Arsenico e vecchi merletti

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Cop - Arsenico e vecchi merletti

Joseph Kesselring

Arsenico e vecchi merletti

PERSONAGGI

ABBY BREWSTER

MARTA BREWSTER

TEDDY BREWSTER

JONATHAN BREWSTER

MORTIMER BREWSTER

ELENA HARPER

DOTTOR EINSTEIN

SIG. GIBBS

SERGENTE KLEIN

SERGENTE BROPHY

SERGENTE O’HARA

SIG. WITHERSPOON

A Brooklyn. Oggi.

_________

ATTO PRIMO

Stanza di soggiorno della vecchia casa Brewster a Brooklyn. E’ di stile vittoriano, al pari delle due sorelle, Abby e Marta Brewster, che la occupano con il loro nipote Teddy. Avanti, a sinistra, porta d’ingresso, larga, con pannelli di vetro glassato nella metà superiore, oltre la quale, quando è aperta, si può vedere la piccola veranda e il prato e i cespugli del piccolo giardino di fronte alla casa. Da entrambi i lati della porta, vi sono delle piccole finestre dai vetri stretti con tendine. Sulla porta c’è un piccolo arco di vetro colorato. Il rimanente della parete di sinistra è occupato dalla prima rampa d scale che conducono ai piani superiori. Nell’angolo in fondo c’è un pianerottolo dove le scale voltano, per continuare lungo la parete di fondo della stanza. Sul lato di sinistra del pianerottolo c’è una finestra vecchio stile, che guarda anch’essa sul giardinetto. In cima alle scale, lungo il muro di fondo, c’è un altro pianerottolo, sul quale una porta conduce alle camere da letto del secondo piano e un arco, a destra, al termine del pianerottolo, suggerisce la continuazione delle scale verso il terzo piano. Sotto questo pianerottolo, a livello di scena, c’è una porta che conduce alla cantina. A destra di questa porta c’è un recesso, che contiene una credenza, in cima alla quale, da entrambi i lati, sono due piccole alzate, dove le sorelle conservano, tra le altre cose, delle bottiglie di vino di sambuco. Sulla credenza, tra gli oggetti usuali, vi sono dei bicchieri di vino colorati. A destra del recesso è la porta che conduce alla cucina. Nella parte destra della stanza c’è una larga finestra che guarda sul cimitero della vicina chiesa episcopale. Questa finestra ha le solite tende di merletto con drappeggi pesanti, che si aprono e si chiudono con un grosso cordone da tenda. Sotto la finestra c’è una larga cassapanca, ricoperta da un sottile cuscinetto della stessa stoffa del drappeggio. Quando il coperchio si alza, le cerniere cigolano sensibilmente. A destra del piede delle scale c’è una scrivanietta, sulla quale è un telefono, e vicino alla scrivanietta uno sgabello. Lungo la parete di fondo, a sinistra della porta della cantina, c’è un divano vecchio stile; verso destra, nel centro della stanza, c’è un tavolo rotondo. Una piccola sedia è a sinistra di questo tavolo e dietro a lui, a destra, una comoda, più larga poltrona; sulle pareti vi sono i soliti quadri, comprendenti numerosi ritratti dei piuttosto eccentrici antenati dei Brewster.

E’ un tardo pomeriggio di settembre. Quando si alza il sipario, Abby Brewster, una cara piccola grassottella sui sessanta inoltrati, sta preparando il te in cucina (dietro le quinte). In piedi in mezzo alla scena, gustando pensosamente un biscotto, è suo nipote, Teddy, in giacca da sera e con un pincenez attaccato ad un filo nero. Teddy è sui quarant’anni e porta larghi baffi.

Abby –(Entrando) Sono buoni i biscotti?

Teddy – Altro che! (Teddy si ritira sul divano con la sua tazza da te e i suoi pensieri).

Abby – Credo che tuo fratello Mortimer tornerà tardi anche stasera. Porta di nuovo Elena, la figlia del reverendo Harper, a teatro. Da quando è diventato il critico drammatico per il giornale di New York, non c’è sera che non vada a chiudersi in un teatro. (Una bussata alla porta. Teddy si dirige verso di essa.) Oh, chi credi che potrà essere? Lascia stare, Teddy. Vado io. (Va alla porta e l’apre). Entrate signor Brophy. (Due poliziotti in uniforme entrano. Sono Brophy e Klein).

Brophy – Buona sera, miss Brewster.

Abby – Come state, signor Klein?

Klein – Bene, miss Brewster.

Teddy –(ai poliziotti) Signori, che notizie mi portate?

Brophy –(mentre insieme con Klein lo saluta militarmente) Colonnello, non abbiamo nulla da riferire.

Teddy –(restituendo il saluto) Splendido! Grazie, signori! Riposo!

Brophy –(ad Abby) Siamo venuti per i giocattoli per il fondo di Natale.

Abby – Oh, sì! E’ un magnifico lavoro, quello che fate voi due, a raccogliere i giocattoli di scarto per dare un Natale più felice ai bambini poveri.

Klein – Ci rende occupati nelle ore di riposo, quando non c’è niente da fare. Se no, si comincia a giocare a carte, poi ci si stanca, si comincia a pulire la rivoltella e prima che te n’accorgi ti sei sparato in una gamba.

Abby – Teddy, vai di sopra e prendi quella scatola in camera della zia Marta. (Teddy si dirige alle scale) Come sta la polmonite di vostra moglie oggi, Brophy?

Teddy –(Ha raggiunto il pianerottolo, dove si ferma e sguaina una spada immaginaria) (Urlando) Carica! (Carica su per le scale ed esce dalla porta che immette alle stanze da letto. Gli altri non danno alcuna attenzione a questo).

Brophy – Oh, sta meglio, ora. E’ un po’ debole…

Abby – Vi darò del brodo da portarle.

Brophy – Non vi preoccupate, miss Abby! Avete fatto già tanto per lei.

Abby – E’ brodo di stamattina. Mia sorella è andata a portarlo al povero signor Benitzky proprio ora. Vado e vengo. Accomodatevi pure. (Va in cucina).

Brophy – Non dovrebbe prendersi tanto disturbo.

Klein – E’ proprio impossibile impedire tanto a lei quanto a sua sorella, di fare del bene… e gratis! (Siede sulla cassapanca).

(In questo momento Teddy esce in cima alle scale con un grande corno d’ottone e manda con lui un potentissimo richiamo).

Brophy –(a Teddy) Colonnello, avevate promesso di non farlo più!

Teddy – Ma devo convocare una seduta del Gabinetto per essere autorizzato ad inviare questi rifornimenti. (Gira sui tacchi ed esce).

Brophy – Lo faceva nel mezzo della notte, ed i vicini andavano su tutte le furie e se la pigliavano con noi. Hanno un po’ paura di lui…

Klein – Oh, ma è assolutamente innocuo. Crede di essere Teodoro Roosvelt. C’è una quantità di gente peggiore che avrebbe potuto mettersi in mente di essere.

Brophy – Che peccato! Una bella famiglia come questa con quel pazzo in casa.

Klein – Beh, anche suo padre… il fratello delle due vecchiette… dicevano che era un genio, ma…, e il padre loro, il nonno di Teddy… ho sentito dire che anche lui era un po’ toccato…

Brophy – Sì, altro che toccato… Era un volpone, quello lì. Ha fatto i milioni con certe medicine che inventava lui. Era una specie di ciarlatano. Il vecchio sergente Edwards se lo ricorda benissimo. Usava questa casa come una clinica, per provarle sulla gente.

Klein – Già, e ho sentito dire che di tanto in tanto faceva pure qualche sbaglio.

Brophy – La polizia non se ne è mai occupata perché era bravissimo nelle autopsie, specie nei casi di avvelenamento.

Klein – Comunque, ha lasciato le figlie al sicuro per tutta la vita. E bisogna ringraziare Iddio.

Brophy – E non si può certo dire che si mangino le rendite da sole… con tutta la carità che fanno! Una volta, quando lavoravo al reparto delle persone scomparse, dovevo rintracciare un vecchio che non fu mai più trovato… (Si alza) Ebbene, sapete che c’è un’agenzia di affitti che ha questa casa nel suo elenco per le camere ammobiliate? Sono sicuro che non le affittano, ma potete scommettere che chiunque viene qui a chiedere una camera non se ne va senza aver fatto un buon pranzo e quasi certamente anche con qualche dollaro in saccoccia.

(La maniglia d’ingresso si muove, pii la porta si apre e Marta Brewster entra. Marta è anche lei grassoccia, dolce, anziana, con un fascino vittoriano. E’ vestita nella stessa maniera antiquata di Abby, ma con un alto colletto di pizzo che le copre tutto il collo).

Marta –(chiudendo la porta) Oh, che piacere di trovarvi…

Brophy – Buon giorno, miss Brewster.

Marta – Come state, signor Brophy? E voi signor Klein?

Klein – Non c’è male, grazie, miss Brewster. Abbiamo dato una capatina per quei giocattoli di Natale.

Marta – Oh sì! L’esercito e la flotta di Teddy. Sono già tutti impacchettati.

Brophy – Il colonnello è andato a prenderli di sopra. Sembra che il Gabinetto debba dare l’autorizzazione.

Marta – Già, naturalmente. Spero che vostra moglie stia meglio, signor Brophy!

Brophy – Migliora a vista d’occhio, signorina, con tutte le cure di vostra sorella! Adesso mi sta preparando del brodo da portarle.

Marta – Sì, l’abbiamo preparato stamattina. Ne ho portato proprio ora un poco a un brav’uomo che si è rotto tante di quelle ossa… (Entra Abby portando un pentolino coperto)

Abby – Oh, sei tornata, Marta. Come sta il signor Benitzky?

Marta – E’ molto grave, purtroppo. Dovrà amputarlo domattina.

Abby –(speranzosa) Potremo assistere?

Marta – No. Gliel’ho chiesto, ma mi ha detto che non è permesso dai regolamenti dell’ospedale. (Teddy entra con una scatola di giocattoli e scende, poggiandola sullo sgabello vicino alla scrivania)

Abby – Ecco il brodo signor Brophy. (Porge a Brophy il pentolino)

Brophy – Grazie infinite, miss Brewster.

Abby – Mi raccomando che sia ben caldo.

Klein –(guardando nella scatola di giocattoli) – Benissimo! Chissà quanti saranno felici! (Prendendo un soldatino di piombo) C’è il figlio di O’Mally che va pazzo per i soldatini.

Teddy – Quello è il generale Miles. L’ho collocato in congedo assoluto.

Klein – Ora scappiamo, e… un milione di grazie. (Prende la scatola e, insieme a Brophy, saluta militarmente Teddy ed esce)          

Abby –(chiudendo la porta) Per carità… arrivederci.

Marta – Arrivederci. (poi, notando delle tazze da tè) Avete preso il tè?

Abby –(come uno che abbia un segreto) Sì… E dovremo ritardare la cena, anche. (Teddy entra sul ballatoio)

Marta – Ah sì? Perché? (Teddy comincia a scendere)

Abby – Teddy! (Egli si ferma a mezza scala) Una buona notizia per te! Devi andare a Panama a scavare un’altra chiusa per il canale.

Teddy – Splendido! Ben, benone! Vado subito a prepararmi per il viaggio. (Si volge per risalire, si ferma come incerto, corre alla ringhiera e grida) Carica! (Esce)

Marta –(ammirata) Abby! Mentre io ero fuori?

Abby – Sì, cara. Non ti potevo aspettare. Non sapevo quando saresti tornata e il dottor Harper stava per venire.

Marta – Tutto da sola?

Abby – Oh, è andata benissimo!

Marta – Corro subito a vedere!(Si dirige allegramente verso la porta della cantina)

Abby – No, non ho avuto il tempo. Ero tutta sola… (Marta si guarda attorno, poi verso la cucina)

Marta – E allora?

Abby – Marta… (Timidamente) Guarda nella cassapanca… (Marta corre verso la cassapanca, ma vi è appena arrivata che si ode una bussata alla porta. Si ferma. Entrambe guardano verso la porta. Abby corre ad aprire. Elena Harper entra. Elena è un’attraente ragazza sui vent’anni. Ha un aspetto di sorprendente eleganza per la figlia di un pastore) Oh, è Elena! Venite, cara.

Elena – Buon giorno, miss Abby. Buon giorno, miss Marta. (poi, indicando la finestra) Ho preso la scorciatoia attraverso il cimitero. Mortimer non è ancora tornato?

Abby – No, cara.

Elena – Mi aveva detto di venirlo a incontrare qui. Posso aspettare?

Marta –(cordialmente) Ma certo…

Abby – Perché non vi sedete?

Marta – Dobbiamo dire due paroline a Mortimer. Non è proprio il modo di fare.

Elena – Perché?

Marta – Noi non l’abbiamo educato così. Quando un uomo accompagna una signorina deve andarla a prendere a casa.

Elena – Oh, ma capite, quando si tratta di andarla a prendere in un presbiterio, ci si sente un po’ scoraggiati…

Abby – Lo fa troppo spesso… Dobbiamo proprio parlargli.

Elena – Non preoccupatevi. Quelli che mi accompagnavano prima pensavano che la vita notturna consistesse nell’andare a qualche riunione religiosa, quindi per me è una vera festa andare a teatro quasi ogni sera.

Marta – E’ un conforto anche per noi, giacchè se Mortimer deve vedere per forza certi lavori, almeno li vede stando seduto vicino alla figlia di un pastore.

Abby – Oh, scusateci, Elena. Non abbiamo ancora sparecchiato… (Prende le tazze del tè e si dirige verso la cucina)

Marta –(a Abby) Non fare nulla in cucina finchè non arriva Mortimer. Ti aiuterò io. (Abby va in cucina. Poi, a Elena) Verrà da un momento all’altro.

Elena – Sì. Non sono passata da casa a salutare papà.  Forse farò bene ad andargli a dare la buona notte. Se viene Mortimer, ditegli che torno subito.(Ha aperto la porta, ma vede Mortimer che sopraggiunge) Ciao, Mortimer! (Mortimer Brewster entra. E’ un critico teatrale.)

Mortimer – Ciao, Elena. (nel passare davanti a lei per andare da Marta e mettendosi così tra Elena e Marta, dà un colpetto ad Elena sui fianchi)

Marta –(chiamando) Abby, è arrivato Mortimer!

Mortimer –(a Elena) Andavi in qualche posto?

Elena – Da papà, a dirgli che non mi aspettasse.

Mortimer – Non credevo che si usasse ancora, nemmeno a Brooklyn. (Elena chiude la porta, rimanendo dentro, mentre Abby viene dalla cucina).

Abby – Ciao, Mortimer.

Mortimer – Ciao zia Abby. (la bacia)

Abby – Come stai caro?

Mortimer – Bene. E anche tu stai bene. Non sei cambiata molto da ieri.

Abby – Ci siamo visti ieri, vero? Ci vediamo molto più spesso, ora. (Ride e si rivolge a Elena) Sedete, sedete! (Sembra volersi mettere a sedere anche lei)

Marta –(con aria d’intesa) Abby, non abbiamo qualcosa da fare in cucina? IL servizio da tè…

Abby –(comprendendo) Oh sì, sì! (Ritraendosi verso la cucina, insieme a Marta) Beh, state pure comodi… un momento…

Marta – State comodi! (Abby e Marta escono allegramente in cucina. Elena si avvicina a Mortimer, per essere baciata)

Elena – Beh, non capisci a volo?

Mortimer – No. Era troppo evidente. Mancanza di fantasia, direi. Non posso aspettare ancora. Dove potremmo sposarci alla svelta, stanotte, per esempio?

Elena – Temo che papà vorrà essere lui a celebrare…

Mortimer – Oh mio Dio! Ho paura che tuo padre renderà banale anche il nostro matrimonio! (Elena fa per andare) E va bene tutto legale e in regola. Ma non più tardi dell’anno prossimo.

Elena – Caro. (lo bacia) Ne parlerò con papà e stabiliremo la data. (Teddy entra da sopra e scende le scale portando il suo corno e vestito con abiti tropicali ed un sombrero. Vede Mortimer)

Teddy – Salute Mortimer! (gli stringe la mano)

Mortimer –(gravemente) Come va, presidente?

Teddy – Benone, grazie. Proprio benone. Che notizie mi portate?

Mortimer – Solo queste, signor presidente: il paese è compatto dietro di voi.

Teddy –(raggiante) Sì, lo so. Non è magnifico? (torna a stringere la mano a Mortimer) Bene, arrivederci. (stringe la mano a Elena) Arrivederci.

Elena – Dove andate, Teddy?

Teddy – A Panama. (Esce dalla porta della cantina. Elena guarda Mortimer interrogativamente)

Mortimer – Panama è la cantina. Scava le chiuse del canale di Panama giù in cantina.

Elena – Sei così buono con lui. E lui ti vuole così bene.

Mortimer – Teddy è sempre stato il mio fratello preferito.

Elena – Preferito? Perché, ne hai altri?

Mortimer – Ce n’è un altro: Jonathan.

Elena – Non lo mai sentito nominare. Le tue zie non ne parlano mai.

Mortimer – No, non parliamo volentieri di Jonathan. Ha lasciato Brooklyn molto presto, e non precisamente di sua volontà. Jonathan era il tipo di ragazzo che si divertiva a tagliare i vermi in due, con i denti.

Elena –(rabbrividendo) Che se ne fatto di lui?

Mortimer – Non so. Voleva fare il chirurgo come il nonno, ma senza studiare medicina… E i suoi esperimenti l’hanno messo nei guai. (Abby entra dalla cucina)

Abby – Non farete tardi per il teatro?

Mortimer – Saltiamo la cena. (Consulta il suo orologio da polso, poi a Elena) Abbiamo ancora una mezz’ora.

Abby – Allora vi lascio soli un’altra volta.

Elena – Non preoccupatevi, cara. Vado ad avvertire papà. (A Mortimer) Prima che io esca con te, vuole sempre che dica qualche preghiera con lui. Torno subito, attraverso il cimitero.

Mortimer – Non pregare troppo, se no sparisco addirittura. (Lei ride ed esce)

Abby – Oh, noi sappiamo bene che Elena ha una buona influenza su di te.

Mortimer – Tanto buona che… la sposerò.

