Balthazar

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BALTHAZAR

Schermo eroicomico in tre atti

di EZIO D’ERRICO

                                   

PERSONAGGI

TERENZIO GIUSTAPÒ, ex cancelliere diTribunale

NOEMI sua consorte

Ispettore di Polizia

EPAMINONDA GRAC

IL CAVALLEGGERE

CIUFFO GIUSEPPE

IL CAVALLEGGERE

MELITO PASQUALE

IL CAPORALE

BRUNO GIUSTAPÒ

TARCISIO

GLORIA

IL GRAN CIAMBELLANO

IL GRAN CERIMONIERE

IL RE

BALTHAZAR

La scena, gli abiti e le uniformi, non devono avere nazionalità un riferimento preciso a un'epoca. Meglio se pittoresche al modo delle antiche stampe popolari. Le due canzoncine sono vecchi e notissimi motivi soldateschi di ignoto autore.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Salotto con mobili di gusto vecchiotto. Un uscio a sinistra. La parete a destra di chi guarda è per largo tratto sbrecciata, e dall'apertura si scorge il pano­rama di una città. Davanti alla breccia due grandi poltrone a schienale alto, nelle quali sono seduti il signor Terenzio Giustapò, cancelliere di Tribunale a riposo, e la consorte Noemi. Iniziano parlando mol­to lentamente. Sul paesaggio urbano, una rosata luce di tramonto che gradatamente andrà incu­pendosi nel viola della sera.

Terenzio                        - Noemi...

Noemi                           - Sì.

Terenzio                        - A che pensi?

Noemi                           - Non saprei dirtelo... Forse a nulla.

Terenzio                        - Nulla... parola grave.

Noemi                           - (con un sospiro) Non esagerare.

Terenzio                        - C'è un'ombra di tristezza in quello che dici.

Noemi                           - Accade un po' a tutti, credo... Quando scende la sera.

Terenzio                        - E' una giornata che si chiude. L'essen­ziale è non dare corpo alle ombre.

Noemi                           - Non ce n'è bisogno.

Terenzio                        - Io cerco di vedere in tutte le cose il lato migliore.

Noemi                           - Per esempio?

Terenzio                        - Per esempio ritengo gran ventura poter godere dell'ineffabile gioia del tramonto pur se temperata da vespertina mestizia.

Noemi                           - (in tono neutro) Verbo, soggetto, attri­buto... Parole.

Terenzio                        - Parole, d'accordo, ma che esprimono non soltanto un fenomeno naturale ma eziandio uno stato d'animo.

Noemi                           - Vetusto e polveroso stato d'animo... E' sconsolante come tu sia sempre aggiogato ai tuoi luoghi comuni, mentre i tempi evolvono e per così dire precipitano.

Terenzio                        - Spiegati meglio Noemi. Il verbo aggio­gare implica un riferimento oltraggioso.

Noemi                           - Non era nelle mie intenzioni mancarti di rispetto; non è nelle mie abitudini; ma insisto nell'affermare che mi riesce difficile provar stupore o meraviglia nel vedere il sole che tramonta.

Terenzio                        - (si alza e si volge verso il pubblico. Dal suo viso spira dignitoso e contenuto corruccio. Ha una mano sulla spalliera della poltrona, l'altra nella bottoniera della giacca. Anche Noemi si è alzata girandosi verso la platea. Silenzio e immobilità) Contemplare i grandi fenomeni della natura è per me un modo per misurare la nostra fragilità da­vanti all'Eterno. Tremenda e mortificante medi­tazione.

Noemi                           - (tranquilla ma ostinata) E' una medita­zione di cui non scorgo la necessità. Gli animali sono felici perché non pensano mai a queste cose.

Terenzio                        - E lo spirito? Lo hai abolito? Non ti sapevo volterriana.

Noemi                           - Non l'ho abolito, l'ho accantonato per non soffrire. (Avanza quasi senza muovere le gambe come se sotto i piedi avesse delle rotelle e altrettanto fa il marito) In quanto al paesaggio, non potrai negare che con la guerra ha perduto molto del suo fascino.

Terenzio                        - A me invece pare che l'artiglieria abbia allargato il panorama che si godeva dal nostro an­gusto verone. Gli ha dato più profondità, più pro­spettiva. In certo senso lo ha allontanato.

Noemi                           - Può darsi, ma ha anche allontanato un muro del nostro salotto.

Terenzio                        - E va bene, sia come vuoi. (Con un so­spiro) Purché non si allontanino le nostre anime.

Noemi                           - Come puoi pensarlo.

Terenzio                        - No, no... S'incomincia sempre così, dalle piccole cose. Sarà perché io sono sempre... come dire...

Noemi                           - Tutti gli impiegati sono sempre come dire. Legittima reazione alla monotonia della loro vita.

Terenzio                        - Quando si è costretti a passare ore ed ore dietro una scrivania si finisce fatalmente per...

Noemi                           - (interrompendo) Ma è logico, si finisce fatalmente per... Noi donne invece sempre alle prese con i problemi casalinghi diventiamo mac­chine. Macchine per fare figli e polpette, qualunque sia il periodo storico che attraversiamo. (Lieve pausa) Non parliamone più. Vuoi che riprendiamo il calar della sera al punto in cui lo abbiamo lasciato?

Terenzio                        - (patetico) No, mi basta sapere che le nostre anime sono ancora...

Noemi                           - (con slancio) Sono ancora, sono ancora. Potevi dubitarne? Dopo tanti anni di matrimonio si sono saldate come le ossa dopo l'ingessatura. (Lieve pausa) E ora che ci penso, anche nostro figlio... (Portandosi una mano al seno) Oh, calmati cuore, calmati.

Terenzio                        - (con un sospiro) Ci siamo.

Noemi                           - Preferisci non parlarne?

Terenzio                        - Chi ha detto questo? Ma non vedo perché tu debba agitarti parlando di nostro figlio che, sia detto per inciso, ho allevato al culto del trinomio Dio, Patria e famiglia.

Noemi                           - (con un sospiro) D'accordo, ma per me quel ragazzo è sempre stato un enigma.

Terenzio                        - Oh, enigma poi...

Noemi                           - (in tono monotono) A cinque anni cambiò il colore dei capelli e tu lo attribuisti alla scarlatti­na. A tredici anni cambiò voce, e tu lo imputasti alla pubertà. Poi venne la travolgente passione per la fanciulla mai vista, la donna del suo destino come diceva... Io mi sono sempre chiesta come ci si possa innamorare di una donna inesistente, man­cante dei suoi specifici attributi.

Terenzio                        - Tutti i poeti hanno avuto di queste soavi e caste infatuazioni. Non costringermi a ci­tare esempi classici fin troppo noti. Comunque non si tratta di rivangare il passato.

Noemi                           - Il presente è ancora più preoccupante.

Terenzio                        - Io invece rimango ottimista. Sono certo che quando nostro figlio ritornerà dalla guerra lo ritroveremo quale sempre fu. Copia fedele di noi stessi, con gli inevitabili retaggi ancestrali. Il leggero strabismo del mio povero fratello e l'allergia alle fragole di tua madre.

Noemi                           - Ma ritornerà? Vorrei avere il tuo ottimi­smo. Sei corazzato come una testuggine. (A un de­bole cenno di protesta del marito) No, no... è una qualità, una qualità che t'invidio. La testuggine è un animale saggio e prudente.

Terenzio                        - Ma perché nostro figlio non dovrebbe ritornare? Se fosse...

Noemi                           - (portandosi una mano al cuore) No!

Terenzio                        - (continuando) ...il Comando di Reggi­mento ce lo avrebbe comunicato con i dovuti ri­guardi. (Lieve pausa) Negli elenchi dei prigionieri non è mai apparso il suo nome.

Noemi                           - E se fosse disperso?

Terenzio                        - Sarebbe la migliore delle soluzioni. Ciò starebbe a significare che è vivo e che non ha do­vuto nemmeno patire l'onta della prigionia.

Noemi                           - A me invece la parola disperso fa paura. Non riesco ad assimilarla. Mi fa l'effetto di qualche cosa di fluido, di inconsistente, di nebbioso. Nostro figlio che galleggia nella nebbia. Un soldato che...

Terenzio                        - Un caporale che...

Noemi                           - Va bene, un caporale che...

Terenzio                        - Del III Cavalleggeri Guide.

Noemi                           - Va bene, un caporale del III Cavalleggeri Guide e già che ci siamo tiratore scelto, che non è più in guerra perché la guerra è finita, non è morto perché non ce l'hanno comunicato coi dovuti riguar­di, non è vivo perché non è tornato, non è prigio­niero... Insomma che cosa è? Vagola come un fantasma sui campi di battaglia, bussa alle porte, forse piange, forse chiede aiuto e nessuno gli ri­sponde...

Terenzo                         - (sbuffando) Quale confusione di idee. I campi di battaglia con le porte, la nebbia d'estate... E poi perché non dovrebbero rispondergli? (Lieve pausa) Del resto questa sera verrà l'ispettore e sentiremo se ci sono novità.

Noemi                           - Quale ispettore?

Terenzio                        - Non ne conosciamo che uno, Epami­nonda Grac, quello che era piantone agli uffici del Tribunale nel tempo del mio cancellierato attivo. L'ho visto nascere.

Noemi                           - L'ispettore?

Terenzio                        - Come piantone, beninteso. (Patetico) Mi pare ancora di vederlo... Era guardia semplice. Un giovane timido, magrolino... Come abbia potuto diventare l'omaccione che è oggi, non lo so... Ri­cordo che si preparava agli esami per vicebriga­diere, ed io, per occupare il tempo, gli facevo ripe­tere le lezioni.

Noemi                           - E credi che sappia qualche cosa?

Terenzio                        - (fremendo) Ma Noemi, è un ispettore di Polizia. La Polizia sa sempre qualche cosa.

Noemi                           - (blanda ma ostinata) Ma non ha niente a che fare con l'Esercito.

Terenzio                        - (cercando di dominarsi) L'Esercito non c'è più, lo sai pure. Invece la Polizia è rimasta. (Lieve pausa) Polizia e burocrazia sono eterne. Non possono crollare. Guai se crollassero. Allora sì, sarebbe il caos. Per fortuna, ad onta della sconfitta gli impiegati sono ancora inchiodati dietro le loro scrivanie, i giudici dormono ancora nei loro seggi e la Polizia indaga. Mirabile continuità dello Stato.

Noemi                           - (scattando) Ma la sconfitta è già avvenuta, ad onta del tuo Esercito, della tua burocrazia e dei grandi spettacoli della natura. Ed io dovrei esta­siarmi davanti alla sera che cala e alla mestizia del tramonto? Ah, non parliamone più te ne prego. (Via per la sinistra).

Terenzio                        - Noemi, ti prego...

Noemi                           - (voce fuori scena) Vado a preparare la cena. (Terenzio è rimasto impalato al suo posto. Il viso dell'ex cancelliere esprime una pena digni­tosamente sopportata. Squillo lontano di campa­nello. Terenzio esce dalla sinistra e rientra seguito dall'ispettore, un omaccione col cappello duro e i baffi a spazzola).

L’Ispettore                    - Illustre cavaliere...

Terenzio                        - Buona sera ispettore. Vi ringrazio d'aver mantenuto la promessa... Novità?

L’Ispettore                    - Enne, enne, signor cancelliere.

Terenzio                        - Constato che non avete dimenticato i miei insegnamenti. Concisione, essenzialità, rispo­ste precise e non impegnative.

L’Ispettore                    - Ho una memoria di ferro. Potete mettermi alla prova.

Terenzio                        - Accolgo l'invito. Ricordate quali sono i doveri del sottufficiale di Polizia giudiziaria?

L’Ispettore                    - (battendo i tacchi e tutto d'un fiato) Controllare le... Tener d'occhio i... Sorvegliare la... Impedire che... Prender nota di... Investigare su... Riferire al... Intervenire in... Assicurarsi che... Arre­stare gli... Chiudere un occhio se...

Terenzio                        - Basta! Vedo che il seme gettato nel vostro solco ha dato buoni frutti... E ora veniamo al dunque. Che si dice in giro?

L’Ispettore                    - Che la guerra è perduta.

Terenzio                        - Questo lo sanno anche i sassi. E il nemico che fa?

L’Ispettore                    - Non si muove.

Terenzio                        - E' inesplicabile. Perché non si muove?

L’Ispettore                    - I bene informati affermano che, avendo vinto, non ha più urgenza d'avanzare.

Terenzio                        - Ma abbiamo urgenza noi d'essere occu­pati. Ambigua e innaturale è la situazione del vinto che non conosce il volto del vincitore. Abbiamo perso la guerra? E sta bene. Da che mondo è mondo c'è sempre uno che vince e uno che perde. Non abbiamo più l'Esercito? Pazienza. Ma venga almeno avanti l'Esercito nemico. Noi siamo allo stremo delle forze, abbiamo esaurito ogni risorsa, e per quanto il nostro popolo sia fertile d'inventiva, non può fare miracoli. (Lieve pausa) E poi c'è l'ordine pubblico da tutelare. L'Esercito d'occupa­zione tutelerebbe appunto l'ordine, nella carenza dei nostri pubblici poteri.

L’Ispettore                    - A chi lo dite. (Mostrando la fondina della pistola infilata nella cintura dei pantaloni e bene in vista sulla pancia) Per sostentare le mie creature ho dovuto vendere persino la pistola.

Terenzio                        - (palpando l'astuccio vuotò) Alienata l'arma che legittima la violenza e trasforma l'ance­strale timore in collettivo ossequio? Il mezzo che permette al potere legislativo di rendersi esecutivo?

L’Ispettore                    - L'essenziale è salvare le apparenze, e come vedete io le salvo. Quando l'arma c'era, la portavo qui. (Indica la tasca posteriore dei panta­loni) Ora porto la fondina sull'ombelico, bene in vista. Altrettanto fanno i miei colleghi.

Terenzio                        - E chi le ha comperate tutte queste armi?

L’Ispettore                    - I sovversivi, signor cancelliere.

Terenzio                        - Quanto mi dite è spaventoso. Lo Stato abdica a favore dei fomentatori di disordini? Cede le armi a coloro che lo vogliono distruggere per creare il caos e il terrore?

L’Ispettore                    - (bonario) Non siate così catastro­fico. Dimenticate la pasta di cui sono fatti i nostri rivoluzionari... Si accontenteranno di una fetta di potere e passeranno il tempo a epurarsi fra loro. (Scorgendo Noemi che entra dalla sinistra con una pentola) Buona sera signora...

Noemi                           - Buona sera ispettore. Scusate se sono costretta a passarvi davanti con la pentola. (La depone sul pavimento per stringere la mano all'ispettore) Abbiamo dovuto mettere un fornello di fortuna in anticamera perché il pavimento della cucina è pericolante.

L’Ispettore                    - In molte case lesionate dal tiro d'artiglieria si è dovuto ricorrere a ripieghi del genere. Ben sapeva l'inimico che sgretolando i domestici focolari, minava alla base la resistenza della nazione. (In tono mondano) Che cosa prepa­rate di buono per il vostro maritino?

Noemi                           - Zuppa di fagioli.

L’Ispettore                    - Fagioli e pasta?

Noemi                           - No, fagioli e acqua.

L’Ispettore                    - Ah, fagioli bolliti e conditi con l'olio? Ottimi.

Noemi                           - No, senza olio. Tutti sanno fare i fagioli con l'olio.

L’Ispettore                    - Capisco. E... il sale ce lo mettete?

Noemi                           - (seccamente) Siete invitato?

L’Ispettore                    - Sapete bene che in servizio non posso accettare inviti.

Noemi                           - (scattando) E allora che v'importa se la mia zuppa è salata o no? (Riprende la pentola ed esce impettita per la destra).

Terenzio                        - Avete udito? E' diventata suscettibile e talvolta incomprensibile. Poco fa volevo farle ammirare il tramonto. Ebbene, lo credereste? Ne è nata una discussione penosa. (Con un sospiro) Non potete immaginare quale dramma sia dive­nuta la mia vita coniugale un tempo soltanto noiosa.

L’Ispettore                    - (cavando di tasca la pipa) Permet­tete?

Terenzio                        - Prego.

L’Ispettore                    - Comprendo il vostro stato d'animo. Voi siete... come dire...

Terenzio                        - (interrompendo) Appunto, io sono pro­prio così. E badate che non lo faccio apposta.

 

L’Ispettore                    - Oh no, si nasce in un certo modo. (Carica la pipa).

Terenzio                        - Bravo. Si nasce.

L’Ispettore                    - Ognuno il suo genere, la sua specia­lità. Voi per le cose sublimi, per i concetti alati. Ricordate l'epitaffio che dettaste per quella lapide di metri uno di base per uno e settantacinque di altezza?

Terenzio                        - Quella per i caduti della guerra di Barberia?

L’Ispettore                    - Precisamente. Come diceva?

Terenzio                        - Dunque... (Socchiudendo gli occhi) Da queste spiagge...

L’Ispettore                    - (annuendo e battendo il tempo con un dito) Eccetera, eccetera.

Terenzio                        - Gli occhi rivolti...

L’Ispettore                    - (continuando con la sua mimica) Eccetera, eccetera.

Terenzio                        - Sulle orme delle quadrate legioni...

L’Ispettore                    - (illuminandosi) Eccetera!

Terenzio                        - Partiste... (Incoraggiando l'Ispettore con lo sguardo) Pu...

L’Ispettore                    - Pu...

Terenzio                        - Pu... pugnaste... e... Suvvia, un piccolo sforzo...

L’Ispettore                    - ... e ... e... (In una specie di ruggito di liberazione) Vinceste!

Terenzio                        - Bravo! (Insinuante) Baciati...

L’Ispettore                    - (ansimando) In... in fronte...

Terenzio                        - Benissimo! (Implacabile) Da che cosa?

L’Ispettore                    - Dal fulgente sole della gloria. (Crolla esausto in una poltrona asciugandosi il sudore) Bello bellissimo! Magnifica guerra quella della Barberia... straordinaria e fulminea avanzata. Eh, guerre come quelle non ne vedremo più. (Accende la pipa).

Terenzio                        - Gran ventura per noi aver vissuto quei giorni. Ricordate i Bollettini del Comando Su­premo? (Enfatico) Uccisi centomila...

L’Ispettore                    - Prigionieri trecentomila!

Terenzio                        - Il Sultano di Barberia in fuga! Titoli su quattro colonne.

L’Ispettore                    - (estasiato) Si volava...

Terenzio                        - E sapete perché? Perché c'erano le aquile.

