Anche i grassi hanno l’onore

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ANCHE I GRASSI HANNO L’ONORE

di Valentino Bompiani

(1950)

un prologo, due atti e un epilogo

personaggi

Paolo,         il marito

Teresa,        la moglie

Giulio,        l’amante

Isabella       figlia di Paolo e Teresa

Cristina      

Ersilia,        portinaia

Un giornalista

Un uomo

Una donna

Un agente

Un’altra donna

Lo strillone

Prologo

Un fondale che rappresenta la facciata di una vecchiotta casa borghese. Al pianterreno vari negozi che sono chiusi, data l’ora di notte o, meglio di primo mattino.

Sul lato destro un portone non molto grande. Si vede la targa con la scritta: Via dell’Arancio e il numero 15.

Un uomo         Li hanno portati via?

Una donna     Sì, li hanno portati via.

Un uomo         Dove li hanno portati?

Voce di donna (chiamando verso il portone)          Ehi, Ersilia! Ersila!

Un agente      Silenzio! Silenzio!

Dal portone esce un giovane, il giornalista.

Giornalista  C’è un telefono qui vicino? (Nessuno gli risponde)  Domando se c’è un telefono.

Un uomo         Io non sono di qui. Lei è della questura? Chi è che ha sparato? È vero che li ha trovati a letto? A letto li ha trovati?

Giornalista  (Vede che stanno aprendo il bar)  Il telefono. Presto. Il telefono.

Padrone         (Indica con un cenno l’apparecchio che è accanto alla porta. Esce).

Giornalista  Pronto! Dammi la cronaca. Presto.

Una voce       (dall’interno del portone, all’agente) Fai sgomberare il portone. Manda via tutti.  (l’agente esegue. La piccola folla si allontana brontolando).

Giornalista  Pronto. Sì. Sono io. Scrivi: titolo: “Lo strano delitto di via dell’Arancio”. “Questa mattina all’alba colpi d’arma da fuoco devastano di soprassalto gli inquilini dello stabile sito in via dell’Arancio al numero 15. Un inquilino, il rag. Enrico Balloggi fu Giuseppe, di anni 52, vedovo con due figli, dava subito l’allarme. Il vigile notturno Fornasare Luigi fu Empedocle – EMPEDOCLE…..- d’anni 43, che transitava nei pressi, subito accorreva e, dopo aver inutilmente bussato all’uscio, provvedeva a chiamare la Polizia”. Fermati un momento. C’è il fotografo? Che venga subito qui. (riprende a dettare)  “Nella camera da letto dell’appartamento che appartiene all’avvocato Coroni Giulio fu Giovanni, nato a Torino, d’anni 45, professionista ben noto e stimato della nostra città….” Pronto! Pronto! Chi ha interrotto? Pronto!

Dal retrobottega del bar esce il padrone del locale.

Padrone         Sono io che ho interrotto la comunicazione.

Giornalista  Non ha visto che stavo telefonando?

Padrone         Appunto per questo.

Giornalista  Quello che io compio è un servizio pubblico.

Padrone         E questo è un apparecchio privato.

Giornalista  Ma lei lo sa quello che è accaduto?

Padrone         Lo so e non mi piace.

Giornalista  (preparandosi a prendere appunti)    Secondo lei, chi ha ragione?

Padrone         Ragione, da un po’ di tempo l’abbiamo tutti. Basta che uno parli a ha ragione….Questa è la porcheria.

Giornalista  Scommetto che lei è scapolo.

Padrone         (con un sospiro)          Lo ero.

Ersilia esce dal portone.

Giornalista  (andandole incontro)              Lei è la custode, vero? La signora Ersilia….

Ersilia              (diffidente)       E lei chi è?

Giornalista  Il cronista del “Quotidiano”.

Ersilia              Ah!

Giornalista  Mi racconti. Come si sono svolti i fatti?

Ersilia              Io non so niente.

Giornalista  Ma lei vi ha assistito. Secondo lei chi ha ragione?

Ersilia           (brusca)          Mio marito.

Giornalista  E suo marito che dice?

Ersilia                       Sta zitto. (Gli volta le spalle per andarsene) Me lo dà un bicchierino? Io non mi sono ancora riavuta. (Si avvia col padrone del bar).

Giornalista  (la raggiunge)             Aspettate. Io devo sapere.

Ersilia              Lo leggerete più tardi sul giornale.

Giornalista  State attenta: stamperemo il vostro ritratto. Domani tutti parleranno di voi.

Ersilia           (si ferma)        In prima pagina?

Giornalista  Si capisce. Dunque….

Ersilia                       (accomodandosi lo scialletto con sussiego)       Il marito mi disse che era un parente dell’avvocato….

Giornalista  E voi non avete sospettato di nulla?

Ersilia              Come potevo immaginarlo? Gli uomini grassi sono miti.

Giornalista  Che forse i grassi non hanno l’onore?

Ersilia              Il grasso si vede, l’onore no.

Giornalista  E così lo avete lasciato passare?

Ersilia              Eh, si.

Giornalista  E vostro marito?

Ersilia              Era andato al cinema.

Giornalista  E quando è rientrato che cosa ha fatto?

Ersilia           Mi ha raccontato il film.

Giornalista  Tutto era già accaduto, dico?

Ersilia              Eh, si.

Giornalista  E lui che cosa ha detto?

Ersilia              Ha detto: Meno male che io non c’ero.

Giornalista  (perduta la pazienza)     Insomma, qualìè la vostra opinione sull’accaduto?

Ersilia           Non ne ho.

Giornalista  Ditemi almeno l’opinione di vostro marito.

Ersilia              Se lo sapeva prima, ha detto, risparmiava i soldi del cinema.

Strillone        Lo strano delitto di via dell’Arancio. Un industriale spara all’amante della moglie. Il delitto di via dell’Arancio……

Si alza lentamente il fondale sulla scena dell’atto primo.

Atto primo

Un appartamento da scapolo: una stanza che è studio e salotto. È sera, circa le nove, come si saprà. La luce è spenta: un poco di chiarore viene dalla strada. La stanza ha tre porte:al centro l’ingresso che da direttamente sulle scale; a sinistra la camera da letto e i servizi. A destra un’altra porta. Entrano un uomo e una donna. L’uomo accende la luce. È un uomo aitante, magro, sui quarant’anni: l’avv. Giulio coroni. La donna, Teresa, che porta molto bene i suoi anni, è bella ed elegante. Si tolgono pelliccia e soprabito, aiutandosi a vicenda; vuotano sulla tavola le tasche, come chi si prepari ad andare a letto. L’uomo sbadiglia con educazione.

Teresa               Hai già sonno?

Giulio             (subito)            No. forse ho fame.

Teresa               Preparo subito la cena.

Giulio                        (trattenendo un altro sbadiglio)         Il film, non era divertente. Storie complicate, chi sa quanto faticano a inventarle. Falsa e inutili. Le storie vere sono elementari. Non è così?

Teresa                       (ha cominciato ad apparecchiare)     Dipende. I fatti, forse, sono semplici, ma a guardarli bene….

Giulio                        Guardare “contro luce”, come dici tu. Per guardarmi contro luce, quando eravamo giovani mi hai rifiutato e hai sposato uno che, neppure con un faro sullo stomaco puoi vedergli attraverso. Lo vedi com’è facile sbagliare quando si sottilizza?

Teresa                       Sei ingiusto con Paolo. È diverso da te, ma una sua “trasparenza” d’alabastro l’aveva.

Giulio             Devo sorbirmi l’elogio di tuo marito?

Teresa               Che valore avrebbe il mio amore se fuggissi da un uomo volgare?

Giulio            Lo vuoi un vermouth?

Teresa               Si.

Giulio            Col gin?

Teresa           Al solito.

Giulio                        Ecco una frase che mi fa piacere: “al solito”. Segna una consuetudine, mi riporta indietro. Anche la guerra a noi è servita. Senza la guerra non avremmo “co-abitato”, non ci saremmo ritrovati così vicini. Quei disagi, quei pericoli hanno formato come un involucro. Tempi felici di guerra, bisognerebbe dire.

Teresa               Tempi felici?

Giulio                        Felicità relativa, s’intende. Ma non parlo soltanto di noi. Allora il pericolo era annunciato, almeno, con un segnale d’allarme.

Teresa               Per chi stava in città.

Giulio                        Anche per chi combatteva: un nemico di fronte. Noi siamo circondati dai pericoli a destra, a sinistra, sopra di noi. E dentro di noi.

Teresa               Quali pericoli?

Giulio            Il terreno sul quale camminiamo è friabile, te ne rendi conto?

Teresa           Io no.

Giulio             E noi due, per esempio?

Teresa               Pensi che sia tutto provvisorio, lo so.

Giulio                        Il problema è qui: non sappiamo vivere secondo i sentimenti veri, ma vogliamo vivere accomodando i sentimenti veri – quando lo sono – a una falsa realtà. E questo vale anche per te e per me. (Tagliando) Che mi dai stasera?

Teresa                       Fettine al marsala…..Oh, che sciocca! Non mi ricordo mai che non ti piace il marsala. Scusami, caro.

Giulio             Va benissimo anche così.

Teresa               Proprio l’ultima sera che stiamo assieme.

Giulio             Questo si vedrà.

Teresa                       Domani devo assolutamente partire. Sono qui da venti giorni, ormai. Anche Isabella mi aspetta. La mamma è guarita. Devo tornare a casa.

Giulio             Venti o ventuno….

Teresa               Tu non vuoi renderti conto….

Giulio                        Non dovresti tornare più a casa. Scrivere a tuo marito la verità e lasciare che gli avvocati sbrighino il resto. Hai ancora un’idea preistorica del matrimonio. Nel tuo caso, poi, con un marito che è stato lontano da te per cinque anni….

Teresa               Non per colpa sua.

Giulio             Cinque anni restano cinque anni anche se uno non ne ha colpa.

Teresa               Mi vuol bene.

Giulio            Questo non dà dei diritti.

Teresa               Anch’io gliene ho voluto.

Giulio             Il bene che gli hai voluto non glielo togli.

Teresa               Si sente che sei un avvocato.

Giulio            Cerco di semplificare le cose.

Teresa           Paolo è capace di qualsiasi reazione.

Giulio             E per questa paura vuoi trascinare la cose?

Teresa               Si.

Giulio            Tanto finirà per saperlo.

Teresa.                      È il mio sgomento. Il mese scorso, quando venisti giù e mi accompagnasti a casa, appena scesa dal taxi, ho incontrato mio marito. Pensa se fossi scesa pochi metri più in là. Mi sono sentita tremare le gambe.

Giulio             Lo vedi?

Teresa               Iddio mi ha protetta. Spero che non mi abbandoni mai.

Giulio             (scrollando il capo)    Beh!

Teresa                       Io credo in Dio. Non ho detto in confessione di avere un amante perché mi avrebbero fatto promettere di lasciarti, e io non posso promettere una cosa che so di no mantenere. Ma a Lui, l’ho confessato da tempo. Penso che se non abbiamo saputo resistere è perché lui ha voluto così.

