Aspettavano Lefty

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ASPETTAVANO LEFTY

di Clifford Odets

traduzione di Bruno Arcangeli

(titolo originale Waiting for Lefty)

le persone

FATT

JOE

EDNA

MILLER

FAYETTE

IRV

FLORRIE

SID

CLAYTON

AGATE KELLER

Dottor BARNES

Dottor BENJAMIN

UN UOMO

IL POLIZIOTTO


Quando si alza il sipario il palcoscenico è vuoto. Sei o sette uomini sono seduti in semicerchio. Appoggiato al proscenio, a sinistra, un giovanotto con uno stuzzicadenti in bocca: un poliziotto. Un uomo grasso dall’aspetto porcino parla all’udienza. È evidente che è il capo di un sindacato e che gli uomini seduti dietro a lui formano un comitato di operai. Siedono ora in caratteristici differenti atteggiamenti, rivelando varietà di tipi, come presto vedremo. L’uomo grosso è accalorato e ha quel senso di peso nella gola che si prova alla fine di un lungo discorso. Ma non è eccessivamente accalorato: è ben nutrito e sicuro di sé. Si chiama Harry Fatt.

Fatt                     -  E non riesco neppure a ridere, tanto l’errore che state facendo è madornale. Ogni fesso che ha occhi per leggere, se ne renderebbe conto. Guardate lo sciopero dei tessili – fuori leoni dentro pecore. Prendete quello dei ferrovieri di San Francisco – fame e teste rotte. Anche i metallurgici volevano piantare il lavoro, ma poi hanno cambiato idea. È la tendenza dei tempi, ecco cos’è. Ma ora un uomo davvero in gamba s’è messo con noi, con i lavoratori. È il primo cittadino d’America, che vigila ora sui nostri interessi, l’uomo della Casa Bianca, voglio dire. Ecco perché i tempi non sono maturi per uno sciopero. Lavora giorno e notte…

Voce                   (dall’assemblea) – Per chi? (Il poliziotto sobbalza)

Fatt                     - Ma per voi! E i dati lo provano. Se fossimo ancora in regime Hoower, ragazzi, vi direi forse di non agitarvi? Neppure un attimo, esiterei. Ma oggi la situazione è diversa. Voi leggete i giornali come li leggo io. E lo sapete. Ecco perché sono contro lo sciopero: perché dobbiamo seguire l’uomo che lavora per noi. Tutto il paese…

Un’altra voce     - Va i malora! (Il poliziotto ha l’aria offesa)

Fatt                     - Tu, porco d’un rosso, alzati e fatti vedere! Sii uomo, sii. Fa vedere a cosa assomiglia la tua faccia! (Aspetta invano). Son gialli di vigliaccheria fin dalla nascita! E rosso e giallo fanno un colore sporco, ragazzi. Ho già messo gli occhi su quattro o cinque di loro, qui nel nostro sindacato. E sacramento, cosa sperate che facciano per voi? Vi aizzeranno e poi se la squaglieranno, quando cominceranno i guai. Fate tanto di dar fune a questi sparvieri, e vi porteranno le sorelle e le mogli nei casotti, come fanno in Russia. E strapperanno Cristo dalla croce insanguinata. E assalteranno le vostre case e butteranno i vostri bimbi nel fiume. Credete che queste siano bubbole? Leggete i giornali! E ora sentite. Mica possiamo star qui tutta la notte. Io vi ho esposto i fatti. Andate dunque a casa, finché siete in tempo a trovare la minestra ancora calda…

Un’altra voce     - Questo lo dici tu!

Poliziotto            - A sedere, pidocchio!

Un’altra voce     - E Lefty dov’è? (Questa domanda viene sollevata ora anche da altri, quasi all’unisono. Fatt invita al silenzio).

Fatt                     - E me lo chiedo anch’io. Dov’è il vostro compagno? Avete eletto Lefty segretario…e dove s’è cacciato?

Voci                   - Vogliamo Lefty! Lefty! Lefty!

Fatt                     (insistendo) – O dove siamo? In un circo forse? Qui c’è il vostro comitato. ‘Sto branco di cowboys eletto da voi. (Indica l’uomo seduto all’estrema destra)

L’uomo              - Benjamin.

Fatt                     - Già, il dottor Benjamin (indica gli altri uomini seduti in cerchio, secondo l’ordine dei posti): Benjamin, Miller, Phillips, Heller. Non è colpa mia se Lefty se l’è squagliata. Se voi ragazzi…

Una buona voce - Cosa dice il comitato?

Altri                    - Il comitato? Sentiamo il comitato (Fatt tenta di zittire la folla, ma uno degli uomini seduti improvvisamente si fa avanti. Il poliziotto allora si porta verso il centro del palcoscenico, ma Fatt interviene).

Fatt                     - Certo, lasciatelo parlare. Sentiamo cos’hanno da dire i rossi. (Grida animate giungono dall’assemblea con aria di sfida. Fatt torna al suo saggio in mezzo al circolo. Siede. Accende un sigaro. Il poliziotto torna al suo posto. Joe, il nuovo oratore, con alcuni cenni impazienti delle mani invita a tacere. Ottiene subito il silenzio. È un tipo molto provato).

Joe                      - Voi mi conoscete. Non sono rosso neanche in un pelo. E ‘sta cicatrice me l’ha fatta uno shrapnel in guerra. Sapeste che bellezza quando piove! Non dire che sono un rosso. Sapete come siamo noi? Rossi e blu, siamo. Ci siamo presi tanti di quei calci, e per così tanto tempo, che siamo ormai rossi e blu dalla testa ai piedi. Ma è certo che se uno di noi dice apertamente che non gli piace prendere quei calci, i capoccia dell’unione dicono subito che è un rosso. Cos’è ‘sta buggerata dell’andare a casa a trovarci la minestra calda? Chiedo quanti di noi trovano la minestra calda, entrando in casa. Anzi la mano di chi è sicuro del suo prossimo pasto! Un certo signore che sta seduto, qua, dietro di me, potrebbe alzarle tutte e due, le mani. Ma nessuno tra quelli che sono davanti a me! Ecco perché noi parliamo di sciopero. Per avere una paga che ci permetta di vivere.

Voce                   - Dov’è Lefty?

Joe                      - Parola non lo so. Ma non se l’è squagliata. Ha più fegato lui che il macellaio. Magari è il traffico che lo ha bloccato da qualche parte, ma verrà. Non fatevi spaventare se vi chiamano rossi, a meno che non vi spaventi combattere per l’esistenza. Dobbiamo svegliarci. Mia moglie mi ha svegliato la settimana scorsa, se volete sapere la verità. Che abbiamo bisogno di uno sciopero è evidente come il naso sulla faccia di Sol Feinberg. Lo sapete come si ritorna ogni sera a casa, dopo otto, dieci ore in un tassì. “Dio” dice mia moglie, “ottanta cents non sono quattrini…non bastano neppure per un pugno di piselli. Lavori per l’impresa, tu, mi dice, Joe! Non per me e per la tua famiglia, mi dice…Se non cominci…”.

I.JOE E EDNA

Le luci si spengono e solo una macchia bianca batte sullo spazio di recitazione, entro il semicerchio degli uomini seduti che restano appena visibili. Più in evidenza è Fatt, che fuma il sigaro soffiando, spesso, boccate di fumo nell’area illuminata.                                                          Una donna, stanca, ma ancor bella, entra, asciugandosi le mani al grembiule. Si ferma bruscamente vedendo entrare Joe di ritorno dal lavoro. Si guardano un momento, in silenzio e immobili.

