Stampa questo copione

BENT
di MARTIN SHERMAN

nazismo, fascismo e omosessualità

PERSONAGGI

MAX
RUDY
WOLF
I TENENTE SS.
Il TENENTE SS.
GRETA
VICTOR
FREDDIE
HORST
GUARDIA SUL TRENO
UFFIALE
KAPÒ
CAPORALE
CAPITANO

L ‘espressione inglese bent è un termine intraducibile in italiano, usato in slang per definire gli “omosessuali“. Come participio passato del verbo to bend significa “piegato, storto”ed equivale all’espressione italiana “è uno che pende”. Si contrappone al termine straight (“giusto”, “diritto”), cioè “eterosessuale”.

ATTO PRIMO
SCENA PRIMA

Il soggiorno di un appartamento. È piccolo e appena ammobiliato. C’è un tavolino con delle piante. Sulla sinistra una porta che conduce all’ingresso esterno accanto a quella della cucina. Sulla destra c’è la porta della camera da letto con accanto quella del bagno. Max entra indossando un accappatoio. Ha trentaquattro anni. Lo sguardo fisso nel vuoto, mostra pesantemente i segni del dopo-sbornia.

MAX                  - Oh Dio! (Va nel bagno. Pausa). (Da fuori) Oh Dio!

(Ritorna nel soggiorno e si siede. Entra Rudy, anche lui in accappatoio con in mano una tazza. Ha trent ‘anni e porta gli occhiali).

(Porge la tazza a Max. Max sbarra gli occhi e non la prende). Oh... il caffè! (Max prende la tazza)

MAX                  - Grazie.

(Si baciano. Max sorseggia il caffè).

RUDY               - È tardi, sono quasi le tre. Abbiamo dormito proprio. Ho perso la lezione. Detesto ballare quando perdo la lezione. Fa male ai muscoli. E al Club non c’è nemmeno un angolino per fare un po’ di riscaldamento. Detesto quel night, comunque. Il pavimènto fa schifo        - è di cemento. Non si dovrebbe mai ballare sul cemento. Rovina le caviglie. L’hanno rivestito di legno. L’altra sera prima dello spettacolo ho pestato forte sul legno ed ho sentito il cemento sotto. Mi farò sentire. Vedrai! Vedrai!

(Esce verso la cucina. Mar resta seduto in silenzio e guarda nel vuoto).

MAX                  - Oh Dio!

(Rudy rientra dalla cucina con una brocca d’acqua e si mette ad annaffiare le piante).

RUDY               - Le piante stanno morendo. Hanno poca luce, qui. Vorrei vivere in un posto decente. Vorrei che saltasse fuori uno dei tuoi soliti “business”. Carina questa! io che voglio un posto più grande e Rosen che da un momento all’altro potrebbe venire a bussare e pretendere l’affitto. Tre settimane gli dobbiamo, lo sai. Viene sempre di domenica. Lurido ebreo che non è altro si preoccupa solo dei suoi soldi. E proprio vero quello che si dice sempre di loro...! Che sono poi tre settimane? Che aspetti! Be’ se non altro ho trovato un nuovo lavoro. Mi pagano giovedì, sempre che Greta riesca a tenere aperto. Gli affari non vanno certo a gonfie vele... e credo che questo significhi che non potrò protestare per il cemento. Il fatto è che non mi va di ballare con le caviglie che mi fanno male. Ancora caffè? (Mcx muove la testa affermativamente. Rudy va in cucina. Max continua a guardare fisso nel vuoto. Si mette una mano sulla testa e respira profondamente, poi chiude gli occhi).

MAX                  - Uno, due, tre, quattro, cinque (apre gli occhi e respira di nuovo), sei, sette, otto, nove, dieci. (Rudy rientra dalla cucina porgendo a Max un ‘altra tazza di caffè. Rudy ricomincia ad annaffiare le piante. Max lo guarda per un attimo). Ok racconta.

RUDY               Cosa?

MAX                  Lo sai.

RUDY               No.

MAX                  E su, andiamo.

RUDY               - Non so nulla. Senti, credi che dovrei chiedere a Lena se ci da una mano per l’affitto? E tanto una brava persona. Il tempo proprio non lo sente, pazzesco! Quantunque, abbia una linea stupenda. Gambe perfette. Teddy ha deciso di farle un balletto completamente senza musica. Non ti pare sia una buona idea? Quantunque. .. non lo si possa fare da nessuiia parte. Non c’è lavoro. Lena ha perso quel lavoro della tournée. Sarà a secco. Ed è perfettamente inutile che andiamo a chiederle soldi in prestito. Vuoi qualcosa da mangiare?

MAX                  - Voglio solo che mi racconti.

RUDY               - Ma cosa?

MAX                  - Dev’essere stato terribile, vero?

RUDY               - Ma cosa?

MAx                   - È per questo che non mi vuoi dire nulla.

RUDY               - Dire cosa?

MAx                   - Basta con i giochini.

RunY                 - Non sto facendo nessun giochino.

MAX                  - Dopo mi odierò, vero? (Pausa) Vero?!

RUDY               - Faccio qualcosa da mangiare.

MAX                  - Facevo veramente schifo, vero?

RUDY               - Faccio delle uova.

MAX                  - Non le voglio.

RUDY               - Guarda che siamo fortunati ad averle. Le ho fregate al Club. Non sanno che farsene, lì. La gente va lì per bere... e per vedere uno spettacolo strepitoso - il che è un pò triste perché lo spettacolo invece è senza speranze. Sai, mi sento proprio a disagip e devo pensare ad altro mentre ballo. Penso alla lista della spesa. E questo si chiama bluffare. Se pensi alla lista della spesa il pubblico se ne accorge che non pensi a cappelli di paglia o a ninfée acquatiche. Voglio dire che ti si legge in faccia, specie se si tratta della lista della spesa, che non hai una lira per pagare il conto. (Max si alza e tappa la bocca a Rudy con una mano).

MAX                  - Piantala! (Rudy tenta ancora di parlare) piantala! (Fanno la lotta. Max continua a tenere la mano sulla bocca di Rudy). Voglio sapere che cosa ho fatto! (Lascia andare Rudy che gli sorride).

RUDY               - Ti amo. (esce verso la cucina)

MAX                  - Rudy le tue piante. Se non me lo dici subito butterò queste stronze dalla finestra.

(Rudy rientra subito. Max minaccia le piante).

RUDY               - Non oserai farlo!

MAX                  - Vuoi scommettere? L’ho fatto o no il mese scorso?

RUDY               - Ne hai uccisa una. E fu meschino da parte tua.

MAX                  - Lo farò anche oggi.

RUDY               - Non ti azzardare a toccarle. Bisogna essere gentili con le piante. Loro sentono tutto! (Rivolto alle piante) Dovete scusano, non voleva. E’ solo un po’ fatto per via della sbronza.

MAX                  - Che cavolo ho fatto? (Silenzio)

RUDY               - Ma niente...!

MAX                  - Non riesco a ricordarmi di nulla e quando non riesco a ricordare significa che...

RUDY               - Non significa nulla. Hai bevuto un sacco. Tutto qui. Come al solito.

MAX                  - E come me lo sono fatto questo? (Scopre la spalla dall’accappatoio e mostra un livido).

RUDY               - Cos’è?

MAX                  - Ahi! Non toccare.

RUDY               - Fammi vedere.

MAX                  - E allora guarda. Ma non toccare.

RUDY               - Che cos’è?

MAX                  - Che ti pare? Un bel livido fra il blu e il nero. Ce n’è un altro qui. (Gli mostra un segno sul braccio).

RUDY               - Oh….

MAX                  Come me li sono fatti?

RUDY               - Sei cascato.

MAX                  - Come?

RUDY               - Uno ti ha spinto….

MAX                  - Chi?

RUDY               - Uno….

MAX                  - Quale uno?

RUDY               - L’amico di Nicky.

MAX                  - Nicky? E chi è?

RUDY               - Uno dei camerieri del club.

MAX                  - Quale?

RUDY               - Il rosso.

MAX                  - E chi se ne ricorda?

RUDY               - E’ un po’ grasso...

MAX                  - E perché questo amico di Nicky mi avrebbe spinto?

RUDY               - Hai chiesto a Nicky se veniva a casa con noi...

MAX                  - Davvero?

RUDY               - Uh, uh.

MAX                  - Ma se è grasso...

RUDY               - Solo un pò...

MAX                  - Una cosa a tre con uno grasso?

RUDY               - Non una cosa a tre. Una cosa a dodici. Hai invitato tutti i camerieri. Eri salito sopra un tavolino, generalizzando la proposta.

MAX                  - Ah. E allora?

RUDY               - L’amico di Nicky ti ha tirato giù dal tavolo.

MAX                  - E poi…..

RUDY               - Sei atterrato sul pavimento sopra un ragazzo genere leather. Tutto borchie e cuoio...

MAX                  - E che ci faceva lì quello?

RUDY               - Ah, non lo so.

MAX                  - Greta era incazzata?

RUDY               - Non era certo felice. (Pausa) Era tardi e se ne erano andati quasi tutti. Tu eri ubriaco fradicio. Fai molto successo quando sei ubriaco. (Pausa) Faccio qualcosa da mangiare.

MAX                  - Non ho voglia di mangiare. Perché non mi hai fermato?

RUDY               - E come?

MAX                  - Non facendomi bere.

RUDY               - Ah, certo. Facile, quando sei depresso...

MAX                  - Ero depresso?

RUDY               - Certo.

MAX                  - E perché? Non mi ricordo...

RUDY               - Lo vedi? Ha funzionato.

(Ritorna in cucina. Wolf, un ragazzo biondo con gli occhi abbottonati dal sonno entra dalla camera da letto. Ha vent'anni ed è nudo),

Wolf                  - Giorno.

(Si dirige incespicando verso il bagno).

Max                   - Rudy!

Rudy                 - (Uscendo dalla cucina). Sì?

Max                   - Chi era quello?

Rudy                 - Chi era chi?

Max                   - Quello. Quel tipo.

Rudy                 - Oh. Sì. Biondo?

Max                   - Sì.

Rudy                 - E robusto!

Max                   - Sì.

Rudy                 - È quello sul quale sei atterrato.

Max                   - Borchie e cuoio?

Rudy                 - Sì. Te lo sei portato a casa. (Ritorna in cucina).

Max                   - Rudy! Le tue piante!

Rudy                 - (Rientrando dalla cucina) Te lo sei portato a casa. Tutto qui. Ti ha fatto partire... Tutto quel cuoio, le borchie... Lo chiamavi il tuo piccolo sturm-truppen. Hai insultato tutti i suoi amici. E loro se ne sono an­dati. Non so bene perché non ti abbiano picchiato, ma non l'hanno fatto e se ne sono andati. E tu te lo sei portato a casa...

Max                   - E abbiamo fatto una cosa a tre?

Rudy                 - Può darsi che voi due abbiate fatto una cosa a tre. Max, non esiste. Tu ti rimorchi i ragazzi. Credi di far­lo anche per me. E non è vero. Non mi piace. Tu e quell'altro finite sempre e comunque per ignorarmi. Inoltre ieri sera tu e il tuo piccolo "sturm-truppen" avete cominciato a fare i violenti l'uno con l'altro, e quantunque sappia che il dolore va molto di moda ul­timamente, non mi piace, perché il dolore fa male. Così me ne sono andato a dormire.

(Prende la tazza dalle mani di Max e versa il caffè sulle piante).

Tieni, Walter, beviti un po' di caffè.

 Max                  - Walter?

Rudy                 -  Si chiama così. Ogni pianta ha il suo nome. Sono mie amiche loro.

(Va in cucina. Wolf esce dal bagno con un asciu­gamano sui fianchi. Fa un largo sorriso a Max).

Max                   - Rudy!

(Rudy rientra dalla cucina e osserva Wolf)

Rudy                 - Ah! C'è un accappatoio da qualche parte, di là, in ca­mera da letto.

(Wolf va in camera da letto. Pausa).

Max                   - Mi dispiace.

Rudy                 - È tutto OK.

Max                   - Sono proprio marcio. Perché sono così marcio? Per­ché faccio sempre di queste cose? Però lui è stupendo, non ti pare? Non mi ricordo nulla. Non riesco a ricor­darmi cosa abbiamo fatto a letto... Perché non mi ri­corderò mai nulla?

Rudy                 - Eri ubriaco e fatto di coca.

Max                   - Pure...!

Rudy                 - Uh, uh!

Max                   - La coca di chi?

Rudy                 - Ce l'aveva Anna.

Max                   - Non mi ricordo nulla.

Rudy                 - Hai preso anche accordi per una partita da vendere.

Max                   - Una partita?

Rudy                 - Uh, uh.

Max                   - Cristo! E quando?

Rudy                 - Non lo so.

Max                   - Potrebbe pagarci l'affitto per mesi.

Rudy                 - Anna se ne ricorderà.

Max                   - Giusto. Ehi! L'affitto... Magari... che ne pensi?

Rudy                 - Di che?

Max                   - Potremmo chiedere a lui.

Rudy                 - A chi?

Max                   - A lui!

Rudy                 - Vuoi scherzare?

Max                   - Perché?

Rudy                 - Non lo conosciamo nemmeno...

Max                   - Ci sono andato a letto, no? Almeno: credo. Chissà com'è stato.

Rudy                 - Ti rimorchi uno per una notte e poi gli vai a chiedere in prestito i soldi per l'affitto...

Max                   - Beh, lo sai come sono fatto...

Rudy                 - Sì!

Max                   - Sono molto convincente.

Rudy                 - Sì!

Max                   - Posso provarci...

Rudy                 - Non funziona. È convinto che tu sia ricco sfondato.

Max                   - Ricco?

Rudy                 - Glielo hai detto tu.

Max                   - Splendido!

Rudy                 - Ricco e polacco.

Max                   - Polacco?

Rudy                 - Facevi l'accento.

(Rudy ride e va in cucina. Wolf esce con addosso un accappatoio troppo piccolo. Si ferma e guarda Max in un silenzio carico di imbarazzo).

Max                   - Ciao.

Wolf                  - Ciao. L'accappatoio è un po' piccolo. Sembro scemo.

Max                   - Sembri bellissimo.

Wolf                  - Davvero? Anche tu.

(Si avvicina a Max, lo bacia e comincia a togliergli l'accappatoio e a morderlo sul petto).

Ummmm!

Max                   - Ehi? ehi, non ora.

Wolf                  - Dopo, allora.

Max                   - Sì.

Wolf                  - In campagna, vero?

Max                   - In campagna?

Wolf                  - Parli meglio, oggi.

Max                   - Eh?

Wolf                  - Non hai per niente l'accento.

Max                   - Solo quando sono sbronzo.

Wolf                  - Ah.

Max                   - Stanotte... È stato bello?

Wolf                  - Tu cosa ne dici?

Max                   - Te l'ho chiesto prima io.

Wolf                  - Hai bisogno di chiederlo?

(Rudy entra con una tazza di caffè).

Rudy                 - Caffè?

Wolf                  - Sì, grazie.

(Rudy gli porge una tazza di caffè. Silenzio).

...Questo posto...

Max                   - Sì?

Wolf                  - È proprio... (Non prosegue. Silenzio).

Max                   - Piccolo?

