Angilei, bell’Angilein

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3° canzone della cassetta

ANGILEIN,  BELL' ANGILEIN

2 tempi comici

in dialetto piacentino

di

Giorgio  Tosi

Con contemporanea versione in italiano

per un’immediata comprensione del dialetto piacentino

Questa è una commedia molto moderna, poco tradizionale, aggiornata – diciamo – nei tempi (che sono veloci) , nei personaggi e nella tematica: si basa infatti su un enorme equivoco  che riguarda la presunta “omosessualità “di Enrico.

Da qui  si generano  situazioni grottesche e molto divertenti. 

Buona lettura.

Giorgio Tosi –  via C. Fabri n. 18 – 29122 PIACENZA

Cell.  389  2629240 - e.mail:giorgio-tosi@libero.it – sito:www.tosigiorgio.it

PERSONAGGI

GINO MANGIAVACCA – imprenditore  di provincia, non proprio un intelligentone….

PINUCCIA  - la sua folkloristica moglie, un po’ svampita,  simpaticamente ignorantella

ENRICO   - figlio di Gino e Pinuccia, artista in cerca del suo percorso

MARIA GRAZIA – Compagna di Enrico, rokkettara da 4 soldi….

ORESTE  - inossidabile padre di Gino Mangiavacca e marito di Eva, capelli bianchi con codino, stivali  a punta, tatuaggio…

EVA – arzilla madre di Pinuccia, sposata in terze nozze a Oreste, dinamica, energetica, amante dello yoga

ANGELO – misterioso amico di Enrico……

MONSIGNORE  – ex curato del paese diventato tale

JESSICA  – agguerrita impiegata della ditta Mangiavacca

MARTA – colf di colore...(chissà poi se è vero...)

OLIVER – sedicente maggiordomo inglese

P.S.: Le parti di Angelo, Enrico, Maria Grazia e Oliver sono in italiano

I°       T  E  M  P  O 

La scena rappresenta un bel soggiorno, molto arioso ma terribilmente kitch di una  famiglia che, si vede, ha raggiunto l’agiatezza ma non il buon gusto.

Qualche leggero tocco di pacchianeria indica la provenienza molto provinciale dei padroni di casa.

Uscite varie, sia per l’esterno che per le altre stanze della casa.

SCENA I

Si apre il sipario. Si odono le prime note di una musica. A scena vuota entra Enrico che, a sorpresa, tiene in mano un microfono e inizia a cantare -bene - ma gigionando un po'.

Dopo un certo tempo, arriva Oliver il quale, entrato per spolverare, vede e sente Enrico e si ferma per ascoltarlo, sorpreso, anche troppo sorpreso e contento di ascoltarlo.

Durante l'esecuzione del brano faranno brevemente la loro apparizione  Gino e Pinuccia, infastiditi dalla musica.

Al termine del brano, Enrico se ne andrà e Oliver avrà un attimo di ammirazione un po' troppo evidente...

Oliver parla con vago accento inglese.

SCENA II

OLIVER – Cari signore e signori, questa è la famiglia Mangiavacca...eat the cow..., la famiglia per cui io, Oliver, ho l'onore di lavorare (smorfia).

                        Gli esseri che avete  visto  comparire sono:

                        - in accappatoio, con gamba scoperta, Gino Mangiavacca, proprietario di una concessionaria auto della nostra provincia, ora in buona crisi finaziaria;

                        - in un’ improbabile tenuta da camera, la sua degna consorte , Pinuccia..(risatina);

                        - the singer man, l'usignolo, è Enrico, loro figlio, poco interessato alle auto  e intenzionato a seguire la sua vena artistica (sospira),

                        Vivono tutti qui, per ora,  nel mausoleo del kitch.

                        La famiglia comprende  altresì Oreste, padre di Gino, ex  padrone della concessionaria , il quale, rimasto vedovo, ha pensato bene –  che grande idea!! - di sposare la doppiamente vedova madre di  Pinuccia, l’arzilla Eva, chiamata  la Montalcini, indovinate voi perché!

                        Ah, e poi sono giunto io, Oliver, autentico maggiordomo inglese, bello e impossibile…ouhhh,yèèèèè…ma credo che ci saranno altre ottime...surprises. Alla salute (prende una bottiglia, ma…)

SCENA III

PINUCCIA – (da fuori)  Oliver…OLIVER!! (entra)  Dov el andà qull gigiulòn lè?

                                                                                              Dov’è quel giuggiolone?

OLIVER – (tossicchia)  Sono qui, miss.

PINUCCIA – Ah…(piano) L’è tant bianc  che dill voot ‘l confond con la parè.

                        Oliver, il signore si è già levato su?

                         Ah…(piano) E' tanto pallido che lo confondo con la parete.

                        Oliver, il signore s è già levato su?

OLIVER – Il…(smorfia) signore?  Si, miss…sta facendo colazione.

PINUCCIA – E l’Enrico ha avuto i suoi corniflecchi?

                        L’Enrivo ha avuto i suoi corniflecchi?

OLIVER – No miss, suo figlio sta seguendo l'ispirazione.

PINUCCIA – Allora non disturbiamolo (Oliver si inchina)

OLIVER – Come desidera, miss.

PINUCCIA – Olli, qusta l’è la lista dill roob da fà incò. Dasmeinga mia la sartoria! Ho fàtt fà un vistì ch’i g’hann da scioppà tutt!

                     Olli, questa è la lista delle cose da fare oggi. E non dimenticarti la sartoria! Ho fatto fare un vestito che farà crepare d invidia tutti!

OLIVER – (prendendo la lista)  Sarà fatto, miss.

PINUCCIA – Brau Oliver. (Al pubblico) Devo dire che quest'uomo è molto solletico. Se no, ària! Tamme um fatt con la Lidia, la camarera ‘c g’àvma prima. Una povra donna ‘d Sant Agnes (quartiere popolare, n.d.a.)  gnan bona da parlà italiano, figurumsa,  con tutta la gint “su” 'c vegna ché!

L'ho mandà a fà 'l pulizii in dl'officina, via via, in mezza  ai so simili. L'ha piattolà un po', ma me cos m'interessa, bisogna andare avanti, progredire.

E al so post ho toot ‘l maggiordomo, eh....(fa intendere che ha avuto una bella idea)

E l’è gnammò finì. G’ho avì un’idea fenomenàla…’g sarà da bravà, ma me tocca!

                   Brau Oliver. (Al pubblico) Devo dire che quest'uomo è molto solletico , Altrimenti aria! Come abbiamo fatto con la Lidia, la nostra vecchia cameriera. Una povera donna di Santa Agnese (quartiere popolare, n.d.a.)  che non sapeva l' italiano, figurati! Era con noi da 30 anni, brava si, ma non adatta a tutta la gente  “vip” 'che viene qui! L'ho mandata a fare le pulizie in officina, via via, in mezzo ai suoi  simili. Ha pianto un bel po', ma a me cosa importa , bisogna andare avanti, progredire.

E al suo posto ho preso il maggiordomo, eh....(fa intendere che ha avuto una bella idea) E non è finita. Ho avuto un'idea fenomenale…ci sarà da litigare, ma che importa!

OLIVER – Posso andare miss?

PINUCCIA – E po’ ‘l ma ciama “miss”. ‘L s’intenderà “miss Italia” sicur… A proposit Oliver, senti qui un attimo...

                     E poi mi chiama  “miss”. Intenderà  “miss Italia” sicuro… A proposito Oliver, senti qui un attimo...

OLIVER – Dica.

PINUCCIA – Nelle referense, ho visto che hai lavorato da certe famiglie molto per bene, molto in alto…come il conte Buffalaballa , m’as diza? (come si dice?)

OLIVER – Altolocate.

PINUCCIA – Ah, autobloccate…la sona un po’ màl, ma s’s diza acsè…E voriva savì…questi autobloccati, questi nobili…che gente saressero?

                     Ah, alto-bloc-cate…E voriva savì…questi autobloccati, questi nobili…che gente saressero

OLIVER – Che vuole mai, gente frivola che vive passando da un ricevimento all'altro  (con enfasi), da una festa all'altra, champagne, allegria, signore elegantissime.

                    

PINUCCIA – (sognando) Oh la furcassa! E...ci saranno anche …dei cavalieri,no?

OLIVER – Ma certo, miss,  splendidi esemplari di maschi che sussurrano  parole di fuoco  alle orecchie delle dame…

PINUCCIA – E cosa dicono, Cosa dicono?!

GINO – (da fuori, urlando) Pinuccia!! In dov et andà, canda ‘l to diavol!

                                                  Pinuccia, dove diavolo sei?

PINUCCIA – (risvegliata di colpo) Adess a vegn!

                                                                       Vengo!

OLIVER – Altra gente, altri tempi…(fa per andare)

PINUCCIA – Oliver…(Oliver si gira)  Cosa posso fare per essere più alto e bloccata?

GINO – (da fuori)  Pinuccia!

OLIVER – (con smorfia di disgusto) Può divorziare, miss.

PINUCCIA – Magàri!

OLIVER – Se ci tiene così tanto, può andare a lezione  di linguaggio, comportamento,  grazia ed eleganza…

PINUCCIA – Lezione?

OLIVER – Si, per imparare, miss, ma, ahimè, credo che sarà tutto inutile….

PINUCCIA – E parché no?  Grazie per il consiglio Oliver, ti darò una gratifica extra.

OLIVER – (si inchina e si avvia, poi sulla porta si gira)  E poi,   classe, miss!  Ma la classe non è acqua (esce per la cucina).

PINUCCIA – Classe ? Cos s’intindiva? Me sum dal ’52, la g’ariss d’anda bein, no?

                          Classe ? Cosa intende? Io sono del  ’52, dovrebbe andare bene, no?

SCENA IV

GINO – (entra dal reparto notte, conciato c.s.)  E allora? L’è mezz’ora 'c ciam.

                                                                                     E allora? E’ mezz’ora che chiamo

PINUCCIA – (lo guarda con aria disgustata)

GINO – Ma cos gh’è?

                     Cosa c’è?

PINUCCIA – Cos gh’è? Prova un po’ a guardàt.

                        Che cosa c’è? Prova a guardarti.

GINO  - (si guarda)

PINUCCIA – Et vist che  bella figura c’t fà? No, digh, t'et vist?

                     Vedi che bella figura che fai? Ti sei visto?

GINO – E allora?

PINUCCIA – ‘M méritia un om dal genar? Ah, altra gente, altri tempi! E vistisat. E pàtenat (péttinati).  Che class ela la tua?

                     Mi merito un marito del genere? Ah, altra gente, altri tempi! E vestiti un p' bene. E pettinati.  Che classe è la tua? (si intende l'ano di nascita)

GINO – ‘L ’48, parché?

PINUCCIA – La va mia bein sicur! La classe non è acqua.

                       Non va bene sicuro!

GINO – Ma insomma, cos gh’èt incò?

                     Insomma, cos’hai oggi?

PINUCCIA – G’ho ‘c l’è ora da cambià registar! Bisogna migliorà pr' andà  so in d’la scala sociale (lei finge di arrampicarsi su una scala, lui la guarda) se no stum seipar col cul par terra. Fortoina c’g sum mé!

                     C'è che è ora di cambiare registro ! Bisogna migliorare  per salire nella  scala sociale (lei finge di arrampicarsi su una scala, lui la guarda) se no stiamo sempre col culo per  terra. Fortuna che ci sono io!

GINO – Tamme quand t’é toot ‘l maggiordomo?

                     Come quando hai preso il maggiordomo?

PINUCCIA – Tutt i  piocc' arfatt ' (i parvenù) i g'hann  un maggiordomo.

                          Anche i più scassi oggi  hanno  un maggiordomo.

GINO – Ma l'è mia roba par noi che sum vegn so da la ......(intende dal basso)

                     Non è roba per noi, che siamo cresciuti nella….

PINUCCIA – Cos gh’eintra?Car ‘l mé om, ché bisogna dàss un tono, fà una vita po’ mondana, più auto-bloc-ca-ta (sillabando).

                     Cosa c'entra? Caro mio, qui bisogna darsi un tono, fare una vita più mondana, più auto-bloc-ca-ta (sillabando).

GINO – Prego?

PINUCCIA – Intant cambià la servitù, via la Lidia, ‘c la g’ava appena la terza elementèra.

                     Intanto cambiare la servitù, via la Lidia che aveva  appena la terza elementare.

GINO – Almeno le la dàva qualca pont

                     Almeno lei dava qualche punto (di cucito, nda)

PINUCCIA – Ho zà pensà anca a qust, làssa fà a mé. ‘G vool una donna in cà? Bein, me l’ho belle che cattà, ma mia vuna qualunque, no. Parché me lezz i giornài, me guard la television.

                       Ho pensato anche a questo, lasciami fare. ‘Occorre una donna? Bene, io l'ho trovata, ma non una  qualunque, no, io leggo i giornali, io guardo la televisione

Suonano alla porta

GINO – Chi sarà a st’ora ché?

                     Chi può essere a quest’ora?

PINUCCIA – Magari l’è propria lé  (tira il cordone delle chiamate).

                     Forse è proprio lei…

GINO  - Le, chi?  (sbuca Oliver).

                     Lei, chi??

PINUCCIA – Oliver, vai ad aprire…

GINO –Insomma Pinuccia, possia savì chi è ‘c vegna a cl’ora ché in cà mia…(nel dire si volge verso l’ingresso e rimane con lo sguardo, incredulo, fisso alla porta, poi guarda Pinuccia e col dito indica qualcosa, senza più parole).

              Insomma Pinuccia, posso sapere chi si presenta a quest'ora in casa mia…..

OLIVER – Miss Marta Ougubudumba

SCENA V

MARTA – (entra un marcantonio di donna nera con un sedere enorme ed il tipico foulard annodato in testa)            O zignori miei, ghe fadiga rivare da  voi!

GINO – (interdetto) C..c…cos el?!?   

                                   Cosa….cos'.è?

MARTA – Droppo sdredde borde  ber Marda.

GINO - …Marda?

PINUCCIA – Oh…Marta..io essere Binuccia, cioè Pinuccia…la pàrla propria tamme in d'l film ch'ho vist.

                     Oh…Marta..io essere Binuccia, cioè Pinuccia…parla proprio come nel  film che ho visto.

GINO – Che film?

PINUCCIA – Via col vento.

GINO – Ma l'hann fatt 70 ann fa!!!

                     L’hanno fatto 70 anni fa!!!

PINUCCIA -  ( A Marta) Mio marito.

MARTA – Io credere uomo bulizie?

GINO – Cosa?  E d’in dova salt’la fora qull carrarmà chè?  (comincia ad agitarsi, qualche volta tartaglia)   Ma chi l’ha ordinà?

                     Cosa?  Ma da dove sbuca questo carrarmato?  (comincia ad agitarsi, qualche volta tartaglia)   Ma chi l’ha ordinato?

PINUCCIA – L’era in offerta, un affari!

                         Era in offerta, un vero affare

GINO – Ehh?

MARTA – Oh, bovera Marda…(si butta su una poltrona e si sventola con un fazzoletto, sbuffando per il caldo).

PINUCCIA – Fa mia dill sceen dadnans alla servitu!

                     Non fare scene di fronte alla servitù

GINO – Ma in dov la mettumia?

                     Dove la mettiamo?

PINUCCIA – Vot propria restà indré rispett a chi g'ha  l’egiziana? O la tiope?

                         Vuoi proprio restare indietro a quelli che hanno  l’egiziana? O la etiope?

GINO – Cos’ela?!  

                E cosa sarebbe

PINUCCIA – So mia , comunque una mulatta. Bein, noi adess g’um la negra e possa negra che la lur!

                     Non so  , comunque una mulatta. Bene, noi adesso abbiamo la nera e molto più nera della loro!

                    

GINO – Ma chissà quant la màngia! G’arò da veind 10 macchin al meez  in po’ par mantegn’la!

             Ma chissà quanto mangia! Devo vendere 10 macchine in più al mese per alimentarla!

PINUCCIA – Marta, accomodare di là, in tua camera…se l’è bona da passà…

                     Marta, accomodare di là, in tua camera…se riesce a passare…

MARTA – Si, buana.

GINO – (sconvolto) Buana?!

PINUCCIA – Oliver, pensaci tu, torno subito …(escono Gino e Pinuccia sbraitando)

SCENA VI

MARTA – Uomo pallido, guale essere duo nome?

OLIVER – Oliver, miss.

MARTA – Amerigano?

OLIVER – Oh no! Inglese, miss!

MARTA – Allora misder inglese dare mano a Marda giamaica ber alzare. Dirare, gosì…bene Oliver..(si alza e le rimane attaccata la poltroncina al sederone)

OLIVER – La sedia, miss!

MARTA – Droppo biggola guezda gasa ber Marda.

OLIVER – (Gliela stacca) Da questa parte, prego (prende la valigia e indica la strada)

MARTA -  Guesdo ber badrona (dà una busta a Oliver, si avvia verso il fondo, ma si incastra in una porta; il pubblico vede solo una parte di sedere che ondeggia nello sforzo di passare)

OLIVER – Permette, miss?

MARTA – Prego?

OLIVER – (appoggia la valigia a terra, fa schioccare le dita delle mani, si mette in posa molto platealmente appoggia un piede sul sederone e con u colpo ben piazzato la sblocca)

MARTA –  Ohhhh….(con un tonfo ruzzola oltre)  Grazie dandeeee!

OLIVER – (si sistema la giacca, segue Marta)

SCENA VII

PINUCCIA – (entra dalla cucina e tira il cordone)  Oliver!

OLIVER – Eccomi, miss.

PINUCCIA – Marta è in camera?

OLIVER – Si, è riuscita ad entrare. Questo è per lei.

PINUCCIA – Si, dunque…Si dichiara vera nera al 100%,

garanzia due anni. Un po’ poc, però. Bein, gnint, appena la sbiadiza la cambiarum.

                     Tu che ne dici Oliver? Non pensi che ci stia bene in una famiglia “su”?

                     Si, dunque…Si dichiara vera nera al 100%,

garanzia due anni. Un po’ poco, però. Non importa, appena si schiarisce la cambiamo.

                     Tu che ne dici Oliver? Non pensi che ci stia bene in una famiglia “su”?

OLIVER – Se mi consente, miss, ci sarebbero altre cose più importanti.

PINUCCIA – Ah si? Pr’esempi?

OLIVER – Un certo Contegno. Molta  Eleganza.  E sense of humour.

PINUCCIA – Che roba sariss’la?

                     Cosa sarebbero?

OLIVER – Bisogna sorridere, miss, mai ridere. Tenere un tono basso, ostentare superiorità e distacco. Questo, miss, dovrebbe imparare.

PINUCCIA – Ma sicur! ‘T gh’è ragion!

                     Ma certo ! Hai ragione.

OLIVER – E niente dialetto, miss !

PINUCCIA – Giusta, giusta. …Bein, adess andum da Marta.      Oliver, hai ciamato  l'Enrico?

                      Giusto, giusto….Bene, ora pensiamo a Marta. Oliver, hai ciamato l’Enrico?

OLIVER – Ma certo, miss.

PINUCCIA – Bene Oliver, bravo Oliver…(tra sé) Ma l’è mia gnan difficil…(esce)

                                                                                          Non è mica difficile…

Suonano alla porta

SCENA VIII

GINO  - (dalla cucina, mentre sta sgranocchiando qualcosa, sorpassa Oliver che si era avviato con passo lento)

                     Va va, Oliviero, ‘g peins me (Oliver si inchina ed esce). E adess chi ‘g sarà?

                     Va va, Oliviero, ci penso io  (Oliver si inchina ed esce). Chi sarà adesso?

JESSICA   – Buongiorno, Ginetto Mangiavacca! (fa un inchino ironico)

GINO – (sorpreso ma non troppo) Ma ....Jessi...

JESSICA – I gessi 'enn a scola . Jessica, par piazer

                     I Jessi sono a scuola…Jessica per piacere

GINO – (sornione) Prima 't ta ridiiv quand 't ciamàva csè....

                                  Prima ti divertivi quando ti chiamavo così…

JESSICA   – Adess g'ho po' voia da riid.

