Amore e Psiche

Stampa questo copione

AMORE E PSICHE

INTRODUZIONE

Si apre il sipario, senza che si spengano le luci in sala, e compare una fila di sedie con dietro uno specchio che copre la parete: in pratica si deve riflettere la sala con gli spettatori, ma deve essere ricreata una fittizia prima fila che ha tutti i posti ancora vuoti.

Poco dopo entrano due coppie di mezza età, vestiti con eleganza, che si siedono chiacchierando e in fretta perchè si accorgono di essere in ritardo.

Una delle due donne ha in mano il libretto di sala e lo legge.

DONNA1: qui dice che lo spettacolo è tratto da un racconto di Apuleio chiamato “Amore e Psiche”.

UOMO1: sì, è quello a cui si ispira la statua di Canova che abbiamo visto a Parigi, ricordi?

DONNA1: oh sì, certo! Voi conoscete già la storia?

DONNA2: ho letto la trama in rete, ma già che ci hanno regalato i biglietti ho cercato di tenermi la sorpresa il più possibile! Non so praticamente nulla!

UOMO2: io so ancora meno di lei, non ho neanche voluto leggere una riga di anticipazione!

Speriamo solo sia qualcosa di divertente e non troppo intellettuale!

UOMO1: shhht, calano le luci, comincia lo spettacolo forse!

Si chiude il sipario, si spengono le luci in sala e si riapre sull'inizio dello spettacolo.

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Sulle rive di una scogliera sta Afrodite, circondata dalle Nereidi che le fanno da ancelle, adirata e imbronciata.

ANCELLA: Suvvia lattea Afrodite, non incurvate il vostro sorriso sotto tale mestizia!

AFRODITE: Non mestizia, iracondia!

ANCELLA: Chi mai osò turbar l'animo vostro in tal modo?

AFRODITE: Il suo nome non oso nemmeno pronunciarlo!

ANCELLA2: e allora non ci possiamo raccapezzare!

ANCELLA: Sono giorni che fate furori! Chetatevi come l' onde di questo mare in bonaccia e parlate almeno a noi!

AFRODITE: Poco v'è da dire! Passaste da Cnido?

ANCELLA: Io mi recai all'aurora

AFRODITE: Cosa vedesti al tempio?

ANCELLA: Nulla grande dea. Non v'erano sacerdotesse né offerte.

AFRODITE: Calunnia! Vagaste per le terre di Pafo?

ANCELLA3: Io le calpestai, ma solo polveri e tele di aracnidi erano posate sull'ara sacra del tempio.

AFRODITE: ingratitudine! E i miei simulacri?

ANCELLA: disadorni e sbiaditi.

AFRODITE: meschini! Comprendete ora?

ANCELLE: No grande dea, che accade?

AFRODITE: Non più una rosa o un rametto di mirto ornano le pietre a me sacre! Non più una coscia d'agnello o un pingue capretto sgorgano sangue di sacrificio per me! Solo polvere e aria


fetida dimorano presso i miei simulacri, non più incensi e oli sono bruciati nei focolari, poichè le stesse sacerdotesse fuggono dall'abbandono e dalla solitudine di quei luoghi!

ANCELLE: Per quale ragione tutto ciò? Hai fatto forse torto a qualche uomo magnanimo e potente, chè adirasti la Grecia intera da Salonicco a Lacedemone, dalle sponde che ammirano i resti di Ilio a quelle che sognano le terre latine?

AFRODITE: Mai feci torto alcuno. Una fanciulla è causa di ciò!

ANCELLA: Che mai dite? Lei forse vi calunniò per gelosia o per sfida e fu creduta?

AFRODITE: Non fè nulla di male lei!

ANCELLA2: Siamo ancora in capo alla matassa allora! Che colpa ha dunque tale fanciulla? AFRODITE: Nacque anni fa e ora è donna adulta, di estrema bellezza e sensualità, tanto che tutti orano lei e a lei sola offrono voti e richieste di protezione, sostituendola alla divina Afrodite. Sposi novelli o futuri, madri piangenti con figlie da maritare o anziane vedove che voglion rivedere i mariti già discesi da Proserpina, tutti da lei si recano col petto gonfio di venerazione e speranza, percorrendo le polverose strade dei pascoli piuttosto che le marmoree vie per i miei templi sacri. ANCELLA: ma chi è costei, che così ne possiam prender atto? AFRODITE: prender atto di che cosa?

ANCELLA: di tale bellezza! Se è così manifesta da oscurar la tua, come luce che vince luce più fioca.

AFRODITE: Farneticate, sorelle?! Come può esser una mortale più bella d'una dea?! Gli uomini han perso le virtù che avevano prima e si fanno traviare! Strega o fattucchiera dev'essere, che con certe pozioni o elisir ha abbeverato il paese!

ANCELLA: mia dea, nemmeno voi credete a questa storia, siate franca con voi stessa! Come può una maga comune e così giovane ammaliare un intero paese? Qualunque pozione o olio miracoloso nel fiume diluisce perdendo ogni effetto, e non v'è altro modo per darne da bere a tutti. ANCELLA2: e poi dicci il nome!

AFRODITE: Pische è chiamata e vive non lontano da qui, figlia di pastori di ovini e terza di tre sorelle.

ANCELLE: ora soltanto iniziamo a sbrogliar questa matassa!

AFRODITE: e si cominci! Ho deciso, sorelle mie, che non una sola volta Febo riporterà nei cieli il carro alato del sole prima che io abbia punito questa fanciulla, poiché io, madre della natura e origine prima degli elementi e dell'universo, non accetto di dividere con alcuna mortale gli onori a me dovuti!

ANCELLA: che farai allora?

AFRODITE: chiamate il mio figliuolo e dite, per amore di questa sua madre dolente, di scoccare la sua freccia dalla punta acuminata e tanto dolce contro la giovine, cosicchè cada in preda alla passione sfrenata per l'uomo più turpe, vile, misero, sciagurato e orrendo della terra! ANCELLA: non siate crudele! Che colpa può mai avere questa ignara fanciulla?

