Anche a Chicago nascon le violette

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ANCHE A CHICAGO NASCON LE VIOLETTE

Commedia in tre atti

di M. BUZZICHINI e A. CASELLA

PERSONAGGI

BLACE MORTON, pasticciere fornaio

ANN MORTON, sua moglie

DOLLY MORTON, sua figlia

NOAH MORTON, suo figlio, del Nimph's Hall

GOOSEBERRY, fidanzato di Dolly

JIM FREMLIN, gang­ster

CONNIE, cantante di music-hall

TODD, alberga­tore, affiliato alla gang

BRAD, cameriere

BARTH, BOB e BILL, i « mondani » della gang

AMY, negoziante in calzature

JERRY, com­messo di Morton

CHAPMAN, sensale

Mr. DRINK-WATER, Mrs. DRINKWATER, amici dei Morton

La piccola ROBY, la signora CROYLE, clienti di Morton

Il primo atto, da un episodio di Machary, a Chicago – il secondo, alla periferia – Il terzo, nei bassifondi.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

 (L'interno di una bottega da panettiere e pasticciere, a Chi­cago. Un banco con vassoi di paste. Al­la parete scaffali con pane, pasta da minestra, scatole di biscotti. La comune a sinistra. A destra, la porta che mette nel retrobottega, al forno e al cortile. Dietro alla cassa, Dolly è sprofondata nella lettura di un libro. Amy invece è fissa su un gior­nale: siede su uno sgabello presso il banco e pesca cara­melle da un barat­tolo. Morton e Jerry stanno facendo in­sieme i conti della settimana, dietro il banco)

Amy                              - (improvvisamente) Ecco! Camaleonte!

Jerry                              - (distraendosi subito dai conti) Macché camaleonte! La parola deve essere di nove lettere.

Amy                              - E camaleonte quante ne ha? Somaro!

Jerry                              - Una di più

Amy                              - Ah, già!

Jerry                              - E poi dimenticate che la terza dev’essere un’ s….

Amy                              - Sarà sbagliato Wisconsin.

Jerry                              - Ma allora Michigan? Orologio? Fuoribordo? Giaguaro? Elastico? Va giù tutto. Sarebbe tutto da rifare.

Morton                          - (dietro il banco) Sì tutto da rifare! Che  conto è questo? Abbiamo dimenticato le sessanta libbre di burro di giovedì. Jerry! Jerry!

Jerry                              - Signor Morton!

Morton                          - Quando avrai finito una buona volta coi tuoi maledetti puzzles, verrai a darmi mano per i miei conti?

Jerry                              - Vengo, signor Morton. Ma mi dispiace che voi non consideriate con maggior rispetto una sezione istrut­tiva come quella dei giuochi a premio.

Morton                          - Il premio te lo dò io, alla fine della setti­mana, quando dopo sette giorni di poltroneria ti conse­gno dodici dollari!

Jerry                              - Stasera questo lieto evento non si è ancora verificato, signor Morton.

Morton                          - Toh, tieni, intanto.

Jerry                              - (dopo aver contato il denaro) Il mio primier è sei...

Morton                          - Sì, il resto verrà sabato prossimo.

Jerry                              - Benissimo. Mi permetto di farvi notare che sono già tre primieri... Sì, sì, insomma, signor Morton, basta rimanere d'accordo sull'intiero: sommati i tre ac­conti, avanzo diciotto dollari, ecco tutto!

Morton                          - Bene, ora vieni qui ad aiutarmi.

Jerry                              - Ci sono... ma che cosa posso fare per voi? Nei vostri conti, vedete, non c'è nulla da risolvere. In questa settimana, nella vostra bottega voi avete speso sessantaquattro dollari, ne avete incassati cinquantadue, e stasera ne dovreste consegnare ventisette al signor Fremlin.

Morton                          - Vuoi dire che nessuno potrebbe trovare una soluzione?

Jerry                              - Nemmeno il direttore della « Gazzetta enig­mistica ».

Morton                          - Però Fremlin finora non è venuto. (Pausa). E se non venisse?

Jerry                              - Hm. Ci credo poco. Sono ormai tre anni che la banda del signor Fremlin ha messo le sue tasse nel quartiere, e in tre anni non sono mai mancati un sabato. Non ci sarebbe che un caso straordinario... non so... che la polizia li avesse accoppati tutti o li avesse chiusi tutti in guardina...

Morton                          - Un caso difficile, mi pare.

Jerry                              - Piuttosto.

Morton                          - Però, certe volte capita.

Jerry                              - Sì, almeno, sui giornali si legge-

Morton                          - Insomma, tu credi che Fremlin verrà?

Jerry                              - Certo. Magari all'ultimo momento, ma verrà. Quella gente avrà molti difetti, ma una virtù ce l'ha di sicuro: è puntuale.

Morton                          - E se noi chiudessimo bottega?...

Jerry                              - Una buona occasione per rifare una bottega nuova lunedì mattina.

Morton                          - Bene, ma con tutto questo, quando verrà, come potrò dargli il denaro se non ne ho?

Jerry                              - Mah. « I solutori che entro il venti corrente invieranno in busta chiusa... ».

Amy                              - (con un grido) Coccodrillo! Ecco, coccodrillo!

Dolly                             - (lanciando a sua volta un urlo e lasciando ca­dere il libro) Aaah!

Morton                          - Che succede?

Amy                              - Dolly!

Dolly                             - (premendosi le mani sul cuore) Oh, che spa­vento! Quel grido, quel grido tuo, Amy... Scusa, papà... ma egli giaceva là, sul limitare dello studio, una delle sue mani, sbiancate dalla morte, passava la soglia dell'anticamera, ed ecco, l'altro, nascosto nell'armatura, pazzo di terrore, vedeva a un certo punto muoversi quella mano, capisci, quando... quando Amy ha lanciato quel grido. Come se fosse stato lui!

Morton                          - Lui... lui, chi?

Dolly                             - William Hag.

Morton                          - E chi è?

Dolly                             - Oh, papà, perché non lo conosci? Perché non leggi anche tu qualche romanzo?...

Morton                          - Io?

Dolly                             - Non sai come ti farebbe bene!

Morton                          - Ma Dolly, figliola mia, perché perdere così il tempo dietro le storie poliziesche? Non ti pare abba­stanza romanzesco il nostro bilancio? Non ti sembra ab­bastanza gialla la nostra situazione?

Amy                              - Dunque, « coccodrillo »!

Jerry                              - (ad Amy) Suvvia, non scherziamo, signorina Amy: coccodrillo sono undici lettere!

Dolly                             - (pensosa) E' vero. Si scrive con due e.

Amy                              - (dopo aver rapidamente contato le lettere sulla punta delle dita) Bene. In ogni modo non dimenticate che la nostra sfida scade martedì. La vedremo, signor Jerry.

Morton                          - Quanto a voi, signorina Amy, si direbbe che gli abitanti del rione si siano messi a camminare con le mani.

Amy                              - Credete, signor Morton?

Morton                          - Sì, non ho l'impressione che si debbano ven­dere molte scarpe nel vostro negozio « Al re della calza­tura ». E' dalle quattro e quarantacinque che siete su quello sgabello.

Amy                              - Faccio per dare un po' d'incremento alla vostra bottega.

Morton                          - Grazie, mi sono accorto che avete già tirato su un etto di caramelle alla fragola da quel barattolo...

Amy                              - Se volete dire che disturbo, me ne vado.

Morton                          - Davvero? Vedete, qui tutti avremmo l'idea di precipitarci per trattenervi, ma...

Amy                              - Ho capito. Vado, vado.

Dolly                             - Oh, Amy, non prendertela con me. Lunedì mattina verrò io a raccontarti com'è andata.

Amy                              - Grazie, Dolly. Dimmi soltanto, per adesso': Roger sta sempre bene?

Dolly                             - E' dentro l'armatura.

Amy                              - Che tipo. E Nancy?

Dolly                             - Taci! Ha viaggiato travestita! Ha avvelenato il vecchio custode! E poi ha lasciato le impronte digitali sulla scatola da sigari di Ferdinando.

Amy                              - Incredibile! Che imprudenza!

Morton                          - Ma finitela!

Amy                              - (a Morton) Eh, vado, vado! (A Dolly) Ma l'ispettore di polizia avrebbe dovuto pensarci, non ti pa­re? Perché Jim si è trattenuto fino a mezzanotte da Lucy? (Morton la spinge verso la porta). Ma sì, vado!... E il canarino misterioso? E' un bel caso! Che roba! E Bob? E l'automobile rossa? (Morton la spinge verso la porta) Ma sì, ma sì, arrivederci! Piglio appena una caramella, che diamine! A lunedì! (Esce, dopo aver estratto una manciata di caramelle dal vaso).

Morton                          - Clienti come quella, sono sicuro di trovarne sempre.

Jerry                              - Lo credo, signor Morton. Abbiamo scommesso un dollaro a chi risolve prima di martedì tutti i giuochi dell'« Araldo ». E' ostinata, la ragazza.

Morton                          - (appoggiandosi sul piano del banco) Bene, Jerry, a noi! Fremlin, se viene, non può tardare. Bisogna trovare ventisette dollari.

Jerry                              - Ahimè, signor Morton, questo è un rebus. E io non ho inclinazione per i rebus...

Morton                          - Incosciente! Tu non sai che cosa può suc­cedere con quella gente. Ammetti per esemplo che io non possa pagare.

Jerhy                             - Ammesso. Facile.

Morton                          - Ecco. Hai letto sul giornale l'eccidio com­messo in quella drogheria di Winnipeg Street?

Jerry                              - Ho letto, signor Morton, ma...

Morton                          - E non pensi che possono bastare due o tre colpi di rivoltella perché anche tu da un giorno all'altro ti ritrovi disoccupato?

Jerry                              - Lo so, ma che posso fare per voi? Io sono un uomo, non una corazza!

Morton                          - Beh, se sei un uomo, aiutami a trovare i ventisette dollari.

Jerry                              - E chi li ha, ventisette dollari?!

Morton                          - Oh Dio!... Ognuno fa quello che può, si capisce.

Jerry                              - Ecco, tutt'al più se possono farvi comodo sei (gli porge quelli riscossi poco prima).

Morton                          - Ma certo, che possono far comodo! (li prende). Tutto fa comodo; ed è in questi mementi che si distingue il cattivo garzone da quello che non perderà mai il suo posto. In questi tempi di crisi, credimi, Jerry, avere un posto stabile anche a sei dollari è già qualcosa.

Jerry                              - Capisco... ma se ve li ho riconsegnati?

Morton                          - Giusto. Eccotene però due di regalo per la buona azione.

Jerry                              - Grazie, signor Morton.

Morton                          - E ricordati di questo: non si trovano spesso, oggigiorno, dei principali che regalino due dol­lari!

Jerry                              - Siete commovente, signor Morton.

Morton                          - Ciò non toglie che manchino' ancora ventitré dollari... Se mandassimo subito tutti questi pasticcini all'Alabama's Bar, anticipando metà consegna di lunedì mattina?

Jerry                              - E' un'idea. Un'idea da dieci dollari.

Morton                          - Però... no! Le tartine con la crema non de­vono essere troppo fresche... Assaggia.

Jerry                              - (con profondo disgusto) Eh!

Morton                          - Vedi? Non mi piace.

Jerry                              - Ma, signor Morton, d'altronde all'Alabama's Bar nessuno li assaggia. Li mangiano solamente i clienti.

Morton                          - E' vero, ma non mi piace. E’ questione di coscienza professionale.

Jerry                              - Voi, signor Morton, siete sempre stato troppo onesto...

Chapman                       - (bussando) Si può? (E' un grosso e vol­gare uomo, aspetto e gesto grossolanamente teatrali. In­dossa uno sgargiante panciotto a dadi ed ha in testa una bombetta grigia).

Morton                          - Oh! Giungete a proposito, signor Chapman.

Chapman                       - Bene, signor Morton, buongiorno. Perché giungo a proposito?

Morton                          - Jerry mi stava rimproverando perché sono troppo onesto.

Chapman                       - Se volete che sia sincero, è quello di cui comincio a dubitare anch'io. E me ne dispiace, sapete, perché l'onestà in forma cronica diventa un tic nervoso, una malattia.

Morton                          - Voi, almeno, da questo lato, state bene in salute, eh, signor Chapman?

Chapman                       - Non mi lagno. Venivo appunto a sentire le vostre decisioni per quella faccenda della farina.

Morton                          - Jerry, vai di là. Credo che ci sia ancora da pulire il forno.

Jerry                              - (esce).

Morton                          - (a Chapman, severamente) Bene, signor Chapman, io credevo di avervi risposto abbastanza chia­ramente l'altro giorno: nella bottega di Blace Morton non si deve nemmeno parlare di farina di contrabbando.

Chapman                       - Eh, signor Morton, piano! Sangue d'una vacca, siete un vero guastafeste. Che contrabbando! Che parole son queste? Un po' di creanza, perbacco! Con­trabbando. Spiegatevi. Io non ne so niente.

Morton                          - Se me lo' avete detto voi! Voi... voi... qui... l'altro giorno! Farina di contrabbando!

Chapman                       - Va bene... Che strillate? L'ho detto... ma poi l'ho dimenticato, ecco tutto. E se volete concludere l'affare, non avete che da fare altrettanto. Dimenticatevelo.

Morton                          - No, signor Chapman.

Chapman                       - Pare impossibile come siete complicato. Gli uomini come voi meriterebbero di entrare nella So­cietà delle Nazioni. Semplificate, sangue d'una vacca, sem­plificate. Voi trovate il signor Chapman che vi dice che il signor Beebe ha una partita di farina a metà prezzo. Che ragione di cominciare a chiedere che farina è, e perché e come l'ha avuta, e dov'è nato il frumento, e come si chiamava quello che lo seminò, e se era vaccinato? E' inutile. A che serve! E poi è roba delicata. Un po' di edu­cazione! E' come se venissero a chiedere a voi le ricette dei vostri pasticcini. Ognuno ha le proprie ricette, si sa, ognuno ha i propri pasticcini nella vita. Imparate a non mettere troppo il naso nelle faccende che non vi riguar­dano, santo Dio! Non sta bene. Imparate a vivere, signor Merton. Qui la farina c'è, il metà prezzo c'è, il signor Chapman che ve l'offre c'è, ecco tutto. Se vi conviene, accettale, e se...

Morton                          - (risolutamente) No, signor Chapman, non mi conviene.

Chapman                       - (proseguendo il suo discorso si avvia alla porta) ... se non vi conviene ditelo tranquillamente, così, come avete fatto, e poi ci ripenserete la notte e l'indomani mattina passerete dal tabaccaio a prendervi una carta bollata e poi andrete al Comune a ritirare la vostra patente di cretino. Buona sera, signor Morton. Auguri, sangue d'una vacca. Conservatevi l'intelligenza. (Esce sbattendo la porta).

Morton                          - Mascalzone!

Dolly                             - (mettendo da parte il libro) Mi pare che non ti abbia trattato gentilmente quel signore.

Morton                          - E' un mascalzone. All'inferno i mascalzoni!

Dolly                             - Però, babbo, come deve essere pieno l'in­ferno!

Morton                          - Sì, bambina mia, dev'essere al completo: veramente i farabutti sono tanti.

Dolly                             - Me ne accorgo! (sospira).

Morton                          - E perché sospiri?

Dolly                             - Perché mi pare che siano loro che accapar­rano tutta la fortuna. Loro hanno denaro e case e au­tomobili...

Morton                          - Che hai da lagnarti, ragazzaccia? Non ab­biamo anche noi la nostra automobile?

Dolly                             - Oh, papà, come sei buono!

Morton                          - Eh?

Dolly                             - Sì, dico: buono, a chiamarla automobile! Poverina, io sono molto affezionata alla nostra piccola Lilly, ma vedrai che qualche sera non riuscirà più ad arrampicarsi sul ponte di Hythe per arrivare a casa. E poi, papà, tu non devi dimenticare che abbiamo com­prato questa macchina perché siamo andati a stabilirci in campagna, e siamo andati a stabilirci in campagna perché le pigioni in città sono troppo care.

Morton                          - Insomma, figlia mia, che cosa vuoi con­cludere?

Dolly                             - Che gli affari non mi pare vadano bene.

Morton                          - D'accordo; ma con questo spero non vorrai rimproverare a tuo padre d'aver fatto sempre un com­mercio da galantuomo. D'altronde, voi ragazzi, che avete a desiderare? Vi ho fatto studiare. Io e la vostra mamma, santa donna, non abbiamo avuto altra ambizione. Sem­pre dietro a voi! E voi, d'altronde, debbo dirlo, non ci avete affatto delusi. Abbiamo insomma la fortuna di vi­vere in una famiglia modello.

Dolly                             - Certo, papà. Peccato però che ci sia così poca gente che lo copi questo modello. Insomma, è un genere poco commerciabile.

Morton                          - Purtroppo. Ma di questo dovete forse pre­occuparvi voi? Lasciate le miserie al babbo. Voialtri ra­gazzi siete a posto. Tuo fratello è adesso uno dei mi­gliori jazz del Bronx. Chissà che un giorno non possa passare in Broadway. Tu, fra la Steno granai, la dattilo­grafia e i capelli ossigenati, ti sei trovato un partito come Charlie!...

Dolly                             - Oh, papà, Charlie!...

Morton                          - Charlie, sì! Che hai da dire su Charlie?

Dolly                             - Niente, ma... ma è così onesto anche lui!

Morton                          - Dolly!

Dolly                             - Certo, papà; so quel che mi dico. Penso al mio avvenire. Tu immagini che cosa sarà la carriera di un ragazzo per bene come Charlie, che traffica in auto­mobili usate? Chi vuol vendere automobili usate deve avere un garage nella propria testa: la macchina c'entra zoppicante e ne esce nuova! (Imitando l'imbonitore) «Eccola qui: seminuova: può fare ancora cinquantamila chilometri senza che si debba toccare una vite; non consuma niente; non se ne trova un'altra così in tutta Chi­cago ». Invece io ho sentito presentare qualche macchina da Charlie. E' impressionante. Lui dice quel che è. Co­mincia col descrivere minutamente i difetti, il cambio gratta, i freni non stringono, le valvole sono da smeri­gliare, la carrozzeria cigola-. E' una cosa che deprime. Da un momento all'altro ci si aspetta che il cliente si metta a confortarlo, a dirgli poverino, che non se la pigli se ha da vendere macchine tanto scassate. Cerchi di distrarsi e non ci pensi più-

Morton                          - I compratori onesti però si rivolgeranno più volentieri a lui.

Dolly                             - Sì. E dove sono i compratori onesti?

Morton                          - Dolly, ti proibisco di continuare. Proprio per la sua dirittura morale Charlie è degno di entrare nella nostra famiglia.

Dolly                             - Oh, babbo, ma è la nostra famiglia che do­vrebbe cambiare strada!

Morton                          - Ma, Dolly, tu sei pazza, oggi! La nostra casa è l'orgoglio del vicinato. I signori Abenethy ce la invidiano, il signor Drinkwater la cita come esempio.

Dolly                             - Sì, ma l'anno scorso non ha voluto impre­starci venti dollari.

Morton                          - Non li aveva. Ho fatto male io a chieder­glieli e a metterlo in imbarazzo. Oggi non lo farei più. D'altronde, ora ci metteremo seriamente in economia, piano piano pagheremo i nostri debiti e...

Dolly                             - Che ottimismo! No, papà, credimi: io ci ho pensato seriamente, sai. La vita ha le sue leggi, le sue dure leggi! E' fatale!

Morton                          - (la guarda sorpreso) Oeh! Che frasi! Dove le hai lette?

Dolly                             - Non importa, papà.

Morton                          - Scommetto che è un modo di dire di quel Roland o di Jack o di Coiman o di uno dei protago­nisti di quei tuoi maledetti romanza.

Dolly                             - Ti ripeto che non importa. D'altronde, che la vita abbia le sue leggi è pacifico. Ora io dico: o ci si arruola energicamente in difesa di questa legge, e al­lora si valorizza la propria onestà, e l'onestà deve frut­tare; o si va contro la legge...

Morton                          - Taci, sciocca.

Dolly                             - Insomma, l'umanità è divisa in due grandi categorie... (Morton alza le spalle, indi trasale perché in quel momento la porta si spalanca. Entra la piccola Roby).

Roby                             - Buonasera, signor Morton.

Morton                          - Ah, sei tu? ('Fra sé) Credevo fosse Fremlin. (A Roby) Che vuoi?

Roby                             - Io, nulla. E' papà...

Morton                          - Che vuole papà?

Roby                             - (petulante) No, non è che papà voglia qual­cosa... Anzi non vuole... sì, signor Morton, precisamente: non vuole la vostra torta. E ve la rimanda. Eccola.

Morton                          - Ma se è un regalo? L'ho fatta apposta per il suo onomastico.

