Assassinio sull’ Orient Express

Stampa questo copione

Assassinio sull’Orient-Express

ASSASSINIO SULL’ORIENT-EXPRESS

Adattamento teatrale di

Angelo Attèndoli

----------------------------------------------------------------------------------------------

Personaggi

Hercule Poirot, investigatore

Bouc, amico di Poirot

Arbuthnot, colonnello inglese

Mary Dobehnam

Samuel Eduard Ratchett, ricco Americano

Hector MacQueen, segretario personale di Ratchett

Henry Masterman, maggiordomo di Ratchett

Natalia Dragomiroff, principessa russa

Hildegard Schmit, cameriera tedesca della principessa Dragomiroff

Il Conte Andrei, nobile ungherese

La Contessa Andrei, sua moglie

Martha Hubbard, turista Americana

Greta Ohlsson

Cyrus Hardman

Antonio Foscarelli

Pierre Paul Michel, conduttore del vagone-letto Istanbul-Calais

Atto primo

Scena prima - La stazione

(Apertura sipario con sonoro di stazione. Pierre è in scena. Singola entrata di ciascun personaggio con uno stacchetto musicale diverso per ognuno.)

Dragomiroff: Buona sera, Pierre.

Pierre:                         Benvenuta, madame, il numero 14. Benvenuta signorina Schmit. Il numero 6.

Schmitt:          Danke.

Pierre:             Bitte. Signor Conte Andrei, signora Contessa, benvenuti. Il numero 12. Signora Hubbard, quale onore averla qui. Il suo numero preferito, 11. Buona sera, miss Ohlsson, il numero 7.

Ohlsson:          Ah!

Pierre:             Ha perduto qualcosa?

Ohlsson:          Il mio piccolo medaglione di San Cristoforo che mi porta fortuna e mi libera dal male. Ah, grazie a dio ecco il mio San Cristoforo... il mio San Cristoforo... il mio San Cristoforo...

Arburthnot:     Mary...

Dobehnam:     Non ora, non ora! Quando sarà tutto finito, tutto dimenticato. Dopo...

Pierre:             Buonasera, colonnello. Numero 15.

Arburthnot:     Bene.

Pierre:             Miss Mary Dobehnam. Numero 8.

Ratchett:         Hecotr...

MacQueen:     Mi scusi, mister Ratchett ha prenotato da tempo e vorrebbe salire subito.

Pierre:             Ah! Mister Ratchett, benvenuto. Al numero 10. Mister Masterman cuccetta numero 1, mister MacQueen cuccetta numero 4.

MacQueen:     Ma la cuccetta superiore è stata...

Pierre:             Sì, è stato fatto.

Foscarelli:       Foscarelli!

Pierre:                         Buonasera. Cuccetta numero 2.

Foscarelli:       Tante grazie.

Pierre:             Mister Cyrus Hardman.

Hardman:        Scompartimento 16, se non sbaglio?

Pierre:             No, non sbaglia, signore.

Hardman:        Molto obbligato.

Pierre:             Buona sera, madame Bouc. Benvenuta. Numero 9, come sempre.

Bouc:              (Entra da una quinta.) Grazie Pierre. Oh! Ecco finalmente un amico. Monsieur Poirot...

Poirot:             Madame Bouc...

Bouc:              Come sta, amico mio?

Poirot:             Che piacere!...

Bouc:              Che piacere!...

Poirot:             (Si alza.)Lei mi appare come un angelo salvatore...

Bouc:              Non ha mangiato bene, vero?

Poirot:             Ah, le dirò: i piatti erano certo più teneri della carne, la decenza mi impedisce di descriverle il vino, e per quanto riguarda il caffè... Per fortuna sono stato richiamato a Londra e parto stasera.

Bouc:              Con l’Orient-Express?

Poirot:             E come altrimenti?

Pierre:             Sono desolato, madame Bouc, ma non c’è un solo letto di prima classe libero in tutto il treno.

Bouc:              Cosa? In dicembre?

Pierre:             In dicembre... Sì, sì!

Bouc:              Forse la Bulgaria ha dichiarato guerra alla Turchia e ora tutti quelli che possono se la squagliano?

Pierre:             Una cosa incredibile, madame. Pare che tutti vogliano partire stanotte.

Bouc:              Comunque devi trovare un posto per monsieur Poirot.

Pierre:             Monsieru Hercule Poirot? Il famoso...?

Bouc:              Esatto! Ed è anche un mio caro amico. Deve recarsi d’urgenza a Londra per delle questioni di importanza internazionale.

Pierre:             Ma le ripeto, madame, che è tutto prenotato.

Bouc:              Ora Pierre ascolta: puoi accompagnare monsieur Poirot al numero 16, che è sempre vuoto.

Pierre:             Mi dispiace, madame. È occupato dal signor... Hardman.

Bouc:              Allora, come direttrice della compagnia, ti ordino di accompagnare monsieur Poirot nella cuccetta che so essere rimasta libera.

Pierre:             Nella cabina numero 4 di mister MacQueen?

Bouc:              Così riceverai due mance... Monsieur...

Poirot:             Eccellente!

Bouc:              Evviva, adesso ho un compagno di viaggio.

Poirot:             Dove andiamo a cena?

(Stacchetto musicale di Poirot.)

Scena seconda - La sfilata

(Entrata di Poirot, Buoc e Pierre attraversando il corridoio davanti alle cuccette.)

Pierre:             Pardon... Pardon... Pardon...

Hubbard:        Che roba! Il mio secondo marito Hubbard avrebbe già scatenato l’inferno. Non c’è posto per la mia roba, non c’è ghiaccio nella caraffa e l’acqua calda quando esce dal rubinetto rutta.

Poirot:             Pardon...

Bouc:              Coraggio, amico mio, siamo quasi arrivati a destinazione.

MacQueen:     No! Penso che ci sia un errore... je crois que vous avez faite un erreur.

Pierre:             Voilà, monsieur. La cuccetta superiore è la sua. Partiamo tra un minuto.

Poirot:             Lei non sa quanto mi dispiaccia disturbarla...

Pierre:             Mister MacQueen, non c’è altro posto sul treno. Monsieur Poirot deve alloggiare qui.

(Buio con fischio di treno. Effetto scenografico-musicale della partenza.)

Scena terza

(Effetti sonori da treno in movimento. Tavoli apparecchiati senza cibo.)

Bouc:              Meglio che all’hotel?

Poirot:             Conserverò il menu come souvenir.

Ratchett:         Ecco, avevo comprato tre bruciaprofumi del tredicesimo secolo e sei coppe. Invece a consegnato solo cinque coppe e uno dei bruciaprofumi è scheggiato, e non lo era quando l’ho pagato. Qual è la prossima fermata?

MacQueen:     Belgrado.

Ratchett:         Mandi un telegramma dalla stazione di Belgrado.

MacQueen:     Sì, certo, mister Ratchett.

Ratchett:         Cos’ha? È stanco?

MacQueen:     Ho dormito male.

Ratchett:         Come mai?

MacQueen:     Quel belga sopra di me russava.

Ratchett:         Davvero?... Ci sono altre lettere inevase?

MacQueen:     Solo... solo quelle anonime.

Ratchett:         A quelle come si fa a rispondere?... Farebbe meglio a tornare a dormire, finché il suo rumoroso compagno glielo permette. Vada...

Hardman:        Salve, mi chiamo Hardman, ma basta Cyrus.

Foscarelli:       Foscarelli, mi chiami pure Tony.

Masterman:     Masterman, mister Masterman!

Poirot:             Che tema per la penna di un Balzac: per tre giorni persone che non si sono mai viste vengono trascinate da una locomotiva accomunate nel loro destino. E quel fortunato marito è inglese?

Bouc:              No, è un bulgaro dal sangue caldo, disposto a dimenticare di essere un diplomatico se si guarda troppo sua moglie...

Poirot:             Per fortuna sono troppo giovane...

Hubbard:        Il mio secondo marito Hubbard diceva che l’unica moneta è il dollaro, alla peggio la sterlina. Ora, in nome del cielo, che cos’è una dracma?