Wolf                  - Sì. Esatto.

Max                   - Eh già!

Wolf                  - La gente come voi è strana: in città vi tenete dei buchi come questo... Non mi capita spesso gente come te... Ma il tuo genere mi interessa...

Max                   - Senti...

Wolf                  - Guarda, non me ne frega niente chi sei o chi sono. So­no in vacanza. L'importante è questo. E la campagna sarà stupenda.

Max                   - Che campagna?

Wolf                  - La tenuta. La tua tenuta. La tua tenuta in campagna.

Max                   - (A Rudy) La mia tenuta di campagna?

Rudy                 - Ah, già! Mi sono dimenticato di dirtelo. Ci facciamo una corsa nel pomeriggio.

Max                   - Alla nostra tenuta di campagna?

Rudy                 - Alla tua tenuta di campagna.

Max                   - E come ci corriamo?

Rudy                 - In macchina, no?

Max                   - La mia?

Rudy                 - Bravo!

Max                   - Perché non stiamo qua?

Wolf                  - Non facciamo scherzi. Mi hai promesso due giorni in campagna!

Max                   - Ti chiami? Wolf.: Come?

Max                   - Il nome, me lo sono dimenticato.

Wolf                  - Wolf.

Max                   - Wolf?

Wolf                  - Io me lo ricordo il tuo.

Max                   - Senti, Wolf, io non ho macchina.

Wolf                  - Sì che ce l'hai!

Max                   - No.

Wolf                  - Me l'hai fatta vedere, giù, in strada.

Max                   - Davvero? Non era mia.

Wolf                  - Come non era tua?

Max                   - No, e non ho nemmeno una casa di campagna.

Wolf                  - Ce l'hai. Me ne hai parlato tu.

Max                   - Scherzavo.

Wolf                  - Non mi piacciono gli scherzi. Non mi vuoi con te, ve­ro? Forse non sono abbastanza per te. Non sono ab­bastanza ricco. Già, mio padre fabbricava orologi. Non è una gran nascita vero, barone?

Max                   - Barone?

Rudy                 - No, è inutile che guardi me. Di questo non ne sapevo nulla.

Max                   - Barone.

(Comincia a ridere. Bussano forte alla porta prin­cipale).

Rudy                 - Rosen!

Max                   - Merda!

Wolf                  - Ti piace, eh, ridere di me, barone. (Continuano a bussare).

Max                   - Senti, Wolf, caro, sei proprio piacevole e carino, mi piaci un sacco, ma, vedi, io non sono tanto piacevole perché mi capita spesso di ubriacarmi, e allora di par­tire con la testa, allora mi metto a fare il grande e a inventarmi le cose. Credimi: non sono barone. Non ho nessuna tenuta in campagna. Non ci sono soldi, non ho un soldo. A volte sì. A volte smercio cocaina, a volte trovo gente da coinvolgere in qualche business, a volte... be' li infinoccio un po', sono piuttosto abile a farlo, sai? Fra qualche settimana avrò di nuovo soldi, ma ora niente. Rudy ed io non riusciamo a pagare l'affitto. L'affitto di qui. Di questo fetentissimo mer­dosissimo appartamento, che è tutto quello che abbia­mo. E quello che bussa alla porta è il nostro padrone di casa. Ci butta fuori perché non gli paghiamo l'af­fitto. In mezzo a una strada ci butta, Wolf, in mezzo a una strada. Fra spazzatura, pidocchi, e... piscio. Pi­scio! A meno che qualcuno non ci dia una mano... Questa è la verità. Non mi credi? Guarda! Proprio là fuori è appostato, esattamente come nei film dell'or­rore, il famelico padrone di casa.

(Appoggia la mano sulla maniglia della porta).

Musica prego!

(Rudy fìnge uno squillo di tromba con la voce).

Eccolo, è lui, l'unico, l'inimitabile Abraham Rosen. (Max apre la porta con un inchino. Appaiono due ufficiali della Gestapo in uniforme nazista, en­trambi con le pistole in mano. Il primo tenente in­dica Wolf).

Tenente             - Lui!

Wolf                  - No!

(Wolf scaglia la tazza di caffè addosso al tenente e fugge nel bagno. I due lo inseguono. Rudy fa per correre nel bagno, ma Max lo trattiene).

Max                   - Scappa, idiota!

(Max afferra Rudy e corrono insieme fuori dalla porta d'ingresso).

(Le luci si spengono sulla parte sinistra del palco­scenico.

Un colpo di pistola risuona nel bagno. Wolf urla. Le luci si alzano sulla parte sinistra del palcosceni­co e Greta entra. Greta è un uomo vestito da don­na. Indossa un abito argentato, alti stivali di pelle verdi, un cappello a cilindro e porta un bastone d'argento. E insieme bizzarra e elegante. Il tenente guarda l'altro ufficiale che trascina fuo­ri Wolf dal bagno, sanguinante, ma ancora vivo. Wolf alza lo sguardo verso il tenente e si trascina lentamente verso di lui).


Wolf                  - Bastardo!

Tenente             - Wolfgang Granz, abbiamo l'ordine di arrestarti. Hai opposto resistenza. Peccato.

(Il tenente afferra Wolf per il collo, tira fuori un coltello e gli taglia la gola). (Greta dà uno strattone alla corda sopra di sé, fa scendere un trapezio sulla cui sbarra si siede). (Appare una proiezione al centro del palcosceni­co: Berlino 1934).

(L'appartamento è ora al buio, un riflettore è puntato su Greta).

SCENA SECONDA

Greta sul trapezio canta con voce roca e seducente.

Greta                 - Strade di Berlino

presto me ne andrò.

Vi ricorderete di me?

Sarò mai stata davvero qui?

Fatemi trovare un bar

strade di pietra

dove i ragazzi sono belli.

Non so amare più di un giorno

ma un giorno basta in questa città

Trovatemi un ragazzo occhi blu oceano cavateglieli senza pietà: non ha bisogno di vedere come ti mangiano vivo in questa città

Strade di Berlino vi mancherò? strade di Berlino ve ne importa. Strade di Berlino urlerete almeno se sparisco nell'aria sottile? (Silenzio).

OK, Victor, basta, abbassa quello spot.

 (L'intensità dello spot diminuisce e le luci si alza­no sul Club di Greta. Il palcoscenico è sulla sini­stra. A destra il camerino di Greta. C'è una sedia di fronte allo specchio ed un paravento).

Voglio che la canzone sia perfetta stasera. Domani la

taglio.

(Entra Victor e aiuta Greta a scendere dal trape­zio).

Cristo, stai attento!

(Victor tira giù il trapezio).

Prenditela calma. Apriamo tardi stasera (dirigendosi verso il camerino), Victor, non voglio essere disturba­to.

(Greta entra nel camerino e le luci si spengono su

tutto il resto del palcoscenico),

Greta                 - Dove sono andati a finire i miei eroi?

(Max e Rudy escono da dietro il paravento. Indos­sano calzoni e camicie, parte dei costumi di scena del Club. Greta li guarda. Max si siede su uno sga­bello perso nei suoi pensieri. Greta si siede sulla sedia aggiustandosi il costume davanti allo spec­chio).

Mi sto disfacendo di tutte le canzoni troppo «forti». Chi credo di prendere in giro? Mi sto disfacendo del Club. Bah... forse... e forse no... Lo farà diventare qualcos'altro... Si vedrà.

Rudy                 - È sicuro?

Greta                 - Cosa?

Rudy                 - Tornarcene a casa...

Greta                 - Stupide finocchie! Ma non avete un briciolo di cervel­lo? No. Non è sicuro.

Rudy                 - Voglio tornare a casa.

Greta                 - Non puoi. Non puoi andare da nessuna parte.

Rudy                 - Devo prendere le mie piante...

Greta                 - Dio santo! Scordati delle piante! Non potete tornare a casa e non potete restar qui. E non potete nemmeno cercare degli amici. Non cercate Lena: è una ragazza carina e la mettereste di sicuro nei guai. Capito? Do­vete lasciare Berlino.

Rudy                 - Ma perché? Io ci vivo, io lavoro qui.

Greta                 - Non più. Sei licenziato.

Rudy                 - Non capisco. Cosa abbiamo fatto di male? Perché do­vremmo andarcene?

Greta                 - E allora non partite, rimanete e sarete delle finocchie morte. Tanto chi se ne frega? Io no di certo. (Max alza la testa).

Max                   - Chi era quello?

Greta                 - Quello chi?

Max                   - Il biondo.

Greta                 - Si chiamava Wolfgang Granz.

Max                   - E allora...?

Greta                 - Era il fidanzato di Karl Ernst.

Max                   - E chi è?

Greta                 - Ma in che mondo vivete? Possibile che non vi venga mai di chiedervi cosa vi succede attorno?

Max                   - Greta, piantala di fare prediche. Chi è Karl Ernst?

Greta                 - È il vice di Von Helldorf. Sai chi è lui almeno?

Max                   - Sì, è il capo delle sturm-truppen di Berlino.

Greta                 - Non ci posso credere: esiste qualcuno che conoscete! Qualcuno conoscete! Esatto! È il numero due del co­mando delle SA, subito sotto Ernst Rohm.

Rudy                 - Ah, Ernst Rohm, lo conosco...

(Max e Greta lo guardano meravigliati).

È quella checca grassa con tutti quegli orribili sfregi sulla faccia, un pezzo grosso davvero, amico di Hi­tler, che va sempre in giro con un mare di ragazzi stu­pendi. Va sempre in tutti i club. Una volta sono stato al suo tavolo. È stato anche qui, vero?

Max                   - Stai zitto, Rudy.

Rudy                 - Perché?

Max                   - Stai zitto e basta. (A Greta) E allora...

Greta                 - E allora Hitler ha fatto arrestare Rohm, stanotte.

Max                   - Non ci credo. Ma se è il suo braccio destro...

Greta                 - Era. È morto. Quasi tutti i papaveri delle SA sono morti. Il tuo numero in piedi su quel tavolino non è stato l'avvenimento della serata. E stata una notte di sangue. La città è nel panico. Non avete visto i soldati le SS per la strada? Come cavolo avrete fatto ad arri­vare fin qui in accappatoio. Dio solo lo sa. Avete avu­to una fortuna sfacciata: tutto qui. Si dice in giro che Rohm e suoi sturm-truppen - Von Helldorf, Ernst e il tuo amichetto biondo - tutti quanti insieme stesse­ro organizzando un complotto. Io non ci credo. Ma al diavolo. Lasciamo che si ammazzino fra loro, chi se ne frega?! Solo che questo significa la fine del club. Finché Rohm era in circolazione un club per finocchi era ancora tutto OK. Comunque fra tanti, sei andato a pescare proprio lui, Wolfgang Granz. Almeno spero che sia stata una bella scopata. Oltretutto era proprio scemo: e non te ne sei accorto? Ma che differenza fa? Ti sei rimorchiato il tipo sbagliato, tutto qui.

Rudy                 - Ma possiamo dare spiegazioni. In fondo non lo cono­scevamo.

Greta                 - Certo, vallo a raccontare alle SS. Non spieghi più nul­la a nessuno. Sapete, voi finocchie non siete più molto popolari. Era giusto Rohm che vi proteggeva. Ora sie­te come gli ebrei. Non vi amano, non vi amano più, carini.

Rudy                 - E tu allora?

Greta                 - Io?! Lo sanno tutti che non sono finocchio. Ho mo­glie e figli. Non che significhi molto, di questi tempi, non vi pare? Ma così io continuo a non essere finoc­chio. Quanto a questo (Indica il suo costume), vado sempre dove vanno i soldi.

Max                   - (Riscuotendosi) Denaro, hai detto?

Greta                 - Certo!

Max                   - Denaro? Ah, Greta...!

Greta                 - Che hai?

Max                   - Quanto?

Greta                 - Quanto che?

Max                   - Quanto ti hanno dato?

(Greta si mette a ridere).

Greta                 - Oh... (Tira fuori un rotolo di banconote) tutti questi...

Max                   - E tu gli hai detto dov'era Granz?

Greta                 - Detto, carino ! Li ho portati direttamente al vostro ap­partamento...

Rudy                 - Greta, dimmi che non è vero.

Greta                 - Perché no? Non si scherza con le SS. Comunque è esattamente quello che avrebbe fatto il tuo pezzo grosso, qui. I soldi piacciono anche a lui. Solo che non è molto capace. Io, al contrario, ci sono proprio portato. Prendi. (Gliporge il denaro) Prendili.

Rudy:                No.

Greta:                Ti serviranno.

Rudy                 - Non li vogliamo.

Max:                  Zitto, Rudy.

Rudy:                Smettila di dirmi quello che devo...

Max:                  Zitto! Non bastano.

Greta:                È tutto quello che mi hanno dato.

Max:                  Ce ne servono di più.

Greta:                E allora trovateveli.

Max:                  Se ci prendono, non ti sarà certo d'aiuto...

Greta                 - Oh, una minaccia... (Pausa). Vi farò un favore. Ecco­ne, qua degli altri. (Tira fuori altri soldi) Ecco. Va bene così? Ne ho fatti tanti con la gente come voi... tanto vale che ne restituisca un po'...

Rudy:                Non li prendere!

Max:                  OK. (Prende il denaro).

Greta:                E ora andatevene.

Max:                  (A Rudy) Su, dai...

Rudy:                E dove? Non ho nessuna intenzione di lasciare Berli­no.

Max:                  Dobbiamo.

Rudy:                Non è vero.

Max:                  Ci stanno cercando.

Rudy:                Ma io vivo qui.

Max:                  Su, andiamo!

Rudy:                Ho pagato due settimane di lezioni di danza, non pos­so partire. E poi le piante...

Max:                  Oh Cristo! Andiamo!

Rudy:                Se non ti fossi ubriacato in quel modo...

Max:                  Non dire...

Rudy:                ... perché hai dovuto portartelo a casa?

Max:                  Che ne so? Non mi ricordo di nulla.

Rudy:                Hai rovinato tutto!

Max:                  D'accordo. Lo faccio sempre, no? E allora vattene da solo. Torna alle tue lezioni di danza. Così ti spareran­no in pieno arabesque. Tieni, prendine metà. (Porge a Rudy del denaro).

Rudy:                Non li voglio.

Max:                  E allora fottiti ! (Fa per andarsene).

Rudy:                Max!

Greta:                Max! Non può farcela da solo. State insieme. (Max si gira indietro).

Prendigli la mano, caro.

(Rudy prende la mano di Max).

Così va bene.

Rudy:                Dove andiamo ora?

Greta:                Zitto. Non dire niente davanti a me. Via!

(Max squadra Greta. Poi dà uno strattone a Rudy e lo trascina fuori dalla stanza. Greta si toglie la parrucca e fìssa la sua faccia riflessa nello spec­chio).

(Buio).

SCENA TERZA

Le luci si alzano su un parco di Colonia.

Un uomo di mezza età, (Freddie) ben vestito, siede su una panchina e legge il giornale. Max entra. Vede l'uomo e si avvicina alla panchina. L'uomo alza lo sguardo.

Freddie              - Siediti.

(Max si siede).

Fai finta di non conoscermi. Siamo due che fanno quat­tro chiacchiere nel parco: è perfettamente normale. (Sfoglia  il  giornale).  Fai  qualcosa  di  innocen­te... tipo dar da mangiare ai piccioni.

