Andromaca

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Euripide

Andromaca

Jacques-Louis David – Andromaca veglia Ettore

Edizione Acrobat

a cura di

Patrizio Sanasi


(patsa@tin.it)


Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

PERSONAGGI DEL DRAMMA

ANDROMACA

ANCELLA

CORO (delle donne di Ftia)

ERMIONE

MENELAO

FIGLIO DI ANDROMACA, Molosso

PELEO

NUTRICE

ORESTE

NUNZIO

TETIDE

ANDROMACA

ANDROMACA

Tu, città di Tebe, orgoglio della terra asiatica, da te mi allontanai, con un corredo splendido, ricco di ori, per entrare nella regale dimora di Priamo, assegnata in moglie a Ettore, per dargli un erede. Era invidiabile un tempo la mia sorte: ora io, Andromaca, sono la donna più infelice del mondo [se altra mai vi fu o vi sarà]. Il mio sposo, Ettore, l'ho visto morire ucciso da Achille: Astianatte, suo figlio e mio, i Greci lo hanno precipitato dall'alto delle torri, dopo aver conquistato Troia. Appartenevo a un casato di gente libera, ed eccomi ridotta a schiava nell'Ellade: una preda della guerra troiana toccata a Neottolemo, un isolano. Abito nella pianura che separa le due città di Farsalo e Ftia: ci aveva già abitato Tetide, dea del mare, insieme a Peleo: volevano starsene lontani dalla gente, in solitudine. I Tessali chiamano questo posto Tetideo, in ricordo delle nozze della dea. Qui risiede Neottolemo, figlio di Achille: ha lasciato il governo del paese nelle mani del vecchio Peleo; non vuole togliergli lo scettro finché è vivo. Nel suo palazzo ho dato alla luce un maschio, l'ho avuto dal figlio di Achille, mio padrone. Ma nei miei mali nutrivo una speranza: che mio figlio, un giorno, mi sarebbe stato di difesa e di aiuto contro le avversità. E poi il mio signore prese in moglie Ermione, la Spartana, e da allora rifiuta il mio letto di schiava, mentre lei mi perseguita con cattiveria. Sostiene che l'ho resa sterile e odiosa al marito, grazie a filtri segreti, che intendo detronizzarla, in casa, cacciarla con la violenza dal talamo nuziale. Ma io quel connubio non l'avevo mai voluto prima, e ora non esiste più: Zeus deve saperlo, siamo stati insieme, sì , Neottolemo e io, ma mio malgrado. Non riesco a convincerla che le cose stanno così : si propone di uccidermi, e Menelao, suo padre, è pronto a collaborare con lei. È già a palazzo, è a rrivato da Sparta proprio per questo. Così io sto qui, nel tempio di Tetide attiguo al palazzo: mi ci sono rifugiata per paura, cercando protezione contro la morte. È un santuario venerato da Peleo e da quelli della sua famiglia, eretto in memoria delle nozze della Nereide. Mio figlio, l'unico mio figlio, l'ho inviato, di nascosto, a casa di amici: temo per la sua vita. Suo padre, purtroppo, non può aiutare né me né lui, non esiste per suo figlio perché è andato a Delfi, per espiare la propria follia. Quale ? Un giorno si recò a Pito, a chiedere ragione a Febo che gli aveva ucciso il padre. E ora in veste di supplice chiede che vengano dimenticati i suoi trascorsi vorrebbe assicurarsi in futuro la benevolenza del dio.

ANCELLA

Padrona mia! Non mi esimo dal chiamarti così , è l'appellativo con cui mi rivolgevo a te, giustamente, in patria, quando abitavamo in terra troiana: ho sempre nutrito devozione per te e per tuo marito, quando era in vita. E ora eccomi qui, devo informarti di novità poco buone: ho paura, è vero, di venir scoperta dai miei attuali padroni, ma provo compassione per te. Stai in guardia: Menelao e sua figlia cospirano ai tuoi danni cose tremende.

ANDROMACA

Carissima compagna di schiavitù - perché tu condividi la sorte di schiava con la tua antica padrona votata ormai all'infelicità - cosa stanno facendo? Che trappole architettano per uccidere una povera disgraziata?

ANCELLA

Sì , proprio disgraziata. Vogliono uccidere tuo figlio, il figlio che avevi cercato di mettere in salvo. Menelao è uscito dal palazzo per scovare dove si trova.

ANDROMACA

Hanno saputo che l'ho portato via? E chi glielo ha detto? Sono disperata, è la fine, per me.


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

ANCELLA

Lo ignoro, di loro so solo questo.

ANDROMACA

Èproprio la fine, per me. Quei due avvoltoi piomberanno s u di te, figlio, ti uccideranno: l'uomo che porta il nome di padre, per te, se ne sta ancora li, a Delfi.

ANCELLA

Certo, se fosse qui di persona, la tua situazione non sarebbe così cattiva. Ora come ora, sei priva di amici.

ANDROMACA

Ma non corre voce che Peleo stia venendo qui?

ANCELLA

È troppo vecchio per esserti di qualche aiuto.

ANDROMACA

Eppure, gli ho mandato più volte dei messaggeri.

ANCELLA

E speri che qualcuno di loro si preoccupi sul serio per te?

ANDROMACA

Non ho nessuna ragione per crederlo. Non vorresti andarci tu?

ANCELLA

E che scusa trovo per giustificare un'assenza così lunga dalla reggia?

ANDROMACA

Sei una donna: e comunque in grado di inventarti mille pretesti.

ANCELLA

È rischioso. Ermione vigila, e non è cosa da poco.

ANDROMACA

Lo vedi? Appena un amico è in difficoltà, ti tiri indietro.

ANCELLA

Non è vero, non è un rimprovero che mi puoi rivolgere. Va bene, andrò da Peleo: tanto non piove luce sulla vita di una schiava, anche se rischia di morire.

ANDROMACA

Va', muoviti. Noi leveremo al cielo le grida, i lamenti, i pianti, che ci sono familiari. Per le donne è una consolazione avere di continuo sulle labbra e sulla bocca i mali che le stanno angustiando. E io ho non uno ma molti motivi per dolermi. La mia città, la morte di Ettore, il genio malefico che mi soggioga da quando caddi in una schiavitù indegna. No, non si può dichiarare felice un uomo, senza aver visto come si è concluso l'ultimo giorno della sua esistenza, prima che discenda nell'aldilà.

Nell'alta rocca di Troia, Paride non portò in sposa Elena, ma la sciagura in veste nuziale.

Per colpa sua, Ares mise a ferro e a fuoco la città, la distrusse, piombando rapido con mille navi.

Il mio Ettore, il marito di me sventurata, lo trascinò dietro al carro intorno alle mura il fi glio di Tetide, la dea del mare.

Io dal talamo venni condotta alle rive del mare, mi cinsero il capo con l'atroce corona della schiavitù.

Lasciai in cenere la mia città, le mie stanze, il mio sposo;

le lacrime mi inondarono il volto.

Che senso ha per me, infelice, vivere ancora,

per essere serva e vittima di Ermione.

Tendo le mani supplici alla statua della dea, mi sciolgo come goccia che stilla dalla pietra.

CORO

str. a

O donna che da lungo tempo siedi nel sacrario di Tetide

e non lo abbandoni

io, Greca di Ftia, sono accorsa da te che sei Asiatica.


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

Forse potrei recidere

l'inestricabile nodo dei dolori

che hanno avvinto in un conflitto odioso

te e Ermione: sventurata,

hai in comune con lei

il letto del figlio di Achille.

ant. a

Riconosci il destino che ti attende,

valuta le tue disgrazie. Una Troiana

si misura coi re di Sparta, nati a Sparta?

Esci dal tempio della dea marina,

ricco di vittime. A che ti serve

consumarti, angosciata, nel corpo

piangendo per i soprusi dei padroni?

Non eluderai il loro potere.

Cosa tenti di fare? Non sei niente.

str. b

Lascia il bel tempio della dea Nereide:

renditi conto che sei schiava,

in un paese straniero,

in una terra non tua,

non vedi amici intorno a te.

Tu soffri e patisci ogni patire.

ant. b

Provai pena per te, donna d'Ilio,

quando entrasti in casa dei miei padroni,

ma ho paura e mi chiudo nel silenzio.

Compassiono la tua sorte, ma prego

che Ermione, stirpe di Zeus,

non si accorga di questi miei sentimenti.