Ohlsson:          La dracma è... come si dice... la valuta locale.

Hubbard:        Il mio secondo marito diceva pure “Se ti troverai all’estero fa pagare gli altri e non avrai problemi!”, ma lui era un grosso tirchio! C’è questa storia della mancia, bisogna calcolarla esatta...

Dobenham:     Credo che miss Ohlsson abbia mal di testa. Ci scusi se torniamo nella nostra cabina, signora... signora?...

Hubbard:        Hubbard, Martha Hubbard.

Ohlsson:          Scusi...

Hubbard:        La prego, non si preoccupi. Se vuole un’aspirina le porto sempre con me, non mi fido di comprarle all’estero...

Bouc:              Mi scusi se scappo davanti al pericolo...

Hubbard:        Ma che le è successo? Le è venuto il mal di treno?

Poirot:             È solo partita alla ricerca di quel che i filosofi chiamano “beata solitudo”!

Hildegard:      Cosa le ordino, principessa?

Dragomiroff:  Mi farai servire solamente una piccola sogliola affogata, con una patata lessa ed un po’ d’insalatina senza condimento, grazie Hildegard.

Poirot:             Chi è quel maestoso rudere?

Pierre:             La principessa Dragomiroff.

Poirot:             Ah! Ne ho sentito parlare...

(Effetto galleria. Luce. Poirot con digestivo e Ratchett soli.)

Ratchett:         Mi scusi, non avrebbe per caso un fiammifero?

Poirot:             Certainement.

Ratchett:         Grazie. Mi chiamo Samuel Edward Ratchett. Ho forse il piacere di parlare con il famoso Hercule Poirot ?

Poirot:             Il piacere è indubbio, monsieur Ratchett, ma l’intenzione è dubbia: lei mi ha chiesto un fiammifero, gliel’ho dato e non l’ha usato. Deduzione elementare che non esige sforzo di cellule grigie.

Ratchett:         Meraviglioso!... Si sieda, la prego.

Poirot:             Solo per un momento. Non vorrei apparirle scortese.

Ratchett:         Signor Peirot...

Poirot:             No, Poirot.

Ratchett:         Come dice, prego?

Poirot:             Poirot.

Ratchett:         Ah, Poirot, certo. Ci tengo a dirle che anch’io amo parlare chiaro e giungere subito al dunque. Vorrei che accettasse un incarico per me ben pagato, molto ben pagato.

Poirot:             E quel’è l’indagine, o per dirla con lei “l’incarico” che vorrebbe affidarmi?

Ratchett:         Mister Poirot, io sono un uomo ricco. Naturalmente gli uomini nella mia posizione hanno dei nemici...

Poirot:             Se li creano...

Ratchett:         Non capisco cosa vuol dire...

Poirot:             Che i nemici non nascono spontanei e non si può raggiungere una certa posizione senza crearsi, come dire, qualche nemico, le pare?

Ratchett:         Oh, certo. Questo è vero.

Poirot:             Di cosa si occupa?

Ratchett:         Vivo di rendita.

Poirot:             Ma prima?

Ratchett:         Uomo d’affari.

Poirot:             Che genere di affari?

Ratchett:         Cibo per bambini... Ma che importanza ha questo? Quello che importa è la mia sicurezza.

Poirot:             Lei è in pericolo?

Ratchett:         Mister Poirot, il mio segretario potrà mostrarle due lettere minatorie, e io posso mostrarle questa. La tengo anche sotto il cuscino!... Mister Poirot, cinquemila dollari… No?... Diecimila?... Allora quindicimila?...

Poirot:                         Monsieur Ratchett, ho abbastanza soldi da soddisfare le mie esigenze e i miei capricci. Accetto solo casi interessanti e, francamente, il mio interesse nel suo caso è inesistente!

(Effetto galleria. Luce. Ratchett non c’è più. Poirot va al vagone-letto.)

Pierre:                         Monsieur, ho portato il bagaglio di madame Bouc nel vagone passeggeri, le cede la sua cabina...

Poirot:             Ma non può viaggiare seduta tutta la notte...

Pierre:             Ha detto di non preoccuparsi e che starà ottimamente. Nel vagone passeggeri non c’è nessuno.

Poirot:             Gli dica che non so come ringraziarla…

Pierre:             Mi ha detto, infatti, che non deve farlo.

Poirot:             Emh… Chi ho come vicini adesso?

Pierre:             A sinistra, monsieur, c’è miss Ohlsson, che divide il numero 7/8, con miss Dobenham. A destra, al numero 10, c’è mister Ratchett.

Poirot:             E dov’è quella lingua infernale della Hubbard?… Vorrei dormire stanotte!

Pierre:             Dopo mister Ratchett, al numero 11.

Poirot:             Ancora troppo vicino... Ah, Pierre, potrei avere degli asciugamani puliti?

Pierre:             Certo, monsieur. Buonanotte, mister Masterman.

Poirot:             Pardon...

Ratchett:         Chi è?

Masterman:     Sono io, signore, Masterman. E le porto il sedativo.

Poirot:             Merci, Pierre, e buonanotte!

Pierre:             Buonanotte, monsieur, e sogni d’oro... nel numero nove.

Ratchett:         Quante gocce?

Masterman:     Di valeriana? Due gocce, come vuole lei.

Ratchett:         Va bene... No, mettilo sul tavolino. Masterman...

Masterman:     Sì, signore?

Ratchett:         Hai lasciato tu questo biglietto mentre ero a tavola?

Masterman:     No, signore.

Ratchett:         E allora chi l’ha fatto?

Masterman:     Non ne ho idea signore... Potrei chiedere di che si tratta?

Ratchett:         Non sono affari che ti riguardano! Voglio solo sapere chi l’ha messo qui.

Masterman:     Occorre altro, signore?

Ratchett:         Hai fretta? Di a mister MacQueen che voglio vederlo subito.

Masterman:                 Subito signore. A che ora devo svegliarla domattina signore?

Ratchett:         Non prima delle dieci.

Masterman:     Buonanotte signore. La vuole!

Ratchett:         Avanti. Ah, Hector.

MacQueen:     Buonasera, signore.

Ratchett:         Sentiamo il telegramma...

MacQueen:     Ordinato tre bruciaprofumi e sei coppe. Stop. Consegnati solo cinque coppe e uno dei bruciaprofumi è scheggiato. Provvederò a restituirlo dopo la sostituzione da effettuarsi al mio domicilio di Parigi. Firmato Ratchett.

Ratchett:         Va bene, Hector. Vai pure.

(Pausa. Buio lento. Musica.)

Scena quarta - La notte dell’inganno

(Luce lenta. Effetto notte. Luce a cono sulla cabina.)

Foscarelli:       Che cosa sta leggendo, mister Masterman?

Masterman:     “Prigioniero d’amore”, di miss Arabella Richardson.

Foscarelli:       Parla di sesso?

Masterman:     No, non parla alle dieci e trenta, mister Foscarelli!

MacQueen:     Ah! C’est...

Pierre:             Mi dispiace, mister Ratchett. Le auguro adesso di dormire bene.

Hubbard:        Nella mia cabina c’è un uomo. Mi sono svegliata due minuti fa e mi sono accorta che c’era un uomo che si nascondeva nel buio. L’ho sentito, e so anche chi era! Quel Ratchett della malora...

Pierre:             Se dovesse succedere ancora non esiti a chiamarmi, madame.

Poirot:                         Mon Dieu! Mon dieu, che notte!

(Buio. Musica dell’omicidio.)

Scena quinta - La neve

(Luce bianca. Silenzio.)

Masterman:     Mi apra, signore, sono Masterman. Il tonico mattutino, mister Ratchett... Il passepartout!

Pierre:             C’è la catena.

Poirot:             Non toccare niente! Dove si trova madame Bouc?

Pierre:             Nel vagone ristorante.

Poirot:             Vai a chiamarla.

(Musica. Buio lento. Luce nel vagone ristornante con tutti i passeggeri e Bouc.)