                       Ora non ho nessuna voglia di ridere

GINO – A no?

JESSICA – No. Sum vegn par  bravà.

                     No. Sono qui per protestare.

GINO – Ma cos ‘t sàlta in d’la meint?

                     Che ti passa per la mente?

JESSICA  – Sono qui in rappresentanza dei lavoratori dell'autosalone Mangialavacca e cicì.

                    

GINO – Ah! I'hann sarnì qulla 'c la sa po longa...

                     Hanno mandato la più intelligente…

JESSICA –   Però magari s'intendum prima me e te,

                        Però, magari ci intendiamo io e te..

GINO – E sta atteinta col “te”: mé moier la vol mia…

                     Attenta con il “tu”: mia moglie non gradisce…

JESSICA  – Oh scusa, 'm dasmingava che  sono lontani i tempi che  s'erma  tutta una  famiglia e 's dàvma dal te, quand me mar la Lidia povra donna la lavuràva  ancora in cà vossa, e me in dl'uffisi, Ricordat?Una palpàda alla mamma, una palpàda alla fiola e via , tutt bei conteint.

                    

         Oh scusa, dimenticavo che  sono lontani i tempi che eravamo tutta una  famiglia e ci davamo del tu, io, mia mamma  la Lidia povera donna che lavorava  su da voi, e  io giù in ufficio, Ricordi?Una palpata  alla mamma, una palpata alla figlia  e via , tutti contenti

GINO  - Sttt, Jessi...

JESSICA  – Allora, chèr 'l mè padron di mè sercion, tant par rastà in tema. Cos ennia cust  ? (sventola diverse lettere)

                        Allora, caro il mio bel padrone dei miei cerchioni, tanto per rimanere in argomento. Cosa sarebberero queste lettere ? (sventola diverse lettere)

,

GINO – (interrompendola, ironico)  Gli auguri di Natale?

JESSICA – Preavviso di licenziamento. Par ses  parson,  me compresa

                     Preavviso di licenziamento per  sei  persone  me compresa

GINO – La crisi...

JESSICA  – Ah la crisi, ecco. Prima una psà in dal cul a mè mar e adessa  vuna anca a me

                     Ah la crisi, ecco. Prima un calcio nel c... alla mamma e adesso uno anche a me.

GINO - Ho appena ditt in assemblea che ‘l lavor adess l'é poc e se la va mia bein, arrivederci!

             Ho giusto appena detto in assemblea che si lavora poco, se non va bene, arrivederci!

JESSICA – (a voce alta) Oh che grinta, 't ma par 'l  barluscon  di ciappaciucc

                                        Oh che grinta, mi sembri il berlusconi degli ubriaconi!

GINO – Vusa mia in cà, se seinta la Pinuccia...

                     Non urlare, se sente la Pinuccia…

JESSICA – A proposit, gh'ela mia  la “furbona so tutt me”? L'è stà lè a mett'm in dla lista, sicur!!La sarà mia gelusa, par chès, con un marì tanto intraprendente...

                      A proposito, dov è la “furbona so tutto io”? Mi ha messo lei nella lista, son sicura! Sarà gelosa con un marito tanto intraprendente?...

GINO – Lassa sta mé moier…

                     Lascia perdere mia moglie

JESSICA –  Signor, s'g fiss ancora to par sariss mia success, lul'era un galantom... ma veda, dop tant  ann di fedele servisio.....  in tutt i seins, vera?

                         Se ci fosse ancora tuo padre questo nn sarebbe successo,  lui sì che era un galantuomo...robe da matti, dopo tanti anni di fedele servizio.....  in tutti i sensi, vero?

GINO – Sssttt....  

JESSICA -  (ironica) Cos'è? Et  sbuzà una  gumma?

                                      Cosa succede? Hai bucato una gomma?

SCENA IX

PINUCCIA – Mah guàrda ...(entra dal fondo, vede Jessica,  ha uno scatto ma si frena)  Superiorità… voce bassa, niente dialetto…

                     (più forte) Ma cos’è tutto questo vosare?

                    

JESSICA  – Oh, vèda la Pinuccia!  Seinta un po’ che…

                       Oh, guarda la Pinuccia! Senti un po’…

PINUCCIA – (ignorandola) Gino, cosa vuole questa donna?

                                              

JESSICA – Ma parla m’t mang’, c’t gh’è ancora i croston ‘d verza tacca ‘l…uhmmm…(si trattiene).

                     Ma parla come mangi’, che hai ancora le croste di formaggio vicino a…uhmmm…(si trattiene).

PINUCCIA – (si frena a sua volta)  Superiorità!!     Altri tempi,  cara lei.

JESSICA  – Adess l’m dà anca dal “lei”. T’è dvintà una gran signora!

                     Ora mi da anche del “lei”. Sei diventata una grande signora.

PINUCCIA – (inviperita) Sicur che sum una siora! (piano) La m’è scappà!

                                               Certo che sono una signora! (piano) Mi è scappata

JESSICA  – Ogni tant, però, 's capissa c't gh'èv un banc 'd bavaron in s'l marcà, vera?

                     Ogni tanto, però, si capisce che vendevi  cipolle sul mercato della frutta!

GINO – Jessi, finissla!

                     Jessi, finiscila!

PINUCCIA – Jessi??

JESSICA – Torno subito al dunque e parlerò italiano, visto che ché la usa acsè.

                     Dovete sapere, che noi tutti, impiegati , spassoni,  meccanici  sum incazzà negar, e bloccheremo l'azienda se non ritirate i licenziamenti. I'enn du meez c's veda gnan un bau.

                     Torno subito al dunque e parlerò italiano, visto che in questa casa si usa così.   Dovete sapere, che noi tutti, impiegati , addetti alle pulizie,  meccanici  siamo incazzati neri , e bloccheremo l'azienda se non ritirate i licenziamenti. Da due mesi non si vede un soldo!

PINUCCIA – O mio Dio, ma per queste cose ci sono i sindacati.

JESSICA – Propria m'adziva mè mar

                     E’ proprio come diceva mia madre

PINUCCIA – Cos dzivla to màr?

                         Cosa diceva tua madre?

JESSICA – Che Pinuccia la drova la leingua tamme una guccia!

                     Diceva: Pinuccia adopera la lingua come un ago!

PINUCCIA – Oh, d’una brutta…(si attacca al cordone delle chiamate)

JESSICA  – Tira pur ‘l cordon! (che si rompe)

                      Tira pure il cordone

GINO – (la sospinge) Va fora Jessica  prima che capita un...

                                       Vai Jessica, prima che succede un ….

JESSICA  – Tegna zù ‘l man,te, ca t’è seipar tant bon da slungàia !

                      Giù le mani, tu che sei sempre stato così bravo a palpeggiare !

PINUCCIA – Lo so, so tutto

JESSICA  – La solita mnestra la stuffa, eh

                     La solita minestra stanca, eh

GINO – Olivio, accompagna la signora!

JESSICA – E che lu chi sariss’l?

                     E questo chi è?

PINUCCIA – Il  sostituto di tua madre,  Oliver tràla fora.

                                                                 Oliver, buttala fuori.

JESSICA  – Oliveeer?! (a denti stretti)  che finessa la contessa! E la nigreina gh'ela mia?

                     Oliveeer?! (a denti stretti)  che finessa la contessa! E la negra non ce l'avete?

MARTA – Avere suonado?

JESSICA – Ahhhh!! Madonna l'è bein bruttaaaa  (ride a crepapelle).

                     Ahhhh!! Madonna come è brutta!!!  (ride a crepapelle).

MARTA  - Berghè ridere dando?

GINO – E prova un po’ a dì.

                     Indovina!

OLIVER – (la prende per un braccio e la trascina)

JESSICA   – Ah seinta Rossella O’Hara, fag un flebo a Oliver c’l g’ha un brutt color..ah ah!

                     Ah senti  Rossella O’Hara, fai un flebo a Oliver, ha una brutta cera .ah ah!

OLIVER – (sulla porta) I miei omaggi, miss! (e la lancia).

JESSICA  – E ricordat cos t'ho ditt! (si perdono le sue risate nell’atrio).

                     E ricordatevi cosa ho detto! (si perdono le sue risate nell’atrio).

SCENA X

PINUCCIA – Rida, rida pur! Qui non siete all'altessa, né tu, né tua madre la Lidia,  oh!!

                    

GINO – (estrae velocemente una bottiglietta da una tasca e beve un sorso di nascosto)

MARTA – Io brebarare  disana galmante. Marido Gino venire gon Marda (lo spinge).

GINO – E ponta mia, panzer! (escono Gino e Marta verso la cucina).

                     E non spingere, panzer! (escono Gino e Marta verso la cucina).

PINUCCIA – (si ricompone sotto l’occhio critico di Oliver, dispiaciutissima) Me le ha tirate fuori…Me g’ho provà, ma po’….mi è venuto un verso qui…

                    

OLIVER – (impassibile esce dal fondo)

PINUCCIA – ‘ L fa bell a parla lu, ma me g’ho appena la quarta elementàra, gnan finì, ma fagghia…?  (ha un ‘idea)  L’Enrico! l’Enrico ‘l ma darà una man! E po vedrum se sum una siora o una villana.

                     Facile per lui, ma io ho fatto solo  la quarta elementare, non finita, come faccio…?  (ha un ‘idea)  L’Enrico! Ma si, l’Enrico mi aiuterà! E po vedremo se sono una signora o una campagnola

SCENA XI

ENRICO – (entra dal reparto notte) Ho sentito  urlare, o sbaglio?

PINUCCIA – Rob chi g’arissan gnan da succed…(dato che il cordone è rotto, suona un campanello)   Et mangià? No?Adess fag portà la c'lazion..

                         Cose che non dovrebbero succedere…(dato che il cordone è rotto, suona un campanello)   Hai mangiato? Ti faccio portare la colazione..

OLIVER – Eccomi Miss?

PINUCCIA – Dì a Marta di preparare la colazione per il signorino.

OLIVER – Subito (esce per la cucina)

ENRICO – Chi è Marta…?

PINUCCIA –  Una mia idea…

ENRICO –  Come Oliver?

PINUCCIA – Ah no, tutt un’atra roba.

ENRICO –Ah! (poco convinto)

PINUCCI A- Ma Enrico, dobbiamo tenere un certo decoro…e to mar la vol fà ‘l salto d qualità.                      E tua madre vuole fare il salto di qualità

ENRICO – Ah si? E da quando ?

PINUCCIA – Da subit! Propria par qust voriva diit una roba…

                       Da subito! A tal proposito, volevo chiederti una cosa…

ENRICO – Anch’io ti dovrei parlare, mamma.

PINUCCIA – Delle tue  cansoni? No adessa no, adess sculta me, ‘c l’è  possà important.

                     Delle  tue cansoni? No adesso no, ascolta me, che è più importante.

ENRICO – Me lo immagino.

PINUCCIA – Ecco, te t’l sé che me ho mia studià abotta, ma qualca ann l’ho fatt anca me. Mia all’estero tant cmé te, me l’ho fatt a Tobruk (quartiere degradato della periferia, n.d.a.)

                     Ecco, lo sai che io non ho studiato tanto, solo qualche anno, però non  all’estero come te,  io l'ho fatto a Tobruk (quartiere degradato della periferia, n.d.a.)

ENRICO – Si, ma non si nota.

PINUCCIA –  ‘L so anca me ca fag la mé figura, ma voriss migliorà la parlàda.                     

                         Lo so che faccio sempre la mia bella figura, ma vorrei migliorare nel parlare.

ENRICO – Allora?

PINUCCIA – Ciapariss vlontera qualca lezion…d’italiano…

                     Prenderei qualche lezione di …italiano

ENRICO – Prego?

PINUCCIA – Lezioni di d’italiano. Basta col dialett! G’ho zà ‘l maggiordom e la Marta: adess tucca a me. Po pensarum anca a to par.

                     Si, d’italiano. E basta col dialetto! Ho un  maggiordomo e la Marta: ora tocca a me. Poi penseremo anche a tuo padre.

ENRICO – Si, ma…

PINUCCIA – Par piazer, Enrico…

ENRICO – Mamma, con tutti i problemi che ci sono ...e a proposito volevo parlarti anch'io…

PINUCCIA – (lo guarda) . Et combinà qualcos, Enrico?

                                               Hai combinato qualcosa, Enrico?

ENRICO – Ma de ché…?

PINUCCIA – Vèda ragass, cuore di mamma non mente!

ENRICO – (piano)  Non posso ancora dirglielo…       (forte) Ne parliamo più avanti.

PINUCCIA – Va bein, e ricordat la mé faccenda. Serca te la parsona giusta.

                     Va bene, e ricordati la mia faccenda. Cerca tu la persona giusta.

ENRICO – Se ci tieni…

PINUCCIA – Ci tengo! E Poi divorzierò!

ENRICO –  Per favore

 PINUCCIA – Purtropp sarò mai bona. In cà nossa tutto deve essere regolare, mia cmé in sert famigli in dova n’in capita ‘d tutti color: divorzià, separà, drogà.

                     Adess po’ ‘s mettan in cà d’l tutt: ragass negar, giad….,no no, me sum par la tradizion!

                        Purtroppo nn ne sono capace. A casa nostra tutto deve essere regolare, non come in certe famiglie dove ne capitano di ogni: divorziati, separati, drogati., adesso si tirano in casa di tutto: bambini neri, gialli, marroni… ah no, io sono per la tradizione.

                    

MARTA – (si affaccia dalla cucina, canticchiando)  Golazione!

PINUCCIA – Enrico, questa è Marta, la nova camarera. I Mangiavacca g’hann la negra, tamme in “Via col vento”.  Marta, lui è Enrico, il padroncino. Curalo, m’arcmand, tienlo su ‘c l’è un po’ pallid…ma stèt mia bein, Enrico?

                        Enrico, questa è Marta, la nuova cameriera. I Mangiavacca hanno  la negra, come in “Via col vento”.  Marta, lui è Enrico, il padroncino. Curalo, mi raccomando, tienilo su perché è un po’ pallido…ma stai bene, Enrico?

ENRICO – Non lo so, ci devo pensare…

MARTA – Bello il badrongino. Venire che duddo brondo.

ENRICO – Brondo?!

MARTA – No brondo: brondo! Ma gome barlare?

PINUCCIA – Ah, Enrico! Quand riva la to morosa, la Maria Grazia?

                       Ah, Enrico! Quando arriva tua fidanzata, la Maria Grazia?

ENRICO – Domani ..ohhh (viene trascinato da Marta in cucina).

PINUCCIA – Bon! Anca qusta l’è fatta.  Ecco, qusta l’è la mé idea: una famiglia unì, autobloccata, seinsa scandul…fortoina  c’g sum me! (prende il suo fotoromanzo) Donca, adess curr a veed VENTO DI PASSIONI, perché lui ha un’amante: brutt soggett! (esce verso le camere).

                         Bon! Anca questa è fatta.  Ecco, questa è la mia idea: una famiglia unìta, autobloccata, seinza scandali…per fotuna che ci sono io! Dunque   adesso devo correre a vedere VENTO  DI PASSIONI , perchè lui ha l'amante, ah, brutto impostore (esce verso le camere).

SCENA XII

Suonano alla porta.

OLIVER – (arriva, molto lentamente, dalla cucina ed apre). Buona giornata, miss.

EVA – (decisa, con una valigia) Buona giornata una forca! (torna sulla porta e guarda fuori).

OLIVER – Come desidera, miss.

EVA – Gh’ela mia la Pinuccia?

             C’è la Pinuccia?

OLIVER – Prego?

EVA –Mia figlia, è in casa?

OLIVER – Certo, miss.

EVA – E allora ciàmla!

          Dunque, chiamala!

OLIVER – Subito, miss.

EVA – E lassa perd qull “miss” lé, c’l m’innarvozisa!

                     E smettila con quel “miss”, mi innervosisce!

OLIVER – (fa per prendere la valigia).

EVA – Zù ‘l man! Sta servitù, italiana o forastera, l’é tutta compagna!

                     Giù le mani! Questa servitù, italiana o straniera, tutta uguale!

OLIVER – Allora se permette, mi ritiro…(sta per uscire, si gira e forte)..MISSSSS! (fuori).

EVA – (cenno di stizza, poi si guarda attorno ansiosa, torna sulla porta, guarda fuori e quando  ritorna al centro della scena si trova di fronte Marta

  AHHH…!!

MARTA – AHHH…!! (e scappa verso la cucina)

PINUCCIA – (dal reparto giorno)  Mamma….!

EVA – Pinuccia, i seingor !! Gh’è i seingor in cà!

                     Pinuccia, gli zingari, ci sono gli zingari in casa

PINUCCIA – Cosa!?

EVA – Curra, ciappla, ho vist una seingura in cà!

                     Corri, prendila, ho visto una zingara in casa.

PINUCCIA – Car ‘l mé Signor, d’in dov ela vegn deintar? (tenta di suonare il cordone, già rotto)  Allarme, soccorso!

                     Signore buono, ma da dove è entrata? (tenta di suonare il cordone, già rotto)  Allarme, soccorso!

EVA – Ho ciappà un stramlon! L’era grossa acsé, un cul c'l passàva gnan da la porta, i mangian lur, eh! E tutta negra…brrr!

            Che spavento! Era grossa così, un sedere che non passava neanche dalla porta, e tutta nera…brrr!

PINUCCIA – (capisce, si blocca)  Mamma…

EVA – Ciamum la polizia! (va al telefono)

                     Chiamiamo la polizia.

PINUCCIA – Mamma, par piazer! (fermandola)

EVA – Cos gh'è?

            Cosa?

PINUCCIA - A momeint ‘t ma fa ciappà un colp: l’è Marta.

                       Mi fai prendere un colpo: è Marta.

EVA – Chi?

PINUCCIA – La nova camarera.

                     La nuova cameriera.

EVA  - ‘D qull color lè?

            Di quell colore?

PINUCCIA – Si, adess la usa acsè. L’ho lezì in  Donne e Danni.

                        Si, oggi usa così. L’ho letto su Donne e Danni.

EVA – Ma…lass’la mia sporch in dov la tocca?

                     Ma….non sporca dove tocca?

PINUCCIA – Ma cos ditt? Marta!

                         Ma che dici! Marta.

EVA – La ciamat?

             La chiami?

MARTA – (mette fuori solo la testa)

PINUCCIA – Vieni.

MARTA – Io baura… signora moldo brudda.

EVA –Brutta me? Che bel coragg!

                     Io brutta? Che coraggio!

PINUCCIA – Questa è la signora Eva, mia madre. Dai, presentati.

MARTA -  …Marda…

EVA – (offesa) Pinuccia, cos hala ditt?!

                     Pinuccia, cosa ha detto?

PINUCCIA – Mamma, le la parla acsè, un po’ da infardurà. Ma et mai vist “Via col vento?”

                     Mamma, parla così perchè è raffreddata. Ma non hai mai visto “Via col vento?”

EVA – Dez voot

            Dieci volte.

PINUCCIA – Quand dé ‘t ta fermat, mamma?

                           Quanto ti fermi, mamma?

EVA – Ma fat a savì ‘c voi fermam ?

                     Come sai che mi voglio fermare?

PINUCCIA – Gh’è la valiza.

                        Hai la valigia.

EVA – So mia, dipeinda......

            Non so ancora, dipende…

PINUCCIA – Marta, prendi la valigia della signora Eva.

EVA – No, g’ho deintar di valor!

          No, ci sono dentro dei valori.

PINUCCIA – Mamma, la servitù la gh’è apposta par cust!  Marta, porta la valigia nella camera degli ospiti.

                     Mamma, la servitù serve apposta per quello!  Marta, porta la valigia nella camera degli ospiti

EVA – Stummia sicur?

           Siamo sicuri…?

MARTA – Signora madre no buona (esce per il reparto notte).

EVA – E tocca mia la biancheriaaaa!

                     E non toccare la biancheria!

PINUCCIA – Mamma t'è bein narvusa

                        Mamma, come sei nervosa.