ERMIONE

Lo vedete lo sfarzoso diadema d'oro, che porto, le vesti policrome che indosso? Non sono gioielli che ho preso qui, non provengono dalla casa di Achille o di Peleo. Sono spartani, un regalo di mio padre Menelao, e mi autorizzano a dire quello che mi pare. [Eccovi la mia risposta, donne di Ftia.] E tu, che sei una schiava, una prigioniera di guerra, tu vuoi diventare padrona in questa casa, cacciarmi via: i tuoi filtri mi hanno resa odiosa a mio marito, per colpa tua il mio ventre avvizzisce sterile.

Sei un'Asiatica e dunque molto abile in queste cose. Ma ora, basta! Non ti serviranno né il sacrario della Nereide, né l'altare, né il tempio: morirai. E se qualcuno, fra i mortali o i celesti, desidera salvarti, dovrai scendere dal tuo piedistallo di superbia, rannicchiarti umilmente, strisciare ai miei piedi, spazzarmi la casa versare con le tue manine acqua dalle mie brocche d'oro, capire finalmente dove sei. Qui non ci sono più né Ettore né Priamo né le loro risorse: è una città greca, la nostra. Sciagurata, sei tanto demente da andare a letto col figlio dell'uomo che ha ucciso tuo marito, da generare figli ad un assassino. Ma già, i barbari sono fatti così . Il padre si accoppia con la figlia, il figlio con la madre, il fratello con la sorella, i parenti più stretti si ammazzano tra di loro, e non c'è legge che lo vieti. Non pensare di introdurre fra noi usanze del genere. Non è bello che uno stesso uomo metta le redini a due donne: no, da noi chi non vuole vivere nella vergogna, si accontenta e riserva la sua attenzione a un solo amore coniugale.

CORO

L'animo femminile è soggetto alla gelosia, una donna non può che aborrire le rivali.

ANDROMACA

Brutta faccenda, per i mortali, la giovinezza e, ancor più la mancanza di giustizia nella giovinezza. Ho paura che l'essere tua schiava mi impedisca di parlare, anche se ho dalla mia molte buone ragioni. Se poi dovessi avere la meglio, temo di attirarmi dei guai. La gente superbiosa sopporta male di essere vinta dagli inferiori. Ma nessuno mi sorprenderà a tradire me stessa. Spiegami, ragazza, in base a che potrei spodestarti dal rango di sposa legittima. Ah, già: Troia è più potente di Sparta, † la mia sorte è superiore alla tua, † io sono libera, lo vedi. O pensi che io voglia sostituirmi a te nel governare il palazzo, perché sono giovane, fiorente d'aspetto, perché mi esaltano il potere della mia città, gli amici? Ma è naturale: intendo mettere al mondo dei figli, al tuo posto, perché siano schiavi, costituiscano un bel carico da rimorchiare per me. E nessuno protesterà se i miei figli diventano signori di Ftia, visto che tu resti sterile? Certo, i Greci mi adorano, per via


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

di Ettore, e io ero un oscuro personaggio, non una principessa frigia. Tuo marito ti odia non per i miei filtri, ma perché non sei capace di vivere con lui. Anche la capacità di convivere è un filtro. Non è la bellezza, sono le belle qualità di una donna a allietare il marito. Ma tu basta che qualcosa ti vada di traverso e subito Sparta è grande, Sciro non vale nulla, tu sei ricca e gli altri dei poveracci, e Menelao per te è meglio di Achille. Ecco perché tuo marito ti detesta. Una dorma, anche se l'hanno data in moglie a un cattivo marito, lo deve amare, non deve fargli opposizione. Se tu avessi sposato un sovrano della nevosa Tracia, dove molte mogli si dividono a turno il letto di un unico sposo, le avresti uccise? Col risultato di estendere a tutte le donne la taccia di sfrenatezza erotica? Ma è una vergogna. È vero che soffriamo di questa malattia più dell'uomo, ma cerchiamo almeno un modo elegante per nasconderlo.

Carissimo Ettore, per amor tuo, se Cipride ti irretiva, amavo con te. Molte volte ho offerto il mio seno ai figli che avevi avuto da altre, per non causarti amarezza. In questo modo, con questa mia virtù, legavo a me mio marito. Tu non permetteresti neanche a una goccia di rugiada piovuta dal cielo di posarsi su tuo marito: hai paura. Non vorrai superare tua madre Elena nell'attaccamento agli uomini: lascia perdere. I figli, se hanno senno, devono evitare i cattivi costumi della madre.

CORO

Padrona, † non ti costa troppo convincerti, † fa' la pace con lei.

ERMIONE

Ma che paroloni usi, e quanto discuti! Come se tu fossi casta e io non lo fossi.

ANDROMACA

Dai discorsi che hai tirato fuori, non si direbbe.

ERMIONE

Il tuo tipo di buon senso non te lo invidio.

ANDROMACA

Sei giovane e dici cose vergognose.

ERMIONE

Tu non le dici, le fai contro di me, per quanto puoi.

ANDROMACA

Non vuoi sopportare in silenzio le tue pene d'amore?

ERMIONE

Perché? L'amore non è la cosa più bella al mondo, per le donne?

ANDROMACA

Sì , se è un amore onorevole: altrimenti, no.

ERMIONE

Nella nostra città non si adottano usanze barbare.

ANDROMACA

La vergogna è vergogna tanto da noi che qui.

ERMIONE

Come sei intelligente! Ma morirai lo stesso.

ANDROMACA

La statua di Tetide ti sta guardando. Non te ne accorgi?

ERMIONE

Ma è la tua terra che la dea odia: le hanno ucciso Achille laggiù.

ANDROMACA

L'ha ucciso tua madre Elena, non io.

ERMIONE

Continui a girare il coltello nella piaga?


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

ANDROMACA

Va bene, sto zitta, mi chiudo la bocca.

ERMIONE

Sai perché sono venuta. E allora, parla.

ANDROMACA

Io dico che tu non ci sei tutta, di cervello.

ERMIONE

Il sacro tempio della dea marina lo lasci, o no?

ANDROMACA

Se non devo morire, sì : altrimenti, mai.

ERMIONE

È già tutto deciso: non aspetterò      certo il ritorno di mio marito.

ANDROMACA

E io non mi consegno a te prima del ritorno di tuo marito.

ERMIONE

Io ti brucerò viva, senza farmi scrupolo...

ANDROMACA

Bruciami viva: gli dèi lo sapranno.

ERMIONE

ti farò soffrire, frustandoti orribilmente.

ANDROMACA

Ammazzami, macchia di sangue l'altare della dea: Tetide ti punirà.

ERMIONE

Sei una bestia selvatica, temeraria e ostinata. Opponi resistenza alla morte? Ma io ti stanerò ben presto dal sacrario, e uscirai di tua volontà: ho un'esca irresistibile. Non ti dico altro: fra poco, parleranno i fatti da soli. Stattene pure seduta lì : anche se tu fossi saldata con il piombo, ti tirerò fuori prima che arrivi il figlio di Achille, l'uomo in cui confidi.

ANDROMACA

Sì , confido in lui. È strano. Un dio ha e largito ai mortali i rimedi contro i serpenti velenosi, ma contro una donna malvagia, che è qualcosa di peggio delle vipere e del fuoco, non si è trovato mai medicina. [Per l'uomo noi siamo un flagello.]

CORO

str. a

Fu Hermes, figlio di Zeus e Maia,

a inaugurare una serie di lutti,

quando guidò

a una valle dell'Ida

un carro a tre cavalli, dal bel giogo,

portando tre dee

e la loro rovinosa contesa di bellezza.

Meta erano le stalle

di un giovane pastore solitario

e la sua casa sperduta.

ant. a

Nella valle fitta d'alberi

le dee bagnarono il corpo splendente

in acque dl fonti montane.

Apparvero al figlio di Priamo

tra loro duellando


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

con mille parole insensate.

Lo catturò Cipride con il suo dire

ingannevole, dolce a sentirsi,

amaramente funesto per la vita dei Frigi,

per la loro infelice città.

str. b

La madre doveva liberarsi

di Paride, del suo figlio malefico

prima che egli si insediasse

sul monte Ida, allorché Cassandra

presso il profetico alloro

urlò «Uccidetelo:

causerà la rovina di Troia».