Arbuthnot:      Non si potrebbe usare la linea telefonica?

Bouc:              E come?

Hubbard:        Potrebbero lanciare dei razzi.

Bouc:              Questa non è una nave, madame.

Dobenham:     Dove ci troviamo?

Bouc:              Ci troviamo tra Vicovici e Brod.

Foscarelli:       Ma in quale stato?

Bouc:              In Jugoslavia.

Arbuthnot:      Nei Balcani... che ci possiamo aspettare?

Ohlsson:          È Dio che manda la neve, quindi sarà per il meglio!

MacQueen:     Sì, ma quanto ci vorrà prima di rimetterci in marcia?

Bouc:                          Non appena il capostazione di Brod vedrà che non arriviamo in orario manderà soccorsi.

Pierre:             Madame Bouc, monsieur Poirot la prega di raggiungerlo.

Bouc:              Signore e signori, chiedo perdono.

Ohlsson:          Il solo perdono che conte è quello di Dio.

(Musica. Buio. Luce.)

Pierre:             Ecco madame Bouc.

Masterman:     Attenti ai vetri rotti, signori.

Poirot:             Le pupille sono ancora un po’ dilatate, questo significa che è stato drogato.

Bouc:              Con cosa?

Poirot:             Questo è odore di valeriana, che è innocua però. Avrannoaggiuntoqualcosa.

Bouc:              Gli posso chiudere gli occhi?

Poirot:             La prego... Perché ha perso tanto sangue?... La vittima è stata pugnalata ripetutamente... dieci, undici... dodici volte.

Bouc:              Oh, Dio mio!

Poirot:             Madame Bouc, se proprio deve vomitare lo faccia fuori, ma non contro vento. Aiutala, Pierre. C’è qualcosa nel taschino. Il suo orologio. È fermo all’una e quindici... Dev’essersi fermato all’ora della morte... Tutto corrisponde. Io stesso l’ho sentito gridare e parlare al conduttore verso l’una meno venti. Quando arrivò Pierre chiese scusa e disse che si era trattato di un brutto sogno. Ed è stato l’ultima cosa che ho udito.

(Buoi lento. Musica.)

Scena sesta - L’indagine

(Luce. Vagone ristorante. Poirot e Bouc in scena.)

Bouc:              La prego di nuovo, amico mio. Lei non può rifiutare!

Poirot:             Questo è compito esclusivo della polizia jugoslava.

Bouc:                          Non posso ammettere che la polizia interroghi i miei passeggeri sul mio treno. Mai! È lei che deve risolvere il mistero. E così quando saremo a Brod metteremo la polizia di fronte al fatto compiuto. Diremo: “È avvenuto un delitto, e questo è il colpevole!”

Poirot:             Questo vagone dovrà essere riservato quale sede delle indagini...

Bouc:              Sarà tutto a sua disposizione.

Poirot:             E voglio la pianta del vagone per Calais con la collocazione di coloro che ci viaggiano.

Bouc:              L’avrà immediatamente.

Poirot:             E i passaporti di tutti i passeggeri e del personale.

Bouc:              Le farò avere anche il mio.

(Bouc va alle cuccette. Proteste generali.)

Bouc:                          Signore e signori, prego. Pazienza. Dovete avere tutti pazienza. Avrete tutti la possibilità di dire quello che volete a monsieur Poirot, ma al momento opportuno.

Ohlsson:          Ma come... come... come può parlare di momento opportuno? La legge di Dio è stata violata: “Tu non ucciderai...”.

MacQueen:     Io... Io non capisco perché non sia stato avvisato subito. Io ero la persona più vicina a lui.

Hubbard:        E io... io sono stata la più vicina al suo assassino.

Bouc:              Vuole dire che l’ha visto? Lei potrebbe identificarlo?

Hubbard:        Mai detto una cosa del genere! Dico solo che un uomo è entrato nella mia cabina stanotte. Era buio pesto naturalmente, e io tenevo gli occhi chiusi per il terrore.

Bouc:              E allora come fa a dire che era un uomo?

Hubbard:        Perché ho avuto relazioni complete ed estenuanti con tutti e due i miei mariti.

Bouc:              Tenendo gli occhi chiusi?

Hubbard:        Aiutava a sopportare.

(Seconda ondata di proteste generali. Poirot si alza e arriva d’innanzi la cabina del morto.

Silenzio generale.)

Poirot:                         Monsieur MacQueen, le sarei grato se mi concedesse due minuti. Pierre... potresti procurarmi con discrezione una cappelliera, ma di quelle vecchio modello, la camereiera della principessa Dragomiroff dovrebbe averne una. Monsieur MacQueen, mi dispiace averla fatta attendere, ma avevo delle disposizioni da prendere. Io, guardi, le sarò veramente grato per qualsiasi informazione portà darmi. Per esempio...

MacQueen:     Chiariamo una cosa prima, monsieur Poirot. Per esempio, chi... chi... cosa è lei? Qual è la sua posizione?

Bouc:              Mi scusi, monsieur Poirot è un detective ufficialmente incaricato delle indagini sul delitto da me!

Poirot:             E adesso andiamo avanti con le domande. Quali erano i suoi rapporti con monsieur Ratchett?

MacQueen:     Ero il suo segretario!

Poirot:             Da quanto?

MacQueen:     Un anno, più o meno.

Poirot:             Dove l’ha conosciuto?

MacQueen:     In Persia. Lui collezionava vasi antichi con notevole successo, e io cercavo di ottenere concessioni petrolifere con tanto poco successo che feci fallimento, lui mi offerse il posto e io l’accettai.

Poirot:             E da allora?

MacQueen:     Abbiamo viaggiato in continuazione. Era seccato dal fatto di non conoscere le lingue e io gli facevo più da interprete che da segretario. In sostanza è un lavoro piacevole.

Poirot:             E da che posto dell’america veniva Ratchett?

MacQueen:     Non lo so. Il fatto è che non parlava mai del suo passato.

Poirot:             Perché secondo lei?

MacQueen:     Beh, io avevo... avevo... ho maturato l’impressione che avesse lasciato l’america per fuggire a qualche pericolo, a qualche persone, e fino a due settimane fa c’è riuscito?

Poirot:             E poi?

MacQueen:     Ci furono quelle lettere anonime che arrivarono, lettere minatorie, come queste.

Poirot:             “Morte agli assassini!”, “Preparati a morire.”.

Bouc:              Piuttosto laconiche.

Poirot:             Il che non ci facilita... Quando ha visto per l’ultima volto monsieur Ratchett vivo?

MacQueen:     Ieri sera, quando sono stato convocato nel suo scompartimento. Voleva verificare il testo di un telegramma.

Poirot:             Merci, monsieur MacQueen.

(MacQueen rientra nella sua cabina.)

L’ispezione.

(Poirot entra nella cabina di Ratchett.)

Poirot:                         Dunque. Per prima cosa le ferite. Sono dodici. Cinque sono gravi, e diesse tre letali. Le altre sono superficiali. Due così leggere che le definirei graffi. Questo cosa ci suggerisce? Che sono state inferte da due uomini, uno forte e deciso, l’altro debole e incerto? O una donna... O un solo uomo che ha alternato colpi decisi a colpi incerti per confonderci. Del resto sappiamo... che al momento della morte Ratchett era così drogato da non poter gridare o difendersi con questa...

Bouc:              Ma lei come ha indovinato?

Poirot:             Lo sapevo! Me la mostrò quando mi offerse quindicimila dollari per fargli da guardia del corpo e rifiutai... o avrei dovuto accettare?... Ora esaminiamo il portacenere. Due fiammiferi diversi, un sigaro fumato, un puliscipipe, e questo... c’è la cifra “H”.

Bouc:                          Dovrebbe esser facile identificarlo.

Poirot:             Si tratta del nome o del congnome? Aspetteremo a dirlo fin quando non avremo visto i passaporti. Forse lei, madame Bouc, non si è accorta che in questa cabina ci sono troppe tracce. Procediamo ora ad esaminare quella che considero la più importante di tutte... questo!