Giulio             (allarga le braccia)     Forse sarebbe più prudente restare tra noi…

Teresa                       Per te è facile. Non devi render conto a nessuno. Io devo render conto a mio marito, a mia figlia e a me stessa. Il pensiero che mio marito possa soffrire mi tormenta al punto da serbargliene rancore.

Giulio             Rancore?

Teresa               Anche contro di te, quando io ti sono lontana e penso che tu ne soffri.

Giulio            Non partirai più di qui, non ti lascerò andar via.

Teresa                       Lo vedi che mi rendi la vita impossibile? Non pensi che a te, egoista! (Gira intorno alla tavola sistemando le posate, i bicchieri che posa bruscamente)  Che mio marito ne soffra, che mia figlia possa giudicarmi, tu te ne infischi….

Giulio                        Fermati un momento.  (Autorevole, ma pur sempre scherzoso) Anche con le parole! Ti contraddici, cambi le carte in tavola….(Vorrebbe sollevarla tra le braccia per portarla di là).

Teresa                       (si svincola, gli sfugge)           No. Adesso devo andare in cucina.   (Corre via, in cucina, per tornare subito dopo).

Giulio                        Ecco qua. (Si versa un altro vermouth)         L’altro giorno, tornando a casa, correvo. Avrò urtato dieci persone per la strada, rischiando a ogni incrocio di farmi travolgere da un’automobile per arrivare da te un minuto prima. Ho fatto le scale di corsa, come quando, da ragazzo, tornavo da un esame. Tu eri all’ingresso, curva a raccogliere non so che cosa, e mi hai salutato da terra, tra i capelli che si erano sparsi sul volto, senza sorpresa e senza fretta…

Teresa               E con questo?

Giulio                        Ho camminato un secolo per trovare una donna che mi domanda se mi piace la salsa col pollo freddo.

Teresa               Sfacciato!

Giulio                        (sfugge alle scherzose minacce di lei: urta in una sedia, inciampa, si afferra alla tavola, tira la tovaglia, rovescia una bottiglia, un piatto cade in terra).

Teresa                       (si è fermata)   Per vent’anni sono stata fedele anche a te, che non c’eri: a quel ragazzo maldestro e scapestrato che avevo rifiutato come sposo. Tardavo a un appuntamento, smarrivo una chiave, uscivo in qualche modo dalla mia vita ordinaria, e tu apparivi, il Disordine, mi svolazzavi intorno al capo. (È dinnanzi alla credenza. Alza contro luce una bottiglia) in questo paese, naturalmente, ho dimenticato di comperare il vino.

Giulio            Non ti preoccupare. Lo trovo al bar. Faccio un salto e torno. (Si riveste).

Teresa               Non voglio che tu vada. Non mi piace di vederti impegnato in faccende domestiche.

Giulio            (col soprabito mezzo infilato, si ferma)          Ti ricordo tuo marito?

Teresa           (seria, sincera)            Mi ricordi che dovrei rispettarlo.

Giulio            E me, non mi devi rispettare? Tanti anni d’amore e di attesa non meritano rispetto?

Teresa               (leggera)         Come se tu mi avessi aspettato a mani vuote. Io posso dirlo.

Giulio             Ragione di più: non c’è donna che ti abbia cancellato.

Teresa               E domani?

Giulio            Domani tu potrai dire: ha fatto di tutto per dimenticarmi e non c’è riuscito.

Teresa               (scherzosa)      Lo confessi che hai fatto di tutto per dimenticarmi.

Giulio.           È una specie di onestà verso tuo marito.

Teresa                       (riflettendo)     E proprio per questo io sono disonesta con lui. C’è qualcosa che non và.

Giulio             (annusando)    La cena che si brucia, in cucina. (Esce).

Teresa                       (va in cucina. Ne torna con un piatto coperto. Va al telefono. Chiama)      Pronto. Mi dia il portiere. Portiere? Sono la signora Torri. C’è niente per me? Ha telefonato nessuno? No, non so se rientrerò stasera….Telefonerò domattina….

Alle sue spalle entra un uomo di cinquant’anni, Paolo. Indossa un impermeabile lungo e amplissimo, il bavero rialzato, il cappello in testa. Chiude l’uscio dietro di sé. Al rumore la donna si volta. Ha un grido d’orrore.

Teresa               Paolo!

Paolo. È così! Ci sei.

Teresa               Paolo!

Paolo             Era vero. Ci sei. (Avanza)      E lui dov’è? (grida)    Dov’è?

La donna arretra.

Teresa               Mi ha invitata a cena….

Paolo             A cena eh?

Teresa           Deve venire anche sua sorella…..

Paolo              (indicando i due soli coperti sulla tavola)      La sorella mangia in cucina, è così?

Teresa               Non vedi che sto apparecchiando…..

Paolo                         Sì. Stai apparecchiando. Aspettate la sorella. Una cenetta tra amici che si ritrovano dopo alcuni anni, col rammarico che non ci fossi anch’io….(Si è accostato lentamente a lei)   Ma mi avreste fatto un brindisi alla fine. Magari una cartolina illustrata….Ricordando i bei tempi, quando questo marito era via e non si aveva neppure la seccatura di dovergli un saluto – ché tanto, la posta non gli arrivava.

Teresa               Smetti. Che ti piglia? (Gli sfugge).

Paolo             Dov’è?

Teresa           (in fretta).        È andato a prendere la sorella. Io sono appena arrivata….

Paolo                         (fa un salto a una porta: è la cucina. Salta all’altra porta: è la camera da letto. Accende la luce. Guarda senza entrare. Indica)           Dorme con la sorella, no?

Teresa               Cosa vuoi che ne sappia, io, con chi dorme…

Paolo                         (entra nella camera e ne esce subito con una camicia da notte in mano e il cappello di lei)            Questo appartiene alla sorella….e anche questo coso? Sul letto. Porta male il cappello sul letto, (le si fa sotto ancora, sempre più minaccioso)            non lo sai? Basta! Cosa speri? Che ti creda? Che non veda? Che non sappia? Non sono qui per scoprirvi. Sono qui per un altro scopo….

Teresa                       (con un grido)             Paolo!             (Corre alla finestra, tenta di aprirla per chiamare soccorso. Ma lui le è addosso, la strappa di là, le chiude la bocca con la mano, quasi la soffoca.)

Paolo                         Stai zitta!        (La spinge sul divano)            Se fiati, ti ammazzo subito.  (La lascia lentamente)            Ma questo guasterebbe il mio piano….(le gira intorno senza staccarle gli occhi di dosso)     Chiamalo. Il vigliacco sta nascosto. Non è corso a difenderti.

Teresa               Non c’è, ti dico!

Paolo              Non tarderà.  (Si siede di fronte a lei).

                        (Una pausa)

Teresa               (terrorizzata)               Paolo….pensa a quello che fai….sei impazzito….

Paolo              (fa cenno do sì col capo).

Teresa           Tutte le apparenze sono contro di me….

Paolo              Stà zitta!

Teresa           Ma tra di noi non c’è niente. Solo una amicizia….

Paolo              Stai zitta!

Teresa               Da quando eravamo bambini.

Paolo              (si alza, avanza verso di lei, la mano nella tasca della giacca).

Teresa               (tenta di raggiungere la porta, ma lui le sbarra il passo).

Paolo                         Non sei ancora persuasa che è inutile? La sola cosa che ancora ti protegge è di star ferma e zitta. Quello che farò, lo farei anche se tu mi fossi del tutto indifferente. Per principio. Capito? Perché una volta bisogna farla finita con tutti gli inganni, le menzogne, le porcherie! Ciascuno le sue responsabilità fino in fondo. (Alza la voce) Il signor avvocato si prenderà le sue. Pagherà. Pagherà, com’è giusto!

Rumore dell’uscio di casa che si chiude.

Teresa               (con un grido)             Giulio non entrare! Giulio non entrare!

Paolo              (si è voltato verso la porta, in piedi, gambe aperte, la mano in tasca).

La porta viene aperta. Appare sulla soglia una ragazza: Cristina.

Teresa               (Non può correre da lei: il marito è in mezzo alla stanza e la fermerebbe. Grida)              Cristina! È il cielo che ti manda.

Cristina        Signora!

Teresa               Corri giù, chiama aiuto.

Cristina        (spaurita)        Che accade, signora?

Teresa               Corri, Cristina, corri.

Paolo                         (va verso la ragazza. Autorevole)      Venga avanti, invece. (La tira dentro. Si mette dinanzi alla porta). Non accade niente. Dobbiamo solo parlare. Può ascoltare anche lei. Le farà bene. Una ragazza, le resterà impresso nella memoria….(continua a trascinarla).

Cristina        Mi lasci (si libera).

Paolo              Chi è lei?

Teresa               (afferra al volo l’occasione).  È la nipote. È a cena qui, anche lei. Lo vedi?

Paolo             Lei è la nipote?

Cristina        (guarda la signora. Esita un istante)             Sì.

Paolo              Era invitata a cena?

Cristina        (prende animo)           Non ha sentito?

Paolo             Bene. Allora no è il “cielo che la manda”; un semplice invito a cena….. È cosi?

Cristina        (s’è fatta ardita)          E lei chi è?

Paolo             Suo marito.

Cristina        Tutto qui?

Paolo                         Si, signorina. Tutto qui. Un equivoco. Un sospetto ingiustificato. (Alla moglie)    Vedi che lo riconosco? (A Cristina)          La gente è maligna. Scrive lettere anonime. Lei (la moglie) è lontana da qualche settimana….queste continue visite alla madre indisposta….Si arriva, tutto coincide sul principio….Uno non può fare a meno di dirsi che è vero. E invece  no. Apparenze. Coincidenze. Un innocente invito a cena. Amici d’infanzia. È cosi? Vuol dire che saremo in quattro, a cena. Anzi, in cinque con la cara sorella. (A Cristina)          Lei la conosce?

Cristina        Ma….

Paolo                         Sarà magari sua madre, no? Allora sua zia. (Alla moglie)     Come si chiama la sorella?

Teresa               Non so….non lo ricordo.

Paolo                         Bene, ce lo dirà lei. Sediamoci. (si siede. A Cristina)  Si tolga il cappello, anche lei. Lo può posare di là. La camera da letto serve da guardaroba in questa casa….

Cristina        (si alza).

Teresa               (subito)            Cristina, non te ne andare.

Paolo              Di che hai paura? È tutto spiegato ormai. (A Cristina)  Dia a me. Lo porto io.

Rumore all’uscio di casa. Paolo si ferma. La moglie gli si getta addosso. Lo spinge contro la porta e lo tiene lì, con tutto il peso del corpo.

Teresa               Giulio non entrare! Giulio non entrare!

Cristina        Oh, Dio! Oh, Dio!

Giulio entra dall’uscio della cucina. È pallido e calmissimo. Ha tra le mani una bottiglia incartata, che posa con cura sulla tavola. Il marito ha smesso di lottare con la moglie. Giulio gli va incontro, sicuro di sé. Prende la donna per un braccio e la allontana. Si mette di fronte al marito, vicinissimo.

