eugene ionesco
ASSASSINIO SENZA MOVENTE
Traduzione di Valentino Musso
Persone
(in ordine d'entrata in scena)
Berenger, età media, cittadino medio
L'architetto, età indefinibile, età da funzionario
Dany, giovane dattilografa, pin-up convenzionale
Il barbone, ubriaco
Il padrone del bistro, mezz'età, grosso, bruno, villoso
Edouard, 35 anni, magro, febbrile, vestito di scuro, a lutto
Voce della portinaia La portinaia
Voce del cane della portinaia
Voce d'uomo
Voce di un altro uomo
Voce di un camionista
Voce di un autista
Primo vecchio
Secondo vecchio
Il droghiere
Voce del maestro di scuola
Prima voce proveniente dalla strada
Seconda voce (grossa) dalla strada
Terza voce (esile) dalla strada
Quarta voce dalla strada
Prima voce dal basso
Seconda voce dal basso
Voce da destra
Voce dall'alto
Voce da sinistra
Seconda voce da sinistra
Voce di donna, nell'ingresso
Ombra di motociclista in motocicletta
Voce del postino
Il postino, in persona (se è il caso)
Comare Pipa
La voce della folla
L'ubriaco, in marsina e cilindro
Il vecchio signore con il pizzo bianco
Primo vigile
Un giovane soldato con un mazzo di fiori
Secondo vigile
L'eco
L'assassino
Di queste parti parecchie possono essere sostenute dallo stesso attore. Del resto, è ovvio che non si sentiranno tutte le voci del secondo atto. Nella prima metà del secondo atto si potranno praticare tutti i tagli voluti. Il che dipende dall'efficacia di tali voci, degli episodi assurdi. Il regista sceglierà. Tuttavia dovrà far uso, se possibile, della tecnica stereofonica. È pure preferibile, in questo stesso secondo atto, far apparire il maggior numero possibile di ombre, dall'altra parte della finestra, come su una scena dietro la scena. Apertosi il sipario sul secondo atto saranno però indispensabili, almeno per qualche istante, parole e rumori intorno alla scena vuota, al fine di prolungare, di intensificare, in qualche modo, l'atmosfera, visiva e sonora, della via, della città che rinasce alla fine del primo atto, che si affievolisce dopo l'arrivo di Berenger, e che si impone di nuovo con violenza all'inizio del terzo atto per allontanarsi definitivamente alla fine. Si potrà praticare qualche taglio anche nel primo atto: occorre tener conto di quanto è in grado di smaltire l'attore che ha la parte, in relazione alle sue forze e al suo temperamento.
Il discorso di Berenger all'assassino, al termine della commedia, è, da sé, un piccolo atto. Il testo deve essere sostenuto da una recitazione che esprima il progressivo disarticolarsi di Berenger, il suo decomporsi, il vuoto della sua morale piuttosto ordinaria che si sgonfia come un pallone. In effetti, Berenger trova, suo malgrado, in se stesso, contro se stesso, argomenti a favore dell'assassino.
Atto primo
Nessuna scenografia. Al levar del sipario la scena è vuota. In seguito sul palco ci saranno soltanto, a sinistra, due sedie da giardino e una tavola che l'architetto porterà fuori da sé. Si dovranno trovare sottomano fra le quinte. Nel primo atto l'ambiente sarà esclusivamente creato dalla luce. Al principio, mentre la scena è ancora vuota, la luce è grigia come quella di una giornata di novembre o di febbraio, nel pomeriggio, quando il cielo è coperto. Rumore leggero del vento; forse si vedrà una foglia morta attraversare la scena, volteggiando. In lontananza, il rumore di un tram, sagome confuse di edifici che svaniscono quando, « d'improvviso », la scena si rischiara fortemente: è una luce intensissima, bianchissima; c'è questa luce bianca e c'è anche l'azzurro del cielo splendente e denso. Quindi, dopo il grigiore, le luci devono giocare su questo bianco e questo azzurro, che costituiscono i soli elementi d'una scenografia luminosa. I rumori del tram, del vento o della pioggia cesseranno nell'attimo preciso in cui avrà luogo il cambio d'illuminazione. L'azzurro, il bianco, il silenzio, la scena vuota devono creare un'impressione di calma strana. Per questo occorre lasciar tempo agli spettatori di avvertirla. Solo in capo a un buon minuto i personaggi devono apparire sulla scena. Berenger entra per primo da sinistra, a passo vivace, si ferma al centro, si volta su se stesso con un movimento rapido verso la sinistra, da cui arriva, più adagio, l'architetto, che lo segue. Berenger in questo momento indossa un soprabito grigio, un cappello, una sciarpa. L'architetto ha una giacchetta leggera, camicia aperta, calzoni chiari, è senza cappello; sotto il braccio tiene una cartella di documenti, abbastanza pesante e spessa, che somiglia alla borsa di Edouard nel secondo atto.
Berenger Incredibile! Incredibile! È straordinario! Per me questo ha del miracoloso.
Vago gesto di protesta dell'architetto
Del miracoloso, o se preferisce, perché lei è probabilmente uno spirito laico, vero? Se lei preferisce, dirò che questo ha del meraviglioso! Mi felicito caldamente con lei, signor architetto, è meraviglioso, meraviglioso meraviglioso! Dico sul serio!
L'architetto Oh... egregio signore...
Berenger Sì, si, davvero... Ci tengo a felicitarmi. È letteralmente incredibile, lei ha realizzato una cosa incredibile! La realtà che supera l'immaginazione!
Architetto Questo lavoro rientra nelle mie normali funzioni, io ricevo uno stipendio
per farlo.
Berenger Certo, certo, signor architetto, s'intende, lei è un tecnico e al tempo stesso un funzionario coscienzioso... Però, questo non spiega tutto. (Guardandosi attorno e fissando punti precisi della scena) Come è bello, che magnifico prato, queste aiuole fiorite... Ah! Questi fiori allettanti come ortaggi, questi ortaggi profumati come fiori... E che cielo azzurro, che straordinario cielo azzurro... Come si sta bene! (All'architetto) In tutte le città del mondo, tutte le città di una certa importanza, ci saranno certamente dei funzionari, degli architetti municipali, come lei, degli architetti in capo con le sue mansioni, che sono stipendiati come lei. Ma sono ben lontani dall'ottenere risultati simili. (Indica con la mano) È retribuito adeguatamente, almeno? Chiedo scusa, sono forse indiscreto...
Architetto S'immagini... Ho uno stipendio medio, secondo le previsioni di bilancio. Una cosa ragionevole. Può andare.
Berenger Ma la sua genialità dovrebbe essere pagata a peso d'oro.
E per giunta, ci vorrebbe dell'oro di prima del '14... Di quello vero.
Architetto (protestando modestamente) Oh...
Berenger Sì, si, non protesti, signor architetto municipale... Oro autentico... Quello d'oggi, diciamolo pure, è oro svalutato, come tante cose in questi tempi, oro di carta...
Architetto La sua sorpresa, la sua...
Berenger Dica piuttosto la mia ammirazione, il mio entusiasmo!
Architetto Se vuole. Il suo entusiasmo, effettivamente, mi commuove. La ringrazio, signor... Berenger. (S'inchina per ringraziare, dopo essersi cercato in tasca una scheda dove indubbiamente era scritto il nome di Berenger, perché, inchinandosi, legge sulla scheda il nome che pronuncia).
Berenger Sinceramente entusiasta, sinceramente, glielo giuro, non è nel mio carattere far complimenti.
Architetto (cerimoniosamente, ma con distacco) Ne sono molto, molto, molto lusingato!
Berenger È magnifico! (Guarda intorno) Vede, me n'avevano parlato molto, ma io non avevo creduto... o piuttosto, non me n'avevano parlato, ma lo sapevo, sapevo che esisteva nella nostra città cosi tetra, in mezzo ai suoi luttuosi quartieri di polvere, di fango, questo bel quartiere chiaro, questa zona fuori classe, con vie assolate, con viali pieni di luce... questa radiosa città nella città, che lei ha costruito...
Architetto È un nucleo che deve, o meglio che doveva, in linea di principio, estendersi. Ho steso i progetti dietro incarico del comune. Non mi permetto di avere iniziative personali...
Berenger (continuando il monologo) Ci credevo senza crederci.
Lo sapevo senza sapere! Avevo paura di sperare... sperare, non è più una parola francese, né turca, né polacca... belga, forse... e neanche...
Architetto Capisco, capisco!
Berenger E ciò nonostante, eccomi qui. La realtà della sua città radiosa è indiscutibile. La si tocca con mano. Questa luce azzurra ha l'aria perfettamente naturale... l'azzurro, il verde... Oh, questo prato, quei fiori rosa...
Architetto Sì, quei fiori rosa sono appunto rose.
Berenger Rose vere? (Passeggia per la scena, indica col dito odora i fiori, ecc.) Altro azzurro, altra verzura... i colori .della gioia. E che calma, che calma!
Architetto È la regola in quest'angolo, egregio signor... (Legge sulla scheda) ... Berenger. È calcolato, è fatto apposta In questo quartiere, niente doveva esser lasciato al caso, il tempo è sempre bello... Perciò i terreni si vendono... o piuttosto... si vendevano, carissimi... Le ville sono costruite coi materiali migliori... Tutto è solido eseguito con cura.
Berenger Non deve pioverci mai, nelle case.
Architetto Neanche per idea! È il meno che si possa pretendere. Perché, ci piove, a casa sua?
Berenger Eh, purtroppo si, signor architetto!
Architetto Questo non dovrebbe succedere, neppure nel suo quartiere. Manderò un capomastro.
Berenger Cioè, forse non è che proprio ci piova. È un modo di dire. C'è tanta umidità, che è come se piovesse.
Architetto Vedo, è un fatto morale. In ogni modo, qui, in questo quartiere, non piove mai. Però tutti i muri delle case che lei vede, tutti i tetti sono a tenuta, per abitudine, per
scrupolo di coscienza. È una cosa inutile, ma si fa per rispettare una vecchia tradizione.
Berenger Non piove mai, dice? E questa vegetazione, questo prato? E sugli alberi, non una foglia secca, nei giardini non un fiore appassito!
Architetto Sono annaffiati dal basso.
Berenger Meraviglie della tecnica! Scusi lo stupore di un profano come me... (Si terge con un fazzoletto il sudore dalla fronte).
Architetto Ma tolga il soprabito, lo tenga sul braccio, lei ha troppo caldo.
Berenger Infatti, si... Non ho pili freddo per niente... Grazie, grazie del consiglio. (Toglie il soprabito, se lo mette sul braccio; tiene il cappello in testa; pur facendo questi gesti, continua a guardare in alto) Le foglie degli alberi sono grandi abbastanza per filtrare la luce, e non troppo per non aduggiare le facciate. Quando si pensa che su tutto il resto della città il cielo è grigio come i capelli di una donna invecchiata, che all'orlo dei marciapiedi c'è della neve sporca, che tira vento! Stamattina svegliandomi avevo molto freddo. Ero gelato. I termosifoni funzionano cosi male nella casa dove abito, specialmente al pian terreno. E funzionano anche peggio quando non accendono... Questo per dirle che...
Si sente, dalla tasca dell'architetto, suonare un telefono.
ARCHITETTO (trae dalla tasca il ricevitore, lo porta all'orecchio; un capo del filo gli resta in tasca) Pronto?
BERENGER Mi scusi, signor architetto, io sto portando intralcio al suo lavoro...
ARCHITETTO (al telefono) Pronto? (A Berenger) Ma no... Ho riservato un'ora per farle visitare il quartiere. Non mi disturba affatto. (Al telefono) Pronto? Si. Me l'hanno detto. Informi il vice capo. Intesi. Faccia un'inchiesta, se proprio ci tiene. Un'inchiesta formale. Io sono col signor Berenger per la visita alla città radiosa. (Rimette l'apparecchio in tasca. A Berenger che si era scostato di qualche passo, assorto nel suo rapimento) Diceva? Ehi, dov'è andato?
Berenger Sono qui. Mi scusi. Che dicevo? Ah, si... Oh, non ha più importanza, ormai.
Coraggio. Dica lo stesso.
ARCHITETTO Dicevo... ah si... nel mio quartiere, pili precisamente a casa mia, tutto è umido: il carbone, il pane, il vento, il vino, i muri, l'aria, e persino il fuoco. Com'è stato duro levarmi, stamane; ho dovuto fare un grande sforzo. Era veramente penoso. Se le lenzuola non fossero state umide anch'esse non mi sarei deciso. Non potevo certo prevedere che, di colpo, come per incanto, mi sarei trovato in mezzo alla primavera, in pieno aprile in quest'aprile dei miei sogni... dei miei sogni più vecchi...
Architetto Dei sogni! (Alzando le spalle) In ogni caso, avrebbe fatto meglio a venire prima, a venire prima che...
Berenger (interrompendolo) Ah si, di tempo ne ho perduto, è vero...
Berenger e l'architetto continuano a passeggiare per la scena. Berenger deve dar l'impressione di percorrere dei viali, delle alberate, dei giardini. L'architetto lo segue, più adagio. In certi momenti, magari, Berenger si volgerà per parlare all'architetto, e gli parlerà alzando la voce. Deve fingere d'aspettare che l'architetto si avvicini.
(Indicando con la mano, nel vuoto) Oh che casa graziosa! La facciata è squisita, io sono ammirato della purezza di questo stile! Settecento? No, Quattrocento o fine Ottocento? Comunque, qualcosa di classico, e com'è civettuola, civettuola... Eh si, ho perso molto tempo, è troppo tardi?... No... Si... No, forse non è troppo tardi, che ne pensa lei?
Architetto Non ho riflettuto sulla questione.
Berenger Ho trentacinque anni, signor architetto, trentacinque... in realtà, per esser franco, ne ho quaranta, quarantacinque... forse anche di più.
Architetto (guardando la scheda) Noi lo sappiamo. La sua età è segnata sulla sua scheda. Abbiamo tutti gli incartamenti.
Berenger Davvero?... Oh!
Architetto È naturale, ci occorre per lo stato civile, ma stia tranquillo. Il codice non prevede sanzioni per questo genere di dissimulazioni, di civetterie.
Berenger Ah, tanto meglio! D'altronde, se dichiaro solo trentacinque anni, non lo
faccio assolutamente per ingannare i miei concittadini, che gliene importa, a loro? No,
lo faccio per ingannare me stesso. In questo modo, mi suggestiono, mi credo più giovane, riprendo coraggio...
Architetto È umano, è naturale.
Squilla il telefono tascabile, l'architetto riprende il microfono.
Berenger Ah che belline queste pietruzze!
Architetto (al telefono) Pronto... Una donna? Prenda i suoi connotati, le note caratteristiche. Registri. Mandi al servizio statistica...
Berenger (indicando col dito l'angolo della scena, a sinistra) Che cosa c'è, là?
Architetto (c. s.) Ma no, ma no, nient'altro da segnalare. Finché sono qui io, non può capitare altro. (Rimette in tasca il ricevitore. A Berenger) Chiedo scusa, mi dica.
Berenger (c. s.) Che cosa c'è, là?
Architetto Ah, quella... è una serra.
Berenger Una serra?
Architetto Si. Per i fiori che non allignano in un clima temperato, i fiori che amano il freddo. Si crea per loro un clima invernale. Di quando in quando, si fanno funzionare piccole tempeste.
Berenger Ah, è previsto tutto... si, signore, forse ho sessant'anni, settant'anni, ottanta, centocinquant'anni, che ne so?
Architetto Moralmente!
Berenger E questo si traduce anche fisicamente. È psicosomatico... Dico delle sciocchezze?
Architetto Mica tanto. Come tutti.
Berenger Mi sento vecchio. Il tempo è soprattutto soggettivo.
O piuttosto, misentivo vecchio, perché da stamattina sono un uomo nuovo. Son certo di ridiventar me stesso, certo che il mondo ridiventa se stesso; ed è stato il suo potere a far questo. La sua luce magica...
Architetto La mia illuminazione elettrica!
Berenger ... La sua città luminosa! (Indica col dito, vicinissimo) È il potere di questi muri immacolati coperti diroseopera sua! Ah, si, si, si... Niente e perduto, nesonosicuro, ora... Mi ricordo,si, che due o tre persone mi avevano effettivamente parlato della città ridente: gli uni mi dicevano che era a due passi, gli altri che era lontanissima, che ci si arrivava facilmente, difficilmente che era un quartiere riservato...
architetto È falso!
BERENGER ... Che non c'erano mezzi di trasporto...
ARCHITETTO Che stupidaggine. La fermata del tram è là, all'inizio del viale principale.
Berenger Ma certo, ma certo! Ora so. Per molto tempo, le assicuro, avevo cercato, coscientemente o inconsciamente, di trovare la strada. Andavo a piedi fino alla fine di una via, mi accorgevo che era soltanto un vicolo cieco. Facevo il giro di lunghi muri, seguivo cancellate, arrivavo al fiume, lontano dal ponte, oltre il mercato e le porte. Oppure, cammin facendo, incontravo amici che non mi avevano più rivisto dal servizio militare: ero obbligato a fermarmi per chiacchierare con loro; si faceva tardi; dovevo rientrare. Insomma, non pensiamoci più: ora sono arrivato. Sono al sicuro.
Architetto Era cosi semplice. Bastava mandarmi due righe, scrivere ufficialmente ai servizi municipali; il mio ufficio le avrebbe trasmesso, per raccomandata, tutte le indicazioni necessarie.
Berenger Eh si, bisognava pensarci. Insomma, inutile rimpiangere gli anni sciupati...
Architetto Come ha fatto oggi a trovare la strada?
Berenger Per puro caso. Ho preso il tram, appunto.
Architetto Che le dicevo?
Berenger Ho sbagliato tram, ne volevo prendere un altro, ero convinto di non essere nella direzione giusta, eppure era la buona, per errore, felice errore...
Architetto Felice?
Berenger No? Non felice? Oh, ma si, felice, molto felice.
Architetto Insomma, lasciamo stare, vedrà lei in seguito.
Berenger Ho già visto. La mia opinione è fatta.
Architetto In ogni modo, ricordi che bisogna sempre andare fino al capolinea. In ogni circostanza. Tutti i tram portano qua: è il deposito.
Berenger Infatti. Il tram mi ha lasciato là, alla fermata. Ho riconosciuto subito, pur senza averli visti mai, i viali, le case fiorite, e lei che aveva l'aria di aspettarmi.
Architetto Ero stato informato.
Berenger C'è una tale metamorfosi! È come se mi trovassi lontano, verso il Sud, a mille o a duemila chilometri. Un altro universo, un mondo trasfigurato. Per arrivarci, solo questo viaggetto, un viaggio che non è neanche un viaggio, perché ha luogo, per cosi dire, sui luoghi stessi... (Ride, poi, imbarazzato) Scusi il gioco di parole, non è molto spiritoso.
Architetto Non prenda quell'aria desolata. Ne ho sentiti di peggiori. Lo metto in conto sulla sua euforia...
Berenger Non ho mente scientifica. Ecco probabilmente perché non mi spiego, nonostante i suoi chiarimenti di competente, come mai in questo posto possa fare sempre bel tempo! Ma forse, e questo le avrà facilitato le cose, la zona è più riparata? Eppure non vedo colline che formino un riparo contro il maltempo! D'altra parte è ben noto che le colline non cacciano le nuvole, non salvano dalla pioggia. Forse ci sono delle correnti calde e luminose che vengono da un quinto punto cardinale o da una terza altezza? No, vero? E poi, si sarebbe sparsa la voce. Stupido che sono. Non tira nemmeno un po' di brezza, benché l'aria sia purissima. Però è strano lo stesso, signor architetto comunale, è ben strano!
Architetto (col tono dell'informatore competente) Niente di strano, le dico, solo questione di tecnica. Cerchi di seguire. Lei avrebbe dovuto frequentare una scuola per adulti. Questo non è altro che un isolotto... con ventilatori dissimulati che ho preso a modello nelle oasi che si trovano sparse nei deserti, dove lei si vede sorgere davanti all'improvviso, in mezzo alle sabbie aride, città sorprendenti, coperte di rose fresche, cinte di fontane, di fiumi, di laghi...
Berenger Ah, si... È vero. Lei parla di quelle città che si chiamano anche miraggi. Ho letto in argomento delle relazioni di esploratori. Come lei vede, non sono completamente ignorante. I miraggi... non c'è niente di più reale. I fiori di fuoco, gli alberi di fiamma, gli stagni di luce: in fondo non c'è che questo di vero. Ne sono persuaso. E laggiù? Che cos'è laggiù?
Architetto Laggiù? Laggiù dove? Ah, laggiù?
Berenger Si direbbe un laghetto.
L'illuminazione fa apparire in fondo la forma vaga di un laghetto, delineatasi nel momento in cui è stata pronunciata la parola.
Architetto Uh... Diamine, si. Un laghetto. Ha visto bene. È un laghetto. (Consulta l'orologio) Credo d'avere ancora un po' di tempo.
Berenger Ci si può andare?
Architetto Vorrebbe vederlo più da vicino? (Ha l'aria di esitare) Ma si. Visto che ci tiene. Devo mostrarglielo.
BerengerO piuttosto... non so che scegliere... Tutto è cosi bello… Mi piacciono gli specchi d'acqua, ma mi sento attratto anche da questo cespuglio di biancospino fiorito. Se non le spiace, il laghetto lo vedremo dopo...
Architetto Come vuole!
Berenger Vado pazzo per il biancospino.
Architetto Si decida.
Berenger Si, si, andiamo dal biancospino.
Architetto Sono a sua disposizione.
Berenger Non si può vedere tutto contemporaneamente.
Architetto Giustissimo.
Il laghetto sparisce. Fanno qualche passo.
Berenger Che profumo soave! Sa, signor architetto, io... mi scusi se parlo di me... un architetto capisce tutto, gli si può dire tutto...
Architetto Faccia, faccia, non abbia soggezione.
Berenger Grazie! Sa, ho tanto bisogno d'un'altra vita, di una vita nuova. Un'altra cornice, un altro ambiente; un altro ambiente, lei penserà che è ben poco e che... aver del denaro, per esempio...
Architetto Ma no, ma no...
Berenger Si, si, lei è troppo gentile... Un ambiente non è che una cosa superficiale, estetismo, se non si tratta, come dire, di un ambiente, di un'atmosfera che corrisponda a una necessità interiore, che sia, in qualche modo...
Architetto Capisco, capisco...
Berenger ... il prorompere, il prolungarsi dell'universo di dentro. Soltanto che, perché possa prorompere, questo universo di dentro, gli occorre il soccorso esterno di una certa luce « esistente », fisica, di un mondo oggettivamente nuovo. Giardini, cielo azzurro, una primavera che corrispondano all'universo interiore, nei quali esso possa riconoscersi, che siano come la sua traduzione o il suo presagio, o lo specchio in cui possa riflettersi il suo stesso sorriso... in cui possa riconoscersi e dire: ecco quello che io sono in realtà e che avevo dimenticato, un essere sorridente in un mondo sorridente... Insomma, mondo interiore, mondo esterno, sono espressioni improprie, non ci sono vere frontiere fra questi cosiddetti due mondi; c'è un impulso primo, evidentemente, che viene da noi, e quando non può esteriorizzarsi, quando non può realizzarsi obiettivamente quando non c'è accordo totale fra l'io di dentro e l'io di fuori è la catastrofe, la contraddizione universale la frattura.
Architetto (grattandosi la testa) Lei ha una terminologia... Non parliamo lo stesso linguaggio.
Berenger Non potevo più vivere, ma senza poter morire. Per fortuna, tutto cambierà, d'ora in poi.
Architetto Calma, calma!
Berenger Mi scusi. Mi esalto facilmente.
Architetto È un tratto del suo carattere. Lei appartiene alla categoria dei temperamenti poetici. Ci vogliono, evidentemente, visto che ci sono.
Berenger Da anni e anni, neve sudicia, vento aspro, un clima senza riguardi per le creature... vie, case, quartieri interi, gente non veramente infelice; peggio, gente né felice né infelice, brutta, perché non è né brutta né bella, creature tristemente neutre, nostalgiche senza nostalgie, come incoscienti, come se soffrissero inconsciamente d'esistere. Ma io avevo coscienza del disagio dell'esistenza. Forse perché sono più intelligente, anzi no, meno intelligente, meno a posto, meno rassegnato, meno paziente. È un difetto? Una qualità?
Architetto (dando segni d'impazienza) Dipende.
Berenger Non si può sapere. L'inverno dell'anima! Io mi esprimo in modo confuso, vero?
Architetto Non saprei giudicare. Non rientra nelle mie mansioni. È di competenza del servizio logica.
Berenger Non so se lei apprezza il mio lirismo.
Architetto (seccamente) Ma si, andiamo!
Berenger Ecco. Ecco: c'era, un tempo, in me, questo possente afflato di calore interno, contro il quale il freddo non aveva potere; una giovinezza, una primavera che gli autunni non potevano intaccare; una luce che irradiava, sorgenti luminose di gioia che credevo inesauribili. Non la felicità; dico giusto: la gioia, la letizia che faceva si ch'io potessi vivere …
Squilla il telefono in tasca all'architetto.