(Buio secco. Musica.)

Il caso Armstrong

(Luce. Poirot traffica con la scatola della cappelliera. “Trasferello.”)

Bouc:              D-A-I-S-Y... Ma che diavolo significa?

Poirt:               Si ricorda del famoso caso Armstrong?

Bouc:                          Ma certo. Il rapimento di quella bambina in America, la sua uccisione. Chi non lo sa?

Poirot:             Si ricorda il nome della bambina?

Buoc:              Certamente, era Daisy...

Poirot:             D-A-I-S-Y... Daisy!

Bouc:              Daisy Armstrong.

Poirot:             Febbraio 1930. A Long Island viene rapita Daisy Armstrong. Frenetiche indagini da parte della polizia. L’auto con cui è stata rapita la bambina è stata vista da una cameriera di casa Armstrong che si intratteneva in giardino con un corteggiatore. I signori Armstrong rientrarono subito su un aereo pilotato personalmente dal colonnello Armstrong. Nessuno dei due volle fare dichiarazioni. La signora Armstrong era al sesto mese di gravidanza. La piccola Daisy era introvabile. La famiglia pagò il riscatto, ma Daisy Armstrong venne ritrovata morta. L’assassino materiale fu preso, condannato, giustiziato. Ma era solo il numero due, il seguace di un capo che a lungo non osò nemmeno nominare. Solo alla vigilia dell’esecuzione fece il nome del capo che nel frattempo era già sparito col denaro del riscatto.

Bouc:              Il nome del capo era Cassetti...

Poirot:             Che mostro!

Bouc:              Giaà, macchiarsi del sangua di una bambina...

Poirot:             Ha fatto di peggio: in conseguenza dello shock ricevuto madame  Armstrong diede alla luce prematuramente una bimba che nacque morta e lei stessa morì per l’emorragia; il padre, il colonnello Armsrtong, distinto ufficiale della guardia scozzese, si suicidò; e la cameriera personale della signora Armstrong, depressa e sconvolta daingiusti sospetti di complicità si uccise buttandosi dalla finestra della sua camera... sono cinque i morti quindi, cinque!

Bouc:              Allora c’è da ringraziare il cielo se Cassetti che sparse tanto sangue nella sua sporca vita ha avuto infine quel che si meritava.

Scena settima - Gli interrogatori

Pierre, il portiere.

Poirot:                         Pierre!... Pierre. Dovresti far venire qui i passeggeri uno alla volta nell’ordine segnato, eccetto la principessa Dragomiroff, la quale oltre ad essere di sangue reale è anche assai più vecchia di quanto ami confessare!... Anzi, Pierre, dato che tu sei già qui tanto vale che cominciamo addirittura da te. Il tuo nome completo è Pierre Paul Michel, esatto?

Pierre:             Esatto, monsieur

Poirot:             Porti i nomi di due grandi santi, devono averti aiutato...

Pierre:             Ho avuto la mia parte di buona fortuna, monsieur.

Poirot:                         Beh, con qualche disgrazia. Vedo... che tua moglie è stata cancellata dal passaporto tre anni fa. È morta?

Pierre:                         Purtroppo sì. Di dolore per la scomparsa di... della nostra unica figlia morta di scarlattina.

Poirot:                         Ne sono veramente spiacente! Su, ora parliamo di cose meno tristi. La notte del delitto, dopo che abbiamo lasciato Belgrado, chi fu l’ultimo dei passeggeri a rientrare nella sua cabina? Mostramelo sulla pianta?

Pierre:                         Circa all’una e trenta ricordo di aver visto il colonnello inglese, dare la buonanotte a Mister MacQueen davanti alla porta numero 3/4, e l’ho visto andare fino alla sua cabina, il numero 15, da cui non è più uscito.

Poirot:             E dopo di lui nessuno è uscito?

Pierre:                         Ah, sì! C’è stata una signora che ha aperto una porta, non so quale, ed è andata in direzione della toilette, quella che sta in fondo al corridoio dalla parte del vagone ristorante.

Poirot:             L’hai vistra ritornare?

Pierre:             No, monsieur, forse stavo rispondendo ad una chiamata.

Poirot:                         Ah! Questo mi ricorda una cosa importante. Molto prima, verso le dodici e trenta, noi due abbiamo sentito monsieur Ratchett suonare il campanello e poi scusarsi dicendo d’aver avuto un incubo. Chi ha suonato l’altro campanello mentre rispondevi a Ratchett?

Pierre:                         La principessa Dragomiroff, monsieur. Voleva che le chiamassi la cameriera.

Poirot:             Grazie Pierre, questo è tutto per il momento.

Bouc:              È il solo che poteva farlo: poteva entrare col suo passepartout...

Poirot:             ...con un coltello prestatogli da cuoco...

Bouc:              ...del quale è molto amico.

Poirot:             E così ha pugnalato ripetutamente e senza alcun motivo il corpo della sua vittima che chissà come aveva drogato, e non dimentichiamo che la porta era fermata con la catena.

MacQueen, il segretario.

Poirot:                         Monsieur MacQueen, dopo la nostra recente conversazione ho scoperto la vera identità del suo principale.

MacQueen:     E chi era allora?

Poirot:                         Ratchett era, come del resto lei sospettava, un nome falso. Si chiamava in realtà Cassetti, il gangster che organizzo il rapimento e l’assassinio di Daisy Armstrong.

MacQuenn:     Oh, no!

Poirot:             Lei non aveva alcun sospetto di ciò?

MacQueen:     Oh no, signore. Se lo avessi saputo mi sarei tagliato la mano destra pur di non scrivere la sua corrispondenza e l’avrei ucciso con la sinistra.

Poirot:             Lei ammette che sarebbe stato lito di averlo ucciso?

MacQueen:     Sembra che mi stia incriminando da solo...

Poirot:                         forse sarei più indotto a sospettare di lei, monsieur MacQueen, se lei fingesse un po’ di dolore per la morte del suo principale.

MacQueen:     Dolore? Mio padre... mio padre era il procuratore distrettuale designato per il caso Armstrong. La signora Armstrong e il marito vennero a casa due volte per parlare del riscatto. Lei era... era gentile, e simpatica... era sconvolta, eppure s’interesso di un giovanotto che voleva recitare. Mi promise di scrivere a... ma morì prima di poterlo fare. Ma fu comprensiva con me, come... come una madre.

Poirot:             Permette un accenno freudiano... Lei... amava sua madre?

MacQueen:     Beh, credo... lei è morta quando avevo otto anni. Troppo presto per... ma perché me lo chiede?

Poirot:                         Noi due abbiamo diviso una cabina la prima notte di questo viaggio, e io l’ho intesa invocare “mamma” due volte durante il sonno.

MacQueen:     Davvero?... La sogno ancora spesso... Vada avanti! Me lo dica che ho una psiche infantile! Mi spieghi perché non mi sono sposato!

Poirot:                         Non sono qui per dirle alcunché, monsieur MacQueen, è lei che deve dire a me.

MacQueen:     Ah, sì. Già... scusi. Solo... solo una cosa. Come... come ha fatto a scoprire l’identità di Ratchett?

Poirot:             Grazie ad un messaggio trovato nella sua cabina.

MacQueen:     Dovrebbe averlo bruciato, come le ho già detto...

Poirot:             Oui, l’ha fatto...

MacQueen:     Oh! L’ha fatto... E come l’ha decifrato?

Poirot:             Usando una cappelliera. Grazie, monsieur MacQueen.

MacQueen:     Oh...

Poirot:             Si accomodi.

Bouc:                          È stato lui! Lui ha ucciso Cassetti. In pratica l’ha confessato in pieno... no, no... la psicologia non corrisponde: un orfano concepisce una passione per una donna di cui ammira soprattutto la gentilezza. Come poteva MacQueen che ammira la gentilezza commettere un delitto così violento senza tradire la memoria di quella che potremmo chiamare la sua madrina.

Poirot:             Ah, la madrina! Senza volerlo lei ha detto una cosa importante!

Masterman, il maggiordomo.