Roby                             - Dice che lui preferirebbe avere il saldo dell'ultimo vestito...

Morton                          - Quello del millenovecentotrentatrè? Gli ho già dato dieci dollari.

Roby                             - Va bene, dice che ne mancano ancora tre. Ec­covi la torta.

Morton                          - Screanzato! Ignorante! Che me ne faccio? Ci ho scritto sopra «Riccardo ».

Roby                             - Dice che ci sono tanti Riccardi nel quartiere. C'è anche il cappellaio sull'angolo.

 Morton                         - Il cappellaio non avanza nulla. E d'altronde io non intendevo affatto saldare con questo. Era una semplice gentilezza.

Roby                             - Non so che dirvi, signor Morton. A me, perso­nalmente, potete immaginare se dispiace il fatto di ripor­tare indietro La torta.

Morton                          - Roby, di' al babbo che avrà subito il suo denaro! Subito... s'intende, appena l'avrò.

Roby                             - Riferirò, signor Morton: in compenso mi per­mettete?... (allunga le mani verso la torta il cui involto è stato aperto).

Morton                          - Che cosa?

Roby                             - Vi prendo lo svolazzo dell'o (esegue). Grazie, signor Morton. Buonasera. (Esce allegramente, cantando).

Morton                          - Ragazzaccia! (la insegue).

Amy                              - (entra in volata, esclama) Cosa vi prende, si­gnor Morton?

Morton                          - Siete ancora qui? Che volete?

Amy                              - Volevo Jerry. Ho trovato la parola di nove lettere!

Morton                          - Che me importa?

Dolly                             - Dilla a me: qual è?

Amy                              - E'... è... Oh!, l'ho dimenticata!

Morton                          - E allora andate a ripensarci a casa vostra! (la spinge fuori e chiude).

Dolly                             - Dunque, papà, per riprendere il discorso...

Morton                          - Ascoltai, Dolly, figlia mia: tu dovrai almeno per stasera risparmiarmi i tuoi discorsi gialli. Io non sono Amy, a me non importa nulla di sapere come va a finire l'uomo nell'armatura. Ho fin troppi intrighi e im­barazzi nella mia vita. Come vedi, mi sforzo di uscirne.

Dolly                             - Povero papà, potessi aiutarti io!

Morton                          - Lo so, Dolly! Cara! (l'accarezza). Sei una cara figliola, tu! Ma stasera mi rimane una speranza sola: se questo briccone di Fremlin...

Dolly                             - Fremlin? Quello che si dice abbia appiccato il fuoco alla cartoleria della signora Cooper, l'anno scorso?

Morton                          - Precisamente. Perché non pagava le tasse alla gang. Bene, spero soltanto che questo briccone si sia rotto le gambe con l'automobile... (Pensandoci) Poverac­cio, magari una gamba sola, il puro necessario di stare in letto. Non chiederei di più. Chissà. Ne accadono tante, di disgrazie.

Dolly                             - E se viene? Che succederà?

Morton                          - Questo bisognerebbe chiederlo a lui, figlia mia. Però, vedi, ogni minuto che passa, io spero, spero... e anche tu aiutami un poco a sperare... (La porta si apre e compare Fremlin. Il classico tipo del gangster cinemato­grafico: un giovanotto alto, aitante, simpatico, con un abito vistoso, una piccola bombetta chiara, scarpe con ghette bianche. Fuma un grosso sigaro e appare notevol­mente ubriaco).

Fremlin                          - Allò, Morton?

Morton                          - (senza fiato) Oh... signor Fremlin!

Fremlin                          - Mi aspettavate, eh?

Morton                          - Siete indovino, signor Fremlin!

Fremlin                          - Scommetto che parlavate di me... con questa graziosa ragazza! (Prende il ganascino a Dolly con di­sinvoltura). Chi è, Morton?

Morton                          - Mia figlia! Sta qui alla cassa.

Fremlin                          - Bravo. Garina. (Con interesse) Alla cassa?

Morton                          - (preoccupato) Sì... Ma alla cassa per modo di dire. Sono io naturalmente che faccio tutto. Lei non è ancora negli affari... Non si occupa di niente... Anzi, se vuoi andare, vai pure, Dolly, vai cara, vedi che tutto sia pronto nella macchina per tornare a casa (la spinge verso destra mentre Fremlin allunga le mani per un altro ganascino).

Dolly                             - (preoccupata) Hai bisogno di Jerry, papà?

Morton                          - (indeciso) No... ma se ha finito col forno, digli che stia qui... nel retrobottega... e si metta a pulire la porta... sì, dico, qui vicino... a portata di mano, ecco... sicuro, potrei aver bisogno di lui da un momento all'altro.

Dolly                             - Va bene, papà. (Esce da destra).

Fremlin                          - (si siede) Beh, Morton, scusate il ritardo.

Morton                          - (è inquietissimo; non sa da che parte inco­minciare per dire che non ha il denaro) Figuratevi. Ma cominciavo a stare in pensiero. Cominciavo a dire: «E se non venisse? ».

Fremlin                          - Capisco. Vi sarebbe dispiaciuto, dite la verità?

Morton                          - Come no?

Fremlin                          - Perché infine noi proteggiamo seriamente il vostro negozio, e guai se... già, voi ci conoscete.

Morton                          - Eh!

Fremlin                          - Non dubitate mai di perdere la nostra protezione... (cambiando tono) finché pagherete la vostra quota, s'intende.

Morton                          - (inquietissimo) Ecco, appunto stasera... per l'appunto, devo parlarvi.

Fremlin                          - Sono qua. Fatemi però un po' d'accoglien­za. Offritemi dei pasticcini.

Morton                          - Servitevi. E' tutta roba vostra. Questi con la crema sono più buoni...

Fremlin                          - (incomincia a ingozzarsi) Eccomi dunque qui. (Pausa; mangia). Sapete perché ho ritardato? (So­spensione). Per un incidente di auto.

Morton                          - (sorpreso) Davvero? (Gli guarda le gam­be) E non siete ferito?

Fremlin                          - No. Come me lo domandate, però! Gli altri, sì, sono rimasti un po' ammaccati nello scontro.

Morton                          - (fra se) Sempre ingiustizie.

Fremlin                          - Che ingiustizie?

Morton                          - Sì... dico che questi incidenti rappresentano spesso vere ingiustizie stradali. Scommetto che voi era­vate dalla parte della ragione.

Fremlin                          - Nemmeno per idea. Loro venivano da de­stra e io avrei dovuto rallentare. Ma io stasera guidavo come un pazzo, come guido di solito quando ho bevuto.

Morton                          - Perché avete bevuto, eh?

Fremlin                          - Mi fa piacere sentirvelo domandare. Non ci se ne accorge, nevvero?

Morton                          - (mentendo spudoratamente) Neanche un pochino.

Fremlin                          - Bene. E' la mia specialità. Io, vedete, posso bere fino a due pinte di birra e una bottiglia di gin, prima di dimenticare il numero di casa. Stasera, sì, ho bevuto. Bevuto e mangiato. Se mi stuzzico lo stomaco coi vostri pasticcini è per levarmi di bocca il sapore dello storione. Ma vi assicuro che son pieno da scoppiare.

Morton                          - (spingendogli davanti il vassoio) Bene, al­lora avanti, servitevi, prendetene ancora!

Fremlin                          - Grazie. Siete generoso, Morton. (Con im­provviso cipiglio fra serio e scherzoso, respingendo il piatto) che, dico: non saranno mica avvelenati i vostri pasticcini?

Morton                          - Siete un bel mattacchione, signor Fremlin.

Fremlin                          - D'altronde, mettetevi bene in mente: Ioe,  Wilkie e Jim saprebbero vendicarmi. Domattina al posto di questo negozio non ci sarebbe che un ammasso di materiale da sgombero»..

Morton                          - Ma, dico, che vi prende con questi discorsi, signor Fremlin? Io sono sempre lieto di offrire, e tanto più oggi che ho qualcosa da farmi perdonare.

Fremlin                          - Ah, sì? Sentiamo.

Morton                          - Ecco, bisogna parlare con calma: raccoglie­tevi un momento, signor Fremlin.

Fremlin                          - (continuando a ingozzare pasticcini) Sono raccoltissimo.

Morton                          - Provate a ricordarvi il numero di casa vostra.

Fremlin                          - Duecentosettantatrè.

Morton                          - (dimenandosi sullo sgabello) Bene, ecco dunque di che si tratta: che cosa mi rispondereste se sta­sera io vi dicessi...: «Signor Fremlin...» (e si arresta).

Fremlin                          - Avanti!

Morton                          - ... se dicessi: «Signor Fremlin...».

Fremlin                          - Avanti, avanti!

Morton                          - (tutto d'un fiato come se le parole lo scottas­sero) «Signor Fremlin, io non ho denaro da dare a voi? ».

Fremlin                          - Direi che volete scherzare.

Morton                          - (pallidissimo) E se io vi assicurassi che non ho mai fatto scherzi macabri?

Fremlin                          - Non ci crederei.

Morton                          - Se vi offrissi le prove?

Fremlin                          - Quali prove?

Morton                          - Le tasche vuote.

Fremlin                          - Direi: «Peggio per voi, signor Morton! ». (Si alza dallo sgabello battendo un forte pugno sul banco).

Morton                          - (terrorizzato) Oh, vi prego, signor Fremlin!

Fremlin                          - (sempre più eccitato) Le preghiere si fan­no ai santi. Quando voi sarete in paradiso, potrete usarle come cambiali, ma fino a oggi...

Morton                          - Oh, signor Fremlin, vi assicuro... gli affari...

Fremlin                          - Che volete che me ne importi? Perché i vostri affari vanno male pretendereste che vadano male anche i nostri? Siete un bel prepotente. Fuori il denaro.

Morton                          - Vi giuro che non l'ho.

Fremlin                          - (furibondo) Ma, dite davvero? Allora... (si interrompe improvvisamente, comprimendosi le mani al petto per un terribile crampo allo stomaco) Ahi!

Morton                          - (impressionato) Che avete, signor Fremlin?

Fremlin                          - Ahi... (si accascia). Che crampo!

Morton                          - Mi dispiace... non so che cosa potrei of­frirvi...

Fremlin                          - (balbettando) Basta con le vostre offerte... questi maledetti pasticcini... Un crampo... Che crampi... qui, allo stomaco. E' terribile... (Fissando terribilmente Morton) Oh, dico, Morton: è possibile? Poco fa lo di­cevo per isoherzo, ma... (ha violenti singulti di stomaco).

Morton                          - (terrorizzato) Signor Fremlin, in nome del cielo, che cosa avete?... Perché non avete preso un caffè caldo, dopo lo storione? E poi, una bottiglia di gin... non vi sembra che sia troppo? Dio mio, che cosa potrei farvi, signor Fremlin?... E tutti questi pasticcini... uno dopo l'altro... Va bene essere un gangster, ma lo stomaco ha sempre le sue leggi!

Fremlin                          - (barbugliando fra un singulto e l'altro) Ora... capisco tutto... Mi avete teso una trappola... I vostri dannati pasticcini... Ma... me la pagherete... me la pa­gherete...

Morton                          - Oh, signor Fremlin, non dite così. Che «osa debbo pagarvi? Non ho' niente da pagare, sono un po­vero fornaio onesto, un povero padre di famiglia pieno di debiti. A casa mia non si mangia carne che una volta la settimana, capite? Dolly da due mesi ha bi­sogno di un vestito, mi capite, signor Fremlin? Ora, se Noah riuscirà a piazzare qualche canzone di jazz potrà andare un po' meglio, e allora, ve lo giuro, il primo da­naro sarà vostro... ve lo assicuro, signor Fremlin... mi capite? (Scuote Fremlin che giace col petto addossato al banco e che durante la perorazione di Morton ha par­lato, per così dire, con le braccia).

Fremlin                          - (barbugliando nei fumi del vino) Me la pagherete... giuro che me la pagherete... col quindici per cento d'interesse... (Crolla dal banco e ruzzola in terra, Uove rimane lungo e disteso).

Morton                          - (spaventato) Signor Fremlin... (lo tocca prudentemente e inutilmente col piede; poi, gridando) Jerry! Jerry!

Jehry                             - (saltando fuori dal retrobottega con un matta-reìlo) Pronto, signor Morton! (Si ferma di colpo in mezzo alla scena, scorgendo in terra il corpo di Fremlin. Rimane immobile, annichilito dalla sorpresa, passando lo sguardo da Morton a Fremlin e viceversa. Lunga pausa. Poi) Ma... Che cosa avete fatto, signor Morton?

Morton                          - Io? Niente.

Jerry                              - (sottovoce) Voi!... Voi? Lo avete accoppato?

Morton                          - Jerry... sei pazzo?

Jerry                              - Ah, è ancora vivo? Vive? (Si curva. Fremlin ha un guizzo). Sì, respira.

Morton                          - Ma certo che respira. Io non gli ho torto un capello. E' stato lui... Jerry             - Da se stesso?... Con la pistola?

Morton                          - Macché. Coi pasticcini. Questo sudicione ha semplicemente un attacco di stomaco dopo aver man­giato e bevuto come un otre.

Jerry                              - Dite davvero, signor Morton? Potreste giu­ratilo sulla testa dei vostri figli?

Morton                          - Jerry, non fare lo stupido.

Jerry                              - Ma allora diamogli qualcosa, diamogli del caffè caldo perché possa liberarsi e rimettersi in piedi. Morton , Sì... (mentre Jerry si avvia) Cioè... un mo­mento. (Jerry si ferma. Morton riflette) Un momento. E dopo: quando sarà in piedi?

Jerry                              - Non capisco, signor Morton.

Morton                          - Al momento del malore parlavamo del de­naro che mi mancava. Quando è cascato era rabbioso ; si rialzerà furibondo. Per di più pensa che siano stati i miei pasticcini a fargli male... pensa che glieli abbia pre­parati apposta...

Jerry                              - Sul serio, signor Morton?

Morton                          - Crede che fossero avvelenati.

Jerry                              - Esagerato. Per un po' di crema acida.

Morton                          - Fatto sta che è caduto dicendo: « Me la pagherete ».

Jerry                              - Se è così, è terribile.

Morton                          - E' proprio così! Al suo risveglio informerà tutta la banda. Organizzeranno una vendetta.

Jerry                              - (alzando il randello) Allora, accoppiamolo ad­dirittura!

Morton                          - Sei pazzo! Oh, Jerry, succederà qualcosa di atroce al suo risveglio.

Jerry                              - E allora lasciamolo dormire.

Morton                          - Sì, ma, capisci, non è il sonno eterno. Svegliarsi, dovrà ben svegliarsi. Se lo portassimo al pronto soccorso?

Jerry                              - Peggio. Vogliono le generalità. Crederà che si sia fatto per denunciarlo. In tal caso, signor Morton, po­tete dar disposizioni per i vostri funerali.

Morton                          - Aspetta., aspetta un momento! Va' all'in­ferno... che furia! (La porta si spalanca per lasciar pas­sare la signora Croyle. Morton a Jerry, sottovoce, con­citato) C'è gente, ecco.-, presto, nascondilo!

Jerry                              - (tira alla meglio dietro il banco Fremlin che con­tinua a russare. I piedi rimarranno fuori e Jerry cer­cherà di nasconderli, rimanendo appoggiato al banco, im­mobile, in una posa bizzarra).

Signora Croyle              - (loquace) Buonasera, signor Morton. Un cake con le mandorle, se non vi dispiace.

Morton                          - Subito, signora Croyle. (Si accinge a servirla).

Signora Croyle              - Stavate per chiudere, mi accorgo. Sono giunta proprio ai tempo.

Morton                          - Indovinate. Proprio al momento giusto.

Signora Croyle              - Dieci minuti più tardi e sarei ri­masta senza cake.

Morton                          - Un vero peccato!

Signora Croyle              - Mi piace molto il vostro cake con le mandorle. Vorreste darmene la ricetta?

Morton                          - Un altro giorno... certo, un altro giorno, si­gnora Croyle.

Signora Croyle              - E perché non stasera?

Morton                          - Oh... Impossibile. Assolutamente impossi­bile. Sì, signora Croyle, non mi sento bene e debbo an­dare a casa d'urgenza... (Alla signora Croyle, mentre sta levando il denaro per pagare, cade la borsetta. Istintiva­mente Jerry fa l'atto di accorrere per raccoglierla, ma subito si ricorda dell'esposizione dei piedi di Fremlin e riprende la sua posizione).

Signora Croyle              - Oh, Jerry, che avete, il torcicollo?

Jerry                              - Terribile, signora Croyle, terribile.

Signora Croyle              - (sconcertata) Ma questa non è una bottega, è un ospedale! (Si sente il russare di Fremlin, variegato da sbuffi e sibili. Sorpresa) Toh, e questo rumore? Che avete preso, un gatto?

Morton                          - (con imbarazzo e cercando di sorridere) Un gatto, ,già... precisamente. Vi dispiace?

Signora Croyle              - Tutt'altro. Oh, fatemelo vedere! Mi piacciono tanto i gatti! (fa il gesto di guardare dietro il banco).

Morton                          - (frapponendosi) No, signora!... A voi piac­ciono troppe cose, signora Croyle! Lasciatelo dormire...

Signora Croyle              - Ditemi soltanto com'è... Caro! E5 soriano?

Morton                          - Precisamente. Soriano. Siete contenta? Ecco il vostro cake, signora Croyle! Andate a offrirlo ai gatti di casa vostra. Arrivederci  - (La spinge fuori) Che fic­canaso!

Signora Croyle              - (uscendo) Eh, ma come siete ner­voso, il sabato sera!

Morton                          - La prima cliente della giornata doveva ca­pitare proprio adesso! (Si asciuga il sudore). Pensa che cosa poteva accadere se .ci avesse sorpresi! Jerry, bisogna prendere una decisione subito per Fremlin. Nascon­diamolo!

Jerry                              - Subito. Dove?

Morton                          - Nel retrobottega.

Jerry                              - E quando si sveglierà? Fracasserà ogni cosa.

Morton                          - Non c'è niente da fracassare. Lo chiuderemo dentro.

Jerby                             - Forzerà la porta.

Morton                          - Credi?

Jerry                              - Credo che non sarebbe la prima.

Morton                          - Gli legheremo le mani...

Jerry                              - E i piedi.

Morton                          - (eroico) Benissimo. Anche i piedi.

Jerry                              - Pensate che urlerà molto?

Morton                          - (pensieroso) Già. Questo è il pericolo. Non potrò farlo passare per un gatto con tutto il vicinato.

Jerry                              - Certo. E poi i gatti non bestemmiano.

Morton                          - Vero «, che una volta legato, si potrà par-lamentare, con lui. Gli potremo illustrare le nostre buone intenzioni, e dirgli che siamo pronti a fare qualsiasi cosa per la sua salute purché si calmi e si convinca della nostra innocenza.

Jerry                              - Credete che sarà facile, persuaderlo?

Morton                          - Beh... Mi ci metterò con pazienza, buona volontà e rassegnazione. Jerry, Ma, domani? Chi verrà qui, domami? Domani è festa, padrone.

Morton                          - Già! Non ci pensavo.

Jerry                              - Senza contare che anche lasciarlo qui, solo, tutta la notte, ha i suoi inconvenienti. E' una bella re­sponsabilità. Se si sentisse male? Se peggiorasse? Se... morisse?

Morton                          - (rabbrividendo) Taci, Jerry! Mi spaventi.

Jerry                              - E allora?

Morton                          - (battendosi le mani in fronte) Un'idea. Jerry... una buona idea.

Jerry                              - Finalmente!

Morton                          - Sai che faccio? Lo porto a casa.

Jerry                              - Eh?

Morton                          - Sì... capisci? Ora lo leghiamo, poi lo cari­chiamo sulla mia macchina e lo porterò a casa mia. La casa è in campagna: avrà voglia di strillare! Intanto mia moglie gli preparerà il caffè e del brodo caldo. Avremo tutte le attenzioni per lui... Lo cureremo. Lo rabbonire­mo a forza di gentilezze. Gli spiegheremo tutto... e alla fine, dopo, lo slegheremo. Che ne dici, Jerry?

Jerry                              - Che io sono contento di abitare lontano da casa vostra, ecco tutto.

Morton                          - Ma, infine, è l'unica soluzione possibile. Ne hai altre, tu?

Jerry                              - Io? No.

Morton                          - E allora, dammi una mano. Presto, due «orde.

Jerry                              - Cominciamo col chiudere la bottega.

Morton                          - Hai ragione, sei prudente.

Jerry                              - Gli è che mi pare di aver fatto il complice, fino adesso.

Morton                          - E spegni la luce!

Jerry                              - (spegne la luce, va alla porta e tira giù la ser­randa. Poi cerca le corde con le quali lui e Morton assi­curano mani e piedi a Fremlin. In questo momento rien­tra Dolly, che rimane di sasso sorprendendo la scena. Getta un grido, poi corre a rifugiarsi sul petto del padre gettandogli le braccia al collo).