Abby – Oh, Mortimer! (Corre ad abbracciarlo. Poi si precipita per la porta della cucina, mentre Mortimer si dirige alla finestra) Marta, Marta! Vieni qui! Ho una magnifica notizia! (Marta accorre dalla cucina) Mortimer ed Elena si sposeranno!

Marta – Si sposano! Oh, Mortimer… (Corre anche lei da Mortimer, che è sempre vicino alla finestra, lo abbraccia e lo bacia)

Abby – Lo avevamo tanto sperato!

Marta – Elena sarà la ragazza più felice del mondo!

Mortimer –(guardando fuori dalla finestra) Altro che! Guardala come salta su quelle tombe! (Fa, insieme con Abby, un cenno di saluto ad Elena. Si sposta dalla finestra ed un pensiero lo coglie) Ho lasciato una grossa busta da queste parti, la settimana scorsa. E’ uno dei capitoli del libro che sto scrivendo. L’hai vista?

Marta – Se l’hai lasciata qui, dev’essere da qualche parte. (Mortimer comincia a cercare per la stanza, guardando nei cassetti, nella credenza, etc..)

Abby – Quando vi sposerete? Che progetti avete? Dovete dirci tutto. Quando Elena ritornerà dobbiamo brindare alla vostra felicità.

Marta – Pensare che è successo in questa stanza! (Va in cucina).

Mortimer –(cercando) Ma dove diavolo posso averlo messo…

Abby – Con la tua fidanzata vicino, stasera, spero proprio che sia un opera piacevole, una volta tanto. Dovrebbe essere qualcosa di romantico… Che titolo ha? (Mortimer continua a cercare).

Mortimer – “I delitti si scopriranno”.

Abby – Oh, mio Dio! (Scompare in cucina. Mortimer non si accorge della sua assenza e continua a parlare. E’ giunto vicino alla cassapanca).

Mortimer – Quando si alza il sipario, la prima cosa che si vede è un cadavere… (Alza il coperchio della cassapanca e ne vede uno. Senza crederci, lascia cadere il coperchio e si volge. Torna quindi rapidamente a guardare la cassapanca, l’apre e ne fissa il contenuto. Per un momento si sente come pazzo. Lascia cadere il coperchio e vi siede sopra, come per tenerlo chiuso. Abby rientra nella stanza, portando un tavolino a rotelle e una tovaglia, che appoggia su una sedia, cominciando ad apparecchiare la tavola. Quando Mortimer riesce a parlare, la sua voce è tesa) Zia Abby!

Abby – Sì, caro?

Mortimer – Stavate facendo dei progetti per mandare Teddy in quella clinica, a Happy Dale…

Abby – Sì, è tutto pronto. Il dottor Harper è stato qui oggi e ha portato le carte che Teddy deve firmare. Eccole qui. (Prende le carte dalla credenza e gliele porge).

Mortimer – Deve firmarle immediatamente.

Abby – E quello che dice anche il dottor Harper… (Marta entra dalla cucina portando un vassoio con le posate. Per tutta la scena le due sorelle continuano ad apparecchiare la tavola: tre posti). Così non ci saranno difficoltà legali nel caso in cui noi dovessimo “sparire”.

Mortimer –(scorrendo le carte) Deve firmarle in questo momento! E’ giù in cantina. Fatelo venire su immediatamente!

Marta – Non c’è tanta fretta.

Abby – Quando comincia a lavorare al canale, non è possibile fargli pensare ad altro.

Mortimer – Teddy deve andare subito ad Happy Dale… Stasera stessa!

Marta – Oh, no, Mortimer! Mai prima della nostra morte!

Mortimer – Subito, vi dico! Senza perdere un istante!

Abby – Mortimer, come puoi dire una cosa simile? Finché saremo in vita non ci separeremo mai da Teddy.

Mortimer –(cercando di essere calmo) Sentite, care, mi dispiace terribilmente, ma devo dirvi una cosa gravissima. ( Le sorelle smettono di apparecchiare e lo guardano con un certo interesse). Dobbiamo cercare tutti di non perdere la testa. Finora abbiamo assecondato le manie di Teddy perché lo credevamo innocuo…

Marta – Ma lo è!

Mortimer – Lo era. E’ per questo che deve andare immediatamente ad Happy Dale.  Dev’essere isolato.

Abby – Mortimer, perché ti metti all’improvviso contro Teddy? E’ tuo fratello!

Mortimer – Prima o poi lo verrete a sapere. E’ meglio che ve lo dica subito. Teddy ha ucciso un uomo!

Marta – Sciocchezze, caro. (Mortimer si alza ed indica la cassapanca).

Abby –(affatto sorpresa) Sì, caro, lo sappiamo.

Mortimer – Lo sapete!?!

Marta – Certo, caro, ma Teddy non centra nulla. (Sollevate, riprendono a disporre la tavola).

Abby – Ora, Mortimer, dimentica tutto questo. Dimentica di aver mai visto quel signore.

Mortimer – Dimenticare!

Abby – Non avremmo mai creduto che saresti andato a curiosare.

Mortimer – Ma chi è?

Abby – Il signor Hoskins… Adamo Hoskins. E’ tutto quello che so di lui all’infuori che è un metodista.

Mortimer – E’ tutto quello che sai di lui? Ma che è venuto a fare qui? Che gli è successo?

Marta – E’ morto.

Mortimer – Zia Marta, gli uomini non vanno a morire da soli nelle cassepanche.

Abby – No, è morto prima.

Mortimer – Ma come?

Abby – Mortimer, non fare tante domande. Quel signore è morto perché ha bevuto del vino col veleno dentro.

Mortimer – E come ha fatto il veleno ad andare nel vino?

Marta – Lo mettiamo nel vino perché si sente meno. Quando è nel tè, ha un odore ben distinto.

Mortimer – Lo mettete voi nel vino?

Abby – Sì. E sono stata io a mettere il signor Hoskins nella cassapanca, perché stava arrivando il dottor Harper.

Mortimer – Quindi sapevate quello che facevate! Non volevate che il dottor Harper vedesse il cadavere!

Abby – No di certo all’ora del tè! Non sarebbe stata una cosa gradevole! Beh, ora sai tutto e puoi benissimo dimenticarlo. Credo che Marta ed io abbiamo pure il diritto ai nostri piccoli segreti.

Marta – E non andare a dirlo a Elena! (Mortimer è rimasto a fissare le sue zie stupefatto. Marta si volge a Abby) Oh, Abby, quando sono uscita ho dato anche un occhiata alla signora Scultz. Sta molto meglio, ma vorrebbe che portassimo un’altra volta il ragazzo al cinematografo.

Abby – Dobbiamo farlo domani o dopodomani. (Si dirigono verso la cucina)

Marta – Stavolta, però, andremo dove vorremmo andare noi. Non mi farò trascinare a vedere quegli spaventosi film gialli.

Abby – Non dovrebbe essere permesso di fare dei film unicamente per mettere paura alla gente… (Escono. Mortimer, allibito, si guarda intorno per la stanza, va al telefono e forma un numero)

Mortimer –(al telefono) Pronto, cronaca? Ciao, Al. Dimmi, chi è che ti parla? (Pausa) Va bene. Senti, Al, quando ho lasciato il giornale, ti ho detto dove andavo, ti ricordi? (Pausa) Bene, e dove ho detto? (Pausa) Uh, uh. Per andare a Brooklyn ci vuole una mezz’ora… Dunque… Che ora fai? (Guarda il suo orologio) E’ così. Allora sono veramente qui. (Riaggancia. Per un minuto resta a guardare la stanza, poi all’improvviso fa un salto dalla sedia verso cucina) Zia Marta! Zia Abby! Venite qui! (Le due sorelle accorrono. Mortmer si rivolge loro agitatissimo) Che dobbiamo fare? Che dobbiamo fare?

Marta – Io non vedo cosa ci sia da fare, caro.

Mortimer – Ma c’è il cadavere lì dentro!

Abby – Sì, quello del signor Hoskins.

Mortimer – Santo Dio, non vorrete che vi denunci alla polizia. Ma qualcosa bisogna pure farla!

Marta – Beh, innanzitutto, se fossi in te, smetterei di agitarmi tanto.

Abby – E, per amor di Dio, non ti preoccupare così. Ti avevamo detto di dimenticare tutto.

Mortimer – Dimenticare? Ma cara zia Abby, come devo fare a farti capire che bisogna agire in qualche modo?

Abby –(un po’ seccamente) Mortimer, ti prego di non esagerare! Sei grande abbastanza per non abbandonarti a simili eccessi!

Mortimer – Ma il signor Hotchkiss…

Abby – Hoskins, caro.

Mortimer – Beh, comunque si chiami, non lo potete mica lasciare lì.

Marta – E non abbiamo nessuna intenzione di farlo, caro.

Abby – Teddy è giù in cantina che scava una chiusa…

Mortimer – Volete dire che seppellirete il signor Hotchkiss in cantina?

Marta – Ma certo, caro. E’ così che abbiamo fatto con gli altri.

Mortimer – Ma, zia Marta, non puoi seppellire il signor… Gli altri!!?!

Abby – Gli altri signori.

Mortimer – Quando dite gli altri… volete dire… altri? Più altri di uno?

Marta – Oh, sì, caro… Vediamo un po’ quanti sono… Undici, vero, Abby?

Abby – No, cara, dodici, con questo. (Mortimer indietreggia e si lascia cadere attonito sullo sgabello vicino alla scrivania).

Marta – Credo che ti sbagli, Abby. Sono undici con questo.

Abby – No. Appena il signor Hoskins è entrato, ho pensato che avrebbe fatto una bella dozzina.

Marta – Beh, veramente non dovresti contare il primo.

Abby – Sì che lo conto, invece. E così sono proprio dodici. (Il telefono suona. Mortimer, abbacinato, si dirige verso di esso e parla senza prendere il ricevitore).

Mortimer – Pronto! (Il telefono continua a suonare ed egli alza il ricevitore). Pronto. Oh, sei tu, Al. Quanto mi fa bene sentire la tua voce!

Abby –(a Marta) Anche lui è in cantina, cara.

Mortimer –(alle zie) Ssst! (Al telefono) Hai fatto benissimo a chiamarmi. Cerca Giorgio. Digli che vada lui a teatro, stasera. No, non è così, Al. Ti sbagli. Domattina ti dirò tutto… No! Senti, è la mia rubrica e sono io che ci devo pensare! Ti dico di trovare Giorgio! (Riaggancia e resta seduto per un momento cercando di connettere). Ora, vediamo un po’, dove eravamo? (Improvvisamente fa un salto sulla sedia) Dodici!

Marta – Sì. Abby dice che dobbiamo contare il primo e allora sono dodici.

Mortimer – Un momento, un momento… (Afferra Marta e la fa sedere su una sedia). Chi era il primo?

Abby – Il signor Midgely. Un battista.

Marta – Eppure, io penso sempre che il merito non sia nostro, perché è morto da sé.

Abby – Marta vuol dire che è morto senza nessun aiuto da parte nostra. Il signor Midgely venne qui a cercare una stanza…

Marta – Fu poco dopo che ti eri trasferito a New York.

Abby – E pensavamo che era un peccato che la tua camera, così graziosa, dovesse restare vuota, quando c’era tanta gente che ne aveva bisogno.

Marta – Era un povero vecchio, solo al mondo!

Abby – Tutti i suoi parenti erano morti e lo avevano lasciato nella miseria e nell’abbandono.

Marta – Ci faceva tanta pena…

Abby – E quando gli venne un attacco di cuore, e restò lì, seduto in quella poltrona, morto, così sereno ed in pace – ti ricordi Marta? – bene, allora decidemmo che di tanto in tanto, se avessimo potuto aiutare qualche altro povero vecchio solo al mondo a ritrovare la pace, lo avremmo fatto. (Mortimer è immerso nel racconto e vi rimane per qualche momento).

Mortimer – Cadde morto proprio in quella poltrona. Che cosa orribile!

Marta – Niente affatto! Ci sembrava di essere tornati ai tempi antichi. Quando tuo nonno era vivo, c’erano sempre un paio di cadaveri per casa. E poi, vedi, Teddy aveva già iniziato a scavare il canale di Panama e pensò che il signor Midgely fosse una vittima della febbre gialla.

Abby – E così lo portammo a Panama e lo mettemmo nella chiusa. (Alzandosi). E’ per questo che ti abbiamo detto di non preoccuparti. Sappiamo benissimo quello che bisogna fare!

Mortimer – Ed è così che è cominciato tutto? Con quell’uomo che è entrato qui ed è caduto morto?

Abby – Già, abbiamo pensato che non potevamo sperare che si ripetesse ogni volta.

Marta – Ti ricordi quelle fiale di veleno che sono rimaste tanti anni sugli scaffali del laboratorio del nonno?

Abby – E tu sai la tendenza che ha zia Marta a preparare i miscugli. Hai mangiato tante volte le sue salsette!

Marta – Sì… Ecco, Mortimer… Per ogni litro di vino di sambuco prendo un cucchiaio di arsenico, aggiungo mezzo cucchiaino di stricnina e appena un pizzico di cianuro.

Mortimer – Deve fare un certo effetto!

Abby – A dire il vero, uno dei nostri signori ha trovato il tempo di dire: “E’ proprio squisito!”

Marta – Beh, ora ho da fare in cucina. (Fa per uscire).

Abby –(a Mortimer) Vorrei che ti fermassi a cena, caro.

Marta – Sto provando una nuova ricetta.

Mortimer – Non credo di avere molto appetito! (Marta esce per la porta della cucina).

Abby – Vengo ad aiutarti. (Si volge a Mortimer, sollevata) Oh, mi sento molto meglio ora che tu hai capito. Aspetti Elena, no? (Sorride) Quanto sarete felici! (Esce sorridendo. Mortimer rimane attonito, poi prende il coraggio a due mani, va alla cassapanca, l’apre e guarda dentro. Quindi la richiude e indietreggia. Continua ad indietreggiare intorno al tavolo, guardando sempre la cassapanca, quando si ode una bussata alla porta, seguita immediatamente dall’ingresso di Elena. Questo, tuttavia, non serve a liberarlo dai suoi pensieri. Elena gli sorride dolcemente).

Elena – Scusami se ti ho fatto aspettare, caro. (Si dirige verso di lui. Mentre lei si avvicina egli guarda nella sua direzione, e rendendosi conto della sua presenza, finalmente parla).

Mortimer – Ah, sei tu!

Elena – Non fare il broncio, caro. Papà ha visto che ero emozionata e ho dovuto raccontargli tutto. Così ho fatto tardi! (Gli si avvicina e lo circonda col braccio). Ma, sai… ha detto che stasera non mi aspetterà…

Mortimer – Elena… devi tornare subito a casa. Verrò da te domani mattina.

Elena – Domani mattina!?

Mortimer –(irritato) Lo sai bene che quando dico una cosa la mantengo!

Elena – Ma noi dovevamo andare a teatro, stasera.

Mortimer – No… non ci andiamo più. Elena, è successo qualcosa…

Elena – Che cosa, caro? Mortimer… non dirmi che hai perso il posto!

Mortimer – No, no! Non ho perso il posto! Ma non vado a teatro, stasera. Ecco, nient’altro. Perciò torna subito a casa, ora.

Elena – Ma devo sapere quello che è successo. Non sarà mica una cosa che non potrai dirmi.

Mortimer – No, non posso, cara.

Elena – Ma se dobbiamo sposarci…

Mortimer – Sposarci?

Elena – Hai già dimenticato che un quarto d’ora fa mi hai chiesto di sposarti?

Mortimer – Io?… Ah, sì! Beh, lo mantengo! Ma ora devi andare a casa, ho molto da fare.

Elena – Senti, ma non è possibile che un momento mi chiedi di sposarti e il momento dopo mi cacci di casa.

Mortimer – Non ti caccio di casa, cara. Ti dico soltanto di andartene di qui.

Elena – E io non me ne andrò se non mi avrai dato una qualsiasi spiegazione! (Attraversa la stanza dirigendosi alla cassapanca per sedervicisi sopra. Egli la ferma).

Mortimer –(deciso) Elena! (Il telefono suona. Egli va a rispondere). Pronto! Oh, ciao, Al. Aspetta un istante, ti prego, vengo subito. Va bene, è importante, ma non puoi aspettare un minuto? Vengo! (Poggia il ricevitore sul tavolo e torna da Elena) Elena, tu sei una carissima ragazza e io ti voglio bene. Ma ora ho molte cose per la testa e voglio che tu vada a casa e che mi aspetti finché non ti chiamo io.

Elena – Non prendere quel tono da padrone!

Mortimer –(infastidito al punto da parlare formalmente) Quando saremo sposati ed avrò i miei problemi da affrontare spero che tu sarai meno noiosa e priva di immaginazione!

Elena – E quando saremo sposati, se saremo sposati, spero che tu sarai all’altezza della situazione! (Esce).

Mortimer – Elena! (Ella non risponde ed egli corre fuori sulla veranda e lo sentiamo chiamare ancora) Elena! (Ritorna indietro sbattendo la porta e corre a chiamarla dalla finestra. Quando si inginocchia sulla cassapanca si ricorda del signor Hoskins, sussulta e si dirige in cucina, ma poi si ricorda di Al, che aspetta la telefono. Attraversa correndo la stanza e riprende il ricevitore) Al… Al… (Riaggancia. Suona il campanello della porta. Egli alza il ricevitore credendo sia il telefono) Pronto, pronto… (Abby entra dalla cucina seguita da Marta).

Abby – E’ alla porta, che suonano. (Va ad aprire la porta, mentre Mortimer riaggancia e riprende a formare il numero). Buongiorno. Entrate. (Entra il signor Gibbs. E’ un vecchio molto mal ridotto).

Gibbs – Mi hanno detto che avete una camera da affittare.

Abby – Sì. Volete favorire?

Gibbs – Siete voi la padrona di casa?

Abby – Sì, sono miss Brewster. Questa è mia sorella, un’altra miss Brewster.

Gibbs – Io mi chiamo Gibbs.

Abby – Oh, ma non volete accomodarvi? Scusatemi, stavamo preparando per la cena…

Mortimer –(al telefono) Pronto! Ridatemi Al! Alla cronaca! Al! La cronaca! Come… Scusate, ho sbagliato. (Riaggancia e rifà il numero).

Gibbs – Posso vedere la stanza?

