Avendo potendo pagando

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Avendo, potendo, pagando.

(Scadenza 4 pagabile 5)

Tre atti di Gaetano Di Maio e Nino Taranto

Personaggi:

Michele Assante                                                        

Lucia, sua moglie                                   

Concetta, madre di Michele                   

Nicolino fratello di Michele                                       

Armando amico di Michele                    

Elvira, sua moglie                                            

Donna Carmenella usuraia                    

Don Peppino usuraio                                        

Cristina cuore solitario                          

Gennaro mendicante                              

Violante vicina di casa                                     

Pasquale suo marito                                                                              

Luigino amico di famiglia                                          

Zio Ottavio zio di Michele                     

Ninetta, sua figlia                                   

Il Dottore                                                

Barbieri amico di Nicolino                     

Vincenzo Cardillo autista ATAN             

ATTO PRIMO

Soggiorno in casa di Michele Assante. Nella parete di destra la comune, oltre la quale si suppone una saletta d'ingresso. Nella parete di sinistra altra porta. In quella di fondo: al centro un balcone, a destra la porta dello studio. Mobili ordinari, ma non poveri, anzi di una certa pretesa. C'è perfino, fra altri quadretti minori sparsi qua e là, una riproduzione a stampa del "Cristo Crocifisso" di Salvatore Datì, che spicca sulla parete di sinistra. Al levarsi della tela sono in scena Concetta e Peppino

PEPPINO Ma come? Non ci stanno nemmeno oggi?

CONCETTA Proprio così, non ci stanno!

PEPPINO: (Protestando, ma con tono contenuto, paziente) Ma, benedetto Iddio, è mai possibile che questi non ci stanno mai! Signora mia. a me i soldi mi servono, fatelo capire a don Michele. Alla fine io ho fatto un favore, senza interesse.

CONCETTA: Nicolino, non ti sporgere. (A Peppino) Dite, dite, io vi sento. Guardo a lui, ma sento a voi.

PEPPINO Eh, dico, dico! Ma che lo dico a fare! Almeno potessi avere il piacere di vederlo. Ma don Michele sembra il ministro degli affari inutili, nun nce sta maje!

CONCETTA Ma scusate, voi venite sempre a orari sbagliati. Di domenica mattina si sa che tutti i cristiani vanno a Messa.

PEPPINO E non sono venuto pure ieri sera?

CONCETTA E lo vedete? Quelli fanno il sabato inglese, la sera escono.

PEPPINO Ma l'altro ieri...

CONCETTA Venerdì! Per 1' amor di Dio! Di Venere e di Marte non si sposa, non si parte, né si dà principio ad arte.

PEPPINO E figuriamoci se si può cominciare a pagare i debiti! (Con tono meno paziente) Ccà pare ca pazziamo, signò!

CONCETTA (A Nicolino) Ma non ti sporgere, non ti sporgere così!

PEPPINO Nicolì, pe favore, non ti sporgere, famme dì doie parole cu mammà!

CONCETTA Mi fa impressione, hai capito? Togliti.

NICOLINO (Con un sorriso sciocco, come compiaciuto di metterle paura, e, tuttavia, con una vena di malinconici nella voce) Vi dà l'impressione che mi voglio buttare abbasso, eh?

CONCETTA (Protestando perchè non lo pensa affatto)  Ehi

NICOLINO Io lo so. Voi pure siete convinta, come gli altri, che io sono mezzo scemo.

CONCETTA No, anzi...

NICOLINO  Tutto scemo.

CONCETTA No, dico, anzi...

NICOLINO (Rivolto a Peppino come a precederlo nella battuta) Scemo e mezzo, è vero?

PEPPINO Ma Veramente...

NICOLINO No, via, non mi dite che non avete pensato di fare questa battuta di spirito così cretina. CONCETTA Guardate come si fissa.

NICOLINO Mamà, ma vi credete che io non mi accorgo che, ogni tanto, in casa mi guardano e parlano a bassa voce?

CONCETTA A bassa voce?

NICOLINO Si. Poi, appena io mi volto, voi fate così... (Tossendo) Ehm, ehm !...

CONCETTA (Mentre Nicolino torna ai balcone) Ma vedete che romanzi si mette a fare!

PEPPINO (A bassa voce) Signò, ma veramente, a me mi pare che ragiona bene, anzi, con un certo sale. (Invitandola col gesto a seguirlo verso il balcone per convincersi meglio) Vediamo un poco, venite, venite. (A Nicolino) E che te ne fai tanto tempo qua fuori, solo solo? Volete vedere che questo filibustiere ha adocchiato qualche bella ragazza ai balconi di fronte?

NICOLINO Ai balconi di fronte abita un sacerdote con due sorelle di sessant'anni. (Rivolgendogli uno sguardo di compatimento) Venite qua, guardate. Le vedete le formiche che sfilano sul cornicio-ne, nella striscia di sole?

PEPPINO Embè?

NICOLINO Ecco qua. Io ogni tanto ci sbriciolo sopra qualche mollica di pane e mi diverto a pensare: "Se le formiche fra di loro parlano, e pensano come noi, ora staranno dicendo: Che miracolo ! La grazia! L'abbondanza!"

CONCETTA (A Peppino) Che cuore!

NICOLINO Poi, improvvisamente, Ci soffio sopra, ne schiaccio qualcuna, e loro si mettono a gridare: "La tempesta! Il cataclisma! Scappiamo!" E questo fatto, di fare una tempesta col mio piccolo soffio e l'abbondanza con una mollica di pane, mi dà grande soddisfazione.

PEPPINO Veramente?!...

NICOLINO Ma non capite? Sono padrone del bene e del male, gioco a fare il Padreterno. CONCETTA Gesù!

NICOLINO (Pizzicandole il mento con un sorriso di sufficienza) Voi siete una semplice. (Torna alle sue fantasticherie)

CONCETTA (A Peppino con un sorriso pietoso, mentre si allontanano dal balcone) Eh?!

PEPPINO Si, sì. Mi sono convinto. Ma non ve la prendete. Questi, a volte, sono gli esseri più felici. (Dando ancora uno sguardo stupito a Nicolino) Gesù, il Padreterno! (Guardando l'orologio) Basta, signò. Ma questo urlo a che ora può venire don Michele?

CONCETTA Ah! Tardi, tardi assai!

PEPPINO Ma non è andato alla Messa?

CONCETTA Si, ma dopo mi pare che andava ad Agnano a vedere r cavalli.

PEPPINO E se torno di pomeriggio?

CONCETTA Va allo stadio a vedere i pallisti.

PEPPINO E va bene. Evviva lo sport! Gioventù delle razze! Vuoi dire che torno lunedì mattina. CONCETTA Come volete voi. Nicoli, saluta Don Peppino se ne va.

NICOLINO (Come togliendosi un peso dallo stomaco) Ah !, molto bene, lo accompagno alla porta.

PEPPINO (Ironico) Guardate con quanto entusiasmo mi accompagna alla porta. Signò, però dite a don Michele che, se lunedì mattina non lo trovo, l'aspetto, mangio qua.

NICOLINO Portatevi pure. una branda per dormire.

PEPPINO E ovè?

NICOLINO Quello è Capace che va a mangiare in trattoria.

PEPPINO È bravo Nicolino! Fa pure lo spiritoso. fa! (Avviandasi destra con Nicolino che rientrerà fra poco) Qua secondo me, 'o scemo, è uno solo: io! (Escono)

CONCETTA (Verso la porta o sinistra) Michele! Lucia! Se n'è andato. Potete uscire.

Michele, Lucia e detti

MICHELE (Entra dalla porta di sinistra, insieme a Lucia, leggendo un avviso di cambiale) Scadenza quattro, pagabile il cinque. il cinque si rimanda, regolarmente al sei. il sei non la paghiamo e va in mano al notaio per il giorno sette. Il sette che giorno è?

LUCIA Domenica.

MICHELE Ovì ? Il sette è domenica, quindi l'avviso del notaio arriva il giorno otto. Con qualche cosa di soldi, si rimanda al nove e forse pure al dieci.

LUCIA E il dieci chi me 'e dà? 'O monaco?

MICHELE Si devono trovare. Calma, non mi avvilire.

CONCETTA (Cavando un foglietto dalla tasca dei grembiule) A proposito, il salumiere mi ha dato la nota, teh!

MICHELE La nota! (Passandola a Lucia, dopo averla guardata) Teh, vedi che do di petto ha cacciato il salumiere!

LUCIA (Scuotendo il capo) Quarantamila lire!

MICHELE Embè, che vuò fa? Del resto noi questo mese, tra salame e prosciutto e grassi, ci simme mangiato nu puorco sano!

CONCETTA (Porgendogli delle minute) E qua stanno pure i buoni!

MICHELE (Distratto a considerare la nota) Che buoni?

CONCETTA I buoni che noi abbiamo fatto, al salumiere.

MICHELE (Tra faceto ed amaro) Ah! i cattivi, allora! Ma come, so' cose ca vonno essere pagate, 'e chiamma 'e buone? I perfidi! I malvagi!

CONCETTA Ah! Padre nostro che sei nel cielo!

NICOLINO Rimetti a noi i nostri debiti, come noi non rimettiamo ai nostri creditori.

MICHELE (A bassa voce) Embè, quello in certi momenti mi farebbe commettere un cretinicidio! CONCETTA (Tossendo) Ehm ehm.

LUCIA (A Concetta) No, e mo lo vuole da quello, lo vuole.

MICHELE È vero? Perché invece sono io l'unico e il vero colpevole? Voi siete tutti innocenti? LUCIA E di' ca no!

MICHELE Eh, lo so, che ti devo dire? Tu specialmente avresti potuto flagellare l'adultera. CONCETTA Eh! Che bestemmia!

MICHELE Sì. Appena Cristo diceva: "Chi è senza peccato, scagli la prima pietra", Questa, pah !, ‘na preta nfronte ciaccava all'adultera!

CONCETTA (Cercando di quietare le acque) Va bene, jammo, è cosa `e niente.

MICHELE (A Lucia che si è chiusa in un duro silenzio) Ma guarda, io non dico...

CONCETTA E lascia sta, jammo.

MICHELE (Insistendo) Io non dico...

CONCETTA E va bene!

MICHELE E io non dico, pecché nun m'o fa dicere, ecco!

CONCETTA (Sbottando) Michè, e parla allora!

LUCIA (A Concetta) Parla, parla, ma che dice?

MICHELE  Ma dico io, vi rendete conto che qua ogni giorno si devono riempire quattro bocche e un forno? (Allude a Nicolino)

LUCIA Ma se tu avessi un lavoro fisso, continuo, arrangeremmo pure noi, come tante altre famiglie. Ma ti pare che si può portare avanti una casa facendo il sensale di matrimonio?

NICOLINO  (Dal balcone) Mammà, me lo volete prendere un altro pezzo di pane?

MICHELE (Contento di poter eludere il tema proposto da Lucia) Ecco, lo vedi! Un forno! Una fame senza tregua. Questo qualche cosa deve tenere!

CONCETTA (A Nicolino, tra i denti, avviandosi a sinistra) E vedi se non devi essere sempre "lupus in fabula", tu!

MICHELE (A Concetta mentre esce) Eh ! Ma lupus famelicus di prima forza, sa!

NICOLINO (Venendo avanti) Ma che famelico? Me ne serve un pezzettino così.

MICHELE Ti serve? E che ne fai?

NICOLINO Niente, niente. (Ritornando lentamente verso il balcone) Pensate come sarebbe bello se improvvisamente sull'umanità afflitta e miserabile, piovessero cibi e provviste di ogni specie. MICHELE Comete, mentre uno cammenasse, saie comme fosse bello nu pruvulone 'e trenta chile ‘ncapo!

LUCIA (Dopo un breve silenzio, riprendendo l'argomento più per sfogare che per una speranza che abbia di risolvere il problema) Sensale di matrimonio! Oltre tutto è un mestiere bestemmiato! MICHELE Bestemmiato?

LUCIA Sa quanti dicono: "Quel disgraziato, è stato capace di inguaiarmi l'esistenza". Perciò non possiamo avere bene. E siamo costretti a vivere di giochi di prestigio.

NICOLINO E quelli i debiti so' comme 'a scabbia, più ti gratti e più si allarga.

MICHELE (Quasi con un pianto di collera nella voce) Ma statte zitto tu ! Ma come devo fare? Tutti contro di me! Mo se mette 'a llà fora e comincia a sputare sentenze pure lui!

CONCETTA (Tornando col pezzetto di pane) Che ha fatto? Ha cominciato a sputare in testa alla gente?

MICHELE No, no.

CONCETTA Per l'amor di Dio. Quello qua sotto ci sono quei lazzaroni!

LUCIA No, mammà, no! E’ vostro figlio che non si dimentica di essere spuntuto manco cu chille e l'ha chiammato sputasentenze.

MICHELE (Col tono di chi vuole troncare ogni discussione) Per non dire di te che sputi veleno, ecco! (Si mette a sedere) E non ne parliamo più!

LUCIA (Come seguendo un punto grafico nell'aria) Punto!

MICHELE Come se me lo fossi scelto da me, questo destino! Quella l'arte mia era d'oro. Un artigiano di prima forza. Che colpa ne ho io, se poi è uscita la plastica e il mestiere è andato a scendere? L'ho inventata io la plastica?

LUCIA Un artigiano di prima forza! Appena la fabbrica ha ridotto il personale, il primo a essere licenziato sei stato tu.

MICHELE Che c'entra? Quello il padrone non teneva cuore di licenziare nessuno. Allora chiuse gli occhi e licenziò per ordine alfabetico. Io mi chiamo Assante. Mi fossi chiamato Zeppola, ci sarei ancora. Del resto ha promesso che sarò riassunto.

LUCIA E aspetta cavallo che l'erba cresce!

MICHELE E invece mo mi vado a prendere uno dei mille posti vuoti che aspettano me. Che dici? Vado a dirigere l' Euraton o l'O.N.U.?

LUCIA Perchè, il guardiano al mulino "fratelli Aiello" non lo potevi fare?

MICHELE Notturno! Guardiano notturno era! Precisa.

LUCIA Uh!, che paura! Notturno!

NICOLINO Uno, come se le fa a casa sette, otto ore di sonno, non se le poteva fare al mulino? MICHELE (Guardando Nicolino con occhi amari) Beato chi in casa si tiene un cane che non ha la parola.

NICOLINO Ho capito, va. È meglio che me ne scendo a fare quattro passi.

MICHELE (Mentre Nicolino esce dalla comune) Bravo, cammina all'ombra, che il sole è forte. CONCETTA E mo dove va? (Andando ad affacciarsi al balcone) Ah, Santa Rita! Santa Rita! Falli uscire da questa situazione e loro ti portano un rosario tutto d'oro.

LUCIA Mammà, per favore! E nuje sulo cu Santa Rita avimm"a fa diebbete.

MICHELE ‘O vì! Un'amarezza continua, un veleno quotidiano. Ma pecchè? (Avvicinandosi a Lucia con tono conciliante) Guarda...

LUCIA (Fredda) Miche!

MICHELE (Tornando sulla sua) E va bene, Lucì. Come vuoi tu. Tirammola, tirammola sta funa! LUCIA Fino e che se spezza, eh?

MICHELE Ecco, la solita conclusione tragica. Uno dice una parola qualunque e essa subito fa 'nu finale 'e terz' atto !

LUCIA E tu accussi sì fatto: comm' è criature. Vuò appiecià 'o miccio e po' nun vuo' sentì 'a botta. MICHELE E sentimmo 'a botta, jammo, Lucì, parla.

LUCIA Seh, ce volesse nu romanzo!

MICHELE E mo t"o dico io a te zucato zucato! Luci Lascia sta.

CONCETTA (Dal balcone) Cammina sul marciapiede, Nicolino.

MICHELE Lucì, chiaro chiaro e tondo tondo; secondo me la verità è che tu non hai più stima di me. Stai ccà pecchè te sò marito, ma si putisse...

LUCIA Te cagnasse, sì. Ma nun è ca te cagnasse cu n'at'ommo. E chesto è chello ca conta. CONCETTA (Dal balcone) No, le nocelline no, ti fanno male.

LUCIA Te cagnasse cu n’atu te stesso ca steve dint'a fantasia mia e che po' nun aggio trovato cchiù. MICHELE Ah, e questa è la colpa mia? E tu ti credi che per un uomo è facile essere come una donna se lo sogna? Con quello che vi mettete in testa? Ce vonno fa essere Orlando e Fra' Cristoforo, Casanova e Guglielmo Tell, e quando poi scoprono che uno magari tene 'a panza e porta 'e mutande longhe, perdono 'a fantasia.

LUCIA Ma io nun volevo tutto chesto. (Con uno scatto) Orlando no, ma Pulcenella nemmeno. MICHELE (Colpito) Lucì!

CONCETTA Ma non gridate tanto. Qui le pareti sono uno sfoglio, ci sentono i vicini.

LUCIA (Con tono più dimesso, come stanca) O forse la verità è un'altra, Michè. E che ci voleva un'altra femmena pe’ te e un altro uomo pe’ me.

