Grottesco surrealista in due tempi
di Cecilia Scolari Fedele
Personaggi in ordine di entrata:
ENRICO
MATTEO
RAUL
SIMONA
ALFEO
SANTINA
FAUSTA
MICHELE
CATERINA
MARGHERITA
ANSELMO
a Cesare
(Maggio 1980)
PRIMO TEMPO
Scena semibuia e vuota. Rappresenta l'interno di un castello diroccato con qualche mobile amico che regge per miracolo e qualche quadro d'antenato ricoperto di ragnatele. Musica che ricordi una caccia. A un tratto, la musica tace e sibila un gran vento, poi, uno sparo seguito da prolungate grida di donna che si allontanano sempre più fino a sparire. Il silenzio è rotto ancora soltanto dal vento.
Enrico (Entrando in scena semi svestito e quasi trascinandosi Matteo che sta In pigiama) E Svegliati disgraziato! Non hai sentito? Svegliati! Non hai sentito?
Matteo (Dormendo in piedi) E piantala, Cristo, con queste tue manie della fotografia! Almeno Andy Warol piazza la camera davanti ai dormienti e li lascia in pace per dodici ore.
Enrico Ma non ti voglio fotografare, scemo! (Mostrandogli un pugno) Se non ti svegli, parola d'onore ti stacco la testa. Non hai sentito lo sparo e le grida di Fausta?
Matteo Fausta? Che Fausta?
Enrico Fausta tua moglie, cretino! Quante Fauste conosci e quante mogli hai?
Matteo Scusa. Fammi capire. Perché Fausta avrebbe dovuto gridare?
Enrico Bravo! Passami la palla di vetro e te lo dico, ma ti garantisco che ha gridato in seguito a uno sparo, come ti garantisco che Raul è uscito con il suo fucile e tua moglie. Realizzi finalmente?
Matteo (Sbadiglia) Beh, cosa vuoi che sia successo?
Enrico (Gli dà uno spintone) E vattene allora: torna a dormire. Me ne occupo io. (Mettendosi le scarpe trovate sotto il tavolo) Fai pensare al marito della barzelletta: lo svegliano nel cuor della notte per annunciargli la morte della moglie e lui girandosi dall'altra parte fa: « Oh Dio! Quanto dolore per domani quando mi sveglierò! »
Matteo Va bene, piantala! Vengo anch'io a vedere.
Enrico Vestiti pure con comodo e non dimenticare soprattutto la cravatta a pallini.
Raul (Entra, fucile a tracolla che butterà sul tavolo: è sconvolto) Puttana Eva, per tutti i santi e le madonne! (Vedendo Matteo) Tu, parola mia d'onore, hai sposato la donna più deficiente della crosta terrestre.
Matteo Prego. Non è deficiente: è suonata. Sarà anche solo una sfumatura ma c'è. Quanto all'averla sposata, cosa vuoi? A chi tocca tocca. (E sbadiglia)
Enrico Raul: se non mi dici subito cos'è successo, sento che muoio d'infarto.
Raul Voleva che le insegnassi a sparare. Sono giorni e giorni che mi fa la testa così. Stamattina mi ha anche seguito, lei che si alza sempre all'alba di mezzogiorno! « E lasciami provare, e lasciami provare! » Insisteva più del solito e io arcistufo l'ho lasciata provare. Vi era a venti metri un coniglio selvatico appiattito contro un cespuglio. Le do il fucile, le dico: « Mira quel coniglio e spara così e così... »
Matteo Ho capito: ha mirato e ha centrato esattamente come ha fatto quando ha conosciuto me. È un fenomeno in queste cose: non sbaglia mai. (A Enrico sbadigliando) Te l'ho detto che non era grave.
Raul Sì, soltanto che tu, non essendo una coniglia gravida e non essendo scappato perdendo sangue e figli, non le hai provocato nessuna crisi isterica.
Enrico Ma si può sapere dov'è adesso?
Raul È scappata urlando. Non l'avete sentita?
Enrico Io, l'ho sentita. Soltanto io. Lui cosa sente quando dorme? Neanche se gli crolla tutto il « castellaccio » addosso.
Matteo Ma tu non l'hai inseguita?
Raul A dire la verità avevo più voglia di spararle dietro ma è chiaro che l'ho inseguita. Correva come una pazzacontinuando a urlare. Non sono riuscito a fermarla e ha passato il confine.
Enrico e
Matteo Cosa?! Come!? (Insieme, gran reazione)
Raul Già. Avrei potuto fermarla proprio solo con una fucilata.
Matteo (Finalmente svegliandosi) E dovevi tirargliela, Cristo!
Enrico Eh sì! Almeno sopra la testa o tra i piedi, con la mira che hai...
Raul Ecco, lo sapevo! Si fa presto a parlare quando non si vivono le cose. Ma a parte il fatto che correva a zig zag come una lepre, vedendola filare verso il confine, la mira che ho come tu dici, era andata a farsi fottere.
Enrico Quello che non si spiega, è come mai ha avuto una crisi isterica. O si è contro la caccia o non lo si è. Se imbracci un fucile e miri un coniglio, vuoi dire che accetti la possibilità di ammazzarlo.
Matteo Bravo; si vede che hai letto Freud. Soltanto dimentichi un paio di particolari importanti. Primo: quel coniglio era una coniglia che stava partorendo. Secondo, e qui sta la soluzione della crisi, mia moglie, prima di essere confinata con noi, era di professione levatrice. Capirai: da un coniglio a una coniglia partoriente, tutto cambia, specialmente per lei.
Enrico Fausta era una levatrice?
Raul Questa è nuova!! Perché non ce lo avete mai detto?
Matteo Forse soltanto perché al castello nessuno ha mai avuto bisogno della sua professione.
Enrico Ecco, un po' di spirito mancava! (Altro tono) Oh badate che qui bisogna agire immediatamente. Che giorno è oggi? Mercoledì. Bene. Deve arrivare l'elicottero. Che ore sono? Merda. Nessuno ha mai orologio in questa stramaledetta tana. (A Raul) Non sei tu che sai regolarti col sole?
Raul Sì, quando c'è. Ma oggi non c'è.
Matteo Si può sapere cosa accidenti vuoi fare con l'elicottero, il sole, gli orologi?
Enrico No ma dico: ti rendi conto che un'affetta dal morto di Aretusa ha varcato il confine? Non credi sia il caso di avvertire chi si deve?
Raul Sentite: sediamoci, calmiamoci e vediamo di esaminare la situazione.
Enrico Ottimo e mentre facciamo tutte queste belle cose: l'elicottero arriva, riparte, ritorna dopodomani, Fausta contagia altre venti persone e qui facciamo l'ammucchiata.
Matteo Che ammucchiata! Dimentichi che le venti persone potrebbero accettare di farsi curare dal nostro Pastore in quella sua clinica che sembra un macello di lusso. Non è da tutti fare la scelta del « castellaccio ».
Raul Dimentichi pure che nell'ultimo messaggio, il nostro Pastore annuncia ottimi risultati sulle cavie trattate con il suo famoso siero.
Enrico Sì ma tutt'e due dimenticate dove io penso che il nostro Pastore dovrebbe mettersi il suo famoso siero. E dunque, prima di tutto: sapere che ore sono. Corro a svegliare Michele che da perfetto orologiaio non perde mai il senso del tempo.
Ratti Michele era già alzato quando sono uscito. Si è fissato con quella pendola trovata nell'altra ala del castello. Dice che in quel punto il tetto è pencolante e la trasportava in camera sua per aggiustarsela. Ho creduto di incontrare il fantasma di Sansone con una colonna del tempio sulle spalle.
Simona (Entrando con uno di quei pacchi che lanciano dagli elicotteri) Vi saluto e vi prego di non muovervi perché ho cose importanti da dirvi. L'elicottero oggi era in forte anticipo. Per fortuna soffro d'insonnia in queste notti ed ero già sul pianoro quando è arrivato. Porto sta roba in cucina e torno. (Esce)
Matteo A questo punto, possiamo sederci, calmarci e vedere di esaminare la situazione.
Enrico Vacca la scalogna bestia!
Raul Sentiamo cos'ha da dirci Simona. È probabile che dall'elicottero abbiano avvistato Fausta e abbiano già provveduto.
Enrico Sì ma se aspettiamo che Simona rimette in ordine tutta la roba come fa di solito, qui vien notte.
Raul Già. (Chiama) Simona!
Simona (Da fuori) Un momento! Sto rimettendo in ordine la roba.
