Amore in caricatura
Di Carlo Goldoni
PERSONAGGI
PARTI SERIE
La Baronessa Olimpia
La Sig. Giovanna Cesati Di Milano.
Don Possidario
Il Sig. Domenico Pacini Di Pistoia.
PARTI BUFFE
Madama Di Cracchè
La Sig. Teresa Alberis Di Vercelli. Monsieur De La Coteroti
Il Sig. Francesco Bianchi Di Milano,
Virtuoso Di Camera Di S. A. R.
Il Principe Carlo Duca Di Lorena E Di Bar Ec. La Contessa Gingè
La Sig. Rosa Dei Di Firenze. Il Conte Policastro
Il Sig. Domenico De Angiolis Di Roma. Il Marchese Carpofero
Il Sig. Giuseppe Mienci Di Ancona. Il Cavaliere Tritogano
Il Sig. Giacomo Fiorini.
La Musica Del Sig. Vincenzo Ciampi, Maestro Del Pio Ospitale Degl'incurabili.
Il Vestiario Sarà Di Ricca E Vaga Invenzione Del Sig. Lazzaro Maffei Veneto.
BALLERINI
Monsieur Pierre Bernard Michel Il Sig. Antonio Chiarini.
Virtuoso della Serenissima Il Sig. Gennaro Magri.
Principessa Ereditaria di Modena. La Sig. Angiola Agustinelli.
La Sig. Giacomina Bonomi. La Sig. Laura Franceschi.
Il Sig. Giuseppe Gioannini
Arcolani. La Sig. Catterina Gattai.
Il Sig. Pietro Onorio. La Sig. Marianna Ceriati.
Il Sig. Michel Corradini. La Sig. Marianna Ricci.
MUTAZIONI DI SCENE
ATTO PRIMO
Giardino.
Camera della Baronessa.
Appartamento.
Per il Primo Ballo. Foresta dove si fa il carbone.
ATTO SECONDO
Camera.
Strada con Bottega di caffè.
Appartamenti.
Per il Secondo Ballo. Apparato delizioso per una Mascherata, dedicato a Bacco.
ATTO TERZO
Appartamenti. Ultima scena.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Giardino pensile.
Madama di Cracchè, Monsieur de la Coteroti, il Marchese Carpofero, il Cavaliere Tritogano, il Conte Policastro
MONS. Vi presento, madam di Cracchè,
Quest'anemolo colto da me,
E con esso vi dono il mio cor.
Ah
che viva, che viva l'amor!
CARP. Vi presento, Madama vezzosa,
Questa fresca, freschissima rosa,
Che somiglia a quel tenero cor.
Ah che viva, che viva
l'amor!
POL. Vi presento un giacinto novello.
TRIT. Vi presento un garofano bello.
a due Sì, Madama, vel dono di cor.
Ah
che viva, che viva l'amor!
MAD. Questi fiori sì belli, sì rari,
Sì signori, da voi mi son cari,
Li aggradisco, li accetto di cor.
Ah che viva, che viva l'amor!
TUTTI
Dalla reggia di Palo e di Gnido Ha portato l'arciero Cupido Fra quest'ombre la pace del cor. Ah che viva, che viva l'amor!
MAD. Olà, servi, recatemi
Nastri, forbici, spille,
Che vo' per mio diletto
Sì vezzoso bucchè
legarmi al petto.
MONS. Ecco un nastro, Madama. (si
leva il nastro della spada)
CARP. Madama, ecco le spille. (cava un astuccio)
POL. Ecco le forbici,
E
d'acciaio perfetto. (cava una custodia colle forbici)
TRIT. Ecco al vostro comando uno specchietto.
(cava
una scatola in cui vi è lo specchio)
MAD. Siete tutti obbliganti,
Siete tutti cortesi. In voi ravviso
Adone,
Ganimede, Aci e Narciso.
MONS. Ahimè, Madama, Adone
Fu
in cervo convertito.
CARP. Madama, fu rapito
Ganimede da Giove.
POL. Aci infelice
Fu tramutato in cristallino umore.
TRIT. E Narciso meschin divenne un fiore.
MAD. Ah sì, le metamorfosi
Sien da me rinnovate. Al mio Narciso
Che si cambi in un fiore io gli prescrivo,
Ma sia per l'amor mio fior semprevivo.
Rapito Ganimede
Sia da questo mio core. Aci divenga
Di nettare amoroso amabil fonte,
E il mio tenero Adone,
Costante al suo destino,
Si trasformi fedele in can barbino.
a quattro Viva Madama, - bella e brillante,
Viva chi l'ama, - viva il bel cor.
MAD. Cavalierino, - caro Contino,
Caro Marchese, - caro Monsieur.
TUTTI
Senza malizia - noi ci spassiamo, Noi ci godiamo - la gioventù.
MAD. Ehi, marchese Carpofero.
CARP. Madama.
MAD. Di visitare ho brama
La contessa Gingè. Deh, favorite
Di mandar l'imbasciata.
CARP. Tosto vi servirò. (si alza)
MAD. Bene obbligata.
CARP. Stelle, che non farei
Per quegli occhi sì bei che m'han piagato?
Sul dorso io volerò del nume alato.
Se il dio Cupidine
Mi presta l'ale,
Dall'orto pensile
M'involerò. E a capitombolo
Giù per le scale,
Col piè sollecito
Mi getterò. (parte)
SCENA SECONDA
Li suddetti, fuorché il Marchese Carpofero
MAD. Veramente il Marchese
Ha per me dell'amore.
POL. E chi potrebbe
Non consacrar, non offerir divoto
A
cotanta bellezza il core in voto?
MAD. Ehi, conte Policastro.
POL. Madama, comandate.
MAD. Vi supplico, ordinate
Che
mi facciano un tè.
POL. Subito, andrò da me.
A servirvi col tè verrò fra poco.
Ah, che per voi mi getterei nel foco.
Per servirvi, madam di Cracchè, Vorrei darvi il mio core in un tè. Il mio core nel pianto bollito Sentirete com'è saporito: Basta sol che la vostra dolcezza L'amarezza - gli voglia temprar. Madamina, - carina, - bellina, Dal contento - mi sento - disfar. (parte)
SCENA TERZA
Madama di Cracchè, Monsieur de la Coteroti ed il Cavaliere Tritogano
MAD. I cuori liquefatti
Son le care bevande,
Son le dolci vivande
Di cui con mio diletto
Pascolo
gli occhi e mi nutrisco il petto.
