Augustinus

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Scena I

                        

         Augustinus

                   

                     ( Vita di Aurelio Agostino

                    Santo e Dottore della Chiesa )

                  

                  

                      

                     Dramma storico in XVI scene

                                

                                              di

                                     Lino D’Orta

 

                                   

              

     

                        “ AUGUSTINUS”

                                di Lino D’Orta     (n. SIAE   863665A)

Prologo

Vestita di un lungo, leggerissimo velo bianco, un’eterea figura femminile  - che rappresenta la parte laica dell’anima di Aurelio Agostino e al tempo stesso quella della seconda donna che egli lasciò dopo aver avuto con lei una relazione a Milano -  entra volteggiando come se volasse. Si muoverà sul palcoscenico, in questo modo, anche nelle sue apparizioni introducenti le scene successive.

 

Anima :   Anche un’anima può invecchiare? Non so. Ma so che niente è più triste

                 per una donna  che accorgersi d’essere giunta al limite di quell’ombra che

                 al tramonto della vita caccia i raggi del sole; e nulla è più amaro del

                 rimpiangere i momenti di gioia, ricevuta e data, non goduti in

                 gioventù.

                 A Milano  Aurelio Agostino toccò il culmine della sua  crisi di

                 conversione al celibato e poi al cristianesimo, e lì rinunciò ancora ad una  

                 donna. Chi fu la donna, la sua   seconda donna, che abbandonò? Di lei,

                 come della prima, non si conosce il nome. Ma anche di lei non è difficile

                 intuire le pene dell’addio,  ancora più duro ad accettarsi se avviene quando

                 gli anni presagiscono il disfarsi  della floridezza, come quella della frutta

                 non colta.

                 Agostino la lasciò, dunque, per imboccare una strada dove albe rosate e

                 giorni lieti non hanno dimora: i loro sogni erano diversi.

                 Alla fine egli approdò, nella sua Numidia,  vecchio e malato, ma felice

                 di aver cercato e – forse – trovato quello che per altri non c’è stato e

                 non c’è : Dio.             

                 Ed ora, Agostino, sei ad Ippona, vescovo di quella città africana. Corre

                 l’anno 430 e i Vandali di Genserico assediano la città. Ciononostante, sei

                 al tavolo di lavoro e continui a scrivere. Cosa ti assorbe tanto, Agostino?

Scena I

Lo studio del monaco Agostino, vescovo d’Ippona; dalla finestra arrivano a tratti i clamori e barbagli di fiamme dell’assedio. Agostino ad un clamore più forte si alza dalla sedia, preoccupato,  per andare alla finestra.

Nel frattempo entra il confratello Possidio  porgendogli una bevanda.

Possidio   La medicina, reverendissimo Padre Agostino.

Agostino ( tornando lentamente al tavolo):Grazie, Possidio…Eh (tossisce), forse sto

                 per morire…Intanto Ippona è assediata dai barbari di Genserico calati dalla

                 Spagna: i Vandali, come li  chiamano.

Possidio   Ma…qual è  la ragione dell’odio che li spinge ad assalirci?

Agostino  Hanno sconfitto i mercenari Goti  del generale Bonifacio, con cui la

                       Corte imperiale di Ravenna ha tentato di fermarli. Nell’inseguirli hanno

                 valicato le colonne d’Ercole e si sono  gettati su questa fiorente terra come

                 su di una preda. Capirai, ora, il perché della loro furia…

Possidio   Cosa ne sarà di noi? 

Agostino  Temo che anche Ippona, come tutta la Numidia, compresa la città di

                 Tagaste dove nacqui, sia destinata a perire…

Possidio   Che tragico destino ci attende…Eppure qualcosa dovrà essere tentata per

                  scongiurarlo…

Agostino   Se Roma è a suo tempo caduta per mano dei Goti di Alarico, i quali nulla

                  hanno poi potuto contro i Vandali,  anche questa città è votata alla morte.

                  E noi con essa.(brevissima pausa per sorbire un sorso della bevanda)

Possidio   Certo, se penso alla loro furia, che può anche contaminare le donne nella

                 carne…

Agostino  Non è di questo che dobbiamo aver paura. Dobbiamo temere la perdita

                  della fede, la corruzione del nostro interno. Le donne, se manterranno

                  la fede nel Signore, potranno salvarsi.

Possidio    Vuoi dire chela violenza non porta offesa al pudore, finché l’anima

                   rimane casta ?

Agostino   Certo. Proprio questo ho  voluto scrivere ad Onorio.

Possidio    AdOnorio?

Agostino   Sì, per ribadire a lui, mio coadiutore africano, ed agli altri presuli, che

                  temo soprattutto la nostra diserzione morale: essa ci allontana da Gesù

                  Cristo più di quanto le fiamme  distruggano le nostre case terrene e la

                  crudeltà dei barbari strazi i nostri corpi!

Possidio    Ma quando tu sali sulle mura fra i difensori, o quando fai risuonare

                  l’eco della tua voce fra le volte della basilica, come fai a dare tanta forza

                  d’animo a chi ti ascolta?

Agostino   Forse perché a chi combatte ed a chi prega ricordo questo: non sei stato

                  creato per restare legato alla terra, ma per guadagnarti il cielo; chiamato,

                  cioè, non a godimenti temporali, effimeri, ma ad una felicità eterna.           Possidio   Perdonami, ma non riesco a comprendere in che modo potrò, anch’io,

                 accettare  la morte con serenità, pregustando la gioia della futura felicità…

Agostino  Ti faccio un esempio. Se tu fossi sposato, certo non vorresti che tuo figlio

                 e tua moglie morissero prima di te; ed anch’essi non vorrebbero che tu

                  morissi prima di loro. Dio può accontentarvi tutti insieme? Lasciate allora

                  che disponga come vuole:  Egli sa come mettere ordine in ciò che ha

                  creato. Contentiamoci di obbedire alla Sua volontà, che è grande (pausa).

                 Ma ora ho bisognodi restare un po’ solo: debbo completare la stesura di

                  dell’ultimo trattato al quale – per gli impegni pastorali che ben

                  sai – posso dedicarmi soltanto sottraendo ore al sonno. E prima che sia

                  troppo tardi, prima che i Vandali distruggano questa sede e mettano in

                  fuga  il mio gregge d’Africa, il cui  esodo viene reso più catastrofico dal

                  panico dei vescovi stessi…

Possidio accenna ad una genuflessione ed esce. 

Agostino    Che pena vedere Ippona assediata dalle orde barbare e  devastata dalla

                   peste! Signore, Ti prego, dammi forza, fa’ ch’io non tralasci di

                   trasmettere ai fedeli l’illuminazione che Tu stesso mi hai dato:

                  dal mondo che muore sorge la vita che vuol nascere, dalla morte

                  corporale viene la rinascita, con gli angeli ed i santi, nella Città Tua!

(comincia a rileggere mentalmente una pagina e impugna la penna per iniziare a scrivere: poi si ferma e…)

                  Nei miei scritti ho già ammesso d’essere caduto in tanti errori…

                  Non basta, mio Dio? Questa logorante condizione  - dovere e saper

                  convincere il mio gregge, che soffre pene sempre maggiori, ad accettarle

                  nella fiducia della Tua ricompensa eterna – è forse un segno di punizione

                  terrena, per me? Non ho rivissuto con dolore, condannandoli, gli sbagli

                  della mia vita?

                 Cercare Te, o Dio, significa cercare l’anima, attraverso il pensare, il

                 ripiegare su me stesso, il confessarmi, per indagare e chiarire tutti

                 i problemi che assillano l’uomo. L’ho fatto!  E devo  tuttora patire questa

                 incertezza che mi rimorde la coscienza ed offusca la memoria di salvezza

                       delle mie “Confessioni”?  Ed allora, dove ancora ho sbagliato? (pausa,            come per ricordare)     Certo, da giovane ho compiuto tanti errori. Mi raccontava mia

                 madre  Monica che ero molto intelligente, ma ribelle, inquieto. Il clima di

                 questa   terra africana  mi rendeva non incline alla concentrazione faticosa, 

                 ma    sfrenato, esuberante…Ne ho commesse di  arroganti bravate!  Ho

                 ancora ben presente il vergognoso episodio del furto delle pere e il dolore

                 che  con esso arrecai a mia madre…

                                                               (buio)

Scena II

Cartagine (Numidia). Sbocco in città di una strada periferica.

Entrano in scena, rincorrendosi e ridendo, tre adolescenti, fra cui Agostino giovane; hanno delle pere nelle mani e accennano a  lanciarsele.

Lelio        Che risate! Hai visto la faccia del proprietario del frutteto quando ha 

                 scoperto di essere stato giocato?

Agostino  Sì, era talmente verde in volto che ho creduto stesse per avere un travaso

                 di bile! Ma il più bravo a beffarlo è stato Onorio (al quale Agostino lancia

                 una pera che Onorio prende al volo e, ridendo,  finge di addentare. Poi…)

Onorio     Il merito l’ha chi ci ha generato così agili e pronti a sfruttare ogni

                  occasione propizia! Certo, era da molto tempo che non ci divertivamo

                  tanto. E lasciare tutte quelle pere mature sull’albero era proprio un

                  peccato, no?

Agostino   Fammi il favore di non pronunciare la parola “peccato”: mi fa ricordare

                  le prediche di mia madre!

Lelio         Certo, Agostino, hai un coraggio che reputo ammirevole, se penso alle

                   regole della tua educazione in famiglia…

Agostino   Ognuno ha i genitori che gli capita di avere…Piuttosto, hai notato come

                   sono riuscito a sviare il padrone del frutteto?

Lelio          Io no, stavo tentando di fuggire: forse Onorio.

Onorio       Nemmeno io: ero ancora intento a scendere dal pero.

Agostino    Allora ve lo dico. Resomi conto del pericolo..

Lelio          E che pericolo: correva verso di noi armato di un  grosso bastone!

Agostino:   Appunto,  ho deciso di corrergli incontro a mia volta. Intanto

                   con una mano mi coprivo una guancia e gli gridavo “Padrone, l’ho

                   appena visto e inseguito quel ladro di pere, ma mi ha colpito sul volto!

