Astaroth

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ASTAROTH

ASTAROTh

di Stefano Benni

(Su una roccia nera, tra fumo e luce rossastra, sta Astaroth, un diavolo‑angelo dalle lunghe ali grigie, e guarda in giù con fare pensoso. Vicino a lui, un albero scheletrito, dai cui rami pendono orologi da polso. A sinistra, una scala porta verso l'alto. Da destra, sale una scala.)

I scena

ASTAROTH: Un altro giorno senza sole e senza luna, senza il colore di una stagione, senza neve e senza grilli, solo fumo e cenere, e una strada di pietra di cui io sono uno scalino. Sotto, laggiù, (indica in basso, la terra) un ingorgo di anime affaticate e stanche, e poi una stretta porta, e dietro questa un nuovo ingorgo di pena che li attende. E io, Astaroth, da mille anni sto qua e giudico. E sono stanco di questo. Ma giudicare e dare premi e salvazioni e condanne e roghi sembra essere il motivo perché tutto questo è stato fatto, cieli incolpevoli e puri lassù e palude dannata quaggiù, e il gran formicaio sulla terra che pensa a noi confuso, sento i loro pensieri riempire l'aria e raggiungerci: “ci sarà qualcosa lassù?”, “sarà simile a noi?", “sarà meglio di noi?”, “e cosa ci sarà dopo?”... Quanto dolore ha causato inventare questo sguardo che vi sovrasta. Quanto “domani” ha ucciso quel “dopo”. Quanta noia e inutilità e delitti e rinunce prima, aspettando un "dopo" che metta tutto in fila, che dia a tutti un senso, alunni di una scuola miserabile che la maestra libera di colpo in una strada oscura dopo averli non confortati ma spaventati e torturati. (vede il pubblico, lo indica con un dito adunco) Oh, clienti miei, non vi spaventate, noi vecchi diavoli siamo così. E’ il nostro lavoro, borbottiamo di scenari oscuri e minacciamo tormenti ma fa parte della sinfonia, c'è chi promette salvezze e chi l'abisso, anche sulla terra ci sono i profeti di sventure ma anche la fortuna, il destino, il gioco del lotto e le medicine miracolose e il buon governo e l'amore eterno, ah, come vi piace quest'aggettivo, “eterno”, come si vede che conoscete un tempo piccolo, non la misura tremenda di questa parola, “eternità”. Non credete a chi vuole vendervela, non è merce da baratto o piccoli traffici. Non pensate troppo all’ eternità, accontentatevi di un risveglio ogni mattina. Ma nella grande sinfonia c'è chi fa promesse e chi invece come me deve parlarvi del male, come se non lo conosceste, come se non foste pronti a ospitare dentro a voi cento diavoli, ma ovviamente vederci così ben disegnati, (si indica) fatti in fondo con ritagli e pezzi di animali innocui, pipistrelli (si indica le ali), capre (si indica le scarpe), sì, li ho proprio come voi immaginate, zanne voi dite? Ma anche nella bocca del vostro cagnolino ci sono zanne e in quanto all'odore di zolfo! Via, sapete anche voi che si respira ben di peggio sulla terra. Ma il trucco funziona, e quindi (spalanca le ali) io sono il male e basterà per evitare il male che non diventiate uguali a me. (ride) Ma attenti. Sia noi, con le nostre ali nere e membranose, che loro, circonfusi di luce e con ali di cigno, non aspettiamo altro che la vostra morte. Sia loro, che promettono, sia noi, che minacciamo, siamo vicini a voi solo per giudicare. Altro non c'è nel gioco. Ma io sono stanco e non condivido il loro entusiasmo lassù, dove ancora si rallegrano della bella trovata. Fanno statistiche, catalogano genocidi, inventano modi di misurazione, parametri di bontà, civiltà, cittadinanza e delimitano i peccati e li catalogano come insetti e fanno dibattiti fin dove e fin quando e perché, fanno finta di chiedersi, perché questo accade? Perché i bambini, gli innocenti? fingendo di non sapere che fin dall'inizio tutto era scritto, era voluto. Che celesti sublimi ipocrisie, (iroso) tutto si ripeterà perché così si vuole e allora cosa giudicare? Giudicare senza giustizia, giudicare e continuare a uccidere, quassù e laggiù. E perché questa roccia nera e il fumo e il fango infuocato e le grida? Un filmaccio di terza categoria. Una sola giornata di una qualsiasi guerra contiene più orrore del più grande inferno mai disegnato o pensato. Perché non potrei stare sulla veranda di una casa di campagna alla sera e ascoltare i grilli, rumore che ho sentito una volta nella mia vita in strane circostanze e il cui ricordo non mi ha più abbandonato. I grilli neri e ciechi, piccoli diavoletti violinisti, che suonano la loro serenata amorosa e dopo aver suonato muoiono e i corpi non vengono trovati; chi di voi ha mai visto un grillo morto o un cimitero di grilli, un piccolo carro funebre di steli e foglie seguito da grilli in gramaglie e un sacerdote grillotalpa salmodiante le virtù dell'estinto? E dove vanno a finire queste creature assai più numerose di voi umani. C'è un inferno per i grilli? C'è un paradiso? Ci sono situazioni, diciamo così, moderate, intermedie per un grillo che non si riconosca negli opposti schieramenti del perfetto bene e del perfetto