EVA – 'T gh'è ragion, devo fare un po' di Yoga, faccio la posizione del  lotto in fiore.(assume – ridicolmente –la posizione)

            Hai ragione,  devo fare un po' di Yoga, devo fare la posizione del  lotto in fiore.(assume – ridicolmente –la posizione)

PINUCCIA – Ehh??

SCENA XIII

GINO – (entra dalla cucina, vede Eva, fa un velocissimo dietro-front)

PINUCCIA – Gino!

GINO - …si…

PINUCCIA – E’ rivà mé mar.

                          E’ arrivata la mamma

GINO – Oh Eva, che piazer a vedat!  E che vers sariss qull lè?

         Oh Eva, che piacere!  E che cosa sarebbe quella lì? (intende la posizione yoga?

EVA – La posizion dal loto in fiore

GINO – Ugual precis!

             Proprio uguale!

PINUCCIA – E’ success qualcos con to marì, l'Oreste?

                     E’ successo qualcosa con tuo marito, l'Oreste

EVA – Sum scappà da la disperazion!

                     Sono scappata per la disperazione

GINO – Avriss ditt ‘l contrari.

             Potevo pensare il contrario

EVA – L’è mia un om, l’è un diavol: ‘l ma lassa mia stà un attim…(vezzosa)

                     Non è un uomo, è un diavolo: nn mi lascia in pace un momento…(vezzosa)

GINO – Però il paparino.

PINUCCIA – Me ‘t l’ava ditt, però. Sposal mia. Gl’ho avì in cà di ann, il caro suocero…un sgionfador…

                     Io te l'avevo detto, però di non sposarlo. L'ho avuto in casa per anni, il caro suocero…un seccatore dei primi…

EVA -  Ma insomma, me s’era zà vedva par la seconda voota, lu appena  da quàlca meez, ‘l m’ha fatt una cort da matt, cos g’hoi da ditt, ho cedì.  Ma  adess gh’è vegn una gelosia adoss, ‘l ma molla mia un second…’m ‘l seint seint seipar drè da la scheina (va sulla porta e guarda fuori apprensiva).E po .. 'l s'è fatt vegn i cavì long con la coa...

                     Ma insomma, non ricordi ? Ero rimasta vedova per  la seconda volta e lui  solo  da qualche mese, mi ha fatto una corte sfrenata,  che dirti, ho ceduto.  Ma  adesso gli ha preso una gelosia, non mi molla mai un secondo…’me lo sento sempre dietro le costole (va sulla porta e guarda fuori apprensiva).E poi .. si è fatto venire i capelli lunghi e si è fatto la coda......

PINUCCIA  - Oh che bzunton!

                      Che zozzone

EVA – So mia cos gh'è datt adoss,  'l s'è toot una moto dal 1950, quand andum in gir parum George e Mildred, una vargogna.

            Non so cosa gli sia successo, ha preso  una moto dal 1950, quando andiamo in giro sembriamo George e Mildred.

GINO – E bein, adess ‘t va a cà e ta spiegh con lù, csé in quattar e quattr’ott…

                     Non è grave, adess vai da lui, vi spiegate ben bene e tutto torna a posto…

EVA – (lo interrompe) Poss mia andà a cà: g’ho ditt ca andàva da mé sorella in Sardegna.

            (lo interrompe) Non posso tornare a casa: ho detto che andavo da mia  sorella in Sardegna.

GINO – Pr’una smana almeno sum a post!

                     Per una settimana almeno siamo sistemati!

PINUCCIA – Dio, mamma, par me l’è sta una liberazion portam’l via da ché, ma ‘t t’è tirà in cà una soppa!

                     Dio, mamma, per me è stata una liberazione  portarlo via da qui, ma tu ti sei tirata in casa una zuppetta!!

EVA – Pensava mai una roba compagna!  L’è ancora in gamba, l’om…(piano a Pinuccia) G’ho anca un po’ ‘d nausea..(sottintendendo una gravidanza…)

           Non avrei mai detto  E' ancora in gamba l'ometto…(piano a Pinuccia) Ho anche un po' di nausea.........(sottintendendo)

PINUCCIA – (la guarda con aria di compatimento)T’ara mia digerì!

                                                                                   Non avrai digerito!!

Suonano alla porta.

PINUCCIA – Va te, Gino. Me vag dadlà con mé mar.

                        Apri tu, Gino, io vado con mia madre

EVA – ‘G n’ho bein da contat.'L va a fà di curs di ballo tantrico pr'imparà... a durà ...et capì?

            Ne ho ben da raccontarti. Va  a fare dei corsi di ballo tantrico, per imparare..a durare ...capito?

PINUCCIA – No,   me so mia gnint 'd chill roob lè . (escono per il reparto notte).

                          Non so niente , io, di quelle cose….

SCENA XIV

Gino – Ecco ristabilito il duo.

OLIVER – (lentamente va) 

GINO – Brao Oliver, pian pianein…

              Bravo Oliver, pian pianino…

OLIVER -  (annuncia) Il signore suo padre, sir.

GINO – Cosa??

ORESTE – Ciao Gino (appoggia la valigia, uguale a quella di Eva)  Ciao mortimer! (a Oliver)

OLIVER – (tossicchia ed esce).

GINO – Papà, cos fat ché? E cos et fatt a la testa? (intende che ha la coda)

                     Papà, cosa fai qui? E cosa hai fatto alla testa?

                    

ORESTE – (accarezzandosi la coda grigiastra)  In moto fag possà figura...

                     In moto faccio la mia figura…

GINO – Ah

ORESTE -  Sum vegn a ritrovare i miei vecchi amori.

                    

GINO – Che roba?

ORESTE – G'ava  nustalgia d’l'aria 'd cà mia, la spussa d’ l'officina, , la sgionfadora ‘d to muier…

                     Avevo nostalgia dell'aria di casa, la puzza dell'officina, la rompiballe della Pinuccia…

GINO – (guardando verso la porta dove è uscita Eva)  E la tua …'d  muier, l'Eva…?

                                                                                                   E la tua…moglie, l’Eva?

ORESTE – L’è partì par la  Sardegna, boh!  E allora ho ditt: spetta ‘c vag un po’ dal mé ragass c’l g’arà ‘d bisogn sicur d’l so paparino.

                     E' partita per la  Sardegna! Allora ho detto: vado dal mio ragazzo  che avrà bisogno  sicuro sicuro del suo paparino.

GINO – Ma no…

ORESTE – Enrico, gh’el?

                     Enrico è in casa?

GINO – Si, ma te papà ‘t po mia farmàt (gli dà in mano la valigia).

                     Si, ma tu non puoi fermarti da noi (gli dà in mano la valigia).

ORESTE – (la riappoggia) Ah, casa mia casa mia…seinta la spussa ‘d mnastron… (fiuta) Ma ma ma.... ma l’è fatt in d’un’àtra manera, qui c’è una mano nuova, più… esotica…gh’è una camarera nova, par chès?

                     (la riappoggia) Ah, casa mia casa mia…senti l'odore di minestrone… (fiuta) Ma ma ma non è il solito minestrone, qui c’è una mano nuova, più… esotica…c'è una cameriera nuova per caso?

GINO – Si.

ORESTE – (lisciandosi la coda)  Farò una settimana di riposo qui!.

GINO – Parché a cà tua ‘t ta fiacch abotta.

                     Si, perché a casa ti distruggi

ORESTE – Caro mio! Lalè l’è  un demoni! Oh una roba!,

                     Caro mio, quella? È un demonio! Oh, una roba!

GINO – Verameint le la dziva..

                     Veramente lei diceva che…

ORESTE – Chi?

GINO – No, voriva dì, che me cardiva c’t fiss te…

                     No, volevo dire che io credevo che fossi tu che…

ORESTE – Si, ma le la diz mai ‘d no: summia dimagrì?  Adess la va a fà tutt i curs 'd yoga, so botta me, E po’, una sgionfadòra tamme so fiola :talis mater talis filia.

            Si, ma lei non si rifiuta mai: sono dimagrito?  Adesso va  a fare tutti i corsi di     yoga, non so.  E poi, è una rompiballe come la figlia: talis mater talis filia.

GINO – Donca papà, fum una roba. Mettat ché bell chiett un attim che me adess vag dadlà a parlà con la mè sgionfadora.

             Papà, facciamo una bella cosa. Stai qui quieto un momento, io adesso vado di là a parlare con la mia rompiballe.

ORESTE – Ecco, avvisa la Genoveffa che è arrivato il suo caro amato ex-suocero,

GINO – Appunto!  Spetta ché, movat mia. (Piano) Sa stava csé bein! (esce per la zona notte).

              Appunto!  Stai qui, non ti muovere. (Piano) Stavo così bene! (esce per la zona notte).

SCENA XV

Oreste si guarda attorno. Dal fondo sbuca Marta con un tegamone in mano.

MARTA –  Buono giorno zignore.

ORESTE – Buono giorno…(la vede, si blocca).

MARTA – (sorride e se ne va)

ORESTE – O la furca! Ma cos é  passà! Mai incrosià gnint dal genar, mai!… Uhmmm, che coriosità! Ma spura ‘l man, ‘m vegna voia da dà via di manatà! (si spruzza un po’ di colonia e fa per seguire Marta).

                O la furca! Ma cos é  passato! Mai visto niente del genere, mai!… Uhmmm, che coriosità! Ma pizzicano le mani, ho voglia di dare qualche palpatina! (si spruzza un po’ di colonia e fa per seguire Marta).

                    

ENRICO – (dalla cucina) Nonno, che  fai qui?

ORESTE – Enrico, chi ela?  Chi è?

ENRICO – Chi?

ORESTE – Come chi? Qull tafanèri grand e gross ch’è passà adess!

                     Come chi? Quel “sedici” (sedere) grande e grosso che è appena passato

ENRICO – Sarà Marta

ORESTE – Marta?!

ENRICO – Un’idea della mamma.

ORESTE – La forca, che idea! Fortoina ‘c sum capità ché…

                     Però, che idea. Per fortuna sono capitato qui …

ENRICO – Lascia perdere.

ORESTE – L’ho gnan toccà, pr’adess. Ma second te…ela csé negra dapartutt?

                     Non l'ho toccata, per ora! Ma secondo te, è così nera ...ovunque?

ENRICO – Non saprei, mi informo

ORESTE – Me g’ho una coriosità!

                     Mmmm…che curiosità!

ENRICO – Piuttosto,  avevo  bisogno di parlare con qualcuno di una cosa importante.

ORESTE – Eccomi qua. Ma adess voriss da un’occià in coseina…

                     Eccomi qua. Però, adesso, devo dare un’occhiata in cucina…

ENRICO – Per favore!

ORESTE – E va bene: prima il dovere poi il piacere. Cos gh’è?

ENRICO – E’ un po’ che mi frulla in testa una idea, un po’ stravagante , ma bellissima.

ORESTE – Stravagante ma bellissima? Uhmm….

ENRICO – Cioè, non è poi tanto strana, dipende.  Da dove comincio?

ORESTE – Prova dall’inizi.

ENRICO – Diventerà un affare di stato, lo so già.

ORESTE – Ah!

ENRICO –  Li conosco. Magari il babbo ci passa sopra, ma la mamma…

ORESTE – Tua madre è uno scoglio insormontabile! Lo so.

ENRICO – Non accetterà subito…Bisogna prepararla.

ORESTE – (leggermente preoccupato) Va bein, ora c’è qui il tuo nonno. Fortoina ‘c g’ho i spall bon.

                     Va bene, ora c’è qui il tuo nonno. Fortuna che ho delle spalle buone.

ENRICO – Dunque, il fatto è…

ORESTE – Non cominciare con “il fatto è che”,  vieni al sodo.

ENRICO – ok. Vista in un certo modo, moderno diciamo, è una cosa normalissima…

ORESTE – Uhmmm, gatta ci cova…

ENRICO – E’ più che altro una questione …morale.

ORESTE – Morale?!

ENRICO – E in questo caso sai com’è la mamma.

ORESTE – Ohh!!

ENRICO – Regolarità, nessuna deroga. Tu dovresti  far capire a lei ed agli altri…una certa cosa...ci stai?

ORESTE – Eh vedrum! Sentum prima „che cosa“ e po vadrum.

                     Eh vedremo!Vediamo prima  „che cosa“ e po  vedremo.

ENRICO – Andiamo in camera, così ti faccio sentire anche il mio  cd..

ORESTE – Chissà che bell! Appena rivà, subit di problema. Spetta, ‘l pastigli pr’l coor..si, gh’i ho (escono per il reparto notte).

                     O ma chissà che bello! Appena arrivato, subito dei  problemi. Un momento, le pastiglie per il cuore, si ce le ho.(escono per il reparto notte).

SCENA XVI

Entrano Gino e Pinuccia, parlano sottovoce.

GINO – Me so mia in ché manera sbroiala, vala bein?

Non so come risolverla?

PINUCCIA – Ma cos l’è vegna a fa qull sgiunfador lè?

                      Perché è qui, quel seccatore?

GINO – E la piva inversa ‘d to mar? Podivla mia sta a cà sua?

                     E la bocca inversa di tua madre, non poteva starsene a casa?

PINUCCIA – Bisogna mandà via to par!

                        Bisogna mandare a casa tuo padre!

GINO – Manda a cà to mar, invece!

                     Manda a casa tua madre, invece!

GINO / PINUCCIA – (parlano insieme) Oh seinta…oh allora…

EVA –  (entrando) Car i mé ragass, ‘m par da ess un’àtra. Ché, con mé fiola e mé marì c’l ma creda in Sardegna!  (fiuta l’aria) seint un profum…’m pàr da cognos’l…mah!

               Cari ragazzi, , mi sento già un'altra. Essere qui, con mia  figlia  e mio marito che mi pensa  in Sardegna!  (fiuta l’aria) sento un profumo…credo di conoscerlo…mah!

GINO – (tossisce)

PINUCCIA – (tossisce) Me g’ho un lavor da fà…

                                          Ho un lavoro da finire…

GINO – G’ho da andà zù in officina…

                     Devo scendere in officina…

PINUCCIA – Oh l’è  bein tardi! (piano) Peinsag te!

                         Come è tardi! (piano) Pensaci tu!

GINO – Guarda che or è! (Piano) Gràttatla te! (escono, Pinuccia per la cucina e Gino per la fabbrica).

             Il tempo vola! (Piano) Arrangiati  ! (escono, Pinuccia per la cucina e Gino per la fabbrica).

EVA – Ma…(vede la valigia)  O guarda, i m’hann lassà in gir la valiza..Ah, la servitu! (fuori per la zona notte).

            Ma…(vede la valigia)  O guarda, hanno lasciato in giro la valigia..Ah, la servitu! (fuori per la zona notte).

SCENA XVII

Suona il telefono.

MARTA – (esce sbattendo un uovo in una scodella)  Gasa dei sigori Brusghini. No Brusghini, Brusghini, si. Il signorino Enrigo? Asbeddare, io ghiamare.  ENRICO! Delefono!

ENRICO – (da zona notte)  Per me?

MARTA – Brendere oveddo, dirare su…Tu pallido gome Penna Bianca dei Sioux

ENRICO – Dopo, Marta, dopo!

MARTA – Allora io mangia (cucchiaiata in bocca e fuori per cucina).

ENRICO – Ciao..(abbassa il volume) Ma perchè non mi chiami sul celllare? Ah non prende..Dunque,allora , forse tutto si sistema. “Forse” ho detto. Be’ un po’ di resistenza ce l’aspettavamo, no? La cosa è un po’ delicata.

PINUCCIA – (entra, non vista da Enrico)

ENRICO – Tesoro, bisogna agire con un po' cautela, lo sapevamo no?

PINUCCIA – (si mette ad origliare, curiosa)

ENRICO –  Ma no, nessuno sospetta, niente, non ancora.  T’immagini mia madre che faccia  farebbe? (ride sottovoce e la imita, Pinuccia sgrana gli occhi).

                     Sistemerò tutto, vedrai, e poi via da questa casa, . Si tesoro. No, cercherò di non fare troppo casino, so come fare. Sai una cosa? Hai avuto una bella idea, Sei proprio un angelo, sei il mio angelo…ciao, ciao. Pitipitu, patapatà, .(bacini, poi esce furtivamente per ritornare nella zona notte).

PINUCCIA – (confusa) …con chi er’l al telefono?

                     Pinuccia, cos peinsat?  La sarà sta so moier, no,la Maria Grazia, is volan tant bein…

                     E allora parché ‘l parlava csé sottvuz e ‘l sa guardàva in gir?

                     E po l’ha ditt “T’immagini mia madre che faccia farebbe?” Che fassia g’hoi da fà? Par che roba?  E…anca…  “nessuno sospetta  nulla”, g’ho tutt registra chemò (si batte la fronte).

                     Ma no, l’è impossibil, i’enn tant affezionà sti du ragass…

                     Ma se ‘s vedan adman, che bisogn gh’è di tutte quelle paroline dolci, tesoro, angelo, sei il mio angelo. E po anca pitipitu pitipità! I s'enn tratt insema tre ann fa, me digh che ormai la morosàra la sarà anca passà, no? ‘L Gino ‘l mà diza mia una roba compagna da almeno veint’ann!

                     E allora?…”E poi via da questa casa, ”…

                 (ha un guizzo improvviso)  HA UN’AMANTE! (trattiene un urlo)

                 Signor, me la ved zamò tutta la storia: “anche i Mangiavacca piangono!”

                     Tutt i mé sforz par altoloccarci! Tutt ai ortigh! E che scandol!

                     Sum a Piazeinsa, miga a Dallas.

                     Bisogna ‘c fagga qualcos, ma che roba?!..

                     (si butta sul divano in raccoglimento) No, Pinuccia, spetta, spetta un attim, mànda zù, tegna ‘l segret tutt par te..(ci prova) Però csé a sciopp!

                     Mamma! Fortoina ‘c l’è ché..mamma!! (esce per le camere).

                    

                          (confusa) …Con chi era al telefono?

                     Pinuccia, cosa pensi?  Ma sarà stata sua moglie, no,la Maria Grazia, si vogliono tanto bene quei due ragazzi!

                     E allora perché parlava sottovoce e si guardava attorno?

                     E poi ha detto “T’immagini mia madre che faccia farebbe?” Che faccia dovrei fare? Per cosa?  E…anche…  “nessuno sospetta  nulla”, ho registrato tutto qui (si batte la fronte).

                     Ma no no, è impossibile, sono così uniti questi due ragazzi.

                     Ma se si vedono domani, che bisogno c'è di tutte quelle paroline dolci, tesoro, angelo, sei il mio angelo. E  pitipitu pitipità! Si sono messi insieme tre anni fa, credo  che ormai le moine saranno anche passate, no?  Gino non mi dice una roba del genere  da almeno vent'anni!

                     E allora?…”E poi via da questa casa, ”…

                 (ha un guizzo improvviso)  HA UN’AMANTE! (trattiene un urlo)

                 Dio mio, vedo già tutta la storia: “anche i Mangiavacca piangono!”

                     Tutti i miei sforzi per autobloccarci! Tutto alle ortiche? E che scandalo!

                     Qui siamo a Piacenza mica a Dallas!

                     Bisogna che faccia qualcosa, ma che cosa?!..

                     (si butta sul divano in raccoglimento) No, Pinuccia, aspetta, aspetta un momento, ingoia, tieni questo segreto tutto per te .(ci prova) Però così esplodo!

                     Mamma! Per foruna c'è la mamma!! (esce per le camere).

SCENA XVIII

Entrano Oreste ed Enrico dalla zona notte.

ORESTE – Bein insumma, cos g'hoi da ditt,  una vota sert lavor i capitàvan mia, Ogni doin ‘s contintàva ‘d qull ‘c g’àva e stop! Però la modernità avanza...

                         Insomma, cosa vuoi che dica,   una volta certe cose non succedevano, ognuno si accontentava di quel che aveva e stop! Però la modernità avanza...

ENRICO – Infatti... (guarda la coda)

ORESTE – Bein, par me va anca bein, anca se capiss mia parchè andà a tirà a man dill situazion che po'....

                        Bene, per me va anche bene, anche se non capisco perché andare a infilarsi in situazioni che poi…

ENRICO – Si cresce e si cambia!

