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PERSONAGGI:

ART

di Yasmine Reza

PERSONAGGI:

Marc

Serge

Yvan

Il salotto di un appartamento.

Un solo ambiente. Il più austero e il più neutro possibile.

Le scene si svolgono in successione a casa di Serge, Yvan e Marc.

Nessun cambiamento, salvo i quadri che vengono esposti.


Marc, solo.

MARC: Il mio amico Serge ha comprato un quadro.

Una grande tela di un metro e sessanta per uno e venti circa. Dipinta di bianco. Il fondo è bianco e strizzando un pochino gli occhi si possono notare delle sottili striature trasversali, bianche.

Io e Serge siamo amici di vecchia data.

Lui è un ragazzo che ha fatto strada, è un medico dermatologo con la passione dell’Arte.

Lunedì sono andato a vedere il quadro che ha acquistato sabato scorso ma su cui aveva messo gli occhi già da parecchi mesi.

Un quadro bianco, con delle striaturine bianche.

....

Da Serge.

Poggiata contro il muro, una tela bianca, con delle striature trasversali bianche.

Serge ammira, radioso, il proprio quadro.

Marc osserva il quadro.

Serge guarda Marc che guarda il quadro.

Una lunga pausa durante la quale le sensazioni si trasmettono in silenzio.

MARC: Caro?

SERGE: Duecentomila.

MARC: Duecentomila?...

SERGE: Handington me lo riprende al doppio.

MARC: Chi è che te lo...?

SERGE: Handington.

MARC: Mai sentito.

SERGE: Handigton! Della galleria Handington!

MARC: E la galleria Handington te lo riprenderebbe al doppio?...

SERGE: Non la galleria. Lui proprio. Handington in persona. Per tenerselo.

MARC: E com’è che non se l’è comprato direttamente Handington?

SERGE: Perché chi vende ha sempre più interesse a trattare coi privati. Per tenere sù il mercato.

MARC: Ah-ah!...

SERGE: Beh?...

MARC: ...

SERGE: Ma lì stai messo male. Guardalo di qui. Hai notato il gioco di linee?

MARC: E come si chiama quello che...

SERGE: L’artista? Antrios.

MARC: Conosciuto?

SERGE: Scherzi? Tantissimo!

Una pausa.

MARC: E tu hai pagato questo quadro duecentomila franchi?

SERGE: Ma vecchio mio, è il suo prezzo. Dico, è un ANTRIOS!

MARC: No, tu non hai pagato questo quadro duecentomila franchi.

SERGE: Ci avrei giurato che non l’avresti capito.

MARC: Serge, tu non puoi aver pagato questa merda duecentomila franchi!

....

Serge, come se fosse solo.

SERGE: Il mio amico Marc, che senz’altro è un giovanotto intelligente, e che io stimo da molto tempo, ingegnere aereonautico: una posizione di prim’ordine, fa parte di quegli intellettuali tipici di oggigiorno che, non contenti di erigersi a nemici di tutto ciò che sa di moderno, ostentano una spocchia totalmente ingiustificata. Lui, per dire, un tempo era da vederlo: disponibile, modesto... mentre oggi si è fatto di un’arroganza che mi lascia senza parole.

....

Gli stessi.
Stesso luogo.

Stesso quadro.

SERGE: (Dopo una pausa) ... Come puoi asserire “questa merda”?...

MARC: E andiamo, Serge... un po’ di ironia! Fatti una bella risata, merita!... Io trovo assolutamente straordinario che tu abbia potuto comprare questo quadro!

Marc ride.

Serge resta di marmo.

SERGE: Che tu lo trovi straordinario potrebbe anche gratificarmi, che ti faccia ridere, passi... ma vorrei sapere che intendi quando dici:”questa merda’.

MARC: Dico, mi hai preso per scemo?

SERGE: Affatto. “Questa merda” in rapporto a che? Quando si afferma di una cosa che è una merda, ciò implica la conoscenza del genere a cui la tal cosa appartiene e, quindi, un conseguente criterio di giudizio.

MARC: Ma con chi stai parlando? Stai parlando a me?... Oi, sveglia! Sono qui!

SERGE: A te, si sa, la pittura contemporanea non è mai interessata neanche di striscio e non hai la benché minima conoscenza in questo campo, ragion per cui come puoi affermare che la data cosa, concepita in ossequio a delle leggi che ignori nel modo più assoluto, possa essere una merda?

MARC: ...Perché è una merda. Scusami, ma debbo.

....

Serge, solo.

SERGE: Il mio quadro non gli  piace.

E sia!

Ma quel disprezzo...

quella facilità nel trinciare giudizi...

quell’assenza totale di affetto nel suo modo di condannare...

E quella sua risatina aspra, cattiva.

La risatina tipica di chi si sente superiore a tutto e a tutti.

Io la odio quella sua risatina.

....

Marc, solo

MARC: Che Serge abbia acquistato un quadro del genere non solo mi destabilizza, ma mi allarma. E soprattutto mi mette addosso un’ansia che non so decifrare.

Venendo via da casa sua ho dovuto prendere tre pastiglie di quel Geslenium 9 CH che mi ha consigliato Paula - tra parentesi: m’ha detto Geslenium o Ignatia? Tu che

preferisci: Gelsenium o Ignatia? E a me lo domandi! - perché non posso assolutamente farmi una ragione di come Serge, che so essere un caro amico, abbia potuto comprare quel quadro.

Duecentomila franchi!

Certo, non se la passa male ma neanche a dire che navighi nell’oro.
Diciamo, un benestante. Ma quando uno, per una tela, tira fuori venti testoni!... Oh, sono sempre venti testoni.

Bisogna che senta Yvan: da amico tanto mio che suo. Sì, parlarne con lui.

Peccato solo che Yvan sia un ragazzo un po’ troppo tollerante, e in fatto di rapporti umani non può esserci difetto peggiore.

In realtà, è tollerante perché se ne frega.

Ma se adesso arriva anche ad accettare che Serge abbia pagato quello che ha pagato per una merda bianca, beh allora vuol dire che se ne frega pure di Serge. Più chiaro di così!

....

Da Yvan.

Al muro, una crosta.

Yvan se ne sta di spalle, a quattro zampe.

Sembra che stia cercando qualcosa sotto un mobile.

Nel farlo, si volta per presentarsi.

YVAN: Mi chiamo Yvan.

E’ un periodo che mi sento un po’ sulla corda. Dopo aver passato la vita nel settore tessile ho appena trovato lavoro come rappresentante in una cartoleria all’ingrosso.

Sono un ragazzo simpatico. La mia vita professionale è sempre stata un disastro e tra un paio di settimane vado sposo a una ragazza carina, brillante e di buona famiglia.

Entra Marc.

Yvan è nuovamente di schiena intento a cercare.

MARC: Che stai facendo?

YVAN: Non trovo più il cappuccio del pennarello.

Una pausa.

MARC: Dài, lascia stare.

YVAN: Ma ce l’avevo qui due minuti fa.

MARC: Sù, non è grave.

YVAN: Invece sì.

Marc si china per aiutarlo.

Per un po’ cercano entrambi.

Marc si rialza.

MARC: Lascia perdere. Ne comprerai un altro.

YVAN: Ma questi sono pennarelli eccezionali, basti dire che puoi disegnarci su qualsiasi tipo di superficie. Mi fa una rabbia! Tu non puoi immaginare quanto gli oggetti siano capaci di innervosirmi. Dico, ce l’avevo in mano solo due minuti fa.

MARC: Verrete a vivere qui?

YVAN: Ti sembra un posto adatto per una giovane coppia?

MARC: Una giovane coppia! Ah! Ah!

YVAN: Quando sei con Catherine questa risata ti prego di evitarla.

MARC: E la cartoleria?

YVAN: Così. S’imparicchia.

MARC: Sei dimagrito.

YVAN: Eh, un po’. Tu non sai quanto mi ci rode aver perso questo cappuccio. Ora mi si secca tutto, accidenti!... Ma siediti.

MARC: T’avverto, se non la pianti di cercare prendo e me ne vado.

 

YVAN: OK, finito. Bevi qualcosa?

MARC: Se ce l’hai , un bicchiere di minerale.

Hai visto Serge ultimamente?

YVAN: Io no. E tu?

MARC: Sì, ieri.

YVAN: Com’è? In forma?

MARC: Molto.

Si è appena comprato un quadro.

YVAN: Ah, davvero?

MARC: Mmm.

YVAN: Bello?

MARC: Bianco.

YVAN: Bianco?

MARC: Bianco.

Rappresenta una tela di circa un metro e sessanta per uno e venti... il fondo è bianco... completamente bianco... in diagonale, tipo delle linee sottilissime bianche... capisci... e a completare l’opera, nella parte sotto, un’altra linea orizzontale... bianca.

YVAN: E tu come fai a vederle?

MARC: Prego?

YVAN: Le linee bianche. Se già il fondo è bianco come fai a vederle? Bianco su bianco...

MARC: Perché c’è bianco e bianco! Quello che lo è di più e quello che lo è di meno.

YVAN: Non t’arrabbiare. Perché t’arrabbi?

MARC: Stai sempre a cercare il pelo nell’uovo. Se non mi fai spiegare!

YVAN: D’accordo. E con ciò?

MARC: Con ciò, niente. Insomma, te lo vedi?

YVAN: Che?

MARC: Il quadro. Te lo vedi?

YVAN: Beh sì, me lo vedo.

MARC: Ecco, ora tu prova a dire quanto l’ha pagato!

YVAN: Ma il pittore chi sarebbe?

MARC: Antrios. Lo conosci?

YVAN: Io no. E’ uno quotato?

MARC: Ci avrei scommesso  che me lo domandavi.

YVAN: Logico...

MARC: No, non è per niente logico...

YVAN: E invece sì che è logico. Se vuoi che indovini il prezzo, ovvio che debba sapere qual è più o meno la quotazione di chi l’ha fatto. La cosa è connessa.

MARC: Io non t’ho chiesto di valutare il quadro in rapporto a un criterio tecnico... non ti ho mica chiesto una perizia, ti ho chiesto solo quello che tu, Yvan, saresti disposto a sborsare per un quadro bianco decorato da linee trasversali bianche.

YVAN: Ma neanche un centesimo.

MARC: Perfetto. E Serge? Dì una cifra, forza.

YVAN: Diecimila.

MARC: Ah! Ah!

YVAN: Cinquantamila.

MARC: Ah! Ah!

YVAN: Centomila...

MARC: Avanti! Avanti!...

YVAN: Centoquindici?... Centoventi?...

MARC: Duecento! Duecentomila franchi.

YVAN: No?!

MARC:  Sì.

YVAN: Duecentomila?!

MARC: Eh!

YVAN: Ma è pazzo?...

MARC: Tu che dici?!

Breve pausa.

YVAN: Per quanto...

MARC: Per quanto che?

YVAN: Se gli fa piacere... per guadagnare guadagna.

MARC: Ah, e sarebbe questo il tuo modo di vedere le cose!

YVAN: Perché? Tu com’è che le vedi?

MARC: Praticamente non ci trovi niente di strano in tutto ciò...

YVAN: Boh... io no.

MARC: E’ curioso che tu non colga il senso vero di questa faccenda. Vedi solo il fatto esteriore e non t’accorgi, invece, di quanto sia grave.

YVAN: Cosa c’è di grave?

MARC: Cioè, non percepisci quello che significa?

YVAN: ... Ti vanno un po’ di noccioline?

MARC: Insomma, non capisci che così, tutt’a un tratto e nel modo più ridicolo possibile, Serge si è messo in testa di essere un intenditore!...

YVAN: Uh, uh...

MARC: Ormai il nostro caro e comune amico Serge si pensa di far parte del Gootha dei grandi esperti!

YVAN: Ma no!...

MARC: Ovvio che no! Uno che butta i soldi così, ma di cosa vuoi che faccia parte?! Lui, però, ci crede eccome.

YVAN: Ah, beh...

MARC: E questo non ti sconvolge?

YVAN: Perché? Se a lui fa piacere...