male, schieramenti ovviamente che a volte cambiano campo, come le squadre di calcio nell'intervallo, come dentro di voi si alternano un istante di generosità e una vampata d'odio. Perché non vi ponete la domanda? Perché per gli uomini tutti questi processi e peccati e destini, e per il grillo niente, per i miliardi di piccoli peccatori dell'erba notturna neanche un tribunale, un perché, un motivo per uccidere o salvare, lunghe ore a pesare il nero e il bianco, (ride) be', la ragione forse è che loro hanno capito, i grilli sanno quanto ogni istante della loro vita è prezioso, e non so se questo può dirsi di voi. Ecco. (guarda in basso) Laggiù, c'è la strada con migliaia di auto in fila. Tutta la settimana avete aspettato questo momento. Lo sapevate che finiva così, ma siete partiti. Nessuna autorità sacra o laica o produttiva vi ha mai insegnato a evitare quest'inferno, anzi il vostro catechismo vi esorta a salire su quell'auto e così ecco (butta un po' d'acqua in basso) un po' di pioggia, una folata di vento (soffia) e un tuono e un po' di fumo. Sto solo giocando, non ho nevrosi da demiurgo, non mi piace mettere spilloni alle bambole e decapitare i burattini, c'è già chi pensa a queste cose. Vedete laggiù papà è stanco, mamma è nervosa e non capisce perché lui è stanco, lei non capisce mai e Angela, nome celeste, adolescente che si è fatta baciare a scuola e adesso va al mare sperando che qualcun altro la possa baciare, è nata per questo, con quale ipocrisia dovremmo giudicare i suoi turbamenti, e il piccolo Pietro lui, be', lui è innocente, non c'entra, e forse creperà lo stesso dopo che un camionista ubriaco incazzato dopo che la sua squadra ha perso perché un centravanti miliardario si è fatto sbocchinare in un night club da un'attricetta e questo ha causato grande scandalo sui giornali molto più di una carestia o di un'alluvione e il camionista ubriaco di birra regolarmente venduta su un migliaio di chili di acciaio regolarmente collaudati ora porta a spasso la sua miserabile ira corazzata sull'asfalto su cui sette società appaltatrici hanno speculato nei secoli, asfalto bagnato dalla pioggia divina che fa crescere i fiori e gli asparagi e le malattie polmonari, uh uhu ecco vedo vedo vedo che tutto si compie e l'auto vuole sorpassare e il camion non la fa passare, duello di nervi e cilindrate, ed è stridere di freni e scrocchiar d'ossa e lacerarsi di vene, scene che piacciono assai ai sanguinari in pantofole, ma hanno sostanzialmente annoiato noi diavoli. E guardate quell'auto rovesciata a lato della strada, e quella valigia aperta sull'erba, i calzini, il giocattolino, i libri di scuola, e più in là i documenti, i tanti documenti che testimoniavano il diritto a esistere dell'auto e degli occupanti, l'appartenenza a un'etnia, la regolarità dei pagamenti, ecco là la carta di credito oro, oh che peccato l'aveva da una sola settimana, ha potuto farci solo un pieno di benzina, e lei aveva comprato le calze fumé e Angela aveva un giornale con la foto di un giovane bel cantante di cui io conosco l'orrenda sorte futura e il piccolo Pietro potrebbe salvarsi se l'ambulanza non fosse bloccata dietro cento e cento macchine bloccate. E io sento, di nascosto ai miei simili alati e al Gran Maestro di tutte le indifferenze, io sento una piccola inutile pietà che si esprime con il canto di un grillo nell'erba, una piccola vibrata protesta, ecco questa è la mia voce sulla terra, nessuna apparizione, nessun artiglio, la voce di un grillo che dice: perché, non era forse tutto questo prezioso? Ecco la parola del diavolo, ecco la voce che si ribella, di chi non si inchina al dolore, così vorrei essere ricordato. Ma questa è la loro vendetta, lasciarmi qui solo su questa roccia a giudicare. Me, Astaroth, io che vorrei scendere e gridare e aiutarvi e dannarvi e sbranarvi, eccomi qua a isterilire in un lamento eterno, è lungo il lamento e passa di bocca in bocca, l'amore dura di meno, io sulla terra ho costruito molto amore, più di quanto credete, ma questo è un altro discorso, Ora l'auto brucia, molte auto bruciano e vedete, nel nostro cielo appaiono delle piccole fiamme, un espediente ingegnoso, noiosissimo in realtà, del Gran Maestro, per segnalare che un'anima sta salendo. Dove? Eh, questo non ve lo dico, non dove credete, non c'è paradiso e inferno, le suddivisioni sono assai più bizzarre e complicate, la varietà del mondo meritava qualcosa di più che un supermercato a tre piani, ma in questa materia voi e i preti e il poeta più immaginoso sapete contare fino a tre, non è come pensate, non vogliate sapere di più, la sorpresa è uno dei pochi doni divini che vi è riservato. Ah, ecco un'anima che sale a me e io devo essere pronto, scusate, ora mi devo occupare di qualcuno in particolare, ma forse ci conosceremo un giorno, e ora lasciatemi assumere una posa da giudice, qualcosa che spaventi senza intimidire e dia l'idea di autorità ma che commedia, ah ah ah. (ride di se stesso)