AFRODITE: è nata con il sacrilegio in corpo, dunque bene sarebbe estirpar questa sua colpa come la zizzania dal fertile campo, ma la mia pietà è invece tanta e non le chiederò la vita, ma che viva almeno una sorte infelice.

Le ancelle non sono d'accordo, ma a capo chino escono di scena, obbedienti.

Anche Afrodite fugge ridendo di gusto, con crudeltà.

Cala il buio.

SCENA SECONDA

Stesso fondale.

Entra un uomo sull'età, che si china sulla roccia dov'era seduta la dea, in preghiera.

PADRE DI PSICHE: Oh Febo Apollo, che coi tuoi raggi dorati riscaldi il cuore e la terra, perchè su di me e la mia casa quella che sembrava gioia venuta da voi dei celesti si tramutò presto in sventura?


Tre figlie ebbi, due di modesta bellezza e una che par dea, tanto che cortei di innamorati s'apprestano alla nostra soglia recando doni e offerte votive, ma se le maggiori presto saran maritate, tutti paiono temere e rifuggire Pische sventurata.

Cadde su di noi maledizione celeste o collera divina? Fa che mi appaia in sogno la via da seguire o la causa di questo male, poiché se mai arrecammo danno alle case dell'Olimpo, fu certo per negligenza nostra, ma senza alcuna volontà precisa né alcun intento chiaro: solo per errore e senza che la nostra coscienza ne venne a sapere per farcene prendere atto.

Aiutaci, o dio, chè mia moglie ha il petto gonfio di singhiozzi e umido di lacrime che piovono ancora, senza sosta, dopo giorni, e anche il mio animo è frustrato e in continuo moto come una nave senza timoniere nella procella.

L'uomo attende un poco, quindi rotea gli occhi al cielo, in estasi.

In sala si sente la voce di Apollo che risponde:

“Come a nozze di morte vesti la tua fanciulla ed esponila o padre su un’alta cima brulla. Non aspettarti un genero da umana stirpe nato ma un feroce, terribile, malvagio drago alato che volando per l’aria ogni cosa funesta e col ferro e col fuoco ogni essere molesta. Giove stesso lo teme, treman gli dei di lui, orrore ne hanno i fiumi d’Averno e i regni bui.”

Il re si risveglia, si alza stordito, quindi inizia a piangere e scappa via spaventato.

SCENA TERZA

Torna Afrodite con una delle Nereidi, stavolta serena, ridendo di gusto, con in mano una palla d'oro con cui giocano mentre parlano, cullate dal vento che si leva dal mare.

AFRODITE: Eros mio figlio non ebbe gran daffare! Già l'aureo Apollo cantò una sciagurata profezia negli orecchi del pastore, proprio su qui dove ora giochiamo noi con tanta letizia! ANCELLA: Che accadrà a Psiche?

AFRODITE: Condotta sarà sulla rupe di un monte altissimo e là incatenata finchè per fame, freddo e stenti morrà e la sua anima potrà lasciare quel corpo di tanta bellezza per discendere, spoglia e trista, nella casa dell'Ade.

La dea ride in modo curdele, le ancelle tremano.

AFRODITE: Forza figlie di Nereo, breve tempo ci separa dalla partenza del corteo piangente. Accorriamo e prendiamovi parte, mescolate agli uomini e alle donne velate di scuro. ANCELLA 1: Mia dea, stavolta troppo dura è stata la tua mano, non così orribile fine meritava la fanciulla.

AFRODITE: Se mio fratello Febo ha proferito tale vaticinio prima che io gli dicessi alcunchè della giovine, è perchè già il Fato aveva scritta per lei una sorte avversa e una vita brevi ANCELLA: Forse è come tu dici, o saggia Afrodite AFRODITE: Forza, andiamo!

SCENA QUARTA

Cambia la scena, siamo in cima a un monte e sta passando un corteo di donne in lutto e di uomini anch'essi vestiti di scuro. Sotto i veli si riconoscono Afrodite e l'ancella, mentre in capo al corteo sta il padre di Psiche, la giovine, con l'abito scuro e il volto coperto del lutto, e la madre, che è in un mare di lacrime.

Si muovono piano fino a una roccia che sta sulla destra del palco. Lì, spalle al pubblico, i genitori si chinano in preghiera, quindi posano a terra dei vasetti con dei profumi e bruciano dell'incenso, quindi abbracciano e baciano la figlia, senza parlare, finchè, dopo un attimo di silenzio, la madre urla e scappa fuori dalla scena, seguita dal padre e dal resto del corte, che va dalla ragazza a baciarle la fronte prima di uscire.

La ragazza, rimasta sola, si mette anch'ella in preghiera e accende delle fiaccole.

Alzatasi, poi, inizia un monologo verso il pubblico.


PSICHE: Oh dei, abbiate pietà di quest'anima che mai compì peccato contro alcun uomo, né tantomeno contro alcuno di voi, e ascoltate questa mia preghiera, che potrebbe esser l'ultimo alito che abbandona il mio corpo tanto bello quanto sventurato.

Chi mi donò tale grazia, tale bellezza nelle linee del viso e dei fianchi? Nel colore della pelle, che pare polvere lunare e in quello degli occhi, celesti come il mare cretese? E questi capelli di spighe di grano maturo, forse li richiesi in qualche modo? Voi! Voi soli mi donaste queste virtù e io vi ho reso sempre grazie con preghiere e profumi, bruciando l'animale migliore del gregge di mio padre alla fine di ogni ciclo di stagioni, quindi, o dei, per quale colpa mi puniste? Se è per la troppa bellezza che è racchiusa nelle mie membra sono pronta a sfregiare le mie gote con queste stesse mani, a lacerarmi le carni con le mie stesse unghie e a strapparmi i capelli come fossero zizzania che insidia il buon raccolto, ma comprendete che nessuno decide come essere se non il Fato, dunque se nel mio essere c'è una qualche offesa a voi, o dei dell'Olimpo sacro, certo non è per scelta mia. Si può dunque rendere una giovane fanciulla colpevole di qualcosa che non ha fatto? Forse colpa maggiore andrebbe alla Moira, ma non a questo cuore sempre umile e a questi occhi che spesso fissano a terra perchè non osano sfidare l'immensità del cielo.