                   Ora sta scappando per quel viottolo. Se torni indietro dall’altro lato del

                   campo te lo troverai di fronte ; ma bada a te, sii prudente!”.

                   E’ rimasto un attimo sconcertato,  ma la mia recita dev’essere  stata

                   perfetta, perché subito ha detto : “Non preoccuparti, sono capace di

                   badare a me stesso. Ora sentirà il mio bastone!”, ed è tornato indietro

                   di corsa. Così voi due avete avuto il tempo di scendere dall’albero e di

                   filarvela…Ah, ah…

 Lelio        Grande Agostino! Senza il tuo stratagemma la mia schiena avrebbe patito

                  chissà che bastonatura!                                                                                                                              

Onorio      E poi il colpo di genio finale è stato quello di farci nascondere dietro il

                  muretto divisorio che separa il frutteto dalla stradina  e di lì sbirciare

                  l’andirivieni disperato e furioso del padrone dopo che ha scoperto di

                  essere  stato giocato!

Agostino   Certo vi ho fatto rischiare un po’, ma ne è valsa la pena!

Lelio         Sei un maestro in queste trovate…Volete ancora un frutto?

Onorio      Io no. Piuttosto, Agostino, ora che abbiamo soddisfatto in qualche modo

                  l’appetito e ci siamo anche divertiti, ci racconti come è andata a

                  finire, invece, con quella giovane che avevi incontrato a teatro?

Agostino   Quale giovane?

Onorio      Dai, non fare lo gnorri! Io me n’ero accorto di certi sguardi fra te e lei…

Lelio         Anch’io, se è per questo.

Agostino   Vi dico che non so di cosa parliate…Comunque… non è successo

                   niente (…ancora).

Onorio      Vedi, allora, che non ci sbagliavamo? E nemmeno credo d’ingannarmi se

                  insisto nel dire che qualcosa, invece, dev’essere successo: gli sguardi

                  erano troppo eloquenti… Via, dicci almeno come si chiama!   

Agostino (un po’ nervosoMa se non lo so nemmeno io!…Certo, mi piaceva  (e

                   forse anche io a lei); tuttavia non ci siamo detti alcunché.

Lelio           Solo sguardi?

Agostino    Solo sguardi.

Onorio (con sicurezza) Non direi proprio!

Agostino   (incredulo ma incuriosito) Perché?

Onorio     Perché il caso vuole che proprio adesso si stia dirigendo verso di noi

                 una giovane che mi sembra rassomigliare tanto a quella tizia! Non sarà

                 giunta, nel frattempo, l’ora di un vostro appuntamento?

Agostino   Eh, ma che dici?… Ne sei certo? Dove la vedi?

Lelio         Eccola lì!…Anche a me sembra la giovane del teatro!

Onorio (ridacchiandoCi terrei molto ad assistere all’incontro, manon vorrei

                  diventare tuo complice anche in quest’altra avventura e inimicarmi del

                  tutto tua madre. Lelio, che ne pensi: ce ne andiamo?

 Lelio        Ma sì, lasciamolo solo con la sua conquista!

(Onorio e Lelio escono ridendo)

Scena III

Ibidem.

Agostino  scruta verso il fondo della stradina, poi sorride.

Entra una giovane donna.

Agostino      Benvenuta.

Giovane d.   Salute a te. Come ti chiami?

Agostino      Agostino. E tu?

Giovane d.   E’ prudente che io non dica ancora il mio nome.

Agostino      Perché?

Giovane d.  Lo capirai. Questa città è troppo piccola: anche i muri hanno orecchi.

Agostino      E ciò potrebbe costituire un problema?Per me, comunque,non sarà

                     d’ostacolo non sapere al momento come ti chiami.

(accenna ad un sedile in pietra) Vuoi sederti accanto a me?

Giovane d.  Volentieri.  Dunque, piace anche a te il teatro?

Agostino      Sì, e (audace) mi piacciono coloro a cui piace.

Giovane d.  Non  perdi tempo nel manifestare le tue intenzioni…

Agostino     Perché dovrei? Al di là del comune interesse per il teatro, mi piaci molto

                     tu, come persona.

Giovane d.  Vuoi dirmi perché?

Agostino     Sei molto bella: occhi splendidi, sguardo intenso, labbra sensuali e

                    invitanti…Se tu volessi…

Giovane d.  Piano con gli inviti! Non hai un po’ troppa fretta?

Agostino     Quando avverto quello che sento ora per te non ne faccio mai mistero!

Giovane d.  Sei certo di quello che dici?

Agostino     Certissimo, più ti guardo e più ti desidero…

Giovane d.  Se non sai nemmeno come mi chiamo e come vivo!

Agostino     Che vuol dire? Mi basta che tu sia qui, con me. E darti un nome di

                    fantasia rende tutto più misterioso, più intrigante…

Giovane d.  Sei giovane. I tuoi parenti potrebbero…

Agostino     Intanto non lo sanno… (le prende la mano) E anche se lo sapessero,

                    potrebbero mai impedirmi di amarti?

Giovane d.  Amarmi?Ma, ripeto,  non conosci nulla di me!

Agostino     Che importanza ha? Ti voglio e basta (le cinge una spalla con un

                    braccio e con l’altro l’attira a sé).

                                               (buio)

Scena IV

 

Anima: E quella seconda donna avrebbe compreso che cosa significasse il rimpianto di dolcezze ormai dimenticate; dolcezze il cui ricordo può mitigare l’asprezza d’un addio; quelle dolcezze che Agostino aveva condiviso con lei, insegnandole a ricordare quegli attimi per meglio affrontare il momento del loro dissolversi.

Le aveva detto che  le letture dei neoplatonici gli avevano fatto capire che l’amore vero è quello maturo, verso una persona che, più che essere bella, ha l’anima bella. E sottolineò che per Platone l’amore è l’eros mediatore, il desiderio di ciò che non si ha, di qualcosa che può completarci.

Il suo primo amore giovanile – le precisò – era del primo tipo di quelli teorizzati da Pausania, retore sofista, che divideva l’amore materiale da quello spirituale. Era, cioè, un amore terrestre, di soli sensi. “Il nostro, invece  – le assicurava – è fatto di cuore e d’anima”.

Ma fu proprio così? Non lo diceva, forse,  solo per chetare le inquietudini del suo intuito femminile?

Ricordi allora, Agostino, il colloquio drammatico che avvenne fra te e tua madre e quanto  le dichiarasti sulla tua prima passione?

Tagaste. Casa di Monica ed Agostino.

Quadro I

Monica (con voce rottaNo, figlio mio, no. Non  puoi farmi questo! E non dovevi

                      dirmi ciò che mi hai appena detto! Non ho fatto pressioni su di te

                      nemmeno quando eri bambino: arrivai a non farti battezzare perché

                      volevo proprio quello che tu ora hai negato: che il battesimo fosse da te

                      prima  capito e tu potessi giungervi solo dopo un’adeguata conoscenza.

                      Fosti perciò iscritto soltanto fra i catecumeni; ed io pensai ad educarti, a

                      prepararti solo coi principi della fede nel Signore Iddio.

 Agostino      Non volevo dir questo, madre. Le dottrine filosofiche che devo

                      conoscere  e le letture di cui pure devo nutrirmi – da ultimi Epicuro e

                      soprattutto l’ “Ortensio” di Cicerone  –  mi lasciano nell’incertezza

                      e mi inducono a cercare ancora la Verità anche fuori dei principi

                      educativi ricevuti.. Questo è tutto.

 Monica       Questo è tutto? No, questo non è tutto. Tuo padre Patrizio era pagano -

                     non dimenticarlo - e tu sai quanto ho dovuto lottare per avviare voi figli

                    al cristianesimo: ho pregato Iddio perché Egli vi facesse da padre…

Agostino      Ma la mia educazione terrena l’avevate affidata ai maestri di scuola…

                     Ricordo ancora quei giorni di noia e di terrore: metodi d’insegnamento

                     ripetitivi e insegnanti senza fantasia. Ma se non studiavo abbastanza, il

                     maestro  mi picchiava. E voi genitori ridevate dei lividi delle mie

                     bastonature. Ebbene,  questo mi feriva ancor più…

 Monica       Se ricordi, la Bibbia dice “Chi risparmia la verga, odia suo figlio”!

                     D’altronde noi, sapendoti intelligente e volitivo, compimmo anche

                     sacrifici per inviarti alla scuola secondaria di Madaura. E invece fu

                     proprio lì che cominciasti ad allontanarti dall’educazione ricevuta e a

                     cedere alle tentazioni della carne; al punto che dovetti intervenire

                     più volte per avvertirti che stavi prendendo una strada sbagliata…

Agostino     Questo è vero: non riuscivo a frenare gli impulsi della mia natura, ma,

                    a vostra volta,  perché non comprendeste che un matrimonio – anche

                     se in giovane età, come usa nella nostra terra - avrebbe potuto fare da

                    “remedium concupiscentiae”? Avrebbe insomma potuto indirizzare al

                     giusto fine i miei naturali impulsi di uomo? Invece avete pensato

                     soprattutto all’istruzione, mandandomi poi a Cartagine per studiare

                     retorica. Ed allora, madre, non è solo colpa mia se in quella città ho

                     conosciuto la donna che conquistò – tu dici “irretì” – il mio cuore.

Monica        Lo ribadisco: irretì; tant’è vero che state per avere un  figlio!

Agostino     Certo. Ora, sia pure fuori del matrimonio, ne nascerà un bimbo. La vera

                     causa di tutto, probabilmente, nacque dalle tue preoccupazioni da…

                     donnetta.

Monica       Ecco, ora disprezza pure tua madre per questo…(con voce tremante) Ma

                    quanto, quanto dovrò piangere? Come se non bastasse il gran dolore che

                    mi hai arrecato accompagnandoti a quella brigata di eretici manichei!

       (piange) Forse avrei potuto anche accogliervi in casa tutti e tre, se tu non fossi

                    caduto in un’eresia così grave. (con risolutezza) Ma ora vattene e  - te lo

                   dico, bada, con grande strazio –   non venire a cercarmi con tuo figlio e la

                    tua concubina,  se non sarai prima tornato nel solco della Cristianità!

