Assunta Spina

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Due atti

di Salvatore di Giacomo

Versione italiana di Francesco Flora1

(su Il Dramma, n. 282 - Marzo 1960)

LE PERSONE

ASSUNTA SPINA, 25 anni

MICHELE BOCCADIFUOCO, beccaio - 35 anni

FEDERICO FUNELLI, vice cancelliere al Tribunale - 30 anni

DONNA CONCETTA, madre di Boccadifuoco - 60 anni

FORTURELLA

                         popolane

FILOMENA

SGUEGLIA DIODATO, usciere al Tribunale - 60 anni

TORELLI  ANIELLO, usciere al Tribunale 70 anni

FERRARA, brigadiere

SANTE MARCUSO            

                         guardie

MARCELLO FLAIANO

FORTUNATINA

OLIMPIA

RACHELE           stiratrici

ERNESTINA

MICHELINA

TITTARELLO, garzone di Boccadifuoco

DONN'EMILIA FORCINELLA, levatrice

TINA BOUQUET, «chanteuse», sua figlia

EPAMINONDA PESCE, macchiettista

ATTO  PRIMO

Interno della grande sala del Tribunale penale, a Castelcapuano. Il fondo della scena  un'alta parete sulla quale, tra colonne barocche e festoni, sono figure a fresco dei re di Napoli  è, abbasso, interrotto dalle porte delle sezioni penali. Su quella a sinistra è scritto: « Terza sezione », su quella di mezzo: « Quinta sezione », su quella a destra: « Ottava sezione ». Tra porta e porta sono sedili di legno scuro con alta spalliera. Dalle spalliere pendono carte giudiziarie, bandi, ecc. Una varia folla occupa que' sedili: vi stanno donne e uomini, signori e plebei, qualche prete, qualche guardia di Finanza o di Pubblica Sicurezza, dei contadini, ecc, ecc. Di volta in volta qualcuno di costoro si leva ed entra in una delle stanze di sezioni. Gli uscieri appaiono di volta in volta sulla soglia e chiamano i testimoni. A destra e a sinistra della vasta sala e dello spettatore sono grandi porte a larghi stipiti marmorei. Per queste porte entra ed esce continuamente una folla peripatetica, e il va e vieni e il vocio durano l'atto intero. Dei venditori ambulanti circolano tra la folla: vendono cerini, panini e carta da scrivere. Sul davanti della scena sono tavole per gli uscieri. Alla prima, sulla sinistra dello spettatore, seggono l'usciere titolare e altri individui che scrivono o chiacchierano. Alla secon­da, sulla destra, è un altro usciere che rassetta carte e discute con qualcuno, in piedi. Sulla prima tavola è un cartello con la scritta: « Diodato Sgueglia, Ufficiale giudiziario ». Sulla seconda tavola è un'altra scritta, che dice: « Aniello Torelli, Uffi­ciale giudiziario ». Si fuma. Sono le quattordici. E' inverno. Il mormorio è continuo, anzi, a levata di tela, è un alto e confuso vocio.

Scena prima

La folla. Ai loro posti gli uscieri Sgueglia e To­relli. Avvocati che sopraggiungono. L'avvocato Buffa. Portieri. Guardie. Un prete. Contadini, ecc.

Gran mormorio. Tutto il parlato e il movimento seguono in fretta.

Avvocato Primo (viene dalla destra, con carte sotto il braccio, frettoloso. S'incontra con l'avvo­cato secondo)  Avvocato Franceschelli, noi sia­mo qua!

Avvocato Secondo (stretta di mano)  Oh! Ca­rissimo! Dunque? C'è motivo?

Avvocato Primo  Altro!  Ce ne stanno due. Siamo a cavallo!

Avvocato Secondo  Ah, neh? E ditemi, dite... (Gli si mette a fianco; muovono verso la sinistra).

Avvocato Primo  Ecco qua: sulla prima posi­zione c'è la mancanza di presentazione di parte...

Avvocato Secondo  Benissimo!

Avvocato Primo  Sulla seconda... (Escono, discor­rendo, per la sinistra).

Un Fattorino postale (di fretta, con un tele­gramma in mano, si accosta al banco dell'ufficiale Torelli)  Neh, scusate, sapete questo presidente... (Leggendo sul telegramma) presidente Laudati... dove si trova?

Torelli (cessa di scrivere)  Laudati? (Si volge all'ufficiale Sgueglia che siede al banco rimpetto) Neh, don Diodato?

Sgueglia (che discute con un signore che gli siede accanto)  Dite.

Torelli  Il presidente Laudati in quale sezio­ne sta?

Il Signore seduto (a Sgueglia)  No! Scusate! Sono dodici e sessanta!

Sgueglia  Sono tredici e sessanta! Mo ci doves­simo imparare pure a fare l'addizione?

Il Signore  Sarà...

Sgueglia  No. Che sarà? E'! E'!

Torelli  Don Diodato?

Sgueglia  Chi è? Laudati? Alla Sesta sezione. (Si rimette a discutere) Verificate meglio...

 Torelli (al fattorino, indicando)  A mano si­nistra, la prima porta. (Il fattorino via in fretta. Torelli si rimette a scrivere).

Il Cerinaro  (con voce  lamentosa)  Cerini a due scatole per un soldo! Fabbrica La Baschiera! Cerini inglesi! Due scatole per un soldo!  (Fa il giro delle tavole).

Avvocato Terzo (in fretta accostandosi al tavolo dì Torelli)  Don Aniello, sapete se è venuto il professore Buffa?

Torelli (seguitando a scrivere)  E' venuto e se n'è andato.

Avvocato Terzo  Sapete se torna?

Torelli (seguitando a scrivere)  E io che vi posso dire?

Avvocato Terzo  E allora mi metto a sedere e lo aspetto. (Siede accanto a Torelli e si mette a leggere carte legali).

Voce di Usciere (dal fondo, accanto alla Terza sezione)  Aulisio!

Voce tra la folla  Qua, qua!

Voce di Usciere  Aulisio Giuseppe!

Voce tra la folla  Mo! Un momento! Pre­sente!

Voce di Usciere  E avanti, andiamo.

Una Popolana (della sinistra, a un'altra che la segue)  Peppinella, vieni, passa da questa parte! Sediamoci. (Le due donne vanno a una scranna in fondo e vi seggono) E Nannina dov'è?

Voce di Nannina  Io non posso passare. (Ap­pare e si fa largo. Ha un marmocchio in braccio).

La Popolana  Vieni,  vieni,  mettiti  a  sedere. (Nannina va a sedere anche lei presso le altre due).

Voce di Usciere (dalla Terza sezione, forte) Giovanni Malatesta! Malatesta Giovanni!

Un Testimone (è seduto in fondo. Salutando quel­li che gli stanno seduti accanto e levandosi)  Si­gnori miei, permettete...

Voce di Usciere  Giovanni Malatesta!

Il Testimone   Presente!   (Va alla Terza se­zione ed entra).

Avvocato Terzo  Don Aniello, permettete. Vengo subito. Se arriva il professore, fatelo aspet­tare. (Via per la destra).

Torelli (sommando) Tredici, ventuno,  ventotto... Fate, fate... Trentasette, cinquantacinque...

Il Cerinaro (accostandosi a Torelli)  Due sca­tole per un soldo! Incoraggiate la piccola industria! Due scatole di cerini per un soldo! (Con voce la­mentosa) Signori, incoraggiate...

Torelli  Ragazzo, sei afflittivo, sai!

Il Cerinaro  Incoraggiate...  (Si volta a Sgueglia).

Sgueglia  E vattene via che qui siamo più sco­raggiati di te. (Il cerinaro, che continua a dar la voce, s'allontana. Al signore che gli siede accanto) E voi vorreste che alla Procura generale si spic­ciassero in due o tre giorni? Ma che scherzate? « pazziate »?

Avvocato Buffa (dalla destra, frettoloso, asciu­gandosi la fronte sudata. S'accosta alla tavola di Sgueglia)  Don Diodato, avete visto il giovane del mio studio?

Sgueglia  Mi pareva che poco prima fosse qui. Domandate a don Aniello. (Indica con lo sguardo Torelli, che seguita a scrivere).

Il Signore  (sopravvenendo, a  Buffa)  Profes­sore Buffa stimatissimo!

Avvocato Buffa  Ai piedi vostri! Che c'è?

Il Signore  Vi dovrei parlare.

Avvocato Buffa   Un momento.   (A Torelli) Don Aniello, mi date notizia del giovane mio?

Torelli  Proprio adesso era seduto qui.

Avvocato Buffa    Neh? (Al  signore)  Acco­modatevi, don Aniello è cosa nostra. Dunque? (Siede anche lui, continuando ad asciugarsi il sudore).

Il Signore  Dunque, professore, l'affare è grave!

Avvocato Buffa  Grave? E come? S'è fatto grave da un giorno all'altro?

Il Signore  Eh, professore mio! Leggete qua. (Cava carte dal petto. Buffa legge).

Un Venditore (girando e accostandosi ai tavoli)  Biscottini, ciambelline fresche! Una buona me­renda!

Un Popolano (a un altro che lo segue. Si avvia alla Terza sezione)  Vincenzo, vieni a vedere! Entra!

L'Altro Popolano  E che causa si fa?

Un Popolano Il figlio della zingarella: per il piccolo  gioco  del   lotto  clandestino.   (Cercano  di entrare nella Terza sezione).

Il Portiere della Terza sezione  Levatevi i cappelli, che qui non state in mezzo alla strada!

(I due popolani si sberrettano ed entrano nella Terza).

Il Portiere della Ottava sezione (sulla porta) La Corte si ritira! Uscite fuori!

(La folla esce dall'Ottava sezione e si sparpaglia. Il portiere chiu­de le porte).

Uno della folla (a un altro, con gran voce) Neh, Federico, sai dove si vendono i sigari?

Un Altro  Da quella parte. (Indica a destra) E che? Allora non ce ne andiamo?

Uno della folla  Sentiamoci prima la senten­za. Vuoi venire a fumare?

Un Altro  E andiamo. (Via per la destra. La folla va e viene e s'indugia e si mescola ad altra folla che sopraggiunge).

Una Popolana (esce in fretta dalla Terza sezione. A un uomo che è seduto a una scranna presso alla porta della stessa sezione)  Giovanni, chiama Ciccillo.

L'Uomo (alzandosi)  Ma che Ciccillo! Quello se n'è sceso abbasso.

La Donna  E' sceso? e dove è andato? Che possa passare un guaio! Quelli adesso lo chiamano. Va', corri, scendi, vallo a chiamare. (Lo spinge e rientra nella Terza sezione).

L'Uomo  Neh, Ciccillo! (Grida camminando).

Una Guardia di P. S. (lo ferma)  Ohé, Oh! E che stai in mezzo alla strada!

L'Uomo  E che è! Qua strillano tutti quanti.

La Guardia  Ma tu, hai capito che non devi gridare?

L'Uomo  E non vi amareggiate!

Il Portiere della Terza sezione (gridando) Piantone!

La Guardia  Comandi. (Rompe la folla e ac­corre).

L'Uomo Ma guarda che si passa! (Rincammi­nandosi) Neh, Ciccillo! (Grida più forte) Ciccillo! (Via in fretta).

Avvocato Terzo (arriva in fretta dalla sinistra e s'accosta alla tavola ove è seduto Buffa)  Profes­sore, io sto qua!

Avvocato Buffa (voltandosi)  Oh! Bravo, don Raffaele. M'avete fatto stare in pensiero! Avvocato Terzo  Sono andato soltanto a man­giarmi un pagnottino.

Avvocato Buffa  Eccomi a voi.  (Al cliente che si è alzato) A ogni modo io vi avevo preparato la lettera per il curatore del fallimento. (La cava dal petto) Eccola qua.  Che vi posso dire?  Fate buone cose e fatemelo sapere. (Gli stende la mano).

Il Signore (stretta di mano)  Così spero, pro­fessore. Allora arrivederci. (Via).

Avvocato Buffa  Arrivederci.  Don  Raffaele, veniamocene a noi.

Avvocato Terzo  Sto qua.

Avvocato   Buffa   (a   Torelli,   indicando   l'avvo­cato terzo)  Tengo un giovane che vale tant'oro quanto pesa! Dunque, don Raffaele, per oggi v'è poco da fare.

Avvocato Terzo (con un sospiro)  Eh! Meno male.

Avvocato Buffa  Dovreste andare un mo­mento in Cancelleria e copiarvi quel processetto di Zamparella. Uscendo dalla Cancelleria mi dovreste fare il piacere d'informarvi un momento alla Cas­sazione di quell'affare di Taglialatela. E passando, vedete a San Domenico se il cancelliere vi ha preparate quelle carte per la Pretura. Se ve l'ha preparate, fatemi il favore, andate un momento alla Pretura di Foria, qui vicino, sono quattro passi. E di là, se vi potete allungare un momento fino a casa mia, mi lasciate Zamparella dal portinaio.

Torelli (levando la testa, a uno che gli siede ac­canto, sottovoce)  Piccola incombenza!