... C'era un'energia immensa...
L'architetto estrae il telefono di tasca.
... Uno slancio... doveva essere lo slancio vitale, non è vero?...
Architetto (ricevitore all'orecchio) Pronto?
Berenger E poi, tutto s'è spento, s'è spezzato...
Architetto (al telefono) Pronto. Benissimo, benissimo!... Non deve mica essere da ieri.
Berenger (continuando il monologo) Dev'essere da... da non so più quando... da molto, molto tempo...
L'architetto ripone in tasca il ricevitore e dà nuovi segni d'impazienza; entra in quinta, a sinistra, riporta una sedia che sistema nell'angolo, a sinistra, dove si supponeva la serra.
... Devono essere secoli... o forse solo qualche anno, o forse era ieri...
Architetto La prego di scusarmi, ho affari urgenti da sbrigare in ufficio, se permette un momento... (Esce a sinistra, un secondo).
Berenger (solo) Oh... signor architetto, davvero, mi scusi, io...
Architetto (ritorna, con un tavolino che mette davanti alla sedia, siede, trae il telefono di tasca, lo posa sulla tavola, mette il portacarte, aperto, davanti a sé) Sono io che devo scusarmi.
Berenger Oh, quanto mi dispiace.
Architetto Non sia troppo dispiaciuto. Ho due orecchie: uno è per il servizio, e l'altro lo riservo a lei. Anche un occhio, per lei. L'altro per il comune.
Berenger Non si stancherà?
Architetto Non tema. Ci sono abituato. Su, via, continui... (Estrae dal portacarte, o finge, degli incartamenti che posa e apre, o finge, sulla tavola) Eccomi alle mie carte, e an che a lei... Lei non sa, diceva, a quando risalga la rottura del suo slancio!
Berenger Certo non da ieri. (Continua a passeggiare intorno all'architetto sprofondato nei documenti) È una cosa cosi vecchia che l'ho quasi dimenticata, che mi sembra si tratti d'un'illusione; eppure non può essere un'illusione perché ne sento talmente la mancanza.
Architetto (in mezzo alle carte) Racconti.
Berenger Non so analizzare questo stato d'animo, non so neppure se l'esperienza che ho vissuto è comunicabile. Non era un'esperienza frequente. Si è ripetuta cinque o sei volte, dieci volte forse, nella mia vita. Abbastanza, però, per colmare di gioia, di certezza, certi misteriosi serbatoi dello spirito. Quand'ero incline alla malinconia, il ricordo di questo raggiare abbagliante, di questo stato luminoso faceva rinascere in me la forza, le irragionevoli ragioni di vivere, d'amare... d'amare che cosa?... D'amare tutto, perdutamente...
ARCHITETTO (al telefono) Pronto, lo stock è esaurito.
BERENGER Purtroppo si, signore.
ARCHITETTO (che ha riattaccato) Non dicevo a lei, è una cosa del mio lavoro.
Berenger È vero anche per me, i serbatoi sono vuoti. Quanto alla luce, posso essere considerato economicamente debole. Cercherò di spiegarle... ma forse abuso?
Architetto Io sto registrando, è il mio mestiere. Continui, non abbia soggezione.
Berenger Questo mi accadeva alla fine della primavera, o anche nei primissimi giorni d'estate, all'avvicinarsi del mezzogiorno; tutto si svolgeva in modo molto semplice e, al tempo stesso, completamente inatteso. Il cielo era puro come quello con cui lei ha saputo coprire la sua radiosa città, signor architetto. Si, tutto succedeva in uno straordinario silenzio, in un secondo lunghissimo di silenzio...
Architetto (sempre fra le carte) Bene.
Berenger L'ultima volta, dovevo avere diciassette, diciott'anni, mi trovavo in un piccolo centro di campagna... quale?... quale, Dio mio?... Da qualche parte nel Sud, mi pare... Insomma, non ha importanza, il luogo non conta affatto, passeggiavo in una via stretta, insieme vecchia e nuova, con case basse, tutte bianche, appiattate al fondo dei cortili, o dietro a giardinetti, con cancelli di legno, verniciati... di giallo chiaro, era giallo chiaro? Ero solo nella via. Costeggiavo le cancellate, le case, si stava bene, non faceva troppo caldo, il sole sulla testa, altissimo nel cielo azzurro. Andavo a passo rapido, verso che mèta? Non so più. Sentii profondamente la felicità unica di vivere. Avevo dimenticato tutto, non pensavo più a niente salvo quelle case, quel cielo profondo, quel sole che sembrava si fosse avvicinato, si fosse messo a portata di mano in quel mondo costruito sulla mia misura.
Architetto (consultando l'ora) Non è ancora qui; è proprio fantastica! Di nuovo in ritardo!
Berenger (continuando) Bruscamente la gioia si fece ancora più grande, rompendo ogni confine! Oh, quest'indicibile euforia m'invase, la luce si fece ancora più abbacinante, senza perder nulla della sua dolcezza, era cosi densa da sembrare respirabile, era diventata l'aria stessa, oppure una cosa bevibile come un'acqua trasparente... Come dirle il suo sfolgorio senza pari?... Era come se in cielo ci fossero quattro soli...
Architetto (al telefono) Pronto? Avete visto la mia segretaria, oggi? C'è un sacco di lavoro da brigare. (Riaggancia con ira).
Berenger Le case che costeggiavo sembravano macchie immateriali sul punto di fondersi nella luce più grande che dominava tutto.
Architetto Io le rifilo una di quelle multe!
Berenger (all'architetto) Lei capisce cosa voglio dire.
Architetto (distratto) Press’a poco, ora il suo esposto mi sembra più chiaro.
Berenger Non un uomo per la strada, non un cane, non un rumore, non c'ero che io.
Squilla il telefono.
Tuttavia non soffrivo di quella solitudine, anzi non era una solitudine.
Architetto (al telefono) Dunque, è arrivata si o no?
Berenger La mia pace, la mia propria luce a loro volta si espandevano sul mondo, io riempivo l'universo di una sorta di energia aerea. Non un punto vuoto, tutto era una mescolanza di pienezza e di leggerezza, un perfetto equilibrio.
Architetto (al telefono) Finalmente! Me la passi al telefono.
Berenger Un canto trionfale scaturiva dal più profondo di me stesso: « ero », avevo coscienza di « essere » da sempre, di non dover più morire.
Architetto (al telefono, frenando l'irritazione) Ho almeno il piacere di sentirla, signorina. Non è troppo presto per lei, spero. Come?
Berenger Tutto era vergine, purificato, ritrovato, sentivo al tempo stesso uno stupore senza nome, mescolato a un senso di estrema familiarità.
Architetto (al telefono) Ma cosa significa, signorina?
Berenger È proprio questo, mi dicevo, è proprio questo... Non so spiegarle cosa significava quel « questo », ma le assicuro, signor architetto, io mi capivo benissimo.
Architetto (al telefono) Non la capisco, signorina. Lei non ha nessun motivo di lamentarsi di noi. Piuttosto è il contrario.
Berenger Io mi sentivo là, alle porte dell'universo, al centro dell'universo... Deve sembrarle contraddittorio!
Architetto (al telefono) Un momento, la prego. (A Berenger) La seguo, m'investo della cosa, stia tranquillo. (Al telefono) Ascolto.
Berenger Camminavo, correvo, gridavo: « Io sono, io sono, tutto è, tutto è!... » Oh, avrei potuto certamente prendere il volo, tanto ero diventato leggero, più leggero di quel cielo azzurro che respiravo... Uno sforzo da niente, un piccolissimo balzo sarebbe bastato. Avrei potuto volare... ne son certo.
Architetto (al telefono e battendo il pugno sulla tavola) Questa è grossa! Che cosa le hanno fatto?
Berenger Se non l'ho fatto è perché ero troppo felice, non ci pensavo più.
Architetto (al telefono) Lei vuole lasciare l'Amministrazione? Rifletta bene prima di dare le dimissioni. Lei abbandona, senza ragioni serie, una brillante carriera. Da noi ha l'avvenire assicurato, e la vita... e la vita! ! Lei non teme il pericolo!
Berenger E di colpo, o piuttosto a poco a poco... No, piuttosto all'improvviso, non so, so soltanto che tutto era ritornato grigio o pallido o neutro. È un modo di dire, il cielo era sempre puro, ma non era la stessa purezza, non era più lo stesso sole, la stessa mattina, la stessa primavera. C'era stato un tiro mancino. Non era ormai che la luce di tutti i giorni, una luce naturale.
Architetto (al telefono) Non può più sopportare la situazione? È puerile. Le sue dimissioni le rifiuto. In ogni caso venga a finire la posta e si spiegherà. L'aspetto. (Aggancia).
BerengerSi fece una sorta di vuoto tumultuoso, una tristezza profonda si impadronì di me come al momento di una separazione tragica, intollerabile. Le comari uscirono dai cortili, ferirono i miei timpani con le voci berciami abbaiarono i cani, io mi sentii abbandonato fra tutta questa gente, tutte queste cose...
Architetto È completamente scema. (Si alza) Dopotutto è affar suo. Ce n'è mille che vorrebbero il suo posto... (Si risiede) E una vita senza rischio.
Berenger E da allora, è un eterno novembre, crepuscolo perpetuo, crepuscolo del mattino, crepuscolo di mezzanotte, crepuscolo di mezzogiorno. Finite le aurore! E dire che chiamano questo civiltà!
Architetto Aspettiamola.
Berenger Ciò che mi ha permesso di continuare a vivere nella città grigia è il ricordo di questo avvenimento.
Architetto (a Berenger) Ma lei ne è uscito, però, da codesta... malinconia?
Berenger Non del tutto, ma ho promesso a me stesso di non dimenticare. Nei miei giorni di tristezza, di depressione nervosa o d'angoscia, ricorderò sempre, mi dicevo, quest'istante luminoso che mi avrebbe permesso di sopportare tutto, che doveva essere la mia ragione di esistere, il mio sostegno. Per anni, ero sicuro...
Architetto Sicuro di che?
Berenger Sicuro di esser stato sicuro... Ma questo ricordo non è stato abbastanza forte per resistere al tempo.
Architetto Mi sembra però...
Berenger S'inganna, signor architetto. Il ricordo che ne ho serbato non è più che il ricordo di un ricordo, come un pensiero diventato estraneo a me stesso, come una cosa raccontata da un altro; immagine disseccata che non potevo più rendere viva. L'acqua della sorgente s era inaridita, e morivo di sete... Ma lei mi comprende perfettamente, questa luce è anche in lei, è la stessa, è la mia perché (gran gesto: indicando il vuoto) lei, con ogni evidenza, l'ha ricreata, materializzata. Questo quartiere radioso è certamente scaturito da lei... lei me l'ha resa, la mia luce dimenticata... o quasi. Gliene sono infinitamente grato. Grazie per me e per tutti gli abitanti.
Architetto D'accordo, d'accordo.
Berenger E qui da lei non è il prodotto irreale di un'immaginazione esaltata. Sono case vere, pietre, mattoni, cemento (toccando nel vuoto), è concreto, palpabile, solido. Il suo metodo è quello valido, il suo procedimento è razionale. (Finge sempre di tastare dei muri).
Architetto (tastando, anche lui, muri invisibili, dopo aver lasciato il suo angolo) Sono mattoni, si, e mattoni buoni. Cemento, e della qualità migliore.
Berenger (c. s. ) No, no, non è un semplice sogno, questa volta.
Architetto (toccando sempre muri invisibili, poi fermandosi, con un sospiro) Sarebbe forse stato preferibile che fosse un sogno. Per me, fa lo stesso. Sono un funzionario. Ma per molti altri, la realtà, contrariamente ai sogni, può scivolare nell'incubo...
Berenger (smettendo, anche lui, di tastare i muri invisibili, molto sorpreso) Ma perché, cosa vuol dire?
L'architetto ritorna alle sue carte.
In ogni caso, sono felice di aver toccato col dito la realtà del mio ricordo. Sono giovane come cent'anni fa. Posso ritornare innamorato... (Verso la quinta a destra)
Signorina, oh, signorina, vuole sposarmi?
Proprio alla fine di quest'ultima frase entra da destra Dany, bionda segretaria dell'architetto.
Architetto (a Dany) Ah, eccola qui, lei, abbiamo da parlarci.
Dany (a Berenger) Mi lasci il tempo di riflettere, almeno!
Architetto (a Berenger) La mia segretaria, la signorina Dany. (A Dany) Il signor Berenger.
Dany (distrattamente, un po' nervosa, a Berenger) Molto lieta.
Architetto (a Dany) Non ci piacciono i ritardi, signorina, all'Amministrazione. Neppure i capricci.
Berenger (a Dany che va a posare la macchina per scrivere sulla tavola e prende una sedia nella quinta a sinistra) Signorina Dany, che bel nome! Ha riflettuto, adesso? È si, vero?
Dany (all'architetto) Sono decisa ad andarmene, signor architetto, ho bisogno di vacanze. S sono stanca.
Architetto (mellifluo) Se non è che questo, bisognava dirlo. Ci possiamo mettere d'accordo. Vuole tre giorni di permesso?
Berenger (a Dany) È si, non è vero? Lei è cosi bella...
Dany (all'architetto) Devo riposarmi molto di più.
Architetto (a Dany) Consulterò la Direzione generale. Posso ottenerle una settimana a mezzo stipendio...
Dany (all'architetto) Ho bisogno di riposarmi definitivamente.
Berenger (a Dany) Amo le ragazze bionde, i volti luminosi, gli occhi chiari, le lunghe gambe!
Architetto Definitivamente? Guarda guarda.
Dany (all'architetto) Soprattutto voglio trovare un altro lavoro. Non posso più sopportare la situazione.
Architetto Ah, è per questo?
Dany (all'architetto) Si, signore.
Berenger (a Dany, con slancio) Ha detto si! Oh signorina Dany...
Architetto (a Berenger) Ma non dice a lei, diceva a me.
Architetto (a Berenger) La mia segretaria, la signorina Dany. (A Dany) Il signor Berenger.
Dany (distrattamente, un po' nervosa, a Berenger) Molto lieta.
Architetto (a Dany) Non ci piacciono i ritardi, signorina, all'Amministrazione. Neppure i capricci.
Berenger (a Dany che va a posare la macchina per scrivere sulla tavola e prende una sedia nella quinta a sinistra) Signorina Dany, che bel nome! Ha riflettuto, adesso? È si, vero?
Dany (all'architetto) Sono decisa ad andarmene, signor architetto, ho bisogno di vacanze. Sono stanca.
Architetto (mellifluo) Se non è che questo, bisognava dirlo. Ci possiamo mettere d'accordo. Vuole tre giorni di permesso?
Berenger (a Dany) È si, non è vero? Lei è cosi bella...
Dany (all'architetto) Devo riposarmi molto di più.
Architetto (a Dany) Consulterò la Direzione generale. Posso ottenerle una settimana a mezzo stipendio...
Dany (all'architetto) Ho bisogno di riposarmi definitivamente.
Berenger (a Dany) Amo le ragazze bionde, i volti luminosi, gli occhi chiari, le lunghe gambe!
Architetto Definitivamente? Guarda guarda.
Dany (all'architetto) Soprattutto voglio trovare un altro lavoro. Non posso più sopportare la situazione.
Architetto Ah, è per questo?
Dany (all'architetto) Si, signore.
Berenger (a Dany, con slancio) Ha detto si! Oh signorina Dany ...
Architetto (a Berenger) Ma non dice a lei, diceva a me.
Dany (all'architetto) Ho sempre sperato che questa storia cambiasse. Le cose sono rimaste allo stesso punto. Non vedo possibilità di miglioramento.
Architetto Rifletta, ripeto, rifletta bene. Se lei non fa più parte dei nostri servizi, l'Amministrazione non la prende più sotto la sua protezione. Lo sa? Ha esattamente coscienza dei pericoli che l'aspettano?
Dany Si signore, nessuno meglio di me è in grado di saperlo.
Architetto Si assume il rischio?
Dany (all'architetto) Me l'assumo, si, signore.
Berenger (a Dany) Risponda di si anche a me! Lei dice si tanto soavemente.
Architetto (a Dany) Quindi io declino ogni responsabilità. È avvisata.
Dany (all'architetto) Non sono sorda, ho capito, non è il caso di ripetermelo trentaseimila volte!
Berenger (all'architetto) Com'è dolce! Squisita. (A Dany) Signorina, signorina, noi potremmo abitar qui, in questo quartiere, in questa villa! Saremmo finalmente felici.
Architetto (a Dany) Lei non vuole cambiare idea, non è vero? È un colpo di testa insensato!
Dany (all'architetto) No, signore.
Berenger (a Dany) Oh, mi ha detto no?
Architetto (a Berenger) È a me che ha detto no.
Berenger Ah, mi rassicura!
Dany (all'architetto) Detesto l'Amministrazione, ho in orrore il suo bel quartiere, non ne posso più, non ne posso più!
Architetto ( a Dany) Non è il mio quartiere.
Berenger (a Dany che non l'ascolta) Risponda, bella signorina, magnifica Dany, sublime Dany... Lasci che la chiami Dany.
Architetto (a Dany) Non posso impedirle di dar le dimissioni vada, vada pure, ma stia in guardia. È un consiglio amichevole che le do, un consiglio paterno.
Berenger (all'architetto) Le hanno concesso qualche decorazione per le sue realizzazioni urbanistiche? Avrebbero dovuto.
Dany (all'architetto) Se vuole, posso finire di battere la posta prima di andarmene.
Berenger (all'architetto) Se io fossi il sindaco, l'avrei decorata, io.
Architetto (a Berenger) Grazie. (A Dany) Grazie, non è il caso, mi aggiusterò.
Berenger (fiutando fiori immaginari) Che buon odore! Sono gigli?
Architetto No, viole.
Dany (all'architetto) Glielo proponevo per cortesia.
Berenger (all'architetto) Posso offrirne a Dany?
Architetto Se vuole.
Berenger (a Dany) Lei non sa, cara amica, cara Dany, cara fidanzata, fino a che punto lei mi mancava!
Dany Se è cosi... (Con una certa irritazione prende la macchina per scrivere, riordina le sue cose con gesti bruschi).
Berenger (a Dany) Abiteremmo un appartamento magnifico, pieno di sole.
Dany (all'architetto) Lei deve pur capire che non posso pili condividere la responsabilità. È superiore alle mie forze.
Architetto L'Amministrazione è irresponsabile.
Dany (all'architetto) Lei dovrebbe farsi cosciente...
Architetto (a Dany) Non tocca a lei darmi consigli. È affare mio. Ma, glielo ripeto, stia bene in guardia!
Dany (all'architetto) Neppure io sono tenuta ad ascoltare 1 suoi consigli. Anche per me è affar mio.
Architetto (a Dany) Bene, bene, bene!
Dany Arrivederci, signor architetto.
Architetto (a Dany) Addio.
Dany (a Berenger) Arrivederla, signore.
Berenger (correndo verso Dany, che si dirige all'uscita a destra) Dany, signorina, non vada senza darmi la risposta... E prenda queste viole, almeno!
Dany esce.
(Con le braccia penzoloni, è vicino all'uscita) Oh... (All'architetto) Lei che conosce il cuore umano, quando una donna non risponde né si né no, vuol dire « si », è vero? (Verso la quinta a destra) Lei sarà la mia ispiratrice, sarà la mia musa. Lavorerò.
Una vaga eco ripete queste ultime sillabe.
(Fa due passi verso l'architetto e fa segno nel vuoto) Non rinunzio. Mi sistemo qui, con Dany. Comprerò questa casa bianca, in mezzo al verde, che ha l'aria di essere abbandonata dai costruttori... Non ho molto denaro, ma lei mi concederà delle facilitazioni di paga mento.
Architetto Se ci tiene sempre! Se poi non cambia idea.
Berenger Ci tengo moltissimo. E perché cambiare idea? Voglio essere, col suo permesso, un cittadino della città radiosa. Entro domani stesso, anche se la casa non è an cora completamente finita.
Architetto (guarda l'ora.) Mezzogiorno e trentacinque.
Di colpo, rumore di un sasso che cade a due passi da Berenger, fra lui e l'architetto.
Berenger Oh! (Indietreggia leggermente) Un sasso.
Architetto (senza stupire, impassibile) Si. Un sasso.
Berenger (si china, raccoglie il sasso, si rialza e lo contempla in mano) È un sasso.
Architetto Lei non ne ha mai visti?
Berenger Ma si... Come? Ci gettano dei sassi?
Architetto Un sasso, uno soltanto, non « dei » sassi!
Berenger Capisco, ci hanno gettato « un » sasso.
Architetto Non si agiti. Non verrà lapidato. Il sasso l'ha toccata? No, vero?
Berenger Avrebbe potuto.
Architetto Ma no, ma no, andiamo! « Non può » toccarla. È per stuzzicare.
Berenger Ah! Bene!... Se non è che per stuzzicarmi, bisogna stare allo scherzo (Lascia ricadere la pietra) Non ho un carattere cattivo. Specialmente in questa cornice, nulla può turbare il buon umore. Dany mi scriverà, non è vero? (Si guarda intorno con leggera inquietudine) È molto riposante, qui, è fatto apposta. Un po' troppo, però, che ne dice? Perché non si vede assolutamente nessuno per strada? Siamo davvero i soli passanti!... Ah si, sarà perché è l'ora di colazione. La gente è a tavola. Però, perché non si sentono le risa dei commensali, il tintinnio dei cristalli? Non un rumore, non un mormorio, non una voce che canta. E tutte le finestre sono chiuse! (Getta uno sguardo sorpreso nel vuoto del palcoscenico) Non ci avevo badato. In un sogno questo si capirebbe, ma non nella realtà.
Architetto Pure era abbastanza evidente, mi pare!
Si sente un rumore di vetri infranti.
Berenger Cosa succede ancora?
Architetto (traendo di nuovo il telefono di tasca, a Berenger) E’semplice. Non sa cos'è? Un vetro rotto. Preso in pieno da un sasso, direi.
Secondo rumore di vetro infranto; Berenger sobbalza in modo più accentuato.
(Al telefono) Due vetri rotti.
Berenger Cosa vuol dire? Uno scherzo, vero? Due scherzi!
Un altro sasso fa cadere il cappello di Berenger.
(Lo raccoglie di scatto e se lo rimette in capo, esclamando) Tre scherzi!
Architetto (rimettendo l'apparecchio in tasca, aggrottando le sopracciglia) Mi ascolti. Noi non siamo uomini d'affari. Siamo funzionari, pubblici amministratori. Devo dunque dirle, ufficialmente, amministrativamente, che la casa che ha l'aria di essere in abbandono, è realmente abbandonata dai suoi costruttori. La polizia ha sospeso tutte le costruzioni. Lo sapevo già, ma ne ho appena ricevuto la conferma telefonica.
Berenger Ma come mai? Perché?
Architetto La misura è superflua, d'altra parte, perché, salvo lei, nessuno vuol più comprare dei lotti di terreno. Senza dubbio, lei non è al corrente della cosa…
Berenger Di quale cosa?
Architetto Gli abitanti di questo quartiere vorrebbero addirittura lasciarlo...
Berenger Lasciare il quartiere radioso? Gli abitanti vogliono lasciare…
Architetto Si. Non sanno dove andare, se no tutti avrebbero fatto bagaglio. Forse, per loro, non fuggire è anche un puntiglio d'onore. Preferiscono restar
nascosti nei loro begli appartamenti. Non ne escono che in caso d'estrema necessità, a gruppi di dieci o quindici. E anche allora, il pericolo non è scongiurato...
Berenger Di che pericolo sta parlando? È ancora uno scherzo, non è vero?... Perché prende quell'aria cosi grave? Lei sta oscurando il paesaggio! Lei vuole spaventarmi!...
Architetto (solenne) I funzionari non scherzano.
Berenger (desolato) Ma che mi va raccontando? Lei mi ferisce al cuore! Lei, lei, m'ha gettato la pietra... Moralmente, s'intende, moralmente! E dire che io sentivo già di aver messo radici in questo paesaggio! Ormai per me non c'è più che una luce morta, nient'altro che una cornice vuota... Mi sento respinto da tutto!
Architetto Mi spiace molto. Via, non è il caso di vacillare!
Berenger Ho dei presentimenti spaventosi.
Architetto Ne sono dolente, ne sono dolente.
Durante le battute che precedono e che seguono, la recitazione deve essere improntata a una semi-ironia, soprattutto nei momenti patetici, per controbilanciarli.
Berenger Mi sento di nuovo invaso dalla notte interiore!
Architetto (asciutto) Ne sono dolente, dolente, dolente!
Berenger Mi spieghi, la supplico. E io che speravo di passare una bella giornata! Ero cosi felice, solo un istante fa!
Architetto (indicando col dito) Vede quel laghetto? Il laghetto riappare, preciso, questa volta.
Berenger È quello accanto al quale eravamo già passati poc'anzi!
Architetto Volevo farle vedere... Lei ha preferito il biancospino... (Indica di nuovo il laghetto) È là, là dentro che se ne trovano tutti i giorni, due o tre; annegati.
