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SPETTACOLO IN UN PROLOGO, UNDICI QUADRI ED UN EPILOGO DI SIMON GANTILLON * versione italiana di ines ghiro n

BIFUR

Spettacolo in un prologo, undici quadri ed un epilogo

di SIMON GANTILLON

Versione italiana di Ines Griron

PERSONAGGI

FRANCO

ISABELLA

REGINA-CLARA

MAU­RIZIO

MAI-NOUNINE

IL DOTTORE

L'IM­PIEGATO

L'OPERAIA

SEMIRAMIDE

MADAMA BROUSSOULOU

IL SUONATORE DI FISARMONICA

LA VEGGENTE

PRIMA PARTE

PROLOGO

Un angolo di camera d'albergo, molto stilizzato, con porta di comunicazione su di un'altra camera.

 (Franco e Isabella sono in scena. Franco è ve­stito, Isabella, semi-svestita, è in vestaglia. All'al­zarsi del sipario sono faccia faccia. Isabella tenta di aggrapparsi a lui che la scarta con mal garbo).

Franco                           - Adesso basta!

Isabella                          - Franco, Franco, senti!

Franco                           - (scandisce) A-des-so-ba-sta! Le due del mattino. Ti lascio la stanza... Vado a chiederne un'altra alla direzione dell'albergo...

Isabella                          - Aspetta... Devo ancora parlarti.

Franco                           - Credi veramente che ti resti qualcosa da sperare da me?

Isabella                          - Come sei ingiusto!... Il piacere! Sì, il piacere! sicuro, il piacere! e non è poi tanto da disprezzare! Ma ti ho pur dato di più che delle..che questa... insomma che il piacere materiale, ecco!

Franco                           - Abbiamo già esaurito questo argomen­to... Siamo arrivati al rancore, presto arriveremo alla violenza... A che prò? Non puoi cambiare nulla di quello che è, di quello che sarà stasera stessa.

Isabella                          - Non è vero che mi vuoi lasciare arri­vando a Parigi?

Franco                           - Due facchini, Beauséjours, quai d'Anjou. due taxi: boulevard Ognuno per proprio conto.

Isabella                          - Così? E non ci rivedremo più? Mai più?

Franco                           - Non ti proibisco di venire ad ascoltare i miei concerti...

Isabella                          - Eh! i tuoi organi, non sei tu...

Franco                           - La parte migliore di me...

Isabella                          - Allora preferisco la peggiore...

Franco                           - Ecco una parola che ti rivela proprio tutta...

Isabella                          - Oh! sai, non ho mai avuto paura dì mettermi nuda davanti a te...

Franco                           - Inutile, chiudi pure la tua vestaglia...

Isabella                          - Quando penso!... Sono stata tua... come di nessun altro uomo...

Franco                           - Prego. (Si tocca U petto) lo sono stato tuo... Ah! i tuoi sensi hanno saputo dare un signi­ficato alla parola «amante»... Ebbene, finito tutto!... «Rompo la catena», come si dice nelle ro­manze.

Isabella                          - Ti sono troppo attaccata?

Franco                           - Esattamente... Che immagine spaven­tosa e ridicola... (A denti stretti) At-tac-ca-ta! Ah!

Isabella                          - Sembri esasperato, eppure... Andia­mo, Franco, ricordati: non è poi passato tanto tempo. (Gesto verso il letto) Proprio qui, ti ho visto sconvolto dal desiderio... Mi hai gridato delle pa­role... delle parole che non si osano dire se...

Franco                           - Riflessi fisici: in certi casi, certe... (sorridendo) tenerezze non hanno maggiore impor­tanza che la contrazione dell'alluce...

Isabella                          - Delizioso!

Franco                           - Oh! non sono il primo a dirlo: è Sten­dhal, o press'a poco... ,

Isabella                          - Brutto muso! Allora non ho saputo renderti felice?...

Franco                           - (sghignazzando) Questo, me lo aspet­tavo... Ma certo, sì capisce!

Isabella                          - Insomma, spiegami quello che mi rimpro...

Franco                           - Senti, Isa, per l'ultima volta: non rin­nego niente delle ore di... sensualità profonda che ti devo... La sola vicinanza del tuo corpo mi turba, è vero... Ma...

Isabella                          - Ma?

Franco                           - Cerca di capire: un artista deve a se stesso di ... Non capiresti, perché...

Isabella                          - Sono dunque tanto stupida?

Franco                           - Sei un essere di carne, esclusivamen­te... Mi hai colmato della tua carne, me ne hai saziato...

Isabella                          - (in fretta) Che vuoi, non sono vizio­sa io, mi piace l'uomo.

Franco                           - in quanto a questo!... Fino all'indige­stione!...

Isabella                          - Mi parli come a mia nemica...

Franco                           - Sono in stato di legittima difesa...

Isabella                          - Ti ho attaccato, io?

Franco                           - Non ti rendevi conto della tua invasio­ne, della mia resis... dei miei sforzi di resistenza...

Isabella                          - Dì piuttosto che sei stufo di me!

Franco                           - No: sono pieno di te... Allora ti respin­go, perché ho bisogno di essere solo, per ripren­dermi...

Isabella                          - ... lasciandomi,..

Franco                           - ... solo. Per lavorare. La mia arte, con­tro il tuo sesso: ecco.

Isabella                          - Magre scuse: per due anni sono vissuti in perfetto accordo.

Franco                           - Senza reciproche concessioni... No, nes­suna... (Eccitandosi) Quando mai ti sei preoccu­pata per sapere se le tue... diciamo il tuo appetito non sfiniva i miei nervi, se l'artista non era svuo­tato dall'amante?

Isabella                          - Ma l'amante stesso...

Franco                           - (crescendo) Ti è forse capitato qual­che volta di pensare a me in altro modo che come a un... fornitore di piacere... un buon fornitore...

Isabella                          - Ottimo. Ma Franco, quante volte tu per primo...

Franco                           - Parlavi dellaltro ieri, eh? Proprio pri­ma del mio concerto... Non l'ho dimenticato, sai... Quando ti rivedo riversa su quel letto... Ah! egoi­sta! egoista! (Alza la mano per picchiarla).

Isabella                          - (aggressiva) Ebbene, picchiami! pic­chiami! Avanti!

Franco                           - Ci troveresti ancora una soddisfa­zione...

Isabella                          - (c. s.) Sicuro, non ho paura dei pia­ceri violenti... (Una pausa).

Franco                           - Ma non senti dunque anche tu che bisogna che ti lasci ora!... Altrimenti...

Isabella                          - (lentamente) Adesso capisco perché i nostri corpo a corpo assomigliavano così spesso a un combattimento...

Franco                           - ... senza pietà!

Isabella                          - Tu mi... pugnalavi. Davvero, Con­ fessa che mi hai odiata? io

 Franco                          - Ho odiata la mia sottomissione...

Isabella                          - In certi momenti, sembrava che tu volessi... sì... distruggermi.

Franco                           - Era in me stesso che cercavo di di­struggere ciò che gli organi del nostro piacere han­no di vile...

Isabella                          - Ingrato!

Franco                           - ... per poter raggiungere attraverso loro quel momento, quel momento d'unione...

Isabella                          - Ma c'è stata l'unione...

Franco                           - (alza le spalle) Confondi un accoppia­mento ben riuscito con... No, Isa: fondersi vera­mente vuol dire diventare insieme un terzo essere, ma spirituale, quello...

Isabella                          - Oh! se fai il mistico!

Franco                           - ... e questa radiosa sommità del trian­golo non l'ho mai vista sorgere da noi, neppure chiudendo gli occhi...

Isabella                          - E con altre donne?

Franco                           - Ahimè! ancora nessuna, nessuna... Ah! che venga! che venga!

Isabella                          - Mi hai detto altre volte - ora che ci penso - mi dicevi che, spesso, di notte, mentre dormo, metto la mia mano sul tuo braccio, senza accorgermene, per accertarmi che sei proprio lì...

Franco                           - (sghignazzando) Pronto a servire...

Isabella                          - Non l'hai mai potuto sopportare, quel gesto. E' vero?

Franco                           - Verissimo... lo subisco per un momen­to, e poi il posto occupato dalle tue dita diventa doloroso come una piaga... La tua mano pesa, pesa...

Isabella                          - Allora, mio povero Franco, ti dò un buon consiglio: non sposarti, saresti troppo infe­lice...

Franco                           - Come tutti gli altri...

Isabella                          - Di più. Con questa tua passione per l'indipendenza - la intravedo solo ora - il tuo bi­sogno forsennato di libertà...

Franco                           - L'ho difesa assai male contro di te, la mia libertà... E qui non è questione né di matri­monio, né di legame... Ma... (esita, poi di colpo, do­lorosamente) se tu sapessi, mia povera Isabella, che sete ho io di... di purezza!...

Isabella                          - (sbalordita) Eppure non sei vecchio!

Franco                           - (alza le spalle) Ecco!... Non puoi nean­che immaginare che cosa significhi!

Isabella                          - Oh! sì: è stanchezza...

Franco                           - (con gii occhi chiusi) Quella siepe, vi­cino a Angoulème, quella siepe di biancospino, così candida!... Avrei voluto appoggiarci la fronte e ri­trovarmi con lo sguardo di un piccolo bimbo!

Isabella                          - Stai attento: a forza di voler far l'an­gelo, si fa la bestia...

Franco                           - Oh! la bestia ha avuto la sua parte...

Isabella                          - E' il suo diritto...

Franco                           - ... più della sua parte...

Isabella                          - Tanto meglio per lei!

Franco                           - Tanto peggio per me...

Isabella                          - Allora, quando saremo separati, pen­serai a me, alle nostre carezze - anche a quelle che preferisci - soltanto con... disgusto?

Franco                           - Mi conosco troppo bene per non sa­pere di che fuoco continuerai a bruciarmi, anche lontana...

Isabella                          - E allora?

Franco                           - E poi mi hai dato delle esigenze, l'abi­tudine di una voluttà così... dettagliata...

Isabella                          - Ti mancherà...

Franco                           - (violento) Mi soffoca!... Ma cerca di capirmi: io aspiro, aspiro perdutamente a qualche cosa di più alto, di più grande, di più nobile che i nostri...

Isabella                          - L'amore, ecco!

Franco                           - Sì: l'amore... Deve essere così diverso...

Isabella                          - Con gli stessi mezzi...

Franco                           - Appunto, il suo segno è proprio quello: divinizza l'amplesso.

Isabella                          - Come complichi gli atti più naturali! (Gli mette la mano sul braccio) No, cerca di essere proprio sincero: pensi a un'altra?

Franco                           - Il tuo gesto, Isa... Ti è venuto spon­taneo quel tuo gesto di padronanza. Togli la mano...

Isabella                          - No...

Franco                           - Su, toglila...

Isabella                          - No... (Balbettando, con la vestaglia semi-aperta, e tutta contro di lui) Franco... Franco mio, tienimi ancora... ancora una notte, senti... Ri­cordati il mio corpo, non lo puoi dimenticare... I miei seni... toccali, prendili...

Franco                           - (respingendola con violenza) Lasciami! Ma vuoi lasciarmi!... (Isabella va a sbattere contro la porta di comunicazione).

Isabella                          - Oh! mi hai fatto male...

Franco                           - Una volta per uno... (Bussano alla por­ta, cambiando tono) Come? Che cosa c'è? Ah sei tu Maurizio? Avanti, vieni avanti...

Maurizio                        - (in vestaglia, ancora insonnolito) Sentite, ragazzi miei, siete asfissianti!... In quanto a te è proprio l'ultima volta che ti accompagno in una «tournée» di concerti... Potreste almeno pic­chiarvi altrove che davanti alla mia porta... Prima di tutto mi impedite di dormire... e poi bisogna alzarsi presto domani mattina... cioè: questa mat­tina...

Franco                           - Sì... ebbene: questa mattina, Maurizio, ti prego di riaccompagnare Isabella a Parigi...

Maurizio                        - Come? Isa? Da sola?

Franco                           - A casa sua...

Maurizio                        - E tu?

Franco                           - Per ora, se lo permetti, vado a stender­mi in una delle tue poltrone... (Scompare nella stanza di Maurizio).

Maurizio                        - Che cosa significa?... Vi separate?

Voce di Franco             - Finalmente!...

 Maurizio                       - Ah! Questo poi... che cos'è questa no­vità?... Beh, cara Isa, non è vero, spero?

Voce di Franco             - Non compiangerla, perde sol­tanto un suonatore di organo...

Isabella                          - Lo feliciti pure, si libera da un vam­piro...

Maurizio                        - (sbadiglia) Ah! poveretti, poveretti...

Isabella                          - (esasperata) Io ho una pelle, del san­gue, una bocca e il resto...

Voce di Franco             - Soprattutto il resto...

Isabella                          - Che vergogna, non è vero? L'amore che lui aspetta non è di questo mondo... Ma chi glielo darà? Ah! Ah! che vergine? che vestale? che arcangelo?... Chi? D'altronde non ho detto ancora la mia ultima parola... (Va a raggiungere Franco e chiude bruscamente la porta dietro di sé).

Maurizio                        - (da solo) E' arrabbiata! (Si sentono le voci di Franco e di Isabella, attutite, ma vio­lenti).

Voce di Isabella            - No, Franco, è impossibile che noi ci lasciamo così...

Voce di Franco             - Vattene, Isabella... Maurizio, ti prego, portala via...

Maurizio                        - Ah! questo poi no, tientela, casco dal sonno... Andate a nanna, figliuoli, poi sarete più calmi... Vi lascio il mio letto, io... (spegne la luce. Oscurità. Cala la tela. Il seguito della scena in modo quasi indistinto)... prendo il vostro. Ah! Buona notte. Che la pace sia con voi!

Voce di Franco             - Vattene. Vedi bene che sono esasperato. Ma scendi nella strada se hai bisogno di un uomo!...

Voce di Isabella            - No, sei tu che voglio...

Voce di Franco             - Che cosa stai facendo? Ti proibisco...

Voce di Isabella            - Guarda, spalanca gli occhi, guarda!

Voce di Franco             - Isabella!

Voce di Isabella            - Vieni, amor mio, viene qui...

Voce di Franco             - Ti giuro che se fai un gesto, se aggiungi una parola - una sola - io ti... non so quello che ti... ti rompo questa seggiola in testa...

Voce di Isabella            - Ah! Ah! delle minacce! Tieni, ecco che cosa ne faccio, io, delle tue mi­nacce! Osa toccarmi ora!

Voce di Franco             - L'avrai voluto tu! (Poi colpi violenti picchiati contro un muro).

Voce di Maurizio          - Ci siamo: un vicino... Per forza... doveva succedere...

Voce tonante                - Quando la smetterete voi due? E' una bella porcheria dover pagare così cara una camera per non poter dormire in pace!... Recla­merò alla direzione, e vi farò pagare il mio conto!... Ma state zitti, per Dio, finirete con lo svegliare tutti! (La luce ritorna gradualmente sul primo quadro, già pronto dietro allo scenario del Pro­logo. Mentre la luce risale lentamente, sì ode un motivo della Saga).

PRIMO QUADRO

Da Franco. Un piccolo studio, molto semplice, pianoforte, scrittoio, poltrone ecc. Porta aperta sull'anticamera della quale si vede una parte. E' di là che viene la luce all'alzarsi della tela.

 (Nell'inquadratura della porta, illuminata di schiena, si profila la figura immobile di una donna col mantello indosso e il cappello in testa. Franco fa qualche passo nella stanza mentre parla, con un tono impacciato e allegro ad un tempo).

Franco                           - Non venire avanti, potresti urtare con­tro i mobili... Accendo la luce... Ecco fatto... Ecco fatto. (Due grosse lampade con paralumi di perga­mena) Entra pure... Ed ora bisogna che ti saluti come si deve... Che bella sorpresa, Regina!

Regina                           - (una bella ragazza, d'aspetto serio) Non mi aspettavi di certo...

Franco                           - (si toglie il soprabito) Chissà?... (Una pausa, la esamina) In ogni modo, un caso... fortu­nato! Se l'ascensore non fosse stato guasto, non sarei venuto su a piedi, non ti avrei incontrata mentre scendevi le scale...

Regina                           - E non mi avresti probabilmente mai più rivista...

Franco                           - Sembravi in fuga dopo aver commesso un brutto colpo.

Regina                           - Eppure il colpo, non l'avevo ancora ricevuto...

Franco                           - (un po' interdetto) Siediti, prego...

Regina                           - (in piedi) Mi hai riconosciuta subito?

Franco                           - Certo! Eppure sono ormai passati...

Regina                           - Sei anni. Sei anni dacché... dacché ti sei stabilito qui...

Franco                           - Sei anni! Di già...

Regina                           - Il tempo non ti è parso lungo...

Franco                           - Volevo dire... Ma siediti dunque... Non vuoi toglierti il mantello?

Regina                           - (gesto di pudore eccessivo) No, no, grazie... (Si guarda intorno) Ma... e gli organi?

Franco                           - Qui accanto, uno studio atelier... (Apre una porta, gira l'interruttore) Ecco!

Regina                           - Si sta bene, da te: è semplice, calmo... (Si siede. Si guardano in silenzio).

Franco                           - Abiti a Parigi ora?

Regina                           - No. Sono venuta a passarvi tre setti­mane con mia madre.

Franco                           - Come sta, tua madre?

Regina                           - Non c'è male.

Franco                           - Anche tuo padre?

Regina                           - E' morto da due anni.

Franco                           - Oh! scusa...

Regina                           - Ti ho mandato l'annuncio...

Franco                           - Dev'essersi smarrito, viaggio molto...

Regina                           - Lo so: i concerti all'estero... conosco i tuoi successi. Ti ho seguito da lontano, ammira­to... (Franco accenna un lieve inchino) L'ultima volta che hai suonato a Lione sono andata a sen­tirti...

Franco                           - « La sinfonia fiabesca » ?

Regina                           - Sì. Uno stile da maestro, s'intende... Ma...

Franco                           - Dimmi...

Regina                           - Mancava alla tua tastiera, quella sera, la nota di... come dire?, di serenità...

Franco                           - L'hai notato, tu?

Regina                           - Ho sentito quell'assenza...

Franco                           - Che antenne!

Regina                           - Ne ho sofferto... per te.

Franco                           - Grazie. E il pubblico?

Regina                           - Fui l'unica, credo, a cercare l'uomo dietro al musicista...

Franco                           - Ero esaurito... Se avessi saputo che eri là... (Pausa) Suoni sempre molto?

