DINO DI GENNARO
BEATO FRA LE DONNE
COMMEDIA IN DUE ATTI
Dicembre 2009
A Napoli ai giorni nostri.
Alla memoria di Padre Antonio D’Urso,
che tanto ha amato il Teatro.
Pace e gioia.
PERSONAGGI MASCHILI
RICCARDO GARGIULO: 55 anni, uomo tranquillo, succube della moglie, della sorella, della suocera e di 4 figli femmine che lo trattano come una nullità; alla fine, per merito della presenza di un pesce rosso, si scuote e riconquista la sua dignità.
DOMENICO GARGIULO: sulla cinquantina, cugino di Riccardo, scapolo impenitente, libertino e donnaiolo, per difendersi dalla vendetta del padre e del marito di una delle sue amanti, costringe Riccardo a fornirgli un alibi, creandogli una serie di problemi.
PASQUALE BUONANNO: 75 anni, barbiere di Riccardo e Domenico e padre di Francesca, amante di Domenico; vedovo da sette anni, si lascia sedurre da Irene.
ANSELMO PECORA: sulla cinquantina, infermiere, gerontofilo; fidanzato di Irene, della quale è invaghito.
SALVATORE CAPURRO: sulla cinquantina, brigadiere dei carabinieri, siciliano, marito geloso di Francesca; si contorna di due guappetti che utilizza per intimidire Riccardo.
CARMINE “CAPATOSTA”: sulla ventina, guappetto da quattro soldi.
RAFFAELE “’O TEMPERINO”: sulla ventina, guappetto da quattro soldi, fa da eco a Carmine.
AGOSTINO PAPA:.16 anni, fidanzatino di Angela, figlia di Riccardo.
PERSONAGGI FEMMINILI
ERMELINDA PASSALACQUA: 45 anni, moglie di Riccardo, energica e litigiosa, domina il marito, che tratta come uno straccio.
IRENE PASSALACQUA: 82 anni, suocera di Riccardo; vedova da cinque anni, va in palestra, in discoteca e porta a casa i fidanzati che stranamente conquista; parla rigorosamente in italiano, con qualche frase in francese.
STEFANIA GARGIULO: sulla cinquantina, sorella di Riccardo, zitella illibata ed acida, litiga continuamente con la cognata e maltratta il fratello.
FRANCESCA BUONANNO: sulla quarantina, amante di Domenico, figlia di Pasquale, alla fine dei rapporti intimi urla ed ulula come una sirena.
VANESSA PECORA: 35 anni, moglie di Anselmo, che la ignora sessualmente in quanto gerontofilo, si consola con Domenico.
ANGELA GARGIULO: 16 anni, figlia di Riccardo, lo manipola a suo piacimento.
RITA GARGIULO: 18 anni, figlia di Riccardo, anch’essa lo tratta come le altre.
MILENA GARGIULO: 12 anni, figlia di Riccardo, lo tratta come un bambino.
LIDIA GARGIULO: 22 anni, studia veterinaria e porta animali in casa.
ATTO PRIMO
Ambiente domestico. A sinistra delle spettatore, in seconda quinta la porta della camera di Irene; sul fondo: al centro, la comune, che porta all’ingresso e ad altre camere, e, a destra, la porta dello studio di Riccardo; a destra: in seconda quinta, la porta della camera di Stefania e, in prima quinta, l’uscita sul corridoio, che porta al resto della casa. In scena un divano e un tavolo con sedie; a sinistra, sula parete di prima quinta un mobiletto ed un mobile sul fondo a sinistra. All’apertura del sipario è in scena Ermelinda, seduta sul divano, che parla al cellulare; è una mattinata qualsiasi in casa Gargiulo.
SCENA PRIMA
(Ermelinda, poi Riccardo, poi Stefania, quindi Milena)
ERMELINDA (parla al telefono animatamente) No, mammà, ti ho detto che non è possibile… … …ma non scherzare proprio! Riccardo non è fesso, capirebbe subito che siamo d’accordo… … … mammà, per piacere, fammi campare in pace; qua già la convivenza è difficile, non puoi pretendere che Riccardo accetti altre persone in casa! … E mò non fare la melodrammatica, non cominciare coi piagnistei… ma ne dobbiamo per forza parlare al telefono? … cosa? … Non ti permettere se no finisce male! … Assolutamente no! … Non sono fatti che mi riguardano… … tu fai i guai e poi lo vuoi da me… … …non esiste proprio: come è venuto, così se ne torna! Torna subito a casa da sola o non ci tornare più! (scosta il telefono dall’orecchio) Non urlare così… … non mi interessa… mammà ti ho detto di no ed è no! Mo devo chiudere perché ho da fare. Ciao. (chiude la chiamata) Ah! Ogni tanto se ne esce con una novità!
RICCARDO (entra dal fondo a destra) Che novità?
ERMELINDA (sussulta) Come?
RICCARDO Niente… tu hai detto “ogni tanto se ne esce con una novità” ed io ho chiesto “che novità?”
ERMELINDA No, niente… mia madre…
RICCARDO Ah! Che altro ha combinato?
ERMELINDA Niente… le solite cose… lo sai quanto è pazza…
RICCARDO Pazza? Sarebbe il minimo… se fosse pazza potrei anche capirla, ma purtroppo e fin troppo lucida… una donna di 82 anni che va in palestra, esce con le amiche, ogni tanto trova un nuovo fidanzato e il sabato notte si ritira alle cinque dalla discoteca, me la chiami pazza? Per me à una che si gode la vita!
ERMELINDA Tu lo sai, finché papà era vivo è stata sempre una donna di casa, semplice e tranquilla, ha dedicato la vita alla famiglia… da quando papà non c’è più…
RICCARDO Dedica la vita al divertimento… intendiamoci, per me fa bene, solo che, se lo facesse standosene a casa sua, sarebbe ancora meglio.
ERMELINDA Ecco qua! I soliti discorsi! Stai sempre a rinfacciare! Lo sai che mammà non ce la fa a stare sola nella casa dove ha vissuto una vita intera con papà… dice che quando sta là è come se ci fosse ancora lui e così…
RICCARDO Non si diverte più!
ERMELINDA Ma che dici? Quando sta a casa sua, sente la mancanza di papà e non fa altro che piangere…
RICCARDO Davvero? E come lo sai?
ERMELINDA Me lo ha detto lei… dice che ogni volta è così…
RICCARDO Ogni volta cosa?
ERMELINDA Ogni volta che sta a casa sua da sola!
RICCARDO Ermelì, tuo padre è morto cinque anni fa, tua madre si è trasferita da noi il giorno del funerale e da allora non si è più mossa da qui, perché non ce la faceva a tornare a casa sua... neh, quando se li sarebbe fatti questi pianti?
ERMELINDA Ma che significa? Ogni volta che ci pensa, pensa che sarebbe così e quindi…
RICCARDO Invece di piangere a casa sua, se la ride qui da noi…
ERMELINDA Vabbè, ho capito: con te non si può parlare, sei un mostro! (si avvia a destra)
RICCARDO (tra sé) È bella essa!
ERMELINDA Comunque è inutile che fai: mammà di qua non si muove! (via dalla prima a destra)
RICCARDO (sospira) Santa pazienza!
ERMELINDA (torna indietro) E non ti scordare di tua sorella! (via)
RICCARDO E ti pareva?
STEFANIA (entra dalla seconda a destra) Che ha fatto tua sorella?
RICCARDO Niente, che doveva fare?
STEFANIA Guarda che non sono sorda! L’ho sentita bene tua moglie! (facendo il verso a Ermelinda) “E non ti scordare di tua sorella!” Allora?
RICCARDO Allora cosa?
STEFANIA Cosa non ti devi scordare? Che vivo anche io in questa casa?
RICCARDO Ma che dici?..
STEFANIA Ricorda a tua moglie che mammà e papà, la casa, l’hanno lasciata a tutti e due e che, quindi, (alzando il volume per farsi sentire) sono io che sono costretta ad avere certa gente in casa mia!
RICCARDO Beh, veramente, sarebbe anche casa mia…
STEFANIA Tu che c’entri? Tu non conti niente… (si avvia a destra)
RICCARDO Come? Non conto niente?
STEFANIA (uscendo) Niente, non conti niente… neh, ma quando mai hai contato qualcosa? (via dalla seconda a destra)
RICCARDO E grazie tante…
MILENA (entra dalla prima a destra) Ah, papà, giusto tu: dammi venticinque euro!
RICCARDO Li vuoi in contanti o va bene un assegno?
MILENA Uffà, papà, non scherzare, mi servono per la scuola.
RICCARDO La scuola? Neh Milè, i libri te li ho comprati, lo zainetto, pure; penne, matite, articoli da disegno, anche; la scuola è appena cominciata, si può sapere a che ti servono?
MILENA Uffà, papà, servono per il pittore e il vetraio.
RICCARDO Ma se hai appena detto che servono per la scuola!
MILENA Appunto! Il pittore deve pitturare le pareti dell’aula e il vetraio deve mettere i vetri nuovi alla finestra.
RICCARDO E ch’è ‘sta novità, mò dobbiamo pure pagare la manutenzione delle scuola pubbilca?
MILENA Ma che dici? Quella è stata una decisione della befana di lettere: l’altro giorno ci mancava il professore di religione e così abbiamo giocato un po’ in classe… sai come vanno queste cose, uno tira palla di carta, un altro risponde tirando un quaderno, un altro butta una lattina di coca cola sul muro… poi, a poco a poco, capita che una sedia colpisce una finestra, qualcuno scrive sul muro con un pennarello… e così, quando è venuta la befana all’ora successiva, ha detto che, o pagavamo i danni di tasca nostra, o faceva sospendere tutta la classe… mò, dico io, papà, mica vuoi che tua figlia venga sospesa?
RICCARDO Lo so io quello che vorrei…
MILENA Uffa, che palle! Io lo sapevo che mò cominciava la predica… tutta colpa di quella vecchia befana!
RICCARDO L’insegnante di lettere vecchia? Ma se non tiene nemmeno quarant’anni…
MILENA Appunto, è vecchia! Allora, questi 25 euro?
RICCARDO (prende i soldi dalla tasca e li dà a Milena) Guarda che questa è l’ultima volta!
MILENA Io esco… (arraffa i soldi e via dalla comune)
RICCARDO Grazie, eh? Guè, le donne sono tutte uguali! Piccole o grandi, giovani o vecchie, belle o brutte, basse o alte, grasse o magre, hanno tutte una cosa in comune: so ‘nu guaio ‘e notte! (via dal fondo a destra)
SCENA SECONDA
(Irene ed Anselmo, poi Ermelinda, quindi Rita, poi Riccardo)
IRENE (entra dalla comune, tenendo per mano Anselmo) Entra, mon amour, non aver paura, non succede niente.
ANSELMO Io non sto tranquillo, tua figlia ti ha proibito di portarmi su…
IRENE Ah sì? E da quando in qua le figlie possono proibire qualcosa ai genitori? Io sono una donna indipendente e non mi faccio condizionare da nessuno!
ANSELMO Lo so, tu hai ragione… ma io non sto tranquillo…
IRENE Ora ce ne andiamo dans ma chambre e ti faccio vedere io come starai tranquillo… ti farò provare sensazioni mai provate, mon amour!
ANSELMO E andiamo subito, mi stai facendo morire dal desiderio! Mamma mia e che ti voglio fare!
IRENE Gué, mò non ti mettere in testa strane idee eh! Io sono una ragazza onesta, certe cose non le faccio… ma certe altre sì…
ANSELMO E allora facciamo le altre, dai…
ERMELINDA (entra dalla prima a destra) Mamma! Chi è questo signore?
IRENE È Anselmo, il mio fidanzato.
ERMELINDA Mamma, ti avevo detto di non portare uomini in casa mia!
IRENE Ma Anselmo non è un uomo…
ANSELMO E che sono?
IRENE Ma che dici, mon amour, io intendevo che non sei un uomo qualunque…
ANSELMO Ah!
ERMELINDA Qualunque o non qualunque, qua non può stare, quindi, per favore, signore, vi prego di togliere il disturbo!
IRENE (comincia a singhiozzare) E tu… tu… saresti… mia figlia… far fare queste figure ad una povera donna sola e indifesa… ah, se era vivo la buonanima!
ERMELINDA Se era vivo papà, ti portavi il fidanzato a casa?
IRENE Che c’entra? Se era vivo, non ti avrebbe permesso di trattarmi così!
ERMELINDA Mammà, comunque papà è morto da cinque anni e il signore qui se ne deve andare!
IRENE A sì? Allora me ne vado pure io! Andiamo, Ansi, qui non siamo graditi, addio! (prende Anselmo per mano e lo trascina verso il fondo)
RITA (entra dalla prima a destra) Ciao nonna, stai uscendo?
IRENE Si, parto… (melodrammatica) per non tornare più!
RITA E dove vai?
IRENE Non lo so... tua madre ce ne ha cacciato di casa!
RITA Te e chi?
IRENE Me e lui!
RITA Ah, questo bel signore sta con te?
IRENE Bel signore? Senti, bambina, non metterti in testa strane idee: Ansi è mio!
RITA Ma nonna, che dici?
ANSELMO Beh, se permettete, io me ne andrei…
ERMELINDA Arrivederci!
RITA Ma no, state ancora un po’… mamma, dai, mica vorrai cacciare la nonna e il suo amico? Su, accomodatevi, parliamo un po’ voglio sapere tutto quello che fa la nonna quando non è a casa e voi sicuramente sapete qualcosa.
ERMELINDA Ho capito, in questa casa sono quella che conta di meno.
IRENE Ma no, che dici? C’è tuo marito che conta meno di te!
ERMELINDA Ve bene, ne parliamo dopo, è meglio che me ne vada di qua. (via dalla prima a destra)
RITA (ad Anselmo) Non vi preoccupate, mia madre fa sempre la dura, però è un pezzo di pane… nonna, non me lo presenti il tuo amico?
IRENE Ma certo… questo è Anselmo, il mio attuale fidanzato e questa è Rita una delle mie nipoti…
ANSELMO Molto lieto, Anselmo Pecora, infermiere diplomato.
RITA Piacere, Rita Gargiulo… Anselmo… che bel nome!
IRENE (ingelosita) Mò pure il nome ti piace?
RITA Nonna, ma che dici, il signore potrebbe essere mio padre…
IRENE Eh, non si può mai sapere!
RITA Dai, dimmi come vi siete conosciuti.
IRENE Allora… ci siamo conosciuti per puro caso; non è vero, mon chery?
ANSELMO Sì, è stato proprio un caso, io stavo andando…
IRENE Basta, hai parlato troppo! Mò te lo racconto io… allora, lui lavora fuori Napoli e la mattina esce presto di casa per andare a lavorare; l’altra domenica era di turno…
ANSELMO Si, perché io sono infermiere professionale…
IRENE Ansi, ho detto che devi tacere!
ANSELMO Scusa, amore…
RITA Dai nonna continua, sono curiosa.
IRENE Erano le cinque e mezza, io ero appena uscita dalla discoteca e aspettavo il radiotaxi che avevo chiamato col cell, quando mi sentii un poco mancare, che ne so, sarà stato il whisky che avevo bevuto o il troppo ballare, insomma mi venne un capogiro; stavo per cadere a terra, ma riuscii ad afferrare il palo della luce…
ANSELMO Io passavo di là con la macchina e la vidi che stava cadendo e poiché sono infermiere diplomato, mi fermai…
IRENE Ansi, lo ha capito che sei infermiere… poi, ti avevo detto di tacere, mi vuoi fare parlare o no? Ah!... allora, lui ha una punto bianca e io la presi per il taxi, aprii la portiera, salii e dissi: “Via Cilea 43”, lui si girò e disse: “Come?” E io: “Via Cilea 43”; e lui: “Questo l’ho capito, ma che significa?” “Come che significa? È l’indirizzo dove mi dovete portare!” E lui mi fa: “Ma io devo lavorare” e io: “Neh, scusate, ma non state lavorando? Andiamo, su, che non mi sento bene.”
ANSELMO Io le dissi: “Ma allora mi avete preso per un tassista?”
IRENE Cosa ti ho appena detto, Anselmo?
ANSELMO Non so…
IRENE Mon amour, ma ti ho detto che devi stare zitto, no? Taci! Allora, dicevo, lui disse: “Ma allora mi avete preso per un tassista?” Io gli risposi: “Noò, per un cocchiere!” E lui: “Signora, io sono un infermiere diplomato, ho visto che non vi sentivate bene e mi sono fermato!” Io subito mi mortificai e gli dissi: “Veramente? Vebbè, io stavo aspettando il taxi, mò sono salita, vuol dire che mi portate voi a casa.”
ANSELMO Io le dissi che dovevo andare a Castellammare, ma lei mi guardò con gli occhi imploranti e così dissi; “Vabbè, vuol dire che mi piglio la tangenziale a via Cilea” e la accompagnai!
RITA Che gentiluomo! E poi?
IRENE Rita, fu un colpo di fulmine! Quando scesi dalla macchina gli diedi il mio biglietto da visita e gli dissi: “Chiamami, chery”.
ANSELMO E io l’ho chiamata! Sì, sì!
RITA Che bella storia… nonna, ma perché mamma lo ha cacciato? Forse lo hai invitato a pranzo senza avvisarla?
IRENE Ma che pranzo e pranzo? Tua madre è un’arpia! Tu mi devi dire che c’è di male se lo voglio far venire a vivere qua con me?
RITA A vivere qua? Ma nonna!
IRENE Sì, ma solo per un paio di settimane, tanto per conoscerci meglio.
ANSELMO Io glielo avevo detto che mi sembrava una cosa un poco difficile…
IRENE Anselmo, taci! Per Irene Passalacqua non ci sono cose difficili! Ho detto che devi stare qua e qua starai!
RITA Ma nonna, dove si mette?
IRENE In camera mia, no? Lo so, è piccola, il letto è una piazza e mezza… ma ci staremo bene lo stesso… vero, mon petit?
ANSELMO Sì, così stiamo sempre abbracciati!
RITA Ma nonna, non hai pensato a papà, a zia Stefania… a noi ragazze…
IRENE Che c’entrate voi ragazze? Stefania poi è una nullità e tuo padre non conta niente!