MARC: Ma cosa vuol dire ‘se a lui fa piacere’?! Che filosofia sarebbe quella del ‘se a lui fa piacere’?!

YVAN: Scusa, facesse del male a qualcuno...

MARC: Ma certo che fa del male a qualcuno! Ti confesso, vecchio mio, che sono molto ma molto turbato, e al tempo stesso ferito. Ferito: proprio. Nel vedere Serge, e tu sai quanto io gli sia affezionato, comportarsi come un idiota e farsi spennare  per pura e semplice vanità.

YVAN: Pare che tu lo conosca da oggi. Lui ce l’ha sempre avuta questa fissa dell’Arte. Ci stanno i topi di biblioteche, lui invece è un topo di galleria. Ma da quel dì.

MARC: E va bene, da quel dì... ma prima, almeno, era un topo con cui si poteva ridere. Perché poi,  stringi stringi, è questo che mi ferisce per davvero: che non ci si riesce più neanche a  ridere.

YVAN: Ma và!

MARC: Eh, ma và!...

YVAN: Ma tu almeno ci hai provato?

MARC: Scherzi?... Vuoi che io non mi sia messo a ridere? Ma di cuore. Cos’altro potevo fare?... E lui? Non ha mosso tanto così l’angolo della bocca. D’altronde... venti testoni, un po’ caruccia come risata. O no?

YVAN: In effetti.

I due ridono.

YVAN: Con me vedrai che riderà.

MARC: Mi stupirebbe. Passami un altro po’ di noccioline, và...

YVAN: Quello ride. Te lo dico io.

....

Da Serge.

Serge è con Yvan. Il quadro non si vede.

SERGE: ...E coi suoceri, tutto a posto?

YVAN: Alla grande. Certo io lo so loro quello che pensano: per essere uno che ha saltabeccato da un precariato all’altro, speriamo che ora gli vada un po’ meglio col ramo cancelleria e affini... Ma che accidente ho qua sulla mano?... (Serge lo sta auscultando.)  Dici che è grave?

SERGE: Ma no.

YVAN: Tanto meglio. E tu, novità?...

SERGE: Non in particolare. Parecchio lavoro, questo sì. Comunque, mi fa piacere vederti. Non mi chiami mai.

YVAN: Che non mi va di disturbarti.

SERGE: Che idee!...  Se pure sono occupato tu lascia detto chi sei e appena posso ti richiamo al volo.

YVAN: Pure questo è vero.

Certo che qui da te c’è un’aria sempre più monacale...

SERGE: (Ride.)  Già...

Hai visto Marc recentemente?

YVAN: No, proprio recentemente no.

Perché, tu si?

SERGE: Due o tre giorni fa.

YVAN: E come sta? Bene?

SERGE: Direi di sì, abbastanza.

YVAN: Cioè, non proprio...

SERGE: Ma no... bene, bene.

YVAN: L’ho sentito al telefono che sarà più o meno una settimana. Mi sembrava stesse bene.

SERGE: Ma sì, certo. Diciamo bene.

YVAN: Lo dici come se... cioè, tu non l’hai trovato bene?

SERGE: T’ho detto, abbastanza.

YVAN: Sì, abbastanza. Ma, insomma, bene.

Una lunga pausa.

Yvan passeggia per la stanza...

YVAN: Sei uscito un po’?... Visto qualcosa?

SERGE: Magari. Non me lo posso più permettere.

YVAN: Addirittura?...

SERGE: (Allegramente.)  Mi sono rovinato.

YVAN: Dài!

SERGE: Dì, la vuoi vedere un’autentica rarità?

YVAN: E me lo chiedi? Certo.

Serge esce e torna nella stanza con l’Antrios che volta e poggia davanti a Yvan.

Yvan guarda il quadro e stranamente non gli viene affatto da ridere come aveva previsto.

Una lunga pausa durante la quale Yvan osserva il quadro e Serge osserva Yvan.

YVAN: E sì. Sì, sì...

SERGE: Antrios.

YVAN: Sì, sì.

SERGE: Un Antrios  degli anni settanta. Oh, attenzione. Anche oggi sta vivendo più o meno un periodo simile, ma questo è proprio uno degli anni settanta.

YVAN: Sì, sì.

Caro?

SERGE: In assoluto, sì. In realtà, no.

Ti piace?

YVAN: Ah sì... sì, sì.

SERGE: Chiaro.

YVAN: Chiaro, sì... purtuttavia...

SERGE: Magnetico.

YVAN: Mmmm... sì...

SERGE: Però, ammetti, non hai sentito la vibrazione.

YVAN: ...Ma no, un pochetto, invece...

SERGE: No, no. Devi tornare a mezzogiorno. La vibrazione del monocromo è impossibile coglierla con la luce artificiale.

YVAN: Ah-ah...

E quanto...?

SERGE: Duecentomila.

YVAN: Ebbè, sì.

SERGE: Eh sì.

Silenzio.

Poi, a un tratto, Serge scoppia a ridere, subito imitato da Yvan.

Tutti e due ridono come matti.

SERGE: Pazzesco, no?

YVAN: Pazzesco.

SERGE: Venti testoni.

E continuano a ridere.

Si fermano. Si guardano.

E ricominciano.

Si fermano di nuovo.

Poi, una volta calmi...

SERGE: Sai che Marc ha già visto il quadro.

YVAN: Sul serio?

SERGE: Sconvolto.

YVAN: Giura!

SERGE: Secondo lui è una merda. Testuale. Non poteva trovare una parola più inadatta.

YVAN: Più che giusto.

SERGE: Mica si può dire che sia una merda.

YVAN: Beh, no.

SERGE: Uno può dire, che so, ‘non mi dice niente... non mi esprime...’, ma che mi significa  dire ‘è una merda’?!

YVAN: Tu hai visto casa sua.

SERGE: C’è poco da vedere.

D’altronde anche da te non è che... ma tu, va bene, te ne fotti.

YVAN: Lui, lo sai, è più sul classico. Proprio come tipo. Non puoi pretendere che...

SERGE: Avresti dovuto vedere la smorfia di schifo che ha fatto... senza un minimo di delicatezza... di senso dell’ironia.

YVAN: Manco lo scoprissi adesso. Lo sai che è un impulsivo.

SERGE: Il punto è che non ha un briciolo di umorismo. Con te riesco anche a riderci sopra. Con lui mi sento paralizzato.

YVAN: In effetti è qualche tempo che pur io lo trovo un po’ pesantuccio.

SERGE: Io quello che gli rimprovero non è tanto la sua insensibilità a un certo tipo di pittura, questo lo posso anche capire: gli manca proprio un’educazione - certo, non ce l’ha perché non ha voluto farsela  ma se uno non è portato posso anche capirlo... no, io quello che gli rimprovero è proprio il suo atteggiamento, quell’aria di sufficienza, quella totale assenza di tatto. Sarei un cretino se gli rimproverassi il suo disinteresse per l’Arte contemporanea... me ne frego altamente, gli posso voler bene lo stesso anche a prescindere...

YVAN: Ah, ma se per questo lui pure.

SERGE: No, inutile che ci provi, non attacca. L’altro giorno ho sentito in lui come una sorta di acido disdegno... di boria rancorosa... 

YVAN: Dài, ora esageri!

SERGE: Ti dico di sì! Perché devi sempre fare quello che vuole appianare le cose?... L’eterno paciere... il riconciliatore universale!... Ammettilo che Marc è un nevrotico. La parola c’è, usiamola: Marc è un nevrotico.

Silenzio.

....

Da Marc.

Al muro, un quadro raffigurante un paesaggio visto da una finestra.

YVAN: Ci si è fatti una gran risata.

MARC: L’avrai fatta tu.

YVAN: Tutti e due. Una gran risata. Te lo giuro su Catherine. Ma abbiamo riso proprio di gusto.

MARC: Cioè, tu gli hai detto che era una merda e avete riso!...

YVAN: No, senza bisogno di dirgli che era una merda, abbiamo riso spontaneamente.

MARC: Ricapitoliamo.  Hai visto il quadro, sei scoppiato a ridere, e lui pure si è messo a ridere.

YVAN: Se la vuoi mettere così, beh sì. Diciamo che dopo due o tre battute è andata più o meno in questo modo.

MARC: E ha riso di gusto.

YVAN: Ma molto di gusto.

MARC: D’accordo, vorrà dire che mi sono sbagliato. Tanto meglio. Anzi, mi dai una buona notizia.

YVAN: Ma ti dirò di più. E’ stato Serge che si è messo a ridere per primo.

MARC: Come Serge che si è messo a ridere per...?

YVAN: Credimi.

MARC: Lui per primo e tu appresso?

YVAN: Credimi!

MARC: Ma, scusa, lui perché avrebbe dovuto ridere?

YVAN: Penso abbia riso perché ha capito che stavo per farlo io. Se vuoi, per mettermi a mio agio.

MARC: Ma allora che senso ha? Non vuol dir nulla se è stato lui a ridere per primo.

E’ chiaro che ha giocato d’anticipo: la sua risata aveva lo scopo evidente di demotivare la tua.

Ragion per cui non si può dire che abbia riso di gusto.

YVAN: Ma sì che ha riso di gusto!

MARC: Sia pure: rideva di gusto ma con un suo fine preciso.

YVAN: Scusa, che fine? Non capisco.

MARC: Di sicuro non rideva per la ridicolaggine del suo quadro. Insomma, voi due non ridevate per la stessa ragione! Tu, ovvio, ridevi del quadro, mentre lui perché ti si voleva arruffianare... per darti l’impressione di stabilire un contatto, per dimostrarti che, pur essendo un raffinato esteta capace di spendere per una tela quello che tu guadagni in un anno, lui è rimasto pur sempre il solito compagnone anticonformista di una volta  col quale è possibile farsi due crasse risate insieme.

YVAN: Hum, hum... (Un breve pausa.)  Se vuoi che te la dica tutta...

MARC: Che?

YVAN: Tienti forte...

MARC: Mbè?...

YVAN: Non che mi sia piaciuto, eh... ma neanche a dire che l’abbia trovato proprio malaccio.

MARC: Vorrei vedere! Come si fa a trovare malaccio l’invisibile?...  O il niente: come si fa a trovare malaccio il niente?...

YVAN: Eppure, guarda, che c’è qualcosa...

MARC: Cos’è che c’è?

YVAN: Qualcosa. Ora dirti cosa... Ma non il niente, ecco.

MARC: Dico, vuoi prendermi per il culo?

YVAN: Insomma, io non me la sentirei di essere tanto severo come te. Comunque è un risultato. Si sente che c’è un pensiero dietro.

MARC: Un pensiero?!

YVAN: Un pensiero.

MARC: E che razza di pensiero?

YVAN: Come il concludersi di un percorso.

MARC: Ah! Ah! Ah!

YVAN: A mio modo di vedere non è per niente una cosa fatta alla come viene viene, ma un’opera che si iscrive all’interno di un percorso molto preciso.

MARC: Ah! Ah! Ah!

YVAN: Ridi, ridi.

MARC: Queste sono le classiche cazzate di Serge. Dette da lui fanno pena, ma dette da te sono d’un comico!...

YVAN: Ma lo sai, Marc, che dovresti cominciare a controllare un pochino questa tua arietta da signorino sottuttìo. Rischi di diventare alquanto antipatico.

MARC: Tanto meglio. A stare sui coglioni della gente c’è solo da guadagnarci.

YVAN: Complimenti. Bella filosofia.

MARC: Un pensiero... sè!

YVAN: Con te, proprio, non ci si può parlare!

MARC: Che ora dietro a quell’affare ci sia anche un pensiero!... Quello che vedi è una merda però ‘achtung’, non lo diciamo perché dietro c’è un pensiero!... Cioè, fammi capire... tu, ad esempio, ce lo vedi un pensiero dietro questo paesaggio?... (Accenna al quadro vicino a lui.)  Certo che no, non se lo merita. E’ troppo esplicito. Troppo detto. Tutto è sulla tela! Dove diavolo potrebbe mai starci un pensiero là dentro?...

YVAN: Se hai voglia di scherzare, accòmodati.