Avvocato Terzo (sorridendo)  Professore, non c'è nient'altro?

Avvocato Buffa  No, figlio mio. Poi ve ne andate a mangiare in grazia di Dio. E ci vediamo domani.

Torelli (sottovoce)  Se è vivo.

Avvocato Buffa (alzandosi) - Oh!  E mo vo­glio andare a cambiarmi la camicia, perché sono tutto una zuppa! Don Raffaele, voi venite?

Avvocato Terzo  Eccomi qua.  (Via con lui, dalla sinistra).

Il Portiere della Ottava sezione  Cassano e Martino! Si fa l'incidente! Cassano e Martino! (Campanello elettrico della Terza sezione. La folla accorre alla porta di essa).

Sgueglia (a uno che scrive accanto a lui)  Don Peppino, voi state scrivendo ancora?

Don Peppino  Ho finito. E adesso mi fumo pure mezzotoscano. (Accavalla le gambe e accende il sigaro) Ma che è? Stamattina non vi vedo col solito buon umore.

Sgueglia  Lasciatemi stare, don Peppino. Ten­go la signora mia ch'è incinta e ch'è uscita di conti da tre giorni!

Don Peppino  E state qui sopra?

Sgueglia  E che debbo fare? La spada di Damocle!

Una Signora (a Sgueglia)  Scusi, ha visto pas­sare il giudice Bernardi?

Sgueglia  No, signora.

L'Uomo (seduto accanto a Torelli)  Volete il giudice Bernardi?

La Signora  Per favore!

L'Uomo (come sopra)  Sta giù al caffè. S'è so­spesa l'udienza.

La Signora  Oh! Grazie sa! (Via per la destra).

Sgueglia (a don Peppino)  La vedete quella signora? La sera, a San Carlo, canta dentro gli « Ugonotti ». E la mattina viene qui sopra...

Don Peppino  E mena stoccate.

Un Uomo (dal fondo, chiamando Sgueglia)  Don Diodato! (Sgueglia si volta) Potete venire un mo­mento qua?

Sgueglia  Pronto! (A don Peppino) Permet­tete? (S'alza e va in fondo).

Una Contadina (porta un paniere infilato al brac­cio e si conduce una villanella per mano. Incon­trandosi con un contadino che viene  dalla sini­stra)  Oi compare Tomaso!

Il Contadino  Oi comare Santella! E che state a fare qui sopra? Per Micalangelo ci state?

La Contadina  E voi perché ci state, neh, com­pare Tomaso?

Il Contadino  Be'! per testimone. Qui sta pure il prete di Santa Sofia.

La Contadina  Dov'è, che voglio baciargli la mano! (Alla villanella) Menichella, ci sta pure il prete di Santa Sofia!

Un Grosso Prete  E tu che fai qui?  (Alla cafona che gli bacia la mano).

La Contadina  Per Micalangelo, parrocchiano! (Il prete scosta Sgueglia che torna).

Sgueglia  Reverendo, non spingete!  (Va a se­dere alla sua tavola).

Il  Portiere  della  Ottava  sezione   (forte) Causa Mazzucchelli! I testimoni!

La Contadina Uh, Mamma Incoronata! E questa è la causa di Micalangelo, parrocchiano!

Il Grosso Prete (pigliando tabacco, indifferente)  E va' va', in nome di Dio!

La Contadina (trascinando la figlia)  Uh, ani­me del Purgatorio! portatemelo in salvamento! Uh, Micalangelo mio!

(Entra nell'Ottava sezione. Il prete v'entra anche lui).

Scena seconda

Michele Boccadifuoco dalla destra, in mezzo a due carabinieri, ammanettato. E' un uomo sui trentacinque, alto, robustissimo, pieno di forza. Un terzo carabiniere allontana la folla che segue Mi­chele. Nella folla sono Filomena, Forturella  e Tittarello. La folla nella sala tace, curiosa.

Il Primo Carabiniere (alla folla che impedisce il passo)  Passaggio!  Passaggio!  (Si arrestano per un momento).

Michele  (voltandosi)  Filomena?...  Dove sta?

Filomena (si fa largo)  Sto qui.

Michele  Mamma dove sta?

Filomena  Sta qui: viene appresso.

Michele  Tenetevela in mezzo a voi.

Filomena  State senza pensiero.

Michele (cercando con lo sguardo nella folla) Forturella!

Il Secondo Carabiniere (lo spinge)  Avanti!

Michele  Un momento, brigadiere, per favore!

Forturella  Don Michele, che volete?

Michele  Tenetevi mamma in mezzo a voi. Di­straetela! Datele chiacchiere!

Il Portiere (ai carabinieri, uscendo sulla porta della Quinta sezione)  E avanti con questo de­tenuto.

Il Primo Carabiniere  Avanti! (Entrano nella Quinta sezione).

Forturella (a Michele)  Andate! Lasciate fare a Dio, che è cosa da niente! (A Filomena) Ah, Signore! E che è? Donna Concetta è restata ab­basso?

Filomena  Sta qui. Quella è pesante, è « gra­vante »,e non può correre.

Tittarello  Sta salendo i gradini piano piano. Eccola che arriva.

Scena terza

Donna Concetta tra altre femmine, e detti.

Concetta (ansimando)  Ah, Mamma della Li­bera! Io se non moro stamattina non moro più!

 Filomena  E mettetevi a sedere. (A Sgueglia) Neh,  signori miei, ci potete favorire una sedia? (Prende una sedia dal tavolo di Sgueglia).

Sgueglia  Bella figliola, qui le sedie ci servono!

Filomena  E va bene, meh, per favore. (A Con­cetta) Sedetevi. Coraggio, coraggio! (Concetta siede.. Tutte le donne le sì mettono, in piedi, attorno).

Concetta  E che guaio nero, neh, che guaio nero ch'è questo!

Filomena  Avete ragione! Ma vedete, io mo vi vorrei dire una cosa. (Si volta e prende un'altra sedia) Già voi sapete... (Siede) che io sono chiara e sincera e quello che tengo in bocca, tengo pure...

Sgueglia  Dentro al cuore. Bella figliola, vi siete presa un'altra sedia!

Forturella  Volete sapere? Se non lo tenete per offesa, noi ora queste sedie ve le paghiamo!

 Sgueglia  E che? Stiamo forse in chiesa?

Tittarello (con aria spavalda)  Va bene, pro­fessore. Mi pare che ora fate troppo il difficoltoso per una picciolezza di nessunissima conseguenza!

Sgueglia  E' vero?

Tittarello  Ci vuole un poco di scioltezza!

Sgueglia  (alzandosi)   Ma,  vedete,  io  questa scioltezza...

Forturella  E va bene meh! E' cosa da nulla. (Sottovoce a Sgueglia) Non gli rispondete, non lo contrariate, signore, abbiate pazienza!

Sgueglia (turbato, torna a sedere al suo posto) Anzi! Vi prego. Fate il comodo vostro. Volete una altra sedia?

Il Cerinaro (accostandosi a Sgueglia)  Cerini, volete?

Sgueglia (irritato, gridando)  E te ne vai sì o no? (Adesso me la sconto col cerinaro). Concetta   (a  Filomena)    Dove  si   fa  questa causa?

Tittarello (indica la Quinta sezione)  Là, rimpetto.

Concetta  E che? Già è cominciata?

Forturella  Tittarello, entra, va' a vedere.

(Tit­tarello entra nella Quinta sezione).

Concetta  Michele dove sta?

Forturella  E' entrato là dentro.

Concetta  Allora è cominciata?

Voce di Usciere dalla quinta  I testimoni, fuori!

Concetta  Uh, Mamma della Libera! Io lo metto nelle tue mani miracolose! Avummaria e grazia piena! E dominus teche... (Borbotta) E nunche et in ore...

Filomena e Forturella (commosse, borbottan­do)  E mòrtissi nostri!...

Torelli (levandosi seccatissimo)  E ammènne! E sì! S'è aperta la cappella! Ma scusate, questa non è la maniera! Qui abbiamo da fare!

Filomena (a Torelli)  Abbiate pazienza. Quella è la mamma!

Torelli  Ho sbagliato un conto per la terza volta.

Voce di Usciere  Avvocato Maccarelli!

Voce nella folla  Un momento! Sto qua!

Concetta (a Sgueglia)  Signore, ma che stanno facendo lì dentro?

Sgueglia (seccato, con uno sgarbo)  So questo io! (Vedendo uscire Tittarello dalla Quinta sezio­ne) Avete ragione! Povera donna! (Mannaggia chi non vi spara: a te e tuo figlio).

Concetta (alzandosi e andando incontro a Tit­tarello)  Cosa stanno facendo?

Tittarello  Ora chiamano i testimoni!

Concetta  Voglio entrare.

Filomena (trattenendola)  No, no! Il figlio, vo­stro non m'ha raccomandato altro.

Voce di Usciere  Emilia Forcinella!

Voce femminile  Presente!

(La levatrice For­cinella, seguita da Tina Bouquet, entra, solenne­mente, nella Quinta sezione).

Concetta  Forturella, lasciatemi!

Forturella  No, signora!

Concetta  Fatemi passare.

Filomena  Venite qui.

Voce di Usciere  Silenzio!

Concetta  Fatemi passare, se no mi metto a strillare come una pazza! (Si dibatte) Quello m'è figlio! Quello m'è figlio!

Filomena  Ma che vogliamo fare l'opera di teatro?

Tittarello (a Filomena, sottovoce)  Mantienila, là dentro ci sta Assunta.

Filomena (meravigliata)  Chi? (A Concetta) Aspettate!

Concetta  Lasciate! (Si dibatte. Appare Assun­ta sulla porta della Quinta sezione).

Filomena  Oh, felice notte ai sonatori!

Scena quarta

Assunta Spina esce dalla Quinta sezione. E' ve­stita da popolana, con qualche eleganza. Capelli rossi, grandi occhi neri, un fazzoletto nero le si annoda sulla cima del capo e le passa sotto il mento, nascondendo una ferita alla guancia destra. E' pal­lida, tremante, emozionata. La segue la stiratrice Ernestina. Assunta e donna Concetta, che va verso la Quinta sezione, s'incontrano. Si fissano per un momento. Attorno tutti tacciono, turbati.

 

Concetta (fremente)  E che è? Anche qui state? (Assunta la guarda, silenziosa. Concetta mentre Fi­lomena cerca di trarséla via) Anche qui sopra?

Assunta  (amaramente,  lenta)  Dovessi darne conto a qualcheduno?

Concetta (ironica)  Chi? Voi? E quando mai avete dato conto a qualcheduno?

Assunta  Be', meno male che lo sapete.

Concetta  E come non lo so? Lo so a spese mie!

Filomena (cerca di spingere donna Concetta verso il Tribunale)  Donna Concetta!

Assunta  Per regola vostra, se sono venuta qui sopra, sono venuta a fare un'opera buona!

Concetta (con impeto, facendosele più accosto) Chi? Tu?

Filomena (c: s.) Donna Concetta!

Concetta (furibonda, ad Assunta)  Tu sei ve­nuta a fare un'opera buona? Tu mi levi un figlio di sotto il fiato, e poi dici che sei venuta a fare opera buona?

Sgueglia (che ascolta, come gli altri, rivolto a Torelli)  Senti, senti!

Tittarello (a donna Concetta)  Va bene, que­sti sono fatti che s'appianano a un'altra parte. Qui stiamo al Tribunale. Mannaggia la palella!

Sgueglia  E dàgli! dài!

Assunta (eccitatissima)  Sentite, donna Con­cetta.

Filomena (a Concetta)  Andiamo. (Ad Assun­ta) Poi glielo direte quando don Michele esce a li­bertà. Speriamo che tutto riesca a bene.

Concetta (a Filomena, scostandola)  Lasciatemi sentire che dice.

Voce di Usciere  Il piantone!

Il Piantone  Qui! Qui!  (Passa correndo una guardia di P. S.).

Assunta (si è avvicinata molto a Concetta. Le parla sottovoce, fremendo, a denti stretti)  Voi avete ragione. Voi mi dovreste sputare in faccia per­ché io sono stata la causa e la colpa di tutto quello che è accaduto.

Concetta (ironica)  Seh, seh, adesso mi incanti con le chiacchiere!

Assunta (snoda il fazzoletto. Appare la cicatrice alla guancia: un lungo segno rosso. Afferra Concetta pel braccio e si mette un dito sulla cicatrice)  Guarda qui! (Sgueglia, Torelli e altri si levano, e guardano, curiosi).

Concetta (torcendo lo sguardo e cercando di libe­rarsi)  No: via!

Assunta (c. s.) Questo me l'ha fatto Michele, tuo figlio!

Concetta (c. s.) Lascia!

Forturella (ad Assunta)  Lasciate! Volete farle venire un accidente?

Assunta (c. s.) Tuo figlio m'ha tagliata la faccia.

Filomena  Zitto!