RICCARDO (entra dal fondo a destra) Ah, io non conto niente!
RITA Ma no, papà, la nonna stava scherzando…
IRENE Stai zitta, tu! Io scherzare? Mai stata più seria! Lo sa benissimo che non conta niente…
RICCARDO Ma che dite?
IRENE Taci! Quando mai hai contato qualcosa tu?
RICCARDO E so’ ddoje!
IRENE Vien, mon amour, allons dans ma chambre… (via a sinistra con Anselmo)
RICCARDO Ma chi è chillo?
RITA È il fidanzato della nonna.
RICCARDO Fidanzato?
RITA Sì, papà, è il fidanzato, che c’è di male? ch’è, mò una non si può fidanzare?
RICCARDO A 82 anni?
RITA E che fa? L’amore non ha età! Ma tu non puoi capirle certe cose…
RICCARDO Mò so’ pure scemo?
RITA Uffà, papà e che palle! Mamma mà! (via dalla prima a destra)
RICCARDO E chesta n’è ‘n’ata…
SCENA TERZA
(Mimmo e detto, poi Stefania, poi Ermelinda, quindi Irene ed Anselmo)
MIMMO (entra dalla comune) Buon giorno cuginetto caro!
RICCARDO (sussulta) Mimì, ‘a do’ si asciuto? Come sei entrato?
MIMMO Con la chiave, no?
RICCARDO E chi te l’ha data?
MIMMO Tu.
RICCARDO Io non mi sono mai sognato di darti la chiave, Mimì!
MIMMO Come, non ti ricordi? Un paio di settimane fa, quando venisti a casa mia, me la lasciasti perché dovevo riportarti il portatile che mi avevi lasciato, ché la sera ti serviva e non c’era nessuno a casa.
RICCARDO Sì mi ricordo, ma poi me la lasciasti nella cassetta della posta.
MIMMO Infatti, ma, strada facendo, pensai che poteva essere utile averla e me ne feci una copia.
RICCARDO Io non capisco come tu ti permetta di fare certe cose!
MIMMO Riccà, e ch’è, mò te la prendi per così poco? Pensiamo alle cose serie, piuttosto: io ti devo parlare, ho bisogno di te.
RICCARDO E quando mai no!
MIMMO Riccà, non scherzare, qua il fatto è grave, tu mi devi aiutare!
RICCARDO Sentiamo, in che altro guaio ti sei ficcato?
MIMMO No, niente… solo che mi serve… un alibi…
RICCARDO Un alibi? Neh Mimì, ch’hê cumbinato?
MIMMO Riccà, se qualcuno te lo chiede, ieri sera sono stato qua con te fino a mezzanotte a giocare a carte.
RICCARDO Tu sei pazzo! Ma si può sapere che hai fatto? Sei ricercato dalla polizia? E se quelli chiedono a mia moglie, a mia sorella… alle ragazze…
MIMMO Ma no, che hai capito? Quale polizia? Che mi hai preso per un delinquente?
RICCARDO E allora a chi dovrei dire questa fesseria?
MIMMO A Pasquale Buonanno!
RICCARDO ‘O barbiere? E che c’entri tu col barbiere?
MIMMO Niente, me vo’ fa’ ‘na passata ‘e barba…
RICCARDO Ma che stai dicendo?
MIMMO Riccà, siamo uomini no?
RICCARDO E certo… ma che c’entra?
MIMMO E allora mi puoi capire…
RICCARDO Mimì che devo capire? Parla chiaro, che guaio hai fatto?
MIMMO Non ho fatto un guaio…
RICCARDO E che cosa hai fatto?
MIMMO No che cosa, chi… ‘a figlia e don Pasquale!
RICCARDO E mi vieni a dire che non è un guaio? Quella è pure sposata, si ‘o vvene a sape’ ‘o marito…
MIMMO Il marito non mi preoccupa, il pericolo è il padre.
RICCARDO Ma che ne sa il padre?
MIMMO Riccà, ieri sera il marito di Francesca, ‘a figlia ‘e don Pasquale, era di turno al lavoro fino a mezzanotte e noi ne abbiamo approfittato per passare un po’ di tempo assieme; così sono andato a casa sua…
RICCARDO No, io l’ho detto che sei pazzo… ma come, quello il marito fa il carabiniere e tu vai con la moglie a casa sua?
MIMMO Perché, le mogli dei carabinieri non possono avere l’amante?
RICCARDO Insomma, si può sapere che è successo?
MIMMO E che è successo… quella Francesca ha un brutto difetto… capisci a me…
RICCARDO Che difetto?
MIMMO E come te lo posso far capire... lei… ecco… nel momento culminante del finale travolgente…
RICCARDO ‘mmiezo a tutta chella gente, se fumarono a Zazzà… ma che stai dicendo?
MIMMO Insomma, Riccà, quando arriva il momento… capisci a me…
RICCARDO Quando arriva il momento?
MIMMO Allucca comme ‘na pazza!
RICCARDO Overo?
MIMMO Purtroppo è fatta così; e così ieri sera, era verso le undici quando… capisci a me… e s’è misa a ‘lluccà. Il padre, che abita con lei perché è vedovo, ha sentito urlare e ha gridato: “Neh, France’, ma Salvatore nun era ‘e turno stasera?” Salvatore è il marito…
RICCARDO ‘O carabiniere...
MIMMO Eh… allora lei non sapendo cosa dire, ha urlato: “No, papà, tengo mal di pancia.” Don Pasquale allora ha risposto: “E allucche ‘e chesta manera? Tu nun m’’a cunte justa… famme vede’…” e stava venendo in camera di Francesca.
RICCARDO Uh, mamma mia! E come hai fatto?
MIMMO Fortunatamente abitano al piano ammezzato, ho raccolto le mie cose e sono scappato dalla finestra proprio mentre don Pasquale entrava nella stanza.
RICCARDO E ti ha visto?
MIMMO Di spalle, mentre saltavo, ha visto solo la mia nuca. Io sono scappato subito, ma lui si è affacciato gridando: “Che te cride ca nun t’aggio canusciuto? ‘A capa toia ‘a cunosco bona, te l’aggio fatte io ‘e capille, tu si Mimì Gargiulo… hê venì a te fa’ ‘a barba! T’aggi’’a taglia’ ‘o cuollo!”
RICCARDO E tu non ci andare più.
MIMMO Come la fai facile tu! Stamattina mi ha chiamato Francesca e mi ha detto che il padre mi sta cercando per mare e per terra; ha detto che non dice niente al marito, però deve farla pagare a me; lei ha negato che fossi io e il padre ha detto che mi ha riconosciuto dalla vertigine che ho qua dietro e ha detto che m’adda fa’ barba e capelli.
RICCARDO E certo, chillo fa ‘o barbiere.
MIMMO Riccà, per piacere, chillo è pericoloso. Prima o poi mi verrà a cercare qua, lo sa che sei mio cugino… tu mi devi salvare!
RICCARDO Mimì, chillo ha visto ‘a vertigine!
MIMMO E ch’è, mò ‘a tengo sul’io ‘a vertigine, pure tu ‘a tiene!
RICCARDO Tengo ‘a vertigine? Ma si sicuro? E si s’’a piglia cu’ me?
MIMMO Ma no, quello riconosce le teste, la tua è diversa… e poi se tu dai l’alibi a me, automaticamente stai al sicuro anche tu.
RICCARDO Ma tu vide che guaie che cumbina chisto! Ma dico io, quando ‘a miette ‘a capa a fa’ bene e te spuse, accussì ‘a fernisce ‘e j’ appriesso ‘e mugliere ‘e ll’ate?
MIMMO ‘O che? Per fare la tua fine? Guardati intorno: hai una moglie che ti tratta uno schifo, una sorella che non ti considera proprio, una suocera che ti tratta ancora peggio e quattro figlie femmine che ti considerano solo se hanno bisogno di qualcosa… Riccà, le donne sono la cosa più bella e il guaio più grosso che ha creato il Padreterno; io mi piglio la parte bella e il guaio lo lascio agli altri.
RICCARDO Ed io mi dovrei prendere anche i guai che fai tu?
STEFANIA (entra dalla seconda a destra) Che altro guaio hai fatto?
MIMMO Gué la mia cuginetta preferita!
STEFANIA Cretino, sono l’unica cugina che hai.
MIMMO Sì, ma ho anche un cugino e tra i due preferisco te!
RICCARDO Mò te spacco ‘a capa!
STEFANIA Allora? Cosa hai combinato stavolta?
MIMMO Ma niente, cuginetta bella, Riccardo scherzava: ce l’ha con me perché ieri sera abbiamo giocato a carte e ha perso.
STEFANIA Ieri sera? Perché stavi qua ieri sera? Io non ti ho visto.
MIMMO Come, no? Siamo stati nel suo studio a giocare a carte…
STEFANIA Mah, strano… molto strano… io non me ne sono accorta…
MIMMO Beh, sai, giocavamo a scopa nello studio… tu non sei entrata nello studio vero, Riccardo?
RICCARDO No, non è entrata mentre tu giocavi a scopa… con me.
STEFANIA Sarà… ma già, tu sei così maleducato, che non mi meraviglia se vieni e non ti degni di salutarmi.
MIMMO Ma che dici, cuginetta bella, io non ti ho vista in giro e non ho voluto disturbarti, però ho detto a Riccardo di salutare tutti per me, quando me ne sono andato a mezzanotte… ma come, Riccardo, ti sei scordato di salutare la mia bella cuginetta?
RICCARDO E che ci vuoi fare? Uno poi si scorda…
STEFANIA Vabbè, non importa, tanto ci sono abituata, siete due maleducati, uno peggio dell’altro…
RICCARDO Stefania, mi vuoi spiegare che c’entro io?
STEFANIA C’entri, c’entri… e se pure non c’entrassi, sarebbe comunque colpa tua, qualunque cosa accadesse.
RICCARDO Avete ascoltato il primo postulato di Stefania Gargiulo!
STEFANIA E non ti permettere di prendermi in giro! Chi c’era prima?
RICCARDO Dove?
STEFANIA Qua, in questa stanza!
RICCARDO E io che ne so?
STEFANIA Io ho sentito la voce di un uomo che non conosco! Chi era?
MIMMO Ma no, ero io, cuginetta bella!
STEFANIA E tu finiscila di chiamarmi così: non sono né piccola né bella e, solo per disgrazia, sono tua cugina. Se proprio mi vuoi chiamare, ho un nome, mi chiamo Stefania! E poi, cretino, ho detto che era una voce che non conoscevo, la tua voce, purtroppo la conosco fin troppo bene.
RICCARDO Comunque, ho capito, era il fidanzato di mia suocera…
STEFANIA Il fidanzato? E ch’è? Mò quella vecchia pazza porta pure gli uomini in casa mia? E come si permette? (a voce alta) Ermelinda, vieni subito qua!
ERMELINDA (d.d.) Che c’è?
STEFANIA (a voce alta) Ti ho detto di venire subito!
ERMELINDA (entradalla prima a destra) Che vuoi? E poi cos’è questo tono? Io non piglio ordini da te!
STEFANIA Come ti sei permessa di consentire a quella pazza di tua madre di portare un uomo in casa mia?
ERMELINDA Prima di tutto, non ti permetto di chiamare pazza mia madre! Secondo, io non le ho consentito un bel niente e terzo, questa è pure casa mia!
STEFANIA Riccardo! E tu permetti a tua moglie di parlare in questo modo a tua sorella, sangue del tuo sangue?
RICCARDO Ma che ha detto di male?
STEFANIA E già, io poi a chi mi vado a rivolgere? Al signor nullità! Comunque, fate uscire subito quell’uomo da questa casa! In questa casa non devono entrare gli uomini!
MIMMO E Riccardo?
STEFANIA Che c’entra Riccardo? Che mò Riccardo è pure uomo?
ERMELINDA Guè, non ti permettere di parlare così di mio marito! Solo io posso dire che Riccardo non è uomo!
RICCARDO E grazie tante!
MIMMO (a Riccardo) E tu me vulisse pure fa’ spusa’?
IRENE (entra da sinistra con Anselmo) Ma cosa sta succedendo? Che sono queste urla? Che figura mi fate fare col mio fidanzato?
ANSELMO Amore, non importa…
IRENE Anselmo, taci!
ERMELINDA Mamma, io te lo avevo detto!
STEFANIA Signora, lo sapete bene che in questa casa voi siete ospite! Perciò, per favore, fate andare via questo… (con spregio) signore.
IRENE Non vi preoccupate, togliamo il disturbo… (pausa d’effetto) per sempre! (con voce di pianto) Vieni, amore, prendiamo le mie povere, piccole cose e poi andiamo via, qua non ci meritano. (via a sinistra trascinando Anselmo)
STEFANIA Ah! Finalmente! (via impettita dalla prima a destra)
ERMELINDA (a Riccardo) E tu non dici niente? Ma che schifo di marito tengo? (via dalla prima a destra)
RICCARDO Ma tu capisci niente? Loro fanno e disfanno e po’ ‘a colpa è ‘a mia!
MIMMO E non è meglio essere scapoli? (suonano alla porta)
RICCARDO ‘A verità, penso proprio che hai ragione… (via dalla comune ad aprire)
SCENA QUARTA
(Pasquale e detti, poi Irene e Anselmo, quindi Angela e Agostino, poi Stefania)
PASQUALE (d.d.) Buon giorno, ‘on Riccà, vi posso disturbare cinque minuti?
MIMMO (sentendo la voce di Pasquale, si guarda intorno, poi via dal fondo a destra per nascondersi) Aàh, meglio sparire!
RICCARDO (entra dalla comune con Pasquale) Ma quale disturbo, don Pasquale, è un piacere… accomodatevi… vi faccio fare il caffè…
PASQUALE No, grazie, niente cafè, già sto nervuso abbastanza!
RICCARDO A che devo il piacere della vostra visita?
PASQUALE Niente, me truvavo a passa’ e ho pensato: “famme j’ a vede’ comme sta don Riccardo, nun ‘o veco a paricchio”… forse ve state facenno crescere ‘e capille?
RICCARDO Ma no, che dite, alla mia eta… no, sarei passato proprio in settimana a tagliarmeli… ma non credo che siate venuto solo per questo…
PASQUALE Avite ragione, volevo fare quattro chiacchiere con voi…
RICCARDO Onore e piacere…
PASQUALE ‘O piacere è tutto ‘o vuosto! ‘On Riccà, io tengo ‘na figlia!
RICCARDO Fortuna vostra, io ne tengo quattro!
PASQUALE E allora mi potete capire! Mia figlia s’è spusata cu’ ‘nu carabiniere siciliano.
RICCARDO Certo, lo sanno tutti… una brava persona…
PASQUALE Beh, comme carabinirere è ‘na brava persona, ma comme siciliano è geluso e pericoloso!
RICCARDO Scusate, don Pasquà, ma pecché me cuntate ‘sti ccose?
PASQUALE Accussì… ve l’ho detto che vulevo fa’ quattro chiacchiere, no?
RICCARDO Vabbè, facciamo le quattro chiacchiere…
PASQUALE (si guarda intorno) Ci sente nessuno?
RICCARDO No, parlate liberamente.
PASQUALE ‘On Riccà, mia figlia tiene un grande difetto…
RICCARDO Allucca…
PASQUALE No, nun è chesto… ma vuie che ne sapite?
RICCARDO Di cosa?
PASQUALE Ch’allucca!
RICCARDO Chi?
PASQUALE Mia figlia.
RICCARDO Pecché, vostra figlia allucca?
PASQUALE Lo avete detto voi!
RICCARDO Io? No… io stavo dicendo: “alluccate ca nun ve sento” e voi mi avete interrotto.
PASQUALE Ah… siete sicuro?
RICCARDO E certo… allora, stavate dicendo?
PASQUALE Mia figlia tiene un grande difetto… (si guarda intorno) è ‘nu poco… come dire… è ‘nu poco zucculella.
RICCARDO Don Pasquà, voi che dite?
PASQUALE Nun tanto, sulo ‘nu poco… ma non è colpa sua, pura ‘a bonanema ‘e mia moglie…
RICCARDO Era ‘nu poco zucculella?
PASQUALE (salta) E comme ve permettite?
RICCARDO No, scusate… come lo stavate dicendo, così sembrava…
PASQUALE Che sembrava? Io stavo dicendo che pure mia moglie diceva ca nun è colpa soia.
RICCARDO E di chi è la colpa?
PASQUALE D’’o marito.
RICCARDO ‘O carabiniere siciliano!
PASQUALE ‘On Riccà, chillo è troppo geluso… a chella povera figlia l’oppressiona!
RICCARDO L’oppressiona? La opprime…
PASQUALE Eh, primma, doppo… sempre… ‘a leva ‘o rispiro! Nun ‘a fa ascì d’’a casa, nun ‘a fa mettere vestite scullate… si ‘n’ommo appena appena ‘a guarda, subbeto se ‘nfiamma e ‘o vulesse accidere…
RICCARDO Mamma mia! Chisto è tiranno!
PASQUALE Nun ‘o ssaccio.
RICCARDO Che cosa?
PASQUALE Che sta tiranno.
RICCARDO Chi?
PASQUALE Mio genero.
RICCARDO Perché, sta tirando qualcosa?
PASQUALE No, almeno io nun ‘o ssaccio, me l’avite chiesto vuie!
RICCARDO Io?
PASQUALE Eh, ‘on Riccà, avete detto: “mamma mia, che sta tiranno?”
RICCARDO ‘On Pascà, io ho detto: “chisto è tiranno!”, vostro genero è un tiranno.
PASQUALE Ah, se dice accussì mò?
RICCARDO Si è sempre detto così.
PASQUALE Vabbè, si ‘o ddicite vuie cha avete studiato, vi credo.
RICCARDO Va buò, don Pasquale, ma io continuo a non capire perché mi raccontate i fatti di vostra figlia.
PASQUALE E ve l’aggio ditto… pe’ fa quattro chiacchiere…
RICCARDO Mò songo otto. Continuate.
PASQUALE Allora, assendosi ca ‘o marito è tiranno, come avete detto voi, ‘a guagliona, pe’ dispietto, appena può, lle mette ‘nu paro ‘e corna.
RICCARDO Appena… può? Embè, e voi che siete il padre non dite niente?