A tutti si rivolse, supplicò

uno per uno gli anziani:

«Uccidete il neonato».

ant. b

Le Troiane potevano evitare, così ,

la schiavitù e tu donna

potevi regnare

in case sovrane. L'Ellade

avrebbe ignorato † l'aspro travaglio †

di giovani, per dieci anni smarriti

in armi

† sotto le mura di Troia. †

I letti non sarebbero rimasti vuoti,

i vecchi non sarebbero divenuti orfani.

MENELAO

Sono qui, e ho con me tuo figlio; all'insaputa di Ermione avevi cercato di metterlo al sicuro, in casa di altri. L'effigie della dea - così ti auguravi - avrebbe salvato te e i custodi di tuo figlio avrebbero salvato lui. Ma ora si scopre che Menelao è più furbo di te, donna. E se non esci di lì , se non oltrepassi quella soglia il bambino verrà sacrificato al posto tuo. Pensaci bene: vuoi morire tu o preferisci che perda la vita Molosso, per il grave torto che infliggi a me e a Ermione?

ANDROMACA

Cosa è mai la fama! La fama! Ha reso grandi tanti individui che non valevano nulla. [Beato è, per me, chi gode di vera gloria: la gloria basata sulla menzogna, io la ritengo apparenza, un dono del caso.] Sei stato tu alla testa di truppe scelte greche, a togliere Troia a Priamo, tu, un essere così insignificante? In base alle parole di tua figlia, poco più di una ragazzina, ti sei acceso dl ira e muovi guerra a una povera donna, a una schiava. No, tu non meritavi di conquistare Ilio, né Ilio si meritava di venir conquistata da te. [Sono tutto un brillio le persone esteriormente sagge, ma dentro non differiscono dal resto dell'umanità: a meno che non si tratti di ricchi, perché la ricchezza ha un bel peso. Menelao, veniamo al dunque.] ‹ ... › Mettiamo che io sia morta, che tua figlia mi abbia ucciso! La macchia di immonda assassina non gliela toglierà nessuno. Ma anche tu sarai chiamato a rispondere davanti alla gente di omicidio; è inevitabile, sei un complice. Supponiamo che io sfugga alla morte: ucciderete mio figlio? Neottolemo, il padre del bambino, accetterà tranquillamente il fatto? Troia non lo definisce davvero un codardo: dunque imboccherà la strada giusta, si mostrerà, nell'agire, degno di Peleo e di Achille, caccerà Ermione di casa. Cosa dirai, al momento di darla in sposa a un altro? Che una donna virtuosa ha abbandonato un marito perverso? Ma non se lo crederà. E lei se lo trova davvero un marito? O dovrai tenertela in casa, destinata a invecchiare da vedova? Poveruomo, non ti accorgi di come si moltiplicano i mali? Preferisci scoprire tua figlia offesa da molte trasgressioni coniugali o patire i guai che ti sto enunciando? Non si provocano dei disastri per delle piccolezze. E se noi donne siamo una calamità, non è obbligatorio che gli uomini copino la nostra natura. Se ho gettato il malocchio su tua figlia, se l'ho resa sterile, come sostiene lei, ebbene, sono pronta di mia volontà, senza nessuna costrizione, e senza prostrarmi davanti agli altari, sono pronta a sottopormi a giudizio, a rimettermi nelle mani di tuo genero: dopo tutto gli ho procurato una perdita grave privandolo di figli legittimi. Questa è la mia decisione. Ma c'è qualcosa che temo in te, nel tuo sentire: per una lite relativa a una femmina hai distrutto la sfortunata città dei Frigi.

CORO

Per essere una donna hai parlato troppo rivolgendoti a degli uomini, ‹ ... › la tua prudenza ha spuntato le sue armi.


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca


MENELAO

Donna, sono quisquilie queste, indegne del mio potere sovrano e dell'Ellade, come asserisci tu stessa. Ma c'è una cosa che devi sapere: per chiunque la necessità che lo preme conta più che non espugnare Troia. Io sono qui come alleat o di mia figlia, perché ritengo un fatto gravissimo venir privati del letto coniugale. Gli altri eventuali patimenti per una donna sono secondari: ma se le sottraggono il marito, le sottraggono la vita. È giusto per Neottolemo comandare sui miei servi, come per me e i miei cari comandare sui suoi. Gli amici, se sono davvero tali, non hanno nulla di esclusivamente proprio: i loro beni sono in comune. Se mi metto a attendere gli assenti e tralascio di sistemare al meglio le mie cose non sono intelligente, ma sciocco. Esci dal sacrario della dea: se muori, tuo figlio si salva; ma se ti rifiuti di morire, lo ucciderò. Uno dei due deve sparire.

ANDROMACA

Mi proponi un amaro sorteggio, un'amara scelta. In qualunque caso, la mia infelicità è garantita. Ma tu che m etti sottosopra il mondo per delle piccolezze, ascoltami. Perché mi vuoi uccidere? Che colpa ho? Ho tradito qualche città? Ti ho ucciso un figlio, bruciato un palazzo? Sì , sono andata a letto, per forza, con il mio padrone: e tu ammazzi me, non lui, il responsabile di tutto quel che è successo? Trascuri la causa prima per badare solo alle conseguenze che ne derivano? Ahi, che caterva di mali! Povera patria mia, cosa mi tocca soffrire! Dovevo proprio mettere al mondo un figlio e raddoppiare il mio carico di dolore! [Ma perché gemo così invece di contemplare a occhi asciutti le mie sciagure?]. Io che ho visto Ettore ucciso, il suo cadavere trascinato da un carro, Ilio miseramente bruciata! Io che sono stata trascinata per i capelli su una nave argiva, da schiava, e che, arrivata a Ftia, sono divenuta la donna dell'assassino di Ettore! Che gioie mi riserva la vita? Su cosa devo posare il mio sguardo? Sulle disgrazie presenti o su quelle future? Mi è rimasto un figlio, la luce della mia esistenza: ma stanno per ucciderlo, hanno deciso così . No, per quanto dipende dalla mia povera vita: se si salva, c'è ancora speranza; per me sarebbe una vergogna non sacrificarmi per lui. Va bene, lascio l'altare, mi consegno a te: potete immolarmi, uccidermi, legarmi, impiccarmi. Figlio mio, io, che ti ho messo al mondo, mi avvio verso l'Ade perché tu non muoia: se davvero la scampi, ricordati quanto tua madre ha patito prima di morire. E quando ti getterai al collo di tuo padre, piangendo e abbracciandolo stretto, digli che cosa ho fatto. I figli sono l'anima per tutti: chi deplora di esserne privo, soffre in realtà di meno e nella sua disgrazia è fortunato.

CORO

Le sue parole mi commuovono. Le sventure destano sempre compassione, anche se uno ti è estraneo. Menelao, avresti dovuto favorire la riconciliazione tra lei e tua figlia, per liberarla dall'angoscia.

MENELAO

Servi, prendetela, legatela: le toccherà sentire dei discorsi sgradevoli. Sei mia! Io, per indurti a lasciare il sacro altare

della dea, ti ho fatto balenare davanti agli occhi la morte di tuo figlio: un bell'espediente per averti tra le mie mani e

ucciderti. È chiara, adesso, la tua situazione? Per quanto riguarda tuo figlio, rimetto il giudizio a Ermione: deciderà lei

se ucciderlo o no. Su, entra in casa: imparerai tu, schiava, a non oltraggiare mai più la gente libera.

ANDROMACA

Mi hai raggirato, purtroppo: mi hai subdolamente ingannato.

MENELAO

Proclamalo pubblicamente: non lo negherò certo.

ANDROMACA

È questa la saggezza, per voi di Sparta?

MENELAO

Anche per quelli di Troia: chi ha subì to, deve ricambiare.

ANDROMACA

Non credi che esistano gli dèi e la giustizia divina?

MENELAO

Quando verrà, la affronteremo: ma intanto ti ammazzo.

ANDROMACA

E ammazzi anche un bambino piccolo, strappandolo dalle ali materne?

MENELAO

No, lo consegno a Ermione: sarà lei a decidere.

ANDROMACA


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca


Ormai non mi resta che piangerti, figlio mio.

MENELAO

Effettivamente non gli rimangono molte speranze.