Non io decisi di ricevere i doni destinati ad Afrodite, non io bruciai gli incensi votivi fuori dalle sacre mura del tempio di Cnido, non io abbandonai le sacre are di Safo!

Che ne sarà di me? Debbo davvero perire qui su questa cima, così vicina alla volta che se allungo una mano in vostro aiuto mi pare di potervi toccare tra le nubi? Giunta vi sarà la mia voce con questa preghiera, ascoltatela o Dei e allora sarò io a bruciare incensi per voi, a custodire i templi della gelosa Afrodite, che sospetto essere la mandante di tale sciagura, a innalzare canti e preghiere alle sue orecchie divine.

Un grande vento si solleva e la ragazza teme e ha paura.

Si sente uno strano suono, un flauto, e Psiche si accuccia davanti alla roccia.

Che sta per accadere alla povera Pische? Questo vento è per me cattivo presagio! Vi supplico oh dei, di ripensare alle mie parole, e poi, sia fatta la vostra volontà.

Un vento impetuoso scuote la scena, quindi continua a sentirsi il suono di un flauto e calano le luci.

SCENA QUARTA

Siamo in una camera da letto con un grande letto bianco al centro. La struttura è d'oro riccamente decorato. A destra un grande specchio ovale è posato a terra su due piedini intagliati e decorati, d'oro massiccio.

Accanto allo specchio un tinello di ceramica finemente decorata di blu e d'oro è riempito d'acqua freschissima e un panno pende fuori dalla bacinella, immersovi per metà.

La bacinella sta su un treppiede dorato. Accanto ad essi, nel muro, un'apertura, celata da tende color porpora, lascia intravvedere l'esterno e il giardino, quindi una porta spalancata che fa entrare la luce del mattino.

Il pavimento è decorato con un mosaico che raffigura il dio Eros nell'intento di scoccare una freccia.

A sinistra il muro, anch'esso bianco e con una greca che fa da cornice sotto al soffitto, ha un'apertura, nascosta da tende color porpora appese a una grossa lista d'oro, che sono socchiuse e lasciano intravvedere un corridoio dalle pareti dorate e il pavimento di marmo bianco.

Dietro alla testata del letto c'è l'immagine della nascita di Afrodite, che esce dal mare seduta in una conchiglia, di traverso, circondata dalle Nereiadi in festa.

Psiche è stesa sul letto e si sveglia, mostrando poi lo stupore per essere viva e lo sgomento per il

non sapere dove si trovi e chi l'ha condotta lì.

Nell'aria si odono strane voci e il suono del flauto.

Psiche fa per uscire, alzandosi e andando verso il giardino, dal quale capisce provenga il suono del flauto, ma la porta le si richiude in faccia, facendola spaventare. Nello specchio, dunque, compaiono tre sagome femminili.


SAGOME: Non uscire povera Psiche, Pan, il dio dei boschi, ti invita col suo flauto di canna ad andare da lui, che vuole solo possederti.

PSICHE: Chi parla? Odo l'eco delle vostre voci, vedo delle ombre nello specchio, ma sono sola in questa stanza! Non fatemi temere, che già ho da tremar per altro, e mostratevi, donne! SAGOME: Donne non siamo, ma Ninfe serve di te, povera Psiche, nostra nuova signora. Tu domanda e ti sarà risposto, chiedi e ti verrà dato, tutto ciò che ti circonda, questi pavimenti di marmo e mosaico, questo letto d'oro con materassi di piuma d'oca e coperte di seta, questa specchiera e queste bacinelle che vengono da Tebe, tutto è ora di tua proprietà o bella Pische! PSICHE: com'è possibile? Io fui condannata dagli dei a una morte orribile e solitaria, alla penuria di cibo e all'arsura del sole accecante delle vette montuose, laddove i venti sono taglienti come rasoi e la notte il freddo morde le ossa come una cagna rabbiosa. Ci dev'essere uno sbaglio, chiunque voi siate!

SAGOME: Sappiamo bene la tua triste vicenda, non temere giovane fanciulla. Lava il tuo viso dalla stanchezza e dal timore con l'acqua di questo catino, asciuga la tua pelle con la morbida lana di questo panno e poi và oltre la tenda porporina che sta dietro di te, chè a un gran banchetto sei invitata.

PSICHE: Sogno forse?

SAGOME: mai fosti più desta.

Psiche si ferma, quindi, non sapendo bene che fare, si lava il viso, si asciuga e fa per uscire. PSICHE: Chi siete?

SAGOME: Non chieder nulla di chi è con te nella reggia, altrimenti tutto questo sarà perduto per sempre. Non cercar nemmeno di uscire, ché Pan dai piedi di capra è pronto a ghermirti.

Ogni volta che odrai il flauto di canna, cantaci sopra o copriti le orecchie come Odisseo fé con le sirene, per non restare prigioniera delle sue membra per sempre.

Pische annuisce.

PSICHE: Grazie o Dei, che mi avete ascoltata! Adempirò le promesse fatte!

Prega un po', quindi esce di scena.

Qualcuno bussa con insistenza alla porta e suona il flauto, cercando poi di forzare il chiavistello, ma non c'è nulla da fare.

Poco dopo torna il silenzio e calano le luci.

SCENA QUINTA

Dalla porta che dà sul giardino entra il buio della notte.

Psiche rientra nella stanza assonnata e vestita per andare a letto, con una candela in mano,che spegne.

Si sta per coricare, quando sente un rumore dalla reggia, all' interno.

PSICHE: Chi c'è? Siete forse voi, mie ancelle?

Silenzio.

Si odono dei passi leggeri.

PSICHE: Chi c'è là?

Nella penombra prova a riaccendere la candela, ma non le riesce.

I passi crescono, quindi lei si alza dal letto gemendo e tutto torna silenzioso.

In quel momento ricominciano i colpi alla porta di destra, violenti, con urla animalesche.

Qualche istante dopo attacca a suonare il flauto.

Pische urla e canta, nascondendosi sotto le coperte, finchè una voce fa cessare i colpi.