ORESTE – E già, si cambia si cresce! (poi cambia tono)  Ma si,  incò la gira acsé, ‘t po mia fàg gnint, ché ‘s capissa po’ gnint!  E se par te  l’è una roba csé importanta da…

                         E già, si cambia si cresce! (poi cambia tono)  Ma si,  oggi va così, nn ci si può fare niente, non si capisce più niente. Se per te è un cosa tanto importante.

ENRICO – E’ qualcosa che senti o non senti.

ORESTE – E tu senti, vero? 

ENRICO – …si….

ORESTE – Ah,  troppa promiscuità! Va bein, penserò al da farsi.

ENRICO – E’ giusto che prima di dirlo alla mamma  la devo preparare?

ORESTE – Altro ché!  Ma cmè mai  da un dé a l’atar…?

                     Altroché! Ma come mai, da un giorno all’altro…

ENRICO – A' causa della  Grazia, Poi è uscita questa storia. Ma è bello, no, non ti pare?

ORESTE – Ma si, boh!

ENRICO – Oh senti Oreste, non dirmi che anche tu sei come loro,eh! Perché   alla nera corri dietro! Non ti fa schifo il colore, vero? 

ORESTE – Fermo lì!  Va bein, ci penserò io. Parlarò intant con to par.

                     Fermo lì! Va bene, ci penserò io. Parlerò intanto con tuo padre,

ENRICO – Sapevo di poter contare su di te. Devi venire a sentire il cd!! (esce per la comune).

SCENA XIX

ORESTE – ‘L g’ha ragion! Me poss mia fàg la moral, sicur! Però, anca lu ‘g n’ha seipar vuna! … A proposit, in dov s’era rivà? Ah si…Marta…Marta!

                         Ha ragione! Non posso fargli certo io la morale! Però, ne inventa sempre una, eh! … A proposito, dov' ero rimasto? Ah si…Marta…Marta!

MARTA – Si signore…?

ORESTE – Cara Marta,  io sono Oreste.

MARTA – …Resde.

ORESTE – Si, pressapoc. Io sono il padre del padrone.

MARTA – Badre badrone.

ORESTE – In un certo senso…Io molto gentile con cameriere, se cameriere molto gentili con Oreste, capito?

MARTA – Oh signore, du ogghio tremendo, io baura…

ORESTE – Marta, porta via la mia valigia….ma in dov ela?  

                                                                          Dov’è?

MARTA – Non vedere niende.

ORESTE – L’era ché!

MARTA – (si china un po’ per cercarla)

ORESTE – Brava, cercala, Marta,  guàrda anca là sotta.

                                                                 Guarda anche là sotto

MARTA – Gui, badre badrone?  (si china di più mettendo ben in evidenza il sederone).

ORESTE – Proprio lì,  Marta!…(si guarda attorno, prende la rincorsa con la mano, pacca)

MARTA – Ahhhh!

SCENA XX

EVA – Ma brao ‘l mé galluster!

                     E bravo il mio bel galletto!

ORESTE – Eva!?

EVA – Si, propria me! Sercavat custa, par chès? (mostra la valigia che ha in mano)

                     Si, proprio io. Cercavi questa per caso? (mostra la valigia che ha in mano)

ORESTE – La mé valiza…

                     La mia valigia….

EVA – Cos fat chemò?  Zogat a scondalera con l’ippopotamo?

                     Cosa fai qui? Giochi a nascondino con l’ippopotamo?

ORESTE – Ma cos ditt?   Vai Marta, ho cattà la valiza.

                     Vai Marta, ho trovato la valigia.

MARTA – Ah signore, dremendo!! (esce per la cucina massaggiandosi la natica).

EVA –‘L so anca me ‘c l’è tremendo!

                     Lo so ben io che è tremendo!

ORESTE – Insomma Eva, che storia ela custa? G’avat mia da andà in Sardegna?

                     Insomma Eva, che storia è questa? Non dovevi essere in Sardegna?

EVA – Ho cambià idea.  E te, cos fat ché?

                     Ho cambiato idea. E tu, cosa diavolo ci fai qui?

ORESTE – Cos fagghia ché? ‘T m’è piantà a cà tutt da par me, solo e abbandonato in quel letto grande, cos g’avia da fa? Sum vegn in mezza a la gint!

                        Cosa ci faccio qui? Mi hai abbandonato da solo  in quel letto grande, cosa dovevo fare? Sono venuto tra la gente.!

EVA – Par spizzigà l’obice dill camareer?

                     Per pizzicare i paesi bassi delle cameriere?

ORESTE – L’era appena par ciappà confideinza con la servitu.

                     Era solo per prendere confidenza con la nuova servitù.

EVA – E allora parché spizzigat mia Oliver?

                     E allora pizzica anche Oliver

ORESTE –  No no, l’è tropp secch…

                     No, no, è troppo secco…

EVA – E donca? Adess cos fummia?

                     Allora? Che si fa?

ORESTE – Semplice: te ‘t và a cà.

                     Facile : tu vai a casa

EVA – Che manera ?

                     Cosa?!?

ORESTE –   Bisognarà c’t cura possà. Atar che diim “vag da mé sorella, in Sardegna a fa la Yoga”. Bisogna ‘c tegna i occ’ bei vèrt con te, la mé bella garibaldina!

                       Ti devo controllare di più. Altro che “vado da mia sorella, in Sardegna a fare Yoga”.  bella garibaldina

EVA – Custa po’!

             O questa poi!!

ORESTE – T’è capacissima da ess vegn pr’l maggiordomo inglese! ‘T piaz ‘l Principe di Galles, eh?  Ah, le donne! (prende la valigia e tutto impettito esce per la zona notte).

                     Capacissima di essere venuta per il maggiordomo inglese! Ti piace il Principe di Galles, eh?  Ah, le donne! (prende la valigia e tutto impettito esce per la zona notte).

EVA – Ma veda che fassia ‘d tolla!

                     Che faccia di bronzo!

SCENA XXI

PINUCCIA – Ah mamma, et ché? Dov erat andà a finì, l’è mezz’ora c’t ciam!

                     Ah mamma,sei qui. Ti cerco da mezz'ora

EVA – Pinuccia, quand el rivà?

                     Pinuccia, quando è arrivato?

PINUCCIA – Chi?

EVA – Mé marì!  Cos fal ché?

                     Mio marito! Cosa ci fa qui?

PINUCCIA – Ma lassa perd qull sgionfador lé…(apre la porta della camera degli ospiti) Làssa in ordin e sporcam mia in dal bagn! (chiude)

                         Ma lascia perdere quello scassamarroni (apre la porta della camera degli ospiti) Non sporcare in bagno! (chiude)

EVA – Uhmm…! (ancora un po’ stizzita).

PINUCCIA – Mamma! L’è successa, ‘g sum!

                         Mamma, è successo, ci siamo.

EVA – Cos è stà? E’ fallì la ditta?

                     Cosa? E’ fallita la ditta?

PINUCCIA – Ma no!

EVA – Meno male, ‘l rest ‘l sa metta a post (sospira).

                     Meno male, il resto si sistema

PINUCCIA – A post un cor’n! (si allontana un po e sventola una mano) Addio, addio..

                         A posto un bel corno (si allontana un po e sventola una mano) Addio, addio..

EVA – Vèt via?

               Vai via?

PINUCCIA – Chi?

EVA – Te.  T’è appena ditt: addio.

                     Mi hai appena detto:  addio

PINUCCIA – Ma no, dziva: addio a l’onor, c’l va sotta ill rood!

                     Ma no, dicevo: addio all'onore, che sta andando a finire sotto le ruote!

EVA – (facendo dell’umorismo a sproposito) Propria tamme 'l noss macchin........

                                                                                Proprio come capita alle tue macchine…

PINUCCIA – Cos gh’eintra?

                          Cosa?

EVA - …L'era una battuda…

               Era una battuta…

PINUCCIA – Vot lassam parlà? Mamma, succedarà un scandol, sa scandalizarum tutt!

                     Vuoi lasciarmi parlare? Mamma, scoppierà uno scandalo, ci scandalizzeremo tutti!

EVA – O Gesù.  Ma cos è  stà?

                     Gesù, ma cosa è mai successo?

PINUCCIA – Voriss ess morta e seppellì puttost che ved qull dé ché!

                     Vorrei essere già morta e sepolta piuttosto che sapere quel che so...

EVA – Ma cos ditt mai, Pinuccia!

                     Che stai dicendo, Pinuccia!

PINUCCIA – Mamma, tint a tacc!

                       Mamma, attaccati! (sostieniti)

EVA – Spetta! (si siede e si arpiona al bracciolo)  Sum pronta!

PINUCCIA – (dopo una breve pausa)  Ha un amante!

EVA –NO!!

PINUCCIA – Si…!

EVA – D’un brutt sporcacion!

           Brutto sporcaccione!

PINUCCIA – (annuisce)

EVA – Vèda,   me l’ho seipar ditt!

                     Guarda, io l’ho sempre pensato!

PINUCCIA  - Ditt cosa?

                          Che cosa?

EVA – C’t gh’ èv mia da sposal. Me ‘l sentiva: cuore di  mamma non mente!

                     Che non dovevi sposarlo. Me lo sentivo: cuore di  mamma non mente!

PINUCCIA –Ma chi?

EVA – ‘L Gino, no?

PINUCCIA -  Ma cos gh’eintra ‘l Gino? Ma cos ditt? La slongarà ‘l man , ma cos vot mai, l’è un vizzi ‘d  familia.

                         Cosa c'entra Gino? Cosa dici. Ha le mani un po' lunghe,ma che vuoi farci, ’è un vizietto di famiglia.

EVA – Oh, ‘l so!

PINUCCIA – ‘S tràtta mia ‘d lu.

                         Non si tratta di lui.

EVA – No?

PINUCCIA – No…

EVA – A sarà mia…

           Non sarà per caso….

PINUCCIA – Propria lu! Ho sentiì me col mé oricc’.

                         Proprio lui! Ho sentito io stessa con le mie orecchie..

EVA – Pinuccia, custa .... l’è una pugnalà in d’l cor!

            Pinuccia, nn dovevi dirmelo, è una pugnalata al cuore...

PINUCCIA – L’era lé c ‘l telefonava…mia a so moier sicur…

                         L'ho sentito io, lì, che telefonava, e non certo a sua moglie, sicuramente…

EVA – Certo che no!  D’un brutt om, d’un incontentabil!  anca con la negra!

            Certo che no!   O brutto soggetto, d'un essere incontentabile. Ora anche  con la negra!

PINUCCIA – Che  negra?!

EVA – Ho vist me!  ‘G piaz la roba negra, eh? Bein adess ‘g fag vegn tutta la fassia negra, csé ‘l sarà conteint.

            Ho visto io !  Gli piace la roba nera, eh? Bene, gli faccio io tutta la faccia nera, così sarà bel contento

PINUCCIA – Ma a chi?!

EVA – A mé marì, l’Oreste!

                     A mio marito, Oreste!

PINUCCIA – (agitandosi) Ma cos et capì, insomma? Parlia arab o cinees? L’Enrico!

                     (agitandosi) Ma cosa hai capito,  insomma? Parlo arabo o cinese? L’ENRICO!

ENRICO – (da fuori)  Mi volevi?

PINUCCIA – (dissimulando) Ehh?… No, caro…

EVA – (rimane a bocca aperta)

ENRICO – Il papà vuole una fattura…Io scendo (a Eva e Pinuccia)

PINUCCIA – Bravo, vai dal paparino che se non ti vede poi sacramenta con me.

ENRICO – Ah mamma, se per caso telefona Maria Grazia, chiamami subito.

PINUCCIA – Certo caro, certo…(Enrico esce).

EVA – (chiude la bocca) Ma cos’m ditt?! Impossibil!

                                   Ma dai, è impossibile!

PINUCCIA – E ciao là! E po’ gh’è qualcos’atar c’m conveincia mia.

                        E ciao là! A c'è qualcos'altro che non mi convince.

EVA – L’è seipar sta un brèv ragass…

                     Ma è sempre stato un bravo ragazzo….

PINUCCIA – Ma et mia sentì. Se telefona Maria Grazia, chiamami subito. Qusta l’è la conferma che la parsona ca telefonava prima l’era mia lè.

                     Ma non hai sentito? Se telefona Maria Grazia, chiamami subito. Questa è la prova che la persona che telefonava prima non era lei.

EVA – Ca telefonava?

           Che telefonava?

PINUCCIA – Si, ho sentì una telefonada.

                        Si, si, ho ascoltato una telefonata

EVA – E cos dzival?

             E cosa diceva?

PINUCCIA – Parole grosse.  Angelo,  sei il mio angelo…

EVA – Tutt so nonn!

           Tutto il nonno!

PINUCCIA – Bisogna evità ‘l scandol! Dì: i volan anca andà via insema e Dio!

                     Evitiamo uno scandalo! Dì: vogliono anche andare via assieme e buonanotte!

EVA – Me casch d’l nov’l…Ma te... et propria sicura, vera?

            Io cado dalle nuvole ..Ma tu, sei sicura, sei proprio sicura....?

PINUCCIA – Cuore di mamma  non mente. Sert roob una mar lià seinta!

                     Cuore di mamma  non mente. Ci sono cose che solo una mamma capisce.!

EVA – Vera, capita anca a me.

                     E’ vero, capita anche a me.

PINUCCIA – Me voriss tant savì chi l’è! Dop tutt i mé sforz par tirà so una famiglia limpida, senza fondo, come il cristallo…

                     Vorrei tanto sapere chi è questa ! Dopo tutti gli sforzi per per crescere una famiglia limpida, senza fondo, come il cristallo…

EVA – Atar che cristallo, l’è  comune ved’r infrangibile.

                     Altro che cristallo, è comune vetro infrangibile.

PINUCCIA – Acqua in bocca! T’l sé appena te, m’arcmand!

                     Acqua in bocca!Lo sai solo tu, mi raccomando.

EVA – E parbacco!

PINUCCIA – Qusta l’è una roba ‘c dasbroiom noi donn.

                          Questa è una faccenda che sbrogliamo noi donne

EVA – Si, parché in quant a i om.

                     Si, perché in quanto agli uomini…

PINUCCIA – Vag a to una pastiglia, m’è vegn  un’emicragna

                     Vado a prendere una pastiglia, mi è venuta   un’emicragna

EVA – Che roba sarissla?

             Cosa sarebbe?

PINUCCIA – So mia ‘d precis, l’ho sentì in d’un telefilm.

                        Non so bene di preciso, l’ho visto in un telefilm

EVA – Saràl tamme ‘l mal ‘d pé quand ‘s ransigna i diid? (escono per la cucina).

              Sarà come il mal di piedi quando ti si grippano le dita nella scarpa?

PINUCCIA – Si, forse, però  in d'la testa.

                        Credo di si, ma nella testa.

SCENA XXII

GINO – (dalla comune)  Anca la fattura sbaglia l’ha porta zù (beve dalla sua bottiglietta).

               Anche la fattura sbagliata ha portato giù (beve dalla sua bottiglietta).

ORESTE – (dalla camera degli ospiti) Gino, vé chè…  

Gino, senti..

GINO – (nasconde la bottiglietta)  G’ho da andà!

                                                         Devo andare!

ORESTE – Quand l’è rivà?

                     Quando è arrivata?

GINO – Chi?

ORESTE – Mé moier.

                      Mia moglie !

GINO – Stamatteina.

              Stamattina

ORESTE – Prima o dopa che me ?

                     Prima o dopo di me?

GINO – Prima.

ORESTE – ‘T gh’èva da mandàla via.

                     Dovevi mandarla a casa.

GINO – Papà…

ORESTE – Non sei un uomo di polso. ‘t m’è rovinà tutta la vacansa.

                     Non sei un uomo di polso, mi hai rovinata la vacanza.

GINO – Ma cos gh’eintra me? (si sentono nella voce gli effetti dello stress)

                     Cosa diavolo c’entro io?

ORESTE – Bein, lassum perd.

                     Lasciamo perdere.

GINO – Allora vag zù.

                 Scendo in salone.

ORESTE – Vé ché un attim, g’ho da parlat d’Enrico.

                     Un attimo, devo parlarti dell'Enrico.

GINO – L’è mia ‘l momeint, sum tropp nervos.

                     Non è il momento, sono troppo nervoso

ORESTE – Te ‘t gh’ è mai ‘d teimp par qull ragass lè. So anca me che po capita sert lavor.

                      Tu non hai mai tempo per tuo figlio. Ora capisco perché poi succedono certe cose...

GINO – E’ success qualcos ‘c s mia?

                     C’è qualcosa che non so?

ORESTE – Te 't sé mai gninta.

                     Tu non ti rendi conto mai di nulla.

GINO – Va bein, me capiss mia. E làssa lè da lissàt la coa, 't ma fa riid.

                     Va bene, non so nulla . E lasciati stare la coda, mi fai ridere.

ORESTE -  ‘S pol mia ess rigid cmé una vota.

                     Non si può più essere rigidi.

GINO – Dov vot rivà, papa?

                Dove vuoi arrivare, papà?

ORESTE – Incò i teimp i’enn cambià, e noi, ca g’um mia po’ veint’ann, né treinta, ne quaranta…

                     I tempi sono cambiati,  e noi, che d'anni non ne abbiamo più né venti,  né trenta, né  quaranta…

GINO – O s’tanta.

              O settanta.

ORESTE – O s’tanta ann… g’um da fà un sforz par sta a dré alle nuove tendenze, alle  ir-re-go-la-ri-tà.

            Dobbiamo sforzarci per stare dietro alle   nuove tendenze, alle  ir-re-go-la-ri-tà.

GINO – 'L ma par abbastanza irregolare,'l fa un bel gnint

                     Mi sembra già abbastanza irregolare, non fa nulla.

ORESTE – S’t fiss un po’ possà psicologo, sert robb ‘t tià lezariss in fassia a to fio.

                     Se tu fossi un po' psicologo, certe cose le leggeresti in faccia all'Enrico.

GINO – So mia leez, dai.

              Non so leggere, prego.

ORESTE – Gh’è una faccenda un po’ delicata…

GINO – C’ha tratt pr’aria l’Enrico, naturalmeint.

                     Che ha tirato fuori l'Enrico, naturalmente.

ORESTE – Naturalmeint.

                     Naturalmente.

GINO – (si gira, beve al volo)  Seinta, me g’ho pensà a bota par l’Enrico, e ho conclus ‘c l’è bon da fà gnint: e pazinza!.L'è mia bon da veind al macchin, 'l sa fà so da tutt, 'l vo fà d'la musica e pazinza .... Ma ‘s l’ha combina qualcos ‘d gross, me ‘l ciapp pr’l coppein…

                            

            (si gira, beve al volo)  Senti, ho già pensato molto all'’Enrico, e ho concluso che. :  non sa fare niente e pazienza,.non sa vendere le macchine  e pazienza,  vuol fare della musica e pazienza .... ma se  ha combinato qualcosa di grosso, lo prendo per le corna…

ORESTE – Ohi ohi, calma…E’ csé ‘c reagisa un par? Anca sa s’è mia d’accordi, sert voot bisogna dì ‘d si

                     Ohi ohi, calma…' così che reagisce un padre? Anche se non si è d'accordo

                     qualche volta occorre dire un bel SI.

GINO – Gh’è mai, me ‘l ciapp…

                     Io lo prendo per…

ORESTE – Te ‘t ciapp gnint!  Anca me s’era mia tant d’accordi c’t sposass la to cara Genoveffa, fat un po’ vegn in d’la meint!

                     No! Anch'io non ero d'accordo che tu sposassi  la cara Genoveffa,  cerca un po' di ricordare

GINO – Fat mia seint…

                     Non farti sentire..

SCENA XXIII

PINUCCIA – (dalla cucina) Ho belle che sentì!

                                                   Ho sentito!

GINO – Ag sum.

             Ci siamo

PINUCCIA – Eh, l’é finì, l’é finì  car  'l mé vacciarlon, ?l teimp da ciamàm Genoveffa e villana!

                        Eh, è passato, è finito il tempo  di chiamarmi Genoveffa e campagnola!

EVA – Gino, ‘t g’ariss mia da permett a to par da parlà acsé!