Raul (Esce e rientra tirandosela dietro) Noi Tu non rimetti a posto un accidente. Fuori subito queste cose importanti,
Simona E lasciami! Cosa ti piglia? Mica muore qualcuno no!
Enrico Simona; per favore!
Matteo Ma sì, Cristo, parla!
Simona Perché state tutti così come con l'itterizia? Per Fausta? Rilassatevi. Sta tornando: l'ho vista io dal pianoro delle genziane. Credo si sia calmata. (Sollievo generale)
Matteo Bene. Io me ne torno a letto.
Enrico E io vado subito a prendere la macchina fotografica e la colgo di sorpresa. Deve avere un'espressione interessantissima dopo una crisi simile!
Raul Però è strano che, nello stato in cui era, si sia calmata così, da sola...
Simona Non si è mica calmata da sola. Subito dopo il confine, è andata a sbattere contro un tale che saliva sulla mulattiera. Le ha piantato due di quegli schiaffoni, ragazzi, che li ho sentiti io fin lassù!
Matteo ed
Enrico (Insieme) Come « un tale »! Che tale?
Raul Chi è questo tale?
Simona Che ne so io chi è. È un tale che ha l'aria di essere un giornalista o un rappresentante. Lo vedrete. Sta arrivando con lei. Io vado dì là a rimettere a posto la roba. (Esce)
Enrico (A Raul) Un giorno, quando creperemo tutti per gli effetti del morbo di Aretusa, questa tua moglie sarà la sola a resistere, perché niente sembra mai toccarla e se ne andrà per il mondo ad annunciare la nostra morte: imperterrita, come un maggiordomo inglese che annuncia gli ospiti in una serata di gran gala, battendo il bastone per terra.
Raul Perché sei sempre così pessimista? Non è detto che moriremo per gli effetti del morbo.
Enrico Infatti ho detto che « creperemo ».
Matteo Così sia. In anticipo: pace all'anima nostra. Io me ne torno a dormire. Vi lascio l'incarico di informare il paladino di mia moglie su tutto quanto lo aspetta e caso mai la crisi isterica venisse a lui; chiamatemi pure: per riconoscenza, toccherebbe a me rendergli gli schiaffoni. (Esce stirandosi e sbadigliando)
Enrico Senti Raul: informalo tu, in fondo, sei il più adatto di noi... Io, vado per foto. La luce mi sembra molto favorevole questa mattina...
Raul Oh favorevolissima! Sta per piovere, tira un vento maledetto e la luce è tutto, salvo che favorevole. Ma ti dirò che anch'io preferisco andar di là a dare una mano a Michele. Abbiamo estremamente bisogno di una pendola al « castellaccio »... (Escono parlando)
Alfeo (Entrando dopo qualche minuto) Permesso. C'è nessuno?
Simona (Comparendo) Eccolo qui quello degli schiaffoni! (Gli stringe energicamente la mano) Bravo! Due schiaffoni così, guardi, incarnano tutta la vendetta del sesso forte oppresso per anni dal femminismo. Io, pur essendo femminista, ammiro sportivamente gesti spontanei di questo tipo, anche se vengono dalla parte avversaria.
Alfeo Lei mi lusinga, signora.
Simona Dio come parla pulito! No senta: qui lei dovrà abituarsi altrimenti a cominciare dal linguaggio. Ma procediamo con ordine. Si sieda.
Alfeo Grazie. (Siede)
Simona Lei è cardiaco?
Alfeo No, che io sappia.
Simona Bene: speriamo che sappia giusto. Vuoi bere qualcosa mentre le racconto una storiella?
Alfeo Magari.
Simona Per esempio qualcosa di molto forte come un buon cognac?
Alfeo Di mattino?
Simona Già. Ma sa: mattino, sera, notte, pomeriggio, qui è tutt'uno.
Alfeo Mi racconti la storiella poi sceglieremo cosa bere,
Simona Dunque: tanto tanto tempo fa, quando furono inventate tutte le malattie, il Male se ne scordò una. Si chiamava Aretusa ed era una malattia infettiva. Aretusa però, non fece tutto il casino della fata malefica non invitata al battesimo della principessina. Aretusa accettò dignitosamente il suo ruolo di malattia dimenticata e, al famoso Congresso mondiale che si svolse fra il Male e i medici, intervenne solo un attimo per dire: « Signori scienziati, medici e compagnia bella: favorita dal fatto che mi avete dimenticata, non mi scoprirete mai. Pochissimi saranno gli esseri che colpirò, ma voi non li guarirete mai, né riuscirete mai nemmeno a prevedere gli effetti finali del morbo di Aretusa. I colpiti possono morire pazzi, impotenti, sterili, sordi o ciechi: non ne saprete mai nulla e non mi vincerete mai, finché io stessa morirò. » Detto questo sparì.
Alfeo Interessante!
Simona Vero? Ma attento che ora entriamo nel vivo della storia. Cammina cammina, Aretusa incontrò uno scienziato famoso chiamato Pastore.
Alfeo Pasteur.
Simona No no. Che Pasteur d'Egitto! Pastore. Dottor Biagio Pastore. Aretusa si disse: « Ecco il mio pollo: medico bravissimo ma pieno di sé quasi quanto pieno di soldi. Aspetta aspetta, caro il mio padreterno » e in quel suo regno ne colpì un centinaio. Figurarsi il povero Pastore! Il suo primo pensiero fu: «Grana in vista! » e subito fece costruire nei pressi della sua clinica un grande padiglione per i colpiti, una costruzione molto carina che, anche architettonicamente, potrebbe ricordare un bell'incrocio fra delle sale da ballo e delle camere mortuarie. Per farla breve, nel giro di un anno, metà dei colpiti morirono nei più strani e misteriosi modi. Il nostro Pastore si impegnò in una lotta corpo a corpo con Aretusa, proprio come quel famoso capitano con la balena nera.
Alfeo Bianca.
Simona Già. Bianca. (Un tempo) Dov'ero rimasta?
Alfeo In alto mare direi.
Simona La mia storia l'annoia?
Alfeo Affatto. Sono ansioso di conoscerne la conclusione.
Simona Eccola: a questo punto lo stato, sempre estremamente generoso e sensibile ai casi del genere e considerati soprattutto gli insuccessi del nostro Pastore, mise a disposizione dei colpiti una zona isolata dominata da un grande castello. Una scelta insomma: o la clinica o il castello. In questo castello, i colpiti dal morbo di Aretusa rischiano spesso di essere colpiti da una parete che crolla improvvisamente o da qualche statua che cade, avanti, indietro o dall'alto ma a parte questo vivono comodamente e in santa pace. L'elicottero dello stato arriva ogni due giorni e li rifornisce di tutto ciò che chiedono. Fine della storia. Epilogo: Noi abbiamo scelto il castello. Lei cosa sceglie?
Alfeo Posso a mia volta raccontarle una storia?
Simona Prego.
Alfeo C'era una volta, non tanto tempo fa, un uomo che da quando nacque non gliene andò mai bene una. Le sue sventure cominciano con l'orfanotrofio e finiscono con un matrimonio tremendamente fallito. Bisogna sapere che quest'uomo abitava vicino a una strada ferrata. Tutte le notti sentiva passare il diretto delle due e diciotto. Divenne un incubo. Una notte, verso le due, si alzò, si vestì e scese a stendersi tra i binarii. Ma quella notte il diretto non passò perché circa sei chilometri prima aveva deragliato facendo un mucchio di morti. Appena lo seppe, l'uomo cominciò a ridere. Le prime notizie annunciavano una ventina di morti poi aumentavano: trentacinque, settantadue e più aumentavano più l'uomo rideva. Quando ne annunciarono un centinaio, l'uomo era ormai piegato in due dal gran ridere. Lo internarono e gli fecero una cura. A questo punto le nostre storie si incrociano poiché quell'uomo, interessato dalla gran polemica della stampa sui colpiti dal morbo di Aretusa, decise di andare a vivere con loro. Cammina cammina, finalmente ecco il « castellaccio ». Ebbe un attimo di esitazione del tutto simile a quello che ebbe prima di stendersi tra i binari. Fu in quel preciso momento che vide venirsi incontro giù per la mulattiera, una donna che urlava come una pazza.
Simona Grazie. Conosco il resto della storia, tranne che fine ha fatto quella donna che avrebbe dovuto arrivare con quell'uomo.
Alfeo È andata a cercare una coniglia. Ha detto all'uomo: « Vada al castello e dica come mi ha incontrata. Là le spiegheranno tutto».