Giulio             (lentamente)    Mi dispiace di non essermi trovato in casa.

Un lungo silenzio e una calma sospesa.

Giulio                        (a Paolo)         Sarà bene che parliamo noi due….(Alle donne)        Volete andare di la? No!

Teresa               No!

Giulio                        (sempre al marito, che non abbandona con lo sguardo)      Forse lei teme che chiamino qualcuno. Non lo faranno. (Alle donne)        Volete andare?  (Le spinge, le forza a uscire).

Teresa               No. non vado! Se vado chiamerò.

Giulio             Non faresti che precipitare le cose.

Teresa.              È armato.

Giulio             S’intende.   (Lo guarda)        Io sono disarmato.      (Autorevole)    Andate.

Le due donne escono. Giulio chiude l’uscio.

Paolo              La smetta con quel tono.

Giulio            Siamo uomini civili.

Paolo              No. lei deve la vita alla presenza di quella ragazza. E provvisoriamente. Tutto qui.

Giulio             D’accordo. Ma prima parliamo.

Paolo             (ironico)          Le sue ragioni? Le vostre ragioni?

Giulio             No, le sue.

Paolo             Sono semplici. Lei è un ladro, colto sul fatto. Difendo ciò che mi appartiene.

Giulio                        Giusto. Ma bisogna prima mandar via la ragazza e che sia tranquillizzata, perché non parli, non mandi gente.

Paolo                         E che mi importa? Crede che io voglia scappare? Nascondermi? Tutti devono saperlo. Avrei voluto colpirla in una piazza, in mezzo alla gente, che tutti vedessero. (Urla)   Bisogna finirla! Bisogna finirla!

Giulio                        (va alla tavola. Prende la bottiglia. La scarta, si accinge a sturarla)                       Non vede com’è difficile uccidere? Non c’è ancora riuscito. Io l’aiuto a giustificare ai suoi occhi questo indugio, che è assurdo.

Paolo              (grida)     Si volti, non voglio colpirla alle spalle. Devi guardarla in faccia la morte.

Giulio             (senza voltarsi)           Retorica. Cominciamo male.

Paolo                         (gli si butta addosso, lo costringe a voltarsi, lo afferra per il bavero)          L’avvocato, il celebre avvocato, ha la risposta pronta. È abituato a parlare con gli assassini, lui, con i professionisti del delitto. Si trova di fronte a un dilettante e crede di poter scherzare. Come se io avessi fretta. Non ho nessuna fretta. Io sono un plotone d’esecuzione, che spara su comando. (Lo spinge violentemente a sedere)            Quando darò il comando   (si siede poco distante, trae di tasca la rivoltella)          di qui, mirando bene,  (lo punta)       con calma in mezzo alla faccia, voglio vederla arrossire quella faccia di ladro, tutta una macchia rossa che non si cancellerà più, come non si cancella sulla mia, qui, l’offesa: ladro! A un uomo d’onore. Lo sai cos’è l’onore? È troppo tardi per spiegartelo: lo imparerai di là, tre volte ladro.

Giulio            (Chiude gli occhi).

Paolo                         Apri gli occhi!            (Ma la mano gli trema, l’animo gli manca. Non può sparare. Lascia cadere l’arma).

Le donne nell’altra stanza battono coi pugni l’uscio, chiamano, urlano.

Voci di dentro         Aprite! Aprite.

Giulio             (apre gli occhi. Vede. Raccoglie la rivoltella, la posa sulla tavola).

La porta d’ingresso viene spalancata con uno spintone e appare nel vano un donnone dai capelli grigi: la portinaia. Resta ferma sulla soglia.

Ersilia.             È la maniera di urlare, questa? Il padrone mi manda a dire….

Giulio            Avete ragione, Ersilia. Mi dispiace. Si stava discutendo di un affare importante.

Ersilia           Non è una buona ragione.

Giulio             Avete ragione, vi dico.

Ersilia           A me non importa niente di aver ragione. Il signor Ettore….

Giulio            Gli telefonerò per spiegargli…..

Ersilia              Non è in casa.

Giulio             Mi avete detto che vi manda lui.

Ersilia                       Eh già! Chi deve correre sono sempre io. Voi strillate e io corro, voi sporcate le scale e io corro, voi lasciate la luce accesa e io corro.

Giulio            State tranquilla, non accadrà più nulla.

Ersilia                       (indicando Paolo)       E quel signore si riprenda la mancia. (Va verso di lui. Getta sul tavolo qualche biglietto di piccolo taglio)     Il diritto di strillare costa di più. (Volta le spalle e si avvia).

Le donne ricominciano a bussare e a chiamare.

Ersilia           (si volta, le mani sui fianchi incollerita)         Cosa succede? Ma son tutti matti?

Giulio            Davvero, non so….non capisco…..(All’uscio)          Un momento…...(Va all’uscio)                     Come mai la porta non si apre?  (Apre lui).

Le due donne entrano di corsa, spaurite.

Giulio                        Vi siete spaventate.  (Ad Ersilia)       Vedendosi chiuse dentro, si sono spaventate. Quell’uscio ogni tanto si incanta, bisogna che lo faccia riparare….

Ersilia           (guarda tutti sospettosa).

Giulio                        Qua, bevete un dito di vino. (Riempie i bicchieri)    Questo rinfranca. (Porge i bicchieri) Anche voi, Ersilia, un bicchiere di vino…..(La forza ad accettarlo)            Anche lei, dottore, gradisca un bicchiere. È meglio di un aperitivo….(Gli mette tra le mani, d’autorità, il bicchiere pieno)           Io lo compero al bar dell’angolo…. È fresco e genuino….(Beve).

Ersilia                       (beve anche lei, ma è diffidente. Posa il bicchiere ed è diffidente. Se ne va senza una parola).

Le due donne posano i loro bicchieri, ancora pieni. Silenzio. Ora sono lì, in quattro: Paolo con le mani affondate nelle tasche della giacca, la moglie sgomenta, l’avvocato con una bottiglia. Solo la ragazza ha le mani libere e va diretta da Paolo.

Cristina        Io vado. La saluto.

Paolo             Mi dispiace, signorina, ma non posso lasciarla andare.

Teresa                       (scatta con violenza)   Ma cosa credi? Di potere disporre degli altri? Con quale diritto vuoi trattenere la signorina?

Paolo                         (mellifluo, ambiguo)   Diritto? Ma no. C’è un equivoco, la signorina non era invitata a cena? È così?

Cristina        Io non ero invitata a cena, e lo sa anche lei, abito sullo stesso pianerottolo. Sono venuta qui perché la signora mi piace. Ha capito? Mi piace. È una donna chiara sincera….

Paolo              E io?

Cristina        Lei non la conosco e non m’importa. Della signora sì, anche se la conosco da poco tempo.

Paolo              Bene. Un’amica è quello che ci voleva.

Cristina        Perché fa questa commedia?

Paolo                         Stia a sentire….Cristina, no? Lei si chiama Cristina? Io ho bisogno di lei, che è il mio alibi, capisce? Ho bisogno di tempo. In treno mi pareva così facile….Non lo è. Li guardi: uno là, l’altra lì: un contegno perfetto, e non c’è un millimetro della loro pelle che non si sia attaccato.

Teresa               (quasi gridando)         Non è vero!

Paolo                         (cambia)         A tavola, dunque. A tavola! (Si accosta alla tavola, dispone le sedie)         Tu ti metti lì, l’avvocato alla tua destra, poi la signorina, e io qui, va bene? (Si siede)     Sedetevi: noi abbiamo i nostri ricordi classici. Che cosa dice Amleto? (Spiegando il tovagliolo) Il mio Shakespeare lo conosco bene. (Alla ragazza)      In Africa, nel campo dei prigionieri, non c’era altro che una raccolta delle tragedie di Shakespeare. E badi che io non sapevo l’inglese. Ma l’ho studiato. Perché il tempo va riempito, le pare? Mia moglie mi mandò un dizionario….e sa che cosa ci trovai, tra le pagine? Indovini. (Li guarda uno alla volta)  Un fiore! Ci fu tutta una storia col comando del campo. Lo esaminarono, lo fotografarono coi raggi, chi sa che cosa pensavano che potesse contenere….un messaggio segreto. Niente di segreto. Io lo decifrai senza raggi: voleva dire: “ ti voglio bene….penso a te….che il mio profumo ti accompagni….(Si alza. Patetico come un assolo di trombone) Mostravo quel fiorellino ai compagni….qualcuno non capiva, qualcuno rideva….(Si rivolge a Cristina)            L’avrei strozzato, lo capisce? (Spiega)  Era il nostro amore – forse appassito – ma con la lontananza cresceva nei ricordi. Quando ero partito con la divisa che mi stava stretta, lei si soffiava il naso….

Teresa               Smettila….

Paolo                         (si riprende)    Perché fai così? Tutti i prigionieri ricevevano i pacchi. Persino i preti. Ma sì, c’era un prete, al campo, anche lui ogni mese riceveva un cuore di marzapane con le violette caramellate. Pensiero di donna. Moglie o madre, sorella o altro, a quella distanza sono tutte uguali: ogni donna è moglie, è madre, è sorella…perché il pensiero di lei è il pensiero del ritorno, della vita che ricomincia; come a rinascere: madre, sorella, fidanzata, che differenza fa?

Teresa                       (di scatto, irritata). È facile così! Lui tira fuori i ricordi patetici: il campo di concentramento, il cuore di marzapane, la vecchia mamma….Perché non parli dei capelli bianchi, delle mani che tremano sotto la lampada? della fame? e magari dei pidocchi? Che c’entra questo? Ciascuno ha i suoi ricordi e le sue miserie, anche quaggiù, noi che aspettavamo: sembra facile aspettare. Non lo era.

Paolo                         (si è ricomposto)         Mi pareva d’aver trovato il tono giusto. Mi preparavo a ricambiare il suo brindisi, signor avvocato. Come dice Amleto quando si reca dalla madre e sorprende lo zio inginocchiato che ha ucciso suo padre. Dice: “Ora potrei farlo a punto”. Potrebbe ucciderlo, ma si trattiene, rimanda l’atto ad altro momento, quando potrà colpirlo alla mensa, come fu colpito il padre, “sazio di cibo, con tutti i suoi misfatti in fiore”; e non ora che è in ginocchio, pentito. “Questo è ristoro e salario, non vendetta”. Non deve avere il tempo di pentirsi: all’improvviso, all’inferno. (Alza il bicchiere per il brindisi, guarda il vino contro luce).            !Questa medicina non fa che prolungare i tuoi giorni infermi”. (Beve).

Giulio             (si alza in piedi di scatto, rovesciando la sedia).

Paolo              (smette di bere e lo guarda. La moglie mezzo alzata gli posa una mano sul braccio).

Giulio             (con calma, raddrizza la sedia)          Mi dispiace.

Cristina        (in grande agitazione).           Io non posso più restare. Tutto questo non mi riguarda. Io….

Paolo                         (gentile)           Vuole andare a casa? Vuole che l’avvocato l’accompagni all’uscio? Noi possiamo aspettare.