L’Ispettore                    - Ah già... le aquile volano. Non ci avevo mai pensato. (Pausa) Oggi tutto diverso... Ma che diavolo se n'è fatto delle aquile?

Terenzio                        - (con un sospiro) Truccate da gallina e con una gran paura di finire in pentola.

L’Ispettore                    - Mimetizzazione provvisoria. Domani, passata la tempesta...

Terenzio                        - (portandosi un dito alle labbra) Ssst... prudenza!

L’Ispettore                    - Giustissimo. Parliamo d'altro.

Terenzio                        - (annusando l'aria) Che odore mefitico...

L’Ispettore                    - Scusate. E' l'intruglio che sono co­stretto a fumare.

Terenzio                        - Camomilla?

L’Ispettore                    - Magari... Stoppa... La sottraggo a un vecchio canapè.

 EZIO D'ERRICO

 Terenzio                       - abitua.

L’Ispettore                    - In attesa del ritorno alla normalità,

Terenzio                        - Già, a proposito di ritorno alla nor­malità... Prima del vostro arrivo si parlava con mia moglie di nostro figlio Bruno.

L’Ispettore                    - Quello che è morto?

Terenzio                        - (sobbalzando) Chi vi ha detto che è morto?

L’Ispettore                    - Non era caporale al III Cavalleggeri Guide? Ah già, che smemorato, obliai di farvene cenno... E' arrivato il testo dell'ultimo Bollettino. Voi sapete che esistono due Bollettini. Quello au­tentico che il Comando Supremo dirama in pochi esemplari per il Governo e i collezionisti, e quello addomesticato per i giornali.

Terenzio                        - Saggia disposizione.

L’Ispettore                    - Orbene, nell'ultimo Bollettino au­tentico, si parlava appunto del III Cavalleggeri Guide il quale, nell'eroico tentativo di... Rinno­vando le gloriose tradizioni della... Con un'impe­tuosa carica su... Fedele al motto che... S'immolava gloriosamente eccetera eccetera.

Terenzio                        - (dolorosamente colpito) Si è immo­lato? (Fra sé per vecchia abitudine) Dal latino immolo immolas, immolatum, immolare...

Noemi                           - (apparendo dalla destra) Chi si è immo­lato?

L’Ispettore                    - (imbarazzato) Ehm... Come avete detto?

Noemi                           - (avanzando sospettosa) Ho chiesto chi si è immolato?

L’Ispettore                    - Vi assicuro che nessuno di noi ha usato quel verbo.

Noemi                           - (alzando le braccia e con intonazione me­lò) Non nascondetemi la verità... E' morto.

L’Ispettore                    - Ma di chi parlate?

Noemi                           - Il cuore di una madre raramente si inganna.

Terenzio                        - Noemi, ti giuro,.. (Una scampanellata lo interrompe).

Noemi                           - (disperata) Eccoli... Vengono a comuni­carci la notizia. (Si accascia semisvenuta su una poltrona e l'ispettore le fa vento con un giornale).

Terenzio                        - (uscendo dalla sinistra) Ma no, vedrai che è il capofabbricato che ci affligge con una delle solite circolari. (Voci indistinte fuori scena, poi Terenzio ritorna seguito da un soldato di caval­leria. Sotto il keppì da cavalleggero del III Reggi­mento Guide, il suo viso è spettrale. L'uniforme è lacera e polverosa ma la sciabola scintillante).

Noemi                           - (lanciandosi verso il soldato) Bruno, figlio mio! (Arretrando di due passi) No... non sei Bruno.

Il Soldato                      - (perplesso) Infatti mi chiamo Giu­seppe... Giuseppe Ciuffo,

Noemi                           - (con un fil di voce) Unico superstite?

Ciuffo                           - No signora, anche il mio collega Melito Pasquale è superstite,

Noemi                           - (a Terenzio) Hai sentito? Due soli su­perstiti.

Terenzio                        - (va ad aprire e ritorna con un altro sol­dato di cavalleria identico al primo come un fra­tello gemello. In tono salottiero presentando) Il cavalleggero Pasquale Melito. (Al soldato) Mia moglie, un ispettore amico di casa e... il vostro collega Ciuffo Giuseppe.

Melito                           - (battendo i tacchi) Enchanté. (A Ciuffo) Il caporale?

Ciuffo                           - In lieve ritardo.

Melito                           - (sorridendo) Avrà fatto un salto dalla ragazza.

Noemi                           - (con un sospiro) Un'altra... (Ai soldati) Sapete almeno di quale ragazza si tratti?

Ciuffo                           - In materia galante il caporale è riser-vatissimo.

Melito                           - E noi discreti.

Noemi                           - (con amarezza) Comunque ha anteposto una fraschetta a sua madre.

Terenzio                        - (alla moglie) Ma Noemi, è la vita! La vita col suo fatale avvicendarsi di affetti che non si escludono ma si completano, non interferiscono ma si armonizzano, non si sostituiscono ma si intonano.

Noemi                           - E sia...

Melito                           - (a Noemi) Non preoccupatevi sarà un ritardo di pochi minuti. II caporale è fulmineo in pace e in guerra.

Terenzio                        - (in tono fatuo) Buon sangue non men­te. (A Melito) Diceste d'essere arrivati insieme...

Melito                           - Con lo stesso carro bagagli, pochi mi­nuti fa. Ma il nostro caporale, che tutto prevede, aveva già inserito nell'ordine di marcia un'avver­tenza. Se alla stazione dovessimo perderci di vista, appuntamento a casa mia. E fu profeta.

L’Ispettore                    - (in tono salottiero) C'era molta gente alla stazione?

Melito                           - Moltissima. Si era sparsa la voce che l'Armata di occupazione sarebbe giunta col diretto delle 18,45... C'erano le autorità, i Sindacati, le scola­resche. In quella baraonda era fatale che ci per­dessimo di vista, ma il nostro capopattuglia che tutto prevede...

L’Ispettore                    - (interrompendo) L'avete già detto. Spiegatemi piuttosto come mai i vostri superiori vi hanno dato il permesso di ritornare a casa. La smobilitazione, ch'io mi sappia, non è ancora av­venuta.

Melito                           - Di quali superiori intendete parlare? Non abbiamo che il caporale Giustapò... Morto il comandante di reggimento, il maggiore, il capitano, il tenente, il sergente, il trombettiere. (Si ode un energico squillo di campanello) Questo è lui! (Noemi manda un grido, si porta una mano al cuore, ed esce a precipizio per la sinistra. Confuse voci fuori scena. Poi Noemi rientra portata fra le braccia dal gigantesco caporale Giustapò che la sorregge come una bambola).

Il Caporale                    - (con voce di tuono dopo aver deposto a terra la madre) Salute padre, salute camerati, e buon giorno anche a voi ispettore, vecchio e fedele amico. (Abbraccia il padre, dà un colpetto nel ven­tre all'Ispettore, una pacca sulle spalle ai camerati, poi) Gioia di rivedere le domestiche pareti, felicità di annusare in tutti i suoi odori la vecchia tana dell'infanzia... (Indicando) In quella poltrona sognai gloriose imprese... Su quel tavolo finsi di studiare... (Guardando verso il muro sfondato) Ma... quella finestra era più piccola, una volta...

Terenzio                        - Infatti... Non più finestra... squarcio, breccia, voragine.

Noemi                           - (piagnucolosa) La guerra, figliolo... una granata da settanta libbre alle cinque del pome­riggio.

Il Caporale                    - L'ora del tè... Sempre beffarda quel­la dannata artiglieria.

Terenzio                        - Per fortuna eravamo nel cortile ad ascoltare un'allocuzione del capofabbricato.

Noemi                           - Ah sì, ricordo, ci parlava dei datteri...

Terenzio                        - Ditteri, ditteri...

Noemi                           - (incerta) Ditteri?

Terenzio                        - Sì, cara, vulgo mosche.

Il Caporale                    - Mi sembra di averne sentito parlare. Infausta guerra, se non erro.

L’Ispettore                    - Purtroppo.

Terenzio                        - Bando alle malinconie. (Al Caporale) Parlavi invece del tuo bel reggimento immolatosi caricando al trotto.

L’Ispettore                    - Al galoppo.

Terenzio                        - Trotto diceste.

L’Ispettore                    - Ho detto caricando... Si carica al galoppo.

Il Caporale                    - Né trotto né galoppo... Il nostro bel reggimento è stato distrutto dall'artiglieria men­tre era appiedato. (Rallentando la dizione come se vedesse la scena) Eravamo impantanati in un ter­reno fangoso dove gli alti comandi ci avevano costretti a marcire. (Con improvviso sbalzo di voce) Funghi alti così sui nostri stivali... I cavalli con le pance gonfie perché non facevano che bru­care erbe palustri... Zanzare e mignatte, tafani e calabroni, serpi e ranocchi ovunque.

Ciuffo                           - (lugubre) Tutto intorno montagne. Tri­sti montagne nere di abeti.

Melito                           - (c.s.) Dove gracchiavano corvi neri.

Il Caporale                    - E noi avviliti nel pantano che do­veva diventare il cimitero del più bel reggimento del mondo.

Terenzio                        - Ma perché, perché?

Il Caporale                    - (stringendosi nelle spalle) Come posso saperlo? Da una parte proibito chiedere, impossibile discutere, soltanto credere e ubbidire. Dall'altra stivali di cartone, munizioni scarse, ran­cio immangiabile. (Con un altro imprevedibile sbalzo di voce) Invano il nostro colonnello Mar­chese Riccio di Cambertino grand'ufficiale Attilio, con fonogramma trecentosettanta diviso due di protocollo riservato, chiese d'essere mandato in pianura dove i nostri cavalli avrebbero galoppato in gara col vento. La risposta fu. (Con voce di grammofono) Con riferimento fonogramma a mar­gine pari oggetto, a mente dei paragrafi diciotto e ventuno delle norme sull'impiego tattico della cavalleria si ordina al terzo reggimento Guide di rafforzarsi nelle posizioni attualmente occupate, stop. Dare ricevuta.

Terenzio                        - Tremenda e tuttavia affascinante laco­nicità militare.

Il Caporale                    - E una brutta mattina. (Ai cavalleggeri) Ricordate?

Ciuffo                           - Le montagne s'increstarono di cannoni.

Melito                           - Un fuoco d'inferno si rovesciò sul nostro reggimento confitto nel fango.

Il Caporale                    - La palude si trasformò nel cratere di un vulcano. Esplosioni rosse, gialle, verdi...

Ciuffo                           - Fu una strage.

L’Ispettore                    - Uomini e cavalli?

Il Caporale                    - Meno noi tre... e Balthazar.

L’Ispettore                    - Chi è costui?

Il Caporale                    - (ai suoi uomini con un pallido sorriso)

                                      - Non sa chi è Balthazar.

Ciuffo                           - (crollando il capo) Come può saperlo...

Melito                           - Anche se avesse dell'immaginazione (con un'occhiata all'Ispettore) e dal suo viso non sembra...

Noemi                           - (abbracciando il figlio) Non pensare a queste orribili cose. Per fortuna la guerra è finita.

Il Caporale                    - (sobbalzando) Finita?

Terenzio                        - Finitissima, la Dio mercè!

Il Caporale                    - (ridendo) Ma chi ve lo ha detto?

L’Ispettore                    - Tutti... i giornali, il Bollettino del Comando Supremo...

Terenzio                        - La vox populi.

Il Caporale                    - (corrugando la fronte) A noi, nes­suno lo ha comunicato.

Terenzio                        - Ma figliolo, chi volevi che te lo co­municasse?

Il Caporale                    - (scattando) Quegli stessi che al giorno uno di mobilitazione ci annunciarono con apposito proclama che la guerra era incominciata.

L’Ispettore                    - (tossicchiando) Molte cose cambia­rono da allora. A parte il fatto che non si è mai visto stampare dei proclami per annunciare che la guerra è perduta.

Il Caporale                    - Ma l'Esercito attende ordini.

L’Ispettore                    - Credo opportuno avvertirvi che l'Esercito non esiste più.

Il Caporale                    - (incredulo) Non esiste più? Volete scherzare...

Terenzio                        - Un Ispettore, dovresti saperlo, non scherza mai. L'Esercito si è sbandato, il Ministero è caduto, sciolte le Camere e il Senato. I Prefetti delle Province agiscono in modo starei per dire autonomo

Il Caporale                    - (interrompendo) E il Re?

Terenzio                        - (con prudenza) Ah be'... non so che cosa farà il Re... C'è chi dice si sia allontanato, altri afferma che si tenga nascosto o qualche cosa di simile... Al postutto non puoi pretendere che Sua Maestà si occupi di un caporale e della sua pattuglia.

Il Caporale                    - (scattando) Ma saremo noi che ci occuperemo di lui! Ci presenteremo sugli attenti, talloni riuniti, petto in fuori, sciabole sguainate, e gli chiederemo subordinatamente conto delle pro­messe.

 

Noemi                           - Quali promesse?

Il Caporale                    - Il patto sacro tra Esercito e So­vrano. Il contratto ideale tra Re e popolo.

Noemi                           - Ma quale contratto? Non c'è più niente da contrattare. Solo macerie e disperazione, penu­ria di circolante, di grassi e di proteine.

Il Caporale                    - Ci sono i morti, madre! Ci sono i nostri compagni morti.

Terenzio                        - Rassicurati... I morti verranno onorati.

L’Ispettore                    - E’ la verità... Anche i vostri genitori vi avrebbero onorato se foste morto. (A Terenzio) Se ne parlava sempre, ricordate?

Noemi                           - Io mi sarei messa in gramaglie con triplo velo.

Il Caporale                    - (un po' commosso) Triplo velo? (Con qualche colpetto affettuoso sulle spalle di Noemi) Povera mamma...

Terenzio                        - E io avrei marciato a testa alta nei cortei patriottici con le tue decorazioni sul petto.

Il Caporale                    - Ma io non ho decorazioni...

Terenzio                        - Ebbene, avrei portato la tua sciabola su un cuscino di velluto.

Il Caporale                    - (sempre più commosso) Cuscino dì velluto? Grazie padre... grazie madre.

Melito                           - (all'Ispettore) Sono cose che fanno un certo effetto...

Ciuffo                           - Una specie dì nodo qui. (Indica la gola).

L’Ispettore                    - (asciugandosi un occhio) A chi lo dite... Non dimenticherò questo momento. (A Te­renzio) Scusatemi sotto la scorza del funzionario batte pur sempre un cuore.

Terenzio                        - Vi comprendo.

Noemi                           - (al figlio) Intanto, per nostra fortuna, non sei morto.

Il Caporale                    - Ne sei certa? A volte mi par d'essere un morto che cammina... (Ai due soldati affettuo­samente) Tre morti... naturalmente spensierati, e con una gran voglia di far bisboccia. (Rompe in una risata).

Noemi                           - Ho capito... donne. Forse quella che sei andata a trovare appena uscito dalla stazione.

Il Caporale                    - Come lo sai?

Noemi                           - Le madri intuiscono e paventano le divo­ratrici d'uomini.

Il Caporale                    - Ma no, è soltanto una madrina dì guerra.

Noemi                           - Una cosa non esclude l'altra.

Il Caporale                    - Ti assicuro che si è limitata a tem­pestarmi di lettere, poi mi ha mandato un suo ritratto e si è fatta promettere che appena ritor­nato eccetera eccetera... Un gentiluomo non può venir meno alla sua promessa. (Con un sospiro) Ahimè ì ritratti sono mendaci.

Terenzio                        - Delusione?

Il Caporale                    - Preferisco sorvolare.

Terenzio                        - Comprendo. Il ritratto fu eseguito in epoca remota.

Noemi                           - Ora sei indiscreto.

Terenzio                        - Si fa per parlare.

Noemi                           - E' strano come gli argomenti licenziosi ti rendano loquace.

Terenzio                        - Noemi tu vaneggi. Stiamo parlando di un ritratto.

Il Caporale                    - Padre, madre, ve ne prego, desistete da questa frivola contesa.

L’Ispettore                    - (sentenzioso) Majora premunt. (Scampanellata violenta che cessa di colpo. Poi tonfi sordi all'uscio dell'anticamera. Tutti guarda­no sbigottiti verso sinistra).

Terenzio                        - Chi dunque si permette di prendere a calci la porta d'ingresso? (Esce rapidamente).

Il Caporale                    - (ai suoi uomini) Vuoi vedere che...

Ciuffo                           - Questi tonfi non mi suonano nuovi.

Melito                           - Stavo per dirlo.

Terenzio                        - (rientrando con in mano il cordone del campanello) Incredibile! Qualcuno ha strappato il campanello e ha preso a calci la porta d'ingresso.

Noemi                           - Qualcuno chi?

Terenzio                        - Ah, non lo so. Quando sono uscito non c'era più nessuno.

L’Ispettore                    - Avete guardato per le scale?

Terenzio                        - Certamente, ma il mascalzone deve essersela data a gambe.

Il Caporale                    - (con una gomitata a Melito) A quat­tro gambe...

Ciuffo                           - (con una gomitata all'Ispettore) Non ve aspettavate eh?

L’Ispettore                    - Che significa?

Caporale                        - Balthazar ha voluto ricordarci che è sempre fra noi.

Terenzio                        - Esemplifica, ti prego.

Il Caporale                    - Come dirti? Senza volerlo portiamo la guerra con noi. Essa aderisce alle nostre anime come quei fili di paglia che restano sulla giubba del guardia-scuderia quando gli avviene di dormire sulla lettiera.

Melito                           - (annusando l'aria) Himm... la lettiera-Mi sembra ancora di sentirne la soffice fragranza.

Ciuffo                           - (sognante) Il caldo e materno odore di stallatico... (L'Ispettore preso da un dubbio annusa la pipa).

Terenzio                        - Tutte codeste mi sembrano fantasti­cherie... Or su miei bravi, sbarazzatevi dalle impedimenta. (Al Caporale indicandogli lo squarcio nel muro) A proposito, hai visto com'è ancora bella la nostra città quando cala la sera?

Noemi                           - (fra sé) E' una fissazione... (Attraverso la breccia si vede il cielo al crepuscolo con qualche stella che palpita. Fra poco sarà di scena la luna).

Il Caporale                    - (distrattamente) Bellissima infatti...

Noemi                           - (a Ciuffo e a Melito) Naturalmente reste­rete a cena con noi. (Con un timido sorriso) Non so se vi piacerà la mia modesta zuppa di fagioli.

Ciuffo                           - Certo, signora, certo.

Melito                           - (ingenuamente) In guerra la mangiava­mo tutti i giorni.

Ciuffo                           - (con una gomitata a Melito) Ma quelladella signora sarà certamente migliore.