Doixy                            - Babbo, babbo mio, cos'hai fatto?

Morton                          - Dolly, che ti piglia?

 Dolly                            - Presto. Mi direte dopo, come fu. Prima di tutto, le impronte, bisogna farle scomparire! Poi, tu, papà, pensa subito a un alibi.

Morton                          - Io?

Dolly                             - Sì, papà. Io ho un po' di pratica in queste faccende. Non c'è tempo da perdere. Esci subito. Piglia un'aria disinvolta. Cerca di incontrare gente. Fatti vedere in giro...

Morton                          - Dolly, non dire cretinerie. Più tardi ti spie­gherò meglio. Per ora sappi che il signor Fremlin, che qui vedi ubriaco fradicio, non che è un nostro invitato.

Dolly                             - (incredula e delusa) Ma, come?... Non è morto? No? Nemmeno ferito? E neppure svenuto?... Oh!

Morton                          - Ti ripeto, è solamente ubriaco.

Dolly                             - (delusa) Che peccato! E ora?

Morton                          - Lo portiamo via, così, per misura di pre­cauzione.

Dolly                             - Lo portiamo... dove?

Morton                          - A casa...

Dolly                             - A casa di chi?

Morton                          - A casa nostra. Strada facendo ti spiegherò. E' tutto un piano, una, diciamo, organizzazione...

Dolly                             - (radiosa) Davvero?

Morton                          - Rimarrà con noi un giorno o due, e...

Dolly                             - (raggiante) Lui, Fremlin... a casa nostra?... Un gangster!... Un gangster autentico?!...

Morton                          - Ma non gridare, sciocca. Vai invece in istrada, passando dal cortile. Ci sarà la macchina di Fremlin. Portala in garage.

Dolly                             - Subito. Occorrerà che mi mascheri?

Morton                          - Se non la smetti, farai arrabbiare tuo padre, Dolly!

Dolly                             - E la polizia?

Morton                          - (stizzito, gridando) Ma non abbiamo niente da temere dalla polizia, vuoi capirla?

Dolly                             - Eh, che maniera! Piano, piano! Lo sai come diceva Arsenio?... «Calma e risolutezza». Sono felice! (Esce). Felice...

Morton                          - Ora a noi, Jerry! Aiutami a prendere Fremlin... Andiamo. (Lo sollevano, uno per le gambe l'altro per le spalle).

Jerry                              - Accidenti, come pesa!

Morton                          - Sfido!... Avrà nel ventre dieci chili di ge­neri alimentari... (Si avviano alla porta del cortile, quando vien bussato fortemente alla serranda esterna. I due si fermano, allibiti).

Jerry                              - La polizia?

Morton                          - O i compagni che vengono a ricercarlo?

(/ colpi si ripetono più forti. I due si guardano alli­biti, non sapendo che fare. Ancora colpi, poi una voce, quella di Amy, che grida)

Amy                              - (con impeto) Assassini! Assassini!

(Morton e Jerry, al colmo del terrore, lasciano andare il corpo di Fremlin che cade a terra con un tonfo sordo, mentre, da fuori, la voce continua a gridare)

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

(Il salotto dei Mortori, che serve anche come sala da pranzo; arredamento povero-borghese. Al centro, una tavola ovale; pochi altri mobili modesti; in un angolo, a sinistra, la batteria da jazz di Noah. In fondo, una vetrata con lo sfondo del giardinetto. Nella parete di de­stra, secondo piano, la porta del sottoscala in cui è rin­chiuso Fremlin: in quella di sinistra, primo piano, la porta della cucina. A destra, la comune. Noah sta seduto di fronte alla batteria da jazz e si esercita ad accompa­gnare il motivo di « Kiss me again », suonato debolmente dal grammofono, sul tavolino. Fremlin, dall'interno, cerca a sua volta di accompagnare il motivo, ritmandolo con le nocche sul legno della porta).

Noah                             - Ma no, signor Fremlin, non va. Arrivate sem­pre con mezza battuta di ritardo. Riproviamo. (Ricomin­ciano). Ma no! Ora andate troppo presto! State attento! Così... (e accenna il ritmo).

Fremlin                          - (si affaccia allo sportellino della porta) Àuf, no. Mi sono seccato. Passatemi i giornali del mattino, per favore.

Noah                             - Subito, signor Fremlin. (Prende i giornali e glieli dà con molta prudenza). Ecco. Ma ricordatevi che il tempo è questo    - (accenna il motivo, ritmandolo col piede).

Fremlin                          - Eppure io ricordo perfettamente che Connie cantava così (accenna, più lentamente).

Noah                             - (dopo qualche battuta) Sarà stata un'interpre­tazione personale.

Fremlin                          - Questo sì. Connie è per le interpretazioni personali in tutto.

Noah                             - Anche del codice penale, eh?

Fremlin                          - Questo non c'entra, galantuomo. Ccnnie si è dedicata alla birra soltanto sei anni fa. Prima era con Cantor e con Grizzly Greek in Broadway. Ed è Grizzly Greek l'autore di « Kiss me again ».

Noah                             - Sarà. Però il disco fa come vi ho detto io. Ascoltate! (rimette in funzione il disco). Lo sentite?

Fremlin                          - Al diavolo il vostro disco! Apritemi questa dannata porta, piuttosto! (ci picchia contro con le mani).

Noah                             - No, questo no, signor Fremlin. Mi dispiace...

Fremlin                          - Che cosa temete? Ormai sono otto giorni che vivo in casa vostra!

Noah                             - Esattamente. Proprie dall'altra domenica. Ma, siamo giusti, credete che siano sufficienti otto giorni per conoscere un uomo come voi?

Fremlin                          - Ma se volessi fuggire...

Noah                             - Non è per quello.

Fremlin                          - Capisco... E' per paura che vi rubi. Ma che cosa? Qualche debito?

Noah                             - Va bene. Lo so: voi siete ricco, non avete bisogno di niente... Capisco tutto, ma debbo confermarvi che la responsabilità di aprirvi la porta e farvi uscire « in libertà » è troppa, per me. Perciò, caro signor Frem­lin, abbiate un po' di pazienza, rimanete in quarantena ancora qualche giorno. (Si dispone alla batteria e ri­prende l'esercizio).

Fbemlin                         - (furioso) Qualche giorno? Siete pazzo.

Noah                             - (suonando) Ma perché? Infine non vi fac­ciamo mancare nulla. E' una pensione come un'altra.

Fremlin                          - Sfacciato! Prima di tutto vi approfittate della mia situazione per passarmi delle porzioni ridi­cole.

Noah                             - Beh, di questo possiamo parlare. Probabil­mente mia madre, dalla cucina, vi ha visto così san­guigno e vi fa delle porzioni contro l'uricemia.

Fremlin                          - E poi io non posso continuare a vivere al buio, in un sottoscala.

Noah                        - Amico mio, sopportate le conseguenze delle vostre cattive abitudini. Se la stanza avesse una finestra, l'avreste saltata. '

Fremlin                          - Vi dico di no! Vi ho dato la mia parola...

Noah                             - (ironico) La vostra parola d'onore, vero, si­gnor Fremlin?

Fremlin                          - (irritato) Precisamente, moccioso imperti­nente. La mia parola, che vale oro contante. Non è come la parola di voialtri galantuomini. Ecco qui la vostra lealtà! Ecco come mantenete le promesse. Vostra madre mi aveva assicurato che oggi avrei potuto uscire, capite? Me lo aveva garantito! E voi mi venite a dire «ancora qualche giorno»! Stupido coniglio! Io voglio uscire. Debbo uscire! (bette forte con le mani contro la porta).

Noah                             - (che ha inutilmente tentato di ricominciare l'e­sercizio) E' impossibile lavorare così!

Dolly                             - (accorrendo da sinistra) Che c'è, cosa succede?

Noah                             - Il signor Fremlin oggi ha di nuovo il ner­voso. (Si rimette in posizione per studiare, come confi­dando che l'intervento della sorella lo liberi dalla pre­occupazione).

Dolly                             - (con tono cantabile) Signor Fremlin!

Fremlin                          - (calmato) Oh, signorina Dolly... buon­giorno!

Dolly                             - Buongiorno a voi. Che succede?

Fremlin                          - Succede che vostro fratello mi fa andare in bestia.

Noah                             - (si alza, decisamente rassegnato) Io? Dice che la mamma gli aveva promesso di farlo uscire in "«n pietà libertà, oggi.

Fremlin                          - Precisamente: se nella settimana ave » tenuta buona condotta.

Noah                             - E voi avete detto le orazioni tutte le mattine?

Fremlin                          - (di nuovo irritato) Non ricominciate, pi­vello!

Dolly                             - (a Noah) Finiscila! Non devi dimenticarti che, anche in un sottoscala, è sempre un gangster!

Noah                             - Un signore di riguardo.

Dolly                             - Un signore che in ogni modo, nel nostro caso, ha tutte le ragioni! Se gli è stato promesso!

Fremlin                          - Oh!

Noah                             - E ti assumeresti tu la responsabilità di li­berarlo?

Dolly                             - Senza dubbio. Se la mamma gli ha promesso!

Noah                             - La mamma è una povera donna timida e re­missiva!...

Dolly                             - Oh, Noah! Questo argomento, in una que­stione di diritto, non ha valore. E' essa nostra mamma? Sì. Figura come la padrona e rappresentante ufficiale della casa? Sì. Ha promesso?

Fremlin                          - (solenne) Sì.

Dolly                             - E allora dobbiamo mantenere.

Fremlin                          - Oh, signorina Dolly, questo si chiama carattere! Ho sentito parlare così soltanto Jim lo sfre­giato.

Dolly                             - Grazie. (Si avvia per aprirgli) Vengo subito.

Noah                             - (spaventato) E così, tu, adesso, libererai il pri­gioniero?

Dolly                             - Certo.

Noah                             - Dolly... Bada a quel che fai... a quel che può succedere...

Dolly                             - (avvampando di romantico-giallo) Oh! Io ri­cordo bene che cosa successe al castello d'Olly, in condi­zioni analoghe, con Eberard, detto il terrore di Queens-ville. E c'era anche il cadavere appeso al filo dì ferro. Che importa? Egli strinse la mano al vecchio duca. Io ho fiducia nel signor Fremlin.

Noah                             - (spaventato) Ti avverto che solo due minuti fa mi ha chiamato stupido coniglio.

Fremlin                          - Ma non abbiate paura! Il coniglio non mi piace.

Dolly                             - Basta. (Va alla porta, gira la chiave) Ecco, signor Fremlin!

Fremlin                          - Grazie, signorina….Dolly. (Entra nella stanza lanciando un'occhiata a Noah, che fa un gesto di spa­vento). Oh, un po' d'aria! Di libertà! (Respira, si guarda intorno). Oh! Oh! E che casetta linda!

Dolly                             - (con candore) E' la nostra povera casa, si­gnor Fremlin. Cinque stanze e un giardinetto: di là c'è la cucina...

Fremlin                          - Mi accompagnerete a visitarla.

Dolly                             - (scrollando la testa) Oh, non c'è nulla d'in­teressante, credete, signor Fremlin!...

Fremlin                          - (con vero interesse) Lo dite voi. Anzitutto mi interessa vedere come fa la vostra signora madre a tagliare certe fettine d'arrosto sottili come un'ostia... e poi... poi la cosa m'incuriosisce. Permettete che sia curioso?

Dolly                             - Figuratevi.

Fremlin                          - (continuando l'esame dell'ambiente) Bene, bene. Questo è il jazz di vostro fratello...

Noah                             - Già. Se un giorno verrete, al Nimph's, a ve­dere la « Parata delle cento ragazze », mi ci troverete. E' uno spettacolo per voi.

Fremlin                          - (volgendosi da un'altra parte come disde­gnando l'argomento e indicando un quadretto alla parete) E questi?

Dolly                             - Sono i ricami che facevo io in collegio, a Ontario. (Indica altri quadri) E quella è la mia nonna, la nonna Enrichetta, una vecchina tanto simpatica, sa­pete, che aveva una bottega a Città del Gran Lago Salato e fece molto denaro con una ricetta nuova per le melan­zane in scatola.

Fremlin                          - Interessante.

Dolly                             - (perplessa) Voi vi burlate di me, signor Fremlin.

Fremlin                          - Vorrei che non lo pensaste nemmeno un momento, signorina Dolly. Io ho per voi molta simpatia, molta riconoscenza. Non dimentico che il primo giorno, quando mi sono svegliato nel vostro sottoscala, legato come un salame, siete stata Voi a portarmi la birra e il pesce arrosto. Poi siete anche riuscita a calmarmi con le vostre manierine e vi assicuro che non era impresa da poco, con un uomo come me, trattato in quel modo.

Dolly                             - Non ricordatemelo, signor Fremlin. Fu una sera terribile. Ma non c'era proprio altro da fare. Non avevamo mai veduto un gangster così da vicino e tutti avevamo una paura pazza di voi.

Fremlin                          - Voi però avete trovato il coraggio di farmi buona compagnia, in questi giorni. Le nostre conversazioni rimarranno un ricordo molto piacevole della mia vita e se non fosse per la diffidenza della vostra famiglia...

Noah                             - Sfido!

Fremlin                          - (gli dà un'occhiata sinistra. Noah si rifugia dietro U jazz).

Dolly                             - (siede e fa sedere Fremlin) Dovete scusarli, signor Fremlin. Vedete... Io leggo molto... Sono aggior­nata, so molte cose. Ma loro! (accenna a Noah). Bisogna capire l'ambiente. Voi è la prima volta che vi trovate fra gente...

Fremlin                          - Gente per bene, è questo che volete dire? Ebbene, no, signorina Dolly, non è proprio la prima volta, ma quasi... (Lievemente nostalgico) Tanto, tanto tempo fa...

Dolly                             - Ricordi d'infanzia, insomma. Non potete ri­cordarvi bene di questo mondo in cui si giudicano con un senso di   sgomento (animandosi) la vostra audacia, le vostre avventure, la vostra vita rapinosa, la vostra corsa al successo e alla ricchezza... Tutto ciò di cui vi ho chiesto e che voi mi avete raccontato in questi giorni può sembrare una fiaba meravigliosa a me, ma soltanto a me che rappresento un po' lo scandalo della famiglia, signor Fremlin. Se ne chiedeste a mio padre...

Noah                             - Se vi piace, potete accomodarvi. Eccolo, papà.

(Infatti Morton entra dalla comune parlando con Jerry che lo segue, carico di fagotti e di cesti: le spese per la colazione. Vedendo Fremlin a piede libero, si interrompe e indietreggia di un passo).

Morton                          - Voi, così, signor Fremlin? (Caccia preci­pitosamente la mano in tasca).

Jerry                              - Oh! (lascia cadere i fagotti e si rifugia nel sottoscala).

Fremlin                          - Ebbene? Che c'è? Si direbbe che avete visto un leone scappato di gabbia. (Cordialmente) Ma an­diamo, smettetela con questa paura!

Morton                          - (calpestando, senza volerlo, le aringhe) No... nessuna paura, signor Fremlin... ma...

Fremlin                          - E allora lasciate stare la rivoltella nella vostra tasca.

Morton                          - Come fate a sapere...?

Fremlin                          - Andiamo, Morton, ha fatto parte della mia toeletta personale per quindici anni!

Morton                          - (ridendo verde) Eh, eh! Già...!

Fremlin                          - Anzi, volete un consiglio? Non tenetela nella tasca dei calzoni. Vi potrebbe capitare di spararvi sui piedi; mentre dalla tasca della giacca potete sparare senza levarla.

Morton                          - Ma si buca la giacca!

Dolly                             - Peccato, se è un vestito nuovo!

Fremlin                          - Cotesti son pensierini di massaina, e i miei sono consigli di uomo di mondo.

Morton                          - Grazie, signor Fremlin, ne farò tesoro. A me, poi, non capita mai di avere un vestito nuovo.

Fremlin                          - Ora, però, se non temessi di farvi ritardare la collazione, dovrei aggiungere la mia opinione personale.

Morton                          - Dite pure.

Fremlin                          - No. Prima date disposizioni per la cucina. Giacché pare che oggi ci sia in programma di mangiare.

Morton                          - (felice di deviare il discorso) Sì, sì! Verrà a colazione Charlie, Charlie Gooseberry, il fidanzato di Dolly, e poi i nostri vicini, i signori Drinkwater, si, dovremmo mangiare, ma bisognerebbe metter subito il cosciotto nel forno.

Fremlin                          - E perché non lo mandate di là?

Morton                          - (dopo un'ultima perplessità, cercando Jerry e Noah) Ma sì, certo, andate! Jerry! Dove sei?

Jebky                             - (uscendo dal sottoscala) Sono qua, signor Morton!

Mobton                         - Sbrigati, porta di cosciotto in cucina! Noah, di' alla mamma: molto rosmarino, molto! Un rametto legato alla coda. E poco sale, per il diabete della signora Drinkwater.

Noah                             - Bene, papà.

Dolly                             - E io vado in giardino per l'insalata. (Esce dal fondo. Noah e Jerry dalla porta della cucina).

Fremlin                          - E così voi volete sapere la mia opinione.

Morton                          - Mah! Visto che voi volete dirmela...

Fremlin                          - (i suoi gesti, un po' bruschi e aggressivi, risen­tono ancora della sua maniera, ma U tono del discorso è cordiale) Ebbene, Morton, è una cosa che fa male al cuore vedere un galantuomo, fino ai ieri così onesto...

Morton                          - Fino a ieri? Ma anche oggi, signor Fremlin.

Fremlin                          - Tanto peggio. Tanto più triste. Vederlo, dico, andare in giro armato come un birbaccione.

Morton                          - Eh, caro signor Fremlin, la vita insegna molte cose. Voi non mi avete insegnato adesso la posi­zione più comoda per sentirmi sicuro? Per forza 'ho dovuto prendere il porto d'arma e la pistola. Un anno fa non ci avrei nemmeno pensato. Ma adesso! Voi non riflettete che un giorno o l'altro i vostri compagni di Chicago possono venire a bussare alla mia bottega per chiedermi di voi?

Fremlin                          - Capisco. Però vedo che andate armato an­che quando non siete in bottega.

Morton                          - Qui è...

Fremlin                          - Per me.

Morton                          - Oh Dio, non si sa mai. Come dire? A volte, una piccola discussione.

Fremlin                          - (con persuasività aggressiva) Oh, ci siamo! Ebbene, Morton, ma non vi accorgete che i miei metodi di discussione sono provvisoriamente 'cambiati? Ma voi credete che se io veramente non mi fossi divertito a questa che è la più straordinaria delle mie avventure, se io non avessi accettato la cattura come uno scherzo, se non avessi avuto la curiosità di rimanerci, in casa vostra, voi credete, dico, che non avrei trovato la maniera d'andarmene? Che cosa posso fare per dimostrarvi che il mio ordine di idee è provvisoriamente un altro?

Morton                          - Che cosa potete fare? Mah! Raccontatemi, per esempio, come avete fatto a spezzare la serratura per uscire.

Fremlin                          - Ma no, l'ha aperta vostra figlia, la serra­tura! Vostra figlia che è una cara ragazza. Intelligente, intraprendente. Deve somigliar molto a sua nonna Enrichetta, sì, quella delle melanzane. Vedete che sono aggior­nato sulla storia di famiglia. Ebbene, la signorina Dolly è stata l'unica in famiglia a capire che non c'era più ragione che io continuassi a vivere in un sottoscala. Al­lora avrei potuto andare a SinigSing.

Morton                          - Se lo preferite...

Fremlin                          - Ci starei più comodo, e potrei dare l'in­dirizzo ai conoscenti.

Morton                          - Sono mortificato.

Fremlin                          - Senza contare che spenderei meno! (Sor­presa di Morton). Sì, perché io, (sappiatelo, considero casa vostra come una pensione, una pensione che mi sono scelta per qualche settimana di vacanza...

Morton                          - (sorpreso) Oh, signor Fremlin..

Fremlin                          - E che ho intenzione di pagare regolar­mente. Spero che questo serva a- rassicurarvi.

Morton                          - Ma dite davvero, signor Fremlin?

Fremlin                          - Vi sembra così sorprendente?

Morton                          - Potete dire incredibile.

Fremlin                          - E invece è autentico. Mi assegnerete una cameretta. Anche piccola. Non importa se non c'è bagno.

Morton                          - Certo, signor Fremlin, ma...

Fremlin                          - (con prepotenza) Non comincerete con i «ma», spero: vi avverto che, se non accettate, rimarrò in casa vostra lo stesso.

Morton                          - Figuratevi. I miei dubbi sono soltanto se credere ai miei orecchi. La mia paura non era che quella di vedervi scappare da un momento all'altro.