Berenger Annegati?
Architetto Venga a vedere, se non mi crede. Si avvicini, si avvicini!
Berenger (dirigendosi, con l'architetto, verso il punto indicato o di fronte al pubblico, mentre le cose di cui si parla appariranno via via che se ne sta parlando) Avviciniamoci!...
Architetto Guardi. Che cosa vede?
Berenger Santo cielo!
Architetto Su, su, niente svenimenti; si ricordi che è un uomo!
Berenger (con sforzo) Io vedo... Ma è possibile?... Si, vedo, galleggiare sull'acqua, il cadavere di un bambino dentro il suo cerchio... un bambinetto di cinque o sei anni... Tiene il bastoncino nella mano contratta... Accanto, il corpo, gonfio, di un ufficiale del genio, in grande uniforme...
Architetto Ce n'è addirittura tre, quest'oggi. (Accennando) Là!
Berenger È la vegetazione acquatica!
Architetto Guardi meglio.
Berenger Dio mio!... Si... Vedo! Sono capelli rossi che affiorano dal fondo, sono impigliati sul marmo che limita lo specchio d'acqua. Che orrore! È una donna, mi pare.
Architetto (alzando le spalle) Evidente. L'altro, è un uomo. E l'altro, un bambino. Non sappiamo altro, neanche noi.
Berenger Forse è la madre del piccino! Poveretti! Perché non me l'ha detto prima?
Architetto Ma se le dico che me l'ha continuamente impedito e che era tutto preso dalle bellezze del paesaggio!
Berenger Poveretti! (Violento) Ma chi ha fatto questo?
Architetto L'assassino, l'apache. Sempre lo stesso individuo. Inafferrabile!
Berenger Ma la nostra vita è minacciata! Andiamocene! (Fugge; corre per qualche metro per il palco, ritorna dall'architetto che non si muove) Andiamocene! (Fuga di Berenger. Non fa che girare intorno all'architetto che estrae una sigaretta, l'accende).
Si sente uno sparo.
Ha sparato!
Architetto Non abbia paura! Con me, lei non corre alcun pericolo.
Berenger E questo sparo? Oh, no... no... non mi sento affatto sicuro! (S'agita, trema).
Architetto È per giocare... Si... Ora, è per giocare, per stuzzicare lei. Io sono l'architetto della città, funzionario municipale, e lui la pubblica Amministrazione non la tocca. Quando sarò in pensione, le cose cambieranno, ma per il momento...
Berenger Andiamocene. Allontaniamoci. Ho fretta di lasciare il suo bel quartiere...
Architetto Ah, ecco! Vede bene che ha cambiato idea!
Berenger Non mi si può dar torto!
Architetto Per me è indifferente. Non mi hanno detto di reclutare dei volontari obbligatori, di forzarli ad abitare liberamente questo posto. Nessuno è tenuto a vivere pericolosamente, se non è di suo gusto!... Si demolirà il quartiere quando sarà completamente spopolato.
Berenger (che continua a muoversi, girando intorno all'architetto) Sarà spopolato?
Architetto La gente si deciderà pure a lasciarlo, alla fine... altrimenti, saranno uccisi tutti. Oh, ci vorrà un certo tempo...
Berenger Andiamo, andiamo presto. (Gira in tondo, sempre più in fretta, a testa bassa) I ricchi non sono sempre felici, neanche loro, né gli abitanti dei quartieri residenziali... e neanche dei radiosi!... Non ne esistono, di radiosi!... È ancor peggio che negli altri quartieri, peggio che da noi, formiche!... Ah, signor architetto, io sento un tale strazio. Mi sento a pezzi, schiacciato!... La stanchezza m'ha ripreso... l'esistenza è vana! A che scopo tutto, a che scopo tutto se è per arrivare a questo! Lo impedisca, lo impedisca, signor commissario!
Architetto È facile dirlo.
Berenger Perché lei è anche commissario del quartiere, o sbaglio?
Architetto Effettivamente, esercito anche queste funzioni. Come tutti gli architetti speciali.
Berenger E conta di arrestarlo prima di andare a riposo, spero!
Architetto (freddamente, annoiato) Non penserà che stiamo con le mani in mano!... Attenzione, non di là, finirà col perdersi, sta continuando a girare in tondo, lei continua a tornare sui suoi passi!
Berenger (indicando col dito, vicinissimo) Aiuto! È sempre il laghetto?
Architetto A quello, ne basta uno solo.
Berenger Sono gli stessi annegati di prima?
Architetto Tre al giorno è già una media discreta, non le pare?
Berenger Mi faccia strada!... Usciamo!...
Architetto (prendendolo per il braccio, guidandolo) Per di qua!
Berenger La giornata era cominciata cosi bene! Me li vedrò sempre davanti questi annegati, l'immagine non lascerà più la mia memoria!
Architetto Emotivo com'è!
Berenger Tanto peggio, meglio sapere tutto, meglio sapere tutto!
Cambio di luci. Luce grigia, leggeri rumori della via e del tram.
Architetto Ecco fatto. Non siamo più nella città radiosa, abbiamo passato il cancello. (Lascia il braccio di Berenger) Siamo sul viale di circonvallazione. Vede, là. Ecco il suo tram. È la fermata.
Berenger Ma dove?
Architetto Dove c'è quella gente che aspetta. È il capolinea. Il tram riparte in senso inverso, la trasporterà direttamente all'altro capo della città, a casa!
Si può scorgere in prospettiva qualche via sotto un cielo piovoso; sagome, vaghe luci rosse. Lo scenografo dovrà fare in modo che tutto divenga,molto gradualmente, più reale. Il cambiamento dev'essere affidato alle luci e a pochissimi elementi scenici: insegne e pubblicità luminose, fra cui quella di un bar, a sinistra, appariranno poco alla volta, una dopo l'altra, non più di tre o quattro in tutto.
Berenger Sono gelato.
Architetto Effettivamente, lei ha i brividi.
Berenger È l'emozione.
Architetto È anche il freddo. (Tende la mano per sentire le gocce di pioggia) Piove. Acqua mischiata a neve.
Berenger per poco non scivola.
Attenzione, si scivola, il selciato è bagnato. (Lo sorregge).
Berenger Grazie.
Architetto Si metta l'impermeabile. Prenderà un raffreddore.
Berenger Grazie. (Si rimette il soprabito, annoda la sciarpa intorno al collo, febbrilmente) Brrr. Buongiorno, signor commissario!
Architetto Non vorrà mica tornar subito a casa! Non ha nessuno che l'aspetti. Avrà pure il tempo di bere qualcosa con me. Le farà bene. Andiamo, lasci fare, è l'ora dell'aperitivo. C'è un bistro, là, vicino alla fermata, a due passi dal cimitero, ci vendono anche le corone.
Berenger Mi sembra che lei abbia ritrovato il suo buon umore. Io, no.
ARCHITETTO Non l'ho mai perso.
BERENGER Nonostante...
ARCHITETTO (interrompendolo, mentre appare l'insegna del « bistro ») Bisogna guardare in faccia la vita, che diamine! (Mette la mano sulla maniglia di una porta immagi naria, sotto l'insegna) Entriamo.
Berenger Non mi sento nello stato d'animo...
Architetto Avanti, passi.
Berenger Dopo di lei, signor commissario.
Architetto Passi, passi, prego. (Lo sospinge).
Rumore della porta del bistro. Entrano: può essere l'angolo di scena ove si trovavano poco prima la serra immaginaria, e poi l'ufficio immaginario dell'architetto. Andranno a sedersi su due sedie, davanti al tavolino. Si trovano proprio dietro la vetrina del locale. Nel caso in cui siano state ritirate la tavola e le sedie di prima, una tavola pieghevole potrà essere portata dal padrone, quando farà la sua comparsa. Due sedie pieghevoli possono anche venir raccolte da terra, da Berenger e dall'architetto.
Si sieda, si sieda.
Siedono.
Lei ha una faccia! Su, non se la prenda cosi! Se si pensasse a tutte le disgrazie dell'umanità, non si vivrebbe più. Bisogna vivere! Ci saranno sempre bambini sgozzati, vecchi affamati, vedove lugubri, orfanelle, moribondi, errori giudiziari, case che crollano sopra la gente che c'è dentro... montagne che sprofondano... e massacri, e inondazioni, e cani investiti... Cosi i giornalisti possono guadagnarsi il pane. Tutto ha il suo lato buono. In fondo, è il lato buono che bisogna guardare.
Berenger Si, signor commissario, si... ma aver visto da vicino, averlo visto coi miei occhi... non posso restare indifferente. Lei, lei forse è abituato, nella sua doppia professione.
Architetto (dando una gran manata sulla spalla di Berenger) Lei è troppo impressionabile, gliel'ho già detto. Bisogna farci il callo. Andiamo, andiamo, un po' d'energia, un po' di volontà! (Gli dà di nuovo una manata sulla spalla).
Berenger quasi va a gambe all'aria insieme alla sedia.
Lei ha l'aria di star benissimo, per quanto dica, e nonostante la faccia afflitta! Lei è sano di spirito e di corpo!
Berenger Non dico di no. I mali di cui soffro non si vedono, di fuori, sono teorici, spirituali.
Architetto Capisco.
Berenger Lei è ironico.
Architetto Non me lo permetterei mai. Casi come il suo ne ho visti parecchi, fra i miei clienti.
BERENGER Ah si, lei è anche medico.
ARCHITETTO A tempo perso. Faccio un po' di medicina generale, ho sostituito uno psicanalista, sono stato assistente di un chirurgo, in gioventù, ho anche studiato sociologia... Andiamo, ora cercheremo di consolarla. (Battendo le mani) Padrone!
BERENGER Io non sono, come lei, un uomo completo.
Si sente, dalla quinta di sinistra, la voce di un barbone
VOCE DEL BARBONE (cantando)
Nel lascia-are la mari-ina-a
ho sposato-o Marianni-ina-a!
Voce del padrone (tono grosso) Subito, signor commissario. ( Altro tono. Al barbone,
sempre fra le quinte) Fuori dai piedi, va' a sbronzarti da un'altra parte!
Voce del barbone (impastata) Non c'è bisogno, sono già sbronzo!
Sospinto brutalmente dal padrone, omaccione bruno, con grosse braccia villose, il barbone, ubriaco, appare da sinistra.
IL BARBONE Mi sono sbronzato qui, ho pagato, non doveva darmi da bere!
Il padrone Fuori dai piedi, ti dico! (All'architetto) I miei rispetti, signor commissario
Architetto (a Berenger) Vede... Non siamo più nel bel quartiere, i costumi sono già più rudi.
Barbone (sempre spinto dal padrone) Piano!
Berenger (all'architetto) Me ne accorgo.
Padrone (al barbone) Ti muovi?... Lo vedi che c'è qui il signor commissario.
Barbone Io non faccio male a nessuno! (Sempre sospinto, inciampa, cade lungo disteso, si rialza senza parlare).
Architetto (al padrone) Due bicchieri di beaujolais.
Padrone Bene. Per lei, ne ho di quello vero. (Al barbone che si rialza) Esci e chiudi la porta, che non ti ci peschi più! (Esce a sinistra).
Architetto (a Berenger) Sempre abbattuto?
Berenger ( gesto vago, smontato) Eh, che vuole?
Appare il padrone coi due bicchieri di vino, mentre il barbone mima la chiusura della porta e lascia il locale.
Padrone Ecco i beaujolais, signor commissario!
Barbone (sempre titubante, esce da destra, canticchiando)
Nel lascia-are la mari-ina-a
ho spos'ato-o Marianni-ina-a!
Padrone (all'architetto) Qualcosa da mettere sotto i denti, signor commissario?
Architetto Ci dia due panini.
Padrone Ho un pàté di lepre fantastico, puro maiale!
Berenger fa il gesto di pagare.
Architetto (posando la mano sul braccio di Berenger per impedir glielo) Lasci stare, tocca a me! (Al padrone) Tocca a me!
Padrone Bene, signor commissario! (Esce da sinistra).
L'architetto tracanna un gran sorso di vino. Berenger non toccherà il suo.
Berenger (dopo un breve silenzio) Se avesse i suoi connotati, almeno!
Architetto Ma li abbiamo. Almeno quelli sotto i quali opera. Il suo ritratto è affisso a tutti i muri. Abbiamo fatto del nostro meglio.
Berenger Come li avete avuti?
Architetto Li abbiamo trovati sugli annegati. Qualcuna delle vittime, richiamata in vita per un momento, ha potuto persino fornirci delle precisazioni supplementari. Sappiamo anche come fa. Tutti lo sanno, d'altronde, nel quartiere.
Berenger Ma allora, perché non sono più prudenti? Basterebbe stargli alla larga.
Architetto Non è cosi semplice. Le dico, ce ne sono sempre, tutti i giorni, due o tre che cadono in trappola.
Berenger Non riesco a capire!
L'architetto tracanna un altro sorso di vino. Il padrone porta i due panini ed esce.
Sono sbalordito... E direi che la storia ha l'aria di divertirla, signor commissario.
Architetto Che vuole? Come storia, non si può negare che sia piuttosto interessante! Eccolo, è là... Guardi dal vetro. (Finge di scostare una tendina immaginaria, o, forse, si sarà potuta calare una vera tendina; accenna col dito verso sini- stra) ... Vede... Il colpo lo fa là, alla fermata del tram. Quando i passeggeri scendono per ritornare a casa, perché gli automezzi personali circolano solo all'interno della città radiosa, lui va loro incontro, travestito da mendicante. Piagnucola, come fanno tutti, chiede l'elemosina, cerca d'impietosirli. È il solito trucco. Esce dall'ospedale, è senza lavoro, ne sta cercando, non sa dove passar la notte. Ma non è questo che attacca, è un modo per entrare in argo- mento. Lui intanto fiuta, sceglie l'anima buona, attacca conversazione, le si aggancia, non la molla di un centimetro. Le offre in vendita delle cosette che estrae dalla cesta, fiori artificiali, forbici, vecchi berretti da notte, carta… cartoline... sigarette americane... miniature oscene, oggetti qualsiasi. Generalmente, i suoi servigi vengono rifiutati, l'anima buona si affretta, non ha tempo da perdere. Sempre mercanteggiando, arriva con essa vicino al la- ghetto che lei conosce. Allora, d'improvviso, il grande stratagemma: propone di mostrarle la foto del colonnello. È irresistibile. Siccome non è più tanto chiaro, l'anima buona si china, per vedere meglio. In quel momento, è perdu- ta. Profittando del fatto che è tutta assorta nella contemplazione dell’imma- gine, le dà una spinta, quella cade nel laghetto, annega. Il colpo è fatto, non gli resta che mettersi in cerca di una nuova vittima.
Berenger Quel che mi sembra straordinario, è che lo si sappia e che ci si lasci sorprendere lo stesso.
Architetto È una trappola, che vuole! Non è mai stato colto sul fatto.
Berenger Incredibile, incredibile!
Architetto Ma vero! (Addenta il panino) Lei non beve? Non mangia?
Rumore del tram che arriva alla fermata. Berenger, d'istinto, rialza vivacemente il capo, va a scostare la tendina per guardare attraverso il vetro la fermata.
È il tram che arriva.
Berenger Ne scendono gruppi di persone!
Architetto Si capisce. Sono gli abitanti del quartiere. Tornano a casa.
Berenger Non vedo mendicanti.
Architetto Non lo vedrà. Non si farà vedere. Sa che siamo qui.
Berenger (volgendo le spalle al vetro e venendo a sedersi, di nuovo, accanto all'architetto, anche lui con le spalle rivolte al vetro) Forse farebbe bene ad appostare in questo punto un ispettore in borghese, in permanenza.
Architetto Lei mi vuole insegnare il mestiere. Tecnicamente, la cosa non è possibile. I nostri ispettori sono oberati, hanno altro da fare. D'altra parte, anche loro vorrebbero vedere la foto del colonnello. Ne sono già annegati cinque in questo modo. Ah... se avessimo le prove, sapremmo dove trovarlo!
D'improvviso si sente un grido, e il tonfo sordo di un corpo che cade in acqua.
Berenger (alzandosi di soprassalto) Ha sentito?
Architetto (seduto, mordendo il pane) Ha di nuovo fatto il colpo.
Vede se è facile impedirglielo! Appena giri la schiena, un attimo di disattenzione, e tac... Un attimo: non ci mette di più.
Berenger È terribile, è terribile!
Si sentono mormorii, voci agitate dalle quinte, rumori di passi, il rumore di un furgone della polizia che frena bruscamente.
(Torcendosi le mani) Faccia qualcosa, qualcosa!... Intervenga, agisca!
Architetto (calmo, sempre seduto, col panino in mano, dopo aver bevuto un sorso) Ormai è troppo tardi. Ce l'ha fatta di sorpresa anche stavolta...
Berenger Forse è soltanto un pietrone che ha gettato in acqua... per stuzzicarci!
Architetto Mi stupirebbe. E il grido?
Entra il padrone, da sinistra.
Sapremo tutto subito. Ecco il nostro informatore!
Padrone È la ragazza, quella bionda...
Berenger Dany? La signorina Dany? Non è possibile!
Architetto Si. Perché no. È la mia segretaria, la mia ex segretaria.
Eppure l'avevo ben sconsigliata a lasciare il mio servizio. Era al sicuro,
da noi.
Berenger Dio mio, Dio mio, Dio mio!
Architetto Era nell'Amministrazione pubblica! Lui non la tocca, l'Amministrazione! Ma no, ha voluto la sua « libertà »! Cosi impara. Se la goda, ora, la libertà. Io me l'aspettavo...
Berenger Dio mio, Dio mio! Che sventurata... Non ha avuto tempo di dirmi di si!...
Architetto (continuando) Anzi, ero sicuro che le sarebbe capitato!
O almeno, non mettere il naso nel quartiere, una volta lasciata l'Amministrazione!
Berenger Signorina Dany!! Signorina Dany!! Signorina Dany!! (In tono di lamenta- zioni).
Architetto (continuando) Ah! che mania, la gente, di far di testa sua, e soprattutto, che mania, le vittime, di ritornare sempre sul luogo del delitto! È cosi che si fanno prendere!
Berenger (quasi singhiozzando) Ooh! Signor commissario, signor commissario! è la signorina Dany, la signorina Dany! (Si abbandona sulla sedia, disfatto).
Architetto (al padrone) Devono fare il verbale, per la forma.
(Prende, in tasca, il telefono) Pronto?... Pronto?... Un altro... è una ragazza... Dany... quella che lavorava da noi... Non c'è delitto flagrante... Ipotesi... le stesse... si! Un momento! Depone l'apparecchio sulla tavola, perché: )
Berenger si alza bruscamente) Non si può, non si può lasciar stare cosi le cose! Non si può andare avanti! Non si può più!
Architetto Si calmi. Siamo tutti mortali. Non complichi lo svolgimento dell'inchiesta!
Berenger (esce correndo, sbattendo la porta immaginaria del locale, che però si sente) Non finirà cosi! Bisogna fare qualche cosa! Bisogna, bisogna, bisogna! (Esce di scena, da destra).
Padrone Arrivederla, signore! (All'architetto) Potrebbe almeno salutare.
L'architetto seduto, lo segue con lo sguardo, come fa il padrone che è in piedi, con le braccia incrociate o le mani sui fianchi; poi, una volta che Berenger è uscito, beve d'un fiato il resto del vino e dice al padrone indicando il bicchiere pieno di Berenger:
Architetto Lo beva lei! Prenda anche il panino!
Il padrone si siede al posto di Berenger.
(Al telefono) Pronto! Nessuna prova! Archiviare la pratica! (Si rimette l'apparecchio in tasca).
Padrone (bevendo) Alla sua! (Addenta il panino).
S i p a r io.
Atto secondo
La camera di Berenger. Stanza tetra, bassa di soffitto, con, di fronte alla finestra, un centro più luminoso. Accanto a questa finestra larga e bassa una cassapanca. A destra di questa, un angolo buio; in quest'angolo molto scuro, una poltrona in stile Reggenza, piuttosto malandata, in cui, all'aprirsi del sipario, silenzioso, è seduto Edouard. All'inizio dell'atto non lo si vede, e neanche la poltrona, a causa dell'oscurità che riempie la camera di Berenger, situata al pianterreno. In mezzo, nella parte un po' più in luce, davanti alla finestra, una gran tavola con quaderni, carte, un libro, un calamaio, una penna fantasia imitante una penna d'oca.
Una poltrona rossa, logora, a cui manca un bracciolo, a un metro dalla tavola a sinistra. Altri angoli bui nella parete di sinistra.
Nel resto della stanza, tra la penombra, si scorge il profilo di alcuni vecchi mobili: una vecchia scrivania col piano ribaltabile, un cassettone, e sopra, appeso al muro, un arazzo frusto. C'è inoltre una sedia o un'altra poltrona rossa. Accanto alla finestra, a destra, un tavolino, uno sgabello, uno scaffale con qualche libro. Sul piano superiore un vecchio grammofono. In primo piano, a sinistra, la porta che dà sul pianerottolo. Appeso al soffitto, un lampadario all'antica; per terra un vecchio tappeto scolorito. Sulla parete destra una specchiera con cornice barocca, che brilla appena all'inizio dell'atto, cosi che dapprima non si sappia ancora di che oggetto si tratta. Sotto la specchiera un vecchio caminetto.
Attraverso la finestra, che ha le tendine scostate, si vedono la via, le finestre del pianterreno dirimpetto, una parte della vetrina d'una drogheria.
La scena del secondo atto è pesante, brutta, e contrasta fortemente con l'assenza di scenario o lo scenario fatto soltanto di luci del primo atto.
All'aprirsi del sipario, la finestra illumina di luce scialba, giallastra, il centro del palco con la tavola in mezzo. I muri della casa di fronte sono di un color grigio sporco. Fuori, il tempo è fosco, nevica e cade una pioggia sottile.
Seduto nella poltrona, nell'angolo più scuro della camera di Berenger, a destra della finestra, Edouard è invisibile e silenzioso all'inizio dell'atto. Lo si vedrà, più tardi, dopo l’arrivo di Berenger, gracile, pallidissimo, d'aspetto febbricitante, vestito di nero, col lutto al braccio destro, feltro nero.
Qualche volta, ma solo dopo l'arrivo di Berenger, Edouard tossirà o tossicchierà, di tanto in tanto; sputerà in un grande fazzoletto bianco, listato di nero, che si rimetterà delicatamente in tasca. Qualche istante prima dell'aprirsi del sipario e poi quando si apre si sente, proveniente da sinistra, cioè dal pianerottolo, la voce della portinaia.
Voce della portinaia
(canta)
Quando fa freddo, non fa più caldo,
Quando fa caldo, è che fa freddo!
Ah, santa pace, si può scopare fin che si vuole, è sporco
tutto il giorno con la loro polvere di carbone e la loro neve!
Rumore della scopa che urta la porta, poi, di nuovo, si sente cantare la portinaia.
Quando fa freddo, non fa più caldo,
Quando fa caldo, è che fa freddo!
Quando fa freddo, forse fa caldo?
Quando fa caldo, fa dunque freddo?
E che fa dunque quando fa freddo?
Assieme al canto della portinaia, si sentono colpi di martello che vengono dal piano di sopra, una radio accesa, rumori, che Mima, ora si avvicinano ora si allontanano, di camion e di motociclette: a un dato momento, si sentiranno anche i rumori del cortile di una scuola durante la ricreazione: tutto un po’ deformato, caricaturato, le grida degli scolari devono somigliare a guaiti: in sostanza un imbruttimento, a metà sgradevole, a metà comico, del baccano.
Voce d'uomo (preceduta da scalpiccio di passi sulla scala, dall’abbaiare d'un cane) Buondì, signora portinaia
Voce della portinaia
Buongiorno, signor Lelard! Esce tardi, oggi!
VOCE D’UOMO Ho avuto da fare in casa. Ho dormito. Ora, va meglio. Vado a imbucare.
Voce della portinaia Brutto mestiere! Sempre fra le sue scartoffie! Lei deve pensare continuamente, per scrivere le sue lettere.
Voce d'uomo Non è per scrivere, è per spedirle che devo pensare.
Voce della portinaia Diavolo! Bisogna ben sapere a chi si mandano! Non si può mica mandarle a chi si sia! E poi non devono essere le stesse persone!
Voce d'uomo Bisogna pur guadagnarsi da vivere col sudore della fronte, come dice il profeta.
VOCE DELLA PORTINAIA Oggigiorno, c'è troppa istruzione, è per questo che va male. Anche scopare, è meno comodo di una volta.
VOCE D’UOMO E non si scappa! Bisogna guadagnarsi da vivere, per pagare le imposte.
VOCE DELLA PORTINAIA Sa qual è il mestiere che vorrei fare io? Il ministro. Quelli là, non le pagano mica le imposte, le incassano.
VOCE D’UOMO Anche loro, poveretti, devono guadagnarsi la vita, come tutti quanti.
VOCE DELLA PORTINAIA Sta' a vedere che anche i ricchi si sono ridotti poveri come noi, se poi ce n'è ancora, di questi tempi.