ANDROMACA

Voi, Spartani, la razza più odiosa del mondo, consiglieri di frode, prì ncipi della menzogna, tessitori di trame perverse, tortuosi, obliqui in ogni pensiero, mai limpidi, e così ingiustamente fortunati in Grecia. Oh, le avete proprio tutte! Pluriomicidi, avidi di denaro, dite una cosa e ne avete in mente un'altra, sempre: i fatti lo dimostrano. Crepate. Non mi pesa morire, come credi tu. Io sono morta tanto tempo fa quando venne espugnata l'infelice città dei Frigi e fu ucciso mio marito, un eroe famoso, che più volte ti costrinse a cercar rifugio sulle navi, a abbandonare il cam po di battaglia. Ma ora sì che dispieghi interamente il tuo straordinario valore, di fronte a una donna: su, uccidimi, falla finita. Non crederai che mi pieghi a adulare te e tua figlia. Sì , tu sei grande a Sparta, ma io lo ero a Troia. Se la mia situazione è ora disperata, non vantartene: potrebbe toccare anche a te, un giorno. |[continua]|

|[ANDROMACA, 2]|

CORO

str. a

Non loderò mai, in una casa, due mogli insieme,

né figli diversi per madre;

apportano † lacerazioni † domestiche, dolori rancorosi.

Lo sposo deve amare

la vera moglie, serbare

il letto † intatto da altre donne †

ant. a

†Neanche nelle † città, due sovrani si sopportano meglio di uno:

con due, oppressione si aggiunge a oppressione, nascono rivolte. Le Muse si divertono

a accendere contese, se a comporre un inno sono chiamati due autori.

str. b

Se venti impetuosi spingono le navi,

due piloti manovrano meglio il timone?

Un'unica mente, anche quando sia debole,

vale a governare più di una folla di saggi.

Nelle case e nelle città un solo potere comandi,

se si vuole salvezza.

ant. b

Lo dimostra la Spartana, la figlia dello stratega:

con fuoco d'ira si scatenò contro la rivale di letto:

ucciderà l'infelice donna troiana

e suo figlio, per una discordia insensata.

Èun omi cidio empio, ingiusto, atroce. Ti pentirai, mia signora, ti pentirai del tuo misfatto.

Li vedo, eccoli, stretti insieme

la madre e il figlio:

il verdetto di morte è stato emesso.

Povera donna, e tu, infelice creatura,

tu paghi per l'alcova di tua madre,

e non hai fatto nulla.

Sei innocente rispetto ai sovrani.

ANDROMACA

str.


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

Eccomi, con le mani legate e sanguinanti: così mi destinano all'oltretomba.

FIGLIO

Sotto la tua ala materna, con te, madre, discendo nell'aldilà.

ANDROMACA

Che atroce offerta sacrificale, per i potenti signori di Ftia.

FIGLIO

Aiutaci, padre. Vieni, soccorri i tuoi cari.

ANDROMACA

Dormirai, dolce figlio, laggiù, abbracciato alla madre, cadavere accanto a un cadavere.

FIGLIO

Dio mio, che sarà di me? È triste la mia, la tua  sorte.

MENELAO

Nel buio, sprofonderete nel buio. Siete venuti in due da rocche nemiche, da noi due è stata decisa la vostra morte: io ho condannato te e Ermione ha condannato tuo figlio. Sarebbe una grande follia risparmiare i nemici figli di nemici, quando si può ucciderli, liberare la casa da una temibile vendetta.

ANDROMACA

ant.

Mio carissimo sposo, Ettore, figlio di Priamo, perché non dispongo della tua spada e del tuo braccio?

FIGLIO

Che angoscia la mia! Potessi almeno trovare parole che allontanino il destino.

ANDROMACA

Gettati alle ginocchie del signore di Sparta, imploralo.

FIGLIO

Caro, caro: concedimi la grazia.

ANDROMACA

Lacrime mi velano gli occhi, gocce cupe stillano come da nude pietre. Dolore.

FIGLIO

Ahi, come potrò trovare scampo dai m ali?

MENELAO

Perché ti getti ai miei piedi? Tu supplichi uno scoglio, un'onda impetuosa. Io ho offerto aiuto ai miei, per te non ho rimedi. Ho consumato le mie forze per impadronirmi di Troia e di tua madre: approfitta del suo destino, scendi nell'Ade con lei.

CORO

Si avvicina Peleo, lo vedo: lentamente si affretta, da vecchio.

PELEO

Ehi, voi. Chiedo a voi e all'officiante: che succede? E perché? Che morbo appesta il palazzo? Avete architettato un'esecuzione senza processo? Fermati, Menelao, non agire precipitosamente, contro il diritto. Cammina più svelto, schiavo, fammi strada. Non mi sembra che ci sia troppo tempo da perdere e mi auguro di ritrovare il mio vigore giovanile, ora come non mai. Anzitutto sarò per lei come il vento che soffia propizio sull e vele. Dimmi, in base a che accusa questa gente ti ha legato le mani con delle corde e porta via te e tuo figlio? Mentre io e il tuo signore eravamo lontano, eccoti avviata al macello come una pecora con il suo piccolo.

ANDROMACA

Questa gente, vecchio, conduce a morire me e mio figlio, lo vedi bene. Cosa devo dirti? Ti ho mandato a cercare affannosamente, non da uno, ma da cento messaggeri. Tu conosci, ne hai sentito parlare, la lite scatenata in casa della figlia di Menelao, che è la ragione per cui muoio.


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

E ora mi portano via, dopo avermi strappata dall'altare di Tetide, la dea che tu onori e veneri, la madre del tuo eroico figlio: un processo non c'è stato, e non hanno atteso gli assenti. Approfittando del fatto che eravamo rimasti soli, io e il mio bambino, un innocente, stanno per uccidere lui e me, povera disgraziata. Ma ti supplico, vecchio, mi prostro ai tuoi piedi perché non posso tendere le mani verso di te, toccare il tuo volto, me le hanno legate: difendimi, in nome di Dio. Altrimenti, vecchio, è la fine: una fine miseranda per noi e indegna per voi.

PELEO

Liberateli, ve lo ordino, prima che per qualcuno si metta male, slegatele subito le mani.

MENELAO

E io ve lo proibisco. Non sono un tuo subalterno e ho su questa donna maggiori diritti di te.

PELEO

Davvero? Tu arrivi qui e ti metti a spadroneggiare in casa mia? Non ti basta comandare a Sparta?

MENELAO

L'ho fatta prigioniera io, a Troia.

PELEO

E il figlio di mio figlio l'ha ricevuta in dono.

MENELAO

Ma le mie cose non sono sue e viceversa?

PELEO

A fin di bene sì , ma non per fare del male e tanto meno per ammazzare.

MENELAO

Dalle mie mani non me la porterai via, mai.

PELEO

Io ti spacco la testa con lo scettro.

MENELAO

Toccami, e vedrai: prova a avvicinarti.

PELEO

E tu saresti un uomo? No, tu sei un criminale e discendi da criminali. Dov'è che ti considerano un uomo? La moglie te l'ha portata via un Frigio. Si capisce, non avevi bisogno di sbarrare porte, † di piazzare schiavi che vigilassero in casa tua † . Ritenevi un modello di virtù tu a moglie, la donna meno casta che esista al mondo. Del resto, neanche volendolo, le ragazze spartane potrebbero rimanere caste. Se ne vanno fuori casa discinte, a cosce nude, con dei giovanotti, frequentano insieme stadi e palestre, una cosa intollerabile per me. E poi vi stupite se non crescono oneste? Queste cose bisognerebbe chiederle a Elena, che in barba a Zeus protettore del matrimonio se ne andò via da Sparta a godersela altrove con un garzoncello. E per lei hai radunato migliaia di Greci e li hai guidati contro Ilio? Ma invece di muovere guerra dovevi ripudiare Elena, visto di che tipo si trattava: era meglio se la lasciavi là e davi un compenso ai Troiani perché se la tenessero. Ma non hai puntato il timone nella direzione giusta, hai mandato al macello tanti bravi soldati, hai sottratto la loro prole a madri vecchie, hai tolto i figli a padri canuti. È una disgrazia toccata anche a me: ai miei occhi sei tu il delinquente, l'assassino di Achille. Sei tornato da Troia senza un segno di ferita, tu solo: le tue splendide armi le hai riportate qui nella loro bella custodia, senza un graffio. Quando Neottolemo voleva sposarsi, gli consigliai di non imparentarsi con te, di non prendersi in casa la puledra di una donna di dubbia reputazione: si portano dietro le tare materne. Datemi retta, futuri sposi: prendetevi in moglie la figlia di una donna onesta. Veniamo ora alle tue infamie nei confronti di Agamennone: lo hai costretto a immolare sua figlia, assurdamente. Avevi così paura di non recuperare la tua ignobile consorte? Una volta presa Ilio - toccherò anche questo tasto - quando hai avuto Elena tra le mani, non l'hai uccisa. Le è bastato mostrarti il seno e tu hai subito gettato via la spada, ti sei lasciato baciare, ti sei messo a scodinzolare davanti a quella cagna traditrice. Ti sei fatto soggiogare da Cipride, vigliacco! E adesso piombi in casa di mio figlio, mentre non c'è, butti tutto all'aria, cerchi ignominiosamente di uccidere la sua infelice donna e il piccolo, che te la farà pagare, a te e a tua figlia che vive nel palazzo, anche se fosse tre volte bastardo. Un suolo secco produce spesso maggior raccolto di un campo arato, e molti bastardi sono superiori ai figli legittimi. Forza, portati via tua figlia.