MARC: Yvan, cerca di ragionare con la tua testa e dimmi quello che hai provato tu veramente.

YVAN: E va bene! Quello che ho provato?... Una vibrazione.

MARC: Cosa una vibrazione?

YVAN: Perché, neghi che io possa apprezzare quel quadro per conto mio e basta?!

MARC: Nel modo più assoluto.

YVAN: E il motivo, di grazia?

MARC: Perché ti conosco. Perché, a parte il tuo istinto di compiacenza, se Dio vuole sei un ragazzo fondamentalmente sano.

YVAN: Proprio quello che non si può dire di te.

MARC: Yvan, guardami negli occhi.

YVAN: Ti sto guardando.

MARC: Quel quadro ti ha per caso... emozionato?

YVAN: Ma che ne so... così su due piedi...

MARC: Rispondimi. Fa’ conto che domani tu sposi Catherine e te lo ritrovi come regalo di nozze... Faresti salti di gioia?... Dì, faresti salti di gioia?...

....

Yvan, solo.

YVAN: Naturale che non farei salti di gioia.

Ma non li farei in generale. Insomma, non sono certo uno che d’abitudine si metta a fare salti di gioia. Mi piacerebbe,  sì, che mi capitasse qualcosa per cui averne voglia. Capirai, parla che mi sembra di sentire mia madre...: “Ma come, ti sposi e non fai salti di gioia?...” “Ma sì, sì che li faccio.”... “Come sarebbe a dire: sì sì che li faccio. O li fai o non li fai. Che mi significa: sì sì che li faccio!?...”

....

Serge, solo.

SERGE: Per me non è affatto bianco.

E quando dico ‘per me’, intendo dire: oggettivamente.

Oggettivamente, non è affatto bianco.

C’è un fondo bianco, sì, ma con tutta una velatura che dà un po’ sul grigio.

E c’è anche del rosso.

L’espressione giusta sarebbe: pallido. E’ molto pallido.

Fosse bianco, neanche mi piacerebbe.

Marc, invece, lo vede bianco... ma questo è un problema suo.

Marc lo vede bianco perché si è fissato che è bianco.

Yvan no. Yvan lo vede benissimo che non è bianco. Che non è solo bianco.

Marc può pensare quello che gli pare, vada a farsi fottere.

....

Marc, solo.

MARC: Avrei fatto senz’altro meglio a prendere Ignatia.

Ma perché debbo essere sempre così categorico?

Poi dico, cosa mi vado a mettere in mezzo? Se quello si è bevuto il cervello con l’Arte contemporanea saranno affari suoi.

Sì, grave è grave, ma potevo anche dirglielo diversamente.

Usare un tono un po’ più conciliante.

Mettiamo pure che io  non riesca a sopportare, ma proprio fisicamente, che il mio migliore amico sia andato a comprarsi un quadro completamente bianco: perché aggredirlo così?

No, bisogna che gli parli gentilmente.

Da ora in avanti, giuro, gli parlerò solo gentilmente.

....

Da Serge.

SERGE: Vuoi ridere?

MARC: Pronti.

SERGE: Yvan ha detto che il mio Antrios gli è piaciuto.

MARC: Dov’è?

SERGE: Yvan?

MARC: L’Antrios.

SERGE: Vuoi rivederlo?

MARC: Tiralo fuori.

SERGE: Ah, t’aspettavo al varco..

(Esce e torna con il quadro. Un breve silenzio di contemplazione.)

Yvan ha colto. All’istante.

MARC: Già, già...

SERGE: Comunque, senti, inutile farsi il sangue amaro per questo benedetto quadro.

La vita è talmente breve... Dì, lo conosci questo?... (E gli mostra ‘La vita felice’ di Seneca poggiando il libro sul tavolo basso davanti a Marc.)  Se non l’hai letto, leggilo. E’ un capolavoro.

Marc prende il libro e lo sfoglia.

SERGE: Modernissimo. Letto questo hai letto tutto. Io, fra lo studio, l’ospedale, Francoise che ha stabilito di appiopparmi i bambini tutti i fine settimana - l’ultima di Francoise: i piccoli hanno bisogno di un padre - credimi, non ho più un minuto per leggere. Perciò l’unica, per me, è andare dritto all’essenziale.

MARC: L’hai detto! Come con la pittura. Prova ne sia che hai pensato bene di eliminare sia la forma che il colore. Tanto cosa vuoi che siano? Inutili orpelli.

SERGE: Proprio. Ma non credere che io non sappia anche apprezzare una pittura più figurativa. Tipo quel pittoresco-fiammeggiante che piace tanto a te. A suo modo gradevole, son d’accordo.

MARC: Che sarebbe il pittoresco-fiammeggiante? La mia veduta di Carcassonne?

SERGE: Ecco, quella. Sono il primo ad ammettere che, in fin dei conti, ha una sua sincerità... la finestra, la vista, il... oh, insomma, cosa vuoi che ti dica? Che è carina? E’ carina.

MARC: Non vale niente, e lo sai benissimo.

SERGE: Ma non è questo il metro!... D’altronde, Dio sa quanto varrà un giorno il mio Antrios!

MARC: Senti, ci ho riflettuto. Ci ho riflettuto, e vuoi saperlo? Basta spostare l’asse della visione e, credimi, tutto torna. L’altro giorno, passeggiando per la città, pensavo giusto a te e mi sono detto: e se nel gesto di Serge vi fosse molta più poesia di quanto non sembri?... Essersi abbandonato a questo sperpero inconcepibile non può forse essere inteso come un atto altamente poetico?

SERGE: Come sei conciliante stasera! Quasi non ti riconosco. Hai tutto un tono soave, sottomesso... tono che, peraltro, non ti si adatta neanche un po’.

MARC: Ma no, ti assicuro... sono qui proprio per chiedere venia.

SERGE: Venia perché?

MARC: Che io reagisco troppo a pelle... pane al pane, vino al vino!... Non so mai frenare i miei impulsi. Beh, lo sai: il buon senso non è il mio forte.

SERGE: Leggi Seneca.

MARC: Lo vedi! Questo, ad esempio: tu mi dici “leggi Seneca” e la cosa già rischia di esasperarmi. Come niente potrei dare di matto solo all’idea che tu, chiacchierando, possa uscirtene con una frase del tipo “leggi Seneca”. E’ assurdo.

SERGE: No, non è poi tanto assurdo.

MARC: Ah, no!?

SERGE: Ma certo che no. Perché tu quasi ci avverti...

MARC: Oh, bada! Io non ho detto che sono esasperato...

SERGE: Ma hai detto che potresti...

MARC: Ah, che potrei sì.

SERGE: Appunto... che potresti esserlo, e questo mi pare più che logico. Perché nel mio “leggi Seneca” tu quasi avverti una pedanteria che ti dà sui nervi. Ma hai ragione da vendere! Tu vieni da me a confidarmi che manchi di buon senso e io, per tutta risposta, ti dico: “leggi Seneca”. Odioso.

MARC: Concordo al mille per mille.

SERGE: Ciò assodato, è altrettanto vero che manchi di buon senso, perché io non ti ho detto “leggi Seneca”, bensì ti ho detto “leggi Seneca!”

MARC: Più che giusto.

SERGE: In definitiva, tu manchi di senso dell’umorismo. Tutto qui.

MARC: Ah, senza alcun dubbio.

SERGE: Eh sì, vecchio mio, tu manchi davvero di ‘sense of humor’. Ne parlavo proprio l’altro giorno con Yvan. Pure lui era perfettamente d’accordo con me... il nostro Marc non sa cosa significhi senso dell’umorismo. A proposito, ma viene o non viene? E che cazzo, proprio incapace di essere puntuale!

Questo come niente ci fa anche perdere il film.

MARC: ...Sicché Yvan sostiene che io manco di umorismo...

SERGE: Yvan è semplicemente d’accordo con me sul fatto che il ‘sense of humor’ non sia il tuo forte.

MARC: In parole povere, l’ultima volta che vi siete visti Yvan ti avrebbe detto, uno, che gli piace il tuo quadro e, due, che io manco di umorismo...

SERGE: Ah, sì, sì, proprio così... il quadro molto, veramente. Ma poi sincero. Che stai succhiando?

MARC: Ignatia.

SERGE: Non mi dire che adesso ti sei anche dato all’omeopatia!

MARC: Io non mi sono dato a un bel niente.

SERGE: Oh, a proposito... non ti sembra che Yvan si sia alquanto dimagrito?

MARC: Lei pure.

SERGE: Questo matrimonio li sta dissugando.

MARC: Pare.

I due ridono.

SERGE: E con Paula come va?

MARC: Va. (Indicando l’Antrios.)  Dove pensi di sistemarlo?

SERGE: Bah, non ho ancora deciso. Là. O la?... No, troppo ostentato.

MARC: Lo farai incorniciare?

SERGE: (Ridendo affabile.)  Per carità, no!...

MARC: E perché?

SERGE: Questo non va incorniciato.

MARC: Non mi dire!

SERGE: Volontà dell’artista. Va rispettata.

Poi, sai com’è... il giro è piccolo, fa’ che si viene a sapere!...

(Fa segno a Marc di osservare un dettaglio.)

Vieni qui... guarda...

MARC: Cos’è, un cerotto?

SERGE: No, una specie di kraft... preparato dall’artista.

MARC: E’ buffo come lo chiami. Artista.

SERGE: Perché, scusa, come lo dovrei chiamare?

MARC: Che so?... Pittore, o... com’è che fa di nome?... Antrios...

SERGE: E allora?...

MARC: Ma niente, che dici ‘artista’ come fosse una specie di... ma sì, dài, lascia stare,  è una scemata. Cos’è che andiamo a vedere?... Speriamo qualcosa di sostanzioso, ne ho bisogno.

SERGE: Già le otto. Mi sa che abbiamo perso anche l’ultimo spettacolo. Io trovo davvero assurdo che questo benedetto ragazzo - che, sarai d’accordo con me, non ha un cazzo da fare - debba sempre, dico sempre, arrivare in ritardo. Ma che diavolo starà combinando?

MARC: Andiamo a cena, dài.

SERGE: Quasi quasi. Le otto e cinque. E meno male che avevamo detto tra le sette e le sette e mezza... Ma non ho capito il senso della cosa di prima... che io direi ‘artista’ come una specie di che?

MARC: Ma niente, una cazzata.

SERGE: No, avanti, dì.

MARC: Che dici ‘artista’ come si trattasse di un’entità suprema. L’artista... manco fosse una divinità!

SERGE: (Ridendo.)  Ma per me sicuro che lo è! O tu ti credi che avrei scucito una cifra del genere per un volgarissimo mortale?!...

MARC: Tu l’hai detto.

SERGE: Lunedì sono andato al Beaubourg... beh, lo sai quanti Antrios ci stanno al Beaubourg?... Tre! tre Antrios!... Al Beaubourg!

MARC: Fantastico.

SERGE: E il mio non ha niente da invidiare a quelli lì!...

Ascolta, ti faccio una proposta: se Yvan, tempo tre minuti, non è arrivato leviamo le tende, OK?... Ho scoperto un ristorantino lionese che ne vale davvero la pena.

MARC: Da quando in qua ti sei fatto così fiscale?

SERGE: Non mi sento per niente fiscale. Se ti sembra che lo sono è perché trovo ingiustificabile questa maniera di comportarsi... quest’incapacità cronica di mantenere un impegno!

MARC: La verità è che sono io a darti sui nervi e te la prendi con il povero Yvan.

SERGE: Il povero Yvan... ma fammi il piacere! Poi chi cazzo te l’ha detto che mi dai sui nervi?... Perché dovresti darmi sui nervi?

....

SERGE: E’ vero, mi dà sui nervi.

Dio, quanto mi dà sui nervi!

Con quei suoi ammicchi svenevoli. Con quel suo ghigno di sarcasmo sotteso a ogni frase, a ogni parola.

E sembra che se le inventi tutte per fare l’amabile.

Altro che amabile, come non ti conoscessi! Tu amabile?... Ma quando?

Sarà colpa dell’Antrios?...Può essere che sia stato solo l’acquisto dell’Antrios a montare tutta questa tensione tra di noi?...