Regina                           - Più che posso: senza musica le mie giornate sarebbero... (Alza le spalle. Una pausa).

Franco                           - Che cosa posso offrirti? Tè? Porto? No? Oh! Qual'era quella miscela che ti piaceva tanto, d'estate?... Aspetta... non dirmi niente... Ah! Anice-limone-lampone.., eh?

Regina                           - (guardandolo, con calore) Non l'hai dimenticato? (Si riprende) Come sono grotteschi, nevvero, quei sciroppi provinciali...

Franco                           - Ma... mi ricordo molte cose di te, Re­gina, molte...

Regina                           - Allora, perché... (Si ferma di colpo) Non mi chiedi se sono sposata?

Franco                           - E' vero, avrei dovuto incominciare col... Allora, tu...

Regina                           - Non ancora.

Franco                           - Hai un aspetto così « da signorina » che non...

Regina                           - Sto per avere venticinque anni: l'età in cui bisogna scegliere se non si è stata scelta.

Franco                           - C'è tempo...

Regina                           - Adesso non più... (Si decide) Ecco: devo prendere una decisione e non posso prender­la senza di te.

Franco                           - Sono a tua disposizione.

Regina                           - (una pausa) Capisci bene che se, do­po anni di separazione e di silenzio, mi trovo qui, a casa tua - e tu devi pensare: contro ogni senso di dignità, - ma il mio onore riguarda me sola e... (Si interrompe) Come stai sulla difensiva!

Franco                           - Ti sto ascoltando con la mia più cor­diale simpatia.

Regina                           - Senza volerlo hai delle espressioni così crudeli... (Si riprende) Non temere: non vengo a chiederti un favore...

Franco                           - (offeso) Ho meritato dei rimproveri, ma non...

Regina                           - Non ho l'intenzione di fartene. Non ti chiederò neppure certe spiegazioni...

Franco                           - Ce n'è una sola: mi sono sbagliato, sul conto mio, sul conto tuo. Credevo si trattasse, per te, di uno di quei primi ardori dell'immaginazione... una fiammata da adolescente... Quando ho saputo... Troppo tardi! Non era forse meglio rom­pere anche...

Regina                           - Con brutalità.

Franco                           - Per onestà, Regina, giacché non ti amavo...

Regina                           - Grazie, avevo capito... (.Una pausa).

Franco                           - Che cosa aspetti da me?

Regina                           - Prima dì tutto, le mie lettere... Non possono più avere per te il minimo interesse. Ma forse sono state stracciate?

Franco                           - No.

Regina                           - Ah? Non mi piace pensare che sono mescolate a...

Franco                           - (con calore) Sono sempre state sepa­rate da tutte le altre... (Dopo aver esitato) Le ho rilette ieri sera... (Va vicino a un mobile e lo apre).

Regina                           - (si solleva un po' dalla poltrona) Non dire bugie, Franco... E' molto più grave di quello che puoi pensare...

Franco                           - (si gira con delle lettere in mano) Ho forse esitato?

Regina                           - Perché averle conservate?

Franco                           - In verità, non lo so... Ma non avrei potuto distruggerle... (Ne apre una).

Regina                           - Ti prego, non leggere davanti a me... Mi metti in un tale imbarazzo... mi sembra che tu sorprenda il segreto di un'altra... Ti prego...

Franco                           - (percorre alcuni fogli con lo sguardo) Ma erano indirizzate a me...

Regina                           - No: a Lui, a quello che non sei di­ventato...

Franco                           - Tanta riservatezza, tanto pudore...

Regina                           - Cieco!

Franco                           - (c. s.) Come, come avrei potuto capire!

Regina                           - «Lui» avrebbe indovinato... Ma a te la signorinella doveva sembrare d'un romanticismo così ridicolo...

Franco                           - (c. s.) «Evian, aprile 1922»... Ero venuto a passare le vacanze di Pasqua dai tuoi... Avevi quindici anni. Fragile, fine!... Ritorni ancora a Evian?

Regina                           - No. Ho comperato una casetta, con un po' dì terra, a cinquanta chilometri da Lione, in alta montagna... Ci vivo molto spesso.

Franco                           - Da sola?

Regina                           - S'intende... ho un terrazzo dal quale intravedo il Monte Bianco. Quando il vento sof­fia di lassù, mi porta dei profumi gelati, così pu­ri! (Cambiando tono) Ma perché starti a raccon­tare... La mia visita...

Franco                           - Come ti ritrovo!... Lo stesso gesto per lisciarti i capelli... La tua voce: un velluto di porpora scura... (Con calore) Oh! Regina, suoni sempre la Saga svedese? Sai, quella leggenda...

Regina                           - (dominando la sua emozione) Non hai dunque dimenticato tutto? (Mentre Franco suona al piano le prime battute, pronuncia le parole).

 Franco                          - «Pallida e bionda, dorme nelle acque fonde, la Willìs dallo sguardo dì fuoco... » Come ti piaceva quest'aria!

Regina                           - (con tono deciso) Senti, Franco, vole­vo dirti...

Franco                           - (con una lettera in mano) Aspetta... Eccola, quella che mi ha rivelato tutto... La tua ultima lettera... Ecco le sole parole che mi hanno aperto gli occhi... Però, come mi aveva sbalordito, questa lettera! Ieri mi ha sconvolto... (Legge) «Quando una donna...».

Regina                           - No, no, non quella, non è più tua... non hai il diritto...

Franco                           - (continua) « ...Quando una donna si è data a un uomo come io mi sono data a te nella mia anima...».

Regina                           - (quasi venendo meno) Basta! Non ti rendi certo conto del male che mi fai!

Franco                           - Mi ferisco anch'io. E' ancora un lega­me fra dì noi... (Ripiega le lettere. Una pausa) Com'è possibile che io abbia ignorato, sciupato, perso un tale... Ma eri così giovane! Come avrei potuto supporre questa passione in una ragazzina!

Regina                           - Se tu sapessi come può essere donna una ragazzina! Dio mio!... Da allora quella ragaz­zina non ha smesso di pensare a te come al suo scopo, alla sua ragione di vivere...

Franco                           - Che tragedia!... Perché, perché non avere parlato prima! Volevi rimanere segreta! E dietro a quella maschera un simile fuoco, delle simili grida...

Regina                           - Chi l'avrebbe potuto supporre, vero? Quella giovane lìonese dalla calma fronte, dall'aria molto «come si deve»... Eppure sai come ci si ripiega in se stessi nella nostra triste città!

Franco                           - Lo so... La vita borghese così me­schina, così spoglia...

Regina                           - Appunto: la vita intima diventa più profonda, prende un'intensità; ah! non so come spiegarti: gonfia di meditazione, d'attesa... (Pau­sa) Io ti aspettavo, Franco... Ma non meriti dì sapere fino a che punto. D'altronde immagino non te ne importi gran che...

Franco                           - Sono molto commosso, Regina...

Regina                           - Ti sto dando lo spettacolo di un... fervore molto sorprendente al giorno d'oggi, non è vero? Non sono aggiornata coi tempi che corrono! Ma ho finito... ho finito di esporre davanti a te la mìa vita segreta di signorina, interamente, esclu­sivamente piena di te...

Franco                           - (molto commosso) Regina, non so che cosa rispondere, che cosa fare, che...

Regina                           - (con durezza) Non reclamo il resto di quello che ho speso...

Franco                           - E' così tanto! Ho l'impressione che tu stia lì, come una cerbiatta ferita, e che se sten­dessi la mano verso dì te, fuggiresti...

Regina                           - (guardandolo fisso negli occhi) E se tu ti sbagliassi, di nuovo?

Franco                           - La rivelazione di un... di una tenerez­za così grande, così forte...

Regina                           - L'amore, osa chiamarlo col suo nome...

Franco                           - Sono così poco degno...

Regina                           - (con calore) Degno? E' forse cosa che ti riguarda? Chi te lo chiede? E soprattutto non credere che sia venuta qui per... (Esita prima di finire) ...correrti dietro... Non ho neppure avuto la curiosità di vedere un'ultima volta il... la forma terrena dell'essere che porto con me da dieci anni senza saperne nul... (Si alza di scatto) Qualcuno si è mosso qui accanto! Oh! Perché non mi hai preavvisata, fermata... Avrò parlato troppo forte... C'è una donna qui?

Franco                           - Sì, la mia donna di servizio...

Regina                           - Davvero?

Franco                           - (va ad aprire la porta dell'anticamera) Siete voi, Maria?

Una voce                       - Sì, signore... Vado a far la spesa... H signore ha bisogno di qualche cosa?

Fracco                           - No, grazie... (Chiude la porta, torna vicino a Regina) Ebbene?

Regina                           - (si domina, padrona di sé) Mi sono la­sciata trascinare molto lontano dallo scopo preciso della mia visita. Scusami. Lasciamo da parte la emozione e passiamo alla logica. Quello che devo dirti potrà forse sembrarti a tutta prima abba­stanza... audace, ma spesso la logica sembra audace perché... perché non tiene conto dei pregiudizi... Allora ecco... (Pausa) Ho venticinque anni. Mia madre, un'estranea: non conta per me, non ho mai contato nulla per lei. Si occupava esclusivamente di suo marito. Allora: tu. (Lo guarda intensamen­te) Prima di decidermi, volevo essere sicura che tutto era proprio finito. Ora ne sono certa... (Ri­mane in sospeso per un secondo) Non è vero?

Franco                           - Chissà, Regina?... Aspetta... Vorrei poterti spiegare... spiegare a me stesso.... questo turbamento, questo tumulto...

Regina                           - (con sforzo) Bene. Dunque, devo far la mia strada da sola. Cioè: senza di te. Non vo­glio uccidermi. Sono ancora giovane, sana, libera; credo di dover prendere parte alla lotta comune, di dover diventare una donna fra le altre donne. Prima soluzione: il matrimonio.

Franco                           - Anche il matrimonio può essere una forma di suicidio...

Regina                           - (continua) Un uomo molto buono, molto innamorato di me - ti chiedo scusa, espongo dei fatti, - per il quale provo un... come hai detto prima?, una cordiale simpatia, mi sollecita da...

Franco                           - (con calore) Non sposarlo!

Regina                           - (c. s.) Perché? Per chi?

Franco                           - (c. s.) Non sposare un uomo se non provi per lui del... Ma tu ignori tutto della... delle necessita fìsiche del matrimonio... La simpatia non basta, ti assicuro... Tu! Appartenere a un uomo che ti... Ma saresti terribilmente infelice!... No, no, non bisogna, a meno che...

Regina                           - (c. s.) A meno che?

 Franco                          - A meno che... la speranza di avere un bimbo non ti sembri un compenso sufficiente, una consolazione...

Regina                           - (ricuperando la sua calma) Molte ra­gazze non si sposerebbero mai se potessero avere il bimbo senza il marito... Dunque - seconda soluzio­ne - ho divisato di adottare un bambino.

Franco                           - Ebbene! ma... infatti... è... è un pen­siero generoso, benché - o forse appunto per que­sto - pericoloso... Una scelta delicatissima. Non si sa mai che precedenti, che tare...

Regina                           - Ho rinunciato a quest'idea. Vi ho ri­nunciato perché... (guarda Franco fisso negli oc­chi) perché il bambino non ti rassomiglierebbe.

Franco                           - (non volendo capire, la guarda interro­gativamente).

Regina                           - (c. s.) Mi hai capita, Franco: voglio un bambino da te.

Franco                           - Lo avresti voluto...

Regina                           - No: io voglio.

Franco                           - Regina, ma... senti quello che stai dicendo? E' così...!

Regina                           - (sempre calmissima) Se mi sentisse Qualcun altro potrebbe ridere, o stupirsi, o indi­gnarsi... Ma tu che sai ora... Andiamo! Tu sei tutto per me, questo tutto mi sfugge, posso salvarne sol­tanto...

Franco                           - (commosso, cercando di scherzare) Questa piccola Regina! Come si è abituata a vivere in margine alla realtà, in un piccolo mondo magi­co, fabbricato nelle sue ore di sogno...

Regina                           - (a denti stretti) Di riflessione. Ti giuro che agisco in piena coscienza del mio atto, dopo averlo a lungo vagliato con me stessa, maturato, deciso...

Franco                           - Andiamo, non hai pensato alle con­seguenze di ogni genere: la tua famiglia...

Regina                           - Non scherzare!

Franco                           - ...Lo scandalo...

Regina                           - Ti sembra che io mi preoccupi dell'opi­nione pubblica?

Franco                           - Brava! Eppure bisogna anche con­tare...

Regina                           - Alleverò il mio bambino alla luce del sole, tanto peggio per gli imbecilli...

Franco                           - D'accordo. Ciononostante, cerca di valutare...

Regina                           - E non temere di averlo a carico... scapperò via col mio tesoro rubato!

Franco                           - (cercando degli argomenti) il presen­te, e sia... ma che responsabilità! Come gli spie­gheresti poi? Pensa un pò.. Non parlo della sua situazione sociale, naturalmente, degli inconve­nienti pratici, delle tristezze... perché soffrirebbe... Sai, una donna sola...

Regina                           - Sarò due...

Franco                           - E poi chi ti dice che non sentirebbe lui stesso un giorno il bisogno di un affetto ma­schile... paterno?

Regina                           - Mi credi dunque incapace di darglie­ne per te? Il tuo bambino!

Franco                           - Il nostro bambino!... (Una pausa) La tua innocenza mi abbaglia... E questa sincerità! Questa audacia! Questa tranquillità! Che argo­mento cosiddetto ragionevole potrei opporre alla tua magnifica irragionevolezza... Sono sopraffatto dal­lo stupore, dall'ammirazione e dalla... sì, dalla te­nerezza...

Regina                           - Stai attento a quello che dici!

Franco                           - Vorrei... trovare le frasi...

Regina                           - Allora non cercarle...

Franco                           - E’ molto difficile... Ho paura di essere maldestro, oppure grossolano... O di farmi avanti troppo... o troppo poco... capisci? E' da quando sei entrata, che ti guardo, che ti ascolto, che ho il presentimento della meravigliosa purezza che mi porti...

Regina                           - Stai attento...

Franco                           - (con lentezza) Non so che cosa potrà capitare più tardi... ma ora mi pare che tutta una parte della mia vita stia crollando dietro di me...

Regina                           - (con lentezza) Stai attento...

Franco                           - - Incomincio a, guardare, attraverso ai tuoi occhi, verso l'avvenire... un avvenire di una ricchezza insperata...

Regina                           - Franco, ora tocca a me dirti: senti quello che stai dicendo?

Franco                           - Forse il tuo passato ha il potere di annullare il mio? Forse è l'unico vero, l'unico va­lido per noi due...

Regina                           - (perdendo tutta la sua calma) Ti supplico: diffida di te stesso! Mi faresti troppo male! Non bisogna che tu ti lasci trascinare da... non so, dalla pietà, dalla debolezza, da qualche momentaneo senso di abnegazione... o forse dalla tua devozione al mio ricordo di ragazzina... Per carità, pesa ogni tua parola... io ti ho parlato con la massima lucidità... Tu cerca di veder chiaro in te prima di tutto. Non dire nulla se non sei sicuro che... Questo sentimento così repentino è forse già un altro?... No, no, non rispondere subito...

Franco                           - Oh! credimi, mai nessuna...

Regina                           - Ora ne sei persuaso perché sono qua io... Diffida di te stesso! Essere sincero dì fronte a se stessi, prima di tutto, sempre...

Franco                           - Posso per lo meno affermarti, leal­mente, che ero preparato ad accoglierti... (Si av­vicina e le prende una mano per baciargliela; Re­gina la ritira con violenza) Cara! Ti sei offerta tutta, or ora, e rifiuti un bacio sul tuo guanto...

Regina                           - (sconvolta) E' vero, ho osato... Ed ora! Dio mio! dimenticalo... No, cioè... Ecco, non rispon­dermi... D'altronde non ti ho fatto nessuna doman­da... Forse siamo ancora in tempo per... Ah! non so più quello che dico!... (Sul punto di mettersi a piangere) Lasciami andar via... Lasciami andar vìa!

Franco                           - (immobile) Ma non hai nulla da te­mere da me.

Regina                           - Addio...

Franco                           - Arrivederci,..

Regina                           - Addio...

 Franco                          - Vuoi tornare domani? Dimmi? Do­mani nel pomeriggio? Chiacchiereremo come due vecchi... come due giovani amici... Parleremo dì noi...

Regina                           - Non ho forse già detto tutto?

Franco                           - Cercheremo dì capirci...

Regina                           - Nulla di te mi è estraneo...

Franco                           - ... dì avvicinarci uno all'altro...

Regina                           - Ho già percorso tutta la strada.

Franco                           - Allora cercherò di raggiungerti...

Regina                           - A che prò darmi anche solo l'appa­renza del ... Sono entrata qui senza nessuna spe­ranza... Se vado via con il minimo barlume... Ho già sofferto abbastanza, troppo! Questa volta non potrei più perdonarti...

Franco                           - Regina, guarda ì miei occhi... (Le mette le mani sulle spalle).

Regina                           - (guardandolo intensamente) No, no! non promettere troppo... A domani! (Si incammina silenziosamente verso la porta).

Franco                           - E avrai la tua bibita gelata: anice-limone-lampone...

Regina                           - (si gira sorridendo per la prima volta) "Verrò per quella!

Franco                           - Com'è fresco il tuo sorriso!

Regina                           - Ha servito così poco... (Passano in anticamera).

Voce di Franco             - A domani... (Abbastanza forte) Riservami anche i giorni seguenti...

SECONDO QUADRO

Un viale di pini al crepuscolo, se ne vedono solo i grossi tronchi rossicci e qualche ramo contorto verso l'alto. Più in là e tutto intorno altri pini: la foresta delle Lande.

 (Appare il dottore. E' seguito dalla Mai-Nounine, una donna di cinquant'anni di pura razza landese: magra, un bel viso bruno sbiadito. E' vestita col tradizionale costume nero con fazzoletto a punta intorno al collo, piccolo manto sulle spalle e cuffia arrotolata intorno alla crocchia).

Il Dottore                      - Ho lasciato la mia macchina in fondo al viale per non fare rumore sotto alle fine­stre di Clara... Bisogna procurare a Clara il mas­simo riposo, il silenzio... che possa avere la pace, almeno dal di fuori.

Mai-Nounine                 - Salvo lei, signor dottore, e quel­li della fattoria, nessuno passa di qui...

Il Dottore                      - Infatti fra gli stagni e il mare questo pezzo di foresta è molto ben difeso dai tu­risti...