Giulio             Stia calma un momento, Cristina. Ormai abbiamo capito il gioco.

Paolo                         (rovesciandosi sulla sedia, ironico)    Il celebre avvocato difensore ha trovato il suo momento.

Giulio             E lei ha perduto il suo.

Paolo              Sarebbe?         (Si alza in piedi, lo affronta).

Teresa               Paolo!

Giulio                        (alle due donne)          State tranquille.  (A Paolo)    Noi avremmo tutto l’interesse a prolungare questa situazione, a guadagnar tempo, come si dice. Ma la verità è che chi sta guadagnando tempo è lui. (A Paolo).     È così. È chiaro ormai che lei non sparerà, mentre la nostra situazione va sistemata. E dunque finiamola! Io accompagnerò a casa le due signore, e lei mi aspetterà qui, se vuole. Oppure vada lei, e io l’aspetto. (Nota lo sguardo ironico e diffidente di Paolo)         Mi chiuda dentro a chiave. Tagli i fili del telefono, se vuol continuare a divertirsi con questi giochi infantili.

Paolo                         (si alza, va all’uscio di casa, lo chiude a chiave e intasca la chiave. Si accosta alla tavola, trae la rivoltella e la posa nel mezzo).   Giusto.   (Si rimette a sedere)    Giusto.                 (Tira la sedia di fronte a quella dell’avvocato)      Facciamo conto che le signore siano già andate a casa. Semplifichiamo. Risparmiamo tempo! Lei ha detto una cosa giusta, signor avvocato. La partita va sistemata senza perder tempo, e io lo sto perdendo perché ho paura, si ho paura! Ma stia attento: questa paura è anche una gran forza! A lei riuscirà più facile, magari. Io sono qui. Le mie ragioni sono chiare. Avanti! Facciamo presto. L’arma è lì. O mi uccide o si uccide….

Teresa               (con dolorosa dolcezza)         Paolo….!

Paolo             (agitando le mani, senza distogliere lo sguardo dal rivale)      Sta zitta!

Teresa           Ci sono anch’io.

Paolo             Stai zitta!

Teresa                       Sai bene che devo parlare anch’io. Non è vero che hai paura. Sei un uomo di coraggio, hai il polso fermo. Quando fosti assalito di notte per la strada, hai sparato. Eri nel tuo diritto, dicevi. Anche adesso credi di essere nel tuo diritto. Non ti nascondere. Stai aspettando una sola cosa: che io parli, come quel ladro, di notte, per sentirti sicuro d’essere nel tuo Diritto. Vuoi che ti aiuti? Sono la sua amante! Non soffrivo che di questo, di non poterlo gridare. Tu potrai uccidermi, ma non ucciderai i miei sentimenti e le mie ragioni. Potrai uccidere lui e non ucciderai i suoi sentimenti e le sue ragioni. Io potevo essere morta quando tu sei tornato. Anche tu potevi morire, lontano, e io sarei qui e l’amerei. E dunque non sono i fatti che contano, ma le ragioni dietro i fatti, quello che è vero. E contro questo tu non puoi far niente!

Paolo                         (da chinato e proteso com’era, lentamente si rialza. Dal taschino trae gli occhiali e li inforca. A voce bassa).    È il processo che volete? Tu e il tuo avvocato difensore….

Teresa               (è turbata, sorpresa, interdetta)         Paolo…..

Paolo                         (le fa segno con la mano di aspettare)           Mi metto anch’io tra gli accusati. Tutti sotto accusa. Sono stato in guerra, prigioniero, per cinque anni sei rimasta sola. E se anch’io ti fossi rimasto sempre vicino, tu avresti potuto sentirti egualmente sola. Vedi che le formulo da me le accuse contro il marito. Avanti! Tutti nella gabbia: delinquenti voi o delinquente io, o prima o dopo. Prima, se la mia condotta vi giustifica, dopo se la mia vendetta vi raggiunge…..(Getta gli occhiali sul tavolo)            Avanti, avvocato. Prepari il processo.

Nessuno si muove.

Paolo                         Credete che io scherzi? Che anche adesso stia “guadagnando tempo”? Il processo! Un regolare processo, e ciascuno dirà le sue ragioni, come dice lei, i suoi sentimenti, che sono la sola cosa che conta, è vero? Perché pare che le ragioni e i sentimenti li abbiano soltanto gli amanti. Api! Api! Che vanno sui fiori, dove c’è il miele, è così?

Giulio             Ma…..

Paolo                         Guarda un po’: era tanto coraggioso davanti alla mano armata, e adesso davanti alle parole pare meno sicuro, l’avvocato che dorme con la mano in mano….

Giulio             Che cosa, un processo? Che cosa?

Paolo                         Una discussione ordinata, sicuro, uno alla volta con tutte le sue ragioni: la moglie, l’amante e il marito, tutti sotto accusa. Io parlo di Onore, e voi ridete, parlo di Giustizia, e voi ridete, e se parlate voi di sentimenti, che si guardano negli occhi, sospirando, dalle cinque alle sette, sono io che rido!

Teresa                       Ridi, sì, hai ragione. Se io ti ho tradito, se io ho amato un altro, non è perché tu eri lontano; avrei saputo aspettarti tutta la vita, come ho aspettato lui, ma tu sei capace di riderne. Che cosa sai tu della vita? Che si vive, che si cresce, che è fatta di giorni, di cose, di progresso; cosa sai d’altro?

Paolo              E tu?

Teresa               (non subito e lentamente)       Io no so niente e per questo sono disperata.

Un silenzio.

Si ode bussare ripetutamente alla porta di casa….Si guardano l’un l’altro. L’avvocato va ad aprire ma, giunto lì, si ricorda che Paolo ha preso la chiave. Torna sui suoi passi. È Paolo che và.

Paolo              Chi è?

Ersilia              E chi ha da essere? Sono io.

Paolo apre. La portinaia entra.

Ersilia                       (con tono di rimprovero)        C’è un telegramma. Urgente. (Lo consegna all’avvocato e aspetta)           Beh?

Giulio            (dopo aver letto)         Che cosa?

Ersilia              A quest’ora, un telegramma, non verrà mica a dirmi che le mandano i saluti.

Giulio             Grazie, Ersilia, è una cosa d’affari.

Ersilia                       Affari! Affari! Sono affari che non mi piacciono, se vuol saperlo. In questa casa, io sono responsabile.

Giulio             Ma noi….

Ersilia                       Non faccia l’ingenuo. Sarei venuta qui, anche se non fosse arrivato il telegramma. E qui sto e qui rimango….(batte con la mano sul tavolo) fino a quando il signore se ne sarà andato.

Paolo                         (forte)      Bene. Avremo anche i giudici! (Ad Ersilia)          Quella è mia moglie. Questi è il suo amante. E quel telegramma è di nostra figlia Isabella, che ha diciott’anni e mi ha veduto partire e ha avuto paura (A Giulio)           è cosi? – e ha tentato di avvertire la madre, indirizzando presso il suo amante, che si mettesse in salvo; che facesse in modo di non farsi sorprendere, affinché io, il marito, tornassi a casa con le mani vuote. Lei mi protegge, a suo modo, perché le faccio compassione, che arrivo a casa sbuffando per il grasso, e cerco di lei (la moglie)        che no è ancora rientrata, e vuole risparmiarmi questo colpo mortale di scoprirla infedele, di vedermi infangato fino agli occhi per colpa sua! che sta lì e pretende di aver ragione, con quell’altro vicino, che ha la cravatta a pallini: io non ce l’ho la cravatta a pallini e ho il colletto stretto che mi soffoca; tutto questo è da giudicare, per lei, per me, per lui, e anche per voi, alla vostra età: una volta per sempre, sapere fino in fondo chi ha ragione in queste sporche cose.

Ersilia              (cade a sedere allibita)           Gesummaria!

Paolo             (calmo, sedendosi anche lui)              E facciamo il processo.

Atto secondo

La stessa scena, presenti il marito, la moglie, l’amante e i “giudici”: Ersilia e Cristina.

Ersilia è seduta dietro il tavolo, attenta e curiosa come dal macellaio o dal droghiere. Continua a guardare l’uno e l’altro girando la testa. Cristina si tiene alle spalle di Teresa, attaccata alla sedia quasi dovesse proteggerla.

Ai due capi del tavolo, Paolo e Giulio, come due figure da stampe popolari, nobili e pronti al sacrificio. Ad ogni buon conto si controllano. Sembra che tutti aspettino che si levi il sipario, un loro sipario, per recitare la propria scena. Nel silenzio, vola un calabrone, che tutti finiscono col seguire muovendo il capo, senza smettere di sorvegliarsi. Una scena da film muto; e sarebbe bene che il regista la componesse in bianco e nero.

Paolo lentamente si distacca dal tavolo, dove ha preso un tovagliolo per dar la caccia all’insetto: prova a colpirlo ma i suoi tentativi sono infruttuosi.

Teresa               (fuori dei nervi)           Smettila!

Paolo             (si volta sorpreso).

Giulio                        (subito)            Io non so bene che cosa lui si proponga, se non desideri avere dei testimoni piuttosto che dei giudici, come va dicendo. Da quando è entrato in questa stanza è lui che comanda e gli piace evidentemente.

Teresa                       (interviene furioso)     Ma cosa volete? Siete pieni di parole e basta! Lui lo è sempre stato. (Al marito)            Vuoi che ti dia ragione? Hai ragione, tutti i torti sono miei, ti basta? E le cose restano quelle che sono.

Giulio             (trattenendola)            Non far precipitare tutto.

Teresa                       (staccandosi bruscamente)     Non hai capito che ha una sua idea? Io lo conosco e ho paura perché sta zitto…..La nostra prima notte di nozze…..in un vecchio albergo, al bagno c’era un topo….mi faceva schifo.  (Di scatto al marito)        Racconta, racconta che cosa hai fatto. Ha chiuso la porta e con la prima cosa che ha trovato, così, a poco a poco, pazientemente, ha spinto il topo nel cesso, poi ha tirato la catena. Non l’ha ucciso, no. Ha aspettato che morisse….Adesso vuol fare altrettanto….Sapete cos’era lo straccio che agitava?

Paolo              Vergognati.

Teresa                       La mia camicia da sposa. Ed ero vergine, per di più. “A te la camicia non serve, stanotte”, mi ha detto….

Paolo                         Hai ragione di dire che ho una mia idea. Tornando a casa, voglio poter riferire a mia figlia le tue “difese”. E voglio dei testimoni, sicuro, che ti ho lasciato il tempo di tirarlo fuori il tuo fagottino di ragioni, fra le bugie di ogni giorno. (Le si accosta, sotto il viso)       Dì, ti facevi il viso con creme speciali per andare da lui? Il bidet coi profumi francesi? Ti facevi fare i massaggi sul ventre? Che cosa?  (La prende per un braccio)     Ce lo racconterai, davanti a tutti.

Teresa               (divincolandosi)          Voglio andar via! Voglio andar via!