MICHELE Eh, ma ci abbiamo messo dieci anni pe' fa sta scuperta. I forse dopo dieci anni ‘a fanno tutte quante. Leggi i giornali. 'A ccà truove scritto: "Il diciottenne Tizio suicida per amore". E 'a cà: "I1 quarantenne Caio sopprime la moglie..." Anzi, noi siamo una coppia privilegiata. Alla fine facciamo qualche chiacchiera, qualche screzio.

LUCIA Ah, palate maie.

MICHELE E te pare niente?!

LUCIA (Alzandosi) E va bene, Michè. Allora aspettammo c'ascimmo ncopp"e giurnale. (Fa per uscire a sinistra, ma si ferma perché si sente una violenta scampanellata)

CONCETTA (Andando ad aprire) Eh, che modo di bussare!

MICHELE (Si è avviato di corsa verso la porta di sinistra e si è fermato sulla soglia, pronto a scappare) Se è qualcuno dei vampiri, io non ci sono.

LUCIA Sì, vai vai ad imboscarti. Tanto per le battaglie qua ci sta Giovanna d'Arco.

Elvira e detti

ELVIRA (Se ne ode la voce prima che compaia in iscena) Non me lo nascondete! Se c'è, non me lo nascondete!

MICHELE (Uscendo di corsa per risortire fra poco) Uh, non me lo nascondete.

ELVIRA (Entrando dalla comune con Concetta) Buon giorno, signò, scusate. Mi credevo che c'era il mostro.

LUCIA Michè, vieni. È la signora Elvira che cerca il marito.

MICHELE (Preoccupato) Che è stato, signo', qualche cosa?

ELVIRA E che deve essere! Dovete domandarlo all'amico vostro, dovete.

MICHELE (A denti stretti) Io ho sentito una scampanellata così violenta, benedetta voi!

ELVIRA Embè, i nervi, che volete, i nervi. Ma io, se ho il piacere che quello muore prima di me, sulla tomba ci devo fare scrivere: "Sotto le mentite spoglie di Armando Trombetta qui giace, finalmente innocuo, Dracula il maledetto."

MICHELE Eh, va bene!

ELVIRA Eh lo so, lo so. Voi lo difendete. Si capisce, è l'omertà.

MICHELE Che c'entra l'omertà?

ELVIRA Ma la signora Lucia tace, e chi tace acconsente.

MICHELE E quello se tra i mariti c'è l'omertà, fra le mogli c'è la catena della concordia.

ELVIRA Lasciamo stare, lasciamo stare. Mo s'è alzato a prima mattina e se n’è uscito. Furtivamente, come un ladro.

CONCETTA Sarà andato alla Messa?

ELVIRA Il mostro? Quello mo chissà appresso a quale grandissima dama starà facendo lo sporco. (A Michele) Ma ditemi la verità: da voi non è passato proprio?

MICHELE No.

ELVIRA (A Lucia, come a chiederle di avallare) Signò?

MICHELE Ma pecché, signò, a me non mi credete?

ELVIRA Sì. (Fa verso Lucia una smorfia della bocca per dire che non gli crede affatto)

MICHELE Doveva venire, veramente. (Guarda l'orologio) Anzi, mi meraviglio.

ELVIRA Allora mi fate una cortesia? Appena viene, mi chiamate? Tanto stiamo porta a porta. MICHELE Certo.

ELVIRA (A Lucia) Signò, mi chiamate?

MICHELE Gesù, Gesù! Ma che sono un bambino?

ELVIRA Grazie assai, scusate. Eh! Quello mi sta portando al manicomio. Mi sta facendo marcire il fegato. (Avviandosi a destra) Chi me lo doveva dire a me! A me che a quattordici anni m' aveva spusà ‘nu capitano dell'aviazione. (Via)

MICHELE Ma vedete un poco questa spostata, quanta confidenza!

CONCETTA (Dal balcone) Neh, sta venendo donna Carmenella.

MICHELE Ah! E questa doveva venire martedì!

CONCETTA Vuoi far dire che non ci sei?

MICHELE No, no. È meglio che l'affrontiamo. L'abbiamo rimandata già troppe volte. Lucì, che le vogliamo dire? Jammo, prepariamoci un discorso.

LUCIA E tu lo tieni già pronto. Dincello che non ti vogliono far dirigere 1'Euraton. Dincello che devi fare il sensale di matrimonio, Anzi, quella è vedova. Dille che ci trovi un partito pure a lei. MICHELE E che c'entra mo questa vigliaccheria? (Bussano: Concetta esce a destra)

LUCIA Ah, e a te te piace ca tu spare e io apparo? No! La faccia rossa

 la devi fare tu. Il patema dev'essere tuo. Per conto mio, da oggi in poi, me licenzio, Michè. (Via a sinistra)

Donna Carmenella, e detti

CONCETTA (Introducendo donna Carmenella  tutta vestita a festa, con cappello, borsa e guanti) Accomodatevi.

MICHELE Oh, cara donna Carmenella!

CARMENELLA Eh, care e se rompe ‘o musso!

MICHELE Caspita! Facite chesta toletta quann'è dummeneca!

CARMENELLA No, so' andata a ‘nu matrimonio qua vicino e ho detto: "Mi trovo, mo me li faccio questi tre piani."

MICHELE E assettateve. Mammà, fa ‘o cafè a donna Carmenella.

CARMENELLA Ma lasciate sta.

CONCETTA (Uscendo a sinistra) Ch' aggia lascià sta!

CARMENELLA (Con voce lamentosa) 'On Michè, mi permettete ? Abbiate pazienza. Mi debbo sfilare un poco le scarpe.

MICHELE Prego, prego, rilasciatevi.

CARMENELLA Ah, mi stanno dando morte e passione.

MICHELE Ma chi ve l'ha fatto fare? Ve la risparmiavate questa salita.

CARMENELLA Embè, io so che voi siete un poco smemorato, e vi sono venuto a dare una rinfrescatina per martedì. (Togliendosi il cappello) Scusate, eh. Mi dovete credere, io in testa mi troverei più a portare ‘na sporta 'e fiche ca 'o cappiello.

MICHELE Lo credo.

CARMENELLA Vi ho portato tutto il conto scritto (Cercando nella borsa) No, aspettate, mi devo togliere i guanti. Me sento 'e mmane tutte 'mpastucchiate.

MICHELE Ma toglietevi quello che volete voi.

CARMENELLA Nun te preoccupà bella 'e mammà, ce la faccio (Prendendo un foglietto dalla borsa) Ecco qua. Tutto sommato, prendi oggi e prendi domani, nientedimeno che siamo arrivati a cinquecentomila lire. (Calcato) Mezzo milione!

MICHELE E già. Io mo, martedì, dovrei darvi la metà di questi soldi.

CARMENELLA Duecentocinquantamila lire!

MICHELE Nu quarto 'e milione! Guardate donna Carmenè...

CARMENELLA Don Michè aspettate 'a sora vosta! Vuie quanno accumminciate a parlà accussi, me facite azzellì 'e carne...

MICHELE No, ma si tratterebbe solo di aspettare...

CARMENELLA Don Michè. don Michè, non facciamo scherzi perché questa a volta succede 'o fuoco eterno, 'a guerra universale.

MICHELE Aspettate, nun me mangiate! Ma che diavolo, a Corte di Assise pure lo fanno parlare all'imputato!

CARMENELLA E sò tre anni che stiamo parlando! Che dobbiamo parlare più! "Non li tengo. A Natale. A Natale, no, a Pasqua. A Pasqua nemmeno, quell'altro Natale". Don Michè, è morto e risuscitato sei volte Gesù Cristo (segnandosi) sempre sia lodato, ma io non ho visto la croce di un soldo!

MICHELE E va bene, donna Carmenè. Sono tre anni. Però, non è per notare, ci abbiamo messo l’interesse, il soprainteresse e l'interesse dell' interesse.

CARMENELLA Ma sempre a chiacchiere. Mai che avessi visto una lira!

MICHELE Non l'avete vista, diciamo così, materialmente... 'A

CARMENELLA Ma nemmeno in sogno, don Michele mio, nemmeno in sogno.

MICHELE Dovete far conto che tenete un salvadanaio conservato.

CARMENELLA E dalle cu tenè conservato! Don Michè, conservato nun hadda stà niente! Il quattrino deve camminare.

MICHELE E pecché? Mmano 'a me nun cammina?

CARMENELLA Sì, cammina troppo e nun torna cchiù addereto.

MICHELE Ma perché, ve li sto negando?

CARMENELLA Si lo capisco. Ma io come faccio con la mercante? Embè, mi credete? Se fossero i miei, ci metterei una pietra sopra. Io vi aspetterei pure dieci anni, ma io mi metto in mezzo per lucrare una piccola cosa.

MICHELE E voi ditelo a questa mercante: "Allora lo vogliamo far buttare abbasso? Poi quando è morto chi ci paga più?"

CARMENELLA Ma come sarebbe questo ragionamento, scusate?

MICHELE Embè e che faccio? Ve li calo dal cielo cu panariello?

CARMENELLA Eh, voi scherzate pure! Mme pare comme si me cuffiasseve appriesso, me pare!

MICHELE (Con voce dolorosa, sincera) Ch' aggia cuffià, donna Carmenè, ch' aggia cuffià? Mi credete? Io ogni volta che parlo con voi, mi viene dolore di testa per la mortificazione.

CARMENELLA (Ruggendo) Dolore di testa! Quello a me ogni volta che parlo con voi, mi escono i bruciori per le carni.

MICHELE (Umile e implorante) E nun fa niente, jammo. Facciamolo questo miracolo ! CARMENELLA (Dopo una pausa, alzandosi di scatto, livida di rabbia) E va bene, don Michè. Ditemi esatto quant'altro devo aspettare. Don Michè, riflettete bene e fate conto che lo scrivete dentro alla "Bibbia". Ditemi il giorno, preciso che se poi non è, succedono i Vespri Siciliani. MICHELE (Dopo una pausa) Donna Carmè, ci dovremmo vedere a Natale.

CARMENELLA (Alzandosi in piedi insieme ad Annarella) Uh Mamma mia! A Natale! E che siete uscito pazzo? No., no, no! Nun pozzo aspettà tanto. E chi ce lo dice alla mercante. No, no, no! Don Michè, sapete che c'è di nuovo? Io me ne vado e faccio venire a lei in persona. Io mi tolgo da mezzo. (Facendo atto di lavarsi le mani) Ponzio Pilato! Ponzio Pilato! (Fanno per uscire a destra)

MICHELE (Mentre Concetta rientra coi cafè) E aspettate! Prendetevi il caffè.

CARMENELLA (Ricadendo a sedere) Il veleno ci vorrebbe, il veleno!

CONCETTA Amaro, eh?

CARMENELLA Amaro, amaro assai!

MICHELE Dunque avete capito? Alla fine io che vi chiedo? Un poco di respiro.

CARMENELLA (Con la mano alla fronte, dondolando la testa, con voce querula) Uh! nu poco e respiro! Voi a me mi volete vedere con l'ossigeno!

MICHELE (Con un malcelato rammarico nella voce) Ma quale ossigeno! Voi tenete una salute di ferro!

CARMENELLA (Che ha avvertito il tono equivoco della battuta) Eh?

MICHELE (Cercando di coprire) E perché non la tenete la salute? Perché tanta gente cade malata e vuie maje, maje ‘na freva, niente! Comme se po' fa, v'avesse maje sentita 'e fa nu sternuto! Perché siete una donna di cuore, vi compenetrate.

CONCETTA E 'là sopra ce sta chi vede e sente.

MICHELE Appunto. Gesù, quando ci fu l'epidemia d'influenza gialla tutta Napoli ammalata! Noi ci preoccupavamo, eh? Comme dicevamo? "Vuò vedè che mo nun viene?" Niente, al giorno e all'ora precisa stiveve fore 'a porta!

CARMENELLA La Provvidenza.

CONCETTA ( Piagnucolando) Contentatelo, jammo, pensate alla vostra salute

CARMENELLA (Sul punto di cedere) Ma io come faccio? Ma poi sarebbe sicuro?

MICHELE Come la morte.

CARMENELLA Lo vedete, io faccio bu bà, ma poi mi compenetro. Ma che  le vado a contare alla mercante`?

MICHELE Vedite vuie, meh. ( Dandole confidenzialmente di gomito) Vuoi vedere che mo a una figlia di buona madre come voi può mancare la parolella giusta?

CARMENELLA (Lasciandosi sfuggire un sorriso di compiacimento per il complimento ricevuto) Eh.

MICHELE (Insistendo su questa corda che si rivela efficace) Jammo. Vuie tenite e cervelle 'e Napoleone.

CARMENELLA (Ridendo apertamente, facendo atto di dargli uno schiaffetto scherzoso) Ma vuie site proprio...

MICHELE (Ridendo anche lui) Eh, ma vuie me mettite 'a coppa.

Lucia e detti

CARMENELLA Ah, ccà sta pure donna Lucia.

LUCIA Buongiorno. Che rè? Faciteme ridere nu poco pure a me.

MICHELE Luci, tutto a posto.

CARMENELLA Diciamo a posto!

MICHELE Ho fatto capire a donna Carmenella la situazione. Si è compenetrata.

LUCIA (Secca) A Natale? Nun v"e dà.

MICHELE Lucì!

LUCIA Nun v"e dà.

CARMENELLA (Alzandosi lentamente) Uh, mo mi fate venire un moto.

CONCETTA (Eseguendo) Forse è meglio che chiudiamo il balcone.

CARMENELLA Ma se quello mi ha giurato...

LUCIA E io vi giuro che non ve li dà.

MICHELE È uscita pazza Lucia.

CARMENELLA E si, jammo. Mo venite voi e dite a Pasqua.

LUCIA Manco a Pasca.

MICHELE Ma pigliate nu sicchio d'acqua fresca.

LUCIA Nun v"e dà maje.

CARMENELLA (Trasecolando) Comme! (Dopo una breve pausa avvicinandosi lentamente e fissandola negli occhi) 'A faccia è tosta,eh?

LUCIA Mme vulite vattere? Vattiteme! Ma pure accussì nun v"e putimmo dà pecchè nun 'e tenimmo.

CARMENELLA Ah, neh? Ma io martedì mi risparmio pure la salita. Io vengo con i canti e con i suoni e vi porto una serenata sotto al balcone e se non ho i soldi facciamo sapere i fatti vostri alla gente.

LUCIA (Ferma) E io ve faccio arrestà.

CARMENELLA Uh! A me mi fai arrestare? Vi devono arrestare a voi che mi volete rubare. (Piagnucolando) Io so' tre anne che sto dentro all'olio fritto per voi, dentro all'olio fritto!

LUCIA Io nun v' arrobbo niente. Se li volete veramente, ve li posso dare a cinque mila lire al mese. CARMENELLA E che faccio il patto con la morte?

CONCETTA Eh, voi vivrete cento anni.

CARMENELLA Ma fate il conto di quanto ci vuole.

MICHELE Dunque. A cinquemila lire al mese...

LUCIA Otto anni e quattro mesi.

CARMENELLA Ott' anne, ott’ anne

MICHELE Se poi cambiamo fortuna...

LUCIA Non cambiamo niente. Cinquemila lire al mese.

MICHELE Certo, ci mettiamo un altro poco d'interesse...

LUCIA Niente. 'A somma secca secca.

CARMENELLA (Dopo una pausa, alzandosi di scatto) E che vi debbo dire. Voi mi ricattate. Mo è meglio che me ne vado perché mi sento le vampe in faccia.

LUCIA Noi ve ne facciamo tutte cambialette. Così non vi prendete più il fastidio di venire.

MICHELE Se poi ci volete venire a trovare...

CARMENELLA (Avviandosi a destra) Manco morta! Manco morta!

CONCETTA Il cappello, vi dimenticate il cappello.

CARMENELLA (Prendendolo) Ah, 'e piede! La mala nottata e la figlia femmina! 'E piede! (Esce insieme ad Annarella )

MICHELE (A Lucia) Hai tenuto un cuore di leonessa!

CONCETTA Io mi devo andare a bere un bicchiere d'acqua. (Esce a sinistra)

MICHELE Brava! Mi hai tolto un macigno dallo stomaco.

LUCIA Quello ho capito che a un certo momento ti a mettere tu 'a veste e io ‘o cazone. Se no non si risolve mai questa opera di pupi. Mo arrivano  altre tre scadenze: tredici, quindici e ventiquattro. Si devono pagare. Vedi di trovare i soldi, i denari, la pecunia, 'e money!

MICHELE (Col, tono dell'orgoglio ferito) Le pagherò. Tu non te ne «occupare. Vattene dentro a rassettare e a cucinare.

LUCIA  I soldi per la spesa.

MICHELE Ah, sì. Un momento... (Cercando nelle tasche) Va bè, vai a i rassettare soltanto.

LUCIA E mo li caccio io. Mi è restato qualcosa di quando mandai a pignorare gli orecchini. (Esce a sinistra)

MICHELE (A mani giunte, rivolto a Cristo Crocifisso) Tu le. vedi i tua lite umiliazioni? E fammela questa grazia ! Che se per un momento solo fossi io Onnipotente e tu un uomo qualunque, e mi chiedessi di schiodarti dalla croce, io subito stenderei la mano, e può essere mai allora che io tengo più cuore di te? Mandami un po' di bene, fammela questa grazia.