Èmeglio acquisire come congiunto e amico u n individuo povero e onesto che non un essere malvagio e ricco. Tu sei una nullità.

CORO


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

Una contesa inizialmente piccola la lingua la fa ingigantire. Le persone sagge si guardano bene dall'attaccar briga con gli amici.

MENELAO

Ma chi lo dice che sono saggi i vecchi, quelli che la Grecia un tempo riteneva tali? Tu, Peleo, una persona di nobili natali, prima ti imparenti con noi, e poi tiri fuori dei discorsi vergognosi per te, offensivi per noi: e tutto per una donna barbara. Ma dovevi cacciarla tu oltre il Nilo e il Fasi, e chiedere, con insistenza, la mia collaborazione. Lei non solo appartiene alla terra dove i Greci sono caduti a migliaia combattendo ma è corresponsabile della morte cruenta di tuo figlio. Paride, l'uccisore di Achille, era fratello di Ettore e lei era la moglie di Ettore. Ma tu entri sotto lo stesso tetto di Andromaca, ti siedi a tavola con lei, le permetti di avere dei figli che diventeranno i nostri più accaniti nemici. E mentre io voglio ucciderla, nel mio e nel tuo interesse, tu me la strappi dalle mani. C'è un altro discorso che va affrontato con franchezza. Supponi che Ermione non abbia figli e Andromaca sì : li installerai sul trono di Ftia? Degli autentici barbari comanderanno sui Greci? Dunque, io che odio l'ingiustizia sono un pazzo e tu saresti il sano di mente? [Rifletti su questo punto. Se tu dessi tua figlia a uno dei cittadini e le capitasse quello che sta capitando a Ermione, te ne rimarresti zitto e quieto? Credo proprio di no. E per una straniera ululi tanto contro i tuoi parenti più stretti? La situazione di diritto dell'uomo e della donna si equivale, tanto se la donna è offesa dal marito quanto se l'uomo si trova in casa una donna con le frenesie. L'uomo dispone della propria forza fisica, la donna ha dalla sua i genitori e gli amici. Non devo, dunque, aiutare i miei?] Ma tu sei vecchio, vecchio. Parlando della mia impresa mi avvantaggi più che tacendone. Elena non passò quello che ha passato per un suo capriccio, ma per volere degli dèi, e procurò così un grande benefic io ai Greci. I Greci ignoravano l'uso delle armi, le tattiche di combattimento: si trasformarono in guerrieri. La pratica è una grande maestra. Sì , vedendo mia moglie mi trattenni dall'ucciderla: fu un comportamento da saggio. Così tu non avessi ucciso tuo fratello Foco, ti ricordo l'episodio con un senso di comprensione e non di ira. Se ora salti su tutte le furie, vuol dire che la voglia di sproloquiare è più forte di te: io invece considero un guadagno la prudenza.

CORO

Smettetela con questi discorsi vacui: è molto meglio. Altrimenti finisce male per tutti e due.

PELEO

Ah, che idee sbagliate abbiamo in Grecia. Quando un esercito erige trofei di vittoria, l'impresa non viene attribuita a chi ne ha sopportato il peso, no, la gloria va allo stratega, uno che brandiva la lancia con altri diecimila, che non faceva nulla di speciale rispetto agli altri e si prende il merito. [Siedono sugli scranni, pieni di superbia, in città, si credono meglio del popolo e non sono niente. Ma la gente comune vale mille volte più di loro: basterebbe che unisse l'audacia ai propositi.] Così tu e tuo fratello ve ne state seduti in trono, gonfi di boria per Troia e la vostra campagna militare laggiù, ma vi hanno portato in alto i sudori e le fatiche altrui. Ti insegnerò a consider are il troiano Paride, tuo nemico di un tempo, ben poca cosa rispetto a Peleo se non filate via dal palazzo al più presto tu e la tua sterile figlia, che Neottolemo, sangue del mio sangue, provvederà a cacciare dal palazzo trascinandola per i capelli. Quella sterile giovenca non sopporta che le altre partoriscano, visto che lei non può. Ma se è andata male a lei, noi dobbiamo restare privi di discendenti? Servi, sparite: mi piacerebbe sapere chi mi impedirà di liberarla. Alzati, Andromaca, anche se ho le mani tremanti, riuscirò a disfare questi nodi aggrovigliati. Maledetto, guarda come le hai ridotto le mani! Ma cosa credevi: di dover immobilizzare con delle funi un toro o un leone? O avevi paura che impugnasse una spada per difendersi? Vieni qui, piccolo, tra le mie braccia: sleghiamo insieme tua madre. Penserò io ad allevarti a Ftia come un nemico implacabile di questa gentaglia. Spartani! Ma se vi tolgono la fama militare e la pratica di guerra, voi non siete superiori a nessuno, in niente. Sappiatelo bene!

CORO

Genia senza freno, i vecchi: e la loro ira è incontrollabile.

MENELAO

Sei troppo incline a trascendere. Mi hanno forzato a venire qui a Ftia, e non voglio fare o subire nulla di spregevole. E neanche ho tempo da perdere: perciò rientro in patria. Non lontano da Sparta, una città già amica ci è divenuta ostile: organizzerò una spedizione punitiva, per ridurla all'obbedienza. Una volta restaurato l'ordine come intendo io, mi presenterò di nuovo qui: esporrò di persona a mio genero le mie ragioni e s entirò le sue. E se punirà questa donna e si comporterà bene con noi, lo contraccambieremo. Ma se si infuria, avrà a che fare con le nostre furie [, alle sue azioni corrisponderanno precise reazioni]. Alle tue chiacchiere non do peso: sei un'ombra che sta davanti a noi e ha voce: ma non puoi nulla, puoi solo parlare.

PELEO

Figlio, tienimi per braccio e guidami, e anche tu povera Andromaca: eri incappata in una tempesta terribile, ma ora sei giunta a un porto riparato dal vento.

ANDROMACA


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

Vecchio, che il cielo rimeriti te e i tuoi: hai salvato mio figlio e me, una sventurata. Attento però che non ci tendano un agguato lungo la strada deserta, e non mi portino via a forza, visto che tu sei vecchio, io debole e lui un bambino: bada che non ci ricatturino una volta fuggiti.

PELEO

Non tirarmi fuori dei discorsi da paurosa donnetta. Cammina. Chi oserà toccarci? Chi ci prova dovrà pentirsene. Grazie a Dio, in Ftia comandiamo uno stuolo di cavalieri e molti opliti: e io ho spalle robuste, non sono un vegliardo come credi tu. Un individuo come quello, lo domo con un'occhiata, malgrado i miei anni. Un vecchio coraggioso vale più di molti giovani: il vigore fisico non serve a nulla a un codardo.

CORO

str.

Vorrei non essere mai nato

o discendere da una stirpe nobile, da lignaggio di possidenti.

Chi ha origini illustri

se patisce cattiva ventura non resta senza ausilio:

onore e gloria attendono

chi vanta grandi antenati.

La fama degli eroi non la distrugge il tempo:

la virtù splende anche dopo la morte.

ant.

È  bene evitare vittorie infamanti,

èbene non abbattere la giustizia con rancore e violenza. Subito se ne prova piacere,

ma col tempo si inaridisce la gioia, e un'onta macchia le case.

Io lodo e † scelgo † la vita

che escluda a palazzo e nelle città un potere ingiusto.

ep.

O antico figlio d'Eaco

ti battesti contro i centauri - lo so -

con lance folgoranti, a fianco dei Lapiti;

poi sulla nave Argo traversasti

il mare inospitale delle Simplegadi -

fu una spedizione memorabile -

e quando l'inclito figlio di Zeus

gettava rete di morte sulla città d'Ilio

rientrasti in patria

carico anche tu di gloria.