Mai-Nounine                 - Chi lo difenderà dalla disgrazia? Crede che non ci sia proprio più niente da spe­rare? (Gesto vago del dottore) Che orrore! Non ci posso credere... La mia piccola Clara! Tre giorni che non mangia... E' così pallida, così pallida... Ecco che non riconosce più nessuno, oggi, neppure la sua Mai-Nounine... (Piange silenziosamente).

Il Dottore                      - (le mette la mano sulla spalla) Povera Mayotta... Sì, è duro da sopportare...

Mai-Nounine                 - Io che ha guardata per prima aprendo i suoi begli occhioni, io che l'ho nel mio cuore come se l'avessi portata nel mio grembo... io che da vent'anni non ha mai lasciata... Se ne va, la mia piccolina.

Il Dottore                      - Non oso dirvi di sperare...

Mai-Nounine                 - La sua povera testa che non può più muovere, caro il mio angioletto... Si lamenta, soffre, e non posso far altro che essere crocifìssa al suo capezzale... Lei è sicuro, signor dottore, che non c'è più niente da fare? E quei signori?

Il Dottore                      - (alza le spalle) Conoscete il risul­tato del consulto... Il professore ritornerà, forse!... Arrivederci, Mayotta... bisogna che io vada subito alla segheria d'Angelbert, un uomo si è ferito... Ri­tornate in fretta vicino a Clara... Questa sera le farò un'iniezione... ma sarà piuttosto per impe­dirle di... Temo che non ci sia più niente da spe­rare, a meno che un... prodigio della natura. Op­pure una di quelle fortune!

Mai-Nounine                 - Ci crede lei, signor dottore?

Il Dottore                      - Vivere, semplicemente, e non cre­dere alla fortuna!

Mai-Nounine                 - Io la chiamo Provvidenza...

Il Dottore                      - Oh, quello... è uno pseudonimo... Insomma, se può darvi coraggio...

Mai-Nounine                 - Arrivederla, signor dottore... Non è giusto... Una innocente! Un fiore di giovinezza! No, non è giusta, la morte... E in primavera!... Si dovrebbe avere il diritto di offrirsi per quelli che si amano.

TERZO QUADRO

La tela si alza sullo studio di Franco, ma di giorno. Un mazzo di rose rosse in un vaso, una fotografia di Regina inquadrata.

(Regina, in tailleur da viaggio, è seduta su uno sgabello).

Franco                           - Familiari?

Regina                           - Sì, quei luoghi mi sembravano fami­liari: degli stagni, al crepuscolo, il mare non molto lontano, un viale di pini... Vedevo, in modo più netto di quel che non capiti di solito nei sogni, vedevo un viale fiancheggiato da grandi pini; par­tiva da una piccola strada, poco frequentata, ed arrivava a una casa di campagna, molto silen­ziosa... qualche persiana soltanto era aperta... E, dietro a una finestra con la tenda semi-alzata, c'era una ragazza seduta della quale, d'altronde, non ho potuto distinguere il viso.

Franco                           - Neppure vagamente?

Regina                           - Mi è parso... Forse ero io, più giova­ne - e non ero io - eppure ero io...

Franco                           - Strano quel sogno...

Regina                           - Non vedevo che cosa stesse facendo, ma so che aspettava qualcuno, tu forse...

Franco                           - Non si tratta né di te, Regina, né di me: chi potresti aspettare? Chi dovrei cercare? D'ora innanzi, tenendoci per mano, « cammineremo sulla stessa strada»... (sorridendo) il signor sinda­co te l'ha detto questa mattina...

Regina                           - Mai le formalità d'ordine sociale mi sono parse così vuote dì umanità, così inutili... «I vincoli del matrimonio ». (Alza le spalle) Tua moglie o la tua compagna... Io stessa ho tessuto il legame e nulla può renderlo più forte e nessuno può scio­gliermene, neppure tu...

Franco                           - Credi forse che io ci pensi?

Regina                           - (fissandolo) Noi due! Insieme!... Co­m'è possibile che una cosa simile sia successa? (Co­glie una rosa e la infila all'occhiello di Franco) Che cosa hai fatto ieri sera?

Franco                           - Mi sono messo all'organo. Ho suonato, fino a tardi... «Le Beatitudini». Con un'ebbrezza profonda... Ti dedicavo ogni nota...

Regina                           - Il sogno di questa notte mi ha lasciata come impregnata di un mistero indefinibile: ma quello che vivo in questo momento!.. Io... io sono immersa in un'atmosfera che mi fa dubitare della realtà. Sono tuffata, come la Willis, in fondo a un'acqua magica... Sono proprio ancora di questa terra? Sei proprio qua, Franco?

Franco                           - (con le mani sulle spalle di lei) Ecco qui, faccia a faccia, un uomo e una donna che pre­sto saranno uniti... Regina, il tuo corpo non è stato mio, ma...

Regina                           - Ssst...! Domani la mia casa sarà la tua... (Si stacca da lui) Che ora è? Non perderemo il treno?

Franco                           - Hai fretta di tornare sui monti?

Regina                           - Credo di poter respirare bene soltanto davanti a un orizzonte dove la vista può perdersi...

Franco                           - Innalzarsi...

Regina                           - ... dove l'aria è libera da ogni sozzura. Sì, soffoco un po'...

Franco                           - Sei così pallida!... Non vuoi stenderti un po' prima di partire? Ci vuole ancora un'ora...

Regina                           - Non sono stanca... (Si guarda intorno) Lasci qui la mia fotografia?

Franco                           - La metterò sul coperchio dell'organo, nello studio, ci starà da padrona fino al nostro ri­torno...

Regina                           - (coi gomiti sul tavolo osserva la fotografia) La mia ultima effigie da signorina... Strano!... Ho l'impressione che sia già molto lontana nel pas­sato... Indietreggia, indietreggia, spingendo dietro la sua schiena le innumerevoli immagini che l'hanno preceduta, una dopo l'altra, fin dalla mia nascita... Addio, tu! Quando mi rivedrai, sarò un'altra.... Rico­noscerai la vergine forte e fiera?... Addio, voi tutte! Addio, me stessa!

Franco                           - Non guardare più indietro... Le giornate che abbiamo passate sulle tue montagne non ti hanno dunque convinta della mia sincerità? del no­stro profondo accordo? Dimmi? Queste quattro set­timane, nell'intimità del tuo spirito, nel tuo calore, sempre attento a svelarti, fino al midollo, il mio vecchio io...

Regina                           - (guardandolo a lungo) E' proprio vero?...

Franco                           - I tuoi occhi sono ancora inquieti... Non aver più dubbi! Mi sono presentato a te con tutte le mie iniquità e sono stato assolto...

Regina                           - Non ho saputo nulla di te che già non sapessi. Ti sei rivelato così come ti ho sempre cono­sciuto, come sarai sempre... Gli anni non cambie-ranno niente di te. Quando avrai il viso pieno di rughe e i capelli bianchi...

Franco                           - Pazienza!

Regina                           - ... sarai per me identico a quello che sei oggi. Non è in tuo potere, Franco, di modificare il minimo dettaglio della tua immagine in me!

Franco                           - Tanto meglio per lei!

Regina                           - So che ti amo da milioni e milioni di anni, o piuttosto so che né il tempo né lo spazio potranno mai raggiungere né distruggere il mio amore...

Franco                           - Chi mi avrebbe detto che a mia volta avrei ricevuto il messaggero munito dell'ordine al quale non si resiste... Improvvisamente è entrato...

Regina                           - «Vegliate, perché non sapete né il gior­no, né l'ora»...

Franco                           - E' entrato sul tuo terrazzo, una bella sera.

Regina                           - Come scintillavano i ghiacciai sul cielo!

Franco                           - H tuo pastorello suonava il piffero...

Regina                           - Eravamo seduti uno vicino all'altro alla stessa tavola...

Franco                           - (con lentezza, grave) Ho bevuto il vino che veniva dalla tua vigna, ho mangiato il pane che il panettiere del villaggio aveva cotto con la farina del tuo grano...

Regina                           - (tremante) « Gioia, gioia, lagrime di gioia... ».

Franco                           - E da quel giorno tu abiti in me... (Con una devozione appassionata) Regina, ti amo!

Regina                           - (tra un grido di trionfo e di dolore) Fi­nalmente! Per la prima volta!

Franco                           - Ti amo!

Regina                           - Queste due parole - dette da lui - final­mente! Ho vissuto soltanto per questo minuto... Mai, non potrò mai essere più felice! (Vacilla) Oh! sono troppo felice! Troppo!

Franco                           - Non si è mai troppo felici.

Regina                           - Sì, sì... Franco presto, guarda dalla fi­nestra...

Franco                           - Come?

Regina                           - Guarda... Dimmi subito, subito, le pri­me tre persone che vedrai...

Franco                           - Ma che idea fanciullesca! Io non capis...

Regina                           - Ti prego, guarda... Sbrigati... Il tempo stringe... (Franco va alla finestra, Regina si lascia cadere su una seggiola, in faccia al pubblico; col viso stravolto, una mano che preme il suo cuore, parla con voce interrotta) Oh! liberami... brucio...

 Franco                          - (senza accorgersi dello stato di Regina) Ebbene!... vedo all'angolo della strada un suo­natore di fisarmonica che sembra cieco...

Regina                           - (col gesto di strapparsi il cuore) Pren­di per lui...

Franco                           - Una vecchietta con una cuffia nera guarnita di cappuccine.

Regina                           - (c. s.) Prendi per lei...

Franco                           - ... vicino a lei, una... una giovane ope­raia, credo, un po' gobba...

Regina                           - (c. s.) Prendi per lei...

Franco                           - Ah! c'è anche, ma farebbe quattro...

Regina                           - Dimmi, dimmi lo stesso,... sono troppo ricca...

Franco                           - Una bella donnina bionda vestita di verde è passata appena adesso...

Regina                           - (c. s.) Prendi per lei...

Franco                           - Ma che cos'hai?

Regina                           - (ansante) Franco! Con tutte le mie forze... con tutto il mio cuore traboccante di gioia... auguro... (Gli prende la mano) Franco, siamo trop­po ricchi, fai con me lo stesso augurio: che ognuno di questi esseri... abbia oggi... la sua parte di fe­licità...

Franco                           - Così sia, Regina, ma ti prego, non esaltarti...

Regina                           - (crescendo) Questa camera deve bril­lare di uno splendore magnifico fra tutte le altre! Non vedi, Franco, questa luce! Come abbaglia in­torno alla mia testa!

Franco                           - Calmati!... Tremi...

Regina                           - (con le mani aperte) Preghiera a Dio per chiedergli scusa di essere troppo felice!

Franco                           - E' pazzesco, senti! come se la felicità fosse una colpa!

Regina                           - Signore, Padrone dell'Universo, non puoi permettere che una delle tue creature riceva da sola tanta felicità. Signore, prendi questa feli­cità e dividila fra quelli che ne mancano...

Franco                           - Regina, Regina, non tentare la sorte! Che cos'hai? Guardami... Le tue mani sono gelate... e il tuo caro viso...

Regina                           - Prendi, Signore, prendi! liberami da questo eccesso di felicità! E se, in questo secondo, un'anima fraterna è sul punto di lasciare la terra... (Si sente mancare) Ah!

Franco                           - Cara, ti proibisco, non voglio... Pensa a noi, pensa a me... Ti amo!

Regina                           - (lentamente) Ho vissuto solo per que­sto minuto... Non puoi darmi di più... Arrivederci, amore mio...

Franco                           - Taci, mi fai paura...

Regina                           - Arrivederci! Franco, non dimentica­re... La ragazza dietro alla finestra... Non dimen­ticare...

Franco                           - Che cosa dici? Regina mi senti? Apri gli occhi...

Regina                           - Abbi... fede... nel mio amore... immor­tale! (E tace. Franco rimane immobile qualche se­condo, 'paralizzato dallo stupore, cercai il polso, tocca la fronte e con un grido si raddrizza, scon­volto).

Franco                           - Andiamo, è impossibile... impossibile. Non si muore così... (Corre nell'anticamera) Maria Maria! Un medico, presto, correte a chiamare un medico, un medico qualunque... No! bisogna tele­fonare... Presto! Presto!... telefonare... telefonare... Non si muore così! (Grida nell'appartamento, il te­lefono suona. Regina è sola in scena, seduta, con le mani allungate sulle ginocchia, gli occhi chiusi, la testa alta).

QUARTO QUADRO

 (Subito dopo si vede il viale dei pini. Dal lato opposto. Mai-Nounine, ridendo e piangendo, entra in fretta, invitando col gesto il Dottore a seguirla).

Il Dottore                      - Andiamo, andiamo, è impossibile! Non ci si salva così! Non-ci-si-salva-eosì!...

Mai-Nounine                 - Eh sì, signor dottore! Vegliavo, in ginocchio vicino al suo letto, incominciavo a re­citare le preghiere degli agonizzanti... Di colpo ha tirato un sospiro - aaah! come se avesse voluto mandar giù tutta l'aria del cielo... Ha riaperto i suoi begli occhioni... Si è sollevata sul guanciale, sì, da sola... lei che non poteva più nemmeno spo­stare il dito mignolo... Non osavo muovermi, io, ero inchiodata per terra... Allora mi ha vista, mi ha sorriso... Ah! cuore del mio cuore!...

Il Dottore                      - Prodigioso...

Mai-Nounine                 - Eppure è stato proprio come glielo dico io... E mi ha detto: «Buongiorno!»... come se fosse appena entrata... con una voce, una voce che sembrava venire da...

Il Dottore                      - Allora Clara è veramente... Insom­ma, Mayotta, ne siete certa?

Mai-Nounine                 - Venga a vedere! Si muove, parla... Ecco, ascolti... la ascolti!... (Si sente una voce lontana che chiama: « Mai-Nounine ». Allora, con un artificio scenico si vede, in retro-scena, Re­gina, nella stessa posizione della fine del precedente quadro: ma lo studio di Franco è nel buio, e Re­gina da sola è circoscritta dalla luce spettrale di un proiettore. Mai-Nounine si incammina dalla parte opposta) Mi chiama. La sua povera voce... Si direbbe che è ansante come se avesse corso... Andiamo presto!

Il Dottore                      - (seguendola) Questo poi!... Non ci capisco niente... Se è vero, non sono che un asino...

Mai-Noxtnine               - (uscendo) Ma no, signor dot­tore, lei non è che un uomo... E glielo dico io: Clara è risuscitata! (Sono usciti. Regina è sola, immobile, nel cerchio del proiettore. La si vede dunque, morta, mentre si sente - altrove - la sua voce,-un po' soffocata, chiamare di nuovo: a Mai-Nounine! »... Cala il sipario molto lentamente).

PARTE SECONDA

QUINTO QUADRO

In casa di Maurizio, nel pomeriggio. Uno studio di pittore, molto moderno. Mobili nichelati, ecc.. In fondo, grande vetrata. Telefono su un mobile.

(Franco, vestito di grigio chiaro, seduto davanti a un tavolo, guarda delle cartoline illustrate e delle fotografie che l'impiegato della Casa Blumstein, seduto di fronte, tira fuori dalla sua borsa).

L'Impiegato                  - (tipo molto polacco) ... Ecco le ultime tre... Nel Morvan: ventiquattro ettari tutti dello stesso podere, bella foresta, faggi e castagni... Sì, lo so, i pini... Niente stagni nemmeno. Ma non si potrebbe, con un po' di buona volontà, conside­rare come tali...

Franco                           - E il mare? In pieno Morvan! (Butta la fotografia).

L'Impiegato                  - Infatti, il mare, in pieno Morvan - se non nei periodi geologici...

Franco                           - Risaliamo al diluvio!

L'Impiegato                  - (con un'altra cartolina) Questa nemmeno! Saint-Amand Morrond, gli stagni di Sologna, non...

Franco                           - No, la casa non ha torrette...

L'Impiegato                  - E infine, questa tenuta in Bassa-Bretagna... Ah! questa volta il suo mare c'è!... Sol­tanto, è tutta roccia... mancano ancora i pini... In compenso c'è della brughiera, - una brughiera molto alta, d'altronde...

Maurizio                        - Forse potrebbe sostituire i pini?

L'Impiegato                  - Ho vuotato il mio sacco!

Franco                           - E non il minimo indizio!

L’impiegato                  - Cosa vuole, signore, è abbastanza difficile poter riunire le tre condizioni che lei im­pone... Se volesse aver la gentilezza di darmi qual­che precisazione complementare per limitare la mia scelta, potrei consultare altri documenti. Si tratta di una proprietà di lusso? o di rendimento? oppure di una tenuta da caccia? Capirà, è molto vago: una casa di campagna in fondo a un viale di pini...

Franco                           - Delle precisazioni? Come vuole... Se sapessi dov'è non glielo chiederei...

L'Impiegato                  - Come: dov'è? Lei ha in vista una proprietà ben definita? E' da vendere? In questo caso, signore, la Casa Blumstein l'ha nel suo sche­dario in-du-bi-ta-ta-men-te... Basterà...

Franco                           - Ma non so se è da vendere. Non cre­do... Lei non mi sembra esattamente al corrente!

L'Impiegato                  - Sono specialista in affari deli­cati, ma mi hanno dato l'incartamento solo sta­mane.

Franco                           - Perché dovrebbe essere già da ven­dere? (Con semplicità) Si tratta di una casa di campagna che ho visto in sogno e ho pregato i fratelli Blumstein di cercare nella loro collezione di piani, di fotografie, di cartoline illustrate... ecc., se qualche veduta corrispondeva a questo sogno...

L'Impiegato                  - (in silenzio ripone le sue carte nella borsa. Poi, con tono gelido) Probabilmente sarà stata la sua fama d'artista, signore, che avrà de­ciso la nostra Casa a, tentare di soddisfare una simile... fantasia. Ma - s'intende - un artista! In quanto a me considero idi aver portato a termine il mio incarico,

Maurizio                        - Credo che sarà inutile che lei si di­sturbi di nuovo...

L'Impiegato                  - Ne sono certo... (Arrivato vicino alla porta) Ma lei, signore, è poi sicuro che la sud­detta proprietà si trovi proprio in Francia?

Franco                           - Ho certe ragioni che me lo fanno supporre...

L'Impiegato                  - Ah!... Se però mi posso permet­tere di darle un suggerimento: (con un sorriso acidulo) ...cerchi... in Spagna... i castelli!... Ho l'o­nore di porgerle i miei più sentiti omaggi, signore. (Maurizio lo accompagna e rimane fuori di scena per gualche secondo).