Nicolino e detto

NICOLINO (Che è entrato dalla comune in tempo per sentire le ultime battute) Ma

che stai facendo?

MICHELE (Sussultando) Chi è? Ma che stavi nascosto?

NICOLINO  No, stava la porta aperta e...

MICHELE (Irritato dai pensiero di essere stato sorpreso a pregare) E fa rumore quando cammini! Batti i piedi a terra! Gesù, ma che fai Strisci?

NICOLINO Ho il passo di pensatore.

MICHELE E domani ti attacchi i campanelli ai piedi. (Bussano) Va ad aprire. Sì, sì, ci sto per tutti quanti, non voglio imboscarmi più. Vai.

Armando e detti

NICOLINO (Introducendo) È Armando.

MICHELE Uè, Armando mio! Io a te aspettavo. Che hai fatto? Non mi dare cattive notizie, pecché vaco ‘nterra. Ho bisogno del danaro, più che mai. Ho litigato perfino con mia moglie.

ARMANDO Michè, quello che ho fatto per te, nemmeno per un fratello.

MICHELE Bravo!

ARMANDO Sette camice ho sudato, sette.

MICHELE (Fremendo) Ho capito.

ARMANDO Sono stato prima da donna Cristina la mora. L'ho pregata, le ho promesso qualunque interesse, ma ... (Accompagnando le parole col gesto della mano) Ho munto, ho munto... da quella vacca non ne ho cacciato niente.

MICHELE E allora ?

ARMANDO Non mi sono avvilito.

MICHELE Bene.

ARMANDO Sono andato da don Ciccio Pepe.

MICHELE E hai ottenuto?

ARMANDO Michè... (c.s.) ho premuto, ho premuto..

MICHELE Ma da quel limone...

ARMANDO Niente.

MICHELE E comme se fa?

ARMANDO Ma non è finita.

MICHELE Ah!?

ARMANDO Sono corso da Luigino l'orefice.

MICHELE E finalmente?

ARMANDO (Col solito gesto) Michè, ho stretto, ho stretto...

MICHELE Ma se n'è fujuta 'anguilla!

ARMANDO Michè, tu mi prendi anche in giro. Io ho sudato sette camice!

MICHELE No, per quel gesto che fai. Pare che dici: "Ho acchiappato una mosca e se n'è scappata pure quella".

ARMANDO E che vuo 'a me? Quella la vita si è fatta difficile! Ce sta ‘na miseria!

MICHELE E comme se fa? Armà, ma a tua moglie non li potresti chiedere?

ARMANDO Per amor di Dio! Quella mi vorrebbe impiccare. Crederebbe per lo meno che ce ne dobbiamo comprare cocaina.

MICHELE Si, lo so. Quella poco fa è stata qua a cercarti. Sembrava una furia

ARMANDO Me l'immagino. Io perciò non ci sono entrato ancora. Quella comincia a fare:  Rettile, Cobra, istrione!" Ma dove le prende certe parole?

Campanello

MICHELE Nicolino

NICOLINO (Andando ad aprire) Lo so, lo so, non me lo dire, lo so.

MICHELE Ma comme faccio! Io po' se sapevo, mi tenevo almeno la posta son mia moglie!

Cristina e detti

NICOLINO (introducendo) Michè, la signora Nocera.

MICHELE (Andandole incontro) Oh, la signorina! Come state? Che sorpresa! Siete venuta a un momento...

CRISTINA Se dò fastidio...

MICHELE No, fastidio mai. Voi lo sapete, io faccio il mestiere come un apostolato. Ma è che oggi sto un po' nervoso. Avevo combinato un matrimonio tra un becchino ed una levatrice e per superstizione lei non ha  aderito.

CRISTINA (Guardando Armando) E quel signore là? Pure è in predicato?

MICHELE  Sì, sì, anche quello. Come vedete il mio studio è molto frequentato. Quello fa parte del campionario di lusso. Lo tengo conservato per qualche occasione. Forse lo spedisco all'estero. CRISTINA All'estero?

MICHELE Si. Una vedova oriunda che mi ha scritto dall'America. Desidera coniugarsi in seconde nozze con puro sangue italiano.

CRISTINA Simpatico!

MICHELE È Vero.

 CRISTINA E per me allora nessuna nuova?

MICHELE Non vi preoccupate, vi tengo in vetrina. Non c'è vedovo sconsolato, né scapolo maturo che passi di qua senza vedere la vostra fotografia e sentire il vostro disco.

CRISTINA Io ne avevo portato un altro dove canto "La Traviata"

MICHELE No, uno basta.

CRISTINA Allora me ne Vado? Caso mai dovesse tornare quel bidello dell'altra volta, vedete di conciliare. A me della gamba di legno non me ne importa. Lo spirito non sta nelle gambe. Dico bene?

MICHELE Benissimo. Ma quello non torna più. Ve lo dissi: "È meglio che non facciamo sentire il disco". Quello odiava la musica. Con tutta la gamba di legno scappò come un levriero. Si mise al rischio di spezzarsi l' altra gamba.

CRISTINA Peccato! Io tengo ancora quell'assegno che avevo preparato per voi.

MICHELE Ah! sì?

CRISTINA Per scaramanzia. Mi dà l'idea che ve lo devo dare da un momento all'altro. Mi piace di sognare così.

MICHELE (Quasi fra sé) Che dolce sogno!

ARMANDO (Che sta facendo scena a parte con Nicolino) Ma chi è chella befana?

CRISTINA (Guardando verso Armando e Nicolino) Stanno parlando di noi.

MICHELE Credete?

CRISTINA L'intuito. Parlano e sorridono anche.

MICHELE E già. Eppure... (Con una improvvisa idea) Signori, aspettate. In fondo l'America può aspettare. La mia Patria è l'Italia. Io sono un sentimentale, lo faccio per apostolato. Nicolino, accompagna un po' la signorina nello studio.

NICOLINO (Sottovoce ad Armando) Speriamo che non morde.

MICHELE Vai, vai. Signorì, accomodatevi, ora vi chiamo subito. Chissà che la fata di Cenerentola non abbia un colpo di bacchetta magica anche per voi.

CRISTINA (Sospirando) Eh! (Esce con Nicolino per la porta dello studio)

MICHELE E quello effettivamente na bacchetta 'nfronte ce vulesse!

ARMANDO Ma che vò?

MICHELE Armà, ora mi devi far vedere chello che sai fa! Armà, quella è una cliente preziosa. Mi ha promesso quattrocentomila lire di mediazione se le trovo il marito. Duecentomila di anticipo e il resto dopo le nozze.

ARMANDO Bravo! E tu l'hai trovata la vittima?

MICHELE Ma che devo trovare? Quella l'impresa è disperata.

ARMANDO Certo, adda essere 'nu poco pesante 'a signora!

MICHELE 'Nu poco? Chella  è 'na  scucciantona nummero uno! Poi oca, sentimentosa e con la pretesa di cantare. Anzi, tu dirai che non solo ti ho fatto vedere la fotografia, ma che ti ho fatto sentire anche il disco.

ARMANDO Ma che c'entro io?

MICHELE Mo ti spiego.

ARMANDO No, perché io ho un vago sospetto...

MICHELE Sì, Armà, sì, lo devi fare.

ARMANDO No, Michè. Chiedimi tutto, ma questo no.

MICHELE Ma si tratta di fingere.

ARMANDO E chello era bello ca faceva overo.

MICHELE Zitto! Mia madre.

Concetta e detti

CONCETTA (Entrando dalla sinistra con borsa da spesa) Ah, voi state qua? Quella povera signora vostra come si disperava. Ci siete stato dentro?

ARMANDO Non ancora. Adesso ci vado. (Fa per andare)

MICHELE (Trattenendolo) Aspetta! Mammà, voi dovete scendere?

CONCETTA Vado a fare la spesa. Un altro calvario di sessanta scalini!

MICHELE. correte se no si fa tardi.

CONCETTA Eh, corro. (Avviandosi a destra) Quando poi si dice: la scienza! Quelli vanno nella luna, ma un rimedio radicale per i calli, non si trova. (Esce)

MICHELE E Allora?

ARMANDO No, Michè, no.

MICHELE Armà, non siamo amici noi, siamo fratelli.

ARMANDO E chiedimi il sangue e te lo dò.

MICHELE OVVÌ, bravo! Tu sai declamare così bene. Quella è un tipo romantico, ama il discorso fiorito, un po' di fumo e un po' di rumore; un po' di violino e un po' di batteria. Si stordisce e la cuciniamo.

ARMANDO Ma tu certe volte sei amorale, lo sai?

MICHELE Amorale, amorale! E tu porta in chiesa a uno che sta morendo di sete e vedi se non si beve pure l'acqua santa.

ARMANDO Va bene, ma...

MICHELE (Andando verso la porta dello studio) Armà, quello Giuda, secondo me, quando se vennette a Cristo, teneva fame. (Fa per aprire)

ARMANDO Michele, no, ti prego! Ne va di mezzo la nostra amicizia!

MICHELE (Aprendo) Signorina Cristina, accomodatevi.

ARMANDO No, no!

Cristina, Nicolino e detti

MICHELE Venite. venite. Vediamo se posso avere la consolazione di condurre al porto della felicità due navi disperse.

CRISTINA (Sottovoce a Michele) Fatemi sedere, mi tremano le gambe.

NICOLINO (Sottovoce ad Armando) Ma l’ave cu me?

ARMANDO No, cu me.

MICHELE Signorina Cristina Di Nocera, ho il piacere di presentarvi il signor Armando... ARMANDO (Precedendolo) Brambilla. Armando Brambilla.

CRISTINA (Porgendogli la mano da baciare) Piacere.

MICHELE (Sedendosi fra tutti e due) Per una rara corrente di... telepatia, forse, o per uno di quei misteriosi intrecci del destino, poco prima che voi veniste, io e lui, conversando, eravamo scivolati su di voi.

CRISTINA Ah! Io per istrada me lo sono sentito un fischietto nell'orecchio.

NICOLINO Questi scugnizzi napoletani sono terribili!

MICHELE Nicolino.... se vuoi, tu puoi anche andare. Questo è un colloquio intimo.

NICOLINO No, no, voglio vedere come finisce.

MICHELE (A Cristina) E già, una naturale curiosità di un giovane romantico come mio fratello. Dunque, io vi ho presentati, ho messo la prima pietra, vi ho dato il "via", ora vogliamo vedere di conoscerci meglio? Vogliamo scambiare qualche parola?

CRISTINA (Guardando Armando senza sapere che dire) Eh?

ARMANDO (Nella stessa situazione) E già.

MICHELE (A Cristina, sottovoce) È timido, bisogna incoraggiarlo.

CRISTINA (Fa una risatina, sforzandosi di essere graziosa)

MICHELE Signor Armando, non siate timido. Aprite il vostro animo. Dite una delle tante belle frasi che avete dette quando vi ho mostrato la fotografia della signorina.

ARMANDO E che posso dire, don Michele mio! Io sono annientato. Resto senza parole di fronte a quello che mi capita.

MICHELE (A Cristina) Avete sentito? L'avete annientato.

ARMANDO Queste sono cose dell'altro mondo.

MICHELE (Cs.) Allude agli angeli.

ARMANDO lo non capisco ancora se sto sveglio o se sto sognando.

MICHELE No, amico mio, è realtà, è realtà.

CRISTINA (Sottovoce) Don Michè, ma quello mi pare...

MICHELE Voi in questo momento siete imbecillita dall'emozione.

CRISTINA Ma se sta dicendo...

MICHELE Signor Armando, ma dite ciò che avete detto a me della bella voce della signorina. ARMANDO Ah, sì, una voce bellissima, sebbene io non pensassi che dopo avrei dovuto incontrarla di persona, sentivo il disco e già piangevo. 

MICHELE Nobile commozione.

ARMANDO Una voce celestiale, una voce di sirena...

CRISTINA  (Canticchiando con voce stridula) Vissi d'arte, vissi d’amore.

MICHELE  Basta, basta, ha sentito.

NICOLINO Lo fate piangere un'altra volta.

Lucia e detti

LUCIA (comparendo sulla soglia della porta di sinistra) Neh, ma ch'avite passato?

MICHELE Niente, niente... cose nostre, non ti allarmare. È per il fatto del tredici, quindici e ventiquattro.... la pecunia, 'he capito? 'E money!..

LUCIA (Uscendo di nuovo a sinistra) Giesù, che spavento!

CRISTINA Chi era?

MICHELE Niente, mia moglie. Non ha nessuna comprensione delle cose belle dell'arte. Si allarma per nulla.

CRISTINA Ma tredici....

MICHE:LE ...quindici e ventiquattro. Sì, un. numero di telefono. Il telefono del signor Pecunia, che vuole andare in America al posto suo a sposare l'oriunda. Ma lasciamo stare l'America che sta tanto lontano, pensiamo a noi. Continuate a parlare. Signor Armando, che volete dire? Io vi vedo negli occhi qualche cosa, una luce.

ARMANDO E’ fuoco.

MICHELE (A Cristina) Temperamento vulcanico. Concludete. signor Armando, concludete. ARMANDO Ma è troppo presto per concludere. Tutto è stato come un fulmine che ci ha colpito. Lasciamo al fiore il tempo di sbocciare, no?

MICHELE Ma il fiore è già sbocciato. Si deve solo cogliere, capite? solo cogliere.

ARMANDO Ma la signorina potrebbe cambiare idea.

CRISTINA Oh, io sono come l'edera: dove mi attacco muoio.

ARMANDO Capisco, ma io sono come il. marinaio...

MICHELE Sì, Si, il navigatore senza bandiera, che dopo avere a lungo errato per i mari, cerca finalmente l'isola verde del riposo.

CRISTINA (Col solito sorrisetto) Pirata!

MICHELE Vedete, vedete mio fratello come ride? Esulta anche lui,perché ha intuito che tutto finisce bene. Che si aspetta più? Signor Armando, voi non volete parlare?

ARMANDO No, don Michè, no, non parlo.

MICHELE (Prendendogli la mano e stringendola a quella di Cristina) Ebbene, non importa. Il linguaggio del sentimento è muto.

CRISTINA Don Michè, ma io credo....

MICHELE E siete cocciuta. Mancate di introspezione. È la scorza che è dura, signorina mia. È antiromantico. Il pudore gli impedisce di dire quello che sente.

ARMANDO Sì, sì, don Michè, il pudore mi impedisce.

MICHELE Datemi le mani. Ecco. Io aggancio i vostri destini. E se ora si volesse pensare un poco al mio destino! Sebbene mi sembri volgare, in un momento così bello, ricordare lo sporco denaro, le nostre esigenze materiali ci costringono a fare questo ignobile insulto al sentimento. Signorina Cristina, se voi credete..

CRISTINA Ora?

MICHELE E allora quando?

CRISTINA (Facendo per aprire la borsa) Va bene,

Concetta Elvira poi Lucia e detti

CONCETTA (Ad Elvira, indicando Armando) Eccolo, lo vedete?

ELVIRA Il mostro! Dracula!

CRISTINA Dracula?!

MICHELE (Fra sé, quasi con un singhiozzo) Ma comme so' disgraziato.

LUCIA (Entrando dalla sinistra) Ma che sta succedendo oggi i n t' a sta casa?

CRISTINA (Ad Armando, indicando Elvira) Ma chi è?

ELVIRA La vittima, la sepolta viva: la moglie.

CRISTINA Moglie? Don Michè!

MICHELE (A capo chino apre le braccia senza dire niente)

CRISTINA Che schifo! (Si avvia a destra di corsa, ma giunta verso la porta si fertiza e si rivolge ancora a Michele) Ma cosa credevate? Di farmi diventare una 'squillo'? (Esce)

ELVIRA (Ad Armando) Squillo?! Pure questo mo, pure questo! Ah, io voglio andare in Svizzera a divorziare.

LUCIA (A Michele) Ma che hai combinato? Ma che altri imbrogli hai fatto? Disgraziato!

MICHELE E che ti devo dire? Hai ragione tu. Disgraziato è la parola esatta. Se non esistesse si sarebbe dovuta inventare quando sono nato io. (Esce per la comune)

ARMANDO (Seguendolo) Aspetta, Michè, vengo pure io. (Esce)

ELVIRA Dove vai? Vieni qui, negriero.

CONCETTA Calmatevi, signò, calmatevi.

ELVIRA come mi calmo? Io mi sento la scossa. Mi calmo?

CONCETTA Volete un po' di cambomilla?

ELVIRA  Meglio un po' di veleno.

CONCETTA (Distratta) E non so se ce n'è in casa adesso... Uh! Che mi fate dì, signò? Mo la testa non sta in testa.

ELVIRA No, ma io lo sapevo, che questa giornata dovevo piangere. Quando mi sogno l'uva bianca. non c'è niente da fare.

CONCETTA Ma che stavano facendo? Io non ho capito nulla. Nicolino, tu ci stavi?