EROS: vattene, creatura animale che vivi dell'istinto e dei soli piaceri del corpo! Non tua è questa delicata fanciulla, la cui femminilità ridurresti come un tenero bocciolo di rosa calpestato dallo zoccolo duro di un gregge.

Non badare a quei suoni, o Psiche, e copriti gli orecchi quando senti il flauto di canna, così come le

tue servitrici ti hanno ammonito di fare.

Perchè tremi, splendida Pische?


PSICHE: Chi sei tu, che mi parli con voce così calda che mi pare di essere baciata dai raggi del sole meridiano?

EROS: Il mio nome e le mie fattezze devono restarti segrete, poiché venuta a scoprire la mia identità e il mio volto, dovremmo lasciarci per sempre e tutto questo sarà perduto. PSICHE: che cosa desideri da me?

EROS: mandai Zefiro impetuoso a salvarti dalle aquile e dalla fame sulla cima della rupe, così da poterti avere qui tra le mie mura, al sicuro dalla vendetta di Afrodite e dalle membra di Pan il satiro. PSICHE: Sei dunque forse un dio?

EROS: nulla sono, per te, se non qualcuno il cui cuore batte solo in tua presenza, il cui respiro dipende dal tuo e la cui felicità dalla tua incolumità.

PSICHE: belle parole tu mi dici, ma chi m'assicura che tu non mi stia ingannando?

EROS: nessuno, purtroppo, ma lascia che i miei baci e le mie mani ti accarezzino il corpo e l'anima, cosicchè non tremerai più se non per il dolce piacere dei sensi. PSICHE: Io...

EROS: ssst, non è più tempo di parlare, amata Pische, sebbene la tua voce sia una musica per me. I due fanno l'amore, quindi, dopo un poco, entrano da fuori i primi raggi dell'alba e Eros fugge, lasciando Psiche sola.

La donna si alza e si accorge di non avere nessuno accanto a lei.

Si va a lavare, dunque interroga lo specchio.

PSICHE: ancelle, che successe questa notte? Feci davvero l'amore con quello sconosciuto, o fu tutto un sogno nel sogno?

Nessuna risposta. Buio e cala il sipario.

SCENA SESTA

E' notte e Psiche è nel suo letto con Eros, ma è buio e ancora non lo può vedere.

PSICHE: Sei tornato? Solo la notte posso consolarmi della tua compagnia?

EROS: sì, purtroppo. Non devi vedere le mie fattezze

PSICHE: qui la noia mi vince e mi attanaglia. C'è oro ovunque, cibo squisito e vino che pare ambrosia, ma sono mascheratura di una prigionia che mi rode dentro!

EROS: stai attenta Psiche, che il pericolo è vicino! Non solo Pan dal dolce flauto, ma anche le tue sorelle mirano ad entrar nella reggia: non trovando il cadavere ti han creduta morta e già divorata dalle aquile e dai cani, dunque si struggono di dolore vagano per questi boschi cercando i tuoi resti. Qualora bussassero alla porta, tu non devi aprire né fare alcun rumore, non devono sapere che sei qui!

PSICHE: Io non posso continuar a vivere così, fui amata e amica di tutto il paese, mentre ora mi concedo solo qualche chiacchiera con te, che nemmeno vedo in viso, prima di fare l'amore su questo letto dai cuscini madidi di lacrime e solitudine.

EROS: l'alternativa a questa condizione fu la morte tua su quella rupe

PSICHE: ora non son morta, ma non mi sento neppur viva!

EROS: non pianger più, che anche quando sono lontano lo stillar delle tue lacrime mi arriva agli orecchi, doloroso come punte di aghi nella pelle, ma sii lieta per questi momenti di gioia che passiamo assieme. Non m'ami, o Psiche?

PSICHE: Io t'amo, chiunque tu sia, ma non mi basta! Voglio vederti alla luce del sole, resta almeno fino all'aurora!

EROS: Non è possibile, mia Pische, e già lo sai.

PSICHE: Tu vieni qui a consolarmi e ad asciugare queste lacrime amare che verso durante il giorno, ma il tuo sollievo è vano, poiché il tuo esser così furtivo e notturno, quasi fossi la volpe che attenta alla gola delle galline dell'aia, mi riempie il petto di angoscia e di ansie e il mio sonno è sempre troppo breve e turbato: di giorno soffro la solitudine e la clausura, mentre di notte la curiosità mi divora e mi arde la gola, senza che la si possa placare e che venga dissetata.


EROS: questo è il volere non mio, ma del Fato, non piangere su di me e non calunniarmi tra i tuoi pensieri, ma ringraziami piuttosto per l'averti salvata!

PSICHE: salvata in quale modo? Io odo le voci delle mie sorelle nel bosco, odo un flauto dolcissimo che mi richiama verso quel mondo aperto che mi spetta, cosa mi spinge a credere a te, figura che sei solo un'ombra dotata di voce?

Concedimi almeno una visita alle sorelle che tristi staranno bagnando di lacrime la selva qui attorno!

Prima o poi mi vedranno, scorgeranno le mura di questa immensa reggia! EROS: ti sbagli, un incantesimo preserva dall'occhio mortale questa dimora

PSICHE: e allora io lascerò queste mura e tornerò a correre all'aria aperta, a farmi carezzare dai raggi di Febo, a nuotare nelle acque azzurre del torrenti e nel mare smosso dalla brezza di Zefiro che gioca con Poseidone, tornerò da mia madre e mio padre e canterò per loro la gioia di essere viva, cosicchè romperò il lutto nel quale sono calate le loro vite!

EROS: non appena tu aprirai una delle porte esterne e il tuo calcagno si poserà sull'erba, un aspide sarà pronto a insidiarti le caviglie e a condannarti alla stessa sorte della misera Euridice. PSICHE: e allora che sia! Meglio una morte da donna libera che una vita da prigioniera! Non ho sicurezze là fuori, non ho certezze e pace tra queste pareti marmoree.