PASQUALE E comme no? Anzi, io ce l’aggio ditto pure ca si ‘a ‘ncoccio cu’ ‘n’ommo, ‘o faccio fora, primma ca ‘o marito fa fora a essa!
RICCARDO Ah, e allora?
PASQUALE (caccia di tasca un rasoio e lo apre) Allora sto cercanno a chi aggi’’a fa’ ‘a barba!
RICCARDO Embé, andate nel salone e sicuramente arriva qualcuno!
PASQUALE ‘On Riccà, nun pazziate… avite capito buono che voglio dicere… (fa segno col rasoio di tagliarsi la gola)
RICCARDO Scusate, don Pasquale, ma non capisco.
PASQUALE E allora v’’o spiego io. Ieri sera verso le undici, ce steva ‘nommo in camera di mia figlia…
RICCARDO Veramente? E voi come lo avete saputo?
PASQUALE L’aggio sentuta alluccà… lasciamo stare… io ll’aggio visto mentre se ne scappava e mò ‘o vaco truvanno…
RICCARDO Pe’ farle ‘a barba…
PASQUALE Bravo! Addò sta?
RICCARDO Chi?
PASQUALE Chillo c’ha fatto alluccà a mia figlia?
RICCARDO E ‘o vulite ‘a ccà? E chi ‘o cunosce, ‘on Pascà?
PASQUALE Voi! Lo canoscete molto bene!
RICCARDO E chi sarebbe?
PASQUALE Domenico Gargiulo,‘o frate cugino vuosto!
RICCARDO Mimmo? Ma è impossibile!
PASQUALE (minaccioso col rasoio) ‘On Riccà diciteme addò sta ‘on Mimì, ve conviene!
RICCARDO Ma che dite? Mio cugino non farebbe mai una cosa del genere… e poi, scusate, avete detto che lo avete visto alle undici ieri sera?
PASQUALE Eh, all’unnece ‘mpunto!
RICCARDO E allora non può essere mio cugino: alle undici stava qua, nel mio studio, a giocare a carte con me!
PASQUALE ‘On Riccà, nun pazziammo: io ll’aggio visto cu chist’uocchie!
RICCARDO E che vi devo dire? Si vede che chist’uocchie non hanno visto bene.
PASQUALE No, era isso! L’aggio riconosciuto d’’a vertigine che tene areto ‘a capa! Io nun me pozzo sbaglià!
RICCARDO Don Pasquale, ma allora non lo avete nemmeno visto in faccia? E come potete affermare che si trattava di mio cugino?
PASQUALE A sì? E ditemi perché è sparito e nun se trova ‘a nisciuna parte?
RICCARDO Sparito? Ma quando mai? Ieri sera abbiamo fatto tardi a giocare, si è fatta mezzanotte ed è rimasto a dormire qua… se apettate, ve lo chiamo… (chiama) Mimmo? Vieni un attimo!
MIMMO (entra dal fondo a destra) Che c’è? Oh, il nostro maestro barbiere! Don Pasquale, giusto voi! Stavo pensando di venire a farmi fare una sfoltatina ai capelli… come mai da queste parti?
PASQUALE (disorientato) Comme maie?.. niente… scusate, don Mimì, ma voi ieri sera dove stavate?
MIMMO Ieri sera? Ma stavo qui, perché?
PASQUALE (gli guarda la nuca) Eppure è ‘a stessa vertigine, nun me pozzo sbaglià!
MIMMO Scusate, don Pasquale, ma che c’entra la mia vertigine? Non vi capisco…
PASQUALE Me capisco io… vabbè, come non detto… me sarraggio sbagliato… scusate il disturbo…
RICCARDO Ma quale disturbo, don Pasquale, voi siete sempre benvenuto… è overo, Mimì?
MIMMO Sempre!
IRENE (entra da sinistra con Anselmo) Andiamo, Cucciolo, lasciamo questa casa… (vede Pasquale) Buon giorno… Riccardo, chi è questo bel signore? Non me lo presenti?
ANSELMO Ma Irene… non dobbiamo andare?
IRENE Anselmo, taci! Piacere, (porge la mano a Pasquale) Irene Passalacqua e voi?
PASQUALE Pasquale Buonanno a servirvi…
IRENE Buonanno… Buonanno… il parrucchiere?
PASQUALE No, quello è mio fratello, io sono barbiere…
IRENE Ah, siete barbiere? Interessante… e ditemi, siete sposato?
PASQUALE No, so’ virulo. Mia moglie non c’è più!
IRENE Ah, siete vedovo… poverino… e ditemi una cosa: sapete ballare?
PASQUALE Ballare? Signo’ io so’ viecchio… me metto a ballà?
IRENE Eh vecchio… quanti anni avete?
PASQUALE Settantasei!
ANSELMO Irene… dai, dobbiamo andare…
IRENE Anselmo, taci… e fammi fare… (a Pasquale) ma voi siete un ragazzino… possibile che non abbiate mai pensato di andare a ballare? Io ci vado tutti i sabato… perché qualche volta non venite con me?
PASQUALE Signo’, ma che dicite? Nun abballavo quanno ero guaglione, me metto a balla’ a’ vicchiaia?
IRENE Non sapete che vi perdete! E ditemi, siete amico di mio genero?
ANSELMO Ma… Irene…
IRENE Anselmo, taci e aspetta!
PASQUALE Veramente sono il barbiere di don Riccardo e pure… (guarda torvo Mimmo) di don Mimì… ero venuto per chiedere una cosa, ma me ne stavo andando…
IRENE Ah! Allora scendete insieme a noi, così ci conosciamo meglio… andiamo Anselmo… (a Riccardo) Signore, addio per sempre!
ANSELMO Arrivederci.
PASQUALE Vabbè, io vado… (guarda di nuovo la nuca di Mimmo) ma nun so’ convinto… vi farò sapere… (via dalla comune con Irene ed Anselmo)
MIMMO Riccà, sei stato grande!
RICCARDO Disgraziato, che mi hai fatto fare? Hai sentito che ha detto don Pasquale? Se lo sa il siciliano fa una strage!
MIMMO Quando mai… chillo è tutta vocca… vabbè, l’importante è che abbiamo risolto il problema…
RICCARDO Risolto, ma non hai sentito che non è convinto?
MIMMO Sì, vabbè, quello poi si scorda… beh, io vado, devo tranquillizzare Francesca, prima che il marito si svegli.
RICCARDO E continui? No, tu sei un caso patologico!
MIMMO Grazie, cugino mio, sei un vero amico e ricordati: delle donne bisogna prendere solo la parte migliore… i guai, lasciali agli altri! (via dalla comune)
RICCARDO Mah, forse ave ragione isso.
ANGELA (d.d.) Ciao, zio Mimmo… entra, brufolo…
AGOSTINO (entra dalla comune con Angela) Ti ho detto mille volte di non chiamarmi brufolo!
RICCARDO Buon giorno eh?
ANGELA Ciao, vecchio… (ad Agostino) e come dovrei chiamarti? Cioè, tu hai un nome talmente buzzico, che se lo avesse avuto il vecchio del mio vecchio la sua banda lo avrebbe sgrippato prima di ieri… cioè, dico, Agostino! Ma dove lo hanno pescato i tuoi vecchi? Cioè, non sei nato neppure ad agosto!
AGOSTINO Ma che ne so? Non piace neppure a me, perciò mi faccio chiamare Ago… non capisco perché ti sei fissata a chiamarmi brufolo.
ANGELA Perché è figo.
RICCARDO Neh, Angela, ma che stai dicendo? Non ho capito neanche una parola.
ANGELA Ma che vuoi capire tu? Cioè, tu sei un antropomorfo e come tale sei completamente fuori… e poi di che t’impicci?
RICCARDO Che sono?
ANGELA Un antropomorfo, cioè… qualcosa come una scimmia, va bene?
RICCARDO Neh, piccere’, veramente io sarei tuo padre…
ANGELA E allora?
RICCARDO E allora vorrei un poco di rispetto… ch’è, mò un padre non conta niente?
ANGELA Uh, papà, mò cominci con le prediche? E poi lo sai benissimo che non tu conti niente… cioè, quando mai hai contato qualche cosa tu?
RICCARDO Neh, ma vuo’ vede’ ca fosse overo?. (via dalla prima a destra)
AGOSTINO Angela, ma perché parli in questo modo strano con tuo padre?
ANGELA Devi sapere che una volta in televisione intervistarono una ragazza che parlava questo linguaggio stupido pieno di cioè e di parole strane e mio padre subito a predicare: “Che mondo! Ma dove andremo a finire con questa gioventù? Se una figlia mia parlasse in questo modo la caccerei di casa!” E robe di questo genere.
AGOSTINO E allora?
ANGELA Allora ho fatto passare un po’ di tempo ed ho cominciato a parlare così per vedere che facesse…
AGOSTINO E che ha fatto?
ANGELA Niente! Perfettamente niente!
AGOSTINO E che volevi, che ti cacciasse veramente di casa?
ANGELA No, ma almeno che dimostrasse un po’ di autorità… niente! A me in fondo fa un po’ pena… mia madre lo tratta uno schifo, mia zia… non ne parliamo proprio, la nonna, poi, è la tipica suocera, per non parlare delle mie sorelle… insomma lo fanno tutte una schifezza!
AGOSTINO E, visto che ti fa pena, tu ci metti il resto…
ANGELA Ma io scherzo, lui lo sa che gli voglio bene…
AGOSTINO Mah, io non credo…
ANGELA Che gli voglia bene?
AGOSTINO No, che lui sia contento di come lo tratti.
ANGELA Ma dai… in fondo che gli ho detto di male?
AGOSTINO Niente… solo che è una nullità…
STEFANIA (entra dalla prima a destra) Ah, state voi qua! Se ne sono andati?
ANGELA Ciao, zia Stefy… chi?
STEFANIA Tua nonna e il suo… fidanzato e non chiamarmi con quel nomignolo ridicolo, mi chiamo Stefania!
AGOSTINO Fidanzato? Tua nonna ha il fidanzato? E chi è Matusalemme?
ANGELA Seh, tu non la conosci: a 82 anni riesce a mettersi con i cinquantenni… no, non l’ho vista, zia, qua non c’è.
STEFANIA Speriamo se ne sia andata per sempre!
ANGELA Ma zia, perché dici così? Che ti ha fatto di male?
STEFANIA Niente, mi è antipatica! E poi fa la padrona in casa mia!
ANGELA Zia, non è che sei un po’ invidiosa di lei?
STEFANIA invidiosa? Io? E per cosa poi?
ANGELA Perché trova sempre fidanzati e tu non ne hai mai trovato nessuno.
STEFANIA Screanzata! A me gli uomini non interessano! E comunque sappi che, se volessi un uomo, lo avrei subito ai miei piedi.
ANGELA Sì, quando vai a comprare le scarpe!
STEFANIA Sei una piccola serpe! Tutta tua madre!
ANGELA E tu una zitella acida e petulante! (le caccia la lingua)
STEFANIA Ora te la faccio pagare… (chiama) Riccardo… Riccardo, vieni subito qui, corri… immediatamente!
RICCARDO (entra dalla prima a destra) Che è successo?
STEFANIA È successo che tua figlia è una maleducata come sua madre!
RICCARDO Perché, che ha fatto?
STEFANIA Ha osato dire che sono una zitella acida e petulante!
RICCARDO E allora?
STEFANIA Come allora? Ma ti rendi conto di che figlia hai fatto? Tu devi immediatamente prendere provvedimenti!
RICCARDO Io? Prendere provvedimenti? E come faccio? Io non conto niente… neh, ma quando mai ho contato qualcosa io? (via dalla prima a destra)
STEFANIA (lo segue) Riccardo! Dove vai? Io sono tua sorella e devi portarmi rispetto, hai capito? Riccardo… (via dalla prima a destra)
ANGELA (ride, poi a voce alta) Papà, sei un grande!
AGOSTINO Ma perché la tratti così?
ANGELA Perché mi diverto a farla inviperire…
AGOSTINO Certo che sei proprio una piccola strega eh?
ANGELA Ma dai, è così divertente…
AGOSTINO Bel modo di divertirsi…
ANGELA Dai, scemo, andiamo a studiare ché domani c’è il compito di matematica… (via dalla prima a destra, con Agostino, mentre bussano alla porta)
SCENA QUINTA
(Riccardo, Salvatore,Carmine e Raffaele, poi Ermelinda, poi Irene e Pasquale, quindi Mimmo e Francesca)
RICCARDO (entra dalla prima a destra, mentre suonano insistentemente) Non potevi scomodarti ad aprire eh?Sto venendo! (via dalla comune, d.d.) Desiderate?
SALVATORE (entra dalla comune con Riccardo, Rosario e Carmelo; perentorio, con leggero accento siciliano) Dove sta?
RICCARDO Chi?
SALVATORE Quello che fece gridare la mia signora, siete voi?
RICCARDO Io? Ma chi vi conosce?
CARMINE (minaccioso) Guè, rispetta ’o brigadiere, hê capito?
RAFFAELE (minaccioso) Si no t’ha vide cu’ nuie!
RICCARDO Ma io… io non vi conosco… cosa volete?
CARMINE Gué, cca ‘e ddomande ‘e facimmo nuie…. hê capito?
RAFFAELE Rispunne, si tu?
RICCARDO Ma io non so nemmeno di che state parlando…
SALVATORE Ragione ha… calma picciotti… io sono Salvatore Capurro, il marito di Francesca Buonanno, la figlia del barbiere.
RICCARDO Riccardo Gargiulo, piacere… e questi signori?
CARMINE Io so’ Carmeniello capatosta…
RAFFAELE E io so’ Rafele ‘o temperino…
SALVATORE Sono due miei informatori e mi sono molto fedeli, perché sanno che, se sgarrano, mi ricordo di essermi scordato di arrestarli per una certa faccenda… e a loro non conviene…
CARMINE No, brigadiè, nun ve preoccupate, nuie ve vulimmo bene.
RAFFAELE E comme no? Vui site ‘nu frato pe’ nuie.
RICCARDO Sì, va bene, ho capito, ma che volete da me?
SALVATORE Niente, se non siete quello che credo; se invece siete lui, allora voglio che restiate una mezz’ora in compagnia di questi bravi picciotti e basta.
RICCARDO Neh, ma scusate, chi dovrei essere secondo voi?
SALVATORE Quello che fece gridare la mia signora!
RICCARDO Ma chi la conosce la vostra signora?
SALVATORE E allora ditemi dove sta?
RICCARDO Chi?
CARMINE Ah, ma allora site tuosto?
RAFFAELE Chillo c’ha fatto alluccà ‘a signora!
RICCARDO E io che ne saccio?
SALVATORE Sentite, amico, poco fa qua venne mio suocero.
RICCARDO E allora?
SALVATORE Perché venne?
RICCARDO Perché è il mio barbiere ed è venuto a farmi visita, non vedo a voi che ve ne importa!
CARMINE Lle ‘mporta, lle ‘mporta…
RAFFAELE Lle ‘mporta! Allora?
RICCARDO Niente… don Pasquale è venuto qua perché… perché voleva parlare con mia suocera.
SALVATORE Con vostra suocera? E che voleva?
RICCARDO E io che ne so? Se ne sono andati insieme. Ma non capisco che c’entra Don Pasquale con uno che ha messo paura a vostra moglie.
SALVATORE Messo paura? Messo qualche altra cosa vorrete dire…
RICCARDO Scusate, voi avete detto che l’ha fatta gridare…
SALVATORE E ch’è si grida solo per paura mò?
RICCARDO Mah, non lo so… ma voi che ne sapete?
SALVATORE Me lo riferirono!
RICCARDO E vi avranno riferito male, che vi devo dire?
SALVATORE Neh, capatosta, ma sei sicuro di quello che mi riferisti?
CARMINE E comme no? L’ho sentuto con queste recchie a don Pasquale: “Ah, si ‘o piglio! ‘Stu fetentone! Llaggi’‘a fa’ allucca’ io a isso, accussì ‘a fernisce ‘e fa allucca’ a figliema!”
RAFFAELE Eh, l’aggio sentuto pur’io ‘o ddiceva mentre traseva ‘int’ a ‘stu palazzo, allora l’avimmo seguito e a’mmo visto che traseva ccà!
CARMINE E siccomme nuie simmo ‘e rrecchie e ll’uocchie d’’o bbrigadiere qui presente…
RAFFAELE Subbeto simmo jute a’ casa soia e ce l’avimmo ditto!
SALVATORE Avete sentito? Mio suocero qua lo stava cercando, quindi lo conosce.
RICCARDO Scusate, ma perché non parlate con vostro suocero, prima di trarre delle conclusioni affrettate? Che ne sapete cosa intendeva quando parlava di vostra moglie che gridava?
SALVATORE Lo so cosa intendeva, bene lo so!
CARMINE E ‘o ssapimmo pure nuie!
RAFFAELE ‘O ssanno tutte quante!
RICCARDO E io nun ‘o saccio! Scusate ma pecchè allucca ‘a mugliera vosta?
SALVATORE Dovete sapere che mia moglie… neh, ma a voi che ve ne importa?
RICCARDO Niente, ma visto che lo sanno tutti… era per capire…
SALVATORE Che capire? Voi niente dovete capire!
RICCARDO Comunque, brigadiere, io non so niente di tutta questa storia, qua non ci sta nessun uomo oltre a me; in questa casa ci sono solo donne e ne sono pure troppe!
SALVATORE E allora mio suocero perché ci venne?
RICCARDO Ve l’ho detto, per venire a prendere mia suocera, poi dei fatti loro; io non ne so niente!
SALVATORE E va bene… allora, per il momento, scusate se vi abbiamo disturbato; indagherò, approfondirò la faccenda e poi vedremo… statevi bene!
CARMINE Stateve accorto!
RAFFAELE Stateve attiento! (in coro con CARMINE) Stateve buono!
SALVATORE ‘Amuninni, picciotti! (via dalla comune con Carmine e Raffaele)
RICCARDO Arrivederci… e scusate il disturbo!.. Quel disgraziato! Tu guarda in che guaio mi ha messo!
ERMELINDA (entra dalla prima a destra) Chi ti ha messo nei guai?
RICCARDO Non sono affari tuoi!
ERMELINDA (minacciosa) Comme comme? Guarda che tu a me non ti puoi rivolgere in questo modo, mi hai preso per tua sorella?
