Amore in caricatura

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Amore in caricatura

Di Carlo Goldoni

PERSONAGGI

PARTI SERIE

La Baronessa Olimpia

La Sig. Giovanna Cesati Di Milano.

Don Possidario

Il Sig. Domenico Pacini Di Pistoia.

PARTI BUFFE

Madama Di Cracchè

La Sig. Teresa Alberis Di Vercelli. Monsieur De La Coteroti

Il Sig. Francesco Bianchi Di Milano,

Virtuoso Di Camera Di S. A. R.

Il Principe Carlo Duca Di Lorena E Di Bar Ec. La Contessa Gingè

La Sig. Rosa Dei Di Firenze. Il Conte Policastro

Il Sig. Domenico De Angiolis Di Roma. Il Marchese Carpofero

Il Sig. Giuseppe Mienci Di Ancona. Il Cavaliere Tritogano

Il Sig. Giacomo Fiorini.

La Musica Del Sig. Vincenzo Ciampi, Maestro Del Pio Ospitale Degl'incurabili.

Il Vestiario Sarà Di Ricca E Vaga Invenzione Del Sig. Lazzaro Maffei Veneto.

BALLERINI

Monsieur Pierre Bernard Michel           Il Sig. Antonio Chiarini.

Virtuoso della Serenissima                    Il Sig. Gennaro Magri.

Principessa Ereditaria di Modena.         La Sig. Angiola Agustinelli.

La Sig. Giacomina Bonomi.                  La Sig. Laura Franceschi.
Il Sig. Giuseppe Gioannini Arcolani.    La Sig. Catterina Gattai.

Il Sig. Pietro Onorio.                             La Sig. Marianna Ceriati.

Il Sig. Michel Corradini.                        La Sig. Marianna Ricci.

MUTAZIONI DI SCENE

ATTO PRIMO

Giardino.

Camera della Baronessa.

Appartamento.

Per il Primo Ballo. Foresta dove si fa il carbone.

ATTO SECONDO

Camera.

Strada con Bottega di caffè.

Appartamenti.

Per il Secondo Ballo. Apparato delizioso per una Mascherata, dedicato a Bacco.

ATTO TERZO

Appartamenti. Ultima scena.

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Giardino pensile.

Madama di Cracchè, Monsieur de la Coteroti, il Marchese Carpofero, il Cavaliere Tritogano, il Conte Policastro

MONS.                             Vi presento, madam di Cracchè,

Quest'anemolo colto da me,

E con esso vi dono il mio cor.

Ah che viva, che viva l'amor!
CARP.                              Vi presento, Madama vezzosa,

Questa fresca, freschissima rosa,

Che somiglia a quel tenero cor.

Ah che viva, che viva l'amor!
POL.                                 Vi presento un giacinto novello.

TRIT.                                Vi presento un garofano bello.

a due                                 Sì, Madama, vel dono di cor.

Ah che viva, che viva l'amor!
MAD.                                Questi fiori sì belli, sì rari,

Sì signori, da voi mi son cari,

Li aggradisco, li accetto di cor.

Ah che viva, che viva l'amor!

TUTTI

Dalla reggia di Palo e di Gnido Ha portato l'arciero Cupido Fra quest'ombre la pace del cor. Ah che viva, che viva l'amor!

MAD.                    Olà, servi, recatemi

Nastri, forbici, spille,

Che vo' per mio diletto

Sì vezzoso bucchè legarmi al petto.
MONS.                  Ecco un nastro, Madama. (si leva il nastro della spada)

CARP.                   Madama, ecco le spille. (cava un astuccio)

POL.                                                             Ecco le forbici,

E d'acciaio perfetto. (cava una custodia colle forbici)
TRIT.                     Ecco al vostro comando uno specchietto.

(cava una scatola in cui vi è lo specchio)
MAD.                    Siete tutti obbliganti,

Siete tutti cortesi. In voi ravviso

Adone, Ganimede, Aci e Narciso.
MONS.                  Ahimè, Madama, Adone

Fu in cervo convertito.
CARP.                   Madama, fu rapito

Ganimede da Giove.


POL.                                                        Aci infelice

Fu tramutato in cristallino umore.

TRIT.                     E Narciso meschin divenne un fiore.

MAD.                    Ah sì, le metamorfosi

Sien da me rinnovate. Al mio Narciso

Che si cambi in un fiore io gli prescrivo,

Ma sia per l'amor mio fior semprevivo.

Rapito Ganimede

Sia da questo mio core. Aci divenga

Di nettare amoroso amabil fonte,

E il mio tenero Adone,

Costante al suo destino,

Si trasformi fedele in can barbino.

a quattro                            Viva Madama, - bella e brillante,

Viva chi l'ama, - viva il bel cor.

MAD.                                Cavalierino, - caro Contino,

Caro Marchese, - caro Monsieur.

TUTTI

Senza malizia - noi ci spassiamo, Noi ci godiamo - la gioventù.

MAD.                    Ehi, marchese Carpofero.

CARP.                                                            Madama.

MAD.                    Di visitare ho brama

La contessa Gingè. Deh, favorite

Di mandar l'imbasciata.
CARP.                   Tosto vi servirò. (si alza)

MAD.                                               Bene obbligata.

CARP.                   Stelle, che non farei

Per quegli occhi sì bei che m'han piagato?

Sul dorso io volerò del nume alato.

Se il dio Cupidine

Mi presta l'ale,

Dall'orto pensile

M'involerò. E a capitombolo

Giù per le scale,

Col piè sollecito

Mi getterò. (parte)

SCENA SECONDA

Li suddetti, fuorché il Marchese Carpofero

MAD.                    Veramente il Marchese

Ha per me dell'amore.
POL.                                                          E chi potrebbe


Non consacrar, non offerir divoto

A cotanta bellezza il core in voto?
MAD.                    Ehi, conte Policastro.

POL.                      Madama, comandate.

MAD.                    Vi supplico, ordinate

Che mi facciano un tè.
POL.                      Subito, andrò da me.

A servirvi col tè verrò fra poco.

Ah, che per voi mi getterei nel foco.

Per servirvi, madam di Cracchè, Vorrei darvi il mio core in un tè. Il mio core nel pianto bollito Sentirete com'è saporito: Basta sol che la vostra dolcezza L'amarezza - gli voglia temprar. Madamina, - carina, - bellina, Dal contento - mi sento - disfar. (parte)

SCENA TERZA

Madama di Cracchè, Monsieur de la Coteroti ed il Cavaliere Tritogano

MAD.                    I cuori liquefatti

Son le care bevande,

Son le dolci vivande

Di cui con mio diletto

Pascolo gli occhi e mi nutrisco il petto.
MONS.                  Ah, Madama, se i cuori

Sono gli eletti cibi

Della vostra bellezza, io vi concedo

Il mio povero cor cotto allo spiedo.
TRIT.                     Ed io, se ciò vi alletta,

Vi farò del mio core una polpetta.
MAD.                    Ah sì, sì, vi capisco:

Le metafore intendo, e le aggradisco.