Assunta (lascia il braccio di Concetta. Premendosi il fazzoletto sulla gota soggiunge sottovoce, indicando la Quinta sezione)  E io un momento prima, là dentro, lo vedete, là dentro... ho detto che non era stato lui!

Concetta (emozionata e irritata, a Filomena, tra­scinandola verso la Quinta sezione)  Andiamo via!

Assunta (ironica)  Andate, andate.  (Concetta e Filomena entrano nella Quinta sezione).

Voce di Usciere (dall'Ottava sezione)  Giuseppe Citarelli!

Un Popolano (a un altro che siede in fondo e dorme)  Gué, Peppino, svegliati!

L'Altro Popolano (mezzo desto)  Ch'è stato?

Il Primo Popolano  Ti stanno chiamando! Al­zati!

Voce di Usciere  Citarelli Giuseppe!

L'Altro Popolano  Presente! Sono qui. Ma se queste non mi fanno passare! (Rivolto a Ernestina e Assunta) Fatemi passare. Permettete! (Entra nella Quinta sezione).

Scena quinta

Federico Funelli e Epaminonda Pesce dalla sinistra, a braccetto. Assunta è rimasta indietro, pensosa. Accanto le sta Ernestina, che sbuccia un'arancia. Si odono voci dalla Quinta   sezione.   Assunta porge  l'orecchio.

Pesce     (sottovoce a Federico, indicando Assunta)  Eccola, è lei.

Federico (la vede, sottovoce a Pesce)  E di dove è uscita? (S'accosta al tavolo di Sgueglia) Don Diodato, qui sta il servitore vostro, la vostra livrea! (A Pesce, piano) Fatti più vicino. (Pesce s'accosta anche lui).

Sgueglia (a Federico, cessando di scrivere)  Pa­drone mio! E che andate facendo da queste parti?

Federico (guardando sempre Assunta)  Tengo gli imbianchini nell'ufficio e me ne son dovuto uscire per disperazione. Stanno pittando tutta la cancelleria. (A Pesce, piano) Che fa? S'accosta?

Pesce     (sottovoce)  Mo.

Sgueglia  Bravo! Vi state mettendo in bello? (Assunta si accosta. A Ernestina) Bella figliola, non gettate le scorze a terra.

Pesce     (sottovoce a Federico)  Si sta accostando.

Federico (distratto, a Sgueglia)  Come dite? (A Pesce, c. s.) Sediamoci.

Sgueglia  Ho detto: vi state mettendo in bello? (Seguita a scrivere).

Pesce     (a Federico, c. s.)  Eccola, Eccola! (Assunta si ferma accosto al tavolo di Torelli).

Federico (a Pesce, c. s.)  Sparisci di qui. Come dite, don Diodato? (Sgueglia smette di scrivere e lo guarda, meravigliato e seccato).

Assunta  (a Ernestina)    Sediamoci.   (Seggono accanto al tavolo di Torelli, che non se ne avvede, occupato come a scrivere).

Sgueglia (a Federico, con intenzione)  Don Fe­derico, ho detto: vi state mettendo in bello?

Federico  Già, scusate, in bello. (Pigliando una sedia e sedendo accanto al tavolo di Sgueglia) Voi permettete?

Sgueglia (con intenzione, guardando Assunta e don Federico)  In bello! Bello come voi. Acco­modatevi. (Si rimette a scrivere).

Federico (a Torelli)  Don Aniello, servo vostro!

Torelli (levando gli occhi)  Oh! padrone! (Guardando Assunta ed Ernestina) Un altro cliente!

Scena sesta

Donn'Emilia, Tina Bouquet e detti.

Voce di Usciere (dalla Quinta sezione)  Giuseppina Auletta! (Una giovane popolana arriva dalla destra e va alla Quinta sezione. Fa per entrarvi. Movimento di sorpresa di Assunta, che si è vol­tata udendo quel nome).

Assunta (a Ernestina)  Peppinella! Tu hai visto?

Ernestina  Uh, davvero!

Assunta (si leva)  E che verrà a dire qui sopra?

Donn'Emilia (uscendo con Tina dalla Quinta sezione e incontrandosi con l'Auletta che le dà uno spintone)  Piano! E che è? Avete tanta fretta?

Auletta  E ti levi di mezzo? Guarda quanta comodità!

Donn'Emilia (irritata, sorpresa)  E sì! Ha da passare questa principessa!

Auletta (sulla soglia della Quinta sezione, vol­tandosi minacciosa)  Sai che ti dico? Statti zitta; se no quand'esco quella mallarda che ci hai in testa, te la insacco sopra le orecchie!

Donn'Emilia (urlando)  A chi? A chi?

Tina       Mammà.

L'Usciere  Giuseppina Auletta!

Auletta (entra nella sala)  Presente! Presente!

Donn'Emilia (rivolta verso la sezione)  A chi insacchi la maliarda, a chi?

Tina       (riconducendola avanti scena)  Mammà, non fate scenate! che io mi vergogno.

Assunta (che Ernestina tenta invano di trattenere)  No! Io debbo sentire che cosa va a dire quella là.

Ernesttna  Ma via, restate qui!

Assunta    No.   Debbo entrare.  

(Entra  nella Quinta sezione, seguita da Ernestina).

Donn'Emilia (a Tina, furiosa)  Hai visto? Io te l'avevo detto che qui sopra mi sarei intossicata! Mi insaccava la mallarda, m'insaccava! (Verso la Quinta sezione) La insacchi a quella bellella di tua sorella che va facendo la colombrina sopra i marciapiedi di via Toledo!

Tina       Mammà! Mammà!

Federico (levandosi)  Donn'Emilia, che cos'è?

Tina       (a Emilia)  Raddrizzatevi il cappello.

Donn'Emilia (a Federico, raddrizzandosi il cappello enorme)  Ch'è stato? E' stato che una straccioncella qualunque si piglia l'ardire di dire in faccia a una signora: « Ti insacco il cappello sopra le orec­chie! »Puh! Per la faccia di tua madre e di tuo padre.

Sgueglia  All'anima della signora!

Tina       Mammà, basta mo!

Donn'Emilia  Chi la conosce! Chi l'ha vista mai questa « tale e quale »?

Il Cerinaro  Cerini!

Federico (a donn'Emilia)  E non vi prendete col­lera!

Donn'Emilia  E be'! lo credete? M'ha fatto sa­lire tutto il sangue alla testa!

Federico  Mettetevi a sedere. (Cerca una sedia al tavolo di Sgueglia).

Sgueglia (piano a Federico)  Don Federico, chi è questa signora?

Federico (piano a Sgueglia)  Donn'Emilia, la mammana che sta all'arco del Lavinaro. Don Diodato, con permesso. (Prende la sedia e l'offre a donn'Emilia).

Sgueglia Prego! (A donn'Emilia)  Mettetevi a sedere. Qui non si paga niente!

(Emilia siede).

Tina       (a Sgueglia)  Scusi, sa!

Sgueglia (rimettendosi a scrivere)  Oh, niente, sa!

Pesce     (a donn'Emilia, indicando Tina)  La signorina è vostra figlia?

Federico  Presento. Il mio amico Epaminonda Pesce. Macchiettista.

(Inchini da ogni parte).

Tina       Ah!

Donn'Emilia (a Pesce)  Aspettate! Ma voi avete cantato all'Eden?

Pesce    A servirla.

Donn'Emilia Favorirmi! Ma allora io vi tengo stampato in corpo!

Pesce     Tropp'onore.

Donn'Emilia  Io sono venuta a sentirvi ogni sera.

FedericoEmulo di Maldacea!

Pesce     (A Tina) E lei ci veniva all'Eden?

Tina       No, veramente. Io stavo scritturata a Roma.

Pesce     Ah, sì? A Roma? E dove? Al Margherita?

Tina       No, no, allo Sferisterio. (Restano a par­lare in fondo).

Federico  Donn'Emilia, toglietemi una curio­sità.

Donn'Emilia (sottovoce)  Don Federico, io ho capito: avete messo gli occhi sulla rossa!

 Federico (sorridendo)  Io! No!

Donn'Emilia  Va bene, don Federico, noi ci cono­sciamo, parliamoci francamente.

Federico  Ma queste sono supposizioni vostre.

Donn'Emilia  E dàlli! Don Federico, non fate il gesuita! (Lo prende per il bavero del soprabito e lo scuote).

Federico (sorridendo, sottovoce)  Ma chi è? Una vicina vostra?

Donn'Emilia  No: una volta eravamo vicine. Mo essa sta a Sant'Aniello a Costantinopoli, vicino all'ispezione di Pubblica Sicurezza. Sapete quella bottega di stiratrice che nella stagione tiene quella persiana verde?

Federico  Ho capito. Ma voi...

Donn'Emilia  Io sto sempre al Lavinaro, sotto l'arco. E così ormai ci vediamo ben poco. (Cava di tasca un pacchettino) Volete un poco di ciocco­lata « Sciusciarre »?  (Suchard).

Federico  Grazie. Dunque voi siete testimone alla causa.

Donn'Emilia  Precisamente.

Federico  E l'uomo che hanno portato là dentro, chi è? (Indica la Quinta sezione).

Donn'Emilia  Chi? Don Michele? E' l'innamo­rato d'Assunta.

Federico  Ah? Così si chiama?

Donn'Emilia (mangiando)  Chi?

Federico  Assunta?

Donn'Emilia (mangiando)  Assunta Spina. E che spina!

Voce di Usciere  Giovanni Mazzarella!

Voce nella folla  Presente! (Entra un uomo nella Quinta sezione. L'usciere chiude la porta).

Donn'Emilia (a Federico)  Quest'Assunta  per farvi capire  convive da quasi tre anni con questo don Michele, ch'è un macellaio e sta abbasso alle Cavaiole.

Federico (con atto di sprezzo)  Non più, basta!

Donn'Emilia  E perché? Avete qualcosa da ri­dire?  Ma  adesso  i  macellai,  sapete,  mantengono una donna meglio dei signori.

Federico  Già: e poi le tagliano la faccia!

Donn'Emilia  Don Federico:   non  facciamoci maestri. Ecco qui, io sono donna, e dovrei prendere le parti delle donne. Ma, questa volta, As­sunta lo ha proprio voluto lei. Neh, ditemi un poco: quella non aveva cielo per guardare e terra per camminare; e lui ha preso e le ha fatto ogni cosa: vestì, scarpe, sottanine, camicie, l'armadio, lo stipetto. Basta, vi ripeto che le ha fatto un poco di tutto, proprio di tutto.

Federico  Va bene, ma...

Donn'Emilia    No!   E   sentite.   Volle  che  le aprisse una bottega di stiratrice a Sant'Aniello, e questo don Michele piglia...

Sgueglia (che ascolta anche lui)  ... e gliel'aprì.

Donn'Emilia  Il padre è un vecchio rimbambito che non è più buono neppure da ardere come ceppo. Faceva il cuoco nella trattoria della Bella Napoli, e il principale lo dovette mandar via per dispera­zione. Allora Assunta lo volle far mettere alla trat­toria del Rebecchino, e don Michele piglia...

Torelli (che ascolta anche lui)  ... e ce lo mise.

Donn'Emilia  E poi, non vi dico, ora a Posillipo, ora a Secondigliano, un altro giorno al ristorante di Pallino, scampagnate qua, divertimenti là, gelati, dolci, « zeppole » di San Giuseppe. Ah! e che vo­lete saperne? (Rompe un altro pezzetto di ciocco­lata) Questa cioccolata da lei l'ho avuta.

Federico  E tutto questo amore è finito con uno sfregio alla faccia.

Donn'Emilia  Amore? Eh! (Ironica. Mette in bocca un altro pezzo di cioccolata) Amore! (Si leva).

Federico  No?

Donn'Emilia  Cioè, lui, lui le ha sempre vo­luto bene.

Federico  E lei?

Donn'Emilia  E lei, lei... Volete sapere la ve­rità? Io quest'Assunta non l'ho potuta mai capire. Ogni tanto le gira la testa per qualcheduno, e, ogni tanto, per causa sua, qualche povero figlio di mamma passa un guaio.

Federico  Ah? E' pericolosa.

Donn'Emilia  E' strampalata, don Federico. E' una femmina assai curiosa. Vuol bene, non vuol bene, s'accende, si spegne: ora la potete stringere in una mano, ora vi scivola e sfugge come un'an­guilla. Ah!

Federico  E' interessante.

Donn'Emilia  E' civetta!

Federico  Già. Ma un certo genere di civet­teria...

Donn'Emilia  Sicuro: avete ragione. Tutti quan­ti le vanno dietro. E pur io, le voglio bene. Neh, come si spiega?

Federico  Ma perché le ha tagliata la faccia?

Donn'Emilia  Come! Quella s'era messa a fare la commedia con una guardia di Pubblica Sicu­rezza! Nello stesso quartiere! Ma sta bene?

(La porta della Quinta sezione si schiude. Qualcuno esce. Esce Tina seguita da Pesce che le fa l'asino. Si ode, appena s'apre, la voce dell'avvocato).

Voce dell'Avvocato  Sì, o signori! Lo scop­pio della passione in un'anima ribelle, ma sincera!