Franco                           - (da solo, con la testa fra le mani) Regina, Regina, te ne supplico...

Maurizio                        - (rientrando) Quei poveruomo è convinto di aver a che fare con un burlone o... con un pazzo.

Franco                           - Chiamiamo pazzi volentieri quelli che hanno delle passioni o delle certezze che ci ri­mangono estranee.»

Maurizio                        - Certezze? Un sogno!

Franco                           - I sogni, certuni, sono delle porte semi­aperte nel Grande Muro...

Maurizio                        - Sì... L'hai visto di nuovo quel fa­moso viale di pini?

Franco                           - Ancora due volte. K ogni volta, me­glio, in modo meno confuso* Come se, ad uno ad uno, cadessero i veli che mi separano da lui... (Con fuoco) Ma anche soltanto questo, Maurizio, questa visione notturna passata da Regina in me: ecco, ecco già una mano tesa fra di noi...

Maurizio                        - (facendogli vedere una piccola tela) Sì... Ho provato, dalle tue descrizioni, a com­porre uno schizzo del posto... E' somigliante?

Franco                           - (esaminando la tela) Sì, abbastanza... Troppo... definitivo per me, capisci... I luoghi non hanno - non hanno ancora - questi contorni netti... Ma si vede proprio questa facciata un po' misteriosa, in lontananza, fra gli alberi... questa finestra dalla tenda semi-alzata dietro alla quale... Lei mi aspetta...

Maurizio                        - Lei? Chi? Un essere... vivo?

Franco                           - Perché no?

Maurizio                        - Allora ti sembra proprio naturale che questa sia diventata... Beh! Caro mio!...

Franco                           - Il limite fra il naturale e il sopran­naturale è così impreciso, così mobile...

Maurizio                        - Che ci si perde! (Pausa) Ritorna al quai d'Anjou e lavora.

Franco                           - L'appartamento è chiuso, è rimasto tal quale come quando Regina è partita, tal quale come sarà quando...

Maurizio                        - Quando?

Franco                           - Quando vi ritornerà con me...

Maurizio                        - (alzando le braccia al cielo) Ma hai tutta l'aria di credere che si tratti di un semplice viaggetto di andata e ritorno! Andiamo, Franco... eppure se c'è una cosa della quale si può essere certi, è proprio che...

Franco                           - (con fuoco) Maurizio... Se tu fossi stato testimonio del suo delirio sacro... Si strap­pava a se stessa per darsi agli altri... Bruciava come una fiaccola... Ebbene! se tu avessi assistito all'olo­causto, incominceresti ad avere la convinzione, come me, che questa fiamma sovrumana non ha potuto distruggersi, scomparire senza lasciare traccia...

Maurizio                        - Forse! Può darsi! Ma da questo a immaginare che un'altra fanciulla...

Franco                           - «Abbi fede nel mio amore immor­tale». Altrimenti, pensa, che dolore!

Maurizio                        - Se è così...

Franco                           - (guarda U suo orologio) Ma che cosa fanno quei tali?... Le tre e dieci...

Maurizio                        - Li ho convocati tutti e quattro per le tre... Ah! quanto fiato ho dovuto sprecare!... Ca­pirai, gente che riceve la visita di detective pri­vati, che trova la propria segnalazione esatta nelle inserzioni dei giornali...

Franco                           - Fammi vedere di nuovo quei tuoi schizzi, vuoi?... (Maurizio gli dà un album) Il suo­natore di fisarmonica, la vecchietta, l'operaia, la bella donnina... Non c'è dubbio, sono proprio quelli che ho visto quando lei mi ha chiesto di guardare dalla finestra... Sanno quello che desidero? Glielo hai spiegato bene?

Maurizio                        - Così come ho potuto capirlo io stes­so. Non vedo bene che... che rivelazioni aspetti da loro.

Franco                           - E' per loro che, il diciassette maggio, in modo più diretto, più individuale, Regina si è... spogliata... Se questo atto di... comunione ha otte­nuto il suo effetto in loro, si può dedurne rigoro­samente... (Suonano).

Maurizio                        - Eccoli... Vedremo... Rigorosamente! (Esce alzando le spalle).

Franco                           - (da solo) Sì: se. quel giorno Tu hai dato loro un segno... tutto è possibile... (Maurizio torna con la giovane operaia, vestita malamente, molto intimidita).

Maurizio                        - Venga avanti, ecco il mio amico...

Franco                           - La ringrazio di essersi disturbata, si­gnorina.

L'Operaia                      - Non c'è di che, signore... Sono un po' in ritardo, avevo del lavoro da consegnare... Ho dovuto fare un giro per passare di qua...

Franco                           - Lei sa che sono pronto a compen­sarla per ì danni che...

Maurizio                        - La prego, si accomodi, signorina.

L’Operaia                      - Oh! non si tratta di questo... (Mau­rizio la fa sedere) Grazie tante.

Maurizio                        - Come le ho spiegato, il mio amico l'ha pregata di venire qui da me per rispondere molto semplicemente a... (Suonano) Ah! numero due... (Va verso la porta).

Franco                           - Falli aspettare, mettili al corrente... (Maurizio esce. All'operaia, con dolcezza) Non ab­bia nessun timore, signorina... E soprattutto non creda che una vana curiosità... Non posso spiegarle esattamente... Ma la sua risposta può - deve - es­sere fonte per me di una grandissima gioia... senza procurare a lei nessuna noia... E' più tranquilla, ora?

L’Operaia                      - Lei mi parla con tanta dolcezza...

Maurizio                        - Le chiedo dunque una grande lealtà: non inventi nulla, non ometta nulla... Cerchi di ricordarsi se, in quella giornata del diciassette maggio, non le è successo niente di... speciale, o di importante, di... come dire? insomma, una cosa che non dimenticherà mai. Ecco.

L'Operaia                      - (esitando) Signore, capisco bene la sua domanda, ma è molto imbarazzante, molto delicato...

Franco                           - Mi scuso ancora di dovere interro­garla. Non si tratta di indiscrezione, le assicuro... Ebbene?

L’Operaia                      - C'è, ma è una cosa così poco... A lei sembrerà forse senza importanza, mentre per me...

Franco                           - Dica, la prego, dica...

L’Operaia                      - Non vorrei che si burlasse...

Franco                           - Signorina...

L'Operaia                      - (tormentando la sua borsetta) Eb­bene! quel giorno, ero andata a consegnare del lavoro in un quartiere della riva sinistra... ricamo in casa... Ho preso il tram per tornare. Mentre aspettavo, e tanti altri con me, un ragazzo - un gio­vane e bel ragazzo, signore - che aveva un fiore in mano, un garofano! me l'ha porto con un sor­riso... Ho accettato... E' la prima volta... no. (Scuote la testa) E' la sola volta che qualcuno ha fatto caso a me... Capirà, non sono molto piacente, io... Al­lora sono rimasta così colpita... Ah! ho avuto la mia parte di felicità quel giorno!... Pensi un po' se avrei potuto dimenticarlo!... E non solo quel giorno... Il garofano, non mi lascia più... (Apre la sua borsa) Vede... Appassito, si capisce... Lo tengo sempre qui... Quando c'è qualcosa che non va, un po' di umor nero, oppure se devo salire troppe scale, o se la gente è cattiva con me... è sempre qui; mi dico: sì, ragazza mia, non devi lagnarti... C'è pur sempre uno che ha avuto per te un pic­colo gesto di... tenerezza... Eh, conta, sa, al giorno d'oggi! Non è vero, signore? Ma vede che la mia storiella non ha proprio nulla di sensazionale...

Franco                           - (alzandosi, commosso) Più di quel che crede, signorina... Il mio amico ha il suo indi­rizzo? Vorrei poterle essere utile, dimostrarle la mia riconoscenza... Sì, sì... Lei mi ha portato un tale riflesso di... Insomma, d'altronde... (Le stringe la mano) Grazie...

L’Operaia                      - Oh, non c'è di che... Sono contenta che lei sia contento. Arrivederla, signore... (Nell'uscire si scansa per lasciare il passo a una bella donnina vestita di verde seguita da Maurizio).

 Semiramide                  - Oh! Benone! Un artista!...-

Maurizio                        - (all'operaia) La riaccompagno, si­gnorina... (A Franco, additandogli la nuova ve­nuta) E' proprio lei, nevvero?

Franco                           - Esattamente... (Si inchina. Maurizio è uscito con l'operaia).

Semiramide                   - Se stessa al gran completo! Ho messo lo stesso vestito e lo stesso cappello per evi­tare pasticci.

Franco                           - Li riconosco.

Semiramide                   - Allora sei tu il tipo dell'inserzione? Aspetta... (Esce dalla sua borsetta un pezzetto di carta) L'ho ritagliata nel «Grand Journal»... Mi piace quel giornale perché lì dentro, quando c'è dei delitti, si trovano tutti i dettagli, con molte foto... Eccola... (Legge): « La bella signora bionda - sono io - la bella signora bionda vestita di verde che è stata vista il 17 maggio, verso le tre, all'angolo del quai d'Anjou e della via Ferronière, è istanta­neamente pregata...

Maurizio                        - (entrando) ...insistentemente...

Semiramide                   - Sì: « istantaneamente pregata di presentarsi dal signore...». Ah! sei da un amico, qui? «Discrezione. Ricompensa». (Piega il suo fo­glio di carta) Hai preso una cotta... Eh, ti capisco!

Franco                           - Signorina, lei è infatti deliziosa ma...

Semiramide                   - Allora è lui? No?

Maurizio                        - Ne riparleremo...

Semiramide                   - Beh... Ci perdo la bussola... Perché mi avete chiesto di venire?. «Discrezione - Ricom­pensa». Pensavo fosse per... sì, insomma, per an­dare a letto...

Franco                           - Il mio amico non le ha dunque spie­gato?

Semiramide                   - Lui? Mi ha proposto di fare il mio ritratto, nudo, dalla testa ai piedi...

Maurizio                        - Come, come! Le ho anche chiesto per il diciassette maggio...

Semiramide                   - Ah sì, quella storia... Proprio una coincidenza buffa, pensa un po'! Lavoro alle «Folies Sensations ». (Guarda il suo orologio) Anzi bi­sogna che mi sbrighi, devo squagliarmela: mi aspet­tano per le prove. Sono io che sono Semiramide, sai la prima che scende il gran scalone quando che dicono: «E ora: che l'orgia cominci!». Beh, ti giuro che non è una cosa comoda, l'orgia, con uno strascico di nove metri da tirarsi dietro...

Maurizio                        - (a mezza voce) Un'orgia non è mai una cosa comoda...

Franco                           - Allora, il diciassette maggio?

Semiramide                   - Ci tiene al suo diciassette mag­gio! Beh, è proprio quel giorno lì che mi hanno prescelta per la parte di donna nuda. Eh? E' una data quella nella vita di una artista!... Mah!... Ep­pure non avevo fatto niente di così tanto speciale!... E' la mamma che è stata contenta!... Finalmente abbiamo potuto cavarcela con la padrona di casa, i fornitori, eccetera eccetera... Oh! Ti dico io... pro­prio appena in tempo... eravamo lì, lì... Pensa un po' che razza di un caso!

Franco                           - Un caso! Non credo... (Suonano) Ci vado io: quello che ha detto basta già. (Esce).

Maurizio                        - Dunque è pagata bene per la parte di « Donna nuda » ?

Semiramide                   - Cosa credi!... No, ma...

Maurizio                        - Le conseguenze...

Semiramide                   - Ecco. Uno straniero, oh! molto chic... e poi, con tanti di quei soldi, caro mio! Sai, ho messo del burro sui miei spinaci... (Gli fa ve­dere un brillante che ha al dito) Centomila...

Maurizio                        - Con quel che costa il burro al giorno d'oggi...

Semiramide                   - E la mia dodici cilindri, giù ab­basso... Vieni a vedere... eh! Cosa ne dici?

Maurizio                        - Una vera locomotiva.

Semiramide                   - Capirai... Mi hai vista alle « Folies » ?

Maurizio                        - (gesto da pittore) Che schiena! Che ventre! Che... (Fa schioccare la lingua).

Semiramide                   - E' vero? L'orbo mi ha detto che ho un corpo molto spirituale.

Maurizio                        - L'orbo?

Semiramide                   - E' il nome del produttore: eppure è molto conosciuto!

Maurizio                        - Ah! sicuro... l'inventore del super-nudo!

Semiramide                   - Il super-nudo... Ma ho un « cache-sexe »!

Maurizio                        - Di pizzo..

Semiramide                   - Due mila persone per volta, è co­me nessuno...

Maurizio                        - Anche questo è un punto di vista.

Franco                           - (alla porta con Madama Broussoulou) Ah, così per lei sono state le inquiline del vicinato... Capisco.

Maurizio                        - La seduta continua... (Accompagna Semiramide).

Semiramide                   - (a Franco, passandogli vicino) Ciao, fenomeno! Io, alla tua inserzione, non ci capisco un'acca!

Franco                           - Eppure lei mi ha risposto lo stesso!

Semiramide                   - Dev'esserci qualcosa di poco chia­ro lì sotto!...

Maurizio                        - L'hai detto!

Franco                           - Mi permetterà di mandarle due fiori, non è vero? Grazie infinite, signorina...

Semiramide                   - Per quel che ho fatto!... (Esce).

Maurizio                        - (uscendo) Allora, quando verrà a posare?... Incominceremo con la testa...

Franco                           - (a Madama Broussoulou) Si accomodi, signora.

Madama Broussoulou   - (una vecchietta molto lin­da) Come le ho detto, sono le vicine che m'hanno fatto vedere il giornale: « Ma si tratta proprio di lei - mi dicono - Madama Broussoulou, la cuffia nera con le cappuccine... Quel signore l'ha notata... E' del quartiere»... Eh sì, proprio così, ero io all'an­golo della via, quel giorno, io in persona...

Franco                           - Mi ricordo benissimo. Allora mi può dare una risposta?

 Madama Broussoulou - Ma perché mai mi fa una domanda così strampalata? Oh! non mi cerche­ranno per un'eredità, dica? Non sarà per caso un notaio che me ne vuole mangiare una parte? (Suo­nano) Ma no, è vero, lei è nella pittura, e i pittori tutti burloni! Eppure non vorrà certo che io ci faccia da Venere, su un sofà!... (Maurizio entra accompa­gnando il suonatore di fisarmonica che porta degli occhiali neri; lo fa sedere un po' indietro) Guarda, guarda, eccolo qua... E' lui che suonava la fisarmo­nica quel giorno...

Suonat. di fisarmonica - Dove? Quando? Chi c'è qui? Se si tratta di pasticci con la polizia, sono in regola con tutto... H compagno che mi ha condotto fin qua, può farvi vedere le mie carte... E poi... preferisco squagliarmela...

Maurizio                        - (trattenendolo) Ma non abbia pau­ra... Gliel'ho detto: qui è da un artista, come lei... Aspetti, si segga, lasci parlare la signora... Dopo le spiegheremo...

Suonat. di fisarmonica - Va bene, va bene... Che chiacchieri quella lì! Non mi passa proprio per la testa, quel che volete da me...

Maurizio                        - (facendolo accomodare) Le spie­gheremo poi...

Franco                           - (a Madama Broussoulou) La ascolto.

Madama Broussoulou   - Se la diverte... E' per colpa sua che mi sono fermata all'angolo della stra­da. Suonava: «Al tempo dei nostri amori, bellezza mia... ». Bisogna che le spieghi che, il 17, è il gior­no che c'è l'anniversario del mio matrimonio, si­curo... E lo festeggio da sola perché il mio Broussoulou è defunto... Quando dico: da sola... vi farò forse ridere...

Maurizio                        - Mi stupirei...

Suonat. di fisarmonica - Io ci starei...

Madama Broussoulou   - Non fa niente, ve lo rac­conto... Dunque, per quell'anniversario mi chiudo in camera, metto il mio miglior vestito, mi aggiusto il viso, mi faccio dei ricciolini... sì, dei ricciolini... E poi, metto il suo piatto davanti al mio, su di una tovaglia... Le nostre due seggiole... E poi una bot­tiglia di spumante « Saint-Julien » che gli piaceva tanto e che non l'apro mai.

Suonat. di fisarmonica - (con convinzione) Beh, io non ce la farei!

Maurizio                        - Ssst!... (A Madama Broussoulou) Mai?

Madama Broussoulou   - No, da cinque anni è sempre la stessa storia... E allora gli parlo come se fosse lì... gli parlo di noi... Oh, non di cose compli­cate, certo: oggi ha fatto bello; le ciliege sono a trentanove soldi; una chiatta si è fermata sotto al grosso tiglio... A forza di parlargli credo che sia tornato, il mio Broussoulou; credo persino che non se ne sia mai andato: ma ascolta, mi sorride con quella sua aria foonacciona...

Suonat. di fisarmonica - Questa poi!

Maurizio                        - La smetta!

Franco                           - E questo 17 maggio?

Madama Broussoulou   - Signore, mi crederà se vuole... ma è proprio quello che mi ha deciso a venirla a trovare, perché deve saperne qualcosa, lei... Alla frutta, ho teso la mia mano attraverso il tavolo... Ebbene, signore, com'è vero che la sua cra­vatta è blu, ho sentito la sua mano stringere la mia. Glielo giuro! Ho riconosciuto le sue dita nodose, era bottaio... Mi ha fatto un po' paura, ma tanto piacere!... Ecco...

Franco                           - (a Maurizio) Che cosa ne dici?

Maurizio                        - (a Madama Broussoulou) Sì... Non l'aveva proprio vuotata la bottiglia di spumante? (Il suonatore dì fisarmonica ride forte).

Madama Broussoulou   - (senza capire) Ma no, signore!

Maurizio                        - E' la prima volta che ha avuto... un... un incontro del genere con suo marito?

Madama Broussoulou   - Sì.

Maurizio                        - E da allora non le è più successo?

Madama Broussoulou   - No. Ah! capisco: lei si occupa di spiritismo...

Maurizio                        - (con vivacità) Oh, no! affatto! ... Questa è un'altra storia... In ogni caso io ho biso­gno di cose solide: due più due fanno quattro...

Franco                           - Non so come ringraziarla, signora. E' stata così gentile ad essersi disturbata...

Madama Broussoulou   - Gli ho detto le cose così come sono state... E' la verità vera!

Franco                           - Ne sono certo... Se posso esserle utile,..