Terenzio                        - E poi ci berrete sopra una buona botti­glia di vino. (Al Caporale) L'abbiamo conservata per il tuo ritorno.

L’Ispettore                    - Ecco un'ottima idea. E quando avre­te un bicchiere di vino generoso in corpo non penserete più alla sconfitta.

 

Il Caporale                    - Ancora? Ma chi ha parlato di scon­fitta?

Terenzio                        - (con un sospiro) Ci risiamo... (Con precauzione) Figlio mio diletto, provenendo dal campo di battaglia tu hai forse un'idea un po' sommaria, come dire, un po' nebulosa, di quelle che sono state le vicende di questa infausta guerra. (All'Ispettore) Succede sempre così non è vero?

L’Ispettore                    - Fatalmente! Ogni soldato non ha occhi che per il suo settore, ma che dico, per la sua trincea, per la sua ridotta, per la sua piazzuola, e la situazione generale gli sfugge.

Il Caporale                    - Non capisco di quale situazione generale stiate parlando.

Ciuffo                           - Volete spiegarcelo?

Terenzio                        - Amici miei... Per quanto quello che sto per dirvi possa riuscire amaro per dei combattenti valorosi, sta di fatto che la guerra è finita, ed è finita per la buona ragione che l'abbiamo perduta.

Il Caporale                    - (scattando) Abbiamo? Ma chi abbiamo?

Ciuffo                           - Semmai hanno...

Melito                           - Bravo! Hanno... hanno!

L’Ispettore                    - Chi hanno?

Il Caporale                    - Tutti! Tutti fuorché noi. Ciuffo e

Melito                           - (a una voce) ...e Balthazar.

Il Caporale                    - ...e Balthazar naturalmente.

Terenzio                        - (perplesso) Balthazar... Questa X che ritorna...

Il Caporale                    - (con un sospiro) Eh già, non puoi capire. Nessuno di voi può capire.

Melito                           - (a bassa voce a Ciuffo) L'ottusità dei borghesi è proverbiale.

Ciuffo                           - (al Caporale) Cerca di spiegar loro chi era Balthazar.

L’Ispettore                    - Un momento... Potrei giungervi con il metodo induttivo.

Noemi                           - Per l'amor di Dio...

Il Caporale                    - (allargando le braccia e guardando in alto quasi a invocare testimonianza dal Cielo) Balthazar... il più bel cavallo del III Reggimento Guide, ma che dico, il più bel cavallo di tutte le Brigate di Cavalleria. (Al padre) Un demonio scatenato! (All'Ispettore) Per passargli la brusca bisognava essere in quattro a tenerlo. Per metter­gli la sella, dovevano farsi sotto altri quattro cavalleggeri perché i primi erano già all'infer­meria. (Lieve pausa) Poi Balthazar ti dava un'oc­chiata...

Terenzio                        - Un'occhiata a chi?

Il Caporale                    - Dava un'occhiata al cavaliere, e se non gli era simpatico, col cavolo che si lasciava inforcare. (Ciuffo e Melito scoppiano a ridere sod­disfatti battendosi grandi pacche sulle spalle).

Ciuffo                           - Alto come un campanile.

Melito                           - Bianco come la neve.

Il Caporale                    - E con una stella nera in fronte. Ah, che bestia meravigliosa!

Terenzio                        - Ma dove l'avete trovato un simile cavallo?

Il Caporale                    - Eh... dove l'abbiamo trovato... Sono gli incerti del destino. Anche Balthazar era un morto in piedi. Un superstite di cento battaglie... Non so quanti ufficiali sono stati fulminati dal piombo nemico in sella di quel cavallo, e dopo ogni combattimento Balthazar diventava più furio­so e indomabile quasi che l'anima del cavaliere morto gli fosse entrata nelle budella e smaniasse per vendicarsi.

L’Ispettore                    - Balthazar... Strano nome. Capisco che nell'Esercito i nomi ai quadrupedi vengono assegnati seguendo l'ordine alfabetico, così è facile fare il conto dell'anno di nascita. Dunque, vediamo un po'... Balthazar, ergo lettera B...

Il Caporale                    - (interrompendolo in tono protettivo) Ispettore, voi vi intendete di cavalli come io di balene. Balthazar non era un cavallo di squa­drone, era un puro sangue. Il nome glielo dette il suo primo proprietario, il capitano Stimmer Mar­chese di Prangins, discendente da una grande famiglia di cavalieri e di allevatori, il cui capo­stipite si chiamava appunto Balthazar Stimmer.

Ciuffo                           - Sia pace all'anima sua. Non era comodo come superiore, ma era un valoroso, il capitano Stimmer.

Melito                           - (scattando sull'attenti) Pronipote del colonnello Balthazar Stimmer di Prangins y Orte-ga y Carranco, di padre svizzero e di madre andalusa...

Ciuffo                           - (scattando sull'attenti) Ufficiale, diploma­tico, poeta, nato nel 1600 morto nel 1688.

Il Caporale                    - (scattando sull'attenti) Il Balthazar Stimmer, avo del nostro capitano, servì sotto Mansfield in qualità di Connestabile, fu Ambascia­tore presso Richelieu... Quattordici volte ferito in battaglia, promosso Maresciallo sul campo e quindi Luogotenente generale. (All'Ispettore confidenzial­mente) Da recluta ho buscato dieci giorni di con­segna per non aver saputo elencare tutti gli ante­nati del mio allora vivente capitano.

Terenzio                        - Scusa figliolo, ma non ho ben capito. Stai parlando di un cavallo o di un personaggio storico?

Il Caporale                    - (con solennità) Di un cavallo, padre, che portava il nome di un personaggio storico: Balthazar.

Ciuffo                           - Il che vai quanto dire di un cavallo storico.

Melito                           - Esatto!

Terenzio                        - (al figlio) E un cavallo di tal prestanza e genealogia...

Il Caporale                    - (raggiante) L'hanno dato a me! Ciuffo e

Melito                           - (visibilmente soddisfatti) L'han­no dato a lui!

Noemi                           - Io lo trovo naturalissimo...

Il Caporale                    - (modesto) Be', proprio naturalis­simo no... (Ai suoi cavalleggeri) Ricordate quel giorno, quando, il Comandante di squadrone mi mandò a chiamare? (Al padre) Eravamo accam­pati in una pianura sabbiosa battuta dal sole, e faceva un caldo d'inferno. Dopo il fu capitano Stimmer, Balthazar era passato al fu tenente Della Rocca cavalier Aimone, poi al fu sergente Passamont e dopo la morte del sergente non volle più farsi cavalcare.

Terenzio                        - E perché?

Il Caporale                    - E chi lo sa? Te l'ho già detto, andava a simpatie... Buttò di sella cinque caporali, dieci trombettieri e non so quanti cavalleggeri. (Rievocando) Quando mi presentai al mio Coman­dante di squadrone, il defunto maggiore Guargnotta di Guardafui commendator Guiscardo, capii subito di che si trattava e il cuore mi dette un tuffo. Balthazar, tenuto da quattro palafreni, mi attendeva, bianco di spuma, con le froge rosse come se buttassero fuoco e i grandi occhi scintil­lanti. Il Comandante di squadrone mi guardò bene in faccia, poi disse... Caporale Giustapò, vi ho assegnato questo cavallo, volete provarlo? Signorsì! risposi... Balzai in sella e strinsi le ginocchia men­tre i palafreni fuggivano terrorizzati... Balthazar si impennò come una giraffa, strappò coi denti una nuvola come fosse un ciuffo di fieno, poi si voltò fissandomi coi suoi bellissimi occhi, mandò un nitrito, e ricadendo dolcemente sui quattro zoccoli, si mise al piccolo trotto.

Terenzio                        - Formidabile!

Ciuffo                           - Da quel giorno Balthazar e il nostro caporale fecero tutt'uno.

Melito                           - E noi sentimmo che Io avremmo seguito in capo al mondo.

Ciuffo                           - Quando si usciva in avanscoperta e Balthazar scalpitava, noi dietro di lui eravamo costretti a galoppare in un nembo di scintille.

Melito                           - Quando nitriva tutti i cavalli del reggi­mento rispondevano, e pareva di udire una fanfara di trombe d'argento.

Il Caporale                    - (concludendo con fierezza) E quando gli si gonfiava la pancia, ricordate? Alzava la coda e... Buum! Usciva un tuono! (Con infinita tristezza) Poi tutto finì...

L’Ispettore                    - Il fuoco d'artiglieria?

Il Caporale                    - No, Ispettore, per fortuna questo estremo oltraggio gli fu risparmiato. Guai se fosse morto per un'ignobile scheggia di ferraccio, per un culo di marmitta come noi chiamavamo i fon­delli di granata... E poi Balthazar aveva orecchie delicatissime e non poteva sopportare il rombo del cannone. Quando il fuoco delle batterie da montagna s'abbattè su di noi come una tempesta di ferro, stroncando bipedi e quadrupedi, Balthazar mandò un terribile nitrito e mi rivolse uno sguardo disperato... D'un balzo gli fui in groppa...

Noemi                           - Disgraziato!

Ciuffo                           - Io mi attaccai alla criniera...

Terenzio                        - Temerario!

Melito                           - E io alla coda.

L’Ispettore                    - Incauto.

Il Caporale                    - Balthazar mandò un altro nitrito così tremendo da superare Io scoppio delle granate. S'impennò quant'era lungo, con un balzo schizzò fuori dal pantano, e via al galoppo per la vallata, tutto travolgendo sul suo passaggio.

Terenzio                        - (ai soldati) E voi due?

Il Caporale                    - Ciuffo, lo acciuffai per il fondo dei pantaloni e metterlo sul collo della bestia.

Melito                           - Io mi vidi perduto, ma una provviden­ziale capriola mi scaraventò sulla groppa.

L’Ispettore                    - E il cavallo continuò a galoppare?

Il Caporale                    - Andava come un treno... Io senza sella, senza staffe, senza briglie roteavo la sciabola, e Balthazar a morsi e a sgroppate si apriva il varco tra le fanterie che protette dal fuoco dei cannoni stavano serrando sotto. Urla di orrore, teste che saltavano, gemiti e imprecazioni...

Noemi                           - Vergine Santa!

Ciuffo                           - Eravamo in tre a roteare le sciabole.

Melito                           - Balthazar era diventato una falciatrice.

Il Caporale                    - Quanto durò quella folle cavalcata? Non lo so. Quando Balthazar stramazzò trafìtto da cento colpi di baionetta, non era più bianco, era rosso e zampillava sangue come una fontana.

Ciuffo                           - Cedemmo in mucchio con lui, fuori della vallata maledetta, in una spiaggia solitaria,

Melito                           - Eravamo salvi.

Noemi                           - Signore, ti ringrazio.

Ciuffo                           - Esausti, storditi, quasi incapaci di reg­gerci in piedi.

Il Caporale                    - E Balthazar agonizzava. (Con dizione lenta) Offuscati i begli occhi di smalto, velata la pupilla violacea dove brillava una scheggia di follia, la follia del galoppo e della impennata... Poi fra le labbra tirate e intrise di bava vischiosa, appar­vero i denti, in quella specie di tremendo sorriso che hanno i cavalli moribondi. Noi tre lo guarda­vamo impietriti, incapaci di staccarci da quella agonia, con la gola stretta da un nodo. Avremmo dato la nostra vita per salvarlo, ma non c'era più nulla da fare. Il suo fianco si alzava e si abbassava rivelando la gabbia delle costole, e un rantolo di morte saliva dal vasto petto su per il collo arqua-to... (Si porta le mani al viso come per non vedere la morte del cavallo).

Ciuffo                           - Finalmente con un sussulto, il gran corpo s'acquetò immobile.

Melito                           - Sembrava un monumento di marmo sotto la luna. (La scena è quasi al buio. Un esile raggio di luna incomincia a filtrare dal muro sbrecciato).

Il Caporale                    - (con voce sorda) Andammo sulla riva del mare, e usando i nostri keppì come sec­chielli, lavammo Balthazar dal sangue e dal sudore.

Ciuffo                           - (come parlando a se stesso) Con le dita gli abbiamo pettinato la criniera.

Melito                           - E infine lo abbiamo sepolto.

Il Caporale                    - Non sulla spiaggia naturalmente.

Ciuffo                           - Mai avremmo sopportato che Balthazar fosse preda dei cani randagi.

Il Caporale                    - Siamo andati in cerca di un car­retto. Un boscaiolo ci prestò uno di quei lunghi traini che si adoperano per i tronchi degli abeti.

Melito                           - Vi caricammo sopra Balthazar.

Il Caporale                    - (come se vedesse la scena) Le sue gambe inerti ciondolavano... Spezzati i possenti garretti ramificati da turgide vene, ora gli zoccoli battevano contro i bordi del carro.

 

Ciuffo                           - Sembrava di udire il lento battere di un tamburo...

Melito                           - (imitandone il rumore) Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum... (Il buio si è infittito. Insensibilmente tutti i personaggi si sono messi in fila indiana. Un raggio di luna li coglie di fianco scalpellandoli come un bassorilievo. Mentre i soldati continuano a parlare, gli altri a bassa voce scandiscono Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum...).

Ciuffo                           - Più forte del tamburo.

Il Caporale                    - Più forte, sì... come dei colpi di fucile lontani.

Melito                           - Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum...

Il Caporale                    - E giunti in mezzo a una cerchia di montagne sulle cui cime brillavano le stelle, scaricammo il gran corpo bianco di Balthazar.

Melito                           - Tutto intorno silenzio, con qualche rado colpo d'arma da fuoco ovattato dall'umidità not­turna.

Ciuffo                           - Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum...

Il Caporale                    - Incominciammo a raccogliere grosse pietre, con le quali costruimmo un muretto circo­lare di protezione. Continuammo con pietre sem­pre più piccole, restringendo quella specie di pira­mide a mano a mano che s'innalzava e così Baltha­zar ebbe la sua tomba tra le montagne e il mare. (Un attimo di silenzio, poi i personaggi, pur restan­do in fila, si volgono e fanno fronte al pubblico).

Noemi                           - (con un sospiro) Senti figliolo...

Il Caporale                    - (avanzando di qualche passo in modo da uscire dalla fila) No, lasciami stare ancora un poco con lui come quella notte. (Il raggio di luna si sposta e illumina soltanto il Caporale. Gli altri, che appena s'intravvedono nell'ombra, si rimettono di fianco e incominciano a trascinare i piedi come se camminassero, producendo un ritmi­co fruscio che farà da sottofondo al recitativo del Caporale).

Il Caporale                    - (con gli occhi fissi nel vuoto) Una notte che sembrava non dovesse avere più fine... Noi terribilmente stanchi, coperti di fango e di sudore, sotto un cielo livido come un lenzuolo funebre, cominciammo a camminare, o meglio a trascinarci nel vallone seminato di morti. Verso l'alba si mise a piovere. In distanza si udivano ancora degli spari...

Melito                           - (con voce sorda e bassa) Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum...

Ciuffo                           - (su un registro un poco più alto) Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum...

Il Caporale                    - E allora ci mettemmo a cantare la vecchia canzone di guerra. (Dall'ombra sorge la voce di Ciuffo che lancia la prima strofa).

Ciuffo                           - Sopra il Terzo Cavalleggeri il nemico comincia a sparar Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum... (Mentre continua il ritmico fruscio dei passi e i personaggi nell'ombra fanno il controcanto in sor­dina con un leggero Ta-pum... Ta-pum... Melito attacca la seconda strofa, più dolorosa nel suo fune­bre riferimento).

Melito                           - Fra quei monti c'è un cimitero cimitero di noi soldà Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum...

(E finalmente il Caporale, alzando le lunghe brac­cia, canta la terza strofa, la più angosciosa e straziante).

 Il Caporale                   - Cimitero di noi soldati forse un giorno ti vengo a trova Ta-pum... Ta-pum.. Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum... Ta-pum... e il velario lentamente si chiude

ATTO SECONDO

A velario chiuso, mentre si smorzano le luci in sala, si diffonde una musichetta in sordina sul motivo di una vecchia canzone di marcia. Poi si udranno, poco più che mormorate, anche le parole.

L'osteria del numero uno taratan ta-tan ta-tan non ci trovi mai nessuno taratan ta-tan ta-tan

Se n'è andato anche il padrone sotto il rombo del cannone dagliela ben biondina dagliela ben bionda! Il velario si apre, la scena è quasi buia. Un raggio di luce dall'alto illumina la pattuglia; Caporale in testa. I tre uomini un po' curvi, con le sciabole a spali'arm infilate negli spallacci dello zainetto, muovono le gambe come se marciassero e cantano in coro la variante del ritornello

Se n'è andato a tasche vuote

ma è rimasta la nipote

daghela ben biondina

daghela ben bionda. Il Caporale si ferma. Ciuffo che lo segue va a battere il naso nello zaino del Caporale e Melito batte il naso nello zaino di Ciuffo.

Il Caporale                    - Aaalt!

Ciuffo                           - (massaggiandosi il naso) Addio profilo greco.

Melito                           - (a Ciuffo) Vuoi tenere le distanze?!

Ciuffo                           - (a Melito) Perché non lo dici al vagone di testa?

Il Caporale                    - (giovialmente) Silenzio nei ranghi! Melito!

Melito                           - (stancamente) Presente!

Il Caporale                    - Tu che sei osservatore scelto, guarda laggiù. (Indica un punto lontano) Non vedi l'om­bra di un uomo?

Melito                           - (aguzzando gli occhi) A me sembra un caprone.

Il Caporale                    - (sbuffando) In montagna tutti gli uomini sembrano caproni. (Agitando un braccio in segno di richiamo) Aho! (Mette due dita in bocca e manda un fischio acutissimo).

Ciuffo                           - (aguzzando gli occhi) Non si è mosso. E' una roccia.

Il Caporale                    - Macché roccia. (Agitando un brac­cio) Aho! (Risponde in lontananza un lungo be­lato).

Melito                           - Che cosa ti avevo detto?

Il Caporale                    - (stringendosi nelle spalle) Sopra i mille metri tutti belano. (Facendo portavoce con le mani, grida) Quanto ci vuole per arrivare al Passo della Fucecchia? (Portando una) mano all'orecchio) Quanto? (Volgendosi ai soldati) Ha detto cinque minuti.

Ciuffo                           - (con voce rauca) Che lo colga il vermo cane!

Melito                           - E' da ieri sera che ci sentiamo dire cin­que minuti.

Il Caporale                    - (giovialmente) Dai, dai! Fra poco spunterà l'alba e vedremo splendere il sole sul cippo di confine. (Riprende a muovere le gambe e i soldati lo imitano dando l'impressione che la pattuglia si sia rimessa in marcia).