Marta – Perché non vi sedete un momento e facciamo conoscenza?

Gibbs – Sarebbe inutile se non mi piace la stanza.

Abby – Abitate a Brooklyn?

Gibbs – Non abito in nessun posto. Vivo in albergo e non mi piace.

Mortimer –(al telefono) Pronto, cronaca.

Marta – E la vostra famiglia e di Brooklyn?

Gibbs – Non ho più famiglia.

Abby – Siete solo al mondo, allora… Oh, Marta, se… (Marta si dirige alla credenza per prendere il vino). Bene, siete venuto proprio nel posto che fa per voi. Accomodatevi. (Fa sedere Gibbs in una sedia accanto al tavolo).

Mortimer –(al telefono) Pronto, Al. Mortimer. E’ caduta la linea… Al. non posso andare alla prima, stasera. Ti dico che non posso.

Marta – Quale chiesa frequentate? Abbiamo una chiesa episcopale proprio qui a fianco.

Gibbs – Sono presbiteriano. Per lo meno, una volta lo ero.

Mortimer –(al telefono) Ma che è andato a fare Giorgio alle Bermuda? Sì, è vero, io gli ho detto che poteva andare… Ma è la mia rubrica sì o no? Ebbene, Al, devi trovare qualcuno. Assolutamente. Chi c’è in giro in ufficio?

Gibbs –(alzandosi) C’è sempre tanto chiasso?

Marta – Oh, no, lui non abita con noi.

Mortimer –(al telefono) Ci sarà pure qualcuno in ufficio, no? Beh, mandaci il fattorino. No, quello intelligente. Quello antipatico. Cercalo. Aspetto.

Gibbs – Vorrei proprio vedere questa camera.

Abby – E’ di sopra. Non gradite un bicchiere di vino prima di salire?

Gibbs – Grazie ma sono astemio.

Marta – L’abbiamo fatto noi. E’ vino di sambuco.

Gibbs –(a Marta) Sambuco? (Guardando il vino) Non ho più assaggiato il vino di sambuco da quando ero ragazzo. Grazie. (Siede. Abby gli versa un bicchiere di vino).

Mortimer –(al telefono) Beh, ci sarà qualche tipografo. Senti, Al, il mio correttore di bozze. Lui conosce il mio modo di scrivere. Andrà benissimo.

Gibbs – Avete dei sambuchi in giardino?

Marta – No, ma il cimitero ne è pieno!

Mortimer –(al telefono) No, non ho bevuto, ma credo che comincerò subito! (Riaggancia e si dirige alla credenza. Quando vede la bottiglia di vino sul tavolo va a prendersi un bicchiere dalla credenza e comincia a versarsi il vino).

Marta –(vedendo Mortimer che si versa il vino avvelenato) Mortimer… eh… eh… eh!

Mortimer –(occupato a versarsi il vino) Cosa?

Marta –(a Mortimer) Eh… eh… eh!…

Abby –(vedendo ciò che sta facendo Mortimer) Quello no, Mortimer! (Gli abbassa il braccio mentre egli sta per bere. Mortimer poggia il bicchiere e si rende conto che è il vino avvelenato. Poi vede che il signor Gibbs è sul punto di bere. Allora lancia un urlo raccapricciante e punta il dito contro il signor Gibbs, che poggia il bicchiere sul tavolo e lo guarda atterrito).

Mortimer – Andate via! Volete farvi ammazzare? Volete essere avvelenato? Volete essere ucciso? (In mezzo alle sue grida, il signor Gibbs corre fuori dalla casa, inseguito da Mortimer. Questi chiude la porta dietro di lui e vi si appoggia debolmente).

Abby –(a Mortimer) Lo vedi? Hai rovinato tutto…

Mortimer – Non potete fare così! Come devo dirvelo! Non solo è contro la legge, ma non è giusto! Non sono cose da farsi! Nessuno vi capirebbe! Nemmeno lui vi avrebbe capito!

Marta – Abby, abbiamo fatto male a dirlo a Mortimer.

Mortimer – Ma non vedete che… che è diventata una cattiva abitudine?

Abby – Senti, Mortimer, noi non cerchiamo di intralciarti in quello che ti piace fare e non vedo perché tu devi immischiarti in quello che piace a noi. (Il telefono suona. Mortimer va a rispondere).

Mortimer –(al telefono) Pronto? Sì, Al… Va bene, andrò a vedere il primo atto e me la caverò. Ma almeno fammi questo piacere. Trova O’Brien, il nostro avvocato… il capo del nostro ufficio legale! Mandamelo incontro a teatro. Ti prego, non mi abbandonare. Va bene, esco subito. (Riaggancia). Devo andare a teatro, non posso evitarlo. Ma prima che me ne vada, volete farmi una promessa?

Marta – Dobbiamo sapere prima che cosa vuoi.

Mortimer – Io vi voglio molto bene e so che anche voi mi volete molto bene. Voi sapete che farei qualunque cosa al mondo per voi e quindi dovete farmi questo piccolo piacere.

Abby – Che cosa dobbiamo fare?

Mortimer – Niente. Non dovete fare niente. Voglio dire: non fate entrare in casa nessuno, e lasciate il signor Hoskins dove si trova.

Marta – Perché?

Mortimer – Voglio un po’ di tempo per pensare… e credo di avere parecchie cose da pensare.

Marta – Beh, avevamo pensato di fare il servizio funebre prima di cena. Il signor Hoskins era un metodista. Lo avremmo seppellito con un regolare servizio metodista.

Mortimer – Non potete aspettare quando torno?

Abby – Oh, allora potresti partecipare anche tu!

Mortimer – Già, già!

Abby – Vedrai, ti piacerà molto il servizio funebre, specialmente gli inni. (A Marta) Ti ricordi come cantava bene Mortimer da ragazzo, prima che cambiasse di voce?

Mortimer – E non fate entrare in casa nessuno prima che io torni! E’ una promessa…

Marta – Beh…

Abby – Oh, Marta, credo che possiamo farlo, ora che Mortimer collabora con noi. Va bene, Mortimer.

Mortimer – Tornerò il più presto possibile. (Prendendo della carta dalla scrivania). Prendo della carta, così posso guadagnare un po’ di tempo scrivendo la critica per strada. (Corre via. Marta chiude la porta. Abby riprende a preparare la tavola).

Marta – Mortimer non sembrava del suo solito umore, oggi.

Abby –(Accendendo i candelabri) Beh, è naturale. Credo di sapere il perché.

Marta –(andando sul primo pianerottolo per chiudere le tendine della finestra) Perché?

Abby – Si è appena fidanzato, e immagino che questo debba rendere nervoso un uomo.

Marta – Abby, se Mortimer si unisce a noi nel servizio funebre per il signor Hoskins, avrà bisogno di un altro libro degli inni. Ce n’è uno in camera mia. (Prende a salire le scale).

Abby – Spetterebbe a me di leggere il servizio, stavolta, ma siccome tu non c’eri quando il signor Hoskins è venuto, voglio che lo faccia tu. (Marta si ferma sulle scale).

Marta –(contenta) Sei molto cara, Abby. E’ proprio vero che desideri che lo legga io?

Abby – E’ semplicemente giusto. (Suona il campanello della porta). Vado io, cara.

Marta – Ricordati che abbiamo promesso a Mortimer di non far entrare nessuno.

Abby – Chi può essere?

Marta – Un momento, vado a vedere. (Si volge alla finestra sul pianerottolo e sbircia attraverso le tendine) Sono due uomini... non li ho mai visti.

Abby – Ne sei certa?

Marta –(tornando a sbirciare) C’è una macchina all’angolo… devono essere venuti con quella.

Abby – Fammi guardare! (Corre vicino a lei. Altra bussata alla porta. Anche Abby sbircia dalla finestra).

Marta – Li riconosci?

Abby – Per niente.

Marta – Fingiamo di non essere in casa.

(Un’altra bussata, poi la porta viene aperta lentamente e un uomo alto entra in mezzo alla stanza. Cammina con sicurezza e con disinvoltura come se la stanza gli fosse famigliare. Si guarda intorno, in ogni direzione tranne che verso le scale. C’è in lui qualcosa di sinistro, qualcosa che provoca un leggero brivido alla sua presenza. Forse è per la sua andatura, per il suo comportamento e per la sua strana rassomiglianza con Boris Karloff. Dal pianerottolo Abby e Marta lo osservano, quasi timorose di parlare. L’uomo si volge indirizzandosi a qualcuno che è di fuori).

Jonathan – Entrate,  dottore. (Il dottor Einstein entra. Ha un aspetto di topo. Il suo volto ha l’espressione benevola di un uomo che vive in una continua ebbrezza alcolica. C’è qualcosa in lui che lo fa rassomigliare ad un prete spretato. Rimane sulla porta timido ma fidente). Questa è la casa della mia gioventù! (Il dottor Einstein si guarda intorno timidamente). Da ragazzo non vedevo l’ora di scapparmene. Ed ora sono felice di venirmici a rifugiare.

Einstein – (parla con accento tedesco) Sicuro, Chonny, è un bel nascondiglio.

Jonathan – La famiglia deve ancora abitare qui. C’è qualche cosa che farebbe riconoscere i Brewster in ogni parte del mondo. Spero che ci sia anche un vitello grasso per festeggiare il ritorno del figliuol prodigo.

Einstein – Già, anch’io ho fame. (Vede il vitello grasso sotto la forma di due bicchieri di vino). Guarda, Chonny! C’è da bere!

Jonathan – Come se ci avessero aspettati! E’ di buon augurio! (Einstein si precipita verso la tavola oltrepassando Jonathan, diretto anche lui verso la tavola. Mentre stanno per prendere i bicchieri Abby parla).

Abby – Chi siete? Che cosa fate qui? (Einstein e Jonathan si voltano e vedono le due sorelle).

Jonathan – Zia Abby! Zia Marta! Sono io, Jonathan!

Marta – Andate via di qui!

Jonathan – Ma sono Jonathan! Tuo nipote Jonathan!

Abby – Oh, no! Non somigliate per niente a Jonathan e quindi non fingete di esserlo! andate subito via!  (Un po’ bellicosamente scende due o tre gradini).

Jonathan – Ma sì, zia Abby, sono proprio Jonathan. E questo è il dottor Einstein.

Abby – E nemmeno lui è Einstein.

Jonathan – Ma non Albert Einstein… il dottor Herman Einstein.

Abby – Ma voi chi siete? Non siete nostro nipote!

Jonathan – Vedo che hai ancora quel bell’annello di granato che la nonna portò dall’Inghilterra. (Abby sussulta, guarda l’anello e poi guarda verso Marta). E tu, zia Marta, hai sempre il colletto alto… Per nascondere la cicatrice dove il nonno ti bruciò con l’acido. (Marta porta la mano alla gola. Le due sorelle si fissano l’un l’altra, poi tornano a guardare Jonathan).

Marta – La voce è come quella di Jonathan.

Abby – Hai avuto qualche disgrazia?

Jonathan – No… (Si passa la mano sul collo). La mia faccia… (Si abbuia). E’ tutta colpa del dottor Einstein. (Le due sorelle guardano Einstein). E’ specializzato nella chirurgia plastica. Cambia le facce alla gente.

Marta – Ma io l’ho già vista quella faccia! (Ad Abby). Ti ricordi quando abbiamo portato al cinema il piccolo Schultz e io mi spaventai tanto? Era quella, la faccia! (Jonathan si fa fremente e guarda verso Einstein).

Jonathan –(con crescente e minacciosa intensità) Vedi, dottore, quello che mi hai fatto… Perfino in casa mia…

Einstein – (per calmarlo) Chonny! Pensa che sei a casa! In questa bella casa! (Alle zie) Quante volte mi ha parlato di Brooklyn, di questa casa, delle sue zie, e del bene che vuole a loro! (A Jonatahan) Ti riconoscono, Chonny. (Alle zie) Lo vedete, è Chonny. Parlategli. Diteglielo. (Abby comincia a scendere lentamente).

Abby – Ebbene, Jonathan, è da molto tempo… Che cosa hai fatto in tutti questi anni? (Marta prende a seguirla cautamente).

Marta – Sì, Jonatahan, dove sei stato?

Jonathan –(ricomponendosi) Inghilterra, Sud Africa, Australia… negli ultimi cinque anni a Chicago per l’Esposizione Universale!

Marta –(in mancanza di altro da dire) L’abbiamo trovata una città molto calda.

Einstein – Già… anche per noi si era fatta troppo calda.

Jonathan – E’ bello essere ancora a Brooklyn. E voi… Abby, Marta… Non sembrate più vecchie di un giorno. Proprio come vi ricordavo… dolci, simpatiche, ospitali. (Si scambiano un rapido sguardo). E i caro Teddy… (Fa con la mano un gesto indicando un ragazzo di otto o dieci anni). Ha fatto la carriera politica? (Si volge a Einstein) Il mio fratellino era deciso a diventare presidente.

Abby – Oh, Teddy sta benissimo. Proprio benissimo, e anche Mortimer sta bene.

Jonathan –(cupo) So tutto di Mortimer. Ho visto il suo ritratto sul giornale, in cima alla sua rubrica. E’ riuscito proprio come prometteva: un giornalista! Odioso fin da ragazzino.

Abby –(in tono di difesa) Noi vogliamo  molto bene a Mortimer. (Pausa).

Marta –(a disagio) Ebbene, Jonathan, è un vero piacere averti rivisto.

Jonathan –(espansivo) Che Dio ti benedica, zia Marta! Fa bene sentirsi ancora a casa. (Siede. Le due donne si guardano desolate).

Abby – Marta, non dobbiamo far traboccare la pentola. (Le da una gomitata).

Marta – Sì, scusaci un momento, Jonathan… A meno che tu non abbia fretta di andare in qualche altro posto… (Jonathan la guarda in modo sinistro. Abby va in cucina, portando con sé i bicchieri di vino. Marta prende la bottiglia di vino dal tavolo e la mette nella credenza, poi si affretta dietro a Abby).

Einstein – Bene, Chonny, dove andiamo adesso? Bisogna decidersi subito. Alla polizia hanno le fotografie di quella faccia. Devo operarti immediatamente. Dobbiamo trovare un posto… e dobbiamo trovare un posto anche per il signor Spenalzo.

Jonathan – Non perdiamo tempo per quella carogna.

Einstein – Ma, Chonny, ce l’abbiamo sullo stomaco!

Jonathan – Al diavolo Spenalzo!

Einstein – Ma non possiamo lasciare un cadavere nella macchina! Non avresti dovuto ammazzarlo, Chonny. Era un brav’uomo, ci aveva dato un passaggio, e tu, per tutto ringraziamento…(Fa il gesto di strangolare).

Jonathan – Aveva detto che somigliavo a Boris Karloff. E’ colpa tua, dottore. Bel lavoro che hai fatto.

Einstein – Andiamo, Chonny. Troviamo un posto e io rimedio a tutto.

Jonathan – Devi farlo immediatamente.

Einstein – Chonny, mi darai prima da mangiare. Ho fame. Sono debole. (Abby entra e si dirige vivacemente da Jonathan. Marta rimane in attesa sulla porta).

Abby – Jonathan, siamo state molto liete che tu ti sia ricordato di noi e ti sia preso il disturbo di venirci a salutare. Ma tu non sei mai stato felice in questa casa e noi non siamo mai state felici finché tu ci sei rimasto. Quindi siamo venute a salutarti.

Jonathan –(dolce) Zia Abby, non posso dire che i tuoi sentimenti verso di me mi meraviglino. Ho passato molte ore a rimpiangere i dolori che vi ho dato da ragazzo.

Abby – Sei stato un vero fardello per noi, Jonathan.

Jonathan – Ma la mia delusione più grande è per il dottor Einstein. (Le zie guardano Einstein). Gli avevo promesso che, per quanta fretta avessimo avuto, lo avrei portato da zia Marta per fargli assaggiare uno dei suoi famosi pranzetti.

Marta – Ah…

Abby – Mi dispiace ma temo che non ci sia abbastanza…

Marta – Per questo, c’è un buon arrosto con patate…

Jonathan – Arrosto con patate!

Marta – Credo che il meno che possiamo fare è…

Jonathan – Grazie, zia Marta! Resteremo a cena!

Abby – Bene, facciamo presto, allora!

Marta – Vengo! (Va in cucina).

Abby – Se vuoi rinfrescarti un poco, Jonathan, puoi andare nel bagno del nonno, nel laboratorio.

Jonathan – E’ ancora lì?

Abby – Oh, sì, proprio come la lasciò. Io aiuterò Marta a preparare, visto che abbiamo molta fretta… (Esce in cucina).

Jonathan – Il laboratorio del nonno! (Guarda di sopra). E’ proprio come si trovava… Dottore, è una perfetta stanza operatoria!

Einstein – Peccato che non possiamo usarla.

Jonathan – Quando avrai finito con me, dottore, ci potremo fare una fortuna, quaggiù! Il laboratorio… quello stanzone nell’attico… Dieci letti, dottore… E Brooklyn che ha tanto bisogno di te!

Einstein – Calmati, Chonny. Le tue zie non ci vogliono qui.

Jonathan – Siamo rimasti a cena, no? Lascia fare a me, dottore. Questa casa sarà il nostro quartiere generale per degli anni.

Einstein – Oh, sarebbe bello, Chonny! Questa simpatica casa tranquilla! E quelle tue ziette, tanto care! So già di volere bene a tutto. (Si dirige alla porta) Prendo i bagagli, eh?

Jonathan – Dottore! Dobbiamo aspettare di essere invitati!

Einstein – Ma tu hai detto…

Jonathan – Ti assicuro che saremo invitati.

Einstein – E se dicono di no?

Jonathan –(feroce, con intenzione) Dottore… Due povere vecchiette… (Siede sul divano).

Einstein – (prendendo di tasca la fiasca del whisky e sdraiandosi sulla cassapanca) E’ come un bel sogno che diventa vero. Ma spero di non dovermi risvegliare. (Manda giù un sorso generoso) C’è tanta pace…

Jonathan –(stendendosi sul divano) Sì, dottore, è proprio questo che rende la casa perfettamente adatta a noi. E’ la casa più pacifica del mondo. (Teddy entra dalla cantina, manda un fortissimo richiamo col corno, poi marcia verso le scale e su, al piano superiore, mentre i due uomini guardano con un certo stupore il suo abbigliamento tropicale).