RICCARDO No, peggio!
ERMELINDA Riccardo! Non osare sfidarmi! Lo sai che non ti conviene!
RICCARDO Lo so, lo so… niente, quel disgraziato di Mimì, si mette nei guai con le donne sposate e i mariti se la prendono con me.
ERMELINDA E ti pareva che non c’entrava uno della tua famiglia! Io l’ho sempre detto, siete una famiglia di pazzi! Ma che c’entri tu con i mariti delle amanti di tuo cugino?
RICCARDO Niente, che vuoi che c’entri? Lo hanno visto entrare qua e pensavano che abitasse qua.
ERMELINDA Senti, Riccardo, guarda come te lo dico calma, (con ira) se viene ancora qualcuno in questa casa per cercare tuo cugino, caccio lui e a te a calci nel sedere, capito?
RICCARDO Sì, cara, certo cara…
ERMELINDA Già è tanto che sono costretta a sorbirmi la presenza di quella pazza di tua sorella, mò ci mancano pure i mariti di tuo cugino… che non si ripeta più! (via dalla prima a destra)
RICCARDO I mariti di mio cugino? Mah… (via dal fondo a destra)
(la scena resta vuota per qualche secondo, poi si odono voci dall’ingresso)
IRENE (entra dalla comune, con Pasquale) Entra dai, bel barbierone…
PASQUALE Ma site sicura? Avevate detto che qua non ci tornavate…
IRENE Mais oui, chery, ma quelle sono cose che si dicono… dai, andiamo a parlare in camera mia.
PASQUALE Ma che tenimmo ‘a ce dicere?
IRENE Senti, io ho fatto tanto per liberarmi di Anselmo, l’ho mandato a casa a cambiarsi d’abito, con la scusa che mi sembrava troppo vecchio in giacca e cravatta, per essere libera di stare con te e mò non ti puoi tirare indietro, dai, andiamo a parlare…
PASQUALE Ma che ce avimm’ ‘a dicere, noi non ci accanosciamo nemmeno…
IRENE E per questo dobbiamo parlare, per conoscerci di più…
PASQUALE Si, ma perché ci dobbiamo accanoscere di più?
IRENE Perché, non ti farebbe forse piacere conoscermi in senso… biblico?
PASQUALE Ma io che ne saccio d’’a bibbia? Io nun vaco ‘int’ a’ ‘na cchiesa ‘a quanno è morta muglierema…
IRENE Ah, ma allora non capisci proprio niente? In senso biblico, significa… (con voce roca) intimamente!
PASQUALE Ma io nun capisco ‘sti ccose che dicite, io so’ ‘gnurante, faccio ‘o barbiere…
IRENE E te lo spiego io… dai, andiamo a divertirci in camera mia…
PASQUALE Ce cuntammo ‘e barzellette?
IRENE Ah, ma sei uomo, o no? Hai fatto o no una figlia?
PASQUALE E certo che l’aggio fatta…
IRENE E come l’hai fatta?
PASQUALE Ah… pecchè vuie… ah, mò aggio capito!
IRENE Ah, finalmente ci sei arrivato! Andiamo vieni…
PASQUALE Ma io so’ virulo ‘a sette anne, nun me ricordo cchiù comme se fa…
IRENE Ma che dici? Quello è come andare in bicicletta: una volta imparato non si scorda più!
PASQUALE Ma io nun saccio j’ ‘ncoppa ‘a bicicletta…
IRENE E te lo insegno io… muoviti… (via a sinistra, con Pasquale)
(la scena resta vuota per qualche secondo, poi si odono voci dall’ingresso)
MIMMO (d.d.) Aspetta vedo se c’è qualcuno. (fa capolino dalla comune, poi sempre d.d.) Non c’e nessuno, entra.
FRANCESCA (entra dalla comune, con Mimmo) Ma sei certo che qui siamo al sicuro?
MIMMO Stai tranquilla, mio cugino già mi ha coperto con tuo padre, se dovesse vederci, non farebbe storie.
FRANCESCA Ma io ho paura… mio marito stava dormendo quando sono venuti due tipacci a chiamarlo ed è uscito di casa come un pazzo!
MIMMO Beh, si vede che era qualche cosa urgente di lavoro, lo sai come succede, no? I carabinieri sono sempre in servizio…
FRANCESCA Non lo so… prima di uscire mi ha guardata come se avesse voluto incenerirmi… Domenico, io credo che sospetti qualcosa.
MIMMO Ma no, dai, cosa vuoi che sospetti? Lo hai sempre detto che è convinto che tu sia una moglie fedelissima.
FRANCESCA Lo so, ma sai, la gente non si fa mai i fatti suoi… non vorrei che quei due sapessero qualcosa e glielo avessero detto.
MIMMO E che potevano sapere? Noi siamo sempre stati attenti, nessuno ci ha visto insieme… anche ora, che siamo venuti qui, abbiamo camminato su due marciapiedi diversi e tu sei entrata nel palazzo quando non ti vedeva nessuno…
FRANCESCA Sì, però stanotte ti ha visto mio padre… e se lo avesse detto a qualcuno? Magari a quei due…
MIMMO E ch’è, tuo padre va a dire i fatti della figlia agli estranei? Dai stai tranquilla, andrà tutto bene… su vieni, ce ne andiamo nella camera della suocera di mio cugino, là stiamo tranquilli, la vecchia se ne è andata, ha detto “addio per sempre”. (sta per aprire la porta a sinistra, quando Francesca lo blocca)
FRANCESCA No, aspetta, ho paura… chi c’è in casa?
MIMMO Non lo so, dovrebbero esserci mio cugino, la moglie e la sorella… le ragazze a quest’ora stanno sempre fuori casa…
FRANCESCA E se dovesse entrare qualcuno, che so, la moglie di tuo cugino… quella è la camera della madre, potrebbe cercare qualcosa…
MIMMO E noi ci chiudiamo dentro, dai vieni su. (sta per aprire la porta a sinistra, quando Francesca lo blocca)
FRANCESCA Ma siamo sicuri che non ci sentano?
MIMMO Stai tranquilla, questa è casa antica, sono tutti muri maestri, non si sente niente da una stanza all’altra…
FRANCESCA (vezzosa) Anche se uno urla?
MIMMO Non ti preoccupare, quando è il momento ti metto un cuscino in faccia, ho imparato la lezione.
FRANCESCA Ma sei pazzo, mi vuoi soffocare?
MIMMO No, sulo ‘o mumento che allucche… dai vieni… (sta per aprire la porta a sinistra, quando Francesca lo blocca)
FRANCESCA Aspetta… non sono tranquilla… e se mio marito torna a casa e non mi trova?
MIMMO Aaah… se non ti trova a casa, quando ti chiede dov’eri, dici che sei andata da una amica…
FRANCESCA E se non ci crede? No, non me la sento, è meglio che torni a casa…
MIMMO Ma insomma, ieri sera, sul più bello è arrivato tuo padre, oggi dovevamo andare in albergo, mentre tuo marito dormiva, e hai avuto paura che qualcuno ti vedesse; siamo venuti qua con tutte le cautele possibili e ti fai venire le paure… ma insomma ti vuoi decidere?
FRANCESCA Hai ragione, perdonami, andiamo… (lo prende per mano e lo trascina verso la porta a sinistra; sta per aprire, quando dalla camera si ode un urlo)
PASQUALE (d.d.) Aaaaaaaaaaaaah… mamma miaaaaa!
FRANCESCA Papà?
MIMMO ‘O barbiere? E che ci fa qua?
FRANCESCA (agitata) Hai visto?, Avevo ragione ad aver paura… starà qui per aspettare te perché ti ha riconosciuto.
MIMMO Ma no te l’ho detto che mio cugino mi ha coperto… e poi perché ha gridato?
FRANCESCA E che ne so?.. aspetta… nooo, non è possibile… e con chi poi?
MIMMO Ma che stai dicendo?
FRANCESCA Tu sai che quando io… insomma in quel momento… sai che urlo…
MIMMO E come no? E allora?
FRANCESCA È una cosa che ho ereditato da mio padre!
MIMMO Overo? Quindi… secondo te… tuo padre, là dentro, sta… e con chi?
IRENE (d.d.) Hai visto che non te l’eri scordato, barbierone mio?
MIMMO ‘A vecchia? Cose da pazzi!
FRANCESCA No, io me ne torno a casa, se esce mio padre e mi trova qua ammazza tutti e due. Ci vediamo appena possibile, ciao…
MIMMO Ma, Francesca…
FRANCESCA Ciao! (via dalla comune)
SCENA SESTA
(Riccardo e detto, poi Pasquale e Irene, poi Lidia, Carmine e Raffaele, quindi Milena)
RICCARDO (entra dal fondo a destra) Ma chi è che strilla così? Mimmo? Stai di nuovo qua? Che altro ti manca?
MIMMO No, niente… ero venuto a ringraziarti…
RICCARDO Ma chi strillava?
MIMMO Don Pasquale!
RICCARDO ‘O barbirere? Sta ‘n’ata vota ccà? E dove sta?
MIMMO In camera di tua suocera.
RICCARDO E che ci fa? Mia suocera se n’è andata col fidanzato…
MIMMO È quello che credevo anche io, invece sta in camera sua a… giocare a scopa col barbiere.
RICCARDO A giocare a… overo? Ma sei sicuro?
MIMMO Ha alluccato!
RICCARDO Pecchè… pur’isso…
MIMMO Pare che sia una cosa ereditaria.
RICCARDO Cose da pazzi! No, non è possibile… io non ci posso credere… (va bussre alla porta a sinistra) C’è qualcuno?
IRENE (d.d.) Ci sono io, perché, cosa vuoi?
RICCARDO Ma non ve ne eravate andata? Avevate detto “addio per sempre”…
IRENE (d.d.) Sono tornata a prendere delle mie cose… e poi non sono affari tuoi se voglio andarmene o restare, va bene?
RICCARDO Avete ragione, tanto questa è solo casa mia; ma ho sentito una voce venire dalla vostra camera, chi ci sta con voi?
IRENE (d.d.) Nessuno!
RICCARDO E allora chi ha gridato?
IRENE (d.d.) Aaaah!Non sono fatti che ti riguardano, in camera mia porto chi mi pare, va bene?
MIMMO Don Pasquale, lo avete trovato l’uomo della vertigine?
PASQUALE (d.d.) No, ma si ‘o trovo…
IRENE (d.d.) Imbecille, ti vuoi stare zitto?
MIMMO Don Pasquale, se fossi in voi me ne scapperei dalla finestra!
PASQUALE (entra da sinistra, abbottonando i pantaloni, seguito da Irene) Ma qua’ fenesta, ccà stammo o’ quarto piano! E poi la signora qua è verula, nun tene nisciunu marito, pecché me n’avess’’a fuj’?
IRENE Appunto, sono padrona di fare quello che voglio, non è vero Pasqua?
PASQUALE Certo, a Pasqua, a Natale, sempre!
MIMMO Però, don Pasquale, alla vostra età, dovreste moderarvi, il cuore potrebbe non reggere.
PASQUALE ‘On Mimì, vuie penzate o’ core vuosto, ca ‘o mio sta buono!
IRENE E come, se sta bene!
RICCARDO Don Pasquale, io vi devo parlare.
PASQUALE E parlate.
RICCARDO Poco fa ho ricevuto una visita poco gradita.
PASQUALE ‘On Mimì?
MIMMO E ch’è io sarei poco gradito?
PASQUALE (gli guarda la nuca) Nun ‘o ssaccio…
RICCARDO No, don Pasquà, è venuto vostro genero con due scagnozzi.
PASQUALE Mio genero? E che vuleva ‘a vuie?
RICCARDO Ha detto che i due… signori che lo accompagnavano, vi hanno sentito parlare da solo di vostra figlia che gridava e di chi l’aveva fatta gridare, mentre entravate in casa mia.
PASQUALE Uh mannaggia ‘a vocca mia! E mò comme se fa? Chillo è siciliano!
RICCARDO Voleva sapere perché eravate venuto da me e gli ho detto che eravate venuto a trovare mia suocera e non sapevo altro.
PASQUALE E ce ha creduto?
RICCARDO Mah! Ha detto che avrebbe indagato e approfondito la faccenda; penso vi stia cercando per chiedere a voi.
IRENE Scusate, ma di che state parlando?
RICCARDO Niente che vi riguardi!
IRENE Taci, tu, ché non conti niente!
PASQUALE E mò che lle dico?
RICCARDO Inventatevi qualcosa…
MIMMO Fate così: ditegli che vostra figlia si è lamentata con voi di quello del piano di sopra, che la notte sente la televisione a tutto volume e non la fa dormire e lei è costretta a gridare per farlo smettere.
PASQUALE Guè, allora site overamente vuie ‘o fetentone! Io ‘o ssapevo, nun me sbagliavo ‘a canosco troppo buono ‘a vertigena vosta!
MIMMO Un’altra volta con la vertigine? Ma siete fissato!
PASQUALE E comme facite a sape’ ca figliema se lamenta ‘e chillu disgraziato ‘d’’o piano ‘e coppa?
MIMMO Io, e che ne so io? Era una scusa che ho inventato proprio ora… tanto capita spesso di avere qualcuno che fa casino al piano di sopra…
PASQUALE E vabbè, diciamo che l’avite ‘nventata mò… (gli guarda la nuca) ma vuie nun m’’a cuntate justa…
RICCARDO A me sembra una buona soluzione.
PASQUALE Eh, mò faccio accussì… è meglio che me ne vaco, va a fernì ca vene a’ puteca e nun me trova… (a Irene) Signo’ grazie d’’e chiacchiere…
IRENE Ma come, mi chiami signora? Io mi chiamo Irene!
PASQUALE Avite ragione, ma io nun ‘o ssapevo…
MIMMO Don Pasqua’, non sapete neppure il nome e alluccate ‘e chella manera?
PASQUALE E a vuie che ve ne ‘mporta? Io allucco quanno me pare e piace va buono?
RICCARDO Deve essere un’abitudine della vostra famiglia.
PASQUALE Nun so’ fatte vuoste… mò me n’aggi’’a j’… ciao, Irena… ci vediamo…
IRENE (gli da un biglietto) Il mio cell… ringami…
PASQUALE Ch’aggi’’a fa?
IRENE Aah, questo è il numero del mio cellulare, telefonami!
PASQUALE E parla comme t’ha fatto mammeta… mò vaco, arrivederci… (guarda la nuca di Mimmo) Eppure… vabbè, statevi bene! (via dalla comune)
IRENE Che uomo! (via a sinistra)
RICCARDO Ma tu vide ‘sta vecchia che se fida ‘e fa’!
MIMMO Certo che alla sua età si dà da fare eh?
RICCARDO Chella ce atterra a tutte quante nuie…
MIMMO Ma veramente è venuto il marito di Francesca qua?
RICCARDO Non mi ci fare pensare, disgraziato, che sto tremmanno ancora!
MIMMO Eh tremare! Quello parla solo, si veste di autorità perché è brigadiere dei carabinieri, ma, appena la moglie alza un po la voce, se la fa sotto. Da lui proprio non devi temere niente.
RICCARDO E infatti non temo da lui, ma dai suoi “bravi”!
MIMMO Bravi? E chi sei, don Abbondio?
RICCARDO Tu scherzi, ma quello si è portato appresso due delinquenti e ti assicuro che sono molto pericolosi!
MIMMO Ma chi, forse Carmine capatosta e Rafele ‘o temperino?
RICCARDO Ah, li conosci pure tu?
MIMMO Sì, sono due guappetti da quattro soldi.
RICCARDO Mimì, quelli sono dei malviventi, mi hanno continuamente minacciato.
MIMMO Sì, ma è tutta scena; alla fine sono due fessacchiotti…
RICCARDO Fessacchiotti o no, io me so’ miso paura… e tutto per colpa tua…
MIMMO Ma dai, su, non ti preoccupare, ché quei due non li vedrai mai più… (si odono delle voci dal fondo)
LIDIA (d.d.) Di qua, ragazzi, entrate… (entra dalla comune con in mano una boccia con pesce rosso insieme a Carmine e Raffaele che portano dei grossi pacchi) Ecco, poggiate qua a terra…
CARMINE (poggia il pacco a terra) Mamma mia e quanto pesa!
RAFFAELE (poggia il pacco a terra) E chisto manco è fesso…
LIDIA (porge la boccia a Riccardo) Papà, ti presento Andrea… tieni!
RICCARDO Andrea… e che ne devo fare?
LIDIA Uffa, papà e quanto sei mollo, lo devi reggere mentre io regalo qualcosa a questi bravi giovani… (gli lascia la boccia fra le mani)
CARMINE No, signurì, non c’è bisogno, tanto noi stiamo qua per lavoro!
RAFFAELE Sì, nui stammo ccà pecchè ce ha mannato ‘o brigadiere.
RICCARDO Il brigadiere?
LIDIA Si, stavano entrando nel palazzo mentre scendevo dal taxi e gli ho chiesto di aiutarmi…
RICCARDO E perché Il brigadiere vi ha mandato a… lavorare in casa mia?
CARMINE Pecché simme jute a’ casa soia e la sua signora non ci stava…
RAFFAELE Allora isso è gghiuto a’ puteca ‘e don Pascale e ce ha mannato a nuie ccà pe’ vede’ si ce steva ‘a mugliera…
CARMINE Addò sta?
RICCARDO Chi?
RAFFAELE ‘A mugliera d’’o brigadiere.
RICCARDO E io che ne saccio?
LIDIA Scusa, papà, ma che state dicendo?
MIMMO No niente, una cosa senza importanza… ragazzi andate a dire al brigadiere che qua non ci sta nessuno…
CARMINE E già e nuie ce credimmo!
RAFFAELE Ce ha pigliate pe’ fesse!
CARMINE Noi dobbiamo perquisitare la casa!
RAFFAELE Si no nun ce ne putimmo j’!
RICCARDO Ma che state dicendo, uscite di casa mia immediatamente!
CARMINE (minaccioso) Si no che faje?
RAFFAELE (minaccioso, tira fuori un piccolo temperino e lo sventola in faccia a Riccardo) Eh, che faje?
RICCARDO Che faccio? (indica la boccia col pesce rosso) Vi piglio a pesci in faccia!