MONS. Ah, Madama, se i cuori
Sono gli eletti cibi
Della vostra bellezza, io vi concedo
Il
mio povero cor cotto allo spiedo.
TRIT. Ed io, se ciò vi alletta,
Vi
farò del mio core una polpetta.
MAD. Ah sì, sì, vi capisco:
Le metafore intendo, e le aggradisco.
Ehi, cavalier
Tritogano.
TRIT. Madama. (s'alza)
MAD. La baronessa Olimpia
Sapete come stia?
TRIT. Non lo so dire.
MAD. Se non è troppo ardire,
Priegovi
d'informarvi del suo stato.
TRIT. Ah, son ben fortunato,
Madama, se l'onore ho d'obbedirvi.
Salgo nella carrozza e vo a servirvi.
Vado e vengo in un momento.
I cavalli come il vento Per la via farò trottar; E se parmi di star troppo,
Cicche ciacche di galoppo I cavalli fo marciar. Presto presto, - lesto lesto, Mi vedrete a ritornar. (parte)
SCENA QUARTA
Madama di Cracchè, Monsieur de la Coteroti
MAD. Sì cortese bontà, prontezza tanta,
Propriamente m'incanta.
MONS. Ahimè, Madama, (si alza)
Ahimè, voi non mi
amate.
MAD. Monsieur Coterotì, voi
v'ingannate. (si alza)
MONS. Ah, se ciò fosse vero,
Preferito sarei
Nell'onor
d'obbedirvi. Oh stelle! oh dei!
MAD. Monsieur, siete gentil, siete galante,
Ma poco penetrante; i cenni miei
Dati a quel, dati a questo, han per obbietto
Star con voi sola a
ragionar d'affetto.
MONS. Oh fortuna! oh destino! oh
sorte! oh fato!
Sono
fuori di me. Son fortunato.
MAD. Voi valete per cento.
MONS. Che gioia! che contento!
MAD. A mille a mille
Accordare poss'io qualche favore:
Ma
il cor non già, che di voi solo è il cuore.
MONS. Ah non più, mio tesoro!
Ah,
non dite di più, ch'io casco, io moro.
MAD. Ma il conte Policastro
Non si vede col tè.
MONS. Se comandate,
Vado
a sollecitar.
MAD. No, no, restate.
Vo' andar nella mia camera
A finir le mie lettere.
Ancora ho da rispondere
Al marchesin dell'Ostriche,
Al conte dei Tartufoli,
Ed al baron dei Ravani.
Caro Monsieur, aspettatemi.
Ah, s'io v'amo di cor, di core amatemi.
Qual rondinella, - qual colombella Che va rondando, - che va volando Pel suo rondone, - pel colombin, Intorno intorno, - la notte e il giorno, Mi porta amore, - cercando il core Che m'ha rubato - quel bel visin.
Ah Coterotì, - amor mi ferì.
Languire così - non posso, non so. Crepare non vo', - crepare mi fa... Spiegarmi non so, - domando pietà. (parte)
SCENA QUINTA
Monsieur de la Coteroti, poi la Contessa Gingè
MONS. Sì, sì, fra le vittorie,
Che al merto e alla beltà Cupido appresta,
A caratteri d'or scriva ancor questa.
Per me, pel mio sembiante
Madama è delirante; ed io, pietoso,
Soglio per cortesia
Prodigo dispensar la grazia mia.
GIN. Solo, solo, Monsieur?
MONS. No, Contessina,
Solo non sono mai. Ho sempre meco Una donna volante e un giovin cieco.
GIN. E chi son questi mai?
MONS. Son due compagni
Che mi siedono sempre al fianco e in cuore: Voglio dir la Fortuna e il dio d'Amore.
GIN. Credo che il dio bendato
Seggavi sempre allato, Ma la volubil dea cangia sovente.
MONS. Stabile è in favor mio perpetuamente.
Ecco, appena mi lascia Una gentil donzella, Si presenta al mio sguardo una più bella.
GIN. Di madam di Cracchè
So che voi siete amante.
MONS. Son del vostro sembiante
Umile adoratore.
GIN. In due diviso il core,
Mantenere nel sen saria un portento.
Siccome il pianeta Che scalda, che splende, Rischiara ed accende Quest'orbe terren; Così dal mio core Si sparge l'ardore Che ogni alma consola, Che scalda ogni sen. (parte) |
MONS. Basterebbe il mio cor diviso in cento.
SCENA SSCENA SESTA
La Contessa sola.
Dell'inutil pianeta
Caso per me non faccio:
Scaldi pure chi vuol, ch'io son di ghiaccio.
Lo godo e me ne rido;
Fa con tutte il Cupido, io per mia parte
Venere non sarei, s'ei fosse Marte.
Come l'ape intorno ai fiori, Va girando il poverino; Or s'attacca al gelsomino, Or la rosa vuol succhiar.
Nel giardin di giovinezza Ancor io sono un fioretto; Ma da me, te lo prometto, Non v'è niente da beccar. (parte)
SCENA SETTIMA
Camera della Baronessa.
La Baronessa Olimpia e Don Possidario
OLIM. Cinque volte l'ho detto,
E questa che fa sei:
No,
non sono per voi gli affetti miei.
POSS. Ah, datemi piuttosto
Cinque o sei schioppettate,
Ma
il mio povero cor non disperate.
OLIM. Io non posso adular. Parlar sincera
Soglio per ordinario:
Caro don Possidario,
Fatto
per me non siete.
POSS. Dite almeno il perché.
OLIM. Non mi piacete.
POSS. Possibile tal cosa?
OLIM. È tanto vero
Che, se più seguitate a tormentarmi,
Qualche
via cercherò per liberarmi.
POSS. No, no, non vi adirate.
Tacerò, vel prometto.
Sì, celerò nel petto
Quella fiamma crudel che mi tormenta;
Barbara, morirò; sarai contenta.
Perderà la luce il sole, Non andranno i fiumi al mare, Pria ch'io lasci per quel volto Di languire e sospirar. (parte)
SCENA OTTAVA La Baronessa Olimpia, poi il Cavaliere Tritogano OLIM. Eppur, per dir il vero, Qualche brama d'amor nel seno io provo: Cerco un bel che mi piaccia, e non lo trovo. Certo don Possidario Sarebbe al caso mio, Ma non ha quella grazia che dich'io. TRIT. Oh, baronessa Olimpia, Vostro buon servitor. OLIM. Serva obbligata. TRIT. Madama di Cracchè Diede l'onore a me Di venire a veder come voi state. OLIM. Oggi sto meglio assai. TRIT. Mi consolate. OLIM. Dite pure a Madama Che sarò a riverirla e a incomodarla. TRIT. Verrete ad onorarla, E accoppiando al suo bel vostra bellezza, Voi farete un gilè di gentilezza. (parte) |
SCENA NONA
La Baronessa, poi il Conte Policastro
OLIM. Il cavalier Tritogano
Per me saria una gioia,
Ma
la sua affettazion mi reca noia.