Madama Broussoulou   - Ma sicuro... Le porterò una foto del mio Broussoulou quand'era giovanotto... Non potrebbe colorarmela?

Franco                           - (mostrando Maurizio) Ecco l'artista: lo farà con piacere...

Maurizio                        - E' la mia specialità!

Madama Broussoulou   - Grazie in anticipo... Al­lora, vi saluto, signori, e arrivederci a tutti... (Pas­sando vicino al suonatore di fisarmonica) Dica un po', la risuonerà poi ancora l'arietta? (Esce cantic­chiando) «Al tempo dei nostri amori, bella mia... ».

Suonat. di fisarmonica - Un po' tocca, la vecchia, ma ha gusto per la musica... Allora, a me... Oh! non avrò di queste storie da sonnambula da raccontarvi... Non ho proprio... (Si alza) Ma prima di tutto, chi è il padrone qui?

Franco                           - Sono dal mio amico, ma sono io che l'ho pregato di...

Suonat. di fisarmonica - Benone! H suo amico mi ha detto che è musicista anche lei... Al­trimenti non sarei venuto...

Franco                           - Molto lusingato...

Suonat. di fisarmonica - Che cosa suona?

Franco                           - L'organo.

Suonat. di fisarmonica - Con la mano­vella?

Franco                           - No: le canne... i grossi tubi.

Suonat. di fisarmonica - (lo palpeggia, con vivacità) Non è mica prete?

Franco                           - Neppure novizio...

 Suonat. di fisarmonica - Allora: colle­ghi! (Gli stringe la mano) Lei fa più rumore di me, ma come repertorio non deve essere così vario... E poi... ne tiene del posto eh! Non può traslocarla facilmente, la sua baracca... Invece quest'amico qua, capisce... (Dà una manata sul suo strumento) Ah! con quest'amico qua, si fa tutto quello che si vuole... imita tutto: il jazz, il temporale, il «metrò», la giostra... Le suonerò una di quelle fiere da carnevale... Potrà sempre metterli in fila, i suoi tubi!

Franco                           - Bravo! Per ora il mio amico le ha forse detto... (Interroga con lo sguardo Maurizio).

Maurizio                        - Ha cercato, non trova niente in quel giorno.

Franco                           - Niente?

Maurizio                        - Niente di speciale.

Suonat. di fisarmonica - No, mi sono se­duto, come al solito, al piccolo caffè; ho... suonacchiato, come al solito; ho bevuto il mio litro di vino rosso, come al solito... Mentre nel frattempo - come al solito - mia moglie mi faceva becco. (Mo­strando i suoi occhiali) Pensi un po' se può spas­sarsela, eh?

Franco                           - Sì, ma non vede... oh, scusi... non ha conosciuto, appunto quel 17 maggio, qualcuno che le abbia... dato una gioia, reso un gran servizio?

Suonat. di fisarmonica - No, nessuno. Nes­suno!

Franco                           - Ah! (Pausa).

Suonat. di fisarmonica - Cioè... qualcuno, qualcuno... Dipende, quello che chiama qualcuno.., Non le parlavo di quello perché credevo... Insomma: un cane è qualcuno?

Franco                           - (con vivacità) Lo credo bene!

Suonat. di fisarmonica - Allora posso dirle che quel giorno, nel pomeriggio, un cane - un cane senza collare, .un cane randagio, credo - è venuto a sedersi vicino a me, davanti alla porta del pic­colo caffè, e, da allora, non ha mai più voluto la­sciarmi... (Gesto commosso di Franco) Sì... Mi por­ta avanti, indietro... senza sbagli! Un vero angelo custode... Così l'ho chiamato: Gabriele. Cosa ne dice? San strambe, le bestie; non si sa da dove vengono le loro idee...

Franco                           - (c. s.) Io, lo so...

Maurizio                        - E dov'è ora il suo Gabriele?

Suonat. di fisarmonica - Ah, è la vostra carogna di portinaia che non ha voluto lasciarlo venir su con me... Mi aspetta giù, col mio amico, quello dalle braccia paralizzate che mi ha letto la vostra inserzione... (Pausa) Allora... allora, ecco... Finito il consulto?... Posso andare? (Maurizio gli fa scivolare in mano un biglietto) Ohilà! là! Non ho sovente palpato dei bigliettoni come questo... Perdinci! Non avrei creduto che l'organo rendesse tanto... Grazie, compagno... Volete che ve la suoni, la mia « Fiera di carnevale » ?

Franco                           - Un'altra volta, con piacere... eh? Tor­nerà...

Suonat. di fisarmonica - A questo prezzo, anche tutti i giorni... Senza addio, collega! (Mau­rizio lo accompagna fuori) Brutta strega di porti­naia. Spero proprio che Gabriele abbia fatto pipì sul suo tappeto. (Escono).

Franco                           - (lo richiama indietro) Maurizio!... Del­lo zucchero... vuoi dargli dello zucchero, per il cane? (Maurizio scompare. Franco solo, raddrizzandosi) Ed ora, dove sei?

SESTO QUADRO      - (1)

(Il viale dei pini. Clara, in vestito bianco a pal­lini blu, un velo di mussola bianca le nasconde il viso, cammina lentamente a braccetto con Mai-Nounìne. Fa un gesto come per sollevare il  velo).

Mai-Nounine                 - No, Claretta mia, no... non sol­levare il tuo velo finché c'è il sole... Ancora un po' di pazienza, sta per nascondersi dietro alla collina... Sai che cosa ha ordinato il dottore... Devi evitare la luce violenta... Come i neonati!...

Clara                             - (voce infantile da convalescente, gesti mol­to lenti) Ma sto benissimo, ora, Mai-Nounine, ti assicuro... Avrei potuto continuare la passeggiata... Mi sento delle forze nuove, nuove... Lasciami sol­levare il mio velo...

Mai-Nounine                 - Neanche per sogno!

Clara                             - Mi piacerebbe tanto che il sole toccasse il mio viso e il mio corpo e tutta la mia pelle... E che mi entrasse fin nelle ossa! Vedi ho voglia di stirarmi braccia e gambe, di correre, di aver caldo, come se fossi stata rinchiusa nell'ombra, senza muo­vermi, giorni e giorni… (Con le braccia tese) Ah! il sole!... Come deve essere stato felice Lazzaro di rivedere la luce quando l'hanno liberato dalle fa­sce...

Mai-Nounine                 - Cara la mia fragile piantina, mio ramoscello di ginestra... Pensa, che è solo la terza volta che metti un piede davanti all'altro nel box...

Clara                             - (alza la testa) Oh!... Senti questo can­to... Che cos'è?... Sembra un organo da chiesa, lon­tano, lontano...

Mai-Nounine                 - Non riconosci il rumore dell'ocea­no nei pini?...

Clara                             - Che buon odore di resina! Anch'io mi sento come un albero, coi piedi ancora affondati nella terra e la testa protesa verso il cielo...

Mai-Nounine                 - (stringendola contro dì sé) E’ qui, è proprio qui, la mia preziosissima... Rientrerà a braccetto colla sua Mai-Nounine, pian pianino, e andrà a nanna...

Clara                             - Oh! No...

Mai-Nounine                 - Come no? Vuoi ancora andarti a sedere nella tua stanza, davanti alla finestra?

Clara                             - Sì.

Mai-Nounine                 - «Madamigella sale in cima alla sua torre». Che cosa osservi attraverso i pini? Lo scoiattolo o i colombi? Chi aspetti?

(1) Altra rappresentazione, questo quadro è stato sosti. tutto con un passaggio muto ad proscenio.

Clara                             - Ma niente, nessuno... cioè... (Si ferma di colpo e si gira indietro).

Mai-Nounine                 - Piccina mia, che c'è ancora?

Clara                             - Credevo mi chiamassero.

Mai-Nounine                 - Chiamassero te?

Clara                             - Sì, ero io - e non ero io - eppure ero io... Ti assicuro, già parecchie volte, dacché sono guarita, ho sentito chiamare. Ti assicuro, veniva dall'alto...

Mai-Nounine                 - Ne hai delle idee! No, non par­lare più, chiudi la bocca, l'umidità incomincia a venir su dagli stagni... Torniamo a casa... (Si incamminano).

Clara                             - Sono dunque fragile come se fossi ap­pena nata?

Mai-Nounine                 - Ma sei appena rinata...

Clara                             - Arrivederci sole, a domani!

Mai-Nounine                 - E' proprio come se tu fossi uscita dal limbo... (Sono fuori scena).

SETTIMO QUADRO

(Subito dopo la tela si alza sullo studio di Mau­rizio, di sera, dopo cena. Franco parlerà con tono molto naturale, con degli scoppi bruschi di fervo­re e d'angoscia; Maurizio con una ironia conte­nuta).

Maurizio                        - E non porti neppure il lutto!

Franco                           - Per un'assente!

Maurizio                        - E sei appena triste...

Franco                           - Giacché tornerà...

Maurizio                        - Come se i morti potessero... smorire!

Franco                           - I morti non sono mai proprio morti...

Maurizio                        - Insomma, che cosa speri?

Franco                           - (incominciando una frase) Un'anima... non trovo una parola più semplice...

Maurizio                        - Sì... Sigari? Alcool?

Franco                           - (rifiuta con un gesto) Un'anima, dun­que, si è... diretta in una direzione ancora ignota... Dov'è?

Maurizio                        - (si serve) Caccia all'anima! Straor­dinariamente sportivo!

Franco                           - Le dò la caccia, infatti, con dei mezzi grossolani, lo ammetto... Ma un passo è già fatto...

Maurizio                        - La storia dei quattro personaggi? Il suonatore di fisarmonica, la vecchietta...

Franco                           - (interrompendolo) Come potrei dubi­tare?... Quella stella splendente all'improvviso su ognuna di quelle fronti...

Maurizio                        - Sì.. Non ti dà fastidio che la... donna nuda sia compresa nel numero degli eletti e che... diciamo: Regina, abbia servito a procurar­le, scusami, il riccone che la mantiene?

Franco                           - Anche la cicala ha la sua ragione di essere fra le creature. A ognuno la propria via, purché si segua... A ognuno le proprie ricchezze, purché si prodighino...

Maurizio                        - Certo, tutte le donne non possono essere delle quacquero. Ciononostante... una donna che si esibisce più che nuda...

Franco                           - Purché sia bella!...

Maurizio                        - Lo è. Conclusione-

Franco                           - L'anima di Regina, uscita dal suo in­volucro provvisorio, è passata in un altro corpo...

Maurizio                        - Dove la ritroverai?

Franco                           - (con fervore) E' la mia sola speranza!

Maurizio                        - E un corpo... somigliante al suo?

Franco                           - Nulla prova, nulla, che non possa esi­stere da qualche parte il doppio esatto della sua persona...

Maurizio                        - Regina n. 2! Regina-bis!... Cose da pazzi!

Franco                           - Tutti i popoli primitivi hanno creduto nell'esistenza di un doppio: ed erano più vicini di noi ai segreti della natura.

Maurizio                        - Finché non mi troverò faccia a fac­cia con Maurizio...

Franco                           - Nel 1890, al Klondyke, un cercatore d'oro ha incontrato se stesso.

Maurizio                        - Che bella sorpresa!

Franco                           - Si è strangolato.

Maurizio                        - Strano suicidio!

Franco                           - Li hanno ritrovati - lui e l'altro lui -due cadaveri identici, contorti dall'odio...

Maurizio                        - Lo spirito di famiglia... Eppure, Regina-bis!!! (Alzando le braccia) Ah! mi...

Franco                           - Che cosa sai della migrazione delle anime?

Maurizio                        - Certo ne so molto meno che della migrazione delle anguille o del popolo ebraico... Caro mio, parli di tutto questo come di un cambia­mento di indirizzo!... Soltanto, per... spedire delle notizie... oppure riceverne...

Franco                           - A proposito le radio-trasmissioni? A che punto siamo?

Maurizio                        - (cercando delle carte) E' sbalordi­tivo!...

Franco                           - Hanno spedito il mio messaggio?

Maurizio                        - Tutte le principali stazioni della terra hanno gridato il suo nome verso (con un gran gesto) X! D'altronde ho raccontato una storia di esperienza scientifica, di prove per un apparec­chio... Altrimenti!...

Franco                           - (crescendo, come si grida aiuto) Regi­na! Regina! Regina!

Maurizio                        - (alza le spalle) Razzi vani in un cielo muto!...

Franco                           - Che ne sai?

Maurizio                        - Tieni, ecco le risposte di Nanen, le Cap Vert, Sidney, Minikov, Johannesburg, ecc.. ecc.. Aspetto ancora la Croix d'Hins, vicino a Bordeaux... Senza maggiore speranza, te lo confes­so, giacché Regina... Insomma, per trovare la sua lunghezza d'anima!

Franco                           - Chi ti dice che non ritroveremo un giorno o l'altro nello spazio, le voci di quegli esseri nuovi che chiamiamo così giustamente « scom­parsi ».

Maurizio                        - La macchina per registrare il si­lenzio!...

Franco                           - E cinematografare l'invisibile, perché no? Senti, Maurizio, sai benissimo che proprio qui, in questo momento - e Dio sa fino a che punto tutto ciò manca di mistero - siamo avviluppati, trafitti da irradiazioni sconosciute.

Maurizio                        - Oh! questo è diverso.

Franco                           - Ma no, tutto è collegato: fra il misti­co e lo scienziato non si tratta già più di differen­za di vocabolario. E la tua antica modella, la veg­gente, è forse qualcos'altro che un apparecchio ricevente ad alta tensione?

Maurizio                        - Esattamente, è una graziosa pari­gina...

Franco                           - (scuote la testa e alza le spalle) Non le avrai raccontato niente, spero?

Maurizio                        - E' all'oscuro di tutto! Ma vedrai: si direbbe che apre una finestrina e, crac! scopre dei mondi, stesi sotto ai suoi occhi... Molto strano, molto... fiabesco.

Franco                           - Oggi le fiabe si scrivono con le onde...

La Veggente                 - (entrando come la portasse il vento) Buongiorno!

Maurizio                        - Quando si parla di fate... (Le va incontro).

La Veggente                 - Quasi quasi arrivavo in ritardo! Mi hanno trattenuta in Prefettura... Sono sulle spine con quel rapimento delle rue de Varenne... Vorrebbero che io trovassi il bandolo della matassa come per l'affare di Chàteauroux, sapete... Ma i delitti, il sangue, a me fanno male... Ciao, vecchio Maurizio!

Maurizio                        - (baciandola) Ciao, bella mia... Ecco il mio amico, è per lui che ti ho pregata di venire. (Si salutano).

La Veggente                 - Non ho avuto il piacere di sen­tirla, signore, ma la conosco di fama. (Franco si inchina e la sta ad osservare) Maurizio mi ha det­to che lei vuol ricorrere al mio... alla mia « capa­cità di psicomanzia », giacché questa è la termi­nologia medica. (Ride) Per una ricerca, credo? Una persona che l'ha lasciata? Vorrebbe sapere dov'è? Che cosa fa?

Franco                           - Press'a poco...

La Veggente                 - Sono pronta, per amicizia verso Maurizio, a tentare di informarla, ma non garan­tisco nulla. E ho una fretta del diavolo...

Maurizio                        - Allora, bella mia, non posi più?

La Veggente                 - Non ho il tempo, capirai...

Maurizio                        - Peccato! L'oracolo è molto conteso?

La Veggente                 - Ah!... i giocatori di borsa, i « bookinakers », i letterati... Persino uno studente che voleva conoscere in anticipo le domande della licenza liceale...

Maurizio                        - Un furbacchione!

La Veggente                 - Oh, Maurizio, il tuo studio non è esattamente orientato a nord...

Maurizio                        - Come fai a saperlo?

La Veggente                 - Lo sento... Mi sento stiracchiare verso sinistra quando guardo la vetrata proprio in faccia: non sono attraversata dalla gran corrente. D'altronde... (Consulta una piccola bussola al suo polso) Sì: undici gradi di deviazione all'est.

Maurizio                        - Che cos'è quello?

La Veggente                 - Ho comperato questa piccola bussola per circolare in Parigi...

Maurizio                        - Che razza di navigazione!

La Veggente                 - Trovo che è così interessante poter sapere dove ci si trova e-sat-ta-men-te!

Franco                           - Signorina, le dispiacerebbe se noi...

La Veggente                 - Mi scusi, signore, eccomi di nuo­vo ai suoi problemi...

Maurizio                        - Cognac? Izarra? Calvados?

La Veggente                 - Grazie, dopo... (Cerea qualcosa) Non avreste... Cerco uno spazio nudo e bianco per posare il mio sguardo, oppure... Senti, Maurizio, vuoi tirare la tenda? (Maurizio eseguisce) Così... ecco il mio schermo... Benone... Mi siederò su que­sta poltrona... Ora vi chiedo semplicemente... di evitare di guardarmi... (Si siede, con la schiena verso il pubblico, in faccia alla vetrata di fondo) Se mi sbaglio, è meglio interrompermi... sarà inu­tile continuare; devo prendere contatto di primo acchito... Là... la ascolto, signore...

Franco                           - (dandole un paio di guanti) Signorina, ecco un paio di guanti che è stato portato dalla persona con la quale le chiedo di entrare in rap­porto...

La Veggente                 - (palpeggia i guanti un momento, si prende la testa fra le mani, poi con voce neutra e semplice, dopo una pausa) Questi guanti han­no appartenuto a una donna grande, bruna, di circa trentacinque anni... (gesto di sorpresa di Maurizio, gesto di silenzio di Franco) con la quale lei ha vissuto per due anni... in modo molto in­timo...

Franco                           - Può dirmi il suo nome?

La Veggente                 - Irma, no: Isa, Isabella.

Franco                           - E' in casa sua?

La Veggente                 - Sì... La vedo in un salottino con delle tende giallo oro. (Franco forma subito un nu­mero al telefonò).

Maurizio                        - (a bassa voce) Telefoni a Isabella? Che cosa vuoi da lei? Perché le telefoni?

Franco                           - (c. s.) Pronto? Auteuil 22-30?... Un momento, prego... (Passa il microfono a Mauri­zio) Parla tu... Sì, non bisogna che senta la mia voce...

Maurizio                        - (al telefono) Pronto! E' lei, Isabel­la? La cameriera? Ah? La signora è uscita?

La Veggente                 - No, no, niente affatto...

Maurizio                        - (al telefono) No: non è la came­riera...

La Veggente                 - E' la signora dei guanti...