Un acquisto... e tutto  perché non avrebbe incontrato la sua approvazione...

Ma io me ne sbatto della sua approvazione!... Io me ne sbatto della tua approvazione, Marc!... Me ne sbatto come tu neanche te lo immagini!

....

MARC: Sarà per via dell’Antrios? Per l’acquisto dell’Antrios?

No.

Il malessere ha radici più profonde...

ha radici che rimandano, per essere esatti, al giorno in cui, parlando di un’opera d’Arte, tu hai pronunciato la parola ‘destrutturalizzazione’.

E non è stata tanto la parola in sé a sconvolgermi, ma la serietà con la quale, pronunciandola, ce l’hai imposta. Gravemente, senza un’unghia di distacco, senza la minima ironia. Così l’hai pronuciata. Destrutturalizzazione. Tu, il mio migliore amico. E come io, non sapendo da che parte affrontare questa faccenda, ho deciso di dare una scrollata al tutto buttando lì la storia della mia misantropia, tu subito pronto a darmi addosso: “Ma chi sei tu?... Dove ti credi di vivere?...Chi ti autorizza a escluderti dal mondo?”... E con che piglio da predicatore!... Dico forse bugie, Serge?... “Chi sarai mai tu, piccolo Marc, per atteggiarti a superuomo?!”

....

Quel giorno avrei fatto bene a mollargli un bel cazzotto in faccia.

E quando me lo fossi ritrovato a terra mezzo morto avrei dovuto sibilargli contro: e tu, Serge... che razza di amico sei, tu, da non riuscire a credere che un tuo amico possa essere superiore a te?

....

Da Serge

Marc e Serge, come li abbiamo lasciati.

MARC: Un lionese, dici... non sarà un po’ pesantino?... Tutta roba grassa, unta... boh, non so...

Suonano alla porta.

SERGE: Le otto e dodici.

Serge va ad aprire a Yvan.

Yvan entra chiacchierando nella stanza.

YVAN: Una tragedia. Non esagero: un’autentica tragedia, e senza via d’uscita: tutt’e due le nostre matrigne vogliono avere i loro nomi sui biglietti di invito. Catherine ha un’autentica adorazione per la sua, che praticamente l’ha cresciuta  e non ci sono santi: quella deve starci per forza, lei, d’altronde, e posso anche capirlo, non prende nemmeno in considerazione di chiamarsi fuori, oltretutto la madre è morta, logico perciò che pretenda di figurare in coppia col padre, ma il punto è che io detesto la mia e fosse per me non se ne parlerebbe nemmeno di metterci il nome, ma qui ti voglio: se ne viene fuori mio padre dicendo che se non c’è lei non vuole esserci neppure lui a meno che non si escluda anche la matrigna di Catherine, cosa che è del tutto fuori discussione, alché mi viene da proporre: non mettiamoci nessun parente e pace, voglio dire: in fin dei conti non siamo mica dei ragazzini, possiamo benissimo fare io e lei la parte di quelli che invitano e fine dei giochi ... apriti cielo, Catherine si mette a urlare che sarebbe un’offesa per tutta la sua famiglia - che, peraltro, si è accollata la spesa del ricevimento - e in particolare per la di lei matrigna già tutta sconvolta all’idea di perdere la sua bambina... beh, niente, alla fine, esausto, cedo le armi, insomma dico va bene mettiamoci anche quella stronza della mia matrigna e chi s’è visto s’è visto, mi faccio forza e telefono a mia madre per avvertirla, le dico mamma, giuro, ho fatto di tutto per evitarlo ma non c’è stato verso: mi tocca mettere anche Yvonne sui cartoncini d’invito, e lei, per tutta risposta: se ci metti quella, non sognarti di metterci anche me; e io: mamma, ti supplico non complichiamo le cose, ma lei niente... come osi pretendere che io accetti di vedere il mio nome abbandonato e solo nel cartoncino come quello di una povera disgraziata, magari sotto quello di Yvonne stampato affianco a quello di tuo padre e con il suo cognome... io provo a frenarla, la scongiuro: mamma, per cortesia, ho degli amici che mi aspettano, riparliamone domani a mente fresca... macché, un buldozer: certo, perché io sono l’ultima ruota del carro... ma no, mamma, che discorsi fai... l’ultima ruota del carro... Sì, invece, dal momento che mi chiedi di non complicare le cose questo vuol dire che è già tutto bello e stabilito, che tutto è stato organizzato alle mie spalle tenendomi all’oscuro perché tanto la povera Huguette, capirai... un bell’amen e buonanotte ai suonatori, per cui tutto quello che mi rimane da fare è chiedervi ‘scusate se respiro’, dovessi mai rovinarvi la festa,  festa della quale oltretutto - e questo è il colmo dei colmi - non vedo proprio quale urgenza vi fosse... mamma, sto facendo tardissimo, mi aspettano... sì, sì, quando si tratta di parlare con la sottoscritta hai sempre cose più importanti da fare, stammi bene, e riattacca, Catherine, che stava lì affianco ma che non aveva capito una parola, mi fa: che ha detto?... Io, giustamente, le spiego: non vuole stare sulle partecipazioni insieme a Yvonne il che, se permetti, mi sembra anche normale e sorvolo su quello che ha detto a proposito del matrimonio... ma che t’inventi?  fa lei, tutte palle... ma no, Cathy, te lo giuro, non vuole che il suo nome figuri sulle partecipazioni insieme a Yvonne... richiamala e dille che quando si ha un figlio che si sposa l’amor prorpio va messo da parte... che trovata, allora perché la stessa cosa non vai a dirla alla tua matrigna; questo adesso che c’entra, comincia a gridare lei, lì sono io che ci tengo alla sua presenza, quella anzi, poverina, è la delicatezza in persona, che se appena sospettasse di causare tanti fastidi ma sarebbe la prima a mettersi da parte, sù richiama tua madre, e richiamo mia madre -  vi dico: ero un bagno di sudore, con Catherine lì appollaiata dietro le mie spalle ad ascoltare... un incubo - senti caro, mi fa mia madre, fatti dire che fino a oggi hai guidato la barca come peggio non si sarebbe potuto e già su questo ‘transeat’, ma che poi adesso, solo perché tutto a un tratto ti ha preso la frenesia dell’esperienza coniugale, io debba trovarmi costretta a passare un intero pomeriggio e un’intera serata in compagnia di tuo padre, un signore che ho il bene di non frequentare più da diciasette anni e a cui certo non contavo di esibire le mie rughe e il mio doppiomento, nonché in compagnia della sua cara Yvonne che, sia detto ‘en passant’ ha trovato il modo - l’ho saputo da Felix Perolari - di darsi al ‘bridge’ - pure mia madre gioca a ‘bridge’ -  beh no... se tutto questo non posso davvero evitarlo, almeno sulla partecipazione - testimonianza simbolo destinata a circolare per le case, a essere letta e riletta, studiata e analizzata da mezzo mondo - almeno lì pretendo di avere il posto che mi spetta e su questo non transigo... Catherine sente tutto e scuote la testa con una smorfia di disgusto, io dico: mamma, perché sei tanto egoista... per piacere, Yvan, non ti ci mettere anche tu, io non sono affatto egoista, o vuoi ricominciare come la signora Romero stamattina con la storia che io, dice, avrei un cuore di pietra solo perché mi sono rifiutata, tu senti questa matta, di aumentarle la tariffa a sessanta franchi l’ora, per di più in nero, ragion per cui, a sentir lei, noi in famiglia avremmo tutti un macigno al posto del cuore... se poi sono paragoni da farsi: proprio lei con il povero André che si è appena messo il ‘pace-maker’, e al quale, tra parentesi, tu non hai nemmeno scritto due righe... oh, certo, è buffo... beato te che trovi sempre tutto da ridere, poi dite a me egoista... eh, caro Yvan, lasciati servire che tu hai ancora molto da imparare dalla vita... e ora va’, va’, corri dai tuoi amichetti, sennò fai tardi!...

Silenzio.

SERGE: E allora?

YVAN: E allora, niente. Siamo rimasti da capo a dodici e ho riattaccato.

A ruota, minidramma con Catherine schivato solo perché ero in ritardo.

MARC: Non capisco perché tu ti faccia mettere i piedi in testa da tutte queste femmine...

YVAN: Lo sapessi! Sono una più pazza dell’altra.

SERGE: Ti vedo dimagrito.

YVAN: Non mi sorprende. Ho perso quattro chili. Tutto grazie all’ansia...

‘La vita felice’, ecco, questo mi ci vorrebbe!

Lui che ne pensa?

MARC: Capolavoro.

YVAN: Davvero?...

SERGE: Nemmeno l’ha letto.

YVAN: Ah, perfetto.

MARC: No, ma che è un capolavoro me l’ha detto Serge pochi minuti fa.

SERGE: Ti ho detto che è un capolavoro perché è un capolavoro.

MARC: Sì, sì.

SERGE: E’ un capolavoro.

MARC: Ma che hai, la coda di paglia?

SERGE: Sembra quasi tu voglia insinuare che io veda capolavori dappertutto.

MARC: Ma nemmeno per idea.

SERGE: Il tono è quello.

MARC: Ma figurati!

SERGE: Ti vedessi!

MARC: Tu, parola mia, ti sei bevuto il cervello!... E chi sarebbe stato, sentiamo, ad aggiungere anche il temine ‘modernissimo’?

SERGE: Io, e allora?

MARC: Ti faccio solo notare che hai detto ‘modernissimo’ come fosse il ‘non plus ultra’ dei complimenti. Come se, parlando di una cosa, non si possa dire niente di più gratificante e definitivo che moderno: il massimo del massimo.

SERGE: E con ciò?

MARC: Con ciò, niente.

Per non parlare del superlativo: issimo. Sottolineatura tua: moder-nissimo.

SERGE: E ci rifai! Ma oggi sei proprio insopportabile.

MARC: Ah, io?!

YVAN: Via, ragazzi... mettersi a litigare per queste cretinate è il colmo!

SERGE: A te non sembra straordinario che un uomo di circa duemila anni fa abbia scritto cose che ancora oggi possiamo trovare attuali?

MARC: Che ragionamenti! Ma allora qualsiasi classico.

SERGE: Non capisco il gusto di essere sempre riduttivi.

YVAN: Vabbè, insomma che facciamo? Il cinema mi sa tanto che ce lo siamo giocato. Andiamo a cena?

MARC: Serge m’ha detto che tu hai molto apprezzato il suo quadro.

YVAN: Sì, in effetti... diciamo che m’intriga, sì.

So che a te, invece...

MARC: No.

Andiamo a cena, và. Serge proponeva un lionese che è la fine del mondo.

SERGE: Ma se dici che è una cucina troppo grassa.

MARC: Grassa è grassa ma accetto di provarla.

SERGE: Dài, lascia stare. Se la trovi troppo grassa possiamo benissimo andare da un’altra parte.

MARC: Ma se ti dico che accetto di provarla...

SERGE: Io vi ci porto ma solo se siamo tutti d’accordo, sennò niente!

(A Yvan.) A te va il lionese?

YVAN: Ah, per me quello che preferite voi.

MARC: Ti pareva... lui fa sempre quello che vogliono gli altri. L’accondiscendente per antonomasia.

YVAN: Ma si può sapere cosa vi ha preso a tutti e due?.. E che diavolo, non vi si può parlare!

SERGE: Però in questo ha ragione. Mai una volta che avessi un’opinione tua.

YVAN: Oh, sia chiaro, se volete mettermi in mezzo giro i tacchi e me ne vado. Già con la bella giornatina che ho passato!...

MARC: E che sarà mai?... Sù, un po’ d’umorismo, Yvan!

YVAN: Prego?

MARC: Ho detto un po’ d’umorismo!

YVAN: Un po’ d’umorismo? Io, francamente, non ci trovo niente di spiritoso. Dice umorismo, dice...

MARC: Lo dico sì, e sai perché? Perché mi sembra che, ultimamente, tu ne faccia un po’ difetto.

YVAN: Oh, ma che ti prende?