NUTRICE

Donne carissime, oggi le disgrazie vengono una dietro l'altra. La mia padrona, Ermione, tanto per intenderci, abbandonata dal padre, conscia di cosa ha fatto tramando l'uccisione di Andromaca e del figlio, ha deciso di suicidarsi. Ha paura che suo marito la cacci ignominiosamente di casa [, teme di venir messa a morte perché ha tentato di dar morte a chi non doveva]. I servi che la sorvegliano l'hanno fermata appena in tempo mentre stava per impiccarsi, le hanno strappato di mano, più di una volta, la spada. Si angoscia, capisce la gravità del suo operato. Sono stanca di oppormi ai suoi tentativi di suicidio, andate voi, entrate in casa, salvatela. Amici dell'ultimo momento, si sa, possono essere più convincenti degli amici abituali.

CORO

Sì , ci arrivano le grida delle ancelle dall'interno: è proprio come dicevi tu. L'infelice vuol dimostrare, sembra, quanto

soffre per aver commesso azioni indegne. Eccola, sta uscendo di casa, è sfuggita dalle mani delle schiave: vuole davvero morire.

ERMIONE

str. a

Ah, ah, guai a me: mi strapperò i capelli,

mi strazierò il volto con le unghie.


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

NUTRICE

Ma cosa fai, figlia? Infierisci contro te stessa?

ERMIONE

ant. a

Ah, ah, via, all'aria, questo velo di seta,

via dal mio capo.

NUTRICE

Figlia, ricopriti il seno con la veste.

ERMIONE

str. b

Perché? Perché devo ricoprirmi il seno con la veste?

Le mie colpe di fronte al mio sposo

sono nude e ben visibili.

NUTRICE

Hai tramato la morte della tua rivale e ne soffri?

ERMIONE

ant. b

Un tentativo atroce, e mi tormento

per ciò che ho fatto. Maledetta,

sono maledetta tra la gente.

NUTRICE

Tuo marito avrà pietà di te.

ERMIONE

La spada. Perché mi hai tolto di mano la spada?

Ridammela, svelta, ridammela. Voglio piantarmela nel petto.

O se no, lasciami penzolare da una corda.

NUTRICE

Sei impazzita. E io dovrei permetterti di morire?

ERMIONE

Che destino crudele.

Una fiaccola, dov'è una fiaccola amica?

No, mi butterò dalle rocce,

mi sperderò in mare o nella foresta:

mi accoglieranno le ombre dei morti.

NUTRICE

Ma perché ti angosci tanto? Le sventure il cielo le manda a tutti, prima o poi.

ERMIONE

Padre, padre, mi hai abbandonata sola,

su una riva deserta, senza aiuti.

Mi ucciderà, mi ucciderà, mio marito,

non abiterò più nella casa nuziale.

C'è qualche immagine divina

che io possa implorare in ginocchio?

O mi dovrò gettare, schiava,

ai piedi di una schiava?

Vorrei essere un uccello dalle ali scure

per volare lontano da Ftia;

vorrei essere la nave d'abete che per prima

varcò il mare tra le rupi azzurre.

NUTRICE


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

Figlia, non approvavo gli eccessi di prima, quando infierivi contro la Troiana. Ma neanche mi piace la paura folle che manifesti adesso.

Tuo marito non romperà certo i vincoli con te per le chiacchiere inconsistenti di una barbara. Tu non sei, per lui, una prigioniera di guerra: ti ha ricevuta in sposa da un personaggio altolocato, gli hai portato una ricca dote, provieni da una città potente. Tuo padre non ti tradirà, non permetterà così a cuor leggero, come temi, che ti caccino di casa. Rientra nelle tue stanze, non farti notare qua fuori: sarebbe una vergogna. [Non è bene che ti vedano davanti al palazzo, figlia.]

CORO

Qualcuno che dall'aspetto si direbbe straniero sta venendo verso di noi, piuttosto in fretta.

ORESTE

Straniere, è questa la dimora del figlio di Achille, la sua reggia?

CORO

Hai indovinato. Ma come mai ce lo chiedi? Chi sei?

ORESTE

Sono il figlio di Agamennone e di Clitemestra, mi chiamo Oreste. Sono diretto all'oracolo di Zeus, a Dodona. E visto che sto passando per Ftia, mi pare logico informarmi su mia cugina, la spartana Ermione, sapere se è viva e se le cose le vanno bene: anche se abita in un posto lontano da noi, mi è cara lo stesso.

ERMIONE

Figlio d'Agamennone, tu mi appari come il porto ai naviganti nella tempesta. Mi inginocchio davanti a te, ti scongiuro di avere pietà di noi: la mia sorte, lo vedi, è disperata. Non ho rami e bende da supplice, protendo verso di te solo le mie mani.

ORESTE

Ehi, cosa succede? Mi sbaglio o la donna che vedo è proprio la signora della casa, la figlia di Menelao?

ERMIONE

La sola figlia che la Tindaride Elena abbia avuto da suo marito, sappilo bene.

ORESTE

Febo salvatore, liberala dalle sue angustie. Ma cosa succede? I tuoi mali provengono dagli dèi o dagli uomini?

ERMIONE

Da me stessa provengono, dall'uomo che ho sposato e da qualche dio: la rovina incombe su di me da ogni parte.

ORESTE

Se una donna è senza figli, può es sere colpita solo nel matrimonio.

ERMIONE

Ecco la malattia di cui soffro; me lo hai tirato fuori di bocca.

ORESTE

Tuo marito ama un'altra invece di te?

ERMIONE

Sì , una schiava, l'antica consorte d'Ettore.

ORESTE

Mi parli di una brutta faccenda: due letti nuziali per un uomo.

ERMIONE

È proprio così , ma io ho cercato di proteggermi.

ORESTE

Hai allestito una trappola da donna contro donna?

ERMIONE

Certo. La morte, per lei e il suo bastardo.


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

ORESTE

E li hai uccisi, o qualcosa te lo ha impedito?

ERMIONE

Il vecchio Peleo me lo ha impedito: protegge la gentaglia, lui.

ORESTE

Avevi un complice per l'assassinio?

ERMIONE

Mio padre, venuto apposta da Sparta.

ORESTE

E un vecchio ha avuto il sopravvento su Menelao?

ERMIONE

No, mio padre ha ceduto a un senso di rispetto. E se ne è andato, lasciandomi qui, sola.

ORESTE

Capisco: temi tuo marito per quello che hai fatto.

ERMIONE

Appunto. E mi ucciderà: occorre dirlo? Ma ti supplico, in nome di Zeus che protegge i parenti, portami via di qui, il più lontano possibile, o riconducimi da mio padre, alla sua reggia. Mi sembra che questa casa levi la sua voce e mi scacci, e la terra di Ftia mi odia. Se Neottolemo torna da Delfi prima della mia fuga, mi ucciderà in maniera ignominiosa: oppure diverrò una schiava, a ser vizio della concubina di cui ero la padrona. Mi si potrebbe chiedere: ma come hai potuto sbagliare così ? Mi hanno traviato le cattive compagnie, donne che venivano a trovarmi e mi montavano la testa con i loro discorsi: «ma come, sopporti di spartire tuo marito con la più umile delle schiave? Per la dea Era, in casa mia non sarebbe campata tanto da godersi quel letto!» E io, a sentire quelle Sirene, [le loro ciarle abili, astute, scintillanti], fui travolta dalla pazzia. Che bisogno avevo di fare la guardia a mio marito? Non mi mancava assolutamente nulla: disponevo di grandi ricchezze ero la regina della casa; avrei avuto figli legittimi, e lei dei bastardi, semischiavi dei miei. Continuo a ripeterlo: un marito intelligente non deve, non deve assolutamente permettere visite femminili a sua moglie. Le donne sono maestre di mali. Qualcuna corrompe una sposa per guadagnare denaro, un'altra vuole infettare l'amica con la sua stessa malattia; molte agiscono ispirate dalla propria lascivia. E così la peste entra nelle case. Contro questi pericoli sbarrate le porte, con chiavistelli e spranghe. Le donne che si introducono in casa non combinano nulla di buono, sono anzi causa di molti guai.

CORO

Ti sei lasciata andare troppo contro il tuo sesso. Ti perdoniamo, ma bisognerebbe che le donne facessero un po' di cosmesi alle loro brutture.