Paolo                         (la spinge bruscamente a sedere)       Stai lì, adesso.     (E poiché Giulio ha fatto un passo avanti per intervenire, Paolo si volta di scatto e lo affronta)              Quanto a te che mandi le pansé, perché la bolletta del gas, tanto, la paga il marito…..- piccolo topo che si intrufola, oh!, stai sicuro, finirai anche tu nel cesso.  (Cade a sedere, ansimante, due dita al colletto).

Ersilia              (si rassetta lo scialletto con sussiego).

Teresa               (sfuggendo alle mani di Giulio, corre alla finestra, che spalanca).

Paolo             Siamo al pianterreno, te ne sei dimenticata?

Ersilia                       (si è alzata, si accosta a Teresa)        Venga qui, stia calma. Ha detto che vuol parlare. Le parole non fanno male e intanto si calma.

Cristina        Voglio andarmene. Apra la porta.

Teresa               Cristina non mi lasciare.

Cristina        Io che c’entro?

Giulio             Bisogna star qui, Cristina, anche lei, non lo capisce?

Un silenzio.

Ersilia                       (attraversa lentamente tutta la scena e si sistema comoda a sedere coi gomiti sul tavolo)      E poi non capita mica tutti i giorni….

Paolo                         (afferra una sedia e la porta avanti, quasi nel mezzo; si siede un po’ curvo come chi si prepara a una estrema confidenza).

Ersilia              Posso chiamare mio marito?....

Paolo                         Ci siamo sposati giovanissimi, io appena laureato e lei non ancora diciottenne…..Un matrimonio d’amore…

La luce si abbassa. Teresa e Paolo nel semibuio vanno al fondo della scena, voltano le spalle al pubblico. Teresa mette sul capo un lungo velo bianco. Si voltano e, sottobraccio, come quel giorno uscendo dalla chiesa, vengono alla ribalta. Tutti gli altri sono immobili.

Voce                Che Dio li benedica.

Teresa lascia il braccio del marito, che subito le è attorno, vezzeggiandola. I due attori dovranno agire con la scioltezza dei loro vent’anni, cosicché ne risulti un contrasto a un tempo patetico e ridevole.

Teresa si stringe al marito, ma la sua pancia di oggi la tiene discosta.

Il dialogo che segue sarà detto come una filastrocca.

Paolo             Ti amo.

Teresa               Ti amo.

Paolo              Per tutta la vita….

Teresa           Per tutta la vita…

Paolo              I fiori….

Teresa               La luce….

Paolo              ….la luna….

Teresa               …..le stelle….

Paolo              Oh!....

Teresa               Ah….

Paolo              …di chi è questo bel musino….?

Teresa               ….di chi è questa mano forte…?

Paolo. È tua….

Teresa.              È mio.

Paolo             Oh….

Teresa               Ah….

Paolo              Gattina….

Teresa               Orsacchiotto….

Paolo              Fai vedere….

Teresa               No….

Paolo             ….sì….

Teresa               ….no…

Paolo              Oooh…..

Teresa               Ti amo….

Paolo              Ti amo…

Teresa               ….la luna…

Paolo              …le stelle….

Teresa               ….la vita….

Paolo              Oh!

Teresa               Aaaaah….(si abbandona sulla pancia di lui).

Ciascuno dei due riprende il suo posto, mentre la luce torna normale.

Paolo                         Abbiamo vissuto per quindici anni la vita semplice di tre persone che si vogliono bene. Cerimonie festose, brevi malattie, incidenti comuni e, su tutto, gli occhi di nostra figlia. Un solo inconveniente: la mia grassezza che, non ancora vecchio, rendeva i nostri rapporti…

Ersilia              (ride).

Paolo                         (si alza lentamente, si toglie il lungo e ampio soprabito e appare ancora più grosso e grasso fuor di misura)            Così mi vedete meglio.

Altre risa.

Paolo             (tranquillo)      Quando vi sarete sfogati, non riderete più.

Nessuno ride.

Paolo                         E non sono malato. Sono soltanto obeso. Va bene, signora Ersilia? Va bene, la mia ragazza? Devo salire sulle bilance a parte indietro, va bene?

Teresa               Finiscila.

Paolo                         Guardo il peso con lo specchietto. Voi vi guardate la bocca, gli occhi. Io guardo le lancette della bilancia. Ci vedo anche un orologio, il tempo che passa e la morte, anche quella, alle mie spalle. Per questo ho fretta di sistemare le cose. (Riprende il suo posto e il racconto)          Venuta la guerra mi toccò di partire. Lasciavo mia moglie, mia figlia, la professione, le abitudini. Gli amici, no. Col matrimonio si erano consumati o dispersi. La mia vita era chiusa nel cerchio della famiglia e del lavoro. Passò un anno ed ebbi una breve licenza. Corsi a casa e trovai Isabella malata di tifo. Trascorsi quei tre giorni accanto al suo letto. Quando partii, la ragazza delirava, era in pericolo di vita. Questo episodio ha il suo significato, come avrete capito. Mia moglie si adirò con me perché non avevo voluto chiedere una proroga…..

Teresa               Quella notte dovevi restare.

Paolo                         Perché soltanto quella notte? Tutte le notti, tutti i giorni; in tutte le occasioni in cui partire o muoversi o fare qualsiasi altra cosa non coincidesse col mio interesse. Questo è il punto! Vivere secondo gli interessi e gli appetiti o vivere secondo il dovere.  (A Ersilia)    Voi siete portinaia…

Ersilia                       (risentita)        Cosa vuol dire col fatto che sono portinaia? È la seconda volta che me lo rinfaccia.

Giulio             Ersilia, nessuno vuole offenderla. Faceva un esempio…

Ersilia                       Gli esempi li lasci stare. A furia di esempi sono rimasta portinaia tutta la vita. Mentre io, se vuol saperlo…

Paolo                         Voglio dire che voi dovete chiudere il portone all’ora stabilita. Può esserci sempre un motivo di comodità per chiuderlo dieci minuti prima o dopo. Ma se voi faceste così, gli inquilini sopporterebbero le conseguenze del vostro disordine.

Ersilia                          Parla bene lei che va al cinema quando vuole. Io di giorno non posso muovermi e la sera arrivo sempre che è cominciato. Come la mettiamo?

Paolo                         C’è il dovere e basta!  (A Giulio)       C’è il rispetto degli altri e basta! Appetiti, desideri li abbiamo tutti. Che forse a me non poteva accadere di desiderare un’altra donna? Magari quando ero lontano? Darle un appuntamento segreto….(Si alza in piedi, esegue a mano a mano che parla)            Aspettarla….coi fiori in mano….le paroline all’orecchio….i bacetti proibiti…mhm….mhm....mhm….o gli amplessi, come si dice?, travolgenti…..(Vuol mostrare come sono, in caricatura, e sta per cadere).

Tutti meno Teresa, scoppiano a ridere.

Teresa               Basta!

Paolo                         (torna al suo posto, quasi vacillando)            L’avvocato Coroni non frequentava la nostra casa. Si erano conosciuti da giovani e lei lo ritrovò durante la guerra in una forzata coabitazione…..(Sorriseti, mormorii. Alzando la voce)        Nessun sospetto mi passò per la mente, quando me lo scrisse. Anzi, ero sollevato al pensiero che avesse vicino un amico di vecchia data….

Ersilia           Eh, no, scusi, lei….

Paolo                         (tagliandole la parola)           Lo specchio, la mia donna! Lo specchio dove ci si guarda quando si vuol bene! L’immagine della persona amata, come l’abbiamo vista il primo giorno: e poi com’era davanti all’altare…quel suo viso sudato e sfatto, da animale ferito, durante il parto….o piegato sulla culla di sua figlia….Questo è il mio specchio! La fiducia. Anche la mia immagine è fatta di questi tratti. Non si misura a peso, ma a ricordi comuni.

Ersilia           (come a teatro)           Bravo!

Teresa               Eh, no! Eh, no!

Giulio la ferma.

Paolo                         Mia moglie è morta. E l’ha uccisa lui!  (Giulio)        Io difendo mia figlia che lei ha tradito, lei, ingombrandone la stanza col suo corpo incontinente. Difendo nel cuore di nostra figlia l’immagine e il ricordo di sua madre!

Ersilia              (si rassetta lo scialle)

Teresa                       (scatta in piedi)           Stai barando, al solito, coi Sentimenti Nobili: il Dovere, gli Affetti Sacri…le tue comodità, ecco quello che sono. Lui si fa bello: la nostra vita “semplice”, “la fiducia”! Non ha neppur ritegno di speculare sugli occhi di sua figlia. La sua vita, così “piena”, che non vedeva altro, io gliel’ho data. Ogni giorno, dal caffè del mattino al sorriso per accoglierlo la sera – e ti sei mai domandato che cosa ci fosse in mezzo? Neppure gli amici. Perché lui diceva che non ci si può fidare….E come parli adesso di fiducia? Mi controllavi ogni minuto. La fiducia è un modo di essere indifesi e non rammaricarsene. Lui indifeso? Scommetto che anche prigioniero i suoi compagni dovevano sentire che era armato in qualche modo. I Principi sono la sua arma e se ne sa servire, oh se se ne sa servire. Quando Isabella era piccola e di notte piangeva, lui, per principio, continuava a dormire. Se incontra un affamato per la strada lui non gli fa l’elemosina, per il Sacro Principio del Lavoro…

Paolo              Avanti! Divertiti.

Teresa                       Scommetto che in prigionia avrà parlato dell’Amor di Patria, della Fedeltà alla Bandiera; chi sa? dei Cartaginesi, per dividere i pacchi altrui in razioni eguali.

Paolo              E questa è mia moglie!

Teresa               Si, tua moglie, e tu non sai ancora la verità, più bruciante: che ti volevo bene.

Paolo              E io non ti volevo bene? Facevi parte di me stesso.

Teresa                       Per questo mi volevi bene. Ma tu non facevi parte di me. Eri soltanto l’uomo che avevo sposato, fragile, come è l’amore…

Paolo             Il mio sentimento però ha resistito.

Teresa                       La tua vita ha resistito. Bella forza! “ Mia moglie è un angelo ”, dicevi: ti sdebitavi collocandomi in cielo. Adesso sono morta, va bene, ma non oggi; ogni giorno, in tanti anni. Tu malmenavi un gatto e io morivo. Tu mentivi a un amico e io morivo. Tu mentivi a te stesso coi sentimenti falsi e io morivo….

Giulio                        (facendosi avanti)       Il matrimonio è l’unione di due persone vive. Questo è un punto fermo. Se uno dei due coniugi muore, tutti compatiscono il superstite. Se si sposa di nuovo, dicono: “ Ha fatto bene, era tanto solo.…”. Ma se capita che uno dei due coniugi, pur restando in vita, non comunichi più calore, non comunichi più vita? È una vedovanza anche questa. E non avete sentito il marito parlare con un linguaggio da elogio funebre?

Paolo                         L’avvocato inchioda l’avversario con la sua argomentazione sottile!  (Facendosi sotto e a lui)            Perché saresti vivo tu, appiattato sotto l’armadio? Quando io pensavo a un possibile rivale, lo vedevo bello, giovane, irresistibile….Sei tu, con la tua mezza età, che russerai di notte più di me?