Teddy –(sul ballatoio) Carica! (Si precipita su per le scale e fuori di scena per la porta ad arco. Jonathan si è alzato a guardarlo. Anche il dottore lo fissa, poi tracanna un’altra sorsata).

Fine del primo atto


ATTO SECONDO

Jonathan è seduto in poltrona, pienamente a suo agio, fumando il sigaro del dopo cena. Abby e Marta, sedute sulla cassapanca, lo guardano con una nervosa attenzione, nell’atteggiamento di chi desidera che i suoi ospiti se ne vadano via. Einstein è felice e soddisfatto. La tavola è stata sparecchiata e la camera è in ordine.

 

Jonathan – Già, quei cinque anni di Chicago sono stati i più movimentati e i più felici della mia vita.

Einstein – E poi ce ne siamo andati a South Bend, nell’Indiana. (Scuote il capo deprecativamente. Jonathan gli da un’occhiata).

Jonathan – Non credo che le nostre esperienze nell’Indiana possano interessare le zie.

Abby – Bene, Jonathan, hai condotto una vita interessantissima. Ma non avremmo dovuto lasciarti parlare fino a così tardi. (Alzandosi). So che avete fretta di andare a… dove dovete andare…

Marta – Già… (Sia alza anche lei, eloquentemente).

Jonathan – Ma care zie, sono così pieno di quella deliziosa cena che non riesco a muovere un muscolo. (Manda una boccata dal sigaro).

Einstein – Oh, si sta proprio bene, qui! (Si distende ancora meglio).

Marta – Ma romai si è fatto tardi, e…(Teddy appare in cima alle scale, con il suo sombrero ed un altro sombrero in mano).

Teddy –(Si avvicina ad Einstein) Buon giorno, generale. Immagino sia qui per andare a Panama ad ispezionare la nuova chiusa. (Offre ad Einstein il sombrero).

Abby – No, Teddy, no a Panama!

Einstein – Ci andremo un’altra volta. Panama è troppo lontana!

Teddy – Sciocchezze, è qui giù in cantina.

Jonathan – In cantina?

Marta – Gli lasciamo scavare il canale di Panama in cantina.

Teddy – Generale, quale presidente degli Stati Uniti, comandante in capo dell’esercito e della marina e vostro principale, vi chiedo di accompagnarmi ad ispezionare la nuova chiusa.

Jonathan – Teddy, credo che sia ora di andare a letto, per te. (Teddy si volge a guardare Jonathan).

Teddy – Perdonate, chi siete voi?

Jonathan – Sono Topolino. Vai a letto.

Teddy – No, voi non siete Topolino, ma la vostra faccia mi è familiare. (Jonathan si irrigidisce). Fatemi pensare. Voi non siete nessuno che abbia conosciuto finora. Forse in seguito, nel mio viaggio in Africa, per esempio; sì, avete proprio l’aspetto di qualcuno che si può incontrare nella giungla. (Jonathan comincia a bollire).

Abby – E’ tuo fratello Jonathan, caro…

Marta – Si è fatto cambiare la faccia.

Teddy – Ah, ecco cos’è: uno stregone!

Abby – Forse faresti meglio ad andare a letto: lui ed il suo amico devono ritornare al loro albergo. (Jonathan guarda Abby e poi, alzandosi, si rivolge ad Einstein).

Jonathan – Generale, andate ad ispezionare il canale.

Einstein – Benissimo, signor presidente. Andiamo a Panama.

Teddy –(Dirigendosi alla porta della cantina) Ben, benone! (Einstein lo segue. Teddy apre la porta). Seguitemi, generale. E’ a sud, come sapete. (Einstein si mette il sombrero).

Einstein – Bene, buon viaggio. (Teddy esce, ed Einstein lo segue. Quando la porta della cantina si è chiusa, Jonathan si volge ad Abby).

Jonathan – Zia Abby, devo correggere il tuo equivoco. Tu hai parlato del nostro albergo. Noi non abbiamo albergo. Siamo venuti direttamente qui…

Marta – Beh, c’è un graziosissimo alberghetto proprio al secondo angolo della strada…

Jonathan – Zia Marta, questa è casa mia!

Abby – Ma Jonathan, tu non puoi restare qui. (Jonathan le dà un’occhiata). Noi abbiamo bisogno delle nostre camere.

Jonathan – Ne avete bisogno?

Abby – Sì, per i nostri inquilini.

Jonathan –(Allarmato per un momento) Ci sono inquilini, in questa casa?

Marta – Beh, in questo momento no, ma contiamo di averne.

Jonathan – Allora, la mia vecchia stanza è ancora libera.

Abby – Ma Jonathan, non c’è posto per dottor Einstein.

Jonathan – Dividerà la camera con me.

Abby – No, Jonathan, temo che tu non possa rimanere qui.

Jonathan –(freddamente) Il dottor Einstein ed io abbiamo bisogno di un posto per dormire. Poco fa avete rammentato che da ragazzo potevo diventare assai poco piacevole. Bene, credo che tutti noi vogliamo evitare delle cose… sgradevoli.

Marta –(ad Abby, spaventata) Forse faremmo meglio a tenerli, per questa notte.

Abby – Beh, solo per una notte, Jonathan.

Jonathan – D’accordo. Allora, se volete prepararmi la camera…

Marta –(dirigendosi alle scale) E’ già pronta. Non ha bisogno che di un po’ d’aria…

Abby – La teniamo sempre in ordine per mostrarla agli inquilini. Sono sicura che tu e il dottor Einstein la troverete comodissima.

Jonathan – Il dottor Einstein è un ospite di molto riguardo. Temo che non lo appreziate come si conviene. Ma ve ne accorgerete. In poche settimane vedrete un Jonathan completamente diverso.

Marta –(fermandosi sul ballatoio) Ma non può mica operarti qui!

Jonathan – Quando il dottor Einstei ed io ci organizzeremo e riprenderemo a lavorare… Dimenticavo di dirvi: trasformeremo il laboratorio del nonno in sala operatoria. Prevediamo di dover lavorare moltissimo.

Abby –(alla balaustra) Jonathan, non ti permetteremo di trasformare questa casa in un ospedale.

Jonathan – Un ospedale! Santo cielo, mai! Sarà un istituto di bellezza! (Einstein entra eccitato dalla cantina).

Einstein – Ehi, Chonny! Giù in cantina… (Vede le zie e tace).

Jonathan – Dottor Einstein, le mie care zie ci hanno invitato ad abitare con loro.

Einstein – E’… è già stabilito?

Abby – Beh, stasera dormirete qui…

Jonathan – Vi prego di approntarci subito la stanza…

Marta – Sì, ma…

Abby – Solo per questa sera. (Escono dirigendosi al secondo piano).

Einstein – Chonny, lo sai che cosa ho visto giù in cantina?

Jonathan – Che cosa?

Einstein – Il canale di Panama!

Jonathan – Il canale di Panama?

Einstein – Proprio quello che ci vuole per il signor Spenalzo! Una buca che ha scavato Teddy, larga un metro e lunga due!

Jonathan –(Indicando) Laggiù?

Einstein – Come se si aspettassero che avremmo portato con noi il signor Spenalzo! Chonny, questa è la vera ospitalità!

Jonathan – Un bello scherzo da fare alle mie zie, dottore: farle vivere in una casa con un cadavere seppellito in cantina!

Einstein – Come facciamo a portarlo dentro, Chonny?

Jonathan – Già, non possiamo farlo camminare attraverso la porta. (Guarda dalla porta alla finestra). Mettiamo la macchina tra la casa e il cimitero e, quando loro saranno andate a letto, porteremo dentro il signor Spenalzo attraverso la finestra.

Einstein – A letto! Che bellezza! Finalmente un vero letto! (Cava di tasca la bottiglia e fa per mandare giù un sorso).

Jonathan – Calma, dottore. Ricordati che domattina mi devi operare. E stavolta devi tenere la testa a posto.

Einstein – Vedrai, ti farò bellissimo!

Jonathan – Se non ci riesci… (Abby e Marta rientrano dal ballatoio).

Abby – La camera è pronta, Jonathan.

Jonathan –(dirigendosi alla porta di ingresso) Allora potete pure andare a letto, grazie. Noi portiamo la macchina dietro la casa.

Marta – Non ce n’è bisogno, sta bene dove si trova, fino a domattina. (Einstein ha aperto la porta).

Jonathan – Non voglio lasciarla nella strada, potrebbero darmi una multa. (Esce con Einstein).

Marta – Abby, che dobbiamo fare?

Abby –(scendendo le scale) Beh, innanzi tutto non li faremo restare più di una notte in casa nostra. Figurati che cosa penserebbero i vicini: gente che entra qui con una faccia e ne esce con un’altra.

Marta – Ma che faremo con il signor Hoskins?

Abby – Ah, già, il signor Hoskins. Non starà molto comodo, lì dentro. ha avuto tanta pazienza, povero caro. Credo che Teddy dovrebbe portarlo di sotto immediatamente.

Marta – Abby, non ho nessuna intenzione di invitare Jonathan al servizio funebre.

Abby – Oh, no, cara. Aspetteremo finché saranno andati a letto e poi verremo giù e faremo la cerimonia. (Teddy entra dalla cantina).

Teddy – Il generale è rimasto molto soddisfatto. Ha detto che il canale era proprio della misura giusta.

Abby – Teddy, c’è stata un’altra vittima delle febbre gialla.

Teddy – Oh, Signore! Questo impressionerà molto il generale!

Marta – E allora sarà meglio non dirgli niente.

Teddy – Ma è proprio il suo compito…

Abby – No, non bisogna dirglielo. Guasterebbe la sua visita, Teddy.

Teddy – Mi dispiace, zia Abby, ma non è in mio potere. Bisogna dirglielo assolutamente. E’ una questione di competenza militare, capisci.

Abby – No, Teddy, bisognerà mantenerlo segreto.

Marta – Sì!

Teddy – Un segreto di stato?

Abby – Precisamente. Un segreto di stato!

Marta – Prometti?

Teddy – Avete la parola del presidente degli Stati Uniti. Che mi si spezzi il cuore e si disperda la vita. (Giura facendosi una croce sul cuore e sputando per terra). Ora vediamo un po’, come faremo a mantenerlo segreto?

Abby – Ecco, tu ritorni in cantina e quando io spengo la luce – quando è buio – tu vieni su e porti quel poveretto giù nel canale. Vai, Teddy.

Marta – Noi verremo giù più tardi per il servizio.

Teddy – Potete annunciare che il presidente dirà qualche parola. (Si dirige alla cantina, poi si ferma). Dov’è quel disgraziato?

Marta – Nella cassapanca.

Teddy – Sembra che l’epidemia si allarghi. Non avevamo mai avuto casi di febbre gialla da quelle parti, prima. (Esce in cantina).

Abby – Quando Jonathan e il dottor Einstein ritorneranno, li manderemo subito a letto.

Marta – Sì, così saranno addormentati quando noi avremo finito di vestirci per il funerale. Abby, io non nemmeno visto il signor Hoskins, ancora…

Abby – Oh, è vero! Eri fuori. Bene, vieni a vederlo adesso. (Si dirigono alla cassapanca). E’ davvero molto simpatico, per essere un metodista. (Marta sta per alzare il sedile della cassapanca quando Jonathan caccia la testa tra le tendine della finestra. Esse fanno un salto indietro impaurite).

Jonathan – Portiamo dentro i nostri bagagli da qui. (Scavalca ed entra nella stanza).

Abby – La vostra stanza vi aspetta. Potete andare subito su. (Due valigie ed una larga borsa medica vengono passate attraverso la finestra. Jonathan le poggia sul pavimento).

Jonathan – Credo che il nostro orario non sia quello delle buone famiglie di Brooklyn. Voi due correte pure a letto…

Abby – Ma dovete essere molto stanchi, tutti e due, e noi non abbiamo l’abitudine di andare a letto tanto presto.

Jonathan – Oh, ma fate male. E’ una vera fortuna che sia venuto io a prendermi cura di voi.

Marta – Beh, non pensavamo di andare a letto prima di…

Jonathan –(severo) Mi hai sentito, zia Marta? Ho detto di andare a letto. (Marta si ritira verso le scale. Einstein viene dalla finestra). Porta i bagagli di sopra. Gli strumenti andranno nel laboratorio domattina. (Poggiando la borsa degli strumenti vicino alla cassapanca). Dottore, la porteremo in laboratorio domattina. (Chiude la finestra). E adesso andiamo tutti a letto. (Einstein si avvia per le scale e giunge al ballatoio di sopra, dove si ferma).

Abby – Aspetterò che siate saliti per spegnere le luci. (Si avvicina all’interruttore).

Jonathan – Un’altra rampa, dottore. Vieni su, zia Marta. (Marta va alla porta sul ballatoio e la apre. Einstein passa attraverso l’arco con i bagagli e Jonathan si ferma sul ballatoio, guardando giù verso Abby). Puoi spegnere, zia Abby.

Abby –(Guardando verso la porta della cantina) Vengo subito.

Jonathan – Andiamo, svelta! Spegni la luce!

(Abby spegne. Jonathan aspetta finché Abby sia venuta su e lei e Marta abbiano chiuso la porta della loro stanza, poi si volge ed esce attraverso l’arco. La scena è interamente oscura. Teddy apre la porta della cantina, guarda fuori, vede che tutto è tranquillo, accende la luce in cantina e si dirige verso la cassapanca. Nell’oscurità si ode il famigliare cigolio dei cardini del sedile della cassapanca che viene aperto. Alcuni secondi dopo si vede l’ombra debole di Teddy che porta un fardello, passa attraverso la porta della cantina, e chiude la porta dietro a sé, eliminando ogni luce dalla scena. Dopo qualche minuto, Jonathan ed Einstein vengono fuori dal ballatoio. Jonathan accende un cerino e facendosi lume scende le scale).

Einstein –(Sul ballatoio, ascoltando alla porta delle zie) Va bene, Chonny, vai pure. (Scende).

Jonathan – Io apro la finestra. Tu vai fuori e me lo passi.

Einstein – Chonny, è troppo pesante per me. Vai tu fuori e spingilo dentro. Io sto qui e lo tiro. Poi insieme lo portiamo a Panama.

Jonathan – va bene, ma fai presto. Io vado a dare un’occhiata intorno alla casa. Quando batto sui vetri tu apri la finestra. (Jonathan esce dalla porta di ingresso, chiudendosela dietro. Einstein si dirige alla finestra, tenendo in mano un cerino acceso. Sbatte contro il tavolo, si brucia il dito e lo sentiamo succhiarsi il dito bruciato. Continua a dirigersi verso la finestra nell’oscurità. Poi lo sentiamo cadere rumorosamente).

Einstein – Accidenti! (Accende un altro cerino, e alla sua luce ondeggiante vediamo che è caduto dentro la cassapanca). Dove sono andato a finire? Ah, è qui. Ma chi l’ha lasciata aperta? Cretini! (Udiamo battere sul vetro mentre lui chiude la cassapanca e poi lo sentiamo aprire la finestra). Chonny? Ok. Allez-oop! Un momento, Chonny. Non sento l’altra gamba. Ah, ecco, ora l’ho presa. (Si ode il rumore di un corpo che cade e uno zittio dall’esterno). Ero io, Chonny. Sono scivolato.

Jonathan –(da fuori) Zitto!

Einstein – Gli s’era sfilata la scarpa. (Pausa). Ecco fatto. Ci sono. Pfiu! (Nel silenzio si ode una bussata alla porta). Chonny! C’è qualcuno alla porta! Vai, svelto! No, faccio io, qui. Vai! (Una seconda bussata. Un momento di silenzio, poi si ode il cigolio del cardine, il rumore di Einstein che colloca nella cassapanca il corpo del signor Spenalzo, poi un altro cigolio del coperchio che viene chiuso. Una terza bussata alla porta, che viene aperta, che viene aperta e al debole chiarore di una lontana lampada stradale, vediamo Elena che fa capolino nella stanza).

Elena –(Chiamando sottovoce) Miss Abby! Miss Marta! (Entra nel fioco fascio di luce e si dirige verso il centro della stanza, chiamando verso le scale) Miss Abby! Miss Marta! (Jonathan entra in fretta e lo sentiamo chiudere la porta. Elena si gira e sussulta). Chi è? Siete voi, Teddy? (Jonathan avanza verso di lei). Chi siete?

Jonathan – E voi chi siete?

Elena – Sono Elena Harper; abito qui a fianco.

Jonathan – E che venite a fare? (Einstein passa intorno ad Elena, dirigendosi verso la porta d’ingresso).

Elena – Sono venuta a trovare miss Abby e miss Marta.

Jonathan – Accendi la luce, dottore. (Einstein accende la luce). Temo che abbiate scelto un momento inopportuno per la vostra visita. (La oltrepassa dirigendosi alla finestra, sicuro di trovarvi il corpo del signor Spenalzo. Non lo trova e ne resta stupefatto).

Elena –(facendosi coraggio) Credo che dovreste spiegarmi che cosa state facendo qui.

Jonathan – Noi abitiamo qui. (Jonathan guarda fuori dalla finestra, continuando a cercare lo scomparso signor Spenalzo).

Elena – Non è vero. Vengo tutti i giorni in questa casa e non vi ho mai visto prima. Dove sono miss Abby e miss Marta? Che cosa le avete fatto?

Jonathan – Forse sarà bene che ci presentiamo. Questo è il dottor Einstein…

Elena – Il dottor Einstein? (Jonathan va a guardare sotto il tavolo per trovare il corpo di Spenalzo).

Jonathan – Un chirurgo di grande distinzione e… (Non trovando il cadavere). Una specie di mago.

Elena – E suppongo che adesso mi direte che voi siete Boris… (Jonatahan si irrigidisce e dice seccamente).

Jonathan – Io sono Jonathan Brewster.

Elena –(quasi spaventata) Oh… voi siete Jonathan…

Jonathan – Vedo che avete sentito parlare di me.

Elena – Sì… proprio oggi… per la prima volta.

Jonathan – E che cosa vi hanno detto?

Elena – Che c’era un altro fratello, chiamato Jonathan… ecco… Bene, questo spiega tutto. Ora che so chi siete posso tornare a casa. (Corre alla porta e la trova chiusa). Se per favore volete aprirmi la porta… (Jonathan va ad aprire la porta. Elena fa per avvicinarvisi, ma Jonathan si volge e la ferma con un gesto).