Santina (Entra zoppicando e con una cesta ricolma di verdure) Porco d'un cane! L'orto è pieno di lumaconi anche quest'anno! Simona: prossimo elicottero ricordami di chiedere un prodotto contro i lumaconi ma che sia assolutamente biologico.
Simona Santina, te lo abbiamo già detto tutti: esiste un solo prodotto biologico contro i lumaconi, l'umido, cucinarli in umido. Io vado a finire di riordinare la roba. Ti lascio con questo signore. È un nuovo arrivato. (Esce)
Santina Mi scusi. Non l'avevo vista. Da qualche tempo, non basta il piede che mi diventa ogni giorno più piccolo, ma anche la vista mi si abbassa. Sa: sono ormai gli effetti del morbo. Comunque, sempre meglio che sorda come Michele che non sente neanche più un pugno in testa o toccata nel cervello come le due castellane. Lei ha già viste le due castellane?
Alfeo Non ho ancora avuto questo piacere.
Santina Piacere?! Sì vede proprio che lo chiama piacere perché non le ha ancora viste! Ma le lascio la sorpresa. Dica un po': le piace la verdura?
Alfeo Molto.
Santina Che bravo! Diventeremo amici.
Alfeo Lo spero,
Santina E dica un po' un'altra cosa: lei ha già gli effetti del morbo?
Alfeo Eh sì.
Santina Ah sì? E da quando?
Alfeo Da qualche minuto.
Santina Non mi dica! E quali sono questi effetti?
Alfeo Le rotture.
Santina Di vasi sanguigni?
Alfeo No: di scatole.
Fausta (Che da un attimo è comparsa senza che i due se ne siano accorti) Benissimo. Non solo i ceffoni sono efficaci, ma anche lo spirito!
Santina Dio santo, m'hai fatto paura! Che ceffoni? Stai diventando matta anche tu? Questo signore è appena arrivato. Gli piace la verdura. Te lo presento: signor...
Fausta Non t'incomodare. Ci siamo già presentati. Senti piuttosto: puoi darmi subito quella cesta? Santina Se aspetti, vado in cucina a vuotarla.
Fausta No. È urgente. (Gliela toglie di mano e vuota la verdura sul tavolo)
Santina Ma cosa vuoi farne?
Fausta Hai del fieno o della paglia?
Santina E sì: ma nel pollaio...
Fausta Devo metterci una coniglia con otto figli o forse nove! (Esce)
Santina Giuro che è diventata matta anche lei.
Michele (Entra asciugandosi la fronte) Se non mi calmo, quant'è vero Iddio, le tiro quattro martellate a quella bastarda!
Santina Eccone qua un altro. (Urla) Martellate a chi?
Michele Macché qui! Perché dovrei tirare martellate qui? Dico alla pendola: altre tre ore di lavoro inutile. E non urlare che non sono
sordo.
Santina (Ad Alfeo) Glielo lascio e buon divertimento. (Raccoglie tutta la verdura nel grembiale. A Michele gridando) A questo signore piace la verdura. Impara! (Esce)
Michele Va all'Inferno! (Ad Alfeo) Lei è fresco di verdura? No: guardi cosa mi fa dire quella Befana! Volevo dire: fresco del posto?
Alfeo Sì…
Michele Ecco: starà fresco per un pezzo! Bella scelta il « castellaccio ». Una banda di svitati come non se li immagina. Modestamente, io sono il solo ad avere la testa a posto. Sordo ma equilibrato.
Alfeo Si vede.
Michele Certo che si beve. Si beve sempre qui. È il nostro unico svago. Lo stato ci rifornisce di tutto ciò che vogliamo. (Apre un mobiletto) Cynar, Punt & Mes, Campari, Vermuth e altro. Cosa vuole?
Alfeo Avete magari un Aperol?
Michele Sì ma in farmacia. (Chiama) Santina! Porta il Carmol per il signore.
Santina (Ricomparendo) Cosa?!
Michele Il Carmol. Sei sorda? Io mi ci friziono quando ho i reumatismi ma so che vi è gente che lo beve e il signore desidera berlo. « Gustis non discutaribus. »
Alfeo (Mentre Michele si gira per parlare a Santina le fa segno di no e questa se ne va con l'aria di non capir nulla)
Michele Lei è per caso orologiaio?
Alfeo No.
Michele Bel mestiere sa. Glielo insegnerò. Gli orologiai sono i padroni del tempo. Naturalmente ci vuole una gran pazienza e io purtroppo sto invecchiando. Me ne sono accorto poco fa, quando per poco non prendo a calci quella puttana. Pensi che ha tutto, dico bene tutto per funzionare: ho ricontrollato, ripulito e oleato pezzo per pezzo. Niente! Mi guarda immobile e muta come per prendermi in giro. Tra l'altro, le dico: una pendola d'una fattura che non importa quale Luigi di Francia si sarebbe lasciato tagliare non solo la testa pur di averla.
(Entrano le due castellane e il maggiordomo. Le due donne in abiti lunghi: indifferente l'epoca purché ricordino una nobiltà decaduta. L'uomo invece può essere vestito come un maggiordomo inglese oppure come un valletto, dipende dal tipo e da come recita. La contessa Caterina parla con un forte accento napoletano, la contessa Margherita con accento francese)
Michele Vede? Non si può fare nemmeno un accenno casuale alla nobiltà, che subito appare! (S'inchina e bacia la mano prima a Caterina poi a Margherita) Contesse carissime buongiorno. Spero che la notte vi sia stata propizia per i migliori sogni. Vi presento il nuovo arrivato: gli piace la verdura, non fa l'orologiaio e beve Carmol. Lo raccomando alla vostra ospitalità sempre squisita. Io purtroppo son costretto a lasciarvi ma spero di avere al più presto il piacere di rivedervi. (Torna a baciare le mani delle contesse, si gira e dice fra i denti) Andate affanculo! (Uscendo dà una gran manata nella schiena al maggiordomo) Ciao vecchio porco! (Esce)
Caterina (Porgendo da baciare la mano ad Alfeo) Siate benvenuto al castello, signore!
Alfeo Grazie.
Margherita (Offrendo la mano) Vogliate scusare i modi piuttosto borghesi del nostro orologiaio.
Alfeo Non si preoccupi.
Caterina Qualcuno si è già dato la pena di mostrarvi le vostre camere?
Alfeo Veramente io ho l'abitudine di dormire in una sola.
Margherita La contessa Caterina intende camere comunicanti: una per dormire, l'altra per consumare i vostri pasti, leggere, fumare, sentir musica.
Alfeo Vi dirò; io adoro mangiare in compagnia, leggo solo a letto, fumo solo alla vigilia di Natale e ascolto musica quando capita per caso.
Caterina Oh siete un tipo che ha l'aria di essere tutto adorabile. Vero contessa Margherita?
Margherita Verissimo contessa Caterina e io aggiungerei che dev'essere anche un tipo originale. Insomma: tutte le qualità di cui sono sprovvisti gli ospiti del castello.
Alfeo Le signore mi confondono.
Caterina Finalmente un ospite che ci farà sentire a nostro agio!
Margherita E dunque io penso di interpretare anche la volontà della contessa Caterina, proponendovi di venire ad abitare nella nostra ala: l'ala destra del castello.
Caterina Mi avete letteralmente letto nel pensiero cara contessa Margherita!
Caterina Anselmo, il nostro maggiordomo che qui vedete: scopa, spolvera, tiene le stanze in un ordine perfetto ed è anche un ottimo cuoco.
Anselmo (Inchinandosi) Troppo buona contessa. Modestamente, io scopo eccetera, è vero, ma quanto all'arte culinaria non bisogna esagerare.
Margherita Dunque è deciso: venite ad abitare nella nostra ala.
Caterina Certo che è deciso. Anselmo.
Anselmo Dite contessa.
Caterina Quali stanze sono disponibili nell'ala destra?
Anselmo (Colpetto di tosse) Dunque... vediamo un po'...
Margherita Forse la stanza di Guglielmo secondo?
Caterina Sì: è gran tempo che non la si apre, ma arieggiandola e ripulendola un po', potrebbe andare benissimo.
Anselmo Faccio umilmente osservare alle contesse, che non si apre dal tempo in cui la statua di Guglielmo secondo è franata proprio davanti alla porta. Non vi è altra entrata: per sfondare quella porta e spostare la statua ci vogliono i carri armati.
Margherita Che ne direste, Anselmo, della camera Verde?