MARC: Senza offesa. Pur io, d’altronde, non ti pare che da un po’ di tempo in qua sia un po’ a  corto di umorismo?

YVAN: Beh, se lo dici tu!

SERGE: Comunque stringiamo, una decisione va presa. Che io, poi, a essere sincero non ho nemmeno tanta fame.

YVAN: Certo che stasera siete proprio strani forte!...

SERGE: Vuoi che ti dica come la penso a proposito di tutta quella tua storia di donne?

YVAN: Avanti, sentiamo.

SERGE: Secondo me la più isterica è Catherine. Ma di gran lunga.

MARC: Pienamente d’accordo.

SERGE: E se già da adesso cominci a farti trattare in questo modo mi figuro cosa sarà tra un po’!

MARC: E allora che dovrei fare?

SERGE: Mandare tutto a monte.

MARC: Vuoi dire il matrimonio?

SERGE: Parole sante.

YVAN: Ma non esiste!

MARC: Perché?

YVAN: Come perché!? Perché non posso. Ma tu senti questi... capirai, con tutto già organizzato. Senza dire che sto alla cartoleria da nemmeno un mese.

MARC: Non vedo il nesso.

YVAN: Lo vedo io! La cortoleria è di suo zio, che  non aveva certo bisogno di assumere altra gente, tanto meno uno che tutta la sua esperienza ce l’ha in tessuti.

SERGE: Tu decidi come ti pare, io il mio consiglio te l’ho dato.

YVAN: Scusami, Serge, non per ferirti, ma in fatto di consulenza matrimoniale tu sei l’ultimo a cui rivolgersi. Non si può dire che, sotto questo aspetto, la tua vita sia un gran successo.

SERGE: Appunto dico.

YVAN: Ma poi non c’è nemmeno da parlarne, questo matrimonio s’ha da fare e basta. Lo so da me che Catherine a volte può sembrare un po’ isterica, ma come negare che abbia anche delle qualità?! E qualità che hanno un peso, soprattutto sposando uno come me... (Indicando l’Antrios.)  Dove pensi di metterlo?

SERGE: Non ho ancora deciso.

YVAN: Perché non lì?

SERGE: Troppa luce, lo acceca.

YVAN: Ah, capisco.

Oggi ti ho pensato. Al magazzino hanno fotocopiato cinquecento locandine di un tizio che dipinge fiori bianchi, completamente bianchi, su sfondo bianco.

SERGE: L’Antrios non è bianco.

YVAN: Ah, no, certo. Si fa per dire.

MARC: Tu trovi che questo quadro non sia  bianco, Yvan?

YVAN: Beh, diciamo parzialmente. Proprio bianco, no.

MARC: Ah, ecco. E che colori ci vedi?

YVAN: Colori?... Beh sì, direi del giallo, del grigio, delle linee un po’ ocra...

MARC: E questi colori, immagino, ti emozionano...

YVAN: Sì... questi colori mi emozionano, certo.

MARC: Yvan, fattelo dire: tu non hai spina dorsale. Sei un essere amorfo e flaccido.

SERGE: Che c’entra adesso aggredirlo in questo modo?

MARC: C’entra perché è un ruffiano da quattro soldi, un leccaculo abbagliato dalla grana e da tutto quello che appena appena gli sa di cultura... che poi è la classica cultura che a me dà il vomito!

Un breve silenzio.

 SERGE: ...Ma che t’ha preso?

MARC: (A Yvan.)  Come puoi, Yvan?... Davanti a me. Davanti a me, Yvan.

YVAN: Davanti a te, cosa?... Davanti a te, cosa?...

Questi colori mi emozionano, va bene?... E pure molto, se non ti scoccia.

E piantala di voler dettare legge su tutto.

MARC: Ma come puoi azzardarti a dire, davanti a me, che questi colori ti emozionano?...

YVAN: Perché è la verità.

MARC: La verità? Che questi colori ti emozionano?

YVAN: L’hai detto, mi emozionano.

MARC: Questi colori ti emozionano?!

SERGE: Già, questi colori lo emozionano. Perché? Non ha il diritto?

MARC: No, non ha il diritto.

SERGE: Come sarebbe che non ha il diritto?

MARC: Perché non ce l’ha

YVAN: Cioè, io non avrei il diritto?!...

MARC: No.

SERGE: E perché non avrebbe il diritto?... Ti rendi conto che stai un po’ sbarellando?!... Io, al tuo posto, andrei a farmi una visitina.

MARC: Non ha il diritto di dire che questi colori lo emozionano per il semplice fatto che non è vero.

YVAN: Ah, sicché questi colori non mi emozionerebbero?!

MARC: Ma non ci sono colori qui dentro! Perciò non puoi vederli e perciò non possono emozionarti.

YVAN: Parla per te!

MARC: Che avvilimento, Yvan!

SERGE: Ma chi ti credi di essere, Marc?!...

Chi sarai mai per  voler imporre a chiunque il tuo modo di vedere?... Un nichilista, ecco chi... uno che disprezza l’universo mondo e che si fa un punto d’onore di non essere un uomo dei suoi tempi...

MARC: E che vorrebbe dire un uomo dei suoi tempi?

YVAN: Vi saluto, io me ne vado.

SERGE: Ma dove te ne vai? Aspetta.

YVAN: Non vedo perché stare qui a sopportare i vostri scazzi personali.

SERGE: Ora non ti ci mettere anche tu... se te ne vai, non farai che dargli ragione.

(Yvan si ferma, esita, non sa che decisione prendere.)

Un uomo dei suoi tempi è un uomo che vive nei suoi tempi.

MARC: Bella stronzata. E come potrebbe mai vivere in altri tempi che non siano i suoi?... Spiegami, non capisco.

SERGE: Un uomo dei suoi tempi è uno di cui si potrà dire, di qui a venti o cent’anni, che è stato rappresentativo della sua epoca. Più chiaro di così!

MARC: uh, uh.

Ma stringi, stringi?

SERGE: Come ‘stringi, stringi’?

MARC: Cosa me ne viene a me se di qui a cent’anni diranno: ecco uno che è stato rappresentativo della sua epoca?

SERGE: Sempre a metterti in mezzo! Caro mio, qui non è di te che si tratta. Di te i posteri se ne fotteranno altamente. L’uomo dei suoi tempi a cui io mi riferisco - che poi, guarda caso, si tratta per lo più di personaggi da te apprezzatissimi - è qualcuno che agisce in nome dell’umanità. Un uomo dei suoi tempi non limita la storia della pittura a una veduta pittoresco-fiammeggiante di Cavaillon...

MARC: Carcassonne.

SERGE: Va bene, è lo stesso. Un uomo dei suoi tempi partecipa alla dinamica intrinseca dell’evoluzione...

MARC: Il che, secondo te, sarebbe un bene.

SERGE: Non è né un bene né un male - sempre a fare il moralista! - è nella natura stessa delle cose.

MARC: E tu, ad esempio, saresti uno che partecipa alla dinamica intrinseca dell’evoluzione?...

SERGE: L’hai detto.

MARC: E Yvan?...

YVAN: Quandomai! Un essere amorfo e flaccido a cosa vuoi che partecipi?...

SERGE: Invece sì. Yvan, a modo suo, è un uomo dei sui tempi.

MARC: E da quali indizi lo desumi? Forse dalla crosta che si tiene appesa sul caminetto?

YVAN: Non è affatto una crosta!

MARC: Lo è, lo è.

YVAN: Ti dico di no!

SERGE: Poco importa. Yvan è rappresentativo di un certo modo di vivere e di pensare che è del tutto contemporaneo. Come te, d’altronde. Tu, per quanto possa non piacermi, sei un esemplare tipico di uomo contemporaneo. E più sei convinto di non esserlo, più lo sei.

MARC: Perfetto, allora tutto è a posto. Dove sarebbe il problema?

SERGE: Il problema è solo tuo che ti fai un vanto del volerti escludere dal consesso civile. Cosa, peraltro, impossibile. Mi sembri un po’ come nelle sabbie mobili: più fai per uscirne e più affondi. Ora fa’ le tue scuse a Yvan.

MARC: Yvan è un vigliacco.

Su quest’ultima affermazione, Yvan si decide: prende e se ne va.

Una breve pausa.

SERGE: Complimenti.

Silenzio.

MARC: Avremmo fatto meglio a non vederci per niente stasera... non trovi?... E mi sa che farei bene ad andarmene pur io.

SERGE: Sa tanto anche a me.

MARC: Va bon...

SERGE: Sei tu che sei un vigliacco... prendersela così con un poveraccio incapace di difendersi... cosa che tu sai benissimo.

MARC: Ma sì, sì... hai ragione... hai perfettamente ragione e sentirmelo dire non fa che aumentare il mio senso di colpa... ma è che, boh non lo so, io non riesco più a capire che specie di rapporto vi sia tra tra me e Yvan... voglio dire, proprio il tipo di relazione che c’è tra me e lui. Mi sfugge.

SERGE: Yvan è sempre stato quello che è.

MARC: Mica vero. Un tempo aveva una sua follia, una sua stranezza... sì, va bene, è sempre stato un insicuro, ma di una stravaganza talmente disarmante...

SERGE: E io?

MARC: Tu cosa?

SERGE: Sapresti dirlo cos’è che ti lega a me?...

MARC: ... Lascia perdere, ne avremmo da rivangare!...

SERGE: Proviamoci.

Breve pausa.

MARC: ...Mi secca di aver dato un dispiacere a Yvan.

SERGE: Ah! Se Dio vuole sulle tue labbra è fiorita una parola vagamente umana.

... Oltretutto la crosta che ha sul camino mi sa tanto che l’ha dipinta suo padre.

MARC: No!?... Oh, cazzo!

SERGE: E già.

MARC: Del resto anche tu gli hai...

SERGE: Sì, difatti me ne sono ricordato mentre glielo dicevo.

MARC: O merda!

SERGE: Mmm...

Breve pausa.

Suonano alla porta.

Serge va ad aprire.

Yvan, rientrando nella stanza, parla a ruota libera come in precedenza.

YVAN: Il ritorno di Yvan! Come mai? Presto detto. L’ascensore è occupato, e allora che faccio? Mi butto giù a rotta di collo per le scale mentre continuo a rimuginare tra me e me ‘amorfo, flaccido, senza spina dorsale... Ah, è così?... Ma io torno su con una roncola e, com’è vero Dio, lo sbudello a quello stronzo, così almeno se ne  accorge di quanto sono vigliacco e leccaculo!’... Poi arrivo al piano terra, mi metto calmo e rifletto: vecchio mio, non avrai mica fatto sei anni di analisi per mandare affanculo il tuo migliore amico, non avrai fatto sei anni di analisi per non riuscire a capire come dietro questo delirio verbale si nasconda in realtà un disagio profondissimo... per cui faccio macchina indietro e, tutto disposto al perdono, mi dico: Marc sta lanciando un grido d’aiuto e io ho il dovere di raccoglierlo, anche a costo di farmi del male. Del resto proprio l’altro giorno  parlavo di voi due con Finkelzohn...

SERGE: Tu hai parlato di noi con Finkelzohn?!

YVAN: Io parlo di tutto con Finkelzohn.

SERGE: Ma perché anche di noi?

MARC: Io ti vieto nel modo più categorico di parlare di me con quel coglione!

YVAN: Tu non mi vieti proprio un bel niente.

SERGE: Che c’entrava adesso mettere in mezzo noi?

YVAN: C’entrava, c’entrava. Mica è da ieri che i vostri rapporti si sono fatti stressatini anzichenò!... Beh, volevo che Finkelzohn mi aiutasse a fare luce.

SERGE: E che ha detto quell’idiota?

YVAN: Una cosa molto acuta.

MARC: Ah perché? Certa gente è anche capace di opinioni personali?

YVAN: Non è questione di essere capace. Di norma non ne esprime ma stavolta ha voluto farlo.

SERGE: Insomma, che ti ha detto?

MARC: Io me ne fotto di quello che gli ha detto!

SERGE: Voglio sapere che ha detto.

MARC: Ma se non ce ne può fregare di meno?!