Joe                  - Dove sono i mobili, dolcezza?

Edna               - Sono venuti a prenderseli. Scaduta la rata.

Joe                  - Quando?

Edna               - Alle tre.

Joe                  - Non possono farlo.

Edna               - Non possono? L’han fatto.

Joe                  - Ma avevamo già pagato i tre quarti.

Edna               - Mi disse di rileggere il contratto.

Joe                  - Forse ci han fatto firmare qualche imbroglio.

Edna               - Era un contratto regolare e l’hai firmato tu.

Joe                  - Non essere così aspra, Edna…(fa per abbracciarla).

Edna               - Fallo in un film, Joe…Clark Gable lo pagano un sacco di quattrini per farlo.

Joe                  - Diventa un inferno ogni giorno di più questa casa. Voglio che tu lo tenga a mente.

Edna               - Tenerlo a mente? Io? Ma di chi è la colpa?

Joe                  - Hai intenzione di continuarla a lungo ‘sta solfa?

Edna               - Perché, avresti forse voglia di parlare di letteratura?

Joe                  - Avrei voglia di darti una sberla.

Edna               - Va là, che non è vero!

Joe                  (Già arrendendosi) – Ma credi, Edna, che a volte mi fai montare il sangue agli occhi…

Edna               - Perché, ti pare che io me la spassi?

Joe                              - Non avvilirmi. Che colpa ne ho io se i tempi sono cattivi? Cosa vuoi che faccia, che    salti giù da un ponte o qualche altra pazzia?

Edna                           - Non gridare. Ho messo a letto i bambini subito, perché non si accorgessero di saltare un pasto. Se domani non potremo ritirare le scarpe di Emmy risuolate, non potrà nemmeno andare a scuola. Ma lasciamola almeno dormire.

Joe                              - Dolcezza, ho girato da logorare le ruote, ma in cinque ore neppure una chiamata. E non ci si può far nulla.

Edna                           - Dillo alla “A. e P.!”

Joe                              - Due e venti di tassametro. Una signora con un cane, era brilla…Mi ha dato 25 cents in più, per sbaglio. Vedi? Non mi hai lasciato neppure parlare – e non navighiamo nell’oro!

Edna                           - Già, quanto?

Joe                              - Ho preso un caffè liscio liscio. (Le porge il denaro) Un dollaro e quaranta.

Edna                           - Domani c’è da pagare la seconda quindicina della pigione.

Joe                              - Non guardarmi in quel modo, Edna.

Edna                           - Non guardo te, guardo attraverso te…Tutto doveva essere così bello! Una casetta presso la cascata, rose di Piccardia. Che faccia di tolla! Ma sei toccato qui, se pensi che resisterò ancora per molto.

Joe                              - Io mi metterei a fare anche altro, se potessi. Ma non c’è lavoro, lo sai.

Edna                           - Io so solo che così non si può andare avanti.

Joe                              - E cosa posso farci?

Edna                           - Chi è l’uomo in questa famiglia? Tu o io?

Joe                  - Questa non è una risposta. Vieni al sodo. Cristo, lasciami almeno respirare! Un caffè in tutto il giorno. Ho anche fame io, bimba. Mi sarei consumato le dita fino all’osso se…

Edna                           - Aprirò una scatola di salmone.

Joe                              - Non ora. Dimmi cosa debbo fare.

Edna                           - Non sono Dio.

Joe                  - Oh, vorrei essere ancora bambino e non aver da pensare un minuto al dopo.

Edna               - Ma tu non sei un bambino, e devi pensare al minuto dopo. I bambini invece, li hai, due, biondi, che dormono nella camera accanto. E hanno bisogno di cibo e di vestiti. Non voglio dir altro – siamo impantanati come automobili nella neve. Per cinque anni sono stata sveglia la notte, con il cuore in gola. Per l’amore di Dio, fa qualcosa Joe, deciditi. Magari riunisci i tuoi compagni, magari fa uno sciopero per un aumento. Pap lo fece, durante la guerra, e la spuntarono.

Joe                  (difendendosi) – Gli scioperi non voglion dire lavoro.

Edna                           - Chi te lo ha detto?

Joe                  - E per di più, fin che non è finito, vuol dire non ricevere neppure un soldo a fine settimana. E quando è finito magari ti licenziano.

Edna               - E mettiamo che ti licenzino. Cosa perdi?

Joe                  - Beh, sei o sette dollari la settimana li mettiamo pure insieme.

Edna               - Quanto basta per pagare la pigione.

Joe                  - E’ qualcosa, Edna.

Edna               - No, non è qualcosa. Ti porteranno a tre, quattro dollari per settimana, prima che te ne accorga. E tu dirai che è ancora qualcosa.

Joe                  - Troppi taxi nelle strade. E’ questo il dannato guaio.

Edna               - Lascia che se le gratti la Compagnia “A. e P.” queste rogne, ingenuo che non sei altro! Se i taxi non fruttassero abbastanza ne avrebbero già levati di circolazione chissà quanti. O forse tu pensi che quelli fanno i loro affari solo per il piacere di pagare la pigione a Joe Mitchell?

Joe                  - Dici cose da prima elementare, Edna.

Edna               - Dico questo, io – il tuo padrone, si sta succhiando il sangue di tutti voi, senza un minuto di riposo. Si, e il sangue delle vostre mogli e quello dei vostri poveri bambini innocenti che cresceranno con la spina dorsale in due pezzi e le ossa malate. Certo, lo vedo benissimo nei giornali com’è salutare il succo d’arancio per i bimbi. Ma maledizione, i nostri son costretti a rubarsi l’aria l’un l’altro. Guardali, sembrano due spettri. Betty non ha mai visto un’arancia. La portai a far la spesa con me, l’altro giorno, e c’era un mucchio d’arance. “Cosa sono?” mi chiese. Dio mio, ma il mondo non è di tutti, Joe?

Joe                  - Finirai con lo svegliarli.

Edna               - Non me ne importa, se riuscirò a svegliare te.

Joe                  - Non insultarmi. Uno non può mettersi a far sciopero da solo.

Edna               - Chi dice da solo? Non siete centinaia, in quel vostro venduto di un sindacato?

Joe                  - Il sindacato non è venduto, Edna.

Edna               - No? E allora cosa stanno a fare, a incassar le quote e a darvi colpetti di incoraggiamento sulle spalle?

Joe                  - Stanno facendo piani.

Edna               - Piani di che genere?

Joe                  - Non ce lo dicono.

Edna               - Dovresti vergognarti, allora. Ah, non possono confidare al piccolo Joey cosa sta succedendo nel suo sindacatino. Cosa pensi che sia – una partita a ping pong?

Joe                  - Lo sai anche tu che è tutta un’associazione a delinquere. Quei porci che stanno in alto ti ammazzerebbero per un nickel.

Edna               - E perché allora sostieni quella cricca?

Joe                  - Preferiresti vedermi morto?

Edna               (dopo una lunga pausa) – Penso di si, Joe. Penso di si, se tu potessi alzare un dito per fare qualcosa, e non lo facessi. Non me ne importerebbe allora, che tu fossi vivo.