Ehi, cavalier Tritogano.
TRIT.                                                            Madama. (s'alza)

MAD.                    La baronessa Olimpia

Sapete come stia?
TRIT.                                                  Non lo so dire.

MAD.                    Se non è troppo ardire,

Priegovi d'informarvi del suo stato.
TRIT.                     Ah, son ben fortunato,

Madama, se l'onore ho d'obbedirvi.

Salgo nella carrozza e vo a servirvi.

Vado e vengo in un momento.

I cavalli come il vento Per la via farò trottar; E se parmi di star troppo,


Cicche ciacche di galoppo I cavalli fo marciar. Presto presto, - lesto lesto, Mi vedrete a ritornar. (parte)

SCENA QUARTA

Madama di Cracchè, Monsieur de la Coteroti

MAD.                    Sì cortese bontà, prontezza tanta,

Propriamente m'incanta.
MONS.                                                         Ahimè, Madama, (si alza)

Ahimè, voi non mi amate.
MAD.                    Monsieur Coterotì, voi v'ingannate. (si alza)

MONS.                  Ah, se ciò fosse vero,

Preferito sarei

Nell'onor d'obbedirvi. Oh stelle! oh dei!
MAD.                    Monsieur, siete gentil, siete galante,

Ma poco penetrante; i cenni miei

Dati a quel, dati a questo, han per obbietto

Star con voi sola a ragionar d'affetto.
MONS.                  Oh fortuna! oh destino! oh sorte! oh fato!

Sono fuori di me. Son fortunato.
MAD.                    Voi valete per cento.

MONS.                  Che gioia! che contento!

MAD.                                                           A mille a mille

Accordare poss'io qualche favore:

Ma il cor non già, che di voi solo è il cuore.
MONS.                  Ah non più, mio tesoro!

Ah, non dite di più, ch'io casco, io moro.
MAD.                    Ma il conte Policastro

Non si vede col tè.
MONS.                                                  Se comandate,

Vado a sollecitar.
MAD.                    No, no, restate.

Vo' andar nella mia camera

A finir le mie lettere.

Ancora ho da rispondere

Al marchesin dell'Ostriche,

Al conte dei Tartufoli,

Ed al baron dei Ravani.

Caro Monsieur, aspettatemi.

Ah, s'io v'amo di cor, di core amatemi.

Qual rondinella, - qual colombella Che va rondando, - che va volando Pel suo rondone, - pel colombin, Intorno intorno, - la notte e il giorno, Mi porta amore, - cercando il core Che m'ha rubato - quel bel visin.

Ah Coterotì, - amor mi ferì.


Languire così - non posso, non so. Crepare non vo', - crepare mi fa... Spiegarmi non so, - domando pietà. (parte)

SCENA QUINTA

Monsieur de la Coteroti, poi la Contessa Gingè


MONS.                  Sì, sì, fra le vittorie,

Che al merto e alla beltà Cupido appresta,

A caratteri d'or scriva ancor questa.

Per me, pel mio sembiante

Madama è delirante; ed io, pietoso,

Soglio per cortesia

Prodigo dispensar la grazia mia.

GIN.                      Solo, solo, Monsieur?

MONS.                                                      No, Contessina,

Solo non sono mai. Ho sempre meco Una donna volante e un giovin cieco.

GIN.                      E chi son questi mai?

MONS.                                                    Son due compagni

Che mi siedono sempre al fianco e in cuore: Voglio dir la Fortuna e il dio d'Amore.

GIN.                      Credo che il dio bendato

Seggavi sempre allato, Ma la volubil dea cangia sovente.

MONS.                  Stabile è in favor mio perpetuamente.

Ecco, appena mi lascia Una gentil donzella, Si presenta al mio sguardo una più bella.

GIN.                      Di madam di Cracchè

So che voi siete amante.

MONS.                  Son del vostro sembiante

Umile adoratore.

GIN.                      In due diviso il core,

Mantenere nel sen saria un portento.

Siccome il pianeta Che scalda, che splende, Rischiara ed accende Quest'orbe terren;

Così dal mio core Si sparge l'ardore Che ogni alma consola, Che scalda ogni sen. (parte)

MONS.                  Basterebbe il mio cor diviso in cento.

SCENA SSCENA SESTA


La Contessa sola.

Dell'inutil pianeta

Caso per me non faccio:

Scaldi pure chi vuol, ch'io son di ghiaccio.

Lo godo e me ne rido;

Fa con tutte il Cupido, io per mia parte

Venere non sarei, s'ei fosse Marte.

Come l'ape intorno ai fiori, Va girando il poverino; Or s'attacca al gelsomino, Or la rosa vuol succhiar.

Nel giardin di giovinezza Ancor io sono un fioretto; Ma da me, te lo prometto, Non v'è niente da beccar. (parte)

SCENA SETTIMA

Camera della Baronessa.

La Baronessa Olimpia e Don Possidario

OLIM.                   Cinque volte l'ho detto,

E questa che fa sei:

No, non sono per voi gli affetti miei.
POSS.                    Ah, datemi piuttosto

Cinque o sei schioppettate,

Ma il mio povero cor non disperate.
OLIM.                   Io non posso adular. Parlar sincera

Soglio per ordinario:

Caro don Possidario,

Fatto per me non siete.
POSS.                    Dite almeno il perché.

OLIM.                                                        Non mi piacete.

POSS.                    Possibile tal cosa?

OLIM.                                                   È tanto vero

Che, se più seguitate a tormentarmi,

Qualche via cercherò per liberarmi.
POSS.                    No, no, non vi adirate.

Tacerò, vel prometto.

Sì, celerò nel petto

Quella fiamma crudel che mi tormenta;

Barbara, morirò; sarai contenta.

Perderà la luce il sole, Non andranno i fiumi al mare, Pria ch'io lasci per quel volto Di languire e sospirar. (parte)


SCENA OTTAVA

La Baronessa Olimpia, poi il Cavaliere Tritogano

OLIM.                   Eppur, per dir il vero,

Qualche brama d'amor nel seno io provo:

Cerco un bel che mi piaccia, e non lo trovo.

Certo don Possidario

Sarebbe al caso mio,

Ma non ha quella grazia che dich'io.

TRIT.                     Oh, baronessa Olimpia,

Vostro buon servitor.

OLIM.                                                     Serva obbligata.

TRIT.                     Madama di Cracchè

Diede l'onore a me Di venire a veder come voi state.

OLIM.                   Oggi sto meglio assai.

TRIT.                                                         Mi consolate.

OLIM.                   Dite pure a Madama

Che sarò a riverirla e a incomodarla.