Anselmo La contessa Margherita mi scusi la franchezza? ci piove. Poco, ma ci piove decisamente.
Caterina Ho trovato! La camera dei Topazi. Non mi direte, Anselmo, che la camera dei Topazi non è perfetta.
Anselmo Perfettissima contessa. Vi è soltanto un leggero inconveniente...
Caterina E quale?
Anselmo Ci dormo io.
Margherita Voi!? Ma voi potreste benissimo andare a dormire in biblioteca. Vi è un' «agrippina » comodissima!
Anselmo Già. Vi sono anche i topi ma cerchérò di farmeli tutti amici e se non vi riesco li avvelenerò.
Caterina Dunque siamo intesi: camera dei Topazi, ala destra del castello.
Fausta (Entrando sull'ultima battuta) Scommetto che le contesse si sono già accaparrato il nuovo ospite.
Margherita Signora: scegliete sempre male i vostri termini.
Caterina Malissimo: dite bene contessa Margherita. (A Fausta seccamente) Il nuovo ospite ha cortesemente accettato di venire a stabilirsi nella nostra ala.
Fausta Sotto le ali protettrici delle signorie vostre. Va bene così?
(Ad Alfeo che in tutto questo tempo ha aperto il mobiletto e si è servito abbondantemente di Aperol e di salatini)
Fausta Lei ha detto alle contesse di essere sonnambulo?
(Le contesse hanno un sobbalzo di spavento)
Alfeo Io sono sonnambulo?!
Fausta Non si ricorda di avermelo detto? (Queste domande vanno fatte con la massima disinvoltura mentre sgranocchia lei pure dei salatini)
Alfeo Veramente... (comprendendo a un tratto) Ah già è vero, che testa! Sono sonnambulo: sonnambulissimo.
Fausta E nelle notti di plenilunio, diventa anche un sonnambulo maniaco di incarnare i fantasmi. Strappa le lenzuola dal letto, se le mette addosso e gira per casa così. (Gira attorno alle contesse che si stringono l'una all'altra terrorizzate, miniando la scena della sonnambula: occhi chiusi e braccia avanti)
Anselmo (Trionfante) Scusino se mi permetto: Io l'avrei giurato. Si capisce a volo che il signore è sonnambulo.
Alfeo Ah sì? E da che cosa si capisce, se è lecito?
Anselmo Dalla faccia. Ha una faccia... come dire? Ha una faccia che assomiglia proprio tutta a quella di Bellini.
Fausta E dunque concludendo, visto che le contesse insistono tanto: camera dei Topazi per il signore.
Caterina Noi non insistiamo assolutamente. Anzi, ora che mi ricordo, nella camera dei Topazi ci dorme già Anselmo...
Margherita ... che non può stabilirsi in biblioteca come si era detto perché l'« agrippina », ora che mi ricordo, da qualche tempo è scomparsa.
Anselmo (Fra i denti) Infatti, devono essersela mangiata tutta i topi.
Alfeo Non è importante. Io dormo dappertutto. Anche nel pollaio.
Caterina (Offrendogli la mano) Sono spiacentissima per la camera, ma non rinunceremo al piacere di avervi per il nostro tè delle cinque.
Margherita (Mano da baciare) Manderemo Anselmo a prendervi: vi indicherà la strada perché il castello è talmente grande che se non si conosce è facile perdersi o cadere in qualche trabocchetto.
Alfeo Va bene. Arrivederci.
(Le contesse escono con Anselmo in coda)
Fausta (Offrendo la mano da baciare ad Alfeo) Grazie, mio principe, per quei tremendi schiaffoni che per poco non mi hanno staccato la testa.
(Entra Santina con un gran cavolo sotto il braccio e resta esterrefatta a guardare i due)
Alfeo (Inchinandosi e stando al giuoco) Prego, principessa. Sarebbe stato un vero piacere per me andare alla ricerca della vostra testa adorabile e riportarvela su di un piatto d'argento.
Fausta (Ridendo) Che bello! Adoro le storie deformate: sbattere in aria i miti, la Bibbia, tutto. E saper sempre ridere di se stessi. Molto importante!
Santina Dio che colpo! Ho creduto che facevate sul serio. Non ce ne sarebbero mancati che altri due col cervello toccato a quella maniera! Giuro che avrei scelto seduta stante la clinica di Biagio Pastore.
Fausta Cosa fai con quel cavolo sotto il braccio?
Santina Niente. Volevo chiedere al signore se gli piacciono ripieni. Vi è molta gente che non può sopportare i cavoli.
Alfeo Signora...
Santina Signorina, ma mi chiami pure Santina, come tutti.
Alfeo Ecco, Santina, lei non mi crederà, ma io sopporto tutto, mangio dì tutto e insomma ci terrei che nessuno mi desse importanza. Voi dovete continuare a vivere come se io non esistessi.
Santina Va bene. Cavoli ripieni. (Esce)
Alfeo Buona trovata quella del sonnambulo. Come le è venuta in mente?
Fausta Si fa quel che si può per salvare i nuovi arrivati da quelle due.
Alfeo Come sta la coniglia?
Fausta Uh a proposito! Bisogna che le trovi una gabbia al più presto possibile.
Enrico (Facendo capolino) Se ne è andata la nobiltà? Allora entro. (Ha la macchina fotografica a tracolla)
Raul (Seguendolo) Ecco la nostra cara Diana cacciatrice!
Fausta Ecco il nostro caro rompiballe cacciatore! Spero non avrai raccontato la storia a Matteo, altrimenti la rottura sarà doppia e per giunta coniugale.
Enrico Lui gliel'ha raccontata ma sono io che ho strappato Matteo fuori dal letto. O tu pensi di poter tirare schioppettate all'alba e metterti a urlare in seguito come urlavi, senza che nessuno si allarmi?
Fausta (Indicando Alfeo) Questo signore, per esempio, non sì è allarma to.
Enrico Bel ragionamento! Ma questo signore... a proposito di questo signore... gli hai detto che.. .
Fausta Ah no! Io non gli ho detto proprio nulla.
Enrico E dunque nessuno gli ha ancora spiegato che... che... Senti Raul facciamo così: tu gli spieghi e io gli faccio le foto.
Raul Senta signore. Io sono cacciatore e vado per le spicce. Questa mattina, quando lei saliva e Fausta scendeva sulla mulattiera urlando... si ricorda no? ecco: è perché... perché aveva appena sparato a una coniglia. Lo sapeva lei questo?
Alfeo Certo. So perfino che è una coniglia con otto figli o forse nove.
Fausta Nove nove. Ma mi occorre una gabbia. Per ora non scappa perché l'ho ferita leggermente a una zampina, ma tra qualche giorno, se non ha una gabbia, chi s'è visto s'è visto. Chi di voi sa costruirmi al più presto una bella gabbia grande grande?
Enrico Adesso lascia stare le gabbie e fai continuare a Raul.
Raul (Ad Alfeo) Cosa le stavo dicendo?
Alfeo Che la signora ha sparato a una coniglia.
Raul Con nove figli. Già. ma questo non c'entra con quello che le devo dire. Ecco: lei deve sapere che noi... cioè che lei... insomma che noi tutti... siamo... siamo ormai come una grande famiglia. Capisce?
Alfeo No.
Raul Mi spiegherò meglio. Voglio dire che siamo ormai come una grande famiglia legati... legati, ecco il punto, legati indissolubilmente gli uni agli altri nella buona e nella cattiva sorte... Comincio a rendere l'idea?
Alfeo No.
Fausta Raul: tu sarai un gran cacciatore ma in quanto a spiegare le situazioni scabrose non vali una cicca matta. (Ad Alfeo, decisa) Lei ha già sentito parlare di Aretusa?
Alfeo Aretusa, la ninfa?
Fausta Quale ninfa?!
Alfeo La ninfa che per sottrarsi all'amore del dio Alfeo fu mutata in fonte da Artemide.
Enrico Si chiamava Aretusa?
Alfeo Già.
Raul Questa poi!
Fausta No ma io credo che non stiamo parlando della stessa persona. Cioè... della stessa cosa. Aretusa, quella che noi intendiamo, non ha niente a che vedere con la mitologia. È un morbo.
Alfeo Ho capito.
(Lunga pausa imbarazzatissima da parte dei tre, mentre Alfeo continua a bere perfettamente a suo agio)
Enrico Beh, chi è che continua adesso?
Raul Io e stavolta sparo tutto in un colpo. (Ad Alfeo solennemente) Signore: lei è irrimediabilmente ormai affetto da questo morbo.