II scena

(si presenta un piccolo uomo coi guanti da guida, scompigliato, un po' di sangue sulla testa)

UOMO: Ma bene. Uno arriva qui e gli ridono anche in faccia.

ASTAROTH: Uhhh ... i guanti, i guanti da guida. (ride)

UOMO: Daino ... appena presi... e quello stronzo di un marocchino camionista non mi dà strada ... la mia macchina, sessanta milioni, appena finita di pagare. Tre ore per fare dieci chilometri, un'eternità, (si guardano) mi dica lei, è possibile? E mia moglie mi ha rotto le scatole tutto il viaggio, vai piano vai piano, più diceva vai piano più mi andava di sorpassare, a me non piacciono le prediche, ma dove vanno tutti questi, si lamentano che non hanno una lira e poi ogni sabato in vacanza a spendere . Per me è diverso, io devo andare perché... perché... E lei chi è?

ASTAROTH:(al pubblico) Un normale stato confusionale, ci mettono un po' a passare da un mondo all'altro. Chiamiamola decompressione. Signore, chi sono, mi chiede? Non so, decida, forse un agente della stradale? Un benzinaio?

UOMO: Con le ali?

ASTAROTH: Nella pubblicità sovente l'auto si accompagna a simboli di libertà, di volo, di grandi spazi, anche se poi nulla più di un'auto somiglia a una piccola confortevole trappola per topi, sì, la realtà è diversa, ma qui appunto non siamo nella realtà.

UOMO:  Sarebbe?

ASTAROTH: Lei è morto e sta transitando.

UOMO: Morto. Morto sarà lei, cornacchia. Io sono vivissimo andavo al mare, perché... ah, ecco perché ci andavo, ho, un'amante al mare, fa la cuoca in un albergo, porto su la mia famiglia, poi faccio finta che mi chiamino in città al lavoro, invece vado a dieci chilometri in un motel bellissimo con le lenzuola nere, le luci basse, si entra senza farsi vedere, c'è l'ascensore in garage e si sale direttamente in camera, stavo andando al mare e ascoltavo la partita alla radio, stavamo perdendo, mia moglie dice: non ascoltare la partita che ti ecciti e guidi male e io rispondo: non sono una donna, io posso guidare a occhi chiusi, c'è un camion che non mi dà strada pieno di vacche che vanno al macello e allora appena sorpassato mi volto e gli faccio toh, cornuto devi morire a guidare fino in Austria e lì i crucchi ti fanno un controllo igienico e abbattono te e le vacche e... oh, dio (si accorge di qualcosa, laggiù sulla terra) guardi lì (crolla in ginocchio, piange) la mia auto, il mio corpo, accidenti, (con un certo orgoglioso stupore) almeno dieci auto ho fatto fuori. Tutto io?

ASTAROTH: Tutto lei con le sue piccole forze e i guanti di daino e la sua auto, complimenti. Guardi il camion, è morto l'autista e anche metà delle vacche. Tanto prima o poi era destino. Sia per lei che per le vacche. E ora una notizia buona e una brutta. Notizia buona: la sua squadra ha pareggiato.

UOMO:  Chi ha segnato?

ASTAROTH: Ecco la brutta notizia. Non lo saprà mai. Fa parte della pena.

UOMO: Adesso capisco chi è lei. Ho capito le sue intenzioni, lei non ha l'autorità, non può giudicarmi, lei è prevenuto, io non ho fatto niente di male, è lui che non ha dato strada, e poi io sono credente...

ASTAROTH: Solo i credenti credono in me. E poi calma, che coda di paglia. Io sono solo uno scalino, un passaggio, non decido quasi nulla io. Io devo solo smistarla. Dobbiamo fare un po' di conti sulla sua vita.

UOMO: Non può. lo ho quarantasette anni, come fa ad avere tutti i dati, la mia vita in terra era regolata da una marca di dati, migliaia di documenti e bollette e ricevute, non mi dica che può fare i conti di quarantasette anni senza un computer.