POL. È permesso?
OLIM. È permesso.
POL. Scusate.
OLIM. Vi ho scusato.
POL. Da madam di Cracchè son qui mandato.
OLIM. Ebbi un'altra imbasciata.
POL. La sorte ho procurata
Di venire ancor io... perché... vel giuro,
Dalla vostra beltà son reso estatico.
OLIM. (Io non posso soffrir questo
flemmatico). (da sé)
POL. Madama mi comanda...
OLIM. Sì, ho capito.
Accettato ho l'invito,
Oggi sarò da lei.
POL. Se comandate,
Io vi posso servir.
OLIM. No, grazie, andate.
POL. Parto, vado, obbedisco.
Vorrei dir... ma non so... ma non ardisco.
Vorrei dirvi, o mia regina... Vi vorrei spiegar il cor. Ah, il timore mi assassina, Maladetto sia il timor! Lo vedete, - lo sapete, Conoscete - il mio rossor. (parte)
SCENA DECIMA
La Baronessa Olimpia sola.
Io che son tutta foco,
Tollerare non so chi si confonde,
Chi col gel del timor l'amor nasconde.
Fra i precetti d'amore
Sempre ho sentito a dire
Essere necessario un po' d'ardire.
È dover del sesso imbelle Ritrosia mostrare in volto; Ma le timide donzelle Deve l'uomo incoraggir.
Non audace e disonesto, Ma discreto e supplicante, Frammischiando nel sembiante La modestia coll'ardir. (parte)
SCENA UNDICESIMA
Camera di Madama di Cracchè.
Madama di Cracchè e Monsieur de la Coterotida varie parti.
MONS. Avec permission. (volendo entrare)
MAD. Monsieur, sans façon.
MONS. Comment ve portez vous?
MAD. A vos commandements.
MONS. Ah, que vous êtes jolie.
MAD. Ah, que vous êtes mignon.
MONS. Je vous demande pardon.
MAD. Je dise la vérité.
a due Que vive la politesse
A la façon
francoise.
MAD. Les plaisirs les plus
charmans,
Quand ils sont toujours les mémes,
N'ont pour nous plus d'agremens. Dans la jeunesse,
Dans la vieillesse, Nous aimons la diversité. Dans l'allegresse, Dans la tristesse, Nous cherchons la nouveauté.
MONS. Al volto, al vezzo, al canto,
Siete,
lo giuro al ciel, siete un incanto.
MAD. Ah, le lingue straniere
Mi
danno un gran piacere.
MONS. È un bel diletto
Il
sapere cambiar frase e dialetto.
MAD. Fan pietà quelle donne
Che altro parlar non sanno
Che quel del lor paese.
Io posseggo il francese,
E l'inglese, e il tedesco, e lo spagnuolo,
E
le lingue imparai tutte di volo.
MONS. Ed io perfettamente
Ho
il Calepin di sette lingue in mente.
MAD. Ecco gli amici nostri.
MONS. Essi non san parlar che italïano.
MAD. Davver? Li vo' provare.
MONS. Sì, facciamoli un poco svergognare.
SCENA DODICESIMA
Il Conte Policastro, il Marchese Carpofero, il Cavalier Tritogano e i suddetti.
CARP. Madama, vi ho servita.
Vi aspetta e vi ringrazia
La contessa Cingè.
MAD. Monsieur, bien obligée.
CARP. Troppo cortese.
Rispondo
in italian; non so il francese.
TRIT. La baronessa Olimpia
Sta ben, vi riverisce, e quanto prima
Verrà da voi.
MAD. Que je suis charmée.
TRIT. Sarmè? Non vi capisco.
MAD. Povero Cavalier, lo compatisco. (a Monsieur de la Coteroti)
MONS. Rien de tout, rien de tout. (a Madama)
POL. Cara Madama,
State ben di
salute?
MAD. Toujours à vos servì,
monsieur Petit.
POL. Come! Avete appetito?
MAD. Oui, oui.
Ah, Monsieur Coteroti,
J'ai appetito, oui, oui. (ridendosi
del Conte)
MONS. Ah Madame, je le sais bien,
POL.
TRIT.
CARP.
MAD.
MONS.
POL.
MAD.
CARP.
MAD.
TRIT.
MAD.
POL.
TRIT.
CARP.
MAD.
MONS.
POL.
TRIT.
CARP.
MAD.
MONS.
MAD.
MONS.
CARP.
TRIT.
POL.
a tre
MAD.
POL.
TRIT.
CARP.
MAD.
MONS.
} atre } adue
} atre } adue } atre
} |
a due
} |
Ce monsieur n'antande rien. (a Madama) Deh, parlatemi italiano: Il linguaggio oltramontano Non è facile per me. Ma foè, ma foè, Miserable, j'ai pitiè. Con licenza.
Non partite. Riverisco.
Non andate. Vi son servo.
Qui restate. Non parlate più francese, Che la lingua del paese Non si deve disprezzar. Più francese non parliamo, Vi vogliamo soddisfar.
Ah Madama compitissima, Ah Monsieur generosissimo!
Cavalieri gentilissimi. Miei padroni colendissimi.
Voi potete comandar.
Se volete che balliamo,
Se volete che cantiamo,
Se volete che giochiamo,
Divertire ci possiamo,
Basta sol lo dite a me.
Oui, Messieurs, ce que vous plait.
Se francese più parlate, Perdonate, - vado via.
No, restate in cortesia. Non parliamo più françois.
TUTTI
Stiamo tutti allegramente,
E godiam concordemente
L'allegria che vien dal cor. Viva, viva l'amicizia;
Bando, bando alla tristizia; Viva, viva il buon umor.
ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
Camera in casa della Baronessa Olimpia.
La Baronessa Olimpia e Don Possidario
OLIM. (Ecco don Possidario;
Eccolo qui di nuovo. Quasi, quasi,
Per compassion mi sento
Disposta
in suo favore a dichiararmi). (da sé)
POSS. (Della sua crudeltà vo' vendicarmi). (da sé)
OLIM. Signore, a quel ch' i' vedo,
Siete mortificato.
POSS. Io? V'ingannate.