Ciuffo                           - (tra i denti) Te lo fai fritto il cippo di confine...

Melito                           - Dimmi una cosa Ciuffo.

Ciuffo                           - Che c'è?

Melito                           - Te ne ricordi ancora quando s'andava a cavallo?

Ciuffo                           - Lasciami stare... Ho i piedi che sono due ferri da stiro tanto pesano e bruciano.

Il Caporale                    - Siamo nati in un Paese troppo lungo. (Fermandosi e asciugandosi il sudore) E Balthazar ve lo siete scordato?

Ciuffo                           - Magari ci fosse...

Il Caporale                    - Sicuro che c'è. (Battendosi una ma­nata sul petto) Io me lo sento qui che soffia e scalpita.

Melito                           - Io sento solo una gran sete.

Ciuffo                           - A chi lo dici... Se incontro un fiume, invece di passarlo a guado me lo bevo.

Il Caporale                    - Così imparate a mangiare i viveri di riserva.

Ciuffo                           - Ah già... Carne di porco salata.

Melito                           - E senza economia... Niente economia di sale nell'Esercito. Sale nei viveri di riserva, sale nel caffè...

Ciuffo                           - (con solennità) Sale sulle piaghe!

Il Caporale                    - (riprendendo a marciare) Dai, dai!

Melito                           - Canta che ti passa. (Mentre la scena lentamente si illumina, il terzetto riprende a tra­scinar le gambe cantando in coro la terza variante del ritornello).

Se n'è andato anche il marito e ha lasciato la sposina daghela ben biondina daghela ben bionda!

Appare un villaggetto di montagna. A destra di chi guarda, uno chalet in legno con su scritto « Osteria del numero uno ». Una tenda a righe colorate, quat­tro tavoli, panche e sgabelli. A sinistra una baracchetta con l'insegna « Barbiere », la bacinella di ottone penzolante sull'uscio e una chitarra appesa al muro. Dietro la bottega del barbiere, un castagno i cui rami fronzuti s'allungano fino a metà della scena. In fondo, un rialzo roccioso con dei viottoli che divergono verso destra e verso sinistra. A sini­stra un palo con la tabella di confine « Passo del­la Fucecchia ». Vasto cielo contro il quale s'intaglia un picco nevoso.

Il Caporale                    - Aaalt! Zaino a terra!

Ciuffo                           - (eseguendo) Se qualcuno mi viene ancora a parlare di alpinismo, gli dò uno sgrugnone che lo faccio guaribile in quindici giorni.

Il Caporale                    - (indicando la tabella confinaria) Che cosa c'è scritto là sopra? Passo della Fucecchia... e allora? (Indignato) Uomini di poca fede!

Melito                           - (guardandosi intorno) E i ruscelletti? Dove stanno i ruscelletti?

Ciuffo                           - E la fontana? (Al Caporale) A sentirti, ogni paese di montagna ha una piazza con una fontana.

Melito                           - E le forosette?

Ciuffo                           - E le villanelle?

Il Caporale                    - Forosette e villanelle non sono sul ruolino di marcia. In quanto ai ruscelletti e alle fontane (indicando) c'è un'osteria grande come una cattedrale e andate cercando acqua. (Picchiando con l'elsa della sciabola all'uscio dell'osteria) Ehi di casa... sveglia! (Poiché tutti guardano verso l'osteria, nessuno si è accorto che dalla casupola del barbiere è sbucato un omiciattolo corto di gambe, obeso, calvo, con una giubba di dubbio candore che gli giunge alle ginocchia).

Il Barbiere                     - Riverisco signori.

Il Caporale                    - (voltandosi) Oh, finalmente qual­cuno.

Il Barbiere                     - Potete ben dirlo. ( Sorridendo am­biguo) Modestia a parte sono qualcuno.

Il Caporale                    - Barbiere, flebotomo, cerusico?

Il Barbiere                     - Anche odontoiatra a tempo perso.

Il Caporale                    - No, no, abbiamo dentature d'acciaio. Piuttosto dovresti raderci il barbarozzo e arric­ciarci la criniera. Ma prima abbiamo necessità di irrorare le fauci... Bere, bere! (Indicando) Fun­ziona l'osteria?

Il Barbiere                     - Be'... il padrone se n'è andato.

Ciuffo                           - Ma è rimasta la nipote.

Il Barbiere                     - (aggrottando la fronte) Come lo sa­pete?

Melito                           - Lo dice la canzone.

Il Barbiere                     - Troppo giusto.

Il Caporale                    - (indicando l'osteria) Sono quivi botti, fiaschi, damigiane, bigonci, boccali, caratelli?

Il Barbiere                     - Ahimè no. Tutto bevvero, succhia­rono e prosciugarono le milizie di passaggio. Ogni liquido che avesse la più lontana parentela col vino, venne gargarizzato. Pastoso o secco, abboc­cato o razzente, battezzato o gagliardo nulla si sal­vò. E i franco-tiratori fecero il resto... Pertanto vi consiglierei di scendere più a valle.

Il Caporale                    - No, no, siamo venuti per fermarci... Almeno per un po' di tempo. (Battendo e lisciando una groppa immaginaria col gesto affettuoso che un tempo doveva essergli familiare) Che ne dici Balthazar?

Il Barbiere                     - (a Ciuffo) Con chi ce l'ha?

Ciuffo                           - Con Balthazar.

Il Barbiere                     - (arretrando prudentemente di qualche passo) Ah...

Melito                           - (in tono naturale) Ogni cavaliere quando scende di sella fa una carezza al suo cavallo e gli parla... Bisogna sempre parlare ai cavalli.

Ciuffo                           - I cavalli sono sensibilissimi alla voce umana.

Il Barbiere                     - (con un altro passo indietro) Ah...

Il Caporale                    - (a Melito ridendo) Cosa vuoi che capisca quella mezza cartuccia. (Al Barbiere) Tutto confidavo a Balthazar. Sogni di gloria e tristezza dell'anima, speranze e delusioni... egli muoveva le orecchie bianco-rosate come conchiglie marine, e leggeri brividi passavano sull'epidermide umida di caldo sudore. (Lieve pausa poi con voce di comando) Ciuffo.

Ciuffo                           - Presente!

Il Caporale                    - Butta giù la porta dell'osteria. Vo­glio fare un sopraluogo.

Ciuffo                           - Signorsì. (Va all'uscio dà una spallata, ma mentre si prepara a darne una seconda, l'uscio si apre e nell'inquadratura appare una bella ra­gazza vestita di rosso).

Gloria                            - Da quando in qua si entra in casa d'altri con effrazione e danneggiamenti?

Il Caporale                    - (un po' imbarazzato) Chiedo scusa. Quel... quel coso là (fa un cenno verso il Barbiere) ci aveva lasciato supporre che non ci fosse nes­suno.

Gloria                            - Non è una buona ragione per buttar giù l'uscio. Comunque se avete sete c'è una cisterna nell'orto, dietro la casa. (Chiude sgarbatamente l'uscio con un tonfo e scompare).

Ciuffo                           - (dopo un fischio ammirativo) Come suc­cesso non c'è male.

Melito                           - (guardando ironicamente il Caporale) Conquistatori si nasce.

Il Caporale                    - (corrucciatissimo) Quanto siete spi­ritosi! Non sapete che donna sgarbata è mezzo innamorata, e che i proverbi sono la saggezza dei popoli? Andiamo piuttosto a fare una ricognizione verso la cisterna. (Si avvia seguito dai suoi uomini, e tutti e tre scompaiono dietro la casa).

Il Barbiere                     - (a passi cauti va a spiare verso l'orto da cui proviene un cigolio di carrucola. Sgranando gli occhi) No?! (Alzando le braccia al Cielo) Un secchio? (Arretrando spaventato) Un altro secchio? (Fuggendo a rintanarsi nella sua casupola)Mise­ricordia!

(Alla spicciolata rientrano i militari sof­fiando rumorosamente e sgrondando acqua dal viso e dalle mani).

Melito                           - Ah... ora mi sento un altro uomo! (Si toglie la giubba e l'appende ai rami dell'albero).

Il Caporale                    - (imitandolo) E ora che ci siamo lavati di dentro, laviamoci di fuori. (Urlando) Bar­bitonsore!

Il Barbiere                     - (riapparendo) Eccomi!

Il Caporale                    - Avete i ferri del mestiere?

Il Barbiere                     - La mia è un'arte, signore.

Il Caporale                    - (afferrando uno sgabello e sedendo davanti alla bottega) D'accordo. Allora presto una strigliata.

Il Barbiere                     - (correndo a rifornirsi del necessario) Sarà fatto signor sergente.

Il Caporale                    - Niente sergente! Caporale! (Urlando in direzione dell'osteria) Caporalissimo! La spina dorsale dell'Esercito! (Intanto Ciuffo e Melito battono e spazzolano le giubbe, lucidano cintu­rini, sciabole e stivali).

Il Barbiere                     - (cominciando a insaponare le guance al cliente) Ho notato che avete una grande capa­cità di assorbimento idrico.

Il Caporale                    - Dimenticate che siamo in due a bere. Io e Balthazar.

Il Barbiere                     - Ah già... quel... insomma, lui. E vi tratterrete molto qui?

Il Caporale                    - Perché questa domanda?

Il Barbiere                     - Per rendermi conto se l'acqua della cisterna potrà bastare.

Il Caporale                    - Che cosa volete che sia una cisterna per dei cavalleggeri assetati? (Urlando) Ragazza! Ragazza vestita di rosso!

Gloria                            - (apparendo all'uscio e volgendosi a Ciuffo che con un piede su uno sgabello sta lustrandosi gli stivali) Con chi ce l'ha quell'energumeno?

Ciuffo                           - (continuando a spazzolare) Non è un energumeno. E' un caporale del famoso III Reggi­mento Guide.

Gloria                            - Ma qui non siamo in caserma e io sono una libera cittadina.

Ciuffo                           - Cittadina? (Sputando sulla spazzola) E la città dov'è?

Gloria                            - Nello stesso luogo dove l'ho lasciata prima di salire quassù.

Ciuffo                           - Una metropoli, immagino.

Gloria                            - Con industrie e commerci, vetusti mo­numenti e piano regolatore. (Rientra nell'osteria sbattendo l'uscio).

Il Caporale                    - (al Barbiere) Sono tutte così le ra­gazze da queste parti?

Il Barbiere                     - Gloria non è di queste parti.

Il Caporale                    - (con un guizzo) Ahi! (Si porta una mano al viso) E non mi affettate!

Il Barbiere                     - Se non state fermo... (Osservando) L'orecchio c'è ancora. Ora ci metto un po' di alcool denaturato.

Il Caporale                    - (brusco) Macché alcool... Come avete detto che si chiama quella ragazza?

Il Barbiere                     - Gloria... E' orfana di un musicista o poeta che fosse. Poi venne adottata da uno zio mercante... Ha studiato scienze sociali e suona il clavicembalo.

Il Caporale                    - Accidenti! E che ci viene a fare da queste parti?

Il Barbiere                     - E' un segreto... ma a un vecchio cliente come voi...

Il Caporale                    - Fuori allora.

Il Barbiere                     - Ecco... in tutta confidenza, e con preghiera di farne un uso discreto vi dirò che la ragazza fa la spola tra la pianura e il monte, per tenere i contatti tra le bande di franco-tiratori e i congiurati rimasti in città.

Il Caporale                    - Nientemeno?

Il Barbiere                     - E' una ragazza intrepida e progres­sista.

Il Caporale                    - Pur essendo clavicembalista... Bene. (Con voce di tuono) Ciuffo!

Ciuffo                           - Presente!

Il Caporale                    - Va ad annunciare a madamigella Gloria che il tuo caporale ha una sete d'inferno.

Ciuffo                           - Signorsì. (Lanciandosi verso l'osteria ur­la) Madamigella, vi annuncio che il mio caporale...

Gloria                            - (riapparendo) Ho sentito... Se la disci­plina ve lo consente, rammentate al vostro capo­rale che ha già ingurgitato due secchi d'acqua.

Il Caporale                    - (al Barbiere in tono soddisfatto) Evidentemente mi ha osservato dalla finestra. (Urlando) Ciuffo! Che cosa beveva Balthazar?

Ciuffo                           - (scattando) Dodici secchi d'acqua al giorno e quattordici nelle feste reggimentali.

Il Caporale                    - Avete sentito madamigella Gloria?

Gloria                            - (avanzando e in tono sostenuto) Non so chi sia Balthazar e non m'interessa saperlo.

Il Caporale                    - (con voce di tuono) E invece ve lo dirò! Balthazar era il più bel cavallo dell'Esercito. Il mio cavallo, morto di baionetta dopo aver sgo­minato una intera brigata di fanteria, il che fra l'altro dimostra che il coraggio non è un problema di bevande.

Gloria                            - Sono indiscreta se vi chiedo perché avete scelto questa montagna per mandare i vostri urlacci?

Il Caporale                    - (alzandosi) Ho un appuntamento. O meglio credevo di avere un appuntamento... Ora ho capito che ne avevo due.

Il Barbiere                     - (porgendo la catinella) Non per bere, per risciacquarvi il viso.

Il Caporale                    - Grazie. (Si risciacqua e si asciuga, poi infilandosi la giubba) Del primo appuntamento non posso parlarvi essendo vincolato da una sacra promessa,.. Il secondo appuntamento è con voi.

Gloria                            - Vi prego di non scherzare.

Il Caporale                    - Non scherzo affatto... Vi chiamate Gloria, no? Ebbene sono anni che vi vado cer­cando.

Il Barbiere                     - (con una risatella) Delizioso questo madrigale.

Il Caporale                    - (brusco) Non ho chiesto il vostro parere. (// Barbiere s'inchina e scompare nella sua baracca).

Gloria                            - Non credo d'essere quella che cercate. In ogni caso, almeno per il secondo appuntamento, avete sbagliato il giorno e l'ora. (Con un sorriso tra l'ambiguo e lo sprezzante rientra nell'osteria).

Il Caporale                    - (stringendosi il cinturino e aggancian­dosi la sciabola) Di bene in meglio! (Si mette il keppì, poi urla) Adunata! (Ciuffo e Melito che frattanto si sono rivestiti, accorrono e si immo­bilizzano battendo i tacchi) Aprite bene le orec­chie. Se sono esatte le notizie fornitemi da quel tale Ispettor amico di famiglia che anche voi conoscete, e non ho motivo per dubitarne, questo è il luogo e questo il gran giorno. Finito il nostro pede­stre peregrinare di valle in valle lungo la linea con­finaria di queste montagnose propaggini della no­stra Patria. L'ora del colloquio per il quale facemmo sacro giuramento, sta per scoccare. Quando il no­stro Sovrano arriverà, ci troverà sugli attenti, scia­bole sguainate, sottogola abbassato, petto in fuori, tacchi riuniti e sguardo rivolto in avanti. (Lieve pausa) Gli parlerò da soldato a soldato, e tutti i no­stri compagni morti saranno quarantadue presenti, Balthazar compreso. (Lieve pausa) Ma non possia­mo lasciarci sorprendere dagli avvenimenti. (Av­viandosi verso il fondo seguito dai due cavalleggeri) Perciò tu Ciuffo ti andrai a piazzare su quello sperone laggiù a sinistra (indica) e tu Melito su quel cocuzzolo a destra. In tal modo avre­mo attuato le misure di sicurezza. Ciuffo e

Melito                           - (insieme) Parag. Quara. Del Reg. Milit. sul serv. in Guer.

Il Caporale                    - Benissimo! Occhi aperti, spirito sveglio, induzioni, deduzioni. Se il Re si ferma, l'osserverete, se avanza retrocedete, se retrocede lo seguite, beninteso senza allontanarvi troppo dalla base. Poi verrete a riferire... D'accordo?

Ciuffo e Melito             - (insieme) Signorsì!

Il Caporale                     - Avanti, march! (I cavalleggeri salu­tano battendo i tacchi, fanno dietrofront, supera­ no il ciglio roccioso ed escono per il fondo a passi scanditi da uno sfocato rataplan di tamburo. Il Caporale ritorna pensieroso verso il centro della scena e sbircia verso l'osteria).

Il Barbiere                     - (sbucando dalla bottega) Agli or­dini.

Il Caporale                    - (squadrandolo) Non vi ho chia­mato.

Il Barbiere                     - Iniziativa personale.

Il Caporale                    - Sta bene.

Il Barbiere                     - Che cosa devo dire a madamigella Gloria?

Il Caporale                    - Be'... prima... dovrebbe uscire dalla sua fortezza.

Il Barbiere                     - Uscirà.

Il Caporale                    - Che cosa ve lo fa credere?

Il Barbiere                     - La mia esperienza.

Il Caporale                    - E se così non fosse?

Il Barbiere                     - Il mondo sarebbe finito da un pezzo.

Il Caporale                    - (imbarazzato) Già... Ma Gloria po­trebbe essere un'eccezione.

Il Barbiere                     - In certe cose nessuna donna fa eccezione. (La ragazza esce dall'osteria e si mette ostentatamente a riordinare tavoli e panche con gesti professionali. Il Barbiere ammiccando) Che cosa vi ho detto? (Dirigendosi verso Gloria) Mada­migella, il signor Caporale vorrebbe scusarsi per le sue intemperanze e ringraziarvi per le vostre cor­tesie.

Gloria                            - (parlando come un automa) Non ha egli lingua per parlare, gambe per inginocchiarsi, brac­cia per battersi il petto? O debbo credere che com­battendo per il suo Re ha perso la favella?

 

Il Barbiere                     - No certamente madamigella, ma la vostra venustà lo intimidisce, il vostro giusto ri­sentimento lo mortifica, il vostro dignitoso atteg­giamento lo... lo...

Il Caporale                    - (mettendo la mano all'elsa della scia­bola) Basta!

Il Barbiere                     - (inchinandosi) Ubbidisco. (Fugge a nascondersi nella bottega).

Il Caporale                    - (dopo un breve silenzio) Voglio sperare che non avrete creduto una parola di quanto ha detto quello sciocco. Non è nel mio tem­peramento chiedere scusa, sia pure a una fanciulla avvenente e clavicembalista qual siete. D'altronde, a tempo perso, anch'io suono la tromba.

Gloria                            - In altri termini ci tenete a restare il roz­zo soldataccio che siete. Meglio così. Mi sarà più facile odiarvi.

Il Caporale                    - (corrugando la fronte) E sia! (Lieve pausa) Non crediate che io vi chieda ragione del vostro odio... Neanche per sogno. A pensarci bene, ero stanco d'essere troppo amato, e un po' d'odio è proprio quello che ci vuole.