ASTAROTH: (lo fa apparire magicamente da un pezzo di lava) Eccolo. Dunque: una vita senza generosità, direi, senza grossi delitti. Una vita indifferente. Non granché.

UOMO: No, eh. Niente giudizi affrettati. lo sono sempre  stato un buon cittadino. Ho evaso le tasse, immagino che si veda nel computer, ma in un momento di difficoltà. (il diavolo lo guarda e guarda il computer) Va bene, un momento di difficoltà da cui non sono mai uscito. Ho votato un po' tutti, come vede. Un'amante sola, negli ultimi anni, la cuoca. I miei figli li ho amati ma c'è da dire che sono due disgraziati, la ragazza, quella sì mette tela arrosto, sedici anni e già troia. Sa con chi esce la sera?

ASTAROTH: Non ci interessa, non abbiamo pregiudizi di casta o etnici qua. Prendiamo tutti. Anche i negri.

UOMO: Si riferisce all'episodio del marocchino l'anno scorso? lo ho solo guardato. Non l'ho toccato.

ASTAROTH: Via, lei è sempre stato sottilmente, elegantemente  razzista. Ma anche questo non conta quassù. Anzi, qua le gerarchie e le differenze sono rigidissime. Tutto bianco in alto, tutto nero in basso. Non è così che avete scritto sui libri? (guarda il computer) Lei è un cattivo qualunque. Bugie e malignità nella norna. Ha tradito un amico, ma il tradimento è stato ricambiato. Interesse per gli altri, poco.

UOMO: Beneficenza! Quattro volte, in televisione, può controllare la carta di credito, ho quella d'oro. (cerca in tasca) Tanto non mi servirebbe, vero? Insomma, non mi guardi così, che cazzo ha da guardare, menagramo, uccellaccio di terza categoria, io in terra ero qualcuno, avevo sedici dipendenti io, li ho fatti lavorare e guadagnare, io non parlo con le maestranze, mi passi il capo o almeno un capo settore.

ASTAROTH: Sono io il capo qua, ho mille anni di anzianità. Come immagina che sia il suo paradiso?

UOMO: Un posto... dove prendere tutte le mie rivincite. Dove, schioccando un dito, ogni cosa mi viene portata. Una grande scrivania di vetro, e una vetrata con dietro i grattacieli, che spuntano dalle nuvole. E io sul grattacielo più alto.

ASTAROTH: Rivincite dice? Rivincite su cosa?

UOMO: (china la testa) Non ho fatto altro che invidiare nella vita. E ho invidiato persone tutto sommato mediocri. Ho obbedito a chiunque sentissi appena un po' più forte, più cattivo di me. Ho amato poco e con paura. Ho desiderato più volte la morte di tutti i miei concittadini eppure mi considero un buon cittadino. Ho ucciso il gatto e ho detto ai miei figli che era scappato. Non ho potuto fare altrettanto con mia moglie. Mi masturbo ogni settimana davanti alla televisione. Una volta da bambino sono entrato in chiesa e...

ASTAROTH: Va bene, questa verità mi basta. Vada. Lassù. (indica una scala)

UOMO: Su. Vuole dire che?... Su è una buona cosa, no?

ASTAROTH: Lo saprà presto. Lasci qui l'orologio. E’ la consuetudine.

UOMO: Ma è d'oro, l'ho pagato... (gli lascia l'orologio) Va bene, vado.

ASTAROTH: Di là. Prenda la scala otto. (al pubblico) Vorreste sapere dove porta la scala otto? Non capireste. (si mette l'orologio al polso, lo guarda) Niente qui assomiglia a ciò che avete immaginato. E io sono così perché così mi avete sognato, perché deludervi? Sono più vecchio, più stanco di come mi immaginavate? Mi preferite così? (spalanca le ali, minaccioso) Oppure così, (a braccia incrociate) così, il silenzio di pietra della legge. Oppure vagamente burlone. (scoreggia, fa rumori, balla oscena-mente)

III scena

(entra una ragazza bionda con una tunica bianca, eterea)

RAGAZZA:  Ehm...

ASTAROTH: (ricomponendosi imbarazzato) Lei da dove viene?

RAGAZZA:  Dall'incidente sull'autostrada. L'utilitaria bianca.  (indica laggiù)

ASTAROTH: Accidenti è così piccola che non si vede. E’ schiacciata sotto il camion. Che sfortuna.

RAGAZZA: Non è colpa di nessuno. Il camionista forse era stanco, dopo tante ore. E' un lavoro duro quello del camionista.

ASTAROTH: E’ morta solo adesso? Ha sofferto?

RAGAZZA:  Un po' ma... "tutti si muore a stento", come dice il cantautore. In fondo solo pochi attimi. Sì, sono morta a ventisette anni, abbastanza giovane, ma nel Medioevo, o nel Burkina Faso, sarei stata nella mortalità media. Mi ero laureata da poco. Questo è un cruccio.

ASTAROTH: (sul computer) Vedo. Andava a un concerto?