NICOLINO No Ma nemmeno io ho capito nulla. Non so, la signorina vendeva i dischi. Ma mentre Armando e Michele conversavano sono scivolati sulla signorina.

ELVIRA Scivolati sulla signorina?

NICOLINO Per metafora. Poi Michele voleva fare entrare due navi nel porto, e siccome lui era pirata, non poteva entrare.

ELVIRA Mio marito, eh?

NICOLINO Allora hanno lasciato il porto o sono andati dove c'era un'isola tutta verde per causa dell'edera che dove si attacca muore. Però su questa isola c'era la sirena. (imitando il canto di Cristina) "Vissi d'arte..." Allora la gente. sentendo la sirena, si credeva che era l'allarme e Brambilla si metteva a piangere.

CONCETTA Chi è Brambilla?

NICOLINO Voglio dire Armando.

ELVIRA Ah, si fa chiamare Brambilla nella mala vita?

NICOLINO Poi sull'isola verde si trovava la volgarità che insultava il sentimento e siccome il linguaggio del sentimento è muto, il sentimento si stava zitto, e la volgarità gridava: "I soldi, i denari, i quattrini!" Poi dovevano telefonare al signor Quattrini....

ELVIRA (Scrivendo con una matita su un pezzetto di carta) Aspetta, io mi devo segnare questi nomi. Io li denunzio!

NICOLINO Ma il signor Quattrini doveva andare in America a sposare una oriunda, ma l'America è lontana e la nostra Patria è l'Italia. Ecco tutto.

LUCIA Ma che hai detto? Che hai detto? Io non ho capito nulla. (Campanello. Concetta va ad aprire)

ARMANDO (Di dentro) No, non chiudete, lasciate la porta aperta.

CONCETTA (Di dentro) Ma perché, che è successo?

ARMANDO (Entrando) Signora Lucia....

ELVIRA (Facendo per saltargli al volto) Brambilla!

ARMANDO (Con voce ferma che non ammette replica) Aspetta. Nun è o mumento, Elvì!

LUCIA (Preoccupata) Che è stato?

ARMANDO È successo un guaio! Che volete fare? Certe giornate vengono nere. Michele.... LUCIA Che ato ha fatto? Jammo!

ARMANDO No, no. S'è fatto male.

CONCETTA Michele?!

ARMANDO E vivo, però, è vivo.

LUCIA È Vivo Che significa? Ma allora...

ARMANDO Mo lo stanno portando. È andato sotto un pulman.

LUCIA Maronna!

CONCETTA Figlio mio! (A Lucia) Ah! Tu. tu!

LUCIA (Imperiosa) Stateve zitta!

CONCETTA (Mordendosi la mano come per un muto rimprovero a Lucia) Aah!

LUCIA (Anche lei senza parole implora a mani giunte che taccia ma è più un mandato dai diavolo che una implorazione)

ELVIRA Ma che si è fatto?

LUCIA (Con voce che si sforza di essere ferma) Armà, datemi la mazzata, che si è fatto? ARMANDO ( Con. voce incerta, ira sospensioni e balbettamenti) Guardate... è tutto sano. Qualche ammaccatura di niente...

CONCETTA E quando lo dicevate!

LUCIA (Insistendo) Però....

ARMANDO Che vi devo dire? Sul principio pareva niente, tanto che non l'ho portato nemmeno a far vedere. Poi... la botta, che so', lo schok; l'impressione... Quello poi passa. È rimasto un poco imbambolato... intronato... Insomma... come se fosse diventato scemo.

LUCIA Uh!

CONCETTA (Verso il cuore di Gesù) Pure questo mo, pure questo!

ARMANDO Ma non fate tutta questa tragedia. È cosa che passa.

ELVIRA Anzi, ringraziate Iddio con la faccia per terra.

LUCIA Va bene. (Levando gli occhi al cielo) Grazie. Grazie pure 'e chesto!

ARMANDO Zitto, zitto. Pare che stanno venendo. Vi raccomando. Non piangete, non strillate. Mettiamolo nell'ovatta e poi vediamo di solleticarlo piano piano.

Michele, Gennaro, Pasquale, Violante e detti

GENNARO  (Portando a braccia Michele) Chianu chianu, jammo.

PASQUALE ‘Na seggia, 'na seggia.

CONCETTA (Con un grido istintivo) Mi…

LUCIA (Le chiude la bocca con la mano)

ARMANDO (A Concetta) E vi ho pregato! Signora Lucia, mi raccomando a voi. Io vaco a chiammà nu duttore. A verità, mi sento scrupolo, è meglio che lo faccio vedere. (Esce)

PASQUALE 'On Michè, 'on Michè, comme ve sentite?

GENNARO Sta bene, sta bene. Questo don Michele tiene le ossa di erro.

ELVIRA Ma dove è successo?

VIOLANTE Qua sotto, proprio uscendo dal palazzo.

GENNARO Gesù, quello stamattina mi è passato davanti, mi ha fatto le solite dieci lire di elemosina e io gli ho detto: "San Giuseppe ve scanza e prutegge".

PASQUALE Ma stavene zitto!

CONCETTA Michè, vo' parlà, ovvi, vo' parlà.

LUCIA Michè...

MICHELE Tredici, quindici e ventiquattro.

VIOLANTE (A Gennaro) Scrive, Gennà, scrive!

LUCIA Non ci pensare adesso. Falli buttare il sangue a tutti quanti.

MICHELE Tredici, quindici e ventiquattro.

VIOLANTE (A Gennaro che sta scrivendo su un pezzo di carta) È terno secco, Gennà.

GENNARO Tredici, sedici e ventiquattro....

VIOLANTE Quindici, quindici e ventiquattro.

PASQUALE Neh, ma un poco di rispetto.

MICHELE Il pullman, le ruote.

VIOLANTE Zitto. Mo dice pure le ruote.

PASQUALE Non pensate al pullman adesso. Questa è casa vostra. Vedete, vostra madre, vostra moglie...

MICHELE A Natale no, a Pasca. A Pasca no, a Natale. Sta dentro all'olio fritto.

GENNARO Ma parlasse del capitone?

LUCIA Onn'Elvi, per favore. Vedite 'e ve purtà a tutte quante.

ELVIRA Su, per favore, usciamo tutti. Grazie di ogni cosa. Mo hanno bisogno di calma. PASQUALE Ma se serve qualche cosa, disponete.

VIOLANTE Vulisseve essere cucinato?

ELVIRA Penso io, penso io. Usciamo. Con permesso. (Esce con Gennaro, Pasquale e Violante) MICHELE (Piagnucola)

NICOLINO Piange, guardate. Piange.

LUCIA È buono, è buono. Michè, Michè, sono io. Mi riconosci?

MICHELE 'O cazone! No, no, nun m'a voglio mettere 'a veste.

CONCETTA Non ti preoccupare. Mamma ti fa vestire da generale dei pompieri.

NICOLINO Non piange più adesso. Sbadiglia. Michè, a me mi riconosci?

MICHELE Pulcinella, disgraziato.

NICOLINO Mi ha riconosciuto. É guarito.

MICHELE (Col pianto nella voce) Mammà... Lucia...

LUCIA Sto ccà.

CONCETTA Che t'è succieso? Che t'è succieso, Michè?

MICHELE (Scoppia in pianto abbracciando Concetta)

LUCIA (A Nicolino) Corri, vai al caffè di fronte, fa portare qualche cosa forte. (Nicolino esce) MICHELE Non fate chiasso, mi gira la testa. I chiodi! Tengo i chiodi qua.

LUCIA Ma comm'è stato? Comm'è stato?

CONCETTA Ti hanno investito? Ah, questi gangster della strada.

MICHELE Non gridare! (Guarda attorno) Chi ci sta? Siamo soli in famiglia?

CONCETTA Sì.

MICHELE Nicolino non deve sentire.

LUCIA Non ci sta. Parla. Vuoi dire qualche cosa?

MICHELE Lucì, io non sono stato investito. Io mi sono buttato.

CONCETTA Che? (Si segna)

LUCIA Disgra... (Non finisce la parola)

MICHELE Sì, Lucì sì. Mi sono buttato. È stato un momento terribile. Sono sceso di qua che vedevo tutto nero. Proprio in quel momento passava il pulman.

LUCIA E nun pensave a me?

MICHELE Appunto. Ci ho pensato.

CONCETTA Gesù, Gesù!

MICHELE Voi non potete immaginare che cosa è l'attimo in cui un uomo vede la morte a faccia a faccia. In quella frazione di minuto ho pensato a mille cose insieme. È come se ti scoppiasse nella testa una granata di pensieri. Ho pensato a te, a mamrnà, a Nicolì, o... A tante... Insomma, non lo so. Mille schegge di pensieri che volavano nel cervello tutte insieme.

CONCETTA Figlio mio!

MICHELE No, no, mo è passata. Basta. Non voglio sentire niente più. Ho bisogno dì dormire, ho bisogno di silenzio.

Nicolino, Luigino e detti

NICOLINO Ho fatto portare il cognac, questo rianima.

CONCETTA Si sente meglio. Sta bene.

LUIGINO On Michè, complimenti. Avete fatto proprio 1' ancarella alla morte. Dovete accendere un voto.

CONCETTA A Santa Rita. Io l'ho detto: a Santa Rita.

LUIGINO Invece quel povero Filippo, il facchino, lo tenete presente...?

MICHELE Quello tarchiato, calvo?

LUIGINO Appunto. Quando fu? Aspettate... Insomma, la settimana scorsa... il giorno non me lo ricordo. Fu investito da un mezzo e si è rotto un braccio.

MICHELE Oì? Una volta tanto sono andato meglio io.

CONCETTA E va bene.. Hai passato tanti guai tu!

LUIGINO Mo guaio mo, relativamente.

CONCETTA Eh! S'è spezzato un braccio; se ne poteva spezzare due.

LUIGINO No, non solo per questo. Ma perché si è sistemato.

LUCIA E comme?

LUIGINO E quello stava inguaiato. Una carretta di figli, la moglie facevano la fame! E invece, siccome l'infortunio l'ha reso inabile al lavoro, non so l'Atàn che indenizzo gli ha dato. Anzi mi pare che gli spetta proprio una pensioncina.

LUCIA Voi veramente dite?

LUIGINO Si capisce. Fate per esempio, mo che don Michele, invece di star bene, rimaneva, diciamo così...

LUCIA Scemo

LUIGINO Scemo. E chi gliela toglieva una pensione di quasi centomila carte al mese?

LUCIA Ma voi veramente dite?

LUIGINO Sì.

LUCIA (Dandosi uno schiaffo) Uh!

LUIGINO Ma perchè, voi non lo sapevate?

LUCIA (Mentre Michele impallidisce e dondola la testa) Mamma mia! Michè, Michè come ti senti? Parla! Hai capito? Come ti senti?

MICHELE (Cantilenando) 'O vapore... tredici, quindici e ventiquattro.

LUCIA (Correndo ai balcone) Madonna! Aiuto! È diventato scemo un'altra volta. È diventato scemo!

FINE DEL PRIMO ATTO

ATTO SECONDO

La stessa scena dei primo atto. Al levarsi della tela sono presenti Nicolino e il Signor Barbieri seduti a conversare

NICOLINO Vedete, signor Barbieri, mio fratello svolgeva il suo lavoro come un apostolato. Il matrimonio è la base della società e il Signore disse: "Crescete e moltiplicate".

BARBIERI Che vi devo dire'? Se vostro fratello è stato l'apostolo, io sono stato il martire. Ma con questo non voglio dire che gli serbo rancore. Io guardo la vita dall'alto. Sono filosofo.

NICOLINO Come io poeta. Perciò sono certo che andremo d'accordo.

BARBIERI Vedete, io vivo separato da mia moglie. Lo dico senza reticenze perché la vergogna è sua. Mi faceva le corna.

NICOLINO Ah!

BARBIERI Ma io non ho risentimento per lei. Ve l'ho detto, sono nato con il microbo della filosofia nel sangue. Sentite, voi avete letto l'Iliade?

NICOLINO I riassunti.

BARBIERI Vi ricordate che la bella Elena tradisce Menelao e fa scoppiare la guena di Troia? NICOLINO Sì, ma....

BARBIERI No, per dirvi le donne. Se Menelao che era re guerriero, soldato valoroso, quindi anche fisicamente prestante, fu tradito, perché non avrei dovuto essere tradito io che sono... come dire? NICOLINO Riformato?

BARBIERI No, per carità, io ho fatto l'Africa. Volevo dire.... io che ho questo stile tondeggiante, ecco. Dice, ma allora i valori dello spirito, l'intelligenza? E quelle le donne capiscono questo? Figuratevi che mi chiamava "Uovo di Pasqua".

NICOLINO Sii?

BARBIERI Alludeva alla mia testa. Diceva che era un grande uovo vuoto che poi si apriva e di dentro usciva la sorpresa per i bambini.

NICOLINO Ah, scusate se rido. à che penso allo spirito cafone di vostra moglie.

BARBIERI Ecco. E tutto questo a chi lo devo? All'apostolato di vostro fratello.

NICOLINO Ma io appunto perciò ho chiamato voi. Lui teneva scritto in un taccuino tutti i matrimoni combinati. I riusciti, sottolineati in rosso e i falliti in nero. Sotto al vostro c'erano tre freghi neri. Voi poi siete filosofo, e, come avete detto, non gli serbate rancore. Specie dopo la disgrazia.

BARBIERI (Con una alzata di spalle) Alla fine non siamo che tutti pupazzi nelle mani del destino. NICOLINO. E mi aiuterete? Farete quello che vi ho detto?

BARBIERI Se è a fin di bene.

NICOLINO (Stringendogli la mano) Siete un uomo di grande merito. Dunque, riepiloghiamo. Voi bussate...

BARBIERI Busso.

NICOLINO Quando la porta si apre, vi precipitate dentro come un forsennato.

BARBIERI I capelli irti, gli occhi brutti, armato di pistola....

NICOLINO Esatto. E gli gridate in faccia: "Michele Assante, raccomandati l'anima a Dio! Tu hai rovinato la mia vita, io distruggo la tua. Muori maledetto!" Capite, lo spavento deve essere forte, se vogliamo sperare di guarirlo.

BARBIERI Neh, don Nicolì, ma poi siamo sicuri che quello non mi butta qualche cosa in faccia? NICOLINO Ma che deve buttare? Il poverino è in condizioni pietose. Volesse il Cielo e potesse buttarvi una cosa in faccia. Ma ora chiudete il libro. Stanno venendo mia madre e la moglie e sono certo che non approverebbero. Venite, vi accompagno alla porta. (Esce a destra con Barbieri per risortine subito)

Concetta Lucia e detto

CONCETTA (Entra dalla sinistra, vestita per uscire, con cappello e borsa, insieme a Lucia) Stammi a sentire, dammi retta. E meglio se a me non mi fate proprio comparire in mezzo.

LUCIA Mammà, luvateve stu cappiello

CONCETTA (Con voce implorante) Io non lo so fare. Io scombino, sono certa che scombino. LUCIA (Accorgendosi di Nicolino che ritorna)Ehò, ehm!

NICOLINO Mo comincia a tossire pure questa. Bisogna fare una provvista di caramelle d'orzo in questa casa. (Via nello studio)

CONCETTA Hai capito? Voi dite che per non farmi avere emozioni, mi avete mandato a stare un pò di tempo con mio fratello.

LUCIA E vi pare legittimo che una madre se ne va e lascia il figlio in quelle condizioni? CONCETTA Ma io non lo so fare. Non tengo la faccia.

LUCIA E più naturale di così? Voi sembrate fresca scavata.

CONCETTA Embè, mi dà l'idea che siete impazziti. Ma quando uno piglia e si finge scemo? LUCIA E che vi devo dire? Quando noi abbiamo avuta la sfortuna che quello non si è fatto niente. CONCETTA Ma io non lo so fare. Io artatamente non so piangere.

LUCIA Mammà, voi non dovete fare proprio niente. Basta che ogni tatto vi mettete le mani in faccia e dite: "Povero figlio mio, povero figlio mio"!

CONCETTA Gesù, Gesù! (.Provando) "Povero figlio mio, povero figlio mio". Che dici? sembro un pappagallo?

LUCIA (Togliendole il cappello) No, mammà, no.

CONCETTA (Togliendosi il cappotto) Ma io non lo so fare. Io mi metto paura.

Michele e dette

MICHELE (Entra dalla sinistra in pigiama con alcune barchette di carta e vari fogli di giornale. Ha una benda sulla fronte e parla un pò cantilenando maniera degli idioti) ‘Nu vapore va e nato vene. ma arido' va? ua dò vene? Lucia (Battendo le mani come per svegliarlo) Eh, va, vene! Michè, nun ce sta nisciuno.

MICHELE (Guardandosi intorno) Ah, finalmente! Luci, vuie quanno nun ce sta nisciuno, me Io dovete avvisare. Anzi, cerchiamo proprio di evitare la gente, cerchiamo di stare quanto più soli è possibile.

LUCIA E te pare facile! Quelli vengono per dare aiuto, per dare fiato.