Max                   - Ma se non ci sono piccioni!

Freddie              - Ecco.

(Porge una busta a Max).

Max                   - Ti trovo bene.

Freddie              - Tu mi sembri invecchiato.

Max                   - C'è tutto?

Freddie              - I tuoi documenti e un biglietto per Amsterdam.

Max                   - Uno solo?

Freddie              - Sì.

Max                   - Merda!

Freddie              - Parla piano. Ricordati che non ci conosciamo. Stiamo facendo quattro chiacchiere per caso: è perfettamente normale.

Max                   - Un biglietto solo. Ti ho detto per telefono...

Freddie              - Un biglietto e basta.

Max                   - Non lo posso prendere. Maledizione. Ecco. (Gli rende la busta) Grazie lo stesso. (Si alza).

Freddie              - Siediti. Non è stato facile procurarti i documenti. Se i tuoi vengono a sapere... (Max si siede).

Devo stare attento. Hanno fatto passare una legge, lo sai. Non possiamo più essere froci. Non possiamo neppure più baciarci, è proibito abbracciarsi o avere fantasie. Possono arrestarti se ti trovano un pensiero da frocio.

(Max ride).

Max                   - Oh, zio Freddie!

Freddie              - Non c'è niente da ridere.

Max                   -  Sì, che c'è.

Freddie: In famiglia si occupano di me. Ma tu, devi spararlo in faccia a tutti!... E ti meravigli se non vogliono avere a che fare con te. Ma perché non potevi startene tran­quillo: sistemarti, sposarti, e pagare i ragazzi quando ne avevi voglia. Nessuno avrebbe saputo nulla. Acci­denti! Prendi questo!

Max                   - Ti ho detto che non posso. Non insistere. (Silenzio).

Freddie              - Guarda là.

Max                   - Dove?

Freddie              - Lo vedi?

Max                   - Chi?

Freddie              - Con i baffi.

Max                   - Ah, sì.

Freddie              - È carino.

Max                   - Sì.

Freddie              - Pensi che sia frocio?

Max                   - Non lo so proprio.

Freddie              - Sono due anni che ci fili vero? Con quel ballerino. I tuoi sanno tutto. Non puoi più andare avanti così. Prendi il biglietto!

Max                   - Me ne servono due. Freddie: Non ne trovo due.

Max                   - Certo che li trovi.

Freddie              - Sì,  penso  che  sia  frocio.  Bisogna  stare  così attenti, di questi tempi. Che c'è, lo ami?

Max                   - Come?

Freddie              - Il ballerino.

Max                   - Cristo!

Freddie              - Lo ami?

Max                   - Non fare lo scemo. Che cos'è l'amore? Amore! Sono adulto ormai. Mi sento semplicemente responsabile di lui.

Freddie              - Le checche non si possono permettere questo genere di responsabilità. Perché ridi?

Max                   - Quella parola: froci. Stammi a sentire: credi che sia stata una vacanza? Abbiamo attraversato in lungo e largo il paese. Appena ci sistemiamo da qualche par­te, subito sì mettono a controllare i documenti e dob­biamo andarcene - e alla svelta, anche. Ora stiamo vicino a Colonia, in quella stramaledetta foresta! In un accampamento di tende - ci credi? Io, in una ten­da. E con centinaia di noiosissimi disoccupati attor­no. Con la differenza che la maggior parte di loro so­no solo disoccupati, non hanno la Gestapo alle calca­gna. Non sono fatto per questo, zio Freddie. Sono stato tirato su per vivere bene. Come te. D'accordo. Ne ho fatte un po' troppe. Hai ragione: dovrei recuperare con i miei. E allora: perché non facciamo un affare? Due biglietti per Amsterdam e due carte di identità nuove. Una volta ad Amsterdam lo pianto e mi riavranno con loro di nuovo.

Freddie              - E chi ti ha detto che ti rivogliono? Sono già passati dieci anni...

Max                   - Mi vogliono, mi vogliono. È un buon affare. Sono il loro unico figlio. (Pausa) Ti ricordi quella che mio pa­dre mi voleva far sposare? Suo padre aveva delle fab­briche di bottoni. L'ho vista su un giornale: è una ve­dova ideale, disponibilissima. Ora vive a Bruxelles. Riprendete i contatti: la sposerò. Le nostre fabbriche di bottoni possono andare a letto con le sue. È un buon affare, lo sai. Ed eventualmente, quando si sa­ranno calmate le acque, mi riavrete con voi in Germa­nia. Se vorrò un ragazzo, lo pagherò, come te. Sarò discreto, tranquillo... Checca. È onesto, mi pare, no? È quello che ha sempre voluto mio padre. Solo, facci uscire vivi di qui tutti e due.

Freddie              - Devo chiedere a tuo padre.

Max                   - E allora fallo; chiediglielo!

Freddie              - Non posso fare a modo mio. Non ora. (Gli porge di nuovo la busta) Intanto prendi questo.

Max                   - Non posso.

Freddie              - Sta guardando da questa parte. Potrebbe essere della polizia. No, è un frocio. Ha lo sguardo da frocio. Fer­mo. Non si può mai dire. È meglio che tu te ne vada. Fai il disinvolto. Non c'è niente di strano: è tutto per­fettamente normale. Chiederò a tuo padre.

Max                   - Presto, vero?

Freddie              - Sì. Ti telefonerò.

Max                   - Nella foresta!

Freddie              - Chiamami tu. Venerdì.

(Freddie mette via la busta. Max si alza).

Max                   - Ti trovo bene, zio Freddie.

(Max esce. Freddie raccoglie il giornale, gli da un'occhiata e torna a guardare l'uomo con i baffi).

(Buio).

SCENA QUARTA

La foresta. Davanti ad una tenda, Rudy siede davanti al fuoco. Ha delle mele, un po' di formaggio e un coltello.

Rudy                 - Formaggio! Max, vieni.

(Max esce dalla tenda e si siede). Tieni, mangia!

Max                   - No.

Rudy                 - È buono.

Max                   - Voglio il vino.

Rudy                 - Non ce n'è.

Max                   - Dove hai preso questo formaggio? L'hai rubato?

Rudy                 - Io non rubo. Scavo fossati io.

Max                   - Tu cosai

Rudy                 - Scavo un fossato. Appena fuori Colonia, stanno co­struendo una strada. Se arrivi in tempo, la mattina vai lì, e firmi. Non controllano i documenti e poi è un buon esercizio per le spalle. Mi sto facendo delle belle spalle. Ma i piedi... per ballare non servono più. Oh Dio Mio! Tieni, prendine un po'.

Max                   - Non voglio mangiare. Non dovresti scavare fossati. Voglio del mangiare vero, per Dio! Voglio il vino. (Prende il formaggio) Guarda questo formaggio: fa schifo. Non capisci niente di formaggi? Guarda tutte quelle tende: non c'è neanche un cane con cui parlare. (Mangia un pezzo di formaggio) Non sa di nulla.

Rudy                 - E allora non mangiarlo. Lo mangio io. Ci sono delle mele.

Max                   - Detesto le mele.

Rudy                 - E allora muori di fame. Che hai fatto oggi mentre io ero là a scavar fosse?

Max                   - Niente.

Rudy                 - Avrai fatto qualcosa.

Max                   - Niente.

Rudy                 - Non c'eri quando sono tornato.

Max                   - Sono andato in città.

Rudy                 - ...divertito?


Max                   - Sto lavorando a una certa cosa...

Rudy                 - Davvero?

Max                   - Un affare.

(Prende una mela).

Rudy                 - Oh, un affare. Stupendo.

Max                   - Forse riesco ad avere documenti nuovi e biglietti per Amsterdam.

Rudy                 - L'hai detto anche ad Amburgo.

Max                   - Ad Amburgo non ce l'ho fatta.

Rudy                 - L'hai detto a Stoccarda.

Max                   - Hai intenzione di fare tutto l'elenco?

Rudy                 - Perché no? Sono stufo dei tuoi affari. Hai ragione: questo formaggio fa schifo. Non lo voglio! (Allontana il cibo).

Max                   - Devi mangiare.

Rudy                 - Buttalo via.

Max                   - Ti ammali se non mangi.

Rudy                 - E allora?

Max                   - Va bene. Ammalati.

Rudy                 - No, non voglio ammalarmi (Mangia un pezzo di formag­gio) Se mi ammalo tu mi lasci per strada. Non aspetti altro.

Max                   - Ah, rieccoci...!

Rudy                 - Ti piacerebbe che morissi.

Max                   - Rudy!

Rudy                 - Sono sicuro che ti piacerebbe. Il formaggio mi mette sete. Perché non compri tu del vino?

Max                   - Non ho un soldo. Sei tu quello che scavi le fosse.

Rudy                 - Ma certo! Io scavo le fosse, io faccio i soldi... si fa per dire... Hai idea di quanto mi pagano? Basta appena per mele e formaggio. Lo sai cosa continuo a chieder­mi?

Max                   - Cosa?

Rudy                 - Se quel giorno avessimo parlato con le SS e spiegato tutto... avrebbe potuto essere peggio di così?

Max                   - Forse no.

 Rudy                - Forse no. Dovresti dire «sì, molto peggio». Non mi dire «forse no» perché mi ammazzo se devo credere che «forse no». E quello che vuoi. Tu vuoi che mi am­mazzi. Max  - Voglio solo che ne usciamo. Queste tende maledette. Non c'è aria. Siamo all'aperto eppure non c'è aria. Non riesco a respirare. Devo trovare il modo di passa­re il confine.

Rudy                 - Passiamolo allora... Passiamolo, allora.

Max                   - Che vuoi dire?

Rudy                 - Oggi un tipo, sul lavoro mi ha detto che è facile attra­ versare il confine.

Max                   - Certo, è semplicissimo: uno attraversa e loro ti sparano.

Rudy                 - Ha detto che conosceva dei posti.

Max                   - Posti come?

Rudy                 - Posti per passare. Gli ho detto di venire a parlare con te.

Max                   - Gli hai detto di venire qui?

Rudy                 - Certo.

Max                   - Ma come? Ti ho detto che non vogliamo che nessuno sappia che siamo qui o che stiamo cercando di passare il confine. Ma come fai ad essere così scemo?

Rudy                 - Non sono scemo.

Max                   - Potrebbe andare a raccontare tutto alla polizia.

Rudy                 - D'accordo: sono scemo. Perché non ci proviamo co­munque?

Max                   - Perché...

Rudy                 - Perché, eh?

Max                   - Sto lavorando su una certa cosa.

Rudy                 - Con chi?

Max                   - Non te lo posso dire.

Rudy                 - Con chi?

Max                   - Non te lo posso dire.

Rudy                 - Perché no?

Max                   - Andrebbe tutto a rotoli. Non posso parlarne prima che sia combinato. Per scaramanzia.

Rudy                 - E allora perché lo tiri fuori?

Max                   - Perché così sai che...

Rudy                 - Cosa?

Max                   - Che ci sto provando.

Rudy                 - Questa è follia pura. Siamo in piena giungla...

Max                   - In piena foresta.

Rudy                 - Giungla! Sono un ballerino e non Tarzan. Non posso più ballare. Mi sono rovinato i piedi a furia di cammi­nare. Ma a lui che gliene frega? Lui lavora su una cer­ta cosa. Prima lavorava su una certa cosa a Berlino e ora lavora su una certa cosa nella giungla.

Max                   - Foresta.

Rudy                 - Giungla. Voglio uscirne. Avrei potuto, sai. Ho incon­trato uno a Francoforte. Tu non c'eri, eri in città, per un affare! Mi ha dato un passaggio. Era un uomo an­ziano e anche ricco. Aveva il lato sinistro paralizzato, avrà avuto un colpo, non avrebbe dovuto guidare. Avrei potuto stare con lui e convincerlo a portarmi-all'estero! Era proprio partito per me. E invece no, io ho pensato a te. Non sarebbe stato bello nei tuoi con­fronti. Io sono scemo e tu dritto. Tu avresti preso l'occasione al volo. Stai solo aspettando che io muoia. Sono sicuro che hai avvelenato il formaggio.

Max                   - Ma se è tuo il formaggio... Strozzatici, per piacere, strozzatici. Non sai quanto vorrei che ti ci strozzassi. Cristo! (Prende il coltello e taglia a pezzi la mela) Senti... io credo di riuscire a trovare una via di uscita di qui. Dobbiamo solo reggere...

Rudy                 - Su che cosa stai lavorando, con chi?

Max                   - No.

Rudy                 - E dai!

Max                   - No, assolutamente no. Abbi fiducia in me.

Rudy                 - Perché dovrei?

(Max getta via il coltello e si alza).

Rudy                 - Dove vai?

Max                   - Devo levarmi di qui. Non riesco a respirare. Vado a fare due passi.

Rudy                 - Non puoi. Ci sono solo tende e giungla.

Max                   - Ho la febbre.

 

Rudy                 - Che?

Max                   - Ho la febbre, scotto.

Rudy                 - Non ci credo. È un trucco.

(Si alza, gli si avvicina e cerca di sentirgli la fronte. Max lo respinge).

Max                   - Lo so, è una bugia. Stai lontano.

Rudy                 - Fammi sentire. (Sente la fronte di Max). Hai la febbre.

Max                   - È il formaggio. Mi hai avvelenato. Maledizione! Mo­rirò in piena giungla.

(Si siede di nuovo).

Rudy                 - È una foresta.

(Si siede. Silenzio).

Max                   - Be', di che parliamo adesso?

Rudy                 - Non lo so.

(Silenzio).

Max                   - Ti ricordi la cocaina?

Rudy                 - Sì.

Max                   - Mi piacerebbe ora la cocaina.

Rudy                 - Già...!

Max                   - E a te che piacerebbe?

Rudy                 - Un paio di occhiali nuovi.

Max                   - Eh?

Rudy                 - Mi è peggiorata la vista. Ho bisogno di una ricetta nuova. Vorrei un bel paio di occhiali nuovi.

Max                   - Ad Amsterdam.

Rudy                 - Certo.

Max                   - Ad Amsterdam: cocaina e occhiali nuovi. Abbi fidu­cia in me. Piante. Tante piante, stupende piante olan­desi. E scuole di danza olandesi, i piedi ti torneranno come prima e non scaverai più fosse. Anche se natu­ralmente dovrai rinunciare alle tue nuove spallone. E sai cosa? Ci compreremo un bel cane olandese. Tutti dovrebbero avere un cane. Chissà perché non aveva­mo il cane a Berlino? Ad Amsterdam ce l'avremo. (Si­lenzio) Abbi fiducia in me.

(Rudy guarda Max e sorride. Silenzio), Bene, e ora di che parliamo?

Rudy                 - Cantiamo.

Max                   - Cantare?

Rudy                 - Stiamo seduti davanti a un falò: in genere in questi ca­si la gente canta.

Max                   - Credi che cantino quelli della Gioventù Hitleriana?

Rudy                 - Non lo so.

Max                   - Stanno sempre attorno a grandi falò...

Rudy                 - Mai frequentati! Come ti senti?

Max                   - Scotto.

(Rudy tocca la fronte di Max e non ritrae la mano).

No...