TRIT.                     Verrete ad onorarla,

E accoppiando al suo bel vostra bellezza, Voi farete un gilè di gentilezza. (parte)

SCENA NONA

La Baronessa, poi il Conte Policastro

OLIM.                   Il cavalier Tritogano

Per me saria una gioia,

Ma la sua affettazion mi reca noia.
POL.                      È permesso?

OLIM.                                         È permesso.

POL.                      Scusate.

OLIM.                                Vi ho scusato.

POL.                      Da madam di Cracchè son qui mandato.

OLIM.                   Ebbi un'altra imbasciata.

POL.                      La sorte ho procurata

Di venire ancor io... perché... vel giuro,

Dalla vostra beltà son reso estatico.
OLIM.                   (Io non posso soffrir questo flemmatico). (da sé)

POL.                      Madama mi comanda...

OLIM.                                                          Sì, ho capito.

Accettato ho l'invito,

Oggi sarò da lei.
POL.                                                 Se comandate,

Io vi posso servir.
OLIM.                                                No, grazie, andate.

POL.                      Parto, vado, obbedisco.


Vorrei dir... ma non so... ma non ardisco.

Vorrei dirvi, o mia regina... Vi vorrei spiegar il cor. Ah, il timore mi assassina, Maladetto sia il timor! Lo vedete, - lo sapete, Conoscete - il mio rossor. (parte)

SCENA DECIMA

La Baronessa Olimpia sola.

Io che son tutta foco,

Tollerare non so chi si confonde,

Chi col gel del timor l'amor nasconde.

Fra i precetti d'amore

Sempre ho sentito a dire

Essere necessario un po' d'ardire.

È dover del sesso imbelle Ritrosia mostrare in volto; Ma le timide donzelle Deve l'uomo incoraggir.

Non audace e disonesto, Ma discreto e supplicante, Frammischiando nel sembiante La modestia coll'ardir. (parte)

SCENA UNDICESIMA

Camera di Madama di Cracchè.

Madama di Cracchè e Monsieur de la Coterotida varie parti.

MONS.                          Avec permission. (volendo entrare)

MAD.                            Monsieur, sans façon.

MONS.                          Comment ve portez vous?

MAD.                            A vos commandements.

MONS.                          Ah, que vous êtes jolie.

MAD.                            Ah, que vous êtes mignon.

MONS.                          Je vous demande pardon.

MAD.                            Je dise la vérité.

a due                              Que vive la politesse

A la façon francoise.
MAD.                            Les plaisirs les plus charmans,

Quand ils sont toujours les mémes,

N'ont pour nous plus d'agremens. Dans la jeunesse,


Dans la vieillesse, Nous aimons la diversité. Dans l'allegresse, Dans la tristesse, Nous cherchons la nouveauté.

MONS.                  Al volto, al vezzo, al canto,

Siete, lo giuro al ciel, siete un incanto.
MAD.                    Ah, le lingue straniere

Mi danno un gran piacere.
MONS.                  È un bel diletto

Il sapere cambiar frase e dialetto.
MAD.                    Fan pietà quelle donne

Che altro parlar non sanno

Che quel del lor paese.

Io posseggo il francese,

E l'inglese, e il tedesco, e lo spagnuolo,

E le lingue imparai tutte di volo.
MONS.                  Ed io perfettamente

Ho il Calepin di sette lingue in mente.
MAD.                    Ecco gli amici nostri.

MONS.                  Essi non san parlar che italïano.

MAD.                    Davver? Li vo' provare.

MONS.                  Sì, facciamoli un poco svergognare.

SCENA DODICESIMA

Il Conte Policastro, il Marchese Carpofero, il Cavalier Tritogano e i suddetti.

CARP.                   Madama, vi ho servita.

Vi aspetta e vi ringrazia

La contessa Cingè.
MAD.                    Monsieur, bien obligée.

CARP.                                                          Troppo cortese.

Rispondo in italian; non so il francese.
TRIT.                     La baronessa Olimpia

Sta ben, vi riverisce, e quanto prima

Verrà da voi.
MAD.                                          Que je suis charmée.

TRIT.                     Sarmè? Non vi capisco.

MAD.                    Povero Cavalier, lo compatisco. (a Monsieur de la Coteroti)

MONS.                  Rien de tout, rien de tout. (a Madama)

POL.                                                               Cara Madama,

State ben di salute?
MAD.                    Toujours à vos servì, monsieur Petit.

POL.                      Come! Avete appetito?

MAD.                    Oui, oui.

Ah, Monsieur Coteroti,
J'ai appetito, oui, oui. (ridendosi del Conte)
MONS.                           Ah Madame, je le sais bien,


POL.

TRIT.

CARP.

MAD.

MONS.

POL.

MAD.

CARP.

MAD.

TRIT.

MAD.

POL.

TRIT.

CARP.

MAD.

MONS.

POL.

TRIT.

CARP.

MAD.

MONS.

MAD.

MONS.

CARP.

TRIT.

POL.

a tre

MAD.

POL.

TRIT.

CARP.

MAD.

MONS.


} atre } adue

} atre } adue } atre

}

a due

}


Ce monsieur n'antande rien. (a Madama) Deh, parlatemi italiano: Il linguaggio oltramontano Non è facile per me. Ma foè, ma foè, Miserable, j'ai pitiè. Con licenza.

Non partite. Riverisco.

Non andate. Vi son servo.

Qui restate. Non parlate più francese, Che la lingua del paese Non si deve disprezzar. Più francese non parliamo, Vi vogliamo soddisfar.

Ah Madama compitissima, Ah Monsieur generosissimo!

Cavalieri gentilissimi. Miei padroni colendissimi.

Voi potete comandar.

Se volete che balliamo,

Se volete che cantiamo,

Se volete che giochiamo,

Divertire ci possiamo,

Basta sol lo dite a me.

Oui, Messieurs, ce que vous plait.

Se francese più parlate, Perdonate, - vado via.

No, restate in cortesia. Non parliamo più françois.

TUTTI

Stiamo tutti allegramente,

E godiam concordemente

L'allegria che vien dal cor. Viva, viva l'amicizia;

Bando, bando alla tristizia; Viva, viva il buon umor.



ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Camera in casa della Baronessa Olimpia.

La Baronessa Olimpia e Don Possidario

OLIM.                   (Ecco don Possidario;

Eccolo qui di nuovo. Quasi, quasi,

Per compassion mi sento

Disposta in suo favore a dichiararmi). (da sé)
POSS.                    (Della sua crudeltà vo' vendicarmi). (da sé)

OLIM.                   Signore, a quel ch' i' vedo,

Siete mortificato.
POSS.                                                 Io? V'ingannate.

OLIM.                   S'è ver che voi mi amate,

Qualche prova d'amor richiedo e bramo.
POSS.                    Perdonate, signora, io più non v'amo.

OLIM.                   Come! L'amor sì presto

Svanì dal vostro petto?
POSS.                    Obbedisco al precetto;

Se troppo v'annoiai, chiedo perdono:

Da voi venuto a congedarmi or sono.
OLIM.                   Oh, via, don Possidario,

Vo' che pace facciam. (Per verità,

Con troppa crudeltà trattai finora.