RAGAZZA:  Oh sì, io adoro la musica. I grandi concerti e le piazze in genere. Una volta certo si andava in piazza per motivi politici. Ma ora è bello comunque stare insieme. Io spero che ci siano situazioni sociali nel luogo ove mi trovo, e ci sia la possibilità di interagire con altri e di creare una situazione di convivenza, oh, senza pregiudizi ideologici, fanno parte del passato, io ad esempio lei la trovo un po' un po'...

ASTAROTH: Eccessivo?

RAGAZZA:  Be', bene e male, una divisione così netta anche se non si capisce bene che creatura è lei, ma le cose non sono più così da noi sulla terra, perché è sulla terra che, insomma, crediamo in voi, vi votiamo per così dire.

ASTAROTH: (si mette un cappello, una cravatta) Mi preferisce così? Allora signorina, vedo dai suoi dati che lei è una brava ragazza, ha un bravo fidanzato serio e onesto, anche se tra qualche anno... ma non importa, lei è talvolta socialmente impegnata, legge i giornali, va spesso al cinema.

RAGAZZA: Adoro il cinema, anche quello italiano che è doveroso sostenere, ma specialmente quello americano. Anzi sa chi mi ricorda lei, il diavolo di un film, accidenti non ricordo il nome, e sì che sulla terra ero un vero fenomeno, roba da quiz... be', insomma, la sua parte la faceva De Niro.

ASTAROTH: Grazie del paragone. Comunque, lei può scegliere dove andare. Giù o su.

RAGAZZA: Oh dio, che scelta. Su ovviamente c'è un ambiente più salubre, gente di un certo livello culturale, molti religiosi immagino. Ma sotto c'è chi soffre e bisogna ascoltare la voce di chi soffre e combattere l'emarginazione e immagino che sotto la musica sia più moderna.

ASTAROTH: Pestano come dannati. Rock, rap, metallo. Un frastuono diabolico.

RAGAZZA: Ecco, io vorrei qualcosa in mezzo, ecco. Il mio paradiso è sentirmi parte di qualcosa senza sapere cos'è quel qualcosa. Scegliere non mi piace, non mi hanno insegnato a scegliere, io sono di una generazione immobilmente positiva e positivamente immobile che ama applaudire, comprare biglietti, intervenire dal pubblico restando pubblico, consumare grandi quantità di poster, dischi, film e prodotti culturalmente sulla bocca di tutti. Ma scegliere, che fatica infernale... oh, mi scusi...

ASTAROTH: Va bene, va bene, lei è infernalmente noiosa. Decido io. Lei è assegnata alla scala undici.

RAGAZZA:  Sarebbe?

ASTAROTH: Avrà compiti di assistenza. Le verrà assegnato un gruppo, un settore.

RAGAZZA: (entusiasta) Animatrice, tipo club vacanze? 0 tipo assessore?

ASTAROTH: Immagino di sì (consulta un libro) ma se vuole ci sono posti da traghettatrice, oppure infermiera...

RAGAZZA: No, io... va bene vicino ai dannati ma non proprio a contatto e poi... dove sono gli attori del cinema?

ASTAROTH: Sparsi un po' ovunque.

RAGAZZA: E Che Guevara. Dov'è il Che?

ASTAROTH: Che Guevara è al reparto ventisei, Tom Cruise prenotato al trentadue. Allora?

RAGAZZA: Trentadue.

ASTAROTH: Vada. Mi lasci l'orologio, carino: è russo?

RAGAZZA: Riprende la simbologia russa ma è fatto in Svizzera, rispecchia la linea del partito. Ciao, alato.

ASTAROTH: See you later. Carini. Diabolici come un rap in un festival. Ai miei tempi sì, c'erano dei peccatori. Scusate, come sono datato, dimostro i miei mille anni, vero? Ho conosciuto Torquemada. Un cretino totale. Un sacco di domande inutili e morbose. Una strega la si vede al primo sguardo. Io ne ho amata qualcuna. I dittatori? Piccoli psicopatici, per lo più, ma la gente ama essere comandata da chi le assomiglia un po'. Volete sapere cosa è successo lassù, nei cieli alti, quando volava l'aereo di Hiroshima? Cantavano. Facevano spazio, mettevano brandine. E cantavano. Nessuno ha mosso un dito, come da voi laggiù. Oh, guarda. (indica verso il basso) Stanno frugando tra le lamiere. I pompieri. Generosi e bruciacchiati, come noi, mi piacciono. C'è un macchinone nero. Una macchinetta verde savana. Non le serve più essere verde savana. Adesso aprono il camion e tirano fuori il camionista. è ancora vivo, credo. Bene, così non lo devo aspettare. Allora, dato che c'è un po' di tempo, vorrei raccontarvi la storia dell'angelo Malachia.

IV scena

(entra il camionista)

CAMIONISTA: Lo sapevo che finiva così. Guidavo da dodici ore. Oh, ma adesso mi riposerò. Dove devo andare?