Gloria                            - Troppo amato? (Risatella) E da quali donne di grazia?

Il Caporale                    - Un gentiluomo non parla delle sue fortune femminili. A voi basti sapere che mi hanno amato i superiori, magari a modo loro; un modo rude e che tuttavia apprezzavo. Mi hanno amato i compagni d'armi... Mio padre e mia madre mi amano. Or non è guari mi hanno assicurato che se fossi morto in battaglia avrebbero marciato nei cortei patriottici con le mie medaglie sul petto. Mi adorano gli uomini della mia pattuglia. Chi ancora? Persino un ispettore di polizia ha per me dell'affetto e della comprensione. Voi sapete quan­to sono diffidenti gli ispettori di Polizia... (Lirico) E non vi dico quanto mi amasse Balthazar... (Con un sospiro) Non poteva parlare, ma ogni suo sguar­do era un inno d'amore e di devozione. Non par­liamo più di queste cose, finirei per commuo­vermi.

Gloria                            - Ancora Balthazar... non mi diceste che è morto?

Il Caporale                    - (stringendosi nelle spalle) Che forse le divinità mitologiche muoiono? Tutt'al più si trasformano, si trasfigurano. Balthazar era una divinità truccata da cavallo... Chissà ora che cosa è... Certe volte mi par di sentire il suo fiato caldo sul collo, come quando gli preparavo la musetta di biada ed egli raspava impaziente la terra con lo zoccolo... (Di lontano giunge il quadruplice tonfo di un galoppo) Udite?

Gloria                            - E' il vento che trascina le pietre in fondo valle.

Il Caporale                    - Può darsi... Segno è che Balthazar si è tramutato in vento. A pensarci bene era una creatura dell'aria... Infatti volava sopra gli osta­coli.

Gloria                            - (con un sospiro) Disponete di altri argo­menti che non siano equini?

Il Caporale                    - Come volete... Parliamo allora del vostro odio. Ecco finalmente un sentimento niente affatto banale. Il vostro odio mi scalderà, mi attiz­zerà, mi infiammerà, e non sarò più solo perché penserete a me... Per odiarmi, naturalmente. Ma per odiare è giocoforza pensare all'oggetto odiato. L'odio si cova, esattamente come l'amore, ma men­tre l'amore si estingue, l'odio è inestinguibile. Lo sanno tutti. L'amore, con la lontananza si affievo­lisce, l'odio si rinfocola. L'amore può nascere an­che in un cuore mediocre, l'odio presuppone fie­rezza e decisione. Di amori, sono piene le crona­che, ma per l'odio bisogna fare ricorso alla Storia... Grazie... non avrei osato sperare tanto.

Gloria                            - Vi prego di non esagerare. Ho detto odio senza riflettere. In fin dei conti vi conosco troppo poco per odiarvi. (Lieve pausa) Antipatia piutto­sto, ecco antipatia per i vostri modi autoritari, per l'uniforme che indossate e per quello che la vostra divisa rappresenta. Il mio odio semmai è per il Re.

Il Caporale                    - (sorpreso) Lo conoscete?

Gloria                            - Di persona, no. Conosco presso a poco il suo profilo per via dei francobolli.

Il Caporale                    - Toh... anch'io lo conosco per i fran­cobolli. (Lieve pausa) E allora perché lo odiate?

Gloria                            - E voi perché lo amate?

Il Caporale                    - (perplesso) Già... perché lo amo? (Lieve pausa) Un momento... non ho detto di amar­lo. Al contrario, mi preparo a chiedergli conto della guerra perduta, del mio reggimento distrutto e anche della morte di Balthazar.

Gloria                            - (annoiata) Il famoso cavallo che, a quan­to pare, è stato per voi più importante di ogni altro amore.

Il Caporale                    - (con un minimo di tristezza) E' stato giovinezza, ardore, speranza... e non soltanto per me... (Con improvviso sbalzo di voce) Squadroni, reggimenti, catapultati fuori dell'orbita mediocre, scagliati al galoppo nel sole, vento e criniera nel viso, i fiocchi di spuma come neve tiepida, il san­gue che pulsa più forte nelle arterie, le trombe che squillano, i vortici della carica... (Rallentando) Dietro le nostre spalle la prudenza vile, la falsità accomodante, i calcoli meschini. Noi perduti in un labirinto ineffabile, noi rapiti, travolti e sconvolti, scorie divenute stelle... Ah, non potete capire...

Gloria                            - (come a se stessa) Anche noi chiederemo conto al Re di molte cose.

Il Caporale                    - Voi chi? Pardon, scusate... Chiac­chierando non ci si accorge di diventare indiscreti.

Gloria                            - Oramai il dado è tratto e non c'è indi­screzione che possa fermare la ruota del destino. Sappiate che faccio parte dei G.V.G.D.A.P.R.L.O.M.

Il Caporale                    - Accidenti! Una sigla?

Gloria                            - Che significa : Gruppi Volontari Giovanili Di Azione Patriottica Rivoluzionaria Libertà O Morte.

Il Caporale                    - Formidabile!

Gloria                            - Attenzione! Ora vi state compromettendo.

Il Caporale                    - Perché?

Gloria                            - Fate parte del regio Esercito... anche se provate per il Re un sentimento bivalente.

 

Il Caporale                    - Insomma ho commesso una gaffe.

Gloria                            - Tranquillizzatevi, non lo dirò a nessuno. Del resto da certe imprese non si ritorna vivi e perciò non abbiate preoccupazioni. I morti non parlano.

Il Caporale                    - A chi alludete?

Gloria                            - A me stessa.

Il Caporale                    - (scattando) Ma io vi voglio viva.

Gloria                            - (ambigua) Quale delle due?

Il Caporale                    - (curvando il capo) Non m'importa più di quell'altra... Forse la cercavo per uno sba­glio d'indirizzo. (Sorridendo) La cercavo perché aveva il vostro nome. (Momento di silenzio e di imbarazzo. I due giovani evitano di guardarsi. Dalla bottega del Barbiere cominciano a giungere flebili accordi di chitarra su un motivo languido e triste).

Gloria                            - (con un pallido sorriso) Povero Tarcisio...

Il Caporale                    - Chi è Tarcisio?

Gloria                            - Il barbiere... Un'anima pura e nobile.

Il Caporale                    - (ammirato) Però...

Gloria                            - Non sa che quella canzone, e fa male sentirlo.

Il Caporale                    - (sorridendo) Anch'io quando suono la tromba conosco un unico motivo e i compagni di squadrone mi hanno pregato di non suonarlo mai.

Gloria                            - (canticchiando a fior di labbra il motivo della chitarra) Ta-ra rirà... Tira... ra... ra... E' una vecchia canzone del mio paese.

Il Caporale                    - Non siete di queste parti?

Gloria                            - No, ci sono venuta dopo la morte dei miei genitori.

Il Caporale                    - Accettando l'ospitalità dello zio mer­cante...

Gloria                            - Era scritto nella mia costellazione... La Bilancia.

Il Caporale                    - Oh guarda, anch'io sono nato sotto il segno della Bilancia (attimo di riflessione) ...ma quella della legge. Mio padre è un ex cancelliere di Tribunale.

Gloria                            - E vostra madre?

Il Caporale                    - Casalinga.

Gloria                            - Mio padre era un musicista e cantava, mia madre una cantante che dipingeva stoffe.

Il Caporale                    - Affascinante confusione, ora capi­sco il vostro carattere sognante, estroso, ribelle.

Gloria                            - (come a se stessa) Già, figlia di artisti falliti. Di qui uno scontento ereditario e un incon­scio bisogno di vendicarli. (Con un sorriso) Forse scandalizzo il figlio dell'ex cancelliere di Tribu­nale... il soldato ligio al Re e alla Patria.

Il Caporale                    - (con un minimo di tristezza) Cercate ancora di offendermi, non capisco bene perché. Che ne sapete della mia infanzia? Figlio di piccoli borghesi sì, può darsi, ma insofferente di ogni giogo, sempre proteso a leggere nei simboli e ad ascoltare voci arcane... (Lieve pausa) Ero ancora un fanciullo, e da lontananze misteriose mi giun­gevano messaggi pirateschi, incitamenti filibustie­ri, musiche lanzichenecche... Attorno a me una vecchia casa, vecchi mobili, vecchi pregiudizi. (Lieve pausa) Un mondo decrepito che la guerra doveva fatalmente disperdere.

Gloria                            - (un po' sognante) E voi sempre solo, sempre corrucciato... Prigioniero di una ragnatela polverosa.

Il Caporale                    - Alla ricerca di impossibili evasioni.

Gloria                            - Grigio l'orizzonte con lagrime di pioggia...

Il Caporale                    - E una gran fame di steppe e di deserti, di boschi e di brughiere, di zuffe e di avventure.

Gloria                            - (sorridendo) Fame di Balthazar.

Il Caporale                    - Magari lo avessi avuto. (Quasi con rancore) Ma è giunto molti anni dopo... Da recluta cavalcavo ronzini slombati, da cavalleggero, vec­chie brenne bizzose che per quanto strapponassi le redini tenevano la testa ciondoloni... Balthazar giunse alla fine.

Gloria                            - La felicità giunge sempre alla fine.

Il Caporale                    - Ma io sono ancora aggrappato a quel sogno. Qual mi vedete, lacero e impolverato, superstite fuggiasco, soldato vinto, sono ancora a cavallo della mia chimera. (Lunga pausa. Gli ac­cordi della chitarra si sono fatti più radi e pro­fondi. Brancicando con una mano nell'aria, il Caporale incontra la mano di Gloria e la stringe).

Gloria                            - (a fior di labbro) Scusate...

Il Caporale                    - Di che?

Gloria                            - Di non aver capito gli anni paralleli, l'oroscopo comune, il richiamo misterioso del se­gno zodiacale.

Il Caporale                    - Non è mai tardi per ritrovarsi. (Atti­ra la ragazza fra le braccia).

Gloria                            - (facendo debole resistenza) Avevo dato appuntamento alla morte...

Il Caporale                    - (sorridendo) lo alla gloria, e l'ho trovata. (La ragazza si abbandona, le bocche si uni­scono, il suono della chitarra si spegne. Sul ciglio roccioso è apparso un uomo ammantellato che si appoggia a un bastone. E' l'Ispettore).

L’Ispettore                    - (avanzando) Fermi tutti! (/ due gio­vani si staccano volgendosi stupefatti verso il fon­do) Finalmente vi ho ritrovato, mio giovane amico.

Il Caporale                    - (sorridendo) Oh Ispettore! E come siete giunto fin qui?

L’Ispettore                    - A marce forzate e sfruttando tutti i mezzi di locomozione. Non c'è un minuto da perdere.

Il Caporale                    - (indicando Gloria) Permettete che io vi presenti...

L’Ispettore                    - Non ce n'è bisogno. L'immagine di questa fanciulla di fronte e di profilo, è da tempo nei nostri schedari insieme alle sue impronte digi­tali. (Alla ragazza) Tutta la vostra attività rivolu­zionaria ci è nota, ma vi avverto che il Re ha abdi­cato e che la Repubblica è stata proclamata. Siete divenuta superflua, pleonastica e sovrabbondante.

Gloria                            - (con esultanza) Abbiamo vinto? I miei compagni si sono impadroniti del potere? Oh gioia!

L’Ispettore                    - No, ragazza mia, i vostri compagni non ne hanno imbroccata una. Ha vinto il Partito di maggioranza « Fiore e Aureola » e tutti si sono accodati, anche molti dei vostri compagni.

Gloria                            - Voi mentite!

Il Caporale                    - Ti prego, è un vecchio amico di famiglia, i vecchi amici di famiglia non mentono mai.

L’Ispettore                    - (al Caporale) Comunque non c'è tempo da perdere. Vostro padre mi ha incaricato di riportarvi subito alla capitale. (Strizzando l'oc­chio) E' il momento di accaparrare i buoni posti.

Gloria                            - E il Re dov'è?

L’Ispettore                    - Credo sia già riparato all'estero, per quanto, sia detto fra noi, non corresse nessun peri­colo. Il Governo provvisorio gli aveva messo a disposizione persino una corvetta d'alto mare, ma Sua Maestà ha preferito l'espatrio clandestino per­ché più romantico. (Con un sospiro) Gli hanno concesso anche quello, per tenersi buone le destre.

Il Caporale                    - (scattando) Oh basta, basta! Io non m'intendo di destre e di sinistre, e non m'importa di quel che farà mio padre o il Partito di maggio­ranza. Io devo parlare col Re. Voi stesso mi avete detto che passerà di qui...

L’Ispettore                    - Può darsi, ma non capisco a che cosa vi possa servire un colloquio con chi non è più al potere. Qualunque personaggio politico, cin­que minuti dopo la sua caduta, diventa approssi­mativo, opinabile, sbiadito ed inutile. Aspettate almeno qualche anno, quando ci sarà il fatale rilancio per accontentare i nostalgici. Parlargli ora è tempo perduto...

Il Caporale                    - (con tristezza) Tutta la mia vita è stata tempo perduto...

L’Ispettore                    - Seguitate a dire delle assurdità. Il vostro torto è di essere troppo giovane.

Il Caporale                    - E di non essere morto insieme ai miei camerati.

L’Ispettore                    - (scattando) Ma non parlate sempre di morte! I giovani devono vivere.

Il Caporale                    - Per trasformarsi in uomini saggi, ossia furbi e calcolatori. E non è questo il peggior modo di morire?

L’Ispettore                    - Ascoltatemi, ve ne prego.

Il Caporale                    - (allontanandosi) No, voglio ascoltare soltanto la voce dei miei compagni rimasti nel vallone della morte, rimasti giovani per l'eternità, senza rughe e capelli bianchi, senza umiliazioni di compromessi e di tradimenti.

L’Ispettore                    - Ascoltatemi vi dico. Sono un amico di vostro padre. Ho creduto anch'io a queste cose, poi ho dovuto vendere la pistola per dar da man­giare ai miei ragazzi. Anche vostro padre ha cre­duto. Forse abbiamo fatto male, forse facciamo male a voler sopravvivere... Non ci giudicate così severamente.

Il Caporale                    - Sono i morti che ci giudicano.

L’Ispettore                    - Che ne sapete voi dei morti? Come potete presumere di parlare in nome di coloro che essendo più in alto di tutti non sono accecati dalla vostra superbia?

Il Caporale                    - (dopo una pausa) Scusate... Grazie del vostro zelo e dell'affetto che portate a mio padre, ma io appartengo a un'altra generazione, forse a un altro mondo. Un mondo che non ritor­nerà più.

Ciuffo                           - (apparendo sul ciglio roccioso col keppì di traverso) Accor'uomo... accor'uomo!

Melito                           - (seguendolo) Sua Maestà sta per arri­vare!

L’Ispettore                    - (con un gesto di dispetto) Maledi­zione! (Al Caporale) Ancora una volta vi scongiuro-ritornate alla capitale.

Il Caporale                    - No, io resto!

Gloria                            - Noi restiamo!

L’Ispettore                    - Vi pentirete di non avermi ascoltato. (Via rapidamente per la sinistra).

Il Caporale                    - (ai due cavalleggieri che facendo solec­chio con la mano alla visiera scrutano verso la vallata) Attendo il vostro rapporto.

Ciuffo                           - (concitatamente) Regale corteo ha fatto sosta alla casa cantoniera.

Melito                           - Decorazioni scintillano al sole.

Il Caporale                    - Tuoni e fulmini! A momenti mi lasciavo sorprendere senza il sottogola abbassato. (Lo abbassa) Voi mettetevi qua... no, là... Avete visto il Re?

Ciuffo                           - Come potevamo vederlo? Lo abbiamo intuito, supposto...

Melito                           - Come distinguere, senza binocolo, il suo pennacchio fra i tanti?

Il Caporale                    - Ma il profilo, corpo di Bacco! Il pro­filo. (Frugandosi le tasche) Avevo una cartolina postale, chissà dove è andata a finire... (Mentre i soldati scambiano queste convulse battute, Gloria è scivolata nell'osteria ed è riapparsa armata di una pistola a canna lunga che subito cela fra le pieghe della gonna. Si odono lontani squilli di tromba. Un personaggio imponente, ricoperto da un mantello e con in capo una feluca da ammi­raglio, è apparso sul ciglio roccioso. Resta un momento immobile poi si toglie la feluca per asciugarsi il sudore col fazzoletto, e scostando i lembi del mantello lascia intravedere la marsina costellata di decorazioni).

Il Caporale                    - (sguainando la sciabola) Attenti! Presentat'arm! (Il personaggio passa lentamente in rivista la pattuglia schierata, tenendo due dita al bordo della feluca in segno di saluto, poi si gira volgendo le spalle alla ragazza che alza lentamente la pistola e prende la mira). Il Personaggio - Riposo! Sono il Gran Ciambel­lano e ho bisogno di qualche informazione. (La ragazza delusa abbassa la pistola).

Il Caporale                    - (corrucciatissimo ringuainando la scia­bola e rialzando il sottogola sibila ai suoi uomini) Questo sarebbe il corteo, i pennacchi e tutto il resto? Siete dei visionari! Dieci giorni di con­segna! (Al Gran Ciambellano) Vi ascolto signore.

Il Ciambellano              - Chi ha disposto il militar pic­chetto?

Il Caporale                    - Io signor ciambellano.

Il Ciambellano              - (scattando) Voglio dire chi ha dato disposizioni! Dov'è il capo del servizio infor­mativo?

Il Caporale                    - Da tempo non vedo capi, e nessuno m'informa di quel che succede. Io e la mia pattu­glia vagoliamo autonomi, svincolati da ogni legge o regolamento, satelliti di un pianeta che la guerra ha frantumato. Che volete che io sappia di quel che succede nelle alte sfere?

Il Ciambellano              - (alzando le spalle) Inevitabili squilibri che si verificano a ogni crollo di regime. Fra poche settimane tutto rientrerà nell'ordine e avrete capi a josa cui obbedire. Intanto vi avvertoche precedo un altissimo personaggio il quale in stretto incognito, dovrà varcare il confine.

Il Caporale                    - Ah, voi precedete? (Ai cavalleggieri mentre riabbassa il sottogola) Condonati i dieci giorni di consegna! (Al Ciambellano) Posso sapere a che ora giungerà l'altissimo personaggio?

Il Ciambellano              - All'ora X naturalmente... (Tra] sé) E pensare che fra breve tutto qui diventerà storico : l'aria, gli alberi, le pietre, e sarà difficilis­simo domani negare di esserci stato, di aver colla­borato... D'altronde non potevo fare altrimenti. (Con un sospiro) Prepariamoci a trangugiare la coppa.