(La porta vien chiusa. Non si ode più la voce).

Donn'Emilia  Chi sta parlando?

Federico  L'avvocato.

Donn'Emilia  E Tina dov'è? Tina! Tina!

Sgueglia (seccato)  Tina! Tina! (Si rimette a scrivere).

Tina       (dal fondo, seguita da Epaminonda)  Mam­mà?

Donn'Emilia  E vieni qui. Levati di mezzo alla folla!

Tina       Mammà, sta parlando l'avvocato! Io lo vo­glio sentire.

(Riapre la porta e rientra nella Quinta sezione, seguita da Pesce; si ode daccapo la voce dell'avvocato).

Donn'Emilia (a Tina)  Vieni qui!

Voce dell'Avvocato  E non a caso, o signori, ho citato il verso di quel poeta che, inneggiando al ribollente Vesuvio...

(La porta si chiude. Non s'ode più la voce).

Donn'Emilia (ascoltando)  Che dice? Il Vesuvio? E che c'entra il Vesuvio?

Federico  Eh, va bene! Quello è « paglietta », un avvocatucolo, vuol vincere la causa e ci fa en­trare il Vesuvio, Pompei, la Grotta di Pozzuoli. Eh! E chi sa da quanto tempo avranno fatta pure la sentenza.

Donn'Emilia  Ah, forse vorrà intendere che que­sto don Michele è come il Vesuvio, che butta fuoco.

Federico  Perché, anche don Michele butta fuoco?

Donn'Emilia  Mena cortellate, don Federico!

Federico  Meglio, meglio! 

(Campanello della Quinta sezione. Mormorio là dentro. La porta si apre).

Donn'Emilia  E' buono come il pane, ma quan­do gli è scesa la benda innanzi agli occhi è un animale.

Federico  Meglio, meglio.

Donn'Emilia  Eh, meglio, meglio! E tiene ad­dosso già altri due ferimenti!

Federico  Recidivo? Meglio!

Donn'Emilia (volendo entrare nella Quinta sezio­ne)  Scusate, voglio vedere dove si è cacciata Tina.

Federico (trattenendola)  Aspettate, sentite.

Voce di Usciere (dalla Quinta sezione)  La Corte!

(Mormorio, poi silenzio profondo).

Federico (di fretta, sottovoce a donn'Emilia) Sentite bene...  donn'Emilia.  Voi a me...  Voi mi sapete...

Donn'Emilia (sorpresa)  Che è, neh, don Fe­derico?

Federico  Voi mi sapete per scapolo... Avete capito?

Donn'Emilia (sorpresa e confusa)  E perché? (Risuona un alto grido nella Quinta sezione) « Ah! Figlio mio! Figlio mio ».

(Subito dopo, una scam­panellata. Mormorio animato. Esclamazioni. La folla esce dalla Quinta sezione, parlando a voce alta).

Scena settima

Assunta Spina è tra le prime a uscire dalla sezione. E' stravolta, atterrita. Si preme la mano sinistra sul­la benda e la tiene ferma alla guancia. Agitando l'altra mano, a donn'Emilia che le si fa incontro, con voce rauca.

Assunta  Due anni! Due anni! (Si batte con la palma della destra in fronte).

Donn'Emilia (spaventata)  Davvero?

(Arrivano curiosi da destra a sinistra. Quasi contemporanea­mente ad Assunta escono dalla sezione donna Con­cetta, Forturella, Filomena, Ernestina, Tittarello, Tina e Pesce che si affollano alla porta per vedere uscire Michele. Controscena di tutti. Gli uscieri Sgueglia e Torelli seguitano a scrivere. Michele esce subito tra due carabinieri e una guardia di Pubblica Sicurezza, ammanettato. 1 carabinieri si fanno largo tra la folla).

Voce di Usciere  Fuori! Fuori! Uscite!

Concetta (cercando di avvicinarsi a Michele) Michele, Michele!

Un Carabiniere (scostandola e sospingendo Miichele)  Avanti.

(Michele Boccadifuoco passa tra i carabinieri, movendo verso la destra. La folla lo segue mormorando. Concetta singhiozza, trascinan­dosi a stento dietro di lui).

Concetta (vede Assunta, si fa largo tra le femmine che la sorreggono e, con le braccia levate le urla) Mi hai subissato un figlio. (Le donne la trascinano via per la destra).

(Escono tutti per la destra. Il mor­morio diminuisce a poco a poco).

Scena ottava

Assunta, Ernestina, gli uscieri, Tina, donn'Emi­lia, Pesce, Federico. La folla continua a passare, in silenzio.

Assunta (sul davanti, come trasognata, a Ernestina che le sta vicino)  Ernestina!... Due anni! Due anni!

Ernestina (colpita anche lei)  E chi se lo cre­deva?

Assunta (come tra se stessa)  Due anni!

(Un silenzio. Don Federico s'è appoggiato col dosso alla tavola di Sgueglia, Donn'Emilia, Tina e Pesce fanno gruppo in fondo. Assunta e Ernestina stanno accan­to alla tavola di Torelli).

 

Ernestina (a Assunta)  Andiamocene.

Assunta  Mi tremano le gambe.  (S'appoggia con la mano al tavolo di Torelli).

Ernestina  Volete bere?

Assunta  No.

Ernestina  Mettetevi a sedere (Le offre una seggiola. Assunta siede, Donn'Emilia si fa avanti, muta, spiaciuta. Assunta leva gli occhi e la guarda).

Assunta (a donn'Emilia)  Due anni, donn'Emi­lia! Avete inteso?

Donn'Emilia  Ma vedete! E quando mai per una tagliata di faccia si son dati due anni!

 Assunta  Era recidivo, donn'Emilia! E gli han­no calcolato anche gli altri due ferimenti che aveva fatti. (Scuote la testa dolorosamente).

Donn'Emilia  Veramente? Ma qui sopra non si scordano di nulla! (Un silenzio).

Assunta  Per due anni io non lo vedo più! (China la testa fra le mani).

Federico (addossato al tavolo di Sgueglia, guar­dando Assunta)  Macché! (Assunta leva la testa e lo guarda. Federico, facendosi una sigaretta, tran­quillamente) Se resta a Napoli, siete sempre pa-dronissima di vederlo almeno due volte al mese.

Ernestina (ad Assunta)  Avete inteso? (A Fede­rico) Veramente, neh, signore?

Assunta (continua a guardare Federico)  Ma perché? Possono pure mandarlo fuori? Federico (continuando a farsi la sigaretta)  Eh! molto probabilmente.

Ernestina  Dove possono mandarlo?

Federico  Che so? a Capua, a Salerno, al car­cere d'Avellino. Secondo... (Accende la sigaretta e contempla Assunta,  sott’occhi.  Assunta scuote  la testa, con gli occhi a terra, come meditando sgo­mentata. Federico dopo un silenzio e senza guar­dare Assunta) Salvo qualche impegno. Per mezzo del quale potrebbe restare anche a Napoli

Ernestina (toccando il gomito a Assunta che guar­da Federico)  Avete inteso?

Assunta (a Federico, ansiosa)  Può restare a Napoli?

Federico (guardandola)  Dipende.  (Assunta si leva. Egli le si accosta lento. Sottovoce) Tutto si può fare! (Un silenzio) Tutto si può accomodare! (Più sottovoce) Io posso acconciare anche fatti più grossi di questo.

Assunta (dubbiosa, fissandolo)  E voi chi siete?

Federico (grazioso)  Un vostro ammiratore.

Torelli  (Ntrànchete!).

Assunta  (senza comprendere)    Come?...   Chi siete? (Donn'Emilia si avvicina, curiosa). Federico  Un amico di donn'Emilia.

Donn'Emilia (sorpresa e seccata)  Che tu possa passare un guaio!

Federico (facendo segno a donn'Emilia)  Don­n'Emilia!...

Donn'Emilia (accostandosi, interdetta)  Già: ci conosciamo. Uh! Da tanto tempo!

Federico (battendole lievemente e familiarmente sulla spalla)  Donn'Emilia mi conosce da pic­colo. Donn'Emilia... quando mi ammoglio... il pri­mo figlio che avrò... (con intenzione) me lo dovete prendere voi.

Donn'Emilia  Onore e piacere! (Che ti possano ammazzare! Quello ne ha già due!).

Assunta (sottovoce a donn'Emilia, mentre Fede­rico s'accosta a Tina e ad Epaminonda e si mette a parlare con costoro)  Chi è questo giovane?

Donn'Emilia (sottovoce)  E' un impiegato di qui sopra.

Assunta (sottovoce)  Avete inteso che ha detto?

Donn'Emilia (sottovoce)  No... in verità. (Ve­dendo che Federico si riavvicina) Neh, Tina! Ce ne vogliamo andare?

Tina (a cui Pesce continua a far l'asino)  No, mammà. Voglio vedere come finisce la causa di quel cafone!

Donn'Emilia  Ma che cafone vai dicendo! An­diamocene!

Voce di Usciere (dall'Ottava sezione)  Aniello Battaglia!

Voce dalla Folla  Presente! (Un prete entra nell'Ottava sezione).

Pesce (a donn'Emilia)  Sentite, io aspetto un amico. Fra dieci minuti, se permettete, sarò libero, e mi procurerò il piacere d'accompagnarvi.

Donn'Emilia  Ma voi dove abitate?  (Restano a parlare in fondo).

Federico   (si  avvicina  rapidamente  a  Assunta  e le dice piano e subito)  Volete che m'incarichi io di ottenere che... il vostro amico... resti a Napoli?

Assunta (commossa)  Voi dite sul serio?

Federico  Volete?

Assunta (c. s.) E che cosa occorre? Che vi debbo dare? (Il dialogo segue rapido e basso. Torelli, di volta in volta, presta orecchio, lasciando di scrivere).

Federico  Niente.

Assunta (sorpresa e incredula)  Come? Niente? (Un silenzio) Ci vogliono denari, lo so... (Risoluta) Ma io m'impegno l'oro, m'impegno le rosette, fac­cio un debito... non ci pensate! Dite!... Quanto ci vuole? (Lo afferra pel braccio).

Federico (dolcemente)  Vi ho detto che non occorre.

(Campanello dalla Quinta sezione. La folla vi accorre, entra o si ferma davanti la porta).

Assunta (a Federico, quasi tremante, sottovoce) Sentite... E dite!... Parlate!... Non ci vogliono mez­zi? (Federico fa spallucce) No?... E voi me lo fate per nulla?

Federico  Proprio per niente.

Assunta  Voi fate restare Michele a Napoli?

Federico  Sì.

Assunta (dubbiosa, tornando a pigliarlo pel brac­cio)  E se lo mandano fuori? (Federico fa segno, con gli occhi e col capo, di no. Assunta incalzando) E... non volete... niente? (Federico la guarda con intenzione. Assunta pare indecisa, sempre dubbiosa. Lo guarda. Guarda Torelli che sorride. Torna a fissare Federico. Comprende) Ah!... (Con gli occhi spalancati guarda Federico. Sorride, amaramente. Gli mette la mano sul braccio) Allora... sapete? vi ringrazio.

Federico  E di che?

Assunta (sorridendo, amara, ironica e dominan­dosi)  Grazie, grazie... Speriamo che resti a Na­poli. (Siede al tavolo di Torelli).

Federico (fa un gesto di disappunto. Poi, fredda­mente, con indifferenza)  Come volete.

Torelli (tra sé, rimettendosi a scrivere)  Palla corta!

(Federico si rimette a sedere alla tavola di Sgueglia, che è come assorto e si tiene la testa fra le mani. Di volta in volta e sottocchi Federico guarda Assunta, che pare non voglia incontrarsi col suo sguardo. Donn'Emilia, Tina e Pesce discor­rono più in fondo).

Federico (scherzando con un quadrello che è sul tavolo di Sgueglia, a costui)  Che si dice, don Diodato?

Sgueglia (seccato, levando la testa)  E che si deve dire? Uffa!...

Federico  State di malumore?

Sgueglia (tentennando il capo)  Eh, caro don Federico! Vedete, io sto qua... ma la mia testa si trova in un'altra parte. Mia moglie, incinta, è uscita di conti da sette giorni.

Federico  Bravo!

Sgueglia  Bravo, sì? davvero?

Federico  E che paura avete?

Sgueglia  Come, che paura avete? Quella può sgravarsi da un momento all'altro!

Federico  Be'?

Sgueglia  E chi l'assiste?

Federico  Già. Avete ragione. Guai del matri­monio. Sapete chi è veramente libero, felice, pa­drone di se stesso? (Con intenzione guardando As­sunta, sott'occhi) Chi non è ammogliato.

Sgueglia  E lo dite a me?!...

Assunta (a Ernestina)  Mi pare d'aver intesa la voce di Tittarello...

Ernestina  Infatti, eccolo qua. (Assunta si leva, curiosamente).

Scena nona

Tittarello da destra e detti.

Tittarello (facendosi largo tra la folla)  Neh, per favore, la Quinta sezione dove sta?