Fremlin                          - Senza preavviso. Ma guarda! Non abbiamo ancora stabilito il prezzo e siete già così affezionato al vostro pensionante.

Morton                          - Non scherzate, signor Fremlin... Sapete bene che cosa temo. Voi scappate, tornate a Chicago, infor­mate i vostri amici di quanto, spinto dagli eventi, io ho fatto e... i miei figli diventano automaticamente due po­veri orfanelli senza più padre, né forno, né bottega.

Fremlin                          - O bella! E se io informassi, invece dei miei amici, la polizia?

Morton                          - La polizia?

Fremlin                          - E' un'idea che mi è venuta in questi giorni, un'idea maturata nel tiepido clima del vostro ambiente per bene.

Morton                          - E di che vorreste accusarmi?

Fremlin                          - Di sequestro di persona.

Dolly                             - (che è rientrata dalla porta dell’orto, con un fazzoletto pieno di insalata, battendosi la mano sulla fronte) Ma già! E' vero, papà; non ici avevo pensato! Questa è bella, ti pare?

Morton                          - Taci, sciocca!

Fremlin                          - Oh, non è tanto sciocca! Sul mio -conto, la polizia ha molti « si dice » ma nessuna accusa specifica. E poi sono amico del giudice Taller. Insomma, potrei farlo benissimo... ma rassicuratevi, non lo farò. Ve lo dico soltanto per dimostrarvi che se volessi vendicarmi della vostra cattura avrei a mia disposizione sia i mezzi legali che quelli illegali. Potrei scappare dalla finestra come un ladro e chiamare la guardia campestre come un galantuomo. Non farò nulla di questo. E perché? Perché io vivo benissimo in casa vostra. Questa è la vacanza che io sognavo da sette anni e che decido di prolungare almeno per un mese.

Dolly                             - (con gioia) Davvero? Papà, dobbiamo pro­prio crederei? Oh, signor Fremlin, quale onore!

Fremlin                          - Naturalmente mi tratterete con tutti i ri­guardi. A tavola mi metterete a destra della signora Ann e due volte la settimana mi farete la torta di mele.

Dolly                             - Ci penserò io, signor Fremlin.

Fremlin                          - E così mi darete la sensazione di spendere bene il mio denaro, e Che anche il mio denaro sia sacro. Troppi credono che la nostra ricchezza ci venga in tasca con niente, che i denari si rubino...

Dolly                             - ( eccitata) Oh certo, qualche volta! Con scasso! Non ditemi di no, signor Fremlin! Vado a portare l'in­salata in cucina e tomo subito!

(Morton e Fremlin la seguono con lo sguardo).

Fremlin                          - Ecco!... Chi sa come immaginano la nostra vita, le ragazze romantiche! Non pensano affatto che somma di pazienza, di fatiche, di pericoli, di emozioni comporti questo mestieraccio duro e porco. E non pensano che se noi, per esempio, guadagnarlo un milione di dollari all'anno...

Morton                          - Non vi lamentate, signor Fremlin. Noi, con una cifra simile...

Fremlin                          - Voi?! Ma voi non siete fra le persone per bene?

Morton                          - Purtroppo.

Fremlin                          - E allora avete quel che vi spetta.

Morton                          - Ben detto, signor Fremlin, ben detto! Ma la vedremo!

Fremlin                          - Ebbene, noi guadagnarne un milione e dovremmo spenderne due, se volessimo assicurare la no­stra pelle contro i nemici, gli amici, i concorrenti, la Polizia! Insomma, credetemi, spesso lavoriamo sotto prezzo!

Morton                          - (ironico) E allora?

Fremlin                          - Allora, tiriamo avanti così. Chi c'è entrato non è facile che possa uscirne. La sua libertà è sorve­gliata. I suoi gesti, i suoi colloqui, le sue amicizie, i suoi amori, i suoi sonni, i suoi risvegli, le sue passeg­giate, tutto è sorvegliato, controllato da decine di occhi invisibili, amici e nemici. E' un cerchio da cui non si può sfuggire... Se non per un caso rarissimo, come questo del mio rapimento che resta segreto a tutti per mia vo­lontà. Figuratevi se io non voglio godermi qualche setti­mana di quella tranquillità che mi manca da anni, qual­che settimana di serenità e di pace! Sapete che cosa vuol dire addormentarsi senza il pensiero di essere svegliati da una mitragliatrice? Ah, che idillio! Se fosse possibile, mi piacerebbe una cameretta tutta rosa con le ten­dine di tulle alle finestre, sul giardino...

(Da sinistra rientra Dolly con una pila di piatti che depone sulla credenza).

Dolly                             - Oh, certamente, signor Fremlin! Avrete la cameretta sul giardino, a levante! Ma è piuttosto un orto, sapete?

Fremlin                          - Ah, ah... Lo coltivate voi?

Morton                          - Io e mio figlio, la mattina, prima d'andare al lavoro.

Dolly                             - Io annaffio le peonie.

Fremlin                          - Ci saranno delle belle fragole, adesso!

Dolly                             - Adesso? Signor Fremlin, le fragole in gennaio?

Fremlin                          - Non so. Ve lo domando. Ho così poca pratica di giardinaggio! Son sempre in città e quando ne esco è per affari talmente urgenti...

Morton                          - Capisco. So, so!...

Fremlin                          - Insomma, chi bada alle aiuole dei giar­dini?... Ne ho un ricordo giovanile confuso, l'impres­sione generale che un giardino sia una cosa bella, dove di solito si trova tutto quello che più ci piace. E sic­come a me piacciono soprattutto le fragole...

Dolly                             - E a me le pesche nello sciroppo. Ma nem­meno quelle nascono in giardino. Di solito nel nostro giardino si trova soltanto radicchio e peonie. Al radic­chio bada papà, alle peonie penso io. Volete venire a vederlo?

Fremlin                          - Perché no, signorina Dolly? Voi permet­tete, signor Morton?

Morton                          - Figuratevi, signor Fremlin!

Fremlin                          - (avviandosi e poi volgendosi: con molto in­teressamento) Poi un giorno dovrete insegnarmi come si semina la lattuga.

Morton                          - Certo, signor Fremlin, ve lo insegnerò, non è molto difficile, no. E nemmeno pericoloso. (Segue con lo sguardo Fremlin che esce con la figlia dalla parte del giardino, si stringe nelle spalle con un gesto di sbalor­dimento. Poi si volta a chiamare la moglie nella cucina) Ann! Ann!

Ann                               - (comparendo con un ampio grembiule e un mestolo in mano) Che vuoi?

Morton                          - Ma, dico! E’ quasi mezzogiorno, fra poco arriveranno gli invitati e non c'è ancora tavola appa­recchiata.

Ann                               - Mi chiami per questo? Io ho da sorvegliare in cucina. Jerry ha la fissazione di mettere la vaniglia nell'arrosto. Apparecchierà Dolly.

Morton                          - Dolly adesso non può. E' nell'orto col si­gnor Fremlin.

Ann                               - (terrorizzata) Che dici?

Morton                          - (con aria di superiorità) Andiamo... che c'è da aver paura? Ma sì, ti assicuro che Fremlin adesso l'ho assolutamente domato. E' nell'orto, con Dolly. Mi ha chiesto che gli lasci godere ancora un po' di pace in casa nostra e io gli ho permesso di rimanerci.

Ann                               - Ma in che veste?

Morton                          - Oh, non di prigioniero.

Ann                               - E allora, di invitato?

Morton                          - No, di pensionante.

Ann                               - Pensionante... onorario?

Morton                          - Niente affatto. Pagante!

Ann                               - Come, tu credi che pagherà?

Morton                          - Senza dubbio. S'è offerto lui stesso. E poi (con un cipiglio su misura, completamente nuovo) l'a­vrebbe da far con me.

Ann                               - D'altronde è un uomo che può pagare.

Morton                          - Appunto. Anzi, bisogna che fissiamo, noi due assieme, la cifra della pensione. Vediamo: che cosa potrai spendere per dargli da mangiare?

Ann                               - (calcola) Hum... un dollaro...

Morton                          - Bene. Noi chiederemo cinque dollari al giorno.

Ann                               - Eh?! Cinque dollari?

Morton                          - Mia cara, la pensione completa.

Ann                               - Che intendi per completa?

Morton                          - Oltre il vitto devi mettere in conto la ca­mera, la luce, l'acqua potabile. E poi la pace.

Ann                               - Mah, mi par troppo caro. Si irriterà.

Morton                          - Lo vedremo. Sono curioso di sentire se proprio lui, che ha derubato tanta gente, vorrà scan­dalizzarsi...

Ann                               - (colpita) Che dici, Blace? Vorresti metterti a paragone?...

Morton                          - (con fermezza) Dico che gli esempi inse­gnano pure qualcosa, nella vita! Qui si vede gente ricca, libera, che guadagna fior di quattrini. Hai mai letto romanzi gialli? Sinora non ci credevo, ma adesso ho conosciuto un gangster in carne e ossa: automobili, ville, yachts, donne...

Ann                               - (severamente) Ma, Blace, dico! Non vorresti mica...

Morton                          - Mettermi a fare il gangster? No! Però sto acquistando una nuova concezione della vita, ecco! Ba­sta con la timidezza! Basta con i diecimila rispetti umani! Basta con la coscienza! Vedi a che cosa ci si riduce? Mentre noi stiamo qui, parlando, forse il signor Gaspar o il signor Millistayer o qualche altro creditore è av­viato alla nostra onesta casa per rimetterci dei conti inso­luti e che non potremo pagare!

Ann                               - Il macellalo ha detto che entro domani vuole il denaro.

Morton                          - Lo vedi?... E tu fagli rispondere che non lo vedrà mai.

Ann                               - Blace!... E poi non ci darà più carne!

Morton                          - Manderemo Jerry a rubare galline.

Ann                               - Oh, povero Jerry!

Morton                          - E se non vorrà andare, peggio per lui: non avrà più le tre settimane che avanza.

Ann                               - Blace, non ti riconosco più!...

Morton                          - Dici davvero? Meno male! Vorrei proprio essere diventato un altro. Mi son ridotto così con la mia onestà integrale. I figli potrebbero rimproverarmelo. Anzi, Dolly lo fa senz'altro e infine non ha torto. Perché noi abbiamo dei figli, Ann, e avremmo dovuto pensare al loro avvenire prima che ai conti da pagare.

Ann                               - E così da adesso tu intendi di tirare un calcio all'onestà?

Morton                          - Non un calcio: uno scapaccione. Per cor­reggerla. Come l'ho praticata finora, non era più un me­rito, era un vizio. Onesti, sì, ma un'onestà corretta. Ci penso da una settimana. Ho visto poi che cosa sono certi uomini da vicino. In fondo, Fremimi ti pare un uomo eccezionale?

Ann                               - Non saprei... proprio eccezionale, no.

Morton                          - Ecco. E' un uomo qualunque: due braccia, due gambe, un uomo con tutte le sue debolezze, che basta una rivoltella per tenere in soggezione e che si lagna per le porzioni piccole.

Ann                               - Si è lagnato per questo?

Morton                          - Sì. Anzi, bisognerà un po' aumentarle.

Ann                               - Va bene.

Morton                          - Ma poco, eh? Tu capisci, in fondo, per sei dollari al giorno...

Ann                               - Sei? Avevi detto cinque.

Morton                          - (con forza) Bene, adesso dico sei. Tu devi mettere in conto anche il fastidio di tenermi in casa un pensionante simile.

Ann                               - Questo è vero.

Morton                          - Pensaci.

Ann                               - Ci penso.

Morton                          - E ti sembra ancora esagerata la cifra?

Ann                               - Meno. Molto meno. Ma tu avrai il coraggio di chiederglieli?

Morton                          - Vedrai. Ormai, mi regolo alla loro scuola. Audacia e sangue freddo.

Ann                               - (timidamente) E dimmi, dovrò mettergli in conto anche questi giorni in cui è stato prigioniero?

Morton                          - (dopo una breve pausa, considerando la moglie e sorridendo) Brava, mi pare che fai progressi... Certo, mettili in conto. Non ha mangiato?

Ann                               - Sì, che ha mangiato! Mercoledì ha chiesto an­che una braciolina.

Morton                          - Uno straordinario. Mezzo dollaro!

Ann                               - C'era anche il contorno di spinaci.

Morton                          - Un dollaro.

Ann                               - D'accordo: un dollaro.

Morton                          - D'altronde i conti li faremo stasera. Ora pensa al pranzo d'oggi.

Ann                               - Ecco Dolly che ritorna col signor Fremlin.

Morton                          - Bene. Dille di apparecchiare.

Ann                               - Buongiorno, signor Fremlin. Appunto tu, Dolly, mentre continui a tener compagnia al nostro ospite, ap­parecchia la tavola. Noi dobbiamo andare in cucina.

Dolly                             - Bene, mamma.

                                      - (Ann, dopo un grazioso inchino a Fremlin, esce).

Morton                          - Ricorda: il signor Fremlin, a destra della mamma.

Dolly                             - Bene, papà!

(Morton esce facendo un amichevole cenno di saluto all'ospite).

Dolly                             - E allora, cominciamo. Aiutatemi a stendere la tovaglia.

Fremlin                          - Volentieri... (aiuta con molto impaccio} Soltanto, vogliate scusarmi se... sono così poco pratico! Voi, invece, siete svelta, avete un garbo!... Brava!.-

Dolly                             - Ma, signor Fremlin, è il mio mestiere. Noialtre ragazze di casa non sappiamo far altro.

Fremlin                          - Lo dite con rammarico?

Dolly                             - Oh, sì. Sapeste come vorrei cambiar vita!

Fremlin                          - E che cosa vorreste fare?

Dolly                             - Non so, qualcosa...

Fremlin                          - Portatemi un esempio.

Dolly                             - (correggendo man mano l'opera di lui che ap­parecchia) Il coltello si inette a destra.

Fremlin                          - Non volete rispondermi, eh?

Dolly                             - E quando vi avessi risposto?

Fremlin                          - Chissà che non possa aiutarvi in quello che desiderate.

Dolly                             - Certo che lo potreste! Ecco qui la senape. Metteteci un po' d'acqua e dimenate.

Fremlin                          - Subito (eseguisce). E allora, avanti, di­temi che cosa vorreste fare.

Dolly                             - Una cosa qualsiasi; purché diversa da quella che faccio.

Fremlin                          - Esempio.

Dolly                             - Non so.

Fremlin                          - (sempre rimestando la senape) Avanti, avanti.

Dolly                             - (con semplicità) Per esempio, scappare con voi.

Fremlin                          - (sbalordito) Signorina Dolly!

Dolly                             - Che c'è? Avanti, avanti con quella senape!

Fremlin                          - Eh. Non impazza, non è mica maionese.

Dolly                             - Ma perché non continuate?

Fremlin                          - Lasciatemi sbalordire.

Dolly                             - Accomodatevi pure. Vi ha fatto tanto colpo?

Fremlin                          - Francamente non l'avrei immaginato.

Dolly                             - Non crederete che se ho detto « con voi » sia per voi.

Fremlin                          - Figuratevi.

Dolly                             - Avrei potuto dire con un altro.

Fremlin                          - Non siete gentile.

Dolly                             - (sempre apparecchiando, ma infervorata, al punto che, nel gestire, con la saliera, butta il sale in faccia a Fremlin) E voi non siete modesto. Ho detto scappare con voi, nel senso di cambiar vita, per provare nuove sensazioni, conoscere nuovi ambienti, avere nuove vibrazioni. Ah, la vita! Come dev'essere bella la vita-romanzo, la vita-avventura, la vita vertiginosa, e come, invece, è scipita questa vita piccolo-borghese che noi conduciamo!... Quando voi siete arrivato, il mio spirito aveva già virtualmente infranto le sbarre di questa prigione ed era già evaso... (interrompendosi improvvisa­mente) Ma perché imi guardate così?

Fremlin                          - (con dolcezza) Vi ascolto. Parlate come un libro.

Dolly                             - Vi pare, signor Fremlin?

Fremlin                          - Sì, di quelli che si vendono sulle ban­carelle.

Dolly                             - (punta) Volete dire che non v'interessa?

Fremlin                          - Tutt'altro. Continuate.

Dolly                             - Lo dite con degnazione!

Fremlin                          - Ma no. Se mai... con compassione. (Avvi­cinandosele) Non abbiatevene a male, signorina Dolly... Voi non sapete che cosa sento da quando vi conosco da vicino, da quando ho potuto avere il quadro completo di un piccolo cervello fantastico come il vostro! Noi uomini di azione viviamo in un mondo così lontano dalle fantasticherie!

Dolly                             - Lo so. Il nostro deve esservi sembrato molto monotono, e io, io, molto noiosa, dite la verità, molto scipita!

Fremlin                          - Come vi sbagliate! Siete uno degli incontri più romanzeschi -della mia vita. Sorprendente, capite quel che intendo dire? Certe volte, guardandovi negli occhi...

Dolly                             - Perché, mi avete guardata negli occhi?

Fremlin                          - Non ve ne siete accorta?

Dolly                             - Mai.

Fremlin                          - (fissandola) E ora?

Dolly                             - (siede, molto vibrante) Ora sì... Ma se è così, come voi vi sforzate di farmi credere, se davvero io non vi sembro del tutto priva d'interesse... ebbene, signor Fremlin, allora... rapitemi!

Fremlin                          - Ma che idea!

Dolly                             - Infine... che cosa sarebbe per un uomo... per un delinquente tome voi?

Fremlin                          - (seccato) Toglietevelo dalla testa, signo­rina Dolly! (Si alza).

Dolly                             - (lo segue, tenendo in mano le ampolle dell'olio e aceto) Portatemi con voi, con le vostre auto silen­ziose e blindate che sfuggono sempre alla Polizia...

Fremlin                          - - Ma neppure per idea!

Dolly                             - Via!... Nelle taverne dove ballano le fan­ciulle dei maschi predaci...

Fremlin                          - Macché predaci!

Dolly                             - Oh, insomma, volete, sì o no, rapirmi?

Fremlin                          - (seccamente) No.

Dolly                             - (esasperata) No!? Ma allora, voi, che razza di gangster siete? Siete un gangster o siete un canarino? (Una pausa: i due si guardano, misurandosi. Dolly è romanticamente accesa, vibrante).

Fremlin                          - (con calma) Vi faccio notare che i bic­chieri a testa in giù, sulla tavola, si usano appena nelle trattorie di terz'ordine.

Dolly                             - Grazie della lezione. Siete una vera massaia. Ordinato e metodico. Ecco a che si riduce il gangster più terribile del quartiere Washington.

Fremlin                          - (seccato, con tono tutto diverso) Sentite, ragazza, non seccatemi. Io sarò un delinquente, come voi dite, comunque adesso sono un delinquente in vacanza. Ho diritto anch'io alla mia pace. Voialtri lettori di cro­naca nera non siete mai sazi. Vorreste fattacci in conti­nuazione. E' una bella esigenza! Ora mi avete seccato. Se volete altre spiegazioni venite da me fra un mese. Holborn Avenue quattromilaseicentosettantuno. Avrete il fatto vostro. Ma adesso, lasciatemi in pace! (La prende rudemente per un braccio e la scuote con violenza) Ca­pito? Capito? Capito?

Dolly                             - (impressionata) Oh! Ma... Ahi!...

(Dal giardino arriva Gooseberry. E' il prototipo del bonaccione, roseo, paffuto e mite, che, ora, vuole atteg­giarsi a temperamento di furbo-birba).

Gooseberry                   - Si può?

 Dolly                            - Avanti. Oh, Charlie, sei tu?

Gooseberry                   - (la abbraccia) Sì, cara... Ma che c'è, ti ho spaventata? Hai un viso!...

Dolly                             - No... Sono sorpresa di vederti arrivare dal giardino.

Gooseberry                   - Perché abbiamo fatto un piccolo giro con i signori Drinkwater. Siamo passati insieme dalla chiesa. Sono qui dietro.

Dolly                             - Bene, Charlie. Lascia che ti presenti il si­gnore... il signor... Gordon... Nataniel Gordon... un nostro ospite.

Gooseberry                   - Piacere, signor Gordon (si stringono la mano).

Dolly                             - (improvvisamente, con disinvoltura) Il signor Gordon ha una fabbrica di lamette di rasoio... e mi raccontava come si fa a rimettere in circolazione le lame vecchie per nuove. Molto interessante, ti pare?

Gooseberry                   - Molto... Ma da quando hai preso a farti la barba, cara?

Dolly                             - Sciocco! Tu sai che io m'interesso sempre ai piccoli problemi commerciali. Anche a te non ho dato tanti consigli?