Matteo (Entra sempre in pigiama stirandosi e sbadigliando) Cos'è sta puzza di cavoli? Non vi è niente di più sgradevole che esser svegliati dai cattivi odori.
Fausta (Ad Alfeo) Le presento mio marito. In generale dorme. Si consideri quindi fortunato di trovarlo sveglio.
Matteo Che discorsi! Sempre tutti ad attaccarmi perché adoro dormire. Cosa volete che faccia in questo fottuto castello? Non mi sento nobile come quelle due sceme, ne ho la stoffa del maggiordomo come quel faccia di merda, non sono orologiaio, non ho predisposizioni né per la caccia ne per la fotografia e cosa volete che faccia? Se non dormissi, sarei costretto a tirarmi un colpo.
Raul « Costretto costretto »... Se è solo per il colpo, gli amici servono pure a qualcosa: non hai che da dirmelo...
Matteo A proposito di colpi: devo aver sognato di schioppettate e che qualcuno urlava... una donna, mi sembra... forse tu Fausta... ma, non riesco a ricordare! A chi dicevi di presentarmi?
Enrico (A Raul) Tu quando aspetti a tirargli questo colpo?
Fausta Ascoltami bene Matteo: questo signore... scusi, non conosciamo ancora il suo nome.
Alfeo Alfeo.
Fausta Ecco, Alfeo... (si ferma di colpo) Come ha detto?
Alfeo Alfeo.
Enrico Alfeo come... come quel dio innamorato della ninfa che diceva poco fa?
Alfeo Precisamente.
Raul ...la ninfa Aretusa che fu trasformata in fonte da Artemide?
Alfeo Esatto. (I tre si guardano perplessi)
Fausta Scusi, ma lei, cosa diavolo faceva stamattina all'alba nelle vicinanze del castello?
Michele (Irrompendo fuor di sé dalla gioia) Sono riuscito! Sono riuscito! Ah come sono contento! Oh che sollievo! Finalmente! Oh che sollievo!
Tutti (salvo Alfeo, stringendolo attorno) La pendola?! Funziona? Bravo! Complimenti! Possiamo vederla?
Michele Sì sì ce l'ho proprio fatta; quattro calci e una martellata, così non ci penso più, a quella vacca!
Santina (Entrando) I cavoli sono pronti ma vi fa niente se mangiamo in cucina perché...
Enrico (Con un balzo improvviso, schiena al pubblico, macchina in posizione di scatto) Fermi tutti per amor di Dio! Una foto così, con un po' di fortuna, facciamo epoca!
(Restano tutti immobili nella loro posizione per un lungo istante. Buio)
SECONDO TEMPO
Stessa scena. Buio. Santina e Anselmo entrano portando dei candelabri che illumineranno improvvisamente tutti i personaggi seduti attorno alla tavola per una seduta spiritica, Caterina e Alfeo dovranno essere seduti accanto e saranno i soli a dar le spalle al pubblico. Caterina farà da medium.
Caterina (Avrà persa tutta la sua aria nobile) Senti, spirito della malora: o ci sei o non ci sei. Siam qui da tre ore a pregarti di farti sentire! Ma chi ti credi di essere? Se non vuoi manifestarti, va all'Inferno.
(Si sente un gran colpo e tutti sobbalzano. Ma è solo Anselmo che, nell'uscire, è inciampato e caduto)
Santina (Aiutandolo a rialzarsi) Ti sei fatto male?
Anselmo No. Per fortuna avevo già posato il candelabro.
Santina E puoi dirlo « per fortuna! » Non ci sarebbe mancato che l'incendio in questo castello!
Caterina Dico: voi due! O prendete parte alla seduta o ve ne andate.
Anselmo Ce ne andiamo, contessa, ce ne andiamo.
Santina Sì sì: noi ce ne andiamo in cucina a giocare a dama. (Escono)
Caterina Dunque... ho perso il filo...
Raul Stavate incazzandovi con lo spirito, contessa.
Caterina Grazie. Silenzio prego e concentrazione. (Lunga pausa) Ecco... ecco che arriva! Eccolo finalmente! Sì sì... arriva... Mi sento... mi sento trasportata... Non sono più io... (Cambia completamente voce, smettendo l'accento napoletano) Ma a voi che cosa ve ne frega di sapere chi sono? Sono lo spirito di chi voglio. Sono uno spirito indipendente al quale state rompendo l'anima da tre ore. Vi chiedo io chi siete? Non ve lo dico chi sono e all'Inferno andateci voi, banda di imbecilli!
Michele (A Raul) Si può sapere cosa cazzo dice?
Raul Spirito indipendente: ti dispiace parlate più forte? Perché qui, se dovrò tradurre, alla fine rimarrò senza voce.
Caterina Parlo come voglio. E l'orologiaio la pianti di fare il pagliaccio fingendosi sordo! Non è sordo affatto ma a forza di farlo, di isolarsi e immalinconirsi sta diventando catatonico.
Michele Sto diventando cata... cosa!?
Caterina Ca-ta-to-ni-co: vuol dire che avrai delle crisi di immobilità muscolari anche mimiche e tutti ti crederanno morto.
Michele Senti, spirito del malaugurio: occupati dei tuoi fottuti affari e non più dei miei.
Caterina E tu vattene da questa assemblea.
Michele Neanche per sogno. Sto prendendomi una cotta della tua voce angelica.
Caterina Basta adesso! Sta' zitto o ti porto fuori a calci nel sedere, A questo tavolo, già vi è un altro peso morto o spirito contrario che mi fa fare una fatica boia...
(Nella pausa che segue si sente un leggero russare)
Fausta (Scuotendo Matteo, sempre in pigiama, che si è addormentato sul tavolo) Matteo... svegliati... svegliati!
Matteo Che svegliati! Mi sto concentrando!
Fausta Sì e sei talmente concentrato che russi come un porco.
Matteo Tu sogni!
Fausta E bravo! Ora sta a vedere che chi dorme sono io.
Caterina Matteo.
Matteo Eh, sono qui!
Caterina Lo so che sei lì, ma sei lì solo col corpo e mi disturbi. Vai a letto.
Matteo Mi sono alzato un'ora fa.
Caterina Tornaci.
Matteo Se proprio insisti...
Caterina Non insisto: ti consiglio. Ma chiediti una buona volta perché non fai altro che dormire
Matteo Sono gli effetti del morbo.
Caterina Non raccontar balle. Tu non hai ancora nessun effetto del morbo.
Matteo Ah no?
Caterina No.
Matteo E tu come fai a saperlo?
Caterina Io so tutto.
Matteo E allora, secondo te, perché continuo a dormire?
Caterina Perché hai paura: una fifa stramaledetta.
Matteo Io?! Mai avuto fifa in vita mia. E poi di cosa dovrei aver paura?
Caterina Tu hai paura di tutto. Del morbo, di tua moglie, dei tuoi amici, della vita e della morte e scappi dormendo. Vi è gente che per scappare alle paure, mangia o diventa aggressiva o va al cinema, tu: dormi.
Matteo (Si alza) Grazie per l'analisi. Se vuoi mandarmi il conto a casa conosci l'indirizzo.
Caterina Lo spirito non ti si addice.
Matteo Il tuo, in ogni caso, no!
Michele (Alzandosi) E siamo in due. Matteo: hai ancora di quel famoso Bourgogne in camera tua?
Matteo Credo di sì...
Michele Vengo a tenerti compagnia.
Matteo Va bene, ma se per caso mi addormento...
Michele Non ti preoccupare: finirò da solo il Bourgogne.
(Escono)
(Pausa)
Margherita Spirito indipendente: posso farti una domanda?
Caterina Fammela.
Margherita Vorrei sapere se la persona alla quale penso mi ama sempre.
Caterina Per chi mi prendi? Per una margherita? Tu lo ami sempre?
Margherita Oh sì, sempre e sempre tanto!
Caterina E non ti basta? (Un tempo) Enrico.
Enrico Dici a me?
Caterina Già. Non vi sono altri Enrichi qui, che io sappia. Perché stai pensando che la contessa Margherita è scema? Non è scema: è innamorata. E se è scema lei, sei scemo anche tu.
Enrico Io non ho pensato che è scema perché è innamorata: ho pensato che è scema a far certe domande.
Margherita Voi uomini non avete mai capito e non capirete mai niente dell'amore.
Enrico Giusto contessa: a cominciare da quando abbiamo mangiato il pomo.