ASTAROTH: Un momento, c'è qualcosa che non capisco.

CAMIONISTA: Come sarebbe a dire che non capisce? Sono il camionista morto, guardi là, son ridotto a una sogliola. Mi metta dove vuole, basta che possa dormire un po'. Ho la radiolina. Prende quassù? Posso telefonare... ah, già, cosa dico?

ASTAROTH: Ma come fa a essere così rassegnato. Sua moglie l'aspetta.

CAMIONISTA: Mia moglie, sapesse... ah, lei lo sa, vero? Lavoro da quando avevo tredici anni. Prima, a smontare motori. Poi, miliardi di chilometri, sempre le stesse strade. Ho visto la vita attraverso un velo nero di moscerini morti, il mio parabrezza. E adesso ho voglia di camminare. Mi piace andare in montagna. Ci sono montagne qui, delle belle salite, vero? Ci sarà molta gente, ma anche molto spazio. Io voglio stare in un posto dove non ci sia da fare la fila. La fila col camion, giorni e giorni sulla strada. La fila ai cessi, la fila per un caffè, la fila per mangiare. La fila negli ospedali dove quelli che non contano niente come me stanno lì per ore. La fila alla Posta. La fila per fare la fila. Qua la fila non c'è, sono felice. Non voglio più le ruote sotto il culo, voglio correre, correre.

ASTAROTH: Lei se la caverà. Si sveglierà dal coma. Non può stare qui.

CAMIONISTA: No. Non voglio tornare giù. Mi dica cosa devo fare per restare. La prego. (scivola all'indietro, sparisce)

ASTAROTH: Mi dispiace. Poveraccio. Vivrà su una sedia a rotelle. Non camminerà più. E’ astuto, il Maestro, sa quali torture inventare. Avrei potuto trattenerlo. Ahi. (un dolore alla testa) Mi ha sentito. (indica l'alto) La procedura, certo, la procedura. La giustizia. Troppa giustizia e poca speranza, in questo mondo. Quale mondo? Il mondo vero. Qual è? Non lo so. Siamo noi ad avervi creato o voi avete creato noi, non lo so, sono vero io? Vi racconterò una storia. Una volta esisteva un angelo di nome Malachia, non era molto diverso da me, facevamo parte della stessa legione, poi, come sapete, ci fu chi obbedì e chi no. No, il bene e il male non c'entravano, c'era chi diceva si può fare di meglio, e chi si accontentava. Be', Malachia era davvero un bravo collega, a parte la sua scelta. A lui era stato affidato un bambino da proteggere. Ma questo bambino sembrava posseduto, sembrava conoscesse il male istintivamente fin dalla nascita. Cupo, solitario, con lo sguardo torvo. Prendeva piccoli animali e li torturava, ed era Malachia a doverli curare e portare in salvo, e a volte con un soffio faceva sfuggire una farfalla dalle mani del bambino, o nascondeva nel suo mantello d'ombra uno scoiattolo. 0 avvisava con un grido un uccello del pericolo, perché mettesse in salvo i piccoli del nido. E questo bambino lanciava sassi sui suoi simili, e Malachia li deviava, o li prendeva in fronte, il sasso mancava misteriosamente il bersaglio, solo l'angelo sapeva perché, e venne chiamato l'angelo coi bozzi. Questo bambino, per andare a scuola, doveva attraversare un fiume assai pericoloso. C'era un ponte in pietra e più in là un pericoloso ponte di corda. E i genitori gli dicevano: "Strappacuore," così avevano soprannominato il bambino, "non passare dal ponte di corda, cadrai nell'acqua e morirai, anche se sei un bambino cattivo sei sempre nostro figlio". E cosa faceva Strappacuore? (si accende una fiammella) Proseguirò dopo. Arriva qualcuno. E’ quello della Mercedes. Sta salendo i gradini quattro alla volta. Mai visto uno così.

V scena

(entra il poeta)

IL POETA: Salve, o tu come me nato ribelle. Ardo al tuo cospetto. lo che fui dannato in vita, ora giungo alla mia patria. Tuonate vulcani, ribolli Acheronte, soffia vento e trasporta cenere d'ossa, io non ho paura, la miseria dei mortali e la loro banalità, ecco quale era il mio inferno. Qual è il tuo nome, sublime bestia?

ASTAROTH: Amedeo. No, scherzo, c'era rimasto male, vero? (gonfia il petto) Io sono il settimo figlio dannato della stirpe di Baal l'oscuro, guerriero della legione di Zapar e della coorte di Nembroth, e i miei artigli sbranarono a Ninive e a Micene, il mio nome è Astaroth.