Gooseberry                   - A proposito: ho cominciato ad appli­carli. Sai che sono riuscito a vendere la Dodge? Se ne accorgeranno dopo i primi duemila chilometri! (A Frem­lin) Una macchina un po' truccata, sa! Mica un'esagera­zione, intendiamoci: c'è il cambio che gratta, i freni che bloccano le ruote anteriori e il differenziale scardinato... Con un po' di furberia, sono riuscito a darla per buona, e l'han presa... D'altra parte, se non ci si arrangia così... Io ho fatto per dieci anni il garagista scrupoloso, ma ora comincio a pensare che Dolly ha ragione, quando mi consiglia di transigere un po' con la coscienza...

Fremlin                          - (trasalendo e fissando Dolly severamente) Ah, Dolly vi consiglia?...

(Arrivano dal giardino il signore e la signora Drinkwater, mentre da sinistra rientra Morton col cestino del pane, seguito da Jerry con un vassoio di aringhe. Saluti).

Morton                          - Signor Drinkwater, signora Drinkwater, bene arrivati.

I signori Drinkwater     - Buongiorno, Morton, e tu, Dolly, come va?... Siamo in ritardo?

Morton                          - No, no, siete arrivati puntualissimi. L'ar­rosto è già pronto. Ci siamo tutti. Ah, permettete che vi presenti un nuovo arrivato, il signor... il signor Fiscier...

Dolly                             - (correndo in suo soccorso) Gordon...

Morton                          - Ecco, Fiscier-Gordon... i signori Drink-water.

I signori Drinkwater     - Piacere, molto lieti.

Fremlin                          - (sorridendo divertito) Onoratissimo.

Signora Drinkwater      - (a Fremlin) Siete nuovo del paese?

Morton                          - (rispondendo per Fremlin nel timore che si tradisca) E' nuovissimo, signora. Oh, il signor... Gordon vive sempre a Chicago.

Signora Drinkwater      - Capisco. (A Fremlin) Forse vi occupate anche voi di pasticceria?

Fremlin                          - No...

Morton                          - (c. s.) No, no, il signor Gordon ha una fab­brica, una bellissima fabbrica di... di orologi!

(Da sinistra entrano Noah e Ann. I signori Drinkwater, con Morton, si spostano a sinistra per salutare).

Gooseberry                   - (a Fremlin, a parte) Scusate... ma la vostra fabbrica non era di lamette di rasoio?

Fremlin                          - Sì, ma, vedete, non ha importanza. (Goose-berry sbalordisce). La mia fabbrica fa gli orologi. Mi 'ca­pite? Questi orologi vanno spesso un po' avanti, quindi rimane del tempo libero e allora si fabbricano le lamette. (Si avvia verso U gruppo di sinistra dove intanto Ann dice)

Ann                               - A tavola! (Indicando i posti) Voi qui, signora Drinkwater! Siedi lì, Charlie, e voi qui, signor...

Dolly                             - (sempre attenta) Gordon.

Morton                          - Fiscier.

Dolly                             - Fiscier-Gordon!

Morton                          - (contemporaneamente) Gordon-Fiscier.

Ann                               - Ecco, sì. Gordon-Fiscier, qui, accanto a me!

(Si mettono a tavola. L'ambiente assume un carattere famigliare e borghese al cento per cento. Morton, che siede vicino a Fremlin, sbircia con trepidante attenzione il commensale. Ann fa le parti. Si comincia a mangiare, dopo complimenti e attenzioni reciproche).

Fremlin                          - Perdonate, signora Morton: a ine manca il coltello.

Morton                          - Ma... (scambia occhiate imbarazzate con Ann e con Noah).

Ann                               - (imbarazzata) E il coltello? Non so dove possa essere.

Fremlin                          - Forse, signor Morton... l'avete preso voi... distrattamente.

Morton                          - (che lo aveva tolto poco prima, per prudenza) Non credo. Qui non c'è.

Fremlin                          - Siete sicuro di non averlo messo in tasca?

Morton                          - Volete scherzare? D'altronde, non vi fa­rebbe lo stesso un cucchiaio?

Dolly                             - Ma, papà! Vado io a prendere un «citello per il signor Gordon (esegue. Il padre la fulmina con oc­chiate terribili).

Ann                               - (mentre tutti si servono e parlano animatamente) Ecco, signor Gordon, le aringhe sono per voi!

Fremlin                          - No, grazie. Oggi, proprio, non mi vanno! A voi, signora!

Signora Drinkwater      - Oh, sì! La mia passione!

(Movimento, poi tutti mangiano).

Signor Drinkwater        - (iniziando una conversazione qua­lunque) E allora, che cosa c'è di nuovo a Chicago?

Morton                          - Niente. Assolutamente niente.

Ann                               - Un po' di miseria.

Signora Drinkwater      - Quella c'è dappertutto.

Gooseberry                   - Cattiva amministrazione, dico io, cat­tiva amministrazione! ,

Signor Drinkwater        - Rapacità, corruzione.

Signora Drinkwater      - Soprattutto corruzione.

Ann                               - Eh, i tempi! (Pausa. Si mangia e si beve).

Gooseberry                   - A proposito: avete letto che si profila un altro scandalo per il nuovo Sceriffo?

Signora Drinkwater      - No, non ho letto. Che c'è?

Signor Drinkwater        - Ma sì! Non hai veduto, una pagina intera, sul « Daily »? Pare che sia anche lui un affiliato dei gangsters!

Morton                          - (trasalendo) Ah! Ehm! (tossisce, come gli fosse andato a traverso il cibo. Interessamento).

Gooseberry                   - Un caso incredibile. Questi maledetti gangsters...

Morton                          - (con un grido) Charlie!

Gooseberry                   - (sorpreso) Che c'è, signor Morton?

Morton                          - (cercando di riprendersi, mentre spia l'effetto delle imprudenti parole sul volto di Fremlin, che ne pare invece divertito) Niente ti riprendevo... sei... intemperante nel tuo linguaggio... dici «maledetti gang­sters »... perché, poi, maledetti?

Gooseberry                   - Oh, signor Morton, non è poi una be­stemmia!

Mohton '                       - Ma è eccessivo.

Ann                               - Ha ragione. Sta male.

Signora Drinkwater      - D'accordo, signora Ann, però quei delinquenti là...

Morton                          - (sulle spine) Signora Drinkwater...

Signora Drinkwater      - Delinquenti, sì, delinquenti! Io non ho paura di dirlo!

Ann                               - (tentando un diversivo) Che ne dite, se parlas­simo un po' del tempo?... Credo che stasera pioverà.

Signora Drinkwater      - Non mi pare che ne abbia voglia.

Noah                             - (tentando di animare il magro spunto di con­versazione) E io dico che sarà vento. Scommettiamo?

Signora Drinkwater      - (riprendendo il suo argomento, a Morton) D'altronde, non crediate lo dicessi per giu­stificare Charlie...

Morton                          - Figuratevi.

Signora Drinkwater      - «perché, veramente, queste associazioni a delinquere...

Noah                             - Scirocco! Scommettiamo un dollaro!

Signora Drinkwater      - ... queste organizzazioni della malavita che ormai infestano il paese...

Morton                          - (di nuovo sulle spine) Ma sì, ma sì, basta!

Signora Drinkwater      - (equivocando) Basta, sicuro, basta. Ecco quello che dovrebbe dire il governo. E ini­ziare a fondo una santa crociata contro le gangs.

Morton                          - (risoluto a troncare quella tragica conversa­zione a cuiFremlin assiste sorridendo) Beh, va bene, va bene, signora Drinkwater!

Sicnora Drinkwater       - Non siete forse del mio pa­rere, Morton?

Morton                          - (decisamente) Ebbene, no.

Il signore e la signora Drinkwater      - No?

Morton                          - No, ripeto: no. Trovo che non è giusto, non è umano accomunare tutti i gangsters in un muc­chio! Sento che essi non meritano un disprezzo così ge­nerale! Vi saranno quelli cattivi, non voglio negarlo, ma vi sono però anche quelli buoni... cavallereschi.»

Il signore e la signora Drinkwater      - Oh! Cosa sento io mai!...

Fremlin                          - (secco) Suvvia, non dite sciocchezze, signor Morton!

Signor Drinkwater        - (con enfasi) Ecco, il signore ha trovato la parola giusta! Il signore è un galantuomo, e...

Fremlin                          - Tutt'altro, signora.

Signora Drinkwater      - (non crede ai propri occhi) Come dice?

Fremlin                          - (tranquillo e sorridente) Dico che non sono affatto un galantuomo, signora.

Morton                          - (eccitato, cercando d'interrompere) Basta, si­gnori!... Quanto a voi, signor Gordon, mi sorprende che non siate della mia opinione. Voi, proprio voi, che con la vostra presenza, col vostro esempio, con la vostra vita, avete aperto a tutta la famiglia nuovi orizzonti», (ai Drinkwater che cominciano a guardarsi sorpresi) ... sì, il nostro amico Gordon è un industriale audace, un formi­dabile industriale, e ci ha insegnato come si può, come si deve vivere, muoversi fuori dalle pastoie degli scru­poli inutili...

Dolly                             - Papà.»

Morton                          - (alzando il bicchiere, come un oratore) ... fuori della gora delle convenienze sciocche e sterili, dei falsi rispetti umani che ci rendono deboli e meschini, in balia di tutti...

Ann                               - Blace!

Morton                          - Che cosa? Non sono forse cose vere, queste che io affermo?

Dolly                             - Va bene, ma non si dicono.

Signora Drinkwater      - (smarrita) lo non capisco.

Signor Drinkwater        - Nemmeno io.

Gooseberry                   - (si alza) Il signor Morton ha ragione. Bisogna entrare nell'anima del commercio, passando dalla grande porta e non da quella di servizio! Signor Drink-water, se avete bisogno di una Crysler... una Crysler come nuova, fuori serie, una vera occasione...

Fremlin                          - (che è andato oscurandosi in quest'ultima parte della conversazione, minaccioso) La comprerò io, la vostra Crysler, e poi, giovanotto, andremo assieme a fare una passeggiata. Volete? (e batte le nocche sulla tavola).

Gooseberry                   - (candido) Perché no?

Dolly                             - Oh, Charlie!

Fremlin                          - (con concitazione) Basta con queste storie! Dico, basta!

Morton                          - (impaurito) Va bene, lasciamo subito an­dare, signor Gordon. Non vi eccitate. Non credo di avervi offeso.

Fremlin                          - Peggio, mi avete seccato.

Morton                          - Vi ho detto soltanto che il vostro esempio aveva operato su di me...

Gooseberry                   - E anche su di me...

Fremlin                          - (con minacciosa energia) Appunto. E non consideravate che su di' me operava per contro il vostro. Finiamola, con queste storie, con questa commedia. Non capite che cosa ci sta capitando? Non vi accorgete che se a voi la mia presenza qui ha svegliato l'uzzolo della vita avventurosa, a me la compagnia vostra ha messo addosso il prurito della vita tranquilla? (Attenzione spaurita di tutti). E' proprio un fenomeno, sapete, come fra i liquidi, un fenomeno di osmosi ed endosmosi che guai a voi e guai a me se si compie. Io ho traviato la vostra fantasia, ma anche voi mi avete corrotto! Ero un delinquente... (Sorpresa degli invitati). ...un bravo laborioso delin­quente stimato temuto e rispettato. Sono entrato qui e voi mi avete corrotto. La vostra pace, il vostro giardino, la vostra casetta, i vostri buoni e stupidi invitati... (Gesti dei Drinkwater, come a dire: «Siamo noi? »). ...in pochi giorni mi hanno fatto provare l'emozione di essere una persona... una persona come voi, una persona per bene, come si suol dire. Capite che disastro? (Alzandosi e ti­rando un formidabile pugno sul tavolo). Ma non sarà così! Guai! Guai, capite?, se noi non torniamo ciascuno sulla propria strada! Imbecilli. Vedervi ridotti così! (Con un principio di commozione) Non sapete quel che vi fate. Non voglio arrivare ad avere rimorsi per voi. Dei ri­morsi, io! Matti! Ognuno al proprio posto. Voi, Goose­berry, l'avrete da far con me se so che vendete ancora qualche macchina truccata, e voi, Morton, dovrete conti­nuare a tenervi lontano dalla bottega il compare Chapman. E posate la pistola. E smettete quelle arie ridicole. E stracciate il porto d'arme. E sorvegliate quel monello di Noah. Troppe ballerine, intorno! E Dolly, legga meno libracci gialli! Quanto a voi, infine, signora Morton, mi permetterò di rivedere i vostri conti cifra per cifra. Non mi fido più. In compenso, da parte mia, mi impegno di andarmene di qui fra qualche giorno senza toccar nulla, senza portarvi via nulla. Non alludo, no, alle posaterie, alludo ad altri attrezzi del vostro mondo... (con una lievissima vena di commozione subito repressa) ... del vostro caro mondo piccolo borghese! Me ne andrò senza portare con me il minimo ricordo della vostra stupida casa. Ridicoli! Che importa a me, che deve importarmi, della nonna Enrichetta e delle sue melanzane? E del vo­stro radicchio? Me ne infischio! Ora, io mi piglio le mie vacanze, ma poi voglio tornare laggiù, fra i miei com­pagni, come mi conoscono. Perciò ve l'ho detto: questa parentesi deve essere presto chiusa. Da un momento all'altro, tac. Quando io dirò basta, basta! Basta con la vo­stra pigrizia, la vostra codardia, il vostro orticello, le vostre ridicole violette...

Dolly                             - (alzandosi in mezzo al silenzio, pieno di mera­viglia, di tutti gli altri, calma e decisa) Non sono vio­lette, signor Fremlin! (Con forza) Sono peonie.

Fremlin                          - Eh, violette o peonie, che me ne im­porta... (ma è interrotto da)

Morton                          - (che si alza e interrompe, concitato) ...Che gliene importa, sicuro, che gliene importa? Ha ragione. Questa è tutta una commedia. Che violette! Che zia Enrichetta! Che melanzane! E' un fenomeno... come dire? Io non ho capito bene... Cioè, per essere esatti, non ho capito nulla... Ma sento che è come dice il signor Fremlin. Non per niente, ma perché lui è un vero farabutto... (A Fremlin) ...Lo avete detto voi, eh?... E quindi può fare tutto, anche la persona per bene, può fare, quando gli accomoda... Ma certo, Fremlin, credete che non l'abbiamo capita questa storia dei vostri scrupoli? Ma andiamo! E' così chiaro. Voi siete un gangster a pensione. E adesso vi mettere a fare il galantuomo per non pagarci il conto! E' così naturale!

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

 (Spaziosa camera-salotto, ammobiliata con stile e tono moderno, in un alberghetto, alla periferia di Chicago, primo piano. La stanza, con la camera-salotto comunicante- (porta a destra) e il bagno- (porta a sinistra), forma un piccolo appartamento, una specie di « mete » adatto alle comitive allegre che vi si rifugiano per il « divertimento » notturno. Ha, dunque, un'aria equivoca, corretta dall'am­pio divano che trucca il letto largo e comodo sotto mucchi di cuscini. Questo divano è contro la parete di si­nistra; davanti ad esso, sul pavimento, pelli d'orso grigie; di fianco, un piccolo mobile-bar, semiaperto, sorregge il telefono. Dopo il divano, la porta che dà nella camera attigua, possibilmente in « pan coupé », per modo che si veda uno scorcio della camera. Nella parete in fondo verso sinistra, porta-finestra con balcone; verso destra, la porta d'ingresso. La porta del bagno, in primo piano, a destra, è laccata di bianco internamente. A destra, una piccola tavola e sedie imbottite. Il resto del mobilio è di­sposto in modo da non ingombrare ed è sobrio, a linee moderne, sicché la camera può sembrare un salotto o uno studio. Il tavolo è provveduto di un cassetto normale (sul fianco destro) e di un cassetto segreto (sul lato anteriore) che si apre soltanto conoscendone il pulsante a scatto si­mulato in un punto tattico. La luce della stanza è dolce, tendente all’azzurro. Quella della camera a sinistra è più vivace, con tendenza all’arancione. Quella del bagno è vio­lentemente bianca).

(Dolly e Fremlin entrano preceduti dal cameriere Brad).

Brad                              - Da questa parte, signori.

Fremlin                          - (guardando attorno) Sì. Mi pare che qui ci si possa accantonare. Che ne dici?

Dolly                             - Mi pare che vada benissimo.

Fremlin                          - La finestra?

Brad                              - Sul cortile.

Fremlin                          - Telefono?

Brad                              - Là, signore - (indica). Di là, l'altra camera (in­dica). Di là, il bagno (indica). In fondo al bagno, poi, c'è un'altra porta...

Fremlin                          - Ah!

Brad                              - (con imbarazzo, come se fosse una notizia riser­vata) Una piccola porta. Sa, una comodità.

Fremlin                          - Lo so, lo so.

Dolly                             - Che vuol dire?

Fremlin                          - Lo saprai dopo.

Brad                              - (con qualche imbarazzo perché non è ancora sicuro con chi parla) Ci sono dei clienti che non amano farsi vedere scendere nell'hall.

Fremlin                          - Già. E allora, se c'è un po' di comfort mo­derno, si scende dai tetti.

Brad                              - (c. &., non sa che cosa rispondere) I signori hanno valige?

Fremlin                          - Ne. Abbiamo fame.

Dolly                             - Fame e sete.

Fremlin                          - Avete ancora di quel misterioso wisky del naufragio del « Presidente Taf t »?

Brad                              - (c. s.) Whisky? Ma... Chi vi ha detto...?

Fremlin                          - (ride) Vedo che non vi fidate a confes­sarmi i segreti del locale, eh?

Brad                              - Bene, vado a chiederne al signor Todd. Il vostro nome, per favore.

Fremlin                          - Ohe! Da quando in qua c'è l'esemplare abitudine di chiedere il nome, in questo albergo?

Brad                              - Veramente, signore...

Fremlin                          - E soprattutto agli amici di casa?

Brad                              - Ah, perché il signore... conosce il signor Todd?

Fremlin                          - Abbastanza. (Sottolineando) Abbiamo gio­cato a scopone non meno di cinque volte insieme con l'ispettore Jobbs.

Brad                              - (con un grido d'entusiasmo) Ma allora voi siete... voi siete il signor Fremlin! Mi pareva di rico­noscervi. Oh, mi pareva. Appena siete entrato, ho detto: « F/ lui! », ma non osavo... (Con sommo rispetto) Sapete, io vi ho servito una volta sola, due mesi fa, all'» Amba­sciatore ». Poi vi ho perso di vista e in questi ultimi tempi ho sentito dire che eravate scomparso...

Fremlin                          - Ah! si diceva questo?

Brad                              - Precisamente. Ne parlavano tutti. Un mistero. Soltanto la signorina Connie non ci credeva.

Dolly                             - Chi è la signorina Connie?

Fremlin                          - Mia moglie.

Dolly                             - (sbalordita) Tua?...

Fremlin                          - Sì. Una delle mie...

Dolly                             - (cercando disinvoltura) Capisco, così per modo di dire.

Fremlin                          - (accentuando invece il cinismo, brutale) Per modo di dire? Per modo di fare. (Seccato) Sì, in­somma, una ragazza. Qui non è lo stato civile, pollastrina. (A Brad) Avanti, dunque. Ditemi di Connie. Balla sempre al Milkwanee?

Brad                              - Sempre, signore.

Fremlin                          - E che cosa credeva, dunque?

Brad                              - Quella ragazza è il diavolo, signore. Lei im­maginava tutto. (Maliziosamente) Voglio dire, si imma­ginava che vi eravate preso una vacanza... sentimentale, via, e diceva che al vostro ritorno vi avrebbe strappato il naso.

Fremlin                          - (di buonumore) Meglio così, non avrò più raffreddori. (Poi, diventando improvvisamente sbrigativo, con arrogante autorità) Basta, ne parleremo dopo. Ora, presto, fateci preparare da cena. Mangiamo qui. Aragosta al cognac. Caviale. Pudding. Trota. Insalata di ananasso. Mumm del millenovecentoventicinque.

Dolly                             - Splendido.

Brad                              - E Presidente Coolidge millenovecentotrenta.

Fremlin                          - Presidente Taft, animale. Non sapete nem­meno la storia degli Stati Uniti. E avvertite Todd che sono qui.

Brad                              - Sì, signor Fremlin.

Fremlin                          - E ditegli che ho bisogno di lui.

Brad                              - Sì, signor Fremlin.

Fremlin                          - Subito.

Brad                              - Sì, signor Fremlin.

Fremlin                          - Ma presto, dico, presto, gambe in spalla! All'inferno voi e il vostro signor Fremlin!

Brad                              - Sì, signor Fremlin.

Dolly                             - (guardandosi intorno con una esaltazione leg­germente forzata, con la quale cerca di velare l'imbarazzo della nuova situazione) Oh!... E ora a noi: eccoci soli! Una nuova vita! (Pausa. Fremlin non risponde) Intanto, ci laveremo un poco.

Fremlin                          - (togliendosi la giacchetta e cominciando a disfarsi il nodo della cravatta, burbero) Credete che sarà molto emozionante?