Agostino esce a capo chino, allargando le braccia come rassegnato.

Monica si lascia andare su di un divanetto e piange sommessamente, a lungo, finché si  assopisce. Nel sonno, agitato, ha dei singulti. All’improvviso sente una voce:

Voce        Perché piangi? Non vedi che dove sei tu, là è anche lui?

Monica si risveglia, restando un po’ interdetta. Poi ricorda a se stessa:

Monica   Che sogno ho fatto! Ero così avvilita e piangevo per l’allontanamento dalla

                Fede  di mio figlio, quando mi è apparso un giovane pieno di luce e mi ha

                detto… come mi ha detto? Ah : “Non vedi che dove sei tu, là è anche lui?”

                Ma che cosa volevano dire, mio Dio, quelle parole…? Forse…Ma sì!…Che

                nella Tua bontà hai voluto annunciarmi che Agostino sarebbe tornato alla

                mia  stessa fede, a Te… Soltanto questo…

               (prende una penna e scrive qualcosa su di foglio; poi  rilegge ad alta voce)

                “Figlio diletto, Iddio mi ha mandato in sogno un messaggio: presto la mia

angoscia attuale si dissolverà ed avrò la gioia di saperti tornato alla fede cristiana. Certa che ciò si avvererà, non voglio che tu ed i tuoi cari restiate lontani da questa casa dove, se tornerai, ritroverai tutto l’amore di madre che sempre ti ho dato e ti darò. Non farmi attendere. Ti abbraccio”.

               (chiamando) Annah!

Annah    (entrando) Padrona, dimmi.

Monica   Annah, devi andare a casa di Romaniano, il benefattore di mio figlio:

               in questo momento Agostino dovrebbe  essere suo ospite. Consegnagli

               questo biglietto.

Annah    Sarà fatto, (nell’uscire).Ma se non ci fosse?

Monica   Lo lascerai a Romaniano perché glielo consegni.

Annah    Va bene.(esce)

                                     (buio)             

Quadro  II

Monica   (a se stessa, torcendosi le mani)Dunque non è stato come io speravo:

                Agostino ha interpretato la frase del sogno – “non vedi che dove sei tu è

                anche lui?” - addirittura nel senso opposto al mio, e cioè che sarò io a     

                diventare manichea!

                Signore Iddio, com’è possibile? Mio figlio non può tentare  di trarmi in

                inganno con la sua mente acuta e sottile ma infatuata da quelle false

                dottrine! Sono disperata: non posso farcela, da sola. Occorre che

                intervenga qualcuno di maggiore o pari cultura e intelletto…(riflette un

                po’; e quasi in lacrime:) Annah!

Annah    (entrando)  Comanda, padrona! Ma…che cos’hai?

Monica   Nulla…Recati subito dal vescovo Antigono. Riferisci che, nonostante i

                colloqui che già mi ha concesso, debbo ancora parlargli. Digli che il motivo

                è  sempre  lo stesso: lui capirà.

Annah    Vado subito. ( esce).

Monica s’inginocchia dinanzi a un crocifisso e inizia a pregare in silenzio, ma scossa da qualche singulto.

Subito dopo bussano all’uscio. Va ad aprire.

Annah     Padrona , c’è il vescovo Antigono.

Antigono (entrando):  Figliola, ho incontrato Annah che mi ha detto della tua

                  richiesta: giacché transitavo  qui vicino, ho ritenuto giusto venire io stesso.

                  Mi dici, dunque, che cos’altro ti angustia?

Monica    (trattenenendo a stento le lacrime) Eccellentissimo, so bene che ti ho

                 spesso sollecitato affinché ti incontrassi con mio figlio Agostino per

                 convincerlo a lasciare la strada piena di errori da lui imboccata col seguire

                 dottrine religiose eretiche…Ma debbo ancora insistere!   

Antigono  Monica, so quanto tu tieni a che tuo figlio ritorni all’ovile, ma ti ho anche

                 detto che è pericoloso tentare di persuaderlo con un contraddittorio                   

                 a rinunciare alle sue idee. Egli è già famoso per le sue qualità dialettiche,

                 possiede un eloquio scorrevole, brillante; ed è ben convinto delle

                 sue tesi. Ti ripeto che non mi sembra né facile, né opportuno – anche per

                 un vescovo come me – tentare la strada del convincimento razionale

Monica     Ma perché?

Antigono  Perché alla fine il passo potrebbe anche  rivelarsi controproducente.

                  Occorre aver pazienza, attendere, pregare.

Monica (tremante) Perdonami, se sono ostinata.Il dolore che mi attanaglia è troppo

                 forte per rassegnarmi ad aspettare. Te lo chiedo per nostro Signore: cerca

                 ancora di fare qualcosa per farlo rinsavire…

Antigono  Ascolta, certamente può esserti di conforto sapere che anch’io, da giovane,

                 fui affidato dai miei genitori ai manichei. Ma fu proprio leggendo e       

                 rileggendo i loro testi che capii, pian piano, gli errori di quella dottrina e la

                 lasciai; così accadrà, vedrai, anche con tuo figlio.

 Monica (quasi in lacrimeNon so se potrò farcela, da sola…Ti supplico: intervieni

                  tu, chiamalo…(scoppia in lacrime)

Antigono    Monica, ora me ne devo andare. Ma, orsù, datti pace! (come facendo una

                   profezia) Non è proprio possibile che si perda un figlio di tante lacrime!

Monica (colpita, ha un sorriso di gratitudine) Antigono, sono parole, le tue, che

                addolciscono la mia amarezza perché vengono dal Cielo: te ne ringrazio.

Monica bacia le mani di Antigono, che la benedice ed esce.

Scena V

Lo studio del monaco Agostino, vescovo d’Ippona

Agostino   Tardi ti ho amato, o Dio, bellezza tanto antica e tanto nuova. Sì, tardi, perché Tu eri con me ed io non ti vedevo.

                  Certo, mi sviai quasi nove anni dietro le dottrine dei manichei,

                  nonostante la trepida sollecitudine con cui mia madre  cercava di farmi 

                   intuire quell’errore.

                   Poi Tu, Signore, facesti in modo che mi sorgesse il desiderio di andarmene ad insegnare a Roma. La ragione ufficiale era per trovarvi un ambiente

                   scolastico meno precario, più ordinato; ma il farmi fuggire da Cartagine

                   il lasciarmi allettare da Roma era in realtà un tuo disegno, o Dio. Per

                   correggere i miei passi sbagliati ti servivi di frenesie e di lusinghe di altri

                   uomini e della mia stessa, ostinata,  ricerca di una falsa felicità.

                   E le vere ragioni del farmi lasciare l’Africa non me le palesasti; e   nemmeno a mia madre: quando le annunciai di voler imbarcarmi per Roma, 

                   ne pianse dolorosamente e mi seguì fino al mare.  Con dolce violenza mi

                   invitava a ripensarci; se proprio dovevo partire, sarebbe venuta con me.

                   Non sopportai oltre la sua ingerenza e allora la ingannai  dicendole

                   una bugia. Cioè che ero andato al porto soltanto per non lasciare solo un

                   amico la cui nave avrebbe fatto vela al primo vento dell’alba. Ma la Tua

                   misericordia mi ha perdonato anche queste altre lacrime di mia madre!

                   Che accadde? Poiché ella si rifiutava di tornare a casa senza di me, in

                   qualche modo riuscii a persuaderla che per quella notte, mentre io facevo

                   compagnia all’amico in partenza,  si rifugiasse in una chiesuola, dedicata

                   a San Cipriano, vicina al porticciolo.

                   Forse, mentre lei restava assorta a pregare, le mandasti altri pensieri; forse 

                   si addormentò…      

                 Spirò dunque il vento e gonfiò le vele: la spiaggia fuggì dal nostro

                sguardo. La mattina lei fu per impazzire dal dolore, ma non curasti i suoi

                gemiti: volevi ch’io fossi trascinato nelle mie passioni per poi strapparmene

                del tutto, e forse volevi castigare nel suo dolore troppo umano il retaggio

                materiale di Eva, cioè di madre troppo legata a colui che aveva partorito.

                Eppure, dopo avermi accusato del crudele tradimento, ella di nuovo mi

                raccomandò a Te. Tornò alle sue consuete incombenze; ed io intanto

                veleggiavo verso Roma.        

 

Scena VI

Anima :  Fu amara la rivelazione del frutto di un amore terreno sì, ma intenso, e non volgare. E avrebbe scatenato un turbinio di pensieri in quella donna che, qualche tempo dopo, a Milano, si sarebbe unita a lui.

La città di cui era vescovo Ambrogio sarebbe divenuta per Agostino teatro di un crogiuolo di sentimenti e di idee nel quale si sarebbero fusi i suoi amori terreni, le sue conquiste filosofiche, le sue riscoperte della Verità cristiana; del Dio di quell’amore che, tuttavia, presto egli dovrà negare anche alla sua seconda donna, fatta sì di carne, ma anche di quell’impalpabile essenza che è l’anima.

 

 Anno 383.  Milano. Attesa ed ingresso dello studio di Ambrogio vescovo. C’è andirivieni di persone.

Agostino sta entrando e vi incontra l’amico Elpidio che già attende d’essere ricevuto da Ambrogio.

Elpidio     Agostino, che sorpresa! Ti avevo lasciato a Cartagine come promettente

                  maestro di retorica e invece ti ritrovo a Milano! Che ci fai qui? Come

                  stai?

Agostino  Sto bene, grazie. E tu, Elpidio? E’ passato del tempo, e forse non sai che

                 a Cartagine non trassi, alla fine, grandi profitti dalla mia professione.

Elpidio    Com’è possibile? Con la tua scuola t’eri già procurata una buona fama…

Agostino   A che serve una scuola di retorica se poi quegli allievi non vogliono

                  studiare, sono chiassosi e indisciplinati, intenti solo a compiere scherzi

                  pericolosi e, credimi, assai peggiori delle malefatte combinate da me

                  stesso alla loro età? Non ne potevo più di loro…

Elpidio      Questo mi lascia gravemente sorpreso!