Jonathan – “Questo spiega tutto”? Che volete dire? E perché siete venuta qui a quest’ora di notte?

Elena – Mi era parso di vedere delle figure sospette aggirarsi intorno alla casa. Immagino che eravate voi. (Jonathan torna a chiudere a chiave la porta, lasciando la chiave nella serratura. Einstein e Jonathan si muovono entrambi lentamente verso Elena).

Jonathan – Vi è parso di vedere delle figure sospette?

Elena – Sì, ma non eravate voi, fuori? Non è vostra quella macchina?

Jonathan – Oh, avete visto qualcuno nella macchina!

Elena – Sì!

Jonathan – E che altro avete visto?

Elena – Nient’altro. E’ tutto. E’ per questo che sono venuta.  Volevo dire a miss Abby di chiamare la polizia. Ma se eravate voi, ed è la vostra macchina, non c’è bisogno di disturbare miss Abby. Quindi ma ne vado. (Fa un passo verso la porta. Jonathan le blocca la strada).

Jonathan – Che cosa faceva l’uomo vicino alla macchina?

Elena – Non so. Capite, stavo venendo qui…

Jonathan – Mi pare che diciate delle bugie.

Einstein – No, Chonny, credo che dica la verità. Lasciamola andare, dammi retta.

Jonathan – Io credo invece che dica delle bugie. Penetrare in una casa a quest’ora di notte. Credo che sia pericolosa. Non bisognerebbe lasciarla girare liberamente. (Le prende un braccio. Ella si tira indietro).

Elena –(spaventata) Levatemi le mani di dosso…

Jonathan – Ed ora, cara signorina… (La porta della cantina si apre improvvisamente e ne viene fuori Teddy, che la chiude sbattendola. Tutti sussultano. Teddy li guarda).

Teddy –(dolcemente) Sarà un funerale strettamente privato. (Si dirige verso i gradini).

Elena –(lottando) Teddy! Teddy! Dite a questi uomini chi sono io!

Teddy – E’ mia figlia, Alice! (Elena lotta per liberarsi da Jonathan).

Elena –(Sempre lottando) No! No! Teddy! Teddy!

Teddy – Via, Alice, non fare la monella. Non dare fastidio ai signori. (Giunge al primo pianerottolo, estrae la sua spada immaginaria). Carica! (Carica su per le scale ed esce).

Elena – Teddy! Teddy! (Jonatahan le gira il braccio dietro la schiena e le chiude la bocca con la mano).

Jonathan – Dottore, il fazzoletto! (Prende il fazzoletto di Einstein con la mano libera e incomincia a introdurglielo in bocca. Nell’abbandonare la stretta nel fare ciò, Elena lascia andare un grido. Jonathan le rimette la mano sulla bocca). Dottore, la cantina! (Einstein apre la porta della cantina, poi corre a spegnere la luce. Jonathan spinge Elena in cantina e aspetta finché Einstein  si unisca a lui e lo aiuti a tenerla. Nell’oscurità sentiamo).

Abby – Ma che succede?

Marta – Che stanno facendo laggiù? (Jonathan chiude la porta della cantina su Elena ed Einstein mentre Abby accende la luce del ballatoio. Abby e Marta sono sul ballatoio, vestite per il funerale del signor Hoskins. Il signor Hoskins ha ricevuto l’omaggio di un lutto stretto ed elaborato).

Abby – Che cosa c’è? Che state facendo? (Jonathan tiene chiusa la porta della cantina).

Jonathan – Abbiamo catturato un ladro, uno scassinatore. Tornate pure in camera vostra.

Abby – Allora chiamiamo la polizia! (Comincia a scendere).

Jonathan – L’abbiamo già chiamata noi. Pensiamo noi a tutto. Tornate in camera vostra. (Abby continua a scendere). Avete capito? (Abby si volta come per tornare a salire quando la maniglia della porta esterna viene girata e poco dopo si ode bussare. Tutti si voltano a guardare verso la porta. Abby riprende a scendere). Non rispondere! (Elena corre fuori dalla cantina, Einstein la segue cercando di afferrarla).

Elena – Miss Abby! Miss Marta!

Marta – Ma è Elena! (Una fortissima bussata alla porta. Abby si affretta ad aprirla e Mortimer entra portando una valigia. Alla vista di lui Elena corre nelle sue braccia. Egli lascia cadere la valigia e la abbraccia. Einstein e Jonathan si sono ritirati verso la porta della cucina, pronti  a correre fuori da lì).

Elena – Oh, Mortimer, dove sei stato?

Mortimer – Al teatro Bayes, e avrei fatto meglio a non andarci. (Vede Jonathan). Mio Dio, sono ancora lì?

Abby – Questo è tuo fratello Jonathan e… e questo è il dottor Einstein. (Mortimer gira lo sguardo per la stanza).

Mortimer – So bene che non è un incubo, ma allora che cos’è?

Jonathan – Sono tornato a casa, Mortimer.

Mortimer –(guardando lui e Abby) Chi hai detto che è?

Abby – Tuo fratello Jonathan. Si è fatto cambiare la faccia. Il dottor Einstein l’ha operato.

Mortimer – Jonathan, sei sempre stato un orrore, ma che bisogno c’era di prenderne anche l’aspetto? (Jonathan fa un passo verso di lui. Einstein gli tira la giacca).

Einstein – Calma, Chonny, calma!

Jonathan – Mortimer, hai dimenticato le cose che ti facevo una volta? Ti ricordi quando ti legai alla spalliera del letto, con gli aghi sotto le unghie? Ti consiglio di non cercare altri guai, adesso.

Mortimer – Già, mi ricordo. Mi ricordo che eri la più detestabile, malvagia e velenosa forma di animale che abbia mai visto. (Jonathan si fa teso e muove un altro passo verso Mortimer. Abby si intromette fra di loro).

Abby – Via, via, ragazzi, non cominciate a litigare appena vi rivedete.

Mortimer – Non preoccupatevi, zia Abby, non ci sarà nessuna lite. Jonathan, tu non sei desiderato qui, e perciò vattene.

Jonathan – Il dottor Einstein ed io siamo stati invitati a rimanere.

Mortimer – Oh, no, non in questa casa!

Abby – Solo stanotte!

Mortimer – Non posso tollerarlo vicino a me.

Abby – Ma noi li abbiamo invitati per questa notte, Mortimer, e non sarebbe simpatico ritirare la parola.

Mortimer –(cedendo con riluttanza) Va bene, allora, per questa notte. Ma domattina, per prima cosa, fuori! Dove dormiranno?

Abby – Nella vecchia stanza di Jonathan.

Mortimer –(Prendendo le valigie e dirigendosi alle scale) E’ la vecchia stanza mia. Ci vado io, lì. Sono venuto qui per rimanerci.

Marta – Oh, Mortimer, come sono contenta!

Einstein –(a Jonathan) Chonny, noi non possiamo dormire quaggiù.

Mortimer – Meno male che l’avete capito.

Einstein – Tu dormi sul divano e io sulla cassapanca.

Mortimer –(Fermandosi istantaneamente al ricordo del signor Hoskins) La cassapanca! Oh, beh, smettiamo di discutere. Su quella cassapanca posso benissimo dormirci io, stanotte. (Scendendo mentre parla). Dormirò io sulla cassapanca.

Einstein – Chonny… tutta questa discussione… mi fa pensare al signor Spenalzo.

Jonathan – Spenalzo! Oh, Mortimer, non c’è nessuna ragione perché tu ti debba disturbare. Dormiremo noi quaggiù.

Mortimer – Jonathan, questi tuoi improvvisi riguardi verso di me non mi convincono affatto.

Einstein – Vieni, Chonny, portiamo via le nostre cose dalla stanza.

Mortimer – Non datevi fastidio, dottore.

Jonathan – Sai, dottore, ho completamente perduto le tracce del signor Spenalzo.

Mortimer – Chi è questo signor Spenalzo?

Einstein –(sulle scale) Un amico nostro che Chonny stava cercando.

Mortimer – Non portate nessun altro qui dentro!

Einstein –(rassicurante) E’ a posto, Chonny. Più tardi ti dirò. (Jonathan prende a salire).

Abby – Ma senza bisogno che vi disturbiate, io posso dormire con Marta e Mortimer può venire in camera mia.

Jonathan –(sul ballatoio) Nessun disturbo, zia Abby. In due minuti porteremo via tutto e Mortimer avrà la sua stanza.

Mortimer – Aspettate! Vi ho già detto che voglio dormire qui. (Jonathan esce attraverso l’arco. Mortimer si dirige verso le scale e batte contro Elena). Oh, Elena!

Elena – Mortimer!

Mortimer – Che cos’hai, cara?

Elena – Mi hanno quasi ammazzata!

Mortimer – Ti hanno quasi… Abby! Marta! (Dà un rapido sguardo alle zie).

Marta – E’ stato Jonathan.

Abby – L’aveva presa per una ladra.

Elena – No, c’è qualcosa di più. dev’essere un maniaco. (Si stringe di nuovo a Mortimer). Mortimer, ho paura di lui.

Mortimer – Oh, cara, ma tu tremi! (La fa sedere sul divano. Alle zie). Non avete mica dei sali?

Marta – No, ma non credi che del te caldo o del caffè…

Mortimer – Caffè. fatene un poco anche per me. E dei panini. Non ho mangiato niente.

Marta – Vi porteremo qualcosa a tutti e due. (Abby si toglie il cappello e i guanti e li mette sulla credenza).

Abby – Marta, possiamo lasciare qui i nostri cappelli.

Mortimer – Non stavate mica uscendo, vero? Sapete che ora è? Mezzanotte passata. Mezzanotte! (Dà un rapido sguardo alla porta della cantina, ricordandosi). Elena, tu puoi andare a casa.

Elena – Come?

Abby – Ma non hai detto che volevi dei panini per te e per Elena? Li prepariamo in un minuto.

Marta – Ricordati che volevamo festeggiare il vostro fidanzamento. E ora lo faremo. Abbiamo una buona cenetta per voi, e apriremo una bottiglia di vino.

Mortimer –(riluttante) Va bene. (Le zie escono in cucina. Grida loro dietro). Ma niente vino!

Elena –(alzandosi) Mortimer, che sta succedendo in questa casa?

Mortimer – Che vuoi dire?

Elena – Tu avresti dovuto portarmi a cena e a teatro, stasera, e hai cambiato idea. Mi hai chiesto di sposarti, io ho detto di sì, e cinque minuti dopo mi hai messo fuori di casa. Adesso, appena dopo che tuo fratello ha cercato di strangolarmi, vuoi subito mandarmi via. Ora, senti: prima di andarmene, voglio sapere che cosa devo pensare. Tu mi ami o no?

Mortimer –(avvicinandosi a lei) Ti amo molto, Elena. E ti amo al punto che non posso sposarti!

Elena –(ritraendosi) Ma sei diventato pazzo?

Mortimer – Ancora no, ma è questione di tempo. (La fa sedere sul divano).  Capisci, la pazzia scorre nelle nostre vene. (Guarda verso la cucina). Galoppa, direi! E’ per questo che non posso sposarti, cara.

Elena –(non convinta) Un momento. Non può essere tutto qui.

Mortimer – E’ così, cara. C’è una strana maledizione, nel sangue dei Brewster. Se tu conoscessi veramente la mia famiglia…

Elena – Beh, ora solo perché Teddy…

Mortimer – Oh, no, risale a molto più indietro. Il primo Brewster, quello che venne in America coi puritani… Ebbene, sai che in quei tempi i pellirosse avevano l’abitudine di scotennare i pionieri. Lui, invece, scotennava i pellirosse.

Elena – Mortimer, ma questa è storia antica.

Mortimer – No, è tutta la famiglia, ti dico! Prendi mio nonno: provava le sue medicine sui morti per essere sicuro di non ammazzarli!

Elena – Non era poi tanto pazzo. Ha guadagnato milioni.

Mortimer – E poi c’è Jonathan. Hai detto tu stessa che è un maniaco. Ha tentato di ucciderti.

Elena – Ma è tuo fratello, non sei tu. Ed io sono innamorata di te.

Mortimer – E Teddy? Lo conosci bene, quello. Crede di essere Roosevelt.

Elena – Anche Roosevelt crede di essere Roosevelt.

Mortimer – No, mia cara, nessun Brewster dovrebbe mai sposarsi. Mi accorgo ora che se avessi incontrato in tempo mio padre, lo avrei fermato a tutti i costi.

Elena – Ma caro, tutto questo non prova affatto che anche tu debba essere pazzo. Guarda le tue zie, per esempio. Anche loro sono delle Brewster, no? Eppure sono le persone più sane e più care che io conosco.

Mortimer – (Dando un’occhiata verso la cassapanca e avvicinandosi) Beh, anche loro hanno qualche piccola stranezza… (Elena si allontana da lui).

Elena – Sì, ma sono tutte stravaganze simpatiche. Gentilezza, generosità, simpatia umana! (Mortimer alza il sedile per dare una sbirciatina al signor Hoskins e vede il signor Spenalzo).

Mortimer –(tra sé) Ce n’è un altro!

Elena –(volgendosi a lui) Ce ne sono molte altre, ma non potrai dirmi niente sulle tue zie che io non sappia già.

Mortimer – E non ho intenzione di dirtelo! (Avvicinandosi a Elena). Elena, devi proprio andare a casa. E’ successo qualcosa di molto importante.

Elena – Ma dove è successo? Qui siamo soli!

Mortimer – Elena, lo so che agisco in modo irrazionale, ma ti prego, attribuiscilo al fatto che sono un po’ pazzo, come tutti i Brewster.

Elena – Se credi di potertene uscire da tutto questo fingendo di essere matto, sei pazzo. Forse tu non mi sposerai. Ma io ti sposerò! Ti amo, stupidone!

Mortimer –(spingendola verso la porta) Bene, se mi ami, te ne vuoi andare fuori di qui?

Elena – Per lo meno accompagnami a casa! Ho paura!

Mortimer – Paura! Sono solo quattro passi attraverso il cimitero!

Elena –(Cambiando tattica) Mortimer, vuoi almeno darmi un bacio di saluto? (Mortimer le si avvicina).

Mortimer – Certo. (Quello che Mortimer aveva pensato sarebbe stato un fuggevole avvicinamento, è mutato da Elena in un numero d’eccezione. Mortimer, tuttavia, ne esce senza perdere la calma). Buona notte, cara. Ti chiamerò tra un giorno o due. (Lei si dirige alla porta con un freddo furore, l’apre e fa per uscire, poi gira sui tacchi verso Mortimer).

Elena – Dilettante… Critico! (Esce sbattendo la porta. Mortimer si volge e si precipita con decisione verso la porta della cucina).

Mortimer – Zia Abby! Zia Marta! Venite qui!

Abby –(da fuori) Un momento, caro.

Mortimer – Venite subito! (Abby entra dalla cucina).

Abby – Che cosa vuoi, Mortimer? Dov’è Elena?

Mortimer – Mi avevi promesso di non far entrare in casa nessuno, finché ero fuori.

Abby – Beh, Jonathan è entrato da solo.

Mortimer – Non parlo di Jonathan.

Abby – E il dottor Einstein era con lui.

Mortimer – Non parlo nemmeno del dottor Einstein. Chi è quell’uomo nella cassapanca?

Abby – Te l’abbiamo detto… è il signor Hoskins.

Mortimer – Non è il signor Hoskins! (Apre la cassapanca. Abby va a guardare e vede il signor Spenalzo).

Abby –(stupita alla vista di uno sconosciuto) E chi potrà essere?

Mortimer – Vorresti dirmi che non l’hai mai visto prima?

Abby – Certamente! Questa è bella! Sembra che tutti credano di poter entrare liberamente in casa nostra!

Mortimer – Senti, zia Abby. Non pensare di uscirtene così. Questo è un altro dei vostri “signori”.

Abby – Mortimer, quest’uomo è un impostore! Se è venuto qui per farsi seppellire nella nostra cantina, si sbaglia!

Mortimer – Zia Abby, tu hai ammesso di aver nascosto il signor Hoskins nella cassapanca.

Abby – Sì.

Mortimer – Bene, allora non può essere stato il signor Hoskins a dare l’idea a quest’altro. A proposito, dov’è il signor Hoskins?

Abby – Dev’essere andato a Panama.

Mortimer – Lo avete seppellito!

Abby – Non ancora, è giù ad aspettare il funerale, povero caro! Non abbiamo avuto un minuto di tempo, con Jonathan in casa.

Mortimer – Jonathan… (Alla menzione del nome di Jonathan, chiude la cassapanca).

Abby – Abbiamo sempre desiderato di poter fare un doppio funerale, ma non possiamo leggere un officio funebre per un perfetto sconosciuto.

Mortimer – Uno sconosciuto! Zia Abby, come posso crederti? Ci sono dodici uomini in cantina e tu riconosci di averli avvelenati.

Abby –(con una mossa di orgoglio) Lo riconosco. Ma questo non vuol dire che io debba essere una bugiarda. (Si avvicina indignata verso la cucina chiamando). Marta! (Mortimer comincia a passeggiare. Jonathan, avendo saputo dove si trova Spenalzo, entra da sopra e scende in fretta le scale, dirigendosi alla cassapanca. Vede Mortimer e si ferma).

Jonathan – Mortimer, vorrei dirti una parola.

Mortimer – Ho tempo solo per una parola, Jonathan, perché ho deciso che tu e il tuo amico dottore dovrete andarvene di qui il più presto possibile.

Jonathan – Sono lieto che tu riconosca che io e te non possiamo vivere sotto lo stesso tetto. Ma la soluzione è sbagliata. Sei tu che prenderai le valigie e te ne andrai! (Si dirige verso la cassapanca).

Mortimer – Jonathan, stai cominciando ad annoiarmi. (Gira intorno al tavolo, mettendosi davanti a Jonathan). Hai progettato di trascorrere una notte Brooklyn. Sbrigati.

Jonathan –(Scivola oltre Mortimer e va a sedersi sulla cassapanca). Sono io che resto e tu che te ne vai, e subito, anche.