Margherita Il pomo e tutto da ridiscutere. Potevate, benissimo resistere. Lo avete mangiato perché siete dei deboli per natura.
Enrico Di bene in meglio contessa: voi invece, le Eve, ce lo avete offerto perché siete la forza stessa della resistenza.
Caterina I vostri dibattiti sulla genesi andate a farli altrove. Vi è una splendida luna questa notte e il vento è caduto. Fatevi una bella passeggiata. (Pausa) Cosa aspettate? Ho detto a voi: Enrico e Margherita. Piantatela di amarvi in silenzio come due adolescenti del Medio Evo. Siamo nel duemila! Fuori dai piedi.
(I due si alzano lentamente guardandosi come affascinati ed escono tenendosi per mano)
Caterina Se qualcuno ha altre domande si sbrighi perché il corpo di questa contessa falsa, vera o quello che è, comincia a darmi la clau-strofobia e me ne voglio uscire. (Un tempo) Fausta: sei tu che piangi?
Fausta No...
Caterina Come no! Stai piangendo che sembri una vite tagliata.
Fausta Piango perché... perché Enrico e Margherita mi hanno commossa...
Caterina Già, Ma questa è soltanto la ragione apparente. Il tuo pianto ha altre radici.
Simona Spirito indipendente: grazie per il tuo intervento. Hai detto che vuoi andartene: tanti saluti. Nessuno più ti trattiene,
Caterina Simona: di che hai paura?
Simona Ah no! Con me niente giuoco della verità perché ti avverto che sono più forte di te.
Caterina Simona: di che hai paura?
Simona Non ho paura per me. Dovresti saperlo, tu che sai tutto. Ho paura per quelli che non sopportano di sentirsi dire la verità.
Fausta Dici per me?
Raul È per me che lo dici? (insieme)
Simona Ma no. Dico per me.
Fausta Quale verità?
Raul Appunto. Di quale verità stai parlando?
Simona (Li guarda un attimo sfidandoli) Della mia. State tranquilli. Nessuno la scopre, la vostra verità. Parlavo della mia. State tranquilli.
Fausta Simona: tu puoi anche non credermi, ma io ti voglio molto molto bene...
Simona Scusa: perché non dovrei crederti e perché questa improvvisa dichiarazione d'amore?
Caterina Attenta Fausta: ti stai insabbiando.
Fausta Io... io... non ne posso più!
Caterina Appunto. È la testa sotto la sabbia che ti soffoca. Sollevala e guarda la realtà in faccia.
Fausta Mi sento incapace di qualsiasi cosa. Mi sento come tirata da tutte le parti e mi lascio andare... mi sento andare alla deriva…
Caterina Tu puoi fate molto, ad esempio, per tuo marito. Scuotilo. Aiutalo a superare le sue paure.
Fausta Dorme sempre... hai ben visto...
Caterina Sveglialo! Saltagli addosso, violentalo! Ti sto dicendo anche fisicamente: lo puoi fare e lo devi fare! Aiuterà te e lui.
Fausta Non lo amo più.
Caterina Non è vero. È come un fuoco che non hai alimentato da troppo tempo: lo credi spento ma la cenere è ancora calda e basterà poco per farlo divampare di nuovo.
Fausta Mi ci proverò.
Caterina Provaci subito. Sbatti fuori l'orologiaio e se non vuole andarsene tiragli il Bourgogne in testa.
Fausta (Alzandosi) Va bene.
Caterina E via quell'aria rassegnata. Hai tanta di quell'energia tu! Vai e impiegala bene. (Fausta esce)
(Durante la scena seguente, Caterina piano piano abbandonerà la testa sul tavolo)
Raul (A Simona) Di quale verità parlavi tu, prima?
Simona Della mia.
Raul Questo l'ho capito. Quello che non ho capito è perché l'hai tirata in ballo senza specificarla.
Simona Raul: cosa vuoi sapere?
Raul Non lo so. Forse niente. Forse tutto. Quando si ama mi sembra logico.
Simona Vi siete passati la parola per farmi le dichiarazioni d'amore, questa notte? Anch'io ti amo Raul. Molto! Ma vedi caro: amo anche lui.
Raul Lui?! Lui chi?
Simona Alfeo. Dal primo momento che ci siamo visti. Il classico colpo di fulmine. (Pausa)
Raul Simona; perché me lo hai detto?
Simona Per farti capire che non capita solo a te o a Fausta. Per farti capire che è umano e che può capitare a tutti.
Raul Ma tu... come mai? Tu così...
Simona Integra, fedele, al disopra di ogni sospetto? Nessuno è invulnerabile nei sentimenti. Da secoli ci siamo purtroppo abituati a considerare il coniuge come una proprietà privata: è falso e inumano.
Raul All'inizio noi eravamo convinti che esistesse una fedeltà istintiva e una fedeltà ragionata: ci siamo sposati in questo preciso spirito. Non lo puoi negare.
Simona Non Io nego. Ma all'inizio era solo la teoria, mentre lo svolgersi della pratica ti presenta tutto un altro lato della realtà. Come vedi è successo anche a te.
Raul Il mio non è stato un colpo di fulmine!
Simona Cos'è che ti fa impressione? Il lampo o il tuono? Non cambia niente. È solo una questione di forma.
Raul Non è vero! La mia storia con Fausta è tutta particolare e non ha niente a che vedere con il mio amore per te.
Simona Io ti credo. Ma sei tu che non vuoi capire che la mia storia con Alfeo è tutta particolare e non ha niente a che vedere con il mio amore per te.
Raul Eh no cara; Fausta ha delle attenuanti che tu non hai!
Simona Sarebbero?
Raul Per cominciare, un marito eternamente in letargo.
Simona E le tue attenuanti quali sono?
Raul E le tue?
Simona Le mie? Ma io non credo nelle attenuanti. Non esistono, per me, le attenuanti. Sei tu che le vai cercando. Io accetto la realtà così com'è,
Raul Fausta è la più ossessionata di tutti dall'idea del morbo.
Simona È un'altra attenuante?
Raul È una verità.
Simona Qui tutti io siamo ossessionati. Mentre per i comuni mortali, la morte resta sempre soltanto un fantasma, per noi è una presenza reale che tocchiamo minuto per minuto.
Raul Fausta ha già tentato due volte di suicidarsi. Anche quella volta, la storia della coniglia, era vera solo in parte.
(Alfeo, seduto immobile fino a questo momento di fianco a Caterina, comincerà a scuoterla toccandole una spalla e a chiamarla da prima piano, poi sempre più forte)
Alfeo Contessa Caterina... contessa Caterina...
(si alzerà e le solleverà la testa che ricadrà sul tavolo)
Contessa Caterina...
(Di nuovo le prenderà la testa tra le mani sollevandole una palpebra. Starà un lungo attimo così a guardarla e le rimetterà dolcemente la testa sul tavolo. Al pubblico)
È morta.
(Insieme Raul e Simona si alzeranno. Andranno a prendere un candelabro ciascuno. Si metteranno uno a destra l'altra a sinistra della scena e soffieranno sulle candele. Buio completo.
Le luci si riaccendono qualche minuto dopo e sono in scena Fausta e Santina: quest'ultima detta e l'altra scrive)
Santina Farina integrale per pane, solita razione. Tre tubi di latte condensato. Tre scatole dì pelati. Sementi: di piselli, carote, prezzemolo semplice, cipolle, aglio, porri, sedano, viole del pensiero...
Fausta Viole?!
Santina Del pensiero. Hai scritto?
Fausta Ho scritto. Ma che vuoi darci da mangiare? Anche le viole del pensiero adesso?
Santina Ma no! Le viole del pensiero le voglio piantare sulla tomba della contessa Caterina.
Fausta Ho capito. Andiamo avanti.
Santina Un paio di mocassini neri, maschili, numero quarantacinque...
Fausta È arrivato il gigante Golia al castello?
Santina Sono per Anselmo. Un pigiama maschile di cotone possibilmente blu, grandezza sette...
Fausta E questo dev'essere per il consorte. Ma perché blu?
Santina Non lo so. Mezz'ora fa, il tuo Matteo, sì è alzato, è venuto di là in cucina e mi ha detto: « Santina, ricordati del mio pigiama possibilmente blu » ed è tornato a letto.
Fausta Macché blu. Il blu gli sta male ed è un colore deprimente. Io glielo comando verde, colore della speranza.
Santina Verde?! Ma sei matta? Io non ci andrei mai a letto con un uomo che indossa un pigiama verde. Santo cielo! Deve assomigliare a un ramarro.