MICHELE Ma è un pellegrinaggio continuo, dalla mattina alla sera.

CONCETTA Siamo tanto stimati nel quartiere. 

MICHELE Ma io ogni tanto ho bisogno di distendermi un poco, si no ccà va a fernì ca me scemunisco overamente. Ah, m"a pozzo luvà nu poco sta pezza 'a fronte?

LUCIA Però statte attiente che c'è Nicolino nello studio e se quello capisce...

MICHELE Diventiamo la barzelletta del quartiere.

CONCETTA Quel povero ragazzo si sente così orgoglioso.

MICHELE  E di che cosa?

CONCETTA Che oramai lo scemo in casa non è più lui.

MICHELE Fra le altre cose ogni tanto me fa piglià nu zumpo nella speranza di farmi rinsavire con un'impressione.

CONCETTA Vedete che anima gentile.

MICHELE Sì, ma vediamo di distoglierlo, mammà. Quello mi sta facendo venire la malattia di cuore. Si nasconde dietro le porte, si mette sotto i letti e all'improvviso mi afferra un piede in mano. L'altra sera me lo vidi comparire davanti con un lenzuolo addosso e una candela accessa in mano.

Campanello

LUCIA (Andando ad aprire) 'A pezza, 'a pezza ‘nfronte.

MICHELE (Rimettendosi la benda) E chi se lo credeva che la gente mi voleva tanto bene! Mammà, chiunque sia, cercate di smammarli al più presto possibile.

Ottavio, Ninetta e detti

LUCIA (Precedendo gli altri col fazzoletto agli occhi) Che piacere, che piacere, Zio Ottavio con la figlia.

MICHELE (Con espressione di fastidio) Ah!

OTTAVIO (Abbracciando Concetta) Concetta, sorella mia, che disgrazia.

CONCETTA Povero figlio mio! Povero figlio mio

OTTAVIO E chi se lo sognava! Ma dove stava scritto!

LUCIA Ma voi come lo avete saputo?

NINETTA Ci ha scritto Nicolino.

OTTAVIO Una lettera che farebbe piangere le pietre. (Andando verso Michele) Ma parla? Riconosce? Michè, come stai? Mi riconosci? Zio Ottavio.

MICHELE (Come sopra) Eh!

OTTAVIO (A Ninetta che evidentemente impaurita cerca di stare alla larga) Ninetta, vieni, salutalo.

NINETTA (Sottovoce) Papà, ma lo tengono sciolto per la casa?

OTTAVIO (Fra i denti) Stai zitta, cretina. (A Concetta e a Lucia) Lo posso baciare?

MICHELE (Emette un mugolio da bambino terrorizzato, riparandosi il volto con un braccio) OTTAVIO Ma fa sempre accusi? Nun parla?

LUCIA No, per parlare parla. Anzi, certe volte pare proprio che sta bene. Ma quando gli viene la crisi...

NINETTA Si fa brutto?

OTTAVIO Ninetta, a papà; ma che ti credi? Che è il dottor Jekill? (Pizzicandole il mento con gesto affettuoso) è impressionabile. Ma quando si sarà affiatata, sarà di grande aiuto. Caso mai sa fare anche gli impacchi. Ah, per queste cose tiene una vocazione. Fate conto di avere l'infermiera in casa. Le siringhe, no. Quelle le faccio io. Io non vi prometto di più, ma una quindicina di giorni resteremo.

MICHELE (Come sopra) Uuuuh!

LUCIA (Piangendo) Una quindicina di giorni? Ma perchè vi volete incomodare?

OTTAVIO  Sì, brava! Cominciamo a fare complimenti. Allora siamo estranei? Allora il sangue è acqua? Per dormire, vedremo. Le donne vi arrangiate fra di voi e io magari dormo con lui. CONCETTA Povero figlio mio! Povero figlio mio!

OTTAVIO (Battendole una mano sulla spalla) Su, su. Mo sto io ccà e vedremo quello che si può fare.

CONCETTA Ma guarda Ottà, credimi, non è il caso.

OTTAVIO E vedi ! Dobbiamo fare i complimenti? E facciamoli. Allora invece di quindici giorni, staremo un mese.

MICHELE (Piagnucola)

NINETTA Ma sta piangendo? Uh, ma piange pure, allora?

OTTAVIO (Fiero, tergendosi una lacrima) Forse mi ha capito e si è commosso. (Battendogli una mano sulla spalla) Non ti preoccupare, figlio mio. Tu non starai mai solo!

CONCETTA Ma almeno lasciaci solo Ninetta. Tu non ti sacrificare.

OTTAVIO  Overo? E il turno di notte chi lo fa? Io mi corico con lui, ma non chiudo occhio, lo sorveglio. Così uno monta e dato smonta. E non Io lasceremo mai.

MICHELE (Quasi fra sé) No, no. Io me sparo. Io non posso sopportare questo tormento?

OTTAVIO Sta parlando, sta parlando.

Campanello

NINETTA State, state, vado io. (Esce)

OTTAVIO Michè, dillo a zio Ottavio. Che tormento non puoi sopportare.

MICHELE (Facendo atto di volergli gonfiare la ,faccia) Vorrei fare quello che non posso fare. Vorrei dire quello che non posso dire.

OTTAVIO Ma non capisco. Mi vuoi abbracciare? (Abbracciandolo) E abbracciami, figlio mio.

Il Dottore e detti

NINETTA (Introducendo)È il dottore.

LUCIA (In pianto, correndogli incontro) Ah, finalmente, il Salvatore nostro! (Fa per baciargli la mano)

DOTTORE  (Con tono cordiale, sorridente) Signò, signò, vi prego. Io non sono prete e tanto meno santo. Miracoli non ne posso fare.

LUCIA Sii, ma Ch' aggia' a fa? Io quando vedo a voi mi sento l'ossigeno, dottò!

DOTTORE Ma non piangete così, signora mia. (Indicando Concetta) Ecco, prendete esempio. Vedete la madre che forza d'animo.

OTTAVIO (Cingendo le spalle di Concetta) Pallida e muta come la statua del dolore.

CONCETTA Povero figlio mio! Povero figlio mio!

DOTTORE Ma, signora! E che facciamo adesso? Mi smentite?

CONCETTA Dottò ma io...

LUCIA Mammà, perché non andate dentro a fare il caffè?

CONCETTA Sì, sì, è meglio che vado.

OTTAVIO Eh! Ci mancherebbe! Allora noi siamo venuti a villeggiare qua! Ninetta, vai in cucina a fare il caffè.

CONCETTA No,no, ci vado io.

OTTAVIO Addò vai tu! Modestamente come fa il caffè mia figlia? Vai

NINETTA (Sottovoce a Ottavio) Papà, e venite pure voi, io mi metto paura.

OTTAVIO (Tra i denti) Vai, cretina, vai .

NINETTA Papà, vi avviso, se quello si alza e viene dentro, io faccio i vermi. (Via a sinistra, passando alla larga da Michele)

DOTTORE (Confortando Concetta) Su, su, signora non mi crollate anche voi, adesso. Voi avete più spina dorsale e dovete puntellare gli altri.

OTTAVIO Permette? Io sono il fratello. Sto qua appunto per puntellare. Ma in effetti, di che si tratta? È grave?

DOTTORE Ma non si può ancora dire, bisogna vedere. Io poi sto in veste, diciamo così.. di Perito. Non sono il medico curante.

LUCIA Deve fare la dichiarazione dell' Atàn il dottore. Ma io sono sicura che me lo fa stare anche bene. Tiene la faccia del buon augurio.

DOTTORE Vedete, lesioni non ce ne stanno, questo è positivo. Ma l'impressione avrebbe potuto procurargli un trauma psichico e... ma ora vediamo un poco.

OTTAVIO Dottore, quello proprio adesso si lamentava di non poter fare e di non poter dire quello che vuole.

DOTTORE Ecco. Proprio in questi casi il lavoro di chi lo assiste diventa più delicato. Bisogna subito evitare che 1' autosuggestione, stratificandosi nel subcosciente, possa diventare complesso. Certo ci vuole metodo. Ora vi faccio vedere io. (Va a sedere presso Michele)

OTTAVIO (A Concetta e Lucia con entusiasmo) Che professorone! Potente!

DOTTORE Caro don Michele, come andiamo?

MICHELE Bene, benissimo. Se qualche volta mi metto a fantasticare che comando una flotta di, bastimenti, che male c'è? Voi non sognate mai?

DOTTORE Certo. Ma io sono convinto che state bene. Sono venuto così, per una visita amichevole.

OTTAVIO (C. s.) Che tatto! Che psicologia!

DOTTORE Ma siccome agli amici si confida tutto, ora ditemi che cos'è quel tormento che sentite di non poter fare o dire quello che volete?

MICHELE (Con il pianto nella voce) Ah, non me ne parlate. Quello è un tarlo che mi rode. Un nodo che non posso sciogliere.

DOTTORE E non vogliamo provare a scioglierlo insieme? Forse quattro mani possono più di due.

OTTAVIO Magari sei.

MICHELE Grazie, grazie. Ma è inutile. Sono certo che nemmeno voi siete capace.

DOTTORE (Affabilmente) Tuttavia...

OTTAVIO  (Ripetendo a Concetta e Lucia il gesto e la parola del Dottore come per sottolineare lo stile e il garbo) Tuttavia.

MICHELE Sentite, sapete il senso di pena che si prova quando uno non si può ricordare un nome, una parola che tiene sulla punta della lingua? Oppure quando uno si sogna che vuole correre e no può muovere le gambe?

DOTTORE Certo. E voi soffrite di queste amnesie, di questi incubi?

MICHELE Peggio, peggio assai. Magari vorrei sognare che mi impiccassero.

DOTTORE E allora?

MICHELE Io mi lamento, dottore, mi lamento fino alle lacrime perchè non posso pronunziare certeparole, certe frasi.

DOTTORE (Scherzoso) Overo? Allora siete cacaglio? Ma com non potete, don Michele mio? Ècerto una vostra impressone. Convincetevi. La lingua umana è uno strumento meravigliso. Si capisce, se uno vuole pronunziare parole di una lingua straniera, non so, se voi volete parlare l'ebraico il cinese...

OTTAVIO L' etrusco.

DOTTORE (Infastidito) L'etrusco. Possono nascere delle difficotà.

MICHELE (Disperandosi) E io invece vi dico che ci sono frasi inventate dal diavolo!

DOTTORE E io vi posso provare che questo non è vero.

MICHELE Vorrei vedere.

DOTTORE Per esempio.

MICHELE A cuoppo cupo poco pepe cape... e poco pepe pache a cuoppo cupo... (piangendo) No, no, lo vedete, non posso, non ci riesco.

DOTTORE (Ridendo) Ma caro don Michèle, si capisce. Questo è uno scherzo, uno scioglilingua. Io da ragazzo l'avrò detto chissà quante volte.

MICHELE Speditamente?

DOTTORE Via. "A cuoppo cupo peche poco pache".

MICHELE (Sempre con voce disperata)'Eh, sì! Pachipachi, sembra il nome e il cognome di un cinese.

DOTTORE (Sorridendo) Pardòn, pardòn, ho sbagliato. Un piccolo lapsus. Dunque... A cuoppo cupo poco pepe cape e poco cuoppo cape a pepe cupo. No!

MICHELE Ah, che gioia, che soddisfazione!

DOTTORE (imbarazzato) No, aspettate un momento. Voi vi dovete convincere. Calma. A cuoppo cupo poco pepe cape...

MICHELE Si!

DOTTORE E poco cape a cuoppo peche pupo... No! pepe pach.e...

MICHELE Dite! Dite!

DOTTORE Gesù! E poco pepe pache a cape e pupo! Embè, l'avrò detto centinaia di volte!

MICHELE (Gongolando) Ah! Ah! Io me sto facenno cchiù chiatto!

DOTTORE A cuoppo cupo... Ma smettiamola con queste sciocchezze! Queste sono bambinerie, don Michele mio.

MICHELE (Diventando malinconico) Ah, sono bambinerie! Vedete, io ci piangerei. Io faccio di tutto per dimenticarlo, ma quelle mi tornano all' orecchio, come una musica che mi ossessiona. "Sopra la panca la capra campa sotto la panca. la capra crepa. Crepa la crapa... Ah, lo vedete? No, no! Qua sono io che crapo.... crepo! Vedete! Vedete!

DOTTORE Ma benedetto Iddio! Sopra là panca... è vero?

MICHELE Si

DOTTORE Che fa?

MICHELE La capra campa.

DOTTORE Sotto la campa...

MICHELE Panca.

DOTTORE Panca.

MICHELE La capra...

DOTTORE Crepa.

MICHELE Campa. la capra sopra la panca...

DOTTORE Crepa la crapa... (Battendosi la fronte) Mannaggia!

MICHELE (Ridendo) Crapa., avete detto crapa.

DOTTORE (Scandendo) Capra, capra. La capra.

MICHELE Che fa?

DOTTORE Campa.

MICHELE Ma dove campa?

DOTTORE Sulla panca. Quella maledetta! Poi scende, si mette sotto e per grazia di Dio se ne va a crapare... a crepare per sempre! No, no, basta! Questi sono scherzi, sono impuntature!

MICHELE (Alzandosi) Sono le piccole e grandi amarezze della vita. Pensate che qualunque suonatore di flauto può cavare tutte le note che vuole dai suo strumento; perciò è meglio andarsene, partire, imbarcarsi per le isole solitarie. (Andando ad affacciarsi ai balcone) E nu vapore và e dato vene. Uno parte e n'ato arriva.

DOTTORE  Ma vedete nu poco su che si va a fissare.

LUCIA (Rompendo in pianto) Dottò, donò, che mi dite? Non mi nascondete niente.

DOTTORE  E che vi devo dire? Vedremo. Faremo il possibile.

LUCIA Dottò, qualunque cosa. Sc si devono affrontare spese, io mi vendo pure i letti. Ma voi me lo dovete salvare. Non mi togliete questa speranza, se no vengo a casa vostra e mi butto abbasso dai vostro balcone.

DOTTORE Ma signora mia...

LUCIA No, me lo dovete salvare! (Alzando il tono della voce del pianto) Ve lo giuro dinanzi a questo Gesù crocifisso, tutte le speranze nostre stanno addosso a voi! Che dite? Gli passa? O rimane così? (Portando le mani all'orecchio) No, no, non mi rispondete. Nun 'o voglio sentì. (Singhiozza fra le braccia di Concetta )

DOTTORE Signora, via...

OTTAVIO  Donne. I nervi cedono. Ma sto qua io e sarà un'altra cosa. Che dite, dottò? Ci facciamo prendere ogni tanto una tazza di camomilla?

DOTTORE Beh, non è male. Non dico tanto per la signora Lucia che di quando in quando si scarica. Ma mi fa paura la madre. Temperamento chiuso.

OTTAVIO Siamo di una razza rocciosa noialtri Mantovani.

DOTTORE  Per lui continuiamo con le siringhe che gli ho dato.

OTTAVIO Siringhe? Penso io.

DOTTORE (Salutando Concetta) Signora bella, allora ci vediamo domani.

CONCETTA Ma mo venite ogni giorno?

LUCIA Sì, e mo ce la fa questa grazia?

Campanello

CONCETTA E mo chi altro sarà?

DOTTORE Apro io, tanto sto uscendo.

OTTAVIO Per carità, vi accompagniamo. (Escono a destra)

Nicolino e detto poi Ninetta

NICOLINO (Esce dallo studio silenziosamente con un sacco in mano. Si avvicina a Michele, che intanto si sarà seduto, dalle spalle con l'evidente intenzione di insaccargli la testa)

MICHELE (Si alza, fischietta, fa qualche passo, torna a sedere, sempre seguito da Nicolino che tenta invano di attuare il suo progetto)

NICOLINO (Accorgendosi di Ninetta che sta per entrare dalla sinistra, desiste e rientra di corsa nello studio)

NINETTA (Reca guantiera con tazze. Si accorge di essere sola con Michele e sussulta) Uh, Mamma delle grazie!

MICHELE Vieni qua, non scappare. Ma ti metti paura di me?

NINETTA No.

MICHELE (Andando verso di lei) Dammi il caffè.

NINETTA (Sottovoce arretrando) Salve Regina, Madre di Misericordia.

MICHELE (Avanzando) Vieni qua.

NINETTA (C.s.) A te ricorriamo esuli figli di Eva...

MICHELE Ma voglio solo il caffè.

NINETTA Gementi e piangenti in questa valle di lacrime...

MICHELE (Con forza raggiungendola) Voglio 'o cafè!

NINETTA (Gridando) Aiuto!

Lucia, Concetta, Ottavio, Armando e detti

OTTAVIO Che è succieso?

NINETTA (Piangendo fra le braccia dei padre) Papà, papà, voleva arraffare il caffè.

OTTAVIO E non piangere cretina! È impressionabile al cento per cento. Tè, bevi un sorso.

LUCIA Armà, accomodatevi.

ARMANDO (Prendendo il caffè) Grazie.

LUCIA (Portando una tazzina a Michele) E dammencello nu poco pure a isso, và!

OTTAVIO Per amor di Dio. ferma! Il caffè gli dai? Quello è veleno per lui.