IL POETA: Grande! lo sono Peste, il poeta. Guidavo ai duecentoquaranta, ubriaco, reduce da una trasmissione televisiva in cui avevo distrutto lo studio metaforicamente e fisicamente, ero diretto verso il mare, verso un festival ove dovevo giudicare alcuni mediocri peti cinematografici, la radio ha citato il mio nome sbagliato, Pesti, capisce, Pesti con la 'I' finale, e per il dolore non ho visto quel camion e il mio grande destino si è compiuto. Quanti altri sono morti con me?

ASTAROTH: Una decina, credo.

IL POETA: Nessuno famoso?

ASTAROTH: No. Avrebbe potuto avere tutti i titoli in prima pagina. Purtroppo, proprio pochi minuti prima del suo decesso, la squadra che guida il campionato è precipitata in mare con l'aereo. Lei avrà solo un trafiletto in fondo alla terza pagina, una notizioletta da nulla, un grande vuoto nella letteratura ma un piccolo spazio tra gli eventi.

IL POETA: No, per dio! Questo no. Morire come un sociologo qualunque...

ASTAROTH: Scherzo. Lei avrà i titoli, tre, quattro colonne, e anche le foto.

IL POETA: Li merito. lo sono sempre stato sui giornali. Pur disprezzandoli, li ho illuminati. Io feci notizia. Io resterò. E ora vengo a unirmi ai miei simili. Eccomi nell'inferno che ho sempre immaginato. Lacenaire, Baudelaire, Borel, De Sade, Rimbaud, dove siete? Noti che non cito italiani. Staremo insieme, sulle rive di un lago rossastro, su nere barche egizie, scambiandoci le visioni della nostra grandezza, donne perverse di ogni evo storico verranno ad abbeverarsi ai nostri deliri e ai nostri sessi. Derideremo i piccoli letterati che su una nuvoletta bianca si scambiano premietti e corsivetti...

ASTAROTH: Mi dispiace deluderla. Ma gli scrittori che lei ha citato sono tutti su.

IL POETA: In paradiso?

ASTAROTH: Qualcosa di simile. Pagarono già un duro prezzo in terra. Incarcerati, condannati, esclusi, alcuni, orrore, inediti. Allora il trasgressore era lavoro difficile.

IL POETA: Anche ora!

ASTAROTH: Suvvia. Per qualcuno forse, ma per lei era un impiego statale. L'ho vista più nei salotti che nella suburra, ultimamente.

IL POETA: Non mi faccia la predica, io non accetto prediche, le faccio. 0h creatura alata, vuoi forse dire che io verrò separato dai miei fratelli artisti? E con chi mi metterai? Coi bancari? Coi geometri?

ASTAROTH: Con tutti coloro che le assomigliano.

IL POETA: Bada io posso... io posso scrivere cose assai dure contro di te... io conosco persone molto importanti, anche nel governo... io ho amici anche nelle gerarchie ecclesiastiche, io conobbi a una festa dell'ambasciata brasiliana un esorcista, che...

ASTAROTH: Scala ventuno. Mi lasci l'orologio.

IL POETA: Io non porto l'orologio al polso, io non accetto le abitudini e le mode!

ASTAROTH: L'orologio.

IL POETA:  (estrae una cipolla dal taschino) Ce l'ho ma non ho messo l'ora legale! Io non marcio al passo, io. Vede, è un orologio d'epoca, con il teschio e la scritta "nemo me impune lacessit". (il diavolo glielo artiglia via) Non finisce qui, io voglio il posto che mi spetta. Diavolaccio pezzente, da film di quarta categoria, tutta la città mi temeva, quando dai miei sulfurei microfoni...

ASTAROTH: Via! (si alza in piedi minaccioso, il poeta scappa)