Non mi piace, egli è ver, ma alfin mi adora). (da sé)
POSS.                    (Ah sì, la Baronessa

Arde, more per me. Scoperto ho il foco,

SCENA SECONDA

La Contessa Gingè e detti.

GIN.                      Amica, vi son serva.

OLIM.                   Serva, serva, Contessa.

GIN.                                                             Mi consolo.

OLIM.                   Di che?

GIN.                                   Di ritrovarvi

Con sì amabile oggetto in compagnia.
POSS.                    (Voglio farla crepar di gelosia). (accennando la Baronessa)

OLIM.                   Certo; don Possidario,

Per dir la verità,

Ha per me una bontà non meritata.

Ma scaltro anch'io vo' tormentarla un poco). (da sé)


GIN.                      Da tutta la città siete invidiata.

POSS.                    Ah, se in me qualche merto

Fossevi, ch'io non so, la Baronessa

Per grazia e per bontà

Mi lascia in libertà. Deh compatite

Se arditamente ardisco:

Quanto son, quanto vaglio, io vi offerisco. (alla Contessa)
GIN.                      Grazie, grazie, signore,

Di sì egregio favore. Accetterei

La generosa offerta,

Ma una ragion mel vieta.
POSS.                                                           E qual ragione?

GIN.                      Ch'io lo dica, signor, mi permettete?

POSS.                    Ditela, per pietà.

GIN.                                                 Non mi piacete.

OLIM.                   Brava, brava, Contessa.

POSS.                                                           Eh, s'è avveduta

Ch'io scherzava con lei. Sa che il mio core

Arde solo per voi. (alla Baronessa)
OLIM.                                                Povero core!

Mi spiace, in verità,

Ch'egli abbia nell'ardore a consumarsi,

Senza un po' di pietà da rinfrescarsi.
POSS.                    Ma so pur che mi amate. (alla Baronessa)

OLIM.                   No, no, meglio impiegate

Con essa il vostro amor. (accennando la Contessa)
POSS.                                                           Deh Contessina... (alla Contessa)

GIN.                      Quella è del vostro mal la medicina. (accennando la Baronessa)

POSS.                    Barbare, me n'avvedo,

Di me prendete gioco.

Ah, di sdegno e d'amor mi cruccia il foco!

Perfido amore ingrato, Non tormentarmi il cor. Belle, vi chiedo amor, Chiedo pietà per me. Ah, che pietà non v'è; Son disperato. (parte)

SCENA TERZA

 La Baronessa Olimpia e la Contessa Gingè

GIN.                      Povero sfortunato,

Da tutte è disprezzato.
OLIM.                   Eppure è di buon core.

GIN.                      Ma non basta il buon cor per far l'amore.

OLIM.                   Se aveste a maritarvi,

Cosa preferireste?
GIN.                                                   Io sceglierei

Un bel volto nel fior di gioventù.


OLIM.                   Io lo spirito in uom stimo assai più.

GIN.                      Eh, amica, un uom di spirito

Il debole conosce, e spesso spesso

Incomodo si rende al nostro sesso.
OLIM.                   E un uomo effeminato,

Vano per giovinezza e per beltà,

Par che ci accordi amor per carità.
GIN.                      È vero, in ogni caso

Vi è il suo male e il suo ben; ma se lo sposo

È vago e giovinetto,

Tutti i danni compensa un sol diletto.

Se si grida con lo sposo, Se la pace si ha da far, Quando è bello ed è vezzoso, Poco il sdegno può durar. Ma s'è brutto, passavia, Tutto il dì si grideria. Giovinezza - la bellezza Contentezza - fa provare. (parte)

SCENA QUARTA

La Baronessa Olimpia sola.

No, non son persuasa

Ch'abbiasi a preferire

Giovine e vago volto

Ad un uomo gentile e disinvolto.

Bellezza non ha merto

Che nel don di natura;

E l'uom che si procura

Con l'arte e la virtù stima ed affetto,

Desta amore nel sen saggio e perfetto.

Nella semplice colomba Tal si pregia il bel candore, Quanto apprezzasi il valore Nella tigre e nel leon.

Di beltà l'amabil pregio Della donna è il miglior fregio, Ma nell'uomo più si apprezza La fortezza e la ragion. (parte)

SCENA QUINTA

Strada con Bottega di caffè.

Il Conte Policastro, il Marchese Carpofero, Monsieur Coteroti,


il Cavalier Tritogano e Garzoni del Caffè.

POL.                      Caffè. (ordina e siede)

CARP.                             La cioccolata. (come sopra)

TRIT.                     A me una limonata. (come sopra)

MONS.                                                  A me un sorbetto.

POL.                      Presto.

CARP.                                Spicciati.

TRIT.                                                  Vola.

MONS.                  Io non aspetto.

POL.                      Sonato è il mezzodì?

CARP.                   Io crederei di sì.

TRIT.                     Passato è di mezz'ora.

MONS.                  No, non è ver, non è sonato ancora.

TRIT.                     Cospetto! Al mio orologio

Non si dà una mentita. Ecco, mirate:

Diciannove passate. (mostra l'orologio)
MONS.                                                  Eh, l'orologio

Non va bene montato all'italiana.

Più sicura è la mostra oltramontana.
CARP.                   È vero, alla francese,

Segnando il mezzodì, la mezzanotte,

La regola è costante e sempre vera.
POL.                      Ma mai si sa quanto vi manchi a sera.

TRIT.                     È il tramontar del sole

La regola più certa.
MONS.                                                  È il mezzogiorno

Il metodo sicuro.
CARP.                                              All'italiana

Le mostre vanno male.
POL.                                                          Alla francese

Gli orologi van peggio.
CARP.                                                          Io li difendo. (s'alza)

TRIT.                     Io sostengo il contrario. (s'alza)

POL.                                                             Ed io sostengo

L'onor degli orologi

Regolati allo stil del mio paese. (s'alza)
TRIT.                     Chi tien per il francese

Al diavolo sen vada.
MONS.                  Io vi risponderò con questa spada. (mette mano alla spada)

TRIT.                     Non mi fate timor. (mette mano)

CARP.                                                Corpo di bacco,

Vivano gli orologi oltramontani. (mette mano)
POL.                      Vivano gl'italiani. (mette mano)

CARP.                   Nessun può spaventarmi.

TRIT.                     Si combatta.

MONS.                                      Si pugni.

SCENA SESTA

a quattro                                                  All'armi, all'armi.


Madama di Cracchè, travestita alla tedesca, e detti.

MAD.                    Bey hiebe nicht.

CARP.                                              Chi è questa?

MAD.                    Das leben einbussen?

TRIT.                                                       Eh, lasciateci

L'impegno terminar.
POL.                                                      Non ci sturbate.

MONS.                  Deh, per l'onor degli orologi, andate.