 Donn'Emilia (avanzandosi)  Che è,  neh Tit­tarello?

Tittarello  Donna Concetta ha perso il faz­zoletto di seta là dentro!

Donn'Emilia  Eh! mo ne trova due!

Pesce     (indicando la Quinta sezione a Tittarello) Lì, lì, domandate all'usciere.

Tittarello (facendosi largo davanti alla Quinta sezione)   Neh,  permettete,  permettete!   (Entra là dentro).

Assunta (a Ernestina, sottovoce)  Quand'esce di là dentro, domandagli se Michele sta ancora abbasso.

Ernestina  Purché non mi faccia qualche parte! (Tittarello esce dalla Quinta sezione). Assunta (a Ernestina, spingendola)  Eccolo là!...

Tittarello (allegramente, cól fazzoletto dì seta in mano, mostrandolo a donn'Emilia)  Ho trovato il fazzoletto! Lo teneva l'usciere.

Ernestina  Senti, Tittarello. (Tittarello si ferma e si volta) Don Michele sta ancora giù?

Tittarello  Sta nella stanza dei carabinieri.

Ernestina  Ah? (Ad Assunta, sottovoce) Avete inteso?

Tittarello (vedendo Assunta)  Dovreste scen­dere abbasso ora! Non scendete, se no fate scate­nare il quarantotto.

Assunta  Anche la mamma sta abbasso?

Tittarello  Chi? Quella pare la Vergine delle sette spade!

Donn'Emilia  Poveretta!

Tittarello  E mo che ha inteso che don Michele lo manderanno fuori, le è venuto una specie d'insulto!

(Federico s'accosta a udire).

Assunta (tremante, balbettante)  Chi?... Dove?... Fuori?...

Tittarello  Ha detto il maresciallo dei cara­binieri che al carcere di Santa Maria Apparente e a quello di Sant'Efremo non ci stanno più posti. Tutti i condannati d'oggi vanno ad Avellino...

Voce da lontano  Tittarello!...

Tittarello  Eccolo!... L'ho trovato... Neh, per­mettete.   (Via in fretta, gridando) L'ho  trovato!...

(Pesce indica a Tina la Quinta sezione, e vi si av­viano).

Scena decima

Assunta, barcollante, s'appoggia con la mano allo spigolo della tavola di Torelli, Ernestina la guarda, in silenzio. Don Federico finge di leggere un gior­nale che Sgueglia ha sul tavolo.

Donn'Emilia (accostandosi a Assunta)  Che ha detto? Che lo mandano fuori? (Assunta fa segno di sì, con gli occhi e col capo, come atterrita) Sentite... io mo scenderei per sapere se è vero, ma non mi voglio incontrare con la mamma. Quella m'ha vi­sto parlare con voi... (Vedendo che Assunta non le dà retta e rimane come a meditare, con gli occhi fissi) Ma vedete! Mi dispiace proprio... (Lentamen­te si allontana per raggiungere Tina, in fondo).

Federico (a donn'Emilia, sulle mosse di andare via anche lui)  Donn'Emilia, ve ne venite? Io me ne vado... (Assunta si volta e lo guarda, irre­soluta. Lentamente si rimette a sedere).

Donn'Emilia (a Federico)  Aspetto Tina, don Federico. E poi, per verità, non vorrei incontrarmi con la mamma di questo don Michele... Stanno ancora giù tutti quanti...

 Federico  Scenderemo per l'altra scala.

Donn'Emilia  Ah, c'è un'altra scala? Bene, mo ce ne andiamo. Tina!... Dove sta?... Tina! Tina! (S'allontana, chiamandola).

(Un lampista viene ad accendere il fanale che pende dalla volta).

Assunta (sottovoce a Ernestina)  Ora tu scendi e aspettami alla bottega.

(Ernestina si allontana per la destra. Torelli si mette ad accomodare le sue carte. Sgueglia si rimette a scrivere. La scena è quasi vuota e silenziosa).

Federico (a Sgueglia)  Don Diodato, mantene­tevi forte.

Sgueglia  Ve ne andate?

Federico  Ho da fare. V'auguro che tutto rie­sca bene.

Sgueglia  Eh, caro don Federico! Stiamo in mano a Dio. Buone cose anche a voi.

(Federico si scosta dal tavolo di Sgueglia, si volta verso l'arcata a destra e vi s'incammina. Passa davanti a Assunta, senza guardarla,  lento. Assunta ha gli occhi al­trove, ma appena Federico è passato li leva e lo segue con gli occhi. Federico sta quasi per raggiun­gere l'arcata. Assunta si leva).

Assunta  Psst!

Federico (si volta. S'è arrestato. Pare sorpreso. Si punta la mano in petto)  A me.

Assunta Sentite. (S'è scostata dalla tavola di Torelli. Don Federico torna, lento, accostandosele. La scena segue fra i due brevemente, con parole rapide, quasi sottovoce) Voi... poco prima... m'avete detto che potevate farlo restare a Napoli... Federico (con un sorrisetto)  Quel vostro amico?

Assunta (senza badargli, vivamente)  Io voglio farlo restare a Napoli!

Federico  Va bene.

Assunta  Lo potete fare?

Federico (c. s.) Per voi si fa tutto. (La guarda. Assunta evita lo sguardo) Soltanto... Bisogna pen­sarci subito.

Assunta (impaziente)  Bene, dove possiamo parlarne?

Federico (guardingo, voltandosi intorno)  Qui no.

(Mormorio dalla sinistra nelle scene. Il mor-morio cresce sempre durante il dialogo di Assunta e Funelli).

Assunta (con uno sforzo, sottovoce)  A casa mia?

Federico (ha un lampo di speranza negli occhi. Si domina)  Anche adesso.

(Il mormorio cresce).

Assunta (rapidamente)  C'è un'altra scala? (In­dicando quella a destra) Di là non voglio uscire!

Federico  L'altra scala è lì... (Indica a sinistra).

(Assunta pare indecisa, tormentata. Si volta a de­stra e a sinistra come per accertarsi che non l'han­no udita. Sgueglia e Torelli seguitano a scrivere, ma la sorvegliano e si ammiccano)

Federico  Dunque?

Assunta (decisa)  Andiamo.

(Il mormorio si av­vicina. Assunta spinge lievemente pel braccio don Federico. Escono per la sinistra).

Torelli (leva lo sguardo e s'incontra in quello di Sgueglia)  Che?

Sgueglia (ammirato)  Che bel servizio!

Scena undicesima

Gran baccano dalla sinistra. S'avanza di là una folla di gente, per lo più contadini. Sono tra co­storo Santella e la figlia Menichella, piangenti, di­sperate. Le seguono il compare Tomaso, il prete e altri. L'usciere, con la toga sul braccio, insiste per farsi pagare. Muovono tutti verso destra con­tinuando a piangere e gridare.

Santella (con un lamento a distesa)  E io tenevo un figlio e me l'hanno levato! Me l'hanno condannato, condannato...  Uh!... figlio mio!...

Menichella  Micalangelo bello e amato!

Santella  Tenevo un figlio e me l'hanno le­vato!...

Un Usciere  Aspettate! Dovete pagare la toga!

Santella e Menichella  Micalangelo mio!...

L'Usciere  Pagate la toga! (Esce con loro. Con­tinuano i pianti fino a quando spariscono traver­sando la scena).

Donn'Emilia (che è seguita da Tina e da Pesce)  Mamma mia! Andiamocene. Io sono tutta stor­dita.

Tina  Mo... Fate passare la folla...

Una Ragazza (dalla destra, correndo, va alla ta­vola di Sgueglia)  Signore, signore! (Sgueglia fa un salto sulla sedia) Correte a casa! A vostra mo­glie son venute le doglie! (Sgueglia si leva precipi­tosamente. La sedia cade).

Sgueglia  Madonna del Cannine!... (Torelli si leva, si accosta).

La Ragazza  Venite! Venite! (Mormorio dalla destra. Il mormorio s'avvicina).

Sgueglia (rassettando le carte in fretta e furia) E la mammàna?

La Ragazza  E questo è il guaio! La mammàna è andata a Pozzuoli!

Sgueglia (si dà un pugno in testa)  Tu che dici?

Donn'Emilia (a Sgueglia, in fretta)  Neh, scu­sate, don Federico se n'è andato?

Sgueglia (si precipita su donn'Emilia)  Voi siete levatrice?

Donn'Emilia  Autorizzata! (Con orgoglio) Di­ploma dell'Università...

Sgueglia (l'afferra e la trascina)  Andiamo! Ve­nite!

Donn'Emilia  Dove? Aspettate!... Chi vi co­nosce?

Sgueglia  Andiamo, andiamo! se no io passo un guaio! (La trascina).

(Arriva gran folla dalla de­stra. Dei popolani si portano in mezzo un detenuto dichiarato libero. Urli, feste, gioia, battimani. Scam­panellate dalle varie sezioni. Voci dì uscieri che scacciano la folla).

Donn'Emilia  Piano!... Tina!... Signor Pesce!...

Pesce  L'accompagno io! Non ci pensate!...

Sgueglia (trascinando donn'Emilia)  Andiamo! Vi prendo la carrozzella!

(S'incontrano nella folla, che viene dalla destra e che grida: A libertà! A li­bertà! Viva il presidente! Battimani).

Voce  di   Santella E  io   tenevo  un   figlio e me l'hanno levato!...  me l'hanno  condannato! Condannato.

Voce di Donn'Emilia  Tina! Tina!...

(Scena popolata, rumorosa. Cala la tela, rapidamente, men­tre Torelli e il suo giovane continuano a piegare il tappeto sulla tavola).


ATTO   SECONDO

Il larghetto Sant'Aniello a Caponafoli, ove è la casa di Assunta, una bottega da stiratoria, che dà sul larghetto. A destra dello spettatore è una pic­cola credenza, addossata alla parete e guarnita di porte a vetri. Dentro vi sono i piatti, le bottiglie, le posate, ecc... Subito dopo segue la porticella della stanza ove Assunta dorme. Appresso è quella dell'antico pozzo.

Addossato alla parete, di fronte allo spettatore verso destra, è un comò guarnito di tutto quello che si usa mettervi sopra. Sul comò, attaccato al muro, è un quadro di un santo. A sinistra del comò pende dalla parete uno specchio senza cornice, e sopra lo specchio è una finestretta a vetri, che dà sulla via e dalla quale entra maggior luce. Nel mezzo della stessa parete di fondo è la porta a vetrate che dà sulla via. Appresso, verso sinistra, è attac­cata al muro una corda, dalla quale pendono ca­micie stirate. La parete a sinistra dello spettatore è interrotta pur da una medesima corda dalla quale pure pendono camicie stirate. A sinistra dello spet­tatore è il lungo tavolo per la stiratura. Seggiole, conchette verdi, tutto quello che occorre a una bottega di stiratrici. Sono le nove della sera. E' l'antivigilia di  Natale.

Scena prima

Olimpia, Rachele, Ernestina e Fortunatina stirano. La ragazzetta Michelina risciacqua colletti in una conchetta presso la quale è accovacciata. La guar­dia Marcuso è seduta presso alla tavola e fa l'asino a Rachele. La guardia Flaiano, in piedi, muto, sta accanto al comò.

Ernestina  (stira e canta)

Cumpagnò, si mme vuo' bene,

non ce serve 'o lietto 'e sposa!

Ncopp'a ll'èvera addirosa...

Le Altre  E' cchiù ddoce a sta' cu te!...

Marcuso   (dondolandosi sulla sedia e facendo l'occhio a Rachele)  

E' cchiù dduci a sta' cu tia.

(Rumore di ferri che battono sui coltelli).

Michelina  (entusiasmata, levando le mani dalla conchetta e battendo palma a palma)  Benòoo!...

Olimpia (a Michelina)  Gué! Gué!

Una voce (dalla via, lontana)  Sparate! Sparate!…

Marcuso (a Olimpia)  E lasciatela cantare.

Olimpia (a Marcuso)  Ah! Ah! e come vi don­dolate anche voi! State attento a non cadere dalla sedia!

Marcuso  Dondolare? Come sarebbe a dire?

Michelina (sciacquando i colletti)  Sarebbe a dire che non dovete fare il pomicione,  il  « farenello ».

Olimpia (seccata)  Oh oh! E tu fa' quello che devi fare, tu. (Alle ragazze) Andiamo, ragazze, che è notte!

Rachele (a Michelina)  Ma guarda se queste pettegole non escono sempre in mezzo!

 Michelina  E già! Pettegola! E che ho detto?

Rachele  E fa' quello che devi fare.

Ernestina  Va', va' a spegnere la stufa! (Michelina s'asciuga le mani ed esce. Si sente il rumore della stufa ch'ella vuota e su cui batte).

Olimpia (a Ernestina)  Ernestina, dammi questi colletti. (Ernestina le porge dei colletti stirati. Olim­pia li conta. Le ragazze stirano e chiacchierano).

Marcuso (cavando dal petto un mezzo toscano e la scatoletta dei cerini)  Dunque? Che ha detto lei che io faccio il farenello?