Joe                  - Dolcezza, non capisci cosa…

Edna               - Né tu, né qualsiasi altro schiavo che non avesse l’animo per battersi…sono concime soltanto…

Joe                  - E’ una cosa da…

Edna               - Giù le mani! Non mi faccio fare a pezzi, io! Ho altri progetti. (Si slaccia il grembiule)

Joe                  - Dove vuoi andare?

Edna               - Non per gli affari tuoi.

Joe                  - Ed esci così, a braccia scoperte?

Edna               - Non andrei a braccia scoperte, caro, se avessi le maniche per coprirle. (Piega con cura il grembiule e lo posa sulla spalliera della sedia)

Joe                  - Dimmelo!

Edna               - Dirti cosa?

Joe                  - Dove vai?

Edna               - Non ti ricordi il mio vecchio flirt?

Joe                  - Chi?

Edna               - Bud Haas. Tiene ancora la mia fotografia nell’orologio. Guadagna abbastanza, lui.

Joe                              - Cosa stai bestemmiando?

Edna               - Ne ho sentite di peggio.

Joe                  - Hai visto Bud da quando siamo sposati?

Edna               - Forse.

Joe                  - Se io sapessi…(la guarda)

Edna               - Visto molto? Ascoltami, amico, se tu pensi che io non sia capace di andarmene, vuol proprio dire che non capisci nulla.

Joe                  - Smettila di dir bestialità.

Edna               - Non è più come cinque anni fa, Joe.

Joe                  - Pensi di lasciare me e i bimbi?

Edna               - Da te fuggirei come una palla di schioppo.

Joe                  - No…

Edna               - Sì. (Joe si volta e si siede su una sedia, sempre voltandole le spalle. Fuori dal cerchio illuminato si odono i commenti degli altri membri del comitato per lo sciopero. “Lo farà…Essa vuole…Capita così, etc.”. Questo gruppo sarà usato sia per i vari commenti di carattere politico che sentimentale, nonché come coro. Si sente bisbigliare…Il tipo grasso butta ancora una densa boccata di fumo nella scena).

Joe                  (dopo la pausa) – Beh, m’accorgo che su di te non c’è da contare.

Edna               - No?

Joe                  (improvvisamente infuriato) – No, spudorata pidocchiosa, no! Vattene fuori dai coglioni. Va e pigliati pure quel crostone sull’angolo della strada, e poi fermati magari in qualche scannatoio giù in città. Probabilmente quello veniva qui ogni mattina, e vi buttavate sul letto, mentre io mi facevo venir fuori l’ernia.

Edna               - Stai dimenandoti come un verme.

Joe                  - Tu ti dimenerai fra un minuto.

Edna               - Non mi impressioni sai, nemmeno tanto così! (Indica la falange del dito)

Joe                  - Ecco cosa si ricava a lavorare come un negro.

Edna               - Dillo al tuo padrone!

Joe                  - Quello se ne frega di te e di me.

Edna               - E’ quello che dicevo prima io.

Joe                  - Non cambiare argomento!

Edna               - Perché non è questo l’argomento? L’argomento principale? L’ha provocato il tuo padrone. Non l’ho mai visto in vita mia, ma lo mangerei vivo, tante me ne ha fatte. E’ lui che sta dando ai tuoi figli quella bella malattia che si chiama rachitismo; è lui che ti sta riducendo una specie di gelatina di pesce; è lui che mi scava le rughe sul viso. L’argomento che ci assilla è questo ad ogni passo. Che lui che mi sta buttando nelle braccia di Bud Haas. Ma quando diavolo ti deciderai a svegliarti!

Joe                  - Io non sono poi così addormentato come pensi! Ma tu parli come un rosso.

Edna               - Non so cosa voglia dire. Ma tu, quando uno ti da un colpo e ti atterra, ti alzi e gli baci il pugno! Sei un budello di salsiccia vuoto.

Joe                  - Un uomo non può…

Edna               (Con fervore) – Io non dico un uomo solo. Dico cento, dico mille, un milione intero, dico. Ma comincia intanto tra quelli del sindacato. Unisci i tuoi compagni! Spazza via quella banda di delinquenti come un mucchio di spazzatura! Siate uomini, Cristo, e combattete per le vostre mogli e i vostri bambini che piangono. Maledizione! Sono stanca di schiavitù e di notti senza sonno!

Joe                  (Con lei) – Certo! E’ giusto!

Edna               - Avanti, mettete alle scarpe suole di ferro e sparate calci a chi sapete voi!

Joe                  (Improvvisamente balzando in piedi bacia la moglie sulla bocca) – Ascolta Edna, vado giù alla 174^ strada a cercare Lefty Costello. Lefty l’altro giorno diceva…(si ferma di colpo). E dell’amico Haas?

Edna               - Ma vattene!

Joe                  - Però ritornerò. (Corre via. Per un momento Edna resta trionfante. Buio. Poi le luci regolari si alzano: Joe Mitchell conclude quello che stava per dire:)

Joe                  - Ragazzi, voi conoscete quella cricca meglio di me. Dobbiamo proclamare lo sciopero. (Si blocca bruscamente e torna al suo posto).

II.L’AIUTO CHIMICO

Sono in scena Miller, un aiuto chimico, che si guarda intorno; e Fayette, un industriale.

Fayette                       - Le piace?

Miller              - Molto. Mai visto un ufficio come questo, tranne al cinema.

Fayette                       - Già, io mi domando spesso se non è da Hollywood che i decoratori interni e gli installatori di camera da bagno prendono le loro idee.Il nostro paese è famoso, per questo.       Sapone, cosmetici, ghiacciaie elettriche…Basta far sapere alla signora Popolino che sono usate dalle Crawford e dalle Garbo che se ne vendono a montagne.

Miller              - Temo che non sia così facile, Signor Fayette.

Fayette            - No, ha ragione – esagero. La concorrenza sega il collo, oggi. Il flusso dell’offerta si infrange contro le pareti di roccia. Gli astronomi dovrebbero fare in fretta ad aprire Marte all’esportazione.

Miller              - O forse sarebbe peggio.

Fayette            - Sigaro?

Miller              - Grazie, non fumo.

Fayette            - Un bicchierino?

Miller              - Come sopra, Signor Fayette.

Fayette            - Mi piace la sobrietà dei miei operai…in quelli che hanno mansioni delicate, voglio dire. Emigrati e negri, è meglio se si sbronzano…questo impedisce loro di fare il peggio. Meravigliato perché l’ho fatta venire?

Miller              - Se lei non bada a quello che dico – moltissimo.

Fayette            (Battendogli sulle ginocchia) – Sono soddisfatto del suo lavoro.

Miller              - Grazie.

Fayette            - Non c’è ragione perché un giovane di talento come lei, non debba accordarsi con noi – un’impresa in pieno sviluppo. La lealtà è ben ricompensata, nella nostra organizzazione. Visto Siegfried, stamane?

Miller              - Non s’è fatto vivo in laboratorio per tutto il giorno.

Fayette            - Gli ho detto ieri di aumentarle venti dollari al mese. A partire da questa settimana.

Miller              - Non può immaginarsi come sarà contenta mia moglie.

Fayette            - Oh, se lo posso immaginare! (Ride)

Miller              - Tutto qui, Signor Fayette?

Fayette            - Si, eccetto che da domani lei passa al laboratorio A. Siegfried ne è informato. Ecco perché l’ho fatta venire da me. Il nuovo lavoro è molto importante. Siegfried ha raccomandato lei come persona di assoluta fiducia. Lavorerà direttamente sotto il dottor Brenner. Contento?