MAD.                    Ich lasse es nicht geschehen.

CARP.                   Almen dite chi siete.

TRIT.                     Qual è il vostro paese.

MONS.                                                      E che volete.

MAD.                    Je star fraile tatesca,

Serfa star di madame di Cracchè.

Mi mandate caffè

Caffalieri cercar...

Uh, non saffer più come

Star chiamati per nome.
CARP.                                                          Detto ha forse

Il marchese Carpofero?
MAD.                                                           Jò, mi ditto:

Er marchese Carciofola.
POL.                                                             E non disse

Del conte Policastro?
MAD.                    Jò, jò, conte Polastro.

TRIT.                     E il cavalier Tritogano?

MAD.                    Tartaifel, Tratritrogano mi dir:

Non saffer proferir.
MONS.                  Vi disse ancora

Monsieur Coterotì?
MAD.                    Jò, mi ditto monsieur Chichirichì.

MONS.                  Io son Coterotì.

TRIT.                     Io Tritogano sono.

CARP.                   Carpofero son io.

POL.                      Policastro, Tedesca, è il nome mio.

MAD.                    Oh oh, mi affer gran gusto

D'affer qui ritrofati

Nomi de caffalier spropositati.
MONS.                  E che dice Madama?

TRIT.                     Da noi che cosa brama?

MAD.                    Edelfrau mia patrona

Mandar con suoi rispetti

Caffalieri caffè quattro figlietti.

Anz, zoà, train, fir.

(dà a ciascheduno il suo viglietto, numerandoli uno, due, tre e quattro)
CARP.                   Obbligato, jonfraul.

MAD.                    Jhr seyd gar zu hoflich, ihr obligieret.

MONS.                  Io pure vi ringrazio.

MAD.                    Guten morgen, mein herr.

TRIT.                     Siete molto gentile.

MAD.                    Lassen wir die ceremonien bey seits.

POL.                      Davver siete graziosa.


MONS.                  Voi proprio innamorate.

MAD.                    Ah, star furbe talian; foi mi purlate.

Star Tatesca pofferina, Non saffer mi far l'amor. Allegria sentir in cor Jò foler mi differtir. Nix intender quando dir: Ti star cara, ti star pella. Jò star furba, jò capir. Jò foler mi differtir. (parte)

SCENA SETTIMA

Li quattro suddetti.

CARP.                   Che mai dirà Madama?

TRIT.                     Sentiam che cosa dice.

POL.                      Vediam chi è più felice

Nel don de' suoi favori.
MONS.                  Ah, l'oggetto son io de' suoi languori.

TRIT.                     Eh, son io il preferito.

CARP.                   Anzi son io l'eletto.

POL.                      Arde per me soavemente in petto.

CARP.                   Adorato Marchese. (leggendo)

Che gioia, che piacere! (bacia il foglio)
TRIT.                     Amabil Cavaliere. Oh caro foglio! (leggendo bacia la lettera)

POL.                      Conte mio. Conte mio! Se suo mi chiama,

Mia sarà per giustizia anche Madama.
MONS.                  Trois cher, mon cher Monsieur. (leggendo)

Ohimè, non posso più.

Tremo, sudo, e mi sento

Che mi palpita il cor per il contento.
POL.                      Ah sentite, sentite.

CARP.                   Ascoltate e stupite.

TRIT.                     Sì, sì, maravigliate.

MONS.                  State attenti, signori, e poi crepate.

POL.                               Contino, se di core,

Voi mi portate amore... (leggendo)
CARP.                            Se amor di me v'accese,

Amabile Marchese...
TRIT.                              Grazioso Cavaliero,

Se avete il cor sincero...
MONS.                           Monsieur Coterotì,

Se amore vi ferì...
a quattro                          Vorrei d'amore un segno

Che fosse di me degno;

E chi di voi migliore

Il segno mi darà,

L'arbitrio sul mio core


Per sempre goderà. CPOALR.P.      } adue       Ilsegnotroverò.

TMROITN.S.     } adue       Soioquelchefarò.

a quattro                          Madama di Cracchè

Sarà tutta per me.
POL.                               Il caffè.

CARP.                                         La cioccolata.

TRIT.                              Presto a me la limonata.

MONS.                            Il sorbetto presto a me.

a quattro                          Sì, madama di Cracchè

Ha da essere per me. (Siedono, e il Caffettiere porta a ciascheduno ciò che ha demandato)

TRIT.                     Si vede che Madama (bevendo la limonata)

Vuol ch'io sia preferito. Sa ch'io sono Un uomo accorto e di sottile ingegno, E mi mette per ciò nel grande impegno.

Son un uom da gabinetto, Ho una testa originale. Nel confronto ogni rivale Svergognato resterà. Ah, mi sento che il cervello Gira come un mulinello; Va pensando, - ruminando, Ed il meglio sceglierà. (parte)

SCENA OTTAVA

I tre suddetti.

CARP.                   Eh sì, sì, me ne rido;

So quant'io vaglio e trionfar confido.

Sono stato alla guerra:

A vincere ho imparato

Coll'armi e coll'inganno.

Se non vinco costor, sarà mio danno.

Madama è la fortezza Che s'ha da conquistar; Conviene con destrezza La piazza circondar. Piantar le batterie Di vezzi e leggiadrie, E se nel terrapieno La breccia non si fa, La mina nel terreno L'effetto produrrà. L'assedio - reca tedio;


Soldato - fortunato Battendo, - ribattendo, La piazza vincerà. (parte)

SCENA NONA

Il Conte Policastro e Monsieur Coteroti

POL.                      Per dir la verità, so che Madama

Più d'ogni altro mi ama, e so che aspetta Dalla mia tenerezza il più bel segno: Ma mi dà del pensiere un tale impegno. Che farò mai per vincere Questi rivali miei? Davver non so. Basta, ci penserò. Tu, scaltro Amore, Fa ch'io riesca con gloria e con valore.

Per segno d'affetto S'io piango e sospiro, Dirà ch'io deliro, Che il pianto è viltà.

Se ardito mi rendo, Se parlo, se chiedo, La bella, il prevedo, Sdegnarsi potrà.

In tanto periglio Confortami il cuore, Deh recami, amore, Consiglio e pietà. (parte)

SCENA DECIMA

Monsieur Coteroti solo.

Oh amabile sorbetto,

Nettare prezïoso e delicato,

Benedetto colui che ti ha inventato.

Due cose in questo mondo

Mertano il primo onore:

Il sorbetto gelato e il caldo amore.

Gustata ho quest'ambrosia,

Ora all'altra m'invio. Se vuol Madama

Preferir in amore

Quel che più le sa dar d'amore un segno,

Io superare ogni rival m'impegno.

Col vezzoso mio sembiante, Colle grazie e cogl'inchini, A quegli occhi pellegrini


Io mi vado a presentar. Fazzoletto con lavanda, Sampareglie e buon rapè, Piroletta alla francè, Canzonette in quantità, La la la la ra la la. Ah, il suo cor di me sarà. (parte)

SCENA UNDICESIMA

Camera in casa di Madama di Cracchè.