                     Gino, ‘non dovresti permettere a tuo padre di parlare in questo modo.!

PINUCCIA – Parché me da ché a un po’ cambiarò! Da csè a csé (gira il palmo della mano)

                     Perché tra un po' io cambiero'! Da così a così (gira il palmo della mano)

ORESTE – Te al massim ‘t po cambiat i mudant.

                     Al massimo, tu puoi cambiarti le mutande.

PINUCCIA – E po’, cos et vegn a fa ancora in cà mia?

                          E poi, cosa sei venuto a fare in casa mia?

ORESTE – Col cucù in cà tua! Sum ancora ‘l padron di mur ‘d la cà, vera?

                     Col cucù in càsa tua! Sono ancora il padrone dei muri di questa casa.

PINUCCIA -  (risata isterica) Ah ah ah…’L padron ‘d la cà? Ah ah ah…ringrazia l’emigragna ‘c g’ho mia voia da bravà!

                        (risata isterica) Ah ah ah…’ ah ah…ringrazia l’emigragna che non ho voglia di litigare.

EVA – I om i’enn tutt compagn!

            Gli uomini sono tutti uguali.

GINO – Sa stava csé bein seinza to mar.

                     Si stava così bene senza tua madre

EVA – Che roba?   

               Cosa?

PINUCCIA – Me tl’ava ditt, mamma: spozal mia!

                         Te l’avevo detto, mamma: non sposarlo!

EVA – Csè ‘l restava ché!

               Così ti rimaneva qui.

PINUCCIA – (ci pensa) T’è fatt bein a sposal!

                                      Hai fatto bene a sposarlo!

EVA – Comunque io resto da mia figlia, specialmeint in qull cas ché.

           Comunque io resto da mia figlia, specialmente in questo grave caso.

PINUCCIA – Cos n’in sann lor del cuore di una madre!

                          Cosa ne sanno loro del cuore di una madre?

ORESTE – Io non me ne vado prima di  mia moglie.

GINO – Ma cos ho mai fatt me ‘d màl…?

                     Cosa avrò mai fatto di male?

ORESTE – E vé dadlà ‘c g’ho da ditt una roba importanta.

                     Vieni con me, devo dirti una cosa  importante.

GINO – Sum ancora possà narvos, adess…

                     Son ancora più nervoso, ora!

ORESTE – Vé con me. Lasciamo il campo alle damigelle (escono per la zona notte).

                     Vieni con me. Lasciamo il campo alle damigelle (escono per la zona notte).

SCENA XXIV

ENRICO – (dalla fabbrica) Senti, per quella tua menata delle lezioni,  forse…

PINUCCIA – Oh anca te!

                         Oh, pure tu!

EVA – Tutt so nonn! (escono Eva e Pinuccia)

              Uguale a suo nonno!

ENRICO – Ma…(dopo lo sconcerto, prende il cellulare e chiama)  Ho

                     Una novità. Ho parlato con mio nonno e abbiamo trovato una soluzione, anche se provvisoria.

                 (Pinuccia ed Eva sporgono il capo per ascoltare)

                     Ho già pensato anche a una persona, già fatto tutto. Vedrai che andrà tutto per il meglio, è solo una questione di tempo. Ti aspetto, angelo mio, ciao, ciao…(riappende, si frega le mani ed esce)

SCENA XXV

Entrano Pinuccia ed Eva.

PINUCCIA – Et sentì? Ti aspetto, l’ha ditt.

                          Hai sentito? Ha detto: ti aspetto.

EVA – Roba da matt! L’ha portarà mia ché?

                     Cose da pazzi! Non ce la porterà mica in casa?

PINUCCIA – Me voriss tant savì chi l’é…

                         Vorrei tanto sapere chi è…

EVA – Angelo mio, addirittura…parole di fuoco!

Suonano alla porta.

PINUCCIA – Oliver, la porta.

ENRICO – Stavo dicendo che forse io….cosa c'è? Non state bene?

PINUCCIA – Niente niente.

ENRICO – Ho risolto il problema dell’italiano.

PINUCCIA – Ah si?

ENRICO – Ho trovato la persona giusta.

EVA – ‘D che roba ‘l parla?

            Di cosa sta parlando?

PINUCCIA – Po ta spiegh.

                         Poi ti spiego

ENRICO – E’ un amico, è molto in gamba. Lo facciamo fermare qualche giorno con noi, se ti va…

PINUCCIA – E va bein…  Va bene…

Suonano ancora.

OLIVER – Arrivo, sto arrivando, ci sono quasi, eccomi

ENRICO – (guarda l’ora)  Sarà  lui.

PINUCCIA  - (A Eva)  Guàrdal, ‘l par gnan lu: tesoro mio angelo mio…

                       (A Eva)  Guardalo, non pare neanche lui: tesoro mio,angelo mio

EVA – Tsss…

OLIVER – Prego, mister.

ENRICO – Finalmente! (si abbracciano) Mamma, ti presento Angelo, il mio  carissimo amico,  Angelo.

PINUCCIA – Ah buongiorno, Angelo…

ANGELO – Buongiorno.

EVA – Buongiorno (tra sé e sé) Tss, tesoro mio , angelo  mio, che roba

PINUCCIA – L’et  sentì anca te, no?….angelo mio ....

                         L’hai sentito anche tu no?...angelo mio…

(Pinuccia ed Eva si bloccano di colpo, si guardano) 

EVA / PINUCCIA -  L’angelo…suo?!   OOHHHHH…!

S     i     p     a      r      i      o

II°    T E M P O

Stessa scena del I° tempo.

SCENA  I

Entrano Oreste e Gino.

GINO – Ma parché me g'ariss da i'ess d’accordi?

                     Perché dovrei essere d’accordo?

ORESTE – Parché t’è so par!

                     Perché sei suo padre!

GINO – Ma g’al intensiòn da fam scioppà la coradella (fegato)?

                     Ha intenzione di farmi venire il mal di fegato?

ORESTE – Oh, par piazer!

                     Ma per piacere!

GINO – Comunque me l’inteind mia.

                     Io comunque non sono d’accordo.

ORESTE – La vita l’è la sua, cos vot intervegn te?

                     La vita è sua, cosa c’entri tu?

GINO –La sua e la noss! Ma cos dirà la gint?

                     La sua ma anche la nostra! Cosa dirà la gente?

ORESTE – ‘T ma par to moier! La gint l’s rangiarà ! E poi i gusti sono gusti !

                     Parli come tua moglie! Chisseneimporta della gente ! E poi i gusti sono gusti !

GINO – Insomma, te ‘t sariss d’accordi con lu, tamme ‘l solit?

                     Insomma, tu saresti d’accordo con lui, come al solito?

ORESTE – Me ho mia ditt che sum d’accordi… io  sono liberale!

                     Non ho detto che io sarei d’accordo…è che io sono liberale!

GINO – In s spall d’iatar.

                     Sulle spalle altrui.

ORESTE – Nanno, se fiss mia stà po’ che liberale, ava zà datt ‘l foi ‘d via a te e alla to bella Genoveffa! E ogni tant ‘m dispiaz d’aviil mia fatt!

                     Ehi, se non fossi stato più che liberale, avrei già dato il foglio di via a te  e alla tua bella Genoveffa! E spesso mi pento di non averlo ancora fatto.

GINO – Va bein, va bein…

                     Va bene, va bene…

ORESTE – Ah!

GINO - …ma g’um zà un maggiordom inglees, una negra c’ho gnammò capì da dov la vegna fora: i dirann che chemò n’in capita ‘d tutt i color!

           …ma abbiamo già un maggiordomo inglese, una negra  che no ho ancora capito da dove sbuca: diranno che qui ne capitano di tutti i colori.

ORESTE – E fà feinta da i’ess avanti d’ogni tant.

                     E fingi di essere avanti, una volta tanto.

GINO – ‘S fa prest a dì! La Pinuccia na vorrà mia saviin: me la cognoss…

                     Facile a dirsi, la Pinuccia non ne vorrà sapere. La conosco

ORESTE – L'è bein anca par qust ch’è vegn Angelo: par parlàg.

                     Proprio per questo è arrivato Angelo, per parlarle.

GINO – Ma cos ho mai fatt ‘d mal pr’avigh un fio d’l genar?

                     Cosa avrò ma fatto di male per avere un figlio del genere!

ORESTE – ‘L digh seipar anca me!

                     Lo dico sempre anch’io!

GINO – L’ha mia finì i studi, par 'l lavur  ‘l capissa gnint, ma tant l'é un artista , lu 'l diiz, ‘l so daffà po gross l’è pensà al novitè, le nuove esperienze…. Comunque, pr’adess, acqua in bocca con la Pinuccia.

             Non ha finito gli studi, per il lavoro non capisce niente,  tanto è un artista , così dice lui, il suo maggior daffare è pensare alle novità, alle nuove esperienze….Comunque, per ora,  acqua in bocca con la Pinuccia.

ORESTE – E anca con mé moier. L’è una bona donna, ma troppa antiga par sert roob.

                     E anche con mia moglie, è una bravissima donna ma troppo antica per certe cose.

GINO – E la Maria Grazia quand a rivla?

                     Maria Grazia quando arriva?

ORESTE – Incò, a cred.

                     Oggi, penso.

GINO – Tutta colpa sua, sicur!

                     Tutta colpa sua, ne sono sicuro!

ORESTE – M’s fà a dì? La nossa l’è seipar sta una famiglia d’originai…a parte te…

                     Non si può sapere, la nostra è sempre stata una famiglia di gente originale…a parte te…

GINO – Va bein, va bein, ma po c’l vagga fora d’in cà, e sariss anca ura, vera!

            Va bene, ma poi che se ne esca di casa una buona volta, e sarebbe anche ora

ORESTE – Par forza!

GINO – Dvintarum i ridicol ‘d Piazeinsa: “Et vist ‘l fio ‘d Mangiavacca?” e zù a riid…(beve di nascosto un goccio ed esce).

             Saremo i ridicoli del paese: “Hai visto il figlio di Mangiavacca?” e giù una risata…(beve di nascosto un goccio ed esce).

ORESTE – Che padre! Fortoina ‘c gh’  è ‘l nonno Oreste  ‘c capissa la gioventù.

                     (piano) Marta…Martaaa…

SCENA II

OLIVER – (dalla cucina) Sir…

ORESTE – Ma chi t’ha ciamà te? Dov’è Marta?

                     Chi ti ha cercato? Dov’è Marta?

OLIVER – Si deve essere incastrata in cantina, sir. Le ho consigliato una cura dimagrante.

ORESTE – Ma et matt? La va bein acsé!

                     Sei impazzito? Va bene così!

OLIVER – Sorry.

ORESTE – Va va, Oliviero (Oliver si inchina ed esce). Adess la vag a sercà me, Marta. Magari la g’ha ‘d bisogn d’una man dabon…(fuori per la cucina).

             Va va, Oliviero (Oliver si inchina ed esce). Vado io a cercarla, Marta. Magari le serve davvero una.... mano…(fuori per la cucina).

SCENA III

Entra Eva, è molto circospetta, va al telefono e compone un numero.

EVA – Vedum s'l catt.....Pronto? Eminenza, è lei? Sono la Eva, sua  seconda cugina, no, non posso alzare di più la voce, se no ‘m seintan. Se lu ‘l g’ha seinta poc c’l vèra i oricc’, oh!  Ho bisogno di lei…

                     No, non per quello, no, ormai l’um capì che l’Enrico ‘l vol mia fàss pret, tutt’atar a quanto pare…

                     Mi serve una benedizione…no, mia par me! E gnan par mé marì: ma Eminenza, cosa dice?…Par l’Enrico!  No, poss mia digal adess, l’è una faccenda riservà..(ascolta un po’ e poi, spazientita, alza la voce)  Insomma, c’l vegna e po’ g’l dirò! Oh

                     (abbassa il volume) E c’l toga so ‘l tollein ‘d l’acqua santa! Va bein, ho capì, che ora è molto impegnato con la Curia e che vuole diventare Papa, ma in nome della nostra parentela, da qui è partito,  si ricorda, l'era un curatt apena appena 'd campagna? Ohh Bene, l'aspetto (riattacca)  ‘L vegna vecc’: ‘l capissa gnint! (esce per la camera ospiti)

                     Vediamo se lo trovo.....Pronto? Eminenza, è lei? Sono la Eva, sua  seconda cugina, no, non posso alzare di più la voce, mi sentono. Se lei sente poco, si sturi le orecchie, oh!  Ho bisogno di lei…

                     Mi serve una benedizione…no, non per me! Neppure per mio marito: ma Eminenza, cosa dice?…Per Enrico!  No, non posso dirglielo ora,  una faccenda riservata(ascolta un po’ e poi, spazientita, alza la voce)  Insomma, venga e poi glielo dirò! Oh

                     (abbassa il volume) Porti la boccetta dell’acqua santa! Ma si, ho capito, che ora è molto impegnato con la Curia e che vuole diventare Papa, ma in nome della nostra parentela, da qui è partito,  si ricorda, era un modesto pretino di campagna? Ohh Bene, l'aspetto (riattacca)  Sta invecchiando, non capisce un bel niente! (esce per la camera ospiti)

GINO – (entra molto circospetto anch’egli, al telefono, compone un numero leggendo un numero)

                     Chissà s'l'è ancora bon qull numar chè....Pronto?…? Sono Mangiavacca, non il vecchio, il Gino, si, si, qull c'l gninva mai in ciesa, si, però ' uffert ià ciappàva, va bein, andum innans, ....ma c’l ma lassa parlà, là!

                     Ho bisogno di  un parere autorevole, di un consiglio, una mediazione…Mia par me, par l’Enrico…Come, anca me? Si, anca me, parché…? Insomma, c’l vegna e po’ gà spiegh.

                     Deve già venire per un’altra faccenda? Va bein, ma c’l fagga prest parché me g’ho zà piin i cuion! …pardon, gli zebedei, cioè le scatole, oh insomma… Si, si arrivederci! (riappende)   Che om interessà!  (guarda l’ora e scende in fabbrica).

                     Chissà se è ancora buono questo numero....Pronto?…? Sono Mangiavacca, non il vecchio, il Gino, si, si, quello che non viene in chiesa si, però le offerte le prende,  ma andiamo avanti, procediamo, ....e mi lasci parlare là!

                     Ho bisogno di  un parere autorevole, di un consiglio, una mediazione…Non per me per Enrico…Come, anch'io?  perché…?  Insomma, venga qui e ne parliamo.

                     Deve già venire per un’altra faccenda? D'accordo, ma faccia presto perché io ne ho già le scatole piene! …pardon, gli zebedei, cioè le pallottole, oh insomma… Si, si arrivederci! (riappende)   Che uomo venale!  (guarda l’ora e scende in fabbrica).

PINUCCIA – (entra ancora più circospetta, digita un numero al telefono)  Pompieri?! Ah no, mi scusi, non brucia niente, mi scusi…!(sbuffa e riprova)

                     Casa di Sua Santità? Non lo è ancora lo so ma vedrà, vedrà…Me la può passare? Sono la Mangiavacca, ….(sottovoce) Pronto? Sono la Pinuccia…(poi, più forte) Io sto bene  e lei? Oh, meno male…Ssttt!

                     No, m’è mia andà zù la voz, è che non posso farmi sentire. Affari di famiglia gravissimi! Non so dove sbattere la testa…che manera contr’l mur? Ah ah, lu l'é seipar 'l solit anca con la palandrana russa . G’ho da parlag, si, propria par l’Enrico…come un'epidemia? E cmè  fal a savì lu che…Be’, comunque è urgente, venghi quando puole ma venghi!

                     Si..si…’l so ‘ g'ho ancora da pagà una messa par mé suocero l'Oreste dez ann fà,  ma c’l ma scusa: che colpa ‘g n’hoi me se po’ l’ è mia mort?  La stàva csé mal! Me sperava…voglio dire, sperava  ‘c la stass bein… va bein, va bein, c’l vegna ca po ‘s sistemarum!Uffff.

                    

                     Pompieri?! Ah no, mi scusi, non brucia niente, mi scusi…!(sbuffa e riprova)

                     Casa di Sua Santità? Non lo è  ancora lo so ma vedrà, vedrà…Me lo può passare? Sono la Mangiavacca, ….(sottovoce) Pronto? Sono la Pinuccia…(poi, più forte) Io sto bene  e lei? Oh, meno male…Ssttt!

                     Non posso farmi sentire. Affari di famiglia gravissimi! Non so dove sbattere la testa…contro il muro, dice? Ah ah, lei è sempre il solito, anche con la palandrana rossa . Le devo parlare, si, proprio per Enrico…come un'epidemia? E come fa a sapere che…Be’, comunque è urgente, venghi quando puole ma venghi!

                     Si..si…lo so, lo so che devo ancora pagare una messa per mio suocero l'Oreste, dieci anni fa,  ma mi scusi, che colpa ho se poi questo non è morto! Stava tanto male! Io speravo…voglio dire, speravo che stesse  bene… va bene, va bene, venga che poi ci sistemiamo, Uff!!!

SCENA IV

Entrano Enrico ed Angelo dal reparto notte.

PINUCCIA – (cambiando tono e  argomento)  Si, dunque, allora mi mandi pure il vestito, quello con i lustrini e la sgolatura sul didietro, d’accordo, grazie! (riaggancia velocemente).

ENRICO – (dopo aver ammiccato ad Angelo) Mamma, Angelo è pronto. Se vuoi potete iniziare la lezione di italiano.

PINUCCIA – Hai già sistemato il…(tossicchia) signore…nella camera degli ospiti?

ENRICO – Ci sono i  nonni.

PINUCCIA – Ah già…e allora, so mia, forse c’è un divano letto da qualche parte…

ENRICO – Ma no, Angelo dorme in camera con me.

PINUCCIA – (colpo di tosse violento)

ANGELO – Non si preoccupi, io ed Enrico siamo allenati a dormire insieme, ti ricordi   in campeggio?  so  già che russa!

PINUCCIA – Ma …la Maria Grazia, quand la riva …cos diràla?

                         Ma….Maria Grazia, quando arriverà…cosa dirà?

ENRICO – Già, Maria Grazia…

PINUCCIA – (piano) ‘S n’era dasmingà!

                                      L’ha già dimenticata!

ENRICO –  Ci starà anche lei, ci stringiamo un po'.

PINUCCIA – O ma che burdell!

                          Che casino!

ANGELO – Prego?

PINUCCIA – .Volevo dire: allora se sa già che russa....  la Grazia si lamenta sempre

ANGELO – (ridendo a sua volta) Ah ah ah.. per questo io  non l’ho  sposato…ah ah ah!!

PINUCCIA – (ridendo amaramente) Infatti lei non l’ha sposato…!

ENRICO – Non dare del lei ad Angelo, mamma. E il mio  grande  amico (gli batte una mano sulla spalla).

PINUCCIA – (soffocando l’emozione) L’amico…pre....di-letto (presa dal pianto fa per uscire)

ENRICO – Mamma…

PINUCCIA – Scusate, ho una terribile emicragna! (esce per la cucina)

ANGELO – Sa già qualcosa?

ENRICO – Impossibile! Mia madre certe cose non riesce neanche a pensarle. Vedi come è fatta? Fa una tragedia di tutto.

ANGEO – Un po’ d’ostilità ce l’aspettavamo, no?

(da fuori si sente un AHHH! fortissimo, poi colpi e porte sbattute)

SCENA V

ORESTE – (entra veloce, rosso in volto, si massaggia il palmo di una mano)

                     Ah, buongiorno signori…

MARTA – (dal fondo, col foulard scomposto)  Ah, zignore…DREMENDO!

                     (esce per la cucina massaggiandosi il sedere).

ORESTE – Tutto procede per il meglio, tutto si accomoderà, vedrete. Con tutt qull c’ho passà in d’la mé vita, se ma spavintass p’r csé poch!

                     Tutto procede per il meglio, tutto si accomoderà, vedrete. Con tutto ciò che ho passato nella vita, se mi fermassi per così poco...

EVA – (dalla camera degli ospiti) Ho sentì vuzà la mulatta, sèt gnint te?