Poirot:             Merci, Pierre. E ora informa la principessa Dragomiroff che io e madame Bouc ci permetteremo di disturbarla tra poco nella sua cabina...

Bouc:              Eh, sì. Con lei è doveroso!

Poirot:             Monsieur Masterman, si accomodi. Non si preoccupi, questa è solo un’indagine informale. Quando lei ha portato le sue gocce di valeriana, verso le nove e trenta, l’ha trovato già a letto

Masterman:     Sì, mister Ratchett andava a letto sempre molto presto in viaggio.

Poirot:             Quali erano le sue mansioni prima di lasciarlo per la notte?

Masterman:     Mettergli la valeriana a portata di mano.

Poirot:             Poi lei torno nella sua cabina, il numero 1/2, la cui cuccetta superiore è occupata da monsieur Foscarelli...

Masterman:     Oh, sì, quell’italiano rumoroso...

Poirot:             Lui parla inglese?

Masterman:     Una specie... Credo che venga parlato in un posto chiamato Chicago.

Poirot:             Parlate molto tra di voi?

Masterman:     Oh, no, signore. Preferisco leggere.

Poirot:             E cosa stava leggendo?

Masterman:     “Prigioniero d’amore” di Miss Arabella Richardson.

Poirot:             Dopo si mise a dormire.

Masterman:     Non prima delle quattro di mattina: purtroppo ho avuto mal di denti.

Poirot:             E il suo compagno?

Masterman:     Ha russato senza tregua.

Poirot:             Un’ultima domanda. Come è entrato al servizio di monsieur Ratchett?

Masterman:     Tramite Maibums, l’agenzia di New York. Sono iscritto nei loro schedari.

Poirot:             E prima che faceva?

Masterman:     Ero nell’esercito come soldato semplice.

Poirot:             E dove?

Masterman:     A Troon, signore.

Poirot:             In estremo oriente?

Masterman:     No, signore. In Scozia.

Poirot:             Oh. Scusi, la prego, scusi la mia ignoranza di belga.

Masterman:     Lei è belga, signore? La credevo francese!

Poirot:             Sì, belga. Lo sapeva che monsieur Ratchett era di origine italiana?

Masterman:     Oh! Questo spiega le sue intemperanze.

Poirot:                         Il suo nome era Cassetti. Questo non le ricorda niente?... Si rammenta del caso Armstrong?

Masterman:     No, signore... Oh, sì, ora ricordo.

Poirot:             Cassetti era il responsabile del rapimento. Che effetto le fa questa notizia?

Masterman:     A volte penso che invece di essere i padroni a chiedere informazioni su di noi, dovremmo chiederle noi su di loro.

Poirot:             Grazie, monsieur Masteman.

Masterma:       Oh, prego, non si alzi per me. Le occorre altro?

Poirot:             È tutto, merci.

Bouc:                          È stato lui, è sempre il maggiordomo! Poteva entrare da Ratchett quando voleva. Lui solo poteva avvelenare la valeriana prima di portarla al suo padrone. Eh, chissà quali passioni si agitano dietro quella rigida maschera professionale che si è creata? Non legge prigioniero d’amore?

Poirot:             E questo lo rende particolarmente sospetto d’aver pugnalato Ratchett?

Martha Hubbard, la turista americana.

Bouc:                          Temo che stiano per arrivare i soccorsi. Anche se si tratta solo di una squadra con picconi e badili dobbiamo affrettarci se vogliamo chiudere l’inchiesta prima di giungere a Brod. Se poi è una locomotiva con spartineve abbiamo l’acqua alla gola. Chi viene adesso?

Poirot:             Madame Hubbard.

Bouc:              Oh, Dio mio!

Pierre:             Quel fischio significa che i soccorsi sono vicini.

Hubbard:        Ce ne hanno messo di tempo...!

Poirot:                         Tutti abbiamo bisogno di tempo, madame Hubbard, anche noi se vogliamo portare a termine l’inchiesta prima di giungere a Brod. Le mie domande saranno pertanto brevissime, e così spero le sue risposte. Il tempo stringe!

                       

Hubbard:        Allora perché lo sciupa in chiacchiere? Si sbrighi!

Poirot:             Il suo nome completo è Martha Hubbard?

Hubbard:        Sì, mi chiamarono Martha...

Poirot:                         Immagino che monsiur MacQueen si sia affrettato ad informare tutti della vera identità di Ratchett.

Hubbard:        Quella carogna di un assassino!...

Poirot:             Conosceva gli Armstrong?

Hubbard:        No, questo no, ma erano una famiglia importante.

Poirot:                         Per caso ho udito tutta la sua conversazione con Pierre in merito a quell’uomo che sarebbe entrato nella sua cabina verso l’una di ieri notte. Mi dia un chiarimento: la porta di comunicazione fra la sua cabina e quella di Ratchett era chiusa dalla parte sua?

Hubbard:        Sì, per quel che mi risulta. Il mio secondo marito...

Poirot:                         Ma come sarebbe a dire “Per quel che mi risulta”? non vedeva il lucchetto dal letto?

Hubbard:        No.

Poirot:             Perché?

Hubbard:        Uso una maschera di bellezza che copre anche gli occhi. Ma a me risulta che Pierre controllò il lucchetto, dopo che lo ebbi chiamato e...

Poirot:             Sì, sì, sappiamo tutti i particolari.

Hubard:          No, non tutti!

Poirot:             Che altro non sappiamo?

Hubbard:        Non sapete quello che ho trovato stamattina sopra la rivista che leggo per conciliarmi il sonno.

Poirot:             Cos’è?

Bouc:                          Oh, mio Dio. Questo bottone viene dall’uniforme di un conduttore dei vagoni letto.

Poirot:             Madame Bouc, mi farebbe il favore di controllare se Pierre ha perduto un bottone della sua giacca?

Bouc:              Subito.

Poirot:             Il suo fazzoletto, madame Hubbard...

Hubbard:        Questo non è mio. Il mio eccolo qua.

Poirot:             Ah... Pensavo che l’iniziale H...

Hubbard:                    H per Hubbard, ma non è mio. I miei sono una cosa seria, non quegli straccetti ricamati, di Parigi. Che se ne fa una di quei robetti? Una soffiata di naso e via in lavanderia!

Poirot:             Madame Hubbard, devo dirle che mi è stata di grande aiuto in questa difficile inchiesta. Merci, se posso permettermi, di essere stata fedele al suo ruolo!

Hubbard:                    Se avrà bisogno di me mi troverà da queste parti.

Bouc:              Pierre non ha perso nessun bottone. Ho visto che quelli della sua giacca sono cuciti con altro filo.

Poirot:             Me l’aspettavo.

Natalia Dragomiroff, la principessa russa.

Schmitt:          (Litania in tedesco durante il passaggio.)

Dragomiroff:  Perché hai smesso di leggere?

Schmitt:          (Riprende.)

Bouc:              Altezza...

Dragomiroff:  Signor Bouc.

Bouc:              Mi è permesso presentare il famoso investigatore Hercule Poirot?

Dragomiroff:  Spesso Hildegard mi leggeva le sue imprese sui giornali, ma ho dovuto pregarla di smettere. Purtroppo è l’unico tipo di letteratura che mi tiene sveglia, ed io ho bisogno di quello che continuo a definire presuntuosamente il mio sonno di bellezza. Hildegard, offri ai signori un bicchierino.

Poirot:             Per me no, grazie.

Bouc:              Grazie.

Dragomiroff:  Ora lei vorrebbe che confessassi di aver ucciso mister “comesichiama”?

Poirot:             Al contrario, madame le Princesse, sono io che voglio farle una confessione. Mi ha fatto piacere sapere che lei si sia interessata di me, e spero che non le dispiaccia sapere che anche io mi sono interessato di lei.

Dragomiroff:  Lei mi lusinga.

Poirot:             E così mi sono ricordato che lei era la madrina della signora Armstrong, la madre di Daisy, la bambina rapita e assassinata. Come mai lei fece da madrina alla signora Armstrong?