VOCE D’UOMO E’ dura la vita, purtroppo!
VOCE DELLA PORTINAIA A chi lo dice!
VOCE D’UOMO A me lo dice, signora.
VOCE DELLA PORTINAIA A me lo dice, signor Lelard! Uno sgobba come un negro per poi finire tutti allo stesso posto, fra quattro assi. È là che c'è mio marito, è morto da quarant'anni, come fosse ieri.
Il cane abbaia nell'entrata.
Piantala, tesoro. (Deve dare un colpo di scopa al cane perché si sentono i suoi guaiti lamentosi).
Una porta sbatte.
Vattene a casa tua! (All'uomo, evidentemente) Allora arrivederci, signor Lelard. Stia attento, si scivola, di fuori, sui marciapiedi è tutto bagnato. Ah, che tempo da cani!
Voce d'uomo Appunto. Si parlava della vita. Bisogna esser filosofi, signora portinaia, cosa vuole!
Voce della portinaia Non me ne parli dei filosofi, mi ero messa in mente di seguire i consigli degli stoici, e di darmi da fare nella contemplazione. Non m'hanno insegnato niente, neppure Marc'Aurelio. Non serve a niente, in conclusione. Non era più furbo di lei e di me. Bisogna trovarsi la soluzione ognuno per conto suo. Se ce ne fosse una, ma non c'è.
Voce d'uomo A chi lo dice...
Voce della portinaia E non avere sentimenti, perché dove vuol metterli quelli li ? Roba che non entra nelle nostre scale di valori. Che me ne farei, io, per scopare le mie scale?
Voce d'uomo Non li ho letti, io, i filosofi.
Voce della portinaia Ha proprio ragione. Ecco cosa vuol dire essere istruiti come,
lei. La filosofia, serve appena appena a quelli della provetta. Per dargli un po' di colorito,
e neanche.
Voce d'uomo Non dica cosi, signora portinaia.
Voce della portinaia I Filosofi, sono soltanto buoni per noi portinaie.
Voce d'uomo Non bisogna dire così, signora, sono buoni per tutti quanti.
VOCE della portinaia So quel che mi dico. Lei, non legge che libri buoni. Io, invece, i filosofi, perché non ho denaro: filosofi da quattro soldi. Lei, anche se non ha denaro neanche lei, almeno ha la tessera per entrare nelle biblioteche. Può scegliere... ma a cosa serve, domando io, lei che sa tutto?
Voce d'uomo Glielo dico io, la filosofia, serve a capire la filosofia della vita!
Voce della portinaia Ci ho fatto l'abitudine, io, alla filosofia della vita!
Voce d'uomo Questa è una grande virtù, signora portinaia!
Colpo di scopa nello zoccolo della porta di Berenger.
Voce della portinaia Miseria, come tiene poco il pulito questa casa! Tutto fango!
Voce d'uomo Non è certo il fango che manca. Basta, questa volta me ne vado proprio, è urgente. Arrivederci, signora portinaia, e auguri!
Voce della portinaia Grazie, signor Lelard!
Sbattere violento della porta d'ingresso.
Ah che furbo, st'imbecille, adesso spacca di nuovo la porta, ma certo non pago io!
Voce d'uomo (cortesemente) Ha detto qualcosa, signora portinaia?
Voce della portinaia (più cortesemente ancora, melliflua) Niente niente, signor Lelard, parlavo così, da sola, per imparare a parlare! Per passare il tempo! (Colpo di scopa nello zoccolo della porta di Berenger).
Voce d'uomo M'era proprio sembrato che mi chiamasse. Scusi.
Voce della portinaia Perbacco, si sbaglia, signor Lelard, cose che capitano! Niente di male!
Di nuovo la porta d'ingresso sbatte con violenza.
È andato. Ah, quello lì, si ha un bel ripetergli centomila volte la stessa cosa, non capisce un accidente, con le sue porte. Da credere che è sordo. Fa finta, ci sente benissimo! (Canta)
Quando fa freddo, non fa più caldo-
Guaiti più attutiti del cane.
Sta' zitto, tesoro! Ah, sto cane è una maledizione! Aspetta, adesso ti sistemo, un bel
colpo sul naso.
Si sente aprire la porta della portieria. Urli del cane. La porta sbatte.
Voce d'un altro uomo
(preceduta dal rumore di alcuni passi; accento leggermente straniero) Buongiorno, signora portinaia. La signorina Colombina abita qui?
Voce della portinaia Mai sentito sto nome! In questa casa non ci stanno forestieri, solo francesi!
Voce dell'altro uomo
(e al tempo stesso, da sopra, la radio si fa sentire molto forte) Eppure mi hanno detto che abitava al quinto piano in questa casa.
Voce della portinaia
(gridando per farsi sentire) Mai sentito questo nome, le dico!
Voce dell'altro uomo Come ha detto, signora?
Proveniente da destra, dalla strada, rombo di camion che, dopo due secondi, frena bruscamente.
Voce della portinaia (sempre gridando) Le ripeto che non l'ho mai sentito.
Voce dell'altro uomo È ben il numero tredici di via La Douzaine?
Voce della portinaia (c. s.) Di che cosa?
Voce dell'altro uomo (più forte) È ben il numero tredici!...
Voce della portinaia (urlando) Non gridi così. Ci sento. Si capisce che è il numero tredici di via La Douzaine. Non sa leggere il francese? È scritto sulle targhe!
Voce dell'altro uomo Allora, è proprio qui che abita la signorina Colombina!
Voce d'un camionista (nella via) Impara a guidare!
Voce della portinaia Lo so meglio di lei!
Voce di un autista (nella via) Perché mi dai del tu? Non sei capace di dare del lei?
Voce della portinaia Ah, ci sono, la signorina Colombina, è forse la concubina del signor Polisson?
Voce del camionista (nella via) Porco! Satiro!
Voce dell'altro uomo Sì... Appunto, Pelisson!
Voce della portinaia Pelisson, Polisson, fa lo stesso!
Voce dell'autista (nella via) Non potresti essere un po' più educato? Carogna!
Voce della portinaia Allora, è la rossa! Se è lei, abita qui; e sì che gliel'avevo detto! Bisognava spiegarsi! Prenda l'ascensore.
Voce del camionista (nella via) Porco! Maleducato!
Voce dell'autista (nella via) Porco! Maleducato!
Rumori simultanei dell'ascensore che sale, della radio, delle macchine nella via che ripartono, poi di una motocicletta che strepita; si vede, per un secondo, la motocicletta passare, nella via, davanti alla finestra.
Voce della portinaia (forte) E non si scordi di chiudere la porta dell'ascensore! (Per sé) Non ci pensano mai, figurati gli stranieri! (Canta)
Non si va avanti, certo, quando si segna il passo. Ma si va poi avanti, quando ci si muove?
Si sente sbattere la porta della portineria; la portinaia vi è entrata; latrati del cane; voce più attutita della portinaia:
Ma si, ma sì, il mio tesorino! Che non ha il suo zu- zucchero? Prendi, su, eccolo qua il tuo zu-zucchero!
Latrati.
E piantala!
Urlo del cane.
Da sinistra, nella via, appaiono due passanti, che si vedono attraverso la finestra. Si può anche sentirli, senza vederli. 'Tuttavia è meglio vederli. Sono due vecchi, sfiaccolati, che camminano penosamente, a passettini, aiutandosi coi bastoni.
1° vecchio Che brutto tempo.
2° vecchio Che brutto tempo.
1° vecchio Che cosa ha detto?
2° vecchio Che brutto tempo. Che cosa ha detto?
1° vecchio Dicevo: che brutto tempo.
2° vecchio Si appoggi al mio braccio, per non scivolare.
1° vecchio Si appoggi al mio braccio, per non scivolare.
2° vecchio Ho conosciuto persone molto brillanti, molto brillanti.
Barbone (appare a destra sul marciapiedi opposto)
Nel lasci- are la mari-i-na!
(Guarda in alto, verso le finestre, donde possono piovere le monete).
1° vecchio Che cosa facevano queste persone brillanti?
2° vecchio Brillavano di molto!
Barbone Ho sposato-o Marianni-ina-a!
1° vecchio E dove brillavano queste persone brillanti?
Il barbone, come sopra.
2° vecchio Brillavano in società, brillavano nei salotti!... Brillavano dappertutto!
1° vecchio Quando le ha conosciute, queste persone brillanti?
Barbone (c. s.)
Nel lascia-are la mari-i-na...
(Sempre guardando le finestre dei piani superiori, si dirige a sinistra, scompare).
2° vecchio Tanto tempo fa, tanto tempo fa...
1° vecchio Le vede ancora, qualche volta?
Il droghiere (uscendo dalla bottega di fronte, con aria furibonda, alza la testa verso la finestra del primo piano) Ehi, signora!
2° vecchio Ah, caro mio, non ce ne sono più persone che brillino...
(Lo si vede sparire da destra, lo si sente ancora) È tutto finito. Non ne conosco più che due, di persone brillanti...
Droghiere Ehi, signora, per chi mi prende?
Voce del 2° vecchio ...più che due. Uno è in ritiro, e l'altro è deceduto!
Si vede sparire anche il primo vecchio.
Droghiere (c. s.) Ehi!... ma per chi mi prende, signora?
Voce del barbone (cantando) Capitano di corve-etta-a...
Droghiere (c. s.) Per chi mi prende? Io, signora, sono un commerciante, ma non
vendo fumo. (Rientra furioso in bottega).
Voce del barbone (allontanandosi) M'ha chiamato e qui mi fa:
sposati la Marianne-etta,
se proprio ti va...
Voce del 1° vecchio (allontanandosi) Anche se ce ne fossero, non si vedrebbero. I brillanti non brillano più.
Da destra, i rumori della ricreazione che, da un po', si sentivano meno forte, si fanno più intensi. Campanella.
Voce del maestro di scuola In classe! In classe! In classe!
Una voce (dalla via) Abbiamo cinquantotto fattorini per le consegne...
Voce del maestro Silenzio!
Calpestio, grida, rumori dei banchi, ecc., da destra.
Silenzio, silenzio!
Voce (dalla strada) Abbiamo cinquantotto fattorini!
Nella scuola, i bambini hanno fatto silenzio.
Voce del maestro Lezione di storia: i rappresentanti del popolo vennero davanti ai cancelli del palazzo della regina Maria Antonietta. Gridavano:
Voce (dalla strada) Abbiamo cinquantotto fattorini.
Voce del maestro Gridavano: «Non abbiamo più brioches, Maestà, datecene ». « Non ce n'è più », rispose la regina.
Voce (dalla strada) Abbiamo cinquantotto fattorini.
Voce del maestro «Non ce n'è, non avete che da mangiare del pane».
Allora il popolo si adirò. Tagliarono la testa alla regina. Quando la regina si vide senza testa, ne fu talmente seccata che le venne un colpo. Non sopravvisse, malgrado i medici che a quei tempi non ne sapevano granché.
Voce (dalla strada) Abbiamo cinquantotto fattorini.
Una voce grossa (dalla strada) Eravamo a settemila metri d'altezza, quando all'improvviso vedo staccarsi un'ala del nostro apparecchio.
Altra voce (esile) Caspiterina.
Voce grossa Mi dico, bene, ne resta ancora una. I passeggeri si misero tutti da una parte, per equilibrare l'aereo, che volava con un'ala sola.
Voce esile Ha avuto paura?
Voce grossa Aspetti... tutt'a un tratto l'aereo perde la seconda ala e i motori... e le eliche... ed eravamo a settemila metri!
Voce esile Ahi ahi!
Voce grossa Mi dico, questa volta, siamo perduti... (la voce s'allontana) siamo perduti, niente da fare... Ebbene sa come ce la siamo cavata? Gliela do su mille...
Altra voce nella via I nostri cinquantotto fattorini perdono troppo tempo quando vanno a orinare. Cinque volte al giorno, in media, interrompono le consegne per soddisfare i loro bisogni personali. Questo tempo non viene detratto dai salari. Loro ne approfittano, bisogna disciplinarli: facciano pipi una sola volta al mese, a turno, per quattro ore e mezza di seguito. Questo economizzerebbe tutti gli andirivieni che per noi sono così costosi. Anche i cammelli possono immagazzinare l'acqua.
1° voce (dal basso) Prendo il treno. Entro nel mio scompartimento, prendo il mio posto, che era riservato. Il treno parte. Nello stesso istante, arriva il signore che aveva lo stesso posto, e lo stesso numero del mio. Per cortesia, gli cedo il posto, vado nel corridoio, dice appena grazie. Resto in piedi due ore. Dopo due ore, il treno si ferma a una stazione, il signore scende dal treno. Riprendo il mio posto, perché prima era il mio posto. Di nuovo il treno parte. In capo a un'ora, il treno si ferma a un'altra stazione. Ecco il signore che risale, si vuole riprendere il posto. Giuridicamente, aveva diritto di riprenderlo? Era il mio posto, come pure il suo, ma lui pretendeva di avere il diritto di secondo occupante. C'è stato un processo. Il giudice mi disse che aveva delle prerogative supplementari, perché questo signore era vescovo e critico e che aveva tenuto segreti i suoi titoli per modestia.
Altra voce dal basso Chi era questo signore?
1° voce dal basso Un critico, un vescovo. Morvan, il vescovo, il vescovo di Morvan.
L'altra voce dal basso Come ha fatto per riacchiappare il treno?
1° voce dal basso Aveva preso le scorciatoie.
Una voce nella via (più vicina) Abbiamo cinquantotto fattorini.
I due vecchi riappaiono dall'altra parte, nella via, cioè da sinistra.
1° vecchio Mi hanno invitato al pranzo di nozze, si capisce... Non sono stato contento, perché a me piace soltanto il galletto al vino.
2° vecchio Non le hanno servito il galletto al vino?
1° vecchio Sì. Ma non me l'hanno detto, che era galletto al vino, e allora quando l'ho mangiato non era buono.
2° vecchio Era davvero galletto al vino?
1° vecchio Sì che era galletto al vino. Ma siccome non lo sapevo, è stato un pranzo sprecato.
2° vecchio Avrei voluto essere invitato al suo posto. Perché, a me, i pranzi sprecati mi piacciono.
I vecchi scompaiono.
Voce nella via Noi abbiamo cinquantotto fattorini.
Voce (da destra) Bisogna impostare seriamente il problema del nostro finanziamento.
Voce dall'alto La questione è stata discussa dalla delegazione dei vicedelegati?
Voce (da sinistra) Bisogna impostare seriamente il problema del loro finanziamento.
Voce dall'alto Bisogna impostare seriamente il problema del finanziamento dei nostri fattorini.
Altra voce da sinistr No, la questione è stata risolta dalla sottodelegazione dei vicedelegati.
Voce da destra Cosa vuole, la produzione è la produzione. Bisogna ripensare la questione, ripensarla alla base.
Voce da sinistra Coi nostri capireparto, i nostri vicecapi, i nostri paracapi e i nostri peracapi, costituiremo una base organizzazionale, un comitato di messa in comune.
Voce dall'alto I capi e i pericapi costituiranno dei comitati d'impresa delle società d'imprenditori che costituiranno dei gruppi sociali...
Voce da destra C'è il principio organizzazionale della base e il punto di vista organizzazionale della sovrastruttura.
Voce da sinistra E i nostri cinquantotto fattorini?
Voce dall'alto Dopo il lavoro, bisogna organizzare il tempo libero.
Voce dal basso Un tempo libero intensissimo.
Voce da sinistra Bisogna forzare il tempo libero.
Per alcuni secondi una fitta nebbia oscura la scena; parallelamente, i rumori esterni si attutiscono; non si odono più che frammenti di parole indistinte.
Voce della portinaia (dopo uno sbattere di porte nell'ingresso) Ah, quando la nebbia si mescola al fumo della fabbrica, non si sente più niente!
Suono potentissimo della sirena di una fabbrica.
Per fortuna, c'è le sirene!
La nebbia s'è dissolta, e si vede, dall'altro lato della via, il barbone che canta.
Voce del barbone II comandante in seconda
m'ha chiamato e qui mi fa:
sposati la Marianne-etta,
sposati la Marianne-etta.
I rumori della via si fanno più fiochi per permettere la scena che segue.
Barbone Fosti un bravo marinaio,
sarai dunque un buon marito!
Si sente, nell'ingresso, sbattere una porta.
Voce della portinaia (mentre il barbone, canticchiando, guarda le finestre da cui devono piovere le monete, si toglie il vecchio ' cappello sfondato e saluta nel vuoto; è venuto avanti, verso la finestra e si trova in mezzo alla via) Non sbattete la porta così.
Voce di una donna (nell'ingresso) Anche a lei le capita di sbatterla. Non l'ho fatto apposta.
Voce della portinaia Sì, ma io, è perché non faccio attenzione.
Barbone (nella via, guarda verso le finestre) Salve, signori signore. Grazie, signori signore. (Mugugna perché le monete non cadono) Non sono generosi, ah no no no no.
Voce della portinaia
(canta)
Quando fa caldo, è che fa freddo!
Il barbone, mentre la portinaia ripete lo stesso ritornello, ha attraversato la via; un motociclista lo sfiora alle spalle, passando a tutta andatura; si sente la voce del motociclista: « Razza di... »
Barbone Sarai dunque un buon marito!
(Si è fatto proprio sotto alla finestra, e sempre canticchiando)
Sì ma fa' molta attenzione,
sì ma fa' molta attenzione!...
(Guarda dalla finestra nella camera di Berenger, incollando la faccia e il naso, che s'appiattisce, al vetro chiuso).
Portinaia (appare sul marciapiede, scopa sempre canticchiando, poi si scontra col barbone) Cosa fai qui, tu?
Barbone Canto!
Portinaia Tu sporchi i vetri! Questo è il mio inquilino! Tocca poi a me pulirli.
Barbone (ironico) Oh! pardon, signora. Non lo sapevo. Non deve arrabbiarsi.
Portinaia Avanti, fila, poche storie!
Barbone (sempre un po' canzonatorio e un po' ubriaco) Questa l'ho già sentita più di mille volte. Lei è molto banale, signora.
Portinaia (minacciandolo con la scopa) Te li do io, gli apprezzamenti.
Barbone Non è il caso, signora, me ne vado, signora, pardon! (Si allontana; lo si sente canticchiare)
Nel lascia-are la mari-i-na,
ho sposato-o Marianni-ina-a!
Portinaia (sempre in strada, presso la finestra, si volta bruscamente, quando sente abbaiare
il suo cane) E piantala!... Il postino! (Al postino) Per chi è, signor postino?
Voce del postino Per il signor Berenger. Un espresso.
Portinaia È a pianterreno. A destra.
Voce del postino Grazie.
Portinaia (minacciando con la scopa in direzione del barbone che non si vede più) Maiale. (Alzando le spalle) Quello è marinaio come me.
Si sente il postino bussare alla porta di Berenger, mentre la portinaia scopa il marciapiede.
Ah, queste cacche di cane, certo il mio non farebbe mai una cosa simile.
Voce del postino Non risponde.
Portinaia (al postino che non si vede) Bussi più forte. C'è.
Voce del postino Se le dico che non risponde!
Portinaia Non sa neanche bussare a una porta! (Sparisce nell'ingresso).
Voce della portinaia Non può essere uscito. Conosco le sue abitudini. È il mio inquilino. E per giunta gli faccio le pulizie. Gli pulisco i vetri.
Voce del postino Provi lei!
Si sente battere forte, colpi ripetuti, alla porta della camera di Berenger.
Voce della portinaia (che sta bussando) Signor Berenger, signor Berenger!
Silenzio. Altri colpi.
Signor Berenger! Signor Berenger!
Voce del postino Cosa le avevo detto!
Voce della portinaia Questo è troppo! Non può essere uscito. Forse dorme, ma non è sua abitudine. Bussi più forte. Io vado a vedere!
Il postino continua a bussare. La portinaia riappare davanti alla finestra; appoggia contro il vetro la sua faccia che, naturalmente, deve essere ripugnante; e s'imbruttisce ancora dipiù per l'appiattirsi del naso contro il vetro.
Portinaia Signor Berenger! Dica, signor Berenger!
Contemporaneamente si sente il postino bussare alla porta.
Voce del postino Signor Berenger, un espresso, signor Berenger!
Portinaia Signor Berenger, c'è un espresso per lei... Ah, questa, poi! (Pausa). Dove diavolo può essere? Non è mai a casa? (Bussa di nuovo alla finestra, mentre si sentono sempre i colpi alla porta del postino) C'è gente che se ne va a spasso, non ha niente da fare e noi qui ci rompiamo la schiena!... Non c'è! (Sparisce, dev'essere vicina all'ingresso; si vede, nell'angolo della finestra, agitarsi il suo braccio e il manico della scopa).
Voce del postino Se non c'è, non c'è. Lei diceva che sta sempre in casa!
Voce della portinaia Mai detto questo! Mi dia l'espresso, glielo consegnerò io. (Sparisce completamente) Sono io che gli pulisco i vetri.
Voce del postino Non sono autorizzato a darglielo. Non posso.
Voce della portinaia Tanto peggio, allora, se lo tenga.
Voce del postino Via, glielo do lo stesso. Eccolo.
Voce della portinaia E adesso dovrò anche stare attenta a quando viene! Bella roba! Scusate tanto!
Pausa. I rumori sono cessati di colpo, dopo che si è spenta, progressivamente, la sirena di un'ultima fabbrica. Forse si sarà sentita un'ultima volta un'invettiva della portinaia all'indirizzo del suo cane, seguita dai guaiti di quest'ultimo. Qualche istante di silenzio. Poi, si vede passare nella via, all'altezza della finestra proveniente da destra, Berenger che fa ritorno a casa. Indossa il soprabito, e tiene il cappello con la mano destra che fa oscillare con forza. Cammina a capo chino. Appena ha superato il campo visuale della finestra, si sentono i suoi passi nell'ingresso. Si sente la chiave girare nella serratura.
(Compitissima) Ah bene, eccola qui, signor Berenger. Ha fatto buona passeggiata? Fa proprio bene a prendere un po' d'aria! Ne ha bisogno!
Voce di Berenger Buongiorno, signora.
Voce della portinaia Se è andato a spasso, vuol dire che era uscito. Io non l'ho sentita uscire. Perché non m'ha avvertito, poteva darmi la chiave per andare a riordinare. Come facevo a saperlo? Ha ricevuto un espresso!
Pausa. Berenger ha smesso di trafficare con la serratura, deve leggere l'espresso.
Forse non era poi cosi urgente? Allora l'ho letto. È il negoziante d'anticaglie. La sollecita d'urgenza. Non è il caso di preoccuparsi.
Si sente di nuovo stridere la chiave nella serratura. La porta della camera di Berenger s'apre pian piano. Si sente la portinaia farfugliare irosa parole inintelligibili, sbattere l'uscio della portiera, il cane gemere; si vede apparire, nella semioscurità della stanza, la sagoma di Berenger. Avanza a passi lenti verso il mezzo della scena. Il silenzio è completo. Berenger preme l'interruttore, la scena s'illumina. Si scorge nel suo angolo, cappello in testa, ravvolto nel soprabito, con la borsa ai suoi piedi, Edouard che tossicchia. Dapprima sorpreso dalla tosse, poi, quasi simultaneamente, dalla vista d'Edouard, Berenger ha un sussulto.
Berenger Ah! che cosa fa qui?
Edouard (con voce gracile, un po' acuta, quasi infantile; tossicchiando, alzandosi, raccogliendo la borsa) Non fa caldo, qui da lei. (Sputa nel fazzoletto; per questo ha di nuovo posato la cartella, tolto dalla tasca anche la mano destra, che è un po' rattrappita e che è visibilmente più corta dell'altra; poi ripiega con cura, metodicamente, il fazzoletto, lo rimette in tasca, riprende la borsa).
Berenger Mi ha fatto paura... Non aspettavo la sua visita. Che cosa fa qui?
Edouard Stavo aspettandola. (Rimettendo la mano più corta in tasca) Buongiorno, Berenger.
Berenger Come è entrato?
Edouard Ma dalla porta, no? Ho aperto la porta.
Berenger Come ha fatto? Avevo io le chiavi!...
Edouard (trae di tasca delle chiavi, le mostra a Berenger) Anch'io. {Rimette le chiavi in tasca).
Berenger Come ha avuto quelle chiavi? (Posa il cappello sulla tavola).
Edouard Ma... È lei stesso che me le ha affidate un giorno, per entrare da lei quando volevo e aspettarla, in caso d'assenza.
Berenger (cercando nella memoria) Gliele ho date io queste chiavi? Quando?... Non me ne ricordo... affatto...
Edouard Eppure è lei che me le ha date. Come avrei potuto averle, altrimenti?
Berenger È stranissimo, caro Edouard. Insomma, se lo dice lei...
Edouard Gliel'assicuro... Mi scusi, Berenger, gliele rendo, se le secca che le tenga io.
Berenger Beh... no, no... le tenga, Edouard, le tenga, dal momento che le ha. Mi scusi, ho una memoria pessima. Non ricordo di avergliele date.
Edouard Eppure, sì... Cerchi di ricordare, era l'altr'anno, mi pare. Una domenica quando...