Maurizio                        - Buonasera Isa... Maurizio. Non aveva riconosciuto la mia voce? Hum! Quando ci sarà la televisione, non sarà più possibile raccontare frottole. Sì, certo, la vita diventerà impossibile! (Franco prende un ricevitore e ascolta anche lui) Da casa mia, sono in casa mia... (Franco gli fa segno di no) No, Franco non c'è. Sì, è molto che non lo vedo, moltissimo. (Durante le repliche che seguono Franco fa il collegamento a bassa voce fra Maurizio e la veggente).

Franco                           - Signorina, ci vuol dire che cosa sta facendo quella signora?

Maurizio                        - (c. s.) Non è sola? Ah! Ah! Mi con­gratulo, tolgo il disturbo...

 

La Veggente                 - Quella signora è sola, stesa su un divano blu e legge.

Maurizio                        - Isa, Isa, perché mi racconta delle frottole? Non c'è nessuno con lei, si sta riposando sul suo divano...

La Veggente                 - In pigiama di velluto bianco...

Maurizio                        - In pigiama di velluto bianco... e stava leggendo quando l'ho chiamata. Come, esa­gero? Ma sì! Il libro che sta leggendo? Sicuro che posso, aspetti... guardo il titolo al disopra della sua spalla... Aspetti...

La Veggente                 - «La Notte kurda»...

Maurizio                        - « La Notte kurda ». Brava! Un bel­lissimo libro. Come? Ma chi potrebbe avermelo det­to? Continuiamo pure, se vuole. Ancora più diffi­cile, perbacco. Che cosa c'è a sinistra del suo ca­minetto? Ecco...

La Veggente                 - Dei tulipani screziati in un vaso grigio decorato con screpolature...

Maurizio                        - Un vaso screpolato grigio che con­tiene dei tulipani screziati...

La Veggente                 - Ce ne sono otto...

Maurizio                        - ...otto tulipani. Il conto è giusto? No, no, non sono dietro alla finestra...

La Veggente                 - Le tende sono chiuse.

Maurizio                        - ...d'altronde lei ha chiuso le tende...

La Veggente                 - H cordone che teneva sollevata la tenda di destra è rotto...

Maurizio                        - Ah! Bisognerà fare aggiustare quel cordone della tenda di destra...

La Veggente                 - Butta per terra un tavolino...

Maurizio                        - Perché rovescia quel mobile? Che cosa? Demoniaco? Ma no... le spiegherò... Non gridi così... Pronto! Pronto! Non gridi... Senta, Isa, pronto!

La Veggente                 - Ha una crisi di nervi...

Maurizio                        - (mettendo il gancio) Eh... c'è di che! (Va verso la veggente; le mette piano una mano sulla testa) Finito! (Gira la poltrona) Ci sì crederebbe dal dentista!

La Veggente                 - (si passa le mani sugli occhi, si alza lentamente e restituisce i guanti a Franco) Allora, mi sono sbagliata molto? (A Maurizio) Accetto ima goccia d'alcool... E scappo! Ho un ap­puntamento a l'Etoile alle undici...

Franco                           - (nervoso) Signorina, mi scusi di avere usato il suo notevole talento per quella persona... No, non è lei che mi interessa... Mi scusi... Non c'è stata nessuna presa in giro da parte mia... Appena un... una deviazione: volevo poter controllare pri­ma di tutto le sue affermazioni.-.

La Veggente                 - Oh! Le mie affermazioni... Le dico quello che vogliono farmi vedere... senza d'al­tronde ricordarmi più nulla... A volte, sono ingan­nata dai miei corrispondenti... A volte anche non funziono! Lo scatto non si produce... Mi aggiro a tastoni nel fluido...

Maurizio                        - E queste passeggiatine non ti stan­cano?

La Veggente                 - (aspira un bicchierino) Non di più che il guardare in un cannocchiale. (A Maurizio) La tua grappa è notevole!... (Aspira) Bosco-bruciato-un-mattino-di-autunno!... Da chi?

Maurizio                        - (accenna Franco) Ecco l'uomo...

La Veggente                 - I miei complimenti...

Franco                           - Mi permetterà di mandargliene qual­che bottiglia...

La Veggente                 - Grazie, accetto. Le metterò sotto chiave. Ho una donna di servizio che mi ruba, ah! e lo strano è che non riesco a scoprire dove filino ì miei soldi...

Maurizio                        - Per una veggente è piuttosto umi­liante!

Franco                           - Signorina...

La Veggente                 - Scusi, parlo delle mie faccenduole...

Franco                           - (molto commosso) Signorina, mi per­metto di dirle che il favore che le chiedo ha per me un'importanza... vitale. La supplico di stare molto attenta a quello che vedrà. Non ho mai avu­to più bisogno di essere informato con precisione sul luogo dove... Ecco un fazzoletto... Vuole cercare di entrare in comunicazione con la persona che l'ha portato?... (La veggente prende il fazzoletto, si sistema come prima, palpeggia il fazzoletto. Qual­che secondo di silenzio).

La Veggente                 - Vuole spegnere quella lampada? Mi dà un po' fastidio... (Lentamente) Com'è strano! La persona in questione è... sì, penso che sia mor­ta, dato che la vedo stesa nel fuoco... consumata dal fuoco... Eppure no... Ma sì... Ah! questo poi... Mi sembra ora nello stesso tempo che sia sospesa nell'aria... e che cammini per terra... su della sab­bia, con delle felci... Ah! un bosco... Se ne va... non posso seguirla... c'è fra lei e me una... Una luce che mi ferma... Che luce! Forma una soglia impos­sibile da oltrepassare... No, non posso seguirla. Oh.!... Sono due, di colpo, identiche o quasi... Si separano... Ne rimane una sola... Ma no, due... Non posso andare avanti... Mi abbagliano... Ah! ecco una strada che si apre... nel bosco... E poi due piccole strade... che si incrociano... Un palo indi­catore al bivio... Vedo... vedo le due prime lettere in alto: L... A...

Franco                           - (a mezza voce, teso) L... A...

La Veggente                 - Il palo si innalza al disopra di me quando voglio leggere... Ah si rovescia, il cartel­lo si rompe... Oh! del sangue.,. (Si gira bruscamen-te, un po' oppressa) No, riprenda il fazzoletto, non posso più... incontro una resistenza più forte di me... Ho da fare con una potenza che non vuole rivelarsi... Non l'avevo mai sentita... Non ho do­vuto dirle gran che d'interessante... (Maurizio riac­cende la lampada. Una pausa. La veggente accende una sigaretta e riprende il suo tono vivace) L'avevo avvertita: non attacca sempre! Mi rincresce, si­gnore... Insomma, ecco... Spero che lei vedrà più chiaro di me nella faccenda! Non posso fare niente di più! Mi rincresce molto... Arrivederla, signore... Mi scuso, filo, non voglio perdere la finale di boxe a Wagram...

Franco                           - Arrivederla, signorina. H mio amico s'intenderà con lei, non è vero Maurizio?, per la... per le...

Maurizio                        - (gesto nello spazio) ...le spese di viag­gio...

La Veggente                 - Ma sì, ma sì... Arrivederci, caro Maurizio...

Maurizio                        - A presto... (L'accompagna) Ma non per una consultazione... Le sedute non le posso sof­frire!

Franco                           - E grazie, signorina: lei ha forse ridato vita a una coppia...

La Veggente                 - Declino ogni responsabilità!... Caro signore, quando darà il suo prossimo concer­to... pensi a me...

Franco                           - Non mancherò.

La Veggente                 - Buona sera! (Seguita da Mauri­zio, sparisce come la portasse il vento, così com'è entrata).

Franco                           - (solo) L.A... L.A... L.A.N.D... Sicuro! Come ho fatto a non... n viale... la casa silenziosa... E dietro a una finestra... Ah! Tu sei laggiù, nev-vero? (Maurizio rientra) Maurizio, l'ultimo velo è caduto... E' abbastanza chiaro ora?

Maurizio                        - Trovi?

Franco                           - Lande! Si tratta delle Lande! Gli sta­gni, il mare, la pineta... E' là che Regina mi a-spetta! La mia macchina è pronta, partirò domat­tina. (Si dirige verso la porta) Non posso più svia­re lo scopo.

Maurizio                        - E' un po' vasto, le Lande... Prima che tu abbia percorso tutto il diparti...

Franco                           - Lei mi farà da guida!

Maurizio                        - Sì. Sì... Ma, che cosa vuoi, io non... Un'ultima domanda: dato che Regina ti amava a un punto tale da pensare che abbia ricominciato a vivere, perché mai ti ha lasciato?... Non valeva la pena...

Franco                           - Forse un sacrificio necessario... op­pure una prova per il mio amore... che ne so, io? Uno scambio...

Maurizio                        - Non capisco...

Franco                           - Ignoriamo tutte le regole del gioco dell'ai di là: e non è necessario capire per spera­re... (Esce).

Maurizio                        - (dalla soglia) Ecco, spera pure!... Ma stai attento ai pali indicatori! Arrivederci. Non vuoi che ti accompagni? Va bene. Andrò al garage per metterti in strada. A domattina. (Una pausa. E' solo. Si versa un bicchierino di liquore fischiet­tando) Regina-bis! Ancora un «ménage a tre»... (Beve, suona il telefono) Pronto! Sì. Chi parla? Il centralino? Ah? Mi trasmette un radiogramma, va bene. Un po' lungo? Allora aspetti, la prego, lo scriverò mentre me lo legge... (Prende una ma­tita, apre un taccuino) Ecco, ascolto... (Scrive e legge nello stesso tempo con uno stupore crescen­te) «Stazione Radio Telegrafica della Croix-d'Hins». Ah! «Urgente fare sapere per facilitare esperienza (piccolo sorriso) se persona in questio­ne avrebbe altro nome che Regina!. Dopo ogni messaggio percepiamo debolmente su indicativo ancora mal identificato fenomeni - sì, sì, al plurale -fenomeni insoliti che supponiamo...». Pronto! Co­me?! «...che supponiamo tentativi di risposta nel settore magnetico compreso fra Dax, Morceux e l'Oceano. Impossibile rilevare con goniometro po­sizione precisa emissione. Continuiamo ricerche». (Pausa) Sì, sì, benissimo, inutile rileggere... Ma, mi dica, pronto! E' sicuro che non mi sta prendendo in giro? No, voglio dire: proviene proprio dalla Croix-d'Hins? Ah! sì, allora... Eh già!... Da dove potrebbe... La luna? Perché no? Con la scienza... Ecco: chiederemo l'interplanetaria!... (Mette il gancio e rimane pensieroso) Però...

TERZA PARTE

OTTAVO QUADRO

 (Si sente un cuculo cantare in sordina cinque volte. Il sipario si alza molto lentamente sulla camera di Clara. Una porta. Una finestra masche­rata da una tenda, un caminetto con uno spec­chio. Si vede un'alcova, un letto in cui il degente è completamente nascosto. Una lampada con luce velata su un tavolo. Sedute a una certa distanza dal letto, fuori dalla vista del ferito, Mai-Nounine e Clara parlano a bassa voce. Clara ha uno scialle sulle spalle).

Mai-Nounine                 - Le cinque... (Guarda verso la finestra) Presto sarà giorno... Spero che ora te ne andrai a letto... Davvero, Claretta mia, non sei ragionevole... Tre notti che vagli... Tre notti!... Si direbbe che corri dietro al male...

Clara                             - (guarda verso il letto) Voglio guarirlo...

Mai-Nounine                 - Guarisci prima te stessa...

Clara                             - Non mi sono mai sentita tanto in forze.

Mai-Nounine                 - In quanto a questo mi sbalordi­sci. Stavi appena rimettendoti: capita l'incidente, trasportano qui quell'uomo, vuoi dargli la tua stanza, ed eccoti di colpo come trasfigurata. Qua­si, quasi, c'è da credere che ti abbia portato la sa­lute nelle sue valige!

Clara                             - Credi che lo salveranno?

Mai-Nounine                 - Il pericolo è passato. Era più impressionante che altro. Ferita alla testa, o si muore o si guarisce in fretta... Ah! quelle male­dette automobili!... Certo, avrebbe potuto restar­ci... Quando penso che ha rotto il palo indicatore!

Clara                             - Attenta, sì è mosso...

Franco                           - (come in sogno) «Non dimenticare...».

Clara                             - Parla...

Franco                           - (c. s.) « ...la ragazza... dietro la fine­stra ».

Mai-Nounine                 - Non preoccuparti, soprattutto ogni tanto ha ancora il delirio. Voce di

Franco                           - (c. s.) Regina! Regina mia!

Clara                             - Chi chiama?

Mai-Nounine                 - Reclama spesso la sua regina: forse è un monarchico... Ah! vado fino alla fatto­ria, devono incominciare a mungere, ti porterò del latte fresco. Devi essere sfinita... Non muoverti dalla poltrona... Come brillano i tuoi occhi! Non li avevo mai visti così lucidi...

Clara                             - Va a prendere il latte...

Mai-Nounine                 - Non hai febbre, almeno?

Clara                             - (imperativa) Va, ti dico...

Mai-Nounine                 - E comanda adesso! Me l'hanno cambiata, la mia Claretta! Oppure... oppure...

 (Guarda prima Clara, poi il letto, scuote la testa ed esce. Una pausa. E la voce di Franco parlerà lentamente, a volte piena di fremiti di un fervore contenuto, a volte soffocata dall'angoscia, in tono interrogativo oppure affermativo, e indirizzandosi sia a se stesso che a Clara presente, sia - attra­verso lei - a Regina di cui la persona sarà real­mente svelata soltanto dal gesto definitivo della fine. Fra di loro appariranno per qualche momen­to, come delle ombre, l'Operaia, Semiramide, Afa-damai Broussoulou, il Suonatore di fisarmonica. Sono nello stesso tempo le personificazioni indecise del semi-delirio di Franco, e i portaparole del suo sub-cosciente; dicono, al posto di Franco, quello che Franco non osa e non può formulare. Il tutto con voce bisbigliata e rapida).

Franco                           - Regina mia!

Clara                             - Ssst!...

Franco                           - La felicità... Ha dato loro la felicità, a tutti e quattro... Allora tutto è possibile.

Clara                             - Ssst! Dorma. (Sì mette a cantic­chiare a mezza voce una vecchia ninna nanna landese, durante la quale appaiono i Quattro Per­sonaggi che mormorano volta volta, a ogni pausa del canto: « Regina... Regina... Regina... Regina.,. »). A l'entoum de ma méyscun Naou arroses ìé'n boutoun! A l'entoum de ma méyscun Naou arroses iè'n boutoun!

Arrousé fléyreyan! Bìbe lou bét boutoun d'arroses!

Arrousé fléyreyan! Bibe lou bét boutoun d'arjeun!

Franco                           - La sua voce...

L’Operaia                      - E' la sua voce...

Madama Broussoulou   - ...la sua voce...

Suonat. di fisarmonica - ...la sua voce...

Franco                           - Sei qua?

L’Operaia                      - E' lei...

Madama Broussoulou   - ..lei...

Semiramide                   - ...lei...

Suonat. di fisarmonica - ...lei...

Clara                             - Ma sì, sono qua... Vuole qualcosa?

Franco                           - (come spaventato) No, no, non muo­verti...

L’Operaia                      - Non ancora...

Madama Broussoulou   - Che aspetti...

Franco                           - Aspetta...

Semiramide                   - ...Bisogna prima...

Franco                           - ...che io mi riabitui...

Suonat. di fisarmonica - ... a sentirla...

Franco                           - Tu parli...

L’Operaia                      - Respira...

Madama Broussoulou   - ...il fiato è ritornato nella sua bocca...

Franco                           - ...attraverso che spazi gelati...

Semiramide                   - ... Ti ha dato la soia vita...

Suonat. di fisarmonica - ...te l'ha ripre­sa...

L’Operaia                      - ...te la rida...

Franco                           - Non credo più alla morte!

Clara                             - Non parli di morte, lei è salvo...

Madama Broussoulou   - Più nessun cerchio da oltrepassare...

Semiramide                   - ... più nessuna tappa da percor­rere...

L’Operaia                      - ...la prova è compiuta...

Franco                           - Perché te n'eri andata?

Clara                             - Andata? Dove?

Madama Broussoulou - ...molto lontano...

Semiramide                   - ....tanto vicino...

Suonat. di fisarmonica - ...altrove...

Franco                           - Non so... Ti avevo persa...

Clara                             - Io?

Franco                           - Ma mi hai chiamato...

Madama Broussoulou e Semiramide      - ... ritro­vata...

Clara                             - Io?

Franco                           - E ti ho ritrovata!

Suonat. di fisarmonica - ...per sempre...

Franco                           - Finalmente!

Clara                             - Ma lei a ohi parla?

Franco                           - Dimmi, dimmi, hai sof...

L’Operaia                      - No, non ha sofferto...

Franco                           - E il tempo...

Madama Broussoulou   - ...il tempo non è esi­stito...

Semiramide                   - ...lei ritorna al passato...

Suonat. di fisarmonica - ... ritorna dall'avvenire...

Franco                           - Che cosa ti è successo dalla tua...

I quattro Personaggi     - (insieme) Ssst!...

Franco                           - ..,da tre mesi a questa parte?

Clara                             - Oh! niente di speciale: mi sono la­ sciata vivere... (Pausa).

Franco                           - Come ti chiamano Qui?

Clara                             - Clara.

Franco                           - E sei tu che lo dici?

Clara                             - Ma mi chiamo Clara, non c'è niente da farci...

Franco                           - Ah! come sei lontana!

L’Operaia                      - Vegliamo.

Madama Broussoulou   - ...la aiutiamo...

Semiramide                   - ...la riprenderai...

Suonat. di fisarmonica - ...si avvicina...

Franco                           - Hai dunque dimenticato tutto?

Clara                             - Tutto? Che cosa?

L’Operaia                      - Non ci sono ricordi...

Madama Broussoulou   - ...nello spazio sekiza durata...

Clara------------------- - Pare che io sia stata ammalata, molto ammalata...

Semiramide                   - ...è l'altra che parla...

Suonat. di fisarmonica - ...è ancora qui...

Franco                           - Sai più cose su noi due di quelle che non ne sappia io stesso...

Clara                             - Non capisco...

Franco                           - (quasi violento) Vattene Clara! La­sciaci.

Clara                             - Sì, sì, se ne andrà, non parli, dorma! ...dorma!... (Riprende a cantare la sua ninna nanna, i Quattro Personaggi incominciano a sva­nire) A l'entourn de ma méysoun Naou arroses ié'n boutoun! A l'entourn de ma méysoun Naou arroses ié'n boutoun!