ORESTE

Era nel giusto chi insegnò agli uomini ad ascoltare anche i discorsi degli avversari. Io, conoscendo la confusione che regnava a casa tua, la lite fra te e la moglie di Ettore, me ne stavo quieto, in attesa vigile. Forse volevi rimanere qui, forse, terrorizzata per aver tentato di uccidere la prigioniera, volevi andartene dalla reggia. Mi sono mosso non obbedendo ai tuoi ordini, ma per portarti via da questo palazzo, se solo tu me ne avessi parlato: e lo hai fatto. Perché tu mi appartenevi già, e abiti con quest'uomo per la vigliaccheria di tuo padre. Menelao, prima di assalire Troia e il suo territorio, ti aveva assegnata in sposa a me, e poi ti promise al tuo attuale signore, se avesse distrutto Troia. Quando il figlio di Achille tornò in patria, perdonai tuo padre, ma implorai Neottolemo di rinunziare a te, parlandogli delle mie vicende e della mia sorte attuale, spiegandogli che dovevo sposarmi con una della mia stirpe, mentre mi era difficile trovare una sposa tra estranei, esule com'ero dalla patria. Ma Neottolemo fu protervo, sferzante, mi ricordò il matricidio, le dee dagli occhi che stillano sangue. E io, abbattuto per le sventure familiari, ero pieno di dolore, di dolore, ma chinai il capo, e, contro la mia volontà, me ne andai senza di te. Ma ora la tua situazione è precipitata, non hai difesa contro le circostanze avverse: ti porterò via dalla reggia, per riconsegnarti nelle mani di tuo padre. Il sangue è sempre sangue e nelle sventure non c'è nulla che valga l'affetto di un congiunto.

ERMIONE

Delle mie nozze si occuperà mio padre: non sta a me decidere. Ma tu portami via, in fretta: non voglio che il mio sposo arrivi e mi trovi ancora qui. O che il vecchio Peleo, informato della mia fuga, mi insegua con i suoi cavalieri e faccia in tempo a raggiungermi.

ORESTE


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

Non devi temere un debole vecchio. E neppure il figlio di Achille, date le pesanti umiliazioni che mi ha inflitto. Ho intrecciato per lui, con le mie mani, una rete di morte, dai nodi inestricabili. Non dico altro adesso: a cose fatte il santuario di Delfi saprà tutto. Se vale il giuramento dei miei compagni d'arme, nella terra della Pizia, io, il matricida, gli insegnerò a non sposare la donna che era mia di dirit to. Per la morte di Achille chiederà amara ragione al dio Febo: e non gli gioverà pentirsi: lo colpirà la giustizia celeste. Morirà malamente, per opera di Apollo e in seguito alle mie calunnie, imparerà cosa significa il mio odio. Il demone stravolge le sorti dei suoi nemici e spegne la loro superbia.

CORO

str. a

Dio del Sole, che rafforzasti con torri

le rocche di Ilio bella di mura

e tu, Dio del mare, che guidando

azzurre cavalle percorri distese d'acque,

perché avete offerto, senza contraccambio,

a Enialio, signore della guerra,

l'opera laboriosa delle vostre mani?

Perché avete abbandonato

la misera, sfortunata città di Troia?

ant. a

Aggiogaste ai carri, sulle rive del Simoenta,

molti splendidi cavalli,

scatenando lotte mortali,

senza premio di corone.

Sono caduti, scomparsi i sovrani

discendenti di Ilo; il fuoco

non brilla più sugli altari di Troia

con profumo d'incensi.

str. b

Ma cadde anche l'Atride ucciso dalla sua sposa,

ed essa pagando morte con morte

perì per mano del figlio.

Contro di lei si volse la profezia imperiosa

di un dio, di un dio.

Il figlio d'Agamennone, partito da Argo,

entrò nel sacrario del tempio, e uccise,

fu costretto a farsi matricida.

Febo signore, come posso crederlo?

ant. b

Molte donne nelle piazze greche

levarono lamenti per i miseri figli,

spose lasciarono le case

per altri connubi: non su di te sola

e sui tuoi cari piombò funesto dolore.

Questo morbo invase la Grecia tutta,

ma orrenda tempesta percorse

anche i fertili campi dei Frigi,

stillando sangue di morte.

PELEO

Donne di Ftia, ho una domanda da farvi: rispondetemi. Mi è giunto vago sentore che la figlia di Menelao ha lasciato la

reggia, è sparita. Desidero sapere se è vero, e sono qui per questo: se i nostri cari sono via, chi è rima sto in casa deve preoccuparsi delle fortune degli assenti.

CORO

Peleo, l'informazione è esatta. Non sarebbe bello, da parte mia, tacere i tristi eventi a cui mi è capitato di assistere. La regina ha abbandonato il palazzo, è fuggita.

PELEO

Cosa temeva? Spiegamelo per bene.


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

CORO

Che suo marito la cacciasse di casa.

PELEO

Per aver tentato di uccidere il bambino?

CORO

Il bambino e la prigioniera.

PELEO

Si è allontanata con suo padre o con qualcun altro?

CORO

Il figlio di Agamennone se l'è portata via con sé.

PELEO

Sperando cosa? Vuole sposarla?

CORO

Certo, e si prepara anche a uccidere Neottolemo.

PELEO

In un agguato o in un duello leale?

CORO

Nel santo tempio del Lossia, insieme agli abitanti di Delfi.

PELEO

Dio mio, è una cosa terribile. Presto, qualcuno corra alla sacra dimora della Pizia, informi i nostri amici laggiù della macchinazione ordita a Ftia, prima che il figlio di Achille cada per mano dei suoi nemici.

NUNZIO

Che brutto destino il mio. Sono qui come latore di una notizia atroce, per te, vecchio e per gli amici del mio padrone.

PELEO

Ahimè, il mio cuore lo presagiva, me l'aspettavo.

NUTRICE

Neottolemo, il figlio di tuo figlio, non c'è più. Ecco cosa devo dirti. Lo hanno ferito a morte, a colpi di spada, abitanti di Delfi e uno straniero di Micene.

CORO

Ah, ah, cosa ti succede, vecchio? Non cadere! Su, su rialzati.

PELEO

Sono distrutto, non sono più niente. Non riesco più a parlare, le gambe non mi reggono.

NUTRICE

Se vuoi vendicare i tuoi cari, ascolta cos'è successo. Forza, rialzati.

PELEO

Che crudele destino mi assale, infelice me, alla fine dell'esistenza! Ma dimmi, come se ne è andato l'unico figlio del mio unico figlio? Non sono cose da udirsi, ma le voglio sentire lo stesso.

NUTRICE

Eravamo giunti al famoso tempio d'Apollo e ci riempivamo gli occhi con le belle cose da guardare, per tre splendidi giorni di seguito. La faccenda generò sospetti: cominciarono a formarsi capannelli e assembramenti degli abitanti del luogo. E il figlio di Agamennone, aggirandosi per la città, sussurrava alle orecchie della gente discorsi malevoli. «Lo vedete quello li? Continua a andare su e giù per le grotte del dio piene di oro, per i tempietti votivi; è ritornato qui per la stessa ragione per cui era già venuto una volta: saccheggiare il santuario». E allora presero a diffondersi sinistri rumori, a Delfi. I magistrati, riunitisi nelle sale consiliari, e, in privato, gli addetti alla custodia dei tesori del dio disposero un


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

servizio di vigilanza nei porticati intorno al tempio. Intanto noi, all'oscuro di tutto, con le nostre pecore, allevate nei boschi del Parnaso, ci eravamo diretti al grande altare, dove sostammo insieme ai prosseni e agli indovini pitici. Qualcuno domandò: «Giovanotto, cosa dobbiamo chiedere per te al dio? Come mai sei qui?» Neot tolemo rispose: «Voglio riparare un mio torto verso Febo: avevo preteso, infatti, una volta, che mi rendesse giustizia per aver versato il sangue di mio padre». Allora emerse chiaro quanto avevano potuto le chiacchiere diffuse da Oreste sul mio padrone e cioè che mentiva e che era venuto a Delfi con brutti propositi. Neottolemo oltrepassa la soglia del tempio, per rivolgere la preghiera a Febo davanti all'oracolo, è ormai intento al sacrificio. Contro di lui si era appostata, nell'ombra dei lauri, una schiera di armati: aveva ordito tutto, da solo, il figlio di Clitemestra. Mentre pregava in piedi di fronte al dio, gli uomini in agguato con lame acuminate colpiscono a tradimento il figlio di Achille, che era disarmato.