LIDIA Non ti permettere di fare del male ad Andrea, se no te la vedi con me! (a Carmine, porgendogli delle monete) Sentite, vi ringrazio dell’aiuto, ma ora, per favore andate, ché abbiamo da fare!
CARMINE (imbarazzato) Ma… signurì… ‘o brigadiere…
RAFFAELE Che lle dicimmo o’ brigadiere?
LIDIA Ditegli che non avete trovato nessuno e ve ne siete andati, tanto qua non c’è nessuna signora…
IRENE (entra da sinistra) come, nessuna signora? E io che sono?
LIDIA Nonna, ma che c’entri tu? Io intendevo la moglie del brigadiere…
MIMMO La figlia del barbiere…
IRENE Ah, la figlia del mio Pasqua… e che è signora quella?
CARMINE E comme ve permettite?
RAFFAELE Si ve sente ‘o brigadiere, ve lascia ‘na mez’ora cu’ nuie …
IRENE (li guarda con interesse) Beh, ne possiamo parlare…
LIDIA Nonna, ma che dici?
MILENA (entra dalla comune) Ma chi sono questi due? (vede il pesce rosso in mano a Riccardo) Uh! Che bello, un pesce rosso!
RICCARDO Ti presento Andrea!
LIDIA (a Carmine e Raffaele) Ragazzi allora andate, su… grazie e arrivederci…
CARMINE (a Raffaele) Allora ce ne jammo?
RAFFAELE E ghiammuncenno!
CARMINE (a Riccardo) Stateve accorto!
RAFFAELE Stateve attiento! (in coro con Carmine) Stateve bbuone! (via dalla comune)
IRENE Però… interessanti…
LIDIA Nonna!
RICCARDO (a Lidia) Ma come ti sei permessa di portare quei delinquenti qua sopra?
LIDIA Papà, io tenevo tutti questi libri da portare su, li ho visti entrare ed ho approfittato… e poi io porto chi mi pare e piace in casa mia.
RICCARDO Ma il capo di casa sono io!
LIDIA Tu? Papà, non dire sciocchezze, tu non conti niente!
RICCARDO Ma come ti permetti?
LIDIA Neh, papà, ma quando mai hai contato qualcosa?
RICCARDO Noò, allora è proprio overo!
ANSELMO (entra dalla comune; indossa pantaloni rossi e un vistoso maglione rosso) Permesso, c’era la porta aperta e sono entrato… posso? Ah, stai qua, mia dolce Irene, eccomi, (piroetta) ti piaccio?
IRENE (ironica) Bellissimo!
MILENA (guarda il pesce e poi Anselmo) Tale e quale a Andrea!
(dopo due secondi, buio; parte la musica e si chiude il sipario)
FINE PRIMO ATTO
ATTO SECONDO
Stessa scena del primo atto. È il pomeriggio dello stesso giorno; in scena Riccardo, seduto al tavolo, parla al pesce rosso nella boccia che è al centro del tavolo
SCENA PRIMA
(Riccardo ed Ermelinda, poi Stefania, poi Milena, poi Mimmo e Anselmo,quindi Irene e Pasquale)
RICCARDO Caro il mio Andrea… meno male che ci sei tu! Con sette femmine intorno a me, unico maschio, mi sentivo impazzire, mò invece siamo in due a sopportarle… lo so che sei un pesce ed è come se non ci fossi, ma vedi, amico mio, la sola idea che in casa ci sia un altro maschio, mi fa stare meglio…
ERMELINDA (è entrata dalla prima a destra, mentre Riccardo parlava, ed è rimasta ad ascoltarlo a braccia conserte) Riccà, tu non stai bene!
RICCARDO (sussulta) Ch’è?.. Che hai detto?
ERMELINDA No, scusa, ma, secondo te, uno che parla con un pesce rosso è normale?
RICCARDO Ma mica io parlo col pesce, sono solo delle riflessioni che facevo ad alta voce… e poi, comunque, sappi che ormai in questa casa ci sono due maschi!
ERMELINDA A sì? Uno è il pesce, l’altro dove sta?
RICCARDO Spiritosa!
ERMELINDA Mò ci mancava solo il pesce rosso in questa casa! Tua figlia, con la scusa che studia per fare la veterinaria, ogni tanto si presenta con una bestia…
RICCARDO E che fa? Mò non dirmi che ti dà fastidio pure un pesce rosso! Lei poi porta gli animali per studiarli.
ERMELINDA E non le bastano tutti i libri che tiene? Mò ne ha portati altri due scatoloni pieni e stanno ancora qua terra… voglio proprio vedere dove se li mette.
RICCARDO Gué, ma a te dà fastidio proprio tutto!
ERMELINDA Mi dà fastidio il disordine! In casa mia deve regnare l’ordine e la pulizia!
STEFANIA (entra dalla seconda a destra) Allora se ne dovrebbe andare qualcuno…
ERMELINDA Gué, scopettina, a chi ti riferisci?
STEFANIA Riccardo, hai sentito? Mi ha chiamata scopettina! E tu non dici niente?
RICCARDO Stefà, è una vita che ti chiama così e mò te ne sei accorta?
STEFANIA E già, io poi mi vado a rivolgere ad un mollusco manipolato da questa strega!
ERMELINDA Gùè, ma stammatina vulisse abbuscà?
STEFANIA E già, la signora sa rispondere solo con le mani! Io sono una gentildonna e non mi abbasso al tuo livello per cui non osare mettermi le mani addosso!
ERMELINDA Ah, sì? E ch’è, ora le zitelle acide si chiamano gentildonne? Scopettina!
STEFANIA Zandraglia!
ERMELINDA Vipera!
STEFANIA Strega!
ERMELINDA Papera!
STEFANIA Vaiassa!
RICCARDO Guèèèè la volete smettere?
STEFANIA (in coro con Ermelinda) Statte zitto tu ca nun cunte niente!
RICCARDO Ah, finalmente le ho messe d’accordo!
STEFANIA Vabbè, lasciamo perdere, tanto non serve a niente. (via impettita dalla prima a destra)
ERMELINDA Se n’è andata la principessa!
IRENE (entra da sinistra) Ermelinda, hai visto per caso la mia crema per il viso? Non riesco a trovarla… (vede Riccardo) ah, ci stai pure tu…
RICCARDO Scusate tanto se mi permetto di stare a casa mia…
ERMELINDA Mammà, che ne so? L’avrai lasciata ieri in bagno…
IRENE Ah, sì? Non ricordo… beh, vado a vedere… (a Riccardo) tu esci?
RICCARDO No sto qua.
IRENE Che peccato… (via dalla prima a destra)
RICCARDO Quanto mi vuole bene mia suocera!
ERMELINDA Certo che ti vuole bene, se no come farebbe a sopportarti?
RICCARDO Ah, mò è lei che sopporta me?
ERMELINDA Riccà, qua tutti siamo costretti a sopportarti, tu si ‘nu guaio ‘e notte, non te ne accorgi? (via dalla prima a destra)
RICCARDO (siede al tavolo e guarda il pesce rosso) Hai sentito, Andrea? Mò sono un guaio di notte… e che ci vuoi fare? Meno male che posso sfogarmi un poco con te, che sei maschio e mi puoi comprendere… (prende il mangime e lo butta nella boccia) Tié, te lo meriti...
MILENA (entra dalla comune) Fermo, papà, che combini?
RICCARDO Niente, sto dando da mangiare ad Andrea…
MILENA E come ti permetti? Lo vuoi far morire?
RICCARDO Perché, i pesci muoiono se mangiano?
MILENA Aaah… non hai sentito cosa ha detto Lidia?
RICCARDO No, che ha detto?
MILENA Ha detto che nessuno doveva dar da mangiare al pesce perché se no si ingozza e muore.
RICCARDO Allora deve morire di fame?
MILENA Ma che dici? Glielo dà lei a dosi misurate… quando sentirà che gli hai dato da mangiare, ti faccio vedere che farà la pazza… sempre che nel frattempo Andrea non muore.
RICCARDO Eh, muore… per un po’ di mangime… e poi come lo può venire a sapere Lidia?
MILENA Ma glielo dico io, no?
RICCARDO Neh, scusa, ma perché devi fare la spia?
MILENA Perché deve sapere che il pesce ha mangiato, così non glielo dà anche lei…
RICCARDO E accussì, pur’essa me fa una schifezza…
MILENA Papà, mica è colpa mia se tu fai sempre guai!
RICCARDO E già, io faccio sempre guai…
MILENA Appunto! Cerca di stare più attento… se proprio ti piace dar da mangiare ai pesci, costruisciti un acquario su facebook così, quando vedi che i pesci muoiono, ti rendi conto dei guai che fai e forse impari a non farli più… forse… eppure hai una certa età, dovresti capire da solo certe cose… ah, come si deve fare con questi vecchi… (via dalla prima a destra)
RICCARDO No, è assurdo, non è possibile… André, ma tu hai sentito? Pure ‘na muccusella mi mette a posto! Già, hai ragione: è femmina e la femmina non ha età…
MIMMO (entra dalla comune) Riccà, ma ti senti bene?
RICCARDO Puozze jetta’ ‘o bbeleno! ‘A do’ si asciuto?
MIMMO Ho aperto con la chiave, no? Piuttosto, che combini, parli col pesce rosso?
RICCARDO Ma insomma, devo dare conto a tutti quanti se voglio parlare con un pesce? Sì, parlo col pesce rosso, va bene? Almeno lui mi lascia parlare senza farmi una schifezza, come fanno tutti in questa casa… e poi è maschio ed io ho bisogno di solidarietà maschile, va bene?
MIMMO Ma se è per questo, ci sono io! E che ci stanno a fare i fratelli allora?
RICCARDO Tanto per cominciare, non sei mio fratello, ma mio cugino; e poi tu sei un tipo poco raccomandabile e ogni volta che ti avvicini a
me, mi porti guai!
MIMMO Ma quali guai? Il barbiere? Quello ha perso la testa per tua suocera e si è scordato completamente di me.
RICCARDO E intanto ‘o brigadiere e i suoi picciotti mi stanno ancora addosso.
MIMMO Ma no, stai tranquillo è storia vecchia ormai… mò ho bisogno del tuo aiuto…
RICCARDO A no, non ricominciare, già mi hai procurato troppi guai, vattene, non ti far vedere più, vade retro!
MIMMO Eh… e che sono il diavolo? Non ti preoccupare, nessun guaio, il tuo aiuto non mi serve per me, ma per un’altra persona.
RICCARDO E chi sarebbe?
MIMMO (va alla comune e chiama) Vieni, entra…
ANSELMO (entra dalla comune) Posso? Non è che disturbo?
RICCARDO E che v’’o ddico a fa’?
MIMMO Riccà, il nostro povero Anselmo ha bisogno del nostro aiuto!
RICCARDO Nostro eh? Ma per che cosa?
MIMMO Tu devi parlare con tua moglie.
RICCARDO Io? Con mia moglie? E che le dovrei dire?
MIMMO Le devi dire di parlare con la madre.
RICCARDO E che dovrei dire a mia moglie di dire alla madre?
MIMMO Niente… solo che la deve smettere di illudere questo povero ragazzo, per poi fare la smorfiosa con gli altri.
ANSELMO Sì, sì, quella stamattina mi voleva far venire a stare qua con lei e adesso non mi risponde nemmeno al cellulare.
RICCARDO E secondo te, mia moglie darebbe ascolto a me e sua madre a lei? Mimì, ma te siente buono?
MIMMO ‘Na bellezza! Il fatto è che il nostro amico Anselmo, mi ha promesso 200 euro se metto una buona parola per lui ed io la sto mettendo.
RICCARDO Ah, tu la stai mettendo… cioè, fammi capire, io dovrei mettermi in ridicolo con mia moglie, chiedendole di fare la ruffiana, e tu ti metti 200 euro in tasca?
MIMMO Esattamente!
ANSELMO Vi prego, signor Gargiulo, aiutatemi, io la desidero troppo!
RICCARDO ‘A vecchia?
ANSELMO Sì, (alza gli occhi al cielo) quanto è bella!
RICCARDO No, chisto è ‘nu manicomio!
MIMMO Ma dai, cosa ti costa? Fai un’opera di bene… non ti dico di parlare tu con tua suocera, perché sappiamo la considerazione che ha di te, però, può darsi che tua moglie, una volta tanto, ti dia ascolto…
RICCARDO Un’opera di bene a te? Manco si m’accidono!
ANSELMO Fatelo per me allora, li do a voi i 200 euro.
MIMMO O che? Amico, se tu stai qua adesso lo devi a me, perciò i soldi devi darli a me.
ANSELMO Vabbè, li do a tutti e due, ma vi prego aiutatemi, io non ce la faccio più, la voglio!
RICCARDO Sentite, io dei vostri soldi non so che farmene, mò mi avete rotto le scatole, per favore andatevene tutti e due e lasciatemi in pace! (via dal fondo a destra)
MIMMO E tu saresti un cugino? Tu sei la schifezza dei parenti!
ANSELMO E mo come facciamo?
MIMMO Non ti preoccupare, me la vedo io, tu vattene ora, nel frattempo cerco di convincerlo io a parlare con la moglie… però poi dai tutti e 400 euro a me.
ANSELMO Qualunque cifra, pur di avere Irene!
MIMMO Bravo! Ma ora vattene, ti chiamo io appena so qualcosa.
ANSELMO Mi raccomando, io la voglio! Quanto è bella, quanto è bella… (via dalla comune)
MIMMO No, è pazzo, non si spiega altrimenti… comunque, basta che mi dà i soldi, può fare quello che vuole… Vediamo di convincere qel disgraziato… (via dal fondo a destra) Riccà, ti chiedo scusa, hai ragione…
IRENE (fa capolino, poi entra dalla prima a destra) Finalmente se n’è andato… (via dalla comune; d.d.) Scendi… dai, vieni, puoi entrare, non c’è nessuno.
PASQUALE (d.d.) Finalmente, è mez’ora ca sto mmiezo ‘e scale o’ piano ’e coppa…
IRENE (d.d.) Poverino… su, su, entra, cucciolo…
PASQUALE (entra dalla comune con Irene) E che so’ ‘nu cane?
IRENE Ma no, che dici? È solo un nomignolo …
PASQUALE Che ce azzecca ‘o mignolo, mò?
IRENE Ah… ma non capisci proprio? Cucciolo è un vezzeggiativo!
PASQUALE A sì? E che fa?
IRENE Chi?
PASQUALE ‘Stu cucciolo, hê ditto che fa ‘o cazzeggiativo… che vo’ dicere?
IRENE Vabbè, lasciamo stare… continuerò a chiamarti Pasqua…
PASQUALE Tu chiamami ogni volta che hai bisogno… a Pasca, a Natale, sempe! Mò ca m’hê fatto ricurdà chelli ccose, mi si è riscetato... (guarda in basso)
IRENE L’istinto?
PASQUALE Mò se chiamma accussì? Comunque s’è scetato e nun ‘o pozzo tené a freno!
IRENE Ma Pasqua, non parlare così, mi fai arrossire… andiamo in camera mia, vieni, mon petit choux…
PASQUALE Chi?
IRENE Chi cosa?
PASQUALE Chi è asciuto? Tu hê ditto ca uno era asciuto, ma nun aggio capito ‘o nomme.
IRENE Oh, oh, oh… ma caro, c’est francais, è francese…
PASQUALE Chillo ch’è asciuto? E a nuie che ce ne ‘mporta ca ‘o francese è asciuto?
IRENE Ma no, cosa hai capito? Io ti ho chiamato mon petit choux, è un vezzeggiativo francese e significa mio piccolo cavolo.
PASQUALE E ch’è, mò songo ‘nu cavulisciore? Iré, io nun te capisco proprio, siente a me, invece ‘e parlà, nun è meglio che facimmo ‘n’ata cosa?
IRENE Sì, andiamo, maschione mio… sei così rozzo, per questo mi piaci… vieni, mio cacciatore, sarò la tua preda.
PASQUALE Mò accummience cu’ ‘e pprete? Jammo, ja’… (via a sinistra, con Irene che lo prende per mano e lo trascina con sé; suonano imperiosamente alla porta)
SCENA SECONDA
(Riccardo e Mimmo, Salvatore, Carmine e Raffaele, poi Stefania, Ermelinda, Pasquale e Irene)
RICCARDO (entra dal fondo a destra con Mimmo ed esce dalla comune, mentre continuano a suonare) Eh! Sto venendo… un attimo! (d.d.) Si può sapere chi è?
SALVATORE (d.d.) Aprite, carabinieri!
MIMMO Ahah! Meglio non fare brutti incontri! (via dal fondo a destra)
RICCARDO (d.d.) Ah, siete voi… accomodatevi… (entra dalla comune con Salvatore, Carmine e Raffaele) Che c’è di così urgente?
SALVATORE Dove sta?
RICCARDO Che vi manca adesso?
SALVATORE Facciamo poco gli spiritosi! Dove sta mia moglie?
RICCARDO E io che ne so?
SALVATORE Ah, non lo sapete?
RICCARDO No!
CARMINE Ah, nun ’o ssapite?
RICCARDO No!
RAFFAELE Uh, avite sentuto? Nun ‘o ssape… (tira fuori il temperino e lo punta al ventre di Riccardo) E vedimmo si mò ‘o ssaje!.. ‘O ssaje?
RICCARDO No!
RAFFAELE Nun ‘o ssape!
CARMINE Uh, mannaggia ‘e cane ‘e canciello! Ma allora te vuo’ proprio fa’ male?
RAFFAELE Uh, mannaggia ‘o suricillo e pezza ‘nfosa! Ma allora t’aggio ‘a pognere!
RICCARDO Ma che pognere? Fatte ‘a llà… neh, ma scusate, ma perché cercate qua vostra moglie?
SALVATORE Perché qua è!
RICCARDO Ma chi ve lo ha detto? Qua non c’è mai venuta! Chi la conosce a vostra moglie?
SALVATORE Da casa sparì e qua dentro fu vista entrare!
CARMINE Qua fu vista!
RAFFAELE Proprio qua!
RICCARDO Ma non dite sciocchezze! Chi l’avrebbe vista entrare qua poi?
SALVATORE Indagini accurate fecero i picciotti!