Olimpia (rilegando i colletti con un filo rosso) Nossignore. Ma perché? Siete forse andato in col­lera? Mi volete arrestare?

Rachele  Qui stanno pure i polsini.

Olimpia  Mettili qua. (Prende i polsini).

Marcuso  Arrestare lei? (Accende il mezzo to­scano) Lei no. (Lancia una boccata di fumo) Ma se mi viene a taglio il suo amoroso, le faccio vedere che lo faccio dormire una notte su un tavolaccio.

Olimpia  Davvero?!...   Sentite don...   come vi chiamate...

Marcuso  Marcuso Sante a obbedirvi.

Olimpia   Sentite,  don  Marcuso,  l'innamorato ...di me... (Si batte il petto con la punta delle dita) si fa i fatti suoi, e non ha avuto mai a che fare col tavolaccio!  

(Michelina  rientra  portando   la  stufa. La va a mettere in un angolo).

Ernestina  Neh, ma che è questo tavolaccio?

Michelina  Vuol dire il letto dei carcerati: senza materasso.  (Scuote il suo grembiule).

Olimpia         (a Marcuso)  E sì... Don Marcuso, per regola vostra...

Marcuso  (ridendo)  Zitta, bellezza,  scherzai.

Ernestina  E voi scherzate sempre?

Fortunatina Vedete il compagnovostro come si sta zitto e quieto? (Addita Flaiano, che sorride. Marcuso si volta a guardarlo)

Ernestina  Neh, qualisono i colli del briga­diere?

Marcuso  (a Flaiano)  Guarda.

(Si alza Flaiano, s'accosta al banco e guarda i colletti che gli mostra Ernestina).

Ernestina  Sono questi?

Flaiano  Sì.

Ernestina  E tenete. Uno, due, tre, quattro, cinque e sei.

Flaiano  E tre paia di polsini.

Fortunatina (passa i polsini a Olimpia)  Te­nete: tre paia.

Olimpia (a Flaiano)  Favorite: uno, due e tre... (Lo guarda) Voi pure siete della Sicilia?

Flaiano (con un sorriso)  Abruzzese.

Olimpia  E al paese vostro non si parla, è vero?

Flaiano (come sopra, con colli e polsi fra le mani)  Sì... si parla...

Marcuso (tornando a sedere accanto alla tavola) Lo lasci stare.

Fortunatina  E mo si siede un'altra volta!

Ernestina (a Flaiano)  Ma voi a che pensate?

Fortunatina  E a chi ha da pensare? All'in­namorata.

Olimpia  Come si chiama?

Marcuso  Lo lasci stare!

Fortunatina  E che male c'è? Come si chiama?

Flaiano (ingenuo e serio)  Regina.

Fortunatina  Ah?... Gué, e che bei nomi ten­gono lassù in Abruzzo! Regina! E voi come vi chiamate?

(Marcuso s'è messo a chiacchierare con Rachele).

Flaiano  Flaiano Marcello.

Ernestina (ridendo)  Uh! Marcello!

Olimpia (a Ernestina)  E perché? Se l'innamo­rato mio si chiamasse Marcello, sai quanto gli vor­rei più bene!

Ernestina (a Flaiano)  E bravo! Marcello e Re­gina! (Batte il ferro su un colletto).

 Fortunattna  Amanti e sposi! (Batte un ferro su un colletto).

(Nel lontano, un suono di zampogna e di ciannamella).

Voce lontana  Sparate!  Sparate!...  Due ben­gala per un soldo!...

Ernestina (a Flaiano)  Le sentite come suo­nano belle le zampogne? Al paese vostro ci stanno le zampogne? O fate Natale sotto la fornacella?

Flaiano (un po' triste, un po' commosso, e come in uno scatto, a Ernestina)  E che ti credi che vengo dal paese dei selvaggi? Il paese mio è Pescara. E' città di marina, e se vedessi che marina! Tutta verde che si fa di cento colori, e non è come il mare vostro che è sempre turchino! E i sampognari sì che ci vengono, a Natale! Se ne salgono dal basso della marina, alla mezzanotte, e suonano le zampogne e la buona notte. E stanno aperte le cantine, e si spande la neve bianca bianca, e riluce la luna chiara, che sta in mezzo al cielo e sopra la marina. Le abbiamo sì, le zampogne  e ab­biamo le campane che suonano a distesa, e alle campane di Pescara rispondono le campane di San Rocco e di Castellammare e di Spoltore. E riluce la luna sopra la neve della Maiella  e dentro la chiesa rilucono tutte le candele accese...

(Durante tutto questo parlato le zampogne lontane suonano sempre: tutte le ragazze intente smettono di stirare; Michelina mangiucchia un pane e ascolta anche lei).

Ernestina  E bravo don Marcello! Guarda un po' che ci teneva in corpo! (Le zampogne smettono).

Marcuso (alzandosi, a Marcello)  Andiamo, su. (Salutando  Rachele)  Vossìa,   benedica!   (Poi  alle altre) Ragazze, picciotte, buon Natale! (A Marcel­lo) I colletti li hai presi?

Marcello (mostrando i colletti)  Qua.

Marcuso  E così li porti?

Olimpia         (a Michelina)  Piccola, piglia un gior­nale.  (Michelina s'asciuga  le mani al grembiale e cerca un giornale sul comò).

Marcuso (a Olimpia)  Amara siete!

Olimpia  Non fa niente. Io sono amara e qual­che altra è dolce.

Rachele (a Ernestina, sottovoce, indicando con l'occhio Olimpia)  Ah! non si può proprio sop­portare.

Ernestina (a Rachele, sottovoce)  (Non darle retta!).

Michelina (col giornale)  Il giornale.

Olimpia         (vi avvolge colletti e polsi e li porge a Flaiano)  Favorite.

Marcuso  Due altri colletti ci devono essere.

Ernestina  E ve li daremo dopo Natale.

Marcuso  Domani no?

Fortunatina  Domani è la vigilia. Dobbiamo mangiarci il capitone!

Marcuso  E buon pro vi faccia. Me ne vado. (A Rachele) Addio, morettina!

Olimpia         Andate,  andate!  La Madonna v'ac­compagni!

Michelina (mangiando)  E sant'Onofrio pe­loso!

Olimpia         (mentre le due guardie vanno via, alle ragazze)  Sbrighiamoci a chiudere; su, leste. (A Michelina) Hai portata dentro la stufa?

Michelina   (indicandola  nell'angolo)   La  ve­dete là.

Olimpia  E su, andiamo. (A Michelina) Va' fuori a vedere che ora è. (Alle ragazze mentre esse sbarazzano la tavola e ammucchiano i ferri e qualcuna si va a mirare allo specchietto e qualche altra si rassetta) Facciamo questi conti subito subito. (A Ernestina) Tu quanto devi avere?

Ernestina (che si mette un grembiule)  Due lire e sei soldi.

Rachele  Sei soldi sono miei.

Ernestina  Neh? E perché.

Rachele  E che è, la pizza di ieri non te la ricordi? Io cacciai sei soldi per te e due soldi per Fortunatina.

Fortunatina (che dalla soglia della bottega guar­dava fuori, rientrando)  Che ha fatto Fortuna­tina? (S'acconcia al collo un boa nero) Gué, sapete, è uscita una bella luna!

Olimpia         (seccata impaziente)  E andiamo, su, andiamo.

(S'accostano in gruppo alla tavola e fan­no i conti. Olimpia distribuisce il denaro. A voce alta, chiamando Michelina, verso la porta)

Olimpia Michelina, Michelina: sfaticata, fune al collo! E guarda se si muove!... Michelina, Michelina!

Michelina (accorrendo dalla via)  Sono qui... Ora sta venendo anche la principale.

Scena seconda

Assunta entra per la prima, quasi in fretta, e dà uno sguardo attorno come se cercasse qualcuno: poi viene più avanti disillusa. Entra donn'Emilia di­messamente vestita e con aria triste, un ombrello in mano e il manicotto. Cerca una sedia e si mette a sedere, con le spalle rivolte al comò. Resta si-silenziosa e pensosa.

Assunta (a Olimpia buttando la giacca sul ta­volo)  E' venuto qualcuno?

Olimpia  Io non ho visto nessuno.  (Alle ra­gazze) Neh, ragazze, è venuto qualcheduno?

Rachele  No... (Le altre spallucciano).

Assunta (seccata e nervosa)  E che fate qui? State ancora  qui?!   (Accende il  lume  sul  comò. Donn'Emilia prende una seggiola e siede a de­stra, pensosa).

Olimpia  E se non venivate voi! (A Michelina che è salita sulla tavola e fa per smorzare il lume) Smorza, smorza.

Assunta (agitata, va a guardare accanto alla cre­denza)  E quell'ombrello che stava qui, chi se l'è preso?

Olimpia  Quale ombrello? (Si volta alle com­pagne come per interrogarle).

Michelina (che ha smorzato il lume e scende dalla tavola)  Sì, ci stava un ombrello. L'ho por­tato dentro... (Indica la stanza interna).

(Assunta va a quella porta e l'apre. Ne esce subito con un om-brello che appoggia accanto alla credenza. Un silenzio. Le ragazze si guardano in faccia e si fanno segno, come per incoraggiarsi ad andar via).

Olimpia         (decidendosi)  Donn'Assunta, noi ce ne andiamo... Vi lasciamo la buona notte. E fate buon Natale. (Assunta la guarda e tentenna il capo).

Ernestina  Buon Natale, donn'Assunta!

Rachele  Buonasera. Buon Natale!

Assunta (mentre le ragazze escono salutando) Grazie, buonasera. Buon Natale anche a voi.

Michelina  Donn'Assunta, la chiudo la porta?...

Assunta  Chiudi, chiudi.

(Tutte le stiratrici esco­no, la porta si chiude. Si sente per un po' il loro chiacchierio fuori e qualche risata. Poi silenzio).

Scena terza

Assunta e donn'Emilia. Assunta si volta verso la porta; lentamente le si appressa e la rinserra me­glio. Ritorna sul davanti, lenta: s'accosta al tavolo e si appoggia ad esso col fianco destro e vi posa la mano destra. Resta pensosa, con gli occhi fissi nel vuoto. Donn'Emilia è seduta a destra dello spetta­tore, davanti al comò. Anche lei pare che mediti, triste, con gli occhi a terra e tentennando il capo e lisciando il manicotto. A un momento leva lo sguardo e guarda Assunta. Costei se ne avvede, si copre gli occhi con le mani e singhiozza piano.

Donn'Emilia  Donn'Assunta?

(Assunta non le risponde; non la guarda. Scuote dall'alto in basso la testa. E' commossa: si piega, quasi. Donn'Emilia sospirando)

Eh! figlia mia!... Su questa terra non ci sono contentezze!

(Un silenzio. Scuotendo il capo e come parlando a se stessa)

Chi me l'avesse detto, pure a me! (Torna a meditare).

Assunta (raddrizzandosi)  E va bene! (Siede alla tavola, dall'altra parte. Vi poggia i gomiti. Col mento nelle mani, col pensiero altrove, guarda donn'Emilia, che pure la guarda e pensa a cose sue).

Donn'Emilia (lenta, triste)  Donn'Assunta, sa­pete che mia figlia... Tina... se n'è fuggita? (Si morde il labbro inferiore per trattenere il pianto).

Assunta (come uscendo dal suo sogno)  Tina? (Donn'Emilia scuote la testa per dire di sì) Se n'è fuggita?

Donn'Emilia (assente col capo: poi con un risolino ironico, addolorato)  Se n'è fuggita col macchietti­sta... Ve lo ricordate?... Già... Tina!.... Tina!... Concettina... (Piange, piano) E mi ha lasciata sola... senza pietà... barbaramente!...

Assunta (coi gomiti sulla tavola, il mento nelle mani)  Gesù!...

Donn'Emilia  Eh!... E mo mi sono rimasti solamente gli occhi per piangere, donn'Assunta. Vi ricordate com'ero allegra, che?... Quando si nomi­nava donn'Emilia la mammana, veniva da ridere a tutti! (Ride convulsa) E anche adesso ridono tutti quanti!... (Con gli occhi nel vuoto e come interrogandosi a bassa voce) E già... Le ha voluto dare una educazione? Le ha imparato a leggere e scrivere?... L'ha voluta fare sciantosa?... E pren­diti questo!... (Dopo un po') Che coraggio, Gesù! Ma come s'è cambiata, tutto ad un tratto, io non lo so! Era una ragazza così buona, donn'Assunta! E mi voleva tanto bene! E io le volevo tanto bene! (Piange) Guardate qui.

(Fruga nel manicotto: ne cava una corona del rosario e se la mette in sac­coccia, ne cava un fazzoletto e se lo mette in sac­coccia, ne cava, infine, una lettera. La va a leggere al lume che sta sul comò)

L'altro ieri m'ha scritto da Livorno: « Mia cara mammà, perdonatemi!... Io sono più infelice di quello che credete! » (Pian­gendo) E allora perché te ne sei fuggita?! E allora perché mi hai lasciata? E perché non te ne torni?... (Singhiozzando) Donn'Assunta, voi non vi potete immaginare, quand'io mi sveglio la mattina e non me la vedo vicina!... Già, chi dorme più? Chi si cucina più? Chi fa più niente? Vado mangiando per le trattorie... sola... come uno studente... (Pausa) Che dite? Tornerà?...