Fausta Non ti preoccupare dato che a letto con Matteo ci vado io e a me i ramarri non mi hanno mai fatto né caldo ne freddo. Poi?
Santina Fammi riflettere. Qui tutta sta gente mi prende per la sua agenda personale: « Santina ricordati qui, Santina ricordati là... »
Fausta Sei tu che lì hai abituati male. Non hai che da rispondere: «Andate personalmente all'elicottero ed esprimete i vostri desideri».
Santina Sì, li vedi tutti all'elicottero a esprimere i loro desideri? Mica è la trasmissione di « musica richiesta ». Quel poveretto che trascrive impazzirebbe.
Fausta Santina: andiamo avanti. L'ora dell'elicottero s'avvicina. Siamo a posto con gli alimenti?
Santina No. Aspetta... Ah! Mezza dozzina di salsicce di fegato...
Fausta Ancora? Non mi dirai che sono di nuovo per la contessa Margherita!
Santina Ma sì che son per lei.
Fausta Cosa succede a quella? È la terza volta che le comanda in questa settimana! Vi è altro?
Michele (Entrando) State facendo la lista? Santina non ti dimenticare i miei sonniferi.
Santina Te li abbiamo già comandati l'ultima volta ma non sono arrivati.
Michele Ricomandali e sottolinea. Io non posso più dormire e ci divento matto.
Fausta Inutile ricomandarli. Non avete letto l'ultimo messaggio del dottor Pastore? « Proibiti nel modo più assoluto qualsiasi genere di sonniferi agli affetti dal morbo di Aretusa. »
Michele Cosa!! Ma io me lo mangio vivo il can pastore, quel brutto animale! E prima di mangiarmelo i suoi messaggi glieli metto...
Santina Non urlare e non dire le tue solite volgarità che non servono a niente. Tu soffri d'insonnia da quando non fai più il sordo. Ricomincia a fare il sordo così non hai bisogno dì sonniferi.
Michele (Fuor di sé) Santina: non dire stronzate! Non ti ricordi cosa mi ha detto quel fottuto spirito in quella famosa serata? Se faccio il sordo divento castratonico.
Fausta Catatonico, bestia!
Michele Per me fa lo stesso. E comunque così non posso stare! Santina A partire da questa sera, ti faccio una bella tazza di camomilla di quella nostrana che coltivo io...
Michele ...dopo di che mi canti una bella ninna nanna e mi rimbocchi le coperte. La camomilla! Capirai l'effetto: come strappare un pelo a un elefante. Venisse un colpo al can pastore e a tutta la sua razza e discendenza... (esce continuando la litania)
Fausta Abbiamo finito?
Santino No. Anche Enrico vuole le sue solite pellicole e Raul i suoi soliti colpi.
Fausta No.
Santino Cosa no?
Fausta I colpi per Raul fingiamo di scordarceli.
Santina Cosa ti salta in mente? Poi chi lo sente il « rosario »?
Fausta Ci penso io.
Santina Guarda che io non voglio responsabilità.
Fausta Se ti dico che ci penso io!
Santina Tu non hai bisogno niente?
Fausta Non mi pare... No. Niente.
Santina Simona niente e quell'altro... come si chiama? Non mi ricordo mai il nome.
Fausta Alfeo.
Santina Ma sai che ci vuoi già un gran coraggio a battezzare un povero cristiano con quel nome?
Fausta È il nome di un dio...
Santina Come di un dio?
Fausta Un dio della mitologia greca.
Santina Ho capito. Forse perché è un dio, da quando è qui, non ha mai chiesto nemmeno una briciola di pane e sembra fatto d'aria: appare, scompare senza mai dire una parola.
Fausta Se anche tu non hai bisogno niente, abbiamo finito.
Santina Io? Ah già io! Ho bisogno un paio di scarpe di cuoio, non importa il colore, ma quello che devi specificare bene è il numero: la destra il 38, la sinistra il 34 e non come l'ultima volta che hanno fatto il contrario.
Fausta Senza tacco?
Santina Si capisce: mi vedi con il tacco?
Fausta (Scrivendo) Sinistra trentaquattro.
Simona (Entra) È pronta la lista? Buongiorno. L'elicottero sta per arrivare. Raul mi fa dire di non dimenticare i suoi colpi. Li ha finiti.
Santina Ecco...
Fausta Non li abbiamo dimenticati. (Le dà la lista) Grazie.
Simona Grazie a voi. Arrivederci.
Fausta Simona: se vuoi ti accompagno.
Simona No. Perché?
Fausta Ma perché vuoi sempre far da sola la sfaticata di portar la roba dal pianoro? Vi sono anche gli uomini...
Simona Lo so. Si sono già offerti non so quante volte ma per me, non è una sfaticata: è il mio unico sport, lasciatemelo fare in santa pace.
Fausta Per una donna è molto nocivo portar pesi...
Simona Me l'hai già detto Fausta, ma io sono una donna astratta. (Esce)
Fausta Hai capito? Lei è una donna astratta.
Santina Ho capito sì. E quell'altro è un dio: insomma siamo in pieno Paradiso! Io vado. (Esce)
Margherita (Entra. È completamente cambiata: anche nel vestire è naturale e potrebbe perfino essere in jeans) Ciao Fausta. Hai visto per caso Anselmo?
Fausta Ciao. No. Non l'ho visto. Perché?
Margherita Lo cerco per dirgli di non cucinarmi le salsicce di fegato. A un tratto me ne è passata la voglia. Anzi. Mi viene la nausea solo al pensarle.
Fausta (Ha smesso di limarsi le unghie e la guarda) Va bene. Se lo vedo glielo dico.
Margherita Mi dispiace. Bisognerà buttarle via. Non piacciono a nessuno qui...
Fausta Già. (Continua a guardarla)
Margherita Fausta: è vero che tu sei un'ostetrica?
Fausta Già.
Margherita Sai... credo di essere incinta. Anzi: ne sono sicura. Da due mesi.
Fausta Sei incinta da due mesi o ne sei sicura da due mesi?
Margherita Non lo so.
Fausta Come, non lo sai?
Margherita Non lo so. Cosa vuoi che me ne importi? Sono talmente felice!
Fausta Non è possibile!
Margherita Perché?
Fausta (La sua rabbia deve crescere in rapporto alla calma dell'altra) No dico: non è possibile essere più incoscienti!
(Entra Enrico con fotografica a tracolla)
Fausta (Investendolo) E tu sei un idiota!
Enrico Magari, ma ti giuro che sono appena riuscito a fotografare un uccello che neanche un padreterno della fotografia ci sarebbe arrivato!
Fausta (Furibonda) Ma guarda questo! Fotografa gli uccelli, lui!
Enrico Perché, è proibito? (a Margherita) Tu l'hai già vista così, lei che è sempre la calma in carne ed ossa? Si può sapere cosa le succede?
Margherita Le ho appena detto che...
Enrico Ah capisco!
Fausta Roba da matti! Siamo in una situazione da suicidio collettivo, e loro procreano!
Enrico Ma sì, hai ragione Fausta però, cosa vuoi, sai benissimo come succedono certe cose...
Fausta Appunto perché so benissimo come succedono certe cose, ti ripeto che sei un idiota!
Anselmo (Entrando) Buongiorno a tutti. Contessa: come gliele faccio questa volta le salsicce? A lesso o in umido?
(Margherita ha un conato di vomito ed esce correndo, portandosi un fazzoletto alla bocca)
Anselmo Si sente male la contessa?
Fausta Già, si sente male, la contessa e mi sento male anch'io: mi sta per scoppiare la bile.
(Esce dalla stessa parte di Margherita)
Anselmo Ma si può sapere cosa succede?
Enrico Niente Anselmo. Donne: tutte matte.
Anselmo Ma la contessa Margherita...
Enrico Ti dirò la verità Anselmo: la contessa Margherita sta per diventare madre e io padre.
Anselmo Uh Dio Dio!! Condoglianze!
Enrico Grazie Anselmo.
(Escono: scena vuota per qualche istante.
Poi entra Simona con il solito pacco. Attraversa la scena, prima d'uscire si volta e fissa un punto della scena dove vi sarà una sedia isolata)
Simona Ah sei qui, tu! Lo immaginavo. Aspettami. Porto di là la roba e torno. Intanto accomodati. (Esce)
Raul (Entra con un giornale e sta per sedersi sulla sedia indicata da Simona quando questa rientrerà)
Simona Non sederti su quella sedia! (Quasi gridato)
Raul Perché? È sporca?
