso si strano

E sii pazzo furor) com'egli volse

Feci scongiuri horribili chiamando

E Panne e Palle e Priapo e Pomona

Et Heccate noturna. Indi si mosse

E mi condusse ov'è scosceso il colle

E giù per balze e per dirupi inculti

Strada non già che non v'è strada alcuna.

Ma cala va precipitio in una valle

Qui ci fermiammo Io rimirando à basso

Tutto senti racapricciarmi e'n dietro

Tosto mi trassi. Et egli un cotal poco

Parve ridesse e serenasse il viso

Onde quel atto più rassicurommi

Indi parlommi si. Fa che tu conti

A le Ninfe à i Pastori ciò che vedrai

Poi disse in giù guardando

Se presti à mio volere

Così havere io potessi

La gola e i denti de gli avidi lupi

Com'ho questi dirupi

Sol vorei far la morte

Che fece la mia vita

Vorei che queste mie membra meschine

Si fosser lacerate

Ohime come già furo

Quelle sue delicate

Poichè non posso e'l Cielo

Diniega al mio desire

Gli animali voraci

Che ben veriano à tempo io prender voglio

Altra strada al morire

Prenderò quella via

Che se non l'ha devuta

Almen fia la più breve

Silvia io ti seguo io vengo

À farti compagnia

Se non la sdegnarai

E morirei contento

S'io fossi certo almeno

Ch'el mio venirti dietro

Turbar non ti dovesse

E che fosse finita

L'ira tua con la vita

Silvia io ti seguo io vengo e cosi detto

Precipitossi d'alto

Co'l capo in giuso et io restai di ghiaccio

DAFNE

Misero Aminta

SILVIA

Ohimè

CHORO

Perchè non l'impedisti?

Forse ti fu ritegno à ritenerlo

Il fatto giuramento

NIRINA

Questo nò che sprezzando i giuramenti

Vani forse in tal caso

Quando m'accorsi del suo pazzo et empio

Proponimento con la man vi corsi

E come volse la sua dura sorte

Lo presi in questa fascia di zendado

Che lo cingeva: la qual non potendo

L'impeto e'l peso sostener del corpo

Che s'era tutto abbandonato in mano

Spezzata mi rimase

CHORO

E che divenne?

De l'infelice corpo.

NIRINA

Io no'l so dire

Ch'era si pien d'horrore e di pietade

Che non mi diede il cuor di rimirarmi

Per non vederlo in pezzi

CHORO

O' strano caso

SILVIA

Ohime ben son di sasso

Poichè questa novella non m'uccide

Ahi se la falsa morte

Di chi tanto l'odiava

A lui tolse la vita

Ben sarebbe ragione

Che la verace morte

Di chi tanto m'amava

Togliesse à me la vita

E vuò chi la mi tolga

Se non potrò co'l duolo almen co'l ferro

Ò pur con questa fascia

Che non senza cagione

Non seguì le ruine

Del suo dolce signore

Ma restò sol per fare in me vendetta

De l'empio mio rigore

E del suo amaro fine

Cinto infelice cinto

Di signor più infelice

Non ti spiaccia restarne

In si odioso albergo

Che tu vi resti sol per instromento

Di vendetta e di pena

Devea certo io devea

Esser compagna al mondo

De l'infelice Aminta

Poscia ch'all'hor non volsi

Sarà per opra tua

Sua compagna à l'Inferno

CHORO

Consolati meschina

Che questa e di fortuna e non tua colpa.

SILVIA

Pastor di che piangete?