Assunta (sordamente)  Tornerà, tornerà. Tutto finisce. Gli uomini si seccano. (Si leva)

. Donn'Emilia  Anche voi siete sfortunata, don­n'Assunta. Io lo so.

Assunta  E' colpa mia.

(Un silenzio).

Donn'Emilia (lisciando il manicotto)  Che fa quel galantuomo?

Assunta (con un sorriso)  Voi lo sapete. Mi lascia.  (Un silenzio).

Donn'Emilia    Figlia  mia,   trovatene contenta! Quello non era cosa per voi...

Assunta (scattando e avvicinandosele)  Ma che v'ha detto? Che vuol fare? Che vi stava dicendo?

Donn'Emilia (confusa)  Chi? Quando?

Assunta  Mo!...  Sotto Porta San  Gennaro... Non stava parlando con voi?

Donn'Emilia  E chi lo nega?

Assunta  Be'! Che v'ha detto? Che vuol fa­re?... Parli chiaro. Che vuol fare? (Le si è accostata assai da presso).

Donn'Emilia  Mo! Un momento!... Voi che volete da me, neh! Donn'Assunta? Dio sa che core scuro io tengo, più del vostro!...

Assunta  E come quel Padreterno non mi spro­fonda! Ma che vuol fare? Che fa?... Viene?... Non viene?... Se ne va? Mi l lasciare? Ma che v'ha detto?

Donn'Emilia  Ma ch'è successo? Io non ne so niente...

Assunta  Voi, che diceste lassù al Tribunale? Non ve lo ricordate? Diceste che Federico voi lo conoscevate, che era un buon giovane, che mi poteva aiutare...

Donn'Emilia (levandosi)  Io dissi questo? Don­na Assunta, voi che dite? Voi, con un'altra testi­monianza come questa, mi fate andare in galera.

Assunta (ironica)  Voi non sapete niente, è vero?...

Donn'Emilia  Io che posso sapere di quello che avete combinato, voi e lui?

Assunta (faccia a faccia con donn'Emilia, sotto­voce, rapidamente)  Donn'Emilia, voi lo sapete! Voi siete l'unica persona che lo sa! Io sono stata buona a mantenere il segreto con tutti! Federico viene qui quando le ragazze non ci sono! La mamma di Michele non sa niente, non ha ca­pito niente! Sa che io voglio far uscire il figlio dal carcere e don Federico, che viene da queste parti, va pure dalle parti sue per riflesso di Michele... (Ride ironica) Vedete che ho saputo fare, che? e io fingo di ridere, di piangere, di disperarmi. (Ride) Neppure una commediante. Ho avuto la faccia di andare a trovare Michele nel car­cere sempre, sempre, fino a un mese fa... e Michele non sa niente! Io metto in pericolo la vita... per un altro, lo capite?... e quest'altro mi lascia, avete visto? Tutto, tutto s'è preso!... M'ha rovinata! M'ha rovinata! E mo mi lascia!... E fa bene! Fa bene! Fa bene! Io me lo merito!...

Donn'Emilia  Gesù! Gesù... L'antivigilia di Natale! (Un silenzio).

Assunta (come tra se stessa)  Tutto! Tutto! Tutto!...

Donn'Emilia  E don Michele quant'altro tempo deve scontare?

Assunta (spaventata)  Ancora tre mesi.

Donn'Emilia  E fra tre mesi?

Assunta (con un risolino, scuotendo il capo) Non mi trova più.

Donn'Emilia  Ve ne andate? Voi sola?... E dove andate?

Assunta (levando le spalle)  Chi lo sa? (Un silenzio).

Donn'Emilia  Voi avete un ombrello di don Fe­derico?

Assunta (la guarda)  Ve l'ha detto lui?

Donn'Emilia  M'ha detto che se lo veniva a prendere.

Assunta (con uno scatto)  Quando? Mo?

Donn'Emilia  Quando ha finito di giocare. Sta giocando nel caffè a Porta San Gennaro...

Assunta (dopo una pausa)  Voi che strada fate?...

Donn'Emilia  Mi ritiro, donn'Assunta. E' tardi... (La guarda. Pausa) Sentite... Se passo dinanzi al caffè, ve lo chiamo... Che dite?

Assunta (vivamente)  Ditegli che gli devo par­lare... Assolutamente! Necessariamente!

Donn'Emilia (si avvia alla porta di strada. Si arre­sta a metà del cammino. Guarda Assunta che è rica­duta nella sua meditazione e ha gli occhi a terra, muta, appoggiata al tavolo) Donn'Assunta?... (As­sunta si volta, lenta) Non ve la prendete con me...

Assunta (con un triste sorriso)  E perché?

Donn'Emilia (commossa)  Avete ragione... Io vi dovevo sconsigliare...

(Assunta sorride e scuote il capo dall'alto in basso)

Ma lo vedete?... (Con voce in cui sì sente il pianto) Il Signore m'ha casti­gata!... (Si avvia alla porta).

Assunta (benevola)  Andate, andate. (Si acco­sta alla credenza, l'apre, si rivolta a donn'Emilia che è vicina alla porta) Lo vedete? Io mo gli preparo la cena... (Prende dalla credenza un tova-gliolo e le posate).

Donn'Emilia (sulla porta)  Statevi bene...

Assunta  Statevi bene.

(Donn'Emilia esce e rinserra le vetrate).

Scena quarta

Assunta a un angolo della tavola spiega il tovagliolo e prepara il desco per due. Sulla tavola è il lume che ella vi porta dal comò. Quando ha fi­nito, ella siede accanto alla tavola, pensosa. Un si­lenzio. Dopo un po' s'ode un rumore di passi nella via. Ella si leva, ma resta con le spalle rivolte alla vetrata.   Si  picchia   lievemente  ai  vetri.

Assunta (fremente, ma senza voltarsi)  Entra.

(La vetrata si spalanca. Sulla soglia appare Michele, e vi si arresta).

Michele (con un grido di gioia)  Assunta!

Assunta (voltandosi, di scatto)  Uh, Madonna! (S'è levata, s'è arretrata. Ha gli occhi spalancati, pieni di meraviglia e di terrore).

Michele  (ancora  sulla  soglia, con le mani sui fianchi, protendendo e scotendo il capo)  Che?... Te l'aspettavi? (Si volta e chiude a mezzo la vetrata).

Assunta (si passa le mani sulla faccia stravolta) Oh!?... Madonna!... Madonna!...

Michele (avanzando, sempre lieto)  Non aver paura!... (S'arresta quasi timido) Sono io... sì... sono io...

Assunta (istupidita, con le spalle alla parete, senza muoversi)  Tu sei uscito?

Michele  Tre mesi prima! (E' raggiante. Le si getta addosso, l'abbraccia, la bacia, emozionato. Le carezza i capelli, le carezza la faccia, mentre lei si schiva palpitante) Te l'immaginavi? Che? Te lo potevi immaginare?

Assunta (guardandolo, e quasi balbettando)  E come sei uscito? (Quasi manca. E' risalita fino al comò al quale ora s'appoggia, tremante).

Michele  Eh!...  Sono uscito! (Preoccupato, la sorregge) Ma che è? E perché tremi così? Su! Vieni qui. (Le prende il braccio che ficca sotto al suo. Cerca una seggiola e l'accosta a lei) Siediti. Assunta (cade a sedere, coi gomiti sulle ginocchia, con la faccia nelle palme delle mani)  Dio! Dio! Dio mio!...

Michele (meravigliato e preoccupato)  Ma come? Tanta impressione t'ha fatto?! (E' in piedi, alle sue spalle. Si china su di lei e l'accarezza) Assun­ta? Hai ragione... sì, sì... Io ti dovevo avvisare. Ma non ne sapevo niente manco io... (Le distacca le mani dalla faccia, le alza il capo, la guarda tenero) Meh!... Assunta! Allegramente!...

Assunta (con un filo dì voce, leva gli occhi, lo guarda)  Sì... sì... E mo?... (Con gli occhi nel vuoto, come a se stessa).

Michele  E mo che? (Si volta: va alla tavola. Mesce acqua in un bicchiere,  lo porge ad As­sunta) Bevi...  meh...  Bevi...   (Ella beve,  Michele ripone il bicchiere sulla tavola. Si avvede che sono due coperti a tavola. Ingenuo, sorridendo) Come si vede che non sei buona a star sola...

Assunta  Perché? Che dici? (Michele le indica la tavola. Ella ha un sussulto) Ah!...

Michele  Chi hai invitato? (Si toglie il cappello e lo mette sul comò).

Assunta (sforzandosi di parer calma)  La co­mare... Donna Peppina... Ma non viene... m'ha mandato a dire che non può venire.

Michele (torna a guardare la tavola: si gratta in capo, sorridente, bonaccione)  Quasi, quasi... Da stamattina sai che tengo in corpo? Due maccheroni sfatti e tanto di pane. Questo è quello che ci ha pas­sato il governo a mezzogiorno. (Prende un po' di pane e lo addenta)

Assunta (si leva, gli si accosta, lo afferra pel brac­cio. Lo afferra per il braccio. Lo fissa smarrita, dubbiosa)  Senti!... Dim­mi!... Come sei uscito?

Michele  E dàgli!... Sai che cosa ne so? L'appello che feci... Tu mi ascolti?

Assunta  Sì...

Michele  L'appello ridusse la pena a tredici mesi? E io ne ho fatti dieci! Questo so.

Assunta  Ma perché?

Michele  Perché?...  Eh!...  Perché,  in primis, ho fatto buona condotta... E poi, don Federico Funelli mi è stato come un fratello. (Va alla tavola. Vi siede. Si alza daccapo) Il bello sai qual è? Nep­pure lui lo sa. Lui crede che io devo uscire ve­nerdì a otto... E io sono uscito sette giorni prima!... E domani gli voglio fare una sorpresa a casa!... (Prende Assunta per mano e la trae alla tavola) Siediti! (Assunta casca a sedere) Parliamo di noi! (Siede accanto ad Assunta) Che mi dici? (E' te­nero, carezzevole, acceso un foco. Piglia la mano di Assunta e la tiene fra le sue).

Assunta (ritirando lentamente la mano. D'un su­bito)  Tu non sei andato a casa tua?

Michele  Quando esco di qui...

Assunta (fingendo sorpresa e levandosi)  Tua madre non sa nulla?

Michele  E che fa? Siediti.

Assunta  Va' da lei adesso... E poi torni.

Michele  Mo?   (Con  un  sorriso)  Ora voglio stare qua! Ci andrò domani. Mamma, neppure lei sa niente... Un giorno di più, un giorno di meno... (Guarda ancora la tavola) Come hai detto? Che la comare  non  viene  più? (Sempre allegro, ignaro, sorridente).

Assunta (che guarda di sfuggita alla porta) Chi?...

Michele  Così hai detto.

Assunta (quasi sottovoce)  Sì...

Michele  Vogliamo fare una cosa?

Assunta  Che cosa?...

Michele  Mangiamo tutti e due!... Ti dispiace?

Assunta  No...

Michele  E mangi tu pure? (Si leva e va a se­dere a tavola).

Assunta  Io pure?... Sì... Ma io non ho appe­tito. (Torna a guardare alla porta).

Michele (scoprendo i piatti e senza badarle) Genovese rifredda! Mozzarella!... E bravo! (Assunta fa per muovere verso la porta) Dove vai?

Assunta  Ti voglio comprare un po' di pane...

Michele (leva la mano col pane che prende di su la tavola)  E questo?... Siediti... Ma che, hai perduto la testa? (Assunta siede rimpetto a lui) Oh!... Mangia! (Mangia quasi avidamente un pez-zetto di pane e sì mesce del vino da un fiasco. Cerca sul tavolo le posate che Assunta non v'ha ancora posto).

Assunta  Tira il cassetto.

Michele (apre il fodero della tavola, e cava una forchetta, cerca ancora nel fodero e ne cava un col­tello corto) Gué!... (Ridendo di compiacenza) Il mio coltello! (Prende il pane e lo affetta con quél col­tello. Guarda il coltello) E questo manco niente si ricorda!... Si ricorda quando aprii la macelleria alla Sanità! Mangia! Bevi! (Si mesce vino e ne mesce ad Assunta) Io ho una sete di morte!... (Beve d'un fiato) Da quanto tempo non bevo vino!..; (Man­giando) Quando è stata l'ultima volta che sei venuta a trovarmi? Vediamo se te lo ricordi...

Assunta  A che vai pensando!...

Michele  E' stato un mese fa. Il ventiquattro di novembre... Un mercoledì. E ti ricordi che mi portasti?

Assunta (guardandolo, lenta, distratta)  I si­gari...