EROS: vorresti tu darti la morte e vanificar così i miei sforzi e il mio amore? Non condannarmi al supplizio di vedere questi occhi spenti e questa pelle priva di vita e di spirito, più pallida della cera delle candele di Afrodite!

PSICHE: lo farò, se non vedrò le mie sorelle!

EROS: non si può trasgredire la legge divina!

PSICHE: già fui condannata senza aver commesso colpa, almeno che io soffra per un valido motivo! Il mio animo è turbato e anche nel fisico inizio a sentire un malessere nuovo e crescente. EROS: il delirio ha colpito la tua gola, la follia arde nei tuoi occhi e le tue mani tremano gonfie di pianto e di dolore! Cosa posso fare io per non perderti? Se solo vedere le tue sorelle può placarti, però, ti concederò di poterle vedere domani da quando il carro del sole accarezza nel cielo la vetta dell'Olimpo, fino a quando non se ne sarà completamente distaccato.

PSICHE: che la grazia degli dei discenda su di te! Io ricambierò smettendola di porre domande insidiose e di tormentar queste poche ore d'amore che ci sono concesse con dubbi e capricci inutili! La smetterò di guardar a te come a uno straniero insidioso e i tormenti si spegneranno come braci sotto la copiosa pioggia primaverile.

Forse da domani, all'alba, Psiche sarà davvero una donna salva, viva e rinata.

I due amoreggiano mentre calano le luci.

FINE ATTO PRIMO

INTERMEZZO

Sedute a guardare lo spettacolo le due coppie dialogano.

UOMO1: che rompiscatole quella ragazza! E' stata salvata e continua ad avanzare pretese! DONNA1: scusa? Ma se questo nemmeno fa vedere chi sia! E' logico che lei possa avere sospetti su di lui! E poi perchè non può nemmeno avvisare la famiglia? E' crudele e orribile! Io sarei fuggita da quella prigionia!

UOMO1: ma che prigionia che ha tutto ciò che vuole!

DONNA1: anche in hotel in vacanza quest'estate avevamo tutto quello che volevamo! 5 stelle deluxe, ma alla fine ti sei annoiato anche lì! Cosa mancava? Nemmeno del sesso puoi lamentarti!


DONNA2: io ho letto che è tutto simbolico questo racconto. Forse lei è in paradiso e lo deve ancora capire!

UOMO2: ma no cara! E' viva! Io penso che sia una metafora delle tensioni della vita: l'amore vero e le cose importanti da una parte, il sesso e le cose frivole dall'altra.

DONNA1: potrebbe essere,ma cosa c'è di importante a parte questo presunto amore vero in quella casa? E siamo sicure che sia ricambiato questo amore? Uno che ti ama si mostra! DONNA2: forse non può...magari è un mostro, come ne “La bella e la bestia”!

UOMO1: forse sta a significare che per quanto si ami una persona è impossibile conoscerla davvero nella sua interezza.

DONNA1: non sono d'accordo, bastava mettere una maschera all' attore e via! E perchè c'è solo di notte?

DONNA2: shht, sta per iniziare il secondo atto, vediamo cosa succede e cosa le dicono le sorelle! Si chiude il sipario e dopo un breve momento di pausa si riapre per il secondo atto.

ATTO SECONDO

La scenografia è ancora costituita dalla camera da letto di Psiche.

SCENA PRIMA

Psiche è sola nelle casa e irrompe la luce del mezzogiorno. Improvvisamente delle voci femminili e qualcuno che bussa alla porta che dà sul giardino. Psiche si avvicina.

LE SORELLE: Pische! Sei qua dolce nostra sorella perduta?

Psiche scoppia a piangere e corre ad aprire alle sorelle. Momento di saluti, lacrime e abbracci, quindi le tre sorelle sono invitate ad entrare nella stanza. Fuori suona il flauto di Pan, ma Psiche chiude la porta.

SORELLA1: Raccontaci che ti è successo, chè possiamo raccontarlo ai nostri genitori, almeno per placare i fiumi di lacrime che sgorgano come sorgenti dai loro occhi spenti e appannati. PSICHE: Lunga è la novella e breve il tempo concessomi per vedervi.

SORELLA2: Parlaci quanto puoi!

PSICHE: Vi posso solo dire che il Sole ardeva il mio viso e il freddo e la paura mi gelavano invece le vene. Sconfortata e priva ormai di energie e di speranza mi accasciai sulla roccia e persi i sensi. Quando mi svegliai mi ritrovai in questa reggia che ora vi mostrerò, servita da ancelle di natura eterea e consolata ogni notte da un uomo che a far l'amore di migliori non se ne trovano sulla Terra, ma che non mi permette di vederlo in viso, poiché, a suo dire, così vogliono gli dèi. SORELLA3: che storia è mai questa? E' forse un dio che ti tiene qui prigioniera?

PSICHE: così anch'io ritengo.

SORELLA1: Fuggi con noi allora! Chè il mondo non può essere ridotto a una camera da letto e le gioie della vita a notti d'amore carnale!

PSICHE: Non posso, sorelle, non vorrei trasgredire di nuovo la legge divina! Sarebbe per me davvero la fine!

SORELLA2: Tu mai andasti in contrasto con le divinità celesti, non fu tua colpa l'esser così bella che con la tua luce sovrasti qualsiasi altra fonte luminosa.

PSICHE: Non posso rischiare sorelle. Tornate dai nostri genitori e dite loro che, come vedete, sto bene e sono viva!


SORELLA3: viva fuori, ma non dentro! La luce ha abbandonato i tuoi occhi e il colore la tua pelle ora candida come le statue di Afrodite! Colui con cui condividi il talamo sembra a noi un impostore!

SORELLA1: esci con noi! Coraggio! Dai almeno uno sguardo ancora al mondo esterno e fai riprendere aria alle tue membra!

Le sorelle trascinano Psiche fino alla porta, ma non riescono, come per magia, a condurla fuori. PSICHE: Sono prigioniera per sempre!

Piange, quindi, consolata di nuovo, parla alle sorelle col sorriso.

PSICHE: Sorelle, andiamo nel salotto e a consumare il grande banchetto che ogni giorno è imbastito per me. Mai io riesco a terminare i pasti, poiché non voglio che il vizio della gola prenda possesso di me.