OLIM. S'è ver che voi mi amate,
Qualche
prova d'amor richiedo e bramo.
POSS. Perdonate, signora, io più non v'amo.
OLIM. Come! L'amor sì presto
Svanì
dal vostro petto?
POSS. Obbedisco al precetto;
Se troppo v'annoiai, chiedo perdono:
Da
voi venuto a congedarmi or sono.
OLIM. Oh, via, don Possidario,
Vo' che pace facciam. (Per verità,
Con troppa crudeltà trattai finora.
Non mi piace, egli
è ver, ma alfin mi adora). (da sé)
POSS. (Ah sì, la Baronessa
Arde, more per me. Scoperto ho il foco,
SCENA SECONDA La Contessa Gingè e detti. GIN. Amica, vi son serva. OLIM. Serva, serva, Contessa. GIN. Mi consolo. OLIM. Di che? GIN. Di ritrovarvi Con sì amabile oggetto in compagnia. OLIM. Certo; don Possidario, Per dir la verità, Ha per me una bontà non meritata. |
Ma scaltro anch'io vo' tormentarla un poco). (da sé)
GIN. Da tutta la città siete invidiata.
POSS. Ah, se in me qualche merto
Fossevi, ch'io non so, la Baronessa
Per grazia e per bontà
Mi lascia in libertà. Deh compatite
Se arditamente ardisco:
Quanto
son, quanto vaglio, io vi offerisco. (alla Contessa)
GIN. Grazie, grazie, signore,
Di sì egregio favore. Accetterei
La generosa offerta,
Ma una ragion mel
vieta.
POSS. E qual ragione?
GIN. Ch'io lo dica, signor, mi permettete?
POSS. Ditela, per pietà.
GIN. Non mi piacete.
OLIM. Brava, brava, Contessa.
POSS. Eh, s'è avveduta
Ch'io scherzava con lei. Sa che il mio core
Arde
solo per voi. (alla Baronessa)
OLIM. Povero core!
Mi spiace, in verità,
Ch'egli abbia nell'ardore a consumarsi,
Senza un po' di pietà
da rinfrescarsi.
POSS. Ma so pur che mi amate. (alla
Baronessa)
OLIM. No, no, meglio impiegate
Con essa il vostro
amor. (accennando la Contessa)
POSS. Deh Contessina... (alla
Contessa)
GIN. Quella è del vostro mal la medicina. (accennando la Baronessa)
POSS. Barbare, me n'avvedo,
Di me prendete gioco.
Ah, di sdegno e d'amor mi cruccia il foco!
Perfido amore ingrato, Non tormentarmi il cor. Belle, vi chiedo amor, Chiedo pietà per me. Ah, che pietà non v'è; Son disperato. (parte)
SCENA TERZA
La Baronessa Olimpia e la Contessa Gingè
GIN. Povero sfortunato,
Da
tutte è disprezzato.
OLIM. Eppure è di buon core.
GIN. Ma non basta il buon cor per far l'amore.
OLIM. Se aveste a maritarvi,
Cosa preferireste?
GIN. Io sceglierei
Un bel volto nel fior di gioventù.
OLIM. Io lo spirito in uom stimo assai più.
GIN. Eh, amica, un uom di spirito
Il debole conosce, e spesso spesso
Incomodo
si rende al nostro sesso.
OLIM. E un uomo effeminato,
Vano per giovinezza e per beltà,
Par
che ci accordi amor per carità.
GIN. È vero, in ogni caso
Vi è il suo male e il suo ben; ma se lo sposo
È vago e giovinetto,
Tutti i danni compensa un sol diletto.
Se si grida con lo sposo, Se la pace si ha da far, Quando è bello ed è vezzoso, Poco il sdegno può durar. Ma s'è brutto, passavia, Tutto il dì si grideria. Giovinezza - la bellezza Contentezza - fa provare. (parte)
SCENA QUARTA
La Baronessa Olimpia sola.
No, non son persuasa
Ch'abbiasi a preferire
Giovine e vago volto
Ad un uomo gentile e disinvolto.
Bellezza non ha merto
Che nel don di natura;
E l'uom che si procura
Con l'arte e la virtù stima ed affetto,
Desta amore nel sen saggio e perfetto.
Nella semplice colomba Tal si pregia il bel candore, Quanto apprezzasi il valore Nella tigre e nel leon.
Di beltà l'amabil pregio Della donna è il miglior fregio, Ma nell'uomo più si apprezza La fortezza e la ragion. (parte)
SCENA QUINTA
Strada con Bottega di caffè.
Il Conte Policastro, il Marchese Carpofero, Monsieur Coteroti,
il Cavalier Tritogano e Garzoni del Caffè.
POL. Caffè. (ordina e siede)
CARP. La cioccolata. (come sopra)
TRIT. A me una limonata. (come sopra)
MONS. A me un sorbetto.
POL. Presto.
CARP. Spicciati.
TRIT. Vola.
MONS. Io non aspetto.
POL. Sonato è il mezzodì?
CARP. Io crederei di sì.
TRIT. Passato è di mezz'ora.
MONS. No, non è ver, non è sonato ancora.
TRIT. Cospetto! Al mio orologio
Non si dà una mentita. Ecco, mirate:
Diciannove
passate. (mostra l'orologio)
MONS. Eh, l'orologio
Non va bene montato all'italiana.
Più
sicura è la mostra oltramontana.
CARP. È vero, alla francese,
Segnando il mezzodì, la mezzanotte,
La regola è costante e
sempre vera.
POL. Ma mai si sa quanto vi manchi a
sera.
TRIT. È il tramontar del sole
La regola più certa.
MONS. È il mezzogiorno
Il metodo sicuro.
CARP. All'italiana
Le mostre vanno male.
POL. Alla francese
Gli orologi van peggio.
CARP. Io li difendo. (s'alza)
TRIT. Io sostengo il contrario. (s'alza)
POL. Ed io sostengo
L'onor degli orologi
Regolati
allo stil del mio paese. (s'alza)
TRIT. Chi tien per il francese
Al diavolo sen vada.
MONS. Io vi risponderò con questa
spada. (mette mano alla spada)
TRIT. Non mi fate timor. (mette mano)
CARP. Corpo di bacco,
Vivano
gli orologi oltramontani. (mette mano)
POL. Vivano gl'italiani. (mette mano)
CARP. Nessun può spaventarmi.
TRIT. Si combatta.
MONS. Si pugni.
SCENA SESTA |
a quattro All'armi, all'armi.
Madama di Cracchè, travestita alla tedesca, e detti.