Mortimer – se credi di spaventarmi, Jonathan…

Jonathan –(Alzandosi e confrontandosi con Mortimer) Ho vissuto una strana vita, Mortimer, ma ho imparato una cosa: a non avere paura di niente. (Per un secondo si fissano l’un l’altro con uguale coraggio. Abby rientra dalla cucina, seguita da Marta).

Abby – Marta, vai a guardare chi c’è nella cassapanca. (I due uomini si gettano entrambi sulla cassapanca e parlano e gesticolano simultaneamente).

Mortimer e Jonathan – Ma, zia Abby… (Il viso di Mortimer si illumina. Si alza e dice con sorridente sicurezza).

Mortimer – Jonathan, fai vedere a zia Marta chi c’è nella cassapanca. (Jonathan si irrigidisce pericolosamente). Zia Abby, devo chiederti scusa. Ho una buonissima notizia per te. Jonathan ci lascia. Porterà con se il dottor Einstein e il suo compagno più freddo. (Si avvicina a Jonathan). Tu sei mio fratello, Jonathan, e sei un Brewster. Ti darò la possibilità di andartene e di portare via la prova. Non chiedermi di più. (Jonathan non si muove). Benissimo. In questo caso, dovrò chiamare la polizia. (Si dirige al telefono).

Jonathan – Non alzare quel telefono. (Si avicina rapidamente a Mortimer). Vuoi darmi ancora degli ordini dopo che hai visto cosa è successo al signor Spenalzo?

Marta – Spenalzo?

Abby – Lo dicevo che era uno straniero!

Jonathan –(a Mortimer) Ricordati: quello che è successo al signor Spenalzo, può succedere anche a te! (Una bussata alla porta. Viene aperta e il sergente O’Hara caccia la testa dentro).

O’Hara – Oh, salve…

Abby – Buonasera, sergente. C’è qualcosa che possiamo fare per voi?

O’Hara – Ho visto le luci accese, e ho pensato che qualcuno potesse star male. Oh, avete ospiti. Scusate se vi ho disturbato. (Mortimer corre da O’Hara e lo tira nella stanza).

Mortimer – No, no, affatto! Entrate!

Abby – Sì, entrate!

Marta – Venite, sergente. Questo è nostro nipote Mortimer.

O’Hara – Piacere di conoscervi.

Abby – E questo è un altro nostro nipote, Jonathan.

O’Hara – Felice di fare la vostra conoscenza. Beh, è molto simpatico che i vostri nipoti vengano a trovarvi. Si tratterranno per qualche giorno?

Mortimer – Io sì. Mio fratello Jonathan sta per andarsene. (Jonathan si avvia verso le scale. O’Hara lo ferma).

O’Hara – Dite, non ci siamo mai incontrati, noi?

Abby – Temo di no. Sono anni che Jonathan non viene a casa.

O’Hara –(a Jonathan) Eppure la vostra faccia ha un aspetto familiare. Forse avrò visto qualche vostro ritratto, in qualche posto…

Jonathan – Non credo. (Si affretta a salire).

Mortimer – Se fossi in te mi sbrigherei, Jonathan. Hai già pronte le valigie, no? (Jonathan esce).

O’Hara – Bene, vi lascio ai vostri saluti. Scappo. (Si dirige alla porta).

Mortimer –(fermandolo) Ma perché tanta fretta? Vorrei farvi restare finché mio fratello non va via.

O’Hara – Ma ho dato solo un’occhiata per vedere se tutto era a posto…

Mortimer – Prenderemo il caffè tra un minuto. Non volete accomodarvi con noi?

Abby – Già, avevo dimenticato il caffè. (Corre via).

Marta – Farò bene a fare qualche panino di più. Ormai conosco il vostro appetito, signor O’Hara. (Va in cucina).

Abby – Signor O’Hara, non vi dispiace mangiare in cucina?

O’Hara – E in quale altro posto si deve mangiare? (Esce in cucina seguito da Abby).

Mortimer –(Chiudendo la porta della cucina dietro ad Abby e parlando da solo) Jonathan, sono contento che tu sia tornato a Brooklyn, perché mi hai dato la possibilità di cacciarti via. (Apre la cassapanca). E il primo ad uscire sarà il tuo amico, il signor Spenalzo. (Esce in cucina).

Jonathan –(Scendendo le scale e poggiando i bagagli) Dottore, quest’affare tra mio fratello e me dev’essere sistemato.

Einstein – Andiamo, Chonny, abbiamo già abbastanza guai. Tuo fratello ci permette di squagliarcela, cosa vuoi di più?

Jonathan – Non mi capisci, dottore. (Apre la cassapanca). Questo è un conto in sospeso da molti anni.

Einstein – Via, Chonny, andiamocene.

Jonathan – Non ce ne andremo. Noi dormiremo qui, stanotte.

Einstein – Con un poliziotto in cucina e il signor Spenalzo nella cassapanca?

Jonathan – Stai a sentire, dottore. (Chiude la cassapanca). Porteremo fuori il signor Spenalzo e lo butteremo a mare, poi torneremo, e se lui cerca di darci fastidio…

Einstein – Ma via, Chonny…

Jonathan – Dottore, sai bene che quando una cosa è stabilita nel mio cervello…

Einstein – Quando una cosa è stabilita nel tuo cervello allora perdi la testa. Brooklyn non è un posto buono per te, Chonny.

Jonathan –(in tono di comando) Dottore!

Einstein – Ok! Va bene… finché non andrà male. (Indica i bagagli). Se torniamo, dobbiamo portarceli appresso?

Jonathan – No. Lasciali qui. (Guarda verso l’alto poi verso la porta della cantina). Nascondili in cantina. (Einstein si dirige alla porta della cantina con la borsa degli strumenti). Presto! Spenalzo, poi, potrà uscire nello stesso modo in cui è entrato. (Einstein esce in cantina. Jonathan porta gli altri bagagli vicino alla porta della cantina, poi apre la finestra. Einstein viene su dalla cantina, molto eccitato).

Einstein – Ehi, Chonny! Vieni a vedere!

Jonathan – Che c’è?

Einstein – Sai quella buca in cantina?

Jonathan – Ebbene?

Einstein – Bene… C’è nato qualche cosa. (Entrambi scompaiono in cantina. Mortimer entra dalla cucina finendo un panino e guarda la stanza. vede le due valigie e nota la finestra aperta. Va a guardare nella cassapanca e vede che il signor Spenalzo è ancora lì, la chiude e inginocchiandovisi sopra, si sporge dalla finestra e chiama sottovoce).

Mortimer – Jonathan! Jonathan! (Jonathan ed Einstein escono dalla cantina senza che Mortimer se accorga e vengono avanti nella stanza). Jonathan!

Jonathan – Sì, Mortimer…

Mortimer –(volgendosi e vedendo Jonathan, con ira) Dove siete stati? Vi avevo detto di…

Jonathan – Noi non ce ne andiamo.

Mortimer – Ah no, eh? Credete che non parli sul serio? Volete che vada a dire alla polizia chi c’è nella cassapanca? (Aprendo la porta della cucina).

Jonathan –(calmo) Vuoi che vada a dire alla polizia chi c’è in cantina?

Mortimer –(Chiudendo immediatamente la porta) In cantina?

Jonathan – C’è un anziano signore, laggiù, e sembra ben sicuro di essere morto.

Mortimer – Che cosa siete andati a fare in cantina?

Jonathan – E “lui” che cosa è andato a fare in cantina? (Si ode la voce di O’Hara fuori scena).

O’Hara –(fuori scena) No, grazie, grazie! Ne ho già mangiati parecchi! (Entra). Erano buonissimi!

Mortimer –(spingendo O’Hara verso la porta esterna) Non dovevate tornare alla polizia? Se non sbaglio dovevate andare in ufficio a dare il cambio! Vi accompagno! (Lo fa uscire dalla porta di ingresso, poi si volge a prendersi il cappello). (A Jonathan) Mi libererò  di questo accidenti e tornerò tra cinque minuti. Immagino che non ci sarete più. Aspettatemi. (Esce, chiudendo la porta).

Jonathan – Lo aspetteremo, dottore. Ho aspettato per molti anni un’occasione come questa.

Einstein – Lo abbiamo colto in castagna! Hai visto che aria colpevole?

Jonathan – Riporta i bagagli in camera nostra, dottore. (Va alla finestra e la chiude. Abby entra, asciugandosi le mani sul grembiule, seguita da Marta, che ha un piattino e uno strofinaccio in mano).

Abby – Se ne sono andati? (Vede Jonathan e Einstein). Oh… Ci era parso di sentire qualcuno che se andava…

Jonathan – Era Mortimer, ma tornerà tra qualche minuto. C’è rimasto niente da mangiare, in cucina? Il dottor Einstein ed io avremmo il piacere di mettere qualcosa sotto i denti.

Marta – Ma non avrete il tempo…

Abby – Già, se Mortimer vi troverà ancora qui, non gli piacerà molto!

Jonathan – Preparateci qualcosa da mangiare, mentre noi andiamo a seppellire il signor Spenalzo in cantina.

Marta – Oh, no!

Abby –(molto animata) Non può stare nella nostra cantina, Jonathan. Devi portarlo via con te!

Jonathan – C’è un amico di Mortimer, là sotto, che lo aspetta.

Abby – Un amico di Mortimer?

Jonathan – Lui e il signor Spenalzo andranno d’accordo benissimo. Sono tutti e due morti!

Marta – Devono alludere al signor Hoskins.

Einstein – Il signor Hoskins?

Jonathan – E così voi sapete quello che c’è là sotto?

Abby – Certo che lo sappiamo, e non è un amico di Mortimer. E’ uno dei nostri signori.

Marta –(con fermezza) E non permetteremo che degli estranei vengano sepolti nella nostra cantina.

Jonathan – Ma il signor Hoskins…

Marta – Il signor Hoskins non è un estraneo.

Abby – E poi non c’è spazio per il signor Spenalzo. La cantina è già piena!

Jonathan – Piena? E di che?

Abby – Ci sono dodici tombe laggiù, oramai.

Jonathan – Dodici tombe!?!

Abby – Quindi ci resta ben poco spazio e noi ne avremo bisogno.

Jonathan – Vuoi dire che tu e zia Marta avete assassinato…

Abby – Assassinato! Certamente no! E’ una delle nostre opere buone.

Marta – Lo facciamo soltanto per misericordia.

Abby –(con un gesto definitivo) Perciò portate fuori di qui il vostro signor Spenalzo!

Jonathan –(stupito e impressionato) Voi avete fatto questo… qui in casa… e li avete seppelliti laggiù?

Einstein – Chonny, siamo stati inseguiti per tutto il mondo… e loro se ne sono rimaste qui a Brooklyn e hanno avuto lo stesso risultato.

Jonathan – Che vuoi dire?

Einstein – Anche tu ne hai fatti fuori dodici, Chonny. Proprio come loro.

Jonathan –(con orgoglio ferito) Io ne ho fatti fuori tredici.

Einstein – No, dodici, Chonny.

Jonathan – Tredici! C’è il signor Spenalzo! Poi il primo a Londra, due a Johannesburg, uno a Sidney, uno a Melbourne, due a San Francisco, uno a Phoenix, Arizona…

Einstein – Phoenix?

Jonathan – La stazione di rifornimento. I tre di Chicago e quello di South Bend, che fanno tredici.

Einstein – Ma, Chonny, non puoi contare quello di South Bend. E’ morto di polmonite!

Jonathan –(difendendo il suo record) Ma non avrebbe preso la polmonite se io non gli avessi sparato.

Einstein – No, Chonny, è morto di polmonite, non lo puoi contare.

Jonathan – E io lo conto! Ho detto tredici!

Einstein – No, Chonny, sono dodici. E sono dodici anche i loro. Le vecchie signore sono brave quanto te.

Jonathan –(girando sui tacchi verso di loro) Ah sì, eh? La vedremo subito! Non me ne serve che uno! Appena uno di più! (Mortimer entra in fretta, chiudendo la porta dietro di sé, e si volge verso di loro con un sorriso nervoso).

Mortimer – Bene… Eccomi qua! (Jonathan guarda Mortimer spalancando gli occhi come qualcuno che abbia appena risolto un problema).

Jonathan – Uno soltanto!

Fine del secondo atto
ATTO TERZO

Il sipario si leva sulla scena vuota; si odono delle voci, voci in disaccordo, che giungono dalla cantina, attraverso la porta aperta.

Marta –(fuori scena) Smettetela! Basta!

Abby –(fuori scena) Questa è cosa nostra, la cantina è nostra e non avete il diritto di farlo!

Einstein –(fuori scena) Signore! Per favore andate di sopra, dov’è il vostro posto.

Jonathan –(fuori scena) Marta! Abby! Andate via!

Marta –(fuori scena) E’ inutile fare quello che state facendo, perché tanto dovrete disfarlo!

Abby –(fuori scena) Vi dico che noi non lo permetteremo! (Marta entra dalla cantina)

Marta – Ve ne accorgerete! Vedrete chi è il padrone di casa, qui! (Va alla porta sulla strada, l’apre e guarda fuori. Abby entra dalla cantina. Entrambe le donne hanno i cappelli in testa)

Abby – Vi avverto per l’ultima volta! Smettetela! (A Marta) Non è tornato ancora Mortimer?

Marta –(chiude la porta) No.

Abby – E’ una cosa terribile, seppellire un buon metodista insieme a uno straniero!

Marta – Non permetterò che la nostra cantina venga profanata!

Abby – E avevamo promesso al signor Hoskins un funerale cristiano in tutta regola… Dove credi che sia andato Mortimer?

Marta – Non so. Ma starà certamente facendo qualche cosa. Prima di uscire ha detto a Jonathan: “Aspetta e vedrai che aggiusterò tutto!”.

Abby – Sì, ma non può aggiustare niente finché non è in casa. (Voltandosi verso la porta della cantina) Noi non vogliamo altro che si aggiustino le cose laggiù. (Mortimer entra dalla strada, recando in mano le carte per il ricovero in manicomio di Teddy).

Mortimer –(cupo) Bene. E ora dov’è Teddy?

Abby – Mortimer, dove sei stato?

Mortimer – Dal dottor GilChrist. Gli ho fatto firmare le carte per il ricovero di Teddy.

Marta – Ma che ti è venuto in mente?

Abby – Andare in giro a quest’ora per farsi firmare le carte!

Marta – Lo sai che sta facendo Jonathan?

Abby – Sta mettendo sotto terra il signor Hoskins insieme al signor Spenalzo.

Mortimer – Ah, si, eh? Beh, lasciatelo fare. Teddy è in camera sua?

Marta – Teddy non servirebbe a niente.

Mortimer – Quando Teddy avrà firmato queste carte, allora me la vedrò con Jonathan.

Abby – Ma che c’entrano con Jonathan?

Mortimer – Non potevate fare a meno di dire a Jonathan di quelle dodici tombe? Se riuscirò a far credere che Teddy sia il responsabile di esse, sarò riuscito a proteggervi, non capite?

Abby – No, non capisco. Noi paghiamo le tasse e abbiamo la polizia che ci protegge.

Mortimer –(dirigendosi alle scale) Scendo subito.

Abby – Vieni Marta. (a Mortimer). Noi andiamo a chiamare la polizia. (Mortimer si precipita giù per le scale alla porta di ingresso).

Marta – Ma perché non vuoi?

Mortimer – Perché se parlate del signor Spenalzo, troveranno anche il signor Hoskins: e questo potrebbe incuriosirli e far trovare loro anche gli altri undici.

Abby – Mortimer, noi conosciamo la polizia meglio di te. Non credo che si intrometterebbero nei nostri affari privati se noi chiedessimo loro di non farlo.

Mortimer – Ma se troveranno i vostri dodici signori dovranno pur fare un rapporto alla centrale.

Marta –(tirandosi su i guanti) Non credo che se ne prenderanno la pena. Dovrebbero fare un rapporto molto lungo, e se c’è una cosa che i poliziotti detestano è lo scrivere.

Mortimer – Non potete contare su questo! E non crediate che un giudice o una giuria vi capirebbero!

Marta – Il giudice Cullman sì.

Abby –(aggiustandosi i guanti) Lo conosciamo benissimo.

Marta – Viene sempre a pregare in chiesa prima delle elezioni.

Abby – E un giorno verrà a prendere il te da noi. Ce l’ha promesso.

Marta – Dovremo parlare anche a lui, Abby. (a Mortimer) Sua moglie è morta alcuni anni fa e lo ha lasciato completamente solo al mondo.

Abby – Vieni, Marta. (si dirige verso la porta, ma Mortimer ci arriva prima).

Mortimer – Non potete farlo, non ve lo permetterò. Non lascerete questa casa e non inviterete il giudice Cullman a prendere il te.

Abby – Beh, se tu non vuoi fare nulla per la faccenda del signor Spenalzo, saremo costrette ad andare.

Mortimer – Ma io sto facendo moltissimo! Potremo chiamare la polizia più tardi, ma quando lo faremo voglio essere la sicuro.

Marta – Devi mandare via Jonathan da questa casa!

Abby – E il signor Spenalzo pure!

Mortimer – Per piacere, volete lasciarmi fare a modo mio? Devo prima parlare con Teddy. (Si dirige alle scale).

Abby – Se appena si fa giorno non saranno fuori di qui, noi andremo a chiamare la polizia. (Mortimer si volge, in cima alle scale).

Mortimer – Saranno fuori, ve lo prometto! Andate a letto, ora, volete? E per amor di Dio, levatevi questi abiti: sembrate due gerarchi fascisti! (Esce).

Marta – Beh, questo è un sollievo, Abby.

Abby – Se Mortimer si decide a fare qualcosa, Jonathan si metterà nei guai senza accorgersene. Sarà bene avvertirlo. (Jonathan viene su dalla cantina) Jonathan, faresti bene a smettere quello che stai facendo.

Jonathan – E’ già fatto. Era la voce di Mortimer, poco fa?

Abby – Beh, allora bisognerà disfarlo. All’alba dovrete essere tutti fuori di casa.

Jonathan – Ah, davvero? Beh, se è così, tu e zia Marta potete andarvene a letto e passare una notte tranquilla.

Marta –(sempre un po’ spaventata da Jonathan) Si. Vieni, Abby. (Si dirigono su per le scale).

Jonathan – Buona notte, ziette. (Le sorelle si voltano in cima alle scale).