Berenger (interrompendolo) La portinaia non mi ha detto che lei stava aspettando.
Edouard Probabilmente non mi ha visto, mi scusi, non sapevo che bisognava chiederle il permesso di entrare da lei. Non mi aveva detto che non era indispensabile? Ma se non gradisce la mia visita...
Berenger Non voglio dir questo. La sua presenza mi fa sempre piacere.
EDOUARD Non voglio disturbarla. Non mi disturba affatto.
Berenger La ringrazio.
BERENGER È la mia mancanza di memoria che mi preoccupa... (Fra sé) Eppure, la portinaia non deve aver lasciato la casa, stamattina!... (A Edouard) Ma che cos'ha? Lei trema.
EDOUARD Sì, effettivamente, non mi sento molto bene, ho freddo.
BERENGER (prendendo la mano valida di Edouard, mentre questi affonda l'altra nella tasca) Ha sempre un po' di febbre. Tosse, ha i brividi. È pallidissimo. I suoi occhi bruciano.
Edouard I polmoni... non riesco a mettermi in sesto... è un pezzo che la sto trascinando...
Berenger E riscaldano così male in questa casa... (Senza togliersi il soprabito, va a sprofondarsi, imbronciato, in una poltrona, vicino alla tavola, mentre Edouard resta in piedi) Sieda, Edouard.
Edouard Grazie. Grazie mille. (Si risiede sulla cassapanca, presso la finestra, deponendo, con precauzione, la borsa vicino a sé, a portata di mano; avrà sempre l'aria di sorvegliarla; un momento di silenzio, poi, notando l'aspetto scuro di Berenger che sospira) Lei sembra molto triste, ha un'aria oppressa, preoccupata...
Berenger (fra sé) Se fossi solo preoccupato...
Edouard Non sarà ammalato anche lei? Cos'è successo? Le è capitato qualcosa?
Berenger No, no... Niente. Sono così... Non sono allegro per natura! Brrrr... ho freddo anch'io! (Si frega le mani).
Edouard Le è certamente capitato qualche guaio. La vedo più nervoso del solito, è tutto agitato! Me lo dica, se non sono indiscreto, questo la calmerà.
Berenger (si alza, fa nervosamente parecchi passi per la stanza) C'è di che.
Edouard Che cos'è stato?
Berenger Oh, niente, niente e tutto... tutto, tutto...
Edouard Desidererei una tazza di tè, se è possibile...
Berenger (prendendo d'improvviso il tono tragico delle dichiarazioni gravi) Mio caro Edouard, sono disfatto, disperato, inconsolabile!
Edouard (senza cambiare tono di voce) Disfatto da che, inconsolabile di che?
Berenger La mia fidanzata è stata assassinata.
Edouard Cos'ha detto?
Berenger La mia fidanzata è stata assassinata, capisce?
Edouard La sua fidanzata? Dunque si è fidanzato? Non mi aveva mai parlato dei suoi progetti di matrimonio. Le mie congratulazioni. E anche le mie condoglianze. Chi era la sua fidanzata?
Berenger Per dire la verità... non era esattamente la mia fidanzata... È una ragazza, una ragazza che poteva diventarlo.
Edouard Ah sì?
Berenger Una ragazza tanto bella quanto dolce, tenera, pura come un angelo.
È spaventoso. È troppo spaventoso.
Edouard Da quando la conosceva?
Berenger Forse da sempre. Di sicuro, da stamattina.
Edouard Una cosa recente.
Berenger Mi è stata strappata... strappata!... Ho... (Gesto della mano).
Edouard Dev'essere doloroso... Ha un po' di tè, per favore?
Berenger Mi scusi, non ci pensavo... Con questo dramma... che strazia la mia vita!
Sì, si, ne ho!
Edouard La capisco.
Berenger No, non può capire.
Edouard Oh, sì.
Berenger Non posso offrirle del tè. È ammuffito. M'ero scordato.
Edouard Allora un bicchiere di rum, per favore... Sono congelato.
Berenger, sempre parlando prende una bottiglia di rum, riempie un bicchierino per Edouard e glielo tende.
Berenger Mi mancherà, per sempre. La mia vita è finita. È una lacerazione che
non guarirà mai.
Edouard Lei è straziato, povero amico! (Prendendo il bicchiere di rum) Grazie!
(In tono sempre indifferente) Povero amico mio!
Berenger E se non fosse che questo, se non ci fosse che l'assassinio di questa sventurata fanciulla. Se lei sapesse, stanno succedendo cose, cose atroci nel mondo, nella nostra città, cose terribili! inimmaginabili... proprio qui vicino... relativamente vicino... Moralmente è qui, « qui »! (Si batte sul petto).
Edouard ha inghiottito il rum, che gli va di traverso. Tosse.
Lei non si sente bene!
Edouard Non è niente. È forte. (Continua a tossire) Dev'essermi andato di traverso.
Berenger (dando a Edouard dei colpetti sulla schiena per fermare la tosse e riprendendogli il bicchiere con l'altra mano) Credevo di aver ritrovato tutto, ritrovato tutto.
(A Edouard) Alzi la testa. Guardi il soffitto. Adesso passa... (Continua) Tutto ciò che avevo perduto, tutto ciò che non avevo perduto, tutto ciò che era mio, tutto ciò che non era mai stato mio...
Edouard (a Berenger che continua a picchiargli sulla schiena) Grazie. Adesso va... lei mi fa male... basta, per piacere.
Berenger (andando a posare il bicchierino sulla tavola, mentre Edouard sputa nel fazzoletto) Credevo che la primavera fosse tornata per sempre... credevo di aver ritrovato l'introvabile, il sogno, la chiave, la via... tutto ciò che abbiamo perduto, vivendo.
Edouard (tossicchiando) Lo credo, lo credo.
Berenger Tutte le aspirazioni confuse, tutto ciò che desideriamo oscuramente, dal più profondo di noi stessi, senza neppur rendercene conto... Ah, credevo di aver tutto... Era una terra inesplorata, di una bellezza magica...
Edouard Lei è sempre alla ricerca di cose stravaganti. Si propone scopi irraggiungibili.
Berenger Ma se c'ero già! Ma se la ragazza.
Edouard La prova è che lei non c'è più, e che la ragazza non è più. I suoi problemi sono complicati, senza utilità pratica. Sì. C'è sempre stato in lei uno scontento, un rifiuto a rassegnarsi.
Berenger È perché io soffoco... Non respiro l'aria che mi è destinata.
Edouard (tossicchiando) Si consideri fortunato di essere in buona salute, di non essere malaticcio o malato.
Berenger (senza tener conto di quel che gli dice Edouard) No. No. Ho veduto, ho creduto di raggiungere qualcosa... qualche cosa come un altro universo. Sì, soltanto la bellezza può far schiudere i fiori della primavera senza fine... i fiori immortali... Ahimè, non era che una luce bugiarda!... Di nuovo, di nuovo tutto è sprofondato negli abissi... in un secondo, in un secondo! La stessa caduta, che si ripete...
Tutto è detto in tono declamatorio, a metà strada fra la sincerità e la parodia.
Edouard Lei pensa solo a se stesso.
Berenger (con leggera irritazione) Non è vero. Non è vero. Io non penso soltanto a me. Non è per me... o non solo per me, che soffro in questo momento, che rifiuto d'accettare! Giunge il momento in cui non si possono più ammettere le cose orribili che avvengono...
Edouard Ma è nell'ordine del mondo. Per esempio, io, io sono malato... eppure me ne faccio una ragione...
Berenger (interrompendolo) Pesa, pesa terribilmente, soprattutto quando si era creduto di intravvedere... che si era creduto di poter sperare... Ah, ah... ora non si può più... sono stanco... lei è morta, quegli altri sono morti, tutti saranno uccisi... non lo si può impedire...
Edouard Ma come è morta, codesta fidanzata che forse non esisteva? E chi è che sarà ucciso, ancora, oltre a quelli che vengono uccisi abitualmente? Di che sta parlando, in sostanza? Sono i suoi sogni a essere uccisi? Le frasi generiche non vogliono dir niente.
Berenger Non sono discorsi campati per aria...
Edouard Scusi. Non la capisco. Io non...
Berenger Lei se ne sta sempre nel suo buco. Lei non sa mai niente. Ma in che mondo vive?
Edouard Precisi, m'informi.
Berenger È assolutamente incredibile. C'è, nella nostra città, visto che non è al corrente, un bel quartiere.
Edouard Ebbene?...
Berenger Si, esiste un bel quartiere. Ho trovato il bel quartiere, vengo di là.
Lo chiamano la città radiosa.
Edouard E allora?
Berenger Nonostante il suo nome, non è il quartiere della gioia, il quartiere modello, il quartiere privilegiato. Un malfattore, un assassino assetato di sangue l'ha trasformato in un inferno.
Edouard (tossendo) Chiedo scusa, tossisco, non posso farne a meno.
Berenger Mi sente?
Edouard Perfettamente: un assassino l'ha trasformato in un inferno.
Berenger Terrorizza, uccide tutti quanti. Stanno abbandonando il quartiere. Tra poco non ci sarà più.
Edouard Ah, ma sì, ci sono! Si tratta certamente del mendicante che fa vedere ai passanti la foto del colonnello e li getta in acqua mentre la guardano! È uno specchietto per le allodole. Credevo che stesse parlando d'un'altra cosa. Se non è che questo...
Berenger (sorpreso) Lei lo sapeva? Lei era informato?
Edouard E da un pezzo. Pensavo che stesse per raccontarmi qualcosa di nuovo, che ci fosse un secondo quartiere modello.
Berenger Perché non me ne ha mai parlato?
Edouard Credevo che non ne valesse la pena. Tutta la città sa questa storia, sono anzi molto sorpreso che lei non la sapesse prima, è una novità vecchia. Chi non la conosce?... Pensavo che fosse inutile parlargliene.
Berenger Come? Tutti sono al corrente?
Edouard Se le dico! Lo vede, persino io lo so. La cosa è arcinota, assimilata, catalogata. Anche i bambini che vanno a scuola lo sanno...
Berenger Anche i bambini che vanno a scuola?... Ne è proprio sicuro?
Edouard Ma si capisce. (Tossicchia).
Berenger Come hanno fatto i bambini delle scuole a venirlo a sapere?...
Edouard Devono averne sentito parlare dai genitori... o dagli adulti... anche il maestro quando gli insegna a leggere e a scrivere... Vorrebbe darmi ancora un po' di rum?... O piuttosto no, mi fa troppo male. È meglio che mi astenga. (Riprendendo il filo della spiegazione) È increscioso, certo.
Berenger Molto increscioso! Estremamente increscioso... Edouard Che vuol farci?
Berenger Mi permetta di dirle, allora, quanto io sia a mia volta sorpreso che lei prenda la cosa con tanta indifferenza... Ho sempre creduto che lei fosse un uomo sensibile, umano.
Edouard Forse lo sono.
Berenger Ma è atroce. Atroce.
Edouard Lo ammetto. Non le do torto.
Berenger La sua indifferenza mi rivolta! Glielo dico in faccia.
Edouard Che vuole... io...
Berenger (più forte) La sua indifferenza mi rivolta!
Edouard Senta... la notizia per lei è nuovissima...
Berenger Non è una ragione. Lei mi lascia costernato, Edouard, sinceramente costernato...
Edouard si mette a tossire violentemente. Sputa nel fazzoletto.
(Precipitandosi verso Edouard perché questi sta per svenire) Ma lei si sente male!
Edouard Un bicchier d'acqua.
Berenger Subito. Glielo porto. (Lo sorregge) Si stenda li... sul sofà...
Edouard (fra i colpi di tosse o i singhiozzi) La mia borsa...
Berenger si china per prendere la borsa di Edouard.
(Benché quasi svenuto, in un sussulto, sfugge alle mani di Berenger per afferrare la borsa) Lasci, lasci... (Toglie dalle mani di Berenger la borsa che quest'ultimo aveva preso, poi, sempre in procinto di svenire, sorretto da Berenger, arriva al sofà, senza lasciare la borsa, si stende con l'aiuto di Berenger, depone la borsa accanto a sé).
Berenger Lei è inondato di sudore...
Edouard E gelato, al tempo stesso, ah... questa tosse, è spaventoso...
Berenger Non deve prender freddo. Vuole una coperta?
Edouard (rabbrividendo) Non si dia pensiero. Non è niente... ora passa...
Berenger Si metta comodo. Si riposi.
Edouard Un bicchier d'acqua...
Berenger Subito... Glielo porto. (Esce precipitosamente per andare a prendere il bicchier d'acqua).
Si sente scorrere l'acqua di un rubinetto. Nel frattempo Edouard si solleva su un gomito, smette di tossire, controlla, con mano inquieta, la chiusura della sua enorme borsa nera, poi un po' tranquillizzato, toma a distendersi, sempre tossendo, ma meno forte. Non si deve aver l'impressione che Edouard stia cercando di ingannare Berenger; sta veramente male, ma ha anche altre ragioni d'inquietudine, per esempio riguardo la borsa; si asciuga la fronte.
(Ritornando con il bicchiere d'acqua) Si sente meglio?
Edouard Grazie... (Beve un sorso).
Berenger riprende il bicchiere.
Mi scusi, sono ridicolo. Adesso va.
Berenger Sono io che devo scusarmi. Avrei dovuto pensarci...
Quando si è così cagionevoli, quando si è molto ammalati, come lei, è difficile che ci si possa preoccupare di qualcos'altro... Sono ingiusto con lei. Dopo tutto, proprio gli spaventosi delitti della città radiosa sono forse all'origine della sua malattia. Questo fatto ha dovuto toccarla, coscientemente o no. Sì, è certamente questo, che la rode. Non si deve giudicare con leggerezza, lo confesso. Non si può leggere nel cuore dell'uomo...
Edouard (alzandosi) Qui da lei io gelo...
Berenger Non si alzi. Vado a cercarle una coperta.
Edouard Se andassimo a passeggiare un po', piuttosto, per prendere aria. L'ho aspettata qui, in questo freddo, troppo tempo. Scommetterei che fa più caldo fuori.
Berenger Sono tanto affaticato moralmente, tanto depresso. Avrei preferito andarmi a coricare... Insomma, se ci tiene, vengo lo stesso ad accompagnarla.
Edouard Lei è ben caritatevole! (Si rimette il feltro col crespo nero, abbottona e spol- vera il soprabito scuro, mentre anche Berenger si caccia il cappello in testa. Prende la sua pesante borsa nera rigonfia. È preceduto da Berenger che gli
volta le spalle camminando; passando accanto alla tavola, e volendo passare la borsa per di sopra a questa, la borsa s'apre e una parte del contenuto si rovescia sulla tavola; sono, anzitutto, grandi fotografie) La mia borsa!
Berenger (voltandosi al rumore) Che cosa... Ah! Si precipitano entrambi sulla borsa.
Edouard Lasci, e lasci le dico.
Berenger Ma sì, aspetti, l'aiuto... (Scorge le fotografie) Ma... ma... cos'ha li? (Prende una delle foto).
Edouard tenta, però senza troppo nervosismo, di riprendergliela, di nascondere con le mani le altre foto che scivolano dalla borsa, le fa rientrare.
(Non ha lasciato andare la foto, la guarda, nonostante l'opposizione di Edouard) Che cos'è questo?...
Edouard Una fotografia, no... delle fotografie...
Berenger (tenendo e guardando sempre la foto) È un militare, coi baffi, ha i galloni... un colonnello con le sue decorazioni, la croce... (Prende altre foto) Ancora fotografie! E sempre la stessa faccia!
Edouard (guardando anche lui) Sì... è vero... è un colonnello.
(Ha l'aria di voler mettere la mano sulle fotografie, mentre altre, in gran numero, continuano a rovesciarsi sulla tavola).
Berenger (con autorità) Mi lasci vedere! (Fruga nella borsa, ne trae altre foto, ne guarda ancora una) È una bella figura. Un'espressione che quasi intenerisce. (Estrae altre foto).
Edouard si asciuga la fronte.
Cosa vuol dire tutto questo? Ma è la foto, la famosa foto del colonnello! Lei l'aveva qui dentro... non me ne aveva mai parlato!
Edouard Non sto sempre a guardare nella borsa.
Berenger Eppure è la sua borsa, non se ne separa mai!
Edouard Non è una ragione...
Berenger Insomma... Approfittiamo dell'occasione. Visto che ci siamo, cerchiamo ancora... (Affonda la mano nell'enorme borsa nera).
Edouard fa lo stesso, con la sua mano troppo bianca, con le dita rattratte che ora si vedono in modo nettissimo.
Ancora fotografie del colonnello... ancora... ancora... (A Edouard che, ora, estrae anche lui dalla cartella degli oggetti, con aria sbalordita) E questo?
Edouard Sono fiori artificiali, come vede.
Berenger Ce n'è una quantità!... E questo? Guarda, delle figure oscene... (Le guarda).
Edouard va a guardare sopra la spalla di Berenger.
Robaccia!
Edouard Scusi! (Si allontana d'un passo).
Berenger (lascia cadere le foto oscene, continua l'inventario) Delle pasticche... salvadanai...
Estraggono entrambi dalla borsa un mucchio di oggetti svariati. ... orologi da bambino!... Ma cosa ci fanno qui dentro?
Edouard (balbettando) Io... io non so... le dico...
Berenger Che cosa se ne fa?
Edouard Niente. Cosa si potrebbe farne?
Berenger (continuando a estrarre dalla borsa, che dev'essere come il sacco senza fondo dei prestigiatori, ogni sorta d'oggetti in quantità inverosimili, che si spandono su tutta la superficie della tavola, cadendo anche, in par'e, sul pavimento) ...spille... altre spille... penne... e questo... e questo... che roba è?
Occorre insistere molto in questa azione: certi oggetti possono volteggiare, altri esser gettati da Berenger, ai quattro canti della scena.
Edouard Questo?... Non lo so... non so niente... non sono al corrente.
Berenger (mostrandogli una scatola) E questo che cos'è?
Edouard (prendendola in mano) Questo mi ha l'aria di una scatola, no?
Berenger Infatti. È una scatola di cartone. Che c'è dentro?
Edouard Non so, non so. Non saprei dirglielo.
Berenger L'apra, avanti, l'apra!
Edouard (quasi indifferente) Se le fa piacere... (Apre la scatola) Non c'è nulla! Ah, sì, un'altra scatola... (Ne estrae una scatola più piccola).
Berenger E in quest'altra scatola?
Edouard Guardi lei.
Berenger (traendo una terza scatola dalla seconda) Un'altra scatola. (Guarda nella terza scatola) E dentro c'è ancora una scatola. (L'estrae) E dentro, un'altra ancora... (Guarda nella quarta scatola) Dentro, un'altra scatola... e così di seguito, all'infinito! Vediamo ancora...
Edouard Oh, se crede... Ma così non potremo più andare a passeggio...
Berenger (tirando fuori scatole) Scatola per scatole... scatola per scatole... scatola per scatole... scatola per scatole!...
Edouard Nient'altro che scatole...
Berenger (estrae dalla borsa una manciata di sigarette) Sigarette!
Edouard Quelle sono mie!... (Le raccoglie; poi, fermandosi) Se posso offrirgliene una...
Berenger Grazie, non fumo.
Edouard si mette la manciata di sigarette in tasca, altre sigarette si sparpagliano sulla tavola, cadono a terra.
(Guardando fisso Edouard) Sono gli oggetti del mostro! Lei li aveva qui!
Edouard Non ne sapevo niente, non ne sapevo niente! (Fa per riprendere la borsa).
Berenger No, no. Vuoti tutto! Avanti!
Edouard Mi stanca. Lo faccia lei, ma non ne vedo la necessità. (Gli tende la borsa spalancata).
Berenger (estraendo un'altra scatola) Solo una scatola, di nuovo.
Edouard Vede bene.
Berenger (guardando all'interno della borsa svuotata) Non c'è più niente!
Edouard Posso rimettere a posto? (Comincia a raccogliere gli oggetti e a rimetterli, in disordine, dentro la borsa).
Berenger Gli oggetti del mostro! Sono gli oggetti del mostro! È straordinario!...
Edouard (c. s.) Eh... sì, diamine, non lo si può negare... È vero.
Berenger Come mai si trovano nella sua borsa?
Edouard Veramente... Io... Che cosa vuole che le dica?... Ci sono cose che non ci si può sempre spiegare... Posso rimettere a posto?
Berenger Forse, sì, in fondo... A che potrebbero servirci? (Comincia ad aiutare Edouard a riempire la borsa con gli oggetti che ne aveva tirato fuori; poi d'improvviso, nel momento in cui vuol rimettere nella borsa l'ultima scatola che non aveva esaminato, questa si apre e si sparpagliano sulla tavola ogni sorta di documenti insieme a parecchie dozzine di biglietti da visita; tutto ciò, in stile da prestigiatore) Guarda, biglietti da visita!
Edouard Sì. Biglietti da visita. Effettivamente, è stranissimo... ah questa poi!
Berenger esaminando i biglietti da visita) Dev'essere il suo nome.
Edouard II nome di chi?
Berenger Ma il nome del criminale, no? il nome del criminale!
Edouard Lei crede?
Berenger Mi sembra indiscutibile.
Edouard Davvero? Perché?
Berenger Ma insomma, lo vede bene! Tutti i biglietti da visita portano lo stesso nome. Guardi, legga! (Tende qualche biglietto da visita a Edouard).
Edouard (leggendo il nome stampato sui biglietti) Effettivamente... lo stesso nome... dappertutto lo stesso nome... è vero!
Berenger Ah... ma... diventa sempre più bizzarro, caro Edouard, sì (guardandolo) ... sempre più bizzarro!
Edouard Forse lei pensa che?...
Berenger (estraendo dalla scatola gli oggetti di cui parla) Ed ecco qui il suo indirizzo... (Edouard tossicchia leggermente, con un'ombra d'inquietudine) E la sua carta d'identità... la sua foto! È proprio lui... La sua foto appuntata su quella del colonnello! (Con un'agitazione crescente) Un taccuino con... con... i nomi di tutte le vittime... i loro indirizzi!... L'acchiapperemo! Edouar l'acchiapperemo!
Edouard (estraendo, non si sa donde, un cofanetto; lo cava forse dalla tasca, da una delle maniche, come un prestigiatore. Può essere una scatola piatta, che prende forma di cubo al momento in cui viene mostrata) C'è anche questo...
Berenger (nervosamente) Faccia vedere, presto! (Apre il cofanetto, ne trae altri documenti, li stende sulla tavola) Un quaderno... (Lo sfoglia) «Tredici gennaio: oggi ucciderò... quattordici gennaio: ho gettato, ier sera, nel laghetto una vecchia che aveva gli occhiali montati d'oro... » È il suo diario segreto! (Sfoglia, ansimando, mentre Edouard sembra sentirsi a disagio) «Ventitré gennaio: niente da ammazzare oggi. Venticinque gennaio: niente da sgranocchiare neanche oggi!...»
Edouard (timidamente) Non siamo un po' indiscreti?
Berenger (continuando) «Ventisei gennaio: Ieri sera, mentre non speravo più e mi annoiavo molto, ho potuto indurre due persone a contemplare, accanto al laghetto, la foto del colonnello... febbraio: domani, credo di poter convincere una ragazza bionda, che mi sto lavorando già da qualche tempo, a guardare la foto... » Ah, questa è Dany, l'infelice, la mia fidanzata...
Edouard Mi sembra probabile.
Berenger (continuando a sfogliare il quaderno) Ma guardi, Edouard, guardi, è incredibile...
Edouard (leggendo sopra la spalla di Berenger) Criminologia. Cosa significa?
Berenger Vuol dire: saggio sul delitto... Abbiamo qui la sua professione di fede, la sua teoria... Ed ecco, vede? Legga, legga...
Edouard (c. s., leggendo) Confessioni particolareggiate.
Berenger È in nostre mani, il miserabile!
Edouard (c. s., leggendo) Progetti per il futuro. Piani d'azione.
Berenger Dany, mia diletta, sarai vendicata! (A Edouard) Qui lei ha tutte le prove. Possiamo farlo arrestare. Se ne rende conto?
Edouard (balbettando) Io non sapevo... non sapevo...
Berenger Avrebbe potuto risparmiare tante vite umane!
Edouard (c. s.) Sì... Me ne rendo conto. Sono confuso. Non sapevo. Non so mai quello che ho, non guardo nella borsa.
Berenger È una negligenza deplorevole.
Edouard È vero, mi perdoni, sono desolato.
Berenger Eppure, via!, queste cose non sono finite li dentro da sole. Lei le ha trovate, le ha ricevute.
Edouard (tossendo, tergendosi la fronte, vacillando) ... Sono imbarazzatissimo... non riesco a spiegarmi... non capisco... Io...
Berenger Non arrossisca cosi. Lei mi fa pena, amico mio. Si rende conto di essere in parte responsabile dell'assassinio di Dany?... E di tanti altri!
Edouard Mi perdoni... io non sapevo.
Berenger Vediamo cosa ci rimane da fare. (Profondo sospiro) È inutile rimpiangere il passato. I suoi rimorsi non servono a niente.