Rudy                 - Mi dispiace, Max. (Accarezza la fronte di Max)

Max                   - Non...

Rudy                 - Ti amo proprio...

Max                   - No! (Spinge via la mano di Rudy) Se ci vedono... dalle altre tende... stanno sempre a guardare... potrebbero cacciarci... per toccamenti... dobbiamo stare attenti... dobbiamo stare molto attenti.

Rudy                 - OK. (Pausa. Comincia a cantare). «Strade di Berlino presto me ne andrò...». Ah...!

Max                   - Che fai?

Rudy                 - Canto. Come la Gioventù Hitleriana. Cantano vecchi successi. Sono sicuro che non possono toccarsi nean­che loro.

Max                   - Io non ci giurerei...

Rudy                 - Ma come? Non sarebbe giusto che loro potessero e

noi no.

(Ricomincia a cantare).

«Strade di Berlino

presto me ne andrò...».

Ah...!

(Max prende la mano di Rudy e la porta a terra dove non può essere vista, e sorride).

Max                   - Shhh!

(Ridono e cantano tutti e due).

Rudy                 - «Fatemi trovare un bar strade di pietra

 

Max                   - dove i ragazzi sono belli

non so amare più dì un giorno

ma un giorno basta in questa città».

I Voce: (Dal buio) Eccoli. Sono loro.

(Una lama di luce forte su Max e Rudy).

II Voce: (Dal buio) Maximilian Berber. Rudolph Hennings. Mani in alto. Siete in arresto.

(Buio).

SCENA QUINTA

Il fischio di un treno. Il rumore di treno che corre nella notte. Di nuovo il fischio di un treno.

Appare un cono di luce. È un treno trasporto prigionieri, di cui vediamo solo un angolo. Sotto la luce cinque deportati: due uomini in abiti civili, poi Rudy e Max e ancora un uomo in uniforme a strisce con un triangolo rosa cu­cito sopra.

Una guardia armata di fucile attraversa il cono di luce. Silenzio.

Rudy                 - Dove credi che ci stiano portando?

(Silenzio. Gli altri prigionieri guardano altrove. La guardia attraversa il cerchio di luce. Silenzio).

Rudy                 - (Rivolto al prigioniero che gli sta accanto) Vi hanno pro­cessato?

(Il prigioniero non risponde).

Max                   - Rudy!

(Silenzio. Max e Rudy si guardano terrorizzati. Rudy comincia ad allungare la mano, quindi la ri­trae. Si sente un grido da fuori, oltre il cono di lu­ce. Rudy e Max si guardano di nuovo, poi si volta­no. Silenzio.

La guardia attraversa il cono di luce. Silenzio. Un altro urlo. Silenzio. La guardia attraversa il cono di luce. Entra un ufficiale delle SS. Il cono di luce si a/lar­ga leggermente. L'ufficiale guarda i prigionieri uno per uno. Si ferma su Rudy.

Ufficiale: Occhiali. (Silenzio) Dammi i tuoi occhiali.

 (Rudy porge isuoi occhiali all'Ufficiale. L'ufficia­le li esamina)

Ufficiale: Montatura di corno. Intelligentsia.

Rudy                 - Come?

(L'ufficiale sorride).

Ufficiale: In piedi.

(La guardia fa alzare Rudy). Pesta gli occhiali.

(Rudy rimane immobile, in piedi, come pietrifica­to).

Ufficiale: Pestali.

(Rudy lo pesta). Prendetelo.

Rudy                 - Max!

(Rudy guarda Max. La guardia spinge fuori Rudy dal cono di luce. L'Ufficiale sorride).

Ufficiale: Occhiali.

(Dà un calcio agli occhiali). (L'ufficiale esce dal cono di luce. La luce si re­stringe di nuovo. Max guarda fisso davanti a sé). (La guardia attraversa il cono di luce. Silenzio). (Si sente un urlo - da fuori oltre il cono. È l'urlo di Rudy. Max si irrigidisce. Silenzio. Di nuovo l'urlo di Rudy. Max si muove, come per alzarsi. L'uomo dal triangolo rosa (Horst) si muove verso Max. Lo tocca).

Horst                 - Non farlo.

(Toglie la mano da Max e guarda dritto davanti a sé. La guardia attraversa il cerchio di luce). Non ti muovere. Non puoi aiutarlo. (Rudy urla. Silenzio). (La guardia attraversa il cerchio di luce).

Max                   - Tutto questo non sta succedendo.

Horst                 - Sta succedendo.

Max                   - Dove ci portano?

Horst                 - Dachau.

Max                   - Come lo sai?

Horst   - L'ho già fatto questo viaggio. Mi hanno portato a Co­lonia per girare un film di propaganda: triangolo rosa in ottima salute. E ora di nuovo a Dachau.

Max                   - Triangolo rosa? Che significa?

Horst   - Frocio. Se sei frocio devi portare questo. Se sei ebreo una stella gialla, politico - un triangolo rosso. Per i delinquenti comuni è verde. Il rosa è il peggiore.

 (Guarda dritto davanti a sé). (La guardia attraversa il cerchio di luce. Rudy ur­la. Max sobbalza).

Max                   - Tutto questo non sta succedendo. (Silenzio). Non è possibile che stia succedendo. (Silenzio).

Horst                 - Ascoltami. Se sopravvivi al treno hai ancora una pro­babilità di cavartela. È qui che ti spezzano. Non puoi far nulla per il tuo amico. Nulla. Se cerchi di aiutarlo ti uccidono. Se cerchi di curare le sue ferite, ti uccido­no. Se solo vedi - vedi cosa gli fanno - se solo senti - senti cosa gli fanno, ti uccidono. Se vuoi restar vì­vo lui non deve esistere. (Rudy urla).

Max                   - Non sta succedendo. (Rudy urla).

Horst                 - Non può cavarsela. Portava gli occhiali. (Rudy urla).

Se vuoi restar vivo lui non deve esistere. (Rudy urla).

Sta succedendo.

(Horst si allontana. La luce si focalizza sulla fac­cia di Max. Rudy urla. Max guarda fisso davanti a sé, mormorando).

Max                   - Non sta succedendo... non sta succedendo.

(La guardia trascina dentro Rudy. Rudy è semin-cosciente. Il suo corpo mutilato sanguina. La guardia lo solleva. L'ufficiale entra nel cerchio. Max guarda da un 'altra parte. L'ufficiale guarda Max che mormora ancora fra sé).

Ufficiale: (A Max) Chi è quest'uomo?

Max                   - Non lo so.

(Max smette di mormorare, guarda dritto davanti a sé).

Ufficiale: È tuo amico? (Silenzio).

Max                   - No.

(Rudy geme).

Ufficiale: Guardalo.

(Max guarda fisso dritto davanti a sé). Guardalo.

(Max guarda Rudy. L'ufficiale colpisce Rudy al petto. Rudy urla).

Ufficiale: È tuo amico?

Max                   - No.

(L'ufficiale colpisce Rudy al petto. Rudy urla). Ufficiale: È tuo amico?

Max                   - No.

(Silenzio). Ufficiale:  Colpiscilo.

(Max fissa l'ufficiale). Così.

(L'ufficiale colpisce Rudy al petto. Rudy urla). Colpiscilo.

(Max non si muove). È tuo amico?

(Max non si muove), È tuo amico?

Max                   - No.

(Max chiude gli occhi. Colpisce Rudy al petto. Ru dy urla).

Ufficiale: Tieni gli occhi aperti

(Max apre gli occhi). Ancora.

(Max colpisce Rudy al petto). Ancora !

(Max colpisce Rudy ripetutamente). Basta.

(L'ufficiale spinge Rudy a terra ai piedi di Max). È tuo amico?

Max                   - No.

(L'ufficiale sorride).

Ufficiale: No.

(L'ufficiale lascia il cerchio di luce. La guardia lo segue. La luce si focalizza sulla faccia di Max. Si sente che il treno corre nella notte. Il treno fischia. Si sente Rudy che geme e chiama Max. La voce di Rudy si confonde col rumore del treno. Max respi­ra profondamente. Rudy chiama Max).

Max                   -  Uno, due, tre, quattro, cinque. (Respira di nuovo pro­fondamente) sei, sette, otto, nove, dieci.

(Rudy non emette più suoni. Max guarda fisso da­vanti a sé),

(Buio).

SCENA SESTA

Le luci illuminano un lato solo del palcoscenico. Un grande barile è posato a terra. In piedi, dietro di esso, un prigioniero caposquadra (Rapò) con un enorme mestolo in mano con cui rimescola il contenuto del barile. Il Kapò porta un triangolo verde sull'uniforme da detenuto. I detenuti, tutti in uni­forme, avanzano uno per uno, con le ciotole in mano per ricevere la loro ra­zione.

Kapò: C'è zuppa stasera.

(Entra un prigioniero con la stella gialla; il Kapò rimescola nel barile). Ecco. Fammi rimescolare. Prenditi un po' di carne. (Riempie la ciotola del detenuto, che esce. Arriva un detenuto con il triangolo rosso. Il Kapò rime­scola il minestrone).

Kapò: Ecco. Tante verdure.

(Riempie la ciotola del detenuto che se ne va. En­tra Horst e il Kapò non rimescola il minestrone).

Ecco.

(Riempie la ciotola di Horst),

Horst                 - Brodo.

Kapò: Cosa?

Horst                 - C'è solo brodo. Non sei andato in fondo col mestolo.

Non c'è che acqua, niente carne, niente verdure.

Niente.

Kapò: Tieniti quello che ti ho dato.

(Horst cerca di prendere il mestolo),

Horst                 - Dammi la carne.

(Il Kapò lo respinge),

Kapò: Dannato finocchio: tieniti questo e zitto! (Buio),

(Le lucisi accendono sull'altro lato del palcosceni­co. Un piccolo angolo stretto infondo alle barac­che. Horst entra procedendo lentamente e si siede rannicchiandosi con la sua ciotola sulle ginocchia. Beve il brodo. Entra Max e avanzando lentamente verso Horst. Ha anche lui una ciotola e indossa l'uniforme con una stella gialla).


Max                   - Ciao.

(Horst lo guarda, ma non dice nulla. Max gli por­ge la sua ciotola). Tieni.

Horst                 - Lasciami in pace.

Max                   - Ho avuto una razione abbondante. Ci sono delle ver­dure, prendi.

(Fa cadere delle verdure dalla sua ciotola in quella di Horst).

Horst                 - Grazie.

(Mangiano in silenzio. Horst alza lo sguardo e os­serva l'uniforme di Max). Stella gialla?

Max                   - Come?

Horst                 - Ebreo?

Max                   - Ah, sì.

Horst                 - Non l'avrei mai pensato. (Silenzio). Mi dispiace per il tuo amico.

Max                   - Chi?

Horst                 - Il tuo amico.

Max                   - Ah...

(Silenzio),

Horst                 - Non c'è una gran vita di società in queste baracche, (Ride) vero?

Max                   - Va benissimo.

Horst                 - Benissimo, certo. E così tu hai una stella gialla.

Max                   - (Indicando il triangolo rosa di Horst) Come mai ti hanno dato questo?

Horst                 - Ho firmato una petizione.

Max                   - E allora...

Horst                 - Tutto qui.

Max                   - Che genere di petizione?

Horst                 - Per Magnus Hirschfeld.

Max                   - Ah, sì, mi ricordo. Berlino.

Horst                 - Berlino.

 

Max                   - Voleva...

Horst                 - Legalizzare i froci. Max : Giusto. Mi ricordo.

Horst   - Sembrava che ci stesse riuscendo, per un po'... Era proprio un movimento. Poi vennero i nazisti. Be', io facevo l'infermiere e dicevano che un frocio non può fare l'infermiere. Immagina se avessi dovuto toccare il pene a un paziente. Dio ne scampi e liberi. E invece dell'infermiere pensarono a un'occupazione più adat­ta per me: il detenuto. Così eccomi qua, col mio trian­golo rosa... Come hai fatto ad avere la stella gialla?

Max                   - Sono ebreo.

Horst                 - Non sei ebreo, sei frocio. (Silenzio).

Max                   - Non lo volevo.

Horst                 - Cosa?

Max                   - Il triangolo rosa.

Horst                 - Ah, non lo volevi...!

Max                   - Sei stato tu a dirmi che era il peggiore.

Horst                 - Sì, qui sì.

Max                   - E allora non lo volevo.

Horst                 - E che hai fatto?

Max                   - Ho lavorato su un certo affare.

Horst                 - Un affare?

Max                   - Sì, sono piuttosto bravo per questo.

Horst                 - Affari con la Gestapo?

Max                   - Sì.

Horst                 - Sei pieno di merda. (Silenzio).

Max                   - E ne farò altri ancora. Non possono tenerci qui per sempre. Prima o poi ci lasceranno andare. Io sono so­lo sotto custodia tutelativa, così mi hanno detto. Ri­marrò vivo.

Horst                 - Non ne dubito.

Max                   - Certo. Sono bravo io.

Horst                 - Grazie per le verdure.

(Comincia ad allontanarsi lentamente).


Max                   - Dove vai?

Horst                 - A dormire. Sai, ci alziamo alle quattro la mattina. So­no nel reparto pietre. Le spacco. È divertente. Ora, se vuoi scusarmi...

Max                   - Non te ne andare.

Horst                 - Sono stanco.

Max                   - Non ho nessuno con cui parlare.

Horst                 - Parla col tuo rabbino.

Max                   - Non sono ebreo.

Horst                 - Allora perché porti quella?

Max                   - Qui dentro è meglio essere ebreo che frocio.

Horst                 - Credo che sia relativo.

Max                   - Tu mi hai detto che il rosa è il peggiore.

Horst                 - È vero, ma solo perché gli altri detenuti ci odiano tan­to. A parte i froci nessuno è trattato peggio degli ebrei.

Max                   - Ho della carne nella minestra.

Horst                 - Buon per te.

Max                   - Rimarrò vivo, io.

Horst                 - Bravo. Fallo.

Max                   - Non te ne andare.

Horst                 - Senti: le amicizie durano circa dodici ore in questo po­sto. Le nostre le abbiamo avute sul treno. Perché non vai a scocciare qualcun altro?!

Max                   - Non credevi che ce l'avrei fatta, eh?, sul treno...

Horst                 - Non ne ero sicuro.

Max                   - Rimarrò vivo, io.

Horst                 - Sì.

Max                   - È merito tuo. Mi hai detto tu come si fa.

Horst                 - Sì. (Pausa) È vero. (Pausa) Mi dispiace.

Max                   - Di che?

Horst                 - Non lo so. Il tuo amico...

Max                   - Ah... (Silenzio) Non era mio amico. (Silenzio).

Horst                 - Tu dovresti portare il triangolo rosa.

Max                   - Ho fatto un affare.

Horst                 - Non si fanno affari qui.

Max                   - Io sì. Io l'ho fatto.

Horst                 - Sì. (Fa per andarsene di nuovo).

Max                   - Dicevano che se io... ce la facevo... dicevano...

Horst                 - Cosa?

Max                   - Niente.

(Horst si avvicina lentamente alle spalle di Max). Se ce la facevo a dimostrare... Non so come...

Horst                 - Cosa?

(Si ferma e si siede accanto a Max).

Max                   - Niente.

(Silenzio).