SERGE: Oh merda, io invece sono curioso di sapere cos’è stato capace di inventarsi quel testa di cazzo, va bene?...

YVAN: (Frugandosi in tasca.)  Se proprio ci tenete...

(Tira fuori un foglietto tutto spiegazzato.)

MARC: Hai anche preso appunti?...

YVAN: (Spiegando il foglio.)  Ho preferito annotarlo perché è un po’ complicato. Leggo?

SERGE: Leggi.

YVAN: ...”Se io sono io in quanto me stesso, e se tu sei tu in quanto te stesso, io sono io e tu sei tu. Se, però, io sono io in quanto tu sei tu, e se tu sei tu in quanto io sono io, ciò vuol dire che io non sono io e tu non sei tu...”

Avrete capito perché ho preferito scriverlo.

Breve pausa.

MARC: Quanto lo paghi a quello?

YVAN: Quattrocento franchi la seduta, due volte a settimana.

MARC: Bella mossa.

YVAN: E in contanti. Ah, è fondamentale pagare in contanti. Freud sosteneva che il rumore delle banconote che ti scivolano dalle mani sia determinante da un punto di vista terapeutico.

MARC: Mi sa che da te quello ha tutto da imparare.

SERGE: Ah, sicuro. Se poi, anzi, quella chicca ci fai il favore di ricopiarcela!...

YVAN: (Mettendo via il suo biglietto.)  Sbagliate a fare così. E’ un’asserzione molto profonda.

MARC: Se è per merito suo che sei tornato a porgere l’altra guancia puoi davvero ringraziarlo. Significa che t’ha proprio ammosciato il cervello, ma contento te!...

YVAN: (A Serge.)  Tutto questo perché non gli va giù il fatto che ho apprezzato il tuo Antrios.

SERGE: Volete saperlo? Me ne strafotto di quello che pensate del mio quadro. E questo vale per te come per lui.

YVAN: Eppure più lo guardo e più mi piace. Giuro.

SERGE: Proposta: piantiamola di parlare del quadro una volta per tutte, d’accordo? E’ una conversazione che m’ha stancato.

MARC: Perché te la prendi così?

SERGE: Ma chi se la prende?... Voi avete espresso i vostri pareri. Perfetto. Argomento chiuso.

MARC: Che ti dicevo? Te la sei presa.

SERGE: Neanche un po’, guarda! L’unica, te l’ho detto: mi sono stancato.

MARC: Se te la prendi a questo modo vuol dire, chiaro e tondo, che dipendi dal giudizio degli altri. Il che!...

SERGE: Sono stanco, Marc! Semplicemente stanco. E tutto questo mi sembra talmente sterile... poi vuoi che te la dica tutta? State cominciando davvero a rompermi le palle..

YVAN: Andiamo a cena, sù.

SERGE: Andateci voi due. Fate una bella coppia, andate, andate!...

YVAN: Ma dài! Per una volta che siamo tutti e tre.

SERGE: Appunto. Non mi sembra che funzioni molto.

YVAN: Ma che sta succedendo? Mica lo capisco. Per cortesia, vediamo di calmarci. Non c’è nessuna ragione per litigare. Tanto meno per un quadro.

SERGE: Bravo, continua!... Ma ti rendi conto che non fai altro che gettare benzina sul fuoco con i tuoi ‘calmiamoci’ e con questi tuoi modi da gesuita!?

YVAN: Se vi siete messi in testa di trascinarmi in una rissa, cascate male.

MARC: Tu mi preoccupi. Bisogna che vada a scambiare due paroline con Finkelzohn!...

YVAN: Rinuncia. E’ strapieno.

Che ciucci?

MARC: Gelsémium.

YVAN: Io almeno mi sento reintegrato nel corso naturale delle cose... matrimonio, bambini, morte. Cartoleria. Che altro mi potrà mai accadere?

Mosso da un impulso improvviso, Serge prende l’Antrios e lo riporta dove stava, fuori dalla stanza.

Subito dopo rientra.

MARC: Già, noi  non siamo degni di guardarlo.

SERGE: Bravo, l’hai capita.

MARC: O niente niente hai paura che, con me qui, tu possa arrivare a vederlo coi miei occhi? Sbaglio?...

SERGE: Non ci sperare. Per dirla con Valéry, sto portando acqua al tuo mulino.

MARC: Non me ne può fregare di meno di quello che dice Valéry.

SERGE: Ma come? Ti piaceva tanto Valéry...

MARC: Lascia stare Valéry.

SERGE: Ma se era la tua passione Valéry!

MARC: T’ho detto che me ne infischio di quello che dice Valéry.

SERGE: Sei tu che me l’hai fatto scoprire. E’ merito tuo se oggi posso citarti Valéry.

MARC: Beh, ti prego di non farlo. T’ho detto che ne infischio grandemente di Paul Valéry!

SERGE: E di cos’è che non t’infischi? Sentiamo!

MARC: Del fatto che tu abbia comprato quel quadro!

Che tu abbia buttato venti testoni per quella merda.

YVAN: Oddio, Marc, non ricominciare adesso!

SERGE: Io invece - visto che siamo in chiave di confidenze - vorrei dirti che quello di cui non m’infischio è la tua maniera di insinuare, con risatine e allusioni varie, che io stesso troverei quell’opera grottesca. Tu escludi a priori che io possa apprezzarla sinceramente. Come a creare tra noi una sorta di complicità odiosa. E se vuoi che te la dica tutta, caro Marc, è proprio questo che, da un po’ di tempo in qua, sta minando il legame che c’è tra noi: questa continua aria di sospetto che hai nei miei confronti.

MARC: Affermativo. Non riesco a capacitarmi che ti possa piacere sinceramente quel quadro.

YVAN: Ma perché?

MARC: Perché stimo Serge, e perché sono del tutto incapace di stimare il Serge che si porta in casa un quadro simile.

SERGE: Perché dici: che si porta in casa, e non: che ama?

MARC: Non lo dico perché non posso crederlo.

SERGE: Ma allora, se non lo amo, perché mai l’avrei comprato?

MARC: E qui ti voglio.

SERGE: (A Yvan.)  Ma tu senti la supponenza! Più io cerco di glissare e più lui insiste con la maligna saccenteria del sottinteso!... (A Marc.)  E perché non hai preso in considerazione anche una seconda ipotesi, magari improbabile ma possibile?... Vale a dire che io invece lo ami per davvero e che possa ferirmi questo tuo giudizio tanto categorico, inappellabile e intriso di disgusto?

MARC: Scartata al volo.

SERGE: E va bene, allora fuoco alle polveri. Quando tu mi hai domandato cosa ne pensassi di Paula - una ragazzetta che ha passato tutta una serata a sostenere, me presente,  che è possibile curare le macchie senili con l’omeopatia - io certo non ti ho poi detto che la trovavo orrenda, rugosa e senza il minimo fascino. E ce n’era di che.

MARC: Ah, è questo che tu pensi di Paula?

SERGE: Non s’è capito?

YVAN: Ma no che non lo pensa. Ora che c’entra Paula, poverina?

MARC: Rispondimi.

SERGE: Ah-ah... adesso sì lo capisci che effetto fa!

MARC: Tu pensi davvero quello che hai detto di Paula?

SERGE: Ma anche peggio.

YVAN: Ma figurati!

MARC: Anche peggio, Serge? Anche peggio di rugosa? E che vorrebbe dire anche peggio di rugosa?

SERGE: Ma guardatelo! Quando la cosa lo tocca personalmente si direbbe che per lui le parole abbiano tutto un altro peso.

MARC: Serge, spiegami l’anche peggio di rugosa!...

SERGE: E’ inutile che ti scaldi. Vuoi che sia più chiaro? Guarda, basterebbe il suo modo di scansar via il fumo della sigaretta.

MARC: Il suo modo di scansar via  il fumo della sigaretta?...

SERGE: Esattamente.Il suo modo di scansar via il fumo della sigaretta. Un gesto che a te sembrerà pure anodino, insignificante, ma ti sbagli perché, guarda caso, il suo modo di scansar via il fumo della sigaretta ti dà la misura esatta della sua rugosità.

MARC: ...Ma ti rendi conto? Tu stai dicendo le cose più atroci di Paula, della donna con cui io divido la mia vita, solo perché ti dà fastidio il suo modo di scansar via il fumo della sigaretta!...

SERGE: Sì, e cento volte sì! Il suo modo di scansar via il fumo della sigaretta la condanna senza appello.

MARC: Serge, pretendo una spiegazione, e ti prego di darmela prima che perda completamente la calma. Quello che stai facendo è terribilmente grave.

SERGE: Servito. Qualsiasi altra donna direbbe: scusa, il fumo mi dà un po’ fastidio, potresti spostare un pochino il portacenere... lei no, lei non s’abbassa a parlare, lei disegna il suo disprezzo nel vuoto con un gesto calcolato, pieno di sdegno indolente... un gesto della mano che vorrebbe sembrare da nulla ma che in realtà sottintende: fumate, fumate... un gesto tanto esasperante quanto impossibile da sottolineare, e che per di più ti mette nel disagio di non capire cosa sia ad irritarla veramente: se la sigaretta o proprio tu in persona.

YVAN: Che esagerato!

SERGE: Prego, notare... mica dice che ho torto, solo che esagero ma non che ho torto. Come vedi il suo modo di scansar via il fumo della sigaretta rivela una natura frigida, schifiltosa e chiusa al rapporto col mondo. Proprio quello che rischi di diventare tu. E’ triste, Marc, davvero triste che tu ti sia infognato con una donna tanto negativa.

YVAN: Ma Paula non è per niente negativa.

MARC: Ritira tutto quello che hai detto, Serge!

SERGE: Nemmeno per idea.

YVAN: Sempre a estremizzare.

MARC: Invece sì che lo ritiri!

YVAN: E ritiralo. Tutto ciò è patetico.

MARC: Serge, per l’ultima volta, io ti ordino di ritirare quello che hai detto.

SERGE: Ah, davvero una bella coppia! Due fossili fatti per intendersi benissimo.

Marc si getta su Serge.

Yvan si precipita a dividerli.

MARC: (A Yvan.)  E levati di mezzo!

SERGE: (A Yvan.)  Ma che t’immischi!?

Ne segue una sorta di zuffa grottesca

sino a che un pugno, involontariamente, colpisce proprio Yvan.

YVAN: Oh merda!... Merda!...

SERGE: Fa’ vedere, fa’ vedere... (Yvan geme. E si direbbe che ne abbia ben d’onde.)  T’ho detto fa’ vedere!... Non è niente... dài, che non ti sei fatto niente... aspetta...  (Esce e torna con un impacco.)  Ecco... tienlo un po’ sù per qualche minuto.

YVAN: ...Voi siete due pazzi, uno peggio dell’altro. Ma proprio fusi... io non lo so cosa v’ha preso a tutti e due!

SERGE: Sù, non te la prendere.

YVAN: Mi fa un male cane!... Come niente mi avete sfondato il timpano!...

SERGE: Ma no.

YVAN: E che ne sai? Sei per caso un otorino?... Ma io dico, due amici come voi... gente che ha avuto un’educazione, che ha fatto degli studi...

SERGE: E calmati, dài.

YVAN: Pure te... demolire una persona solo perché non sopporti  il suo modo di scansare il fumo della sigaretta!...

SERGE: E’ così.

YVAN: Ma non ha il minimo senso!

SERGE: Parla di senso, lui. Abbiamo l’esperto.

YVAN: Bravo, ancora! Come non bastasse!... Potrei avere un’emorragia interna, altro che storie!... Ho visto tutta una roba nera tipo lampo... Terribile.

SERGE: Era un topo.

YVAN: Che topo?

SERGE: Ce n’è uno qui che va e viene.

YVAN: Qui c’è un topo?!!

SERGE: Non togliere l’impacco. Tienlo ancora un po’.

YVAN: Io pagherei per sapere che v’è successo. No, perché qualcosa dev’essere successo... non s’è mai sentito di due che diventano dementi tutto a un botto fino a questo punto!