SORELLA2: tanto cibo è servito da non poterne mangiare?

PSICHE: raddoppiate le portate totali mangiate da tutti gli invitati alle nozze della figlia del vasaio e avrete la quantità di pietanze che ornano la mia tavola apparecchiata per un singolo.

SORELLA1: siamo curiose di vedere allora! E il mio stomaco si contrae per la fame, in effetti. Guidaci a mostrarci la casa e a condividere con te questo simposio di meraviglie!

Escono dalla stanza, ma non chiudono a chiave la porta. Si ode il suono del flauto di Pan, quindi una risata malvagia dal giardino: la porta si apre un poco, quindi è riaccostata. Cala il buio.

SCENA SECONDA

Psiche e le sorelle rientrano nel letto, queste ultime adornate di gioielli e con un portagioie in oro in mano.

Sorridono felici e si siedono sul letto accanto alla sorella.

SORELLA 2: Psiche, che hai nelle vene il nostro stesso sangue, torna con noi nel mondo reale ed esci da questo incubo dorato!

PSICHE: Non posso, sorelle, la verità è che sono innamorata di colui che mi ha salvata. SORELLA3: nemmeno sai com'è in viso, se fosse storpio o deforme? Come puoi amare e apprezzare qualcosa che non vedi?

PSICHE: Non lo so, ma è così, sorelle, credetemi sulla parola.

SORELLA 2: Almeno guardalo stanotte!

SORELLA 3: Fallo per noi!

SORELLA: Non farlo, fuggi direttamente con questo oro e queste ricchezze e potremmo tutti vivere felici!

SORELLA2: porta via anche lui se lo ami!

SORELLA3: Torna dai nostri genitori!

SORELLA: Seguici e vieni via prima che faccia buio!

PSICHE: basta! Qui sono stata condotta e qui resterò, prigioniera, finchè non sarà il momento di tornare al mio mondo. Non mi interessano oro né ricchezze né agi! Non sono nemmeno nella giusta condizione fisica per intraprendere un viaggio.

SORELLA2: sei sempre chiusa qua dentro, non è certo salutare!

SORELLA: e come passi il tempo?

PSICHE: al telaio a tessere, alla lira a cantare e suonare e a leggere e studiare, un privilegio che nessuna donna ha!

SORELLA: che privilegi sono? Sciocchezze e fesserie stanno riempiendo la tua vita, sono come inutili orpelli con cui si adornano certe concubine, che di nessun valore accrescono la loro beltà! Il sole cala del tutto e Psiche dice alle sorelle di andarsene, alzandosi e cacciandole letteralmente fuori, furibonda.

Tentano di nuovo di farla uscire, ma invano.

Psiche si veste per la notte e va a letto.


Poco dopo suona leggero il flauto, quindi si schiude la porta ed entra il dio Pan, dal giardino,che si sdraia a letto con Psiche.

Amoreggiano un po', quindi lei urla e lo caccia via, piangendo.

PAN: Non fui ottimo amante, giovane fanciulla prigioniera dell'amore?

PSICHE: l'amore vero non è di carne, ma di spirito. Come osi entrare qui nella dimora di colui che amo per spirito, alla ricerca di pura e infima gioia carnale? L'amore vero ricerco! L'altro lasciamolo alle bestie, alle razze di animali alle quali tu appartieni! Vattene e non tornare mai più, chè da me avrai solo odio e molestie!

PAN: sciagurata, osi parlar così a un figlio degli dei come me? Verrai punita e malamente!

Pan esce di scena e Psiche si affretta, terrorizzata, a chiudere la porta della sua stanza. Poco dopo entra Eros, che si sdraia a letto.

Appena lui entra nel talamo la fanciulla scoppia in lacrime.

SCENA TERZA

Sulle rive della solita scogliera Afrodite sta cogliendo dei fiori per adornarsi il capo, quando arriva adirato Pan, che la chiama.

AFRODITE: che vuoi tu da me, sudicio mezzoanimale?

PAN: so cosa ti turba l'animo o magnifica dea! So cosa ti sta celando il tuo figlio prediletto!

AFRODITE: parli forse di Eros?

PAN: e di chi se no? Proprio lui, il minore e il più caro dei tuoi figli, da sempre avvezzo a non prestar mai orecchio alla tua voce!

AFRODITE: su parla dunque e non accrescer la mia brama di sapere! Che mi nasconde quel furfante?

PAN: ricordi Psiche, la fanciulla che con la sua bellezza osò privarti delle preghiere e dei doni da destinarsi ai tuoi simulacri e ai tuoi templi, diventando essa stessa un sacrilego oggetto di culto e devozione?

AFRODITE: come dimenticare quell'affronto! La fanciulla pagò giustamente la morte, ora sarà un mucchio d'ossa roso dai denti delle cagne affamate e degli uccelli rapaci della rupe sacra!

PAN: sono spiacente darti certe notizie, mia dea, ma proprio Eros tuo figlio si è opposto al tuo volere con insolenza e senza riguardi, non solo rapendo la fanciulla prima della sua morte, ma portandola in una dimora segreta che egli stesso ha progettato per farne la sua compagna di passioni notturne.

La dea si infuria!

AFRODITE: non solo i mortali, ma anche il figlio di una dea vuole imbonire quella meretrice! E tra tutti il figlio di Afrodite, come se già non mi avesse arrecato poco danno! Feci bene a non ascoltare le sue preghiere, finte parole al veleno di serpe! Ah, ma pagherà e stavolta dovrà davvero soffrire tutte le pene che le imporrò!

Io preparerò una pozione magica che farò calare come polvere sui suoi occhi quando ancora è assopita nel sonno e la renderò schiava del mio volere e della mia voce non appena la luna sarà piena nel cielo.

Allora vedrà cosa vuol dire sottostare al volere di una dea!

Spierò le loro notti e deciderò poi come punirli!

La dea esce di scena e Pan ride.

SCENA QUARTA

Psiche canta una canzone malinconica sulla nostalgia seduta sul letto e accompagnandosi con la lira.