                                                              Ho sentito urlare la mulatta, ne sai niente tu?

ORESTE – Me no!

EVA – ‘T piaz la roba negra, vera?  Adess t’l fag me un bell occ,  negar!

            Ti piace la roba nera, eh? Adesso te lo faccio io un bell'occhio nero, così vediamo

ORESTE – Oh ma te!

EVA – Fa pur ‘l gallustr’n fora d’età, che quàlca dé ta scoppiarà la coradella!

          Fai pure il galletto fuori stagione, che un giorno o l'altro ti salterà la coronaria

ORESTE – Par sert lavor ‘m dispiazariss gnanc…

                     Per certe cose non mi spiacerebbe….

EVA – Uhmm… ! (cenno di stizza).

Suonano alla porta.

ENRICO – Deve essere Maria Grazia.

EVA – Povra ragazza! (mentre Oliver va ad aprire, Eva scruta Enrico e l’altro)         E ‘n sa dziriss mia!  

        E non si direbbe!

OLIVER – Miss Mary Grace.

SCENA VI

M.GRAZIA – Buongiorno signori!  Angelo,  carissimo (lo bacia).

ENRICO – Era ora che tornassi.

EVA – Che Fassia ‘d … !

ENRICO – (A M.Grazia) Vieni, ti devo raccontare un sacco di cose…

M.GRAZIA – Anch’io…(escono Enrico e M.Grazia per il reparto notte).

EVA – Spetta e spera! (poi rivolta ad Angelo)  Maniaco!  (si avvia per uscire).

ORESTE – Non ci faccia caso, sa come sono fatte le donne, no?

EVA – (sulla porta) Ma cos vot c’l sappia come sono fatte le donne! (fuori).

                                   Ma cosa vuoi che sappia come sono fatte le donne!

ANGELO – C'è qualcosa che mi sfugge

ORESTE -  Tranquillo, qui è normale.

SCENA VII

Entrano Pinuccia e Marta dalla cucina.

PINUCCIA – Marta, prepara qualcosa da mangiare per Maria Grazia e mettiti in ordine che aspettiamo visite importanti

MARTA – Si badrona…(gira al largo di Oreste, si massaggia ed esce).

ORESTE – Bein, me andriss un attim…da che part ela andà mé moier?

                     Dunque, io andrei…..da che parte è uscita mia moglie?

ANGELO –Di là.

ORESTE – Allora me vag zù in salon! (si sistema, prova l’elasticità delle dita della mano) 

                          Allora vado in salone.

SCENA VIII

ANGELO  – Va meglio, ora?

PINUCCIA – (rientrando) Si,  Non era emicragna, sa?

ANGELO – No?

PINUCCIA – Macché! La mia solita lombardaggine.

ANGELO – Vuole dire: lombaggine.

PINUCCIA – Lombaggine?  Ah si? E me cardiva anca da fà bella figura a diil in pubblic.

                     Lombaggine?  Credevo anche di fare bella figura a dirlo in pubblico.

ANGELO – Ci vorrà un po' di  tempo, ma ce la faremo. Si accomodi.

PINUCCIA – (si siede, ma è un po’  a disagio).

ANGELO – Io penso che i suoi problemi  siano innanzitutto il vocabolario…

PINUCCIA – Par cust, n’ho du o tri in canteina.

                         Se è solo per questo, ne ho due o tre in cantina

ANGELO – Di che?

PINUCCIA – ‘Di  vaccabolario.

ANGELO – Intendevo le parole e  il loro significato. E poi i verbi.

PINUCCIA – Su quelli non sono molto afferrata.

ANGELO – Bisogna evitare di parlare in dialetto e, soprattutto, di trasporre in italiano termini dialettali. Facciamo una prova. Io le indicherò un oggetto. Prima me lo dirà in dialetto e poi in italiano. D’accordo?

PINUCCIA – Faccia pure…(desiderosa di imparare ma sempre in imbarazzo)

ANGELO – Questa? (tocca una sedia)

PINUCCIA – Scrana.

ANGELO – In italiano?

PINUCCIA – E’ facile: una scranna.

ANGELO – Sedia!

PINUCCIA – Oh si, l’è vera...

ANGELO – (prende una mela dal tavolo)

PINUCCIA – Un pom.

ANGELO – In italiano?

PINUCCIA – Un…un  (prova)  pomo?

ANGELO – Mela!

PINUCCIA – Ah si, mela, gh’é scritt grand acsé anca in d’l supermarcà: mela!

                         Ah si, mela, c’è scritto anche al supermercato: mela!

ANGELO – (pensa a qualche altro oggetto)…Dunque…

PINUCCIA – Angelo, mi dica una cosa…

ANGELO – Enrico l’ha pregata di darmi del tu.

PINUCCIA – ‘M vegna mia. Lu c’l sa offeinda mia, ma ‘g riess mia.

                        Non riesco. Lei non si offenda, ma io non riesco.

ANGELO – Come vuole.

PINUCCIA – C’l ma digga una roba, puttost…una madre, sa, per il bene di un figlio non si sa cosa farebbe..una madre vuol ben sapere…E’ da molto che lei…

                         Mi dica lei una cosa…una madre, sa, per il bene di un figlio....una madre vuol ben sapere…E’ da molto che lei…

ANGELO – Che lei, cosa?

PINUCCIA – Si, insomma. È da molto che si dedica a questa…atttività, diciamo?

ANGELO – (intendendo le lezioni di lingua italiana) Non molto, direi. Ci ho pensato grazie ad Enrico.

PINUCCIA – Ah, parché sariss stà l’Enrico che…

                     Ah, perché sarebbe stato Enrico che….

ANGELO – Certo! A me non sarebbe neanche venuto in mente. Mi ha dato un colpo di telefono…

PINUCCIA – Un colpo di telefono…? E via?

ANGELO – Io le vorrei  parlare, Pinuccia!

PINUCCIA – No…!

ANGELO – Mi ascolti, la prego.

PINUCCIA – Non posso sentire, non voglio! Per favore…!

ANGELO – Eppure dovrebbe…

PINUCCIA – Mi scusi, mi scusi…mi sta venendo un balordone..

ANGELO – (si siede, desiste)  Non si dice balordone.

PINUCCIA – Però me ‘g l’ho!

                        Però io ce l’ho!

ANGELO  -  Il termine più adatto è “capogiro”.

PINUCCIA – Ah si? Me cardiva c’g fiss da girà la testa par cl’affàr lè.

                         Ah si? Credevo che bisognasse girare la testa per quell'affare lì

ANGELO – Oppure “ho avuto un leggero mancamento”

PINUCCIA – Fortoina ‘c sum seda, se no volàva par terra cmé un patass!

                     Per fortuna sono seduta, altrimenti volavo per terra come un pera cotta!

ANGELO – Prego?!

PINUCCIA – Un…patasso….non si dice così?

ANGELO – Credo sia intraducibile!

PINUCCIA – Possia fagla me, una dmanda?

                     Posso farla io una domanda?

ANGELO – Certo.

PINUCCIA – (con leggera ironia) Come si dice in italiano…scartusein?

ANGELO – Scartuzein?

PINUCCIA – Ma si, cla verdura  ‘c l’s mangia cotta o cruda e che ci sono anche i semi.

                     Ma si,  quella verdura che si mangia cotta o cruda e che ci sono anche i semi.

ANGELO – Forse … finocchio?

PINUCCIA – (lo guarda truce) Bravo, proprio il finocchio!

ANGELO – Che strana curiosità!

PINUCCIA – L’era appena un esempi.

                         Solo un esempio.

ANGELO – (incalzandola) Queste? (prende un paio di forbici)

PINUCCIA – Sizura.

ANGELO – In italiano?

PINUCCIA – Si- zo…(si blocca)…no, eh?

ANGELO – Fo…

PINUCCIA – Fo…forbice!

ANGELO …ci!

PINUCCIA -  Salute.

ANGELO – Forbici, è plurale.

PINUCCIA – Ci crede che mi voleva uscire sizora?

ANGELO – (di colpo la guarda duro)  Pinuccia, lei è razzista?

PINUCCIA – Come?

ANGELO – Ce l’ha con qualche categoria ? (incalza) Bianchi, neri, rossi,  uomini, donne, per lei sono tutti uguali?

PINUCCIA – (si alza seccamente) Un attim, par bio!  Gh’è un limit a tutt, caro mio! Me ho belle che capì in dov ‘l vol rivà, chèr al me Angilein bell'Anglein.

Par me un om l’é un om e se l’é mia un om l’ é una donna…o un scartusein ! E adesso sospendiamo la lezione che mi viene un groppo alla gola!

  

                       (si alza seccamente) Un attimo perbacco!  C'è un limite, caro mio! Io ho già capito dove vuole arrivare lei, Angelino bell'Angelino.

Per me un uomo è un uomo e se non è un uomo è una donna…o un scartusein ! E adesso sospendiamo la lezione che mi viene un groppo alla gola!

ANGELO – Un nodo, signora!

PINUCCIA – Si, va bein, un nodo, che mi scionsisce!  (mi soffoca)

                     (si avvia, sulla porta si ferma)  Bambino mio, la tua mamma ti salverà! (esce per le camere).

SCENA IX

Entrano Gino ed Oreste.

GINO – Meno male che adman vegna a cà ‘l mé sossi, me sum po’ bon  da sopportà la gint,  (beve un goccio di nascosto).

             Meno male che domani torna il mio socio, non sopporto più la gente,  (beve un goccio di nascosto).

ORESTE – T’ è mia bon da fà l’’imprenditur.  'T ma par un i bottigar ‘d bassa categoria. Et vist che aria gira zù?

                       Non sai fare l'imprenditore.  Sembri un bottegaio di bassa categoria. Hai sentito che aria tira giù?

GINO – Me qualca dé ....

               Io, una volta o l’altra…

ORESTE – Oh, pov’r ‘l mé manager d’l mé savatt! S’g fiss mia sta me, incò l’andàva a finì mal.

                 Oh, povero manager delle mie ciabatte ! Senon ci fossi stato io, oggi finiva male

                    

GINO – Me ‘m ciàppa ‘l narvoz…

                     Mi prende un nervoso…

ORESTE – T’ è mia bon da dasbroià i’affari, né in cà, né fora. Sei un insuccesso continuo.

                     Non sei capace di sbrogliare le matasse. Sei un insuccesso continuo.

GINO – (si accorge di Angelo)  Taz un po’ ‘c gh’è ‘d la gint… Buon giorno Angelo, stia comodo. So perché è venuto qui, so tutto.

                                                    Zitto, c’è della gente… Buon giorno Angelo, stia comodo. So perché è venuto qui, so tutto.

ANGELO – (ritenta di alzarsi) 

GINO - Stia comodo! I m’hann contà tutt e so anca ch’i g’hann ditt che me sum un po’ tarlucch (duro a capire), vera? (guarda Oreste).

                     Stia comodo! Mi hanno raccontato e so che è stato detto che sono un po'...duretto, vero? (guarda Oreste).

ANGELO – Ma no…(fa per alzarsi)

GINO – E stia comodo!  Ci dico subito  che me ho fatt un po’ fadiga a…., si parché me sum mia abituà a chill rob lè, ma po…dato che i dizan che sum seipar tant rugnos e retrogrado, vera papà?  Bein, vedum da mettag una pezza con mé moier.

                    

              E stia comodo!  Ci dico subito  che ho fatto un po' fatica  a…., perché io non sono abituato a quelle cose, ma poi…dato che dicono che io sia rognoso  e retrogrado, vero papa?  Ho deciso che ci mettiamo una bella pezza con mia moglie

ANGELO – In effetti sua moglie è un po’ strana, come se avesse intuito qualcosa…

ORESTE – Gh’è dubbi!

                     Impossibile!

GINO – Con le bisogna sercà ‘l sistema giust. L’Enrico ‘l voriss mia dasgustàs.

                     Con lei bisognerà cercare la strada giusta., Enrico non vuole scontrarsi-

ANGELO – Sono qui per questo.

GINO – Ecco, allora vedrum da fà pr’l mei.

                     Ecco, vediamo di agire per il meglio.

SCENA X

OLIVER – Signori, il pranzo è servito!

ORESTE – Meno male, g’ho una fam…

                     Meno male, ho una fame…

GINO – Anca me. Angelo, adess andum a tàvla e po’ n’in parlarum.

                     Io pure. Angelo ora andiamo a tavola, parliamo dopo.

ANGELO – Ho portato un vinello delle mie parti

GINO – Vino? Bravo!

ORESTE – (guarda Gino sorpreso)  Bravo?!

GINO – Non c’è problema  che non possa essere affogato nel vino.

ORESTE – Ma vèda chelu! Va pian ragass che te ‘l vein t’l port mia.

                     Ma guarda un po'! Attento ragazzo che il vino non lo reggi.

GINO – Bisogna ‘c beva per dimenticare. Prego!

ORESTE – L’advintarà mia un alcolista anonimo?  Sa, andom.

                     Non diventerà un alcolista anonimo? Su, andiamo.

SCENA XI

Nell’uscire incrociano Enrico e Maria Grazia che escono dalla zona notte, mentre Eva e

Pinuccia entrano dalla stanza degli ospiti.

GINO – A tavola, a tavola…(già fuori insieme ad Angelo).

PINUCCIA – Andì innans…Maria Grazia, g’ho da parlàt.

                         Andate voi, intanto….Maria Grazia, ti devo parlare

ENRICO – Adesso?

M. GRAZIA – Vi raggiungo subito.

ORESTE – Andom, Enrico, che noi g’um mia la dieta da fà (esce con Enrico).

                     Vieni  Enrico, noi non dobbiamo stare a dieta.

M.GRAZIA – Che succede? Avete una faccia…

EVA – S’t saviss, la mé ragassa…!

                     Se tu sapessi….

M.GRAZIA – E’ successo qualcosa?

PINUCCIA – Grassia, stella cara…(la bacia) vieni qui, tacca a me. (Siedono) E’ successa una roba inaspettata.

                    

EVA – Me ariss mai ditt. L’ho anca guardà bein, ma ‘s veda mia.

           Non avrei mai detto, l'ho anche guardato bene, ma non si direbbe.

M.GRAZIA – Di cosa state parlando?

PINUCCIA – (dopo una piccola pausa) …Riguarda l’Enrico…

EVA – Non è più lui…Vieni Grazia, fum una bella posizion yoga rilassante

PINUCCIA – Mamma, cos fat...?

                         Mamma, cosa fai?

EVA – Insumma, fa bene in certi momenti.  Movat!

M.GRAZIA – (si alza, spaventata)  E’..ammalato?

PINUCCIA / EVA – (si interrogano con gli occhi, poi fanno cenno di si).

M.GRAZIA – Oh mio Dio!  Ma…è grave?

PINUCCIA – Pàra!

                         Forse!

M.GRAZIA – Ma che mi dite! Io non sapevo niente…

PINUCCIA – Appunto, t’è mai datt ‘d gnint? 

                          Appunto, non ti sei mai accorta di niente?

M.GRAZIA – Mai notato nulla di anormale.

PINUCCIA – Ecco la parola giusta: anormale!

M.GRAZIA- (sconvolta) …E’ in pericolo di vita?

EVA – Cred mia!

           Non credo!

M.GRAZIA – (si lascia cadere seduta) Gesù ti ringrazio!

EVA – Spetta a ringrazial…

           Aspetta a ringraziare…

M.GRAZIA – Spiegatemi: dite che è ammalato, ma non morirà, insomma  cos’ ha?

EVA -  Donca…

            Dunque…

PINUCCIA – Mamma, par piazer! Sum mé so mar...

                          Per favore, mamma! Sono io la madre…

EVA – Oh, scusa!...(piano)  ‘S vegna vecc’ e in di pé! Farò una posizione fior di loto

            Oh, scusa!...(piano)  Vecchi e nei piedi! Farò la  posizione fior di loto

PINUCCIA – Ma lassa lè con sto lotto!

                          E basta col lotto!

M.GRAZIA – Stavamo parlando dell’Enrico, se  non vi dispiace!

PINUCCIA – Ah si, scusa. Donca, è success che un giorno io sono qui, tutta conteinta parché nonostante la crisi ce la caviamo…

                    

EVA – (allegra) oh, m’ i datt una macchina c'la va benissim

                             O si,  mi avete venduto una macchina che va benissimo

PINUCCIA – Ah si, t’è mia bona da frustàia.

                         Indistruttibili.

M.GRAZIA – Pinuccia! Per favore…

PINUCCIA – Scusa, g’ho la testa tanta confusa…Donca, tutt andàva bein, stavma tutt bein…

Scusa, ho la testa tanto confusa…Dunque, tutto andava bene, stavamo tutti bene…

EVA – Ringraziand ‘l Ciel!

M.GRAZIA – Poco fa hai detto  che è ammalato!

PINUCCIA –Mia in d’l fisich! In d’l sarvell…

                         Non nel fisico! Nel cervello…

EVA – O in d’un àtra part…!

            O da un’altra parte!

M.GRAZIA – (cerca di comprendere)   E’ andato via  di testa?

EVA – Quasi. Un virus!

            Quasi, Un virus.

PINUCCIA – Um cridà tant, Um bagnà tant fazzolett !

                        Abbiamo pianto tanto, Bagnati tanti fazzoletti!

M.GRAZIA – Non tenetemi sulle spine!

PINUCCIA – Si si…me s’era ché, dziva, bella chietta ‘c pensava alla me cà, al Gino, a mé fio..

                     Si si…io ero qui, dicevo,  tranquilla,  pensavo alla mia casa, al Gino, a mio figlio..

EVA – (tossicchia).

PUNUCCIA – Anca a mé mar, va bein. Ma scappà l’oriccia e seint, seinsa vorì, s’inteinda, l’Enrico c’l telefona…

                     Anca a mia madre, va bene. Ma “scappa l'orecchio” e sento, senza volere, Enrico che telefona…

EVA – ‘L telefona, capì?  (pausa di smarrimento di M.Grazia, che non capisce).

M.GRAZIA – No che non capisco. Cosa c’è di strano nel telefonare?

PINUCCIA – Ho sentì c’l dziva “Tesoro mio, angelo mio, baci bacini” !

                         Ho sentito che diceva “Tesoro mio, angelo mio, baci bacini”

M.GRAZIA – Ma sono le cose che dice sempre a me…

EVA – Angelo, sei il  mio Angelo? In nascundon?

                                                               Di nascosto?

M-GRAZIA – Qualche volta....

PINUCCIA – Ma stavota ià dziva mia a te, cara!

                          Questa volta, però, non parlava a te!

EVA – C’è di mezzo un’altra persona!

M.GRAZIA – Cosa cosa cosa ?

PINUCCIA – Un’àtra, diversa da te, eh mamma?

EVA – In tutt e da par tutt! (Insieme)

                     In tutto e dappertutto!

M. GRAZIA – Enrico?!…Io non credo…

EVA – Anca me non credevo.

M.GRAZIA – Non ha mai guardato un’altra ragazza!

PINUCCIA – Appunto!

EVA – Vist che qualcos gh’era?

                     Vedi che c’era qualcosa?

M.GRAZIA -  Mi sembra impossibile...un’altra donna…!

EVA – Infatti…l’è mia una donna…

                     Infatti…non è una donna…

M.GRAZIA – (sbalordita) Ah no?!….E….cos’è?

PINUCCIA – E’…..(Pinuccia ed Eva si guardano)

M.GRAZIA – E’?!?

PINUCCIA / EVA -…Angelo…

M.GRAZIA – Angelo…?!

PINUCCIA – Angelo, il so caro amico pre-di-letto.

EVA – L’Angelo suo!

PINUCCIA – Et capì? Angelo mio, angelo mio: un dè capità ché propria Angelo! Fein a ché l’ha portà!

                     Capito? Angelo mio, angelo mio: un bel giorno capita qui proprio  Angelo! Fin qui l'ha portato.

EVA – E bisognal tegn’l ché, sotta ‘l nostro tetto.

                     Dobbiamo anche tenerlo qui sotto il nostro tetto

M.GRAZIA – Ma cosa dite? State farneticando...??

PINUCCIA – So mia cos vo dì, però  lui ha confessato!