Egli indietreggia - non erano stati offesi punti vitali - retrocede: strappa armi appese alle pareti del vestibolo, si pianta diritto davanti all'altare: era un guerriero che incuteva paura a vederlo. E grida ai figli di Delfi: «Perché uccidete un pellegrino venuto con pie intenzioni? Cosa ho fatto per meritare la morte?» Erano in tanti vicini a lui, ma nessuno rispose: e invece da ogni parte gli scagliarono contro delle pietre. Assalito da una fitta gragnuola si difese dagli attacchi protendendo le armi, spostando a destra e a sinistra lo scudo. Non concludevano nulla. E però una pioggia di proiettili gli cadde addosso: frecce, giavellotti con cinghie, lance leggere a due punte, spiedi da bue. Era una tremenda danza pirrica, quella danzata da tuo nipote per scansare i colpi. Stavano stringendo il cerchio intorno a lui, senza concedergli respiro. Neottolemo abbandonò l'altare sacrificale e con un balzo degno di Achille piombò in mezzo a loro: si involarono come le colombe alla vista di uno sparviero. Nel tumultuoso accalcarsi molti caddero o per mano di Neottolemo o ferendosi a vicenda nelle anguste uscite del tempio: nelle silenziose stanze del sacrario risuonò, riecheggiato dalle rocce, un sinistro clamore. Il nostro padrone si stagliava calmo, luminoso nelle sue armi scintillanti. Improvvisamente risuonò dall'interno del tempio un grido terribile, raccapricciante: infiammò i fuggiaschi, li spinse alla lotta. Cade il figlio di Achille - la punta acuminata di una spada gli era penetrata nel fianco [fu un cittadino di Delfi a ucciderlo] - insieme a molti altri: quando fu a terra chi non lo colpì con il ferro, con le pietre, da vicino e da lontano? Tutto il suo bel corpo fu sconciato da atroci ferite; il cadavere, che giaceva presso l'altare, venne scaraventato fuori dal tempio odoroso d'incenso. Noi riuscimmo a impadronircene e l'abbiamo portato qui, in fretta: così tu, vecchio, potrai sfogare in lamenti il tuo dolore, piangere, dare degna sepoltura al morto. Ecco che cosa ha fatto a tuo figlio, mentre voleva espiare le sue colpe, il Signore, per gli altri, del vaticinio, il grande arbitro, per tutti, della giustizia. Si è ricordato, come un qualsiasi omuncolo, delle antiche contese. Dov'è la sua sapienza?

CORO

Eccolo, il nostro signore che ritorna a casa, da Delfi, trasportato a braccia: la sventura ha colpito lui, ma anche te,

vecchio. Ospiti il cucciolo di leone nel tuo palazzo, ma non come ti auguravi: anche tu hai patito dolori e intrecciato la tua alla sua sventura.

PELEO

str. a

Che carico di male vedo e accolgo

tra le mia braccia, in casa. Ahimè, abitanti di Ftia,

èil colpo di grazia questo, è la fine per noi: la mia stirpe si è estinta,

non ho più figli nella reggia.

Mi opprime l'angoscia, † dove trovo un amico che mi conforti? † Guardo la tua bocca amata,

le tue guance, le tue mani.

Magari ti avesse ucciso un demone sulle rive del Simoenta.

CORO

Allora la sua morte sarebbe stata celebrata e tu, vecchio, avresti avuto una vita più serena.

PELEO

ant. a

Le tue nozze? Con le tue nozze hai distrutto la mia reggia e la mia città.

Ahi, ahi, figlio.

†La stirpe di Peleo non doveva mai cercarsi erede e dimora

presso Ermione, nome infamante, nome di morte. †

Perché il fulmine non si è abbattuto su di lei? E tu, un uomo, hai osato chiedere ragione

a Febo, a un dio

della freccia letale che trapassò tuo padre.


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

CORO

str. b

Ahi, ahi! Piangendo intonerò il lamento secondo il rito funebre per il mio signore scomparso.

PELEO

Ahi, ahi! Io, vecchio disperato,

risponderò al tuo pianto versando lacrime di lutto.

CORO

È un decreto del cie lo, un dio ha voluto così .

PELEO

Carissimo, tu hai reso vuota la casa,

[povero me, misero me] Ci rimango solo io,

un vecchio, infelice, privo di eredi.

CORO

Morire, dovevi morire prima dei tuoi figli.

PELEO

Mi strapperò i capelli,

mi percuoterò co n violenza il capo.

Oh, patria mia,

Febo mi ha tolto i miei due figli.

CORO

ant. b

Hai patito ed hai visto il male:

che vita ti riserva il futuro?

PELEO

Privo di figli, solo,

soffrirò infiniti mali, patirò

infinite pene prima di scendere all'Ade.

CORO

Gli dèi alle tue nozze ti augurarono felicità, invano.

PELEO

Tutto è svanito, si è dissolto o è sepolto...

Ogni vanto e superbia è scomparso.

CORO

Solo ti aggirerai in stanze deserte.

PELEO

Non ho più la mia terra, la mia patria.

Scaravento via il mio scettro.

E tu, figlia di Nereo, nel tuo

antro cupo mi vedrai cadere,

distrutto.

CORO

Oh, oh. Cosa si muove nell'aria? Percepisco la presenza di un dio. Donne, guardate, osservate. Un dio attraversa l'etere luminoso, discende verso le pianure di Ftia, ricche di cavalli.

TETIDE

Peleo, in memoria delle nostre antiche nozze, io, Tetide, ho lasciato le case di Nereo e sono venuta qui. E ti esorto, innanzitutto, a non addolorarti troppo per le sventure che ti hanno colpito. Anch'io, che avrei dovuto generare figli immuni da morte (sono una dea, figlia di un dio), ho perso il figlio avuto da te, Achille, dal veloce piede, il primo fra i


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Euripide                                                                                                                                                                                 Andromaca

Greci. Ti spiegherò adesso come mai io sia qui: e tu, ascoltami. Va' a Delfi, e il cadavere del figlio di Achille seppelliscilo presso il sacrario della Pizia, a vergogna dei cittadini di Delfi: la tomba renderà noto a tutti il perfido omicidio tramato da Oreste. La prigioniera troiana, Andromaca, deve abitare la terra dei Molossi, dove si unirà in legittime nozze a Eleno e con lei il piccolo deve abitarla, l'unico superstite della famiglia di Eaco: i suoi discendenti regneranno felicemente sulla Molossia, di padre in figlio. Non possono perire né la mia né la tua stirpe e neppure quella di Troia, una città che sta a cuore agli dèi, anche se Pallade ne ha voluto la distruzione. Avere sposato una dea comporta dei benefici: ti libererò, dunque, dalle miserie umane, ti renderò un dio che non conosce né morte né consunzione. Vivrai, in futuro, nelle case di Nereo, tu, un dio, accanto a me, una dea. Da qui varcherai, a piedi asciutti, il mare, vedrai l'amatissimo nostro figlio Achille, che dimora nell'isola di Leuca, nel Ponto Eusino. Adesso, avviati verso Delfi, la città sacra, accompagna li questa salma, alla quale darai sepoltura. Poi, recati nella baia incavata nell'antico promontorio di Sepia, e lì aspettami: attendimi finché io non venga dal mare a prenderti con una scorta di cinquanta Nereidi. Sino alla fine devi sopportare il destino a te assegnato; così ha deciso Zeus. Non addolorarti per i morti: la morte è un tributo che tutti gli uomini sono obbligati a pagare: così hanno deliberato i celesti.

PELEO

Possente dea, mia nobile consorte, stirpe di Nereo, salve. quello che fai è degno di te e dei tuoi discendenti. Rimuovo da me il dolore, come tu mi imponi: seppellirò il cadavere e poi raggiungerò le pendici del Pelio, dove ho stretto fra le mie braccia il tuo bellissimo corpo. [Sposi una donna di alto lignaggio, chi ha senno, o la conceda in sposa a un uomo di illustri natali. Mai vi colga desiderio di un matrimonio con una donna di basse origini, anche se vi porta in casa una ricchissima dote. Un matrimonio di prestigio non soffrirà ingiuria, mai, da parte degli dèi.]

CORO

Molti sono gli aspetti del divino,

molte sono le risoluzioni inattese dei celesti;

quello che si credeva non si è compiuto,

un dio trova la strada per l'impossibile,

e questa vicenda si è suggellata così .


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