Aspetta che venga la tua volta

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ASPETTA CHE VENGA

LA TUA VOLTA

Commedia in un atto

Di THORNTON WILDER

Versione italiana di Riccardo Aragno

PERSONAGGI

LINDA

JOEY

ROWENA

ARTURO

Commedia formattata da

Il palcoscenico del « Tivoli Palace of Music », nel quartiere di Soho, a Londra, aprile 1895. Il palcoscenico è rischiarato moto soltanto da una lampada a gas che è rimasta accesa e da una lampada ad olio sulla tavola, a destra, in fondo. Vuoto, buio, polvere, freddo.

Linda vestita col classico « tutu » sta provando dei passi e facendo degli esercizi. È una ragazza sui sedici anni be­lla, assente, un po' imbronciata. Alla tavola siede ]oey, un tipo di commediante tarchiato e Rowena, una «soubrette » piuttosto matura. Joey sta leggendo ad alta voce un settimanale teatrale e sportivo illustrato, e Rowena è intenta a rammendare un paio di calze.. Nel loro modo di parlare l’inflessione dialettale non è compensata da una eleganza esagerata. C’è un istante di silenzio rotto soltanto dal borbottìo di Joey che sta leggendo e dal conteggio sussurrato di Linda che sta facendo gli esercizi. Poi)

Rowenta                       - (rivolgendosi a Linda) — Hanno rimandato la prova dai retta a me. Ormai sono le otto e mezza. Si vede che hanno avvisato tutti gli altri. Oppure abbiamo sbagliato giorno. Vai avanti, Joey. (Ascolta per qualche minuto, poi dice di nuovo a Linda) Linda, il giornale dice che Marjorie Fitz Maurice ha avuto un contratto. Una compagnia «Ali Babà e le Quaranta Ladre » che Moss ha raccolto per andare in provincia. Si vede che ora le va meglio. Faresti bene a riposarti un po', cara. Ti stanchi troppo. Avanti, Joey.

Linda                            - (descrivendo un arco con la punta del piede all’altezza della spalla) Sono le nove. Sento le campane.

(Joey ha finito di leggere il giornale. Lo piega e sospira. Rowena posa il lavoro. Prende la sedia e la porta alla ribalta dove comincia a controllare attentamente i mo­vimenti di Linda).

Rowena                         - Uno, due, tre... Uno, due, tre... Ma che cosa fai con le mani, bambina? La signora Angelelli non ti ha mai insegnato niente di simile. Mandale indietro come se stessi scoprendo con sorpresa un fiore. Così va bene. Su, bella. Così si la. E per questa sera mi pare che basti. Se continui ancora un po' ti sforzi le caviglie. (sbadiglia mettendosi la mano davanti alla bocca) Non si prova. Potremmo anche andarcene a casa. Si vede che abbiamo sbagliato.

Linda                            - (quasi sconvolta) No, non voglio andare a casa. E poi ho fame. Prega Joey di scendere e di andare a comprare qui all'angolo un po' di pesce fritto e patate.

 Rowena                        - Dio mio. Non ho mai visto uno stomaco simile. Bene: ho qui due aringhe che volevo tenere per colazione. (Chiamando) Joey, ci deve essere un fornello lì sotto, vero?

Joey                               - Sì.

Rowena                         - (a Linda) Ecco fatto. Possiamo fare uno spuntino e invitare Joey. Ho un pacchetto di té nella borsa. Lo vorresti, angelo?

Linda                            - Volentieri.

Rowena                         - Joey, che cosa ne diresti, di uno spuntino, qui, sul palcoscenico? un'aringa, un po' di té e qualche altra cosetta?

Joey                               - Mi piacerebbe. Ho la pancia cosi vuota che mangerei anche delle ossa e i sassi. Ma c'è di più: farò io il cuoco. Io so fare un piatto di aringhe in padella che voi non immaginate neppure.

Rowena                         - (pensandoci) Potresti fare la parte di un cuoco in una commedia, un giorno o l'altro, Joey. Devo lasciarlo cucinare, Linda?

Linda                            - Ma sì, lasciagli fare il cuoco.

Joey                               - Vado sotto un momento e prendo un panetto di burro.

Rowena                         - Ecco sei pence, prendi anche un po' di latte per il té. Mentre esci, metti l'acqua a scaldare. Io fra un minuto scendo e faccio il té.