Miller              - Molto, è un chimico di valore.

Fayette                       (Chinandosi ossequioso) – E’ anche la nostra opinione, Miller. E tanto è la nostra opinione, che le chiediamo di non lasciar il laboratorio un solo minuto per tutto il tempo che lavora con lui.

Miller              - Dormire e mangiare dentro?

Fayette            - Si…

Miller              - Si può arrangiarla.

Fayette            - Bene. Lei andrà molto lontano, Miller.

Miller              - Posso chiederle di che lavoro si tratta?

Fayette            (Guardandosi prima intorno) – Gas tossici…

Miller              - Tossici?

Fayette            - Ordini dall’alto. Non c’è bisogno che le dica da dove. Nuovi tipi di gas tossici per la guerra moderna.

Miller              - Capisco.

Fayette            - Lei non pensava che ci fosse in vista una nuova guerra, vero?

Miller              - Confesso di no.

Fayette            - Non ritengo necessario segnalarle l’importanza del segreto assoluto.

Miller              - Capisco.

Fayette            - Il mondo è un campo minato oggi. Un solo fiammifero lo manda a carte quarantotto in un minuto. Zio Sam non vuole farsi sorprendere nel sonno, dalla guerra.

Miller              - Si dice che l’ultima abbia fatto dodici milioni di morti e venti milioni tra feriti e dispersi.

Fayette            - Questi sono problemi che non ci riguardano. Se si dovesse fare del sentimentalismo nella vita, non si concluderebbero grandi affari!

Miller              - Ci ho lasciato un fratello e due cugini, nell’ultima.

Fayette            - Morirono per una buona causa.

Miller              - Mia madre non la pensa così.

Fayette            - Sua madre non dovrà preoccuparsi, stavolta. Lei è troppo necessario dietro il fronte.

Miller              - Questo è vero.

Fayette            - Allora siamo intesi, Miller. Si accordi con Siegfried per il resto.

Miller              - Avesse visto mio fratello – andava in bicicletta senza mani.

Fayette            - E mi raccomando, da domani, si curi di più gli abiti, la barba. Si ricordi insomma quello che le ho detto – lei è in un’organizzazione in pieno sviluppo.

Miller              - Poteva correre le 100 Yards in 9 e 8 netti.

Fayette            - Chi?

Miller              - Mio fratello. E’ nel cimitero Mosa-Argonne. Mamma c’è andata nel ’26.

Fayette            - Si, sono cose che colpiscono. Come scrive, Miller, chiaramente, leggibile?

Miller              - Così.

Fayette            - Una volta in settimana vorrei avere un suo rapporto.

Miller              - Che tipo di rapporto?

Fayette            - Qualche centinaio di parole per settimana sui progressi del dottor Brenner.

Miller              - Non pensa sarebbe meglio lo facesse il dottor Brenner stesso?

Fayette            - Non le ho chiesto la sua opinione.

Miller              - Scusi.

Fayette            - Voglio sapere che progressi fa; i rapporti devono essere strettamente confidenziali, tra lei e me.

Miller              - Vuol dire che io devo sorvegliarlo?

Fayette            - Si!

Miller              - Credo che non potrò farlo.

Fayette            - Aumento di trenta dollari…

Miller              - Mi aveva detto venti.

Fayette            - Trenta!

Miller              - Credo di non esserci tagliato per queste cose.

Fayette            - Quaranta…

Miller              - Spiare non è nei miei principi, Signor Fayette.

Fayette            - Son parole sporche, Signor Miller.

Miller              - Per faccende sporche, Signor Fayette.

Fayette            - Ci rifletta, Miller. Occasione eccellente quella che le offro…

Miller              - No.

Fayette            - Si rende utile al suo Paese. Mette in grado gli Stati Uniti di avere armi appropriate per rintuzzare quei maledetti Giapponesi quando sbucheranno fuori. Non legge i giornali, Miller?

Miller              - Solo Andy Gump.

Fayette            - Se lei fosse informato saprebbe che io dico la pura, la dura verità. Non le chiedo di darmi una risposta su due piedi. Ci pensi su durante l’ora della colazione.

Miller              - No.

Fayette            - Già riflettuto?

Miller              - Temo di sì.

Fayette            - Chiare le conseguenze?

Miller              - Ho perso l’aumento…

Fayette-Miller (Contemporaneamente) – E il posto!

Fayette            - Lei non capisce…

Miller              - Scavi prima le fosse!

Fayette            - Questo è un lavoro buono per gli stranieri.

Miller              - Ma far la spia – e i gas tossici – è per gli americani, questo?

Fayette            - Allora come non detto.

Miller              - Già fatto.

Fayette            - Nessun risentimento?

Miller              - Molti vuol dire! Io non sono un tir civilizzato, Signor Fayette. Niente di morbido e raffinato in me. Molti risentimenti! Tanti da aver voglia di coprire di sberle la sua faccia e quella di tutta la sua banda (E così fa, scrupolosamente).

III.IL GIOVANE ALTRUISTA E LA SUA RAGAZZA

Sono in scena la ragazza e suo fratello. Florence aspetta Sid che deve portarla a ballare.

Florence          - Ho diritto anch’io ad avere qualcosa in più dalla vita. Non fumo, non bevo. Così se Sid vorrà portarmi a ballare, ci andrò.

Irv                   - Io lo dico per il tuo bene.

Florence          - Non essere così buono con me.

Irv                   - Mom è a letto ammalata e tu la spingerai nella tomba. Non vuole che quel tipo faccia la ronda attorno a casa, e non vuole che tu lo veda al Crotone Park.

Florence          - Invece lo vedrò quando mi pare e piace.

Irv                   - E allora ci penserà il sottoscritto a liquidarlo. E con una mano soltanto.

Florence          - Perché vi siete tutti schierati contro di lui?

Irv                   - Mom te lo ha ripetuto dieci volte…non è per lui. E’ che non ha niente. Certo, sappiamo che è serio, che ti è attaccato come la colla. Ma questo cosa vuol dire?

Florence          - Gli autisti di piazza guadagnano bene.

Irv                   - Fanno fatica a mettere insieme cinque o sei dollari per settimana, in questi tempi.  Tu magari pensi di poter mettere su famiglia con questo, ma andrebbe a finire che torneresti a vivere con noi e io dovrei sobbarcarmi due famiglie in una. Sul mio cadavere dovrai passare.

Florence          - Irv, non me ne importa…lo amo!

Irv                   - Sei una bambina, ed hai le idee poco chiare.

Florence          - Me ne sto tutto il giorno dietro la cassa. E penso a lui.

Irv                   - Sarebbe meglio che tu pensassi di più a Mom.

Florence          - Non la curo, forse, quando torno a casa alla sera? Non faccio da mangiare, non stiro le tue camicie? E…ecco come mi ricompensi, tu. Non opprimermi! Porto anch’io qualche dollaro in casa. Non t’accorgi che voglio qualcosa d’altro dalla vita? Sicuro, voglio vivere la mia avventura, voglio amore, voglio bambini. Voglio tutto quello che può darmi la vita…

Irv                   - Abbi cura di Mom e sta attenta a dove metti i piedi!

Florence          - E se no?

Irv                               - Ci penserà il sottoscritto a tenerti in briglia.