Horst                 - Sforzati. (Silenzio) Penso che sarebbe meglio. (Silenzio) Prova a dirmelo.

Max                   - Niente.

(Silenzio).

Horst                 - OK.

(Si muove per andarsene).

Max                   - L'ho fatto... mi hanno portato... in quella stanza... (Horst si ferma).

Horst                 - Dove?

Max                   - In quella stanza.

Horst                 - Sul treno?

Max                   - Sì, sul treno. E dicevano... provaci che sei... e io l'ho fatto.

Horst                 - Prova che sei cosa?

Max                   -  ... Non sei...

Horst                 - Non sei cosa?

Max                   - Finocchio.

Horst                 - Come?

Max                   - Lei.

Horst                 - Lei?

Max                   - Dicevano, se tu... e l'ho fatto...

Horst                 - Fatto che?

Max                   - Lei. Fatto...

Horst                 - Fatto che?

Max                   - L'amore.

Horst                 - Con chi?

Max                   - Con lei.

Horst                 - Chi era lei?

Max                   - Forse aveva... aveva... forse aveva solo tredici anni... ed era... forse era... morta.

Horst                 - Oh.

Max                   - Appena. Appena morta, minuti forse... proiettili... dentro... Dicevano... provaci che sei... E io l'ho fat­to... provaci che sei... erano molti e guardavano... be­vevano... «È un po' invertito» dicevano, «non ce la fa...». Ma io l'ho fatto...

Horst                 - Come?

Max                   - Non... non so... non so come. Volevo...

Horst                 - Rimanere vivo.

Max                          - E e 'era qualcosa...

Horst                 - ... qualcosa?

Max                   - ... di eccitante.

Horst                 - Oh Dio!

Max                   - Io lui l'ho colpito lui, l'hai visto. Lei l'ho baciata. Labbra morte. Lui l'ho ucciso. Labbra dolci. Un an­gelo.

Horst                 - Dio.

Max                   - Era... come un angelo... per salvarmi... appena sboc­ciati... i suoi seni... appena sbocciati... dicevano non ce la fa... è un po' invertito... Ma l'ho fatto... e ho provato... ho provato che non ero... (Silenzio) E loro erano tutti contenti.

Horst                 - Sì.

Max                   - E ho detto: «Non sono checca». E loro ridevano. «Datemi una stella gialla». E loro hanno detto «Ma certo, facciamolo ebreo. Non è checca». E ridevano. Si divertivano. Ma... io... ho avuto... la mia stella...

Horst                 - (Dolcemente) Oh sì.

Max                   - Ho avuto la mia stella.

Horst                 - Sì.

 (Horst tocca la faccia di Max)

Max                   - Non mi toccare. (Lo respinge) Non devi farlo. Per il tuo bene. Non mi devi toccare. Sono marcio.

Horst                 - No.

(Lo tocca ancora. Max lo colpisce).

Max                   - Marcio.

(Horst fissa Max).

Horst                 - No.

(Horst si allontana lentamente ed esce. Ma è solo. Respira profondamente. Chiude gli occhi e respira ancora profondamente. Apre gli occhi).

Max                   -  Uno, due, tre, quattro, cinque. (Respira di nuovo pro­fondamente) Sei, sette, otto, nove, dieci.

(Buio).

 

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Un mese dopo. Un reticolato si estende per tutto il palcoscenico. Di fronte al reticolato da una parte'c'è un mucchio di pietre. Dall'altra, in lontananza, una fo£a profonda.

Max trasporta le pietre. Ne prende una dal mucchio e la porta al lato oppo­sto cominciando un nuovo mucchio.

Torna indietro e ne prende un 'altra. Porta le pietre una per una. Indossa un berretto da prigioniero. Il caporale entra con Horst che porta anch 'egli un berretto uguale. Il caporale è molto autoritario.

Caporale            - Qui. Tu lavorerai qui.

Horst                 - Sissignore.

Caporale            - Lui ti spiegherà.

Horst                 - Sissignore.

Caporale            - Io sto lassù

(Indica un punto fuori e in alto).

Horst                 - Sissignore.

Caporale            - E vedo tutto.

Horst                 - Sissignore.

Caporale            - Non si batte la fiacca.

Horst                 - Nossignore.

Caporale            - Io vedo tutto.

Caporale            - (A Max) Tu.

(Max posa la sua pietra).

Max                   - Sissignore.

Caporale            - Digli cosa deve fare.

Max                   - Sissignore.

Caporale            - Non si batte la fiacca.

Max                   - Nossignore.

Caporale            - Io vedo tutto.

Max                   - Sissignore.

Caporale            - (Ad Horst) Tu.

Horst:                Sissignore.

Caporale            - Ogni due ore c'è una pausa di riposo.

Horst:                Sissignore.

Caporale            - Di tre minuti.

Horst:                Sissignore.

Caporale            - Sull'attenti.

Horst:                Sissignore.

Caporale            - Senza muoversi.

Horst:                Sissignore.

Caporale            - Per riposare.

Horst:                Sissignore.

Caporale            - Tre minuti.

Horst:                Sissignore.

Caporale            - Suona una sirena.

Horst:                Sissignore.

Caporale            - (A Max) Tu.

Max:                  Sissignore.

Caporale            - Spiegaglielo.

Max:                  Sissignore.

Caporale            - Niente fiacca.

Max:                  Nossignore.

Caporale            - (A Horst) Tu.

Horst:                Sissignore.

Caporale            - Quando la sirena suona.

Horst:                Sissignore.

Caporale            - Non muoverti.

Horst:                Nossignore.

Caporale            - Tre minuti.

Horst:                Sissignore.

Caporale            - Lui ti spiegherà.

Horst:                Sissignore.

 

Caporale            - (A Max) Tu.

Max:                  Sissignore.

Caporale            - Sei responsabile.

Max:                  Sissignore.

Caporale            - Io sto lassù.

Max:                  Sissignore.

Caporale            - (A Horst) Tu.

Horst:                Sissignore.

Caporale :          Io vedo tutto.

Horst:                Sissignore.

(Il caporale se ne va. Horst lo segue attentamente

finché non è uscito). C'era un ragazzo nella mia scuola, che sembrava quel­lo. Voleva a tutti i costi che giocassimo al Cucuzzaro.

Max:                  Allora. Ti spiego.

Horst:                D'accordo.

Max:                  Dobbiamo spostare le pietre.

Horst:                Sissignore.

Max:                  Le vedi quelle...

Horst:                Sissignore.

Max:                  Ne prendi una per volta.

Horst:                Sissignore.

Max:                  E la porti laggiù.

Horst:                Sissignore.

Max:                  E quando il mucchio da quella parte è fatto, ne prendi una per volta e le riporti indietro.

(Horst guarda Max. In silenzio).

Horst:                Le riporti indietro?

Max:                  Sì.

Horst:                Si spostano le pietre da qui a lì e poi da lì a qui?

Max:                  Sissignore.

Horst:                E perché?

Max:                  Comincia a muoverti. Ci sta guardando.

(Max continua a spostare pietre. Horst fa lo stes­so. Lo fanno con ritmi diversi, a volte superandosi l'un l'altro).

Horst                 - D'accordo.

Max                   - È studiato per farci impazzire.

Horst                 - Queste pesano!

Max                   - Ti abituerai.

Horst                 - Cosa intendi per «farci impazzire»?

Max                   - Niente. Solo questo. Non ha senso. Non serve a niente. Io ci ho pensato bene. Lo fanno per farci impazzire.

Horst                 - Probabilmente loro sanno cosa stanno facendo.

Max                   - No, non lo sanno. Io ci ho pensato bene. È il miglior lavoro qui dentro. È per questo che ti ho voluto qui.

Horst                 - Cosa?

(Mette giù la sua pietra).

Max                   - Non ti fermare. Muoviti.

(Horst raccoglie la pietra e la trasporta). Un altro paio di cose. Quel reticolato.

Horst                 - Sì.

Max                   - È elettrificato. Non lo toccare o finisci arrosto.

Horst                 - Ci starò attentissimo.

Max                   - E laggiù. Quella fossa.

Horst                 - Dove?

Max                   - Là in fondo.

Horst                 - Oh sì, ha una puzza tremenda.

Max                   - Cadaveri.

Horst                 - Nella fossa?

Max                   - A volte dobbiamo buttarceli dentro.

Horst                 - Ah, bene. Spezzerà la routine. Che vuol dire che mi hai voluto qui?

Max                   - Ho fatto un affare.

Horst                 - Non voglio sentire. (Pausa). Sì, invece. Che cazzo succede? Mi hai voluto qui?! Che diritto avevi...?'

Max                   - Attento.

Horst                 - Cosa?

Max                   - Fai cadere la pietra.

Horst                 - No, no la tengo, la tengo. Che diritto avevi...?

 Max                  - Stavi a spaccar pietre, no?

Horst                 - Sì.

Max                   - Ed era più duro di questo, no?

Horst                 - Credo di sì.

Max                   - La gente si ammalava, vero?

Horst                 - Sì.

Max                   - Moriva, vero?

Horst                 - Sì.

Max                   - Le guardie ti picchiavano se non lavoravi abbastanza, vero?

Horst                 - Sì.

Max                   - (Con orgoglio) E allora?

Horst                 - Allora? Allora cosa?

Max                   - Allora era pericoloso.

Horst                 - Perché questo non lo è?

Max                   - No. Qui non si ammala nessuno. Guarda quei tipi là che spostano pietre. (Li indica) Sembrano più sani che mai-. Nessuno muore. Le guardie non picchiano per­ché è un lavoro totalmente inutile. Al massimo ti può far impazzire.

Horst                 - Solo questo?

Max                   - Sì.

Horst                 - Allora forse era meglio l'altro.

Max                   - No. Io ci ho pensato bene. Questo è il miglior lavoro del campo, se riesci a tenere la testa a posto, se hai qualcuno per parlare...

Horst                 - Ah, ho capito. Qualcuno per parlare. Non credi che avresti dovuto chiedermelo...?

Max                   - Chiedere che?

Horst                 - Se mi andava di spostar pietre, se mi andava di parla­re con te...

Max                   - Non potevo. Ti hanno trasferito.

Horst                 - Grazie al cielo!

Max                   - Nella tua nuova baracca siete tutti triangoli rosa?

Horst                 - Sì. Arrestano froci ogni giorno di più, stanno dilagan­do in questo campo. E voi siete tutti stelle gialle?

Max                   - Sì.

Horst                 - Bene. Potresti diventare un ebreo praticante. C'era un vecchio dove ero prima. Un rabbino. Davvero gentile. Non è facile essere gentile qua dentro. E lui era genti­le. Era gentile con me. Nessun'altra stella gialla vole­va riconoscere un triangolo rosa. Non siamo abba­stanza buoni per soffrire con loro. Ma quest'uomo era talmente devoto. Ho pensato a te.

Max                   - Perché?

Horst                 - Forse se lo conoscessi saresti fiero della tua stella gial­la. Dovresti esser fiero di qualcosa.

Max                   - Non continuare a guardarmi. Se non vedono che ci guardiamo, non possono accorgersi che parliamo. (Silenzio).

Horst                 - Da dove vengono i cadaveri?

Max                   - Quali cadaveri?

Horst                 - Quelli della fossa.

Max                   - Il reticolato. Il trucco del cappello.

Horst                 - Ah. E cos'è?

Max                   - Qualche volta una guardia butta il cappello di un pri­gioniero sul reticolato e gli ordina di andare a ripren­derlo. Se non lo fa la guardia gli spara. Se ci va rima­ne fulminato.

Horst                 - Credo che mi piacerà qui. Grazie davvero.

Max                   - Guarda che ti sto facendo un favore.

Horst                 - Ma quale favore? Volevi solo qualcuno con cui parla­re per non impazzire. Ed io sono il solo a conoscere il tuo segreto.

Max                   - Che segreto?

Horst                 - Che sei un triangolo rosa.

Max                   - Non è un segreto.

Horst                 - E allora mettitene uno.

Max                   - No. Sono ebreo ora.

Horst                 - Non sei ebreo.

Max                   - Loro credono che lo sia.

Horst                 - Ma è una menzogna.

Max                   - È una menzogna intelligente.

Horst                 - Tu sei pazzo.

Max                   - Credevo che mi saresti stato grato.

Horst                 - Ecco perché ti piace questo lavoro. Non ti può far im­pazzire, sei già pazzo.

Max                   - Mi è costato soldi farti venir qui.

Horst                 - Soldi?

Max                   - Sì. Ho dovuto ungere la guardia.

Horst                 - E dove hai trovato i soldi?

Max                   - Mio zio me ne ha mandati. La prim a lettera che ho ri­cevuto. Non era firmata, ma c'erano i soldi dentro.

Horst                 - E tu hai unto la guardia.

Max                   - Sì.

Horst                 - Per me?

Max                   - Sì.

Horst                 - E hai usato il tuo denaro?

Max                   - Sì.

Horst                 - Probabilmente non ne riceverai altro.

Max                   - Probabilmente no.

Horst                 - Tu sei pazzo.

Max                   - Credevo che mi saresti stato grato.

Horst                 - Avresti dovuto chiedermelo prima.

Max                   - Come potevo chiedertelo? Eravamo in baracche sepa­rate. Credi che sia facile ungere una guardia? È com­plicato e pericoloso. Avrebbe potuto rivoltarmisi con­tro. Ho rischiato. Credi che non abbia rischiato? Ho rischiato. Pensavo che mi saresti stato grato.

Horst                 - Non ti sono grato. Adoravo spaccar pietre. Mi piace­va quel vecchio rabbino. Questo è roba da pazzi. Do­dici ore al giorno di questo? Diventerò pazzo come te nel giro di una settimana. Oh, Cristo!

Max                   - Mi dispiace di averlo fatto. Horst : Ti dispiace !

Max                   - Questo campo non ti è toccato per caso, ecco tutto. Tu non sai cos'è bene per te. Questo è il miglior lavo­ro possibile.

Horst                 - Muovere pietre avanti e indietro senza ragione. Accanto a una fossa piena di cadaveri e a un reticolato che ti può ridurre in cenere. Il miglior lavoro possibile!

Max                   - Sì. Ma perché non capisci?

Horst                 - Non voglio capire. Non voglio parlare con te.

Max                   - Tu devi parlare con me.

Horst                 - E perché.

Max                   - Ti ho fatto venir qui per parlare con me.

Horst                 - Be', ti è andata male: non voglio parlare con te. Spo­sta le tue pietre che io sposto le mie. E fammi il piace­re di non parlarmi.

(Spostano entrambi le loro pietre. Un lungo silenzio).

Max                   - Credevo che mi saresti stato grato. (Buio).

SCENA SECONDA

Lo stesso luogo. Tre giorni dopo.

Max e Horst muovono le pietre. Fa molto caldo e marino posato le camicie per terra. Un lungo silenzio.

Horst                 - Fa caldo. Caldo da impazzire. (Silenzio).

Max                   - Mi hai parlato.

Max                   - Horst:

Max                   - Horst:

Horst                 - Sì, del tempo.

Max:                  Dopo tre giorni di silenzio.

Horst                 - Parlavo del tempo. Tutti parlano del tempo. (Silenzio). Comunque...

(Silenzio).

Max:                  Hai detto qualcosa?

Horst:                No.