Agostino   Già…Così, avendo saputo che a Roma gli studi erano più seri, e gli

                   studenti più attenti, decisi di trarre il dado: e mi recai lì.

Elpidio    A Roma?E la dottrina di Mani che avevi abbracciato? Continui a seguirla?

Agostino    In verità vi ho scoperto altri errori, oltre a quelli – ricordi? – di cui

                   discutevamo  noi due quando avevamo rilevato che la setta di Mani

                   utilizzava copie contraffatte delle Sacre Scritture. 

Elpidio       Altri errori ancora? E quali?

Agostino    Ora non posso parlartene a lungo, né questo mi sembra il posto giusto.

                   Ti dico solo che nella sua dottrina sugli astri Mani si è basato su dati che

                   sono risultati sbagliati. E tali dati – essendo matematicamente misurabili -

                   non potevano e non dovevano essere errati. Lui, che  presume di sapere

                   tutto, allora può aver fallito in tante altre cose!  Ne ho parlato anche con il

                   loro famoso vescovo Fausto, ma egli non ha saputo darmi convincenti

                   risposte. Ne ho dedotto che i manichei cercano di confutare i sistemi degli

                   altri, ma non danno dimostrazione della giustezza dei propri principi.

Elpidio      E, se posso chiedertelo, a Roma com’è andata?

Agostino   Alloggiavo presso un manicheo, se è questo che vuoi sapere. Ma mi hanno

                   colpito i dibattiti che si tenevano presso il circolo biblico di Girolamo e, soprattutto, le letture degli accademici Arcesilao e Carneade, che sul piano filosofico mi hanno indotto a non esser certo di nulla , a dubitare della verità d’ogni principio. Peraltro il vivere ancora fra i manichei – sempre accoglienti con i loro – mi ha offerto una buona occasione per migliorare la mia condizione d’insegnante.

Elpidio        Perché, anche a Roma gli allievi…?

Agostino   No. Non dal lato dell’interesse allo studio e della disciplina, ma sotto l’aspetto economico. Al momento di dovermi pagare le lezioni loro impartite,  mi lasciavano per passare ad un altro insegnante…

Elpidio       Toh! E come sei riuscito a risolvere il problema?

Agostino   In questo modo: un amico manicheo conosceva molto bene il prefetto di Roma, Simmaco; questi, che è pagano, era appena tornato da Milano con l’incarico datogli dall’imperatore Valentiniano di inviare in quella città un maestro di retorica. Il mio amico si è ricordato di me ed in tale veste mi ha presentato al Prefetto.

Elpidio      Devi ammettere che il tuo è stato il classico caso di chi ha trovato un amico e con esso un tesoro!

Agostino     Certo: gli devo molto. Così Simmaco, dopo avermi conosciuto, ha voluto saggiare le mie qualità di retore e ne è rimasto ben impressionato. Penso anche che lui, pagano convinto, preferisse ovviamente che a Milano – sede imperiale, ma fitta di fermenti cristiani – nel ruolo di docente si mandasse un manicheo notoriamente anticristiano come me.

Elpidio       Quindi sei venuto a Milano, e…

Agostino     … e pieno di gioia perché una così prestigiosa scelta era caduta su di me. Ma poi le cose si sono ulteriormente evolute, e non nel senso che auspicava Simmaco!

Elpidio      Intendi dire che… non sei più anticristiano?

Agostino   Sì, proprio questo, amico mio…Ma vedo arrivare mia madre, che mi ha raggiunto a Milano per parlare col vescovo Ambrogio…

Elpidio     Bene.  Non mi resta che salutarti e formularti auguri di cuore d’ogni successo.

(Si abbracciano. Elpidio si avvia  verso lo studio di Ambrogio. Entra Monica)

Agostino    E così, madre, hai voluto farmi questa sorpresa, raggiungendomi a

                   Milano…

Monica      Figliolo mio, sai bene quanto tenga a te, alla tua salute fisica ed a quella

                   spirituale!

Agostino    Anch’io tengo tantissimo a te, ma (con un accenno d’ironia)  non ti

                   sembra, madre mia, ch’io sia abbastanza adulto da potermi difendere

                   direttamente dagli eventuali pericoli per la mia integrità spirituale?      

Monica     Non farmene una colpa. Non è come credi. So che stai attraversando

                  momenti di travaglio interiore sempre più intensi e desidero esserti

                  accanto con la preghiera, senza volerti imporre nulla. Se ora hai deciso di

                  seguire il mio consiglio di chiedere un incontro con Ambrogio, forse

                  è solo in grazia di un’ispirazione divina.

Agostino (conciliante)  Va bene. E’ anche per questo che ho deciso di cedere alle tue

                 pressanti insistenze ed ho iniziato a frequentare la basilica dove Ambrogio

                  tiene le sue omelie. Devo dire che mi incuriosiscono più le sue qualità

                 oratorie: sul piano formale, peraltro, mi sembrano meno eleganti e

                 avvincenti di quelle del vescovo manicheo Fausto, ma nei  contenuti…

 Monica   (trepidante)Sì?…

Agostino  …nella predicazione di Ambrogio avverto più bontà, verità, sapienza.

                 E’ per questo che vorrei finalmente avere l’occasione di parlargli: ma noto

                  che è preso dai suoi incarichi. C’è sempre tanta gente intorno a lui…

Monica     Devi avere pazienza…Vedrai che appena avrà un attimo di tregua si

                  accorgerà della tua presenza.                                                 

                                                   (buio)

Scena  VII

Cassiciaco (Milano). Abitazione di Agostino: interno e un tratto di giardino con albero

 di fichi. Entra la giovane donna che  Agostino conobbe a Cartagine e con cui  convive.

G. donna   (un po’ affannata)  Eccomi qua. C’è  voluto un po’ per finire di

                   riordinare, ma ora sono tutta per voi. Ho portato un po’ di fichi…

Agostino    Grazie. (con lieve impaccio)   Accomodati …

G. donna   Non fa nulla, non preoccuparti…Allora per quale motivo mi avete

                   chiamata?

Agostino    C’è un problema, non semplice…Riguarda noi due. (risoluto) Ma forse è

                   bene che ne parliate fra voi donne. Riuscite ad intendervi meglio.

G. donna    Sei anche tu di quest’avviso, Monica?

Monica       Sì, è preferibile. Ed è ancora meglio se, per ora, parliamo da sole, senza

                    Agostino. 

(Agostino discretamente si allontana ed esce in giardino)

G. donna   Va bene.Dunque?

Monica      Ecco.Mia cara, avrai ormai compreso che a Milano Agostino comincia a

                   raccogliere i frutti del suo sapere e della sua profonda intelligenza. Egli,

                   peraltro, va anche intraprendendo un sia pur timido cammino verso la

                   fede cristiana. Un percorso lento, faticoso, che non può, non deve trovare

                   altri ostacoli in  aggiunta a quelli che gli creano le sue stesse incertezze.

G. donna    Me ne rendo conto. Ebbene?

Monica       In questa situazione di fragilità  interiore, ogni difficoltà dovuta alle

                    vicende e alle condizioni della vita quotidiana rischia di diventare

                    esiziale. Comprendi?

G. donna    A dire il vero, non molto.

Monica       Voglio dirti che la condizione ideale – oltre all’importante incarico

                    finalmente ottenuto qui a Milano – sarebbe il rendere stabile, legittima

                    anche la sua unione coniugale con te.

G. donna    Certo. Ne sarei ben lieta! E’ da tanto che attendo questo momento…

Monica       Ma, vedi, è proprio questo il problema: purtroppo non sembra che

                    ciò possa avvenire.

G. donna    Che vuoi dire, Monica?

Monica       Me  ne dispiace, ma non ho buone notizie al riguardo. Ne avevamo fatto

                    richiesta ai rappresentanti dell’autorità imperiale, cercando anche

                    l’appoggio di qualche amico, ma ci è stato recisamente ribadito che fra te

                    ed Agostino non potranno essere celebrate le “iustae nuptiae”. Insomma,

                    non potete unirvi in matrimonio.

G. donna   (quasiimplorante)  Ma perché?

 Monica      Lo dispone la legge. E forse voi due, nel decidere a suo tempo di unirvi e

                    di convivere, non avete ben ponderato questo aspetto.

G. donna    Ma Agostino… che cosa ne pensa ?

Monica      Agostino? Guardalo proprio adesso. Ti sembra la stessa persona che hai

                   conosciuto? Fino ad oggi se n’è stato ad attendere timidamente un cenno

                   d’invito dell’occupatissimo Ambrogio, e ora sta lì fuori aspettando l’esito

                   del nostro colloquio. Questo non ti fa comprendere in quale intimo

                    travaglio egli si trovi?

G. donna    Qualcosa avrà pur osservato al riguardo…

Monica       Di fronte ad una drastica disposizione di legge, che osservazione avrebbe

                    potuto far valere?

G. donna    Ma, insomma, quale ragione vieterebbe di sposarci?

Monica      (incerta) Forse… è bene che te la riveli lui stesso.

(fa cenno ad Agostino di avvicinarsi)

Agostino    Desideri, madre?

Monica      Spiegale tu nei giusti termini legali perché la vostra unione non può

                   essere legittimata secondo la legge romana. Io intanto uscirò per alcune

                   commissioni. Vi saluto (si allontana)

Agostino    Se è così, va’ pure.

G. donna   (quasi in lacrimeAgostino, perché questa sfortuna per noi?

Agostino    Non è sfortuna. La nostra, soprattutto la mia, è stata una leggerezza.

                   Non avrei mai potuto, a quel che pare, illudermi di regolarizzare la

                    nostra unione. Sono costernato…

G. donna   Ma dimmi la verità, come motivavi con te stesso la nostra relazione?

Agostino    Devo ammetterlo:  mi ero indotto a convivere con te più per rimediare

                   alla naturale concupiscenza che mi tiranneggiava, che per assolvere

                   i doveri che danno dignità all’unione coniugale: il governo della famiglia

                  e l’educazione dei figli. Ciò non vuol dire che io non ti stimi e non tenga a

                   te, ma…

G. donna   Eppure ti ho sempre amato e servito con fedeltà, consolandoti quando le

                   tue ricorrenti angosce…

Agostino   Ti capisco; e ne soffro anch’io.Ma tu sai che, da due anni, sono preso

                  dai dubbi di una ricerca sempre più sofferta della verità, che ora - forse

                 grazie all’influsso di Ambrogio - comincia ad apparirmi meno lontana.