Joey                               - Faccio prestissimo, cara. (Esce in fretta. Pausa. Linda termina il suo esercizio ed esamina attentamente le scarpine da ballo).

Rowena                         - Joey .deve aver cotto migliaia di aringhe in vita sua. In tutti questi anni mentre sua moglie era malata faceva lui da cucina. Che brav'uomo. Ha perduto tutto con lei. E vuole che io gliene parli sempre. Sola­mente non vuole mai essere il primo a far cadere il di­scorso. Sai... Enrichetta De Veaux era simpaticissima, ma io non posso sempre parlare di lei. (Pausa). Linda, ma si può sapere a che cosa stai pensando?

iLinda                           - A niente.

Rowena                         - Non dire « niente »; avanti, dillo alla zia cos'è che ti gira continuamente per il capo.

Linda                            - (indifferente) Be', quasi niente. Pensavo che posso essere uccisa da un momento all'altro.

Rowena                         - Non dire cose simili, cara. Non c'è nes­suno che pensi ,di ucciderti. Dovresti vergognarti di dire queste cose.

Linda                            - (indicando la porta con tristezza) Proprio in questo momento mi stia aspettando nella strada.

Rowena                         - Ma come? Non è tornato all'Università? E' studente, vero? Non li lasciano mica venire a Londra quando vogliono.

Linda                            - Oh, non importa, lascia pure che mi spari. Non vorrei vederlo mai più. Chissà perché girava continuamente nella scuola di Madame Angelelli? Non po­teva starsene nel suo ambiente?

Rowena                         - Scendo un momento in strada a vedere se c'è. Si può anche farlo arrestare da un poliziotto se dà noia cosi a una povera ragazza. Come si chiama?

Linda                            - Arturo Warburton. Ti dico che non mi im­porta se mi spara.

Rowena                         - (sgridandola) Ma io non voglio che tu dica delle cose simili. Starami a sentire: se lui è fuori, Joey lo andrà a chiamare e gli dirà che gli vogliamo parlare. Quando è stata l'ultima volta che lo hai visto?

Linda                            - Domenica. Abbiamo preso il té da Richmond e poi siamo andati, in barca sul fiume.

Rowena                         - Ti sei lasciata baciare?

Linda                            - Mi sono lasciata baciare mentre remava sotto i salici. Ma poli ha cominciato a esaltarsi, e allora non mi sono più lasciata baciare e mi piaceva sempre meno, sempre meno. Per tutta la strada del ritorno, in autobus, non sono più stata attenta a quello che mi diceva. Guardavo fuori dal finestrino e gli rispondevo soltanto « si » o « no ». Poi gli ho detto che avevo troppo da fare per poterlo vedere dorante la settimana. Non lo voglio più vedere, zia Rowena. Respira così forte.

Rowena                         - A vederlo non sembrava così brutale e disgustoso.

Linda                            - Non è brutale né disgustoso. Solamente soffre.

Rowena                         - Li conosco.

Linda                            - Zia Rowena, non si è mai scoperto un modo per fare sì che un uomo che ti ama la pianti? Non si può curare? (Rotvena non risponde. Cammina pensando verso la tavola in fondo).

Rowena                         - Aiutami un momento con questa tavola, per favore. Voglio portarla più vicino al becco a gas. Sarà meglio che io vada di «otto a vedere che cosa sta facendo Joey. (Portando in avanti la tavola) Cara, ma cos'è che ti fa dire certe cose? Cos'è che ti fa pensare che ti voglia sparare?

Linda                            - Sembrava impazzito. Diceva che io non do­vrei vivere; diceva che se io non lo sposo...

Rowena                         - Sposarlo? Ti ha chiesto di sposarlo? Linda, ma sei una sciocca a non dirmi queste cose! Perché ti tieni tutto così in segreto, cara?

Linda                            - Io non credevo che fosse un segreto. Non lo voglio sposare.

Rowena                         - (guardando Linda, pigramente) Bene, ima ora cerca di ricordare che cosa ti ha detto a proposito dello sparare.