MAD. Bey hiebe nicht.
CARP. Chi è questa?
MAD. Das leben einbussen?
TRIT. Eh, lasciateci
L'impegno terminar.
POL. Non ci sturbate.
MONS. Deh, per l'onor degli orologi, andate.
MAD. Ich lasse es nicht geschehen.
CARP. Almen dite chi siete.
TRIT. Qual è il vostro paese.
MONS. E che volete.
MAD. Je star fraile tatesca,
Serfa star di madame di Cracchè.
Mi mandate caffè
Caffalieri cercar...
Uh, non saffer più come
Star chiamati per nome.
CARP. Detto ha forse
Il marchese Carpofero?
MAD. Jò, mi ditto:
Er marchese Carciofola.
POL. E non disse
Del
conte Policastro?
MAD. Jò, jò, conte Polastro.
TRIT. E il cavalier Tritogano?
MAD. Tartaifel, Tratritrogano mi dir:
Non
saffer proferir.
MONS. Vi disse ancora
Monsieur Coterotì?
MAD. Jò, mi ditto monsieur
Chichirichì.
MONS. Io son Coterotì.
TRIT. Io Tritogano sono.
CARP. Carpofero son io.
POL. Policastro, Tedesca, è il nome mio.
MAD. Oh oh, mi affer gran gusto
D'affer qui ritrofati
Nomi
de caffalier spropositati.
MONS. E che dice Madama?
TRIT. Da noi che cosa brama?
MAD. Edelfrau mia patrona
Mandar con suoi rispetti
Caffalieri caffè quattro figlietti.
Anz, zoà, train, fir.
(dà a
ciascheduno il suo viglietto, numerandoli uno, due, tre e quattro)
CARP. Obbligato, jonfraul.
MAD. Jhr seyd gar zu hoflich, ihr obligieret.
MONS. Io pure vi ringrazio.
MAD. Guten morgen, mein herr.
TRIT. Siete molto gentile.
MAD. Lassen wir die ceremonien bey seits.
POL. Davver siete graziosa.
MONS. Voi proprio innamorate.
MAD. Ah, star furbe talian; foi mi purlate.
Star Tatesca pofferina, Non saffer mi far l'amor. Allegria sentir in cor Jò foler mi differtir. Nix intender quando dir: Ti star cara, ti star pella. Jò star furba, jò capir. Jò foler mi differtir. (parte)
SCENA SETTIMA
Li quattro suddetti.
CARP. Che mai dirà Madama?
TRIT. Sentiam che cosa dice.
POL. Vediam chi è più felice
Nel don de' suoi
favori.
MONS. Ah, l'oggetto son io de' suoi
languori.
TRIT. Eh, son io il preferito.
CARP. Anzi son io l'eletto.
POL. Arde per me soavemente in petto.
CARP. Adorato Marchese. (leggendo)
Che gioia, che piacere! (bacia
il foglio)
TRIT. Amabil Cavaliere. Oh caro foglio! (leggendo
bacia la lettera)
POL. Conte mio. Conte mio! Se suo mi chiama,
Mia sarà per giustizia
anche Madama.
MONS. Trois cher, mon cher
Monsieur. (leggendo)
Ohimè, non posso più.
Tremo, sudo, e mi sento
Che
mi palpita il cor per il contento.
POL. Ah sentite, sentite.
CARP. Ascoltate e stupite.
TRIT. Sì, sì, maravigliate.
MONS. State attenti, signori, e poi crepate.
POL. Contino, se di core,
Voi mi portate amore... (leggendo)
CARP. Se amor di me v'accese,
Amabile
Marchese...
TRIT. Grazioso Cavaliero,
Se
avete il cor sincero...
MONS. Monsieur Coterotì,
Se amore vi ferì...
a quattro Vorrei d'amore un segno
Che fosse di me degno;
E chi di voi migliore
Il segno mi darà,
L'arbitrio sul mio core
Per sempre goderà. CPOALR.P. } adue Ilsegnotroverò.
TMROITN.S. } adue Soioquelchefarò.
a quattro Madama di Cracchè
Sarà
tutta per me.
POL. Il caffè.
CARP. La cioccolata.
TRIT. Presto a me la limonata.
MONS. Il sorbetto presto a me.
a quattro Sì, madama di Cracchè
Ha da essere per me. (Siedono, e il Caffettiere porta a ciascheduno ciò che ha demandato)
TRIT. Si vede che Madama (bevendo la limonata)
Vuol ch'io sia preferito. Sa ch'io sono Un uomo accorto e di sottile ingegno, E mi mette per ciò nel grande impegno.
Son un uom da gabinetto, Ho una testa originale. Nel confronto ogni rivale Svergognato resterà. Ah, mi sento che il cervello Gira come un mulinello; Va pensando, - ruminando, Ed il meglio sceglierà. (parte)
SCENA OTTAVA
I tre suddetti.
CARP. Eh sì, sì, me ne rido;
So quant'io vaglio e trionfar confido.
Sono stato alla guerra:
A vincere ho imparato
Coll'armi e coll'inganno.
Se non vinco costor, sarà mio danno.
Madama è la fortezza Che s'ha da conquistar; Conviene con destrezza La piazza circondar. Piantar le batterie Di vezzi e leggiadrie, E se nel terrapieno La breccia non si fa, La mina nel terreno L'effetto produrrà. L'assedio - reca tedio;
Soldato - fortunato Battendo, - ribattendo, La piazza vincerà. (parte)
SCENA NONA
Il Conte Policastro e Monsieur Coteroti
POL. Per dir la verità, so che Madama
Più d'ogni altro mi ama, e so che aspetta Dalla mia tenerezza il più bel segno: Ma mi dà del pensiere un tale impegno. Che farò mai per vincere Questi rivali miei? Davver non so. Basta, ci penserò. Tu, scaltro Amore, Fa ch'io riesca con gloria e con valore.
Per segno d'affetto S'io piango e sospiro, Dirà ch'io deliro, Che il pianto è viltà.
Se ardito mi rendo, Se parlo, se chiedo, La bella, il prevedo, Sdegnarsi potrà.
In tanto periglio Confortami il cuore, Deh recami, amore, Consiglio e pietà. (parte)
SCENA DECIMA
Monsieur Coteroti solo.
Oh amabile sorbetto,
Nettare prezïoso e delicato,
Benedetto colui che ti ha inventato.
Due cose in questo mondo
Mertano il primo onore:
Il sorbetto gelato e il caldo amore.