Edouard Ha ragione, ha ragione, ha ragione. (Poi, facendo uno sforzo di memoria) Ah, sì, mi ricordo, adesso. È strano, cioè, no, non è affatto strano. Il criminale mi aveva mandato il suo diario segreto, le sue note, le sue schede, molto tempo fa, pregandomi di pubblicarli in una rivista letteraria. Era prima dell'esecuzione dei delitti.
Berenger Però, annota quel che va facendo via via. Coi particolari. È come un giornale di bordo.
Edouard No, no. A quel momento erano semplici previsioni... previsioni immaginarie. Avevo completamente perduto di vista l'intera faccenda. Credo che lui stesso non pensasse di perpetrare tutti questi crimini. La sua immaginazione l'ha trascinato. Solo in se- guito, probabilmente, ha pensato a mettere in pratica i suoi progetti. Io, per parte mia, le avevo prese per fantasticherie senza conseguenza...
Berenger (alzando le braccia al cielo) Lei è di un'ingenuità colossale!
Edouard (continuando) ... Qualcosa come dei fanta-omicidi, poesia, letteratura...
Berenger La letteratura porta a tutto. Non lo sapeva?
Edouard Non si può impedire agli scrittori di scrivere, né ai poeti di sognare.
Berenger Bisognerebbe.
Edouard Rimpiango di non aver riflettuto sulla questione, di non aver messo tutti questi documenti in rapporto con gli avvenimenti...
Sempre parlando, Edouard e Berenger cominciano a raccogliere e a rimettere, nella misura del possibile, dentro alla borsa, gli oggetti sparpagliati sulla tavola, per terra, sugli altri mobili.
Berenger (mettendo gli oggetti nella borsa) Eppure il rapporto è proprio quello che corre tra l'intenzione e la realizzazione, né più né meno, è chiaro come il sole...
Edouard (traendo dalla tasca una grande busta) C'è ancora questo!
Berenger Che cos'è? (Aprono la busta) Ah, è una carta, una pianta... Queste croci sulla pianta, cosa significano?
Edouard Credo che... ma sì... sono i punti dove deve trovarsi l'assassino...
Berenger (esaminando la carta distesa su tutta la tavola) E questo? Nove meno un quarto, tredici e ventisette, quindici e tre quarti, ore diciotto e tre...
Edouard È il suo orario, verisimilmente. Stabilito in anticipo.
Località per località, ora per ora, minuto per minuto.
Berenger ... Ore ventitré, nove minuti, due secondi...
Edouard Secondo per secondo. Non perde tempo. (Lo dice con un misto di ammirazione e d'indifferenza).
Berenger Non perdiamo neanche noi il nostro. È semplice. Avvertiamo la polizia. Non rimane che pescarlo. Ma, spicciamoci, gli uffici della Polizia centrale chiudono prima di notte. Dopo, non c'è più nessuno. Prima di domani, potrebbe forse cambiare i suoi piani. Andiamo subito a trovare l'architetto, il commissario.
Edouard Lei sta diventando un uomo d'azione. Io...
Berenger (continuando) Mostriamogli le prove!
Edouard (con una certa mollezza) Sì, sì...
Berenger (agitato) Avanti, andiamo. Non c'è un secondo da perdere! Finiamo di riordinare tutta sta roba...
Cacciano come possono gli oggetti nell'enorme borsa, nelle tasche, nella fodera dei cappelli. Non dimentichiamo nessuno dei documenti... presto.
Edouard (ancora più fiaccamente) Ma sì, ma sì.
Berenger (finendo di riempire la borsa. Tuttavia, qualche biglietto da visita, qualche oggetto potrà restare sul pavimento, sulla tavola...) Presto, non stia lì a dormire, presto, presto... Ci occorrono tutte le prove... Avanti, chiuda bene adesso, chiuda a chiave...
Edouard, facendosi spingere, cerca invano di chiudere con una chiavetta la serratura della borsa; si ferma un po' per tossire.
Due giri!... Non è il momento di tossire!
Edouard si sforza di non tossire, sempre continuando la sua azione.
Santa pace, che pasticcione, non ha forza nelle dita. Un po' di vita, andiamo, un po' di vita!... Si dia da fare. Ah, lasci a me! (Prende dalle mani di Edouard la chiavicina e la borsa).
Edouard Mi scusi, ho delle mani veramente poco abili...
Berenger La borsa è sua e non sa nemmeno chiuderla... Mi lasci la chiave, andiamo! (Abbastanza vivacemente strappa la chiave dalle mani di Edouard che gliel'aveva ripresa).
Edouard La prenda, eccola qui.
Berenger (chiudendo la borsa) Come pensa di chiudere senza chiave? Ecco fatto. Tenga...
Edouard Grazie.
Berenger La metta in tasca. La perderà!
Edouard obbedisce.
Così. Andiamo...
Edouard riprende la borsa.
(Si avvia alla porta, seguito, a malincuore, da Edouard; verso il quale si volta) Non lasci la luce accesa, spenga, per favore.
Edouard si volta e va a spegnere. Per far questo, abbandona la borsa che dimenticherà presso la sedia. L'azione dev'essere eseguita in modo molto visibile.
Andiamo... Andiamo... Si muova... Si muova...
Escono entrambi molto rapidamente. Si sente la porta aprirsi, richiudersi, sbattendo. Si sentono i loro passi nell'ingresso. Li si vede nella strada, mentre i rumori della città tornano a farsi sentire. Nella loro precipitazione, urtano la portinaia che si vede davanti alla finestra. Berenger trascina Edouard per la mano.
Portinaia (urtata, mentre Berenger e Edouard scompaiono) Ma chi ha mai visto!... (Continua a borbottare in modo incomprensibile).
S i p a r io.
Atto terzo
Una sorta di grande viale, ai margini della città. Sul fondo della scena, la prospettiva è ostruita. In quel punto, la via dev'essere sopraelevata, dalla parte che non si vede. Questa sopraeleva- zione, larga qualche metro, è chiusa da una ringhiera. Dal lato del palco che si può vedere dalla sala, una scalinata, pure fiancheggiata da ringhiere, porta al marciapiedi superiore. Questi pochi gradini di pietra devono somigliare a quelli di certe vecchie vie di Parigi, come la rue Jean-de-Beauvais. Più tardi, sullo sfondo, il sole che tramonta, rosso, enorme, ma senza splendore. La luce non viene da lui. In sostanza, sullo sfondo, è come se ci fosse una specie di muro che si alza a un metro e mezzo o due metri, a seconda dell'altezza del palcoscenico. Nella seconda parte di quest'atto il muro dovrà disfarsi lasciando una prospettiva, la prospettiva di una lunga via con, in lontananza, gli edifici della polizia centrale. Il palco può essere inclinato. In tal caso la scala forse non serve più.
A destra, in primo piano, una panchina. Prima che si alzi il sipario, si sentono grida: « Viva le oche di comare Pipa! Viva le oche di comare Pipa! » Il sipario di alza.
Nella zona sopraelevata, al fondo del palco, visibile dalla cintola in su, comare Pipa, dietro la ringhiera, un bonario donnone che somiglia alla portinaia del secondo atto. Si rivolge a una folla che non si vede: si scorgono solo due o tre bandiere con un'oca al centro. L'oca bianca si staglia sul fondo verde delle bandiere.
Comare Pipa (tenendo anch'essa una bandiera verde con un'oca al centro) Popolo! Io, comare Pipa, allevatrice di oche pubbliche, ho una lunga esperienza della vita politica. Affidatemi il carro dello Stato che io guiderò e che sarà tirato dalle mie oche. Votatemi. Fidatevi di me. Le mie oche e io domandiamo il potere.
Grida della folla. Le bandiere ondeggiano. « Viva comare Pipa!
Viva le oche di comare Pipa! » Entra da destra Berenger seguito» da Edouard. Edouard è senza fiato. Berenger se lo trascina dietro per la manica. Attraversano cosi, da destra a sinistra, da sinistra a destra, il palco. Durante le battute di Edouard e di Berenger, non si sentirà più parlare comare Pipa. La si vedrà soltanto far gesti e spalancare la bocca, mentre le acclamazioni della folla nascosta non formeranno che un sottofondo sonoro, attenuato. II discorso di comare Pipa e i rumori delle voci si sentono di nuovo, naturalmente, fra le battute di Edouard e di Berenger.
Berenger Forza, si sbrighi, si sbrighi! Ancora un piccolo sforzo. È laggiù, in fondo. (Mostra col dito) Laggiù, il palazzo della Polizia centrale; bisogna arrivare a tempo, prima della chiusura degli uffici; fra mezz'ora, sarà troppo tardi. L'architetto, voglio dire il commissario, non ci sarà più. Le ho detto perché non si può aspettare fino a domani. Prima di allora, il sicario potrebbe prende il largo... o fare altre vittime! Deve sospettare che sono alle sue calcagna.
Edouard (trafelato ma gentile') Abbia pazienza un secondo, mi ha fatto correre troppo.
Comare Pipa Concittadini, concittadine...
Edouard Non ne posso più. (Si siede sulla panca).
Berenger Bene. Tanto peggio. Ma un secondo, non di più. (Resta in piedi, accanto alla panca) Ma cos'è questo assembramento?
Edouard Un comizio elettorale.
Comare Pipa Votate per noi! Votate per noi!
Berenger Sembra la mia portinaia.
Edouard Lei soffre di allucinazioni. È un uomo politico, comare Pipa, allevatrice d'oche. Una forte personalità.
Berenger II suo nome mi dice qualcosa. Ma non ho tempo di ascoltarla.
Edouard (a Berenger) Si sieda un momento, non è stanco?
Comare Pipa Popolo, tu sei mistificato. Tu sarai demistificato.
Berenger (a Edouard) Non ho tempo dì essere stanco.
Voce della folla Abbasso la mistificazione. Viva le oche di comare Pipa!
Edouard (a Berenger) Chiedo scusa. Un secondo. Ho detto: un secondo.
COMARE PIPA Ho allevato per voi tutta una schiera di demistificatori.
Vi demistificheranno. Ma per demistificare bisogna mistificare.
Ci occorre una mistificazione nuova.
Berenger Non abbiamo tempo, non abbiamo tempo!
Voce ella folla Viva la mistificazione dei demistificatori.
Berenger Non abbiamo un istante da perdere! (Siede lo stesso, guardando l'orologio) L'ora incalza.
VOCE della folla Viva la nuova mistificazione!
Berenger (a Edouard) Andiamo.
Edouard (a Berenger) Non sia così inquieto. È la stessa ora di prima, vede bene.
Comare Pipa Vi prometto di cambiare tutto. Per cambiare tutto bisogna non cambiar niente. Si cambiano i nomi, non si cambiano le cose. Le vecchie mistificazioni non hanno resistito all'analisi psicologica, all'analisi sociologica. La nuova sarà invulnerabile. Non ci saranno altro che malintesi. Perfezioneremo la menzogna.
BERENGER (a Edouard) Moviamoci.
Edouard Se ci tiene.
BERENGER (accorgendosi che Edouard, il quale sta alzandosi a fatica, non ha più la borsa) Dov'è la borsa?
Edouard La borsa? Quale borsa? Ah, si, la mia borsa. Dev'essere sulla panca. (Guarda sulla panca) No. Non è sulla panca.
BERENGER E’ incredibile! Ma se la tiene sempre con sé!
Edouard Forse è sotto la panca.
Comare Pipa Noi disalieneremo l'umanità.
Berenger (a Edouard) Ma la cerchi, la cerchi, presto.
Si mettono a cercare la borsa sotto la panca, poi in giro per terra.
Comare Pipa (alla folla) Per disalienare l'umanità, bisogna alienare ciascun uomo in particolare... e avrete la minestra popolare!
Voce della folla Avremo la minestra popolare e le oche di comare Pipa!
Berenger (a Edouard) Cerchiamo, sbrighiamoci. Dove Pavrà lasciata?
Comare Pipa (alla folla, mentre Berenger e Edouard cercano la borsa, Berenger febbrilmente, Edouard con noncuranza) Noi non perseguiteremo più, ma puniremo e faremo giu stizia. Non colonizzeremo i popoli, li occuperemo per liberarli. Non sfrutteremo gli uomini, li faremo produrre. Il lavoro obbligatorio si chiamerà lavoro volontario. La guerra si chiamerà pace e tutto sarà cambiato, grazie a me e alle mie oche.
Berenger (continuando a cercare) È inconcepibile, è inconcepibile, dove può essere andata
a finire? Speriamo solo che non gliel'abbiano rubata. Sarebbe una catastrofe, una catastrofe!
Voce della folla Viva le oche di comare Pipa! Viva la minestra popolare!
Comare Pipa La tirannide restaurata si chiamerà disciplina e libertà.
L'infelicità di tutti gli uomini è la felicità del genere umano!
Berenger (a Edouard) Lei non si rende conto, è un disastro, non possiamo far niente senza le nostre prove, senza i documenti. Non ci crederanno.
Edouard (a Berenger, con noncuranza) Non si dia pensiero, la ritroveremo. Cerchiamo tranquillamente. L'essenziale è mantenere la calma.
Si rimettono a cercare.
Comare Pipa (alla folla) I nostri procedimenti saranno più che scientifici. Saranno para- scientifici! La nostra ragione sarà fondata sul furore. E voi avrete la minestra popolare...
Voce della folla Viva comare Pipa! Viva le oche! Viva le oche!
Voce nella folla E noi saremo disalienati, grazie a comare Pipa.
Comare Pipa L'oggettività è soggettiva nell'èra della para-scienza.
Berenger (torcendosi le mani, a Edouard) È un colpo del malfattore.
Edouard (a Berenger) Interessante, però, quel che dice comare Pipa!
Voce della folla Viva comare Pipa!
Berenger (a Edouard) Le dico che è un colpo del malfattore.
Edouard (a Berenger) Lei crede?
Appare da sinistra, con una borsa in mano, un uomo ubriaco fradicio, in marsina e cilindro.
L'uomo Io sono... (singhiozzo) io sono per (singhiozzo) ...la riabilitazione dell'eroe.
Berenger (scorgendo l'uomo) Ecco la borsa! Ce l'ha lui. (Si muove alla volta dell'uomo).
Edouard Viva comare Pipa!
Berenger (all'uomo) Dove ha trovato quella borsa? Mi renda la borsa.
L'uomo Lei non è per la riabilitazione dell'eroe?
Comare Pipa (alla folla) Quanto agl'intellettuali...
Berenger (cercando di strappare la borsa dalle mani dell'uomo) Ladro!... Lasci andare sta borsa!
Comare Pipa (alla folla) ... Noi li metteremo al passo dell'oca! Viva le oche!
L'uomo (fra un singhiozzo e l'altro, tenendo forte la borsa) Non l'ho rubata. È la mia borsa.
Voce della folla Viva le oche!
Berenger (all'uomo) Dove l'ha presa? Dove l'ha comprata?
L'uomo ( scrollato da Berenger, ha il singhiozzo. A Edouard) La riconosce, lei, la sua borsa?
Edouard Si direbbe... mi sembra.
Berenger (all'uomo) Allora, me la renda.
L'uomo Io sono per l'eroe.
Berenger (a Edouard) Mi aiuti. (Si accanisce sull'uomo).
Edouard Si, sì. (Si avvicina all'uomo ma lascia che Berenger \l accanisca da solo su di lui. Guarda dalla parte di cornai e Pipa).
Comare Pipa Demistificando le mistificazioni da troppo tempo demistificate, gli intellettuali non ci romperanno più le scatole.
Voce della folla Viva comare Pipa!
L'uomo Le dico che è mia.
Comare Pipa Saranno sciocchi, quindi intelligenti. Saranno vigliacchi, cioè coraggiosi; lucidi, cioè ciechi.
Edouard Viva Comare Pipa! insieme
Voce della folla Viva Comare Pipa!
Berenger (a Edouard) Non è il momento di fare il babbeo. Lasci perdere comare Pipa.
Edouard (all'uomo, tepidamente) Gli restituisca la borsa oppure dica dove l'ha comperata.
L'uomo (singhiozzo) Abbiamo bisogno di eroi!
Berenger (all'uomo, essendo finalmente riuscito a strappargli In borsa) Cosa c'è dentro?
L'uomo Non so, dei documenti.
Berenger (aprendo la borsa) Finalmente! Razza d'ubriacone!
Edouard (all'uomo) Che cosa intende per eroe?
Comare Pipa Noi cammineremo all'indietro e saremo all'avanguardia della storia!
L'uomo (mentre Berenger fruga nella borsa e Edouard vi getta, sopra la spalla di Berenger, uno sguardo distratto) Eroe? È colui che osa pensare contro la storia e che insorge contro il suo tempo. (Forte) Abbasso comare Pipa.
Berenger (all'uomo) Lei è completamente ubriaco!
L'uomo L'eroe combatte il suo tempo, crea un altro tempo.
Berenger (traendo delle bottiglie di vino dalla borsa dell'uomo) Bottiglie di vino!
L'uomo Mezzo vuote! Non è un delitto!
COMARE Pipa ...perché la storia ha ragione!
L'uomo (sospinto da Berenger esclama barcollando e cadendo a terra sul sedere) ... Sì... quando la ragione sragiona...
Berenger E lei è ragionevole, lei, a ubriacarsi come fa? (A Edouard) Ma allora dov'è la sua borsa?
L'uomo Le avevo ben detto che era la mia! Abbasso comare Pipa!
Edouard (sempre indifferente e immobile) Come faccio a saperlo? Sto cercando, vede bene.
VOCE DELLA FOLLA Viva comare Pipa! Viva le oche di comare Pipa! Lei cambia tutto, non cambia, cambia tutto, non cambia!
(Scandito).
Berenger (a Edouard) Lei è imperdonabile!
L'uomo (si rialza barcollando) Abbasso comare Pipa!
Edouard (a Berenger, piagnucolando) Oh, lei mi offende! Io sono malato.
Berenger (a Edouard) Mi scusi, abbia pazienza! Cerchi di capire il mio stato d'animo.
In questo momento un vecchietto, barbettina bianca, aria timida, vestito poveramente, entra da destra tenendo, da una mano, un parapioggia e dall'altra un'enorme borsa nera, identica a quella che aveva Edouard nel secondo atto.
L'uomo (mostrando il vecchio) Eccola la sua borsa! Forse è quella.
Berenger si precipita sul vecchio.
Comare Pipa Se l'ideologia non collima con la realtà, noi proveremo che essa collima e tutto sarà sistemato. I buoni intellettuali ci appoggeranno. Contro i vecchi miti vi fabbricheranno degli anti-miti. Noi sostituiremo i miti...
Berenger Pardon, signore.
Comare Pipa ... con degli slogan!... e con nuovi luoghi comuni!
Il vecchio (salutando col cappello) Pardon, signore, dove si trova il Danubio, per piacere?
L'uomo (al vecchio) Lei è per l'eroe?
Berenger (al vecchio) La sua borsa somiglia a quella del mio amico (lo indica col dito) il signor Edouard.
Edouard (al vecchio) Molto onorato di fare la sua conoscenza
Voce della folla Viva comare Pipa!
Vecchio (a Edouard) La via del Danubio, per favore.
Berenger Non si tratta di via del Danubio.
Vecchio Non via del Danubio. Proprio il Danubio.
L'uomo Ma siamo a Parigi.
Vecchio (all'uomo) Lo so. Sono parigino anch'io.
Berenger Si tratta della borsa!
L'uomo (al vecchio) Vuol vedere che cosa c'è nella sua borsa.
Vecchio Questi non sono affari suoi. Non lo so neppure io. Io sono discreto con me stesso.
Berenger Volente o nolente lei ci farà vedere...
Berenger, l'uomo e anche Edouard tentano di strappare la borsa dalle mani del vecchio che vi si oppone, protestando.
Vecchio (dibattendosi) Non permetterò!
Comare Pipa Non ci saranno più profittatori. Saremo io e le mie oche...
Tutti si buttano e scrollano il vecchio, cercando di prendergli la borsa: l'uomo riuscirà a impadronirsene per primo; il vecchio la strapperà dalle mani dell'uomo; Edouard se ne impadronirà a sua volta, il vecchio gliela riprenderà. Si può complicare l'azione usando ancora la borsa dell'uomo che sarà scambiata per quella del vecchio. Delusione alla vista delle bottiglie, ecc.
Berenger (a Edouard) Balordo! (S'impadronisce della borsa).
Il vecchio la prenderà di nuovo, l'uomo la riprende dalle mani del vecchio.
L'uomo (la tende a Edouard) Eccola.
Il vecchio la riprende, vuole scappare, lo riacchiappano, ecc. Durante tutta l'azione comare Pipa continua il suo discorso.
Comare Pipa ... Io e' le mie oche distribuiremo i beni pubblici. Li divideremo con equità. Ne tratterrò la parte del leone per me e le mie oche...
Voce della folla Viva le oche!
Comare Pipa ... per fortificare le oche affinché possano tirare con più forza il carro dello Stato.
Voce della folla La parte del leone per le oche! La parte del leone per le oche!
L'uomo (gridando verso comare Pipa) E la libertà di critica?
Comare Pipa E marciamo tutti al passo dell'oca.
Voce della folla Al passo dell'oca, al passo dell'oca.
Si sente una sorta di marcia cadenzata e la folla che grida: « Al passo dell'oca, al passo dell'oca ». Frattanto, il vecchio è riuscito a fuggire con la sua borsa. Esce di scena a sinistra inseguito da Berenger. Edouard che ha accennato a seguire Berenger e il vecchio, ritorna sui suoi passi e va a sdraiarsi sulla panca tossicchiando. L'ubriaco gli si accosta.
L'uomo (a Edouard) Non va, eh? Ne beva un sorso. (Vuole offrirgli del vino della bottiglia semivuota).
Edouard (schermendosi) No, grazie.
L'uomo Sì, sì, le farà bene. È roba che tira su.
Edouard Non voglio essere tirato su.
L'uomo costringe a bere Edouard che continua a schermirsi; cade a terra del vino, anche
la bottiglia può cadere e infrangersi. L'uomo continua a cercare di far bere Edouard ma rivolgendosi a comare Pipa.
L'uomo (molto ubriaco) La scienza e l'arte hanno fatto molto di più della politica per cambiare le mentalità. La rivoluzione vera si fa nei laboratori degli scienziati, nello studio degli artisti. Einstein, Oppenheimer, Breton, Kandinski, Picasso, Pavlov, ecco gli autentici rinnovatori. Essi allargano il campo delle nostre conoscenze, rinnovano la nostra visione del mondo, ci trasformano. Presto, i mezzi di produzione permetteranno a tutti di vivere. Il problema economico si risolverà da sé. Le rivoluzioni pubbliche sono risentimenti che esplodono in modo maldestro. (Prende un'altra bottiglia di vino dalla borsa e ne tracanna un gran sorso) La penicillina e la lotta contro l'alcolismo sono molto più efficaci dei cambiamenti di governo.
Comare Pipa (all'uomo) Porco! Ubriacone! Nemico del popolo! Nemico della storia! (Alla folla) Io vi denuncio l'ubriacone, nemico della storia.
Voce della folla Abbasso il nemico della storia! Uccidiamo il nemico della storia!
Edouard (rialzandosi penosamente) Moriremo tutti. È la sola alienazione seria!
Berenger (entra, tenendo in mano la borsa del vecchio) Nella borsa non c'è niente!
Vecchio (seguendo Berenger) Me la renda, me la renda!
L'uomo Io sono un eroe! Io sono un eroe! (Si precipita barcollando verso il fondo e sale le scale, in direzione di comare Pipa) Io non penso come tutti! Glielo dirò!
Berenger (al vecchio) Non è la borsa di Edouard, gliela restituisco, mi scusi.
Edouard Non lo faccia. Pensare contro il proprio tempo è eroismo. Ma dirlo, è follia.
Berenger Non è la sua borsa. Ma allora la sua dov'è?
Nel frattempo l'uomo è arrivato in cima ai gradini, vicino a comare Pipa.
Comare Pipa (fa apparire una enorme borsa che non si era vista fino ad ora, la leva in alto) Discutiamo liberamente! (Dà un colpo con la borsa sulla testa dell'uomo) A me, le mie oche! Una pastura per voi, mie oche!
Comare Pipa e l'uomo, lottando, cadono dall'altro lato del rialzo. Si vedrà, durante la scena che segue, ora la testa di comare Pipa, ora la testa dell'uomo, ora entrambe al tempo stesso, in mezzo a un baccano spaventevole.
Le voci (gridano) Viva comare Pipa! Abbasso l'ubriaco!
Poi alla fine delle battute che seguono, un'ultima volta, solo la testa di comare Pipa riapparirà, laida.
Comare Pipa (prima di sparire, in stile marionetta) Le mie oche l'hanno liquidato.
Edouard II saggio tace. (Al vecchio) Non è vero, signore?
Berenger (torcendosi le mani) Ma dov'è! Ne abbiamo assolutamente bisogno.
Vecchio Dove si trovano i lungofiume del Danubio? Adesso me lo può dire. (Si rassetta gli abiti, chiude la borsa vuota, riprende il parapioggia).