Dolly                             - (sorride, per darsi un contegno) Abbastanza. Oh, voi fingete di non comprendermi, signor Fremlin. Un uomo «osi intelligente... così romanzesco.

Fremlin                          - Cara ragazza, se continuate a guardarmi attraverso l'azzurro dei vostri occhi, finirete per vedermi celestiale!...

Dolly                             - No, volevo dire... Tutto mi sembra così nuovo... eccitante... sorprendente... Questa fuga avventu­rosa... con un gangster così quotato... e poi, questo am­biente... così misterioso... un po' sospetto. A proposito, perché avete tanta urgenza di vedere questo signor Todd?

Fremlin                          - Perché? Ma perché riprendo la mia atti­vità, naturalmente!

Dolly                             - (spalancando gli occhi) Attività? Ma col signor Todd ho sentito che di solito giocate a scopone.

Fremlin                          - (ride) Ah, ah! Sì, ma sapeste che genere di scopone! Ve ne accorgerete, pollastrina.

Dolly                             - Oh, dite pure! Lo scopone non ha segreti per me.

Fremlin                          - Credete? Ebbene, pensate che cosa suc­cede quando si fa scopa... Ci siete?

Dolly                             - Ci sono.

Fremlin                          - Brava. Si lascia il tavolo pulito, nevvero?

Dolly                             - Pulito.

Fremlin                          - Ecco, immaginate qualcosa di simile... però giocando con la mitragliatrice.

Dolly                             - (non riuscendo a nascondere il proprio improv­viso turbamento) No! Con la mitragliatrice?

Fremlin                          - Già. Insomma, piazza pulita.

Dolly                             - Capisco, e voi...?

Fremlin                          - Io e Todd. Ci siamo trovati quattro volte di fronte agli uomini di quel maledetto Donovanc. (con la mano fa il cenno di rasare netto).

Dolly                             - (a bocca aperta) E poi?

Fremlin                          - (speculando sempre più evidentemente sulla sorpresa della ragazza) E poi ce la squagliamo dai tetti.

Dolly                             - (folgorata, comincia a capire) La seconda uscita!

Fremlin                          - Appunto. Noi si esce di casa quasi sempre così.

Dolly                             - La porta del bagno!

Fremlin                          - (parodiando, sempre per spaventarla) Eh, già, dal bagno... perché conviene sempre farsi un po' di toeletta... lavarsi le mani... non si sa mai... qualche mac­chia di sangue...

Dolly                             - (con un gesto di ribrezzo) Dio mio... E se qualcuno vi vede?

Fremlin                          - (ride) Gli strappiamo gli occhi e prose­guiamo.

Dolly                             - E nessuno vi ha mai denunciato?

Fremlin                          - Qualcuno si provò. E' inevitabile. Ma noi lo si fece tacere.

Dolly                             - In che modo?

Fremlin                          - Tagliandogli la lingua. Credete a me, è il metodo migliore: se non altro, capite, è radicale. (In­tanto egli si è tolta la giacca, disfatto il nodo della cra­vatta e rimboccato le maniche per lavarsi) Ma voi, non volevate lavarvi? Non vi spogliate?

Dolly                             - (con imbarazzo) Oh, sì, ma

Fremlin                          - Spero che non sarete in soggezione perché c'è un uomo.

Dolly                             - (con orgoglio) Io? No, no, vi assicuro di no.

Fremlin                          - Ci vuol altro, se volete far carriera nella banda. E accanto a me. O credete di aver fatto questo colpo di testa per continuare a coglier peonie nel giar­dinetto?

Dolly                             - (stizzita) Sciocco! Villano! Non avete diritto di trattarmi come una collegiale. Ho saputo spalancare le porte della mia prigione piccolo-borghese, mi pare!... Quanto al resto... Spogliarmi dinanzi a un uomo?... Peuh! E' perché non mi fido ancora di voi! Non lo capite?

Fremlin                          - (con scherno) Ah! Ora vedo! Avete paura a togliervi il giubbetto... perché in tasca c'è la famosa rivoltella!

Dolly                             - Già. Se poi mi combinate qualche scherzo?

Fremlin                          - Di che genere? Ma andiamo! Via la giac­ca! Via la camicetta! (le si avvicina).

Dolly                             - Giù le mani! (Fremlin avanza ancora verso di lei. Ella estrae l'arma, arretrando) Non mi fido ancora di voi, no... Ve l'ho detto... E non tentate di disarmarmi, sapete? Badate! Non bisogna forzare le situazioni!

Fremlin                          - Ma finitela con quel gingillo! Non sapete ancora maneggiarlo. E' pericoloso. A vederlo così, in mano a voi, mi fa un certo effetto... abbassate quel fer­ravecchio... ehi, dico, siete pazza?... abbassatelo... (Fa un balzo ma subito si interrompe, fermandosi improvvisa­mente, trasalendo, e comprimendosi le mani al cuore) Ah.„ (Balbettando) Oh!... M cuore!... Mi si ferma il cuore!... (cade lungo disteso sul pavimento, braccia in avanti) Terribile!

Dolly                             - (smarrita, spaventata) Fremlin». signor Frem­lin». Un colpo!... Oh, Dio! Un po' d'acqua! (si curva su di lui, posando l'arma sul pavimento per sollevargli la testa. Poi corre a prendere un bicchier d'acqua; men­tre Fremlin raccoglie la rivoltella e va a sedersi a destra. Quando Dolly rientra, resta basita vedendolo lì, sorri­dente).

Fremlin                          - Ed eccovi disarmata.

Dolly                             - (dopo una pausa; fra lo sgomento, la paura e l'ammirazione) Oh... siete diabolico! (e inghiotte Tao qua del bicchiere).

Fremlin                          - E non vi fa piacere? Sono o non sono il vostro capo? Bisogna aver fiducia in me.

Dolly                             - (sottomessa) Bene, signor Fremlin, vi pro­metto che l'avrò.

Fremlin                          - E 'che non tenterete più di giocarmi?

Dolly                             - Ve lo prometto.

Fremlin                          - Insomma, vi arrendete.

Dolly                             - (sfilandosi di dosso la giacchetta, con comica ra­pidità) Eccovi la giacca. E' vostra. Le munizioni sono nel taschino sinistro.

Fremlin                          - (soddisfatto) Quando la gente saprà in qual modo siete riuscita a trascinarmi qui con voi, avrà da ri­dere. Ma adesso basta! Io ridivento il capo. Avanti, an­date a fare il vostro bagno.

Dolly                             - Bene, signor Fremlin.

Fremlin                          - Un momento! Come faccio a radermi?

Dolly                             - Vi ho portato il rasoio e il pennello di papà.. Sono nella mia borsetta (gli porge gli Oggetti). Vedete che so essere previdente.

Fremlin                          - Brava. Io andrò a farmi la barba allo spec­chio di camera vostra e vi lascerò il bagno. Coraggio. (Spinge bruscamente Dolly verso il bagno, mentre bussa? no alla porta). Avanti. (Entra Brad don tovaglie, stoviglie, ecc. per apparecchiare il tavolo). Avete detto a Todd?...

Brad                              - Sì. Viene subito. E' sceso lui stesso nella Ca­mera degli Orrori.

Fremlin                          - Bene. (Entra nella camera di destra, dalla cui porta lo si intravede mentre si insapona U mento. In seguito, col mento insaponato, andrà e verrà da una stanza all'altra, parlando con Todd).

Brad                              - (proseguendo U discorso mentre apparecchia) Nella Camera degli Orrori per il vostro whisky. Sapete che adesso abbiamo diecimila capi nella Camera degli Orrori? Mai avuta un'annata simile.

Fremlin                          - Stasera faremo saltare il collo a una doz­zina di bottiglie. Sì, stapperemo, Brad.

Brad                              - Perché, signor Fremlin: serata nera?

Fremlin                          - (seguendo il suo piano segreto) No... non credo... Serata rosa... Ma spero ci divertiremo ugualmente.

Brad                              - (ammirato) Oh, signor Fremlin... sempre novità appena arrivate voi!

Todd                             - (entra con quattro bottiglie: è una specie di ru­moroso King-Kong, rosso di capetti, dall'aspetto brutale e scimmiesco; ha il cappello duro in testa) Allò, Fremlin!

Fremlin                          - Allò, Todd.

Todd                             - Ma siete proprio voi? Incredibile.

Fremlin                          - Incredibile, ma vero.

Todd                             - Figlio d'una talpa! E dove vi eravate cacciato?

Fremlin                          - Se venite qui, mentre mi faccio la barba ve lo dico.

Todd                             - Vengo. Questo è lo champagne. Questo il « Pre­sidente » (posa sul tavolo le bottiglie di champagne e di whisky mentre Brad apparecchia).

Todd                             - Ragazze, eh? Ancora ragazze. Un altro prele­vamento. Avete bisogno d'una mano? Figlio d'un vecchio suino di Pensilvania! Con tutto il rispetto che vi si deve, siete sempre lo stesso. E allora, sentiamo.

Fremlin                          - Si, ma venite dentro... (Todd entra a destra).

Dolly                             - (sporgendosi con le spalle nude, dotta porta di sinistra) Un asciugatoio da bagno, prego. Qui manca.

Brad                              - Subito, signorina.

Dolly                             - Ma presto, ho freddo! Sono nuda!

Brad                              - E venite qui a scaldarvi, qui al termo!

Dolly                             - Vi dico che sono nuda.

Brad                              - E con questo? Non siamo che tre uomini (Va ad un armadio, toglie un asciugatoio, lo porge alla ragazza che si ritira; egli continua, brontolando fra se) Uh... troppo giovane. E poi, gioventù d'oggi. Schizzinosa. Uhm! Connie se la mangerà in un boccone. (Va all'apparecchio portavoce e parla con la cucina) Jimmy? Marcia il pranzo del trentasette? Due minuti e sono lì. Olio d'oliva e senape nella trota. Intesi? Molta senape. Atten­zione all'insalata. Adesso scendo io. (Si avvia alla comu­ne, mentre Fremlin e Todd ritornano in scena. Fremlin è rasata, si asciuga il volto, si riannoda la cravatta).

Fremlin                          - Sì, insomma, Todd: scocciatori! Mancati apostoli della morale borghese! Mignatte! E noi ce ne libereremo.

Todd                             - Già, ma come? Non capisco...

Fremlin                          - (sbrigativo) Non è necessario, Todd. Cento esperienze hanno dimostrato che le cose più belle son proprio quelle in cui voi non capite nulla. Perciò datemi retta e vedrete che ci libereremo da queste mignatte, sen­za timori di grane. Fate quanto vi ho detto.

Todd                             - Va bene, Fremlin, ma...

Fremlin                          - Senza ma. Mettetevi al telefono, chiamate il Sud KD ventiquattro - novantasette KD-  (Todd segna). Sì, è un sobborgo qui a sei miglia da Chicago. Vi rispon­derà una voce allarmata, non importa se d'uomo o di donna. «Pronto», dirà la voce allarmata. « Morton? », domanderete semplicemente voi. « Sì », dirà la voce al­larmata. « Bene, direte voi, «o che la signorina Dolly non è in casa, nevvero? ». «No», dirà la voce allarmata. «Bene, direte voi, se volete venire a riprenderla: Mariani Street centonove. ET invitata tutta la famiglia ».

Todd                             - (interessato all'impresa e sempre prendendo ap­punti) « Sì », dirà la voce allarmata...

Fremlin                          - Non importa più quel che dirà. Voi riattac­cherete il ricevitore e farete un altro numero.

Todd                             - (disponendosi a segnare) Quale?

Fremlin                          - Sud KD quarantuno - settantadue. Qui do­vrebbe rispondere un uomo. « Gooseberry », chiedete voi….

Todd                             - Goos...? Debbo segnarmelo.

Fremlin                          - Sì. Dite pure: «H signor Gooseberry? ». 0 anche: «Quel cretino di Gooseberry?». Come volete. Quando avrete la sicurezza di parlare con questo signore, ripetete quanto avete già detto all'altro interlocutore.

Todd                             - Va bene, Fremlin.

Fremlin                          - In Mariani Street li farete aspettare da tre o quattro amici del plotone speciale, i gentiluomini, ra­gazzi di tatto, ragazzi che sanno fare. Sceglierete i mi­gliori, per esempio Bardi, Bob, BOI, e farete accompagnare qui la comitiva in una lussuosa automobile. Inteso?

Todd                             - Va bene, capo. E se poi qui si ribellassero?

Fremlin                          - Non ei ribelleranno. Ho il mio piano.

Todd                             - Ma se per combinazione? .

Fremlin                          - (severo) Todd, perché insistete?

Todd                             - (confuso) Non per niente, capo... Ma se poi succede una gazzarra... Io sono ammonito e soprattutto ho rinnovato l'altro mese le stoviglie dell'albergo!

Fremlin                          - Bene. Mi impegno a ripagarvi i rotti.

Todd                             - (prendendo animo) Ah! E il lampadario del salone? E' in stile novecento, Fremlin. Trecentocinquanta dollari.

Fremlin                          - Assicurato anche il lampadario.

Todd                             - (soddisfatto) Grand'uomo, Fremlin, grand'uo-mo! Siete sempre lo «tesso. Bisogna andare sempre d'ac­cordo con voi!

Fremlin                          - (gentilmente) Quel che non assicuro, Todd, è la vostra testa se non vi sbrigate.

Todd                             - Va bene, va bene, Fremlin. (Uscendo) Allora, diciamo: «Sud KD ventiquattro - novantasette.» ».

Dolly                             - (uscendo dal bagno, soddisfatta.) Oh! Mi sento rinnovata. Il bagno mi ha raddoppiato l'appetito.

Fremlin                          - Bene, mangeremo.

Dolly                             - E berremo! A casa, si apre una bottiglia una volta al mese!... Vero che berremo?

Fremlin                          - Certo! E parleremo.

Dolly                             - Di che?

Fremlin                          - Di tante cose!

Dolly                             - Importanti?

Fremlin                          - Importantissime.

Dolly                             - E anche urgenti?

Fremlin                          - Improrogabili.

Dolly                             - Discorsi d'affari, insomma?

Fremlin                          - Naturalmente.

Dolly                             - (con una delusione molto significativa) Ah, peccato!

Fremlin                          - (guardandola severamente) Avete dei gril­li per la testa, voi, pollastrina!

Dolly                             - Che c'entra? Se si fosse potuto rimettere a domani... Stasera, ecco, mi sarebbe piaciuto godere spen­sieratamente la serata d'inaugurazione... con voi...

Fremlin                          - Siete pazza.

Dolly                             - (lo guarda sorpresa e contrariata) Oh! Non dicevate così, quando vi davo la senape da rimestare e voi mi guardavate negli occhi!

Fremlin                          - La senape! Gli occhi! Sempre la borghe-succia che fa capolino! Ragazza, qui ci sono trecentoset­tanta uomini che aspettano i nostri comandi. Un gangster, se è vero gangster, ha da aver sempre presente il senso del dovere. Inoltre c'è una situazione da risolvere, im­postata col vostro arrivo nella gang e - diciamolo pure - creata proprio da voi...

(Brad entra con un gigantesco vassoio fumante di vi­vande che dispone sulla tavola).

Dolly                             - (tornando allegra) Bene, e noi la risolveremo a tavola! Presto, presto! (Siedono entrambi alla mensa). Che gioia! Come mi sento nascere la personalità! (Mentre Brad scodella, ella mesce il vino, riempiendo i bicchieri vuota il suo d'un sorso) Eccellente aperitivo! (rimanendo col bicchiere a mezz'aria; allegramente) Ma... non ricordavo di aver già appetito. Allora non ce ne sarebbe stato bisogno! (ride, comincia a mangiare con vivacità).

Fremlin                          - Che passerotto!

Dolly                             - Oh, no! Non ditelo! Io mi sento vamp!...

Fremlin                          - (sorvegliandola continuamente) Dunque esaminiamo la situazione qua! è™ con i suoi dettagli nuovi... complicati...

Dolly                             - (ridendo molto eccitata e distratta) Già. Una situazione con contorno (beve).

Fremlin                          - Intanto è facile immaginare che dopo la vostra partenza i vostri vi ricercheranno. Ora questo potrebbe procurarci delle seccature che noi dobbiamo evi­tare a qualsiasi costo. Dico noi, perché anche su di voi incombono ormai delle responsabilità.

Dolly                             - Bene, io le accetto e per il momento ci bevo sopra (tracanna un altro bicchiere). Tutto un fiato! Credo che sia così che si deve fare, nevvero, Fremlin?

Fremlin                          - (con stile) Sì, però alzando meno il gomito. E' da provinciali. (Beveanche lui, come per esemplificare, sempre sorvegliando attentamente Dolly).

Dolly                             - Vogliamo riprovare, tenendo il gomito cor­rettamente? (si mesce un altro bicchiere di vino e lo vuota). Va meglio «osi? E ora che abbiamo brindato alle responsabilità, ditemi in due parole qua! è il vostro piano.

Fremlin                          - Temo che due parole non basteranno.

Dolly                             - Perché dopo vorrei anche parlare d'altro. (Eccitata) Ho bisogno di altre spiegazioni! Ho bisogno di sentire come i gangsters amano le loro donne, come le comandano, come le conquidono. Mi capite? I libri! Che cosa sono i libri? Quanto distano essi dalla vita? Ecco che cosa voglio sapere. Voi conoscete la storia di Armando Aubrey...

Fremlin                          - Ohi è?

Dolly                             - Era il nipote di un duca di Scozia. Un leone! Agile, forte, coraggioso. Aveva i capelli bruni e inanel­lati. Si era dato al contrabbando dei liquori per incon­trarsi con Marjorie Butt, e presto divenne un capo ecce­zionale, e passò tre notti, a Chicago, dico le tre famose notti di Chicago, chiuso in un'armatura per...

Fremlin                          - (interrompendola, seccato) Basta, ragazza mia! Questo non è un convitto, dove si leggono i ro­manzi d'amore durante la colazione. Basta. Non avete il senso della responsabilità. Fra mezz'ora tutti saranno qui...

Dolly                             - Tutti... chi?

Fremlin                          - Tutti i vostri.

Dolly                             - (allarmata) I miei?...

Fremlin                          - Vostro padre, vostra madre, vostro fratello, il vostro fidanzato.

Dolly                             - (spaventata) No!

Fremlin                          - Sì.

Dolly                             - - Ma com'è possibile?

Fremlin                          - E' possibilissimo. Li ho mandati a chia­mare io.

Dolly                             - Voi avete fatto questo?

Fremlin                          - Ma certo, ragazza mia. E non c'era altro da fare. Avreste voluto che denunciassero la vostra scom­parsa? Volevate vederli arrivare con un plotone scelto della F.B.I.?

Dolly                             - FBJ.? Cos'è?

Fremlin                          - Cos'è? La polizia, è!

Dolly                             - (smarrita) Oh!... Ma adesso... che cosa suc­cederà?... Pretenderanno riportarmi indietro con loro.

Fremlin                          - No, certo. Dal momento che non torneranno indietro nemmeno loro.

Dolly                             - Che intendete?

Fremlin                          - Non allarmatevi. La banda in questo mo­mento ha bisogno di uomini. Abbiamo un mondo di pa­sticci, un mondo di operazioni in corso. Ora, poiché ho avuto occasione di vedere come in ognuno dei vostri galantuomini sonnecchi un furfante e un contrabban­diere, penso che tutta la vostra famiglia potrà trovar qui il suo pane e un discreto avvenire. Insomma, farsi una posizione.

Dolly                             - (rasserenandosi) Ah! Mi avevate fatto spaven­tare! (Si mesce del whisky e lo vuota con comica rapidità. Tirando il fiato) Oh... sto meglio! (Comincia a dar segni di ubriachezza che poi gradatamente aumenteranno).

Fremlin                          - Finitela, di bere!

Dolly                             - Perché? Anch'io ho bisogno di mettere a punto il motore, come dice Gooseberry... Dicevate... un avvenire?

Fremlin                          - Dovranno guadagnarselo, beninteso.

Dolly                             - Si capisce.

Fremlin                          - Così non li avrete più alle calcagna come inseguitori, ma di fianco, come complici.

Dolly                             - In fondo mi piace. E' un mezzo per star vi­cino alla famiglia.

Fremlin                          - Cercheremo naturalmente un ruolo adatto per ciascuno...

Dolly                             - Come si fa sempre. Anche Maud, appena di­ventò l'amica del capufficio, mise a posto tutta la famiglia.

Fbemun                         - Appunto. Vediamo un po'!... (Le passa il piatto recato da Brad) Servitevi. Cominciamo da Goose­berry. Gooseberry sa guidare la macchina...

Dolly                             - Già, per la vostra macchina?