CARMINE Avimmo fatto vede’ a fotografia d’’a signora a don Peppe ‘o guardaporta!
RAFFAELE Ha ditto ca stammatina l’ha vista ‘e trasì e nun è asciuta cchiù!
SALVATORE Quindi qua deve stare!
RICCARDO Don Peppe il portiere? E come avete fatto a trovarlo? Io, in dieci anni che abito qua, lo avrò visto nella guardiola tre o quattro volte… e poi vi fidate di lui? Chillo è pure ‘nzallanuto… figuartevi che una volta non voleva far entrare mia moglie nel palazzo perché diceva che non l’aveva mai vista e non poteva abitare qua.
SALVATORE I portieri tutto sanno!
CARMINE Basta cu’ ‘e chiacchiere! Addò l’avite misa?
RAFFAELE Cacciatela fora!
RICCARDO Ma che cosa?
CARMINE Rafè, penzo proprio che l’hê ‘a pognere!
RAFFAELE (punta di nuovo il temperino) Onore e piacere!
SALVATORE Calma, picciotti, calma! Carabiniere sono! Ora il signor Gargiulo ci fa visitare la sua abitazione e così vediamo se c’è o non c’è!
RICCARDO Io non vi faccio visitare un bel niente, anzi, sapete che c’è di nuovo? Mi avete proprio scocciato, perciò vi prego di uscire da casa mia… e se volete ritornare, procuratevi un mandato del giudice, signor brigadiere!
SALVATORE Pazzo siete?
CARMINE Uh, mamma mia, chisto è pazzo!
RAFFAELE Cheste so’ ccose ‘e pazze!
SALVATORE Picciotti, mantenetelo! (Mentre Carmine e Raffaele tengono fermo Riccardo, apre la porta a destra) Vediamo se sta qua!
RICCARDO Ma che fate, quella è la camera di mia sorella…
STEFANIA (entra dalla prima a destra) Che fate nella camera mia? Riccardo, come puoi permettere che questo individuo entri in camera di tua sorella? (aggredisce Salvatore a pugni) Come vi permettete? Uscite subito!
SALVATORE Signora, per favore smettetela…
STEFANIA Signorina, prego… (continua a picchiarlo)
SALVATORE Picciotti aiutatemi!
RICCARDO Lasciatemi, disgraziati!
ERMELINDA (entra dalla prima a destra) Ma che sta succedendo? (si scaglia su Carmine e Raffaele e li prende a pugni) Fermi! Lasciate stare mio marito! Solo io ‘o pozzo vattere!
PASQUALE (d.d. urla) Aaaaaaaaaaah! Mamma miaaaaaa!
SALVATORE Mio suocero?
IRENE (d.d.) Non gridare così, amore!
RICCARDO Mia suocera?
STEFANIA Che schifo!
SALVATORE (si libera da Stefania e corre alla porta a sinistra ma è chiusa a chiave) Papà, che ci fate qua dentro? Uscite!
PASQUALE (d.d.) Salvatore?! Tu, che ce fai ccà!
SALVATORE Papà, Francesca è scomparsa da casa, sono venuto cercarla.
PASQUALE (d.d.) E ‘a vaje truvanno ‘a ccà ‘ncoppa?
SALVATORE Papà, qua fu vista entrare e non fu vista uscire!
PASQUALE Ma quanno maje? (entra da sinistra abbottonando i pantaloni, seguito da Irene che si ricompone) Vide che sarrà juta a fa ‘a spesa…
CARMINE No, ‘o guardaporta l’ha vista ‘e trasì ccà stammatina.
RAFFAELE E nun è asciuta cchiù.
SALVATORE Sentito avete? Qua deve stare.
ERMELINDA Ma non dite sciocchezze, qua non c’è nessuno che non sia della famiglia.
RICCARDO Ve l’ho detto che il portiere è rimbambito.
IRENE Ma insomma, in questa casa non c’è più un po’ di privacy? Non basta la presenza di certa gente (guarda Stefania con disprezzo) pure gli estranei ci mancano.
STEFANIA Non faccio commenti, perché non siete neppure degna di attenzione… io esco. (si avvia alla comune, poi si volta) ‘Sta vecchia zezzosa! Tene pure ‘a dicere… Sciù p’’a faccia toja! (via dalla comune)
IRENE (a voce alta) Quella è tutta invidia, perché nessuno ti odora!
SALVATORE Va bene, credere vi voglio… per il momento, ce ne andiamo, ma, se non la troviamo, qua torneremo! Papà voi venite a casa?
PASQUALE Vengo a casa? Sì, sì, mò vengo a casa… no., no, è tardi devo aprire il salone… Irena, ti ringhio nella cella… statevi bene. (via dalla comune)
SALVATORE Amuninni, picciotti.
IRENE No, loro possono restare.
ERMELINDA Mamma!
CARMINE Stateve accorta eh!
RAFFAELE Stateve attiento eh! (in coro con CARMINE) Stateve buono! (via dalla comune con Carmine e Sarvatore)
IRENE Però, come sono simpatici i due zoticoni…
ERMELINDA So’ simpatici eh? Mammà, penso proprio cha abbia ragione Stefania… (via dalla prima a destra)
IRENE Mò non fare la puritana… vuoi dire che non sono simpatici? (via con Ermelinda)
MIMMO (entra dal fondo a destra) Se ne sono andati, finalmente! Io devo scappare, ché ho un appuntamento; allora ci parli con tua moglie?
RICCARDO Disgraziato, ancora insisti, dopo quello che mi hai combinato? Cose da pazzi! Ma tu vedi se io devo passare questo guaio per colpa tua!
MIMMO Ma dai, quale guaio, sono sciocchezze…
RICCARDO Mimì, se non te ne vai entro dieci secondi, faccio un cuginicidio volontario…
MIMMO Eh, non esagerare…
RICCARDO Dieci… nove…
MIMMO Allora vado… torno più tardi…
RICCARDO (gli si avvicina minaccioso) sette… sei…
MIMMO Va bene, calma, me ne vado… me ne vado… e parla con Ermelinda! (via dalla comune)
RICCARDO Vattenne! Ah, finalmente se n’è andato! Tutte a me capitano: non basta avere sette femmine in casa, pure quel maledetto ci voleva… ma che male avrò mai fatto mai? (al pesce rosso) Tu lo capisci, Andrea? No eh? Certe cose non le capisci nemmeno tu… (prende il mangime, sta per versarlo nella boccia, poi si ferma e lo posa; fa per andare verso il fondo, poi si guarda intorno e dà il mangime al pesce) Sta’ tranquillo, Andrea, non lascio morire di fame l’unico maschio che mi fa compagnia. (via dal fondo a destra)
SCENA TERZA
(Agostino e Angela, poi Riccardo, quindi Ermelinda)
AGOSTINO (entra dal fondo con Angela) Ma sei sicura che acconsentirà?
ANGELA Il problema non è lui, è mia madre; però, se anche mia madre si convincesse a darmi il permesso, i soldi li dovrebbe comunque cacciare mio padre.
AGOSTINO E allora ti conviene prima cercare di convincere tua madre, altrimenti non serve a niente avere i soldi.
ANGELA Sì, come la fai facile… per convincere mia madre, devo dimostrarle che papà non mi dà il permesso, così lei per contraddirlo me lo dà, però devo anche farle vedere che ho i soldi.
AGOSTINO E chi te li dà i soldi?
ANGELA Mio padre.
AGOSTINO Scusa, ma se tuo padre non ti dà il permesso, come fai a fargli scucire i soldi?
ANGELA Allora è finita che la donna ne sa una più del diavolo? Mò ti faccio vedere io come si fa..
AGOSTINO Mamma mia e come siete complicati!
ANGELA Aspetta ora lo chiamo… (bussa alla porta in fondo a destra) Papà… papà, ci sei? Puoi venire un attimo, per favore?
RICCARDO (entra dal fondo a destra) E cosa è questo miracolo? Mia figlia che dice “per favore?”
ANGELA Dai, papà, non scherzare, è una cosa seria…
RICCARDO E poi parla pure come un essere umano! Non è possibile, Forse sto sognando!
ANGELA Su, papà, ascoltami, ho bisogno urgente del tuo aiuto.
RICCARDO Ah, ora capisco! Ci doveva essere un motivo!
ANGELA Papà, mi servono duecento euro!
RICCARDO Che hai detto? Duecento euro? Ma sei impazzita? E che ne devi fare?
ANGELA Ecco, lo sapevo, subito deve sapere che ne devo fare… ma che te ne importa? È tua figlia che te li chiede, mica un estraneo!
AGOSTINO Vedete, signor Gargiulo, anche i miei me li hanno dati senza chiedere a che mi servivano.
RICCARDO E si vede che i tuoi navigano nell’oro e se ne fregano di come spendi i loro soldi, qui invece, i soldi ce li sudiamo e quindi dobbiamo sapere che fine fanno.
ANGELA Uffa, che palle, ora cominci con la solita solfa sul valore del denaro, sul sudore della fronte, sui sacrifici per crescere i figli… papà, sei proprio palloso! E quando ti svegli? Ringiovanisci un poco, in fondo hai solo 55 anni, sei un uomo pieno di risorse, hai ancora un fisico prestante…
RICCARDO Aspè, ferma; questa che sarebbe, l’incensata adulatoria di convincimento allo sborso? Guarda che con me non attacca.
AGOSTINO Ma no, signor Gargiulo, vostra figlia ha ragione, voi siete ancora giovane…
RICCARDO Embè, chi è ancora giovane deve cacciare i soldi?
ANGELA Papà, allora, me li dai o no?
RICCARDO No!
ANGELA È la tua ultima parola?
RICCARDO L’ultimissima!
AGOSTINO Ma, signor Gargiulo, pensateci un po’ sopra…
RICCARDO L’ultimissima!
ANGELA E poi ti lamenti che i figli non ti rispettano! È così che vuoi guadagnarti il rispetto?
RICCARDO Perché, il rispetto costa duecento euro adesso?
ANGELA No, il rispetto non si compra, si guadagna… è il silenzio che costa duecento euro!
RICCARDO Il silenzio?
ANGELA Certo! Per duecento euro posso dimenticare di aver sentito che tu davi un falso alibi a zio Mimmo e non riferirlo a mamma.
RICCARDO Cosa? Ma lo sai che questo si chiama ricatto?
ANGELA Noò, si chiama baratto, tu dai duecento euro a me ed io faccio un favore a te.
RICCARDO Ma insomma, si può sapere che devi fare con duecento euro?
ANGELA Se me li dai, te lo dico.
RICCARDO E dimmelo.
ANGELA Prima i soldi, please…
RICCARDO E va bene, ma solo per comprare il tuo silenzio… tieni, sporca ricattatrice (prende i soldi da una tasca e glieli dà) ora mi devi dire cosa ne devi fare.
ANGELA Ago, diglielo tu.
AGOSTINO Abbiamo organizzato un week end a Ischia con tutti gli amici e, andando tutti insieme, ci viene a costare duecento euro a persona.
RICCARDO Cosa? Voi siete pazzi! E già, mò una ragazzina di sedici anni la facciamo andare a dormire fuori casa con gli amici. Scordatelo!
ANGELA E dai, papà, che male c’è?
RICCARDO Non se ne parla nemmeno, scordatelo!
ANGELA A sì? (chiama) Mamma, mamma, puoi venire un attimo?
RICCARDO Disgraziata, che fai? Io ho pagato il tuo silenzio.
ANGELA Non ti preoccupare, io rispetto i patti.
ERMELINDA (entra dalla prima a destra) Che c’è perché urli così?
ANGELA Perché papà è un tiranno!
RICCARDO Ma che dici?
ERMELINDA Zitto, farla parlare! (ad Angela) Che ti ha fatto?
ANGELA Mamma, tuo marito dice che sono una ragazzina, capisci? A sedici anni suonati, sarei una ragazzina!
ERMELINDA E quello tuo padre vive in un altro mondo… (a Riccardo) ma ti rendi conto che oggi i ragazzi sono emancipati? Che ti credi che sono frollocchi come eri tu a sedici anni? (ad Angela) E poi perché vorrebbe fare il tiranno?
ANGELA Mamma, noi del gruppo abbiamo deciso di andare a fare il week end a Ischia tutti insieme e questo tiranno, appena io, da brava figlia, rispettosa e bene educata, gli ho chiesto il permesso, mi ha detto: (imitando Riccardo) “E già, mò una ragazzina di sedici anni la facciamo andare a dormire fuori casa con gli amici. Scordatelo!” hai capito, mamma? (a Riccardo) Tiranno!
ERMELINDA (un po’ impacciata) Beh… figlia mia, io non dico certo che tuo padre abbia ragione…
RICCARDO Nun sia maje!
ERMELINDA Però, devi comprendere che non possiamo permettercelo, chissà quanto viene a costare…
ANGELA Ah, mamma, se è per questo, non c’è problema, io ho i miei risparmi e poi, andando tutti insieme viene a costare solo duecento euro a persona.
ERMELINDA E tu… li hai i duecento euro?
ANGELA Certo, se no non te lo dicevo nemmeno, lo so che non possiamo permettercelo… allora, mamma, posso andare?
ERMELINDA E che ti devo dire… se tuo padre…
RICCARDO Suo padre non le dà il permesso!
ERMELINDA E fammi parlare… stavo dicendo, se tuo padre non ti dà il permesso… non ce ne frega niente, tanto lui non conta! Va e divertiti, figlia mia!
RICCARDO Ermelinda, ma sei pazza? Io sono il padre, non conto?
ERMELINDA Uh, Riccà, e dicimmo sempe ‘e stesse cose? Ma quanno maje hê cuntato coccosa tu? (via dalla prima a destra)
RICCARDO Siete due arpie, tu e tua figlia! (via dal fondo a destra)
AGOSTINO Angela, sei mostruosamente grande! Ma come hai fatto a congegnare una cosa così imbrogliata? Li hai manipolati come due marionette.
ANGELA Modestamente, conosco i miei polli, mia madre fa sempre il contrario di quello che dice mio padre.
AGOSTINO Sì, ma tu sei stata capace pure di farti dare i soldi… sei troppo grande.
ANGELA Sì, effettivamente hai ragione, sono proprio grande…
AGOSTINO Corriamo a dare la bella notizia agli amici, dai!
ANGELA Sì, così ci organizziamo pure, andiamo, Brufolo.
AGOSTINO E non chiamarmi Brufolo, per favore… (via con Angela dalla comune)
ANGELA (d.d.) Ciao, zio Mimmo.
MIMMO (d.d.) Ciao, Angela
SCENA QUARTA
(Mimmo e Vanessa, poi Rita, quindi Ermelinda ed Irene)
MIMMO (entra dalla comune e va ad aprire la porta della seconda a destra, guarda dentro e la richiude; poi fa lo stesso con la porta a sinistra, quindi esce dalla comune; d.d.) Scendi, dai, non c’è nessuno…
VANESSA (d.d.) Sei sicuro che non venga nessuno?
MIMMO (entra dalla comune con Vanessa) Sta tranquilla, ce ne andiamo nella camera di mia cugina che è uscita, là nessuno si permette mai di entrare, se no fa la pazza.
VANESSA Sì, ma io non mi sento tranquilla, non sono abituata a queste cose, prima di te, non ho mai tradito mio marito.
MIMMO Sì, lo so, ma non puoi fare sempre la santa, mentre lui non ti guarda neppure più; una bella donna come te ha bisogno di un vero uomo, non di un imbecille!
VANESSA Fosse solo imbecille! Mimì, quello è impotente.
MIMMO Impotente? Scusa, non mi avevi detto che ti tradiva?
VANESSA Sì te l’ho detto, ma quello che non ti ho detto è che da un po’ di tempo in qua è diventato gerontofilo.
MIMMO Gerontofilo?
VANESSA Sì, prova attrazione sessuale solo per le vecchie, con le giovani è impotente e così cerca le vecchie vedove per fare i fatti suoi.
MIMMO Allora di che ti preoccupi, mica puoi aspettare di diventare vecchia…
VANESSA E se ci scopre? Che ne so io quello come reagisce…
MIMMO E come fa a scoprirci?
VANESSA Non lo so, ma ho paura.
MIMMO Scusa, ma lui non sa che sei a Salerno da tua madre?
VANESSA Sì, gli ho detto che stavo via un mese intero perché mia madre è caduta e si è rotto il femore e deve stare immobile per un mese. Però non ce la facevo più senza vederti e stamattina le ho detto che dovevo venire a Napoli per una cosa urgente. Ma mò me ne sono quasi pentita, ho paura…
MIMMO Vabbè, Vané, tu dici sempre che hai paura, però quando viene il momento la paura ti passa e come!
VANESSA Che c’entra, in quei momenti non comanda più la mente, ma il corpo.
MIMMO E che comandante che è!
RITA (entra dalla comune) Guè zio Mimmo, stai qua? Come stai?
MIMMO (sussulta) Ehm… Rita, ciao, sto bene, grazie, e tu?
RITA Mai stata meglio… e chi è questa bella signora?
MIMMO Questa… signora… è…
VANESSA Vanessa Pecora, piacere… sono una vecchia amica di vostro zio, ci siamo incontrati per caso qui giù e mentre parlavamo, mi è venuto un capogiro, così Mimmo ha insistito per farmi salire qua a bere un bicchiere d’acqua…
MIMMO Sì, eravamo appena saliti, anzi stavo cercando qualcuno…
RITA E ci sono io, no? E falla accomodare sul divano, non vedi come è pallida… prego, signora, ora ci penso io a voi…
VANESSA No, grazie, non vi scomodate, sto già meglio, me ne posso anche andare…
RITA Non scherziamo proprio! Ora vi vado a prendere un po’ d’acqua e vi faccio pure un bel caffè, mettetevi comoda… zio diglielo pure tu…
MIMMO Ma sta bene, penso che possa andare…
RITA Voi uomini non capite niente. Non vi muovete di qua, vengo subito. (via dalla prima a destra)
VANESSA Questo è perché non c’era nessuno eh? Mi sai dire come la mettiamo ora?
MIMMO E stiamo al gioco, non possiamo fare altro… purtroppo…
VANESSA Io lo sapevo che andava a finire così.
MIMMO È solo colpa tua, te lo avevo detto che era meglio andare in albergo.
VANESSA E già, mò andavo in albergo! Mi hai preso per una prostituta?