Abby – Non buona notte, Jonathan, ma addio! Quando ci alzeremo, tu non sarai più in casa. Mortimer ce l’ha promesso.

Marta – E credo che sarà capace di mantenerlo, anche!

Jonathan – Allora Mortimer è tornato?

Abby – Sì, è di sopra a parlare con Teddy.

Marta – Addio, Jonathan.

Abby – Addio, Jonathan.

Jonathan –(calmo) Forse fareste meglio a dire addio a Mortimer.

Abby – Oh, lo vedrai tu, Mortimer.

Jonathan –(teso) Sì, lo vedrò io.

(Abby e Marta escono. Jonathan resta in piedi senza muoversi. La sua mente è occupata da un’idea omicida. Dopo una notevole pausa, Einstein viene su dalla cantina spolverandosi. calza le scarpe del signor Spenalzo).

Einstein – Pfui! Tutto è fatto. Liscio come l’olio. Nessuno saprà mai che stanno laggiù. (Jonathan sta sempre immobile) Ho proprio voglia di farmi un sonnellino. Sono quarantotto ore che non chiudiamo occhio. Vieni, Chonny, andiamo su. (Gli occhi di Jonathan si muovono verso Einstein).

Jonathan – Ti dimentichi di qualcuno, dottore.

Einstein – Di chi?

Jonathan – Di mio fratello Mortimer.

Einstein – Oh, stanotte? Ho troppo sonno. Lo faremo domattina…

Jonathan – No, adesso. Subito!

Einstein – Ti prego, Chonny… Sono stanco… Domani devo operare…

Jonathan – E domani opererai. Ma stanotte dobbiamo sistemare Mortimer.

Einstein – No, adesso andiamo a letto, eh?

Jonathan – Dottore, guardami! (Einstein lo guarda e si scuote raddrizzandosi) Vedi bene che bisogna farlo, no?

Einstein – Ah, Chonny, lo vedo sì! Lo conosco quello sguardo!

Jonathan – Ed è troppo tardi ormai per sciogliere la nostra società.

Einstein – Va bene, Chonny, lo faremo. Ma alla svelta, eh? La strizzatina londinese… (Esemplifica chiaramente torcendo in un istante un ipotetico collo).

Jonathan – No, dottore, credo che questa volta ci voglia qualche cosa di speciale. (Jonathan comincia a pregustare un raro piacere) Forse, il metodo di Melbourne…

Einstein – No, Chonny! Quello no! Due ore! E quando tutto è finito, l’uomo è morto tale e quale come quello di Londra!

Jonathan – A Londra abbiamo dovuto lavorare troppo in fretta. Nessuna soddisfazione estetica. Invece Melbourne… Quella sì, che è una cosa da ricordare!

Einstein – Ricordare! (Rabbrividisce) Vorrei potermelo dimenticare. No, Chonny, Melbourne no… Io non…

Jonathan – Sì, dottore… Dove sono gli strumenti?

Einstein – Io non lo farò, Chonny! Non lo farò!

Jonathan – Prendi gli strumenti!

Einstein – No, Chonny!

Jonathan – Dove sono? Oh, sì. Li hai nascosti in cantina. Dove?

Einstein – Non te lo dirò!

Jonathan – Li troverò ugualmente, dottore. (Va in cantina. Einstein passeggia disperatamente per un momento. Teddy esce sul ballatoio con il suo corno e lo alza come per suonarlo. Mortimer si lancia dietro di lui e lo afferra).

Mortimer – Non lo fate, signor Presidente!

Teddy – Non posso firmare un proclama senza aver consultato il mio Gabinetto!

Mortimer – Ma questo deve essere segreto.

Teddy – Un proclama segreto? Che cosa insolita! Allora, vado a mettermi il mio abito per la firma. (Esce. Mortimer scende. Einstein prende il cappello di Mortimer dall’attaccapanni e gli va incontro ai piedi delle scale).

Einstein – Andate via, eh? (Porge a Mortimer il cappello).

Mortimer – No, dottore, aspetto qualcuno… Una persona molto importante. (Getta il cappello sul divano).

Einstein –(Spingendo Mortimer verso la porta) Vi prego, andatevene.

Mortimer – Dottor Einstein, non ho niente contro di voi, personalmente. Mi sembrate una brava persona. Se volete un buon consiglio, andate via da questa casa, e il più lontano possibile. Ci sono guai all’orizzonte.

Einstein – Guai, eh? Andatevene voi!

Mortimer – Va bene, ma non ditemi che non vi ho avvisato.

Einstein – Sono io che avviso voi, e di andarvene alla svelta!

Mortimer – Da un momento all’altro ne scoppieranno delle belle, qui intorno.

Einstein –(guardando nervosamente verso la cantina) Ed io vi dico che Chonny è in un brutto stato. Quando è così, è come un pazzo. E succedono cose… Cose terribili!

Mortimer – Jonathan non mi preoccupa affatto.

Einstein – Ma santo Dio, quelle commedie che vedete non vi hanno insegnato un po’ di buon senso?

Mortimer – Ah, vi pare? Voi credete che i personaggi delle commedie si comportino intelligentemente. Avreste dovuto vedere quel piccolo colosso di questa sera, per esempio… In quella commedia c’è un uomo… (Jonathan entra dalla cantina portando la borsa degli strumenti. Si ferma sulla porta, senza essere visto da Mortimer) che, a quanto pare, dovrebbe essere uno stupido. Ebbene, lui sa di trovarsi in una casa dove ci sono degli assassini… dovrebbe sapere quindi di essere in pericolo. Per di più, viene avvisato di andarsene dalla casa. E cosa fa, invece? Ci resta. Ora io vi domando: una persona intelligente agirebbe in questo modo?

Einstein – E me lo domandate!

Mortimer – Non ha nemmeno il buon senso di spaventarsi, di stare in guardia. Per esempio, l’assassino lo invita ad accomodarsi.

Einstein – Volete dire… “Accomodatevi, prego?”

Mortimer – Pare impossibile, ma c’era proprio questa battuta.

Einstein – E lui che cosa fa?

Mortimer – Si siede! E ricordatevi che non è presentato come un idiota. (Mortimer si siede). Eccolo lì, bello pronto per lasciarsi cucinare. E immaginate con che cosa lo legano… Con il cordone della tenda! (Jonathan, che stava cercando qualcosa con cui legare Mortimer,  trova che è un’ ottima idea. Estrae il coltello e si dirige alla finestra).

Einstein – Beh, perché no? E’ una buona idea. Molto comodo. (Jonathan taglia il cordone della tenda).

Mortimer – Un po’ troppo comodo. Quando si decideranno, i commediografi, ad usare un po’ più di fantasia? (Jonathan ha raccolto il cordone e si sta muovendo dietro a Mortimer) Il cordone della tenda!

Einstein – E lui non lo vede quando lo taglia?

Mortimer – Macché! Lui sta seduti lì, con le spalle voltate! E questo è il genere di roba che dobbiamo digerirci quasi ogni sera! Poi si dice che sono i critici che ammazzano il teatro! Lui se ne sta seduto lì, il cretinone, questo tipo che dovrebbe essere intelligente, e non aspetta altro che di essere legato e imbavagliato. (Jonathan fa cadere il cordone su Mortimer e lo lega alla spalliera della sedia. Contemporaneamente Einstein salta su Mortimer, gli trae di tasca il fazzoletto e lo imbavaglia. Jonathan si avvicina a fianco di Mortimer).

Einstein –(legando le gambe di Mortimer) Avete proprio ragione circa quel tale… Non si può dire che abbia molto cervello.

Jonathan – E ora, se non ti dispiace, Mortimer, finirò la storia a modo mio! (Mortimer manda dei suoni inintelligibili. Jonathan va alla credenza, porta i candelabri sul tavolo ed accende le candele. Spegne le luci, lasciando la stanza illuminata soltanto dalle candele. Prende la borsa degli strumenti e la poggia sul tavolo in mezzo ai candelabri) Ed ora, dottore, al lavoro!

Einstein – Ti prego, Chonny, fallo per me… Il metodo spiccio, eh?

Jonathan – Dottore, questa deve essere un’opera d’arte! Dopo tutto, ci esibiremo davati ad un distintissimo critico!

Einstein – Chonny…

Jonathan –(di scatto) Dottore!

Einstein – E va bene. Avanti! (Jonathan toglie dalla borsa parecchi strumenti, maneggiandoli come potenziali accessori alla tortura. L’ultimo è una lunga sonda, che egli avvicina al viso di Mortimer. Infine comincia ad infilarsi i guanti di gomma. Einstein prende di tasca una bottiglia e la trova vuota) Chonny, ho bisogno di mandare giù qualche sorso, non posso farlo senza una buona bevuta.

Jonathan – Forza, dottore, in gamba!

Einstein – Devo bere, Chonny. Quando siamo entrati qui, oggi, c’era del vino là (indica la tavola) ti ricordi? Dove l’hanno messo? (Si rammenta) Ah… (Va alla credenza. L’apre e trova il vino) Guarda, Chonny! (Porta la bottiglia di vino alla tavola, con due bicchieri) Abbiamo da bere. (Versa il vino, vuotando la bottiglia. Mortimer, che non ha fatto che agitarsi sulla sedia, vedendo la bottiglia si ferma e quindi resta a guardare Jonathan ed Einstein) Non ce n’è più. Divideremo insieme. Anche tu hai bisogno di un bicchiere! (Porge un bicchiere a Jonathan, poi alza il suo e sta per bere).

Jonathan – Un momento, dottore, prego! Che maniere sono le vostre? (A Mortimer) Caro Mortimer, mi accorgo ora che la vera ragione del mio ritorno a Brooklyn è stata quella di rivedere te. Quindi, alla tua salute! (Leva il bicchiere, odora il vino, esita, poi propone un feroce brindisi). Dottore, al mio povero, caro fratello! (Hanno portato i bicchieri alle labbra quando Teddy, vestito di tutto punto, esce sul ballatoio e manda un terribile richiamo con il corno. Einstein e Jonathan fanno cadere i loro bicchieri, versando il vino. Teddy si volta ed esce di nuovo).

Einstein – Maledizione!

Jonathan – Al diavolo quell’idiota! Dopo toccherà a lui! Bisogna fare pulizia, qui! (Si precipita alle scale).

Einstein – No, Chonny, teddy no! Io mi fermo a questo. Teddy no! (Intercetta Jonathan ai piedi delle scale).

Jonathan – Lo prenderemo dopo! Adesso dobbiamo lavorare svelti per forza!

Einstein – Bene… Il sistema di Londra, allora?

Jonathan – Sì, il sistema di Londra. (Corre dietro a Mortimer, cavando di tasca un largo fazzoletto di seta e passandolo intorno al collo di Mortimer. Una bussata alla porta, Jonathan ed Einstein sussultano. La porta si apre e il sergente O’Hara entra).

O’Hara – Ehi, il colonnello deve smetterla di suonare quel corno! (Jonathan ed Einstein si mettono rapidamente davanti a Mortimer).

Jonathan – Proprio così, sergente. Stavamo proprio andando a levarglielo.

O’Hara – I vicini hanno già protestato, e sentirete domattina! Avevamo detto loro che sarebbe stata finita!

Jonathan – Non succederà più, sergente. Buona notte.

O’Hara – Sarà meglio che vada a dirglielo io. Dov’è la luce? (O’Hara accende la luce. Einstein e Jonathan si precipitano verso la porta della cucina ma si fermano quando la luce si accende. O’Hara chiude la porta e sidirige su per le scale. Mortimer borbotta sotto il bavaglio. O’hara si volta e lo vede). Ehi, mi avete piantato in asso, poi! (Scende. Mortimer tenta di parlare. O’Hara si volge a Einstein) Che gli è successo?

Einstein – Ci stava spiegando la commedia che ha visto stasera. E’ così che avevano legato un personaggio del lavoro.

O’Hara – Era proprio così nella commedia? (Mortimer annuisce). Accidenti, l’hanno praticamente rubato dal secondo atto del mio lavoro. A proposito, vi ho detto che scrivo commedie? Nel mio secondo atto, poco prima che… No, sarà bene che cominci dal principio. La scena si apre nel camerino di mia madre, dove io sono nato… però io non sono nato ancora. (Mortimer borbotta e muove la testa) Che? Ah, sì. (Si avvicina a Mortimer e sta per togliere il bavaglio, poi ci ripensa). No! Dovete prima sentire l’intreccio! (Attacca entusiasticamente il racconto del suo interccio) Dunque, lei sta seduta davanti alla toletta, quando la porta si apre improvvisamente ed entra un uomo con dei baffi neri…

(L’audio si fa sempre più veloce, come quando viene fatto girare un nastro velocemente. Anche i movimenti si fatto più veloci, a simulare il veloce scorrere del tempo. Un orologio potrebbe fare il resto. Quando la voce e la mimica tornano normali, la luce del giorno filtra dalle finestre. Mortimer è sempre legato sulla sedia e appare in uno stato di semi-incoscienza. Jonathan è addormentato sul divano vicino alle scale e ogni tanto russa sonoramente. Einstein, piacevolmente ebbro, è seduto ad ascoltare. C’è una bottiglia di whisky sul tavolo, e due bicchieri. O’Hara, senza giacca e col colletto sbottonato, è giunto alla scena più emozionante del suo lavoro).

O’Hara – …Dunque… Sono passati tre giorni. Io sono stato trasferito e sto facendo un’indagine per scoprire chi mi ha rubato la piastrina di riconoscimento. Mi trovo a Staten Island, 46° distretto, e sto seguendo un tale quando mi accorgo che veramente è lui che segue me… (Una bussata alla porta). Non fate entrare nessuno. (Einstein corre alla finestra sulle scale e guarda fuori). Allora penso di metterlo nel sacco. All’angolo c’è una casa vuota e io ci entro.

Einstein –(guardando fuori) Sono poliziotti!

O’Hara – Resto lì al buio e vedo che la maniglia della porta viene girata…

Einstein –(scuotendo Jonathan per le spalle che nel frattempo si è addormentato) Chonny! Le guardie! Le guardie! (Einstein corre su per le scale).

O’Hara – Allora tiro fuori la pistola, indietreggio contro il muro e grido: “Entrate!”. (Brophy e Klein entrano, vedono O’Hara con la rivoltella puntata verso di loro e cominciano ad alzare le mani. Einstein esce da sopra). Salve ragazzi!

Brophy –(riconoscendo O’Hara) Ma che diavolo stai facendo qui?

O’Hara – Ehi, Pat, non lo sapevi? Questo è Mortimer Brewster! Scriveremo insieme la mia commedia! Gli stavo raccontando il soggetto.

Klein – E hai dovuto legarlo per farti dare ascolto? (Va a sciogliere Mortimer).

Brophy – Joe, faresti meglio a presentarti subito alla sezione. Tutti gli agenti sono stati mandati alla tua ricerca.

O’Hara – E anche voi siete stati mandati qui per me?

Brophy – No, siamo venuti ad avvisare le padrone di casa che i vicini stanno facendo un pandemonio perché il colonnello è tornato a suonare il corno stanotte.

Klein – Dal modo in cui si sono precipitati alla polizia, pareva che i tedeschi fossero sbarcati a New York.

Brophy – Il capo è sul sentiero di guerra. Mi dispiace, ma dice che il colonnello deve essere rinchiuso immediatamente. (Klein aiuta Mortimer a rialzarsi).

Mortimer –(debolmente) Ha ragione! (Si dirige vacillando verso le scale. O’Hara lo segue).

O’Hara – Sentite, signor Brewster, adesso devo andare, quindi vi racconterò il terzo atto in quattro e quattr’otto!

Mortimer – Via da me, voi! (Brophy va al telefono e chiama un numero).

Klein – Ehi, sapete che ora è? Sono le otto passate.

O’Hara – Davvero? Accidenti, signor Brewster, credo che i primi due atti siano un po’ troppo lunghi. Ma non vedo che cosa possiamo tagliare.

Mortimer – Possiamo tagliare tutto. (Brophy vede Jonathan sul divano).

Brophy – E chi diavolo è questo?

Mortimer – E’ mio fratello.

Brophy – Oh, quello che fuggì di casa? Così è tornato…

Mortimer – Già, è tornato. (E’ giunto in cima alle scale).

Brophy –(al telefono) Sono Brophy. Chiamami Mac. (A O’Hara) E’ meglio avvertirli subito che ti abbiamo trovato, Joe. (Klein si è avvicinato a Jonathan e lo sta guardando. Brophy guarda O’Hara). Mac? Di al tenente che la caccia all’uomo è finita. L’abbiamo trovato. A casa Brewster. (Jonathan si sveglia improvvisamente e si trova due poliziotti accanto). Volete che lo portiamo con noi? Ok, va bene. (Riaggancia. Jonathan è ora in piedi tra i due poliziotti, sicuro di essere stato intrappolato).

Jonathan – E così, me l’avete fatta è? (Brophy e Klein lo guardano con interesse). E va bene, mi avete preso! Immagino che dividerete la taglia con quel piccioncino da richiamo di mio fratello!

Klein – La taglia? (Istintivamente Klein e Brophy afferrano Jonathan per un braccio).

Jonathan – Ma adesso ho anch’io una piccola sorpresa! Voi pensate che le mie zie siano delle care, simpatiche vecchiette, non è vero? Bene, ci sono tredici cadaveri sepolti nella loro cantina!

Mortimer –(Esce da sopra chiamando) Teddy! Teddy!

Klein – Ma che diavolo state dicendo?

Brophy – Fate attenzione a quello che dite sulle vostre zie… sono nostre amiche!

Jonathan – Vi farò vedere! Ve lo proverò! Venite in cantina con me! (Comincia a tirarli verso la porta della cantina).

Klein – Un minuto!

Jonathan – Tredici cadaveri! Vi mostrerò dove li hanno seppelliti!

Klein –(Rifiutando di lasciarsi prendere in giro) Ah, davvero, eh?

Jonathan – Allora, non volete vedere quello che c’è in cantina? (Brophy lascia il braccio di Jonathan).

Brophy – Va in cantina con lui, Jack.

Klein –(Allontanandosi da Jonathan) Non credo di avere molta voglia di andare in cantina con lui. Guarda quel muso. Ha la faccia di Boris Karloff. (Jonathan, sentendo menzionare Boris Karloff, salta alla gola di Klein).