                        Non so cosa significa, ma il fatto è che ha confessato!

                    

M.GRAZIA – Cosa ha confessato?

PINUCCIA – ‘L m’ha ditt che lu l’è nov dal mister, ansi, bell ciàr e bell tond, ‘c l’è sta l’Enrico c’l l’ha sercà: un colp ‘d telefon e via!

                         Mi ha detto che lui è nuovo del mestiere, anzi, chiaro e tondo che è stato Enrico che l'ha cercato, un colpo di telefono e via!

M.GRAZIA – Cioè, Angelo avrebbe ammesso che…

PINUCCIA – (annuisce)  Mmmmmhhh

EVA – S’l la sa so par, la fòlmina!

                     Se lo viene a sapere suo padre, lo fulmina

PINUCCIA – Lu ‘l la màssa!

                     Si, lui lo ammazza!

EVA – E anca Oreste, l’è seipar stà ‘l so cocco, ma s’l saviss una roba compagna ‘l la disereda.

         Anche Oreste, è sempre stato il suo cocco, ma sapesse una roba del genere, lo  disereda.

M.GRAZIA – Santo Cielo…(si fa strada l’emozione) Io  non capisco ….voi, siete sicure di non esservi sbagliate….siete proprio certe….? Dico, siete certe!!!????

PINUCCIA /EVA – Certissime!

PINUCCIA – Cuore di madre non mente!

M.GRAZIA – …Ihhhhhh… (inizia un pianto soffocato ma prolungato)

EVA – So so, fa  mia acsé…(anche lei commossa).

            Su su, non fare così…

PINUCCIA – Bisognàva pur dital.

                         Dovevamo pur dirtelo

M.GRAZIA – (tra le lacrime) Avevamo fatto tanti progetti…

PINUCCIA – Povere noi…

EVA – Toh ‘l fazzulett…l’è ancora bagn, i’um finì tutt.

                     Prendi il fazzoletto, li abbiamo finiti tutti.

M.GRAZIA –  Che  impostore, Bugiardo, ! Anche se mi sembra tutto così strano, perché per quel che ne so io….

EVA- L’abito non fa il manico!

M.GRAZIA - ..il monaco…

PINUCCIA – Bisogna trovà una soluzion.

                          Dobbiamo trovare una soluzione

EVA – Me ‘l fariss benedì!

             Io lo farei benedire.

PINUCCIA – Pr’adess, intant, fum mòstra ‘d gnint!

                         Per il momento, facciamo finta non sia successo nulla

EVA – Si, si…stum allegar..ridum..(si guardano in faccia e riprendono il pianto).

             Si, si…stiamo allegri…ridiamo…

SCENA XII

OLIVER – Ho sentito un sibilo, le signore hanno chiamato?

EVA – (tra i singhiozzi) Bisognarà dig’l anca a lu da sta atteint…

                     (tra i singhiozzi) Bisognerà dirlo anche a lui di stare attento…

PINUCCIA – Grazie, Oliver, vai pure.

OLIVER – Di là reclamano la vostra presenza …il signore è già alticcio.

PINUCCIA – Qullà adess si dà all’alcool. Dì che le signore non hanno appetito.

OLIVER – Come desidera, miss (le porge un fazzoletto ed esce).

M.GRAZIA – Ora vado di là e …

PINUCCIA – Ferma!  Salviamo il salvabile!

EVA – Sercum noi donn da fà qualcos. Prima roba: acqua in bocca con tutt, specialmeint in officina.

            Facciamo qualcosa noi donne. Primo: acqua in bocca con chiunque, specie  in officina

M.GRAZIA – Se è  così, dovremo divorziare.

PINUCCIA – E spetta un attim! Sarà l’ultma roba. Second me, bisognariss sercà da portàl in…spetta, l’ho sentì in televisione…sulla via del retto!

                     E un momento! . Secondo me, dovremmo tentare di riportarlo …aspetta , l'ho sentito in television:  sulla  via del retto!

EVA –Sulla retta via, Pinuccia!! Dai, Provum, almeno!

                                                        Dai, proviamo, almeno!

M.GRAZIA – Ma come? Come?

PINUCCIA – Come? Ma sa t’l sé mia te, cara la mé ragazza! Forse qualcos t’è sbaglià anca te, forse…

                     Come? Ma se non lo sai tu, cara  ragazza! Forse qualcosa hai sbagliato anche tu forse…

EVA – I om bisogna contintàia.

Gli uomini vanno acontentati

M.GRAZIA – In che senso…?

PINUCCIA – Magari sa stufan ‘d la solita suppa  e allora..

                          Se si stancano della solita zuppa, forse allora…

EVA – Bisogna cambià 'l brood!  (si alza)   Una vota me, cl mé povar Riccardo,  ‘m sum vestì da Messalina, ho sbarlà la porta  e g’ho ditt: sono tua, il mio Nerone!

                    

Bisogna insaporire il brodo!  (si alza)   Una volta io, col mio povero Riccardo,  mi sono vestita da Messalina, ho aperto la porta e ho urlato: sono tua, il mio Nerone!

MARIA GRAZIA – Che orrore!!

PINUCCIA – Anca i gogn sa stufan d’l solit paston, eh!

                        Anche i maiali si stancano del solito pastone, eh!    

M.GRAZIA – Cosa dovrei fare?

EVA – Cosa dovrei fare? Vèda che tucca a noi a fag insegnà!

             Cosa dovrei fare? Guarda guarda che tocca a noi farle vedere...

PINUCCIA – Pr’esempi: t’è una bella ragassa, ma l’è un po’ ‘d teimp c’t ta vestiss un po’ tropp castigà.

                     Per esempio,  sei una bella ragazza ma è troppo tempo che  ti vesti troppo male, tira via tutti gli anelli che hai in giro,  troppa ferramenta

M.GRAZIA – Ah si? Come dovrei vestire?

EVA – Un po’ possà….m’s diiz?

                     Un po’ più….come si dice?

PINUCCIA – Possà…(sculetta, imitando maldestramente una modella in passerella)

                     Bisogna ridestare gli istinti assortiti.

M.GRAZIA – Non saprei come…

EVA – Oh, ‘s veda ‘c t’è studià dalle Orsoline!

                     Si vede che hai studiato dalle suore!

M.GRAZIA – Io credevo che Angelo fosse un vero amico e ci volesse dare una mano.

PINUCCIA – Par ess un amiz l’é.

                         Un amico lo è. Davvero!

M.GRAZIA – (ultimo dubbio) Se siete così sicure che le cose stanno così…perché voi ne siete sicure, vero?

PINUCCIA – M’et tota pr’una barlocca?

                         Mi ha preso per una scema?

EVA – L’è tanta ciàra!

            E’ così evidente!

M.GRAZIA – (sospira) Va bene: ditemi....

PINUCCIA – Andiamo di là, g’ho in meint una roba. Bisogna riportare l’attenzione su una certa cosa .... Tocca a noi! ‘L g’ha da ved la donna in un ottico nuovo!

                         Andiamo di là, ho in mente una cosa. Bisogna riportare l’attenzione su una certa cosa .... Tocca a noi! Deve vedere la donna in un ottico nuovo!

EVA – Me ho invidà un grand espert pr’un consili.

                     Ho invitato un esperto per un consiglio

PINUCCIA – Anca te? Anca me. Du parer i’enn mei che voi sul.

                        Anche tu? Io pure. Due pareri sono meglio che uno.

EVA – Magari glà fum!

          Magari ce la facciamo, dai!

PINUCCIA – Sperum! Via! (escono per la zona notte).

                          Speriamo! Via!!

SCENA XIII

Entrano Gino e Oreste dalla zona giorno.

GINO – (leggermente brillo) Ma dov ennia andà a finì le lur? (inciampa)

                     (leggermente brillo) ma dove sono finite? (inciampa)

ORESTE – Et bon da stà in pé?  Tl’ava ditt da lassà lé da beev!

                     Sai stare in piedi? Ti avevo detto di smettere di bere!

GINO – ‘l vein ‘l ma dà appena appena un po’ d’allegria.

                     Il vino mi dà soltanto un poco di allegria.

ORESTE – Gino, second me l’è ora da saltàg deintar. Oliver la dziva ch’i caragnavan a novanta. I hann mangià la foia.

                     Gino, credo che sia venuto il momento di intervenire. Oliver dice di averle viste piangere. “hanno mangiato la foglia”

GINO – G’ariss’n da beev un po’, fa bene al sistema linfatico!

                     Dovrebbero bere un po',  fa bene al sistema linfatico!

Suonano alla porta.

ORESTE – Vag me.

                       Vado io.

GINO – Papà, in dov vat?  G’um la  servitù  bianca e negra. La prossima, la voi cilestrina …Marta!!

                     Papà cosa fai?Abbiamo la servitù,   bianca e nera. La prossima la voglio celeste…Marta!!

MARTA – (dalla cucina)  Uvva, non avere angora finido di mangiare (va ad aprire).

                    

SCENA XIV

MONSIGNORE – (mette dentro la testa) Scusi, ho sbagliato porta (esce).

MARTA – Uomo biango tuddo rosso (ritorna in cucina).

ORESTE –  Ohh,  che onore monsignore nella nostra modesta magione.

MONSIGNORE – (ritorna dentro) Ma ela la famiglia Mangiavacca?

                                                              E’ la famiglia Mangiavacca?

GINO – Presenti!

MONSIGNORE  – E…(indica verso la cucina)

ORESTE – Marta.

MONSIGNORE – Ah Marta….ma vèda.  (Ma guarda)

GINO – Dieci utilitarie  al mese!

MONSIGNORE – (A Oreste) Stal mia bein?

                                                   Sta bene ?

ORESTE – L’ha tirà so un po’ ‘l gumat a tavla.

                     Ha alzato il gomito a tavola.

MONSIGNORE – Allora,  Gino, cos gh’è ‘d tant important da telefonàm in tre per venire in questa casa di atei pensatori? S'era  vegn in campagna per un breve periodo di riposo in attesa del Concilio.

                     Allora,  Gino, cosa c'è di tanto importante  da telefonarmi in tre per convocarmi in questa casa di atei pensatori? Sono qui in campagna per un breve periodo di riposo in attesa del Concilio.

ORESTE – Gl’et ditt te da vegn?

                     L’hai chiamato tu?

GINO – Ma si, c’l beva un biccer con noi, Eccellenza

                     Ma si, beva un bicchierino con noi, Eccellenza

ORESTE – Gino, ‘t cognoss po’!

                     Gino, non ti riconosco!

MONSIGNORE -  Poss anca andà via, sal?

                                 Preferisce che me ne vada?

GINO – Ma no, che brutt caratter!

                     No no, che brutto carattere!

MONSIGNORE – Gl’ha bell so par!

                                    Bello quello del suo papà

GINO – Papa, par piazer, offeinda mia ‘l mé amiz Don Giovanni diventato Sua Eminenza!

             Papà, per piacere, non offendere il mio amico  Don Giovanni diventato Sua Eminenza!

MONSIGNORE – Adess sum anca dvintà amiz.

                                Da quando siamo amici?

ORESTE – Bein, c’l sa seda, che poi glà fum ved ancora.

                     Bene, si a comodi,che poi gliela facciamo vedere ancora....

MONSIGNORE – Chi?

ORESTE – Marta.

GINO – Donca, me l’ava ciamà pr’una roba…che adess ‘m ricord po’. Sàl che me quand ho mangià, ‘m seint mei? Bisogna ‘c mangià po’ da spess.

              Dunque, l'ho chiamata per una storia …che non ricordo più’. Lo sa che quando mangio mi sento meglio? Devo mangiare più spesso-.

ORESTE – Comunque, cara eminenza grigia, io premetto che in linea  teorica par me va bein tutt.

GINO – Si fa  per il quieto vivere…Adess, pr’esempi, voi possà bein a tutt.

                     Si fa  per il quieto vivere…Ad esempio, ora voglio più bene a tutti-

ORESTE – (confidenziale a Monsignore ) Vede, ‘l problema l’è la Pinuccia.

                                                                             Vede, il problema è Pinuccia.

GINO – ‘L problema vera l’è L’Enrico.

                     Il vero problema, diciamolo, è Enrico

ORESTE – Lu sert roob lià capissa possà che noi e po, incò na càpita, vera  ?

                     Lei queste cose le capisce  meglio di noi, e oggidì ne capitano, vero  ?

GINO – Lei è un uomo di mondo. Lu ‘l parla con mé moier e ‘l la convincia: tutt ché!

                     Lei è un uomo di mondo. Lei parla con mia moglie e la convince, tutto qui-

ORESTE – ‘L capì?

                     Ha capito?

MONSIGNORE  – Gnint.

                                  Nulla.

GINO – (Oreste e Gino tentano di parlare insieme) Lassa parlà me!  Ecco, bisogna diig a la Pinuccia, con calma, seinsa innervozila, ‘c l’è una roba normala, che adess a capita a tutt, che se noi fum feinta ‘d gnint, anca i atar sn’in dann gnanca.

               (Oreste e Gino tentano di parlare insieme) Parlo io!  Ecco, bisogna dire a mia moglie che oggi è una cosa normale, che capita a tutti o quasi. Che se noi per primi non ci diamo peso,  gli altri neanche se ne accorgeranno.

ORESTE – Tutto qui!

MONSIGNORE – Ho capì, ma… 

                   Ho capito, però…

GINO – Se l’ha capì, basta.

                     Se ha capito, siamo a posto.

MONSIGNORE – Ma no, c’ho mia capì!

                                No no, non ho capito!

ORESTE – C’l voza mia, che pr’adess l’è ancora una faccenda riservà.

                     Non alzi la voce, per ora è ancora una faccenda riservata.

GINO – Anzi, riserva speciale!

MONSIGNORE  – Ma el ciucch ‘d peez?

                                Ma è ubriaco di peso?

ORESTE – ‘L vein ‘l g’ava di grèd…

                     Il vino era un po’ alcolico…

MONSIGNORE  – Riservatissima, d’accordi, ma ‘m piazariss anca saviila.

                                   Riservatissima, d’accordo, ma gradirei anche conoscerla!!

GINO – Eh, giusta…eh si, ‘l pol mia saviil, lu, l’è un pret, mia un madgon!

                     Eh, giusto, è un prete, non un indovino-

SCENA XV

Entra Angelo

GINO – Ecco, questo è Angelo…(gli va incontro, inciampa)

ANGELO –  Vedo che ha gradito il vino…

MONSIGNORE  – (è sempre più confuso)

ORESTE – Qull sior che, l’è qull c’l s’interessa par…

                     Questo signore, è quello che s’interessa per…

MONSIGNORE – Par che roba?

                                   Per che cosa?

ANGELO – Le hanno già spiegato, immagino…

MONSIGNORE – Spiegato una forcassa!

                        Spiegato un accidenti!

ORESTE – Eminenza, par bio!

                    

MONSIGNORE– Oreste, ‘l so diavol!

                        Oreste, di quel diavolaccio!

ORESTE – La m’ è scappà!

                     Mi è scappata.

MONSIGNORE– Anca a me!

                               A me pure.

ORESTE – Il porporato non ha cambiato le origini campagnole , eh Don Giovanni?

M.GRAZIA – (entra, truccatissima, rinnovata nel vestire in modo molto eccitante, come una velina della TV)  Scusate, Enrico è ancora a tavola?

Attimo di sorpresa da parte di tutti, ad Oreste cade la pipa.

ANGELO - …sta finendo di pranzare…

GINO – (farfuglia qualcosa)

M.GRAZIA – Grazie. Eccellenza (piccolo cenno della testa) (esce per la zona pranzo).

Tutti la seguono con lo sguardo, puntato sulla profonda scollatura sulla schiena.

Poi si rigirano tutti, meno Monsignore

ORESTE – Eminenza, eccellenza

MONSIGNORE – Eh?…Ah, si…

ORESTE – A momeint ‘g croda i occ’ !

                     Le cadono gli occhi!

MONSIGNORE – S’era dré a guardà ‘l cambiameint c’ha fatt cla ragassa lé…

                                   Stavo valutando il cambiamento che ha fatto questa fanciulla…

GINO - Donca cos  s’era dré a dì?

                     Dunque, che stavo dicendo?

ORESTE – S’erma dré a spiega al parroco…

                     Stavamo spiegando al parroco…

GINO -Non è più parroco, papà, ora è un' eminenza

                    

Entrano Pinuccia ed Eva, vestite molto osè,  secondo il loro punto di vista.

Il vestito di Pinuccia deve avere un po’ di coda.

GINO – G’ho da avì bevì un po’ tropp!

                     Devo aver bevuto troppo!

ORESTE -  ‘G calla appena un tocch ‘d marciapé!

                     Ci manca solo il marciapiede

EVA – Eccellenza,  ha portato l’attrezzatura?

MONSIGNORE – (le fa vedere l’aspersorio tascabile)  Si, ma par fà?

                                                                                          Si, ma per cosa?

PINUCCIA – Senta un attimo

GINO – E no, ‘g sum prima noi! Via!

                     No, ci siamo prima noi, Via.

PINUCCIA – ‘L tacca a esagerà col vein, che schifo!

                          Sta esagerando con l’alcool, che schifo!

ORESTE – (al prete) Venga di là con noi: le spieghiamo la cosa per filo e per segno.

MONSIGNORE – Ah Pinuccia, ‘l vistì ‘c l’à m’ha ditt l’ho mia cattà.

                          Ah Pinuccia, il vestito che voleva non l'ho trovato.

PINUCCIA – Che vistì?

                         Quale vestito?

MONSIGNORE – Quello coi lustrini e la sgolatura!

GINO – Venga. Se c’è ancora un goccio di vino..

ORESTE – Impossibil, ‘t l’è fatt fora tutt te! Angelo venga anche lei, scusateci (escono, Gino inciampa ancora).

                     Impossibile, l'hai fatto fuori tu! Angelo venga anche lei, scusateci

SCENA XVIII

Rientrano Enrico e Maria Grazia dalla zona pranzo.

ENRICO-  Vacca che roba!

PINUCCIA – Cos gh’è?

                         Che c’è?

EVA – Mai vist una bella donna?

             Mai visto una bella donna?

M.GRAZIA – Non ti andiamo?

ENRICO – Non è questo…ma cosa vi ha preso?

M.GRAZIA – Cosa ci ha preso a noi? Cosa è preso a te?  Ti piaccio così?

PINUCCIA – Io la trovo molto…attraente!

EVA – E anca noi, vera? Po’ da csè!

                     E anche noi, vero? Più di così.

PINUCCIA – Una donna la pol ess sempre diversa, se la vol.

                        Una donna può cambiare, se vuole

EVA – E d’l vot l’è inutil sercà fora d’ la porta qull ‘c gh’è belle che in cà.

           E a volte è inutile cercare fuori  dalla porta quello che puoi trovare dentro casa.

ENRICO – Avete bevuto?

M.GRAZIA – No, non hanno bevuto Se non ti interesso più, dimmelo una volta per tutte!

MARTA – (dalla  cucina, le vede) Marda, du mangiare drobbo, non digerire (esce).

SCENA XVIII

Rientrano Gino, Oreste e Monsignore.

MONSIGNORE – L’era tutt ché? Povar noi, ‘s fermum p’r csé poc? Santa ignoransa!

                                Tutto qui? Ci fermiamo veramente per poco! Santa ignoranza!

ORESTE – Donca, intant c’g sum tutt, g’arissma propria da fà una bella riunion ‘d famiglia.

                    Dunque, visto che ci siamo tutti, dovremmo fare una bella riunione di famiglia.

ANGELO – Io posso andare?

PINUCCIA – Direi di no, giovanotto.

EVA – Ormai l’è tamme un pareint.

                     Ormai è diventato un parente

M.GRAZIA – Gli darà  noia la mia presenza.

EVA – (a Monsignore )  C’l stagga pront a benedì!

                                               Stia pronto a benedire.

GINO – Ma insomma, cmé s’ennia combinà che lur? (guarda nelle scollature).

                     Ma insomma,  come si sono conciate queste qui? (guarda nelle scollature).