Simona No. È già occupata.
Raul Stai sognando? (Sta per sedersi)
Simona (Saltandogli addosso) Ti dico che è già occupata!
Raul Ma cos'è, uno scherzo?
Simona Pensala come vuoi ma non ti sedere su quella sedia.
Raul E va bene. Mi siederò su un'altra sedia. Ti va questa? (Ne prende un'altra)
Simona (Gliela toglie di mano dolcemente e lo abbraccia) Senti tesoro: ti spiacerebbe andate da un'altra parte a leggere il tuo giornale?
Raul Ma perché? Io, il giornale, sono abituato a leggerlo qui.
Simona Raul caro: te ne prego! (E lo bacia su di una guancia)
Raul Eh certo che se mi fai le fusa così, non d resisto. (Sta per andarsene e si volta) A proposito: come vanno i tuoi amori?
Simona Tranquillamente. E i tuoi?
Raul Tranquillamente... si spengono.
Simona Dev'essere il destino di quasi tutti gli amori che escono dai binari legali.
Raul Dici? Beh, vuol dire che invecchieremo insieme.
Simona Aretusa permettendo.
Raul Già. Aretusa permettendo.
Matteo (Entra, una volta tanto vestito e non più in pigiama) Volete sentirne una? Anzi: due? (Sta per sedersi sulla « solita » sedia)
Simona (c.s.) Non sederti su quella sedia!
Matteo Perché? È rotta?
Raul Matteo, non far domande. Tira fuori la tua una, anzi, le tue due e poi ce ne andiamo insieme a fare una bella passeggiata.
Matteo Dunque, la prima: tutt'a un tratto mi è passato completamente il sonno.
Raul Non mi dire!
Simona E la seconda?
Matteo E la seconda è che mi sto innamorando come un pazzo di mia moglie.
Raul E sfido: ti sei svegliato. La seconda è soltanto una conseguenza della prima. Andiamo che mi racconti... (Si gira e manda un bacio a Simona, strizzandole l'occhio. Escono)
Simona (Girando attorno alla sedia) Dunque sei qui, finalmente. (Apre il mobiletto e si serve da bere) Non bevo mai, ma la tua venuta merita un brindisi. Tu non bevi suppongo. Salute! (Beve. Posa il bicchiere e si siede di fianco alla sedia) E adesso, vecchia baldracca, ascoltami bene. No! Non muoverti. Devi ascoltarmi fino in fondo visto che ti sei degnata di farti vedere. Io so benissimo che puoi distruggermi soltanto battendo le ciglia ma io SO,* capisci? mentre tu non sai: io ti conosco, tu non mi conosci. Tu colpisci cieca e sorda: non hai anima, non hai cuore, non hai vita, non hai niente come le pietre. Noi abbiamo tutto: l'amore, la speranza, la voglia di libertà, la gioia di vivere. (Si alza) E ora dimmi: chi vuoi? Non rispondi? Chi sei venuta a prendere questa volta? Perché non rispondi? Devo indovinare? Vediamo un po'... Santina? Michele? Fausta? O forse Raul? O me. Si può sapere chi vuoi questa volta, vecchia infame? E muoviti, adesso! Parla! Colpisci chi vuoi! Io ho finito.
Alfeo (Entra alle spalle di Simona e la chiama piano) Simona.
Simona (Si gira di scatto e gli indica la sedia) La vedi? La riconosci?
Alfeo La riconosco. Calmati Simona.
Simona Che calmati e calmati! Mi sta esasperando. Le ho detto quel che pensavo. L'ho anche insultata. Che aspetta a colpirmi?
Alfeo (La prende per le spalle) Non gridare. Basta Simona.
Simona (Tenta di liberarsi) Lasciami. Perché non se ne va? Cacciala via! Non posso più vederla con quella sua immobilità di statua, non posso più vedere quei suoi occhi spenti. Se non se ne va lei, me ne vado io. Non resisto più. Lasciami!
Alfeo (Tentando di farla voltare verso la sedia) Guarda Simona.
Simona No. Lasciami andare. Non posso più vederla ti dico!
Alfeo Guarda Simona: è sparita.
Simona (Si gira lentamente e va a toccare la sedia, ancora incredula) È sparita! Oh Dio, è vero: è sparita! Ma forse... forse si è portata via qualcuno...
Alfeo No. Avrebbe preso te, se mai, o me.
Simona Tu credi?
Alfeo Ne sono certo.
Simona. Ma io non mi sentirò tranquilla finché li rivedrò tutti.
(Buio e si sente il motore di un elicottero che poi andrà morendo. Luce. I dieci personaggi sono in scena tutti come all'inizio del secondo tempo, seduti attorno alla tavola. Raul a capotavola, legge ad alta voce un articolo di giornale. Alfeo è staccato dagli altri)
Raul « Il morbo di Aretusa finalmente e decisamente vinto. Lo annuncia il dottor Biagio Pastore che da anni sta lottando contro il misterioso male. Questo bravo scienziato, inventore del famoso siero... »Devo leggervi tutto l'articolo?
Tutti Nooo!!! (tranne Alfeo)
Raul (Piega lentamente il giornale e dopo una lunga pausa dirà) Beh, signori: cosa decidiamo?
Michele Io decido un brutto accidente che se li porti tutti quanti all'Inferno!
Santina Io ho già deciso: dal castello non mi muovo più.
Anselmo E io nemmeno: è il posto più ideale per morirci.
Michele Ma vi ha dato di volta il cervello? Non mi direte che vi rifiutate di guarire!
Fausta Io non mi rifiuto di guarire: io mi rifiuto di guarire in quello schifo di clinica.
Enrico Giusto. Se il siero è veramente efficace, non vedo perché non ce lo possano portare qui.
Simona Certo. Stai tranquillo. Ce lo buttano con il prossimo elicottero.
Fausta (A Margherita) Tu comunque, te ne devi andare al più presto.
Margherita Io?! Perché?
Fausta Chissà perché. Vuoi che ti faccia un disegnino?
Margherita Io non mi muovo di qui. Vero Enrico?
Enrico Vero. Noi non ci muoviamo di qui.
Rati! (Ad Alfeo) E lei, non dice niente?
Alfeo Io sto aspettando un segno.
Raul Un segno?! Quale segno?
Alfeo Il segno della morte dì Aretusa. L'annuncio della liberazione del castello.
Tutti (Salvo Simona) Ma cosa dice? È pazzo? Quale segno? Ha bevuto? Che segno?
Alfeo Silenzio signori. Ascoltate.
(Le luci si abbassano al minimo e si sentono da prima piano poi sempre più forte i rintocchi della pendola)
Michele (Si alza e grida) La pendola! La mia pendola! Funziona! Chissà per quale diavolo di miracolo ma suona finalmente, quella porca! L'avevo spaccata ma funziona, sentitela... (Corre fuori gridando mentre la pendola continua a suonare sempre più forte) È lei, è la mia pendola, suona... funziona finalmente!
(La voce si allontanerà. Buio. Ma la pendola continuerà a suonare)
FINE
Secondo me, registi e accori hanno sempre diritto di conoscere in quale spirito è stata scritta la commedia, almeno, quando la commedia, pur basandosi su di una chiave ben precisa, si presta a più interpretazioni. I personaggi di questo testo, salvo Simona e Alfeo, sono tutti reali ma si muovono nel clima di una storia che non Io è affatto. Alfeo e Simona sono personaggi più che altro simbolici ma essi pure hanno una realtà non trascurabile fatta, per esempio, di battute che potrebbero contrastare con l'identità del loro personaggio, ma appunto perché il loro personaggio è ambiguo, tra il reale e il simbolico. Tutti i personaggi sono intelligenti, basti pensare alla loro scelta del « castellaccio » e al modo come ognuno si difende dalla realtà della morte. Si badi quindi a non farne dei personaggi farseschi. Per quanto riguarda la storia è da ricordare che Alfeo, nella mitologia, attraversò il mare dalla Grecia all'isola Ortigia davanti a Siracusa. dove finalmente raggiunse la ninfa che la mia invenzione ha voluto come « personaggio-morbo » di Aretusa. La venuta di Alfeo al « castellaccio » è quindi un parallelo. Nell'epilogo, non sarà poi Biagio Pastore a vincere il morbo, ma la Morte che viene a prendersi Aretusa stessa, come è detto da Simona durante il racconto, in forma profetica, ai medici: « Voi non mi vincerete mai finché io stessa morirò. »
N.d.a.