Florence          - Non puoi dire così a una ragazza come me…

Irv                   - Dirò così anche a quel bel tipo, e non a parole soltanto! Florrie, se tu vedessi chiaro, ti accorgeresti che è per il bene tuo che parlo così. Non è il momento giusto di avere pallini di matrimonio in testa. Forse più avanti…

Florence          - Ma il “forse più avanti” intanto non viene mai per me. Perché non mandiamo Mom all’ospedale? Là potrebbe morire in pace senza stare tutto il giorno a guardare l’orologio sopra il caminetto.

Irv                   - Per far questo occorre denaro: e noi non l’abbiamo.

Florence          - Denaro! Denaro! Denaro!

Irv                   - Non cambiare l’argomento.

Florence          - Perché, non è questo l’argomento?

Irv                   - Insomma, vuoi smetterla di vederlo, o no? (Essa guarda via). Cristo, bimba, mi ricordo quand’eri piccina coi riccioli sulle spalle. E ora devo star qui a farti queste prediche.

Florence          - Gli parlerò, Irv.

Irv                   - Quando?

Florence          - Gli ho detto di venire qui stasera. Gli parlerò chiaro.

Irv                   - Non essere debole con lui. Al giorno d’oggi non si può essere deboli. Anzi, bisogna essere come una roccia, o si va sotto.

Florence          - L’ho già imparato, anch’io.  Ecco che suona. Togli dal fornello l’uovo che ho bollito per Mom. Lasciaci soli, Irv. (Sid entra – i due uomini si squadrano per un istante. Irv esce).

Sid                  - Ciao Florrie!

Florence          - Ciao tesoro, hai l’aria stanca.

Sid                  - No, non è stanchezza. Ho solo bisogno di radermi.

Florence          - Beh, tira una sedia vicino al camino e io suonerò perché ci servano un Brandy e soda…come nei film.

Sid                  - Se questo fosse un film, io sarei arrivato con un gran mazzo di rose.

Florence          - Grande quanto?

Sid                  - Cinquanta o sessanta dozzine della qualità coi gambi lunghi…grosso così…

Florence          (Posando) – Adulatore!

Sid                  - Magnifico il tuo modello di Parigi!

Florence          (c.s.) – Si, Percy, le guarnizioni di velluto sono tornate di moda. Madame la Farge mi ha detto oggi che questo modello è stato disegnato dalla Regina Maria, di persona.

Sid                  - Ma no!

Florence          - Tutte le principesse nei Balcani lo hanno copiato (si pavoneggia).

Sid                  - Ferma! (Con il pollice sul naso finge di traguardare su una macchina da presa, mentre con la destra gira la manovella. Florence improvvisamente abbandona il gioco, si butta fra le sue braccia e lo bacia con amore)

Sid                  - Hai l’aria stanca, Florrie.

Florence          - No, non è stanchezza, ho solo bisogno di radermi. (Ride con le lacrime in gola).

Sid                  - Sei preoccupata per tua madre?

Florence          - No.

Sid                  - Allora cos’è che ti preoccupa?

Florence          - La guerra Franco Indiana.

Sid                  - Cos’è che ti preoccupa?

Florence          - Penso a noi due, Sid. Notte e giorno, Sid.

Sid                  - Ho cozzato contro un altro carico di birra oggi. I sacramenti che ho tirato! Guidavo, e anch’io pensavo a noi due. Non c’è bisogno che tu me lo dica – lo so cosa ti preoccupa. Io sono peggio di veleno per i topi, da queste parti.

Florence          - Non per me…

Sid                  - So per chi…e so anche perché. Non ce l’ho con loro. Ci parliamo da tre anni.

Florence          - Sono molti tre anni…

Sid                  - Mio fratello Sam stamane s’è arruolato nella flotta. Ha risolto la faccenda in quel modo, lui. Lo manderanno a Cuba, a trovar le ragazze che ballano la conga. Non sa nulla di nulla quel balordo, sa solo giocare a pallacanestro.

Florence          - Non lo farai anche tu, vero?

Sid                  - Stai tranquilla. Non sono uno di quelli che se la battono, io. Ma sono così stanco di questa vita da cane, bimba, che mi par di soffocare. Vedi, dunque, che non ho bisogno di chiederti a cosa pensi. Lo so a memoria, sono le stesse cose che penso anch’io.

Florence          - O sì o no – non c’è via di mezzo.

Sid                  - La risposta è no – un no a caratteri grandi e luminosi come quelli di Broadway.

Florence          - Volevamo avere bambini.

Sid                  - Ma quel genere di vita non è per cani come noi. Cristo, bimba. Ho come un tuono nel petto quando sono con te. Se fossimo insieme, potrei guardare il mondo in faccia, e sputargli negli occhi come dovrebbe fare un uomo. Ma guai a chi tenta di essere un uomo sulla terra. Due insieme nella vita!

Florence          - Ma qualcosa vuole che noi restiamo soli, vuole che brancoliamo soli nel buio. Altrimenti ci prendono in trappola.

Sid                  -  E’ questo che vogliono i capitalisti.

Florence          - Ci insultano continuamente.

Sid                  - Tendendoci all’oscuro di tutte le manovre che ci fanno con i loro milioni. Si sono assicurati il potere e vogliono essere maledettamente sicuri di non  mollarlo. Sanno benissimo che se ci dessero soltanto un dito tutti i cani come noi gli sarebbero addosso…sarebbe un oceano che li scaraventerebbe all’inferno e li farebbe ritornare indietro. E gliele faremmo vedere noi le stelle allora. Non sto vaneggiando, Florrie.

Florence          - Lo so, che non vaneggi, lo so.

Sid                  - Non trovo le parole per dirti quello che penso. Non ho potuto finire le scuole…

Florence          - Lo so…

Sid                  - Ma è relativo, come dicono i professori. Abbiamo lavorato come bestie per farlo andare all’università – mio fratello Sam dico – e guarda cos’ha combinato…è andato a finire nella flotta. Quel pazzo dannato non vede che a tutti noi le carte ce le hanno preparate. Quello coi soldi si serve una scala reale massima. Poi da a te e a me una sbroscia di mano, qualcosa come una coppia di dieci, o altro. E allora tu, avanti, a perdere le poste, perché le carte sono preparate contro di te. E lui, ti dice, com’è che non vinci? Eppure non c’è trucco, dice. E i poveri fessi come mio fratello ci credono, perché non sanno un accidente. Con tutta la loro istruzione. Ma aspetta, dice. Ti viene incontro – questo milionario con jazz band – e dice, ascolta Sam o Sid o come ti chiami, sei un buono a nulla, ma eccoti una buona occasione. Tutto il mondo ti conoscerà. Sissignore, dice, monta su questa nave e va a combattere quei bastardi che stanno facendo del mondo un luogo pieno di pidocchi dov’è impossibile vivere. I giapponesi, i turchi, i greci.  Prenditi questo cannone, dice, e ammazza quei farabutti, come un vero eroe, dice, come un vero americano. Sii un eroe! E chi è quel diavolo che vai ad ammazzare? Un povero come te, proprio come te, a cui non hanno dato altro che una coppia di dieci. Anche a lui. E’ uno che, al suo paese, è proprio come me e come Sam, uno che vuole i suoi bambini come te, e un po’ di sole caldo sul viso. Ora insegneranno a Sam a puntare il cannone dalla parte sbagliata, a quel balordo che non sa far altro che giocare a pallacanestro.

Florence          - Ho un nodo alla gola, Sid.

Sid                  - Tu e io…mai abbiamo avuto una camera, un posto dove andarci a sedere.

