ATTENTI ALL’ECOLOGIA
Monologo
di ALDO NICOLAJ
PERSONAGGI
===========
Commedia formattata da
Povera nonna, era tanto buona e così carina, piccola, grassoccia, con una grande testa di capelli bianchi, sempre allegra, sempre in movimento. La vedevo poco perché lei viveva nell’estrema periferia, ma stare con lei, per me, era una festa. Ci andavo con la mamma, perché la nonna non si muoveva quasi mai, abitava in una casetta, proprio nella fabbrica dove lei aveva lavorato tutta la vita. Era quello era il suo mondo perché ci aveva lavorato da ragazza, aveva conosciuto il nonno che faceva il guardiano, lo aveva sposato ed aveva messo al mondo una figlia… Era sempre rimasta lì, non aveva mai fatto un viaggio, stava bene dov’era. Morto il nonno, i padroni le avevano lasciato l’uso della casa e lei, che avrebbe potuto trasferirsi da noi, aveva preferito vivere lì dove c’erano i ricordi di tutta la sua la vita. Io ho sempre voluto molto bene a mia nonna, ma non andavo a trovarla volentieri perché in quella zona industriale c’era un’aria pesante con miasmi che mi davano fastidio… In cortile mucchi di detriti maleodoranti, il fumo delle ciminiere intossicava, l’atmosfera era irrespirabile per l’inquinamento, io non facevo che tossire. La nonna mi prendeva in giro e rideva dicendo che stavo male perché non era abituata, lei che ci viveva nemmeno s’accorgeva di tutti quei miasmi, ci stava benissimo ed invecchiava in ottima salute. Per lei la puzza che c’era nell’aria era come un profumo di violetta tanto che se non ci fosse stato, ne avrebbe sentito la mancanza. Ma anche alla mamma, che in fabbrica era vissuta fino a quando si era sposata, il posto non piaceva e cercava di starci il meno possibile. La nonna si lamentava perché ci vedeva poco… avrebbe voluto che noi passassimo da lei ogni fine di settimana, mentre noi avremmo voluto venisse lei da noi. Ma non ci veniva volentieri. Dopo un po’ diceva di star male e chiedeva che la riaccompagnassimo a casa. Così, tanto per stare un poco con lei, approfittando di un giorno di vacanza, su consiglio della mamma, ero andata io a trovarla e le avevo proposto di fare insieme una piccola gita. Lei dapprima aveva detto di no, trovando mille scuse, poi si era lasciata convincere. Prendemmo l’autobus fino ad una stazioncina vicina e poi un trenino che saliva su in montagna, dove avremmo fatto e il picnic che la mamma ci aveva preparato. La nonna, dopo aver preso questa decisione, non stava più nella pelle per la gioia. Per lei era tutto nuovo e per ogni cosa che vedeva batteva le mani come una bambina. Seduta al finestrino, guardava ammirata il paesaggio di un verde di cui lei, abituata alla polvere della sua fabbrica, non sapeva nemmeno l’esistenza. Faceva urletti di gioia scoprendo prati pieni di fiori, alberi carichi di fronde e di foglie, montagne coperte di boschi e le luccicavano gli occhi quando il treno ci faceva scoprire nuovi paesaggi sempre bellissimi, che lei aveva visto solo in televisione e credeva fossero scenografie, povera nonna… Era felice e non faceva che ringraziarmi per la bella idea che avevo avuto di portarla in montagna, dove tutto quello che vedeva le riempiva gli occhi e le rallegrava il cuore… Ed io ero soddisfatta vedendo la nonna contenta come non l’avevo mai vista… Scendemmo in una stazione piccola piccola per andare a fare il picnic in un boschetto vicino. La nonna era entusiasta di scoprire tanti fiori colorati e di sentire il cinguettio degli uccelli sugli alberi, di vedere volare farfalle, sorpresa che nell’aria ci fossero tanti profumi. Ci fermammo in uno spiazzo verde, dove io cominciai a preparare per il picnic. Da una roccia scaturiva una sorgente di acqua limpida e freschissima, una meraviglia. La nonna ne bevve subito qualche sorso e poi si distese beata nell’erba alta godendo di quell’aria pura di montagna. Ad un tratto mi accorsi che era diventata pallida e respirava a fatica. Pensai si fosse stancata troppo e le feci bere un po’ d’acqua e le dissi di chiudere gli occhi e riposare. Io ero preoccupata e non sapevo cosa fare. Mi sedetti vicino a lei che continuava a star male… respirava a fatica… come se le mancasse il respiro… Mi guardai in giro per vedere se passava qualcuno a cui chiedere aiuto. Non c’era nessuno ed io non sapevo cosa fare, le condizioni della nonna peggioravano e quasi non ce la faceva più a respirare, povera nonna. Bagnai il fazzoletto alla fontana e le rinfrescai il viso che era tutto sudato. La nonna mi sorrise, mi chinai su di lei abbracciandola e visto che non mi rispondeva e non respirava più, capii che era morta. Un pastore che passava chiamò aiuto, arrivò un’ambulanza per portarla all’ospedale. Telefonammo alla mamma e quando arrivò le raccontai quello che era successo. Nessuno riusciva a capire il motivo di quella morte improvvisa. Ci fu anche una specie di consulto ed alla fine, un medico dopo averci fatto tante domande, ci diede la soluzione: la povera nonna era morta indubbiamente per un attacco di ecologia. Lei che era vissuta tutta la sua vita in un’aria inquinata, tra i detriti ed i veleni della fabbrica, non aveva resistito all’aria pura ed incontaminata della montagna e le era stata fatale l’acqua limpidissima e fresca che aveva bevuto. Avrebbe forse potuto riprendersi, disse, se fosse passato un camion o una motocicletta con il tubo di scappamento aperto, se qualche macchinario avesse sporcato ed inquinato quell’aria per lei troppo pulita, troppo salubre, troppo pura. Invece i suoi polmoni non avevano retto a quell’atmosfera incontaminata e lei era morta, la mia povera nonnetta. Mai avrei potuto pensare si potesse morire per un attacco di ecologia Ma, spiegò l’illustre medico, come si muore per un’aria troppo inquinata, si muore anche per un’aria troppo pulita. Stateci attenti. Vi ho raccontato la storia della mia nonnetta per farvi riflettere su quello che sta diventando il mondo… Noi che viviamo in una grande città e siamo abituati all’inquinamento, pensiamoci bene prima di andare in gita a respirare una boccata d’aria pura… potrebbe capitare anche a noi quello che è capitato a mia nonna, povera nonnetta…
FINE