Madama di Cracchè, la Baronessa Olimpia e la Contessa Gingè


MAD.                    Amiche, così è, solo per gioco

Scherzo d'amor col foco e non m'accendo.

La libertà per un piacer non vendo.
OLIM.                   Eppure, a comun detto,

Dolce cosa è l'affetto.
GIN.                                                           E pur d'amore

Non si trova nel mondo un ben maggiore.
MAD.                    Tutte, tutte pazzie. Finché noi siamo

Dagli uomini bramate,

Siam servite e adorate; e allora quando

Cadute siam degli uomini in possesso,

Il suo tenero cor non è lo stesso;

E questo gran piacer, questo gran bene,

Svanisce a un tratto, e si converte in pene.
OLIM.                   Dite mal degli amanti,

Ed intorno di voi ne avete tanti?
GIN.                      Sì sprezzate gli amori,

E i cuor ferite e seminate ardori?
MAD.                    È vero, io mi compiaccio

Vedermi ad adorar, ma non per questo

Mi lascio innamorar, ve lo protesto.
OLIM.                   Per or fate così,

Ma poi verrà quel dì che cederete.
GIN.                      E d'amore anche voi sospirerete.

MAD.                    Non penso all'avvenire; or me la godo.

Se piangerò, di consolarmi ho il modo.

Ecco i quattro rivali.

Testé, come vi dissi,

Vestita alla tedesca,

In aria di fantesca,

Li ho posti nell'impegno

Di recarmi ciascun d'amore un pegno.

Vedrem cosa han pensato:

Qualche cosa godrem di caricato.
GIN.                      Davver, ve la godete come va.

OLIM.                   Mi piace, in verità, sì bel talento.

MAD.                    Voglio che ci prendiam divertimento.


SCENA DODICESIMA

Monsieur Coteroti, il Conte Policastro, il Marchese Carpofero, il Cavalier Tritogano e le suddette.

POL.                      Eccomi.

CARP.                                  Sono qui.

TRIT.                                                     Vengo al cimento.

MONS.                  Rispettoso a Madama io mi presento.

MAD.                    Garbati cavalieri,

Sentirò volentieri

Chi di voi sa mostrar miglior affetto,

E da me il vincitor sarà l'eletto.
CARP.                   Eccovi in questo foglio

Una prova d'amor. (dà una carta a Madama)
TRIT.                                                  Bella, leggete;

Quant'io v'amo, vedrete. (come sopra)
POL.                      In questa carta è chiuso

Del mio amor l'argomento. (come sopra)
MONS.                  Ecco un segno d'amor che val per cento. (come sopra)

OLIM.                   (Son curiosa davver!) (piano alla Contessa)

GIN.                      (Davvero anch'io

Ho egual curiosità). (alla Baronessa)
MAD.                    La giustizia a chi merta or si farà.

Sentiam di questi fogli il contenuto.
CARP.                   (Legge il mio per il primo. Amore, aiuto). (da sé)

MAD.                    Io Marchese Carpofero,

Per prova singolar di vero affetto,

Giuro, affermo e prometto

Che madama Cracchè bella e vezzosa

Marchesina sarà, sarà mia sposa.
OLIM.                   Grand'onor!

GIN.                                          Gran fortuna!

MAD.                                                             Oh, mio signore,

È troppa cortesia.
CARP.                   Ecco la mano, e la vittoria è mia.

MAD.                    Piano; vediam quest'altri, e si decida.

TRIT.                     (Il mio core in Amor spera e confida). (da sé)

MAD.                    Che vuol dir questo rosso? (aprendo il foglio)

TRIT.                                                                Nulla, nulla:

Leggete, e lo saprete.
MAD.                                                      Mio tesoro,

Per voi languisco e moro,

E un amator che langue,

Per prova dell'amor scritto ha col sangue.
OLIM.                   Bravo, bravo davver!

GIN.                      Che bel talento!

MAD.                    Intenerir mi sento.

A ferirvi per me l'amor vi ha spinto?
TRIT.                     Ah, Madama pietosa, ho vinto, ho vinto.


MAD.                    Tempo a leggere gli altri io vi domando.

POL.                      (Amore, al tuo favor mi raccomando). (da sé)

MAD.                    Io Conte Policastro,

Per far veder che amante

Di madama Cracchè davvero io sono,

A lei tutti i miei beni io cedo e dono.

OLIM.                   Questo è più della mano.

GIN.                                                               E più del sangue.

MAD.                    Siete ben generoso!

POL.                      Grazie, grazie ad Amor; son vittorioso.

MAD.                    Adagio, adagio un poco.

Leggiam quest'altro, e terminiamo il gioco.

MONS.                  (Chi sa che il mio talento

Non l'abbia indovinata? Madama al buon umor so ch'è inclinata). (da sé)

MAD.                    L'amor che ho per Madama

Mi sprona a divertirla. Prometto per servirla Giochi, feste, teatri, e pranzi, e cene; E far quel che conviene Perch'ella si diverta e rida e goda, Come vuole il gran mondo e la gran moda.

OLIM.                   Viva, viva Monsieur.

GIN.                                                        Bravo davvero!

MONS.                  La pugna ho vinto, e la corona io spero.

CARP.                   Decidete, Madama.

TRIT.                                                     Pronunziate

Il decreto fatal.

POL.                                              Chi fia l'eletto?

MONS.                  Chi avrà la preferenza?

MAD.                    Oda ognuno di voi la mia sentenza.

La man di sposa, signor Marchese, Con buona grazia, non le vo' dar. Cavalierino, troppo cortese, Del vostro sangue non so che far. Voi che donate - le vostre entrate, Con chi pensate - di contrattar? (al Conte) Monsieur Coterotì Mi piace, signor sì, Godere l'allegria, Lo stare in compagnia, Ma posso far da me. Nessun ci ha da pensar. Meschini, tutti quattro Vi fate corbellar. (parte)

OLIM.                   Mi rallegro di cor con lor signori.

Son tutti gloriosi e vincitori. (parte)
GIN.                      Signori, che in amor sono rivali,

Or non v'è più che dir: son tutti eguali. (parte)


SCENA TREDICESIMA

Monsieur Coteroti, il Marchese Carpofero, il Conte Policastro, il Cavalier Tritogano e poi Madama di Cracchè

MONS.                  Cospetto! Quest'affronto

L'ho sofferto per voi.
CARP.                                                     Per cagion vostra Madama mi ha insultato.

POL.                      Sono io l'affrontato,

E vo' soddisfazione.
TRIT.                     Ciascun di voi mi renderà ragione.

MONS.                  Venite ad uno ad uno:

Fuori di qui vi aspetto.
CARP.                   Con tutti tre al cospetto

Di battermi non sfuggo a dirittura.
TRIT.                     Non mi date timor.