LUCIA No, ma nu poco poco.

OTTAVIO Niente, niente! Ma allora ccà pazziammo?

LUCIA Una goccia,  si no sperisce.

OTTAVIO E va bene. Fagli bagnare appena appena le labbra. Piano... piano... Ecco, basta.

LUCIA E un altro sorsetto, j à, non l'ha toccato proprio.

OTTAVIO Ho capito. (Togliendo la tazza e bevendo il caffè) Luvammo `a taverna 'a nanze a Pulecenella!

CONCETTA Ottà, ma perchè non ti stendi un po' ! Voi tenete ancora il viaggio sulle spalle.

OTTAVIO Ma che viaggio. Piuttosto dammi le ricette e fammi vedere dove sta la siringa, il contagocce, tutto.

CONCETTA Ma lascia sta.

OTTAVIO  No, Cuncè, tu una cosa mi ha fa fa' . Io non mi sono mosso inutilmente. Signor Armando, mi permettete?

ARMANDO Prego

OTTAVIO (Avviandosi a sinistra con Ninetta e Concetta) Ninè, ma ti ha minacciata? Cuncè, bada, se questo comincia a diventare minaccioso, voi dovete dirmelo. Voi siete tutte donne qua. Io aggia `a sta tranquillo. Se è così, io quando scendo l'attacco, ah, io l'attacco! (Escono)

LUCIA Chisto addirittura se crede che ce vò 'o mastugiorgio. Basta, mi stavate dicendo dell'avvocato.

ARMANDO Tutto a posto. Da quella parte si naviga con vento in poppa.

MICHELE Miette 'a vela, miè!

ARMANDO L' avvocato sta raccogliendo elementi preziosi. Fra le altre cose pare che il mezzo portava un forte ritardo sull' orario di corsa. Figuratevi cumme curreva Gagarinn 'a llà ncoppa.

LUCIA E pozza sta buono addo' sta mo' Armà, io poi, quando ho detto grazie esco di debito. E chi se lo scorda più quello che state facendo per noi.

ARMANDO Non bestemmiate. Io non ho fatto niente. Michele era un fratello per me.

MICHELE (Giocando con le barchette) 'O vapore...

ARMANDO Guardate llà, un uomo così intelligente. Perché... era intelligente. Furbo no, ma intelligente sì. O forse nemmeno proprio intelligente, anzi, non dico che fosse ottuso, ma certo non brillava. Però, era... povero d'immaginazione, sì, ma qualche volta... insomma, a vederlo addirittura così, fa senso.

LUCIA (Piangendo) Io non io posso guardare, certe volte non lo posso guardare.

ARMANDO E tuttavia, credetemi, la mia pena non è tanto per lui, ma per voi. Come se dice? I morti se ne vanno a dormire in pace, e i vivi restano a piangere.

LUCIA Voi siete un uomo che capisce.

ARMANDO (Battendole lievemente la mano sulla spalla) Piangete, piangete che vi fa bene. Guardate là, povero amico mio! Mi credete? Il dolore mi fa dire una cosa crudele. Forse era meglio che mureva.

LUCIA No, non lo dite questo. Non io voglio sentire.

ARMANDO Dico per voi. Voi siete ancora giovane. Una bella donna, permettetemi di dirlo.

LUCIA Eh, fosse questa la pena! Ma a vederlo così...

ARMANDO Eh, lo so, figuratevi! Non che volessi mettere la farsa della mia vita coniugale con la vostra tragedia, ma tengo pure io la mia rogna. Voi il marito deficiente, ed io la moglie spostata.

LUCIA Non dite questo. Vostra moglie è tanto brava.

ARMANDO Ah, per questo è virtuosa a diciotto carati, ma non era il mio ideale. Per me ci sarebbe. voluto un'altra donna. Ci sarebbe voluto... mi permettete di dirlo? No, va, mi sembrerebbe di fare un cattivo pensiero....

MICHELE Secondo me, si sta imbrogliando il mare.

ARMANDO Insomma non c'è amicizia fra me e lei. Mi fa sentire solo. (Prendendole la mano) E chi meglio di voi può comprendere che significa essere soli.

LUCIA E che sono vedova?

ARMANDO No, per carità! Dicevo perché il povero Michele oramai, così minorato... e adesso è niente ancora. Il vuoto si sente dopo. (Prendendole ancora la mano) Io sono certo che col tempo sentirete il bisogno di un conforto morale, di una compagnia.

MICHELE Vih che maretto, vih!

LUCIA Grazie, Grazie. Mi state parlando proprio come un fratello.

ARMANDO E. in qualunque momento mi troverete fratello. Per la memoria,di Michele, dell'amicizia che mi legava a lui, io sono a vostra disposizione..

LUCIA (Stringendogli la mano come commossa) Grazie, Armà, grazie.

MICHELE Vuò vedè ca mo' s'affonna 'o vapore?

Campanello

ARMANDO (Andando ad aprire) Questa è mia moglie che porta il pranzo.

LUCIA Uh, vi siete disturbati pure oggi?

ARMANDO E mo bestemmiate un'altra volta? Signò voi mi dovete considerare in tutto e per tutto l'erede morale di Michele. Scampanellata più forte) Ecco vedete? Anche nel modo di bussare si sente l'isterismo. (Esce)

MICHELE Ma chisto è proprio...!

LUCIA (Facendogli cenno di zittire) Scc!

MICHELE Lucì... chillo me pare che menavo botte, senza ca mi spiego.

LUCIA Ma che botte, nun te fissà.

MICHELE Lucì, io non ce la faccio più.Lucì,io scatto. Io me scordo ca so' scemo e faccio 'o pazzo. lo sento il bisogno di parlare, di sfogare, di gridare. E chi se lo credeva che fare lo scemo era così difficile?

LUCIA Pierde 'a lengua.

Violante, Pasquale, Gennaro, e detti

ARMANDO (Introducendo) Signò, sono....

LUCIA Ah, sì sì, accomodatevi. Vi ho fatto chiamare io.

PASQUALE E noi siamo venuti subito a metterci a disposizione.

GENNARO 'On Michele meritava ogni cosa, e di riflesso anche voi. Mo nce vo', non mi ricordo mai che avessi stesa la mano e lui mi avesse rifiutato l'obolo.

LUCIA Eh, quello parlava sempre di voi. Diceva: "Se vinco una Sisal, devo togliere a Gennaro da mezzo a la strada".

GENNARO E quello perciò non la vinceva mai. Perchè, voleva fare bene a me. Ah, mannaggia!

VIOLANTE Neh, ma l'educazione l'avete lasciata .for"a porta! 'A signora adda parlà.

LUCIA No, no. Sedetevi un poco. Mo ve scaldo na tazza 'e cafè e po' parlammo. GIUSEPPE No grazie signora, non vi preoccupate, ho già fatto colazione.

GENNARO Guardate. La stessa carnalità del marito. Non date retta, signò, sentite un consiglio. Insegnatevi malvagia. (Indicando Michele) Il destino se la prende con i buoni.

VIOLANTE Guardate là. Fa una cosa nello stomaco.

LUCIA (Piangendo) Avete visto?

VIOLANTE Povera signora... Non fate così. Jammo. Se nò ne prendete una malattia.

LUCIA Pure le pietre 'o volevano bene, pure le pietre. (Esce a sinistra).

VIOLANTE (A bassa voce. Mentre Armando è affacciato al balcone distratto) Seh, mo se lo piange, mo. Quando stava bene, lo metteva in croce a santo mamozio.

PASQUALE Ma che ne sai tu, Violà!

VIOLANTE Statte zitto, 'o sacc'io. 'o frato, quanno se veneva accattà`e nocelline addu me, me cuntave tutte cose.

PASQUALE Ma va bene, fra marito e mugliera...

VIOLANTE A chi, 'o che ! Quella dice ch"o chiammava Pulicenella.

PASQUALE Violà, tu certe volte a me nun me chiamme Sciosciammocca?

MICHELE ( Sempre giocando con le barchette) Questo è la schifezza dei marinai.

GENNARO (A Michele) Seh, pazzea cu 'e varchetelle, tu! Come ti vedo nero! Guaglione mio!

MICHELE Ma che vuoi. musulmano? Ti vuoi imbarcare? Ma io non vado al paese dei disgraziati, vado all'isola delle capre.

GENNARO Eh, capre. (Ammiccando verso Armando) Questi secondo me, ti stanno imbarcando a te per l'isola dei cervi.

VIOLANTE Così mi puzza il naso pure a me. (Ammiccando anche lei) Don ciociomiciocio mi dà male pensare.

PASQUALE (Indicando Michele) Neh, ma stateve zitte! Chillo avessa capi!

VIOLANTE Ma che deve capire? Non lo vedi che è imbalsamato.

GENNARO (Grattandosi la nuca) Ah, finalmente ti. ho afferrato.

PASQUALE Chi è?

GENNARO Il pulce. Era da stamattina che mi tormentava. (Tenendo la pulce fra due dita) Pollice pollice, proprio da me lo vuoi, che non ho sangue nelle vene. E mo che dovrei fare? Ti dovrei buttare a terra. scamazzarti? E dovrei essere così malvagio come è stato il mondo con me? No. (Mettendolo addosso a Michele) Tiè, campa pure tu, va!

MICHELE (Scattando in piedi e scuotendosi i panni) Ah!

ARMANDO (Accostandosi) Ch'è stato?

GENNARO Niente. Stava giocando al marinaio e forse s'è immaginato che gli è salito un rancio addosso.

MICHELE (Scuotendosi i panni) Ah, queste sono acque sporche. È meglio alzare le vele. Andiamo verso l'orizzonte. Questa è l'isola dei figli di seppia. (Esce a sinistra)

ARMANDO Che malinconia!

VIOLANTE 'On Armando come si preoccupa. Quelli poi erano tanto amici, eh?

ARMANDO Altro che amici!

VIOLANTE È vero?

ARMANDO Ce simme spartute 'o suonno.

VIOLANTE Tutto. tutto se so' spartute.

 Lucia e detti

LUCIA (Portando il caffè) Servitevi.

PASQUALE Signò ma mo facciamo come i cafoni? Noi abbiamo da fare.

VIOLANTE Anzi, se ci volete dire...

ARMANDO Allora, intanto che parlate, vado a vedere se Elvira è pronta.

LUCIA Ma putite sta.

ARMANDO Sì, e io subito vengo. Anzi, lascio la porta aperta. Mo veniamo. (Esce a destra) VIOLANTE Allora?

LUCIA E assettateve, guardate si tratte di queste. Cuntateme cu 'e punte e cu 'e virgule tutto quello che avete visto quando successe l'incidente di mio marito.

PASQUALE (Dopo grave pausa) Signò, vi parlo franco. Noi non abbiamo visto proprio niente. Perchè stavamo dentro a mangiare. Quello poi era pure di domenica.

LUCIA E che fa?

PASQUALE O Dio, si mangia con più interesse, no? Poi sentimmo ammuina e uscimmo a vedere.

VIOLANTE Noi stiamo nel sottoscala, potevamo vedere alla superficie che succedeva.

GENNARO Io nemmeno ho visto niente. Da poco era finita l'ultima Messa e io stavo ancora sulle scale della chiesa, a verificare le monete.

LUCIA (Disperandosi) E allora non avete visto niente nessuno? E comme se fa?

Ninetta e detti

NINETTA Lucì, dice così zia Concetta, sapete dove stanno le camice pulite di Michele?

LUCIA Nel terzo tiretto del comò, ma quello s'è cambiato stamattina.

NINETTA Eh, quello dovete vedere comrne ha fatto brutto. S'è chiuso dentro s'è tirato tutti i panni di dosso. Chissà che gli ha preso. (Via)

LUCIA Lo sentite? (Piangendo) Lo vedete che guaio nero mi è caduto addosso? Guardate quello si tratterebbe di fare una testimonianza.

VIOLANTE (A Pasquale) Che t'avevo detto salendo le scale? Eh, io nu terno nunn' andivino.

LUCIA Jammo, vedete se potete aiutarmi. Voi. stessi l'avete detto: "Michele non se la meritava questa mazzata".

PASQUALE Eh... ma che potiamo fare?

LUCIA Voglio dire... alla fine voi lo sapete che veramente è stato investito per colpa del. mezzo, che andreste a dire, una bugia? E poi una testimonianza non è fatta una confessione con il prete.

VIOLANTE Ma vedete effettivamente che destino. Noi stiamo sempre là fuori; neh, non ci andiamo a trovare nessuno a quel momento.

LUCIA E va bene, donna Violà. Allora se il destino fa andare le cose storte, le persone di coscienza non le possono raddrizzare?

VIOLANTE (A Pasquale dopo una pausa) Tu he capito?

PASQUALE Ho capito. Dice la signora: "Essendo che la zuppa non ci sta. vediamo di arrangiare col pane bagnato".

GENNARO Eh, ma si deve bagnare bene, perché questo è pane molto sereticcio.

PASQUALE Guardate, signò, noi siamo gente piccola, va bene. Mo nce vò, viviamo nel sottoscala, ma siamo gente onesta, però.

LUCIA E che c'entra questo, mo? Perché? Ho dubitato della vostra onestà? E se io non sapevo di che pasta siete, me ne venivo così? Certo facevo un debito e dicevo: "Qua sta tanto per voi e ricordatevi che avete visto". io invece ho parlato di coscienza.

GENNARO (Con una vena di ironia nella voce) È cosa pulita. Non c'è malafede..

LUCIA Certo, quello che avrei dovuto cacciare, io non è che me lo voglio risparmiare. Facciamo un voto alla Madonna per farmi riuscire tutto bene..

GENNARO Alla Madonna?

LUCIA Eh. Voi sapete meglio di me qualche famiglia bisognosa del quartiere. Io non voglio conoscere chi è, perché la vera carità accussi se fa.

GENNARO Se capisce, non si deve conoscere.

LUCIA Ve li dò a voi e voi li passate a destinazione.

GENNARO (Dopo silenzio) E quanto fosse questa carità?

LUCIA Non vi preoccupate. Io so' la fame che c'è in queste famiglie bisognose.

PASQUALE Sì, ma... noi stavamo nei sottoscala, non abbiamo visto niente.

VIOLANTE Vabbè, questo non vuol dire. Perché per me, quello che dice la signora è Vangelo. PASQUALE Ma quella la signora stava sopra. Non ha visto niente nemmeno lei.

VIOLANTE Pasquà, ma se uno vuole credere, solo a quello che vede con gli occhi, buonanotte. Tu a mugliera del cavaliere Perillo l' 'e vista mafie cuccata cu 'o cumpare?

PASQUALE No.

VIOLANTE Però ca 'o cavaliere è piecuro 'o ddice.

PASQUALE (Interdetto, grattandosi un orecchio) Violà; quelli fanno giurare quando si fa una testimonianza.

VIOLANTE (A Lucia) Ah, questo è vero. A giurare fa senso. Mo nce vo', io tanto che mi commossi per il fatto che lessi sul giornale di quella suora.

PASQUALE Che suora?

VIOLANTE Quella che per salvare certi soldati italiani che stavano nascosti nel convento, giurò falso in faccia ai tedeschi, che non ci stava nessuno. Un cuore tanto, se no i poveri figli di mamma erano pigliati.

LUCIA Donna di grande animo.

VIOLANTE Guardate, signò, voi mo ci avete messo di fronte a uno scrupolo. Certo io conosco una famiglia...

PASQUALE Ma uno perché si deve mettere in mezzo a certe cose?

VIOLANTE Statte zitto tu! Quando si tratta di fare una buona azione! Quella la famiglia che conosco io, ave bisogno assaje.

GENNARO Del resto, signò, se loro non voglio vedere, ho visto io. Io per le famiglie bisognose faccio qualunque cosa.

VIOLANTE Ah, no, se è per questo, io ho visto due volte, perché mi fece tanta impressione che la notte me lo tornai a sognare tale e quale, Gennà!

GENNARO E va bene.

PASQUALE Ve lo dico da prima. Io non ho visto niente.

VIOLANTE E sì cecato. Quà si tratta di fare una buona azione. È cosa di coscienza, l'he capito? Quello Gennaro subito si vuoi fare il merito solo lui. Signò, noi siamo d'accordo, abbiamo visto.

Armando, Elvira e detti poi Michele

ELVIRA (Recando una pentola, seguita da Armando che reca una bottiglia e qualche involto) Permesso? Signò, ho fatto un po' di brodo. Scusate se non è buono come quello che fate voi.

LUCIA Ma perchè signò, questo fastidio. Posate, posate tutto sul tavolo.

VIOLANTE Signò, allora noi ce ne scendiamo?

LUCIA Va bene, poi parliamo per quelle famiglie. Grazie di tutto.

GENNARO Niente, è dovere. Ve l'ho detto, io per don Michele ci tengo un'affezione.

MICHELE (Entrando dalla sinistra alle spalle di Gennaro) Dove sta? Eccolo! (Dandogli uno scappellotto) Questo mozzo maledetto.

GENNARO Ah!

MICHELE (C.s.) Ti metto ai ferri, sai?

LUCIA Capità. vi pare il momento?