Linda                            - Era appoggiato alla porta per salutarmi: io giocherellavo con la chiave che avevo in mano per fargli vedere che avevo fretta di andarmene. Mi ha detto che non poteva pensare ad altri che a me, che non può vivere senza di me... e così via. Poi mi ha chiesto se per caso io volessi bene a qualche altro; gli ho risposto di no. Lui mi ha chiesto se per caso amassi uno di quei ragazzi italiani che vengono da Madame Angelelli, ed io gli ho detto di no, nemmeno per sogno. Voleva dire Mario e poi ha cominciato a piangere e a prendersela terribilmente. Immagina: essere geloso di Mario.

Rowena                         - Ho voglia di dare una lezione a quel gio­vanotto. Vedrai che gliela darò.

Linda                            - Poi ha cominciato a tremare tutto, ha preso il bavero del mio cappotto e si è messo a gridarti gente come me non dovrebbe vivere: che la naturali dovrebbe creare degli esseri senz'anima come me. Si alza sulle punte, aprendo le braccia e fa per allontanarsi con dei passettini rapidissimi. Dal fondo del pubblico grida maliziosamente) Io non dovrei vivere, liti lui. Non dovrei vivere. (Pausa).

Rowena                         - Ce qualcuno che bassa alla porta di itali, Si vede che Joey si è rinchiusa la porta alle spalle.

Linda                            - E' Arturo.

Rowena                         - Non dire sciocchezze.

Linda                            - Me lo sento nelle ossa: è lui. (Joey appare dal fondo).

Joey                               - C'è un signore che ti cerca, Linda. Si chiama Warburton.

Linda                            - Sì, fatelo salire.

Joey                               - Le aringhe sono quasi cotte, l'acqua bolle. Cosa gli diciamo, a questa visita?

Rowena                         - Senti, cara: questo Arturo io vorrei guardarlo bene in faccia. Invitalo a fare uno spuntino con noi.

Linda                            - Oh, zia Rowena, non potrò mangiare.

Rowena                         - Questa è una cosa seria, Linda. Ora lo in­viti con noi e lo mandi qui all'angolo a comprare un po' di roba piccante. Intanto io troverò un momento di spiegare a Joey che dobbiamo tenerlo d'occhio.

Linda                            - Non me ne importa se mi spara: non me il importa niente. (Nel buio del fondo appare Arturo. Ha indosso un pipistrello e in testa la tuba).

Arturo                           - (ha un aspetto da far pietà. Guarda fisso verso Linda che è indifferente e spera in qualche miracoloso cambiamento che possa avvenire nel cuore di lei da un momento all'altro. Tanto per fare un tentativo dice) Buona sera, Linda.

Linda                            - Addio, Arturo. Arturo, ti presento mia zia, signora Rowena Stocker.

Arturo                           - Molto piacere di conoscervi, signora Stocker, spero di non disturbare. Passavo da queste parti e ho pensato... (La voce lo tradisce).

Rowena                         - Noi credevamo di avere una prova della nuova pantomina per cui siamo stati scritturati, signor Warburton. Ma nessuno si è presentato. Il che vuol dire che abbiamo sbagliato giorno. Linda ne ha approfittato per fare un po' di esercizio e per impratichirsi di alcuni passi vero, tesoro?

Linda                            - (recitando la lezione) Noi stavamo per fare uno spuntino. Vuoi fermarti anche tu? C'è solo un po' di aringa salata e un po' di té.

Arturo                           - Grazie, siete molto gentili, ma ho finito di pranzare proprio adesso. Spero che non vi dispiaceri se mi seggo vicino a voi, signora Stocker.

Rowena                         - Io dico sempre « fate come volete ». Un teatro vuoto non è un luogo molto attraente, però man­gerete qualcosa con noi, vero?

Linda                            - Forse Arturo potrebbe farci un grande pia­cere. Joey è di sotto, sta facendo da mangiare e non può andare. Vi dispiacerebbe scendere qui all'angolo, e comperare un po' di birra e un po' di roba piccante?

Rowena                         - Aspettate che devo avere qui uno scellino.

Linda                            - Zia Rowena, ma forse Arturo è vestii» troppo elegantemente per andare a comperare.

Rowena                         - Il salumaio qui all'angolo è abituato a vederci arrivare con indosso qualsiasi costume, signor Warburton. Penserà che state provando una commedia mondana.

 Arturo                          - (che ha rifiutato lo scellino ed è lieto di fare quanto gli si domanda) Faccio subito; ritorno in ira minuto, signora Stocker. (Si precipita fuori).