ORESTE – Però a me ‘m dispiaz mia…

                     Non mi dispiace, però…

ENRICO – E va bene! Dato che ci siamo finalmente tutti, è ora che io, prenda la parola.  Dobbiamo  parlare di una certa faccenda.

ORESTE – E sia, parliamone!

GINO– Um appena contà a Sua Emergenza…

                     Abbiamo appena spiegato a Sua Emergenza

PINUCCIA / EVA – Ah, parché anca viatar…

                                    Perché, voi pure….

PINUCCIA – Anca viatar si informà che…

                         Anche voi siete informati che…

ORESTE / GINO – Si. E anca viatar?

                                  Voi pure?

PINUCCIA – Si, anca noi.

EVA – Mì vann ‘l voz!

           Come corrono le voci!

PINUCCIA – ‘L capì, caro mio, che bell problema?

                           Ha capito Eminenza che bel problema?

MONSIGNORE – Bein, dato ‘c mì tirà in mezza, dirò anzitutto che la Chiesa non è contraria.

                              Be', dato che mi avete convocato per questo, dirò anzitutto che la Chiesa non è contraria.

PINUCCIA / EVA – E da quand?!

                    

M.GRAZIA – (ironica)  Forse lui, non potendo sposarsi, giustifica…!

ORESTE – Monsignore sn’inteinda.

                     Monsignore se ne intende.

PINUCCIA – Lu ‘l voriss dì ch’i farissan bein!

                          Intende dire che farebbero bene?

MONSIGNORE – Cara signora, è tutto amore,  con la A maiuscola

GINO – E fein a ché ‘g sum.

                     E fino a qui ci siamo

ORESTE – Sum tutt d’accordi, ‘m para.

                     Tutti sono d’accordo, mi sembra.

ANGELO – Anzi, mi sembra il massimo dell’amore.

PINUCCIA – Oh, ‘l massim, addrittura!

                          Il massimo, addirittura!

EVA – E noi passumia ‘d serie B?

                     Noi passiamo in serie B?

ENRICO – Lo sapevo che l’avresti presa così: ti conosco!

PINUCCIA – S’era me ‘c cognossiva mia te!

                        Io non conoscevo te!

MONSIGNORE  – Dirò di più. S'm trovass seinza toga, forse forse, l’ariss fatt anca me.

                                 Dirò di più. Se mi trovassi senza toga, l'avrei fatto anch'io.

PINUCCIA / EVA/ M.GRAZIA -  E’eeeee …?!?

MONSIGNORE  – Ma io ho un abito da rispettare

EVA – L’è sta cl’ann ‘c l’um miss in seminari, sicur!

                     E’ stato quell’anno che ha fatto in seminario!

PINUCCIA – Gino, ma te sarissat conteint?

                     Gino, tu saresti contento?

GINO – Me?…bein, mia abotta da prinsipi parché po’ vegna fora un misciott, ma se lu ‘l la vol acsé, c’s la ciàppa e ‘c s’la mantegna!

              Io?…all'inizio non tanto, perchè poi viene fuori un mischia-mischia, ma se lui vole così, che se lo prenda e che se lo mantenga.

ORESTE – Me cred ch’i g’arann pensà tutt in d’la vita, almeno una vota!

                     Credo che ci abbiano pensato tutti nella vita, almeno una vota!

EVA – Oreste !

PINUCCIA – L’è una roba ereditaria!

                        E’ un fatto ereditario!

ORESTE – Ma si, Eva, parché la mé povra Emma l’ha mai vorrì…par qull bell risultàt ché (indica Gino).

                       Ma si, Eva, perchè la mia povera Emma no ha voluto, per questo bel risultato! (indica Gino

EVA / PINUCCIA – (si lasciano cadere sul divano, fulminate)

ANGELO – Vorrei dire una parola anch’io.  Io non sono venuto per le lezioni d’italiano, questo lo ha capito, vero Pinuccia? Dovevo essere io a spiegare con calma, a lei, tutta la faccenda di questa difficoltosa adozione.

PINUCCIA – ‘L vol fass anca adottà, adess!

                          Si vuol fare adottare, questo qui!

ANGELO – Certo non m’aspettavo tanta ostilità.

M.GRAZIA – Io ne ho abbastanza. Faccio la valigia e torno dai miei!

ANGELO – Ma se erano già d’accordo, Maria Grazia, cosa stai dicendo?

EVA – S’è gira ‘l mond!

           Il mondo va al contrario!

PINUCCIA – Sum armast appena te e me ‘d san.

                          Siamo rimaste solo io e te di sane.

ENRICO – E  vi comunico che  ho deciso per  l’indiano.

PINUCCIA – Che schifo!

ENRICO – Si, l’indiano!

EVA – Adess! (prende il braccio del prete e lo costringe ad irrorare tutti)

MONSIGNORE – Ma siora…!

EVA – Benedizmia tutt! (protesta generale)

                     Li benedica tutti!

GINO – Me l’ariss toot bianc, parché a me i colorà, a parte ‘l vein, ‘m piazan mia…(guarda su) G’ho da fà guardà ‘l ticc’!

             Io l'avrei preso bianco, perchè a me i colorati, a parte il vino, non mi piacciono.

ORESTE – Ma se lu ‘l vool l’indian!

                     Ma se lui vuole l’indiano!

ENRICO – Grazia, ne abbiamo parlato tanto! Che ti succede, non sei più d'accordo?

M.GRAZIA – Di cosa abbiamo parlato? Io non ci capisco più niente!

ENRICO – Insomma, sei o non sei d’accordo?

M.GRAZIA – Io? Si..no…non lo so…dopo che loro mi hanno detto che…

ORESTE – Detto cosa?

MONSIGNORE – Ma cos podriss’n dì, a la fein di coint? Se va mia bein ‘l negar, cambium color: sono tutti figli di Dio.

                              Cosa potrebbero dire, alla fin fine? Se non a bene il nero, cambiamo colore, sono tutti figli di Dio

ANGELO – Per le pratiche ci penso io, è il mio lavoro.

PINUCCIA – I g’hann anca i minister…!

                        Hanno anche i ministeri

EVA – Par dà i sertificat!

             Per dare i certificati!

ORESTE – Ché gh’è qualcos ‘c quàdra mia…

                       Qui qualcosa non quadra.

GINO – Se gh’è da vuta, me sm pr’l bianch: secch!

                     Se si vota, io sono per il bianco: secco!

MONSIGNORE  – Ma non ha importanza il colore, quel che conta è l'atto!!

ENRICO – Devi sapere mamma , che sono intenzionato ad andare fino in fondo, con o senza il vostro consenso. Mi spiace per te, Grazia..io non capisco come abbia potuto cambiare idea…

M.GRAZIA – Io non ho cambiato idea: è quell’altra faccenda che…

ENRICO – (a tutti)  Maria Grazia non può avere bambini e noi vorremmo...volevamo..avere una famiglia numerosa, come quelle di una volta. Si parlava di adottarne  uno, per ora.

ANGELO – Un’opera di merito, davvero. Lasciatelo dire a me che lavoro da anni per queste cose.

EVA / PINUCCIA – (impietrite dalla sorpresa).

GINO – Tutto il terzo mondo dai Mangiavacca!

ORESTE – Dvintarum una famiglia internazionàla.

                     Diventeremo una grande famiglia internazionale

ENRICO – Non volevo darti un dispiacere, mamma, credimi. So che tu, presa dai tuoi ridicoli problemi di donna benestante,  i tuoi romanzetti, le fictions…ma  così ho deciso e così farò.

                     E se ti vergognerai ad andarci in giro, pazienza, farò da solo. (esce per la zona notte).

M.GRAZIA – Enrico, aspetta…Enrico…(esce dietro ad Enrico).

ANGELO – Scusate (esce dietro ai due).

ORESTE – Sti ragass: na studian seipar vuna!

                     Questi ragazzi ne inventano sempre una nuova

MONSIGNORE – Però, ess mia d’accordi pr’un opra ‘d carità…!

                                  Però: non essere d’accordo per un’opera di carità…

GINO – Eccellenza, , par via ‘d cl’offerta famosa…(escono Gino, Oreste e Monsignore).

                     Eccellenza, per quel’offerta famosa…

MONSIGNORE – Nel fattempo è aumentata, caro.

SCENA XIX

Pinuccia ed Eva sono pietrificate. Segue una pausa lunghissima in cui si lanciano

l’un l’altra sguardi desolati. Guardano i vestiti che hanno indosso ed infine degluti-

scono.

EVA – (con voce strozzata) Una…(si schiarisce la voce)…adozione-eee…?

PINUCCIA – (voce strozzata) Inter…(si schiarisce la  voce)…nazionale-eee….?

EVA – Ma…l’angelo mio?

PINUCCIA – Qullé l’ho sentì col mé oricc’!

                          L’ho sentito con le mie orecchie!

EVA – Pinuccia…’m sa ‘c t’è tratt  in aria una brugla!

            Pinuccia…credo che tu abbia sollevato un polverone....!

PINUCCIA – Me?   E te allora c’t mé datt corda?

                          Io? E tu che mi ha dato spago?

EVA – Me?

PINUCCIA – Allora forse l’è mia vera…

                          Dunque, forse non è vero…

EVA – Forse t’è propria capì mal.

                     Forse hai proprio capito male.

PINUCCIA – Signor ‘t ringrazi!…(si alzano pian piano distrutte) Seinta, tirumass so e andom via un po’a la svelta…

                        Signore ti ringrazio!…(si alzano pian piano distrutte) Senti, alziamoci da qui e andiamocene un po' velocemente.

EVA – (la guarda) Ma cos gh’èt adoss? La g’ha fein  la coa (coda)!

                     (la guarda) Ma cosa ti sei messa addosso? Hai anche la coda!

PINUCCIA – Ma guardat te!

                          Guardati tu!

SCENA XX

Entrano Oreste, Monsignore  e Gino, più sobrio.

MONSIGNORE -  Donca, le  l’ariss ditt a la Maria Grassia…

                               Dunque lei avrebbe detto alla Maria Grazia…

PINUCCIA – (in difficoltà, non risponde)

ORESTE – Ma cos ‘g sarà saltà in testa?

                     Cosa le sarà saltato in zucca?

EVA – L’ha sentì al telefono, le!

                     L’ha sentito al telefono. Lei!!

PINUCCIA – L’ho sentì, si, al telefono!  Propria me! A chi telefonava’l csé in nascondon?

                        L'ho sentito a telefono, si,   Proprio io! A chi telefonava   di nascosto?

GINO – (ormai ristabilito) Magari a so moier.

                     (ormai ristabilito) Magari a sua moglie

ORESTE – Par tegn nascosta un po’ la faccenda e nasà prima l’aria…

                     Per tenere un po' nascosta la faccenda e vedere che aria tirava

MONSIGNORE – Par via ‘s so mar!

                                  Causa sua madre!

PINUCCIA – Che colpa ‘g n’hoi me, se dopa c’ho sentì tutt qull “angelo mio, sei il mio angelo” capita ché propria Angelo. Podiva mia riva Giusepp, Ermenigildo o chiunque atar? No! Propria Angelo!

                        Che colpa ho io se  dopo aver sentito “angelo mio, sei il mio angelo”  arriva qui proprio Angelo. Poteva arrivare un Giuseppe, Ermenigildo o chiunque altro? No! Proprio uno che si chiama  Angelo!

MONSIGNORE – Povaro Angelo.....

                        

ORESTE – ‘L gniva par d° una man e l’ha anca ciappà d’l scartosein!

                     Veniva per dare un aiuto e si è beccato dello.... scartossino!

MONSIGNORE – E po andal a dì alla so sgazza…

-Si, ma andarlo a dire alla sua ragazza

PINUCCIA – Ma me…   Io..

GINO – S’era bituà ai to casott, ma stavota t’è battì ‘l record.

             Mi ero abituato ai tuoi “casotti”, ma stavolta hai battuto il record.

ORESTE – E vèda mi s’enn concià!

                     Tu guarda come si sono combinate!

MONSIGNORE  – Per farlo rinsavire…ah ah ah (ride)

                              

ORESTE – Propria lur…ah ah ah…

                     Proprio loro due…ah ah ah…

GINO – (scoppia a ridere)  Roba da fag vegn la version! (risata generale degli uomini).

           (scoppia a ridere)  Roba da far venire il cimurro (risata generale degli uomini).

Pinuccia ed Eva rimangono serie, senza sapere più da che parte guardare.

MONSIGNORE – Bon, tornerò nel mio ritiro di campagna , tolgo il disturbo ma prima… (benedice tutti)  e sperum che pr’un po’ starì a post!

                            Bon, tornerò nel mio ritiro di campagna , tolgo il disturbo ma prima… (benedice tutti)  e speriamo che per un po' starete buoni.

EVA – Eminenza, lei è un santo, e prima o poi la faranno papa.

MONSIGNORE  – Tu credi, Eva?  (musica trionfante)

TUTTI – Arrivederci Don Giovanni…e grazie (Monsignore esce trionfante e benedicente).

SCENA XXI

EVA – (si stacca da Pinuccia)  Che figura ‘c t’è fatt, Pinuccia!

                     (si stacca da Pinuccia)  Che figura Pinuccia!

PINUCCIA – Ah si, eh? Adess l’è tutta colpa mia! Tutt adoss a mé! Ma me g’ho la cosinza netta, cari  miei, parché me ho fatt tutt pr’l bein d’l mé ragass, d’la mé famiglia! Che colpa ‘g n’hoi me se ‘l diavol ‘l g’ha mess la coa e ho capì mal? Sbaglià sa sbàglia tutt!

                     E ché, tucca seipar me a pensa par tutt, anca pr’l decoro d’la famiglia!

                     Me, ho dovì pensà pr’l maggiordomo, par la Marta.  G’ho mia anca me ‘l diritt da fà la mé figura? G’ho mai avì gnint in d’la vita, e qull poch ‘c g’ho voriva mia  ‘c l’andàss a finì sotta il rood, tamme 'l noss macchin! (esce molto scenograficamente, un po’ commossa).

                     Ah si, eh? Ora è solo colpa mia! Tutti contro! Ma io ho agito per l bene della famiglia! Che colpa ne ho se il diavolo ci ha messo in mezzo la coda e ho capito male? Tutti sbagliano.

                     E qui tocca sempre a me pensare a tutto,  anche al  decoro della  famiglia!

                     Io ho pensato al maggiordomo, a Marta.  Non posso avere il diritto di fare anch'io la mia bella figura? Non ho mai avuto niente dalla vita, e quel poco che ho non volevo finisse sotto le ruote, come le nostre macchine! (esce molto scenograficamente, un po’ commossa).

SCENA XXII

Si sente un urlo e molto rumore.

GINO – Pinuccia ! (si precipita fuori)

ORESTE – L’s sarà mia tràtta zù da la finestra?

                     Si sarà buttata dalla finestra?

EVA – Sum a piantarein!

            Siamo al piano terra!

MARTA – Signora ingiambada nel vesdido e volada dra bendole…Ghe signora!

ORESTE – Te ‘n gh’è dubbi c’t ta fagga mal: t’è troppa carrozzà! (Marta esce)

                       Tu sicuramente non corri pericolo di farti male, sei troppo carrozzata (Marta esce)

EVA – Dì, mano lesta, l’è gnammò ora ‘c andom a cà nossa?

            Dì, mano lesta, non è ancora il momento di andare a casa nostra?

ORESTE – Quand capitom noi, succeda seipar di pastiss

                     Quando passiamo di qui noi due, succedono sempre dei pasticci

EVA – Ho zà fatt la valiza.

             Ho la valigia pronta.

ORESTE – E vèt fora acsé?

                      Esci così conciata?

EVA – Parché, fagghia mia ancora la mé porca figura? (esce languidamente per la zona notte).

            E perchè no? Non faccio ancora la mia bella porca figura? (esce languidamente per la zona notte).

ORESTE – Uhmmm…(si liscia la coda)  T’l sé ‘c sum gelos! (le va dietro).

                     Uhmmm…(si liscia la coda)  Lo sai che sono geloso! (le va dietro).

SCENA XXIII

Rientrano Gino e Pinuccia.

GINO – Fortoina ‘c la m’è passà…l’è sta ‘l vein…

                     Meno male che mi è passata…colpa del vino

PINUCCIA – Anca un marì ciucch, no eh?

                          Un marito ubriacone no, eh!

GINO – Si beve per dimenticare e con viatar ‘g n’è da dimenticare!

                     Si beve per dimenticare e con  voi ce n'è da dimenticare!

PINUCCIA –  I’enn i reality, mi danno ‘l capogiro…vist c’ho impara a diil?

                          Sono i  reality, mi danno ‘l capogiro…visto che ho imparato?

Entrano Angelo, Enrico e Maria Grazia.

PINUCCIA – Angelo c’l ma scusa….par tutt… io vorrei andare avanti con le lezioni.

                     Angelo, mi scusi tanto, la prego… io vorrei andare avanti con le lezioni.

ANGELO – Volentieri, ma le parole le scelgo io, d’accordo?

M.GRAZIA – Pinuccia Pinuccia, farmi credere che…

PINUCCIA – Oh, ‘l mé Enrico…(se lo abbraccia tutto)

M. GRAZIA – Io però non ci avevo creduto…!

ANGELO – (con un finto vezzo effeminato)  Neanch’io!! (escono Enrico, Maria Grazia e Angelo molto allegramente).

SCENA XXIV

PINUCCIA – Però, i’enn di brav ragass, hann pensà anca a i’atar.

                        Però, sono bravi ragazzi, hanno pensato anche agli altri.

GINO – Certo…che di fio colorà…!

                     Insomma….però dei figli colorati!

PINUCCIA – Me  'l  port mia fora, però, eh? Me no!

                     Io non lo porto fuori, io no!

GINO  - ‘G mandum  Marta.

                     Mandiamo Marta

PINUCCIA  - Almeno i fann pendant!

GINO – Sa, andom… (si alza)

                     Su, andiamo…

PINUCCIA – Oh….un balordon…e l’è mia ‘l prim…Voriss mài che…

                         Oh….che giramento di testa,  e non è il primo…non vorrei mai che...

GINO – Pinuccia…NO!

PINUCCIA – Vedrum...

                         Chissà..

GINO – Oh Signor! I Mangiavacca non finiscono mai! (sorreggendosi a vicenda e ridacchiando, escono)

SCENA XXV

Entra Marta dalla cucina.

MARTA – Be’, ora ghe faggenda ezzere finida, angh’io ho gualgosa da dire.

                     Io non ezere negra, no….(si toglie il foulard dalla testa) Me sum la sorella ‘d la Lidia, cla povra disgrazià c’hann mandà via qualca mees fa!  Du ann ‘c sum disoccupa! Adess la roba nostrana ‘l la vol po’ ansoin! I sercan la roba esotica.

                     Voriva’n una negra: PRONTI! Gnan la Jessica la  m'ha conossi'. Eh….cos ‘s fa mai pr’un tocch ‘d pan….

                     Ma…(rivolta al pubblico) Acqua in bocca, neh? (si rimette il foulard e con circospezione esce).

                     Be’, ora ghe faggenda ezzere finida, angh’io ho gualgosa da dire.

                     Io non ezere negra, no….(si toglie il foulard dalla testa)  Io sono la sorella della Lidia  quella povera disgraziata che hanno mandato via qualche mese fa!  Due anni che sono disoccupata! Ora la roba di casa nostra non la vuole più nessuno! Cercano la roba esotica.

                     Volevano una negra: PRONTI! Neanche mia nipote Jessica mi ha riconosciuto'. Eh….cosa non si fa per un tozzo di pane….

                     Ma…(rivolta al pubblico) Acqua in bocca, neh? (si rimette il foulard e con circospezione esce).

Si sente in sottofondo la musica di fne atto.

SCENA XXVI

OLIVER – (che ha visto tutta la scena)  Oh my God!…anca le! Ma t’l digh mé…!!

                                                                                                   Anche lei! Roba da matti!

PINUCCIA – (da fuori) Oliver!!

OLIVER -  My god…  (si ricompone)     

(fa l’occhiolino al pubblico ed esce ballicchiando sulla musica che nel frattempo è aumentata di volume).

                                      s    i    p     a     r     i    o

FINE DELLA COMMEDIA