G. donna   E dunque?A quale conclusione vuoi giungere?… Che ne sarà di me?

Agostino    E’ una conclusione molto amara, ma non possiamo far nulla per evitarla.

                   Ha un fondamento di freddo diritto, ma è tuttavia la sola in grado di farmi

                   trovare la pace che può venire da un avvicinamento alla fede cristiana.

G. donna   Ti prego, che vuoi dire?

Agostino    Intendo dire che il primo, indispensabile passo verso la conquista della

                   verità per me non può che essere il battesimo.

 G. donna   Ma non è un’evidente, penetrante specie di infedeltà lasciare la donna  

                   amata per raggiungere la meta di quella che tu chiami “la verità”?

                   Eri legatissimo a me!

Agostino    Ancora lo sono! Ed ora il mio cuore è ferito a sangue. Ma conoscere, per

                   me, significa giungere forse a Dio: per conoscerlo debbo anche

                  avvicinarmi  alla fede attraverso i suoi sacramenti.

G. donna   Ebbene, io stento a credere in un Dio che, per salvare una persona, ne

                  costringe un’altra a buttar via la sua vita!  E non comprendo che  nesso c’è

                  con l’eventuale regolarizzazione della nostra unione.

Agostino    Il nesso purtroppo c’è: è la legge imperiale che la vieta. Il motivo sta

                   nella differenza di classe sociale fra noi due. Io, essendo cittadino

                   romano, non posso sposare te che, in quanto ex attrice, sei purtroppo

                   parificata ad una libertina. In più un altro disposto imperiale, per favorire

                   i giusti matrimoni e la procreazione, stabilisce che i celibi soffrano di

                   svantaggi di carattere personale e successorio. Ma questo sarebbe il

                   meno…Insomma io potrei tenerti solo come mia…concubina.

G. donna   Mi stai dicendo la verità?

Agostino    Sì…

G. donna   E’ una verità drammatica!…Ecco perché Monica parlava di impedimento

                   a  celebrare legittime nozze!

Agostino    Sì, il motivo è questo. E’ una legge di Augusto imperatore che volle così

                   arginare la corruzione dei costumi e la conseguente diminuzione della

                   natalità fra i cittadini…Sono desolato. Non so più che cosa fare o dirti…

G.donna (quasi in lacrime)Non riesco ad accettare le ragioni di quanto mi dici: ti ho

                sempre amano ed onorato, ti ho seguito dovunque!  (breve pausa) Ma se è

                per il tuo bene futuro e per quello di nostro figlio Adeodato, sono pronta, da

                consapevole liberta, ad affrontare una così immensa rinuncia. (amara) In

               questa vita, di cui poco sappiamo, non è Dio che temo, ma sono i Suoi

                studiosi che mi fanno tremare. Che Gesù vi ottenga  il perdono di Dio per la

               dolcezza e l’amore che ora respingete!…Avrei dovuto rivelarti subito la mia

                professione di attrice, anche se dicevi che non importava sapere che cosa

                facessi. Non volesti sapere nemmeno il mio nome, perché – affermasti – un

                nome avrebbe finito col separarmi da te. (con dignità) Me ne tornerò in

                Africa, io sola. Non ti dimenticherò, ma soprattutto sappi che  nessun altro

                uomo entrerà nella mia vita. Consacrerò a Dio il resto dei miei giorni: non è

                Lui  che mi manca. 

         (Agostino  esita un attimo, poi abbraccia  commosso la g. donna)

                                                     

                                              (Buio)

Scena VIII

Lo studio del monaco Agostino, vescovo d’Ippona

   Agostino   Dopo giorni di attesa ero riuscito ad incontrare Ambrogio, a conoscere l’eloquenza con la quale donava al Tuo popolo, o Dio, l’ispirazione e la serenità del Verbo.  Egli mi accolse come un padre e si rallegrò del mio arrivo a Milano con amore pastorale. All’inizio gli ricambiai l’affetto più per la  benevolenza dimostrata verso di me che come un maestro di verità. Ma  non riuscivo mai a trovarlo libero dagli impegni per potergli confidare i miei affanni e chiedergli illuminazione e conforto.

                        Allora correvo in basilica; e nelle sue prediche, oltre alle parole così amabili, presero ad entrami nel cuore anche le cose che diceva. Sicché col tempo mi parve che anche la dottrina cattolica, fino allora per me non sostenibile contro le tesi manichee, potesse invece essere difesa senza temerarietà.

                        Me ne convinsi ancora più quando lo udii spiegare le antiche Scritture con un’interpretazione spirituale (io le avevo interpretate alla lettera e ciò mi aveva alienato i cattolici). Compresi che anche la fede cristiana era in grado di avvalersi di saggi, con l’aiuto dei quali essa poteva combattere ad armi pari. E quindi - ne dedussi - il manicheismo non aveva affatto vinto.

                        Desiderai, allora, fortemente provare se i manichei potessero essere sconfitti con qualche sicuro argomento. Ma fu con il farmi ritrovare a Milano alcuni miei vecchi colleghi e conoscere nuovi amici che Tu, Signore, mi offristi il destro per una vittoriosa battaglia.

 

Anima           Fu proprio in questo modo che ad Agostino si aprirono la mente e il cuore per riscattarne – lui diceva – una vita grigia di vana sensualità. Più l’approfondiva, più scopriva la logica interiore della tradizione cattolica, cioè universale, che tutto tenta di salvare ed armonizzare in una sintesi più alta.

  

 Agostino …Intanto per mia madre Monica, che vedeva ormai vicina la mia conversione, un matrimonio restava la condizione indispensabile perché potessi chiedere di essere battezzato. E siccome conosceva la mia esuberanza fisica, cercò a Milano una ragazza brava e di buona famiglia con la quale validamente sposarmi. Trovatala, e soddisfacendo ella anche me, ne fu fatta richiesta. La fanciulla, però, era ancora troppo giovane: occorrevano due anni perché divenisse nubile. Ed io, che non ce la facevo ad attendere, nel frattempo ricaddi nell’errore prendendomi un’altra concubina, con disperazione di mia madre.

                        Oltre a lei, anche l’amico di gioventù Alipio, che intanto mi aveva raggiunto a Milano, mi rimproverava di ciò…                            

                                                                            (Buio)

Scena IX

Anima    Eccolo, dunque, quel momento: di nuovo una donna sarà abbandonata (e

               Monica, trepida madre , ne proverà grande sollievo) come mera occasione di

               dissolutezze. Così come se nulla rilevasse; come se nel corpo femminile non

               dimorasse un’anima.

               Eppure alla sapienza filosofica e alla ricerca del Dio – che lo indurranno a

               quell’ulteriore abbandono – non sarebbe stata di ostacolo l’amorosa cura

               terrena di una persona. Era davvero il celibato, per lui, l’unica via per

               giungere alla Verità?

Cassiciaco (Milano). L’abitazione di Agostino: l’interno e un tratto di giardino con albero di fichi.

Alipio            AscoltaAgostino, hai speso il tuo acume e la tua forza di persuasione per allontanare me dalle infatuazioni per i violenti spettacoli del circo, e ci sei riuscito pienamente. Possibile che tu non sia capace di ottenere altrettanto da te stesso?

Agostino         Che cosa intendi dire?

Alipio           Lo sai bene. Mi riferisco alla difficoltà di liberarti dall’ossessione per le donne.

Agostino       Non posso negare che perdura la mia soggezione alle passioni della carne. Ogni tanto mi sembra di avercela fatta, ma poi mi accorgo d’esserne  succube. E questo non mi dà pace.

Alipio           Eppure  credo che tu abbia compreso che , se vuoi davvero – come mi sembra d’aver capito – ritirarti dal mondo per vivere di sapienza filosofica e ricerca del vero, puoi farcela ad affrancarti dai lacci della vita materiale. Detto in parole chiare, a restare scapolo.

Agostino       E questo è il punto. Non è facile per me, Alipio…(si sente bussare: Agostino va ad aprire) Ma guarda chi èarrivato: Nebridio!

 

(Entra Nebridio)

Nebridio        Carissimi!

Agostino        Come stai?

Alipio             Salute a te, Nebridio. Sei pronto ad unirti a noi?

Nebridio        Certo, ho lasciato Cartagine per questo!

Agostino    Allora vieni, accomodati. Ascoltatemi. Siamo qui per capire se, disgustati  come eravamo dai fortunosi affanni della vita, avevamo fatto bene a prendere una decisione forte: ritirarci dalla folla e  vivere                         tutti insieme e d’accordo nella ricerca di una vita vera e serena. Il mio conterraneo Romaniano ci ha aiutati e  ci sorreggerà ancora nell’amministrare la nostra piccola comunità. Ma era anche necessario che io avessi conferma della giustezza di questa scelta. Perciò ho voluto sentire il parere del vecchio Simpliciano, già precettore di Ambrogio…

Nebridio         Avrai ben ponderato ciò. Dunque?

Agostino       Mi sono recato da lui egli ho aperto il mio cuore, narrandogli i miei tormenti interiori. Mi ha ascoltato attentamente. Poi ha voluto raccontarmi della conversione al cristianesimo dell’oratore pagano Vittorino…

Alipio             Chi, Mario Vittorino, il famoso retore?

Agostino        Sì, quello che aveva disprezzato e denigrato il cristianesimo:  ebbene,

                       nel convertirsi Vittorino ebbe la forza di rinunciare a tutto, anche all’insegnamento. Al di là di quell’episodio, Simpliciano deve aver intuito che con gli esempi poteva aiutarmi a prendere una conclusiva decisione. Ed ha saputo incidere profondamente nel mio intimo.

Nebridio         Allora sei – anzi, siamo ! -  a buon punto.

Agostino         Forse  hai ragione. Nel frattempo ho letto i libri dei filosofi neo platonici Porfirio e Plotino i quali mi hanno di più introdotto sulla via della verità, ma ho ancora bisogno di qualcuno che mi aiuti ad orientare la ricerca. Ho pensato a Ponticiano, un altro amico africano giunto da poco a Milano. Intanto tu, Nebridio, devi farmi un favore.