Comare Pipa, colpendo l'uomo con la propria borsa, l'ha involontariamente aperta. Ne sono usciti dei cartoni rettangolari, che sono caduti a terra.
Berenger Ma eccola là, Edouard, la sua borsa! È la borsa di comare Pipa. (Vede i cartoni che sono caduti) Ed ecco i documenti!
Edouard Crede?
Vecchio (a Edouard) Ma insomma, ha proprio la mania di correr dietro a tutte le borse. Che cosa cerca?
Berenger si china, raccoglie i cartoni e ritorna alla ribalta, accanto a Edouard e al vecchio, con aria desolata.
Edouard È la mia borsa che vuol trovare!
Berenger (mostrando i cartoni) Non sono i documenti. Sono soltanto dei giochi dell'oca!
Edouard (a Berenger) È un gioco divertente. (Al vecchio) Non trova?
Vecchio Non l'ho più giocato da molto tempo.
Berenger (a Edouard) Ma di che va cianciando lei? Pensi alla borsa... Alla borsa coi documenti. (Al vecchio) Le prove, per arrestare il malfattore!
Vecchio Ah, è così, bisognava dirlo subito!
A questo punto la testa di comare Pipa dice la battuta sopra menzionata, apparendo per l'ultima volta. Subito dopo, si sente il motore di un autocarro, che copre la voce della folla e anche quelle dei tre personaggi che si trovano in scena e discutono, senza che si sentano, con molti gesti. Un vigile urbano, che dev'essere di statura smisurata, appare, con un bastone bianco, picchiando sulle teste della gente che si trova dall'altra parte del muro e che non si vede.
Il vigile urbano (visibile dalla testa alla cintura, picchiando con una mano e con l'altra tenendo il fischietto in cui soffia) Circolare, signori, circolare-
La folla (grida) La polizia, la polizia!
Il vigile continua a far circolare; i rumori della folla si attenuano via via, poi non si odono più. Un enorme autocarro militare proveniente da sinistra invade la metà della parte alta del palco.
Edouard (con indifferenza) To', un autocarro militare!
Berenger (a Edouard) Non se ne impicci.
Un altro autocarro militare, giungendo dal lato opposto, riempie quasi l'altra metà del muro di fondo, lasciando soltanto un breve spazio; il vigile, che resta fra i due autocarri, in alto, dietro il muro dove si trovava comare Pipa, domina gli autocarri.
Vecchio (a Berenger) Bisognava dirlo, che stava cercando la borsa del suo amico, con le prove. Io so dov'è.
Vigile (dall'alto, fra i due autocarri, fischiando) Circolare, circolare.
Vecchio (a Berenger) Il suo amico probabilmente l'ha dimenticata a casa sua, quando sono usciti, nella precipitazione!
Berenger (al vecchio) Come lo sa!
Edouard È vero, avrei dovuto pensarci! Lei ci ha veduti?
Vecchio Niente affatto. Ma io deduco, è semplicissimo.
Berenger (a Edouard) Stordito!
Edouard Mi scusi... Andavamo così di fretta!
Dall'autocarro militare scende un giovane soldato, con in mano un mazzo di garofani rossi. Se ne serve come d'un ventaglio. Va a sedersi, col mazzo in mano, in cima all'autocarro, le gambe penzoloni.
Berenger (a Edouard) Vada a prenderla, su, vada a prenderla subito. Lei mi fa impazzire. Io vado ad avvertire il commissario, che ci aspetti. Si sbrighi e cerchi di raggiungermi al più presto. La Polizia centrale è là in fondo. In un'impresa come questa, non mi piace essere solo per istrada. È sgradevole. Mi capisce.
Edouard La capisco, è naturale, la capisco. (Al vecchio) Grazie, signore.
Vecchio (a Berenger) Potrebbe dirmi, adesso, dove si trovo il Lungo-Danubio?
Berenger (a Edouard, che non si è mosso) Si spicci, non resti lì impalato. Torni presto.
Edouard Intesi.
Berenger (al vecchio) Non lo so, signore, mi spiace.
Edouard (si dirige, a passi lentissimi, verso la destra, donde uscirà dicendo, con noncuranza) Intesi, mi sbrigo. Mi sbrigo. Un momento. Un momento.
Berenger (al vecchio) Bisogna domandare, bisogna domandare a un vigile!
Uscendo, Edouard quasi si scontra con un secondo vigile, che appare fischiando, e anche lui facendo segnalazioni col suo bastone bianco; dev'essere di statura enorme. Magari è montato sui trampoli.
Edouard (evitando il vigile che non lo guarda) Oh! Scusi, signor vigile! (Scompare).
Berenger (al vecchio) Eccone uno. S'informi da lui.
Vecchio È molto occupato. Devo osare?
Berenger Ma si. Sono gentilissimi. (Si dirige verso il fondo dopo aver gridato, un'ultima volta, all'indirizzo di Edouard) Si sbrighi!
Frattanto il vecchio, timidissimo, molto esitando, si dirige verso il secondo vigile.
Vecchio (timidamente, al secondo vigile) Signor vigile! Signor vigile!
Berenger (si è diretto verso il fondo, e mette il piede sul primo gradino) Avanti, presto!
Il 1° vigile (fra due colpi di fischietto, puntando in basso verso Berenger, il bastone bianco, perché si allontani) circolare, circolare.
Berenger È terribile. Che ingorgo di traffico. Mai, mai arriverò.
(Rivolgendosi ora all'uno, ora all'altro vigile) Per fortuna, signori agenti, che ci sono loro a regolare la circolazione. Loro non sanno che tragedia sia per me questo ingorgo!
Vecchio (al secondo vigile) Mi scusi, signor vigile.
Per rivolgersi al vigile, il vecchio si è rispettosamente tolto il cappello e ha salutato fino a terra; il vigile non risponde, si dimena, fa segnalazioni, a cui risponde, egli pure col bastone bianco, il vigile che si trova come appollaiato dall'altra parte del muro e di cui si continua a veder soltanto la parte superiore della persona e che fischia energicamente. Berenger si agita, va verso un vigile, poi verso l'altro.
BERENGER (al primo vigile) Ma faccia in fretta, ho bisogno di passare. Si tratta di una missione importantissima, salutare.
1° VIGILE (continuando a fischiare fa segno col bastone a Berenger di circolare) Circolare!
Vecchio (al secondo vigile) Signor vigile... (A Berenger) Non risponde. È occupatissimo.
BERENGER Ah, questi autocarri che non partono più. {Guarda l'orologio) Per fortuna, è sempre la stessa ora. (Al vecchio) Domandi, su, domandi, non la mangerà mica.
Vecchio (al secondo vigile che continua a fischiare) Signor vigile, per favore.
Il 2° vigile (al primo) Fa andare indietro i camion!
Motori dei camion che però non si spostano. Falli venire avanti. Stessi rumori.
Il soldato (a Berenger) Se conoscessi la città, gli potrei dare io l'informazione. Ma non
sono di qui.
BErenger (al vecchio) Il signor vigile deve darle soddisfazione. È un onore per lui.
Parli più forte.
Il soldato continua a farsi aria, frattanto, col suo mazzo di fiori rossi.
Vecchio (al secondo vigile) Scusi, signor vigile, mi ascolti, signor vigile.
2° vigile Che?
Vecchio Vorrei domandarle, signor vigile, una modesta informazione!
2° vigile (arrogante) Momento! (Al soldato) Tu, perché sei sceso dal tuo camion? Eh?
Soldato Io... io... ma tanto si è fermato!...
Berenger (a parte) Strano, il vigile ha la stessa voce del commissario. Se fosse lui?
(Va a guardare più vicino) No. Non era cosi alto.
2° vigile (di nuovo al vecchio signore, mentre l'altro vigile continua a dirigere il traffico) Cosa c'è ancora?
Berenger (a parte) No, non è lui. La sua voce non era così dura.
Vecchio (al secondo vigile) Il Lungo-Danubio, di grazia, scusi, signor vigile.
2° vigile (la sua risposta è rivolta al tempo stesso al vecchio signore, al primo vigile e agli autisti invisibili dei due autocarri: il che scatena, da parte di tutti, un mori mento generale disordinato che deve essere comico , anche i due camion si muovono) A sinistra! A destra! Diritto! Indietro! Avanti!
Il secondo vigile, in alto, che continua a non esser visibili che dalla cintura in su, gira la testa e muove il bastone bianco, « sinistra», «a destra», «diritto», «indietro», «avanti»; gesti simmetrici di Berenger, dal suo posto; il soldato fa lo stesso suo mazzo di fiori. Il vecchio signore fa per andare n «ini mi i, poi a destra, poi avanti, indietro, avanti.
Berenger (a parte) Quelli della polizia hanno tutti la stessa voce.
Vecchio (ritornando dal secondo vigile) Mi scusi, signor vigile, mi scusi, sono un po' duro d'orecchio. Non ho capito bene la direzione che mi ha indicato... dove si trova II Lungo- Danubio, per favore?...
2° vigile (al vecchio signore) Lei mi prende in giro! Dico, ma scherziamo...
Berenger (c. s.) Il commissario era più cortese...
2° vigile (al vecchio signore) Dai, dai... sciò!... o è sordo, o è scemo... E non rompa le scatole!
Colpi di fischietto del secondo vigile che si dimena dopo aver scrollato e fatto vacillare il vecchio signore, che ha lasciato cadere il bastone.
Soldato (sempre sullo scalino o sul tetto dell'autocarro) Il bastone, signore!
Vecchio (raccogliendo il bastone, al secondo vigile) Non si offenda, signor vigile, non si offenda! (È molto spaurito).
2° vigile (continuando a dirigere l'ingorgo) A sinistra...
Berenger (al vecchio signore, mentre gli autocarri muovono un poco sul fondo, minacciando, per un secondo, di travolgere il primo vigile) L'atteggiamento di questo vigile è veramente indisponente!
1° vigile Attenzione, cretini!
Berenger (al vecchio signore) Eppure è suo dovere esser cortese con il pubblico!...
1° vigile (ai supposti autisti dei due camion) A sinistra!
2" vigile (c. s.) A destra!
Berenger (al vecchio signore) ... Questo deve certamente esserci nel regolamento!... (Al soldato) Non crede?
1" vigile (c. s.) A destra!
Soldato (molto infantile) Non so... (facendosi aria coi fiori) io, ho i miei fiori.
BERENGER (a parte) Quando vedrò il suo capo, l'architetto, gliene parlerò.
2" vigile (c. s.) Avanti dritto!
Vecchio Non importa, signor vigile, mi scusi... (Esce a sinistra).
2° vigile (c. s.) A sinistra, sinistr'!
Mentre il secondo vigile dice sempre più in fretta, in modo sempre più automatico: «Diritto! a sinistra! a destra! diritto! indietro! avanti! ecc. », il primo vigile ripete gli ordini nella stessa maniera, girando la testa, a destra, a sinistra, ecc., come un burattino.
Berenger Io ritengo, signor soldato, che siamo troppo educali, c anche troppo timidi, coi poliziotti; gli abbiamo dolo delle brutte abitudini, è colpa nostra!
Soldato (tendendo il mazzo di fiori a Berenger che gli si è arco stato e ha salito un gradino o due) Senta che profumo!
Berenger No, grazie. Non mi servono.
Soldato Sono garofani, vero?
Berenger Sì, ma non è questo il punto. Devo assolutamente ( continuare per la mia strada. Questo ingorgo è unii otiti strofe.
2° vigile (a Berenger; poi va verso il giovane soldato, da cui Berenger si è un po' allontanato) Circolare!
Berenger (allontanandosi dal vigile che gli ha appena dato quest'ordine) Questi autocarri le danno noia anche a lei signor vigile. Glielo leggo in viso. Ha proprio ragione.
2° vigile (al primo) Fischia un momento da solo.
1° vigile (continua la sua azione) Va bene!
Berenger (al secondo vigile)... La circolazione è diventata! impossibile. Specialmente quando ci sono cose... cose che non possono aspettare.
2° vigile (al soldato, indicando il mazzo di garofani che questi continua a tener sempre in mano, facendosi aria) Non hai nient'altro da fare che baloccarti con questa roba?
Soldato (educatamente) Non faccio niente di male, signor vigile, non è questo che impedisce ai camion di fare l'avviamento.
2° vigile Insolente, è proprio questo che frena il motore. (Dà uno schiaffo al soldato che non dice nulla, è cosi alto che non ha bisogno di salire gli scalini per toccare il soldato).
Berenger (a parte, al centro scena, indignato) Oh!
2° vigile (strappando i fiori dalle mani del soldato e gettandoli lontano, fra le quinte) Imbecille! Non hai vergogna! Torna sul camion coi tuoi camerati!
Soldato Sta bene, signor agente.
2° vigile (al soldato) Muoversi, muoversi, animale!
Berenger (allo stesso posto) Ah, questo è troppo!
Soldato (risalendo sul camion, aiutato da un pugno del secondo vigile e da una bastonata in testa del primo) Signorsì, signorsì! (Scompare nell'autocarro).
Berenger (allo stesso posto) Ah, questo è troppo!
2° vigile (agli altri militari che si suppongono nel camion; ma forse si potrebbe vederli sotto forma di fantocci o dipinti su panche egualmente dipinte, dentro al camion) Voi state intralciando il traffico! Ci rompete l'anima con quei camion!
Berenger (a parte, nello stesso posto) Io penso che un paese è perduto, quando la polizia prende il sopravvento sull'esercito... e gli mette le mani addosso.
2° vigile (voltandosi verso Berenger) E lei di che s'impiccia? Sono fatti suoi per caso?
BerengerMa io non ho detto niente, signor agente, non ho detto niente...
2° vigile È facile indovinare quel che passa nel cervello della gente della sua specie!
Berenger Come fa a sapere quello che...
2° vigile Questo non la riguarda. Cerchi di rettificare i suoi loschi pensieri...
Berenger (farfugliando) Neanche per sogno, signor agente, lei s'inganna, scusi, neanche per sogno, io non... non avrei mai... Anzi, anzi!...
2° vigile Prima di tutto, lei cosa fa qui? Faccia vedere i documenti!
Berenger (cercando nelle tasche) Ma si, come vuole, signor agente... È suo diritto!
2° vigile (che si trova ora al centro scena, accanto a Berenger che al suo confronto appare, evidentemente, piccolissimo) Forza, più svelto. Non ho tempo da perdere!
1° vigile (sempre in cima, fra i due camion) Ehi, tu, me lo lasci fare da solo il disingorgo? (Fischia).
2° vigile (gridando al primo) Un secondo. Adesso mi sto occupando di questo signorino. (A Berenger) Sbrighiamoci. Insomma, questi documenti ci sono o non ci sono?
Berenger (che ha trovato le sue carte) Eccoli qui, signor agente!
2° vigile (esaminando le carte, poi rendendole a Berenger) Seh... seh... Sono a posto!
Il primo vigile fischia, agita il bastone bianco. Rombo dei motori dei camion che si scostano di pochissimo l'uno dall'altro, poi ritornano nella posizione di prima.
1° vigile (al secondo) Non prendertela. Lo pescheremo lo stesso, alla prima occasione!
Berenger (al secondo vigile, riprendendo i documenti) Grazie mille, signor agente.
2° vigile Di niente.
Berenger (al secondo vigile che si preparava ad allontanarsi) Ora che sa chi sono, e che conosce il mio caso, mi permetto» di domandare il suo consiglio, e il suo aiuto.
2° vigile Non lo conosco, il suo caso.
Berenger Ma sì, signor agente, via! Lei ha ben capito che io cerco l'assassino. Che altro potrei fare in questi paraggi?
2° vigile Impedirmi di dirigere il traffico, per esempio.
Berenger (senza sentire quest'ultima battuta) ... È ormai possibile mettere le mani su di lui, ho tutte le prove... Cioè, è Edouard che le ha, me le deve portare, sono nella sua borsa... Io le ho, in linea di massima... Nell'attesa, devo recarmi alla Polizia centrale, è ancora abbastanza lontano. Potrei essere accompagnato?
2° vigile (al primo) Lo senti? Ne ha di pretese, no?
1° vigile (interrompendo la sua azione; al secondo) È della malavita? È un informatore?
2° vigile (al primo) Macché! Ah, questi polli! (Fischia per il traffico).
Berenger Mi ascolti, la prego, è una cosa veramente seria. Ha visto anche lei. Sono un uomo onorato.
2° vigile (a Berenger) E a lei, di tutto questo, che gliene importa?
Berenger (raddrizzandosi) Scusi, scusi, sono un cittadino, questo mi riguarda, questo ci riguarda tutti, siamo tutti responsabili dei delitti che... Insomma, sono un vero cittadino.
2° vigile (al primo) Lo senti? Che chiacchiera!
Berenger Glielo chiedo ancora una volta, signor agente. (Al primo vigile) E anche a lei!
1° vigile (che continua a sorvegliare il traffico) Ma la pianti!
Berenger (continuando, al secondo agente) ...A lei pure: potrei essere scortato fino alla polizia? Sono amico del commissario; dell'architetto!
2° vigile Altro reparto. Non è mica scemo, vede bene che sono del traffico!
Berenger (con più coraggio) Sono amico del commissario!...
2° vigile (chinandosi verso Berenger, e gridandogli quasi nel l'orecchio ) So-no-del-traf-fi-co !
Berenger (arretrando leggermente) Sì; sì, ma... però... l'interesse pubblico!... la salute pubblica!...
2° vigile La salute pubblica? Ce ne occupiamo. Quando c’è tempo. Il traffico innanzi tutto!
1° vigile Ma chi è questo individuo?
BerengerUn semplice cittadino, le assicuro...
1° vigile (fra due colpi di fischietto) Ha una macchina fotofili fica?
Berenger Non ne ho, non ne ho... Mi perquisiscano pure. (Ro vescia le tasche) ...Non sono
un fotografo...
2° vigile (a Berenger) Sei fortunato a non avercela, ti spaccavo la faccia!
Berenger Non voglio tener conto della sua minaccia. La salute pubblica è più importante
della mia persona. Ha ucciso anche Dany.
2° vigile Chi è, Dany?
Berenger L'ha uccisa!...
1° vigile (fra i colpi di fischietto, le segnalazioni, gli «a destra! a sinistra!») È la sua ganza...
Berenger No, signore, era la mia fidanzata. Stava per esserlo.
2° vigile (al primo) Proprio così. Vuol vendicare la sua ganza.
Berenger II delitto non deve restare impunito!
1° vigile Guarda a che punto possono arrivare, di testardaggine! Che roba!
2° vigile (più forte, ritornando da Berenger) Non ò il mio lavoro, capito? La sua storia non
m'interessa. Visto che è tanto in buona con il capo, vada a trovarlo, e non mi
rompa l'anima.
Berenger (cercando di discutere) Signor agente... Io... io...
2° vigile (c. s., mentre il primo vigile ride sardonicamente) ... io sono un agente dell'ordine, quindi le ordino di non rompermi l'anima! Lei sa da che parte deve andare... (Gli indica il fondo, ostruito dagli autocarri) ... Quindi, sloggiamo: la strada è libera!
Berenger Sta bene, signor agente, sta bene, signor agente!
2° vigile (al primo, ironicamente) Lascia passare il signore!
Come d'incanto gli autocarri si staccano; tutto lo sfondo si è disfatto, lo scenario deve infatti essere mobile.
Lascia passare il signore!
Il primo vigile è scomparso con il muro e gli autocarri; si vede ora sul fondo del palco una lunghissima via o viale, con, lontano lontano, nel sole che tramonta, il palazzo della polizia centrale; un tram in miniatura attraversa la scena in distanza.
Lascia passare il signore.
1° vigile (riapparendo e scomparendo con lo scenario che si sta aprendo sopra il tetto di una casa, nella via che è ora emersa) Avanti, fili! (Gli fa segno di filare, e sparisce).
Berenger È appunto quel che faccio!...
2° vigile (a Berenger) Antipatico!
Il secondo vigile a sua volta è sparito all'improvviso; la scena s'è leggermente oscurata. Berenger ora è solo.
Berenger (al secondo vigile) Sarei piuttosto io che dovrei dirlo a lei! Per il momento non ho tempo di... Ma avrà mie notizie! (Grida ai vigili scomparsi) A-vre-te mi-e noti-zie!
L'eco (risponde) Mie no-ti-zie...
Berenger è dunque assolutamente solo sulla scena. Sul fondo, non si vede più il tram in miniatura. Il regista, lo scenografo, l'elettricista devono far sentire la solitudine di Berenger, il vuoto che lo circonda, il deserto di questo viale fra città e campagna. Si può far sparire una parte dello scenario mobile, al line di allargare il luogo scenico. Berenger dovrà avere l'aria di camminare a lungo, durante la scena seguente. Se non si dispone di un palco girevole, Berenger può fare dei passi sur place. Poi si potrà, per esempio, far di nuovo apparire dei muri, avvicinarli a corridoio, per dare l'impressione che Berenger sta per esser chiuso in una trappola; la luce non cambierà: è il crepuscolo, con un sole fulvo che si vedrà, anche quando la scena è larga, al fondo del corridoio che potrà esser formato dai fondali raffiguranti una specie di via lunga e stretta; è un tempo, un crepuscolo raggelato.
Nella sua marcia, Berenger avrà l'aria sempre più inquieta; parte, sur place o no, dapprima di buon passo; poi, sempre più spesso, si volterà, il passo si farà più lento, esitante; guarderà, quindi, a destra, a sinistra, e di nuovo alle sue spalle; avrà l'aria, alla fine, di voler fuggire, sarà sul punto di far marcia indietro, si tratterrà a stento; poi, decidendosi con sforzo, ripartirà in avanti; se le scene non sono mobili e non possono cambiare senza sipario o senza buio, Berenger può, anche, andare da un capo all'altro della scena, poi rifare il percorso in senso inverso, ecc. Dopo di che avanzerà con precauzione, guardandosi da tutte le parti; tuttavia, alla fine dell'atto, quando l' ultimo personaggio della commedia farà la sua apparizione - o si farà prima sentire, o si farà sentire al tempo stesso che apparirà -, Berenger dovrà esser preso alla sprovvista: questo personaggio dovrà dunque apparire quando Berenger starà guardando da un altro lato. Peraltro l'apparizione del personaggi dovrà esser preparata da Berenger medesimo: si dovrà sentire la vicinanza della sua presenza dal crescere stesso dell' angoscia di Berenger.
Berenger (mettendosi in cammino, per esempio «sur place-, senza spostarsi; e cosi andando gira la testa dalla par!? degli agenti, nelle quinte di destra, e mostra loro il pugno) Non posso fare tutto in una volta. Ora mi occupo dell'assassino. Di voi mi occuperò dopo. (Cammina per due secondi in silenzio, con passo affrettato) Il vostro atteggiamento è inammissibile! Non è bello denunziare, ma ne parlerò lo stesso al commissario capo, potete star sicuri! (Cammina in silenzio) Purchè non sia troppo tardi!
Rumore del vento; una foglia morta volteggia.
(Si rialza il colletto del soprabito) E questo vento, ora, per giunta. E la luce che cala. Edouard mi potrà raggiungere a tempo? Com'è lento, quel ragazzo! (Va in silenzio; le trasformazioni dello scenario avvengono mentre Berenger cammina) Bisognerà cambiare tutto. Per prima cosa, bisognerà cominciare col riformare la polizia... Quella gente è solo buona a insegnarti la creanza, ma quando hai bisogno di loro per davvero... quando si tratta di essere protetto... ah, loro se ne lavano le mani... ti piantano in asso... (Si volta) Sono già l ontani con quegli autocarri... Sbrighiamoci. (Riparte) Sì... quando uno ha bisogno di essere difeso, loro preferiscono lasciar perdere... (Guarda davanti a sé) Devo arrivare avanti notte. Sembra che la strada non sia molto sicura. È ancora lontano... Non si avvicina... non vado avanti. È come se camminassi sempre sullo stesso posto. (Silenzio). Non finisce più, questo
viale, con questo binario di tranvai... (Silenzio). Ecco però la cinta daziaria, la circonvallazione... (Cammina in silenzio) Ho i brividi. È il vento freddo. Si direbbe che ho paura, ma non è vero. Sono abituato alla solitudine... (Cammina in silenzio) Sono sempre stato solo... Eppure io amo l'umanità, ma di lontano. Non è una colpa, visto che m'interesso del suo destino. La prova è che agisco... (Sorride) Agisco... agisco... agisco... che suono strano! E poi forse io corro dei pericoli, per l'umanità... e anche per Dany. Pericoli? La pubblica amministrazione mi difenderà. Cara Dany, gli agenti di polizia hanno infangato la tua memoria. Me la pagheranno. (Guarda dietro, davanti, si ferma) Sono a metà strada. Non proprio. Press'a poco... (Riparte, con passo incerto; camminando, getta sguardi alle sue spalle) Edouard! È lei Edouard!?
L'eco (risponde) E-dou- ard... u... ar...
BERENGER No... non è Edouard! Una volta che sarà arrestato, ammanettato, messo nell'impossibilità di nuocere, ritornerà per sempre primavera, tutte le città saranno radiose... Avrò una ricompensa. Non è questo che cerco. Mi basta aver fatto il mio dovere... Purché non sia troppo tardi, purché non sia troppo tardi.