Giulio                        Io non sono il tuo rivale. Da giovani ci siamo contesi la stessa donna. Allora io feci di tutto per conquistarla.

Paolo              E non ci sei riuscito.

Giulio             Ci sono riuscito. È bastato ritrovarci per capirlo.

Paolo                         (sembra scosso. Infila gli occhiali, poi si alza. Va vicino a Giulio e, con gli occhiali sul naso, lo guarda bene, lo esamina con cura. Tutti seguono ogni sua mossa con apprensione. Si accosta alla moglie ed esamina anche lei, minutamente, come se volesse contarle i capelli bianchi. Ce ne sono? Poi va davanti a una specchiera e, prima di cominciare a parlare, fa cenno di sì, più volte con il capo)            Certo. Una donna ha diritto all’Amore.   (Guarda la moglie nello specchio)   Quante milioni di volte me lo sono detto, guardandomi allo specchio. Anche le lacrime sembravano gocce di grasso.            (Torna sui suoi passi, si mette alle spalle della moglie)       Ma un giorno è venuto il matrimonio di nostra figlia. Tu le mettevi il velo da sposa, e io quel giorno mi sentii pacificato…Mi pareva la risposta giusta, la vera risposta all’amore: i figli, il loro tempo, non più il nostro…

Ersilia              (con un sorriso)     Eeeeh!

Giulio             Stiamo parlando di noi, due uomini e una donna, non dei sentimenti riflessi.

Paolo              Tu devi tacere.

Giulio             Fino a che ti difendi con le tue mani, non con quelle di tua figlia.

Paolo                         Mia figlia non fa parte di me? È qui anche lei, al mio fianco, come se ci fosse. I miei diritti sono i suoi e i suoi spettano anche a me, perché io sono la Famiglia!

Giulio             Vostra figlia si è sposata, è uscita di casa. Ora si tratta della vita di Teresa.

Paolo             Appartiene a me.

Giulio             E se lei vuole disporne altrimenti?

Paolo                         (va a prendere la moglie, quasi la trascina al centro)           Tu devi dirmi come hai potuto vivermi vicina piena d’amore per un altro – stavamo assieme la sera, ti rimboccavo le coperte, ti facevo il solletico, mi allontanavi ridendo….Come hai potuto mentire fino a questo punto?

Teresa               (con dolcezza sincera)            Perché ti voglio bene.

Paolo             Questo è inganno, qui si confonde ogni valore!

Teresa                       Lasciami parlare. Sai che pensavo un minuto fa? Dove avrà lasciato la valigia?  (Lo previene)    Stai zitto. Pensavo che qui fa freddo e tu hai messo il soprabito leggero….

Paolo              (liberandosi)   Pietà. Non so che farmene.

Teresa               Ti parlo dei sentimenti che ho.

Paolo                         Dovrei accettare la tua pietà pelle pelle. La “ pena di farmi soffrire ”! Come se ieri e prima, quando non sapevo, io non soffrissi ancora di più. Sentire che se ne va….(e qui ci casca dentro, senza pudore; rivive ogni momento, ripetendo i gesti, le espressioni – goffo, patetico e ridicolo) ….perché uno lo sente….la giornata si aggancia a un ritardo, a una telefonata interrotta…a un profumo nuovo…a una borsetta di coccodrillo…Perché l’ha comprata? Poteva chiederlo a me….Anzi, adesso che me ne ricordo, io volevo regalartela e hai detto di no, che non ne avevi bisogno…Urtavi, magari, a un mobile, ti facevi un livido…e io passavo la notte a occhi spalancati. Di fuori c’era il mondo, le sciagure, le ambizioni…poteva crollare tutto e io stavo lì ad annotare su un pezzetto di carta un numero telefonico; l’orario di un treno, l’indirizzo della sarta…..A che pensavi sempre? A che pensavi…?

Ersilia                       (che si è divertita, commossa come al cinema)         Io non ho simpatia per la signora. L’avvocato è uomo, e faccia quello che vuole. Lui poi è anche l’inquilino, dico bene? Però, siamo ragionevoli: la signora, a suo modo, è sincera. E lei….non voglio mancarle di rispetto, ma una donna….(Vago accenno).

Paolo                         Avrei dovuto fare i massaggi elettrici? Mangiare un pomodoro crudo al mattino? Che altro? E sperare che quel pomodoro avesse più valore di tutta una vita che le dedicavo?

Teresa               Io mi dispero del male che ti ho fatto. No so se lui sia meglio di te, ma lui io lo amo.

Un silenzio.

Paolo                         (si china a raccogliere qualche cosa. Tutti cercano di capire cos’è. È uno spillo, che appunta al rovescio del bavero, accuratamente, ostentando la precisione del gesto, poi si avvicina ai “giudici” con quell’aria a un tempo disinvolta e carica di attesa degli avvocati “americani2 nei falsi processi al cinema. Sta recitando ma non lo sa. noi però dobbiamo capirlo).  Quand’ero prigioniero – un uomo ancora giovane che ha lasciato una donna che ama, bella, desiderata…costretto alla castità. (Rivolto ad Ersilia)            Anche con la pancia, gli istinti restano…E il caldo per di più, e l’ozio…Le forme sotto gli occhi, le rotondità della natura, degli oggetti…gli umori che trasudano….(Guarda tutti, uno per uno, sollecitando la comprensione, il consenso)    A un certo momento, m’ero messo in testa d’essere impazzito perché avevo davanti agli occhi – sempre, come una macchia! – (alla moglie) oh, non puoi immaginarlo….

Teresa               (imbarazzata e disgustata)     Paolo….

Paolo                         Cosa?  (Pausa. Alla moglie)   Sai cosa? Una tazzina di caffè. (Non lascia il tempo di ridere. Ancora alla moglie, con confidenza famigliare)        Quelle tazzine bianche col fiore azzurro. Quelle. Tu venivi verso di me e mi portavi una tazza di caffè. Sul letto, com’ero, per risparmiare le forze, mi sembrava d’essere convalescente, in attesa di guarire e tu venivi, con le tue mani fresche verso di me come se accorciassi il tempo e lo spazio, che ci separavano….Ti sedevi sulla sponda del letto, e mi dicevi: “Devilo, finché è caldo.” L’immagine della donna desiderata? Il suo corpo fresco? No, la tazzina di caffè: l’intimità di una vita comune, i dolori passati assieme, il termometro della bambina….la poltrona bruciacchiata, le parole ripetute ogni sera….

Ersilia              (intenerita)      Che bello….

Paolo                         Questo sognavo, ad occhi aperti, per anni, aspettando di tornare e ritrovare quella dolcezza quieta….(E, d’un tratto).        È il tuo amante? Ti piace andare a letto con lui? E la mia vita, dì, che ne hai fatto? È una mia proprietà, me la sono guadagnata ogni giorno – premure – stipendi, anche quelli. E la mia vecchiaia, che ne hai fatto?

Ersilia.             È come la pensione, in un certo senso….

Teresa               Noooo….

Paolo                         Anch’io ti portavo i fiori…ti facevo le sorprese….ti mettevo le mani sugli occhi…Ti ricordi come ti chiamavo?....Le risate….Ti lavavo la schiena con la schiuma….Facevamo i pic-nic sull’erba…Ti recitavo i versi….(è un flauto)    “Bella, mia bella – vorrei essere il cielo – per guardarti con mille occhi….” (misero e pietoso) ….ho la sua stessa età….

Ersilia              (ormai conquistata)    Poverino, neh….?

Teresa                       (secca)      Adesso sei sincero, che parli d’amore anche tu, a tuo modo, e ti pare di non poter vivere senza amore….Comprendi che è la sola cosa che conta, allora comprendi anche me….

Cristina        Oh, non posso più ascoltare. Io non sono una sua amica e neppure una sua complice. Ho avuto simpatia per lei perché la vedevo innamorata.     (A Paolo)  Lei mi ha chiamato ragazza. Sono vedova. Mio marito ha sofferto per un anno intero, a letto. Si raccomandava che lo lasciassi morire. Io mi sarei dannata per tenerlo vivo in quel letto. Non c’è che questo che sia vero. (Si copre la bocca con la mano, si volta per andarsene).

Una voce di donna dalla strada: è Isabella che chiama e batte, poi batte ai vetri della finestra.

Isabella        Apritemi. Aprite.

Un silenzio.

Paolo              Isabella….

Non sanno che fare, si guardano. Giulio va ad aprire il portone. Entra Isabella di corsa e coree verso la madre.

Isabella        Mamma.    (L’abbraccia, la tiene tra le braccia, protettiva, guarda il padre, poi Giulio, poi di nuovo il padre).

Paolo              Perché sei venuta?

Isabella        (alla madre, accennando ai “giudici” )        Chi sono? Mandali via.   (Guarda Giulio)     Anche lui.

Giulio             (esita, poi esce verso la camera da letto).

Gli altri escono, mormorando, verso l’ingresso.

Isabella        (si distacca dalla madre, si toglie il cappello, la pelliccia e si mette a sedere).

Paolo              Perché sei venuta?

Isabella        Sono arrivata in tempo.    (si alza)     Andiamo, adesso.

Teresa               Io non torno a casa. Ho paura.

Isabella        (affronta il padre)       Diglielo tu.

Teresa               Ho paura. Ho paura….

Isabella        (al padre)        Voglio parlare con lei. Lasciami con lei.

Paolo                         (esita, tra l’altro, non sa dove andare. Si dirige verso la camera da letto, poi invece, va all’altra porta. Esce).

Isabella          Ti ho telegrafato per avvertirti.

Teresa               Come sapevi che ero qui?

Isabella        Lo so da sempre, no?

Teresa               Oh….Il telegramma è arrivato che lui era già qui.

Isabella        Doveva finire così. Gli sono stata appresso tutti i giorni, tutto il giorno perché non partisse. È andato via di notte. Dovevi tornare prima.

Teresa               O prima o dopo lo avrebbe scoperto. Che potevo fare?

Isabella        Dirglielo.

Teresa               Era così solo…

Isabella        E adesso?

Teresa               Non lo so. Non lo so. Mi ripugna di parlare con te di questa cosa.

Isabella        Potevi credere che io non lo sapessi?

Teresa               E come?

Isabella        Me l’hai detto tu ogni giorno.

Teresa               Oh…..

Isabella        Era peggio, mi pare.

Teresa               Tu non puoi sapere, non puoi giudicarmi….Sono così disperata…

Isabella        Non ti giudico: sono cose che ti riguardano.

Teresa               (non se l’aspettava).

Isabella        (con disgusto).            È tutto così….uffa!

Teresa                       Come parli in questo modo? Credi che non abbia lottato? Non abbia sofferto? Proprio per te, soprattutto per te….

Isabella        Ti prego di non spiegarmi. Che vuoi fare?

Teresa               Ho paura di tornare a casa.

Isabella.       È vero?

Teresa               Si, è vero. Perché non dovrebbe essere vero?