Gustata ho quest'ambrosia,
Ora all'altra m'invio. Se vuol Madama
Preferir in amore
Quel che più le sa dar d'amore un segno,
Io superare ogni rival m'impegno.
Col vezzoso mio sembiante, Colle grazie e cogl'inchini, A quegli occhi pellegrini
Io mi vado a presentar. Fazzoletto con lavanda, Sampareglie e buon rapè, Piroletta alla francè, Canzonette in quantità, La la la la ra la la. Ah, il suo cor di me sarà. (parte)
SCENA UNDICESIMA
Camera in casa di Madama di Cracchè.
Madama di Cracchè, la Baronessa Olimpia e la Contessa Gingè
MAD. Amiche, così è, solo per gioco
Scherzo d'amor col foco e non m'accendo.
La
libertà per un piacer non vendo.
OLIM. Eppure, a comun detto,
Dolce cosa è l'affetto.
GIN. E pur d'amore
Non si trova nel
mondo un ben maggiore.
MAD. Tutte, tutte pazzie. Finché noi siamo
Dagli uomini bramate,
Siam servite e adorate; e allora quando
Cadute siam degli uomini in possesso,
Il suo tenero cor non è lo stesso;
E questo gran piacer, questo gran bene,
Svanisce a un
tratto, e si converte in pene.
OLIM. Dite mal degli amanti,
Ed
intorno di voi ne avete tanti?
GIN. Sì sprezzate gli amori,
E
i cuor ferite e seminate ardori?
MAD. È vero, io mi compiaccio
Vedermi ad adorar, ma non per questo
Mi
lascio innamorar, ve lo protesto.
OLIM. Per or fate così,
Ma
poi verrà quel dì che cederete.
GIN. E d'amore anche voi sospirerete.
MAD. Non penso all'avvenire; or me la godo.
Se piangerò, di consolarmi ho il modo.
Ecco i quattro rivali.
Testé, come vi dissi,
Vestita alla tedesca,
In aria di fantesca,
Li ho posti nell'impegno
Di recarmi ciascun d'amore un pegno.
Vedrem cosa han pensato:
Qualche
cosa godrem di caricato.
GIN. Davver, ve la godete come va.
OLIM. Mi piace, in verità, sì bel talento.
MAD. Voglio che ci prendiam divertimento.
SCENA DODICESIMA
Monsieur Coteroti, il Conte Policastro, il Marchese Carpofero, il Cavalier Tritogano e le suddette.
POL. Eccomi.
CARP. Sono qui.
TRIT. Vengo al cimento.
MONS. Rispettoso a Madama io mi presento.
MAD. Garbati cavalieri,
Sentirò volentieri
Chi di voi sa mostrar miglior affetto,
E
da me il vincitor sarà l'eletto.
CARP. Eccovi in questo foglio
Una
prova d'amor. (dà una carta a Madama)
TRIT. Bella, leggete;
Quant'io
v'amo, vedrete. (come sopra)
POL. In questa carta è chiuso
Del mio amor l'argomento. (come sopra)
MONS. Ecco un segno d'amor che val per
cento. (come sopra)
OLIM. (Son curiosa davver!) (piano alla Contessa)
GIN. (Davvero anch'io
Ho
egual curiosità). (alla Baronessa)
MAD. La giustizia a chi merta or si farà.
Sentiam di questi fogli
il contenuto.
CARP. (Legge il mio per il primo.
Amore, aiuto). (da sé)
MAD. Io Marchese Carpofero,
Per prova singolar di vero affetto,
Giuro, affermo e prometto
Che madama Cracchè bella e vezzosa
Marchesina
sarà, sarà mia sposa.
OLIM. Grand'onor!
GIN. Gran fortuna!
MAD. Oh, mio signore,
È troppa cortesia.
CARP. Ecco la mano, e la vittoria è
mia.
MAD. Piano; vediam quest'altri, e si decida.
TRIT. (Il mio core in Amor spera e confida). (da sé)
MAD. Che vuol dir questo rosso? (aprendo il foglio)
TRIT. Nulla, nulla:
Leggete, e lo saprete.
MAD. Mio tesoro,
Per voi languisco e moro,
E un amator che langue,
Per
prova dell'amor scritto ha col sangue.
OLIM. Bravo, bravo davver!
GIN. Che bel talento!
MAD. Intenerir mi sento.
A ferirvi per me l'amor
vi ha spinto?
TRIT. Ah, Madama pietosa, ho vinto, ho
vinto.
MAD. Tempo a leggere gli altri io vi domando.
POL. (Amore, al tuo favor mi raccomando). (da sé)
MAD. Io Conte Policastro,
Per far veder che amante
Di madama Cracchè davvero io sono,
A lei tutti i miei beni io cedo e dono.
OLIM. Questo è più della mano.
GIN. E più del sangue.
MAD. Siete ben generoso!
POL. Grazie, grazie ad Amor; son vittorioso.
MAD. Adagio, adagio un poco.
Leggiam quest'altro, e terminiamo il gioco.
MONS. (Chi sa che il mio talento
Non l'abbia indovinata? Madama al buon umor so ch'è inclinata). (da sé)
MAD. L'amor che ho per Madama
Mi sprona a divertirla. Prometto per servirla Giochi, feste, teatri, e pranzi, e cene; E far quel che conviene Perch'ella si diverta e rida e goda, Come vuole il gran mondo e la gran moda.
OLIM. Viva, viva Monsieur.
GIN. Bravo davvero!
MONS. La pugna ho vinto, e la corona io spero.
CARP. Decidete, Madama.
TRIT. Pronunziate
Il decreto fatal.
POL. Chi fia l'eletto?
MONS. Chi avrà la preferenza?
MAD. Oda ognuno di voi la mia sentenza.
La man di sposa, signor Marchese, Con buona grazia, non le vo' dar. Cavalierino, troppo cortese, Del vostro sangue non so che far. Voi che donate - le vostre entrate, Con chi pensate - di contrattar? (al Conte) Monsieur Coterotì Mi piace, signor sì, Godere l'allegria, Lo stare in compagnia, Ma posso far da me. Nessun ci ha da pensar. Meschini, tutti quattro Vi fate corbellar. (parte)
OLIM. Mi rallegro di cor con lor signori.
Son
tutti gloriosi e vincitori. (parte)
GIN. Signori, che in amor sono rivali,
Or non v'è più che dir: son tutti eguali. (parte)
SCENA TREDICESIMA
Monsieur Coteroti, il Marchese Carpofero, il Conte Policastro, il Cavalier Tritogano e poi Madama di Cracchè
MONS. Cospetto! Quest'affronto
L'ho sofferto per voi.