POL.                                                   Non ho paura.

MONS.                  Vedrete chi son io.

CARP.                   Vedrete il braccio mio quel che sa fare.

POL.                      Mi voglio vendicar.

TRIT.                     Mi vo' sfogare.

MONS.                           Fuori fuori, sulla strada,

Quanti siete, colla spada

Io vi vo' sperimentar.
CARP.                             Io vi sfido alla pistola,

E vi do la mia parola

Di venirmi a cimentar.
TRIT.                              Io v'aspetto senza fallo

Sopra un agile cavallo

La disfida ad accettar.
POL.                               In cantina rinserrati,

Tutti quanti bene armati,

Io vi sfido a contrastare.
a quattro                          Cospetton, vo' soddisfarmi,

Dell'affronto vo' rifarmi;

Me l'avrete da pagar.
MAD.                              Che cosa è stato?

Ciascuno irato

Per mia cagione

V'ho da trovar?
a quattro                          Contro i nemici,

Contro i rivali,

L'ire bestiali

Vogl'io sfogar.
MAD.                              Cavalierini,

Vi chiedo pace.
MONS.                           Occhi assassini. (con tenerezza)

TRIT.                              Labbro mendace. (con tenerezza)

MAD.                              Pace vi chiedo,

Per gentilezza.
CARP.                             Tanta bellezza


Mi ha disarmato. (con tenerezza)
POL.                               Sono incantato,

Non so che far. (con tenerezza)
MAD.                              Cavalierino.

TRIT.                                 Gioia mia bella.

MAD.                                Caro Contino.

POL.                                  Siete una stella.

MAD.                              Pace, Marchese.

CARP.                               Scordo le offese.

MAD.                                Pace vi chiedo,

Coterotì.
MONS.                           Viva il bel labbro

Che mi ferì.
MAD.                              Lieti e felici,

Da buoni amici,

Vo' che vi amiate,

Che vi abbracciate,

Che non istiate

Più a taroccar.
CARP.                            Di più non dico,

Per voi lo faccio.

Son vostro amico. POL.

Di cor v'abbraccio.

MONS.     } a quattro     Non si contenda,

Solo si attenda

Lieti e contenti

TRIT.

Giorni passar.

(si abbracciano i quattro Uomini fra di loro)

TUTTI

Che bel piacere, Che bel contento, Senza il tormento Che punge il core, Senza l'ingrata Rivalità, Goder in pace La società.


ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Camera in casa di Madama di Cracchè.

Madama di Cracchè, la Baronessa Olimpia e la Contessa Gingè

MAD.                    No, per or non partite;

Di grazia, favorite;

Favorite, vi prego, in cortesia,

Dell'amabile vostra compagnia.
OLIM.                   Madama, troppo incomodo.

GIN.                      Troppo gentil, madama di Cracchè.

MAD.                    Sans façon, sans façon, a la françè.

Stassera in casa mia

Do un piccolo festino,

E se un vero piacer volete farmi,

Priegovi di restare ad onorarmi.
OLIM.                   Le grazie accetterò.

GIN.                                                      Sarò con voi.

MAD.                    Spero che avrem con noi

Il Conte ed il Marchese,

Il Cavaliere e il solito Francese.
OLIM.                   Ma voi dovrete alfine

Per alcun dichiararvi.
GIN.                      Scegliere il più diletto e maritarvi.

MAD.                    Amiche, no davvero,

Non nutro un tal pensiero.

Scherzare onestamente

Vo' con Tizio e Sempronio,

SCENA SECONDA

La Baronessa Olimpia e la Contessa Gingè; poi Don POSSiDARIO

OLIM.                   Affé, l'intende bene.

GIN.                                                      Persuasa

Sono anch'io in verità.
OLIM.                   Godiam la libertà fin che possiamo.

GIN.                      Nel fior di gioventù non ci leghiamo.

POSS.                    Se ardito il piè s'avanza,

Vi domando perdon...
OLIM.                                                     Bella creanza!

Ma non voglio parlar di matrimonio. (parte)


POSS.

OLIM. POSS.

GIN.

OLIM.

POSS.

OLIM.

GIN.

POSS.

OLIM. GIN.

POL.

OLIM. GIN.


a due

}

}


Scusate per pietà Se l'afflitto mio cor...

Che inciviltà! Madama di Cracchè Diedemi permission, né crederei... Dunque andate da lei.

Qui che cercate? Lasciatemi parlar, non vi adirate. Poiché da voi, crudeli, Disprezzato mi vedo, Vengo a prender congedo. Addio.

Buon viaggio. E felice ritorno.

Ah, no, spietate, Più non vi rivedrò. Da questo suolo Parto, fuggo, m'involo Per non vi dar più noia. Vado al paese mio, torno in Savoia.

Belle, chi sa che un giorno

Non mi bramate ancor.

Del mio sprezzato amor

Vi pentirete un dì. Povere sfortunate, Di tanto ben private, Di noi che mai sarà? Voi m'oltraggiate,

Mi deridete,

Perfide siete,

Senza pietà. Barbaro amore, Povero core; Tanto dolore Mi fa pietà. (partono)


SCENA TERZA

Madama di Cracchè, Conte Policastro, Marchese Carpofero, Monsieur Coteroti e il Cavaliere Tritogano

MAD.                   Venghino, cavalieri.

POL.                                                        A lei m'inchino. (inchinandosi)

MAD.                   Serva, signor Contino. (inchinandosi)

CARP.                  Riverente. (inchinandosi)

MAD.                                      Divota. (inchinandosi)

MONS.                 Madame. (inchinandosi)

TRIT.                                    M'inchino a lei. (inchinandosi)

MAD.                   Cavaliere, Monsieur, padroni miei. (con vari inchini)

POL.                     Come sta? (con inchini)

MAD.                                      Per servirla. (come sopra)

CARP.                  Sta ben? (come sopra)


MAD.                                   Per obbedirla. (come sopra)

TRIT.                     Tabacco? (come sopra, offerendole tabacco)

MAD.                                   Obbligatissima. (come sopra, prendendo tabacco)

MONS.                  Ah, che vous étes jolie. (come sopra)

MAD.                                                           Serva umilissima. (come sopra, e stranuta)

POL.                      Viva.

CARP.                             Viva.

TRIT.                                         Salute.

MONS.                                                  E figli maschi.

MAD.                    Grazie, grazie, obbligata. (inchinandosi a tutti)

TRIT.                     Oh cortese!

MONS.                                      Oh charmante!

POL.                                                                 Gentil.

CARP.                                                                          Garbata.

MAD.                    Cavalieri.

a quattro                                  Madama. (inchinandosi)

MAD.                    Stassera senza fallo

Tutti vi aspetto a favorirmi al ballo.
MONS.                  A la danse, a la danse. (saltando)

POL.                                                          Io farò sempre

Quel che piace a Madama, e quel che vuole.
CARP.                   E saltare dobbiamo.