Nebridio         Dimmi pure, Agostino.

Agostino         Il nostro comune amico Verecondo, che qui a Milano gestisce una scuola di grammatica, chiede che qualcuno di noi lo aiuti nell’insegnamento. Ho pensato a te.

Nebridio        Te ne ringrazio. Ma per quale motivo?

Agostino         Perché sei bravo in quel ramo. E ti prego di farmi contento.

Nebridio         Alipio, che ne dici?

Alipio              Se ha scelto te, avrà certo avuto una valida ragione.

Agostino         E’ vero, ti stimo. E so anche che in questo momento riesci meglio di noi a resistere alle tentazioni del mondo.

Nebridio        Non mi resta che accontentarti. Quando dovrei andare?

Agostino        Anche subito. E’ bene che tu sappia al più presto di che cosa esattamente

                       Verecondo ha bisogno.  (bussano) Ah, questi sarà l’amico Ponticiano…

Nebridio        Allora vado (fa un cenno di saluto ed esce).

(Entra Ponticiano)

Ponticiano     Salve. Che piacere vedervi…

Agostino        Salute a te, Ponticiano. Ben arrivato.

Alipio             Salve. Come stai?

Ponticiano     Bene, grazie. E voi? Non male, mi pare.

Agostino      Non ci lamentiamo. Stiamo cercando di organizzare al meglio il nostro cenacolo filosofico. Scusa, sposto qualche libro…

Ponticiano    Non preoccuparti, non mi dà fastidio… Piuttosto - scusami tu - leggo sul frontespizio che uno di questi libri contiene le epistole dell’apostolo Paolo (sorridente) Come cattolico convinto mi congratulo con te. Non mi aspettavo che leggessi testi della cristianità. Credevo ti dedicassi solo a quelli stimolanti i tuoi interessi filosofici.

Agostino         Nella ricerca della verità che mi assilla, leggo spesso i vostri testi.

Ponticiano      Ciò mi fa ricordare del monaco egiziano Antonio. Non lo conoscete? E’ un patriarca dei cenobiti, morto trent’anni fa, che ebbe la forza d’animo di rinunciare ai beni terreni e di ritirarsi nel deserto per vivere solo in preghiera e  penitenza. Dopo la conversione al cristianesimo egli divenne famosissimo per i ripetuti miracoli operati.

Alipio           Non ne abbiamo mai sentito parlare. Eppure…

Nebridio      …è importantissimo per noi: vero, Agostino?

Agostino         Certo. Sono fatti che sollecitano ancor più le nostre meditazioni.

Ponticiano      Allora posso parlarvi anche di un altro caso di conversione?

Agostino         Dì pure, ti ascoltiamo volentieri!

Ponticiano      E’ un episodio al quale ho assistito personalmente. Quando ero ufficiale dell’esercito imperiale a Treviri, profittando del fatto che l’imperatore  era impegnato con i circensi, mi ero recato con altri tre ufficiali, miei amici, a fare una passeggiata nelle campagne circostanti. Passeggiavamo a coppie. Ad un certo punto ci separammo dagli altri due. Costoro   s’imbatterono in un casolare dov’erano dei seguaci del monaco Antonio - quello di cui vi dicevo – coi quali iniziarono a conversare. Quando poi li rintracciammo erano sempre lì: a furia di parlare con i monaci e di leggere gli scritti di Antonio che quelli custodivano, ne erano rimasti colpiti e si erano convinti al punto che erano ormai fermi, fermissimi nel proposito di dedicarsi anch’essi alla vita monastica. E dire che tutt’e due avevano le fidanzate! Quelle, poi, saputa la notizia, si consacrarono anch’esse al Signore.

Agostino         Non so come ringraziarti, Ponticiano! Quanto mi dici mi metteancor più sottosopra. Mi fa vergognare di non essere ancora riuscito a prendere una decisione sul mio celibato. E’ così, Alipio?

Alipio              Già, ma noto che sei, ora, sulla buona strada. Non so se Ponticiano ha la mia stessa impressione…

Ponticiano      Io ora debbo andare. Maposso direche Alipio è nel giusto. La medicina  che porrà fine al tuo tormento interiore è ormai a portata della tua mano. Iddio ti assisterà. Tu abbi fede, Agostino. A presto!

(si salutano con affetto. Ponticiano esce)

Agostino      Alipio, l’incontro con Ponticiano mi lascia ancora più angosciato: ho

                     bisogno di un conforto, di una liberazione…

Alipio           Me ne rendo conto. Ma vedrai che presto il tuo cuore troverà la giusta

                     ispirazione.

Agostino      Usciamo in giardino: ho come bisogno d’aria. Fammi un  favore, prendi

                     quel libro:

Alipio           Le epistole di Paolo?

Agostino      Sì. Sediamoci lì, sotto l’albero di fichi (si siede)

Alipio           Va bene (si siede anch’egli; poi…)   Se vuoi, ti lascio un po’ solo…

                      (Agostino ha un cenno di grato assenso e prende a scorrere il libro. Alipio

                      si allontana di tre/quattro passi, ma lo segue con sguardo partecipe e si

                      mette a pregare in silenzio per lui.

                      Agostino poco dopo si rialza in piedi: ha un fremito drammatico  per la

                       lotta scatenatasi al suo interno fra la passione e la ragione. Scoppia a

                      piangere. Subito dopo grida, guardando in cielo)

Agostino       Fino a quando, o Signore, durerà la tua ira contro di me?

Voce d’angelo  (quasi in un canto ripetuto) Prendi, leggi! Prendi, leggi!

                      (Agostino resta stupito, quasi incantato. Poi ha come un’intuizione e…)

Agostino      E’ un comando divino! (fa cenno affannoso ad Alipio di avvicinarglisi,

                     apre a caso una pagina delle lettere di San Paolo e legge ad alta  voce il

                     brano che gli capita sotto gli occhi)

                       “Non nelle crapule e nell’ubriachezza, non nelle mollezze e nella disonestà, non nella discordia e nell’invidia, ma rivestitevi del Signore nostro Gesù Cristo e non abbiate cura della carne, né delle concupiscenze”. (si volge ad Alipio  con serenità) Una luce vivissima sta inondando la mia anima, che sfavilla di grazia…(ispirato e deciso) Iddiosta trionfando!

Alipio            (prende il libro, guarda ciò che Agostino gli mostra e continua a leggere)  

                       “Chi è debole nella fede, fa’ di assisterlo!”. Agostino, quest’altro brano  non può che riferirsi a questo grande  momento!

                      (Si abbracciano commossi)

Agostino       Corriamo a dirlo subito a mia madre: chissà quanto ne gioirà…Ed a tutti

                      gli amici! Ora sono certo di me: voglio lasciare la cattedra di retorica. La

                      vera sapienza è nel Cielo!                                                             

                                                                  (buio)   

Scena X

Lo studio del monaco Agostino,  vescovo d’Ippona

Agostino        Corsi da Monica e le rivelai l’accaduto. Mi si gettò al collo lacrimando

                        di gioia, di cui io restai a mia volta come inondato.

                        Erano, quelli, giorni di vacanza estiva della scuola di retorica  e ne  

                        approfittai per leggere i salmi che, Signore, mi riempirono di un amore

                        ancora più intenso per Te!

                        Al termine delle vacanze mantenni l’impegno di rinunciare alla scuola e detti le dimissioni ufficiali. Quanto alla giovanissima promessa sposa, fu mia madre a prendersi il delicato incarico di comunicarle, con tatto e con giuste parole,  la mia decisione di mantenere il celibato. E non ne residuò  rancore.

Anima           Anche quella seconda donna, che aveva creduto alla sincerità di Agostino

                       amandolo senza calcoli e finzioni e lasciandosi condurre per un sentiero

                       che sarebbe sfociato  nell’ignoto, fu dunque messa da parte.

                       Egli era stato come risucchiato dalla voracità sociale del suo credo e del

                       suo destino di fede;  e scomparve come tanti fanno, non senza colpa,

                       dopo aver illuso e lasciato alla perdizione un’anima.   

 Agostino    Avevo chiesto ad Ambrogio  a quali  libri delle Sacre Scritture rifarmi per meglio ricevere la Tua grazia. Mi consigliò quello di Isaia che, a dire il vero, allora trovai troppo difficile. Ma i tempi erano maturi.

                        Intanto ci eravamo trasferiti a Cassiciaco, in una sobria, tranquilla villa di campagna che l’amico Verecondo aveva posto a nostra disposizione. Creammo lì un primo modello di Comunità e per qualche mese perfezionammo il cenacolo di filosofia, alle cui sedute, con piacevole sorpresa di tutti, partecipò non di rado anche Monica con parole di grande saggezza ed acume.

                        Ormai la nostra esperienza in Italia andava concludendosi. Avendo raggiunto quanto cercavo, decisi di tornare in Africa, a Tagaste, per attuarvi la nostra comunità apostolica. E nel maggio del 387, con Monica e la comitiva di amici, ci incamminammo per Roma, diretti ad Ostia  dove ci saremmo imbarcati per l’Africa. Vi giungemmo stanchi, ma contenti.

                        Prendemmo alloggio in una casa quieta, circondata da un orto-giardino. Rimandammo di qualche mese la partenza anche per consentire a mia madre, che appariva molto stanca, di rimettersi dalla fatica del lungo viaggio.

                        Passò intanto l’estate e parte dell’autunno. Una sera…

                                                                (buio)

Scena XI 

Ostia Tiberina, interno di abitazione con finestra sul tramonto.

Monica sta  riponendo un utensile da cucina ,mentre Agostino si avvicina alla finestra e vi si appoggia per contemplare il tramonto)

Agostino        Che bel tramontoChe pace…Questa visione aiuta a dare tregua ai miei intimi tormenti. Ne avevo bisogno.

Monica (lo raggiunge alla finestra) E’ vero. E’ tutto molto tranquillo, sereno. E giova anche all’intelligente sensibilità del  tuo figliolo Adeodato.