Florence          - Anche al parco era bello.

Sid                  - D’inverno? Sono contento che non ci siamo andati insieme. Così non sappiamo cos’abbiamo perso.

Florence          (D’impeto) – Sid, vengo con te – una camera la troveremo da qualche parte.

Sid                  - No…hanno ragione loro. Se in due non possiamo vivere meglio che ognuno stia per conto suo.

Florence          - Ti giuro che non me ne importa, Sid.

Sid                  - Te ne importerebbe, te ne importerebbe – in un anno, due anni, malediresti il giorno che l’hai fatto.

Florence          - Oh, Sid…

Sid                  - Lo so, ti dico. Son malinconie, bimba, malinconie 1935. Dico così perché ti amo. Se così non fosse non me ne preoccuperei…

Florence          - Lavoreremo insieme…lavoreremo…

Sid                  - E il resto? La tua famiglia ha bisogno dei nove dollari che porti a casa tu. La mia…

Florence          - Non me ne importa di loro!

Sid                  - Fai tutto semplice, tu, Florrie. Piccola Florrie, canarino in gabbia.

Florence          - Non prendermi in giro.

Sid                  - Non ti sto prendendo in giro, bimba.

Florence          - Si, ridi di me.

Sid                  - No, Flor, non rido. (Restano a guardarsi l’un l’altro, incapaci di parlare. Poi egli va ad un piccolo grammofono portatile e suona un noto ballabile, piuttosto triste. Fa un cenno con la mano ed essa gli si avvicina. Cominciano a ballare lentamente. Si stringono quasi volessero penetrarsi e fondersi. La musica cessa, ma il disco continuerà a gracidare fino al termine della scena. Smettono di ballare. Egli si scioglie dalla ragazza che conduce presso il divano, dove essa siede, tesa, ansiosa).

Sid                  - Ciao, bimba. (Aspetta una risposta, ma la ragazza tace. Si guardano).

Sid                  - Mai vista la mia imitazione di Pat Rooney? (Fischia “Rory O’Grady” accompagnandosi col tiptap. Smette) Ti piace?

Florence          (Alla fine) – No. (Si copre il viso con le mani. Allora egli improvvisamente cade in ginocchio e nasconde il volto nel grembo della ragazza. Buio).

IV.LA SPIA DEGLI INDUSTRIALI

Fatt                 - Voi non lo sapete come lavoriamo per voi. Aprir la bocca e lasciar parlare lo spirito non serve. Per Dio, non vi siete forse guardati attorno come ho fatto io? Prendete il nostro mestiere. Visto cos’è successo tre mesi fa quando gli autisti di Philly hanno fatto sciopero? E dov’è Philly? Forse tante miglia lontano? A un’ora di treno, è.

Voce               - A due ore!!

Fatt                 - A due ore…che porca differenza c’è? Ascoltate uno che ci si è trovato in mezzo, e che sa cosa vuol dire. Compagni, qui c’è un uomo che ha vissuto tutta la faccenda, a Philly, che fece lo sciopero insieme agli altri e come gli altri fu sconfitto…e che poi, quando si arresero, fu schiaffato sulla lista nera e licenziato. È qui per questo. Ha da dire cose d’un interesse straordinario. (Annuncia) Tom Clayton! (Allorché Clayton si alza all’udienza, Fatt gli porge la mano, mentre tra gli uomini salgono vari commenti Clayton viene avanti). Compagni, questo è l’uomo che ha una comprovata esperienza di scioperi – Tom Clayton di Philly.

Clayton           (E’ un uomo altezzoso) – Compagni, non capisco cosa avete da gridare contro di me. Se io sapessi che a lasciar calpestarmi da tutti voi, che a lasciarmi fare a pezzi, servirebbe a migliorare le condizioni di vita degli autisti, non esiterei un istante. Sono anch’io uno dei vostri. Ma quello che voglio dire è che Harry Fatt ha ragione. Lavoro qui, in questa grande città, da sole cinque settimane, ma ormai conosco la situazione meglio di voi. Sapete com’è…ad accorgersi delle paghe in cancrena, dovunque vi troviate, non ci vuole molto.

Chiara voce     (Dall’assemblea) – Piantala!

Clayton           - E Fatt ha ragione. I nostri dirigenti hanno ragione. I tempi non sono maturi. E un frutto non cade dall’albero prima che sia maturo.

Chiara voce     - Piantala frutto maturo!

Fatt                 (In piedi) – Fate tacere quella voce, ragazzi!

Voce               (Nell’udienza c’è agitazione) – Nessuno può farmi tacere! (Agitazione, sino a che quello che ha parlato, corre sul palco e dice all’oratore) Da dove l’hai pescato fuori il nome che ti sei messo addosso? Clayton! Il nome di questo crumiro è Clancy, dei vecchi Clancy! Frutto maturo! Quasi mi pisciavo addosso dal ridere, a sentirlo!

Fatt                 (E con lui il poliziotto) – Questo non è un pisciatoio! Cosa diavolo hai intenzione di fare qui?

Stessa voce     - Smascherare un crumiro!

Fatt                 - Non possiamo perdere tempo con costui. Buttatelo fuori dai coglioni.

Voce               (Preparandosi a resistere) – Provatici tu…quando appare questo pipistrello, c’è qualcosa di marcio nell’aria. Sapete chi è? Una spia della Compagnia!

Fatt                 - Chi sei tu per fare…

Voce               - Sono uno che da quattro anni paga regolarmente la sua quota a questo sindacato, ecco chi sono. E parlo perché ne ho il diritto, e questa porca carogna non deve venire qui a raccontarci quel che ci racconta.

Fatt                 - Ma lo sai che se poi non tirerai fuori le prove, ti farò mangiare tutte le sputacchiere della città!

Voce               - Quello che ho detto è vero. Guardatelo, non può dire neppure ah!

Clayton           - Sei un bugiardo, non ti ho mai visto prima in vita mia!

Voce               - Ragazzi, è stato due anni nelle miniere e ha disgregato tutte le organizzazioni in cui è potuto entrare. Cinquanta compagni ha fatto finire in galera. E’ andato su e giù per tutta la costa orientale – navi, tessili, acciaio – è stato dappertutto. E ora…

Clayton           - E’ un bugiardo!

Voce               - …e ora lavora per quella associazione Bergman del Circolo Colombo che fornisce crumiri a ogni organizzazione americana prima, dopo e durante gli scioperi. (L’uomo che sarà il protagonista del successivo episodio si porta intanto,  insieme ad altri membri del comitato, a fianco dell’uomo che sta parlando).

Clayton           - Compagni, costui sta cercando di sabotare la riunione!

Voce               - Senti chi parla!

Clayton           - Io non ho nulla da nascondere. Il vostro segretario sa che io ho le carte in regola.

Voce               - Proprio così. Ragazzi, sapete chi è questo pezzo di mascalzone?

Clayton           - Non ti ho mai visto in vita mia, ho detto.

Voce               - Ragazzi, ho dormito con lui, nello stesso letto, per sedici anni. Quel pidocchioso…è mio fratello!!

Fatt                 (Dopo una pausa) – E’ vero? (Clayton non risponde)

Voce               (A Clayton) – Ma scappa via prima che ti rompa l’osso del collo! (Clayton fugge a precipizio. La voce gli grida dietro) Ricorda la nostra discendenza Clancy. E quella non muta! (Resta al suo posto e aggiunge) E’ grave che tu non lo sapessi, Fatt!