Il Caporale                    - Non illudetevi signor Ciambellano.

Il Ciambellano              - In che senso?

Il Caporale                    - Vi ho sentito parlare di coppe. Qui non c'è che acqua. Ottima, fresca, saluberrima, ma acqua.

Il Ciambellano              - (scattando) Non a bevande mi riferivo. Tutto indietro lasciammo. Protocollo e credenziali, ricevimenti e proclami, siniscalchi e giullari. Sulla via dell'esilio, unico bagaglio il soli­tario orgoglio. (Lieve pausa) Come avete detto?

Il Caporale                    - Non ho aperto bocca.

Il Ciambellano              - Ah... m'era parso. (Indicando Gloria) E quella ragazza?

Il Caporale                    - E' una clavicembalista.

Il Ciambellano              - (fra sé) Strana atmosfera. Miste­riosi soldati, una ragazza vestita di rosso... Il Capo del Servizio Informativo assente senza giustificato motivo...

Il Caporale                    - (timidamente) Scusate signor Ciam­bellano... Colui che precedete... L'altissimo perso­naggio voglio dire...

Melito                           - Eccolo, eccolo! (Un tipo magro, con un cappotto azzurro e un elmo zampillante piume mul­ticolori è apparso sul ciglio roccioso).

Il Caporale                    - (sguainando la sciabola) Attenti! Presentat'arm! (Il tipo in elmo piumato passa in rivista la pattuglia dei cavalleggeri mentre il Gran Ciambellano saluta sugli attenti, poi si gira vol­gendo le spalle a Gloria che alza lentamente la pistola e prende la mira).

Il Ciambellano              - Ben arrivato signor Gran Ceri­moniere. (La ragazza abbassa l'arma sbuffando per la delusione).

Il Cerimoniere               - (indicando i soldati) Come mai costoro si trovano qui? Non si era detto, nessuna scorta militare, per non compromettere le Forze Armate sicuro palladio delle istituzioni, che dovran­no inserirsi nella nuova alleanza democratica?

Il Ciambellano              - La scorta preesisteva, signor Cerimoniere. Stavo appunto interrogando questo milite per sapere chi ha ordinato il servizio d'ono­re in evidente contrasto con le predisposte moda­lità di espatrio clandestino.

Il Cerimoniere               - (con un cenno verso Gloria) Non vorrete sostenere che anche quella ragazza si trovi qui per puro caso. (Con un sospiro) Fino all'ultimo giorno c'è chi mette in atto intrighi per accapar­rarsi la benevolenza del Sovrano.

Il Ciambellano              - E' un'insinuazione che non mi tocca.

Il Cerimoniere               - (alzando le spalle) Avete toccato ben altro.

Il Ciambellano              - Proprio voi osate parlarmi così?

Il Cerimoniere               - La vostra meraviglia è fuori luogo. Finché Sua Maestà non avrà passato quel cippo di confine, le mie prerogative non possono essere messe in discussione. Cercate di non dimen­ticarlo.

Il Ciambellano              - (fremendo) Non dimentico nem­meno che avete cercato di scavalcarmi nell'ordine gerarchico con la complicità di una ex favorita meticcia.

Il Cerimoniere               - (con un sogghigno) E voi sareste diventato forse ciambellano se vostra sorella non avesse concesso qualche familiarità all'Aiutante di Campo del nostro beneamato Sovrano? Ma bando a questi pettegolezzi indegni del momento storico che attraversiamo. Accetterò uno stato di fatto che non ho più il tempo di modificare. (Indicando) Scorta d'onore e cortigiana...

Il Caporale                    - (scattando) Signore!

Gloria                            - (scoppiando a ridere) Ma sì, il Gran Cerimoniere ha ragione. Egli certo conosce Sua Maestà meglio di noi. (Con una piccola riverenza e badando a tener nascosta la pistola) ed io sarò onorata di allietare il transito. (Continuando a ridere) Magnifico sostantivo... il transito.

Il Caporale                    - (a parte) Morte e dannazione! Ed io dovrei assistere passivo a questo infernale com­plotto? (Alla ragazza) Gloria, ti scongiuro, respingi le malsane tendenze, i pericolosi richiami, la crimi­nale vertigine.

Gloria                            - (al Caporale a bassa voce) Troppo tardi. La logica insurrezionale non conosce i sofismi dell'opportunismo politico.

Il Cerimoniere               - (con un sospiro) Essi si amano... Piccolo melodramma nella più vasta tragedia. Che monotonia la Storia, (Al Ciambellano) E il Capo del Servizio Informativo?

Il Ciambellano              - Introvabile.

Il Cerimoniere               - Tutti tradiscono. E sta bene! Facciamo almeno noi il nostro dovere. Io andrò a dare un'occhiata in quella casa. (Indica l'osteria) Voi in quell'altra. (Indica la casupola del Barbiere).

Il Ciambellano              - D'accordo. (/ due dignitari scom­paiono nelle direzioni indicate).

Gloria                            - (al Caporale) Hai udito? Crolla il vecchio tronco corroso e sarà un gioco dargli l'ultimo colpo.

Il Caporale                    - Non prima, non prima che io abbia... (S'interrompe voltandosi verso il fondo. Sul ciglio roccioso è apparso un ometto di mezza età in abito da turista, col binocolo a tracolla e una pipa di radica fra i denti).

Gloria                            - (buttando la pistola sul tavolo e sedendo sconsolata su di uno sgabello) Anche i turisti adesso... e siamo nella bassa stagione. (L'ometto si avvicina al tavolo e siede a un'estremità di una panca, contemporaneamente a Ciuffo che siede all'altra estremità. Poi esamina la pistola).

Un Ometto                    - (come parlando a se stesso) Non è quel che si dice l'ultimo grido. (Alla ragazza) E' vo­stro questo catenaccio?

Gloria                            - (rabbiosamente) Credete che a dieci passi non sia sufficiente per uccidere un tiranno?

Un Ometto                    - Non lo escludo. Destino aiutando, beninteso. Nell'attentato del 14 ottobre, per esem­pio, tre bombe non riuscirono nemmeno a scalfirmi.

Gloria                            - (balzando in piedi) L'attentato del 14 ottobre?

Il Ciambellano e II Cerimoniere        - (rientrando simul­taneamente in scena) Maestà! (S'inchinano pro­fondamente. Il Re si alza, provocando l'impennarsi della panca e Ciuffo all'altra estremità ruzzola a gambe levate).

Il Re                              - (aiutandolo a rialzarsi) Pardon... rimette­tevi in sella.

Il Caporale                    - (con un urlo) Attenti! Presentat'arm! (Sguaina la sciabola e saluta goffamente imitato dai due cavalleggieri).

Il Cerimoniere               - (al Re) Vi avevamo pregato di attendere alla Casa cantoniera.

Il Re                              - Per troppi anni ho atteso, egregi signori. Ho atteso scoprimenti di lapidi, consigli di Ministri, soluzioni di crisi, deliberazioni di Capi-Partito... Oggi improvvisamente ho sentito il fastidio intollerabile di tutte le attese della mia vita e perciò ho deciso di fare due passi... Poi ne ho fatti altri due, poi altri due... (Giocherellando con la pistola mentre si avvicina al Caporale) Dietro di me si allontana­va il rispettoso e vacuo chiacchiericcio della Cor­te... Oh, gioia di camminare senza una scorta alle calcagne. (Al Caporale) Avete dimenticato la vostra pistola sul tavolo. (Gliela porge e l'altro automa­ticamente la infila nel cinturino) Ignoravo che la cavalleria fosse ancora armata di pistole di quel modello. (Ai dignitari) Sempre in arretrato il nostro Esercito...

Il Cerimoniere               - Non per nulla il Ministro della Guerra è sotto inchiesta.

Il Re                              - (alzando le spalle) Una formalità come tante altre. (Respirando forte) Che aria balsamica... Non faccio una scoperta, lo so, ma che gioia per me non dover più controllarmi.

Il Cerimoniere               - Comprendo la vostra impazienza Maestà, ma era nostro dovere stabilire un minu­zioso protocollo per il vostro espatrio...

Il Ciambellano              - In incognito, per quel tanto che può essere concesso.

Il Cerimoniere               - Espatrio che tutti ci auguriamo provvisorio.

Il Re                              - (con un sospiro) D'accordo, non vi creerò ostacoli. Ma è così nuova questa sensazione di quasi libertà, che mi dà le vertigini. Vorrei chiac­chierare col primo che passa...

Il Cerimoniere               - Il Capo del Servizio Informativo ha scelto questa località appunto perché non ci passa nessuno.

Il Re                              - E va bene, discorrerò con questo bravo Caporale. (Al Caporale con blanda curiosità) Il vostro reggimento è acquartierato in questa zona?

Il Caporale                    - (irrigidendosi nella posizione di attenti) No, Maestà... il Terzo Reggimento Cavalleggieri Guide è stato annientato fra Quota 145 e Quota 246 in quello che poi fu chiamato il vallone della morte. Il Re     - (caricando la pipa) Non ve ne preoccu­pate. Il vostro Reggimento verrà ricostituito. Na­turalmente non più con decreto Reale ma con decreto Presidenziale.

Il Caporale                    - (lentamente) E tutto ritornerà come prima?

Il Re                              - Ma certo... Del resto non è la prima volta che il Terzo Cavalleggieri Guide è stato distrutto e ricostituito. Nel 1730 quando il mio avo lo mandò di rinforzo agli spagnuoli nella guerra contro i francesi, poi nel 1810 quando mio padre lo inviò a combattere coi francesi contro gli spagnuoli.

Il Cerimoniere               - (in tono cortigiano) Vostra Maestà conosce la Storia in modo mirabile.

Il Re                              - E' uno dei miei hobby, l'altro, come sapete è la collezione di scatole di fiammiferi. (Passeg­giando) Be'... ora tutto è finito.

Il Caporale                    - E quando si ricostruisce un reggi­mento distrutto dove si mettono i morti? Il Re           - (distrattamente) Ma diamine, sulle lapidi.

Il Caporale                    - E le bandiere?

Il Re                              - Al Museo di Storia Patria.

Il Caporale                    - (in crescendo) E lo scalpitio dei cavalli, gli squilli di tromba, la giovinezza, il san­gue? E i parenti in gramaglie, le madri fameliche con in braccio l'ultimo nato, dove le metterete? E i sogni di gloria crollati, gli hurrà divenuti scon­ci sberleffi, i mutilati che alzano i moncherini... (Ringuainando la sciabola e mettendosi a passeg­giare concitato) Dove metterete i nostri stracci gallonati, le nostre sciabole arrugginite, le giubbe sforacchiate e ingrommate di sangue? (Ciuffo e Melito, preoccupatissimi affiancano il Capo-pattu­glia cercando di calmarlo).

Ciuffo                           - Lascia perdere Caporale...

Melito                           - Non fare il fesso, senti a me...

Il Caporale                    - (scattando) E smettetela di piagnu­colare! Di che temete voi che avete galoppato cento volte contro la morte? (Alzando le braccia al cielo) Balthazar... Balthazar... dove sei? Sudore e sterco è la guerra e tu lo sapevi!      - (Al Re e ai dignitari che hanno formato gruppo e lo guardano stupefatti) Meraviglioso sudore, benedetto sterco, e noi al galoppo. Voi lontanissimi, fra lampadari e tappeti, a discutere con Ambasciatori e Ministri, a patteggiare concessioni, a raccogliere briciole di consensi, cascami di riverenze, ammuffiti avanzi di] omaggi.

Il Re                              - (al Gran Cerimoniere) Mi piace... E' simpatico questo giovanotto... La sua colossale ingenuità è riposante.

Il Cerimoniere               - (desolato) Deve essersi pasciuto esclusivamente degli opuscoli di quel megalomane del Ministro della propaganda. Che cosa vi ho sempre detto Maestà? La propaganda esagera.

Il Ciambellano              - Costui deve averne fatta una indigestione.

Il Cerimoniere               - (al Caporale) Sentite... Noi ci rendiamo conto che il trauma psichico dal quale probabilmente siete stato colpito, è alla base di questa vostra esaltazione. Tuttavia il Regolamento...

Il Caporale                    - (scattando) Ah bravo! Parliamone allora del Regolamento... In quale archivio o biblioteca seppellirete quell'aureo libro dove tutto è previsto, dal modo di affibbiare la sciabola all'orario per portare i quadrupedi all'abbeverata? Il testo sacro che tutto riassume e sancisce, dall'orientamento senza bussola alla cottura del ran­cio senza fuoco... La Bibbia militare dove tutto è contemplato, dall'astenersi dal bere, quando si è in traspirazione, alle precauzioni da usarsi quando si viene a contatto con le peripatetiche... Parlia­mo del Regolamento! Io lo so a memoria...

Il Re                              - Il Gran Ciambellano voleva probabilmente riferirsi a quel sentimento di disciplina...

Il Caporale                    - (interrompendo) Benissimo! E in quale Museo metterete la disciplina, questo subli­me esercizio di mortificazione che ci è stato riba­dito come i chiodi sotto i ferri dei nostri cavalli? ' Petto in fuori, braccia e mani distese lungo la cucitura dei pantaloni, gli uomini trasformati in I automi in nome di un'idea sfolgorante. Il signorsì elevato a preghiera... La rinuncia totale, la dedi­zione assoluta e la cieca obbedienza come norme costanti di vita, a maggior gloria della Patria e ' del Re. Parliamo pure della disciplina. Io ne sono inzuppato, ne ho fatto indigestione, mi trasuda da tutti i pori e ora mi rigurgita da tutte le parti. Potrei vomitare disciplina per settimane e mesi...

Ciuffo                           - (a bassa voce a Melito) Siamo perduti!

Melito                           - (desolato a Ciuffo) Io vedo già il plo­tone d'esecuzione.

Il Re                              - (al Caporale) Sentite giovanotto... Avete mai pensato che la Patria è fatta anche di bilanci, di cartelli, di monopoli, di investimenti e di com­partecipazioni?

Il Cerimoniere               - Avete mai sentito parlare di pro­tezionismo doganale, di zone d'influenza, di mer­cati, di economia pianificata e di libera iniziativa?

Il Ciambellano              - Vi è mai giunta all'orecchio la j parola clearing? Le locuzioni, prestigio all'estero, rapporti di buon vicinato, problemi di scambi e valute, rimboschimento e disoccupazione?

Il Re                              - (incalzando) E dove mettete gli esercizi provvisori, le aree depresse, i diritti del regionali­smo, il problema del meridione, il patrimonio ittico, la ricorrente crisi olearia, le rivendicazioni sa­lariali?

Il Caporale                    - (esasperato) E dove mettete la paura?

Il Re                              - (dopo un attimo di sorpresa) Che c'entra la paura?

Il Caporale                    - (con veemenza) Non la conoscete, è vero? Eh, già... nessun poeta l'ha mai cantata, nessun oratore l'ha mai celebrata, la santa paura... il brivido che passa lungo le trincee come una livida folgore, il pallore delle reclute che tuttavia avanzano sotto il fuoco, il tremito dei veterani che conoscono il morso del piombo nella carne. (Ghignazzando) Come mai non avete inserito nei vostri bilanci la paura? Anche il Ministro della propa­ganda non ne fa cenno nei suoi opuscoli. E sapete perché? Perché gli uffici del Ministro della propa­ganda sono molto lontani dal fango delle trincee. (Curvandosi come se raccattasse del -fango) Ora io ne raccolgo un pugno di quella paura, e ve la butto in faccia... E' il fango della guerra e non si può rifiutarlo. E' lo strame dei morti e non c'è Museo dove metterlo. (Continuando a lanciare immagi­nari pugni di fango) Così... così... così... Imbratta­tevi anche voi di paura e non temiate di disonorar­vi, perché senza di essa il coraggio diventerebbe incoscienza bruta... (Tre colpi di pistola fuori sce­na. Tutti si buttano a terra, Caporale compreso).

Il Barbiere                     - (sbucando dalla sua bottega in unifor­me di Capo dei Servizi Informativi) Maestà, tutto è pronto, seguitemi.

Il Cerimoniere               - (alzandosi imitato dagli altri) Oh, il Capo del Servizio Informativo... Finalmente!

Gloria                            - (esterrefatta) Anche Tarcisio era dei loro!

Il Re                              - (stringendo la mano a Tarcisio) Grazie. Vi chiedo solo un istante pour les adieux. (Strin­gendo la mano al Ciambellano e al Cerimoniere) Grazie miei prodi, non dimenticherò la vostra abnegazione. Qui, sul mio petto... (Il Re concede Z'accolade ai dignitari, poi si avvia verso sinistra preceduto dal Capo del Servizio Informativo e scom­pare mentre giungono lontane folate di applausi).

Gloria                            - (al Caporale con un grido) Uccidilo... ucci­dili tutti! (Ma il Caporale, come uscito di senno, è rimasto impietrito).

Il Cerimoniere               - (al Ciambellano) Non c'è un momento da perdere, dobbiamo raggiungere la Capitale prima che si formi il nuovo Ministero. Ho già presi accordi col Capo del Partito « Fiore e Aureola »... Può esserci un portafogli anche per noi.

Il Ciambellano              - (indicando i militari e la ragazza) E questi testimoni?

Il Cerimoniere               - (battendosi la fronte) Ah già... il Capo del Servizio Informativo ha dimenticato di sopprimerli.

Il Ciambellano              - I tre colpi di pistola del segnale non dovevano essere sparati in aria.

Il Cerimoniere               - Non si pensa mai a tutto.

Il Ciambellano              - Sarà facile comperarli. (Alla ragazza) Voi avete formidabili disposizioni per le arti.

Gloria                            - (ironica e un po' triste) Infatti suono il clavicembalo.

Il Cerimoniere               - Inoltre siete giovane e bella. Non rovinate il vostro avvenire e sappiate essere buona giocatrice. Il nuovo Governo ha bisogno di donne intelligenti e sensibili. Venite con noi.

Gloria                            - Se fossi stata intelligente non avrei arri­schiato la vita coi franco-tiratori.

Il Ciambellano              - Per i quali è già prevista una pensione a parità coi reduci dell'Esercito. Il nuovo Governo, l'ho saputo in via confidenziale, favorirà la pacificazione degli animi. Tutti pensionati, e niente spirale di vendetta.

Gloria                            - (ironica) L'importante è continuare il gioco. (Al Caporale) Hai sentito? Ora sì abbiamo proprio perduto. (Il Caporale non si volta nem­meno).