CARP. Per cagion vostra Madama mi ha
insultato.
POL. Sono io l'affrontato,
E vo' soddisfazione.
TRIT. Ciascun di voi mi renderà
ragione.
MONS. Venite ad uno ad uno:
Fuori di qui vi
aspetto.
CARP. Con tutti tre al cospetto
Di
battermi non sfuggo a dirittura.
TRIT. Non mi date timor.
POL. Non ho paura.
MONS. Vedrete chi son io.
CARP. Vedrete il braccio mio quel che sa fare.
POL. Mi voglio vendicar.
TRIT. Mi vo' sfogare.
MONS. Fuori fuori, sulla strada,
Quanti siete, colla spada
Io
vi vo' sperimentar.
CARP. Io vi sfido alla pistola,
E vi do la mia parola
Di
venirmi a cimentar.
TRIT. Io v'aspetto senza fallo
Sopra un agile cavallo
La
disfida ad accettar.
POL. In cantina rinserrati,
Tutti quanti bene armati,
Io vi sfido a
contrastare.
a quattro Cospetton, vo' soddisfarmi,
Dell'affronto vo' rifarmi;
Me
l'avrete da pagar.
MAD. Che cosa è stato?
Ciascuno irato
Per mia cagione
V'ho
da trovar?
a quattro Contro i nemici,
Contro i rivali,
L'ire bestiali
Vogl'io
sfogar.
MAD. Cavalierini,
Vi chiedo pace.
MONS. Occhi assassini. (con
tenerezza)
TRIT. Labbro mendace. (con tenerezza)
MAD. Pace vi chiedo,
Per
gentilezza.
CARP. Tanta bellezza
Mi
ha disarmato. (con tenerezza)
POL. Sono incantato,
Non
so che far. (con tenerezza)
MAD. Cavalierino.
TRIT. Gioia mia bella.
MAD. Caro Contino.
POL. Siete una stella.
MAD. Pace, Marchese.
CARP. Scordo le offese.
MAD. Pace vi chiedo,
Coterotì.
MONS. Viva il bel labbro
Che
mi ferì.
MAD. Lieti e felici,
Da buoni amici,
Vo' che vi amiate,
Che vi abbracciate,
Che non istiate
Più a taroccar.
CARP. Di più non dico,
Per voi lo faccio.
Son vostro amico. POL.
Di cor v'abbraccio.
MONS. } a quattro Non si contenda,
Solo si attenda
Lieti e contenti
TRIT.
Giorni passar.
(si abbracciano i quattro Uomini fra di loro)
TUTTI
Che bel piacere, Che bel contento, Senza il tormento Che punge il core, Senza l'ingrata Rivalità, Goder in pace La società.
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Camera in casa di Madama di Cracchè.
Madama di Cracchè, la Baronessa Olimpia e la Contessa Gingè
MAD. No, per or non partite;
Di grazia, favorite;
Favorite, vi prego, in cortesia,
Dell'amabile
vostra compagnia.
OLIM. Madama, troppo incomodo.
GIN. Troppo gentil, madama di Cracchè.
MAD. Sans façon, sans façon, a la françè.
Stassera in casa mia
Do un piccolo festino,
E se un vero piacer volete farmi,
Priegovi
di restare ad onorarmi.
OLIM. Le grazie accetterò.
GIN. Sarò con voi.
MAD. Spero che avrem con noi
Il Conte ed il Marchese,
Il
Cavaliere e il solito Francese.
OLIM. Ma voi dovrete alfine
Per alcun dichiararvi.
GIN. Scegliere il più diletto e
maritarvi.
MAD. Amiche, no davvero,
Non nutro un tal pensiero.
Scherzare onestamente
Vo' con Tizio e Sempronio,
SCENA SECONDA La Baronessa Olimpia e la Contessa Gingè; poi Don POSSiDARIO OLIM. Affé, l'intende bene. GIN. Persuasa Sono anch'io in
verità. GIN. Nel fior di gioventù non ci leghiamo. POSS. Se ardito il piè s'avanza, Vi domando perdon... |
Ma non voglio parlar di matrimonio. (parte)
POSS.
OLIM. POSS.
GIN.
OLIM.
POSS.
OLIM.
GIN.
POSS.
OLIM. GIN.
POL.
OLIM. GIN.
a due |
}
}
Scusate per pietà Se l'afflitto mio cor...
Che inciviltà! Madama di Cracchè Diedemi permission, né crederei... Dunque andate da lei.
Qui che cercate? Lasciatemi parlar, non vi adirate. Poiché da voi, crudeli, Disprezzato mi vedo, Vengo a prender congedo. Addio.
Buon viaggio. E felice ritorno.
Ah, no, spietate, Più non vi rivedrò. Da questo suolo Parto, fuggo, m'involo Per non vi dar più noia. Vado al paese mio, torno in Savoia.
Belle, chi sa che un giorno
Non mi bramate ancor.
Del mio sprezzato amor
Vi pentirete un dì. Povere sfortunate, Di tanto ben private, Di noi che mai sarà? Voi m'oltraggiate,
Mi deridete,
Perfide siete,
Senza pietà. Barbaro amore, Povero core; Tanto dolore Mi fa pietà. (partono)
SCENA TERZA
Madama di Cracchè, Conte Policastro, Marchese Carpofero, Monsieur Coteroti e il Cavaliere Tritogano
MAD. Venghino, cavalieri.
POL. A lei m'inchino. (inchinandosi)
MAD. Serva, signor Contino. (inchinandosi)
CARP. Riverente. (inchinandosi)
MAD. Divota. (inchinandosi)
MONS. Madame. (inchinandosi)
TRIT. M'inchino a lei. (inchinandosi)
MAD. Cavaliere, Monsieur, padroni miei. (con vari inchini)
POL. Come sta? (con inchini)
MAD. Per servirla. (come sopra)
CARP. Sta ben? (come sopra)
MAD. Per obbedirla. (come sopra)
TRIT. Tabacco? (come sopra, offerendole tabacco)
MAD. Obbligatissima. (come sopra, prendendo tabacco)
MONS. Ah, che vous étes jolie. (come sopra)
MAD. Serva umilissima. (come sopra, e stranuta)
POL. Viva.
CARP. Viva.
TRIT. Salute.
MONS. E figli maschi.
MAD. Grazie, grazie, obbligata. (inchinandosi a tutti)
TRIT. Oh cortese!
MONS. Oh charmante!
POL. Gentil.
CARP. Garbata.