(Ora, isolato, ma ben in evidenza sul palcoscenico, c’è il protagonista dell’episodio successivo. Buio)

V.I DUE DOTTORI

Il dottor Barnes, un uomo anziano e distinto, parla al telefono. Ha indosso una giacca bianca.

Barnes                        - No, le ho già detto due volte qual è la mia opinione. Lei mi ha battuto. Ma non è lei che ha deciso nei riguardi del dottor Benjamin? A lei, quindi, di dirglielo. (Riattacca il ricevitore. Mentre si accinge a versarsi da bere su una bottiglia che è sul tavolo, si sente bussare alla porta). Chi è?

Benjamin        (Da fuori) – Posso vederla un istante, per favore?

Barnes             (Nascondendo la bottiglia) – Avanti, dottor Benjamin, avanti.

Benjamin        Mi scusi…ma è importante…hanno messo Leeds al mio posto…sta operando la signora Lewis – isterectomia – la mia specialità. Già lavato, già pronto…mi hanno avvertito all’ultimo momento. Non è per la sostituzione, dottore, ma Leeds è un incosciente! Non possiamo permettere.

Barnes             (Asciutto) Leeds è il nipote del senatore Leeds.

Benjamin        - E’ assolutamente incapace.

Barnes             (Ovviamente, per cambiare discorso, alza una provetta) – In questi giorni si stanno facendo dei magnifici lavori nel campo della trapanazione del cranio. Questo è un bellissimo specimen…

Benjamin        - Scusi, pensavo che le interessasse.

Barnes             (Ancora esaminando la provetta) – Infatti mi interessa, mi interessa davvero! Solo si ricordi che si tratta di un intervento gratuito, di un’opera di carità!

Benjamin        - Naturalmente. Non sarebbe neanche passato loro in testa, altrimenti.

Barnes             - E’ in pericolo di vita?

Benjamin        - Certo. Lo sa anche lei come il caso sia grave!

Barnes             - Non ci si fissi, dottore. Saltellare come un grillo sulla brace non serve. Non sono i dottori a comandare, in questi ospedali. Quello è il nipote del senatore Leeds, e l’operazione la farà lui.

Benjamin        - E’ scandaloso.

Barnes             - Io non ho niente da dirle. (Posa improvvisamente la provetta) Dio mio, non penserò mica, per caso, che sia mia la colpa?

Benjamin        - Io so…Scusi.

Barnes             - Un momento. Si sieda.

Benjamin        - Scusi, ma non posso.

Barnes             - E allora stia in piedi!

Benjamin        (Siede) – Mi capisca, dottor Barnes, non è perché son stato sostituito all’ultimo momento e in quel modo, ma…beh, questo non è forse un classico esempio di differenza di classe?...per il solo fatto che è povera…

Barnes             - Stia attento ad usare parole come queste Benjamin – differenza di classe. Non sono adatte al luogo. Mucchi di energia, voi brillanti giovanotti, ma cervello poco. Discrezione! Mai dirle quelle parole.

Benjamin        - Troppo radicali?

Barnes             - L’ha detto. E un giorno o l’altro, come in Germania, possono costare la testa.

Benjamin        - Ma ormai…

Barnes             - Gliel’hanno detto?

Benjamin        - Che cosa?

Barnes             - Che col prossimo mese chiudono il padiglione C? Non c’è bisogno che le dica che l’ospedale non si mantiene con le sole entrate. Quando un consiglio di amministrazione si imbatte in un deficit…se lo può immaginare! Durante una riunione del consiglio, tenutasi martedì, i nostri impennacchiati superiori hanno scoperto di non poter coprire il deficit dell’ultimo trimestre – una sommetta sui 100.000. Se l’ospedale deve andare avanti bisognerà disgraziatamente…

Benjamin        - Chiudere il padiglione di carità.

Barnes                        - Così hanno detto che…(Pausa)

Benjamin        - Non è ancora tutto?

Barnes                        (Impacciato) – Hanno detto che si dovrà fare qualche taglio del personale…

Benjamin        - Un vero peccato. Ci sono anch’io?

Barnes                        - Mi spiace.

Benjamin        - Dopotutto sono anch’io dei più quotati qui. Non dico di ritenermi migliore degli altri, ma ho lavorato sodo…

Barnes             - …e si è rivelato molto promettente.

Benjamin        - Ho sempre pensato che i tagli si facessero prima in basso.

Barnes             - Normalmente.

Benjamin        - Ma in questo caso?

Barnes             - Complicazioni.

Benjamin        - Per esempio?...(Barnes esita)

Barnes             - Io le voglio bene, Benjamin. E’ una vergogna.

Benjamin        - Non sono una pianta sensibile – qual è la risposta?

Barnes             - Una vecchia malattia, maligna, cronica. Avremmo bisogno di un’antitossina appropriata.

Benjamin        - Capisco.

Barnes             - Cosa?

Benjamin        - L’ho già incontrata questa malattia – ad Harvard, la prima volta.

Barnes             - Lei è un anziano, qui, Benjamin.

Benjamin        - Ma sono un ebreo. (Barnes assente col capo. Benjamin resta immobile un istante, poi sbuffa dal naso).

Barnes             (Anch’esso sbuffando dal naso) – Microbi!

Benjamin        - Pressioni dall’alto?

Barnes             - Non pensi, Benjamin, che Kennedy ed io non ci siamo battuti per lei.

Benjamin        - Discriminare me, con tutti quei miei fratelli ebrei nel consiglio?

Barnes             - L’avevo già constatato prima – sembra che non ci sia molta differenza tra gli ebrei ricchi e i ricchi ariani. Tagliati nella stessa stoffa!

Benjamin        - A me non importerebbe. Ma i miei genitori hanno fatto degli sforzi terribili per portarmi sin qui. Avevano una piccola merceria nel Bronx, poi le loro miserabili economie finirono nel crollo dello scorso anno. Pop traffica in cravatte…Saul Zera Benjamin – un uomo che lesse Spinoza tutta la vita.

Barnes             - In questo paese non sono i dottori ad avere in mano la medicina. Gli uomini che san fare il loro mestiere non hanno in mano nulla, se si esclude, forse, il manovratore del tram. Ho visto molti progressi nella medicina – anestesia, sterilizzazione – ma nessuno è stato raggiunto grazie a un uomo ricco, anzi suo malgrado. Quando tutto è in mano ai ricchi, la personalità di un uomo viene sepolta nel buio più profondo. Microbi! Peggio…Vermi! Quattrocento anni per arrivare a questo punto! Rivoluzionari uscite dalle catacombe! Spirito del ’76! Antenati gelati a Valley Forge! Cosa ha voluto dire, allora, tutto ciò? Solo marciume? I lavoratori venivano venduti, nel ’76. La costituzione era per gli uomini ricchi, ma lo è tuttora. Che marcio! (Suona il telefono)

Barnes             (Seccato) – Dottor Barnes (Ascolta un istante, poi guarda Benjamin). Capisco. (Riattacca, si volge lentamente verso il giovane collega). Non sono stati capaci di salvarla. (Benjamin si irrigidisce, nonostante il colpo. Ma infine lancia i guanti chirurgici a terra)

Barnes             - E’ giusto…è giusto. Giovane entusiasta, vada e lo faccia! Io sono troppo vecchio, un fossile ormai, davanti a lei c’è la vita, dottor Benjamin; e quando sparerà il primo colpo dica per favore: questo è da parte del vecchio dottor Barnes! Troppa dignità, le pallottole. Non le sprechi sui vermi! Li calpesti, quelli! Se non avessi una figlia inferma…(Barnes va dietro la sua sedia, e sbuffa) Avrei saputo recitare bene la mia parte, Benjamin.