Dragomiroff:  Lo feci perché ero amica ed ammiratrice della madre della signora Armstrong. La grande attrice americana Martha Arden.

Poirot:             “Perché hai portato quel pugnale insanguinato?”

Dragomiroff:  È una citazione, o una domanda?

Poirot:             Una citazione... L’ho vista recitare due volte il Macbeth a Londra. Che lei sappia è ancora viva?

Dragomiroff:  Sì, è viva, ma molto malata.

Poirot:             Non aveva una seconda figlia, più giovane della signora Armstrong?

Dragomiroff:  L’aveva, ma non ne ricordo il nome: era una bambina e non l’ho mai vista perché stava sempre in collegio.

Poirot:             E che ne è successo di questa bambina?

Dragomiroff:  Ha sposato un turco, o un tipo del genere... proprio non saprei...

Poirot:             Qual’era il nome da nubile della signora Armstrong?

Dragomiroff:  Il nome da nubile della signora Armstrong era Greenwood.

Poirot:             Mi consenta di abusare ancora un momento della sua memoria e della sua pazienza. Ci sono altri nomi dell’enturage degli Armstrong che non riesco a ricordare. Non c’era anche una segretaria?

Dragomiroff:  Certo che c’era.

Poirot:             Come si chiamava?

Dragomiroff:  Il suo nome... non mi pare di... ah!... sì, aspetti... si chiamava miss Freebody.

Poirot:             E non c’era anche un bravo autista?

Dragomiroff:  Non me ne servivo. Avevo il mio.

Poirot:             Certo non era il solo uomo del personale di servizio...

Dragomiroff:  Mi pare di ricordare che ce ne fosse un altro. Doveva essere, come dire, l’attendente indiano del colonnello.

Poirot:             E la cameriera personale della signora, quella che fu sospettata a torto di complicità nel rapimento e si uccise?

Dragomiroff:  Io viaggio sempre con la mia cameriera personale e non ho avuto mai a che fare con lei.

Poirot:             Forse Fraulein Schmitt può ricordare qualcosa. Immagino che come colleghe abbiate avuto occasione di fraternizzare...

Schmitt:          Ya, ya. Naturalmente. Ma tra cameriere ci chiamavamo solo col nome di battesimo.

Poirot:             E qual’era il suo?

Shmitt:            Paulette.

Dragomiroff:  Hildegard, dovresti farmi il piacere di chiedere al cameriere del vagone-ristorante di portarmi un the alla russa, e poi puoi pure tornanre nella tua cabina. Suonerò se avrò bisogno di te.

Schmitt:          Yavol, madame le Princesse.

Poirot:             E poi c’era la bambinaia, la nurse...

Dragomiroff:  Non ho ancora avuto bisogno della nurse. Forse mi toccherà fra qualche tempo.

Poirot:             Le non sorride mai, madame le Princesse?

Dragomiroff:  No! Me lo hanno sconsigliato: dicono che favorisca le rughe.

Bouc:              Ci scusi...

Poirot:             Lei mi è stata di grande aiuto. Dica a Pierre di chiamarmi Arbuthnot fra cinque minuti: devo parlare prima con la cameriera.

Hildegard Shmitt, la cameriera.

Poirot:             Fraulein Schmitt, potrei scambiare due parole con lei, in tutta riservatezza, nella sua cabina?

Schmitt:          Non mi sembra corretto!

Poirot:             No, non c’è niente di cui preoccuparsi... Ho notato la sua espressione mentre si parlava della cameriera degli Armstrong, Paulette.

Hidegard:                   Era una cara ragazza, mein heir, le ero molto amica.

Poirot:             Per caso ne conserva la fotografia?

Hildegard:                  Certo. Porto sempre con me la scatola delle foto: mi aiuta a passare le serate. La prego, mein heir, sono molto forte. Ah! Mio dio!

Poirot:             Si calmi! Questo potrebbe essere la sua salvezza e quella di tutti i passeggeri del vagone per Calais  compresa la sua principessa. Quando ha aperto la valigia per l’ultima volta?         

Hidegard:       Dopo Belgrado. Pierre mi disse di andare dalla Principessa e io presi un libro in caso lei volesse un po’ di lettura.

Poirot:             Troppo grande per Pierre, ed è saltato via un bottone... il bottone trovato da madame Hubbard. C’è un passepartout nella tasca dei pantaloni.

Hildegard:      Ecco la fotografia, mein heir.

Poirot:             Ah... Questa è la povera ragazza che è saltata dalla finestra. Usi questo, madmoiselle, l’ho trovato nel corridoio, credo che sia suo perché c’è la sua iniziale.

Hildegard:      No, no, no. Questo non è un fazzoletto da cameriera, ma da gran Dama.

Poirot:             Come la principessa?

Hildegard:                  È nel suo stile, ya. Ma non appartiene a lei, conosco le sue cose. E inoltre l’iniziale non è questa.

Poirot:             Qual è il nome di battesimo della principessa?

Hildegard:      Natalia, mein heir. È un nome russo.

Poirot:                         Allora dovrò tenerlo finché non trovo la proprietaria. Potrei tenere anche la fotografia fino a stasera? Prometto di ridargliela.

Hildegard:      Ya, ya. Non è questo che mi preoccupa, ma questo... questo sì. Sarò accusata di averlo nascosto nella valigia?

Poirot:             Madmoiselle, sono sicuro che non ha nascosto quest’uniforme, come sono sicuro della sua lealtà che lei ha nei confronti della sua padrona, come pure che non è solo un cameriera, ma anche un buona cuoca, e non solo un buona cuoca, ma anche una buona amica, un sostegno, una compagnia. Ho indovinato a dire che è una buona cuoca?

Hildegard:      Tutte le mie padrone l’hanno riconosciuto!

Poirot:             Arrivederci...

(Poirot entra nella sua cabina e trova il kimono scarlatto. Risata.)

Fine primo atto.

Secondo atto

Arbuthnot, il colonnello inglese.

(Poirot rientra con la vestaglia e l’uniforme con se.)

Arbuthnot:      Sta per aprire un negozio d’abbigliamento?

                       

Poirot:             No... Sto per chiudere un’inchesta! Dov’è Shimoga?

Arbuthnot:      Come dice?

Poirot:             Shimoga dove si trova?

Arbuthnot:      Fuori della mia zona. Io presto servizio alla frontiera dell’ovest, ma Shimoga si trova a sud, nel Misore.

Poirot:             C’è una missione?

Arbuthnot:      E come faccio a saperlo? L’india pullula di missioni.

Poirot:             Lei viaggia in licenza dall’India all’Inghilterra?

Arbuthnot:      Sì.

Poirot:             Perché via terra?

Arbuthnot:      E perché no?

Poirot:             È normale fare il viaggio via mare, è più comodo.

Arbuthnot:      Ho scelto la via di terra per ragioni personali.

Poirot:                         Colonnello, in un’inchiesta per omicidio non ci si può trincerare dietro le ragioni personali.

Arbuthnot:      Mi sono fermato un giorno per visitare Ur e la Caldea, e poi tre giorni a Bagdad in visita al residente che è un mio caro amico.

Poirot:                         Quella signorina inglese, madmoiselle Dobenham, viene anche lei da Bagdad, ed è possibile che il delitto sia opera di una donna, o di un uomo e una donna in cooperazione. In base alla sua conoscenza di madmoiselle Dobenham, la ritiene capace fisicamente ed emozionalmente di un omicidio?

Arbuthnot:      Questa è una domanda maledettamente scorretta!

Poirot:             Lo so, ma la faccio!

Arbuthnot:      Miss Dobenham non è una donna. È una signora!

Poirot:             Il che esclude che possa essere un’assassina?

Arbuthnot:      Quell’uomo era per lei uno sconosciuto. Non l’aveva mai visto prima.

Poirot:             Come mai se la prende tanto calda?

Arbuthnot:      Non capisco a cosa vuole alludere...

Poirot:                         Allora siamo pratici e limitiamoci ai fatti. Conosceva il colonnello Armstrong?