SERGE: E’ successo che io ho comprato un quadro e che Marc non è stato in grado di apprezzarlo.

YVAN: Ancora!... Certo che voi due vi siete proprio cacciati in una spirale senza fondo...sembrate me e Yvonne. Ovvero, la relazione più patologica che conosca.

SERGE: Yvonne chi?

YVAN: Dài, la mia matrigna!

SERGE: Già, era un po’ che non se ne parlava.

YVAN: Lei ha imparato a nuotare nel canale d’Aubervilliers. Ci buttavano dentro i topi morti e il guardiano della chiusa le diceva: tuffati! Tuffati!... Me lo stava raccontando giusto l’altra sera a casa di mio padre... Ah, era meraviglioso! Eravamo poveri in canna ma tutto questo era meraviglioso!...  E io, per tutta risposta, non ho potuto trattenermi dal dirle di aver imparato a nuotare a quattordicianni con un giubbotto salvagente e un maestro privato ad Auteuil. Dio, che male! Mi fa un male tremendo!... Ci scommetto che il timpano è bello e fottuto.

Una breve pausa.

MARC: Perché non me l’hai detto da subito quello che pensavi di Paula?

SERGE: Per non darti un dispiacere.

MARC: No, no, no...

SERGE: Cosa: no, no, no?...

MARC: No, e basta.

Quando ti ho chiesto cosa ne pensassi di Paula tu m’hai risposto: siete fatti l’uno per l’altra.

SERGE: Difatti...

MARC: Ma detta come una cosa buona, almeno a giudicare dal tono che hai usato.

SERGE: Sicuramente.

MARC: Sicuramente sì. Almeno allora, sì.

SERGE: Anche fosse, cosa vorresti dimostrare?

MARC: Solo notare la differenza con la tua requisitoria di poco fa contro Paula, che poi in realtà era contro di me.

SERGE: Non afferro.

MARC: Oh sì, invece, tu afferri benissimo.

SERGE: Ti dico di no.

MARC: Dal momento che non intendo seguirti nella tua spasmodica, nonché improvvisata, brama di novità ecco che io automaticamente divento ‘un fossile frigido e chiuso al rapporto col mondo’...

YVAN: Gesù, mi gira tutto!... Ho come un trapano che mi trafora il cervello!

SERGE: Vuoi un goccio di cognac?

YVAN: Pensi dovrei?... Ma fa’ che davvero ho una lesione cerebrale non pensi che l’alcool sia controindicato?...

SERGE: Preferisci un’aspirina?

YVAN: Non preoccupatevi per me. Continuate pure la vostra assurda conversazione, fate conto che io non ci sia.

MARC: Mica facile.

YVAN: Chiedessi tanto: solo un filo di comprensione. Macché! Zero.

SERGE: Io posso sopportare benissimo che tu frequenti Paula. Mica che te ne voglio per questo.

MARC: Ci mancherebbe altro!

SERGE: E tu allora perché me ne vuoi?... Ovvio che mi riferisco all’Antrios.

MARC: Ovvio.

SERGE: C’è qualcosa  che mi sfugge.

MARC: Io non ti ho mica sostituito con Paula.

SERGE: Ah, perché io, invece, ti avrei sostituito con l’Antrios?

MARC: Già, proprio.

SERGE: ...Io, te, con l’Antrios?

MARC: Proprio. Con l’Antrios e compagnia bella.

SERGE: (A Yvan.)  Ma lo senti che dice?

YVAN: Me ne sbatto, siete due squilibrati.

MARC: Una volta non avresti mai comprato quella tela.

SERGE: Che significa ‘una volta’?

MARC: Significa quando ancora davi un senso alla nostra amicizia, e misuravi le cose con un metro comune.

SERGE: E quando mai sarebbe stata la volta del metro comune?

MARC: Questo è crudele da parte tua. Crudele e meschino.

SERGE: Ma no, ti assicuro... hai delle uscite che mi lasciano esterrefatto.

MARC: Se Yvan non fosse diventato lo smidollato che è, te lo direbbe anche lui se ho ragione o no.

YVAN: Bravo, ricomincia, sai... tanto di qui mi entra e di lì mi esce.

MARC: (A Serge.)  C’è stato un tempo un cui tu eri fiero di avermi per amico... la mia diversità sapevi capirla, come sapevi capire la mia tendenza a tenermi fuori dal branco. E come ti piaceva esibire in società il buon selvaggio, tu che di norma eri sempre quello tutto perfettino: ammettilo! Io ero il tuo alibi. Ma alla lunga tutto questo ha finito col mostrare la corda, e con l’età  che avanza ecco che il tuo lato borghese ha ripreso il sopravvento.

SERGE: Tante grazie per ‘l’età che avanza’.

MARC: A me fa orrore il tuo lato borghese. E’ talmente violento! D’altronde lo vedi da te: mi stai abbandonando. Io sono tradito. Tu per me sei un traditore.

Silenzio.

SERGE:(A Yvan.)  Se ho ben capito, sostiene di essere stato il mio pigmalione.

(Yvan non risponde. Marc lo guarda con disprezzo. Breve pausa.)

Mettiamo pure che fosse vero: che io provassi per te qualcosa del genere,

a questo punto sarei curioso di sapere che razza di sentimenti provavi tu per me!

MARC: Risposta scontata.

SERGE: Sarà scontata ma vorrei sentirla lo stesso.

MARC: Mi piaceva l’importanza che mi davi. Ne ero lusingato

Ho sempre creduto che il tuo vedermi come una cosa a parte fosse il segno di una predilezione, di una preferenza vera, sino a quando, però, hai pensato bene di aprirmi gli occhi. 

SERGE: Perdonami, ma è sconvolgente.

MARC: Come che sia, è la verità.

SERGE: Dio, che disastro!

MARC: Sottoscrivo in pieno.

SERGE: Ma un disastro disastro.

MARC: Soprattutto per me. Tu, oramai, ti sei trovato una nuova famiglia. La tua connaturata idolatria si è inventata nuovi oggetti di culto. l’Artista!... La destrutturalizzazione!...

Breve pausa.

YVAN: Che sarebbe la destrutturalizzazione?...

MARC: Come? Non conosci la destrutturalizzazione?... Domandalo a Serge, è un maestro in materia. (A Serge.)  Per rendermi comprensibile un’opera assurda, hai pensato bene di risciacquare il tuo vocabolario nel registro dei lavori pubblici... Sì, ridi pure! Che poi mi fa una rabbia.... ci credi che quando ti vedo ridere così quasi quasi mi torna un po’ di speranza?... Pensa che stronzo!

 YVAN: Ma smettetela e datevi la mano, forza! Sono scemate... siamo ancora in tempo per raddrizzare la serata.

MARC: Va bene, mi prendo le mie colpe. Non ci siamo visti molto in questi ultimi tempi. Un po’ io che non ci sono stato, un po’ te che ti sei messo a frequentare il gran mondo... i Rops... i Desprez-Coudert... e quel dentista là, Guy Halliè... anzi, se non sbaglio è stato proprio lui che ti ha...

SERGE: No, no, nemmeno per sogno, lui è tutt’altra roba: un patito dell’Arte concettuale, figurati!...

MARC: Beh, siamo lì.

SERGE: Ma che siamo lì?! Due universi lontanissimi!

MARC: L’ennesima prova che ti ho lasciato andare alla deriva...

Ormai non ci si intende nemmeno sulle cose più banali.

SERGE: Però io non me n’ero mica accorto di essere così tanto vittima della tua influenza. Credimi, è stata un’autentica rivelazione.

MARC: Nessuna influenza, per carità... al massimo, una specie di vigilanza. Ma tra amici è quasi un dovere. Ci si dovrebbe sempre tenere un po’ sotto controllo. Non foss’altro per evitare le dispersioni... Toh, prendi questo sciagurato di Yvan:  prima quasi ci incantava con i suoi atteggiamenti eccentrici e un po’ ribelli, e adesso?... Ci si è trasformato sotto gli occhi in un imbelle e pavido cartolaio... nonché prossimo marito... un ragazzo che sapeva portarci in dono la sua originalità e che ora, invece, si sforza in tutti i modi di soffocarla.

SERGE: Che ci portava in dono?... A noi?... Ma hai idea di come parli? Tutto, sempre, in funzione tua! Impara a guardare le persone per quello che sono, Marc!

MARC: Che vuol dire: per quello che sono?!

SERGE: Quello che sono per se stesse.

MARC: E cosa sono per se stesse?!... Avanti, dimmelo: cosa sono per se stesse?!...

Oltre la speranza che io ripongo in loro, cosa?...

Sapessi da quanto lo sto cercando un amico capace di esistere aldilà di me! Fino a oggi ancora non ci sono riuscito. L’unica era plasmare un pochetto voi... ma a quanto pare è andata storta. Arriva un bel giorno che la mia creatura prediletta che fa?... Se ne va a cena dai Desprez-Coudert e, per certificare il suo nuovo ‘status’, piglia e si compra una bella tela bianca.

YVAN: In Medicina so che tutto questo ha un nome. Perché è una malattia che ha proprio un suo nome preciso...

SERGE: Insomma, eccoci al capolinea di una bella amicizia durata quindicianni...

MARC: A quanto pare.

YVAN: Che tristezza!

MARC: E’ incredibile... se solo ci fossimo parlati normalmente, se solo fossi riuscito a esprimere quello che intendevo con appena un po’ più di calma...  

SERGE: Beh?...

MARC: Niente, niente.

SERGE: Ma no, dì. Almeno per sdrammatizzare.

MARC: Io non ci credo ai valori su cui si fonda l’Arte Contemporanea. Alle leggi del nuovo. Del sorprendente...

Il sorprendente è roba effimera. Nemmeno il tempo di essere concepita ed è già morta e sepolta.

SERGE: Va bene, e allora?

MARC: Tutto qui.

Metti me: anch’io, in fondo, ho rappresentato per te qualcosa di sorprendente.

SERGE: Per favore, niente assurdità.

MARC: Qualcosa di sorprendente che, anzi, è durato anche più del consueto.

YVAN: Finkelzohn è un genio.

Vi dico solo che aveva previsto tutto.

MARC: Gradirei molto, Yvan, che tu la piantassi di fare l’arbitro ‘super partes’, e che la smettessi di far finta che questa conversazione non ti riguardi affatto.

YVAN: Vuoi che partecipi? Nessun problema, ma spiegami tu in che cosa dovrebbe riguardarmi. E prego notare che ho già un timpano sfondato, per cui i vostri conti personali ve li regolate da soli.

MARC: In quanto al timpano, può anche essere. Ammetto d’averci dato giù duro.

SERGE: Per piacere, non diciamo cazzate.

MARC: Siamo chiari, Yvan... quello che in questo momento io non sopporto di te - a parte il resto che già ti ho detto - è la tua smania di volerci omologare a tutti i costi. Belli conformati, così ci vorresti. Per mettere la sordina alla tua vigliaccheria. Conformati sia in quello che diciamo, sia nel modo d’intendere la nostra amicizia. Beh, noi non siamo così, Yvan: noi non siamo uguali, ragion per cui sei costretto a una scelta di campo.

YVAN: Io la mia scelta l’ho già fatta da un pezzo.

MARC: Perfetto.

SERGE: Se è per me, t’avverto, non ho bisogno di sostenitori.

MARC: Oh, poverino, ora che fai? Gli sbatti la porta in faccia?!

YVAN: Gesù, io mi domando che bisogno abbiamo di vederci se ci si odia tanto! Perché mi pare evidente che ci si odia. Oh, puntini sulle i: io non vi odio affatto, siete voi, voi,  che vi odiate. E che mi odiate. Ma allora perché ci si vede?... Dio solo sa quanto ci tenevo a passare questa serata insieme dopo una settimana di casini pazzeschi!... Dico, almeno me ne sto con i miei due migliori amici... ci facciamo un cinemino, due belle risate, e del resto chi se ne frega!

SERGE: Ti sarai accorto, spero, che hai parlato solo di te.

YVAN: Già, perché voi invece di che parlate? Tutti parlano solo di sé!

SERGE: Ma se qui sei proprio tu quello che ci ha mandato a monte la serata!