Agostino     Hai ragione, questo bene per l’anima si va sempre più diffondendo nella nostra famiglia e all’interno di tutta la comunità. Chiedo al Signore di conservarci anche in futuro tanta pace.

Monica         Sarai accontentato, vedrai. Ora tu sei come una pecorella rientrata all’ovile  che trova la premura di un amorevole pastore: il futuro sarà sempre più roseo!

Agostino      Già, il futuro. Per quello prossimo, posso sperare. Ma non ogni futuro ci

                      attende qui. Come sarà, cioè,  quello celeste?

Monica         Vuoi dire la vita che ci aspetta dopo la morte?

Agostino       Sì, quella. Mi chiedo, ad esempio, come sarà la vita eterna dei beati, che

                      nessun occhio od orecchio umano ha potuto finora descrivere…

Monica         Io non riesco ad immaginarmela: ma sono certa che dev’essere

                      qualcosa di incomparabile  con qualsiasi genere di felicità terrena.

Agostino      E’ vero: anch’io credo che la gioia dei sensi e del corpo, per quanto vivida,

                     non potrà mai reggere il confronto con la festa di quella vita. Anzi non può

                     nemmeno  essere menzionata come termine di paragone.

Monica         Ma io mi domando: il nostro spirito quanto dovrebbe elevarsi per

                     avvicinarvisi, per tentare di coglierne l’essenza?

Agostino       Moltissimo. Quanto, forse,  la grandezza di tutto il creato.

Monica         Tanto?

Agostino       E poi di più, di più…

Monica         Forse annullarsi quaggiù, per ascendere così in alto?

Agostino      Come ascendere in noi stessi, in un anelito di vita celeste oltre sole, luna,

                      stelle…

Monica         Oltre…tutto il firmamento?

Agostino      Sì,oltre tutte le stelle, anche le più piccole, le più lontane …eccole, come

                     quelle…- le scorgi? -… mi pare di vederle scorrere in un turbine di luce…

(inizia una lievissima musica di sottofondo)

Monica       E’ vero, mi sento come attrarre, come sollevare al di sopra di esse, di percorrerle verso uno stato di  letizia sempre più…grande, sconfinata…

Agostino       E la gioia, la gioia dell’Infinito. Là è vita, là è la sapienza creatrice di tutte le cose, quelle di ora, del passato e del futuro…Se la nostra anima tacesse, ascolterebbe ciò che queste cose ci dicono: non ci siamo fatte da sole. E la Sapienza - che ci ha fatte – (quasi sillabando) non si fa, ma è.

 (accentuazione delle luci)

Monica (anch’essa lentamente) …così come era e così sarà sempre…

Agostino         … il passato ed il futuro non sono in Lei, dato che Essa è eterna…

Monica           … come la gioia dei beati…

(la musica incalza)

Agostino    …come la gloria di Dio, Sapienza eterna, stabile sopra ogni cosa, immensa…mi sembra di avvertirla, di esserne come abbagliato… infinitamente…

                       ( musica celestiale al diapason, poi  dissolvenza delle luci e

                                                                    buio )

Scena XII  

Lo studio del monaco Agostino,  vescovo d’Ippona

Agostino     Mentre così parlavamo assetati di lei, eccola, dunque, la Sapienza eterna: l’assaporammo con tutto l’impeto del cuore  e sospirando vi lasciammo  come prigioniere le primizie dello spirito mentre ritornavamo al suono della nostra voce, dove la parola comincia e finisce…

                      La sfiorammo, quindi, quella Sapienza. E fu quel contatto, quell’attimo di intelligenza sublime, che lasciò la mente soffusa in uno stato di indicibile felicità, a darci come un’idea della vita eterna. La vita racchiusa in quest’invito: entra nella gioia del tuo Signore. E quando? Forse quando tutti risorgeranno, sebbene non tutti saremo mutati in ciò.

                       Così discorrevamo, dopo quell’estasi inarrivabile; e il mondo con tutte le sue lusinghe ci si rivelava sempre più vile.

                        E Monica disse :

(voce di Monica)  Figlio mio, nessuna cosa, ormai, mi attira quaggiù. Ormai non ho più nulla da sperare dal mondo. Prima desideravo vivere ancora un po’ per vederti diventare cristiano cattolico.  Dio mi ha concesso di più e meglio: vederti disprezzare la felicità terrena e servire Lui. Che ci faccio, qui?

Agostino       Non ricordo bene cosa le risposi. Sta di fatto che, nel giro di cinque giorni, dovette mettersi a letto perché ammalatasi con forte febbre, al punto che un giorno perse conoscenza. Poi si riebbe; ma soffriva, con pazienza. Finché ci disse che riteneva che quel letto fosse la sua ultima sponda, aggiungendo:

(voce di Monica)  Seppellite vostra madre qui, anche se non è la nostra terra, senza darvene pena. Vi prego di una sola cosa:  ricordatevi di me all’altare del Signore ovunque voi siate.

Agostino        …e dopo altri quattro giorni, a 56 anni d’età, quell’anima benedetta lasciò il suo corpo. Era il 27 di agosto dell’anno 387.

                        Mi fermai a Roma per quasi un anno, approfondendo la conoscenza dei vari monasteri e proseguii la stesura di due opere sulla grandezza dell’anima e sul libero arbitrio. Poi, nella tarda primavera, salpammo per l’Africa.

                                                                       (buio)

Scena XIII

Anima      Così, Agostino lottò, resistette, soffrì e vinse. Gli altri  a volte sentivano

                  anche pietà per lui che pareva immolarsi sull’altare della ricerca di Dio. Ma

                  non era, egli, un uomo di pallide virtù e di perdonabili vizi. Alla vita dava

                  un valore per se stessa, come mezzo per giungere a quella Verità che si

                  rivela a pochi ma agisce segretamente in ogni persona.

              E fu il vescovo Valerio ad accorgersi delle sue rare qualità. Ma di questo

              Agostino non aveva mai parlato. Nemmeno a sua sorella Perpetua, quando  

              era divenuta badessa…  

Anno 395, Ippona. Interno della comunità di monache  fondata da Agostino e di cui è

         madre superiora la sorella di Agostino, Perpetua, che è seduta al tavolo di lavoro.

Sorella Maria  (entrando in scena)  Madre, il nuovo vescovo di Tagaste, padre Alipio,

                          è arrivato. E’ accompagnato da Evodio

Madre Sup.      Falli accomodare.

Sorella M.         Prego…

Alipio ed Evodio  La pace sia con voi.

Madre Sup.      Anche con voi.

Alipio               Come state?

Madre Sup.     Bene, per grazia del Signore. E voi?

Alipio               Non ci lamentiamo. Abbiano l’appoggio di Dio.

Madre Sup.     Avete avuto difficoltà a raggiungere questa casa?

Alipio               No. E’ abbastanza vicina alla nostra.

Madre sup.   (indicando delle sedie). Accomodatevi.  Avete  notizie di mio fratello  

                         Agostino?

Alipio               Da quanto tempo ti mancano?

Madre Sup.    Molto, anche troppo: è sempre più impegnato, a quel che dicono.

Alipio              Allora ti do la grande notizia: è stata una lotta dura, con qualche

                         momento di forte tensione fra gli elettori ed il popolo,  ma alla fine il     

                        vescovo Valerio l’ha spuntata: sarà Agostino il prossimo vescovo  

                        d’Ippona!

Madre Sup.    Dio sia ringraziato!

Sorella Maria  Gradite una tisana? E’ fatta con le nostre mani…

Alipio            Sì,grazie…Dunque, Valerio è riuscito a vincere l’opposizione di qualche collega. Certo, Agostino è stato eletto senza osservare il canone 8 del Concilio di Nicea, procedura che ai più ortodossi è  apparsa una forzatura. Ma il grande valore morale della designazione resta intatto; vero, sorelle ?

Sorella M.    (porgendo la tisana ad Alipio) Se devo essere sincera, ho qualche dubbio.Giacché vi é  stato addirittura qualche momento di forte tensione, Valerio ha rischiato molto nel farlo nominare vescovo e suo successore.

Alipio           Ma c’era d’altronde, fra tutti gli eleggibili, qualche prete avente più cultura

                      e carisma di Agostino?

Madre Sup.  Giusto. Ma in che consistono  i particolari meriti riconosciutigli?

Alipio         Anzitutto nel successo conseguito nella ricerca della verità. Ricerca rigorosa

                    e difficile, che non ha chiuso gli occhi di fronte agli ostacoli incontrati sulla

                    strada della fede.

Sorella M.   Va bene, ma anche altri sono approdati alla verità nello stesso modo.

Alipio          Agostino, tuttavia, ha fatto di più: ha anche combattuto e vinto perché certi

                     errori non deviassero altri uomini dalla via verso la vera fede.

Sorella M.   Voi dite?Ad esempio?

Alipio         Intanto ha fatto  giustizia delle tesi dei manichei, intuendo e chiarendo che

                    nel mondo non esiste il male assoluto, ma solo gradi inferiori di essere

                    rispetto a Dio. Questi esseri, avendo meno essenza del loro Creatore,  sono

                    soggetti a sbagliare e, quindi, anche a commettere il male.

Sorella M.   E cos’altro ha fatto?

Evodio      Ha ben combattuto altre due teorie eretiche: quella del vescovo numida

                   Donato di Case Nere e quella del monaco irlandese Pelagio.

Sorella M.   Perché? Che cosa sostenevano costoro?

Alipio          Donato sosteneva che la Chiesa è fatta di uomini perfetti, i quali perciò non

                     debbono avere contatti con le autorità laiche, altrimenti perdono la

                     perfezione e addirittura la capacità di conferire i sacramenti.

Sorella M.   Ed Agostino come gli ha risposto?

Alipio        Che i sacramenti sono validi indipendentemente da chi li amministra perché,

                   attraverso il sacerdote , è Cristo che opera. Né la Chiesa può restringersi ad

                   una minoranza di adepti che si isolano dal resto degli uomini.

Evodio        Anche Pelagio presto se ne dovrà accorgere …

Madre sup.  In che senso? Cosa intendi dire?