Fremlin                          - Non per la mia. Per una delle quattordici dreadnougbts. Si chiamano così perché sono corazzate. Dieci con la corazza di due millimetri, quattro con la co­razza di cinque millimetri. Queste hanno a bordo due mitragliatrici e un cannoncino lanciabombe: richiedono un giovanotto robusto al volante.

Dolly                             - (colpita) Due mitragliatrici?

Fremlin                          - Due. Bisogna dire che Todd ha un cuoco eccellente. Due, sicuro. Una apre il fuoco dal radiatore, una dal fanalino posteriore. Lo scappamento ha un appa­recchio fumogeno. Il cannoncino è sotto il sedile.

Dolly                             - Sotto a Gooseberry... Già... E... e fate spesso delle passeggiate?

Fremlin                          - Quando occorre. Di solito a centottanta all'ora. Voi ci vedete Gooseberry al volante?

Dolly                             - (facendosi forza) Gooseberry? Al volante? Col... coso... sotto?

Fremlin                          - Sì. Sotto.

Dolly                             - Oh!

Fremlin                          - Che avete?

Dolly                             - (a disagio) Auf... Caldo... Quel « Presidente » è un estratto di riscaldamento centrale.

Fremlin                          - (continuando nella sua tattica) Poi, c'è bi­sogno d'una spia: vostro fratello. E' una faccenda peri­colosa, mescolarsi alla F.BJ., ma sono trenta dollari al giorno.

Dolly                             - (cercando di vincere l'impressione che visibil­mente a poco a poco la domina) Molto pericolosa, dite?

Fremlin                          - Eh, certo che con la polizia non si scherza. Il terzo grado arriva fino al dislocamento delle braccia, e Jerry Simpson, l'anno scorso, fu accecato.

Dolly                             - Orribile.

Fremlin                          - Ammetto che non è proprio allegro.

Dolly                             - E poi, dopo aver ridotto un uomo così?...

Fremlin                          - Lo fanno riposare. (Pausa). Sulla sedia elettrica.

Dolly                             - Capisco... (Con ansia segreta) E... il vecchio Morton... mio padre... che potrebbe fare?

Fremlin                          - Vedremo. Non ha importanza. I vecchi non ci premono. Uno più uno meno conta poco. Spesso li usiamo come esca per attirare la polizia nelle imboscate.

Dolly                             - (con voce tremante) E... la mamma?

Fremlin                          - Oh! Anche lei avrà il suo daffare. Capita spesso qualche ragazza da custodire, e non sappiamo mai a chi consegnarla...

Dolly                             - Già... Ma adesso... così... tutti sarebbero a posto, mi pare.

Fremlin                          - Infatti.

Dolly                             - (con slancio supplichevole) E allora, parlia­mo d'altro!

Fremlin                          - Cioè?

Dolly                             - Non saprei... Facciamo un altro brindisi (mesce)

Fremlin                          - Badate, cara ragazza: mi sembrate sulla strada di ubriacarvi sconciamente.

Dolly                             - Eh, che maniere! Andiamo, su, mescetemi ancora un goccio di whisky! (Fremlin allontana la bot­tiglia). Bella ospitalità! In otto giorni che siete stato a casa mia, io non vi ho fatto mancar nulla, e voi, il primo giorno che mi rapite, al pranzo d'inaugurazione della nuova vita...

Fremlin                          - Ma non vedete come siete ridotta?

Dolly                             - (tentando di riprendersi) Io? Non crederete che sia ubriaca. Sono un po' stanca, ho sonno, ecco tutto. Un po' la digestione, un po' il viaggio, un po' l'emozione... Ho sonno, ecco tutto. Sonno.

Fremlin                          - (brusco) E dormite! Dormite!

Dolly                             - No! Neanche per idea. Dopo venti anni che vado a letto, alle dieci! Avanti, ancora un po' di whisky!

Fremlin                          - Credo meglio di no.

Dolly                             - E allora un sigaro.

Fremlin                          - (crolla le spalle, seccato) Auff.

Dolly                             - Quello ve lo prendo (gliene leva uno' destra­mente dal taschino della giacchetta).

Fremlin                          - Siete matta? Volete sentirvi male?

Dolly                             - Ma no. D'altronde, dovrò bene abituarmi. (Spunta U sigaro) Avanti, accendete.

Fremlin                          - Mah! Affari vostri - (porge accendisigaro).

Dolly                             - (accendendo e tossendo) Oh! Sto benissimo, ora!... Chissà che cosa penserebbe, «e mi vedesse, Amy?... E se le telefonassi? (Le sembra un'idea luminosa. Si alza vacillando, raggiunge il tetto, vi si butta di schianto, poi fa con stento il numero telefonico dell'amica. Parlerà nel microfono mentre Brad rientrerà nella stanza per sparec­chiare e intreccerà con Fremlin il breve dialogo).

Fremlin                          - E' stato telefonato?

Brad                              - Sono già in Mariam Street ad aspettare. Tra poco saranno qui. (Pausa).

Fremlin                          - E' andato Bill?

Brad                              - Con Bartih e Bob. Oh, ragazzi che sanno trat­tare. Si sono messi in smoking.

Fremlin                          - Bene. (Brad esce. Fremlin osserva e ascolta Dolly, buttando nuvole di fumo e commentando con espressiva mimica le frasi e le parole più strampalate del­la fanciulla; la quale, sdraiata, chiusa in un mucchio di cuscini, parla beatamente al telefono; senza vedere e ca­pire nulla di quanto avviene).

Dolly                             - Amy... Amy, sei tu? Proprio tu, in persona?... Anch'io, sì, in persona!... Che?... La voce?... Non rico­nosci la voce?... Oh, Amy, è il Presidente... sì, il Presi­dente Roosevelt... miìleottocentocinquantatrè... Non co­nosci il Presidente?... Ma allora, la storia degli Stati Uniti?... Che cosa ti hanno insegnato a scuola? Ma no, cara... che c'entra? Ma parlo di whisky!... Oh, tu sa­pessi quante emozioni, Amy... Tu sapessi l'amore furioso... l'amore predace di un uomo... forte, agile, coraggioso co­me un leone, con i capelli inanellati... Tu sapessi dove sono... Un giorno ti racconterò... Ora, ho troppo da fare... Tremilasettecento uomini... E tu?... Dimmi qualcosa di te... ti ascolto... oh, ti ascolto così volentieri... (Si acco­moda e si addormenta).

(Connie appare sulla soglia accompagnata da Todd. E" truccata da scena: toilette equivoca: sotto il mantello, abito di lamé. Ha sulla faccia un sorriso ironico e mi­naccioso).

Todd                             - Ecco, il nostro grande Fremlin... C'è qui una conoscenza...

Connie                          - Buonasera. Ben tornato.

Fremlin                          - Allò, Connie. Arrivi a proposito.

Connie                          - (ironica) Veramente? Magari pensavi di mandarmi a chiamare, di' la verità?

Fremlin                          - (con calma serietà) Precisamente. Debbo parlarti. Accomodati.

Todd                             - Io me ne vado.

Fremlin                          - Potete rimanere, se volete. E’ tutto a posto?

Todd                             - Brad ci avvertirà appena arriveranno.

Fremlin                          - Bene. (A Connie) Sì, ho da dirti qualcosa. Siedi.

Connie                          - No, grazie.

Fremlin                          - E allora rimani in piedi.

Connie                          - (dispettosa e provocatoria) Eccomi seduta. Avanti.

Fremlin                          - (sbrigativo) Mi pare che il tuo stato d'ani­mo non sia il più pacifico del mondo. In ogni modo tu sai che quand'è il momento io posso benissimo infi­schiarmene.

Connie                          - (scottata) Ah... Minacci? Ti fracasserò la testa. Ti denunzierò. Chiamerò il primo poliziotto che passa.

Fremlin                          - Inutile. Con la testa fracassata, chiama il primo becchino!

Connie                          - (al colmo dell’ira) Mascalzone. Farabutto. Amorale. Vuoi burlarti di me?

Fremlin                          - (con calma) Voglio aiutare il tuo sfogo, ecco tutto. Fuori, cara, butta fuori. Amorale, dicevi: e poi?

Connie                          - (tutto d'un fiato con una scarica) Vigliacco, sudicione, manigoldo, miserabile, serpente, mascalzone... (scoppiando improvvisamente in lagrime e buttandoglisi di schianto fra le braccia) O Jim!... Come ti voglio bene!

Fremlin                          - Finito? Ecco, e adesso possiamo parlare.

Connie                          - (di nuovo in furia) Ma io non ho nulla da ascoltare da te. Non voglio più saperne di te. Capisci? Non voglio... (afferra una grossa caraffa di cristallo e fa per sbatterla in terra).

Fremlin                          - (fermandola) No. Ho promesso di pagare i rotti. Se mai, meglio che li dia a te in contanti, ti pare?

(Connie, posa la caraffa, dominata, e volgendo in mi­tezza affascinata U gesto furioso).

Connie                          - Sei un lupo, tu! E sai trattarle, le donne!

Todd                             - (che ha seguito ansiosamente la scena, con cauta ammirazione) Che carattere! Siete un vero gentiluomo, Fremlin. Ma... ma io credo sia meglio vi lasci soli... Non voglio che siate in soggezione.

Fremlin                          - Oh, vedete che non facciamo complimenti. Del resto, potete esserci utile, intanto. Vedete, lì, quella ragazza? (accenna al letto dove dorme Dolly). Bisogna che sia a posto prima che arrivino gli altri: caffè caldo, pezzette fredde e ammoniaca.

Todd                             - So il segreto,

Fremlin                          - (Va al letto, osserva Dolly che dorme sbuffando e sudando; poi va per U caffè, per le pezzette e per l’ammoniaca, attraversando la stanza più volte mentre si svolge il dialogo fra Connie e Fremlin).

Fremlin                          - E ora a noi. Bang! (imita il suono del gong come nei matches di pugilato). Seconda ripresa. Avanti. Ho da parlarti di quella ragazza.

Connie                          - Lo so, non è il coraggio che ti manca... Bene, che hai da dirmi?

Fremlin                          - Semplicemente questo: non è come tu credi.

Connie                          - Cioè?

Fremlin                          - Dimmi prima che cosa credi.

Connie                          - Non ci vuol tanta fantasia. Non è la prima volta. Mandrillo!

Fremlin                          - Ecco che sbagli subito. Tu immagini na­turalmente che io abbia portato via quella ragazza.

Connie                          - E invece?

Fremlin                          - E' esattamente il contrario.

Connie                          - (scoppiando a ridere) Ah, ah, ah! Povero bebé! Chi l'avrebbe pensato? Hai messo il primo den­tino?

Fremlin                          - La cosa, sotto un certo punto di vista, è abbastanza amena, ma nondimeno è autentica! Ti assi­curo che è stato proprio così: questa volta non sono io che ho rapito la ragazza, è la ragazza che ha rapito me.

Connie                          - Eh? Comincio a capire. Lo hai letto in un libro. Vediamo se lo conosco.

Fremlin                          - Devi sapere che io, per circostanze asso­lutamente straordinarie, ho passato questi quindici giorni in piena vacanza, nella casa di una famigliola per bene...

Connie                          - (ironica) Meraviglioso. Par di ascoltare le « Mille e una notte ».

Fremlin                          - Proprio, non ti sbagli. Immagina di de­starti una mattina, improvvisamente, in un cantuccio di quello che tu, nei momenti di stanchezza, hai sempre pensato come il paradiso; cioè un cantuccio dove non bazzica la polizia, dove non si parla di mitragliatrici e di sedia elettrica e dove si può vivere senza bisogno d'un torrente di denaro.

Connie                          - Che tenerume! Ti proporremo per il Premio Nobel per la pace. Ma perché non vieni al sodo della faccenda?

Fremlin                          - Vuoi dire della ragazza? Subito. Questa ragazza aveva la mania del giallo. Dico « aveva » perché adesso faremo il possibile per fargliela passare. Basta. Un giorno questa stupidella esaltata mi dice di volere entrare in una gang, nella nostra banda, capisci? « Nean­che per idea », dico io. Che ne facevamo? «Come no?, dice lei, «rapitemi ». «Neanche per sogno », dico io. Lei non ribatte altro ma due giorni dopo, che sarebbe poi stasera, mi dice semplicemente: «Signor Fremlin, volete accompagnarmi a Prairie Court a far delle compere? ». Si era alla vigilia della fine delle mie vacanze. «Perché no? », dico io. « E allora salite», dice lei...

Connie                          - (impaziente) Scusa... non puoi abolire qual­che «dico io», «dice lei»?

Fremlin                          - Aspetta! Salgo dunque sul suo macinino. « Andiamo... », dico. « Ecco », fa lei, e si mette al volante. E così facciamo un paio di miglia e arriviamo al bivio per la città dove lei dovrebbe voltare a destra e invece volta a sinistra. Io l'avverto. «E se mi piacesse d'andare a far una passeggiata?», fa lei. «Benissimo. Ma non torneremo troppo tardi per la cena? ». « E se vi dicessi che non torneremo affatto?». «O bella! Che discorso è questo? ». «Non dovrebbe poi sembrarvi tanto strano, fa lei, che cosa fate voi quando vi interessa vivere vicino a una persona? La rapite. Ebbene, signor Fremlin, io vi ho rapito! ».

 Connie                         - Ha detto così?

Fremlin                          - Così, così!

Connie                          - (scandalizzata) Oh... sfacciata!

Fremlin                          - Io mi sono messo a ridere, naturalmente. Ma ecco che lei, con la mano libera dal volante, mi punta sul petto un vecchio ferro che aveva trovato a casa: (estrae di tasca la pistola) questo. Ora, capisci, la rivoltella, in genere, non mi fa effetto... ma collegata col vo­lante di una macchina in mano di una ragazza in quelle condizioni, non si scherza. Poteva bastare una mia falsa mossa e giù!, tutti nel fosso!

Connie                          - Va bene. E allora?

Fremlin                          - Allora ho deciso di girare la posizione. «Bene, dico, state tranquilla». «Tranquillissima, dice lei, voglio soltanto cambiar vita. Voi non avete voluto rapire me, sono io che rapisco voi. E' semplice! ». «Sem­plicissimo ì, dico io...

Connie                          - Accidenti, ricominciamo col « dico io ».

Fremlin                          - E già. E' stato proprio a forza di « dico » e di « dice » che siamo arrivati fin qua. Ora, tu capisci che ho dovuto studiare un piano per liberarmi non solo di questa piccola mignatta, ma anche di tutti i suoi pa­renti che presumibilmente si sarebbero messi a ricercarla.

Connie                          - Sentiamo quale piano.

Fremlin                          - Questo che sto attuando. Si tratta... (è in­terrotto da Brad, che entra frettolosamente).

Brad                              - Signor Fremlin, son qui. Stanno salendo.

(In quel momento si sentono anche i primi sospiri di Dolly che sta riaprendo gli occhi sotto Fazione dell'ammo­niaca e delle pezzette calde, somministrate con solerzia e perizia da Todd).

Todd                             - Anche qui siamo quasi pronti. La piccina si sveglia.

Fremlin                          - (a Brad) Ma sei sicuro che i ragazzi del plotone speciale li abbiano trattati bene?

Brad                              - Signorilmente. Oh, da gentiluomini. Si sono messi anche lo smoking.

Dolly                             - (sbadiglia, curiosando attorno con gli occhi im­bambolati).

Connie                          - Che cosa stai combinando?

Fremlin                          - Ora lo vedrai.

Dolly                             - (sbadiglia ancora) Ma insomma... che c'è? Non ei può dormire in pace mezz'ora, qui dentro? Non si può... (si solleva sul gomito. In quel momento entrano tutti i suoi familiari guardati dai tre « gentiluomini » grot­tescamente insaccati, con i loro personali atletici e le loro facce proibite, negli smokings).

Dolly                             - (ridestandosi rapidamente si sporge sul letto, si strofina la faccia, si dà dei pizzicotti. Non crede ai suoi occhi) Papà... Mamma... Oh, che sogno curioso!

Morton                          - (muovendo un passo avanti) Figlia mia.-

Ann                               - (seguendo il marito) Dolly! Dolly!

Dolly                             - Ma come? Siete proprio voi?

(Morton e Ann fanno un altro passo avanti).

Dolly                             - (finendo di svegliarsi completamente e riacqui-stando il senso della situazione) Ma... Ma allora... Non è un sogno? E Noah... E anche Gooseberry!?... Ma perché siete qua?

Morton                          - (con intensa sincerità) Ah, questo, proprio, non lo so!

Noah                             - Ci hanno telefonato...

Gooseberry                   - In Mariam Street, abbiamo trovato questi signori (indica i tre in smoking).

Fremlin                          - Spero che vi abbiano trattato bene.

Morton                          - Francamente, non possiamo lagnarci. Ci hanno offerto anche un grog. (Bill, Bob e Barth si pavo­neggiano).

Fremlin                          - Bene, questo vi dica che qui dovete con­siderarvi fra amici.

Morton                          - (con la timidezza dell'atteggiamento mostra precisamente il contrario) Oh! Figurarsi! Non ne ab­biamo mai dubitato!

Barth                             - Todd, noi possiamo andare?

Todd                             - Se Fremlin non ha ordini.

Fremlin                          - (a Barth) Tu, rimani. Gli altri, nella sala da gioco.

Barth                             - Bene, capo. Andate, ragazzi. (Via Bob e Bill).

Morton                          - (osservandoli con soggezione mentre escono) Scusi... E quelli sarebbero?

Fremlin                          - Amici.

Todd                             - La squadra mondana.

Morton                          - Ah!

Todd                             - Sì. Quella che usiamo per gli ospiti di ri­guardo.

Morton                          - Grazie, siete molto gentile, signor Fremlin. Proprio!

Dolly                             - Ed ora, avanti, Fremlin, parlate. Mi pare che il momento della soluzione sia giunto.

Morton                          - Già, credo anch'io che sarebbe ora.

Ann                               - (pigliando coraggio) Siamo stati tanto in pena, signor Fremlin! Siamo stanchi e non ci pare vero d'an­dare a letto. Noi alle nove, nove e mezzo, in genere...

Fremlin                          - Temo che stanotte non dormirete, cara signora. Nessuno di noi.

Noah                             - Come no? Io domattina ho le prove.

Gooseberry                   - E io ho quattro tassì in riparazione.

Fremlin                          - Calma, calma, giovanotti. Ora io vi dirò qualcosa che potrà cambiare completamente il giro della vostra vita. Ascoltatemi bene e poi deciderete. (Pausa. Tutti si apprestano all'attenzione. Connie appartata, sor­ridendo. Fremlin assumerà da questo momento un tono asciutto e sbrigativo di comando). Qui ci troviamo dinanzi a un fatto compiuto.

Dolly                             Morton (ai Morton), vostra figlia, ha voluto di propria volontà cambiare professione e stato sociale entrando a far parte della nostra gang. (Tronca un gesto di Morton e di Gooseberry) Non inter­rompetemi. Qui non c'è tempo per discussioni. Questa, sino al presente momento, sembra la sua decisione...

Dolly                             - Irrevocabile.

Fremlin                          - Oh! Di qui, l'impostazione del problema che si riferisce a voi, sì, voi della famiglia. Io mi sono subito detto: che cosa ne facciamo di quella gente? (Im­pressione. Controscena di Morton). Perché voi capite che è inaccettabile ospitare nella gang e mettere a parte delle nostre faccende un elemento che conservi rapporti di interesse, d'affetto, di amicizia, di parentela, con per­sone di fuori. Dunque il problema si impostava in questi termini: o sopprimervi (controscena di Morton e degli altri) o incorporare anche voi. Mi sono fermato sul se­condo progetto.

Morton                          - (con sospiro di sollievo) Oh!

Fremlin                          - D'altronde durante la nostra convivenza, in casa vostra, nessuno di voi mi pareva troppo contrario alla possibilità di guadagnare tre o quattrocento dollari la settimana. (Impressione).

Gooseberry                   - (con slancio) Oh, questo no!

Noah                             - (con entusiasmo) Quattrocento dollari!

Morton                          - Piano, piano, ragazzi. Lasciate finir di par­lare il signor Fremlin.

Fremlin                          - Potrei dire d'aver finito.

Morton                          - (con felicità sbrigativa) Ma allora datemi un piccolo anticipo sui quattrocento dollari e non se ne parli più.

Fremlin                          - Perché no? Tanto più che vi ho chiamato qui d'urgenza perché c'è subito da cominciare a lavorare.

Noah                             - Subito?

Gooseberry                   - A quest'ora?

Dolly                             - Ma sicuro, che c'è di strano? L'orario, sempre l'orario? Basta con questa mentalità da piccoli impie­gati. Mi pareva un argomento sorpassato, no?

Morton                          - (cercando di convincere se stesso, parlando ad Ann) Già. D'altra parte, non ho lavorato anch'io per tanto tempo, di notte? Quando dovevo infornare il pane?