(Silenzio).

Comunque.

Max:                  Comunque?

Horst:                Comunque. Comunque mi dispiace. (Siferma) A volte in questo posto mi comporto come tutti gli altri, in mòdo assolutamente schifoso. Tagliati fuori, meschini, inumani, mi dispiace. Mi stavi facendo un favore. Questo è un buon posto. E il favore non servirà a nul­la se non parliamo, vero?

Max                   - Muoviti.

Horst                 - Come?

Max                   - Parla mentre ti muovi. Non ti fermare. Ci possono ve­dere.

Horst                 - (Riprendendo a spostar pietre) È difficile parlare quando tu vai da una parte e io dall'altra. Cristo! Fa caldo. (Silenzio) È morto uno la notte scorsa.

Max                   - Dove?

Horst                 - Nella mia baracca. Un musulmano.

Max                   - Un arabo?

Horst                 - No, un musulmano. È quello che si dice un morto che cammina. Sai uno di questi che non mangiano, non parlano. Vanno semplicemente in giro aspettando di morire sul serio.

Max                   - Li ho visti.

Horst                 - E così uno è morto sul serio. Nella mia baracca. (Silen­zio) Cristo se è caldo !

Max                   - Ci perderemo le Olimpiadi.

Horst                 - Le cosa?

Max                   - Le Olimpiadi, il mese prossimo, a Berlino.

Horst                 - Ah, mi pareva! Ecco perché non volevo venir qui.

Max                   - Forse ci lasceranno andare.

Horst                 - Per le Olimpiadi.

Max                   - Sì, come gesto di buona volontà. È possibile, no, do­po tutto. Non credi?

Horst                 - Credo di no.

(Silenzio).

Marx: Gira una voce...

Horst                 - Cosa?

Max                   - Stasera sardine.

Horst                 - Non mi piacciono le sardine.

Max                   - È solo una voce. (Silenzio).

Horst:                Cristo, Fa caldo.

                          (Silenzio).

Max:                  Molto.

                          (Silenzio).

Horst:                Molto che?

                          (Silenzio).

Max:                  Molto caldo.

                          (Silenzio).

Horst:                Pensa un po'...

                          (Silenzio).

Max:                  Cosa?

                          (Silenzio).

Horst:                Pensa se dopo tutto questo... (Silenzio) Non abbiamo nulla da dirci.

                          (La sirena suona. Max e Horst posano le pietre e si mettono sull'attenti fissando in alto e dritto da­vanti a sé).

                          Merda! Preferisco spostare pietre piuttosto che star­mene impalato al sole. Che razza dì riposo!

Max:                  Fa parte del loro piano.

Horst:                Quale piano?

Max:                  Per farci impazzire. (Silenzio).

                          Sono stato tremendo a farti venir qui?

Horst:                No.

Max:                  Si invece, sì. Vero?

Horst:                No.

Max:                  Non avevo nessun diritto...

Horst:                Piantala. Piantala di pensare a quanto sei tremendo. Dai, non essere depresso. Sorridi. (Silenzio) Non stai sorridendo.

Max:                  Non mi vedi...

Horst:                Ma ti sento...

Max:                  Vorrei che potessimo guardarci.

Horst:                Io ti sento.

Max:                  Loro odiano se ci si guarda.

Horst:                Io ti ho guardato tutta la mattina.

 Max                  - Sì?

Horst                 - Sei proprio sexy.

Max                   - Io?

Horst                 - Senza la camicia.

Max                   - No.

Horst                 - Ma dai! Lo sai che sei sexy.

Max                   - No.

Horst                 - Bugiardo.

(Max sorride).

Max                   - Certo, che sono bugiardo.

Horst                 - Certo.

Max                   - Sono sempre stato sexy.

Horst                 - Hu... hu...

Max                   - Da quando ero bambino.

Horst                 - Si?

Max                   - Dodici anni. Mi sono messo subito nei guai quando avevo...

Horst                 - Dodici?

Max                   - Dodici.

Horst                 - Hai un bel corpo.

Max                   - Lo curo molto. Faccio esercizio.

Horst                 - Come?

Max                   - Di notte alla baracca faccio le flessioni.

Horst                 - Dopo dodici ore che spostiamo pietre?

Max                   - Sì, ci ho pensato bene^ Bisogna mantenersi forti in tutto il corpo. Da soli. È il solo modo di sopravvivere qua dentro. Dovresti farlo anche tu.

Horst                 - Non mi piace fare ginnastica.

Max                   - Eppure sei un infermiere.

Horst                 - Per gli altri, non per me.

Max                   - Ma devi pensare a sopravvivere.

Horst                 - A dormire. Io penso a dormire. Questo è il mio modo di sopravvivere. Altrimenti penso a nulla. (Silenzio) E mi spaventa quando non penso a nulla. (Silenzio).

Marx: Anche il tuo corpo è bello.

Horst                 - È a posto. Nulla di speciale.

Max                   - No. È proprio bello.

Horst                 - Non come il tuo.

Max                   - No, ma va proprio bene...

Horst                 - E come lo sai?

Max                   - Ti ho guardato.

Horst                 - Davvero?

Max                   - Davvero.

(Silenzio).

Horst                 - Senti, ma tu...

Max                   - Cosa?

Horst                 - ... a te manca...?

Max                   - Cosa?

Horst                 - Lo sai.

Max                   - No, no.

Horst                 - A tutti manca.

Max                   - No.

Horst                 - Nel campo manca a tutti.

Max                   - No.

Horst                 - Diventano matti da quando gli manca.

Max                   - No.

Horst                 - Dai. Non ci sente nessuno. Con me non sei una stella gialla, ricordi? Ti manca?

Max                   - Non voglio...

Horst                 - Cosa?

Max                   - Che mi manchi.

Horst                 - Ma...

(Silenzio).

Max                   - Sì.

Horst                 - Anche a me. (Silenzio) Non dobbiamo, però.

Max                   - Come?

Horst                 - Non ci deve mancare. (Silenzio) Siamo insieme. Non ci deve mancare.

Max                   - Non possiamo guardarci, non possiamo toccarci.

 Horst : Possiamo sentirci...

Max                   - Sentire che?

Horst                 - Sentirci. Senza guardare, senza toccare. Io ti posso sentire, ora. Vicino qui. Mi senti tu...?

Max                   - No.

Horst                 - Dai. Non aver paura. Non ci sente nessuno. Tu mi senti?

Max                   - Forse.

Horst                 - Non lo saprà nessuno. Sta tranquillo. Sentimi...

Max                   - Forse.

Horst                 - Sentimi.

Max                   - Fa così caldo...

Horst                 - Ora ti tocco.

Max                   - No.

Horst                 - Ti tocco.

Max                   - Brucia.

Horst                 - Ti bacio.

Max                   - Brucia.

Horst                 - Ti sto baciando gli occhi.

Max                   - Caldo.

Horst                 - Ti sto baciando le labbra.

Max                   - Sì.

Horst                 - La bocca.

Max                   - Sì.

Horst                 - Dentro la bocca.

Max                   - Sì.

Horst                 - Il collo.

Max                   - Sì.

Horst                 - Più giù.

Max                   - Sì.

Horst                 - Il petto. La lingua...

Max                   - Brucia.

Horst                 - Il tuo petto.

Max                   - La tua bocca.

Horst                 - Sto baciando il tuo petto.

Max                   - Sì.

Horst                 - Forte.

Max                   - Sì.

Horst                 - Più giù.

Max                   - Sì.

Horst                 - Più giù.

Max                   - Sì.

Horst                 - Il tuo cazzo.

Max                   - Sì.

Horst                 - La senti la mia bocca?

Max                   - Sì. Senti il mio cazzo?

Horst                 - Sì. La senti...?

Max                   - Lo senti...?

Horst                 - Bocca.

Max                   - Cazzo.

Horst                 - Cazzo.

Max                   - Bocca.

Horst                 - Lo senti il mio cazzo?

Max                   - La senti la mia bocca?

Horst                 - Sì.

Max                   - Lo sai che sto facendo?

Horst                 - Sì. Puoi provare quello che sto facendo?

Max                   - Sì.

Horst                 - Provalo.

Max                   - Sentimi.

Horst                 - Insieme...

Max                   -  Insieme...

Horst                 - Mi senti?

Max                   - Ti sento.

Horst                 - Ti vedo.

Max                   - Ti sento.

Horst                 - Sei mio.

Max                   - Ti voglio.

Horst                 - Mi senti dentro di te?

Max                   - Ti voglio dentro di me.

Horst                 - Senti...

Max                   - Sei dentro di me...

Horst                 - Dentro.

Max                   - Forte.

Horst                 - Mi senti spingere dentro te?

Max                   - Ti stringo.

Horst                 - Spinto.

Max                   - Oh.

Max                   - Forte.

Horst                 - Oh.

Max                   - Forte.

Horst                 - Sto per...

Max                   - Forte.

Horst                 - Lo senti...? Sto per...

Max                   - Ci siamo tutti e due.

Horst                 - E tu...? tu...?

Max                   - Oh sì.

Horst                 - Tu,...?

Max                   - Sì. Sì.

Horst                 - Senti...

Max                   - Sì. Forte...

Horst                 - Senti...

Max                   - Ancora...

Horst                 - Ohhh...

Max                   - Ora!...

Horst                 - Sì...

Max                   -  Ora! (Ansimando) Oh! Oh! Dio! (Ha un orgasmo).

Horst                 - Ohh...! Ora! Ohhh!

(Ha un orgasmo. Silenzio).

Oh. (Silenzio) Tu?

Max                   - Sì. E tu?

Horst                 - Sì.

(Silenzio).

Max:                  Scopi divinamente.

Horst:                Anche tu. (Silenzio) Max?

Max:                  Come?

Horst:                L'abbiamo fatto, - in culo alle guardie, in culo al campo - l'abbiamo fatto! Non ci ammazzano più. Abbiamo fatto l'amore. Eravamo veri. Eravamo umani. Abbiamo fatto l'amore. Non ci ammazzano più.

 (Silenzio).

Max:                  Non avre...

Horst:                Come?

Max:                  Non avrei mai pensato...

Horst:                Cosa?

Max:                  ...di poterlo fare in tre minuti.

(I due ridono. La sirena suona. Raccolgono le pie­tre e ricominciano a spostarle da una parte all'al­tra).

(Buio).

SCENA TERZA

Lo stesso luogo. Due mesi dopo. Max e Horst spostano pietre. Cammina­no piano tutti e due.

Horst                 - Sto diventando pazzo. (Silenzio).

Sto diventando pazzo. (Silenzio).

Sto diventando pazzo. Sogno pietre. Chiudo gli occhi e sposto pietre. Pietre che non finiscono mai, pietre senza fine.

(Silenzio).

Sto diventando pazzo.

Max                   - Pensa a qualcos'altro.

Horst                 - Non ce la faccio a pensare. Sono stato sveglio tutta la notte. Ecco perché sto diventando pazzo.

Max                   - Tutta la notte?

Horst                 - Dai! Non hai sentito? Abbiamo dovuto star fuori dal­la baracca tutta la notte.

Max                   - No.

Horst                 - Sì. Punizione. Tutta la notte sull'attenti.

Max                   - Per che cosa?

Horst                 - Uno s'è ucciso nella mia baracca.

Max                   - Un musulmano?

Horst                 - No, nò. Non significa nulla se un musulmano si ucci­de, ma se lo fa una persona che è ancora una persona (e non un morto vivente) beh... È una specie di sfida, no? Loro non lo sopportano: è un atto di volontà libe­ra. Non per me, ma per certi sì. E siamo stati puniti.

Max                   - Mi dispiace.

Horst                 - Certo. Stella gialla è dispiaciuto. (Silenzio).

Max                   - Gira una voce...

Horst                 - Sardine?

Max                   - Sì.

Horst                 - Odio le sardine, odio tutta la roba da mangiare. Avanzi. Avanzi di sardine. Non vale la pena mangiar­li. Non credevo nemmeno che esistessero avanzi di sardine (Silenzio). Sto diventando pazzo.

Max                   - D'accordo. Tu stai impazzendo. Mi dispiace. È colpa mia.

Horst                 - Che vuoi dire, colpa tua?

Max                   - Averti fatto venire qui. Mi fai sentire così in colpa. E hai ragione. Questo lavoro è il peggiore. Ho sbaglia­to. Mi dispiace.

Horst                 - Sono contento di stare qui.

Max                   - Oh... certo.

Horst                 - Davvero.

Max                   - E come è possibile?

Horst                 - Questo è il mio segreto. (Pausa) Forse se chiudo gli oc­chi...

Max                   - Gira un voce...

Horst                 - Cosa?

Max                   - Forse ci danno le patate.

Horst                 - Quando?

Max                   - Domani.

Horst                 - Non ci credo.

Max                   - Lo dicevano alla baracca.

Horst                 - Chi lo diceva?

Max                   - Dei tipi.

Horst                 - Sono sexy?

Max                   - Sta' zitto.

Horst                 - Dovresti stare con noi, quello è il tuo posto.

Max                   - No. Ma tu non dovresti star qui.

Horst                 - Io voglio star qui.

Max                   - E perché dovresti voler star qui? Sei già impazzito.

Horst                 - Certo che sono pazzo. Sto cercando di dirti che sono impazzito. E voglio stare qui.

Max                   - Perché?

Horst                 - Perché. Perché amo le pietre. (Pausa) Perché ti amo. (Pausa)'Ti amo. Davvero. Non è cretino? Quando non sogno le pietre, sogno te. Sono sei settimane che ti so­gno. Mi aiuta ad alzarmi. Mi aiuta a rifare il letto alla perfezione così che non mi puniscono. Mi aiuta a spingere per avere un posto nella fila al cesso. Mi aiu­ta a mangiare questa roba nauseabonda. Mi aiuta a sopportare le continue lotte della baracca. Sapere che ti vedrò. Almeno per un attimo quando passi, con la coda dell'occhio. È una ragione per vivere. Per questo sono contento di stare qui.

(Max è davanti ad un mucchio di pietre e le dispo­ne in pile simmetriche).

Che stai facendo?

Max                   - Le metto a posto per bene. Stiamo diventando disor­dinati. Ci possono picchiare per questo. (Silenzio) Non mi amare.

Horst                 - Mi fa felice. Non fa male a nessuno. È il mio segreto.

Max                   - Non mi amare.

Horst                 - È il mio segreto ed ho un segnale. Nessuno lo sa. Quando liscio il mio sopracciglio sinistro guardandoti così... (Si liscia il sopracciglio sinistro) Significa che ti amo. Scommetto che non c'eri arrivato. Lo posso fare anche in faccia alle guardie. Non lo sa nessuno, è il mio segreto. (Comincia a tossire) Fa freddo. Era meglio col caldo. Non mi piace il freddo.

Max                   - Non mi amare.

Horst                 - Non posso farne a meno.

Max                   - Non voglio che nessuno mi ami.

Horst                 - Peccato.

Max                   - Non riesco a riamare nessuno.

Horst                 - E chi ti ha chiesto di farlo?