MAD. Cavalieri.
a quattro Madama. (inchinandosi)
MAD. Stassera senza fallo
Tutti
vi aspetto a favorirmi al ballo.
MONS. A la danse, a la danse. (saltando)
POL. Io farò sempre
Quel
che piace a Madama, e quel che vuole.
CARP. E saltare dobbiamo.
TRIT. E far capriole.
MAD. Di voi chi favorisce
D'andar ad ordinare
La mia solita
orchestra?
CARP. Io avrò l'onore,
Vostro amante, e vassallo, e servitore. (con inchino)
Vado, vado, volo, volo; Presto presto tornerò. I violini e le violette, I violoni e le trombette Per servirvi condurrò. Presto, presto tornerò. (parte)
SCENA QUARTA
Li suddetti, fuor del Marchese.
MAD. Staremo allegramente:
Verrà dell'altra gente, Verran delle bellezze più di una, E potrete sperar qualche fortuna.
POL. Ah, che non v'è bellezza
Fuori del vostro volto.
TRIT. Voi avete raccolto
Nella vostra bellezza il bel di tutte.
MONS. In paragon di voi tutte son brutte.
MAD. So che il vostro parlar non è verace,
Ma il sentirmi lodar non mi dispiace.
POL. Dico il ver.
TRIT. Non mentisco.
MONS. Io son sincero.
Voi
avete negli occhi il nume arciero.
MAD. Cavalieri.
TUTTI TRE Madama.
MAD. Fra il ballo ho destinato
Cenare in compagnia.
Qualcuno in cortesia
Vada a sollecitar di
là il mio cuoco.
TRIT. Vado, e un piatto ancor io vo'
far per gioco.
Ancor io so cucinare, E un bodin vi voglio fare Che piacer vi recherà.
Mentre il cuoco fa l'arrosto, Mentre gira il menarrosto, Il bodino bollirà E perfetto riescirà. (parte)
SCENA QUINTA
Madama di Cracchè, il Conte Policastro, e Monsieur Coteroti
MAD. È un piacere, il confesso,
Veder con qual prontezza,
Con quanta cortesia stupenda e rara
Dai
cavalier son favorita a gara.
POL. Voi tutto meritate.
MONS. Giustamente
Siete da tutti amata.
POL. Ah, un sol difetto
Fa
che il merito in voi non sia perfetto.
MONS. Sì, sì, capisco il Conte.
Il difetto che avete, ognun lo sa:
Siete senza pietà con
chi vi adora.
MAD. Non seppe alcuno innamorarmi
ancora.
POL. Ma che mai s'ha da far?
MONS. Qual via dee usarsi
Per guadagnar quel cor?
POL. Come si può sperar grazia ed
amore?
MAD. Sentite, in confidenza:
A voi due solamente
Voglio scoprir l'arcano,
Vo'
il mio genio svelar bizzarro e strano.
POL. Ti ringrazio, fortuna.
MONS. Oh sorte! oh fato!
POL. Or contento sarò.
MONS. Sarò beato.
MAD. Sappiate, che al contrario
Fatta sono dell'altre. Hanno le donne
Piacer delle finezze,
Dei vezzi e le carezze. Io, che le credo
Lusinghe adulatrici,
Vo' che chi mi vuol bene
Più rigido mi tratti,
Vo'
che gridi, minacci e mi maltratti.
POL. Eh, scherzate, Madama.
MONS. Un tal pensiero
Non è degno di voi.
MAD. Vi dico il vero:
Fin che ad usar seguite
Le soavi parole e i vezzi e i pianti,
Amor non isperate.
Ma se lo stil cangiate,
Forse vi crederò;
Se
sprezzarmi saprete, io vi amerò.
POL. (Oh, questa è original!) (da sé)
MONS. (Son stravaganti
Le donne a questo
segno!)
MAD. (Per divertirsi ben, vi vuol
ingegno).
POL. Non saprei come far.
MONS. Sono imbrogliato.
MAD. Chi più ardito sarà, sarà più amato.
POL. Caro Amor, deh tu m'insegna
Per
affetto a maltrattar.
MONS. Prego Amore che mi dia
La virtù di taroccar.
a tre Sono al mondo, sono tanti
I cervelli stravaganti,
Che
ogni cosa si può dar.
MONS. (Do principio).
POL. (Vo' provarmi).
MONS. Donna ingrata.
POL. Donna altera.
MONS. Ostinata.
POL. Menzognera.
a due Sono insulti? Son disprezzi?
MAD. Questi sono tutti vezzi,
Tutte
favole d'amor.
a due Non vi basta?
MAD. Non ancor.
MONS. Importuna. (con fatica)
Corrispondo di buon cor. MAD. Temerari. a due Oh vita mia! MAD. Ignoranti. a due Gioia cara. MAD. Pazzi, pazzi. a due Brava, brava. MAD. Sciocchi, sciocchi. a due Bene, bene. MAD. Che affettati! a due Basta, basta. MAD. Che sguaiati! a due Troppo, troppo. a due Basta, basta dell'onor. Grazie, grazie del favor. Oh che grazie, oh che finezze! Bella, bella in verità. Ah, da ridere mi fa. (partono) |
MAD. Oh vita mia! (mostrando esser contenta)
MONS. Prosontuosa. (con fatica)
MAD. Gioia cara. (con piacere)
POL. Pazza, pazza.
MAD. Basta, basta.
MONS. Razza, razza...
MAD. Troppo, troppo.
Quest'è troppa
inciviltà.
a due Ah perdon, per carità. (s'inginocchia)
MAD. Sì, conosco che mi amate,
SCENA SESTA
Sala in casa di Madama, preparata per il ballo, con illuminazione.
La Baronessa Olimpia e la Contessa Gingècon varie persone invitate, e poi tutti.
OLIM. Veramente è graziosa
Questa sala apparata.
GIN. È bene illuminata.
OLIM. Madama è di buon gusto.
GIN. È vero, è vero.
OLIM. Noi ci divertirem.
GIN. Godere io spero.
SCENA ULTIMA
Madama coi quattro Cavalieri.
a cinque Alla festa, alla festa, alla danza,
Carnovale pur troppo s'avanza; Che si goda e si balli in fin dì.
TUTTI
Compatisca chi vede e chi sente Se sta volta c'è entrato il demonio, Se sul fine non v'è il matrimonio, Se finisce la cosa così.
Alla festa, alla festa, alla danza, Carnovale pur troppo s'avanza; Che si goda e si balli in fin dì.
(segue il Ballo e con questo)
Fine del Dramma