Isabella        Vieni con me.

Teresa               È assurdo. Cosa direbbero gli altri?

Isabella        E a quello che dicono quando sei qui, non hai pensato?

Teresa                       (cercando scampo)     Io parlo della vita, domani, se dobbiamo separarci….Qeando una donna a un certo punto…La vita che….

Isabella        Perché adoperi parole vuote? “ LA VITA….” “ UNA DONNA ” Ma chi è davvero capace di vedere davanti a sé la propria vita e di sistemarla in anticipo? Persino nel matrimonio non si vede più in là dell’abito, del viaggio e delle prime notti…

Teresa               Isabella…

Isabella        Se uno ha il coraggio di dirselo bello chiaro, tutto diventa più semplice e vero. Anche per te.

Teresa                       Ma io, come tu metti le cose, sembra che abbia ceduto a sentimenti volgari….Io, dentro di me…mi ribello, assolutamente, e respingo….

Isabella        Allora non ti capisco.

Teresa                       In una donna, quelli che sono i sogni della giovinezza….Io a tuo padre ho voluto bene, ma questa parte di me….

Isabella        (sbrigativa)     Bene, si tratta allora soltanto di lui. (Si avvicina all’uscio da dove è uscito il padre).

Teresa               Isabella?

Isabella        (si volta)          Si?

Teresa                       Neppure una parola per dire che capisci….Sono stata una donna onesta tutta la vita…Ora tu sei sposata, felice, - una parola a tua madre, per riconoscere mia figlia, non un’estranea che mi giudica….

Isabella        Senti, mamma , anch’io avrei qualcosa da dire che riguarda me, la mia vita, come tu la chiami….Adesso si tratta di sistemare qui le cose senza tragedie. Tu sei decisa, no? vuoi lasciare la casa e andartene. Lascia andare “La vita!”, la tua, la mia….Stiamo ai fatti. Bisogna che papà accetti, si rassegni, eccetera eccetera. Occupiamoci di questo.

Teresa               Ma tu?....

Isabella        Sarebbe stato meglio se questi discorsi li avessimo fatti ieri o un anno fa, perché adesso papà è qui, con gli occhi degli altri addosso…

Teresa                       Ma tu….Voglio sapere da te, voglio che tu mi guardi     (le prende il viso tra le mani, la costringe a guardarla).     Se io posso farlo di guardarti così, senza vergogna….

Isabella        Non credi di volere troppe cose nello stesso tempo?  (Si distacca, apre l’uscio, chiama)   Papà.

Paolo entra.

Isabella        (comincia il discorsetto)         La mamma….(Vede il padre ansioso e misero e si ferma)        La mamma ti vuol bene, papà….Ti ha sempre voluto bene e se adesso…

Paolo                         (si tira su, assume l’atteggiamento della magnanimità)        Non parliamo più. Se vuol tornare a casa, io non la scaccerò. Io antepongo a ogni mio sentimento il bene della famiglia, il tuo bene, Isabella…

Teresa                       (a Isabella)      Lo senti? Prima, alla sola parola vera che ha detto da quando è entrato, io mi sono sentita colpita, ma lui non ha il coraggio di essere com’è, fosse puro egoismo, paura, gelosia, miseria. Lui ha bisogno dei sentimenti nobili; perché i suoi non hanno neppure la nobiltà di essere umani.

Paolo              Osi chiamare falso ciò che io dico per coprire dinanzi a nostra figlia….

Isabella        (con stanchezza)         Papà!     (Alla madre)      E anche tu. Così non riusciremo a niente. Se io fossi vostra madre e voi due bambini….

Paolo              Come ti permetti?

Isabella        Non mi permetto niente, papà. Ma tutto il tempo in treno non ho pensato che a questa disperazione di non saper essere mai veri con se stessi…

Paolo                         Tu sei una cara ragazza e io apprezzo il sentimento che ti fa parlare, ma questo non è un discorso per te. Tua madre e io….

Isabella        Farete ciò che riterrete giusto, è così?

Paolo. È così.

Isabella        posso saperlo anch’io?

Paolo                         Cos’è questo tono arrogante? Perché sei uscita di casa, credi di poter discutere da pari a pari?

Teresa               Isabella non intendeva…

Isabella        Lascia che risponda io. Papà ha ragione: sarebbe brutto che io fossi arrogante perché “sono uscita di casa”, come lui dice. La causa è un’altra, proprio la causa opposta: che quello che mi è accaduto dipende da voi.

Teresa               (muove un passo verso la figlia).

Paolo              (avanza a sua volta e si interpone tra la figlia e la madre che scansa con la mano).

Isabella        Stamattina, prima di partire ho portato a casa le valigie. Ieri con Giacomo ci siamo lasciati. Me ne sono andata. Non ci torno più.

Paolo              (grida)      Che dici?

Teresa               (si copre il viso e così resterà, immobile, spaurita e angosciata).

Isabella        Giacomo mi tradisce.

Sulla parete di fondo appare l’ombra di Giulio.

Paolo. È assurdo. Siete appena sposati.

Isabella        (ironica)          Perché, se invece fosse passato un anno, vero?...

Paolo              Voglio dire che si sa come sono queste cose, i sospetti dei primi tempi….

Isabella        Li ho visti. A letto.

Paolo              In casa vostra?

Isabella        Sì

Paolo              E lei….chi è?

Isabella        Non ha importanza.

Paolo              Sicuro che ha importanza: forse un’antica relazione, è così?

Isabella        Papà, non ti affannare.

Paolo                         Come non ti affannare? Sono tuo padre e dico….che può trattarsi che so? – di un addio…Ne avrai parlato con lui?

Isabella        Sì.

Paolo              E ha ammesso?

Isabella        Come avrebbe potuto negare?

Paolo                 Che cosa ha ammesso?

Isabella        (non risponde).

Paolo              Figlia mia, bisogna che io sappia…..Il fatto va inquadrato nella sua giusta luce…..

Isabella        Non serve a nulla, papà. Bisognava saperlo prima.

Paolo             Che cosa avremo dovuto sapere? E poi non te lo sei scelto da te tuo marito?

Isabella        Sì, da me. E peggio per me. Non di questo siete responsabili, ma di pensare, come fai, che si può rimediare.

Paolo                         Io condanno la cosa con tutta violenza. Ma tutti voi, gioventù moderna, siete superficiali….Poi ci pensa la vita a dare a ciascuno il senso delle cose….a inquadrare….

Isabella        Non vedi che la mamma non parla? Lei ha capito.

Paolo              Che cosa ha capito? Che cosa?

Isabella        Sono stata a confessarmi e il prete anche lui mi ha detto che bisogna perdonare. Ma io non voglio cominciare la mia vita così. Me ne farò un’altra.

Paolo             Anche questo hai detto al sacerdote?

Isabella        Certo.

Paolo              E cosa ti ha risposto?

Isabella        Cosa vuoi che dicesse? Che il divorzio è un peccato perdonato dagli uomini ma non da Dio; che un adultero può pentirsi, mentre chi divorzia si sente in pace con se stesso e diventa un peccatore “non recuperabile”….E così, viva l’adulterio!

Paolo                             Il senso è un altro. Non c’è possibile rapporto tra una stupida avventura e tutta la vita.

Isabella        (lentamente)    Stai ripetendo le parole di Giacomo: una stupida avventura….Poi ha cercato di buttarmi sul letto, va bene? Il giorno dopo mi ha portato una collana, va bene? Allora me ne sono andata.

Paolo              Non si risolvono le cose gravi con i colpi di testa.

Isabella        Papà, non hai capito? Voleva accomodare le cose facendo l’amore. La prossima volta io mi farò il visone.

Paolo              Lo dici a me, come se potessi io consigliarti un qualsiasi compromesso…

Isabella        Lo stai facendo.

Paolo              Come osi parlare così?

Isabella        Le hai viste le fotografie del mio matrimonio? Il gruppo di noi tre, con quegli occhi spauriti e le bocche tirate….

Paolo              Sarebbe a dire?

Isabella        Sono tornata dal viaggio di nozze tra gli evviva: i tuoi, i suoi, le zie, anche quelle nubili. Avete saputo a puntino quali musei abbiamo visitati, tutte le specialità gastronomiche che abbiamo gustate e come funzionano le ferrovie svizzere.

Paolo              (la segue e la scruta con diffidenza).

Isabella        Poi mamma mi ha preso da parte e mi ha domandato se tutto era “ andato bene ”. io non ho risposto, ma lei mi ha abbracciato dicendomi: “ Vedrai, figlia mia…”. E avete brindato alla nostra vita, ai figli, agli affari….

Paolo              Dove vuoi arrivare?

Isabella        Lo capisco adesso il silenzio della mamma. Non può non avere veduto nei mie occhi lo smarrimento….Ma la “ Vita ”, poi, la “ Casa ”, i “ Figli ”, e cos’, mettendo tutto assieme, aggiustando una cosa con l’altra, “ Vedrò ”! Che cosa vedrò? Il paralume rosa che ci ha regalato la zia Elvira e che sta così bene sulla colonnina!

Paolo              Non posso sentirti parlare così.

Isabella.       È così! La confusione tra le aspirazioni e i mobili del soggiorno, accomodano la strada, come si può  (li addita) – ecco come si può.

Paolo              Isabella!

Isabella        E perché fai le tragedie tu, adesso?

Paolo              (le è quasi addosso, come se stesse per schiaffeggiarla)       Ti impongo di tacere.

Isabella        Anche quella volta che mi hai dato uno schiaffo perché avevo detto che una cosa detta da te non era vera, anche allora mi imponesti di tacere e mi hai mandato a letto.  (Con dolcezza)           Ma tu avevi torto, papà.

Paolo              Non ahi il diritto di giudicarci.

Isabella        Io non vi giudico. Sono affari vostri! Ma le cose non cambiano.

Paolo                         Oh! Oh!  (Dimena il capo)     Niente deve essermi risparmiato!  (Va di corsa a prendere la moglie e la trascina accanto alla figlia)           Stai qui. Parla tu.

Teresa                       Figlia mia….Non ti feci altre domande al tuo ritorno dal viaggio di nozze perché….Quella volta che sei caduta da bambina e ti facesti un taglio tra i capelli, alla vista del sangue io non feci altro che mettere la mano e premerla, senza guardare. Non avevo il coraggio di vedere quanto male ti eri fatta…

Isabella        Ma si, mamma.

Teresa                       Ho mentito per anni, è vero. Ma che ne sai tu? Sorridevo per ingannarlo? No, perché lui fosse liberato dall’angoscia di interrogarmi. E poi la notte, pregavo che mi interrogasse.....È così difficile essere cattivi….

Paolo              Salvavi una tua apparente bontà, che ti giustificasse ai tuoi occhi.

Teresa                       Perché continui a mentire? Mi vuoi per te a costo della mia vita. Perché sei grasso, ti pare di non poter parlare d’amore e allora parli d’onore.

Paolo              Pur di tenerla ero pronto a perdonarla, è vero. Ma non si può andare avanti così….

Isabella        Allora ho fatto bene a lasciare Giacomo?