Rumore del vento o grido d'una bestia.
(Si ferma) Se ritornassi... a cercare Edouard? Andremo domani dalla polizia. Sì, andrò domani, con Edouard… (Si volta, fa un passo sulla strada del ritorno) No. Edouard mi raggiungerà di certo, da un minuto all’altro. (A se stesso) Pensa a Dany! Devo vendicare Dany. Devo impedire il male! Sì, sì, ho fiducia. D'altra parte, sono ormai troppo avanti, fa più scuro sulla strada di casa. Di qui è più chiaro. La strada della polizia è ancora la più sicura. (Grida ancora) Edouard! Edouard!
L'eco E-dou-ard... u... ar...
Berenger Non si riesce più a vedere se arriva o no. Forse è vicinissimo. Andiamo. (Riprende la marcia con molta precauzione) Non sembra, ma ne ho fatta di strada... SI, sì... non si può negare... Non si direbbe, ma vado avanti... Vado avanti... Ci sono i campi arati alla mia destra e là, la strada deserta... Non si rischiano ingorghi di traffico, almeno, si può procedere! (Ride).
L'eco ripete vagamente la risata...
(Volge il capo, atterrito) Cosa? È l'eco... (Riprendi il cammino) Non c'è nessuno, andiamo... E là, chi c’è? Là, dietro quell'albero! (Si precipita dietro un all'i spoglio che può forse apparire sullo scenario in mori mento) Ma no, nessuno...
Un vecchio foglio di giornale cade dall'albero.
Aha... Adesso ho paura di un giornale. Che stupido! (Scoppia a ridere).
L'eco (ripete) e... stu... pi... do... (e la risata, deformandoli*)
Berenger Bisogna che vada avanti... Bisogna continuare! Sotto la protezione dell'Amministrazione, vado avanti … vado avanti... devo... devo... (Fermata) No. No. Non val la pena, in ogni modo arriverò troppo tardi. Non è colpa mia, è colpa di... è colpa di... del traffico, l’ingorgo mi ha fatto far tardi... E soprattutto è colpa di Edouard … dimentica tutto, dimentica tutto, quello là l’assassino ucciderà, forse, questa notte... (Sussulta) devo assolutamente impedirlo. Devo andarci. Vado. (Ancora due o tre passi in direzione della supposta polizia) In fin dei conti, è poi lo stesso, visto che è troppo tardi. Qualche vittima di più, non è molto, al punto in cui siamo!... Andremo domani, andremo domani Edouard e io, è molto più semplice, stasera gli uffici saranno chiusi, forse sono già chiusi adesso... A che servirebbe... (Grida verso destra, verso le quinte) Edouard! Edouard!!
L'eco E... ar... E... ar...
Berenger Non arriverà più. Non è il caso d'insistere. È troppo tardi. (Guarda l'orologio) Il mio orologio s'è fermato... Pazienza, niente è perduto aspettando... Andrò domani, con Edouard!... Il commissario l'arresterà domani. {Fa dietro-front) Dov'è casa mia? Purché mi raccapezzi! È per di qua! (Si volta di nuovo, vivamente, e vede, d'improvviso, vicinissimo, davanti a sé, l'assassino) Ah!...
Naturalmente lo scenario non muove più. D'altra parte non c'è quasi più scenario. Rimane un muro, una panca. Il vuoto della piana. Vago chiarore all'orizzonte. I proiettori illuminano i due personaggi con una luce smorta, il resto è in penombra. L'assassino ghigna. È piccolo, mal rasato, meschino, cappello stracciato in testa, vecchio impermeabile logoro; ha un occhio solo e questo ha riflessi d'acciaio; volto immobile, come impietrato; vecchie scarpe bucate in punta lasciano apparire gli alluci; al momento dell'apparizione, segnalata dal suo ghigno, si deve trovare in piedi su una panca, per esempio, o su un muretto; ne scenderà, tranquillamente, e s'avvicinerà, sogghignando appena, a Berenger; e si noterà allora la piccolezza della sua corporatura.
Un'altra possibilità: non c'è l'assassino. Lo si sente soltanto ghignare. Berenger parla da solo nell'ombra.
È lui, è l'assassino! (All'assassino) Allora, è lei!
L'assassino sogghigna appena. Berenger si guarda attorno, inquieto.
Nient'altro intorno che la piana ormai buia... Non è necessario che me lo dica, me ne rendo conto quanto lei. (Guarda verso la sede della polizia, in lontananza).
L'assassino sogghigna appena.
È troppo lontana, la polizia centrale? Ha detto questo? Lo so.
Ghigno dell'assassino.
O sono io che ho parlato?
Ghigno dell'assassino.
Lei si prende gioco di me! Io chiamo la polizia, l'arresteranno.
Ghigno dell'assassino.
Lei dice che è inutile, di qui non mi sentirebbero?
L'assassino discende dalla panca o dal muretto e s'avvicina, con un'indifferenza terribile, ghignando vagamente, a Berenger; tiene le due mani in tasca.
(Fra sé) Quei farabutti di agenti l'hanno fatto apposta a lasciarmi solo con lui. Vogliono far credere che si tratta solo di un regolamento di conti. (All'assassino quasi gridando) Perché? Mi dica perché?
L'assassino sogghigna, alza appena le spalle; è vicinissimo a Berenger; Berenger deve apparire non solo più alto, ma anche molto più vigoroso dell'assassino quasi nano.
(Scoppia in una risata nervosa) Oh, ma è ben mingherlino, troppo mingherlino per un criminale, poveretto! Lei non mi fa paura. Mi guardi, guardi come sono più forte di lei. Con un buffetto, con un buffetto, posso mandarla a gambe levate. Me lo metto in tasca.
Ha capito?
Stesso ghigno dell'assassino.
Lei-non-mi-f a-pa-u-ra !
Ghigno dell'assassino.
Potrei schiacciarla come un verme. Non lo farò Voglio comprendere. Lei risponderà alle mie domande. È un essere umano, dopo tutto. Forse ha delle ragioni. Deve spiegarmi, se no non so che... Lei mi dirà il perché ... Risponda!
L'assassino sogghigna, alza appena le spalle. Berenger deve essere patetico ed ingenuo, e abbastanza ridicolo; tutta la sua recitazione deve apparire insieme grottesca e sincera, risibile e patetica. Parla con un'eloquenza che deve sottolineare i luoghi comuni tristemente inutili e logori che egli mette in campo.
Uno che fa quel che fa lei, forse lo fa perché... Ascolti... Lei ha impedito la mia felicità, quella di tanti altri... Questo quartiere così luminoso, che stava veramente per diffondere la sua luce sul mondo intero... una nuova gloria della Francia! Se le resta ancora un sentimento qualsiasi per la sua patria... questa gloria avrebbe gettato un riflesso anche su di lei, avrebbe toccato anche lei come tanti altri, avrebbe reso felice pure lei... Doveva aspettare, non era che questione di pazienza... L'impazienza, ecco la cosa che rovina tutto... Sì, sarebbe stato felice, la felicità sarebbe arrivata fino a lei, si sarebbe fatta più grande, lei forse non lo sapeva forse non ci credeva... Aveva torto... Ebbene, è proprio la sua felicità che lei ha distrutto insieme alla mia e a quella di tutti gli altri...
Leggero ghigno dell'assassino.
Lei forse non crede alla felicità. Lei crede che la felicità sia impossibile in questo mondo? Vuole distruggere il mondo perché pensa che il mondo sia condannato all'infelicità. Non è vero? È così, no? Risponda!!
Ghigno dell'assassino.
Non le è venuto in mente, neanche per un momento, che forse poteva sbagliarsi. Lei è sicuro d'aver ragione. È orgoglio stupido, da parte sua. Prima di formulare un giudizio definitivo sulla questione, lasci almeno che gli altri si facciano la loro esperienza. Cercano di realizzare, praticamente, tecnicamente, qui, su questa terra stessa, la felicità: forse riusciranno, che ne sa lei? e se non riescono, lei avrà ancora tempo dopo.
Ghigno dell'assassino.
Lei è un pessimista?
Ghigno dell'assassino.
È un nichilista?
Ghigno dell'assassino.
Un anarchico?
Ghigno dell'assassino.
Forse non ama la felicità? Forse per lei la felicità è qual cosa di diverso? Mi dica qual è la sua concezione della vita; qual è la sua filosofia? I principi che la spingono? I fini che si propone? Risponda!!
Ghigno dell'assassino.
Mi ascolti: lei mi ha fatto personalmente il più grande dei mali, distruggendo tutto ciò che... insomma, In sciamo stare... non parliamo di me. Ma lei ha ucciso Dany! Che cosa le ha fatto, Dany? Era un essere adorabile, con qualche difetto, certo, era forse un po' ini scibile, un po' capricciosa, ma il suo cuore era buono r la sua bellezza scusava tutto! Se si dovessero uccidile tutte le ragazze capricciose perché sono capricciose, o i vicini perché fanno rumore e c'impediscono di dot mire, o il primo che capita perché ha un'opinione differente dalla nostra, sarebbe stupido, non le pare? I h bene, è quanto lei sta facendo! Non è così? Non è così?
Ghigno dell'assassino.
Non parliamo più di Dany, era la mia fidanzata, lei può obiettarmi che si tratta pur sempre di una questione personale. Ma mi dica, allora... che cosa le ha fatto l'i il fidale del genio, l'ufficiale di stato maggiore?
Ghigno dell'assassino.
D'accordo, d'accordo... lo so: ci sono persone che detestano le uniformi. Vedono in esse, a ragione o a torio, il simbolo dell'autorità abusiva, della tirannide, della guerra che distrugge le civiltà. Bene: non solleviamo questo problema, che forse ci porterebbe troppo lontano; ma quella donna...
Ghigno dell'assassino.
sa bene chi voglio dire, la giovine donna coi capelli rossi che cosa le aveva fatto? Che ragione aveva di prendersela con lei? Risponda!!
Ghigno dell'assassino.
Ammettiamo che lei detesti le donne: forse esse l'hanno tradita, esse non l'hanno amata perché... lei è... insomma, lei non è molto bello... cosa ingiusta, effettivamente, ma non c'è solo l'erotismo nella vita, superi questo livore...
Ghigno dell'assassino.
Ma il bambino, il bambino, che le ha fatto? I bambini non sono colpevoli di niente! Non è vero? Lei sa di chi voglio parlare: del piccino che lei ha gettato nel laghetto con la donna e l'ufficiale, poverino... i bambini sono la nostra speranza, non si deve torcere un capello a un bambino, è l'opinione generale!
Ghigno dell'assassino.
Forse lei pensa che la specie umana è malvagia in sé e per sé. Risponda! Lei vuole punire la specie umana anche nel bambino, in ciò che essa ha di meno impuro... Noi potremmo dibattere pubblicamente, in contraddittorio, questo problema, se vuole, glielo propongo!
Ghigno e alzata di spalle dell'assassino.
Forse uccide tutta questa gente per bontà! Per impedire loro di soffrire! Lei ritiene che la vita non è che sofferenza! Forse vuol guarire la gente dall'ossessione della morte? Lei pensa, altri l'han già pensato prima di lei, che l'uomo è l'animale malato, che tale sarà sempre, nonostante tutti i progressi sociali, tecnici o scientifici, e lei vuole probabilmente praticare una sorta di eutanasia universale? Ebbene, è un errore, è un errore. Risponda!
Ghigno dell'assassino.
Se, in ogni modo, la vita non conta, se è troppo breve, la sofferenza dell'umanità sarà breve anch'essa: che soffrano trent'anni, quarant’anni o dieci anni di più o di meno, che cosa può importarle? Lasci soffrire In gente se tale è la loro volontà. Li lasci soffrire per il tempo che vogliono soffrire... In un modo o nell'altro, passerà: qualche anno non conta poi molto, avranno tutta l'eternità per non soffrire più. Li lasci morire da sé, presto non se ne parlerà nemmeno. Tutto si spegnerà, tutto finirà spontaneamente. Non precipiti gli avvenimenti: è inutile.
Ghigno dell'assassino.
Ma lei si mette in una situazione assurda: se lei crede di essere un benefattore dell'umanità distruggendoli, lei sbaglia, la cosa è idiota!... non teme il ridicolo? Ehi' Risponda a questo!
Ghigno dell'assassino; gran risata nervosa di Berenger; poi, dopo avere osservato per qualche istante l'assassino:
Vedo che questo non la interessa. Non ho messo il dito sul problema vero, su ciò che la agita profondamene. Mi risponda: detesta la specie umana?
Ghigno dell'assassino.
E perché? Risponda!
Ghigno dell'assassino.
In questo caso non perseguiti gli uomini col suo odio, è inutile, e fa soffrire anche lei, fa male odiare; li disprezzi piuttosto, sì, io le concedo di disprezzarli, hi allontani da loro, vada a vivere fra le montagne, si faccia pastore, ecco, vivrà in mezzo alle pecore, ai ami.
Ghigno dell'assassino.
Neanche le bestie ama? Non ama niente di tutto ciò che è vivo? Neppure le piante?... Ma le pietre, il sole, le stelle, il cielo azzurro?
Ghigno e alzata di spalle dell'assassino.
No. No, io sono uno stupido... non è possibile detestare tutto. Crede che la società sia malvagia, che non si possa correggerla, che i rivoluzionari siano idioti?
Alzata di spalle dell'assassino.
Ma mi risponda dunque, mi risponda! Aah! Il dialogo non è possibile con lei! Senta, io perderò le staffe, stia in guardia! No... no... devo conservare il sangue freddo. Devo capirla. Non mi guardi così col suo occhio d'acciaio. Le parlerò francamente. Un momento fa, avevo l'intenzione di vendicarmi, vendicare me e gli altri. Volevo farla arrestare, farla ghigliottinare. La vendetta è stupida. La punizione non risolve nulla. Ero furente contro di lei. Ce l'avevo a morte con lei... dal momento che l'ho veduta... non subito, non in quello stesso attimo, no, ma in capo a qualche istante, io la... è ridicolo dirlo, lei non mi crederà, eppure io devo dirglielo... sì... lei è un essere umano, apparteniamo alla stessa specie, dobbiamo capirci, è nostro dovere... in capo a qualche istante io l'ho amata, o quasi... perché siamo fratelli... e se io detesto lei, devo detestare anche me stesso...
Ghigno dell'assassino.
Non rida: sono cose che esistono, la solidarietà, la fratellanza umana, io ci credo, non rida...
Ghigno, alzata di spalle dell'assassino.
... Ah... ma lei è un... lei è soltanto un... mi ascolti bene. Noialtri siamo i più forti, io stesso fisicamente sono più forte di lei, povero minorato, essere squallido! In più, ho la legge dalla mia parte... la polizia!
Ghigno dell'assassino.
La giustizia, tutte le forze dell'ordine!
L'assassino c. s.
Non devo, non devo lasciarmi trascinare... mi scusi...
L'assassino c. s.
(Si asciuga la fronte) Lei si padroneggia meglio di quanto non riesca io... ma mi calmo, mi calmo... non si spaventi... D'altra parte lei non sembra spaventato... Voglio dire, non ce l'abbia con me... ma lei non ce l'ha con me, neanche... no, non è questo, non ci sono... Ah, si, sì... forse lei non lo sa: (fortissimo) Cristo è morto sulla croce per lei, ha sofferto per lei, l'ama!!! Lei ha certo bisogno d'essere amato, lei pensa di non essere amato!
L'assassino c. s.
Le do la mia parola d'onore che i Santi versano lacrime per lei, torrenti, oceani diluirne. Lei ne è bagnato dalla testa ai piedi, è imposte che non si senta in triste di queste lacrime!
L'assassino c. s.
Non sogghigni più. Non mi crede, non mi crede!... Se un Cristo non le basta, io impegno solennemente a far salire sui calvari, solo per lei, e a farli crocifiggere, per amor suo, eserciti disalvatori!... Si devono trovare, li troverò! Vuole?
L'assassino c. s.
Vuole che il mondo intiero si perda per salvarla, perché lei abbia un istante di felicità, un sorriso? Anche questo è possibile! Io stesso sono pronto ad abbracciarli, a far parte dei suoi consolatori; medicherò le sue ferite, perché lei ne ha, non è vero? Lei ha sofferto, non è vero? Continua a soffrire? Ho pietà di lei, lo sappia. Vuole che lavi i suoi piedi? Vuole delle scarpe nuovo, dopo? Lei ha orrore del sentimentalismo ingenuo. Si, ho capito, non si può prenderla per i sentimenti. Non vuole essere invischiato nella tenerezza! Ha paura di essere truffato! Lei ha un temperamento diametralmente opposto al mio. Gli uomini sono tutti fratelli, si capisce, sono dei simili che non si rassomigliano sempre. C'è però un punto comune. Deve esserci un punto comune, un linguaggio comune… Quale? Quale?
L'assassino c. s.
Ah, lo so, ora, lo so... Vede, faccio bene a non disperare di lei. Possiamo parlare il linguaggio della ragione. È il linguaggio che le conviene. Lei è un uomo di scienza, non è vero, un uomo dell'età moderna, è vero? Ho indovinato, un cerebrale? Lei nega l'amore, lei dubita della carità, son cose che non entrano nei suoi calcoli, e crede che la carità sia un inganno! Non è cosi? Non è così?
L'assassino c. s.
Non l'accuso. Non la disprezzo per questo. In fondo è un punto di vista che può reggere, ma, detto fra noi, eh via!: qual è il suo interesse in tutto questo? Il suo interesse? A cosa può servirle, a lei? Uccida la gente, se vuole, ma in ispirito... fisicamente la lasci vivere.
Alzata di spalle, ghigno dell'assassino.
Ah, sì, sarebbe una contraddizione comica, a parer suo. Idealismo, pensi un po'! Lei invece vuole una filosofia pratica, lei è un uomo d'azione. Benissimo. Ma a che cosa può portarla questa azione? Qual è il suo scopo finale? Si è posto il problema dei fini ultimi?
Ghigno e alzata di spalle un po' più accentuati dell'assassino.
È un'azione semplicemente sterile, estenuante, insomma. Non le procura che preoccupazioni... Anche se la polizia chiude gli occhi, il che avviene nella maggior parte dei casi, perché mai tanti sforzi, tanta fatica, piani d'azione complicati, notti d'agguato spossanti... il disprezzo degli uomini? A lei fa lo stesso, forse. La sua messe è la loro paura; è vero, è qualche cosa. Bene, ma che se ne fa della paura degli altri? Non è un capitale. Non la sfrutta nemmeno. Risponda!
Ghigno dell'assassino.
Aspetti, lei è povero, vuole del denaro? Posso procurarle lavoro, una buona posizione... No. Non è povero? Ricco? Aah... beh, né ricco né povero!...
Ghigno dell'assassino.
... Capisco, non ha voglia di lavorare: e allora non lavorerà. Mi prenderò cura di lei, o, magari, siccome anch'io sono povero, mi ingegnerò, ci quoteremo, ho amici, ne parlerò all'architetto. E lei vivrà tranquilla mente. Andremo al caffè, al bar, le presenterò delle donnine allegre... Il delitto non rende. Non commetta più delitti, e sarà ripagato. Quel che le dico è perfettamente sensato!
Ghigno dell'assassino.
Accetta? Risponda, su, risponda! Non capisce l'italiano?... Senta, sto per farle una confessione straziante. Anch'io, sovente, dubito di tutto. Non lo ripeta a nessuno. Dubito dell'utilità della vita, del significato della vita, dei miei valori, e di tutte le dialettiche. Non so a che cosa afferrarmi, forse non esiste né verità né carità. Ma in questo caso, sia filosofo: se tutto è vanità, se In carità è vanità, anche il delitto non è altro che vanità... Sarebbe stupido da parte sua se, sapendo che tutto è solo polvere, desse pregio al delitto, perché sarebbe da pregio alla vita... Sarebbe prendere tutto sul serio...ecosì, eccola in piena contraddizione con se stesso. (Riso nervoso) Eh? È chiaro, è logico, eccola servita. In questo caso, lei fa pena, è un povero di spirito, un povero diavolo da quattro soldi. Logicamente si ha diritto di ridere di lei! Vuole che si rida di lei? Di certo no. Lei ha certamente amor proprio, il culto della sua intelligenza. Non c'è cosa più seccante dell'essere stupido. E’ molto più compromettente dell'esser criminale, anche la follia ha una sua aureola. Ma esser stupido? Essere un cretino, chi può accettare una cosa simile?
Ghigno dell'assassino.
Tutti la segneranno a dito. Diranno: Hah! hah! hnh!
Ghigno dell'assassino; Berenger è sempre più visibilmente ni rotta.
Ecco là l'imbecille, eccolo là! Hah! Hah! Hah!
Ghigno dell'assassino.
Lui uccide la gente, si prende un mal di pancia incredibile, hah! hah! hah!, e non ne approfitta, tutto gratis... Hall! Hah! Vuole che dicano cosi, che la prendano per un imbecille, per un idealista, un illuminato che « crede » a « qualche cosa », che « crede » al delitto, idiota. Hah! Hah! Hah!
Ghigno dell'assassino.
... che crede al valore del delitto in sé. Hah! hah! (Il riso si spegne di colpo) Risponda! È quanto si dirà, si... se resterà gente per dirlo... (Si torce le mani, le giunge, implora, s'inginocchia davanti all'assassino) Non so più che cosa dirle. Abbiamo certamente avuto dei torti nei suoi riguardi.
Ghigno dell'assassino.
Forse non ne abbiamo avuti affatto.
Stesso ghigno.
Non so. Forse è colpa mia, forse è colpa sua, forse non è colpa né mia né sua. Forse non c'è colpa di sorta. Quel che lei fa è forse male, o forse bene, o forse né bene né male. Non so come giudicare. È possibile che la vita del genere umano non abbia alcuna importanza, e quindi neppure la sua scomparsa... Forse l'intero universo è inutile e lei ha forse ragione a volerlo far saltare in aria, o almeno sbocconcellarlo, creatura per creatura, pezzo per pezzo...; e forse non deve farlo. Non so più niente, io, non so più niente. Forse lei è nell'errore, forse l'errore non esiste, forse siamo noi nell'errore di volere esistere... Si spieghi. Che ne pensa? Non so, non so.
Ghigno dell'assassino.
L'esistenza è, secondo certuni, un'aberrazione.
Ghigno dell'assassino.
I motivi che lei invoca non fanno altro, forse, che mascherare le ragioni vere che lei nasconde a se stesso inconsciamente. Chissà! Facciamo tabula rasa di tutto questo. Dimentichiamo le sciagure che ha già causato...
Ghigno dell'assassino.
Siamo d'accordo? Lei uccide senza ragione, e in questo caso, la prego, senza ragione io la supplico, sì, si fermi... Non c'è ragione per farlo, naturalmente, ma appunto perché non c'è ragione di uccidere o di non uccidere la gente, si fermi. Lei uccide gratuitamente, gratuitamente risparmi. Lasci stare la gente, la lasci vivere stupidamente, li lasci tutti, e anche i poliziotti, e anche... Me lo prometta, s'interrompa almeno per un mese... la supplico, per una settimana, per quarantott'ore, che si possa respirare... Lei accetta, vero?...
L'assassino ghigna appena, trae dalla tasca, molto lentamente, un coltello con una grande lama che brilla, e ci gioca.
Canaglia! Furfante! Imbecille mostruoso! Sei più turpe di un rospo! Più feroce di una tigre, più stupido di un asino...
Leggero ghigno dell'assassino.
Mi sono inginocchiato... sì, ma non è per implorarti...
L'assassino c. s.
...È per mirare meglio. Io sto per abbatterti, poi ti calpesterò sotto i piedi, ti schiaccerò, putredine, carogna di iena! (Trae dalle tasche due pistole, le punta sull'assassino che non muove di un centimetro) T'ammazzerò, tu pagherai, continuerò a sparare, poi t'impiccherò, ti farò in mille pezzi, getterò le tue ceneri all'inferno con gli escrementi da cui provieni, vomito del cane rognoso di Satana, criminale cretino...
L'assassino continua a giocare con la lama del coltello; leggero ghigno; immobile, alza appena la spalla.
Non guardarmi così, io non ti temo, ludibrio della creazione... (Mira senza sparare sull'assassino che è a due passi, non muove, ghigna e solleva il coltello adagio adagio) Oh... quanto è debole la mia forza contro la tua fredda determinazione, contro la tua crudeltà senza mercè... e che può fare anche il piombo contro l'energia infinita della tua ostinazione? (Sussulto) Ma ti coglierò, ti coglierò... {Poi, di nuovo, davanti all'assassino che tiene il coltello levato, senza muovere, ghignando, abbassa lentamente le due vecchie pistole d'altri tempi, le depone a terra, china il capo, poi, in ginocchio, a testa china, con le braccia penzoloni, ripete, balbetta) Mio Dio, non si può fare niente!... Che cosa si può fare?... Che cosa si può fare?...
L'assassino, ghignando appena, gli si avvicina adagio.
Sipario.