Il Ciambellano              - Nessuno ha mai perduto a que­sto mondo. In ogni caso si tratta di saper perdere.

Gloria                            - (al Caporale) Aspetto una tua parola. (Il Caporale non risponde).

Il Cerimoniere               - Vi dirò anche che quelli che in­speratamente prendono le redini del potere, hanno tutto l'interesse di mostrarsi generosi verso i vinti.

Gloria                            - (al Caporale quasi con rabbia) E parla dunque! (Il Caporale non batte ciglio. Gloria ha un gesto di dispetto, poi accetta il braccio del Gran Ciambellano che galantemente glielo ha offerto). Debbo proprio andare con loro?

Il Ciambellano              - La gloria, credetemi, non va coi sentimentali. La gloria è sempre con chi vince. (Via per il fondo con la ragazza).

Il Cerimoniere               - (al Caporale) In quanto a voi...

Il Caporale                    - (girandosi col viso stravolto) Non mi toccate!

Melito                           - (sguainando la sciabola) Via di qui!

Ciuffo                           - (imitandolo) Andate via subito!

Il Cerimoniere               - (allontanandosi) Vado, vado... Si occuperanno di voi i gendarmi. (Ridacchiando) Vi denuncerò per diserzione e rifiuto d'ubbidienza. (In tono severo) Siamo per l'ordine, noi! (Melito e Ciuffo che hanno inseguito il Cerimoniere, sono fermi sul ciglio roccioso e guardano lontano bor­bottando imprecazioni).

Il Caporale                    - (va a uno dei tavoli, si lascia cadere su uno sgabello e alzando le braccia grida) Balthazar... Balthazar non mi guardare! (Si prende il viso fra le mani e rompe in rabbiosi singhiozzi)-

ATTO TERZO

In apertura di velario il pubblico deve avere la sensazione di trovarsi in presenza della stessa sce­na dell'atto precedente (villaggio alpestre) ma con un effetto notturno di plenilunio. In realtà il pae­saggio sarà dipinto su un siparietto di tulle dispo­sto a poca distanza dalla ribalta. Davanti al sipa­rietto giacciono, un po' qua e un po' là il Caporale e i due cavalleggeri immersi nel sonno. Sono ravvolti nelle coperte da campo e poggiano la testa sugli zainetti. Leggera musichetta di sottofondo che non dovrà disturbare il dialogo. La musica du­rerà per tutto il tempo del sonno. Intanto i proiet­tori frontali hanno incominciato a calare d'inten­sità, mandando in dissolvenza il paesaggio, mentre le luci interne in aumento, svelano la vera scena, che rappresenta una grande scuderia. Il fondo è costituito da un muro con tre arcate, nelle cui lunette sono incassati vetri polverosi. Ai due pila­stri centrali sono infissi gli appoggi per le selle e i finimenti. Le fiancate di destra e di sinistra potranno raffigurare muri con archivolti come quel­lo del fondo, o rustiche colonne in prospettiva. Larga porta carraia in fondo a sinistra di chi guar­da, con ante di legno grezzo socchiuse, fra le quali filtra la luce esterna. Sempre a sinistra, su una pedana situata di sghembo, si erge uno scanno si­mile a quello che occupano i giudici nelle aule di Tribunale. Dietro lo scanno due poltrone disposte in modo da lasciare lo spazio al centro per una terza poltrona. A destra, in posizione simmetrica rispetto allo scanno, c'è una transenna a strisce bianche e rosse che fa da battifianco a un box del quale è visibile la lettiera di paglia. Nel muro di fondo la greppia e la mangiatoia sono sormon­tate dal cartellino con la stampigliatura Balthazar. Si ode un lungo nitrito cui segue lo scalpitare di un galoppo lontano. Nitrito e scalpitio si avvici­nano sempre più netti e precisi, poi dileguano tra sfocati segnali di tromba. Questi rumori, accom­pagnati dalla musica in crescendo, svegliano i dormienti che si mettono a sedere, sbadigliano, si strofinano gli occhi, poi guardano stupefatti verso la scuderia. Finalmente i tre militari si rialzano. Il siparietto di tulle, oramai invisibile, viene al­zato. Il Caporale e i due cavalleggeri sono oradentro la scuderia e muovono qualche passo in­certo.

Melito                           - (sbadigliando) Caporale... sento odore di casa.

Il Caporale                    - Anch'io.

Melito                           - Ma questa è la scuderia del nostro squa­drone. (Avvicinandosi a un muro ed esaminando un graffito) Questo l'ho scritto io... Viva la classe di ferro... (A Ciuffo) E questo l'hai scritto tu. (Leggendo) Fra tre mesi tutti borgesi... senza l'acca.

Ciuffo                           - (fermandosi perplesso dinanzi allo scanno con le due poltrone) E questo di dove è saltato fuori?

Melito                           - Mai vista una cattedra nella nostra scuderia.

Il Caporale                    - Macché cattedra. Ve lo dico io che cosa è. Questo è un banco per la vendita all'asta.

Ciuffo                           - Quando mai si sono venduti all'asta cavalli?

Il Caporale                    - Che ne sai delle invenzioni che pos­sono aver fatto mentre eravamo in guerra?

 

Melito                           - Volete saperlo? Qui si tengono delle lezioni di veterinaria.

Il Caporale                    - Lezioni in scuderia? Intanto ci] dovrebbe essere la lavagna, e poi la scuola reggi­mentale è sempre stata nella palestra ginnastica.

L’Ispettore                    - (facendo capolino dalla porta carraia e come parlando con qualcuno che è ancora fuori scena) Deve essere qui... Eh, il mio fiuto di vecchio segugio non m'inganna mai. (Controllando su un foglietto che ha cavato di tasca) Antica scu­deria del III Cavalleggieri Guide... Non può essere che questa. (Agitando il foglietto) La convocazione è per le otto. (Con un'occhiata all'orologio) Man­cano pochi minuti.

Noemi                           - (entra seguita da Terenzio e annusa l'aria) Non è indispensabile il fiuto di un' Ispettore di Polizia per accorgersi che questa è una stalla.

Terenzio                        - Noemi, ti prego, usa un linguaggio meno crudo.

Noemi                           - (con un sospiro) E va bene, diremo rimessa per quadrupedi, ma dal punto dì vista olfattivo la cosa non cambia. (Prende uno sga­bello, lo piazza davanti alla pedana e siede impet­tita. Terenzio resta in piedi vicino a lei).

Il Caporale                    - (in tono ansioso) Padre... Madre... (Poiché Terenzio e Noemi non gli rispondono, anzi non lo vedono, si dirige verso l'Ispettore che è andato a prendere un altro sgabello) Ispettore! (L'Ispettore, senza dar segno di aver inteso, va ad offrire lo sgabello a Terenzio che rifiuta con un cortese cenno, poi siede presso Noemi) Fantasmi... E io con loro...

Ciuffo                           - Non ci vedono...

Melito                           - E non ci sentono...

L’Ispettore                    - (in tono sentenzioso) Come aula di giustizia forse manca un tantino di solennità.

Noemi                           - Passerei sopra alla solennità, ove non fosse maleolente.

L’Ispettore                    - D'altronde il Palazzo dei Tribunali è lesionato.

Terenzio                        - Più che lesionato. Sfondato il tetto e fatiscenti le mura.

Noemi                           - Che significa?

Terenzio                        - Dal latino fatescere... cadere, rumare, crollare. (Il Caporale fa un altro tentativo per avvicinarsi ai genitori, poi quasi intimidito si ritrae, anche perché la sua attenzione viene attratta dall'ingresso di Tarcisio e del Re. Tarcisio veste da barbiere).

Tarcisio                         - E' permesso? (Al Re che lo segue) Deve essere proprio qui. Degnatevi entrare Maestà... (Cer­ca uno sgabello e lo offre al Re che siede a poca distanza dall'Ispettore guardandosi intorno incu­riosito).

Il Re                              - Siete sicuro che è per le otto?

Tarcisio                         - (frugandosi le tasche) Credo... Sta a vedere che ho smarrito il biglietto di convocazione.

Il Re                              - Non ve ne preoccupate.

Tarcisio                         - Figuratevi... Non mi sono preoccupato quando ho perso i cifrari. (Ride) Ah... Ah...

 

L’Ispettore                    - (mostrandogli il suo biglietto) Per le otto, per le otto... (In tono distratto) Anche voi collaborazionista?

Tarcisio                         - Suppongo... per quanto l'invito non ne facesse menzione.

L’Ispettore                    - Neanche il mio, ma per la pratica che ho di queste cose...

Tarcisio                         - Siete pregiudicato?

L’Ispettore                    - No, sono Ispettore di Polizia.

Tarcisio                         - Ah ecco...

L’Ispettore                    - E perciò pratico di faccende giudi­ziarie.

Tarcisio                         - E trovate legale questa convocazione?

L’Ispettore                    - (stringendosi nelle spalle) Come tutto il resto. Da tempo viviamo nell'illegalità. (Dalla porta carraia entrano il Gran Ciambellano, il Gran Cerimoniere e Gloria. I due dignitari indos­sano abiti civili, Gloria un elegante abito da pas­seggio).

Il Ciambellano              - (con un piccolo cenno del capo) Maestà...

Il Cerimoniere               - (ancor più asciuttamente) Buon giorno.

Il Re                              - (facendo ciao con la mano) Salute!

Gloria                            - (guardandosi intorno) Pittoresco... Fa molto rivoluzione. (A Noemi) Lei è qui per far la calzetta?

Noemi                           - Insolente!

Terenzio                        - Ti prego Noemi...

Gloria                            - Ma non l'ho insultata. Volevo fare un parallelo storico.

Il Caporale                    - (emozionato) Gloria... (La ragazza non si volta nemmeno).

Melito                           - (fra i denti) Maledetta civetta!

Ciuffo                           - Ha un nome che ci ha sempre portato scalogna.

Tarcisio                         - (al Ciambellano) Conoscete i motivi, le accuse, le imputazioni?

Il Ciambellano              - (mostrando il suo biglietto) Conosco quello che è scritto qui... La formula è un po' vaga.

Il Cerimoniere               - E' la solita formula di tutti gli uffici statali. La Signoria Vostra è invitata a pre­sentarsi il giorno tale all'ora tot, per comunica­zioni che la riguardano.

Il Ciambellano              - Segue uno scarabocchio illeg­gibile...

Gloria                            - (accendendo una sigaretta) Lo Stato è tradizionalmente scortese.

Terenzio                        - (girandosi) Sono un ex funzionario sta­tale. La prego di non fare dell'ironia.

Gloria                            - (in tono svagato) Ci sono anche delle eccezioni.

Terenzio                        - Comunque il reato di mormorazione est vitandum.

Gloria                            - (stringendosi nelle spalle) Sono pregiu­dicata e regolarmente schedata. Reato più, reato meno...

Noemi                           - Quanto cinismo.

 

Terenzio                        - Bisogna aver pazienza. Sono i giovani delle nuove generazioni.

Noemi                           - Bella roba!

Una Voce                      - (cavernosa dall'alto) La Corte! (Come in ubbidienza a un ordine, Ciuffo e Melito vanno a prendere posto nelle due poltrone dietro lo scanno, quasi fossero giudici ad latere. Il Caporale invece entra nel box e si appoggia alla transenna come se facesse parte del pubblico ammesso in aula. In distanza tre sfocati squilli di tromba, poi, sorgendo dal pavimento o provenendo dalla finestra se il palcoscenico non lo consentisse, appare la terza poltrona che va a collocarsi, come spinta da una forza invisibile, nello spazio rimasto vuoto. Sulla poltrona è seduto un cavallo bianco con una stella nera in fronte. La truccatura di cartapesta che l'attore indosserà, non deve essere grottesca, ma avere la modellatura della statuaria classica. Gli occhi saranno vuoti, non per l'attore che troverà più comodo guardare attraverso due piccole feri­toie incise nel collo, ma per accentuare la nobiltà astratta della testa equina. Le zampe anteriori poggiate allo scanno saranno ben visibili. Meno visibile la schiena e il posteriore affondato nella poltrona. Il cavallo parlerà con una strana voce gutturale e riderà con una specie di nitrito gorgo­gliante. Qualche volta poggerà il capo a una zampa in atteggiamento pensosamente umano).

Balthazar                       - (battendo con uno zoccolo sullo scanno) Signori, la seduta ha inizio... Ha inizio la causa. (Gli imputati che si erano alzati all'ingresso della Corte, si rimettono a sedere). Su di voi pesano ac­cuse di vario genere, che vanno dall'incitamento all'odio, alla strage, e dal tradimento alla fellonia. (Esaminando un elenco) Ora leggerò le generalità degli imputati. Ognuno si alzerà, risponderà pre­sente, e col minor numero di parole esporrà il suo caso e indicherà, per sommi capi, la sua linea difen­siva. (Ridendo sinistramente) Ah... ah... ah... Qua vi voglio!

Terenzio                        - (alzando una mano) Protesto per la mancanza delle più elementari garanzie. Dov'è il Pubblico Ministero? Dov'è la difesa? Dov'è il cancelliere che dovrebbe consacrare a verbale quanto Vostro Onore andrà riassumendo? Mi per­metto di dir questo perché sono un esperto in materia giuridica e la prassi procedurale non ha misteri per me.

Balthazar                       - (un po' annoiato a Ciuffo) Chi è costui?

Ciuffo                           - Il signore Terenzio Giustapò ex cancel­liere a riposo.

Balthazar                       - Giustapò? Questo nome non mi suona nuovo. Dove l'ho udito?

Melito                           - (nel tono di chi vuole ingraziarsi il Presi­dente) Evidentemente vostro Onore ha un'eccel­lente memoria. Infatti l'imputato è il padre del nostro capo-pattuglia.

Balthazar                       - Quale capo-pattuglia?

Ciuffo                           - Il Caporale Bruno Giustapò.

Balthazar                       - (sgarbatamente) Starei fresco se dovessi ricordarmi di tutti i militari che ho cono­sciuto... E di bassa forza poi.

Melito                           - (ossequiosamente) C'è un avvenimento... un episodio bellico voglio dire, che è legato a quel nome.

Ciuffo                           - Un fatto d'arme che Vostro Onore non può aver dimenticato come non l'abbiamo dimen­ticato noi...

Il Caporale                    - (scavalcando con un volteggio la tran­senna e avanzando verso lo scanno) Il vallone della morte... La tempesta di ferro e di fuoco, la disperata carica... Oh, Balthazar, vecchio e leggen­dario amico...

Balthazar                       - (scattando) Vecchio e leggendario amico un corno! Che cosa è questa confidenza?

Il Caporale                    - (dolorosamente sorpreso) Ma come? Non ricordi più la guerra combattuta e vinta insieme?

Balthazar                       - Non ricordi più le nerbate e le speronate nella pancia?

Il Caporale                    - (sussultando) Un momento... Sì, non escludo, cioè voglio dire, può darsi che qualche volta... (Scattando) Insomma il trotto, il galoppo, il salto dell'ostacolo, esigono da parte del cavaliere tempestive sollecitazioni...

Balthazar                       - (ridendo) Tempestive sollecitazioni, le chiama lui... (A Melito) Questa è buona! (A Ciuf­fo) E quando mi faceva impennare perché passava la figlia del vivandiere? (Al Caporale) Ti piacevano i gridolini della ragazza, è vero? E tu pettoruto, dai a speronare e a strapponare in bocca. (Ridacchian­do) Tempestive sollecitazioni le chiami adesso...

Il Caporale                    - (innervosito) Be', non nego che posso qualche volta aver esagerato... (Scattando verso Ciuffo e Melito) Ma, corpo di Bacco, che ci state a fare voi due là sopra? Spiegateglielo voi che sapete quel che vuol dire stare in sella... E' un seguito di azioni e reazioni spesso incontrollate, specialmente quando l'animale sta in difesa. (A Bal­thazar) Tu poi non dovresti dimenticare che avevi un caratterino piuttosto vivace.

Balthazar                       - (con voce grave e cavernosa) Carat­tere da puro sangue, signor Caporale... Razza Stimmer... Figlio del famoso Tamerlano e della non meno famosa Odalisca II, fattrice incrociata di arabo e di irlandese.

Il Caporale                    - D'accordo, ma tutti i palafreni che hai stroppiato dove li metti? E i cavalleggieri mandati a gambe per aria? E la zuccata nel muso del trombettiere che ingoiò la cornetta con tutta la drappella?

Balthazar                       - (dopo una delle sue risatelle chiocce) La n'a pas d'importance... come diceva il fu capi­tano Stimmer... Anche voi signor Caporale siete volato per le orecchie come un sacco di patate. Me lo ricordo benissimo. Fu una magnifica sgrop­ponata che ti colse di sorpresa, e giù un bel pattone!

 

Gloria                            - (scoppiando a ridere) Bella questa messa a punto dell'eroe mitologico.

Il Caporale                    - (furioso) Tutti i grandi cavallerizzi hanno baciato qualche volta la polvere. Solo i pavi­di cavalcatori di ronzini, che si tengono disperata­mente attaccati al pomo della sella, non cascano mai. Ricordi Ciuffo che cosa diceva il nostro istrut­tore? Un buon cavaliere lo si giudica anche da come casca.

Ciuffo                           - (tra i denti) Lo diceva quando casca­va lui.

Melito                           - Quando cascavamo noi, ci chiamava sac­chi di letame.

Balthazar                       - Comunque siamo qui per giudicare ben altre cadute... Signor Terenzio Giustapò ex cancelliere di Tribunale, frequentatore di cortei patriottici, entusiasta applauditore di concioni guerresche, padre di un frenetico combattente, che cosa avete da dire a vostra discolpa?

Noemi                           - (balzando in piedi) Domando la parola, anzi me la prendo per diritto di gentil sesso.

Balthazar                       - (a Ciuffo con un sospiro) Mi domando come si può dirigere un dibattimento in questo modo.

Noemi                           - (continuando) Avverto Vostro Onore che qualunque cosa possa accadere farò blocco con mio marito, passando un colpo di spugna sui! trentennali dissensi. Se lo condannerete, ci condan­nerete, ed io lo seguirò avvinta negli stessi ceppi.

Terenzio                        - (asciugandosi un occhio) Nobile crea­tura...

Noemi                           - (continuando) Le sue ragioni saranno le mie, mie le sue colpe, perché il nucleo familiare, cellula primigenia e... (A Terenzio) Come hai detto?

Terenzio                        - (suggerendo) Pietra angolare...

Noemi                           - Ah già... e pietra angolare della società, resti alla base quale elemento inscindibile... (Al j marito con improvviso fastidio) Oh, senti, è troppo difficile.