VI scena

ASTAROTH: Arriva di tutto, come vedete, (guarda giù) che lavoraccio, io spero che non ci sia più da lavorare, per oggi. Posso riprendere la mia storia. Dunque il bambino Strappacuore doveva ogni giorno traversare il fiume e, come ricorderete, i genitori gli dicevano: non passare su quel pericoloso ponte di corda. E naturalmente lui sempre di lì passava, soprattutto quando l'acqua era tumultuosa e gelida, d'inverno, e Malachia coi piedi nella corrente reggeva le corde del sottile ponte e se il bambino oscillava, lo sosteneva e ogni volta era un gran patema, una grande fatica. E certi raffreddori! E Strappacuore era sempre più cattivo. Passato il ponte, lanciava i pugni al cielo, per sfida. Finché una notte Malachia guardando le stelle chiese: perché? Perché tanti sforzi, quel bambino crescerà e farà del male ad altri. Dammi un segno signore, affinché io lo possa abbandonare per aiutare una persona più degna. E il segno venne, una stella si spense all'improvviso. La mattina dopo pioveva a dirotto. E Strappacuore camminò fino al ponte cantando una canzonaccia sguaiata e il fiume era gonfio e color sangue rappreso, e correva col rumore di un tuono, e il ponte oscillava per il vento. Il bambino si avvicinò al ponte e mise la mano sulle corde, uno scroscio di vento e pioggia lo investì, e lui tremò. E Malachia non fece nulla. Aspettò. Allora il bambino sembrò annusare l'aria, protese i pugni in un segno di sfida verso l'acqua nera, fece un passo e scivolò, ma riuscì ad aggrapparsi. E tornò indietro. Si sedette sulla riva e pianse. Malachia non capiva. E nella pioggia, gli giunse la voce del bambino. Angelo, mio angelo, diceva, scusami se ho sbagliato. Forse ciò che facevo era male, ma era così bello sentirti, essere certo della tua vicinanza. Come ho amato ogni tuo soffio che mi ha portato via una farfalla, ogni scoiattolo che nascondevi, le tue grida di avvertimento tra i rami, i piccoli segni della tua presenza. E i sassi che tiravo, e che mancavano il bersaglio. Quale altro modo avevo di sentirti? Se tutto il resto del mondo era indifferente al mio male, al mio piccolo destino, tu non lo eri. E come mi piaceva sentire le tue mani che mi sostenevano sul ponte. E il tuo respiro che accompagnava ogni mio passo. E ogni volta, passandolo, alzavo le braccia al cielo perché avevo vinto. Vinto la mia sfida di sentirti vicino. Ora capisco. Non sarò più così cattivo, Malachia. Sarò normalmente cattivo come tutti. E sarò solo. So che non tornerai mai più, angelo, tu mi hai giudicato, e forse con ragione. E Malachia si avvicinò al bambino e volle coprirlo dalla pioggia col mantello, ma la pioggia attraversava il mantello e bagnava il volto. E il bambino Strappacuore non lo sentì. E si avviò, per il ponte di pietra, solo. (si fa buio) Si è fatto tardi. Non credo che altri arriveranno. Forse posso riposare un po'. E’ buio laggiù, c'è solo qualche luce di casa. Un falò di foglie che si spegne, un filo di fumo, posso sentire l'odore. E vedo due fari in un viottolo di campagna. Forse due amanti. C'è silenzio ma il silenzio che c'è quassù è ancora più terribile. Neanche il canto di un grillo.

VII Scena

(entra una donna)

ASTAROTH: Chi è?

DONNA: C'ero anch'io. Viaggiavo nell'auto rossa laggiù con mio figlio. Mio figlio è salvo?

ASTAROTH: Non posso dirlo io. Non posso.

DONNA: Non voglio sapere perché, non voglio tornare indietro. Voglio sapere soltanto se è salvo.

ASTAROTH: Siete voi che ci avete diviso. Come posso spiegarvi? Voi avete mandato quassù lontano la pietà e il perdono che non avete il coraggio di tenere per voi sulla terra. E qui ci sono leggi ancora più spietate, qui si giudica, qui vi uccidiamo ogni giorno. E io sono legato a questo patto, voi mi avete legato, voi avete inventato l'inferno e in questo io abito. Se fossi vicino a te, sulla terra, ti direi. Faremo di tutto per salvarlo, faranno di tutto per salvarlo. Spera. Tuo figlio si salverà. Ne sono sicuro.

DONNA: Questo mi basta. Grazie. Mille grazie. (si incammina verso la scala. Il diavolo annuisce, lei va, come se sapesse)

ASTAROTH: (ansimando, come dopo una grande fatica) Il patto è rotto. Ho parlato. Ho disobbedito ancora. Che io creda o non creda, che sia creatura vera o immaginaria, tra Dio e gli uomini sceglierò sempre gli uomini, come già ho fatto una volta. Non sono io ad aver diviso e spezzato. Io ho visto l'unione tra cielo e terra, io ho visto l'infinita varietà meravigliosa, per questo sono stato cacciato la prima volta, per questo soffro e sono dannato ma non voglio più giudicare. Giudicate voi, dal più alto degli scranni celesti. Io darei tutti i prodigi dell'eternità per una preziosa breve vita sulla terra. Da lì, soltanto da lì si può vedere l'eternità Mentre da qui non si può vedere la vita, nessuna vita, non si sentono le voci, neanche il canto di un grillo. E questo silenzio cieco, indifferente, spietato, voi lo preferite alla speranza? E' ora che io ritorni al posto dove sono nato, ai miei simili, ai diavoli confusi e dubbiosi che abitano la terra. Cercate altri giudici e altri leggi, altri patiboli in terra e tra le nuvole. Li troverete, con facilità. La pietà che vi manca vi aiuterà. Giudicate e continuate a uccidere e potrete giudicare ancora.

Ultima Scena

(Si accende la luce di una porta, davanti alla porta c'è una sedia a dondolo. Dal buio emerge Astaroth senza più le ali, in camicia, si mette un cappello da contadino, posa una zappa. Si siede sulla sedia a dondolo, accende una pipa. Dentro la porta, si vede una donna che lavora. Iniziano a cantare i grilli. Astaroth dondola, guarda verso l'alto, verso le stelle.)