Rowena                         - Quel povero ragazzo è premuroso fino all'eccesso. Io mi sento vecchia a guardarlo. Però mi sembra che quando è in sé è un bravo ragazzo. Co­munque non importa, Linda. Nessuno vuole farti «po­sare uno che tu non voglia. Ti pare che abbia bevuto o ha sempre quell'aria?

Linda                            - Ha sempre quell'aria. (Entra Joey con bic­chieri, coltelli, forchette).

Joey                               - Dov'è quel duca?

Rowena                         - E' andato qui all'angolo a comperare un po' di birra e dei piccanti. Grazie a Dio lui ha già man-fitto; però, Joey, adesso ascolta: questo giovanotto ha perduto la testa per Linda, è pieno di gentilezze, ma la cosa si fa seria. Linda dice che si esalta e che sarebbe rapace anche di spararle. (Joey fischia) Re', sai, i gior­nali sono pieni di cose di questo genere. Anche nelle commedie succede spesso. Quindi potrebbe anche darsi...

Joey                               - Be', ho sentito anch'io cose di questo genere, ma non sono mai successe nella mia famiglia.

Rowena                         - Dobbiamo prendere delle precauzioni lo stesso, Joey. Io gli farò togliere il cappotto, che tu prendi e lo porti di sotto e guardi se ha qualcosa in tasca.

Joey                               - Cosa, in tasca?

Rowena                         - Che so? La pistola.

Linda                            - Ma sì, certamente ne ha una in tasca: lo so io che ce l’ha.

Rowena                         - Deve essere nella tasca del cappotto perché altrimenti deforma le altre tasche. Ascolta, Joey, «e c'è ima pistola tu togli i proiettili e rimetti la pistola al suo posto, scarica. Capito? Poi porti di nuovo su il cappotto. Se quel giovanotto ha intenzione di spa­rare suLinda, le spara questa sera, così avremo modo di parlarne a tu per tu «on lui.

 Joey                              - Si capisce, poi si va a chiamare la polizia.

Rowena                         - No, queste sono cose a cui la polizia e le prigioni non possono mettere nessun rimedio. Piut­tosto, Joey, se trovi la pistola nella sua tasca, dopo che hai fatto quello che ti ho detto, torni qua fischiando una delle tue canzoni. Ah, fischia quella canzone: « La ragazza festosa sull'autobus ».

Joey                               - D'accordo. (Esce).

Rowena                         - Mi raccomando, Linda, sii il più naturale possibile. Lascia che sì sfoghi e compia il suo delitto. Devi sapere che quel ragazzo mi piace e io non lo voglio contrariare. Quando si hanno ventun anni abbiamo tutti qualche goccia di melodramma nel sangue.

Linda                            - (d'un tratto) Oh, io lo odio, lo odio. Perché non mi lascia in pace?

Rowena                         - Sì, sì, questo è amore.

 Linda                           - (al colmo dell'isterismo) Zia, ma non c'è modo di curarlo? Non puoi fare in modo che mi di­mentichi?

Rowena                         - Bene, cucciola: dicono che ci sono parec­chie maniere. Alcuni dicono che bisogna renderli ridi­coli e poi prenderli in giro; altri invece che bisogna farsi vedere nelle peggiori condiziona e dipingersi molto peggiori di quello che si è   Io invece credo che ci sia un solo modo per curare questo tipo di amore, quando è troppo effervescente. (Si ferma per mettere a fuoco il suo pensiero) Soltanto l'amore può curare l'amore. Soltanto avere un interesse... soltanto avere un vero interesse e della passione per lui può... Benissimo, cara, stai calma: hai un'ottima occasione per chiarire le cose. Solamente ricordati che mi piace. Mi piace.

Arturo                           - (ritorna seguito da Joey, le mani ingombre di pacchetti e di bottiglie),

Rowena                         - Come? Signor Warburton, non ho mai visto una persona tanto carica. Che cosa avete trovato da portare? Fritti? salami? questo è un festino. To­glietevi il cappotto, signor Warburton. Joey, aiuta il signor Warburton a togliersi il cappotto. Prendilo e vallo ad appendere all'attaccapanni di sotto.

Arturo                           - (preoccupato) Grazie, preferisco tenerlo.

Rowena                         - (mentre Joey lo afferra) Oh, no, no, non potete tenere il cappotto. Non c'è niente di peggio «he sedersi con un cappotto indosso.