Arbuthnot:      Solo di nome. Operavamo in ambienti troppo diversi: io con le truppe indigene, e lui nell’esercito regolare.

Poirot:             Guardie scozzesi...

Arbuthnot:      Come lo sa?

Poirot:             L’ho letto sui giornali, quando si suicidò, dopo la tragedia.

Arbuthnot:      Brutta storia. L’avrei creduto più duro, infondo ebbe la “D.S.O.”, e la “M.C.” in Francia... “Distinguish service onor”, “Military coloss”.

Poirot:             Mon Colonnel, Ratchett fu responsabile di ben cinque morti: il suicidio della cameriera calunniata, l’omicidio della bambina Armstrong, la morte della signora Armstrong dando prematuramente alla luce una bimba anch’essa nata morta, ed infine il suicidio del colonnello Armstrong vinto da una terribile serie di sciagure famigliari... Io comprenderei e giustificherei il

suo gesto anche se in aggiunta alla “D.S.O.” e alla “M.C.” avesse guadagnato la “V.C.” che significa, se non erro “Vittoria Cross”, ed è la più alta decorazione!

Arbuthnot:      Secondo la mia opinione Ratchett ha meritato quel che ha avuto, quantunque avrei preferito che fosse stato processato secondo le regole. Attraverso il giudizio di dodici giurati, questa è la regola!

Poirot:             Si ritiene che il delitto sia stato commesso all’una e quindici. Dov’era lei a quell’ora?

Arbuthnot:      Chiacchieravo con quel... come si chiama?... MacQueen, nella sua cabina. È interessato al futuro dell’India, ma è un po’ fuori strada: lui pensa che gli inglesi dovrebbero andarsene.

Poirot:             E fino a quando avete discusso di questo?

Arbuthnot:      Beh, fino all’una e trenta. È stata una discussione molto accanita!

Poirot:             Colonnello Arbuthnot, lei è il solo passeggero del vagone di Calais che fuma la pipa.

Arbuthnot:      L’ho notato anch’io.

Poirot:             E questo dev’essere il suo scovolino...

Arbuthnot:      Stessa marca.

Poirot:             È stato trovato nel portacenere al capezzale del cadavere.

Arbuthnot:      È indubbio che qualcun altro ce l’ha messo. Sa quanti ne fanno uso di puliscipipe?... Oppure lei crede che io sia tanto stupido da entrare nella cabina di Ratchett, ammazzarlo, pulire la mia pipa e dimenticarmi lì il mio scovolino?

Poirot:             No, colonnello Arbuthnot!... Madmoiselle Dobenham...

Arbuthnot:      Ehm... Posso restare?

Poirot:             No, colonnello Arbuthnot.

Mary Dobenham, la signorina di Bagdad.

Poirot:             Pardon, madmoiselle Dobenham. ma parlerò senza riguardi. Lei e il colonnello Arbuthnot vi siete incontrati a Bagdad e innamorati? Perché voi inglesi dovete nascondere anche i sentimenti più naturali?

Dobenham:     Per rispondere alle sue domande nello stesso ordine, la prima risposta è sì, la seconda... non lo so!

Poirot:             E allora permetta che le dica che alla stazione di Istambul ho sentito una vostra conversazione... Dunque, cosa doveva essere finito, madomiselle Dobenham? Cosa dovevate dimenticare? Era forse una prova che dovevate subire, un compito da portare a termine, forse un delitto da compiere ad ogni costo?

Dobenham:     Mister Poirot, non sono libera di rispondere ad alcuna delle sue domande.

Poirot:             Questo può farlo qui forse, ma quando la polizia Jugoslava assumerà le indagini a Brod lei passerà seri guai se non risponde a questa domanda!

Dobenham:     Vuol dire che telefonerò ai miei avvocati. Si tratta di una questione privata tra me e il colonnello Arbuthnot.

Poirot:             In un inchiesta per omicidio non ci sono questioni private. La reticenza genera sospetto, quindi risponda alla domanda. Cosa dovevate fare? Cosa dovevate dimenticare? Risponda alla domanda! Non uscirà di qui finché non avrò avuto una risposta a questa domanda!...

Pierre:             Colonnello, la prego, monsieur Poirot ha proibito severamente...

Arbuthnot:      Questo Poirot non ha il diritto di farlo. Si tratta di una questione privata.

Pierre:             La prego, la prego colonnello...

Arbuthnot:      Levati dai piedi!

Poirot:             Cosa dovevate fare? Cosa dovevate dimenticare?...

Arbuthnot:      Tenga giù le mani da miss Dobenham!

Poirot:                         Non ho messo le mani addosso a madmoiselle Dobenham. Le ho fatto una semplice domanda alla quale rifiuta di rispondere.

                       

Arbuthnot:      E con questo?

Poirot:             Con questo forse lei potrebbe rispondere al suo posto...

Arbuthnot:                  È disposto a darmi la sua parola d’onore di gentiluomo che se la risposta non ha nulla a che vedere con l’omicidio verrà tenuta riservata?

Poirot:             Ha la mia parola.

Arbuthnot:                  Sei mesi fa, quando ancora non conoscevo miss Dobehnam, mia moglie si dichiarò stanca da morire, non solo di vivere in India, ma anche di vivere con me e mi chiese di concederle il divorzio. Data la mia posizione di comandante del dodicesimo Burcas io rifiutai, in caso contrario avrei perso il mio comando. Mia moglie tornò in Inghilterra ed ho ricevuto le prove irrefutabili che ha tenuto condotta scandalosamente contraria ai suoi doveri, in conseguenza io ho iniziato un processo di divorzio indicandola come coniuge colpevole. Quando questo processo sarà “dimenticato”, quando questo processo sarà “finito” io potrò sposare miss Dobehnam. Nel frattempo è di grande importanza per le leggi inglesi che il nostro comportamento non diventi motivo che permetta una reazione legale da parte di mia moglie... Questo risponde alla sua domanda?

Poirot:             Beh, è una buona risposta.

Arbuthnot:                  Possiamo andare?

Poirot:             Certeinment, con la promessa che le mie labbra rimarranno sigillate.

Arbuthnot:                  Mi dispiace di aver colpito Pierre, glie lo dica.

I conti Andrei, nobili bulgari.

Poirot:             Pierre, il colonnello si scusa del suo gesto.

Pierre:             Merci, monsieur.

Poirot:             Monsieur le comte, lei ha un passaporto diplomatico bulgaro. Ciò da a lei e a madame la comtesse il diritto di rifiutare di rispondere.

Conte:             Date le circostanze non ce ne avvarremo.

Poirot:                         Lei è molto gentile! Come lei sa, madame la comtesse, si tratta di un unico passaporto che elenca nomi e titoli di suo marito, quanto a lei si limita alla firma e al nome da nubile da quel che vedo è Grunwald...

Contessa:        Sì, questo è esatto, monsieur. La mia famiglia è di origine tedesca, anche se ora sono cittadina ungherese.

Poirot:             Sfortunatamente la prima lettera del suo nome nella firma da lei apposta sul documento è stata quasi cancellata da una macchia di grasso.

Conte:             Già. Bisogna dire che i funzionari di frontiera sono spesso trascurati. Siedono alle loro scrivanie mangiando panini imburrati e finiscono per timbrare il passaporto a base di ditate di burro.

Poirot:             Già. L’ho notato anch’io. Tuttavia vorrei pregarla di riprodurre la firma da lei apposta sul documento?

Contessa:        Elena... Andrei... Nata Grunwald.

Poirot:             Considerata la differenza delle penne la riproduzione sembra esatta. Non credo ci sia altro, salvo chiederle se questo fazzoletto è suo.

Contessa:        Dato che non porta nessuna delle mie iniziali, non vedo perché dovrebbe esserlo.

Poirot:             E ha nulla in contrario se le chiedo il colore della sua vestaglia?

Contessa:        No, anche se trovo strano il suo interesse per la seta color albicocca.

Poirot:             Io mi interesso solo di delitti, madame. Lei e suo marito siete mai stati insieme in America?

Contessa:        No, ci siamo incontrati molto dopo.