MIMMO Ma che dici? Era un albergo signorile e discreto e poiché non sapevi i turni di tuo marito e non potevamo andare a casa tua come le altre volte, mi sembrava una soluzione accettabile.
VANESSA Io in albergo non ci vado! Non potevamo andare a casa tua?
MIMMO Te l’ho detto che a quest’ora a casa mia non è possibile, viene la signora delle pulizie, tu hai pure fretta di tornare a Salerno e non potevamo perdere tempo, per questo ti avevo portato qui.
VANESSA (agitata) Io lo sapevo che non dovevo… era meglio che restavo a Salerno con mia madre… ma chi me lo ha fatto fare ?
MIMMO Il piacere di stare con me, no? Dai che non ti puoi lamentare…
VANESSA Ora ho altro per la testa, lasciami in pace!
MIMMO Ma non ti preoccupare, mò ti prendi il caffè e ce ne andiamo, ormai qua non possiamo fare più niente.
VANESSA Né qua, né altrove, ora mi devi solo portare alla stazione e me ne torno da mia madre.
MIMMO E io lo sapevo che andavo in bianco.
VANESSA Stai zitto, che ti sentono.
RITA (entra dalla prima a destra con vassoio col caffè, seguita da Ermelinda ed Irene) Ecco qua, bevete prima lentamente l’acqua e poi prendete il caffè… quanto zucchero?
VANESSA Tre cucchiaini, grazie, mi piace amaro. (beve l’acqua)
ERMELINDA Mimmo, ma non mi potevi chiamare? Come state signora?
VANESSA Ora sto meglio, grazie; è stato solo un capogiro…
ERMELINDA Bene, mi fa piacere… oh, che maleducata, non mi sono nemmeno presentata… Ermelinda Passalacqua, piacere… e questa è mia madre Irene… (le porge la mano)
VANESSA Vanessa Pecora, piacere mio…
IRENE (le porge la mano) Piacere… avete detto Pecora?
VANESSA Sì, perché?
IRENE No, niente, mi sembrava di aver già sentito questo cognome…
VANESSA Sì, può darsi, siamo parecchi i Pecora…
MIMMO Sì, il gregge è grande…
ERMELINDA Che spiritoso, si vede proprio che sei parente a mio marito…
VANESSA Perché, vostro marito è spiritoso?
ERMELINDA No, è cretino.
RITA (porge il caffè a Vanessa) Ecco, tre cucchiaini, vedete se è buono…
VANESSA (assaggia il caffè) Insomma, ancora un poco amaro, ma è buono, grazie.
RITA Sì, il caffè che fa mamma è ottimo.
IRENE Non come la ciofeca che fa tuo padre.
RITA Vabbè, nonna già è tanto che ci prova…
ERMELINDA E così la signora è una tua vecchia amica… non ne avevi mai parlato…
MIMMO Beh, era tanto che non ci vedevamo…
VANESSA Sì, abitavamo nello stesso palazzo quando ero bambina e, dopo tanti anni, ci siamo incontrati per caso qua giù e io l’ho riconosciuto; poi, mentre parlavamo, mi è venuto un capogiro.
ERMELINDA Sarà stata l’emozione di rivedere il vecchio amico.
MIMMO Spiritosa.
RITA Ma vi capita spesso di avere questi capogiri?
VANESSA Sì, ho la pressione bassa.
IRENE Io invece la tengo alta e ogni tanto mi vengono i calori alla testa.
ERMELINDA Mammà, lascia stare… li conosciamo i tuoi calori…
VANESSA Beh, adesso sto meglio, grazie… è meglio cha vada. (si alza, ma incespica, perde l’equilibrio e ricade a sedere involontariamente)
RITA Ma che andare? Non vedete che state ancora male?
VANESSA No, non è niente…
ERMELINDA No, non possiamo lasciarvi andare, anzi venite vi faccio stendere un poco sul letto e vi misuro la pressione.
IRENE Uh, che esagerazione… per un poco di pressione bassa…
MIMMO Ha ragione la signora Irene, non credo sia il caso, l’accompagno io a casa…
ERMELINDA Stai zitto tu! La signora sta in casa mia e non posso permettere che se ne vada, se non sono sicura che stia bene. Rita dammi una mano.
RITA Sì… forza alzatevi piano che vi reggiamo noi. (lei ed Ermelinda prendono per le braccia Vanessa, la sollevano e la portano via dalla prima a destra)
VANESSA Ma io sto bene, posso andare…
ERMELINDA State tranquilla, siete in buone mani, venite, su. (via)
VANESSA E grazie… (guarda torva Mimmo e via)
SCENA QUINTA
(Francesca e detto, poi Riccardo, quindi Irene ed Anselmo)
MIMMO Guè, ma oggi non me ne va bene una! (bussano alla porta; va ad aprire; via dalla comune, poi d.d.) E che ci fai tu qua?
FRANCESCA (d.d. agitata) Non riuscivo a trovarti, hai il cellulare spento… così ho provato a vedere se stessi qua… fammi entrare, presto, chiudi la porta!
MIMMO (entra dalla comune con Francesca) Ma che è successo?
FRANCESCA Mio marito!
MIMMO Che ha fatto?
FRANCESCA Niente, mi sta cercando per ammazzarmi.
MIMMO Ma che dici?
FRANCESCA Ho incontrato Marcella, quella mia amica… mi ha detto che Salvatore le ha telefonato per saper se stavo da lei; lei gli ha detto di no e lui le ha detto che se mi avesse vista o sentita, doveva riferirmi che mi stava cercando e dirmi di tornare subito a casa, altrimenti me la faceva pagare cara e amara!
MIMMO Ma no, stai tranquilla, tuo marito è stato qua e tuo padre l’ha convinto che eri andata a fare la spesa.
FRANCESCA Qua? E che è venuto a fare qua?
MIMMO Quei due cretini che si porta appresso, gli hanno detto che il portiere ti ha vista entrare qua e non ti ha vista più uscire.
FRANCESCA Ma come è possibile? Io sono stata attenta e quando sono entrata e uscita non c’era nessuno nella guardiola.
MIMMO Può darsi che, quando sei entrata, fosse in strada e ti abbia vista; comunque mio cugino gli ha detto che non ci si può fidare del portiere perché è rimbambito,
FRANCESCA Mamma mia, che guaio! Ma hai detto che mio padre lo ha convinto… che c’entra mio padre?
MIMMO Tuo padre stava di nuovo qua a… urlare un’altra volta con la suocera di mio cugino.
FRANCESCA Un’altra volta? Ma che è un mandrillo?
MIMMO No, è tuo padre…
FRANCESCA Dai, non scherzare ora, sto preoccupata, che devo fare? Ho paura di tornare a casa ed affrontarlo.
MIMMO Tu devi prenderlo di petto, come se fosse lui il colpevole; fallo sentire inferiore e vedrai che chiederà lui scusa a te.
FRANCESCA Forse hai ragione… in fondo è un fessacchiotto.
RICCARDO (entra dal fondo a destra) Chi era alla porta? Ah, tu stai di nuovo qua? E la signora?
MIMMO La signora è una amica, stava per andare via…
RICCARDO Sempre il solito maleducato… signora, scusatelo… io sono Riccardo Gargiulo, piacere… (le porge la mano)
FRANCESCA (gli stringe la mano calorosamente) Francesca Buonanno, piacere…
RICCARDO (ritrae la mano come se avesse preso la scossa) ‘A figlia d’’o barbiere?
FRANCESCA Ah, conoscete papà?
RICCARDO Sì, lo conosco… mi scusate un attimo? Devo dire due parole a mio cugino…
FRANCESCA Ma certo, prego…
RICCARDO (prende da parte Mimmo) Disgraziato, ma tu mi vuoi vedere morto?
MIMMO Ma che dici? Perché?
RICCARDO Come perché? Ma come, quello mò è stato qui il marito a minacciare, lui e i suoi scagnozzi, e tu mi porti la moglie in casa?
MIMMO A parte il fatto che non l’ho portata io ed è venuta lei da sola, ma poi di che ti preoccupi, ormai se ne sono andati, no?
RICCARDO Animale, se ne sono andati… e se tornano e la trovano qua?
MIMMO Non tornano, stai tranquillo.
RICCARDO (a Francesca) Signora, scusatemi se sono maleducato, ma dovreste andarvene immediatamente, è pericoloso per voi e per me, se restate in questa casa.
MIMMO Ma che dici? Che pericolo vuoi che ci sia? Chi vuoi che venga qui? (suonano alla porta)
FRANCESCA Mio marito! Come facciamo, quello mi ammazza, ammazza tutti… aiutatemi, vi prego!
RICCARDO Disgraziato! Hai visto? Entrate tutti e due qua dentro e chiudete a chiave, con la speranza che non sfondi la porta. (li spinge nella camera di Stefania, mentre suonano ancora alla porta)
MIMMO Sì, andiamo, qua staremo bene… (via con Francesca dalla seconda a destra)
IRENE (entra dalla prima a destra) E non ti scomodare ad aprire la porta eh? (va alla comune ad aprire)
RICCARDO Stavo andando, ma se andate voi… (via dal fondo a destra)
IRENE (d.d.) Ah, sei tu… che ci fai qua?
ANSELMO (d.d.) Fammi entrare, ti prego.
IRENE (d.d.) E entra.
ANSELMO (entra dalla comune) Irene, non ti capisco più, perché mi sfuggi?
IRENE Niente, solo che sono un po’ impegnata…
ANSELMO Ma non rispondi al telefono, non lo hai mai fatto in una settimana che ci frequentiamo.
IRENE Vedi, Ansi, oggi è stata una giornata molto, molto intensa, sono stanca, no ho voglia di discutere…
ANSELMO (le cinge le spalle con un braccio e con voce roca) Ma io non sono qui per discutere… sono qui perché ti voglio!
IRENE (vezzosa) Mi vuoi? E perché mi vuoi?
ANSELMO Perché sei bellissima e mi sei entrata nel sangue!
IRENE Non dire così, mi fai venire i brividi!
ANSELMO Mi fai impazzire dal desiderio.
IRENE (si divincola) Lo so, lo so, a voi uomini faccio questo effetto, ma non sempre potete avermi… io sono per un uomo solo…
ANSELMO E quell’uomo voglio essere io!
IRENE Voglio, voglio… cos’è questa prepotenza? Chi sei tu per volere?
ANSELMO Ma sono il tuo Cucciolo… hai scordato che volevi che venissi a vivere con te?
IRENE Ah, sì, ma era tanto, tanto tempo fa… le cose cambiano…
ANSELMO Amore, era appena tre ore fa!
IRENE Appunto, tanto tempo fa… in tre ore può accadere di tutto…
ANSELMO Ma cosa è accaduto?
IRENE Nulla, Ansi, nulla… tranne che il mio cuoricino è stato rapito.
ANSELMO E chi è che lo ha rapito?
IRENE Un sogno! Null’altro che un sogno!
ANSELMO Ma io sono reale, sono qui in carne ed ossa, pronto a farti vivere il tuo sogno d’amore.
IRENE Ansi, ti prego, non tentare la mia fragilità!
ANSELMO E invece la tento, la tento, la tenterò finché non cederà!
IRENE Ansi, ti prego, la carne è debole, non resisto…
ANSELMO E non resistere!
IRENE Tu dici? Ma sì, che ce ne frega, non resistiamo… vieni, sarò tua! (via a sinistra trascinando Anselmo)
ANSELMO Sìììììììììì (via a sinistra)
SCENA SESTA
(Riccardo, poi Milena, poi Rita e Pasquale, poi Ermelinda e Vanessa, poi Irene ed Anselmo, poi Stefania, quindi, Francesca e Mimmo)
RICCARDO (fa capolino dalla porta sul fondo a destra) Ma chi era? Mah! Comunque l’importante è che non era il carabiniere… (siede al tavolo e parla al pesce rosso) André, hai visto che casino? Tu mò mi devi dire se un povero disgraziato come me debba sopportare tutto ciò… solo tu, che sei maschio, mi puoi capire… non bastava essere circondato da sette arpìe, ci mancava pure quel farabutto di mio cugino rovinarmi la vita! E vabbè, che ci vuoi fare… meno male ch ci sei tu… (prende il mangime e sta per versarlo nella boccia) tié, te lo meriti…
MILENA (era entrata dalla comune e lo ascoltava immobile) Fermo!
RICCARDO (sussulta) Puozze mmm… Milè, ma vuoi farmi venire un infarto oggi?
MILENA Papà, mi sembri proprio un ragazzino! Ti avevo detto di non dare da mangiare al pesce e insisti… guarda che, se Lidia lo trova morto, qua succede il quarantotto!
RICCARDO Ma che morto e morto? Nessuno è mai morto di sazietà, è di fame che si muore.
MILENA Papà, ma ti rendi conto che ti stai rimbambendo? Ma come, alla tua età, parli con un pesce? E poi ti lamenti che ti trattiamo male?
RICCARDO Ma insomma, perché non vi fate i fatti vostri, tutti quanti? Voglio parlare con chi mi pare e piace, va bene?
MILENA Va male, papà, va male… ma parla con chi vuoi tu, tanto sei irrecuperabile… basta che non gli dai più da mangiare… (si avvia alla prima a destra poi torna indietro e prende il mangime) forse è meglio che questo lo tolga di mezzo… ah, come si deve fare con questi uomini? Più invecchiano, più diventano bambini… (via dalla prima a destra)
RICCARDO Ma queste sono cosa da pazzi! No, ma io devo fare qualcosa, non è possibile andare avanti così… André, hai visto? Solo tu mi puoi… (si blocca e, gesticolando, realizza di parlare al pesce, poi porta una mano alla fronte) Ma vuo’ vedé c’avesse ragione ‘a mucccusella? Povero me, povero me…. (via dal fondo a destra)
RITA (entra dalla prima a destra) Ma che fine ha fatto zio Mimmo? (suonano alla porta) E mò chi sarà? (via dalla comune)
PASQUALE (d.d.) Scusate, signurì, ci sta don Riccardo?
RITA (entra con Pasquale) Prego, accomodatevi, ve lo chiamo… (apre la porta sul fondo a destra) Papà, cè il barbiere che ti vuole.
RICCARDO (entra dal fondo a destra) Il barbiere… ah, don Pasquale, ditemi, che posso fare per voi? Accomodatevi…
RITA Papà hai visto zio Mimmo?
RICCARDO Zio Mimmo? No, perché, sta qua?
RITA Sì stava qua prima, ma se ne sarà andato.. permettete… (via dalla prima a destra)
PASQUALE Don Riccà, io v’aggi’’a parla’
RICCARDO E parlate.
PASQUALE Don Riccà, vuie avite visto comme sta mio genero, chillo me fa paura.
RICCARDO Don pasquà, ma che c’entro io?
PASQUALE Vuie m’avit’’a dicere ‘a verità: mia figlia s’’a fa cu vostro cugino è overo?
RICCARDO Sentite, io dei fatti di mio cugino non ne so niente.
PASQUALE Vuie ‘o cummigliate! Io nun me so’ sbagliato, ‘a vertigine era ‘a soia!
RICCARDO E dalle cu’ ‘sta vertigine! Vi ho detto che stava qua…
PASQUALE ‘On Riccà, chella mia figlia è stata ccà, pecché c’è venuta allora?
RICCARDO Ma non è vero, io non l’ho mai vista a vostra figlia in questa casa.
PASQUALE Ma l’hanno vista ‘e trasì… io aggio cercato d’apparà cu’ mio genero, ma chillo ave ragione… diciteme ‘a verità, era don Mimì che steva cu’ mia figlia?
RICCARDO Ma vi sto pregando che…
PASQUALE (lo interrompe) Aspettate, faciteme parla’… io nun ‘o vvoglio sapé pe’ l’accidere, stamattina ‘o vulevo fa’ barba e capelli pecché stevo ‘ntussecato, ma mò me so’ calmato, mò ho cominciato a frequentare questa casa con piacere…
RICCARDO E che piacere! ‘On Pascà, in confidenza, ma comme ve vene?
PASQUALE ‘On Riccà, chella m’ha fatto scetà… (guarda in basso) l’estinto…
RICCARDO Era muorto?
PASQUALE Noò, durmeva ‘a sett’anne…
RICCARDO L’estinto?
PASQUALE Eh, l’estinto, mò se chiamma accussì!
RICCARDO Mah!
PASQUALE Pirciò, don Riccà, diciteme ‘a verità!
RICCARDO Don Pasquà, quale verità? Vi assicuro che vi sbagliate.
PASQUALE Io nun me pozzo sbaglia’, ‘on Riccà, faccio ‘o barbiere ‘a quarant’anne e ‘a saccio riconoscere ‘na vertigine.
RICCARDO Sentite, Don Pasquale, io non c’entro niente con questa storia, ma solo per curiosità, perché è così importante per voi sapere se vostra figlia s’’a fa con mio cugino?
PASQUALE Stammatina, pecché ‘o vulevo accidere, ma po’ me so’ calmato e aggio capito c’’a colpa è tutta ‘e chella pazza ‘e figliema; ‘on Mimì è ommo e n’ha approfittato… doppo c’aggio canusciuto ‘a suocera vosta, ‘o pozzo capì!
RICCARDO E allora, perché lo volete ancora sapere?
PASQUALE Primma ‘e tutto pecché, sapenno ‘a verità, pozzo cercà meglio ‘e mezze ‘e nun farlo sapé a mio genero, ma, soprattutto, per orgoglio professionale!
RICCARDO Orgoglio professionale?
PASQUALE Sì, ‘on Riccà, io aggi’’a sapé si ‘a vertigine era a soia e nun trovo pace si nun ‘o ssaccio!
RICCARDO Don Pasquale, mi dispiace, ma vi siete sbagliato, mio cugino non c’entra.
PASQUALE Ma comme è possibile? In quarant’anni di onorato servizio nun aggio maje sbagliato a riconoscere ‘na capa… possibile ca me sto facenno viecchio?
RICCARDO Ma no, don Pasquale, voi siete ancora giovane… si è pure svegliato… l’estinto… quello era buio, l’amante di vostra figlia scappava, l’avrete visto per un attimo, è normale che abbiate sbagliato…
PASQUALE Voi dite?.. Ma chella vertigine… no, no, nun po’ essere, chillo era don Mimì
RITA (entra dalla prima a destra con Ermelinda e Vanessa) Avete visto che la pressione era bassa? Dovreste curarvi.