Brophy – Che vi piglia, adesso?

Klein – Ehi, Pat, tiralo via! (Brophy da un colpo in testa a Jonathan con il suo randelletto  e lo fa cadere privo di sensi). Ma guarda un po’!

Brophy – Aiutami a rivoltarlo, ho il sospetto che sia un ricercato. (Klein e Brophy voltano Jonathan. Brophy lo scruta attentamente). Altro che se è ricercato! E’ scappato dal manicomio criminale, è un condannato a vita! Santo cielo, era descritto proprio così: ha la faccia di Boris Karloff!

Klein – E stava cercando di farci andare in cantina. Diceva che ci sono tredici cadaveri seppelliti laggiù.

Brophy –(Vista la situazione, O’Hara se ne esce alla chetichella. Teddy entra da sopra e scende). Porta questo tizio in un’altra stanza e fallo rinvenire. Vedi se riesci a sapere qualcosa del suo complice, quello che l’ha aiutato a fuggire. Anche lui è ricercato. (Klein si piega su Jonathan).  Bersi quella razza di storia: tredici cadaveri seppelliti in cantina! (Teddy è giunto al fianco di Brophy).

Teddy – Ma ci sono davvero tredici cadaveri in cantina.

Brophy –(Volgendosi a lui) Certo, certo. E magari anche un deposito di munizioni!

Teddy – Ve lo assicuro, generale. Parola del presidente Roosvelt!

Brophy – A proposito, presidente. Quello di stanotte è l’ultimo corno che avete suonato!

(Klein tira Jonathan verso la cucina. Teddy lo segue. Mortimer entra da sopra portando le carte per il ricovero di Teddy e scende le scale).

Mortimer – Tenente, scusate, vorrei parlarvi di mio fratello Teddy… a proposito del corno.

Brophy – Signor Brewster, non c’è niente da discutere al riguardo: dev’essere portato via.

Mortimer – Sono perfettamente d’accordo con voi, tenente. Anzi, ho disposto già tutto. Ho fatto firmare dal dottor Gilchrist la notte scorsa questi documenti per il ricovero. Anche Teddy li ha firmati poco fa, come vedete. Ed io ho firmato come suo parente. (Brophy guarda i documenti. Einstein entra in fretta dall’arco, vede il poliziotto e si ritira).

Brophy – E dove sarà ricoverato?

Mortimer – A Happy Dale.

Brophy – Va bene. Non mi importa dove vada, basta che se ne vada.

Mortimer – Oh, statene certo. Ma voglio che voi sappiate che tutto quello che è successo qui è stato opera di Teddy. Circa quei tredici cadaveri in cantina, poi…

Brophy – Già, quei tredici cadaveri in cantina! Non gli basta di spaventare i vicini e di disturbare i loro sonni con quel corno! Vi immaginate cosa succederebbe se questa storiella fantastica dei tredici cadaveri in cantina andasse in giro?

Mortimer –(Enormemente sollevato e con una risatina imbarazzata) Tredici cadaveri! Vi pare che qualcuno potrebbe mai credere una storia simile?

Brophy – Non si può mai dire. Certa gente è così cretina da crederci. E poi, alle volte, non si sa che cosa pensare… (Una bussata alla porta).

Mortimer – Scusate! (Va ad aprire e fa entrare Elena e il signor Witherspoon, un anziano signore dalle labbra sottili, che porta una borsa).

Elena –(Vivace) Buon giorno, Mortimer!

Mortimer – Buon giorno, cara.

Elena – Questo è il signor Witherspoon. E’ il direttore di Happy Dale. E’ venuto a prendere Teddy.

Brophy – Benissimo. I documenti sono già pronti. (Teddy entra dalla cucina).

Teddy –(Guardandosi indietro) E’ un’insubordinazione! Ve ne pentirete amaramente! (Viene avanti nella stanza sdegnato). Quando il presidente degli Stati Uniti viene trattato in un modo simile, dove andrà a finire il paese?

Brophy – Ecco il vostro uomo, direttore.

Mortimer – Un momento! (Si avvicina a Teddy e gli parla con grande deferenza). Signor Presidente, ho una buonissima notizia per voi. Il termine del vostro mandato è scaduto.

Teddy – E’ già il 4 marzo?

Mortimer – Praticamente.

Teddy – Vediamo un po’! (Riflette). Oh… allora devo andare alle cacce grosse in Africa! Bene, devo prepararmi immediatamente. (Attraversa la stanza, vede Witherspoon, ritorna da Mortimer e gli parla sottovoce). Ha intenzione di venire a stabilirsi alla Casa Bianca ancora prima che io me ne sia andato?

Mortimer – Chi, Teddy?

Teddy –(Indicando Witherspoon) Kennedy!

Mortimer – Non è il signor Kennedy. E’ il signor Witherspoon. sarà la tua guida in Africa.

Teddy – Ben, benone! (Va a stringere la mano al signor Witherspoon). Aspettatemi qui, porto giù il mio equipaggiamento. (Marta ed Abby entrano da sopra e scendono le scale. Alle zie, passando loro accanto su per le scale). Addio, zia Abby. Addio, zia Marta. Vado in Africa. Non è magnifico? (E’ giunto al pianerottolo). Carica! (Carica su per le scale ed esce).

Marta – Buon giorno, Mortimer.

Mortimer – Buon giorno, care.

Marta – Buon giorno Elena. Bene, abbiamo visite.

Mortimer – Zia, il tenente è qui… sai che Teddy è tornato a suonare il corno la notte scorsa.

Marta – Sì, gli parleremo e lo faremo smettere.

Brophy – Credo che la cosa non sia così semplice, miss Brewster.

Mortimer – Non ti ho ancora presentato il signor Witherspoon… il direttore di Happy Dale.

Abby – Piacere.

Marta – Oh, siete venuto a conoscere Teddy…

Brophy – E’ venuto a prenderselo.

Mortimer – Mie care zie, Teddy deve andarsene via oggi.

Abby – Oh, no!

Marta – Mai, finché noi saremo vive!

Brophy – Mi dispiace, miss Brewster, ma non se ne può fare a meno. I documenti sono già stati firmati e lui dovrà andare via con il direttore.

Abby – Noi non lo permetteremo! Vi promettiamo che gli leveremo il corno!

Marta – Non ci lasceremo mai separare da Teddy!

Brophy – Capisco i vostri sentimenti, signore, ma le legge è legge. Anche lui ha acconsentito ad andare, e dovrà andare.

Abby – Bene, se dovrà andare, andremo anche noi con lui.

Marta – Sì, dovrete prenderci insieme con lui.

Mortimer – Beh, e perché no?

Witherspoon –(a Mortimer) E’ molto affettuoso da parte loro, ma è impossibile. capite, noi non possiamo tenere delle persone sane a Happy Dale.

Marta – Signor Witherspoon, se ci lascerete vivere con Teddy, noi ci ricorderemo di Happy Dale nel nostro testamento, e per una somma generosa.

Witherspoon – Dio sa se ne avremmo bisogno, ma temo proprio…

Brophy – Andiamo, signore, rendetevi conto che non è possibile. Mi fate stare qui a perdere la mattinata quando chissà quanti delitti ci sono ancora da scoprire a Brooklyn.

Mortimer – Altro che! (Infatti ne rammenta qualcuno) Oh, davvero?

Brophy – Non si tratta soltanto del suono del corno e della paura che provoca nel vicinato, ma, capite, le cose non farebbero che peggiorare. Prima o poi saremmo costretti a venire a scavare nella vostra cantina.

Abby – Nella nostra cantina?

Brophy – Già. Vostro nipote va dicendo che ci sono tredici cadaveri seppelliti nella vostra cantina.

Abby – Ma è vero!

Marta – Se è per questo che credete che Teddy debba andare via, venite giù in cantina con noi e vi proveremo che è vero.

Abby – Ce ne è uno, il signor Spenalzo, che non deve stare laggiù, ed andrà via al più presto; ma gli altri dodici sono i nostri signori. (Mortimer va a mettersi davanti alla porta della cantina per impedirne l’ingresso).

Mortimer – Non credo che il tenente abbia voglia di scendere in cantina.

Abby – E inoltre le tombe sono tutte segnate. Ci mettiamo i fiori ogni domenica!

Brophy – I fiori! (Riflette e si avvicina a Witherspoon). Direttore, non credete che potrebbe essersi spazio da voi anche per queste signore?

Witherspoon – Beh, io… Dovrebbero esserci affidate…

Mortimer – Teddy ha dichiarato di venire spontaneamente. Non potrebbero fare altrettanto?

Witherspoon – Certamente!

Marta – Oh, se potremo venire con Teddy firmeremo i documenti. Dove sono?

Abby – Sì, dove sono? (Le sorelle vanno a sedersi al tavolo, pronte per firmare. Witherspoon prende i documenti dalla sua borsa. Klein entra dalla cucina).

Klein –(A Brophy) Rinviene, tenente.

Brophy – Fatele firmare, direttore! Voglio farla finita con tutto questo affare! Tredici cadaveri! (Va in cucina con Klein. Witherspoon e Mortimer traggono le stilografiche).

Witherspoon –(a Marta) Firmate qui, prego. (Marta prende la sua penna).

Mortimer –(Porgendo ad Abby la sua penna) E tu qui, zia Abby.

Abby – Sono proprio contenta di andarmene, il quartiere era tanto cambiato, in questi ultimi anni.

Marta – Pensa, avere di nuovo un giardino! (Firmano entrambe. Einstein entra da sopra e scende furtivamente le scale).

Witherspoon – Oh, dimenticavo… Ci vorrebbe la firma di un medico. (Mortimer si rialza e vede Einstein che sta scivolando via dalla porta).

Mortimer – Oh, dottor Einstein! Volete venire qui a firmare delle carte?

Einstein – Vi prego…

Mortimer – Venite, dottore. Ad un certo punto, ieri notte, ho creduto che il dottore dovesse operarmi. (Einstein si avvicina nervosamente al tavolo). Ecco, firmate qui. (Brophy entra e va al telefono, senza essere visto da Einstein, e prende a formare il numero. Klein è entrato dalla cucina).

Abby – Andate via, dottore?

Einstein – Sì, credo…

Marta – Non volete aspettare Jonathan?

Einstein – No, non facciamo la stessa strada… (Einstein firma in fretta le carte. Mortimer torna improvvisamente a scoprire Elena che sta seduta pazientemente sulla cassapanca).

Mortimer – Oh, ciao, cara. Sono contento di vederti. Non te ne andare.

Elena – Figurati. Non ci penso nemmeno.

Brophy  –(al telefono) Pronto, Mac. Brophy. Abbiamo trovato quel tipo che era ricercato a South Bend. Sulla circolare c’è anche la descrizione del suo complice… è lì sulla mia scrivania. Me la vuoi leggere? (Einstein fa per dirigersi in cucina, ma vede Klein. Si ritrae verso la porta di ingresso, ma è fermato dalla voce di Brophy. Gli occhi di Brophy sono fissi su Einstein durante la seguente descrizione, ma vagamente, senza vederlo). Sì… Circa 55 anni… un metro e settanta… 72 chili… occhi azzurri… parla con accento tedesco… si fa passare per un medico. Grazie Mac. (Riaggancia).

Witherspoon –(a Brophy) Tutto a posto, tenente. Il dottore ha completato le firme.

Brophy –(andando a stringere la mano a Einstein) Grazie, dottore. Avete reso a Brooklyn un vero servizio. (Brophy e Klein vanno in cucina).

Einstein –(Precipitandosi verso la porta) Scusatemi, ma non ho un minuto da perdere. (Esce, facendo un cenno di saluto. Le zie lo ricambiano allegramente).

Witherspoon –(a Mortimer) Signor Brewster, ora firmate voi come parente.

Abby –(Un po’ colpita da questa frase) Marta… (Le sorelle parlottano un poco).

Mortimer – Sì, certo. (Firma). Bene, ziette, ora siete al sicuro.

Witherspoon –(alle zie) Quando credete di essere pronte ad andare?

Abby –(nervosamente) Signor Witherspoon, perché non dite a Teddy quello che si può portare? Così faremmo prima...

Mortimer – Vi accompagno io. (Fa per allontanarsi, ma Abby lo ferma).

Abby – No, Mortimer, resta qui. Voglio parlarti. (A Witherspoon). Appena sopra, voltate a sinistra. (Witherspoon sale e le sorelle cominciano a parlare a Mortimer tenendolo d’occhio).

Marta – Mortimer, ora che ce andiamo questa casa resterà tua.

Abby – Sì, Mortimer, saremmo proprio contente se tu venissi ad abitare qui.

Mortimer – No, zia Abby, non posso farlo. Questa casa è troppo piena di ricordi.

Marta – Ma quando tu ed Elena sarete sposati, avrete bisogno di una casa.

Mortimer – Care, questo non è ancora definito.

Elena –(sempre pronta a combattere) Oh, no, è definitissimo. Ci sposeremo immediatamente. (Le sorelle guardano Witherspoon fino a che è uscito, quindi si rivolgono a Mortimer).

Abby – Mortimer, siamo molto preoccupate per una cosa.

Mortimer – Via, zia Abby, vedrai che starete benissimo, ad Happy Dale.

Marta – Oh, sì, non è per questo! Ne siamo certe! Ma non vorremmo che sorgessero delle complicazioni.

Abby – Credi che indagheranno su quelle firme?

Mortimer – No, non ci pensate. nessuno si ricorderà più del dottor Einstein.

Marta – Non si tratta della sua firma, caro, ma della tua!

Abby – Capisci, tu hai firmato come nostro parente.

Mortimer – Sicuro. Ebbene?

Marta – E’ una cosa che non avremmo mai voluto dirti, Mortimer, ma ora che sei un uomo… E poi, anche Elena deve saperlo. Tu non sei un vero Brewster. (Mortimer le fissa stupito).

Abby – Tua madre venne in casa nostra come cuoca… e tu nascesti tre mesi dopo. Ma era una donna così cara – e una cuoca tanto brava – che noi non la volevamo perdere, e così nostro fratello la sposò.

Mortimer – Allora… io… non sono un Brewster?!

Marta – Via, Mortimer, non dispiacerti troppo…

Abby – E tu, Elena, non credo che la cosa faccia differenza…

Mortimer – Elena! Hai sentito? Capisci! Sono un bastardo! (Elena, felice, salta nelle sue braccia illegittime).

Marta –(sollevata) Beh, vado a preparare la colazione. (Si dirige in cucina).

Elena – Mortimer farà colazione con me. Papà è andato a Filadelfia, quindi…

Mortimer – Sì, ho bisogno di una bella tazza di caffè. Ho passato una nottataccia!…

Abby – Allora, Mortimer, avrai desiderio di andare a letto.

Mortimer –(con un’occhiata significativa ad Elena) Oh, sì, moltissimo! (Escono insieme. Abby chiude la porta. Witherspoon entra da sopra portando una bracciata di borracce, Teddy lo segue con un enorme remo da canoa).

Teddy – Un momento, signor Witherspoon. Dovete prendere anche questo. (Porge il remo a Witherspoon e torna indietro. Witherspoon, carico, scende le scale. Brophy entra dalla cucina, seguito da Jonathan ammanettato a Klein).

Marta –(piacevolmente) Allora, vai via, Jonathan?

Brophy – Sì, parte per South Bend. C’è della gente che lo vuole laggiù, per avere cura di lui per tutto il resto della sua vita. (A Jonathan). Andiamo. (I tre ammanettati si muovono).

Abby – Bene, Jonathan, fa piacere sapere che hai degli amici che ti aspettano. (Jonathan si ferma).

Jonathan – Addio, zia Abby. Addio, zia Marta.

Marta – Anche noi partiamo.

Abby – Andiamo ad Happy Dale.

Jonathan – Allora, questa casa non vedrà più dei Brewsters.

Marta – A meno che Mortimer non venga a vivere qui.

Jonathan – Ho una proposta da farvi. Perché non lasciate la proprietà alla chiesa? Dopo tutto mi sembra naturale che venga incorporata al cimitero. (Fa per uscire, poi si volta). Beh, se io non sono stato capace di migliorare il mio record, nemmeno voi ci siete riuscite. Per lo meno ho questa soddisfazione. Chiudiamo alla pari: dodici a dodici. (Jonathan e i poliziotti escono. Le zie restano a guardare dietro a lui un po’ irritate).

Marta – Jonathan è stato sempre dispettoso. Anche da ragazzo voleva averla vinta in ogni cosa. (Chiude la porta).

Abby – Vorrei potergli dimostrare che c’è qualcuno meglio di lui. (Si volta e lo sguardo le cade su Witherspoon, che sta a guardare fuori dalla finestra. Lo studia. Marta si volge dalla porta e vede la contemplazione di Abby). Signor Witherspoon, la vostra famiglia vive con voi ad Happy Dale?

Witherspoon – Io non ho famiglia.

Abby – Oh…

Marta – Beh, immagino che consideriate tutti gli ospiti di Happy Dale come persone della vostra famiglia.

Witherspoon – Temo che non mi comprendiate. Come capo di quell’istituto, devo tenermi a distanza da tutti.

Abby – Ma allora, dovete condurre una vita molto solitaria, senza felicità…

Witherspoon – Infatti, non posso dirmi certo felice. Ma il dovere è dovere…

Abby –(benignamente) Allora, Marta… (Marta si dirige immediatamente alle credenze) Se il signor Witherspoon non può fare colazione con noi, credo che almeno dovremo offrirgli un bicchierino di vino di sambuco.

Witherspoon – Vino di sambuco? (Marta prende la bottiglia del vino, ma è quella che Einstein ha vuotato. Allora ne prende un’altra).

Marta – Lo facciamo da noi, in famiglia. (Stura la bottiglia nuova).

Witherspoon – Ma sì, certo! Naturalmente, ad Happy Dale i nostri rapporti dovranno essere più formali, ma qui… (Siede mentre Marta porta al tavolo il vino e un bicchiere). Non è facile trovare del vino di sambuco, al giorno d’oggi. Ne bevvi un bicchiere tanti anni fa e credevo proprio che sarebbe stato l’ultimo della mia vita…

Abby – Oh, no…

Marta –(porgendoglielo) Questo sarà l’ultimo! (Witherspoon fa un inchino alle signore e porta il bicchiere alle labbra).

Sipario