Benjamin        - Di troppe cose non ero certo. Ne dicono tante quei radicali…Non si crede alle teorie finché non si è pagato di persona.

Barnes             - Lei ha perso molto, oggi, ma ha anche raggiunto un grande risultato.

Benjamin        - Già, ho capito che ho ragione. Ho cominciato a credere veramente in qualche cosa. A non dire “Che mondo” ma invece “Cambia il mondo”. Volevo andare in Russia. La settimana scorsa ci pensavo – una occasione magnifica di fare un buon lavoro…

Barnes             - Magnifico!

Benjamin        - A esser capace di lavorare…

Barnes             - Perché non ci va? Io lo farei…

Benjamin        - Ormai non lo farò più.

Barnes             - Lo faccia, lo faccia.

Benjamin        - No! Il nostro paese è qui – in America! Ho paura…non so cosa mi riserverà il futuro. Far qualcosa per campare – magari l’autista, - ma studiare e tenere il mio posto…

Barnes             - E  procedere duro!

Benjamin        - Combattere! Magari crepare, ma per Iddio…Andremo avanti! (Benjamin resta col pugno chiuso alzato. Buio)

Agate              - Signore e Signori – perché non permettete che nessuno dica che in questo mare di visi che mi guardano, non ci siano anche delle signore! Solo che portano pantaloni. Beh, può darsi che io non capisca nulla, può darsi che io sia caduto dal seggiolone da bambino e che non sia più giusto in testa – non si sa mai.

Voce               - Mettiti a sedere, occhio fatale!

Agate              - Chi ti paga per questi commenti, vecchio? Il denaro di Mosca? Lo so che ho un occhio di vetro, questa è una fortuna che capita solo a quelli che si trovano a lavorare in una fabbrica a undici anni. L’ho perso perché non c’erano maschere di protezione. E io lo porto come una medaglia, perché rivela a che mondo appartengo – allo stadio più basso della classe operaia. Ne abbiamo avuti di delegati nel sindacato – segretari e tesorieri di ogni razza…ispettori che invece di farsi venire le piante ai piedi, se le facevano venire al culo a furia di starsene seduti sui cuscini a far quattrini. (Il segretario e il poliziotto rispondono risentiti agitandosi). Calmatevi, ragazzi. Io parlo dei sindacati in generale. Lo so che qui l’affare è diverso. Chi non sa che i nostri dirigenti sono tutti degli assi? Ho perfino visto il vostro segretario Fatt far cento metri di strada in più per non pesare uno scarafaggio. No, ragazzi non dovete pensare…

Fatt                 (Interrompendo) – Sei fuori argomento!

Agate              (All’assemblea) – Sono fuori argomento?

Tutti                - No! No! Parla! Va avanti! ecc. ecc.

Agate              - Sì, i nostri dirigenti sono tutti degli assi. Ma io sono qui e non ho neppure l’esperienza di Philly. Oggi non ho potuto portare il distintivo del sindacato. Sentite un po’ se devono accadere ancora cose simili! Vado a tirar giù dal chiodo la mia vecchia giacca e vedo che fuma. Son un figlio di cane, se non era il distintivo del sindacato che aveva preso fuoco: e che puzza mandava, la vecchia celluloide!  La padrona è venuta di sopra e ha fatto l’inferno. Volete sapere cos’è successo? Quel vecchio distintivo era diventato rosso scarlatto come una fiamma. Di vergogna! Chi ne sa una migliore?

Fatt                 - Siediti Keller! Non vedi che non interessi a nessuno?

Agate              - Tutti, vuoi dire!

Poliziotto        - Siediti, fa cosa ti dice lui!

Agate              (Continuando, all’udienza) – E per finire…(E’ interrotto da Fatt e dal poliziotto, che lo afferrano. Agate si libera e va dall’altro lato del palcoscenico. I due stanno per gettarsi di nuovo su di lui, quando alcuni uomini del comitato si intromettono. La camicia di Agate è stata lacerata).

Agate              (All’udienza) – Qual è la risposta ragazzi? Pur di far lo sciopero, lasciate che ci chiamino rossi. Vuol dire che adotteremo anche il loro saluto. Sapete com’è? (Fa un saluto comunista). Così. Un uppercut. Il caro, vecchio, uppercut al mento! Diavolo, ragazzi, ma se molti di noi non hanno  neppur più la camicia sulle spalle. Dove vuole arrivare questa cricca dirigente…a fare di noi una colonia di nudisti? (L’assemblea ride e improvvisamente Agate viene in mezzo al palcoscenico mentre gli autisti lo spalleggiano in un solido blocco). – Non ridete! Non c’è nulla di spiritoso! Si tratta della vostra e della mia vita. Crani e ossa ad ogni metro di strada! Cristo, stiamo morendo pezzo per pezzo! Per cosa? Perché le ragazze di buona famiglia facciano il loro ingresso trionfale al Ritz! “Papà ha una figlia che ha avuto la sua fotografia pubblicata sui giornali”. Cristo, fanno tutto col nostro sangue. Joe lo diceva. O la morte a fuoco lento, o la guerra. Meglio la guerra. (Per tutto il lungo discorso Agate è stato spalleggiato dagli altri sei, così che appare evidente come il gruppo è concorde). Dio benedica la tua bocca, Edna.  E voi Sid,  Florrie e gli altri ragazzi, il vecchio dottor Barnes…combattete con noi per la giustizia. E’ la guerra! Operai, unitevi e combattete. Fate cessare il macello delle nostre vite. Fate che sorga una vera libertà.  Questi ciarlatani stanno qui a parlarci del babau. Questa è nuova per i bambini…i rossi sono i babau. Ma l’uomo che mi diede da mangiare nel ’32 mi chiamò compagno! Quello che mi raccolse quando fui ferito…mi chiamò compagno! Cosa aspettiamo?...Non aspettiamo Lefty! Può darsi che non venga mai. Ogni minuto…(E’ interrotto da un uomo che era già entrato di corsa, e che ora sale sul palco e dice)

L’uomo           - Ragazzi, hanno trovato Lefty!

Altri                - Cosa? Come? Dove?

Altri                - Silenzio! Lasciate parlare.

L’uomo           - Hanno trovato Lefty.

Agate              - Dove?

L’uomo           - Dietro la rimessa, con un buco nella testa.

Agate              (Gridando) – Sentite, ragazzi, sentite? All’inferno! Ascoltatemi! Dovunque! Coraggio America! Coraggio! Noi siamo l’avanguardia della classe lavoratrice. Lavoratori di tutto il mondo…il nostro sangue e le nostre ossa! E quando saremo morti essi sapranno cosa abbiamo fatto noi, per un mondo nuovo! Cristo, facci a pezzi! Ma moriremo per quello che è giusto. Cristo, fa crescere alberi da frutto sopra le nostri ceneri! (All’udienza) E allora, qual è la nostra risposta?

Tutti                - Sciopero!

Agate              - Più forte!

Tutti                - Sciopero!

Agate e altri sul palco – Ancora!

Tutti                - Sciopero! Sciopero! Sciopero!