Franco                           - (più cosciente) Ah! la voce... come non credere...

L’Operaia                      - ...e il suo viso... (Scompare).

Madama Broussoulou   - ...i suoi gesti... (Scom­pare).

Semiramide                   - ..le sue mani... (Scompare).

Suonat. di fisarmonica - ...E' lei! La ve­do! (Scompare).

Franco                           - Come non credere... Non ho più il diritto... non bisogna esitare! Vuole... vuole al­zarsi?

Clara                             - Alzarmi?

Franco                           - E camminare nella camera. Sì, an­dare e venire... La prego... Ascolto i suoi movi­menti... conoscevo così bene il rumore della sua veste! «Alzati e cammina!». (Clara fa gual­che passo in silenzio, va alla finestra) La finestra è sopra il portone di entrata, è vero?... è vero?

Clara                             - Ma quando ha potuto vederla?

Franco                           - « ... e dietro alla finestra con la tenda semi-alzata c'era una ragazza seduta...».

Clara                             - (in un soffio) Sì...

Franco                           - « ... e che aspettava Franco! ».

Clara                             - Ma come fa a sapere... chi le ha?... Non capisco... d'altronde si tratta proprio di... di me?

Franco                           - Lei è alta...

Clara                             - Sì...

Franco                           - Snella...

Clara                             - Sì...

Franco                           - Bruna....

Clara                             - Sì

Franco                           - Ha degli occhi neri, molto scuri. E' vero? (Clara fa intorno alla sua fronte il solito ge­sto di Regina. Si vede alzarsi, fuori dal letto, una mano di Franco, un po' tremante) Vuole lasciarmi toccare... solo toccare... una delle sue mani... (Clara si avvicina al letto e posa una sua mano in quella di Franco. Scena muta. Poi, con voce ansante) E' calda... Ecco... E' magnifico... è calda... Della carne... dei muscoli... le dita muovono... Viva! Tengo la tua mano viva! n polso batte... Uno, due, tre, quattro. Come batte in fretta! Come è impaziente di vivere!... Tutto il corpo irradiato di sangue... tutti i ruscelli rossi sotto la pelle! Il tuo cuore tutto rosso! Uno, due, uno, due.... H tuo passo... Sento il tuo passo affrettato che si è messo in marcia, nella notte e che viene verso di me, che ti porta verso di me... Non ho mai disperato di te. Ho avuto fede nel tuo amore immortale... (Clara ritira la sua mano) No, non te ne andare più! Ecco l'ora meravigliosa... Sei qua, ne sono sicuro... Vieni, Vieni! Sono pronto a riconoscerti!

Clara                             - Ma lei... è forse quello che... dica... par­li... mi spieghi..,. Che sogno?... (Apre di colpo le persiane della finestra, il sole nascente la innonda di luce chiara, illu-mina tutta la stanza. Franco, con la testa fasciata, solleva lentamente il suo bu­sto sul letto. Pausa).

Franco                           - (voce sfinita) Perché... hai cambiato-pettinatura?

Clara                             - Perché ho cambiato pett... (Si guarda nello specchio, scioglie i suoi capelli, li aggiusta con un'aria semi-interrogativa).

Franco                           - (ricadendo all'indietro con un gran sospi­ro) Ah! sei proprio ritornata...

Clara                             - Ma io non l'ho mai lasciato... (Avanza verso il letto con un sorriso infantile).

NONO QUADRO

(La casa nel bosco. Un giorno dì sole. Clara porta una cuffia olandese bianca a pallini blu, lo stesso vestito. Sono seduti su una panca).

Franco                           - (raggiante e timoroso) Non dovrai stu­pirti se Maurizio ti guarderà con insistenza. E' pit­tore, capisci... Cerca subito di... capire i partico­lari di un volto, di penetrare una fisionomia... A volte in modo eccessivo...

Clara                             - Che importa!... Sono così felice...

Franco                           - (tappandole la bocca) Ssst!... certe pa­role, non le devi pronunciare...

Clara                             - Perché?

Franco                           - Rendono gli dèi gelosi... E come hanno ragione di esserlo, poveretti! La vita eterna, è solo una vita...

Clara                             - Vorrei avere parecchie vite da darti.

Franco                           - « Com'è ricco colui che serba il ricordo delle antiche dimore! ».

Clara                             - La mia memoria, ora, sei tu... è da te che io incomincio... Ho forse vissuto prima di te?

Franco                           - (guardandola profondamente) Mi pia­ce pensare che sei stata volta volta, nel corso delle età del mondo..., un'ametista, un ramoscello di co­rallo, un iris nero, una cerbiatta, e poi...

Clara                             - (sorridendo) E poi?

Franco                           - ... una donna... e ancora una donna...

Clara                             - (c. s.) Se vuoi... ma (fa il gesto di Regi­na intorno alla sua fronte) come avrei potuto?...

Franco                           - Se tu sapessi come sembrerà ugual­mente impossibile a Maurizio, il semplice gesto che hai fatto ora... e come a me pare... sconvolgente! (Prendendole le mani con passione) Ah! la tua pre­senza! Mi senti nel più profondo di te stessa! La tua presenza!... Accetto solo tremando il prodigio...

Clara                             - Che prodigio? Ti amo, è semplicissimo...

Franco                           - E' vero, l'amore può tutto! Perdonami!

Clara                             - Perdonarti?... Di che?

Franco                           - Una mancanza di fede in te: ma Clara non lo immagina... (Le bacia le mani e se le preme contro la fronte).

Il Dottore                      - (entrando) Disturbo gli innamora­ti! Mai-Nounrne reclama la sua piccina per pre­parare la merenda!

Clara                             - (mentre esce, in fretta) Non ci pensa­vo più...

Franco                           - Vuole soprattutto togliermela per un momento...

Clara                             - Deve pure approfittare ancora un po' della mia presenza... Corro ad abbracciarla e ri­torno... (Scompare).

Franco                           - Fai in fretta!

Voce di Clara                - Il più presto possibile!

Il Dottore                      - Oh! è ritornata da più lontano...

Franco                           - A chi lo dice!,..

Il Dottore                      - Il falegname preparava già le assi, la morte era là, è ripartita...

Franco                           - Altrove: non la si disturba invano. Un'altra ha preso il suo posto...

Il Dottore                      - Di tutto questo ne sappiamo meno di un pastore di Caldea che scopra le prime stelle, cioè: niente. Allora tutto si può ammettere.

Franco                           - Un suo collega dell'antichità non in­segnava forse che gli strati superiori dell'etere sono la sede di vite in attesa?

Il Dottore                      - Ogni tanto piovono delle anime! Mi piace questa forma di irresponsabilità.

Franco                           - Quando, come, da chi è acquisito il nostro diritto di vivere?...

Il Dottore                      - Sì, forse siamo solo dei vivi per procura. (Claxon d'automobile) Ma ecco il suo ami­co, credo. Un'auto si ferma in fondo al viale... La lascio alle sue effusioni...

Franco                           - Sì, sì, è proprio lui... (Brandisce il ba­stone) Salve! Dottore, dica in fretta a Re... a Clara di venirci a raggiungere, vuole? Subito! Grazie-Subito! La prego. (Il dottore esce. Franco va avanti verso la parte opposta facendo dei gesti) Ciao, Mau­rizio! Ciao... Come va? (Maurizio arriva correndo, rapidi saluti) Buongiorno, vecchio mio, sei stato tanto caro ad essere venuto... Grazie!

Maurizio                        - Ma figurati!... Allora, guarito? Dav­vero? Che paura mi hai fatta! Niente alle mani, spero? Bravo! Ah! la cicatrice in fronte... Come dia­volo hai fatto?

Franco                           - Ho frenato troppo bruscamente rico­noscendo la casa.

Maurizio                        - Che pazzo! Avresti potuto rima­nerci...

Franco                           - Ma no...

Maurizio                        - Ad ogni modo ti tengo rancore di non avermi voluto dare il tuo indirizzo...

Franco                           - n dottore ha fatto dei giochetti dì prestigio con il fermo-in-posta... Grazie di tutto, carte, soldi, ecc..

Maurizio                        - Perché tanto mistero!... Avrei alme­no potuto farti compagnia in questo paese di cin­ghiali...

Franco                           - (guardando verso la casa) Ma non ero solo...

Maurizio                        - E' uno scherzo, vero, questa storia di fantasmi che ritornano?

Franco                           - Ecco la dimora della Bella Addormen­tata nel bosco!

Maurizio                        - Molto poetico, ma ahimè, le lesioni al cuore...

Franco                           - Sentì: l’immagine di un essere è proiettata in uno specchio. Improvvisamente lo specchio si anima e assorbe tutto l'originale. Ecco!

Maurizio                        - Senti: ti illudi o vuoi illuderti su una rassomiglianza forse eccezionale che è in grado di procurarti una felice confusione, l'illusione fi­sica... Lasciami finire... Ti metterai a circondare questa somiglianza con tutti i tuoi ricordi, gli suggerirai la sua parte, via via, senza accorgerte­ne... E finirai col non sapere più esattamente quale delle due ragazze hai amato. Ecco!

Franco                           - Potrebbe anche essere una spiegazione soddisfacente per le persone che mancano d'imma­ginazione o che hanno paura di una certa verità. Ma io sono sicuro che Regina è ritornata...

Maurizio                        - Allora, caro mio, tutti i record di distanza in circuito chiuso sono battuti!

Franco                           - Maurizio!

Maurizio                        - Sì, scusami, scusami... Ma andiamo, Franco, non puoi ammettere sul serio che... che Regina sia qui... in carne e... (Rimane a bocca aper­ta: Clara è stilla soglia della porta, girata verso l'interno della casa) Oh!

Clara                             - (parla nella casa) Te lo prometto, Nounine, te lo prometto... Dopo la merenda... Andrò con te fino alle api... e porterò via il miele vergine, il miele degli orsacchiotti, quello che sa di fior di giunco... E anche le tue marmellate di corbezzoli... Sono così buone A presto. (Si gira e viene avanti verso Maurizio).

Franco                           - L'hai vista, l'hai riconosciuta...

Maurizio                        - (sbalordito) Ma... è lei!

Franco                           - Sarà lei, presto...

Maurizio                        - (scandisce) Stra-or-di-na-rio! Sei sicuro che non aveva una sorella?... Stra-or-di-na-rio!

Clara                             - (con la massima naturalezza) Buon­giorno, Maurizio.

Franco                           - (attento e colpito) Ah! senti...

Clara                             - (turbata) Oh! scusi... Io l'ho chiamata-Franco dice sempre Maurizio, capirà... (7 suoi oc­chi non lo abbandonano più).

Maurizio                        - Ma è la sua voce!

Franco                           - Incomincia a capire...

Maurizio                        - Signorina Re... sono felicissimo di rivederla, cioè, di conoscerla... felicissimo...

Clara                             - Anch'io, signore... Ha fatto buon viag­gio?

Maurizio                        - Grazie. Un tempo pesante... Pioveva a Poitiers... (Cambiando tono) Mah! questo poi! Ah, vecchio mio, ne sono sbalordito! Non credevo il nostro pianeta così fertile di miracoli...

 

Franco                           - Gente che si reputa « moderna » e non I crede ai miracoli! Ma e i tuoi bagagli... Vieni... (il Clara) Aspettaci qui... Sì, sì, non stancarti... (Un braccio intorno alle spalle di Maurizio si allontana).

Maurizio                        - Impossibile, andiamo, impossibile! Oppure...

Franco                           - « Ci sono più cose nel cielo e sulla terra, Orazio, di quelle che tu non possa sognarne I in tutte le tue filosofie»... (Sono usciti).

Clara                             - (li guarda allontanarsi, poi chiama) Dottore... Dottore! ...

Mai-Nounine                 - (entra correndo, seguita dal dottore) Che cosa c'è? Perché chiami? Non stai bene?

Clara                             - Ma no, Nounine, ma no... Dottore, l'amico di Franco...

Il Dottore                      - Non le piace?

Clara                             - E' la prima volta che lo vedo?

Il Dottore                      - (scherzando) A meno che lei non lo abbia incontrato in una esistenza, anteriore, certamente!

Clara                             - Perché mi sembrava... Non riesco a ricordarmi...

Il Dottore                      - (tono imperativo') Clara, le ho proibito di fare degli sforzi con questa testolina... Né 1 ora, né dopo. Altrimenti non rispondo di lei... E naaW la lascio partire!... Sicuro, signorina! E' inteso? I D'altronde lo dirò a Franco...

Clara                             - (esce guardando verso il viale nella direzione di Francò) Le assicuro che avevo già visto il suo amico...

Mai-Nounine                 - La incateni in fondo al mare, ne 1 uscirebbe per seguirlo! Ecco, si gira verso di luì, è già sua come il tuorlo nell'uovo...

Il Dottore                      - Il fatto sta che sembra stranamente invaghita... E così di colpo...

Mai-Nounine                 - Dimentica già tutto il resto...

Il Dottore                      - In quanto a questo: tabula rasa... Tutto da rifare. Potrebbe ricrearle un passato a suo piacimento...

Mai-Nounine                 - (dopo una breve pausa) Quando la porta via?

Il Dottore                      - Fra una settimana circa... dopo le formalità, la cerimonia...

Mai-Nounine                 - Non tornerà mai più.

Il Dottore                      - Ma che idea!

Mai-Nounine                 - Mai più, ne sono certa. E' persa per me...

Il Dottore                      - Povera Mayotta! Le rubano la sua Claretta!

Mai-Ngunine                 - Non era più la mia Claretta. E non è già persino più proprio Clara...

Il Dottore                      - (con vivacità) Ah! avete notato?». La voce, è vero? Un altro timbro... Certi gesti...

Mai-Nounine                 - Se le dicessi che cosa credo che sia successo qui, si burlerebbe di me... Non ho il suo 1 sapere, s'intende! Ho letto solo la Bibbia, il mio messale e il Calendario dei Giardini... Ma conosco i segreti di questa casa: la madre morta di parto men­tre il padre era nelle colonie... E sento, intorno a noi, delle cose...

Il Dottore                      - Se vi dicessi, anch'io, che cosa ho scoperto sviluppando le ultime istantanee che ho fatto a Clara... (Si palpa addosso) No, non ho le foto qui con me... Non avete mai visto delle aureole, Mayotta, oltre a quelle della chiesa?... Ve ne farò vedere una...

Mai-Nounine                 - Ebbene sì, che ne ho visto! E una bella!... Il giorno in cui lei mi ha detto che amava questo... questo musicista; quasi quasi mi mettevo in ginocchio: splendeva, come di un fuoco magico, acceso all'interno...

Il Dottore                      - Proprio così: l'aura.

Mai-Nounine                 - Non capisco niente alle sue stra­ne parole, ma quello che ho capito benissimo subito è che lei non avrebbe salvato Clara...

Il Dottore                      - Siamo d'accordo, siamo d'accordo... E nessun'altro mio collega, d'altronde!... (Claxon di automobile) Andiamo ad aiutarli a portare le vall­ee...

Mai-Nounine                 - Neppure un altro essere di quag­giù l'avrebbe potuta tirar fuori di là... E' perché era promessa a un amore più forte di tutto il mondo. Ecco la verità... Questo amore la aspettava!... Ora ne è come posseduta... Ma che cosa ci sarà mai nell'altro piatto della bilancia? (E' uscita).

DECIMO QUADRO

(In casa di Franco. Medesimo scenario che al terzo quadro; medesimo inizio che al primo, ha porta dell'anticamera è aperta. E' di là che viene la luce. Nell'inquadratura della porta, illuminata di schiena, nella posizione di Regina al primo quadro, si profila la figura dì Clara immobile con delle rose sulle braccia. Franco fa qualche passo nella stanza, e pro­nuncia le stesse parole).

Franco                           - Non venire avanti. Potresti urtare con­tro i mobili... Aspetta che accenda le lampade... Ec­co fatto... Ecco fatto... (Accende le due lampade ve­late dai paralumi) Ed ora, che la mia Regina rientri nel suo reame... (Da questo momento in poi e con un fervore pieno di tensione, volta volta egli spia in lei il ritorno di Regina oppure l'aiuta nei suoi sfor­zi d'identificazione con il personaggio di Regina. Clara va verso il piano, toglie dal vaso le rose ap­passite che vi erano rimaste. Le sostituisce con quelle che ha portato. Poi ne prende una e viene ad infilarla nell'occhiello di Franco con lo stesso ge­sto che aveva avuto Regina) Perché hai fatto questo?

Clara                             - Ma non so... perché... forse perché ti amo.

Franco                           - Dimmi, cerca di... Veramente sei stata obbligata, non è così, a cogliere questa rosa, ad infi­larmela all'occhiello?

Clara                             - Obbligata? Ma no... E da chi? L'ho fatto con molta naturalezza, ti assicuro, con molta... spon­taneità, senza costrizione... Ho fatto male?

 

Franco                           - (con profonda passione) Oh! no;., ma questo primo gesto... E proprio qui... (Una pausa).

Clara                             - Devi essere contento di ritrovare la tua casa...

Franco                           - (c. s.) La mia gioia di tornarvi con te è infinita... non si può esprimere!... (Una pausa. Poi, con altro tono) Scusami se non ho fatto met­tere a posto l'appartamento per il tuo ritorno... per il tuo arrivo... E' rimasto tal quale l'ho lasciato dopo... Tenevo molto a che nessuno vi penetrasse prima di... E poi, dopo tutto, non facciamo altro che passarvi... Avrò presto preparato... Devi essere così stanca...

Clara                             - Allora, è qui che lavori?

Franco                           - Non proprio, gli organi...

Clara                             - Ah! Sì, qui accanto, nello studio...

Franco                           - Come fai a saperlo?

Clara                             - Ma... me l'avrai detto tu, probabil­mente?

Franco                           - (senza volerlo) Mai. Apposta.

Clara                             - Allora l'ho indovinato... D'altronde è proprio così che indovinavo tutto: questi mobili, queste tende... Credo che avrei potuto entrare al buio senza urtare contro nulla... (Si guarda intor­no, muove qualche passo).

Franco                           - Mi perdoni di non aver voluto dome­stici? Desideri bere qualcosa?

Clara                             - Volentieri, ma non so se...

Franco                           - Ma posso offrirti una bevanda magi­ca!... Ti piaceva tan... E' ancora... ( Riprendendosi) Insomma è tutto pronto come se tu fossi stata aspettata...

Clara                             - Aspettata? Ma allora, la portinaia, perché ha gridato vedendomi scendere dalla macchi­na?