ERMELINDA Effettivamente, se soffrite di questi capogiri, sarà meglio che andiate dal medico
VANESSA No, non vi preoccupate, è stata una cosa passeggera, ora sto benissimo. (a Riccardo e Pasquale) Buon giorno.
RICCARDO Buon giorno… non ho il piacere…
ERMELINDA La signora è una vecchia amica di tuo cugino, si erano incontrati per caso qua giù, poi lei ha avuto un capogiro e Mimmo l’ha portata qua per darle un bicchiere d’acqua.
VANESSA (porge la mano a Riccardo) Sì ma ora sto bene… piacere Vanessa Pecora…
RICCARDO Piacere mio, Riccardo Gargiulo…
VANESSA E il signore?
PASQUALE Io sono Pasquale Buonanno, il barbiere…
VANESSA Piacere… fate il barbiere a domicilio?
PASQUALE No, io ho il salone… sto qua perché sto cercando mia figlia.
ERMELINDA Vostra filglia? E la cercate qua? E quando mai è stata qua vostra figlia, don Pasquà.
RICCARDO Glielo ho detto pure io, ma lui è fissato che sia venuta qua con Mmmo.
RITA Con zio Mimmo? Ma se è salito qua con la signora Vanessa… anzi, non capisco perché l’abbia lasciata qui da sola.
VANESSA Beh, forse aveva da fare qualcosa di urgente… ora me ne vado pure io…
RITA Ma no, aspettatelo che sicuramente ritorna, lo conosco zio Mimmo, non lascerebbe mai una signora senza nemmeno salutarla…
VANESSA Ma non importa, tanto non ci vedevamo da anni… ci siamo incontrati per caso…
RITA Sì, ma sapeva pure che non stavate bene… mah! Chi lo capisce? (via dalla prima a destra)
PASQUALE Ah, ma allora non è venuto qua con mia figlia?
RICCARDO Ma ve l’ho detto don Pasquale, voi non volete credermi.
PASQUALE Ma chillo tene ‘a vertigine!
ERMELINDA La vertigine? Che c’entrano mò le vertigini? E poi quando mai Mimmo ha sofferto di vertigini?
PASQUALE No ‘e vertigine, ‘a vertigine, chesta (tocca la nuca di Riccardo) e io ‘a vertigine e don Mimì l’aggio vista ‘int’’a cammera ‘e mia figlia! Ne so’ sicuro!
RICCARDO Don Pasquale, mo mi sono stancato di sentire questa storia… ma come ve lo devo dire che vostra figlia non ha mai messo piede in questa casa?
FRANCESCA (d.d. urla come una sirena) Uuuuuuuuuuuuuh! Sì, sì uuuuuuuuuuuh!
PASQUALE Mia figlia! Oi’ ch’avevo ragione? (va alla seconda a destra, che è chiusa a chiave e prende a pugni la porta) Francesca, disgraziata, cu’ chi staje alluccanno, cu don Mimì eh?
VANESSA Uh! Chillu fetente, me porta ccà e se ne va cu’ ‘n’ata!
ANSELMO (d.d. urla) Oh! Oh! Ooooooooooooooooooooh!
VANESSA Mio marito!? E che ci fa qua sopra?
IRENE (d.d.) Zitto, Ansi, che ti sentono! Ma avete tutti il vizio di urlare?
PASQUALE Irena? (va alla porta di sinistra, che è chiusa a chiave, e la prende a pugni) Irena! Arepe, disgraziata! Ma comme, primma me scite l’estinto e po’ te ne tuorno cu l’infermiere? (si ricorda della figlia, si batte la fronte e torna alla seconda a destra) Francesca! Jesce subbeto ‘a llà dinto! È tuo patro che te lo ordina!
STEFANIA (entra dalla comune) Ma cosa è questo chiasso? Riccardo come puoi permettere tutto questo? (vede Pasquale bussare alla sua camera) Chi ha osato entrare in camera mia? (batte sulla porta insieme a Pasquale) Chiunque tu sia, esci che ti devo uccidere!
ERMELINDA Ma che sta succedendo in questa casa? Riccardo tu non ne sai niente eh?
RICCARDO Vuo’ vedé ca mò pure chesto è colpa mia?
ERMELINDA È sempre colpa tua, qualunque cosa negativa che accade in questa casa è per colpa tua!
VANESSA (batte sulla porta di sinistra) Anselmo, apri immediatamente! Con quale vecchia stai facendo il zozzoso? Esci subito di qui!
IRENE (entra da sinistra seguita da Anselmo) Calma, signora… io non so lei chi sia, ma sta disturbando la mia privacy!
VANESSA Ta dongo io ‘a praivasi, sta vecchia zezzosa! (cerca di aggredirla ma è bloccata da Anselmo) Lasciami schifoso, nun ‘a faccio niente, non ne vale la pena!
ANSELMO (la lascia) Ma cara, non eri a Salerno da mammina?
VANESSA Fetente! Io ero da quella povera donna sofferente e tu facevi lo schifoso con la vecchia!
IRENE Ansi, ma chi è questa… donna?
VANESSA Sono la moglie di questo pervertito! Perché, non lo sapete che è sposato?
IRENE Signora, io sono una ragazza onesta, non vado con gli uomini sposati… (ad Anselmo) farabutto, ingannare così una povera donna…e volevi pure venire a vivere con me? E come facevi con lei?
VANESSA Io dovevo stare a Salerno almeno per un mese e questo sporcaccione ne voleva approfittare. Fila subito a casa, cammina, fetente!
ANSELMO Si cara, certo cara, andiamo cara… (via con Vanessa dalla comune)
STEFANIA Uscite immediatamente dalla mia camera se no butto giù la porta!
PASQUALE Uscito immediatamento dalla sua cammera se no lei butta giù la porta!
STEFANIA Questo già l’ho detto io!
PASQUALE Ve vulevo dà ‘na mana…
FRANCESCA (entra dalla seconda a destra seguita da Mimmo) Papà, ti prego, non fare chiassate in pubblico, ne parliamo da soli a casa!
PASQUALE Figlia mia, che ne parlammo a fa’? Cerca solo ‘e mezze ‘e nun ne fa’ accorgere a chillu povero disgraziato ‘e mariteto…
STEFANIA (A Mimmo) Sporcaccione! Come ti sei permesso di fare le schifezze in camera mia?
RITA (entra dalla prima a destra) Zia, perché urli? Che succede?
STEFANIA Questo schifoso ha contaminato la mia camera! Ora devo disinfettarla tutta col lisoformio!
MIMMO E che tenimmo ‘a peste?
STEFANIA Taci! La mia è la camera di una signorina illibata e non deve esserci nessuna traccia maschile a contaminarla! Mmh! (via dalla seconda a destra)
IRENE Pasqua, perdonami, è la carne che è debole…
PASQUALE Eh, ‘a carna debole… Ma dico io, ce simmo appena mise ‘nsieme e già m’he miso ‘e corne?
IRENE Ah, ah, ah! Veramente io stavo prima con Anselmo, che mi aveva illusa, sei tu che mi hai strappata a lui…
PASQUALE Beh… chesto pure è overo…
SCENA ULTIMA
(Salvatore, Carmine, Raffaele e detti, poi Angela, poi Milena, quindi, Lidia)
SALVATORE (entra dalla comune, seguito da Carmine e Raffaele) Lo sapevo che qua eri, femmina fedifraga e libidinosa! Ora i conti facciamo! Picciotti, prendete questo fetentone (indica Riccardo) e portatevelo a fare una bella passeggiata…
CARMINE Viene cu’ nuie, fetentone!
RAFFAELE Te purtammo a fa’ na bella cammenata!
RICCARDO Ma io non c’entro! Che volete da me, lasciatemi!
PASQUALE No, Salvatò, ‘on Riccardo nun ce azzecca niente!
SALVATORE (indica Mimmo) Allora iddo jè, pigliatelo, picciotti!
CARMINE Ah, si tu allora ‘o fetentone! Viene, viene, bello ‘e papà!
RAFFAELE Jamme a ce divertì ‘nu poco, bello ‘e papà!
MIMMO Ma quanti pate tengo? Smettetela, cretini, io non ho niente a che fare con la signora?
SALVATORE E allora che ci fa mia moglie qua sopra?
CARMINE Eh, che ci fa la moglie qua sopra?
RAFFAELE Sì, che ci fa la moglie qua sopra?
MIMMO Ma vi siete portato l’eco a domicilio? Don Pasquale, ma non avete ancora detto niente a vostro genero?
PASQUALE Io?.. Nun aggio ditto niente?.. Ah… ah… no, nun l’aggio ditto niente…
SALVATORE E cosa mi dovevate dire eh?
PASQUALE Eh… cosa ti dovevo dire… niente, ti dovevo dire…
MIMMO Su, don Pasquale, non siate timido… vabbè, glielo dico io… Signor Capurro, vostro suocero si è appena fidanzato con la suocera di mio cugino e vostra moglie è venuta a conoscere la sua futura mamma!
IRENE Veramente? Ah, sì, Pasquale me la doveva presentare…
SALVATORE Papà, ma allora cosa seria è?
CARMINE Don Pascà, cosa seria è?
RAFFAELE Cosa seria, don Pascà?
PASQUALE Eh… insomma… sì…
MIMMO Questo è il vero motivo per cui don Pasquale è venuto stamattina… naturalmente non vi poteva dire niente finchè la cosa non era sicura.
SALVATORE Allora tutto un equivoco fu? Francesca, moglie mia fedele, perdonami, accecato dalla gelosia fui!
FRANCESCA Sì, sì, fai sempre così, prima mi soffochi con la tua stupida gelosia, dubiti di me, mi offendi, mi tratti come una poco di buono e poi chiedi perdono… no! Non meriti il mio perdono!
SALVATORE Amore, ti prometto che non dubiterò più di te, non ti soffocherò più, sarai libera di andare dove vuoi… ora lo so, sicuro sono, femmina onesta sei! Perdonami e torniamo a casa, ti prego.
FRANCESCA Va bene, andiamo a casa, ci penserò… ma alla prima scenata di gelosia, è finita tra noi.
SALVATORE Mai più, mai più geloso sarò! Ora andiamo a casa… Voi tutti, scusateci se vi abbiamo dato tanto fastidio… arrivederci… amuninni, picciotti!
CARMINE Stateve sempe accorte!
RAFFAELE Stateve sempe attiento!
CARMINE (in coro con Raffaele) Stateve sempe bbuone! (via dalla comune, con Raffaele, Salvatore e Francesca)
RICCARDO Ah, finalmente ce li siamo tolti di torno!
MIMMO Hai visto che tutto si risolveva?
RICCARDO Tu lievate ‘a ‘nanzo ‘all’uocchie mieie, si no io passo ‘nu guaio!
MIMMO Eh, non esagerare, in fondo non è successo niente, vero don Pasquale?
PASQUALE Nun è succieso niente? E vabbè… non è successo niente… avite ragione ca pe’ mezza vosta ho canosciuto la qui presenta Irena, che ha scetato il mio estinto ca durmeva ‘a sett’anne! E po, ‘a cosa cchiù importante, ‘on Riccà, avite visto ca nun me sbagliavo? ‘A vertigena era ‘a soia!
MIMMO Uh, don Pascà, vuie e ‘sta vertigine!
IRENE Pasqua, non ci pensare più, dai.
ERMELINDA Ma insomma, si può sapere di cosa state parlando? Io non ci ho capito niente.
MIMMO Non c’è niente da capire, Ermelinda, è stato solo un equivoco, ma poi si è chiarito tutto.
RITA Zio, ma lo sapevi che quella amica tua era la moglie di Anselmo, l’amico della nonna?
MIMMO Vanessa? La moglie di… ah… ora capisco… il gerontofilo… e vabbè, addio a quattrocento euro!
RITA Quattrocento euro? Ma di che parli, zio Mimmo?
MIMMO No, niente, una cosa mia…
ERMELINDA Sentite, qua stiamo esagerando con tutti questi misteri.
ANGELA (entra dalla comune) Che c’è, riunione di famiglia? Mi sono persa qualche cosa importante? Uh, nonna, hai un nuovo fidanzato? Non me lo presenti?
IRENE Pasqua, la mia nipotina Angela…
PASQUALE Pasquale Buonanno, barbiere, piacere.
ANGELA Piacere mio… state attento che la nonna è una discolaccia.
PASQUALE Eh, ‘o ssaccio, ‘o ssaccio…
IRENE Ma Pasqua, cosa dici? Io sono una brava ragazza!
MILENA (entra dalla prima a destra) Ma che sta succedendo qua? State facendo tanto di quel casino che non riesco a sentire la televisione.
ERMELINDA Appunto, lo vorrei sapere anche io che sta succedendo, a cominciare da Mimmo, che hai combinato?
RICCARDO Niente, che deve combinare? Non è successo niente.
ERMELINDA Tu statte zitto che non conti niente!
RICCARDO No! Tu stai zitta!
ERMELINDA Comme comme? E come ti permetti? Come osì?
RICCARDO Ho detto zitta! Basta, taci!
IRENE Gué, non osare zittire mia figlia, hai capito? Stai al posto tuo!
RICCARDO Voi state al posto vostro!
RITA Ma papà…
RICCARDO Zitta pure tu! Zitti tutti! Mi avete scocciato!
ERMELINDA Me che stai dicendo?
RICCARDO Ho detto zitta! Hai capito? Io non conto? Mò vi faccio vedere io se conto o no! Ma cosa credete, che perché sono l’unico maschio in casa e voi siete in sette avete il diritto di comandare?
ERMELINDA Riccà, ma fusse asciuto pazzo?
RICCARDO Zitta! No, non sono impazzito, sono rinsavito! Per anni mi avete plagiato, ero l’unico maschio ed ero in minoranza… embè, c’è voluto un pesce rosso a farmi rinsavire: da quando c’è lui, non mi sono sentito più solo, c’era un altro maschio in casa… allora ho capito che mi dovevo svegliare. Io sono il capofamiglia, l’intestatario della scheda, come si dice oggi. Sono l’unico uomo in casa? E allora comando io, è l’uomo che comanda in casa! E visto che comando, comincio a dare ordini… (a Irene) Voi, sì voi, avete una casa vostra, ora avete anche un fidanzato e non siete più sola, quindi da domani ve ne tornate a casa vostra!
IRENE Ma… Ermelinda, hai sentito?
ERMELINDA Mamma, io…
RICCARDO Zitta! Tu, Milena, rimetti a posto il mangime di Andrea e ti avviso, la prossima volta che fai danni a scuola, non venire a chiedere soldi, perché, non solo non li hai, ma vado io stesso a scuola a chiedere che ti diano la giusta punizione.
MILENA Ma papà…
RICCARDO Zitta! Tu, Rita, se ti permetti di dire un’altra volta che non conto niente, te le suono di santa ragione.
RITA Papà, ma…
RICCARDO Zitta! Tu, Angela, restituiscimi i duecento euro!
ANGELA Ma papà, devo andare a Ischia!
RICCARDO E chi ti ha dato il permesso?
ANGELA Mamma!
RICCARDO Mamma non conta niente… da sola, il permesso lo devi avere da entrambi i genitori, restituisci i soldi immediatamente!
ANGELA (restituisce i soldi) E mò come faccio con gli amici?
RICCARDO Chi sono questi amici?
ANGELA Agostino e gli altri del gruppo.
RICCARDO Agostino è un bravo ragazzo… (ad Ermelinda) Tu che dici, possiamo farla andare?
ERMELINDA Ehm… penso di sì…
RICCARDO Va bene, mamma ed io ti diamo il permesso.
ANGELA Ma non ho i soldi, come ci vado?
RICCARDO Quanto ti serve?
ANGELA Lo sai, duecento euro…
RICCARDO Bene, questi sono duecento euro che tuo padre ti dà per farti andare sulla neve e per nessun altro motivo, capito?
ANGELA Grazie, papà, scusami.
RICCARDO (chiama) Stefania, vieni subito!
STEFANIA (entra dalla seconda a sinistra) Cosa vuoi, ho da fare!
RICCARDO Lo fai dopo… nel frattempo sappi che da oggi in questa casa le cose cambiano.
STEFANIA Cioè?
RICCARDO Da oggi esigo il massimo rispetto da tutti quanti!
STEFANIA (ride) Ah, ah, ah, ma se non conti niente… quando mai…
RICCARDO Zitta! Non ti permettere di continuare! Da oggi mi devi rispettare anche tu e, se vuoi continuare a vivere in questa casa, devi smetterla di fare battibecchi con mia moglie!
STEFANIA Ma questa è anche casa mia!
RICCARDO Zitta! È vero è anche casa tua, lo hai detto, “anche”, non “solo”, quindi se ci vuoi stare devi rispettare gli altri che ci vivono, altrimenti, ti pago io l’affitto di una casa e te ne vai. (a Mimmo) Tu, dammi la chiave!
MIMMO Quale chiave?
RICCARDO La chiave di questa casa! Forza!
MIMMO (gli dà la chiave) Tieni… tanto non serve a niente: ccà sta sempe ‘na folla!
RICCARDO Bene, e non ti permettere più di mettermi in mezzo ai guai che fai tu, perché non ti copro nemmeno se piangi in cinese! Avete capito tutti? Ah! (siede al tavolo e si rivolge al pesce rosso) Hai visto Andrea? Grazie a te, mi sono ripreso la mia vita.
LIDIA (entra dalla comune) Guè, che bella assemblea! Tutto bene? (prende la bocia col pesce) Io riporto Andrea alla padrona… vieni, Andreina… mmm, ti sei fatta ciotta ciotta, chissà quanto ti avranno fatto mangiare!
RICCARDO (si alza di scatto) Che hai detto?
LIDIA Che l’avrete fatta ingozzare…
RICCARDO No, prima.
LIDIA Che la riporto alla padrona…
RICCARDO Lo riporti…
LIDIA No, la riporto, è femmina, perché?
RICCARDO Ma non si chiama Andrea?
LIDIA Appunto, Andreina…
RICCARDO Noooo… (crolla a sedere, dopo due secondi, buio; parte la musica e si chiude il sipario)
FINE