Evodio         Mi spiego. Quel monaco sostiene che il peccato originale non ha indebolito

                     la libertà dell’uomo, che quindi può operare il bene senza l’aiuto della

                     grazia, della redenzione portata da Cristo e dei sacramenti.

Madre sup.   Cosapotrà obiettargli Agostino?

Evodio          Che dopo il peccato di Adamo abbiamo bisogno della grazia per salvarci. L’uomo non ha meriti propri: quelli acquisiti sono doni provenienti da Dio. Solo Lui può salvarci perché ha dato se stesso per noi.

Madre sup.   Certo, Agostino è un grande filosofo e un acuto polemista. Anche ad Origene, il fondatore della mistica cristiana di lingua greca, se ben ricordo ha dato una pungente replica…

Alipio             Se vuoi, chiamala così. In effetti Origene sosteneva che la creazione del mondo sia eterna, non potendosi ammettere un mutamento della volontà divina. Per cui una volta pose il quesito “Che cosa faceva Dio, prima di creare il cielo e la terra?”.

Sorella M.     Cosa? Che domanda!

Alipio       Non tanto peregrina. Ma sai Agostino – scherzosamente – come ha replicato?

Sorella M.     No, non saprei.

Alipio    Harisposto: “Dio? Preparava l’inferno per quelli che fanno certe domande…”.

Madre sup.  Immagino come sono rimasti i seguaci di Origene…

Alipio       Eh,…un po’ male…Agostino poi precisò che Dio è il creatore non solo di ciò che è nel tempo, ma del tempo stesso. Prima della creazione il tempo non  c’era: non ha senso chiedersi che cosa facesse allora Dio.  

Evodio       Quindi – egli dice - la vita umana si svolge fra memoria, attenzione e attesa:  dimensioni temporali tutte contenute nel presente. Rispetto alla concezione pagana di una storia circolare, di un eterno ritorno, Agostino vede la storia come libertà, in cui i grandi eventi (come l’avvento del Cristo) sono l’inizio di un’epoca che non finirà. 

Madre sup.  Oracapisco ancora meglio perché Valerio ha voluto ordinare vescovo coadiutore di Ippona  Agostino!

Alipio          Tieni conto, poi, anche di un altro suo titolo di merito morale. Appena tornato in Numidia, egli ha venduto  tutti i suoi beni per donarne il ricavato ai poveri…

Evodio         E l’insegnamento che viene dall’altra sua grande opera, “La città di Dio”?   Vi lottano due città: quella di Dio e quella terrena, soggetta a Satana, mai nettamente distinguibili. Solo alla fine del mondo sapremo a quale delle due abbiamo aderito; sicché ora l’uomo può cercare di intuirlo solo se si interroga con sincerità e con l’aiuto dello Spirito Divino…

  (si sente il suono lontano di una campanella)

Alipio             Sorella, dobbiamo andare:  ci attende la  preghiera  del vespro.

Madre Sup.   Vi ringrazio moltoper la visita e bella notizia…

Alipio     Grazie a voi per l’ospitalità. La pace sia con tutti noi e con il grande Agostino.

                                               (buio)

Scena XIV

Anima      In lui la lotta fra passione e fede era stata via via assorbita dalla competizione fra fede e ragione. I residui legami filosofici con i neo platonici e gli scettici facevano sì che spesso l’apparente conquista della Verità assoluta prestasse il fianco  ai subdoli assalti di un certo relativismo.

                        Ciò arrecava all’anima di Agostino momenti di tormento quasi ossessionante. Anche questa mia anima ne pativa. Finché un giorno…

Un mattino di primavera, sulla spiaggia di Ippona. Agostino, da poco vescovo di quella città, sta passeggiando lungo la riva, pregando e meditando. Poi rompe il silenzio.

Agostino       Non riesco ancora a capire, a penetrare questo mistero della Tua Trinità: forse è colpa dei residui lacci intellettuali che ancora mi trascino dalle mie erronee esperienze neoplatoniche e scettiche?

                        Aiutami Tu, Signore! Per quanto io mi scervelli e cerchi poi rifugio nella fede, l’essere tu uno e trino non è ancora pienamente accettato dalla mia mente. E’ un’ossessione, un tormento per me, debole uomo  desideroso di darvi una spiegazione…

(Agostino si è intanto approssimato ad un bambino che, con una grossa conchiglia, si affanna a prendere ripetutamente acqua dal mare che poi versa in una buca  scavata nella sabbia. Agostino lo nota e, sorpreso ed incuriosito, non può fare a meno di chiedergli…)

Agostino      Bambino, mi dici che cosa vuoi fare portando continuamente con la

                      conchiglia l’acqua dal mare per versarla in quella buca nella sabbia?

Bambino      Semplice: voglio mettere nella  buca tutta l’acqua del mare.

Agostino      Ho capito bene? Hai detto tutta l’acqua del mare?                               

Bambino      Sì!

Agostino      Ma…Eppurenon mi sembri così piccino. Possibile che tu non comprenda

                    che  tutta l’acqua del mare non può entrare in una buca nella sabbia?

Bambino     Ed è possibile che, a tua volta, tu non ti renda conto che il mistero della

                     Trinità  di Dio non può essere compreso  dal tuo semplice intelletto di

                     uomo?

(Agostino resta per un attimo perplesso: si volge verso il cielo come per misurare la

vastità del mistero divino, poi si gira verso il fanciullo che, però, nel frattempo è scomparso).

Agostino   (scosso) Signore, hai voluto mandarmi un…angelo per farmi capire quanta

                        presunzione mi condizioni ancora! Te ne ringrazio con tutto il cuore. E ti chiedo umilmente perdono!

                                                                    (buio)

Scena XV

Anima     Ora Agostino è vicino alla meta. E’ malato, ma le sue sofferenze, lunghe e dure, sono destinate a svanire, coperte da una pietà tenue come la leggera, azzurrina cenere sparsa sui carboni accesi, che prelude a qualcosa di supremo.

Ippona, anno 430: lo studio di Agostino vescovo. Sono passati due mesi dall’inizio del lungo assedio. Ogni tanto se ne avvertono i clamori. Agostino è sul letto, morente, assistito da Possidio e da un altro confratello. Sulle pareti sono affissi dei cartigli con delle  scritte.

Agostino  (sta tentando dibere, tossisce. Poi, debolmente) Leggere i salmi penitenziali su quei cartiglimi è di grande aiuto ad attendere nella preghiera e nella penitenza l’ormai vicino trapasso. (si sente bussare)  Chi è alla porta?

Confratello Vado a vedere…(Va all’uscio. Confabula brevemente con qualcuno. Tornando…) Padre reverendissimo, ho…ritegno a dirvelo: è un’ammalata che, avendo sentito in città delle vostre capacità taumaturgiche, da diversi giorni viene a chiedere un vostro intervento per lei…

Agostino     Posso io, (tossisce) benché prossimo…a morire, ignorare una tale richiesta? Non è mai troppo tardi per…impetrare l’aiuto del Signore e…guarire in Suo nome. Falla entrare… aiutala…Vieni, figliola.

I frati fanno entrare, sorreggendola, un’ammalata, alla quale Agostino fa cenno di avvicinarsi. L’ammalata s’inginocchia vicino al letto.

Agostino    Lascia ch’io pongale mani sul tuocapo… e preghi per te il Signore…  

(breve pausa)

Ammalata    Signore Iddio, che…avviene? Mi sento…meglio, come… guarita… (scoppia a piangere di gioia)E’ un miracolo!Grazie, Padre Agostino, grazie! Permetti che baci la tua mano…

Agostino         Basta…adesso va’…Ti benedico.

                       (I frati con dolce fermezza accompagnano l’ammalata fuori della stanza, mentre Agostino accenna a benedirla.Poi rientrano)

  Agostino       Ora non resta… che attendere… un cenno del Signore per me… un segno della Sua chiamata…Sento che ormai… è vicina…

                       Come sono…stanco…Ma…hanno tolto l’assedio?  Cos’è…questo silenzio… questa… pace?  E… questa… luce…sempre più…intensa…è una…luce… la Lu-ce…

Agostino si lascia andare, come assopito e, reclinando il capo, non si muove più.   I

 frati si accorgono della  sua morte e, mentre uno dei due  s’inginocchia ai piedi del

 letto, prendono a piangere sommessamente. Inizia una musica celestiale (la stessa

dell’estasi)…

                                                           (buio)

Scena XVI

Anima     Assunta alla visione della Luce, l’anima di Agostino ha ritrovato anche

                me, quest’anima che è parte della sua. Ora contempliamo insieme, con

                gioia immensa, il Mistero Divino.

                E in vita, cosa restò del suo esempio? Ecco quanto di lui scrisse Possidio.

La cella di frate Possidio, divenuto vescovo di Guelma,  con tavolino da studio.

Possidio        (sta rivedendo e correggendo la storia della vita del Santo che ha appena finito di scrivere. Prende a rileggere ad alta voce ) 

                        <Un  giorno eravamo a tavola con Agostino; conversando egli ci disse: “Di fronte a queste calamità, io domando a Dio di liberare la città dall’assedio, o, se tale non è il suo disegno, di dare ai suoi servitori il coraggio necessario per fare la sua volontà; o almeno di togliermi da questo mondo e di ricevermi nel suo seno”.

                        Dopo queste parole, e secondo la sua preghiera, tutti noi rivolgemmo all’Onnipotente gli stessi voti.

                        Nel tredicesimo mese dell’assedio la febbre lo costrinse a mettersi a letto, colpito da quella che sarebbe stata la sua ultima malattia. Il Signore aveva ascoltato la preghiera del suo servo, perché questi ottenne per sé - e a suo tempo per la sua città - ciò che aveva  domandato.

                        Fino all’ultima malattia non aveva mai tralasciato di predicare la parola di Dio, con grande ardore, coraggio e rettitudine di spirito e di giudizio. Secondo l’espressione della Scrittura, egli si addormentò con i suoi padri sotto i nostri occhi, mentre confondevamo con le sue le nostre preghiere.

                        Non fece testamento, perché era così povero che non aveva nulla da lasciare>.

                        (poi, come riflettendo) Fatta, ovviamente, eccezione per la lezione della sua vita e della sua opera, che non morrà mai.

                                                                 (Cala la tela)