Franco                           - Non l'avevo preavvisata che... non preoccuparti... Mi concedi due minuti?

Clara                             - (tendendogli il mazzo) Ho sete anche per le mie rose.

Franco                           - (portando via il vaso e i fiori) Lascio le porte aperte... Non volartene via! (Esce e parla da una stanza contigua. Clara esamina lentamente tutti i dettagli della stanza) Appena il tempo di preparare i bicchieri, le bottiglie... E tu, che cosa stai facendo?

Clara                             - Guardo. Ho l'impressione di essere abi­tuata ai muri, all'atmosfera, da tanto tempo. Stavi spesso qui?

Franco                           - Finché i concerti non mi chiamavano altrove... Ora ripartiremo assieme, gireremo l'Eu­ropa, il mondo. (Franco rientra con il vaso di fio­ri) Ti interesserà?

Clara                             - Con te starò bene ovunque...

Franco                           - (uscendo di nuovo) Londra, Praga* Vienna, Losanna, Barcellona, Stoccolma...

Clara                             - Oh! Stoccolma!... (Cerca) No...

Franco                           - Sì: la Svezia, la musica svedese, le saga...

Clara                             - Saga... questo nome... non so bene,., questo nome infatti, è melodioso... Si direbbe... no, niente di preciso; una risonanza, come se... (si gira bruscamente) ecco, come se, di colpo, il tuo piano avesse appena vibrato...

Franco                           - (rientra con bicchieri e bottiglie su un vassoio) E' la tua memoria che suona in sor­dina...

Clara                             - Mi parli spesso per enigma, Franco... Non capisco sempre... Eppure sempre quello che mi dici mi... mi tocca... Sì direbbe che qualcuno mi spiega, che un linguaggio segreto si stabilisce fra di noi, dietro alle parole...

Franco                           - A dispetto delle parole... (Maneggian­do le bottiglie) Allora, preparo la miscela: anice-limone-lampone?

Clara                             - Se vuoi, una miscela... Posso guardare nello studio, intanto?

Franco                           - Sei in casa tua. (Clara va alla porta dello studio, l'apre e accende la luce) Sapevi dun­que dov'era l'interruttore?

Clara                             - Guarda, è vero, ho...

Franco                           - Vai avanti, continua: sei sulla soglia.

Clara                             - (è scomparsa nello studio. Franco, di schie­na, verso il piano, serve la bevanda. Una pausa).

Franco                           - Forse andremo in America... Ho rice­vuto delle proposte per Buenos-Aires... Una bella traversata... Ecco... Quando vorrai bere... E' pron­to... (Silenzio. Più forte) E' pronto... (Silenzio) Non mi senti? (Silenzio) Ma che cosa stai facendo? (Silenzio) Rispondimi, andiamo...

Clara                             - (sulla soglia) Dimmi,

Franco                           - (gli presenta l'oggetto che teneva nascosto dietro alla schiena, la fotografia inquadrata del terzo quadro) è da molto che hai questa mia fotografia? L'ho trovata sul coperchio dell'organo, tutta impolve­rata... L'ho guardata, molto attentamente... Ci sia­mo guardate... E' già un po' passata... Eppure, più la esamino... Quando è stata fatta?

Franco                           - (servendo da bere, molto turbato) Poco tempo prima della tua malattia!

Clara                             - La mia malattia? Che malattia? Non mi ricordo... Ma allora come mai...

Franco                           - (tendendole un bicchiere) Cara... la tua bevanda prediletta!... Bevi il filtro...

Clara                             - (c. s.) E dove sono, là, su quel terrazzo?

Franco                           - Bevi!

Clara                             - (beve) Oh! com'è buono... Ma(un sorso) conosco... (un sorso) quando mai ho già., (un sorso) questo gusto, ma... (un sorso).

Franco                           - Ma sì, ma sì! Ricordati...

Clara                             - Aspetta, non dirmi niente... (Posa il bic­chiere e guarda la foto) Oh! Franco, forse... forse il giorno in cui questa fotografia è stata presa...

Franco                           - (teso) Abbiamo bevuto insieme... su un tavolino dì legno...

Clara                             - Non farmi premura... di legno blu... E il terrazzo... (Aspira l'aria) Non c’è... non c'è... non c'è una... una specie di profumo aereo, tutto intorno... così fresco!

Franco                           - (c. s.) Sì... il vento dell'est al mattino...

Clara                             - Come lo ritrovo! Che buon odore! Ma da dove viene? I ghiacciai... Sai, il gran triangolo

Franco                           - bianco...

Clara                             - Ah! sì, al di sopra dei pini neri, contro un azzurro molto pallido... Da questa parte, credo.

Franco                           - Sì, proprio così...

Clara                             - Tutte queste cose!... mi sembra che non vengano da qui... (Tocca la sua fronte) No, le capi­sco in modo diverso, con... Dimmi, si può capire con ognuno dei propri sensi?

Franco                           - Sicuro, molto meglio, oltrepassano la ragione...

Clara                             - Tutte queste cose! Sembrano lontane consuetudini, in agguato mentre passo, e che rien­trano in me, ad una ad una...

Franco                           - Riprendono il posto che avevano ab­bandonato...

Clara                             - Quest'odore, questo gusto... E, ecco, ecco! il muretto, ho assolutamente sotto la punta delle dita la grana di quella pietra, il suo tepore al tra­monto...

Franco                           - Tutto il tuo corpo si ricorda già...

Clara                             - Non ho cambiato molto, è vero?

Franco                           - Sei ancora più luminosa...

Clara                             - Là dietro, che cosa c’è?

Franco                           - Un sentiero nella montagna...

Clara                             - Ah! sì... lo riconosco... lo riconosco... con le mie ginocchia... una specie dì... fatica muscolare..,

Franco                           - Vi ci siamo arrampicati tanto, una volta...

Clara                             - Una volta, una volta. Dici così spesso « una volta »... e sei a tuo agio, nel tuo « una vol­ta » ; il mio passato è così confuso, sempre più con­fuso... Indietreggia, indietreggia in un orizzonte di nebbia dove non si distinguono altro che il fantasma di una vecchia dall'aria triste che piange in una casa deserta... Per chi? Perché? Non so... o non so più... tutto si scompone a poco a poco, tutto si can­cella...

Franco                           - Tutto deve cancellarsi eccetto... questo.,, qui è la tua verità... qui soltanto... ricordati...

Clara                             - Mentre la guardo... mi pare che mi in-1 vada, che mi riempia, che si installi nella mia me­moria vuota... Più ci guardiamo... Che cosa mi sta capitando, oh! Franco, che cosa le sta capitando?

Franco                           - Sei pronta ad accoglierla!.... la porta si apre... viene... dal fondo del tuo passato... appare...

Clara                             - Dal fondo del passato... viene avanti... avanti... E dietro alla sua schiena... riporta delle immagini innumerevoli... che l'hanno preceduta... da anni... ed anni...

Franco                           - Dalla tua nascita... Eccola!

Clara                             - Buongiorno voi tutte!... Buongiorno tu!... Buongiorno, io... (Si interrompe e gira lentamente il viso verso Franco. Lui si accorge che lo sguardo di Clara è cambiato).

Franco                           - (mormora tremando) Oh!... I tuoi oc­chi... (Clara si alza come una sonnambula, e ma sedersi in una poltrona. Una pausa).

Clara                             - (con voce diversa) Che cosa ti stavo dicendo, Franco?

Franco                           - (c. s.) Parlavi del terrazzo...

Clara                             - Ah! sì, il mio terrazzo... (Il suo sguardo, si sperde, lontano) Il sole brilla sulla vigna; l'acqua scorre sulla ruota del mulino; il pastore suona il piffero; il fumo esce dal forno del panettiere; e il suo asinelio porta su per me una torta col mio nome scritto in zucchero rosa... (Col dito scrive: Regina, nello spazio) Ah! la casa sulla montagna! Ho pen­sato tanto a te, Franco, lassù!

Franco                           - Lassù?... Vuoi... vuoi che ci ritorniamo domani?

Clara                             - (c. s.) Sì, sì, la mia casa...

Franco                           - Ritroverai la camera dai muri dipinti di giallo.

Clara                             - ...la mia camera...

Franco                           - ...la sciarpa di seta rossa...

Clara                             - ...la mia sciarpa...

Franco                           - ..l'ampia mantellina blu per i giorni freddi...

Clara                             - ...la mia mantellina...

Franco                           - ...le soprascarpe per i giorni di piog­gia...

Clara                             - ...le mie soprascarpe...

Franco                           - ...la lanterna per riaccompagnarmi di sera...

Clara                             - ...la lanterna...

Franco                           - ...il bastone da passeggio...

Clara                             - ...il mio bastone...

Franco                           - ...appeso...

Clara                             - ...appeso dietro alla porta.

Franco                           - Indosserai di nuovo i tuoi vestiti...

Clara                             - ...il mio vestito bianco, che ti piaceva... (Gesto di Franco. Silenzio. Lei lo guarda) Sei triste, di colpo, perché?

Franco                           - A te non lo posso dire...

Clara                             - Da te posso sentire tutto...

Franco                           - (decidendosi ad un'ultima prova) Eb­bene, ebbene, pensavo a una ragazza, morta, che portava anche lei un vestito bianco, a pallini blu...

Clara                             - Ah?

Franco                           - Viveva, molto ritirata, in un angolo sperso delle Lande...

Clara                                         - Ah?

Franco                           - Dei pini, degli stagni, il mare...

Clara                             - Quando è morta?

Franco                           - E' morta or ora.

Clara                             - Di che cosa è morta?

Franco                           - Si è come svuotata del suo proprio san­gue, ha perso ogni sostanza, a dire il vero!

Clara                             - Era bella?

Franco                           - Ti somigliava, un po', in meno... vivo...

Clara                             - L'hai amata?

Franco                           - Come si ama un'ombra, un riflesso...

Clara                             - Come si chiamava?

Franco                           - (dopo aver esitato) Si chiamava Clara...

Clara                             - Clara... un nome fresco, giovane, puro...

Franco                           - E' stata tutto questo: una bimba deli­ziosa... (Come se le chiedesse perdono) Povera pic­cola!...

Clara                             - Che Clara riposi in pace...

 

Franco                           - Poiché lo auguri, d'ora innanzi sarà così... (Una pausa) Allora, noi, partiremo domani per la montagna? E ritroverai il tuo piano... E mi suonerai le nostre arie... (Esita ancora, poi) Cara… suoni sempre la leggenda svedese? (Clara si alza con naturalezza, si mette al piano e la melodia inizia subito. Franco si avvicina passo passo mentre cala la tela)- (1).

UNDICESIMO QUADRO- (2)

(La saga termina al piano con la tela calata. Poi viene ripresa interamente all'organo. Allora appaio­no al proscenio i quattro personaggi. Parlano, uno alla volta, con lo stesso tono fluido che nella camera di Clara).

L’Operaia                      - Tu - o Regina - che hai esaurito in un grido di amore - il tuo soffio - noi lo rianimiamo!

Semiramide                   - Tu - o Regina - che hai vivificato -un corpo moribondo - con la tua fiamma - noi la riaccendiamo!

Madama Brotjssoulou   - Tu - o Regina - che ti sei spogliata - del tuo cuore bruciante - noi te lo riportiamo!

Suonat. di fisarmonica - Tu - o Regina -che ci hai dato - la tua parte di felicità - noi te la rendiamo! (Notte. ì quattro personaggi scompaio-no... la tela si rialza subito).

(1) L'epilogo essendo stato soppresso alla rappresen­tazione, la commedia finiva qui, utilizzando, mentre Clara suonava la saga, qualche frase della fine dell'epilogo.

(2)Alla rappresentazione questo quadro prendeva posto prima del precedente.

(3)Soppresso alla rappresentazione.

EPILOGO

(Il terrazzo della casa di Regina, in alta monta­gna: si deve avere la sensazione che è sospeso nello spazio. Un angolo del terrazzo rustico, visto di sbie­co, con un muricciolo tutto intorno. In lontananza, dei ghiacciai a forma di piramide scintillano sotto il plenilunio. Regina-Bis e Franco, avviluppati in cappotti da montagna, sono seduti sul muricciolo. Regina-Bis è ora completamente identificata con Regina. Ha la sua voce netta, i suoi gesti, la sua an­datura. Ed ha maggior voluttà nell'atteggiamento e nello sguardo).

Regina-Bis                    - Franco, Franco, ho proprio il di­ritto di possedere tanta felicità?

Franco                           - Non temere, è pagata in anticipo..

Regina-Bis                    - Non mi spavento dì nulla: né del passato, né dell'avvenire; il presente basta a mera­vigliarmi. Quando siamo arrivati stavo qui, in piedi, a braccetto con te, facevo il giro dell'orizzonte ed ero troppo commossa, credo, per poter vedere altro che un caos immobile. E non sentivo niente, nem­meno, ovvero non sentivo ancora... Ma mi hai dato il mio nome: Regina. E di colpo, al solo tuo richia­mo, l'orizzonte si è sviluppato intorno a me, ho scoperto un paesaggio nuovo, forse perché lo guardavi con me...

Franco                           - Eppure questo paesaggio ti era fami­gliare?

Regina-Bis                    - Soltanto la tua presenza poteva ri­velarmelo... così come mi ha rivelato da allora il peso delle mie membra, il tono della mia voce, la mia forma nello spazio... Non credevo di aver tanto da imparare del mio proprio corpo!... Ora ci tengo come ad un regalo ricevuto da te... Ecco, ieri mi guardavo nello specchio, e sono stata invincibilmen­te attratta verso il mio viso, dal mio viso, poiché lo ami... L'ho baciato, o piuttosto: ci siamo scambiate un bacio... E amavo la sua... la mia... (Ride piano) come dire? la nostra bocca, i nostri capelli, i nostri occhi... Le ho detto: «Buongiorno! », come se, tutt'e due, arrivassimo da Dio sa dove! E io non sapevo più se la macchia di vapore che si cancellava sulla specchio in faccia alle nostre labbra veniva da lei o da me, se era il suo soffio o il mio... Davvero Fran­co, mi hai dato la vita. Prima di te non ero che una statua di pietra, piena di freddo. Ed ora...

Franco                           - Ora sei qui, ti vedo, ti sento, ti tocco! Non hai freddo, veramente? Non vuoi rientrare?

Regina-Bis                    - Non ancora, ti prego! Respira, guarda... Come scintillano i miei ghiacciai! L'aria è così viva, così elettrizzante.. E il cielo batte...

Franco                           - Tutta la volta celeste freme di un fuo­co segreto: l'universo gira, canta...

Regina-Bis                    - E’ durante notti come queste Franco, davanti a questa porta, che io suonavo fino all'alba tutto quello che ti piaceva, e finivamo col raggiungerci nell'incanto della musica...

Franco                           - Te ne ricordi?

Regina-Bis                    - Mi ricordo di aver pronunciato il tuo nome a bassa voce e di averlo sentito ripercuo­tersi nel fondo di queste valli che me lo rimanda­vano forte come un grido...

Franco                           - E poi?

Regina-Bis                    - Mi ricordo che, non sapendo più che fare di questo cuore libero, ho desiderato ar­dentemente di poter dividerne la ricchezza fra degli esseri bisognosi...

Franco                           - Come una volta! Come una volta!

Regina-Bis                    - ..,e dall'alto di questo terrazzo, con tutto il mio amore disdegnato...

Franco                           - Perdonami!

Regina-Bis                    - ... offrivo ad ognuno quel che più gli mancava: alla zitella che va a spasso da sola alla domenica, dei sogni; all'infermo, delle ali; al bimbo del sesto piano sul cortile, pallido dietro ai vetri, delle vacanze; al vagabondo in cammino, un ruscello per rinfrescare i suoi piedi; al condannato nella sua cella, il sonno; all'operaio nella fabbrica, una canzone; al minatore nella miniera, il ricordo dell'alba; al fochista nella sentina, il vento dell'alto mare; all'artista povero, l'orgoglio; al poeta deriso il disprezzo; ai cattivi, un sorriso; ai pervertiti, la tenerezza - che altro ancora? - all'uomo brutto, una innamorata; alla donna brutta, un bambino...

Franco                           - E ognuno ha ricevuto la parte che gli destinavo, ne sono certo...

Regina-Bis                    - E quando mi ero distribuita - a nome tuo - a queste miserie, mi ritrovavo altret­tanto ricca e la più bisognosa di tutti, giacché ti aspettavo sempre...

Franco                           - Ma ho ricevuto il messaggero munito dell'ordine al quale non si resiste, e sono venuto...

Regina-Bis                    - « Hai bevuto il vino della mia vi­gna, hai mangiato il pane del mio grano... ».

Franco                           - « E da quel giorno abiti in me... ».

Regina-Bis                    - Ed ora credi all'onnipresenza del mio amore?

Franco                           - Come non credere al mistero quoti­diano!

Regina-Bis                    - (con crescente fervore) Franco, sono felice! Non senti, davvero, come sale, questa sera, la felicità, come sale all'assalto del nostro ter­razzo? La vedo quasi palpitare,..

Franco                           - Tendi le braccia, aprì le mani...

Regina-Bis                    - (china verso le valli) Che vengano a me tutte le felicità...

Franco                           - (c. s.) Venite per lei!

Regina-Bis                    - Quelle di tutte le creature dell'aria, della terra e delle acque.

Franco                           - Venite per lei!

Regina-Bis                    - ...quelle degli uomini, degli anima­li e delle piante...

Franco                           - Venite per lei!

Regina-Bis                    - ... che vengano a me, le felicità, le più umili e le più alte, la mia è abbastanza grande per contenerle tutte! La mia, Franco, ne sono col­mata fino al midollo delle ossa, ne sono - come spiegarmi? -impregnata, assorbita... Ne sono ebbra di un'ebbrezza, ah! così prodigiosa, che mi sembra di essere diventata il centro luminoso di tutto l'amore del mondo!

Franco                           - Hai dato tutto, puoi ricevere tutto... Ma, amor mio... fammi vedere i tuoi occhi! Piangi?! Oh! delle lagrime! Finalmente! E' la prima voltali Finalmente! Delle lagrime! Delle lagrime! Ah! seiproprio umana, ora, sei proprio di questa terra!.! Regina mia!... Che cosa ti fa piangere, dimmi?

Regina-Bis                    - La gioia di vivere! (Sono abbracciati. Lontano, dietro di loro, la cima di un ghiac­ciaio brilla come una fiamma).

FINE