Max                   - Le checche non sono fatte per amare. Lo so. Una vol­ta credevo di amare una persona. Lavorava nella fab­brica di mio padre. Mio padre gli ha dato dei soldi perché se ne andasse. E lui se ne è andato. Le checche non sono fatte per amare. Non vogliono che lo faccia­mo. Lo sai che mi amava? Quel ragazzo, quel balleri­no. Non mi ricordo come si chiamava, ma l'ho am­mazzato. Vedi... le checche non sono fatte per amare. Ammazzerò anche te. Odiami, è meglio, odiami. Non mi amare.

Horst                 - Faccio quello che mi pare. E comunque non sono af­fari tuoi. Mi dispiace di avertelo detto.

Max                   - Mi dispiace di averti fatto venire qui.

(Finisce di sistemare le pietre. Ricomincia a spo­starle. Silenzio. Horst tossisce di nuovo).

Perché tossisci?

Horst                 - Perché mi va.

Max                   - Hai preso freddo?

Horst                 - È probabile. Sveglio tutta la notte, al vento.

Max                   - Sta arrivando l'inverno.

Horst                 - Lo so. (Silenzio) Voglio solo chiudere gli occhi...

Max                   - Gira una voce...

Horst                 - Non me ne frega niente.

Max                   - Non vuoi sapere?

Horst                 - Ficcatele, le tue voci.

(Tossisce ancora. Scivola, lascia andare la pietra e cade a terra).

Max                   - Horst!

(Posa la sua pietra),

Horst                 - Merda!

(Max fa per muoversi verso di lui).

Non ti muovere! Ci sta guardando. La guardia. Non mi aiutare, sennò ti ammazzano. Torna alla tua pie­tra! Mi senti? Torna indietro.

(Max torna indietro, raccoglie la pietra, ma rima­ne fermo in piedi a guardare Horst. Horst tossi­sce, poi guarda Max).

Muoviti!

(Max sposta la pietra).

Tutto bene. Va tutto bene. Ora mi alzo. Ora mi alzo. Non mi aiutare mai. (Si tira su) Sono su ora. Va tutto bene. (Raccoglie la pietra) Questa roba schifosa diventa sempre più pesante, (Comincia a muovere la pietra) La guardia stava osservando. Se mi avessi aiutato ti avrebbe fatto fuori. Non preoccuparti mai di me. Non mi guardare. Ricordatelo. Ti amo. Ma non ti aiuterò se cadi. Non azzardarti ad aiutarmi. Non mi ami nem­meno, perché dovresti aiutarmi. Salviamo solo noi stessi. Capito? Capito!?

Max                   - Si Ho capito.

Horst                 - Promettimelo, allora. Dai. Promettimelo. Salviamo solo noi stessi.

Max                   - D'accordo.

Horst                 - Promettilo!

Max                   - Si.

Horst                 - Sei un pazzo. Non ti amo più. Era solo una fantasia passeggera. Io amo me. Tu, poveretto, non ami nes­suno. (Silenzio) Fa freddo. Arriva l'inverno.

(Camminano spostando pietre in silenzio).

(Buio).

 SCENA QUARTA

Lo stesso luogo. Due mesi dopo.

Max e Horst spostano le pietre. Indossano delle giacche. Horst è più lento che mai, come stordito. Trasporta le pietre con evidente difficoltà. Ha un at­tacco di tosse.

Max                   - Avrete un capo-baracca, no?

(Horst continua a tossire). Lui te la può fare avere la medicina.

(La tosse continua). Devi chiederglielo.

(La tosse continua). Qualcuno ti deve aiutare.

(La tosse continua) Devi smetterla di tossire...!

Horst                 - Non importa.

Max                   - Se sei gentile con il kapò...

Horst                 - Non fa nulla.

Max                   - Qualche medicina.

Horst                 - Per che cosa? La tosse? E le mani?

Max                   - Ti ho detto che devi fare esercizio.

Horst                 - Si sono congelate.

Max                   - E allora fai esercizio.

Horst                 - Non importa.

Max                   - Ogni notte faccio esercizio con le dita, su e giù, una alla volta. Le flessioni non le faccio più. Solo le dita.

Horst                 - Non importa.

Max                   - Stai perdendo peso.

Horst                 - Non mi piacciono le sardine.

Max                   - Non capisco cosa ti succede. Non ti capisco.

Horst                 - Non importa.

Max                   - Non riesco mai a convincerti di nulla. Eppure sono bravo a convincere la gente.

Horst                 - Non puoi convincermi ad amare le sardine.

(Horst ricomincia a tossire e l'attacco va avanti per un minuto poi si calma).

Max                   - Hai bisogno della medicina.

Horst                 - Smettila di sgridarmi.

Max                   - Devi vedere il tuo kapò.

Horst                 - Non gliene frega nulla.

Max                   - Prova a chiederglielo.

Horst                 - Vuole soldi.

Max                   - Sei sicuro?

Horst                 - Non importa.

Max                   - Credevo che ci tenessi a te.

Horst                 - E che ne sai tu?

Max                   - Credevo che ti volessi bene.

Horst                 - Fa troppo freddo.

Max                   - Lo sai cosa? (Silenzio) Lo sai che? Stai diventando peg­gio di un mussulmano.

Horst                 - Tu sei diventato ebreo. Io sono diventato musulma­no.

Max                   - Non sei spiritoso.

Horst                 - I musulmani non fanno mai dello spirito. Quindi non sono musulmano. Ho solo freddo.

Max                   - Ho paura.

Horst                 - E chi non ne ha?

Max                   - Ho paura per te.

Horst                 - Ti conviene, averla per te.

Max                   - Ma perché non mi stai a sentire?

Horst                 - I musulmani non sentono niente.

Max                   - Tu non sei un musulmano.

Horst                 - E chi l'ha mai detto?

Max                   - Non volevo dir questo. Tu non sei un musulmano.

Horst                 - E tu non sei un ebreo.

Max                   - Non te ne scordi mai, tu?

Horst                 - Se me ne scordo... allora... divento un musulmano. (Suona la sirena e i due posano le pietre e si metto­no sull'attenti, fianco a fianco, guardando fisso in alto). Senti. Sono gelato. Ho le dita intirizzite dal freddo,

 continuo a tossire, odio il cibò. È tutto qui, nulla di speciale. Non ti agitare.

Max                   - Voglio che tu ti prenda cura di te stesso.

Horst                 - Lo farei, se fosse caldo.

Max                   - Ti scaldo io.

Horst                 - Non puoi.

Max                   - Lo so io come.

Horst                 - No, non lo sai.

Max                   - Io lo faccio. Sono bravo, l'hai detto tu.

Horst                 - Quando l'ho detto?

Max                   - Sto accanto a te...

tìORST: Smettila...

Max                   - Ho voglia di fare l'amore con te.

Horst                 - No. Non ora.

Max                   - Sì. Ora.

Horst                 - Ho il mal di testa. Non posso.

Max                   - Non scherzare.

Horst                 - I musulmani non scherzano mai.

Max                   - Tu non sei un musulmano.

Horst                 - Tu non sei un ebreo.

Max                   - Dimenticatene.

Horst                 - No.

Max                   - Io farò all'amore con te.

Horst                 - No.

Max                   - Ti scalderò.

(Pausa).

Horst                 - Non puoi.

Max                   - Lo senti il caldo...

Horst                 - No.

Max                   - Tu lo senti, invece. (Pausa).

Horst                 - Alle dita?

Max                   - Dappertutto.

Horst                 - Non ci riesco.

Max                   - Ti bacio le dita.

Horst                 - Sono intirizzite.

Max                   - La mia bocca è calda.

Horst                 - Loro sono fredde.

Max                   - La mia bocca brucia.

Horst                 - Le mie dita...

Max                   - ...si scaldano.

Horst                 - Davvero?

Max                   - Si stanno scaldando.

Horst                 - Non saprei...

Max                   - Si stanno scaldando.

Horst                 - Un po'.

Max                   - Si scaldano.

Horst                 - Sì.

Max                   - La mia bocca brucia. Le tue dita bruciano. Il tuo cor pò brucia.

Horst                 - Sì.

Max                   - La mia bocca è dappertutto su di te.

Horst                 - Sì.

Max                   - La mia bocca è sul tuo petto...

Horst                 - Sì.

Max                   - ...che bacia il tuo petto...

Horst                 - Sì.

Max                   - ...e ti scalda...

Horst                 - Sì.

Max                   - ...Morde il tuo capezzolo.

Horst                 - Sì.

Max                   - Morde dentro...

Horst                 - Sì.

Max                   - Più forte... più forte... più forte...

Horst                 - Smettila! Mi fai male.

Max                   - Più forte...

Horst                 - No, basta. Dico sul serio. Mi stai facendo male. (Una pausa. Max prende fiato).

 Max                  - Mi hai respinto.

Horst                 - Sì.

Max                   - Ma era eccitante.

Horst                 - Per te, forse. Io non cerco di farti male.

Max                   - Mi piace che mi si faccia un po' male. È eccitante.

Horst                 - Proprio no. Non quando diventi violento.

Max                   - Non sono affatto violento.

Horst                 - Sì invece. Qualche volta lo sei.

Max                   - D'accordo. E allora? È eccitante.

Horst                 - Ma perché hai voluto rovinare tutto? Mi stavi scal­dando. Perché non puoi essere dolce?

Max                   - Io sono dolce.

Horst                 - No. Tu cerchi di farmi male. Mi scaldi e poi cerchi di farmi male. Ne ho abbastanza di male. Non voglio provarne dell'altro di dolore. Perché non puoi essere dolce?

Max                   - Io sono dolce.

Horst                 - No, non è vero. Tu sei come loro, come le guardie, co­me la Gestapo. Abbiamo smesso di essere dolci. Me ne ero già accorto prima di finire qua dentro. La gente provoca dolore e lo chiama amore. Io non voglio esse­re così. Non si fa all'amore per far male.

Max                   - Io ti volevo solo scaldare. Ne non ne faccio una giu­sta. Non ti capisco. Prima le facevo giuste, no?

Horst                 - Puoi ancora.

Max                   - Alla gente piaceva quando facevo il violento. Alla maggior parte. Non a tutti. A lui no.

Horst                 - A chi?

Max                   - Al ballerino. Ma a tutti gli altri sì. Appena un po' vio­lento...

Horst                 - E a te piaceva?

Max                   - Non mi ricordo. Non riuscivo mai a ricordarmi nien­te. Ero sempre ubriaco e fatto dì coca. Mi sembrava che niente fosse molto importante.

Horst                 - Eppure ci sono cose che hanno importanza.

Max                   - Non per te.

Horst                 - Sì, invece.

Max                   - Non ti capisco è tutto il giorno che ripeti che non ti importa... la tosse, le dita...

Horst                 - Mi importano.

Max                   - Non ci capisco più nulla.

Horst                 - Mi importa di tutto. Non sono un musulmano. Tu non sei un ebreo. E ho le dita gelate.

Max                   - Voglio che tu sia felice.

Horst                 - È vero che lo vuoi?

Max                   - Credo di sì. Non lo so. (Pausa) Sì.

Horst                 - Allora sii dolce con me.

Max                   - E come?

Horst                 - Lo sai come.

Max                   - Mi hai detto che non lo so.

Horst                 - Io ti amo quando sei dolce. E tu amami con dolcezza.

Max                   - Non so come fare.

Horst                 - Basta che tu mi abbracci.

Max                   - Ho paura di abbracciarti.

Horst                 - Non avere paura.

Max                   - Sto per stringerti.

Horst                 - Abbracciami. Ti prego. Abbracciami soltanto.

Max                   - Va bene. Ti sto abbracciando.

Horst                 - Davvero?

Max                   - Sì, sei tra le mie braccia.

Horst                 - Davvero?

Max                   - Sei qui fra le mie braccia. Te l'ho promesso e ti sto ab­bracciando. Sei qui...

Horst                 - Toccami.

Max                   - No.

Horst                 - Dolcemente...

Max                   - Qui.

Horst                 - Mi stai...?

Max                   - Sì, ti sto toccando.

Horst                 - Con dolcezza.

Max                   - Toccando, delicatamente.

 

Horst                 - Scaldami.

Max                   - Delicatamente. Horst : Scaldami... con dolcezza...

Max                   - Delicatamente... ti tocco delicatamente... con dolcez­za... Sei salvo... Ti ter rò io al sicuro... e al caldo... sei con me ora e non avrai mai più freddo... Ora ti sto ab­bracciando... sicuro... caldo... finché sei qui, finché sei con me, finché ti tengo abbracciato, sei al sicuro.

(Buio).

SCENA QUINTA

Lo stesso luogo. Tre giorni dopo.

Max sposta pietre. Horst sta riordinando una pila.

Horst                 - L'aria è fresca oggi. Pulita.

(Horst comincia a tossire. Continua a tossire, poi smette).

Max1                 - Suona meglio.

Horst                 - È vero.

Max                   - Si sta sciogliendo.

Horst                 - È vero.

Max                   - La medicina funziona.

Horst                 - Sì. (Silenzio) Grazie. (Silenzio) Perché non me lo dici?

Max                   - Dirti che?

Horst                 - Come l'hai avuta.

Max                   - Te l'ho detto: ne ho parlato col capo della mia barac­ca e lui mi ha portato da un ufficiale.

Horst                 - Quale.

Max                   - Un tale capitano. Quello nuovo.

Horst                 - È un corrotto.

Max                   - Lo conosci?

Horst                 - Ne ho sentito parlare. Gli hai dato soldi?

Max                   - Sì.

Horst                 - Non ci credo.

Max                   - Perché?

Horst                 - Non ne hai di soldi.

Max                   - Me ne ha mandati mio zio.

Horst                 - Non è vero. Ti ha scritto solo una volta.

Max                   - Mi ha riscritto.

Horst                 - No. Non è vero.

Max                   - Non te l'ho detto.

Horst                 - E perché?

Max                   - Perché a te non scrive mai nessuno.

Horst                 - Tuo zio ti ha scritto una volta sola.

Max                   - Mi ha scritto ancora.

Horst                 - Sei un bugiardo.

Max                   - Perché non mi credi mai?

Horst                 - Perché so esattamente quando dici una bugia. Tu cre­di di essere bravissimo a mentire e invece no. La tua voce cambia.

Max                   - La mia voce che?

Horst                 - Cambia. Suona diversa.

Max                   - Stronzate.

Horst                 - Come l'hai avuta?

Max                   - Gli ho dato dei soldi.

Horst                 - Bugiardo.

(Silenzio).

Max                   - Ehi!

Horst                 - Che c'è?

Max                   - Indovina chi ho visto.

Horst                 - Dove?

Max                   - Alla mia baracca.

Horst                 - Marlene Dietrich.

Max                   - No. Il mio padrone di casa di Berlino. Rosen.

Horst                 - Ah.

Max                   - Che carino!

Horst                 - Credevo che lo detestassi.

Max                   - Ho sempre pensato che fosse quello che si supponeva dovessi pensare che fosse.

Horst                 - E cioè?

Max                   - Un lurido ebreo.

Horst                 - Probabilmente lui pensava che tu fossi una lurida checca.

Max                   - Probabilmente.

Horst                 - Ed ora crede che tu non sia una checca. È una vergo­gna.

Max                   - No davvero. Non ricominciare adesso. (Horst ha un attacco di tosse). Ma la stai prendendo la medicina? (La tosse si placa).