Arturo                           - (segue con gli occhi il cappotto, mentre Joey lo porta via).

Rowena                         - Ma, Linda, tu hai fatto esercizio: mettiti quella sciarpa e porta qui la tua sedia. Vedrete che sarà carino. Cosa c’è di più bello di un gruppo di amici che sii seggono a tavola per mangiare e più bello an­cora sarà per voi, signor Warburton, perché dovreste essere nella vostra Università; o mi sbaglio?

Arturo                           - Sì, infatti, dovrei essere a Cambridge.

Rowena                         - Bello, vero? Deve essere emozionante rom­pere così le regole. D'altronde la vita è così stupida che ogni tanto fa bene godersela un po'. E adesso, signor Warburton, volete cambiare idea e mangiare qual­cosa con noi? Una fetta di salame?

Arturo                           - Non posso mangiare niente. Berrò un po'

di birra.

Rowena                         - (dandosi da fare attorno alla tavola) Va bene.

Arturo                           - (timidamente, a Linda) Madame Angelelli dà una serata, martedì; voi non ci venite più, Linda?

Linda                            - No. Non mi diverto.

Arturo                           - Mi sono meravigliato di non vedervi, mar­tedì «corso. Madame Angelelli vi aspettava da un mo­mento all'altro.

Ltnda                            - Non mi diverto. (Pausa).

Rowena                         - Che cosa starà combinando Joey col for­nello? Avete visto recitare Joey, signor Warburton? E' Joey Weslon.

Arturo                           - No. Mi pare di no.

Rowsna                         - Oh, è molto bravo. Forse 0,1 miglior comico di pantomima. Ma certamente avrete visto sua moglie: Enrichetta De Veaux. Era la più popolare « soubrette » di tutta l'Inghilterra, molto famosa. E’ morta due anni fa. Enrichetta De Veaux. Tutti le volevano bene. E" stata una perdita terribile. Ssst, eccolo che arriva.

Joey                               - (entra con le aringhe e il te. Fischia come con­venuto e poi accentua anche col canto lo stesso motivo).

Rowena                         - Che rumore fai, Joey? Si direbbe che c'è qualcosa che ti rende allegro. Bene, ora, signor Warburton, ci scuserete che ci sediamo a tavola e comin­ciamo a mangiare. (Arturo siede a sinistra voltandosi verso di loro. Joey è di fronte al pubblico con Rowena e Linda una di fronte all'altra; Rowena alla destra e Linda alla sinistra).

Joey                               - Ehm, fa freddo qui, venendo dalla cucina.

Rowena                         - Sì, fa più freddo di quanto credevo. Joey va a prendere il soprabito del signor Warburton e por­taglielo. Credo che preferisca averlo indosso. Fa freddo.

Arturo                           - Sì, preferisco: grazie. (Segue Joey verso la porta per prendere il soprabito).

Rowena                         - (mentre gli uomini sono vicini alla porta) Come ti senti, cara?

Linda                            - Io lo odio: vorrei essere a casa.

Rowena                         - (a Joey) Joey, è buonissimo. Sei un gran cuoco.

Tutti                              - (si assorbono nel mangiare per qualche istante, poi Rowena guarda nel vuoto del teatro buio).

Rowena                         - Afa, questo teatro ha visto delle serate me­ravigliose. Non dimenticherò mai Joey nel secondo Ro­binson Crosuè. Non ti dimenticherò mai quando eri proprio qui, in pi^edi, e fìngevi di aver visto lo spettro: stavo male dal gran ridere.

Joey                               - Non ero io, era Enrichetta: proprio uvquesto teatro essa ha cantato trecento sere il «Sultano di Bag­dad », su queste stesse assi e per trecento sere il pub­blico è impazzito, quando lei cantava la canzone della casa galleggiante. Stavano tutti zitti, come se nemmeno respirassero, e d'un tratto scoppiavano a piangere e a gridare. Enrichetta De Veaux era mia moglie, signor Warburton, era la migliore « soubrette » d'Inghilterra.

Rowena                         - Mi pare di sentirla ancora, Joey. Era tanto buona carne amica quanto era brava come can­tante.

Joey                               - Dopo la commedia io l'aspettavo all'angolo, si­gnor Warburton, - (Indica Tangolo) Conoscete quell'an­golo, vero?

Arturo                           - (affascinato) Sì.