Ann                               - Sì, ma un orario ci vuole. Così non si sa mai quando uno torna a casa.

Fremlin                          - (con forza) Ed è proprio così, cara signora. Qui non si sa mai se e quando si torna. Se la minestra si fredda, pazienza. Voi e i vostri compagni dovrete ri­farvi tutte le idee in proposito. Voi mi diceste di invi­diare i nostri successi, le nostre ricchezze; mi faceste capire che per pagare i vostri debiti avreste dato un calcio alla vostra onestà. Bene, ci siete. Avanti col calcio! Qui siamo fuori della legge che ci impone le tasse e sra da abituarsi a lavorar fuori legge e fuori orario. Qui non si può stabilire: dalle nove alle tredici furto, e grassa­zioni dalle quattordici alle diciassette. Si lavora quando c'è da lavorare. Ecco perché vi ho chiamati subito. (Con forza) C'è da lavorare.

Dolly                             - Un delitto?

Fremlin                          - (con scherno) No. Un gioco da società.

Ann                               - (impaurita) Oh, mio Dio, Morton, pensaci bene prima... Noi siamo sempre stati gente ammodo...

Morton                          - (cercando di darsi un contegno) Calma, cal­ma... Sentiamo di che si tratta... Infine, ha ragione il signor Fremlin. Lo dicemmo noi: Poter tirare un calcio...». E dunque, è l'ora del calcio! Pagheremo i de­biti, staremo tranquilli. Infine sentiamo di che si tratta™ Non sarà la morte di nessuno... (impallidendo) e... e se anche fosse... (Stizzito con sé e con gli altri) No, intendo dire... Bene, insomma, sentiamo. Lo vogliamo o non lo vogliamo dare questo calcio?

Dolly                             - Avanti, spiegateci dunque che cosa dobbiamo fare.

Fremlin                          - E" semplice. (Abbassa la voce, tutti si rac­colgono intorno a lui) Ecco. Al piano di sotto c'è una sala da gioco. Stasera questa sala ospita quattro signori di riguardo. Due, Clavesend e Lovegold, sono agenti di cambio, uno è il banchiere Gufferson, l'altro, O'Brien, il re della minestra in scatola. Fra tutti e quattro, sta­sera, non avranno meno di trecentomila dollari in tasca. Sono di là cercando di spennarsi fra di loro, cosicché, voi capite, (sottolineando) un nostro « intervento », in fondo, non sarebbe, come dire?, che un elemento stabi­lizzatore della fortuna.

Morton                          - (contento di poter assolvere la propria co­scienza) Beh, questo... dal punto di vista della co­scienza è già qualcosa. Stabilizzare.

Fremlin                          - Ora, il sistema più semplice, voi capite, sarebbe di entrare là e intenderci con poche parole. Fra noi e i ragazzi di cui dispone Todd saremmo una quin­dicina di persone e non si avrebbe molto da faticare. Ma queste son cose che poi si risanno in giro e... e scre­ditano un albergo.

Todd                             - (con ribrezzo) Oh! Neanche pensarci.

Fremlin                          - Noi non vogliamo grane con la F. B. I.

Dolly                             - (spiegando ai suoi) La Federazione di Polizia.

Fkemlin                         - Perciò dobbiamo cercare un sistema di spennarli senza farli gridare. Ecco dunque gli elementi del caso, (Tutta la descrizione che seguirà sarà sottoli­neata da una- mimica fredda, precisa, con indicazione dei posti, dei gesti, ecc, e andrà man mano facendosi più ra­pida serrata incalzante, seguita con un'attenzione sempre più preoccupata, imbarazzata e alfine sgomenta di tutti i Morton) Di queste quattro vecchie volpi nessuno beve mentre gioca. Fumare, fumano ciascuno le proprie siga­rette. Però 0*Brien è ghiotto e questo può servire all'inizio della nostra partita. Noi prepareremo dunque una torta. Certamente O'Brien ne assaggerà e dopo mez­z'ora sarà fuori di combattimento. Un malore passeg­gero. Penseremo noi a soccorrerlo. So dove tiene il porta­fogli. Intanto attorno al tavolo mancherà il quarto per continuare a giocare. Quel posto sarà vostro, Dolly. Una ragazza graziosa è sempre bene accetta dove si trova Gufferson. Siederete dunque al posto di O'Brien. Avrete Gufferson di fronte, i due borsisti uno a destra uno a sinistra. Dietro di voi sarà una consolle. Bene; nel se­condo cassetto della consolle troverete un pacco di siga­rette. Mentre continuerete a giocare, con aria indiffe­rente, prenderete il pacco e offrirete. Non si dice di no a una donna. Fumeranno. Questo andrà bene per anneb­biare le idee. L'anestetico per l'operazione, null’altro. (A Dolly, come dirigendo una prova di scena) Intanto Bob si farà alle spalle di Lovegold, alla vostra sinistra, e fin­gerà di guardargli le carte. Allora voi balzerete in piedi e vi rivolgerete a Clavesend, alla vostra destra: «Signor Clavesend, questo è disonesto! ». Poi, alla vostra sini­stra: «Signor Lovegold, vi si inganna brutalmente!». A Gufferson, di fronte a voi: «Il signor Lovegold, a sinistra, ha le carte spiate! ». E accennerete a Bob, a sinistra. Bob: «Non lo conosco!». Lovegold: a Non ci conosciamo!». Barth e Bill salteranno su: «Via, via! Bob, tagliamo la corda! ». Voi insisterete con Gufferson, di fronte: « Signor Gufferson, non li lascerete andar via così ». Vi spiego tutto dettagliatamente perché non avete pratica. Gufferson è cavalleresco. Si alzerà. Voi vi alzerete. State tranquilla. Qualunque cosa accada noi siamo nella stanza accanto. Le voci cresceranno. Fate confusione, se potete. Todd entrerà: «Ssst, sst, zitti, che c'è? Siete pazzi? Non sapete che giù c'è l'ispettore Donovan? Volete che finiamo dentro tutti? Zitti, perdio, zitti! ». Bob: «Io voglio uscire! ». Barth e Bill: «Noi vogliamo uscire! ». Dolly: «Non uscirete, signor Gufferson.»». Gufferson: «Baravano! ». «Non è vero! ». «Vi ho visto!». Le voci sempre più alte. Un crescendo. Todd: «Ma zitti, zitti, maledetti pazzi! ». Dolly: « Questo non è onesto! ». Love­gold e Clavesend, con i fumi delle sigarette nella testa, capiranno tutto annebbiato. Continua il crescendo: « La­dri! ». «Sgualdrina!». Scoppia il litigio. Poi la rissa. Voi allora, Dolly, prendete la rivoltella che è nel cas­setto del tavolino: così    - (e fa agire il cassetti) a scatto del tavolo, traendone una rivoltella) e sparerete addosso a Bob. Niente paura, è a salve. Ma Bob cadrà fingendosi colpito a morte. A questo punto Noah e Gooseberry entreranno. Nessuno li conosce, potrebbero esser benis­simo due autentici ispettori. Decisi, pistole in pugno, volto maschio, mi raccomando il volto maschio! : « Che c'è, fermi tutti, mani in alto, fuori i documenti, fuori le carte, fuori il denaro, fuori tutto, le vostre generalità, tutto sequestrato!». Todd: «Ahimè, sono rovinato! ». Dolly: «L'ho ucciso! ». «Sgualdrina». Gli altri tre an­nichiliti si lasceranno sequestrare tutto, preoccupati sol­tanto dello scandalo che all'indomani... naturalmente non scoppierà. E io... io... (fa l'atto di contare il denaro) farò poi le parti dei trecentomila dollari. Signori, il colpo è fatto!

Connie                          - (sottovoce a Fremlin) Che commediante re­gista!

Todd                             - (sottovoce a Fremlin) Magnifico! Incredibile! Dopo Barret nell'«Amleto » non ho sentito nulla di meglio!

Dolly                             - (scuotendosi come da un brutto sogno) Sì, sì... ma io... io dovrei?...

Ann                               - Farti dare della sgualdrina! Alla mia Dolly! Oh! E' possibile?

Goosebebky                  - (anch'egli con una segreta indignazione) Certo, si dovrebbe trovare un'altra parola!

Dolly                             - Ma lasciate perdere, è il meno! (A Fremlin) Quel che dico io è: se i tre, a destra... a sinistra... di fronte... non fossero così, come voi credete? Se non ab­boccassero? Se si difendessero?

Fremlin                          - (crudele) In quel caso, peggio per loro. Sempre nel cassetto segreto del tavolo da gioco, più in fondo, troverete il necessario.

Dolly                             - Vale a dire?

Tood                             - C'è Caterina. La pistola-mitragliatrice. Venti­cinque colpi in dieci secondi.

Ann                               - Per amor d'Iddio! Dolly, figlia mia!

Morton                          - (spaventato) E se arrivassero davvero i poliziotti?

Gooseberry                   - (spaventato) Ecco! Noi due ei trovereb­bero con le armi in mano!

Connie                          - (ride) Che scoperta!

Fremlin                          - Beh! In quel caso, saremmo tutti con le armi in mano.

Ann                               - Mio Dio, e che succederebbe?

Morton                          - (fingendo di orientare i propri pensieri, ma senza riuscirvi: febbrilmente, agitato) Calma, calma... calma, ti dico, Ann!... Infine, non sappiamo ancora che cosa c'entriamo noi con tutto questo. Dico, io e mia moglie... non sappiamo ancora che cosa dovremmo fare.»

Fremlin                          - Ve lo dirò. Voi avete presente il quadro completo dell'azione?

Morton                          - (con comica confusione, cercando di riepilogare il discorso di Fremlin) Cioè: a destra, a sinistra, di fronte, di dietro, la pistola, carica, scarica...

Fremlin                          - Avete capito tutto?

Morton                          - (con sincerità) No. Affatto.

Fremlin                          - (impazientito) Comunque, avrete inteso che c'è di mezzo una torta.

Morton                          - Fino a questo punto, sì.

Fremlin                          - Ebbene, è quel che basta. Voi Morton, fa­rete quella torta. Nessuno meglio di voi può preparare una torta avvelenata che possa sembrare assolutamente innocua e stuzzicare la golosità.

Morton                          - (toccato sul vivo, scattando come un leone) Come dite? Io?...

Fremlin                          - (fingendosi sorpreso) Voi, sì. Che c'è di strano?

Morton                          - (non trova parole; lo sdegno lo soffoca; bal­betta) Oh! Oh! Questa!... Io, voi... cioè no... la torta... (Scoppiando) Ah, questo è troppo!

Fremlin                          - (come sopra) Ma che vi piglia, Morton?

Morton                          - (o poco a poco calmandosi e trovando il fiato,con un'appassionata eloquenza) Dico che è troppo! Ripeto che è troppo!

Fremlin                          - Spiegatevi.

Morton                          - Mi spiego. Voi proponete delle scellera­tezze. Delle scelleratezze, dirò così, (generiche. Ce le me­ritiamo, siamo venuti a cercarle. Ma non .dovete esage­rare. Eh, no! Voi potete ucciderci, ma non calpestarci. Ma vi rendete conto, voi, di quel che dite? Ma sapete, voi, con chi parlate? Con Morton, Blace Morton, il pa­nettiere di Culver Road, figlio di Claymont Morton, pasticcere di Gloucester, premiato con medaglia d'oro 3 Filadelfia nel milleottocentoottantasette! Eh, mio caro signore, anche i pasticceri hanno un orgoglio! Come gli assassini, come i gangsters, come tutti voi, signori e si­gnore! Da settantacinque anni le torte sono l'orgoglio dei Morton. La torta Zeffiretto la inventò mio nonno. Fu mio padre a introdurre il pistacchio nella torta Pa­radiso. Io, a ideare la vaniglia per la torta del Michigan. Le nostre torte furono gustate da principi e da duchi, signor Fremlin! Sono la nostra nobiltà, le nostre torte! E ora voi mi proponete la confezione di una torta avve­lenata!? Signor Fremlin, io posso desiderare di cambiar mestiere, ma non di tradire quello che ha dato fino ad oggi il pane onorato ai miei figli! Voi mi potete cam­biare, trasformare, ma non traviare: far di me un altro uomo possibilmente senza debiti, se vi riesce, ma non un altro pasticcere! Di torte avvelenate Blace Morton non ne farà mai! Se è questo che significa dare un calcio agli scrupoli, ebbene, no, no, e poi no! Questo calcio io non lo tirerò! Preferisco morir lapidato dai debiti piut­tosto che mettere nel pudding qualcosa di più o di meno dei suoi trentanove ingredienti! Questo, no, questo, mai! (e cade affranto su una sedia asciugandosi lacrime e sudore).

Ann                               - (trascinata dall’entusiasmo, applaudendo) Bene, bravo Blace!

Dolly                             - Povero papà!

Noah e Gooseberry       - (si scambiano impressioni di am­mirato consenso: segue una lunga pausa. Tutti rimangono in ansia per le decisioni di Fremlin dopo questa scenata).

Fremlin                          - (dopo un silenzio, glaciale, freddo, duro, me­tallico, a Bob) Bob, chiamate Barth e Bill.

Bob                               - Subito, capo. (Esce e rientra coi due).

Dolly                             - (impaurita) Oh, signor Fremlin, che farete ora? Perdonate quel che ha detto mio padre!

Fremlin                          - Perdonare? Non ho niente da perdonare. Ne prendo atto, ecco tutto. Sono le sue dimissioni. Ac­cettate. E' un uomo onesto, un onesto pasticcere. Lo ha detto lui. Benissimo. Era questo che volevo dimostrare. E adesso, via!

Connie                          - (finalmente soddisfatta) Via, via! Talpe bor­ghesi!

Todd                             - Fuori! Fuori! Non fateci perdere più tempo!

Fremlin                          - Via tutti!

Dolly                             - Anch'io?...

Fremlin                          - Sarete la prima. (Vedendola impallidire: azione di Dolly). Eh, cara fanciulla, taglio netto ci vuole! Situazioni nette, precise, autentiche al cento per cento! E coscienza di quelli che siamo e che vogliamo essere. O galantuomini o farabutti. Diviso così, il mondo cammina in perfetto equilibrio. Noi di qua, gli altri di là. Due emisferi. E l'equatore in mezzo.

Dolly                             - Ma io...

Fremlin                          - Niente affatto! Voi siete una simpatica ragazza col cervello imbottito di tradizioni borghesi e di fantasie romanzesche. Pericoloso!...

Dolly                             - (con uno scatto) Ah, finalmente!... Ci siete arrivato, Fremlin! Pericoloso per voi! Voi temete la mia influenza...

Connie                          - (lanciandosi contro di lei) Ma sì, stupidella, gridalo forte che sei innamorata di lui e che lui è cotto di te!

Fremlin                          - (arrestando Connie e facendola piroettare due volte fino atta comune, dove è accolta dalle braccia dei tre « mondani » e fatta quindi prudentemente eclissare) Tu vattene, gatta rabbiosa! (Poi, con tono meno appassio­nato, severo come un pedagogo, fulminando Dolly ancor palpitante) Voi siete una collegiale, Dolly. La verità è che voi siete nati per vivere onesti. Onesti con fatica, ma onesti. Ed è proprio per questo che, adesso, state bene attenta!, io voglio che voi torniate persone per bene, ma per bene in-te-gral-men-te, non come quando vi' conobbi!

Morton                          - Scusi, sarebbe a dire?

Fremlin                          - (brusco e nondimeno con una nota di af­fettuosità malcelata) Sarebbe a dire che a me non piac­ciono i mezzi termini. Non mi piacciono le massaie (oc­chiata ad Ann), i garagisti (occhiataccia a Gooseberry), i giovanotti (occhiata a Noah) e le ragazze            (occhiata a Dolly) che confondono la vita con la realtà romanzesca. Da oggi dovrete essere perbene in senso assoluto. E guai se non lo sarete! Io vi sorveglierò. Da oggi, siete con­dannati all'onestà integrale a vita!

Morton                          - Oh, signor Fremlin... Ma se qualche setti­mana mi trovassi in imbarazzo, per la vostra tassa, sappia­temi comprendere! Compatire!

Fremlin                          - Giustissimo. Anch'io ho capito molte cose, in questi ultimi tempi.

Ann                               - Bontà di Dio! Che intendete dire?

Morton                          - Giusto cielo! Vorreste forse... esentarci dal­le tasse?

Fremlin                          - (cercando di non farsi leggere in viso la nota sentimentale che gli affiora dall'anima) Non so... Forse. (Brusco) E' un lusso come un altro, che posso anche pa­garmi. Spendo tanto denaro per avere ai miei ordini tanti perfetti farabutti... posso avere anche il capriccio di mantenere a galla un galantuomo. (Brusco) E ora, anda­tevene tutti!

Morton                          - (incredulo) A casa nostra? Liberi? Tutta la famiglia?... E in più, voi ci aiuterete?... Buon Dio! Ann, dammi un pizzicotto... io credo che questo sia il sogno della notte di Natale!

Fremlin                          - Avanti, avanti, Morton, meno storie! (Lo scrolla).

Morton                          - (toccandosi la spalla scrollata da Fremlin) Ma allora, è vero! (Con slancio) Ma allora, a rivederci, signor Fremlin! (Gli prende la mano e la scuote con ef­fusione) Tanti auguri... tanti saluti... tante cose a tutti i vostri... State bene. E venite presto a trovarci. Ragazzi, non salutate il signor Fremlin?

Fremlin                          - (ai suoi uomini) Accompagnateli a casa.

Noah - Gooseberry - Ann      - (festosi) Buona sera. Au­guri. A ben vederci. A presto.

Morton                          - (avviandosi) Ma presto davvero, eh? Non fateci stare in pensiero! Siamo intesi?

Fremlin                          - (rigido, un po' ironico, senza sorriso) In­tesi (e con un gesto definitivo li «pazza via. Tutti escono, commentando. Solo Dolly, rimasta indietro, quando è a metà della stanza, e tutti sono fuori, si ferma. Dà un'oc­chiata alla tavola del suo « primo pranzo d'amore », poi guarda Fremlin che si è seduto volgendo le spalle alla porta, e ha acceso una sigaretta).

Dolly                             - Avete ragione voi, signor Fremlin. Era tutto un sogno. Perdonate se vi ho fatto perdere del tempo.

Fremlin                          - (per tutta la prima parte del dialogo non si volgerà verso Dolly) Prego.

Dolly                             - Anch'io mi ero sbagliata.

Fremlin                          - Certo.

Dolly                             - Ci si fanno delle idee...

Fremlin                          - Ecco.

Dolly                             - Ci si monta la testa...

Fremlin                          - Proprio.

Dolly                             - La realtà è poi così diversa...

Fremlin                          - A chi lo dite!

Dolly                             - E... il risveglio ha il suo lato malinconico.

Fremlin                          - Naturale.

Dolly                             - Almeno per me.

Fremlin                          - Passerà.

Dolly                             - E... per voi?

Fremlin                          - (bruscamente, alzandosi) Chiacchiere, si­gnorina Dolly. Andate a casa!

Dolly                             - Eh, scusate!... (Riprendendo coraggio) Mi permettete una domanda? (Fremlin tace). Perché non siete stato crudele, delinquente, vendicativo, anche con noi... anche con me?...

Fremlin                          - (la guarda, incerto come risponderle) Siete incorreggibile. Meritereste... (con un po' di dolcezza) „. di stare senza frutta per quindici giorni.

Dolly                             - (civettando la modestia, a occhi bassi) Sì, signor Fremlin.

Fremlin                          - Ma vi risponderò. (Leggero imbarazzo: si tratta di rivelare, col pudore che può avere un avventu­riero, un filo di sentimentalismo. Da questo momento, non guarda più la ragazza) Ci sono delle parentesi, nella vita. Come nelle stagioni... Dicono che nel cuore dell'inverno, per esempio, nascono le violette... Anche a Chicago. Può essere?

Dolly                             - Certo, signor Fremlin. (Pausa).

Fremlin                          - (nuovamente brusco, ma sottovoce) Ca­pito?

Dolly                             - Capito, signor Fremlin.

Fremlin                          - Ecco. Ètutto. E ora addio, signorina Dolly. Buona fortuna e... buon viaggio...

Dolly                             - Grazie. (Esce).

Fremlin                          - (si guarda attorno, come per ritrovare com­pletamente, nell’ambiente, se stesso. Scrolla le spalle, per scuotersi di dosso il sentimento patetico. Non basta. Ha bisogno di rimettersi in carreggiata: caccia la mano in tasca, ne trae la pistola automatica, la fa saltare abilmente in mano, alla maniera dei cow-boys. Rapidamente, piglia di mira la bottiglia di Champagne che è sul tavolo e la infrange al primo colpo. Soddisfatto, la ripone. Tutto questo con naturalezza spontanea, rapida e un po' bru­tale. Ha ritrovato se stesso).

FINE