TRIT.                                                     E far capriole.

MAD.                    Di voi chi favorisce

D'andar ad ordinare

La mia solita orchestra?
CARP.                                                          Io avrò l'onore,

Vostro amante, e vassallo, e servitore. (con inchino)

Vado, vado, volo, volo; Presto presto tornerò. I violini e le violette, I violoni e le trombette Per servirvi condurrò. Presto, presto tornerò. (parte)

SCENA QUARTA

Li suddetti, fuor del Marchese.

MAD.                    Staremo allegramente:

Verrà dell'altra gente, Verran delle bellezze più di una, E potrete sperar qualche fortuna.

POL.                      Ah, che non v'è bellezza

Fuori del vostro volto.

TRIT.                     Voi avete raccolto

Nella vostra bellezza il bel di tutte.

MONS.                  In paragon di voi tutte son brutte.

MAD.                    So che il vostro parlar non è verace,

Ma il sentirmi lodar non mi dispiace.


POL.                      Dico il ver.

TRIT.                                         Non mentisco.

MONS.                                                             Io son sincero.

Voi avete negli occhi il nume arciero.
MAD.                    Cavalieri.

TUTTI TRE                                 Madama.

MAD.                    Fra il ballo ho destinato

Cenare in compagnia.

Qualcuno in cortesia

Vada a sollecitar di là il mio cuoco.
TRIT.                     Vado, e un piatto ancor io vo' far per gioco.

Ancor io so cucinare, E un bodin vi voglio fare Che piacer vi recherà.

Mentre il cuoco fa l'arrosto, Mentre gira il menarrosto, Il bodino bollirà E perfetto riescirà. (parte)

SCENA QUINTA

Madama di Cracchè, il Conte Policastro, e Monsieur Coteroti

MAD.                    È un piacere, il confesso,

Veder con qual prontezza,

Con quanta cortesia stupenda e rara

Dai cavalier son favorita a gara.
POL.                      Voi tutto meritate.

MONS.                                               Giustamente

Siete da tutti amata.
POL.                                                     Ah, un sol difetto

Fa che il merito in voi non sia perfetto.
MONS.                  Sì, sì, capisco il Conte.

Il difetto che avete, ognun lo sa:

Siete senza pietà con chi vi adora.
MAD.                    Non seppe alcuno innamorarmi ancora.

POL.                      Ma che mai s'ha da far?

MONS.                                                        Qual via dee usarsi

Per guadagnar quel cor?
POL.                      Come si può sperar grazia ed amore?

MAD.                    Sentite, in confidenza:

A voi due solamente

Voglio scoprir l'arcano,

Vo' il mio genio svelar bizzarro e strano.
POL.                      Ti ringrazio, fortuna.

MONS.                                                    Oh sorte! oh fato!

POL.                      Or contento sarò.

MONS.                                             Sarò beato.

MAD.                    Sappiate, che al contrario

Fatta sono dell'altre. Hanno le donne


Piacer delle finezze,

Dei vezzi e le carezze. Io, che le credo

Lusinghe adulatrici,

Vo' che chi mi vuol bene

Più rigido mi tratti,

Vo' che gridi, minacci e mi maltratti.
POL.                      Eh, scherzate, Madama.

MONS.                                                         Un tal pensiero

Non è degno di voi.
MAD.                                                    Vi dico il vero:

Fin che ad usar seguite

Le soavi parole e i vezzi e i pianti,

Amor non isperate.

Ma se lo stil cangiate,

Forse vi crederò;

Se sprezzarmi saprete, io vi amerò.
POL.                      (Oh, questa è original!) (da sé)

MONS.                                                         (Son stravaganti

Le donne a questo segno!)
MAD.                    (Per divertirsi ben, vi vuol ingegno).

POL.                      Non saprei come far.

MONS.                                                    Sono imbrogliato.

MAD.                    Chi più ardito sarà, sarà più amato.

POL.                                Caro Amor, deh tu m'insegna

Per affetto a maltrattar.
MONS.                            Prego Amore che mi dia

La virtù di taroccar.
a tre                                 Sono al mondo, sono tanti

I cervelli stravaganti,

Che ogni cosa si può dar.
MONS.                           (Do principio).

POL.                                                        (Vo' provarmi).

MONS.                           Donna ingrata.

POL.                                                      Donna altera.

MONS.                           Ostinata.

POL.                                              Menzognera.

a due                               Sono insulti? Son disprezzi?

MAD.                              Questi sono tutti vezzi,

Tutte favole d'amor.
a due                               Non vi basta?

MAD.                                                    Non ancor.

MONS.                            Importuna. (con fatica)

Corrispondo di buon cor.
a due                               Oh che grazia! oh che favor!

MAD.                              Temerari.

a due                                              Oh vita mia!

MAD.                              Ignoranti.

a due                                              Gioia cara.

MAD.                              Pazzi, pazzi.

a due                                                   Brava, brava.

MAD.                              Sciocchi, sciocchi.

a due                                                               Bene, bene.

MAD.                              Che affettati!

a due                                                      Basta, basta.

MAD.                              Che sguaiati!

a due                                                   Troppo, troppo.

a due                               Basta, basta dell'onor.

Grazie, grazie del favor.
a tre                                 Oh che amore, oh che dolcezze!

Oh che grazie, oh che finezze!

Bella, bella in verità.

Ah, da ridere mi fa. (partono)

MAD.                                               Oh vita mia! (mostrando esser contenta)

MONS.                           Prosontuosa. (con fatica)

MAD.                                                    Gioia cara. (con piacere)

POL.                               Pazza, pazza.

MAD.                                                    Basta, basta.

MONS.                           Razza, razza...

MAD.                                                    Troppo, troppo.

Quest'è troppa inciviltà.
a due                               Ah perdon, per carità. (s'inginocchia)

MAD.                              Sì, conosco che mi amate,


SCENA SESTA

Sala in casa di Madama, preparata per il ballo, con illuminazione.

La Baronessa Olimpia e la Contessa Gingècon varie persone invitate, e poi tutti.

OLIM.                  Veramente è graziosa
Questa sala apparata.

GIN.                     È bene illuminata.

OLIM.                  Madama è di buon gusto.
GIN.                     È vero, è vero.

OLIM.                  Noi ci divertirem.
GIN.                     Godere io spero.

SCENA ULTIMA

Madama coi quattro Cavalieri.

a cinque                 Alla festa, alla festa, alla danza,

Carnovale pur troppo s'avanza; Che si goda e si balli in fin dì.

TUTTI

Compatisca chi vede e chi sente Se sta volta c'è entrato il demonio, Se sul fine non v'è il matrimonio, Se finisce la cosa così.

Alla festa, alla festa, alla danza, Carnovale pur troppo s'avanza; Che si goda e si balli in fin dì.

(segue il Ballo e con questo)

Fine del Dramma