Joey                               - Io non avevo sempre una scrittura e l'impre­sario diceva che non sta bene ad un marito aspettare in teatro per portarsi a casa la « soubrette », così l'aspet­tavo all'angolo. E lei scappava via in mezzo agli ap­plausi per tornarsene a casa con un marito che non aveva neppure una scrittura.

Rowena                         - Joey, non voglio sentirti dire queste cose. Tu sei uno dei migliori comici d'Inghilterra. Joey, sei stanco, riposati un poco.

Joey                               - No, Rowena: voglio dire ancora questo, di mia moglie: che non si rese mai conto del suo suc­cesso. «Joey - diceva - stasera ho sbagliato tutto» è continuava a chiedermi come avrebbe dovuto fare.

Rowena                         - Portate avanti la sedia, signor Wartmrton e mangiate un bocconcino, tanto per gradire. Siamo tutti amici, qui,. Linda, prendi un pezzo di pane e spalmaci sopra un po' di salsa. Preparaglielo tu, con le tue mani.

Arturo                           - Oh, grazie, grazie mille.

Joey                               - (con ostinazione aumentata) E quando era malata sapeva che sentirla tossire mi faceva male e soffriva quattro volte di più. Perché si sforzava di noi tossire. « Tossi, Enrichetta - le dicevo - ti può lamentare. Macché, lei si comportava come se la persona maiali fossi, io e lei mi dovesse curare. (.Voltandosi verso Arturo con accento forte e grave) Io leggo nei giornali di gente che spara contro la persona che ama. Io non capisco che cosa abbiano in testa. Non può essere altro che un desiderio di farsi notare a tutti i costi. Essi non amano che se stessi: se stessi. (Joey fissa Arturo cosi-intensamente che Arturo soffia senza volere un «sin 5 Poi si alza di scatto e dice)

Arturo                           - Ora devo andare. Siete stati molto gentili.

Rowena                         - (alzandosi) Joey, vieni di sotto con me un momento e aiutami ad aprire quel vecchio cassetto. Credo che potremo trovare la corazza e la lancia di Enrichetta. La serratura è rotta da molto tempo.

Joey                               - Va bene, Rowena, andiamo a vedere.

Rowena                         - Ci mettiamo poco. Voi continuate pure mangiare. (Escono. Arturo parla).

Arturo                           - Non vi darò più noie, Linda. Voglio che siate felice e niente altro.

Linda                            - Voi non mi date noia, Arturo.

Arturo                           - Quello che lui ha detto è vero. In fondo io voglio essere notato. Io vorrei che mi amaste, Linda, che mi amaste di più. Vorrei dimostrarvi che per voi,posso fare tutto. Che potrei offrirvi, tutto. Non vi darà più noia, Linda. (Si volta) Ve lo posso dimostrare, Linda. Ho aspettato qui all'angolo per ore, camminando su e giù e ho stabilito che non posso vivere senza di voi e se voi vi foste dimostrata fredda... e mi aveste detto di non amarmi mi sarei sparato all'istante per dimostrarvelo. (Posa la pistola sulla tavola) Per dimo­strarvelo. Ma voi siete stati così gentili con me.., e poi questo signore Weston che ha parlato di sua moglie... Io credo che l'amore non vada sprecato. (Singhiozza silenziosamente).

Linda                            - (spaventata) Arturo, io non vorrei che...

Arturo                           - Penso di essere... sono ancora giovane. Arrivederci. Grazie. Addio... (Si precipita fuori. Linda alza le spalle con dispetto. Guarda la pistola. Coniinck a camminare su e giù per la scena. Quando Joey e Rowena ritornano sta già accennando passi di danza).

Rowena                         - Che cosa è successo? E' andato via, Linda?

Linda                            - (con indifferenza) Mi ha detto addio per sempre; ha lasciato lì la pistola per dimostrare non io che cosa. Grazie, non c'è di che.

Rowena                         - Spero che tu gli abbia detto qualche pa­rola gentile, Linda.

Linda                            - Gli ho detto: « Grazie, non c'è di che ».

Rowena                         - Bene, ragazza. Hai soltanto sedici anni. Aspetta che venga la tua volta.

Linda                            - Lasciatelo perdere; mi annoia. Così caldo ed eccitato, sempre col respiro così forte. Mario non si comporterebbe mai così. Mario... Mario, non nota nemmeno una persona quando c'è.

FINE