SCENA QUINTA


Pische dorme ed entra Eros. Eros scivola nel letto e dopo un po' le parla.

EROS: ancora non sei felice? Perchè sotto le mie mani ora sei rigida come una statua di marmo prezioso?

PSICHE: credo di stare male. Ho bisogno di aria pura e fresca, di luce, di spazi aperti in cui muovermi e non solo di stanze piene di spigoli che mi ammaccano queste esili gambe.

E poi vorrei vedere il tuo volto, perchè non ho ancora compreso il motivo del tuo rapimento. EROS: rapimento chiami il salvarti la vita?

PSICHE: rapimento chiamo il trovarsi su una rupe, viva, l'addormentarsi e risvegliarsi in una prigione. Della morte non sentii che un lontano richiamo.

EROS: e invece era vicina assai, con la sua ombra quasi ti sfiorava il viso e i lucenti capelli.

PSICHE: cosa desideri da me oltre al mio corpo?

EROS: io voglio che tu mi ami.

PSICHE: e lo faccio. Ma non posso farlo appieno senza vederti in viso!

EROS: il problema degli uomini è che cercano l'amore nei lineamenti del corpo, non in quelli dello spirito. Ecco perchè per essi non ci sarà mai l'amore eterno. Perchè il corpo prima o poi si disgrega,

èsolo lo spirito che perdura. Da fuori si sente un rumore. PSICHE: hai sentito?

EROS: era forse un animale o ancora Pan, che però non potrà più avvicinarsi a noi. Vieni qua, Psiche, e cadi tra le mie braccia una volta ancora!

PSICHE: non posso

EROS: perchè?

PSICHE: da giorni accuso malesseri e nausea, la mia forma fisica è precaria e credo di stare molto male.

EROS: non un malanno prova il tuo fisico, ma una nuova vita futura che nel tuo grembo sta per generarsi.

PSICHE: che vai dicendo? Non siamo nei tempi!

EROS: fidati di me, andrà tutto bene.

PSICHE: io non...

EROS: shhht. Dormi, se non ti senti bene, perchè bisogna essere pronte per essere madri.

PSICHE: non è possibile...io...

Poco dopo si odono i loro respiri nel sonno e senza alcun rumore entra in camera Afrodite, che si china su Psiche.

La ragazza poco dopo si agita nel sonno, quindi mugugna, si alza ed esce di scena a sinistra. Rientra con una candela accesa, che accosta pian piano al volto di Eros, scoprendo chi sia. Questi, d'un tratto, si sveglia.

EROS: Psiche! Tu hai infranto la regola sacra! Ti avevo avvertita e adesso...

Lei lo bacia e non lo fa finire.

PSICHE: perchè hai sempre celato il tuo viso, così bello che riluce più del sole di Apollo?

EROS: io ti parlai più volte della mia impossibilità a mostrarmi, ma la tua brama di curiosità, alimentata forse dalle parole delle tue sorelle, ti ha fatto disobbedire alle regole. Mi dispiace, amata Psiche, ma per noi è tempo dell'addio. Saluta per l'ultima volta Eros, il dio dell'amore che quasi si fece mortale perchè rapito e prigioniero del cuore di una donna.

PSICHE: non scappare, in nome degli dei ai quali appartieni! Non lasciare la donna che hai ingravidato sola e malata nella tua dimora perduta, ché non saprò più cosa fare per sopravvivere senza di te!

Eros fugge dalla porta.

Psiche scoppia in lacrime e urla. Maledicendosi. Da fuori si odono le risa di Pan e di Afrodite.


SCENA SESTA


Psiche è stremata, ha i vestiti logori e sudici, è spettinata e irriconoscibile.

Cammina cercando Eros e giunge sulle rocce dove di solito sosta Afrodite.

Si siede e canta una canzone sull'amore perduto.

Entra Afrodite, che la riconosce e la guarda malignamente, poi finge di non sapere chi sia. AFRODITE: che ti succede fanciulla, che su queste rive placide e amene piangi copiose lacrime amare?

PSICHE: purtroppo nulla è così piacevole e così doloroso per l'animo umano che l'amore

AFRODITE: ti comprendo, fanciulla, anch'io ebbi un uomo che amavo alla follia, ma poi fu

chiamato in guerra e da allora posso vederlo e toccarlo soltanto nelle notti più fortunate, quelle in

cui Morfeo mi dona di sognarne la presenza.

PSICHE tace.

AFRODITE: il tuo viso è molto pallido, sudi e tremi. Sei forse colpita anche da malanni fisici? PSICHE: un figlio attende di vedere la luce di questo tenebroso mondo ed è nel mio grembo che sta prendendo forma

AFRODITE ha una scossa di ribrezzo.

PSICHE: la cosa la turba? Non vorrei arrecarle danno...

AFRODITE: non preoccuparti fanciulla, è solo che anch'io crebbi un figlio da sola, ma ammetto che esso è sano e robusto e bello, ma così bello, che il suo volto riluce più del sole di Apollo.

Psiche si stupisce della frase, la stessa che usò lei stessa, quindi la donna scoppia a ridere con crudeltà.

PSICHE: Afrodite tu sei! La dea della bellezza, madre di colui che mi ha abbandonata e che ha messo il suo seme nel mio grembo!

Ti prego non calunniare di nuovo questa povera fanciulla, ma abbi pietà di me, ché già invano tentai di averne da Era e Diana, che in quanto tue sorelle nei cieli mi negarono ogni aiuto!

AFRODITE: sono proprio io, sciagurata, colei la quale privasti dei legittimi voti e doni preziosi, colei che ti condannò a una morte atroce sulla sacra rupe e che poi venne a sapere dal dio Pan che tu osasti anche fare l'amore con un dio, dichiararti sua compagna e poi accettare di condividere il Talamo anche col satiro, per finire poi infrangendo anche l'unica regola che Eros, mio figlio, ti aveva imposto, mostrandoti ingrata e ancora una volta sacrilega!

Non vi è legge divina che tu abbia rispettato, come ti permetti di chiedere pietà e prostrarti? Afrodite le dà un calcio sul grembo.