Poirot:             Dopo di cosa?

Conte:                         Si riferisce all’inizio della mia carriera. Quando ero stato destinato a Washington.

Poirot:             Così lei è vissuto a Washington?

Poirot:                         Quale diplomatico di carriera non c’è stato?

Poirot:             Non ha dormito bene stanotte, monsieur?

Conte:                         Al contrario. Malgrado gli sforzi della turbolenta signora Hubbard, ho dormito profondamente.

Poirot:             E lei, madame?

Contessa:        Ancora più profondamente. Nessuno di noi due si è svegliato prima delle otto. Quando viaggio ho l’abitudine di prendere il Trional.

Poirot:             Piccoli cristalli da sciogliere nell’acqua, è un forte ipnotico!

Contessa:        Detta così sembra un veleno.

Poirot:             Come molti sonniferi preso in quantità eccessiva è proprio un veleno!

Conte:             Cosa vorrebbe insinuare?

Poirot:             Calma! Non siete accusati, siete scusati...

Greta Ohlsson, la svedese.

Ohlsson:          Ho paura.

Pierre:             Niente paura, mademoiselle. Tutti sono usciti di qui molto più tranquilli.

Ohlsson:          Dio soltanto può dare la pace.

Poirot:             Bounogiorno, madmoiselle Ohlsson.

Ohlsson:          Buongiorno.

Poirot:             Mi scusi la domanda personale, ma tutti gli scandinavi che conosco parlano bene le altr lingue, lei invece ha difficoltà. Come mai?

Ohlsson:                     Sono nata... all’indietro. Per questo motivo lavoro come missionaria in Africa... e insegno ai piccoli bambini marroni più all’indietro di me.

Poirot:             Ma qui vedo che è stata tre mesi in America. Non le è servito a migliorare?

                                   Ero in una missio... in un gruppo internazionale che raccoglieva denaro per la missione africana dagli ricchi americani. Io parlavo svedese a grandi uditori... per un istituto svedese-americano in Mineapolis. In dieci settimane abbiamo raccolto 14000 dollari... e centesimi 27.

Bouc:              Bel risultato.

Poirot:             Madmoiselle Ohlsson, da quanto si interessa di religione?

Ohlsson:                     Da tre anni... In estate ero malata e sempre sedevo sul prato del giardino. Ho visto Gesù nel cielo... con molti bambini piccoli... ma tutti i bambini erano marroni. Questo era un segno che dovevo accudire piccoli bambini marroni.

Poirot:             Capisco. E i suoi genitori erano religiosi?

Ohlsson:          No... non avevano nessun rispetto per Dio. Non era solo un segno, era anche una punizione.

Poirot:             Su, su, su, su. Sono sicuro che Dio la perdonerà, madmoiselle Ohlsson e forse, cosa molto più importante, anche a suo padre e sua madre. Ora... qui vede la cabina che divide con...

Ohlsson:          Sì, questo è il mio letto numero sette.

Poirot:             Già, letto numero sette. Mi parli del numero otto.

Ohlsson:          È quello della signorina Dobenham... Una gentilissima signorina di Bagdad. Dove insegna stenografia in inglese ai bambini. Per agevolare i bambini...

Poirot:                         E dopo che il treno ha lasciato Vicovici, madmoiselle Dobenham si è mai alzata?

Ohlsson:          No... lei ha dormito come me.

Porot:              Ma sei lei dormiva come fa ad essere sicura che l’altra non si è mai alzata?

Ohlsson:          Nella missione di Shimoga posso udire il respiro di un serpente...

Poirot:             E quanto a lei, è mai uscita?

Ohlsson:          No, solo la mattina... nella mia vestaglia.

Poirot:             E la sua vestaglia è rossa scarlatta?

Ohlsson:          No, è gialla.

Poirot:             Ah, è gialla. E quello di madmoiselle Dobenham com’è?

Ohlsson:          Dobenham... Quella è lilla.

Poirot:             Ah. Capisco. Ci può dire perché fa questo viaggio?

Ohlsson:          Come sempre soldi per la missione.

Poirot:             Quando questa storia sarà finita le pormetto una erogazione da parte mia.

Ohlsson:          Dio la ricompenserà.

Poirot:             Grazie... grazie...

Poirot:             Dovere, madame...

Antonio Foscarelli, commerciante italiano.

Poirot:             Monsieur Foscarelli. Prego. Lei è cittadino naturalizzato americano ?

Foscarelli:       Ci può scommettere!

Poirot:             Da quanto?

Foscarelli:       Sette anni... mi ricordo del giorno preciso, perché...

Bouc:                          Per favore, cerchi di rispondere solo alle domande. Altrimenti finisce che sarà lui a interrogare lei!

Poirot:             Lei è commerciante di macchine?

Foscarelli:       Proprio! Vendo macchine americane agli italiani.

Poirot:             E conosceva Cassetti?

Foscarelli:                   No, ringraziando Iddio. Era un mafioso.

Bouc:              Davvero?

Poirot:             E chi crede lei che l’abbia ucciso?

Foscarelli:       Un altro mafioso!

Bouc:              Ha le idee chiare!...

Foscarelli:       Stanno sempre ad uccidersi a coltellate, o con quei cosi... con quei mitra... trà-ttarà-tta-ta-tà!

(Arriva la signora Hubbard mostrando un pugnale insanguinato.)

Poirot:             Perché, Macbeth, hai portato quel pugnale insanguinato?

Hubbard:        Perché l’ho trovato nel mio beauty case!

Foscarelli:       Ecco, è come vi avevo detto. Coltello o pistola: è la vendetta tra due mafiosi!

Poirot:             Mi dia quest’arma. Quando ha aperto l’ultima volta il suo beauty case?

Hubbard:        Ieri sera, quando ho tirato fuori la roba.

Poirot:             Se aveva tirato tutto fuori come mai lo ha riaperto?

Hubbard:                    Per rimettere una cosa dentro.

Poirot:             Risposta ineccepibile, madame Hubbard. Ritorna al vagone-letto?

Hubbard:        Ci può scommettere! Crede che voglia restare sola nella cabina dopo questo?

Poirot:             Vuol pregare, allora, il capo cameriere di disporre tavoli e sedie in modo che madame Bouc e io, modestamente, possiamo rivelare ai passeggeri la soluzione dell’inchiesta?

Foscarelli:       E io sono stato d’aiuto per la soluzione?

Poirot:             Oui, se risponde brevemente a due altre domande.

Foscarelli:                   Dica, dica...

Poirot:             Nella notte del delitto mosieur Mastermn uscì dalla cabina?

Foscarelli:                   No, grugniva come un porco per il mal di denti!

Poirot:             E lei è mai stato al servizio di privati?

Foscarelli:       No!

Poirot:             Merci, questo è tutto.

Foscarelli:       Scusi, signore...

Buoc:              Prego... Che ne pensa, Poirot?

Poirot:             È sangue umano, e questo pugnale potrebbe aver inferto tutte le ferite.

Bouc:              ...e lei sa bene chi è stato!...

Poirot:             L’ultimo interrogatorio sarà una specie di gioco d’azzardo, ma se avrà successo... sapremo!

Cirus Hardman, il viaggiatore americano.

Poirot:             Venga, venga, venga avanti, prego.

Hardman:        Grazie.

Poirot:             Lei è Cyrus Hardman, agente teatrale?

Hardman:                   No!... Voglio dire che non sono un agente teatrale: quello è falso, rilasciatomi su garanzia della Pinkertons...

Poirot:             L’agenzia investigativa?

Hardman:        Filiale di Istanbul... Ratchett chiese una guardia del corpo americana, ed eccomi qua... Bella prestazione, eh?

Poirot:             E lei può provare che questo è il vero motivo del suo viaggio?

Hardman:        È Paulette, Paulette Michel. L’unica donna che abbia mai amato in vita mia! Ora è inutile negare chi sono... (Piange.)

(Buio lento. Si riaccende la luce al vagone passeggeri. Tutti i passeggeri sono in scena,

ciascuno davanti alla propria cabina.)