Se piangete il mio affanno

Io non merto pietate

Che non la seppi usare

Se piangete il morire

Del misero innocente

Questo è picciolo segno

A si alta cagione. E tu rasciuga

Dafne queste tue lagrime per Dio

Se cagion ne son io

Ben ti voglio pregare

Non per pieta di ma per pietade

Di chi degno ne fue

Che m'aiuti à cercare

L'infelice sue membra e à sepellirle

Questo sol mi ritiene

Ch'hor hora non m'uccida

Pagar vuò questo uffitio

Poi ch'altro non m'avanza

A l'amor ch'ei portommi

E se bene quest'empia

Mano contaminare

Potesse la pietà de l'opra pure

So che gli sarà cara

L'opra di questa mano

Ch'io so certo ch'ei m'ama

Come mostrò morendo

DAFNE

Son contenta aiutarti in questo officio

Ma tu già non pensare

D'haver poscia à morire

SILVIA

Sin qui vissi à me stessa

A la mia feritade hor quel ch'avanza

Viver voglio ad Aminta

E se non posso à lui

Viverlo al freddo suo

Cadavero infelice

Restar nel mondo e poi finire à un punto

E l'esequie e la vita

Pastor ma quale strada

Ci conduce alla Valle ove il dirupo

Va à terminar

NIRINA

Questa vi conduce

E quinci poco spatio ella è lontana

DAFNE

Andiam che vero teco e guiderotti

Che ben ramento il luogo.

SILVIA

A dio pastori

Piaggie à Dio à Dio Selve fiumi à Dio

NIRINA

Costei parla di modo che dimostra

Esser disposta à l'ultima partita.

CHORO

Atto quinto

Scena prima

ELPINO CHORO

Veramente la legge con che Amore

Il suo Imperio governa eternamente

Non è dura et obliqua e l'opre sue

Piene di providenza e di mistero

Altri à torto condanna. ò con quant'arte

E perchè ignote strade egli conduce

L'huomo ad esser beato e fra le gioie

Del suo amoroso paradiso il pone

Quand'ei più crede al fondo esser de mali

Ecco precipitando Aminta ascende

Al colmo al sommo d'ogni contentezza

O fortunato Aminta ò te felice

Tanto più quanto misero più fosti

Hor co'l tuo esempio à me lice sperare

Quando che sia che quella bella esempia

Che sotto riso di pietà ricopre

Il mortal ferro di sua feritade

Sani le piaghe mie con pietà vera

Che con finta pietade al cor mi fece

CHORO

Quel che qua viene è'l saggio Elpino e parla

Così d'Aminta come vivo fosse

Chiamandolo felice e fortunato amante

Forse egli stima fortunato amante

Chi more e morto alfin pietà ritrova

Nel cor de la sua Ninfa. E questo chiama

Paradiso d'Amore e questo spera

Di chi lieve mercè l'alato Dio

I suoi servi contenta? Elpin tu dunque

In si misero stato sei che chiami

Fortunata la morte miserabile

De l'infelice Aminta? e un simil fine

Sortir voresti

ELPINO

Amici state allegri

Che falso è quel romor ch'à noi pervenne

De la sua morte.

CHORO

Ò che ci narri ò quanto

Ci raconsoli e non è dunque vero

Ch'ei si precipitasse?