YVAN: Io ve l’avrei mandata a monte?...

SERGE: Sì, tu.

YVAN: Io ve l’avrei...? Ho capito bene? Sarei io quello che vi a mandato a monte la serata? Io?...

MARC: Sì, inutile che ti ecciti tanto!

YVAN: Io quello che vi ha mandato a monte la serata?!!...

SERGE: Conti di tirarla avanti per le lunghe?

YVAN: Tu prima abbi il coraggio di rispondermi: sicché  sarei io quello che avrebbe mandato a monte la serata?!...

MARC: Arrivi con tre quarti d’ora di ritardo, entri e nemmeno chiedi scusa, ci scassi le palle con le tue beghe personali...

SERGE: Vuoi che te la dica tutta? E’ la tua indolenza, la tua indolenza da spettatore distratto e distaccato: eccola la causa scatenante dei nostri peggiori istinti.

YVAN: Anche tu ti ci metti adesso?!

SERGE:  Mi ci metto sì, perché su questo punto sono pienamente d’accordo con lui. Se c’è uno tra noi che ha il dono naturale di mandarti in bestia quello sei proprio tu. 

MARC: E dove la metti quella tua arietta fatua da personcina ragionevole che ci propini da quando hai messo piede qui dentro?... Niente di più insopportabile.

YVAN: Lo sapete, sì, che potrei anche mettermi a piangere... ci metto mica tanto... come non ne fossi capace!...

MARC: E piangi!

SERGE: Sù, piangi.

YVAN: Sè, piangi!... Ci fate pure gli spiritosi!!

MARC: Avresti tutte le ragioni per piangere: primo, stai per sposarti con una strega isterica e lo sai. Secondo: stai perdendo amicizie che pensavi eterne, e lo sai...

YVAN: Ah, perché così davvero sarebbe tutto finito?!

MARC: L’hai detto tu stesso: che senso ha continuare a vedersi odiandosi tanto?

YVAN: E il mio matrimonio?...  Mi dovete fare da testimoni, ve lo siete dimenticato?!

SERGE: Fai ancora in tempo a trovarne degli altri.

YVAN: Ma che faccio in tempo!? Siete già nelle pubblicazioni.

MARC: Due all’ultimo momento si rimediano sempre.

YVAN: Ma non si può!

MARC: Come no!

YVAN: Eh, come no?! No!

MARC: Non ti agitare. Vedremo.

SERGE: Alla peggio, annulli.

MARC: La cosa migliore.

YVAN: Ma merda! Si può sapere che cazzo vi ho fatto?!!!...

E scoppia in lacrime.

Un tempo.

YVAN: Quello che fate è ignobile! Se avevate tanta voglia di farvi a pezzi potevate almeno aspettare dopo la mezzanotte,  ma no... era necessario mandare a puttane il mio matrimonio sennò che gusto c’era?!... Quello già di suo è una tale calamità da avermi fatto perdere quattro chili come se niente fosse... ci mancavate solo voi per dargli il colpo di grazia! Dico io: se c’erano due persone al mondo la cui presenza riusciva a procurarmi un briciolo di serenità eravate voi, e ora guardatevi lì: due animali rabbiosi. Niente da dire, proprio nato con la camicia... (A Marc.)   Dì, ma tu sei davvero convinto che per me le buste a sacchetto siano il massimo dei massimi?... Credi davvero che un uomo normale possa avere come scopo supremo nella vita quello di vendere contenitori cerati o  nastri adesivi bifacciali?!... Ma cosa vuoi da me? Ho fatto il coglione fino a quarant’anni. Il mio unico risultato: divertirvi... tenervi sù di morale con i miei cazzeggi. La sera, però, chi è che se ne restava solo come un cane? Chi è che se ne tornava alla sua cuccia senza uno straccio d’amico affianco? Il buffone, ecco chi... costretto a crepare di solitudine e che tutto quello che può aspettarsi dalla sua segreteria cos’è? Sua madre. Sua madre e ancora sua madre.

Una breve pausa.

MARC: Certo, se ti butti giù così!...

YVAN: Se ti butti giù così!?... Perché sarei io a buttarmi giù così?!... Scusami, sai, se non ho il tuo pelo sullo stomaco! E già, qui c’è l’invertebrato... il vigliaccone, il pagliaccio buono per tutte le stagioni! Vero o no?...

MARC: Calmati, dài!

YVAN: E non dirmi ‘calmati’! Non ho nessun motivo per calmarmi, e se non vuoi farmi incazzare di brutto evita di dirmi ‘calmati’! ‘Calmati’ è la cosa peggiore che si possa dire a un povero cristo che abbia perso la calma! Io  non sono come voi, io me ne fotto di ostentare autorità, di elevarmi a punto di riferimento, non me ne frega un accidente di esistere solo per me stesso, vaffanculo!... Io voglio continuare a essere il vostro Yvan! ... Il pagliaccio, lo stravagante, quello che cazzo vi pare, ma il vostro amico Yvan! Come sempre!

Silenzio.

SERGE: Quanto meno, avrei evitato di scivolare sul ‘melò’...

YVAN: Ho finito.

Hai niente da sgranocchiare? Qualsiasi cosa, tanto per non cadere giù svenuto.

SERGE: Mi sa delle olive.

YVAN: Meglio che niente.

Serge gli passa una ciotolina di olive che aveva a portata di mano.

SERGE:(A Marc.)  Tu ne vuoi?

Marc annuisce.

Yvan gli porge la ciotolina.

Mangiano le olive.

YVAN: ...Non avresti mica un piattino per buttare i cosi qui, i...

SERGE: Sì.

Prende una sottocoppa e la poggia sul tavolino.

Una pausa.

YVAN: (Con un’oliva in bocca.) ... Ma dimmi tu, arrivare sino a questi eccessi... montare un tale bordello per cosa? Per un quadratone bianco...

SERGE: Non è bianco.

YVAN: Per una merda bianca!... (Gli viene da ridere e ride. A più non posso.) Perché, lasciatelo dire, è proprio una merda bianca!... E andiamo, riconoscilo, vecchio mio!... Quello che hai comprato è davvero una roba senza senso!...

Anche Marc, trascinato da Yvan, scoppia  a ridere.

Serge esce dalla stanza.

Ritorna dopo pochi istanti portando l’Antrios che sistema al solito posto.

SERGE: (A Yvan.)  Hai per caso con te uno dei tuoi famosi pennarelli?

YVAN: Che vuoi farci?

SERGE: Ce l’hai o no?

YVAN: Aspetta... (Si fruga nelle tasche.)  Sì... ne ho uno blù...

SERGE: Da’.

Yvan passa il pennarello a Serge.

Serge prende il pennarello e, levato il cappuccetto, ne osserva per un istante la punta, rimette il cappuccetto.

Solleva gli occhi su Marc e gli lancia il pennarello.

Marca l’afferra.

Una breve pausa.

SERGE: (A Marc.)  Fallo. (Silenzio.)  Avanti, fallo!

Marc si avvicina al quadro...

Guarda Serge...

Infine leva il cappuccio del pennarello.

YVAN: No, fermati! Non puoi.

Marc guarda Serge...

SERGE: Forza.

YVAN: Voi siete pazzi da legare tutti e due.

Marc si china per portarsi a livello del quadro.

Sotto lo sguardo inorridito di Yvan, segue col pennarello una delle linee trasversali.

Serge rimane impassibile.

Poi, concentrandosi, Marc disegna su quella linea obliqua la figurina di uno sciatore con un berretto in testa.

Quando ha finito si rialza e contempla la sua opera.

Serge resta di marmo.

Yvan è pietrificato.

Silenzio.

SERGE: Bon. Avrei un po’ di fame.

Si va a cena?

Marc abbozza un sorriso.

Rimette a posto il cappuccio e con gesto un po’ teatrale lancia il pennarello a Yvan che lo recupera al volo.

....

Da Serge.

Sul fondo, poggiato al muro, l’Antrios.

In piedi davanti alla tela, Marc tiene in mano una bacinella d’acqua nella quale Serge inzuppa un pezzetto di stoffa.

Marc ha le maniche della camicia rimboccate e indossa un grembiule corto da pittore alle prime armi.

Presso di loro, flaconi e bottiglie di acquaragia, trementina, spugnette e stracci...

Con un gesto molto delicato, Serge apporta un ultimo ritocco alla pulitura del quadro.

L’Antrios è tornato al suo biancore originale.

Marc posa la bacinella e rimira il quadro.

Serge si volta verso Yvan, seduto in disparte.

Yvan sembra approvare.

Serge indietreggia di qualche passo per contemplare a sua volta l’opera.

Silenzio.

YVAN: (Come fosse solo. Parla con un tono di voce alquanto sommesso.) ...All’indomani delle nozze Catherine è voluta andare deporre il suo ‘bouquet’ di sposa al cimitero di Montparnasse sulla tomba di sua madre. Affianco ha voluto anche lasciarci un sacchetto di confetti. Io mi sono nascosto dietro una lapide a piangere, e pure la sera a letto, ripensando a quel gesto tanto commovente, mi è venuto di nuovo da singhiozzare in silenzio. Devo assolutamente parlarne a Finkelzohn. Questa mia propensione a piangere per un nonnulla mi lascia perplesso. Piango di continuo, il che non è proprio normale per un ragazzone della mia età. Tutto è cominciato, o diciamo che si è rivelato con assoluta evidenza, dalla sera del quadro a casa di Serge. Sì, da quando Serge ha voluto dimostrare a Marc, per un lampo di assoluta demenza, di tenere più a lui che a al quadro. Dopidiché siamo andati a cena da ‘Emile’. Lì Serge e Marc  hanno preso la solenne decisione di restaurare un rapporto che sembrava ormai compromesso da un’orgia di idiozie e malintesi. Poi, non so come, uno di noi se n’è uscito con l’espressione ‘periodo di prova’,  e io giù... a piangere come un vitello.

L’espressione ‘periodo di prova’ riferita alla nostra amicizia ha provocato in me in autentico cataclisma emotivo, e sono il primo a dirlo: del tutto assurdo.

La verità  è che ne ho fin sopra i capelli di discorsi razionali. D’altronde, basta guardarsi intorno: tutto ciò che di grande e bello c’è al mondo, gratta gratta, non è mai nato da un discorso razionale. Mai.

Una pausa.

Serge si asciuga le mani. Va a vuotare la bacinella d’acqua poi va a rimettere a posto flaconi e flaconcini, sino a far sparire ogni traccia dell’opera di pulizia.

Torna a guardare ancora una volta il suo quadro. Poi si volta e avanza verso il pubblico.

SERGE: Una volta che io e Marc siamo riusciti a cancellare l’omino grazie a un sapone svizzero a base di siero di vacca consigliato da Paula, ho contemplato il mio Antrios e rivolgendomi a Marc gli ho detto:

- Ma tu lo sapevi che il pennarello era lavabile?

- No, m’ha risposto Marc... io no, e tu?

- Nemmeno, gli ho fatto io mentendo.

Sul momento stavo per dirgli sì, ma a quel punto come potevo mettere in crisi il nostro periodo di prova per un particolare tanto irrilevante!?...

D’altro canto mica è stato bello da parte mia ricominciare subito con un gioco a fregarsi... Beh, un gioco a fregarsi!?... Non esageriamo, via. Da dove mai mi verrà tutta questa stupida ansia di sincerità? Bah.

Comunque, mi domando perché mai i rapporti con Marc debbano essere sempre tanto complicati!...

La luce si concentra a poco a poco sull’Antrios.

Marc si avvicina al quadro.

MARC: Sotto le nuvole bianche, cade la neve.

Non si vedono né le nuvole, né la neve.

Né il gelo, né lo splendore candido della terra.

Un omino solo scivola sopra i suoi sci e va.

La neve cade.

Cade fino a che l’omino scompare tornando nella sua opacità.

Il mio amico Serge, un amico di tanti e tanti anni, ha comprato un quadro.

E’ una tela di circa un metro e sessanta per uno e venti.

Raffigura un uomo che attraversa lo spazio

e poi scompare.

FINE