Michele (tenero, affettuoso)  E pure un'altra cosa... Che è? Non ti ricordi?... Il tuo ritratto. (Mette la mano in petto e cava una fotografia, ha mostra a lei, poi la guarda, con occhi di gioia) Assuntulella! La vedete qua!... (Afferra la mano di Assunta, accarezza lei che si commuove, guardan­dolo. Si mesce vino e beve) E poi perché non sei venuta più?

Assunta  Chi? Io?...

Michele  E chi? Io?...

Assunta  Perché non son venuta più?... e il permesso?... Non me l'hanno voluto più dare.

 Michele  (mangiando)  Lo potevi dire a don Federico... Già, quello mo tiene altro per la testa anche lui... 

(Assunta presta attenzione. E' palpi­tante. Michele si rimesce vino e beve, si asciuga il labbro alla tovaglia e resta col bicchiere in mano)

 T'ha detto che se ne va da Napoli?

Assunta (con un filo di voce)  Chi?

Michele  Don Federico. (Mangiando) E' morto il padre della moglie... Non te l'ha detto?

Assunta (balbettando)  La moglie?

Michele  La tiene a Cosenza. Stava insieme col padre ch'è mor... (Vede che Assunta quasi manca) Assunta! (Posa il bicchiere, spaventato) Ch'è stato?

Assunta (con un fil di voce)  Mi gira la testa... (Piega le braccia sulla tavola e nasconde sulle brac­cia il volto).

Michele (si leva, le si appressa, la scuote, la ca­rezza)  Assunta!? Assunta! (Gira intorno lo sguar­do come per chiedere aiuto) Ma che ti senti?... (S'avvia in fretta alla vetrata) Aspetta... apro un poco...

Assunta (risollevando il capo mentre Michele è già presso la vetrata)  No!...

Michele  Appena uno spiraglio! (Lascia schiusa la vetrata: torna a lei premuroso)  Ma che ti senti?

Assunta  Niente... M'è passato... (Sorride, accarezza Michele. Lo guarda) Vieni qui... E siediti. (Michele siede) M'è passato... (Michele si mesce vino e beve) Non bere più.

Michele (sorridendo, scherzoso, affettuoso, più ec­citato)  Mi hai fatto squagliare il sangue. 

(Una pausa. Sono seduti faccia a faccia. Michele scosta il lume, lo fa più in là verso la porta. Si guardano. Un  silenzio).

Assunta  Senti... Se ti dico... Se ti dico una cosa... Tu ci credi?...

Michele (mangiandosela con gli occhi e stendendo la mano di su la tavola)  E vieni qui... Siediti vicino a me... Dammi la mano...

Assunta (macchinalmente stende la mano che Michele afferra)  Senti... Ti voglio dire una cosa...

Michele (c. s.) Va' a chiudere quei vetri...

Assunta  Senti... Una cosa seria...

Michele  E vuoi venire qui, sì o no? (Si leva, ma barcolla. Gira la tavola; Assunta fa per levarsi ma non è a tempo, Michele le arriva accanto, pal­pitante di desiderio).

Assunta (schermendosi e quasi supplicando)  No! No!...

Michele  Non ti vedevo da tanto tempo!... (Ella china il viso, Michele le solleva il mento, la guarda balbettando) E mo mi pare che ti sei fatta più bella... (Sempre più acceso) Assunta! Guardami!...

Assunta (cerca di levarsi)  No! Lasciami! La­sciami!

Michele (le mantiene fermo il braccio sulla ta­vola. Ella si schermisce con l'altro. Egli le mette una mano sulla fronte, la costringe a levare il capo)  Alza il capo!... Voglio vedere che ti feci sulla faccia!...

Assunta (voltando la faccia)  No! Lasciami!

Michele  Fammi vedere...  (Le scopre la fac­cia) Ah, che ti feci! E me l'hai perdonato?... (Si china per baciarla).

Assunta (con uno sforzo lo rigetta indietro)  Sì, sì, ma lasciami! (Si leva).

Michele (sospinto, barcolla, s'irrita, s'appoggia allo spigolo della tavola, rauco)  Ma che sangue del diavolo t'afferra? (Quasi minaccioso) Ma perché?

Assunta (emozionata)  Perché non me lo me­rito!... Non sono degna!...

Michele   (cercando la seggiola per sedersi)  Che cosa? Non sei degna?... Che dici? (Ricade a sedere.  Guarda Assunta, sbalordito, senza ancora comprendere, ma seccato e incollerito).

Assunta (con gli occhi fissi su di lui, quasi scandendo le parole)  Non me lo merito!

(Un silenzio. Si guardano).

Michele (dopo un poco, rauco)  E... perché?

Assunta (si riaccosta alla tavola. Siede. Più sotto­voce e quasi in fretta)  Senti... Michele... Quando tu stavi... Quando tu stavi carcerato... Io... (Egli la ascolta a bocca aperta, sporgendo il capo) Io..

Michele (comprende. Stende la mano, l'indice teso verso di lei, come indicandola, interrogando. Assun­ta si leva, si trae indietro, senza levar lo sguardo da lui) Tu?...

 Assunta  Sì...

Michele (con un urlo)  E con chi?... Chi è sta­to?... (Cerca di levarsi, si protende col busto. Si leva quasi dalla sedia).

Assunta E' stato... (Si trattiene. E' convulsa. Guarda sempre Michele) No!... Non lo conosci...

(Un silenzio. Michele ricade sulla seggiola, colpito, muto. Si piglia il capo fra le mani: tocca, quasi, con la fronte la tavola. Poi leva gli occhi iniettati di sangue e guarda Assunta con un sorriso ironico, ansimando).

 

Assunta (ansiosa, tremante)  Michele!?

Michele (continua a guardarla, torvo, sprezzante. Si passa le mani sulla fronte. Poi, lento, con la mano che trema, si versa un bicchiere di vino. Passa il dosso della mano sulle labbra. Poi balbetta)  Hai fatto bene.

Assunta (disperata)  No! Non ho fatto bene!

Michele (sorride, trema, cerca di dominarsi) Vieni qui. Siediti... Non aver paura... (Le indica una seggiola accanto alla tavola).

Assunta (s'accosta, siede, ma lo sorveglia)  Fam­mi parlare...

Michele  Parla... Contami... Contami... (Con un riso strano) Mentre io stavo carcerato...

 Assunta (frettolosa, vorrebbe dir tutto in una volta)  Sì... quella sera... che tu fosti condan­nato... io trovai... uno sul Tribunale stesso... uno... che mi disse che tu potevi rimanere a Napoli... e che lui stesso era capace di farti rimanere a Na­poli.... se... io l'avessi voluto... (China la testa, come vergognosa, poi la rialza e lo guarda).

 Michele (con le mani sulla fronte, fissandola, con un rantolo)  Contami... contami...

 Assunta  Io gli credetti... (Michele assente col capo. S'ode il suo respiro affannoso) Perché io ti volevo vedere. Io ti volevo vedere sempre! Almeno una volta la settimana! (Michele ha un riso ironico e la guarda) No! Credimi! Michele! Credimi! Mi avevano detto che ti mandavano fuori... A Avellino... Lontano... Io non t'avrei potuto più vedere!... Non mi credi?... (Michele sorride, fa atto ironico di sì, stende la mano al fiasco e si versa vino: sul momento di bere, fa spallucce) Non te ne importa?

Michele (coi gomiti sulla tavola e il mento nelle mani, fissandola)  No...

Assunta (con un urlo)  No! T'importa!... Ti importa!... Ti deve importare.

Michele (terribile, fissandola con uno sguardo di odio, con voce rotta e rauca)  Ma tu vuoi farmi tornare un'altra volta in galera? (Con orrore) Io non ci voglio tornare. Tu vuoi farmi assaggiare un'altra volta il pane nero, i cancelli... la privazione della libertà... (Si esalta) Tu!? Tu che sei l'ultima femmina del mondo!... (Poggia le mani sulla tavola e fa per levarsi. Assunta indietreggia) Sì!... Tu... (Riesce a levarsi minaccioso) Tu sei l'ultima fem­mina del mondo!... (Cerca di afferrarla. Ella sfugge).

Assunta  No! Non mi uccidere!...

Michele  Non gridare! (Si guarda attorno, bal­betta, inciampa, ricade a sedere. Sconvolto, con­vulso) Che mi hai messo nel vino?

Assunta  Io!?...

Michele  Tu... mi hai messo il veleno... nel vino... Mi gira la testa.

Assunta  Io?!

Michele  Ma perché... sono tornato qui? (Come tra se stesso, cercando di levarsi) Il mio dovere... (Con la mano levata) Non appena sono uscito dal carcere... il dovere mio... Dovevo correre da mamma. (S'intenerisce, ha il pianto nella voce) Dovevo correre per dirle: Mamma, o mamma io sono uscito. (S'intenerisce sempre più, si leva a mezzo, leva le braccia) Sono uscito a libertà!... Mamma mia bella! (Ricade a sedere, convulso).

Assunta (spaventata)  Michele!...

Michele  Chi è stato?!... Parla! Se no ti levo dal mondo! (Guarda sulla tavola, vi scorge il col­tello e lo afferra. Riesce a levarsi. E' livido. Gira la tavola dal lato della porta per impedire ad As­sunta di uscire) Parla!... Chi è stato?... Lo co­nosco?...

Assunta (terrorizzata, può appena articolare) Tu lo sai...

Michele (in un baleno si raccoglie, capisce)  Don Federico?... (Assunta lo guarda impietrita) E quello era meglio di me... neh... schifosa?!...

(La rincorre traballando. Ella cerca di salvarsi. A un momento Assunta volge lo sguardo alla porta, come se udisse arrivare qualcuno. Michele se ne avvede. Presta orecchio.  Subito si sente zufolare nella via l'aria della Matschisca. Michele scivola lungo il muro, apre la vetrata, si getta fuori col coltello in pugno).

 

Assunta (addossata alla porta della sua stanza, al colmo del terrore)  No! No!...

(Un urlo rauco nella via. Assunta si copre la faccia con le mani, inorridita. La vetrata si spalanca).             

Scena ultima

Don Federico. Poi il brigadiere Ferrara, la guardia Flaiano, la folla.

Federico (entra di spalle con la sinistra premen­dosi il cuore. S'appoggia alla tavola, cerca di usci­re, e sulla porta urla)  Aiuto!... Aiuto!... (Retro­cede, barcolla, cerca di afferrarsi alla tavola e cade riverso, appié di essa).

Mormorio nella strada. As­sunta gira dietro la tavola. Si accosta alla vetrata e guarda fuori. Rientra. Cerca con gli occhi il cap­pello che Michele ha lasciato sul comò. Apre la porta del pozzo e lo butta giù, e rinserra. Il mor­morio s'avvicina. Ella presta orecchio. E' decisa. S'avvicina al lume e lo spegne. Nella stanza si fa l'oscurità. Improvvisamente appare sulla soglia, col revolver in pugno, il brigadiere. S'arresta. Dietro di lui è la folla che vorrebbe entrare e ch'egli trattiene.

Il Brigadiere  Un lume! Un lume!... (Accende un cerino, si china sul cadavere. Lo illumina col cerino). E questo è lui!... (Il cerino si spegne. Un uomo arriva con un lume. Il brigadiere accende un altro cerino e lo leva) Andiamo!... non facciamo scherzetti!... Chi è stato?

Assunta (s'avanza, pallida, decisa. Si mette la mano in petto. Con voce chiara e commossa)  Io... brigadiere. Sono stata io.

(Mormorio nella strada).

Il Brigadiere (afferrandola per un braccio e so­spingendo nella stanza la guardia Flaiano)  Avan­ti: andiamo. (A Flaiano) A te!... Mettiti lì a guar­dia. E non ti muovere. (Trascina via Assunta).

Mor­morio che si dilegua. La vetrata resta schiusa. Fuori v'è il chiaro di luna. Si vede qualche curioso che spia nella camera. La guardia Flaiano resta in piedi. E' pallido. Osa appena guardare di sfuggita il cadavere. Improvvisamente si riode nel lontano il suono della zampogna. Flaiano sospinge la ve­trata e l'apre tutta. Il chiaro di luna inonda, fuori, la via. La campana della chiesa di San Domenico Maggiore squilla, triste e solenne. Flaiano, com­mosso, si scopre. La tela cade, lentamente.

F I N E

* Copyright Salvatore Di Giacomo, 1960.


1 Nella versione italiana di Assunta Spina mi son tenuto stretto, quanto più era possibile, al lessico e ai costrutti dialettali, mutandoli per quella minima parte che era necessaria a renderli italiani. Così il Di Giacomo suol fare qui nelle didascalie, e così fece nelle sue novelle e cronache in lingua italiana. Sono lessici e costrutti che la nostra lingua ritrova e deve riconoscere da un suo discorso più remoto nel tempo: e tutti si giustificano nel riscontro dei classici, che nelle varie regioni hanno attinto a un fondo comune. S'intende che le didascalie generali e particolari, che erano già in italiano nel testo del Di Giacomo, non furono mutate.

Francesco Flora