MICHELE (C.S.) Ti faccio impiccare all'albero della nave.

ARMANDO Va bene, è la solita fantasia del capitano di marina.

GENNARO Ma che fantasia! Chille me struppeia. Neh, iammuncenno. Quello s'è infuriato contro di me.

MICHELE (C.s.) Ti faccio buttare ai pesci.

GENNARO Ma 'o velite mantenè? (Mentre Armando trattiene Michele) Jammuncenno, buongiorno signò, buongiorno. (Viano Gennaro, Violante, Pasquale)

ARMANDO Calma, calma. Sono marinaio anch' io. Mi voglio imbarcare con voi.

MICHELE Tu! Vattene via! Tu sei disertore!

ARMANDO Io?

MICHELE Tu vuoi fare ammutinare l'equipaggio contro di me.

ARMANDO Ma vi sbagliate. Io...

MICHELE Tu ti sei dato alla pirateria. Io mi ricordo, tu ti chiami Brambilla.

ELVIRA Uh, guarda che si ricorda.

MICHELE Mi ricordo. Tu tenevi una schiava, una sirena che si chiamava Elvira.

ELVIRA (Commossa) Uh, si ricorda di me.

ARMANDO Ho capito si ricorda le cose, ma confusamente.

MICHELE Dicevi sempre che volevi scappare da quella povera sirena.

ELVIRA Guarda, guarda i riferimenti.

MICHELE "Quella non è una donna" dicevi... "è mezzo pesce e mezzo cristiana. La parte donna mi piace, ma la parte pesce mi fa schifo".

ARMANDO Guarda, guarda che pasticcio.

ELVIRA (Cominciando a guardarlo di traverso) Eh!

ARMANDO Ched'è, Elvì?

ELVIRA Niente.

MICHELE Dicevi che con la sirena ci stavi per interesse, perché quella teneva il tesoro nella grotta.

ELVIRA E si capisce. Ma quella, secondo me, la sirena nemmeno era scema.

ARMANDO Tu mò fusse capace 'e te fissà.

MICHELE Per causa della bionda la volevi lasciare. Te la ricordi la bionda?

ELVIRA La bionda?

ARMANDO Ma quale bionda?

ELVIRA Perché, invece com'era? Bruna?

MICHELE Uh, bionda, rossa bruna: di tutti i colori.

ARMANDO (Ridendo) Eh! Verde, celeste, bianca.

MICHELE Sì, sì, pure bianca. Anche le vecchie.

ARMANDO (Ridendo) Le vecchie, le vecchie.

ELVIRA E nun ridere accussì.

ARMANDO Uh, Elvì!

MICHELE Diceva: "Ah, mamma delle grazie, ma perché le sirene sono immortali"?

ELVIRA La voleva far morire?

MICHELE Sì, sì, la voleva far morire.

ELVIRA E quella invece campa cene anni, campa.

ARMANDO Elvì, mo avisse accummincià!

ELVIRA No, io non comincio, io finisco, io me ne vado, ti lascio!

ARMANDO Ecco, lo vedi? Questo è il tuo lato negativo. Questo è il tuo lato pesce.

ELVIRA Ah! Ma allora lo confermi?

ARMANDO Che C'entra...

ELVIRA (investendolo mentre Michele guarda compiaciuto) Pirata! Mostro ! Porco! Lo vedete? Questo non è un uomo è un serpente bipede.

LUCIA Signò, ma calmatevi. Chillo nun sape che dice.

ELVIRA Anzi, quella è bocca di verità.

ARMANDO Ma voi vedete un poco se non sono cose da manicomio!

ELVIRA Parla pure. Sentitelo questo falsario commediante. Lo vedete? Quello faceva le recite con gli amici. Faceva la cantata dei pastori e gli davano sempre la parte di Belfagorre. Ma questa volta è finita. (Avviandosi per uscire) Me ne vado da mia madre. Ti lascio.

ARMANDO Elvì, ma...

ELVIRA Nun me tuccà! Nerone! (Esce)

ARMANDO (Seguendola) Ma senti... È pazza, che vulite fa? Scusate! (Via)

LUCIA Uè, ma tu fusse asciuto scemo overamente?

MICHELE Ah! Mi ho sfogato! Io mi sentivo marcire il fegato dentro, non ne potevo più! Ah! Finalmente il mare è libero... voglio dire; la casa. Aria, aria! Apri un poco il balcone.

Concetta Ottavio Ninetta e detti

CONCETTA (Entra dalla sinistra precedendo di poco gli altri) Povero figlio mio, povero figlio mio!

MICHELE Chi è?

OTTAVIO (Armato di siringa seguito da Ninetta che reca un vassoio con boccetta di spirito e pacco di ovatta) Michele, la siringa!

MICHELE Ah!

OTTAVIO Non scappare, vieni qua. Chiudete tutte le porte! (Con voce dolce) Vieni, vieni Michelino. Vieni allo zio, vieni qua.

LUCIA Zio Ottà, ma non è l'ora.

OTTAVIO Stai zitta! Ho visto io la ricetta. Ma fermatelo. Ma che facite? È mummie?

MICHELE Ma vattenne! Ma che vuoi?

OTTAVIO Ma non mi riconosci? Sono il tuo ammiraglio? Vedi? Dobbiamo sperimentare questo silurino. Volgiti un poco di poppa.

MICHELE Non ti avvicinare che ti mordo, sai. Tiro i calci.

OTTAVIO Ti devo fare un piccolo tatuaggio. Tutti i marinai ce l'hanno.

Campanello

NINETTA (Va ad aprire)

OTTAVIO Vieni, vieni qua. (Gridando improvvisamente) Vieni qua, te l'impongo! Mettiti sugli attenti! Ti faccio fucilare!

NINETTA (Di dentro) Ma che volete? (Rientrando di corsa) Zi Cuncè, vedete voi.

Barbieri e detti poi Nicolino

BARBIERI Michele Assante, raccomandati l'anima a Dio!

LUCIA Chi è?

CONCETTA Oh! Dio! Un pazzo!

OTTAVIO Niente paura, sto qua io!

BARBIERI (Cavando di tasca la pistola) Muori, maledetto!

OTTAVIO (Scappando nello studio) Madonna!

BARBIERI Tu hai distrutto la mia vita e io distruggo la tua.

LUCIA Pigliate 'na mazza.

BARBIERI Signò, lasciatemi fa, è a fin di bene.

OTTAVIO (Rientrando dallo studio con la testa avvolta in un sacco seguito da Nicolico) Aiuto! Aiuto!

BARBIERI (Lasciando cadere la pistola e facendo per scappare) Chi è?

NICOLINO Scusate, zio Ottà, scusate. Mi credevo che era Michele. Signor Barbieri, scusate anche voi.

BARBIERI Don Nicolì, credo che non è servito. Forse era meglio se sparavo un colpo. Chissà, la botta!

LUCIA Ma faciteme capì...

NICOLINO Sì, sì, perdonami. Ho combinato io tutto col signor Barbieri che si è prestato gentilmente. Speravo che una forte impressione... Sono mortificato!

LUCIA (Tormentandosi le mani) Ah sì 'o putesse struppià, che refrigerio!

OTTAVIO (A Ninetta) Povera bambina mia, ti sei fatta pallida. Veramente non ti dovevo portare quà. Concè, forse, è meglio se la faccio scendere un poco. Che dici?

CONCETTA (Entusiasta dell'idea) Sì, sì, Ottà, è meglio!

OTTAVIO Nicolino, ci accompagni? Io mi sento spezzato. Ho paura che mi viene un collasso. NICOLINO Sì, sì, vengo anche io. Ora l'atmosfera qua per me non è troppo buona. Signor Barbieri......

BARBIERI Sì, saluto signore. Scusatemi se ho fatto un po' di chiasso. Era tutto a fin di bene. Purtroppo non è riuscito. Al piacere di rivedervi. (Esce con Nicolino, Ottavio e Ninetta)

LUCIA E chi ce crede si 'o cuntammo?

MICHELE Mammà. Menate 'o maniglione adderete 'a porta. Nun voglio vedè a nisciuno cchiù! Gesù! Gesù! Questi hanno fatto una associazione a delinquere contro di me.

Campanello

MICHELE Ah, mo è troppo, mo.

CONCETTA (Va ad aprire)

MICHELE Ma vedimmo 'e truvà nu rimedio, io non ne pozzo chiù! Ma come devo fare?

LUCIA Zitto!

CONCETTA (Precedendo Vincenzo Cardillo, con un filo di voce e tremante) È l'autista.

LUCIA Chi è?

CONCETTA Il tranviere. Quello..

Vincenzo e detti

VINCENZO (Comparendo sulla soglia della porta, patito, stanco, disfatto) So' Vincenzo Cardillo, signò. L'autista dell' Atàn. Quello dell'incidente...

LUCIA Ah!

VINCENZO Permettete che mi seggo?

CONCETTA Ma vi sentite male?

VINCENZO No, no. Non vi preoccupate. Mi affanno un poco perché ho fatto le scale di corsa. Mi mettevo paura che qualcuna di queste gentarelle del palazzo mi poteva riconoscere. E sapete... mi fermavano, mi domandavano....

 CONCETTA E accomodatevi. Calmatevi. Guardate, qua nessuno sta animato contro di voi. Noi abbiamo compatito, è stata una disgrazia.

VINCENZO (Resta un attimo in silenzio, scuotendo il capo, poi, indicando Michele) Come sta?

LUCIA (Senza, rispondere nulla, porta le mani al viso„ come piangendo in silenzio)

VINCENZO Ma qualche parola la dice? Si ricorda qualche cosa?

LUCIA (Sempre silenziosamente, scuote il capo in segno di diniego)

VINCENZO E mia moglie va trovando che non devo bestemmiare. E un uomo di quarant'anni quando è arrivato a inginocchiarsi in una pubblica chiesa senza scuorno, e piangere come una donna, che deve fare più?

CONCETTA Ma sentite... io capisco il rimorso, ma ve l'ho detto, noi stessi pensiamo che voi non ne avete colpa. Sono cose che succedono.

VINCENZO Il rimorso! E se era questo io tenevo il coraggio di venire qua? AI primo momento, sì, l'avrei tenuto, ma andavo a finire pure in galera, perché appena lo vedevo, gli spaccavo il fronte.

LUCIA Ch' aggia fa?

VINCENZO Gli spaccavo il fronte. Ma sono andato scappando per due giorni per non essere fermato. E mò a freddo non tengo nemmeno il fiato di parlare. Ma lui deve stare bene, signò, deve parlare. Voi non sapete, non potete sapere, e chissà pure quante bestemmie mi avete mandate. Ma nun è overo. Io non l'ho investito. Si è buttato lui coi piedi suoi sotto. Si voleva ammazzare.

LUCIA Eh?

VINCENZO 'O saccio, 'o saccio. Chi mi crede a me?

LUCIA Ma scusate, voi mi cacciate questa estrazione.

VINCENZO Ma è vero. Ve lo giuro. E vero. Io tengo ancora tutta la scena davanti agli occhi, come un cinematografo. Io tenevo tutta la via libera davanti a me. Sapete, di domenica, a quell'ora, la strada è spopolata e certo si correva un poco. Lui uscì deciso dal palazzo e mi si buttò davanti come un lampo; e se io non ero lesto a frenare., a quest' ora non lo volevano nemmeno i vermi.

LUCIA (Con voce di pianto) Sì, e mò lo faceva! (A  Concetta) Quello era così vile di queste cose.

CONCETTA Questo è vero. Attraversava solo sulle strisce.

VINCENZO E chissà quale diavolo cornuto lo tentò di fare quella fine. Oh, Dio! Si può morire di tante maniere, e lui invece va a. fare la pensata più disgraziata che poteva. E come? Un Cristo esce a prima mattina dalla casa per andarsi a guadagnare la sua giornata di fatica e tu che sei. un altro pover'uomo pure tu, gli vuoi far perdere il sonno della notte? Ma lo sai che si può uscire pazzo, scamazzanno a n'ommo sotto 'e rote?

MICHELE (Si alza in piedi di scatto e se ne va ai balcone, volgendo le spalle a Vincenzo)

VINCENZO (Con una improvvisa speranza) Ma fatemi parlare con lui chissà, una parola, qualche cosa....

LUCIA Ma che ne cacciate?

VINCENZO Sì, lo so. Parlo con un muto. Ma devo parlare per forza, pure se devo fare la bava qua. Perché lui tiene la vita mia nelle mani. Io non posso finire in mezzo alla strada. Se l'Azienda me ne. manda, mi devo sparare.

LUCIA Ma guardate, io mi compenetro del vostro stato. Ma lui non può ricevere emozioni. E poi non ha i sensi di capire. È comme si parlasseve francese pe chillo.

VINCENZO E aiutateme vaie allora, jammo, signò.

LUCIA E che pozzo fa, io?

VINCENZO Signò, quello di qua scendeva, ricordatevi che era successo quella mattina. Un uomo, certo, non si va a uccidere per niente. Deve tenere più fiele che sangue nelle vene. Perché... vedete... lasciamo andare lui, ma se voi deponete che era sceso di qua non so... avvilito, disperato, è già una cosa, a me mi suffraga.

LUCIA Ma fratello mio. E che gli poteva succedere? (A Concetta) Io mo nce vò lo tenevo sotto una campana di vetro.

CONCETTA Nell'ovatta.

VINCENZO (Scattando) Allora ascette pazzo mentre scendeva le scale.

LUCIA (Alterandosi) Ma questo lo dite voi, scusate! Io mi voglio compenetrare, ma se poi devo essere insultato appresso! Si trattasse di niente, e va bene. Uno mo direbbe: "Buttiamo la cenere sul fuoco e non ne parliamo più"! (Scoppiando a piangere) Ma io pure tengo un marito distrutto, un uomo che era l'unico sostegno della famiglia: tutto per la casa.

VINCENZO (Dopo una pausa) E va bene, non piangete. Ho sbagliato. Vi chiedo scusa. Me ne vado. (Fa qualche passo verso l'uscita, poi si ferma e si rivolge ancora a Lucia) Signò, io non so sei voi ci credete o non ci credete a Dio, ma tengo cinque figli e non vi devo dire niente più. A casa mia ci stà l'inferno. 'O cchiù piccerillo zuca veleno 'a pietto 'a mamma, e il più grande non mi va più a scuola pecché 'e cumpagne 'o guardano. (Pausa) Se tu volevi morire, certo sei un uomo che ha sofferto assai, ma pure tu nun tiene figli e nun l'avisse fatto. Buonasera, signò. (Via)

MICHELE (Dopo una pausa) Lucì.

LUCIA (Senza guardarlo) Eh!

MICHELE Quanto facimmo schifo!

LUCIA (Piange, ma con sincerità questa volta)

CONCETTA Sentite, io per voi songo 'a zi' nisciuno e va bene. Ma posso darvi un consiglio? LUCIA Mammà, andiamo a finire in galera, se diciamo la verità.

CONCETTA Tutti e due?

MICHELE (Dopo una Pausa) Chiudimmo stu balcone. Pare che s'è avutata na puntella ‘e friddo. (Si siede, guarda un istante Lucia negli occhi)

LUCIA (Volge il capo altrove)

MICHELE (Fischietta un istante, pensoso, poi, quasi piangendo) Ma pecchè, adda tenè cinche figli? Nun me puteva capità uno senza figli? Mannaggia 'a morte!

FINE DEL SECONDO ATTO

ATTO TERZO

La stessa scena degli atti precedenti. Al levarsi della tela, sul tavolo un vassoio con tazze e caffettiera.

Michele e Lucia entrano dalla cucina

MICHELE (Si avvicina al tavolo facendo per mescere del  caffè) È fernuto pure 'o cafè.

LUCIA (Con voce stanca) T" o faccio?

MICHELE No, nun dà retta. Statte ccà. (Guardando l'orologio) S'è fatta 'a mezza.

LUCIA Vatte a cuccà.

MICHELE Tu, chiuttosto. Io, cu zio Ottavio dint"o lietto stasera nun pozzo dormì. Oltre tutto ci ha il ronfo porcino. (Sale dalla strada il chiassare di un gruppo di giovinastri)

VOCI Con ventiquattromila baci le ore passano felici

UNO Sta bene! Me pare 'a brutta copia 'e Celentano!