PSICHE: non fui io a cercare Eros, tuo figlio, né fui io a volere questo fardello nel mio ventre, anzi di continuo chiesi cosa mi fosse successo, perchè io passavo le giornate ignara di quale fosse il mio destino, inconscia anche del semplice fatto che fossi viva ancora oppure già in qualche casa olimpica!

AFRODITE: casa olimpica? Stridore di denti e odore di marcio riempiranno l'aria della casa dove dimorerai una volta abbandonata la tua vita terrena, perchè non vi sarà altra destinazione che l'Ade di Proserpina e delle anime dannate!

PSICHE: invoco la tua pietà o dea, te ne prego, perchè la creatura che ho in grembo, in fondo, è anche figlio tuo!

Afrodite la prende a calci, dunque la trascina per i capelli fino al masso e la abbandona, morente. AFRODITE: il bastardo che porti in grembo nascerà, sano e bello come il padre, ma non vedrà mai colei la quale l'ha portato alla vita! Quando il carro di Apollo avrà superato appena la superficie cristallina dell'Egeo tu darai alla luce il nipote di Afrodite e donerai la tua stessa vita per la sua!

La dea se ne va e lascia la ragazza, ansimante, da sola, accasciata moribonda sul masso.

SCENA SETTIMA


E' l'alba ormai ed Eros appare sulla scena.

EROS: Pische, mio amore, destati e torna ad avere un poco di energia e di vita, quel tanto che è necessario per dirci le ultime parole!


PSICHE mugugna.

EROS: svegliati, dolce Psiche, ché la tua fine è vicina, ma solo per quanto riguarda la tua vita

mortale!

PSICHE: E...Eros

EROS: sì,così mi chiamano.

PSICHE: di nuovo vieni a dirmi addio? Ad abbandonare la madre di tuo figlio, colei che infranse tutti i dettami divini?

EROS: non di nuovo a dirti addio, ma di nuovo a salvarti, in nome degli dei che compresero, dopo le mie parole, la tua situazione, comprendendo che non un animo sciagurato, bensì un animo pieno di virtù e di sentimento tiene in vita questo tuo corpo dalle fattezze così perfette che ancora ci si chiede se tu non sia una figlia segreta di Apollo o di Zeus in persona! PSICHE: oh Eros, e come farai con tua madre? E che sarà di me?

EROS: Afrodite mia madre è stata convinta da Era e Diana, sue confidenti, che accolsero le tue preghiere sin da subito e si mobilitarono per salvare la tua purezza da una sorte ingiusta.

Già Proserpina a cui tu fosti destinata rifiutò subito di accogliere la tua anima così lucente nel buio dell'Ade.

Vieni con me, la tua vita terrena è davvero finita, ma ora inizia la tua vera vita celeste e lassù, nelle case dove dimora la discendenza di Zeus, diventerai mia sposa e renderemo il nostro amore consono alle regole e trasparente, privo di ogni segreto e di ogni restrizione. Accetti?

PSICHE: sì, è quello che voglio da sempre, stare con te per tutta l'eternità!

Il sole sorge e la donna inizia ad emettere delle urla, quindi cala il buio e si sente il pianto di un neonato.

Eros, che era chino su di lei, esce con il bambino tra le braccia.

SCENA OTTAVA

Pan passeggia lungo la solita scogliera e vede il corpo morto e steso a terra di Pische.

PAN: giovane Pische, hai saputo vivere seguendo le leggi dell'amore vero, prigioniera di una casa dove hai saputo coltivare grandi virtù e in una situazione dalla quale molte sarebbero fuggite. Piango nel vedere questo tuo magnifico corpo privo di vita e abbandonato qui su queste scogliere deserte, ma sono sicuro che la tua anima si unirà a quella delle stelle e brillerà con esse.

Suona una melodia funebre col flauto, seduto accanto a lei, quindi cala il buio.

FINE SECONDO ATTO

SECONDO INTERMEZZO

DONNA1: insomma, ma lei è morta o no?

DONNA2: sìsì, ma è solo che in pratica Eros ha salvato la sua anima dall'inferno e la sposerà nei cieli!

UOMO1: diventa una dea, in pratica!

UOMO2: credo di sì, più o meno!

DONNA1: che storia romantica e triste! Mi ha commosso.

DONNA2: anche a me devo dire. Dobbiamo senz'altro ringraziare per i biglietti! Si alzano e fanno per andare via, ma le luci calano di nuovo.

UOMO1: mio dio, ancora? Onestamente questa cosa mi sta un po' annoiando!


UOMO2: a chi lo dici! Lo sapevo che quelli là ci avrebbero regalato il solito mattone intellettuale. Qua la critica ci vedrà parecchie interpretazioni senz'altro, ma credo che alla fine chi ha scritto sta roba avesse ben poco da dire.

UOMO1: o forse voleva davvero dire tante cose!

UOMO2: mah, io credo che chi dice troppo alla fine non dice niente!

DONNA2: e allora non dire niente nemmeno tu, che sta per cominciare e disturbiamo tutta la sala! Si spengono le luci e chiude il sipario.

TERZO INTERMEZZO

Si riapre il sipario sui finti spettatori, che sono già in piedi e stanno per andarsene.

UOMO1: molto inutile questo terzo atto. Venti minuti solo per vedere le nozze di questi due e canti e balli vari! Inutile e noioso.

UOMO2: almeno abbiamo visto Pische che si è sposata, ci fanno capire che avevamo capito giusto!

DONNA1: che bel matrimonio! Ma dove andate? Non stiamo a fare gli applausi?

UOMO1: io esco a fumare, non mi è piaciuto granchè e non amo applaudire.

UOMO2: io lo seguo. Troppo contorto, troppo! E poi che noia questo epilogo, davvero era da tagliare! L'applauso non glielo faccio.

DONNA2: andate allora e iniziate a venire vicini con le macchine, io l'applauso lo faccio! DONNA1: certo! E' stato magnifico. La verità è che si sono sentiti troppo inferiori ad Eros e hanno sentito ferito il loro orgoglio maschile!

Le donne applaudono e si chiude il sipario.

FINE