Paolo                         Eccomi con le spalle al muro, vero? Come se vi foste messe d’accordo. Come dice a me di perdonare Giacomo, lui perdonerà la mamma. Lo fai per il mio bene…un disgraziato che si vergognerà della nuova cameriera…che dovrà prepararsi da sé il bicarbonato….La sera prenderà la radio di Torino, quella locale, il programma di lei, che sta con l’altro e ridono….Anche a questo hai pensato, vero? Questa volta lo mandi a me il telegramma, di risparmiarmi questa figura da babbeo…Non si tratta di me. Siamo milioni – tutti grassi in qualche modo – e dobbiamo difenderci. Lascerai tuo marito….

Isabella        (con una certa asprezza)        Sono incinta.

Paolo              E lui lo sapeva?

Isabella        Glielo avevo detto un’ora prima di scoprirlo sul nostro letto.

Paolo              (sembra impazzire)     Questo mondo fa schifo. Qualcuno deve pagare!

Isabella        (spaventata)    Papà!

Paolo                         (si è fermato di colpo: corre alla tavola, impugna la pistola, corre alla ricerca di –Giulio). È lui che pagherà. Per tutti.

Isabella        (gli corre appresso, gridando)           Papà….

Una sedia rivoltata. Teresa cade. Giulio appare sulla soglia. Come un sipario scende la facciata della casa. Sulla strada.

Ersilia              Hei! Hei! Correte!

Entra un agente.

Un agente      Cosa c’è?

Ersilia              Hanno sparato. Qualcuno ha sparato. Chiamate la polizia.

L’agente corre via. Si rialza la facciata della casa.

Paolo                         (è solo al centro della stanza, seduto, fermo e insaccato. La tavola è stata spinta contro l’uscio, a sbarrarlo. Elementi in disordine).

Isabella rientra quasi di corsa. Ha avuto paura di quel silenzio improvviso dopo le grida e il battere degli inquilini che volevano forzare l’uscio. Ha temuto che il padre potesse agire contro se stesso. Lo trova, com’è: un uomo grasso e sudato che respira a fatica.

Isabella        Papà! Ti senti male?

Paolo              (senza muoversi)         Dov’è?

Isabella.       È di la che piange.

Paolo              Ti ha detto niente?

Isabella          Piange. Mette in ordine la stanza, piega gli asciugamani, e piange. Cos’è questo, papà? Perché non gridiamo? Perché non gridi anche tu?     (Lo scuote)            Scuotiti, dì qualcosa.

Paolo                         Nel primo tiretto del mio scrittoio c’è il libretto degli assegni. Ne troverai uno, il primo, già firmato con la data in bianco. L’ho firmato prima di partire. Vai alla banca e ritira tutto.

Isabella        Papà….

Paolo              Devi mettere la data in alto. La data di oggi. Domani non avrei potuto firmarlo….

Isabella        Papà!

Paolo              Ci saranno le spese – e poi….

Isabella        (disperandosi)     Oh papà!

Paolo                         Dirai alla Giuseppina che prepari lei le parcelle degli ultimi lavori. Lei li sa. i clienti è inutili avvertirli, ci penseranno i giornali….

Isabella        Di che parli, papà? Hai sentito come battevano alla porta? Sono andati a chiamare la polizia. Ti porteranno via….

Paolo              per questo. Per questo….Penso a voi, a te…..

Isabella        Prima non hai pensato a noi?

Paolo              Io l’ho fatto per te.

Isabella        Che cosa hai fatto per me? Di lasciarci sole, con l’angoscia di quello che ti capiterà...

Paolo              Qualcuno doveva pagare.

Isabella        Oh, papà, siamo noi che paghiamo. Ci segneranno a dito, e tu chi sa come….

Paolo                         (smarrito)        Figlia mia, non ti aggiungere anche tu. Stiamo calmi. Abbiamo così poco tempo…

Isabella        Questo silenzio intorno a noi dopo tutti gli urli. Peggio che se stessero sfondando la porta….

Paolo              Stiamo fermi. È un delitto? Pagherò. Ma non è un delitto. Davanti a Dio…

Isabella        (lo ferma)        Papà! Fuggi. Fai ancora in tempo. Fai ancora in tempo.

Paolo              Come puoi pensare che io vi lasci sole?

Isabella        E non ci lasci sole lo stesso, tra pochi minuti?

Paolo              A che servirebbe?

Isabella        Non lo so. Ma non voglio vedere che ti portano via. Papà, che hai fatto? Qualsiasi cosa era meno grave, meno desolata. Povera mamma.

Paolo              Isabella!

Isabella        Anche lei, sì; disgraziata. E tu. E io. E quell’altro con le mani sul viso. Che orrore!

Paolo                         (vacilla)           Stai zitta. Ho bisogno di forza. Che venga qui. Abbiamo pochi minuti. Bisogna sistemare le cose. Per voi. Come potete vivere. C’è il mutuo da pagare. Cose che so soltanto io.    (Si è alzato) Devo dirvele. Deve saperle.

Isabella        Non è questo, papà.

Paolo              (la guarda)

Isabella        Non basta. Non basta!

Paolo              Che cosa non basta?

Isabella        Sono corsa qui col cuore in gola. Temevo per te. E adesso vorrei aiutarti, ma vorrei anche….- perdonami, l’ho pensato! – vorrei che tu fossi morto prima – che non fosse accaduto. Di questo si tratta, papà. Questo devi sistemare fino in fondo. Devi dirmi i sentimenti che devo avere, adesso. Per te, per lei, e per quell’altro….E per me, che ho soltanto paura….(Piange).

Paolo                         Non ti far sentire dalla mamma. Devi stare dalla parte mia. Ci siamo difesi. Io t’ho difeso. E anche lei.    (Alza il tono improvvisamente)   Non ti permetto di cambiare le cose, adesso.    (Più alto ancora)           Ce l’ho io, su di me. E non ti permetto….

Isabella        (pausa. Con desolata dolcezza)         Che cosa non ti permetti?

Paolo                         (crolla)                  Oh, figlia mia. Stai zitta.    (Barcolla, si appoggia alla spalliera di una sedia)               Chiamala.

Isabella        E poi?

Paolo                         (si siede, si strofina le ginocchia)       Avevi ragione tu. Abbiamo taciuto troppo. Sempre. Ma cosa c’è da dire?

Isabella        Povero papà.   (Appoggia il viso, piangendo, alla sua spalla)

Teresa entra. Ha il viso assorto in un pensiero unico. Attraversa la stanza come se dovesse prendere o riporre un oggetto. Invece, giunta all’altra parete, torna indietro. Paolo, che le volta le spalle, non si muove. Isabella la segue con lo sguardo.

Isabella        (sottovoce)      Mamma….

Teresa               Si         (continua a camminare, sta per uscire).

Isabella        Fermati qui.

Teresa               (si ferma senza voltarsi).

Isabella        (le va vicino, la prende per mano, la conduce a sedere. Teresa non fa resistenza)                          Papà….deve dirti…alcune cose….

Paolo              (implorando)     Parla, Teresa. Non lasciarmi andare via senza una parola.

Isabella        Mamma….

Teresa               Non c’è tempo per parlare, adesso.

Isabella        Tutto questo che è accaduto…

Teresa                       Bisogna fare qualche cosa….Che cosa possiamo fare?        (A Isabella)     Muoviti!   (Al marito)            E anche tu. Pensiamoci! Non star qui ad aspettare che lo portino via.

Isabella        Anch’io gli ho detto di fuggire….

Teresa               (pratica)          Non serve.

Paolo             Devi ascoltarmi, Teresa…

Teresa                           (continua a riflettere, non gli bada, segue un proprio ragionamento)          Non c’erano testimoni, soltanto noi due.

Isabella        (crede che vagheggi)     Che cosa dici? Tutti hanno udito, tutti sono testimoni….

Teresa           Potrebbe essersi ucciso….

Isabella        Gli ha sparato da lontano….

Teresa.              È vero….

Paolo             A che pensi, Teresa?

Isabella        Non c’è niente da fare.

Paolo              (si alza lentamente)     Lo fai per me?

Teresa               (non risponde)

Paolo                         Lo fai per me?....Per salvarmi?.....Allora….a tuo modo….Credevo che non fosse rimasto più niente….Teresa….

Teresa               Per carità!

Paolo                         Non mi importa niente di tutto il resto….Se tu….se io… Teresa….volevo dirti del mutuo….Isabella ritirerà il denaro alla banca…

Teresa               Quanto?

Paolo                         (come se avesse ricevuto un pugno in pieno petto)    A sentirti parlare, preoccupata di me – avevo provato….Ma quello che ti preme è la tua tranquillità!

Teresa               Non perdere tempo. È inutile.

Paolo              Inutile?

Teresa                       Vai in galera, lo sai? Smettila una buona volta. Non si tratta soltanto di te, ma di noi due….

Isabella        (per fermarla, inorridita)        Mamma!

Teresa               Ti prendi le tue vendette, e noi?

Paolo              Io l’ho fatto per te.

Teresa               E per lei, no?

Paolo              Sicuro. Per lei.

Teresa               Lo vedi che non lo sai neppure tu?

Paolo. È lo stesso sentimento.

Teresa               (non gli risponde subito, gli va vicino, sotto il viso, quasi urlando)     Anche il mio!

Paolo             (urlando)         Che cosa?

Teresa                       Non lo faccio per te. Forse lo faccio per me e per lei, e anche per te, non lo so….Ti odio, sì, ti odio per quel poverino, sono io che l’ho fatto morire – per vigliaccheria….

Isabella        Mamma….

Paolo                         E allora no.  Non accetto la tua finzione. Mi accuserò da solo. Non voglio la tua pietà!

Teresa                       Devi salvarti! Tutto è accaduto per questo – per salvare te e lei in qualche modo….(va allo scrittoio, affannata, apre un cassetto e prende qualche cosa. Torna sui suoi passi, verso il marito)            Questa è una rivoltella. Tu eri caduto e lui ti minacciava – addosso a te    (lo spinge per farlo cadere e lo fa cadere) – ti ha pestato,così – ti ha colpito col calcio, così così così, minacciandoti….(Lo colpisce più volte col calcio della pistola, sembra che voglia ucciderlo).

Isabella        (agghiacciata, senza muoversi)          Mamma….

Teresa                       Hai sparato da terra per difesa – da terra, hai capito? Dopo essere stato colpito così così così…(Gli volta le spalle).

Paolo              (si rialza a fatica, si siede).

Rumori di passi che si avvicinano.

Isabella        Vengono!

Colpi all’uscio.

Voce                Aprite! Aprite! In nome della legge!

Teresa                       (alla figlia)      Metti la mano sulla sua spalla. Stai qui, più vicina. Devono trovarci uniti, solidali. Ci siamo difesi. Ci siamo difesi.

Il gruppo si stringe. Il padre in mezzo, seduto, le due donne ai lati, attaccate a lui e con le teste erette. Isabella scoppia a ridere, a ridere mentre l’uscio viene forzato. Prima che qualcuno entri cala il sipario.