Balthazar                       - (battendo lo zoccolo sullo scanno) La Corte respinge ogni tentativo di creare incidenti procedurali e si rifiuta di prendere in esame problemi di indole privata. Andiamo avanti... (A Te­renzio) Ancora una volta... Che cosa avete da esporre a vostra difesa?

Terenzio                        - Sarò breve... Quale funzionario statale, io sono una modesta rotella...

Balthazar                       - (interrompendo) Basta! Ho capito. Vi saranno concesse le attenuanti delle rotelle. Passiamo oltre. (Puntando una zampa verso l'Ispet­tore) Voi...

L’Ispettore                    - (alzandosi) Mi chiamo Epaminonda Grac... Ho sempre deplorato la guerra. D'altronde le funzioni della Polizia sono fin troppo note. Difesa del cittadino, dell'ordine interno e della proprietà privata. La mia dedizione fu completa e mai trassi lucro. Sono povero... Ho venduto la pistola per sfamare le mie creature... Sono anche zoofilo. In casa mia ho dei canarini ai quali mia moglie cambia l'acqua tre volte al giorno. Prima avevamo dei pesci rossi... Chiedo a Vostro Onore come può essere accusato di bellicismo un alleva­tore di pesci e canarini.

Ciuffo                           - Non sta a voi fare domande.

L’Ispettore                    - (battendo i tacchi) Pardon!

Balthazar                       - Volete dirmi che cosa avete compe­rato col denaro ottenuto vendendo la pistola?

L’Ispettore                    - Non me ne sovvengo.

Balthazar                       - (battendo un colpo secco sullo scanno) Ve lo dirò io... bistecche di cavallo! (L'Ispettore s'affloscia avvilito).

Il Re                              - (alzando una mano) Chiedo d'essere inter­rogato con procedura d'urgenza.

Balthazar                       - (a Ciuffo) Chi è quel tipo?

Ciuffo                           - L'ex Re.

Balthazar                       - (al Re) Il motivo di tanta premura?

Il Re                              - Devo ritornare in esilio. Ho ottenuto sol­tanto un breve permesso, e poiché la puntualità è la politesse de roi...

Balthazar                       - Va bene, vi ascolto.

Il Re                              - Non chiedo privilegi, ma la Costituzione...

Balthazar                       - (agitando le zampe) Sappiamo, sap­piamo... il sovrano regna ma non governa... è un vecchio paravento di tutte le teste coronate.

Il Re                              - E' un paravento voluto dal popolo... Co­munque, in quanto sovrano ho sempre aborrito la guerra, in quanto Capo dello Stato fui costretto a dichiararla in conformità alle decisioni prese dal Consiglio dei Ministri. Non ho certo bisogno di rammentare a Vostro Onore le regole del gioco per quanto riguarda le monarchie costituzionali.

Il Ciambellano              - (beffardo) Vostra Maestà tutta­via dimentica le conversazioni private, gli accordi segreti, gli intrighi diplomatici ai quali non fu estraneo...

Il Cerimoniere               - E chi ha firmato i proclami alla Nazione? Volevate persino il comando effettivo dell'Esercito e dell'Armata, tanto eravate sicuro che,la guerra si sarebbe vinta.

Il Ciambellano              - E l'avreste ottenuto senza la congiunta ostilità dello Stato Maggiore e dell'Am­miragliato.

Melito                           - (a Ciuffo) Ma non sono ex monarchici quei due?

Ciuffo                           - Sì, ma ora appartengono al Partito di maggioranza, e vogliono rifarsi una verginità.

Balthazar                       - (emette un poderoso rutto e subito porta uno zoccolo alle labbra) Pardon, chiedo scusa. Tutte queste storie di uomini che si accu­sano a vicenda mi danno la nausea e rivoltano il mio stomaco di cavallo.

Il Caporale                    - Balthazar ascoltami... Abbiamo com­battuto insieme e insieme abbiamo arrischiato la vita.

Balthazar                       - Ma ce l'ho rimessa soltanto io.

II Caporale                    - (indignato) Non oserai porre in dubbio il mio sprezzo per il pericolo? Né io, né gli uomini della mia pattuglia, abbiamo fatto alcunché per sottrarci alla morte!

Balthazar                       - (annoiatissimo) Fedeli al motto del III Reggimento... Nec spe nec metu...

 

Noemi                           - (a Terenzio) Che significa?

Terenzio                        - Né speranza né paura.

Noemi                           - Bello! Lo scriverò nel mio albo.

Il Caporale                    - Tutti indegni allora? Il combattente come il pusillanime, il capo come il gregario, la retroguardia come la prima linea... tutti colpevoli, tutti ignobili?

Balthazar                       - Meno i cavalli... (A Ciuffo ridacchian­do) Questo è il punto. Meno i cavalli.

Noemi                           - (scattando) E le donne dove le mettete? Tre anni di fagioli bolliti nell'acqua... Tre anni!

Terenzio                        - Noemi, ti prego...

Noemi                           - Ma che cosa vuoi pregare... Noi siamo le eterne sacrificate. Le madri    - (lieve pausa) non le madrine beninteso.

Balthazar                       - (battendo lo zoccolo) Signori, di que­sto passo non la finiremo più.

Melito                           - Se Vostro Onore permette...

Ciuffo                           - Anch'io volevo consigliare...

Il Caporale                    - (scattando) E non mettetevi anche voi a piantar grane!

Ciuffo                           - Caporale... in questo momento siamo giudici.

Melito                           - Con tutte le responsabilità che la carica comporta.

Il Caporale                    - D'accordo, d'accordo. Ma ci vuole larghezza di vedute, e una certa comprensione soprattutto per i camerati.

Balthazar                       - Ta... ta... ta... Proprio voi signor Capo­rale parlate di comprensione, voi che eravate così pignolo quando si trattava di affibbiarmi il sotto­pancia... Stringi e stringi, non era mai stretto ab­bastanza...

Il Caporale                    - Al terzo buco della fibbia... e andavo per gradi. Primo buco dopo cinque minuti, secon­do buco dopo altri cinque minuti, terzo buco...

Balthazar                       - (scattando) Ma la mia pancia non poteva sgonfiarsi con la progressione prescritta dal regolamento.

Il Caporale                    - Il regolamento non l'ho inventato io.

Balthazar                       - (poggiando il capo a uno zoccolo e so­spirando) Com'è difficile discutere coi bipedi... Andiamo avanti. (Leggendo sull'elenco) Signor Tar­cisio...

Tarcisio                         - Presente!

Balthazar                       - (dopo una specie di mugolio di ripro­vazione) Voi siete indiziato come uno dei più pericolosi istigatori alla guerra. Capo del Servizio Informativo, incaricato di missioni segrete, corrut­tore e corruttibile, spia e doppiogiochista... L'in­carto processuale è un vero campionario di reati... Che cosa avete da dire a vostra discolpa?

Tarcisio                         - Il segreto professionale mi vieta di parlare. E poi io prendevo ordini dal Capo di Stato Maggiore.

Balthazar                       - (a Ciuffo) Questa faccenda dell'ese­cutore di ordini riesce di difficile comprensione per il mio cervello equino. Se tutti gli uomini ubbi­discono a ordini, ci sarà pur qualcuno che li impartisce. Come mai questo qualcuno è sempre intro­vabile?

Ciuffo                           - L'umanità è un pasticcio piuttosto com­plicato.

Melito                           - La spiegazione ve la darò io. Nessuno eseguirebbe certi ordini se dovesse assumersi la responsabilità.

Balthazar                       - Insomma una catena di complicità senza né principio né fine.

Terenzio                        - (a Noemi) Se il Presidente si mette su questa strada andiamo a impigliarci nel gine­praio del libero arbitrio e non ne usciamo più fuori.

Noemi                           - Dio ce ne scampi.

Il Caporale                    - Balthazar, nobile amico, avevo ri­posto in te tutte le mie speranze e i miei sogni. Dopo la tua gloriosa morte...

Balthazar                       - (interrompendo infastidito) Ma basta! Sei insopportabile col tuo sentimentalismo. Parola di puro sangue, ti preferivo quando eri in sella a lavorar di sprone. (A Ciuffo) Non c'è peggior genia dei militari poeti!

Gloria                            - Non crediate troppo al sentimentalismo del Caporale. Quando gli faceva comodo confondeva volentieri la gloria con le gonnelle.

Balthazar                       - Siete un'imputata voi?

Gloria                            - Nemmen per sogno. Ho accompagnato questi amici. (Indica il Ciambellano e il Cerimo­niere).

Il Caporale                    - Begli amici... E bella professione quella dell'accompagnatrice.

Gloria                            - (senza guardare il Caporale) Diverso era il vostro giudizio quando per restare solo con me mandavate i vostri uomini di pattuglia e vi servivate di Tarcisio... diciamo cosi come messag­gero.

Il Caporale                    - Quel falso barbiere agiva per ini­ziativa personale.

Tarcisio                         - (ridendo) Nemmeno... perché madami­gella mi aveva fatto cenno dalla finestra. (Congiun­gendo gli indici e imitando la voce di Gloria) Ca­porale... Caporale...

Gloria                            - (scattando) Mentitore sfacciato! Siete un uomo spregevole. Mi avete spinto al regicidio gabellando per pistola un ignobile catenaccio.

Il Re                              - (al Ciambellano) E chi ha dato la pistola a Tarcisio?

Il Ciambellano              - (indicando il Cerimoniere) Lui...

Il Cerimoniere               - (scattando) Bugiardo e mascal­zone!

Balthazar                       - (incrociando le gambe anteriori) Ma vi pare possibile andare avanti così? Non fate che accusarvi a vicenda... (A Melito) E questa sarebbe la razza superiore che ci ha imposto morso e bri­glia e che da millenni si pavoneggia sulle nostre groppe?

Il Caporale                    - (avanzando fin sotto lo scanno) Que­sta è appunto la grandezza dell'uomo. Aver sog­giogato il mondo senza poter padroneggiare le pro­prie debolezze.

Balthazar                       - Non ricominciamo con la retorica...

                                      - (A Melito) Ma questo non è un caporale, è un pre­dicatore!

Il Caporale                    - (continuando) Mentre da millenni ì cavalli non hanno saputo fare altro che masticare, riprodursi e sparare calci.

Balthazar                       - (strillando) Non abbiamo mai com­messo delitti. Voi grondate sangue!

Il Caporale                    - Il delitto è il duro prezzo della ragione.

Balthazar                       - Basta! Vi ordino di tacere!

Il Caporale                    - A me tacere?! Re e Ciambellani noi sono riusciti a tapparmi la bocca e oserebbe ten-j tarlo un brocco?

Balthazar                       - (agitandosi come un forsennato) Brocco a me?! Al figlio di Tamerlano di razza Stimmer?

Il Caporale                    - Macché Tamerlano d'Egitto!

Balthazar                       - I miei avi andarono alle Crociate!

Il Caporale                    - (ridendo a Ciuffo e a Melito) Dite­glielo voi quante frottole abbiamo dovuto inventare per far credere che la nostra pattuglia aveva un puro sangue. (A Balthazar strillando) E se negli) sfilamenti in parata non ti mettevo qualche granello di pepe in quel certo posto, col cavolo che tenevi alta la coda!

Balthazar                       - Tu menti per la gola!

Il Caporale                    - Ma va là che sei un ronzino di gesso,

Balthazar                       - Sentite chi parla... Il Caporale più; scalcinato del Terzo Reggimento.

Il Caporale                    - (lanciandosi verso Balthazar) A me) scalcinato?!

(Balthazar allunga una delle zampe anteriori, e con lo zoccolo colpisce in piena fronte il Caporale che strabuzza gli occhi, si irrigidisce sollevandosi sulla punta dei piedi, poi con un gemito si rovescia all'indietro cascando fra le braccia di Terenzio e dell'Ispettore. Grida femminili e confu­sione. Tutti si alzano e si affollano attorno al] caduto).

Buio in scena. La musichetta del sogno cessa di colpo. Il sipario di tulle viene abbassato. I proiet­tori frontali lentamente fanno riapparire il villag­gio alpestre. I tre militari avvolti nelle coperte da campo, dormono con la testa appoggiata allo zaino come all'inizio dell'atto. Il Caporale è il primo a destarsi. Si mette a sedere sbadigliando, guarda preoccupato verso il villaggio come per assicurarsi d'essere ben sveglio.

Il Caporale                    - (mugolando) Ciuffo... Melito... sve­glia!

Ciuffo                           - (borbottando) Chi è questo scocciatore..,

Il Caporale                    - Non incominciamo a mugugnare. Sveglia, sveglia! (Si strofina la fronte) Dio che emicrania!

Melito                           - (alzandosi pigramente e incominciando ad arrotolare le coperte) Ma chi me lo ha fatto fare... chi me lo ha fatto fare...

Il Caporale                    - Che è successo?

Melito                           - Chi me lo ha fatto fare di presentarmi al Distretto? Dovevo buttarmi a fiume quel giorno.

Ciuffo                           - (alzandosi) Io sognavo d'essere conge­dato...

 II Caporale                   - Io ho dormito malissimo.

Melito                           - Se torno a casa voglio prendere una sbornia e dormire una settimana di seguito.

Il Caporale                    - (toccandosi la fronte) Non ricordo che cosa ho sognato, ma ho un male alla capoccia... Come se mi avessero dato una bastonata.

Ciuffo                           - Avrai battuto la zucca in un sasso. Non fai che agitarti quando dormi.

Il Caporale                    - Guardami un po' la fronte... non ho mica un bernoccolo?

Ciuffo                           - (avvicinandosi) Fa vedere...

Melito                           - (avvicinandosi) Hai un bozzo viola che pare una melanzana.

Ciuffo                           - Ma già... Oh, questa è buffa...

Il Caporale                    - (stizzito) Ma si può sapere che acci­denti ho?

Melito                           - Un livido... un livido a forma di mezza­luna.

Ciuffo                           - (toccando la fronte del Caporale) Sembra un ferro di cavallo.

Melito                           - Hai ragione, è un ferro di cavallo. Si vedono persino i chiodi...

Ciuffo                           - (ridendo) E' bellissimo. Sembra stam­pato.

Il Caporale                    - Bellissimo un accidenti!

Melito                           - Ma come diavolo t'è venuto?

Il Caporale                    - E che vuoi che ne sappia...

Ciuffo                           - (sputa nel fazzoletto e strofina la fronte del Caporale) E non se ne va... Sembra tatuato.

Melito                           - (a Ciuffo) E' anche un po' gonfio. Che cosa può essere?

Ciuffo                           - Mah... Io non sono un veterinario. (Al Caporale) Comunque se fossi in te, appena a casa mi farei visitare.

Il Caporale                    - (un po' preoccupato) Credi che sia grave?

Ciuffo                           - Come si fa a dirlo? Certo era meglio che ti fosse venuto su un braccio o su una gamba... Uno se la faceva tagliare... Ma proprio in testa...

Melito                           - Ti fa male?

Il Caporale                    - Non molto... Mi sento un po' stor­dito, ecco!

Ciuffo                           - Vuoi un buon consiglio? Non ci pen­sare.

Il Caporale                    - Eh... si fa presto a dire. (Chiacchie­rando, tutti hanno completato l'affardellamento dello zaino e se lo sono caricato sulle spalle).

Melito                           - E' anche questione di farci l'abitudine...

Il Caporale                    - Già, ma come faccio a far prendere l'abitudine agli altri? Tutti domanderanno che cosa ho in fronte.

Ciuffo                           - E tu rispondi che è un ornamento... un fatto decorativo.

Il Caporale                    - (perplesso) Una decorazione? (Lieve pausa, poi battendosi la fronte) Ci sono! Uhi... uhi... uhi!

Melito                           - Ma che ti piglia?

Il Caporale                    - (lamentandosi e ridendo insieme) Non pensavo più che faceva male. Ah, questa poi... Avrei dovuto capirlo subito...

 

Ciuffo                           - Capire che cosa?

Il Caporale                    - (giubilando) Balthazar!

Melito                           - (perplesso) Balthazar?

Ciuffo                           - Ma sicuro... ha ragione! Un ferro di cavallo... (A Melito) Non ti dice niente?

Il Caporale                    - (a Ciuffo) Sei tu che m'hai dato l'idea...

Melito                           - Volete far capire anche a me?

Il Caporale                    - (toccandosi il petto) La mia giubba non ha medaglie... Se fossi morto, mio padre avrebbe dovuto seguire il funerale con la sciabola su un cuscino di velluto... (eccitandosi gradata­mente) Balthazar ha intuito l'ingiustizia... Voi sa­pete che ci segue e che il suo spirito aleggia su di noi...

Melito                           - (con un grido) Ho capito! (Alzando un piede e pestando la terra con un colpo di tallone) Tac!

Il Caporale                    - Bravo, tac! E mi ha marcato la fronte col suo sigillo di nobiltà. (Strofinandosi la testa) Un po' energico magari...

Ciuffo                           - Fantastico!

Il Caporale                    - (alzando le braccia al cielo) Grazie Balthazar... Sono molto fiero di portare il tuo stem­ma. (Ai cavalleggeri) E' venuto in sogno, capite?

Ciuffo                           - In sogno?

Il Caporal                      - In sogno, sì... bianco come un angelo...

Melito                           - Con le ali?

Il Caporale                    - (gridando) Sì, Balthazar aveva le ali e mi ha preso in groppa portandomi in Cielo... (Commosso ed esaltato) Ho visto tutti i nostri compagni morti, ho galoppato sulle nuvole, nel sole sfolgorante, e San Giorgio mi precedeva fra squilli di tromba.

Ciuffo                           - Quello del drago?

Il Caporale                    - Certo... il protettore dei cavalieri... (Con improvvisa mestizia) Ciuffo... Melito... ora ritorneremo laggiù nel mondo... Grigi, fra uomini grigi... Senza più baleni di sciabole, senza fanfare, senza canti e senza illusioni.

Ciuffo                           - Be'... la guerra è finita.

Il Caporale                    - Forse è finito anche qualche cosa d'altro...

Melito                           - La nostra gioventù.

Il Caporale                    - Non importa... in alto i cuori.

Melito                           - Dai... dai!

Ciuffo                           - Canta che ti passa! (La pattuglia si di­spone in fila indiana, Caporale in testa, la scena lentamente si abbuia. Un raggio illumina il terzetto che incomincia a trascinare le gambe in un ritmico fruscio. Ciuffo e Melito attaccano a bassa voce il Ta-pum... Ta-pum... Poi si alza limpida come uno zampillo la voce del Caporale).

Sopra il terzo cavalleggeri il nemico comincia a sparar...

FINE