ALTRO Vattenne! Tu nun te vaie a cuccà pecchè t'è vennuto 'o lietto! (Risata)

VOCI Per ventiquattromila baci... (La voce sfuma e muore lontano)

MICHELE (Facendo per chiudere il balcone) Mo sti disgraziate 'o fanno scetà... (Desiste, si affaccia) Vi' che cielo, vi'! Mille lumi accesi per il sonno dei. giusti. Mi fanno ridere. Ma come fa a dormire il giusto? Non si sente marcire il fegato per tutte le cose storte che vede'? Secondo me, s'abboffa 'e valeriana. Il furbo, quello sì, si può stendere con la pancia piena, fregandosi dell'invidia dei fessi, delle bestemmie dei poveri, del disgusto degli onesti. Chillo che se ne mporta? Che gliele vanno a gridare in faccia le bestemmie? Il disgusto glielo vanno a vomitare addosso? Quello passa tra inchini e battimani come un grande eroe. Dici tu: "Ma la gente in cuor loro..." E il furbo risponde: "Ma in cuor loro a me me fanno "nu baffo". Il cuor loro lo debbono aprire al confessore, e quello dice: "Figliuolo, l'odio, l'invidia, il rancore sono peccati. A chi ti dà uno schiaffo, volgi l'altra guancia". E 'e ddà tuorto pur' isso. E io li prendo a calci; e quelli, non avendo altro sedere da volgermi, si restano chini a terra per offrirmi quell'unico che hanno. Però in cuor loro...Ecco! Bravo! E così il furbo si prende anche il gusto di sdegnarsi: sono circondato da ipocriti. Mi ostentano onore e rispetto, e in cuor loro mi disprezzano. Che mondo sporco"! E si fa anche una ragione di malinconia. (Pausa) Gli onesti! Ma 'addò stanno? Ma chi so' ? Il mio migliore amico, per eccesso di affetto, ha tentato di imparentarsi con me attraverso mia moglie. Gennaro, il mendicante, che ho sempre beneficato! Uè, ma che sadismo! Quello sarebbe stato capace di tirarmi i peli dal naso. Donna Violante, no. Quella, bisogna riconoscerlo, è stata coerente. Diceva sempre: "A casa mia l'onestà si può vendere". E appena ha avuta l'occasione l'ha venduta. E allora? Gli onesti? Chiammate a Diogene cu 'a lampadina: l'ho trovato! Zio Ottavio! Ma quello è cretino. Allora per essere onesto, uno 'adda essere cretino? A parte il fatto che a quello, per la sua petulanza, Io metterei fra i più disonesti 'e tutte quante. (Pausa)

LUCIA No, nun me guardà. Si aspiette ca parlo io, ce putimrno guardà `nfaccia fino a dimane.

MICHELE (Sedendole di fronte) E va bene. Ma pure si nun parle, io te capisco. Saccio chelle ca tu me vuo' fa fa.

LUCIA Ah, no, guarda. Nun t" o perdono maie si faie accussì. Io nun saccio niente. 'A decisione 1"e a piglià tu.

MICHELE E sì, sì, va bene. Io decido. Ma tu damme almeno un consiglio, dì una parola.

LUCIA Si vuò dicere p"o fatto 'e l'inferno, io nun ce credo.

MICHELE Eh, l'inferno! Io se mi ricordo da ragazzo quante cose non ho fatto pe' paura d'o mammone e pe' nun fa piglià collera 'a befana, me pigliasse 'a schiaffi mo pè tanno.

LUCIA E po' io l'inferno mio l'aggio fatto già.

MICHELE Ecco. Avimmo passate tante guaie nuie, senza avè fatto maje male a nisciuno. Di solito prima si pecca e poi si paga. Io ho pagato anticipatamente e stammo pace. Vuò vedè ca mo in un mondo così sporco m' aggia 'a fa scrupolo solo io! Ccà nun se capisce niente echiù. Qua si è letto che i ladri sono entrati nelle chiese e hanno rubato perfino sull'altare. (Pausa) È overo o no? Ma rispondi qualche cosa. Ogni tanto ti chiudi.

LUCIA Michè, Michè, nun 'o saccio. Tu vuoi sapere da me quello che non ti posso dire. Io ce penso, ce penso e nun saccio.

MICHELE E se capisce. Solo quando si trattava di organizzare una truffa avevi lampi di ingegno.

LUCIA Michè, nun parlà accussì perchè stasera le parole che ci diciamo non ce le scordiamo mai più.

MICHELE Sì, sì, 'o ssaccio. È la mia inettitudine, eh?! la mia incapacità che ci ha portato a questo.

LUCIA (Facendo atto di martellarsi le tempie con i pugni) No, no, no! Nun rispondo, nun rispongo.

Nicolino e detti

NICOLINO (Entrando dalla ,sinistra) Guè, siete ancora sveglio anche voi? Io non posso chiudere occhio. Mi vado a prendere un libro dallo studio. (Via per risortire)

MICHELE No, invece tu mi devi rispondere, perché un uomo nel mio stato d'animo hadda parlà cu quaccheduno e se non parla con la propria moglie... Si, mi devi rispondere, pure si mi a dicere male parole. Magari pe ce appicciecà, sfugà.

LUCIA (Scattando in piedi e trovandosi a faccia a faccia con Nicolino che rientra) Neh, Niculì, saje si ce stanno 'e mariuole che vanno a rubare nelle chiese fino a sopra all'altare?

NICOLINO Ma perché? Avete pensato di rubare?

LUCIA Niente... accussì. Mi è venuto questo pensiero considerando a che punto di schifo può arrivare l'umanità.

NICOLINO Certo che ci stanno. Qualche volta è successo. (Si avvia a sinistra, si ,ferma sulla soglia della porta) Però nisciuno arrobba int" o piattino 'e nu cecato. (Esce)

MICHELE (Dopo una pausa in cui ha pensato alle parole del fratello) Va bè, perché ci stanno solo monete da dieci lire. Se ci fossero le carte da diecimila lire, arrubbassero pure 'o cecato. (Alzandosi) Accussì è. Lucì. Non ci pensiamo più. Ma che teniamo il cuore della pulce in petto? Lucì, con me la coscienza non l'ha tenuta mai nessuno e ho sofferto tutta la vita. Ma che scherziamo? Io sono arrivato al punto di voler morire. Io ho guardato la morte a un palmo della faccia, e nun me fa impressione niente cchù. (Avviandosi a, sinistra) Io me vaco a cuccà. (Con tono dimesso tornando sui suoi passi) Lucì, scusami di quelle parole... io...

LUCIA Buonanotte...

MICHELE Buonanotte (Esce)

LUCIA (Va lentamente ad affacciarsi al balcone)

 Armando (fuori scena) e detta

ARMANDO Signora Lucia...

LUCIA Chi è? Armà, buonasera.

ARMANDO Buongiorno. È l'una passata. E che fate ancora alzata a quest' ora?

LUCIA Accussí.

ARMANDO Io di estate farei la notte giorno. Mo' se non mi fumo qualche sigaretta fuori al balcone. non posso prendere sonno. E Michele dorme?

LUCIA Si.

ARMANDO Avete visto quella pazza di mia moglie? Quella veramente se n'è andata dalla madre. Ma sono sicuro che domani a prima mattina starà qua. E da voi? Dormono tutti, immagino.

LUCIA Sì.

ARMANDO Vi serve un po' di compagnia? Volete che vengo'?

LUCIA No, grazie. Mi sto andando a coricare pure io. Con permesso. (Rientra)

Concetta e detta

CONCETTA (Entrando dalla sinistra) Michele s'è coricato?

LUCIA Sì.

CONCETTA E che avete deciso?

LUCIA Niente.

CONCETTA Ve lo dico io: "Non lo fate, non lo fate".

LUCIA Mammà, per favore.

CONCETTA Eh tu dice sempre "per favore", ma io non sono di gesso, figlia mia. Mettetevi in testa che tengo cinque sensi pure io e sento e soffro.

LUCIA (Con dolcezza) Ma pecché nun ve jate a cuccà?

CONCETTA (Con uno scatto di ribellione, con il pianto nella voce) Perché tengo le spine nel letto, tengo. (Le volge le spalle e se ne va al balcone)

ARMANDO (A Concetta) Signora Lucia, un'altra volta qua? Ma posso venire un poco? CONCETTA Ma che vulite?

ARMANDO Ah, signora Concetta, siete voi? Scusate.

CONCETTA Don Armà, va bene che è notte, ma avete preso questo zarro? Andate a letto, andate a letto, figlio mio. Buonanotte.(Rientra) Ma so' cose 'e pazze, sentite!

OTTAVIO (Entrando da sinistra in tenuta da notte) Cuncè, abbi bontà, io la notte ho le mie abitudini, se no non posso prendere sonno. Non l'ho detto prima per soggezione.

CONCETTA E che vuò?

OTTAVIO Ho bisogno di tenere vicino una bottiglia d' acqua e un bicchiere.

CONCETTA E va bene, mo te lo porto. (Fa per uscire a sinistra)

OTTAVIO Cuncè... (Guarda Lucia imbarazzato e parla a Concetta nell'orecchio)

CONCETTA Va bene.. (Esce)

OTTAVIO E tu che fai'? Non dormi?

LUCIA Sì, me ne vado.

OTTAVIO Ti faccio una camomilla?

LUCIA No, grazie.

OTTAVIO Ma di che sei preoccupata?

LUCIA (Seccata) No, niente, zio Ottà, grazie. Tengo un poco di insonnia.

OTTAVIO E me stai sola sola qua fuori? Mo mi resto con te e ti faccio compagnia.

LUCIA No, no. Si può svegliare Michele e non vi trova vicino. Andate, andate.

OTTAVIO È vero, ma se hai bisogno, chiamami, non fare complimenti.

LUCIA No.

OTTAVIO Sì, pare ca nun te saccio. Giura che non fai complimenti.

LUCIA No, nun ne faccio.

OTTAVIO No, no, devi dire: "Quanto è vero Dio, non ne faccio".

LUCIA Quant'è vero Iddio, nun ne faccio.

OTTAVIO Brava. Mo vado a vedere un poco Ninetta se dorme e poi mi corico. Quella bambina è tanto impressionabile. (Esce)

LUCIA (Fa qualche passo per la stanza, tormentandosi te mani. Poi si ferma  presso il Cristo crocifisso e resta qualche istante con le mani giunte strette al petto, e il capo chino)

Michele e detta

MICHELE (Comparendo sulla soglia della porta di sinistra) Lucì!

LUCIA Cher è?

MICHELE Io nun pozzo durmì. Sarà il caldo, sarà zio Ottavio, saranno`e chiuove nfronte, ma io nun pozzo durmì. (Aprendo un cassetto) Ce steve nun mazzo 'e carte... 'o vi' ccanno. (Si siede e dis-pone le carte per un solitario, si ode più forte il coro dei giovinastri che si avvicina di nuovo)

VOCE Ah, quel bacio che m'hai dato il cuore m'ha stregato...

MICHELE Ne valeva ventiquattromila, e s'è accuntentato cu uno. Chiude sta balcone! Nun me fido 'e sentì manco 'na. mosca. (Lucia esegue)

MICHELE No, nun dà retta. Arape. Me pare l'Africa stanotte.

Nicolino e detto poi Ottavio

NICOLINO (Entrando dalla sinistra a passo svelto, come inseguito) Embè, se non se ne va questo imbecille dalla casa...

LUCIA Ch'è stato?

NICOLINO Zio Ottavio. Io chissà come era riuscito a chiudere gli occhi e quello mi fa prendere una paura!

LUCIA Ma che vo'?

NICOLINO Sta jenno truvanno a Michele pe sotto 'o lietto. 'O vi' lloco 'o vì.

OTTAVIO (D.d.) Lucia! (Venendo in scena) Lucia .., è scappato! (Scorgendo Michele) Ah! Sta qua! (Tirandogli un orecchio) Mi ha fatto gelare il sangue, mi ha fatto!

LUCIA Sta nu poco cu me, zio Ottà. Il caldo non lo fa dormire. Lo guardo io, non vi preoccupate. OTTAVIO Ma che fa? Gioca a carte?

LUCIA Fa sbrigliare un po' la fantasia.

OTTAVIO Allora lo lascio a te. Francamente, io sul serio ho bisogno di un po' di riposo. Sto cominciando ad abbattermi.

NICOLINO Speriamo bene.

OTTAVIO Ah?

NICOLINO Dico: speriamo bene che vi riprendete presto.

OTTAVIO Basterà qualche oretta di sonno, non.di più.

NICOLINO Ma siete fachiro!

OTTAVIO Sono della generazione del Piave, figlio mio! altra epoca, altra gente! (Via)

NICOLINO Ma comme mi venne a me il prurito di scrivergli quella lettera? Ma io domani gli faccio un telegramma che sta morendo la moglie. Mo mi corico sul  divano dello studio e non ne parliamo più. (Fermandosi presso Michele) Come sta?

LUCIA Eh, gli ha preso una malinconia. 'O vi, si chiude in questo silenzio.

NICOLINO (Carezzandogli i capelli con gesto infantile)E pensare che forse la colpa è mia! Ma io speravo di giovarlo, di salvarlo. Tu non puoi immaginare il bene che gli voglio. Prima non potevo dirglielo perché mi vergognavo. Ma ora che non capisce, glielo posso dire. Vedi, se potessi, vorrei dargli il mio cervello e prendermi il suo. Da ragazzi giocavamo sempre assieme, sai. In tutti i giochi lui era il migliore e perciò gli volevo più bene. Poi lui crebbe ed io no. Si fece uomo e non fummo più amici. Quando certe volte volevo baciarlo, mi diceva: "Smettila di fare il fesso" E questo mi faceva piangere perché capivo che lui si doveva vergognare di baciare un fratello, si doveva vergognare di piangere, si doveva vergognare di pregare per una ragione che non ho mai capito. Allora non lo baciai più. Ma cominciai a lucidargli le scarpe tutte le sere, quando si addormentava. (A Michele) Ora potrei giocare con te, anche con le barche di carta se tu volessi. Siamo tornati indietro di tanti anni e possiamo essere un'altra volta, ragazzi tutti e due. (Lo bacia sulla fornte e via nello studio)

MICHELE (Con voce commossa muovendo le carte) Otto bastone, sette denare... (Con uno scatto improvviso di braccio spazza via tutte le carte) Lucì...!

LUCIA Eh?

MICHELE Piglieme 'a giacca.

LUCIA Michè...

MICHELE Aggia  j'Lucì. Chillo tene tinche figlie.

LUCIA (Ferma, Serena) Jammo.

MICHELE E tu addo' vaie? Uno basta.

LUCIA Ma...

MICHELE Lucì, mammà, e Nicolino cu chi 'e lasciammo? Va, piglieme `a giacca. E nun te piglià collera. Alla fine nun è l'ergastolo. Anzi, vedrai che torno cchiù chiattoo 'a 1à. Va. (Lucia esce a sinistra per risortire)

MICHELE (Rivolto al Cristo) E si nun fosse overo? (Lucia torna con la giubba)

MICHELE (Indossandola) Nun saccio a quanto tiempo tu nun me aiutavi a mettere 'a giacca.

LUCIA (Trattenendolo per braccio) È notte. Duorme nu poco. Ce vaie dimane.

MICHELE (Riflette un istante, poi con un sorriso) E si cagne pensiero?

LUCIA No. N'ommo comme a te nun cagne pensiero. Pulicenella cagna pensiero. Tu invece si' n'ommo ovvì... na femmena se sente criatura, piccerella, vicino a te.

Nicolino e detti

NICOLINO Ma che fa? Scende? Solo? E dove va?

MICHELE Scc! Non gridare. Sentimi, ti devo confidare un segreto che non sa nessuno. Oggi, quanto tu hai fatto quello scherzo con il signor Barbieri, io ho provato una grande emozione. E... vedi, mi sono risanato.

NICOLINO No!

MICHELE Sì, ti dico che ci sei riuscito. Vedi, non gioco più con le barche di carta. So' che non sono e non sono mai stato capitano di marina. Sono Michele Assante sensale di matrimonio. Sono stato investito da un mezzo pubblico e avevo perduto la memoria, ora sto bene e mi ricordo di tutto. NICOLINO (Guarda Lucia interrogandola)

LUCIA (Risponde di sì col capo)

NICOLINO (Verso il Cristo) Grazie, grazie! (A Michele) E perché non l'hai detto subito? MICHELE Perché gli altri mi impedirebbero di fare una buona azione. Vedi? Ho la vita di un uomo nelle mani. Sono padrone del bene e del male, come quando tu giocavi con le formiche. È una cosa molto pericolosa nelle mani di un uomo. Pensa che l'autista che mi ha investito è padre di cinque figli. Se io vado a dire una bugia si salva. Devo dire che volevo suicidarmi, che mi sono buttato io, sotto, capisci?

NICOLINO Si.

MICHELE Pensi anche tu che devo andare, non è vero?

NICOLINO Certo. Anzi. Uno che ci pensa sopra anche una ora, è già un uomo di niente.

MICHELE Sì, sì, È così. Allora io vado. Nicolino. E dammi un bacio.

NICOLINO No.Gli uomini non si baciano.Ecco. Si stringono la mano. Così. (Fa per andare)

LUCIA Michè.

MICHELE Eh?

LUCIA No, nun da retta. Nun ce jì!

MICHELE No Lucì, no. Queste sono scadenze che non si possono rimandare, si devono pagare al momento giusto. Qua l'avviso del notaio non si può aspettare: è una cambiale pagabile a vista.

LUCIA E allora vacce, e nun ce pensà cchiù.

MICHELE 'Nu mumento, mò vaco. Ma primma aggia incassa 'nu credito.

LUCIA 'Nu credito? E quanne maje avimma avuto 'e crediti nuje?

MICHELE Mò sì! Avanzammo n' applauso dal pubblico e sperammo ca nun se fanno attennere pure lloro.

Sipario

FINE