ELPINO

Anzi pur vero

Ma fu felice il precipitio: e sotto

Una dolente imagine di morte

Gli recò vita e gioia. Egli hor si piace

Nel seno accolto de l'amata Ninfa

Quanto spietata già tant'hor pietosa

E le rasciuga da begli occhi il pianto

Con la sua bocca. Io à trovar ne vado

Montano di lei padre et à condurlo

Colà dov'essi stanno. E solo il suo

Volere e quel che manca e che prolunga

Il concorde voler d'ambo due loro

CHORO

Pari è l'età la gentilezza e pari

E concorde il desio e'l buon Montano

Vago è d'haver nepoti e di munire

Di si dolce presidio la vecchiaia

Si che farà del lor volere il suo

Ma tu deh Elpin narra qual Dio qual sorte

Nel periglioso precipitio Aminta

Habbia salvato

ELPINO

Io son contento udite

Udite quel che con questi occhi ho visto

Io era anzi il mio speco che si giace

Presso la valle e quasi à piè del colle

Dove la costa face di se grembo

Quivi con Tirsi ragionando andava

Pur di colei che nella stessa rete

Lui prima me dapoi ravolse e stinse

E preponendo alla sua fuga al suo

Libero stato il mio dolce servigio

Quando ci trasse gli occhi ad alto un grido

E'l veder ruinar un huom dal sommo

E'l vederlo cader sovr'una macchia

Fu tutto un punto sporgea fuor del colle

Poco di sopra à noi d'herbe e di spini

E d'altri rami strettamente giunti

E quasi in un tessuti un fascio grande

Quivi prima ch'urtasse in altro luogo

A cader venne e bench'egli co'l peso

Lo sfondasse e pi/ugrave; ingiuso indi cadesse

Quasi su i nostri piedi, quel ritegno

Tanto d'impeto tolse à la caduta

Ch'ella non fu mortal fu nondimeno

grave così ch'ei giacque un hora ò più

Stordito affatto e di se stesso fuori

Noi muti di pietade e di stupore

Restammo à lo spettaclo improviso

Riconoscendo lui: ma conoscendo

Ch'egli morto non era e che non era

Per morir forse mitighiam l'affanno

All'hor Tirsi mi die notizia intiera

De suoi secreti et angosciosi amori

Ma mentre procuriam di ravivarlo

Con diversi argomenti havendo in tanto

Già mandato à chiamare Alfesibeo

A cui Febo insegnò la medic'arte

All'hor che diede à me la cetra e'l plettro

Sopragiunsero insieme Dafne e Silvia

Che come intesi poi givan cercando

Quel corpo che credean di vita privo

Ma come Silvia il riconobbe e vide

Le belle guancie tenere d'Aminta

Iscolorite in si leggiadri modi

Che viola non è ch'impallidisca

Si dolcemente e lui languir si fatto

Che parea già ne gli ultimi sospiri

Esalar l'alma in guisa di baccante

Gridando e percotendosi il bel petto

Lasciò cadersi in sul giacente corpo

E giunse viso à viso e bocca à bocca

CHORO

Hor non ritenne dunque la vergogna

Lei ch'è tanto severa e schiva tanto

ELPINO

La vergogna ritien debil amore

Ma debil freno è di potente Amore

Poi sicome negli occhi havesse un fonte

Innaffiar cominciò co'l pianto suo

Il colui freddo viso e fu quel'acqua

Di cotanta virtù ch'egli rivenne

E gli occhi aprendo con doloroso ohime

Spinse dal petto interno

Ma quel'ohime ch'amaro

Così dal cuor partissi

S'incontrò ne lo spirto

De la sua cara Silvia e fu racolto

Da la soave bocca e tutto quivi

Subito radolcissi

Hor chi potrebbe dir come in in quel punto

Rimanessero entrambi fatto certo

Aminta de l'amor de la sua Ninfa

E vistosi con lei congiunto e stretto?

Chi è servo d'Amor per se lo stimi

Ma non si può stimar non che ridire.

CHORO

Aminta è sano si ch'egli sia fuori

Del rischio de la vita?

ELPINO

Aminta è sano

Se non ch'alquanto pur graffiato hà il viso.

Et alquanto dirotta la persona

Ma sarà nulla et ei per nulla il tiene

Felice lui che si gran segno ha dato

D'amore e dell'amore il dolce hor gusta

A cui gli affanni scorsi et i perigli

Fanno soave e caro condimento

Ma restate con dio ch'io vuo seguire

Il mio viaggio e ritrovar Montano

CHORO

Non sò se'l molto amaro

Che provato ha costui servendo amando

Piangendo e disperando

Raddolcito esser puote pienamente

D'alcun dolce presente

Ma se più caro viene

E più si gusta doppo il male il bene

Io non ti cheggio Amore

Questa beatitudine maggiore

Bea pur gli altri in tal guisa

Ma la mia Ninfa accoglia

Doppo brevi preghiere e servir breve

E siano i condimenti

De le nostre dolcezze

Non si gravi tormenti

Ma soavi disdegni

E soavi repulse

Risse e guerra cui segua

Reintegrando i cuori ò pace ò tregua.

FINE