Horst                 - Certo che la prendo. (Silenzio) Certo. Max, sono felice che tu l'abbia trovata.

Max                   - Anch'io.

(Silenzio).

Horst                 - Anche se mi piacerebbe proprio sapere come.

Max                   - Te l'ho detto.

Horst                 - Sèi un bugiardo.

Max                   - No.

Horst                 - È solo che... tu di soldi non ne hai. Tuo zio non ti ha scrìtto, lo so. È cretino avere segreti fra noi. (Silenzio).

Max                   - Su o giù?

Horst                 - Come?

Max                   - La mia voce... va su o giù?

Horst                 - È solo diversa.

(Silenzio).

Max                   - Non ho mai trovato uno come te. Non riesco a farti credere mai nulla.

Horst                 - Come l'hai avuta?

Max                   - Non hai nessuna intenzione di lasciar perdere, vero?

Horst                 - Probabilmente no.

Max                   - Essere semplicemente grato...?

Horst                 - Perché? Non lo sono, forse?

Max                   - Supponi che la risposta non ti piaccia.

Horst                 - Va bene, rischio.

Max                   - E quando te l'avrò detto, ti metterai a rimproverarmi per quello che ho fatto.

Horst                 - Va bene, rischia.

Max                   - Ci sono andato assieme.

Horst                 - Che?

Max                   - Mi hai sentito, no?

Horst                 - No.

Max                   - Volevi sapere. Te l'ho detto che non ti sarebbe piaciuto.

Horst                 - Con quel capitano delle SS?

Max                   - Uh, uh.

Horst                 - Ma è il péggior bastardo che...

Max                   - Lo so.

Horst                 - Ci sei andato?

Max                   - Dovevo. Non avevo soldi.

Horst                 - E l'hai toccato?

Max                   - No. Gli ho fatto un lavoro basso. Era quello che vole­va. E io avevo bisogno della medicina.

Horst                 - Era meglio tossire.

Max                   - No.

Horst                 - Con quel bastardo?

Max                   - Sì.

Horst                 - È frocio?

Max                   - Chi lo sa? Forse gli andava e basta. Certo potrebbe. Non ti piace pensarlo, vero? Non vuoi che loro siano froci.

Horst                 - No, non voglio.

Max                   - È stupido.

 (Silenzio).

Horst                 - Una volta tanto hai ragione: è stupido. Ci sono nazisti froci. E santi froci. E geni froci. E mediocrità froci. Né peggio, né meglio. Solo persone. Lo credo davve­ro. Per questo ho firmato la petizione di Hirschfeld. Per questo ora sono qui, e porto questo triangolo ro­sa. Per questo dovresti portarlo anche tu.

Max                   - Credi che quel capitano si sarebbe fatto fare il lavoro da un frocio? No di certo. Da uno normale, sì; anche da un ebreo, ma non da un frocio. Questo avrebbe vo­luto dire ammettere che anche lui è frocio. E anche se forse lo è, lui li odia più...

Horst                 - Degli ebrei.

Max                   - Mi avrebbe ucciso se avesse saputo che sono frocio. Devi ringraziare la mia stella gialla se hai avuto la me­dicina.

Horst                 - E chi se ne frega della medicina?

Max                   - E allora rendigliela. Buttala via. Buttala via, perché non la butti? E muori. E tu vuoi morire. È questione di tempo. Ci pensa la tosse... Sono stufo di sentirmi dire che dovrei portare un triangolo rosa.

Horst                 - Va bene. (Silenzio) Si ricordava di te?

Max                   - Chi?

Horst                 - Rosen?

Max                   - Sì. Mi ha detto che gli dovevo l'affitto.

Horst                 - E com'è a Berlino? Te l'ha detto?

Max                   - Peggio.

Horst                 - Mi manca.

Max                   - Sì. (Pausa) Sei mai stato a Silhouette?

Horst                 - Sì.

Max                   - Non ti ci ho mai visto.

Horst                 - Perché non guardavi.

Max                   - E al Club di Greta?

Horst                 - No.

Max                   - Bene. Si vede che eri un uomo di buon gusto. Il Topo bianco?

Horst                 - Qualche volta.

Max                   - È strano che tu non mi abbia mai visto.

Horst                 - Che ti mettevi?

Max                   - Roba che saltava agli occhi. Ero piuttosto appariscente.

Horst                 - Perché?

Max                   - Perché facevo sempre lo scemo. Così dicevano. Io non me ne ricordo. E il sole lo prendevi?

Horst                 - Adoravo prendere il sole.

Max                   - Tutto nudo?

Horst                 - Certo.

Max                   - Sul fiume.

Horst                 - Esatto.

Max                   - E non mi hai mai visto?

Horst                 - A ripensarci bene, ti dirò, sì, ti vidi sul fiume. Facevi lo scemo. E io mi dissi: un giorno sarò a Dachau con quell'uomo e sposteremo pietre insieme.

Max                   - Non mi piaceva Berlino. Voglio dire, non ero felice. Ero povero e non ero abituato ad esserlo. Ero sempre un po' come stordito. E avevo sempre paura. Ma ora mi piace Berlino e mi manca.

(Ma finito di accomodare le pietre e comincia di

nuovo a spostarle).

Horst                 - Ci torneremo un giorno.

Max                   - Quando usciremo di qui?

Horst                 - Sì.

Max                   - Usciremo, vero?

Horst                 - Dobbiamo, no?

Max                   - Sì. Horst?

Horst                 - Che c'è?

Max                   - Ci possiamo tornare insieme.

(Entra un capitano delle SS, accompagnato dal Caporale. Max e Horst alzano la testa per un se­condo e poi continuano il loro lavoro. Il capitano fissa a lungo Max, poi Horst, quindi di nuovo Max).

Capitano: (A Max) Tu. Ebreo.

(Max si ferma immobile).

Max                   - Sissignore?

Capitano         - Ti senti meglio.

Max                   - Signore?

Capitano            - Il raffreddore.

Max                   - Sissignore.

Capitano            - Curioso.

Max                   - Sissignore.

Capitano            - Sembri così robusto.

Max                   - Sissignore.

Capitano            - Non sembri affatto malato.

Max                   - Nossignore.

 Capitano           - No?

Max                   - Non ora, Signore.

Capitano            - Lavora.

(Max riprende a trasportare le pietre. Il capitano osserva Max e Horst. Cammina su e giù. Max e Horst trasportano le pietre. Il capitano cammina su e giù. Horst tossisce. Si trattiene e cerca di sof­focare la tosse). Ah.

                          (Horst smette di tossire). Tu. Pervertito.

(Horst si irrigidisce e si ferma immobile).

Horst:                Sissignore.

Capitano:           Sei malato?

Horst:                Nossignore.

Capitano :          Hai la tosse.

Horst:                Nossignore.

Capitano:           Ti ho sentito tossire.

Horst:                Sissignore.

Capitano:           Ti è finito qualcosa in gola.

Horst:                Sissignore.

Capitano:           Qualcosa del mangiare?

Horst:                Sissignore.

Capitano:           Ah. Lavora.

(Horst riprende il lavoro. Max e Horst trasporta­no le pietre. Il capitano sta fermo in piedi a guar­darli. Tira fuori una sigaretta. Il caporale gliela accende. Il capitano fuma e osserva Max e Horst. Max e Horst continuano a trasportare le pietre. Horst tossisce di nuovo, cercando di soffocare l'attacco, ma la tosse continua).

Capitano:           Tu. Pervertito.

                          (Horst si ferma immobile).

Horst:                Sissignore.

Capitano:           Hai tossito.

Horst:                Sissignore.

Capitano:           Non stai bene.

Horst:                Sto bene, Signore.

Capitano            - Capisco. (A Max) Tu, ebreo.  (Max si ferma immobile).

Max                   - Sissignore.

Capitano            - Sta a guardare.

Max                   - Guardare, Signore?

Capitano            - Sì. Sta a guardare. (A Horst) Tu.

Horst                 - Sissignore.

Capitano            - Posa quella pietra.

Horst                 - Sissignore.

(Posa a terra la pietra).

Capitano            - Bene. Ora togliti il cappello. (Una lunga pausa).

Horst                 - Il cappello, Signore?

Capitano            - Sì. Il cappello.

Horst                 - Il mio cappello, Signore?

Capitano            - Il tuo cappello.

Horst                 - Sissignore.

(Horst si toglie il cappello. Le mani di Max muovono. Horst lo fulmina con uno sguardo).

Capitano            - (A Max) Tu.

Max                   - Sissignore.

Capitano            - Rilassati.

Max                   - Sissignore.

Capitano            - E guarda.

Max                   - Sissignore.

Capitano            - (A Horst) Tu.

Horst                 - Sissignore.

Capitano            - Getta il cappello.

(Horst butta il cappello a terra).

Non lì.

Horst                 - Non lì, Signore?

Capitano            - Non lì. Raccoglilo.

Horst                 - Sissignore.

(Raccoglie il cappello).

Capitano            - Gettalo contro il reticolato.

Horst                 -  Il reticolato, Signore?

 Capitano           - Il reticolato.

(Horst comincia a tossire). Va bene, va bene. Aspettiamo.

(La tosse si placa). Ti senti meglio?

Horst                 - Sissignore.

Capitano            - Che tosse fastidiosa.

Horst                 - Sissignore.

Capitano            - Contro il reticolato. Subito.

Horst                 - Sissignore. Contro il reticolato.

(Horst guarda Max - un altro sguardo ammoni­tore - e lancia il cappello contro il reticolato. Il reticolato manda scintille).

Capitano            - (A Max) Tu.

Max                   - Sissignore.

Capitano            - Stai guardando?

Max                   - Sissignore.

Capitano            - Bene. (A Horst) Tu.

Horst                 - Sissignore.

Capitano            - Vai a prendere il cappello. (Silenzio) Mi hai sentito?

Horst                 - Sissignore.

Capitano            - Prendi il cappello.

(Il capitano fa un cenno al caporale che punta il fucile contro Horst).

Horst                 - Ora, Signore?

Capitano            - Ora.

Horst                 - Ne è sicuro, signore?

Capitano            - Sicurissimo.

Horst                 - Non potrei stare senza cappello, signore?

Capitano            - No.

(Horst rimane per un momento silenzioso. Sente Max che lo sta guardando e gli lancia un 'altra ra­pida occhiata, per dirgli «non muoverti». Si volta verso il capitano).

Horst                 - Sissignore.

(Horst guarda Max e con la mano sì liscia il so­pracciglio sinistro. Si volta e guarda il capitano che aspetta. Il caporale ha il fucile puntato. Horst sì volta verso il reticolato. Si incammina molto lentamente in direzione del cappello. Ha quasi raggiunto il reticolato quando, improvvisamente, si volta e si precipita contro il capitano gridando furiosamente. Il caporale spara su Horst. Horstfa ancora un balzo verso il capitano con la mano prolesa e lo graffia sulla faccia. Il caporale lo col­pisce alle spalle. Horst cade morto). (Silenzio). (Il capitano si tocca la faccia con la mano).

Capitano            - (A Max) Tu. Ebreo.

(Max non risponde). Tu!

Max                   - Sissignore.

Capitano            - Spero che la medicina sia servita. (Si volta per uscire, poi si gira di nuovo). Sbarazzati del corpo. (Silenzio).

Max                   - Sissignore.

(Il capitano esce. Il caporale punta il fucile su Max, lo abbassa, quindi esce dietro al capitano). (Max fissa Horst). (Silenzio)'.

(Max apre la bocca per urlare, ma non ci riesce) (Silenzio).

(Max si avvicina al corpo di Horst. Cerca di solle­varlo. È pesante. Riesce a sollevare in parte il cor­po, con la testa di Horst che appoggia sul petto di Max. Max distoglie lo sguardo. Porta Horst verso la fossa con i piedi che strascicano per terra). (La sirena suona).

No!

(Guarda in alto e fuori verso il caporale, quindi ancora verso Horst. Si mette sull'attenti. Horst comincia a scivolare. Max lo tira su. Sta fermo im­mobile, guardando di fronte a se e tenendo Horst fra le braccia). Va tutto bene. Non ti lascerò cadere. Ti terrò. Così sull'attenti posso tenerti. Me lo lasceranno fare. Non ti lascerò cadere. (Silenzio). Non ti ho mai tenuto fra le braccia.

(Silenzio). Sei al sicuro. Non ti lascerò cadere.

(Silenzio). Non ti preoccupare per le pietre. Farò anche il tuo la­voro. Ne trasporterò il doppio ogni giorno. Farò anche per te. Non ti devi preoccupare.

(Silenzio). Non ti lascerò cadere.

(Silenzio). Sai una cosa?

(Silenzio). Horst?

(Silenzio). Sai una cosa?

(Silenzio). Credo...

(Silenzio). Credo di amarti.

(Silenzio). Shhh. Non Io dire a nessuno. Non ti preoccupare per le pietre. Non ti lascerò cadere. Ho promesso... Credo di aver amato... Non ricordo come si chiamava. Un ballerino. Credo di aver amato anche lui. Non devi es­sere geloso. Mi dimenticherò anche del tuo nome? Non le toccherà nessun altro le pietre. Credo di aver amato... Anche un ragazzo, tanto tempo fa... Nella fabbrica di mio padre. Hans, si chiamava. Ma il balle­rino, non mi ricordo. Non devi essere geloso. Non ti lascerò cadere.

(Silenzio). Se cammino un po' più forte posso fare il doppio con le pietre. Non ti lascerò cadere.

(Silenzio). Non ti lascerò cadere.

(Silenzio). Ti amo.

(Silenzio). Che c'è di sbagliato?

(Silenzio). .Noti ti lascerò cadere. Non ti lascerò cadere.

(Silenzio). Sai che ho fatto? Ti ho trovato la medicina.

(Silenzio). Ehi!

(Silenzio). Non mi ricordo il tuo nome.

(Silenzio). Oh Cristo! Non è possibile che stia succedendo.

(Comincia ad urlare. La sirena suona. Trascina il corpo di Horst verso la fossa. Lo getta dentro. Si volta e guarda le pietre. Respira profondamente. Si avvicina al mucchio di pietre e ne raccoglie una. Laporta verso il lato opposto. Respira profonda­mente di nuovo. Si ferma immobile).

Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. (Un altro respiro profondo).

Sei. Sette. Otto. Nove. Dieci.

(Solleva una pietra e la porta verso il lato opposto),

(Sposta un 'altra pietra). (Sposta un 'altra pietra). (Sposta un 'altra pietra). (Si ferma e respira profondamente). (Sposta un 'altra pietra). (Sposta un 'altra pietra).

(Si ferma. Cerca di respirare profondamente. Non può. Gli trema la mano, la ferma con l'altra. Rac­coglie un 'altra pietra e comincia a trasportarla). (Si ferma. Lascia cadere la pietra. Si avvia verso la fossa),

(Salta dentro la fossa). (Scompare). (Una lunga pausa).

(Arrampicandosi esce fuori dalla fossa). (Tiene in mano la giacca di Horst con il triangolo rosa. Si toglie la sua giacca e si mette quella di Horst).

(Si volta e guarda verso il reticolato). (Si dirige camminando verso il reticolato). (Il reticolato si accende, diventa sempre più lumi­noso finché la luce "brucia" la scena). (Ed abbaglia il pubblico).

FINE