Bignè alla crema

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BIGNÈ ALLA CREMA

BIGNÈ ALLA CREMA

due atti diLEONARDO FRANCHINI

(adattamento di R. Lussignoli)

Personaggi:

Tina                 madre

           

Anna                figlia

Lia                   figlia

Stefano           nipote

Roberta           nipote

Adriano            genero

Scena: stanze di un appartamento.

Periodo: anno 1997


PRIMO ATTO

Scena 1 - Anna sta leggendo un giornale quotidiano, mentre fuma, concentrata. La televi-sione mormora qualcosa, a basso volume.

Tina                 (entra, aiutandosi con un bastone) C'è odore di fumo.

Anna                (senza alzare la testa) Mi pare ovvio; sono trent'anni che fumo.

Tina                 E io trent'anni che ti dico di smettere.

Anna                Come stai?

Tina                 Bene. C'è il sole.        

Anna                Anche a me piace il sole. Se nasco di nuovo, voglio nascere lucertola.

Tina                 ……Perché tieni accesa la televisione?

Anna                Così. Magari fanno qualcosa d’interessante.

Tina                 Ti fa compagnia?

Anna                Ah, io non ne ho bisogno.

Tina                 No, è vero; tu sei forte, e piena di spirito.

Anna                Come la grappa. Vuoi qualcosa?

Tina                 (fingendo spudoratamente) No.

Anna                Guarda che ti conosco.

Tina                 Beh, questa volta mi conosci male. …..Oggi è sabato, vero?

Anna                Sì, per fortuna.Non ne posso più dell'ufficio.

Tina                 Però a volte torni contenta.

Anna                Beh, non si può fare un funerale al giorno.

Tina                 Funerale...

(le due si guardano, come sfuggendosi)

Anna                (ride) Guarda qui! Hanno beccato un tizio che ven­deva la biancheria usata

della moglie.

Tina                 Avrà avuto bisogno di soldi.

Anna                Ma no, la biancheria: “usata”! Quella sporca!

Tina                 Che schifo!

Anna                Gli uomini non si vergognano di niente. Ho fatto bene a non sposarmi.

Tina                 (sospira) Lo dici sempre. Io penso che invece sia per colpa mia.

Anna                Colpa? Ma sei matta? Se mai sarebbe un merito. Ma sono faccende per le quali ognuno decide da solo, cara signora madre. Ho deciso per conto mio, e non ho ancora avuto modo di pentirmi.

Tina                 Speriamo. Sulla faccenda che ognuno decide per conto suo forse hai ragione.

Con tuo padre non è stato tanto male.

Anna                Ma papà era differente. Era una brava perso­na.

Tina                 Sì, brava.

Anna                Senti, vuoi vedere un film?

Tina                 No, sto leggendo un bel libro. «Cime tempestose». Pensa: arrivare a novan-t’anni e passa per leggere un libro della mia infanzia. ……Oggi è sabato, no?

Anna                L'hai già detto; ricominciamo?

Tina                 No... no.

Anna                E allora, perché lo ripeti?

Tina                 Così, mi è tornata in mente una stupidaggine mia. Mi sono ricordata che il

sabato s‘aspettava la festa. Era una gioia.

Anna                Questo non è cambiato. Solo che succede di venerdì.

Tina                 Beh, ho pensato ad un sabato di quan­do ero piccola, ed era il giorno prima

della mia prima comu­nione. E del matrimonio...

Anna                Come, del matrimonio? Ti sei sposata di domeni­ca?

Tina                 Si capisce. Al sabato si lavorava. Ma “quel” saba­to, il pomeriggio sono rima-

sta a casa. Dovevo prepa­rarmi.

Anna                Meno male che i tempi sono cambiati.

Tina                 E sai cosa mi piaceva, più di tutto?

Anna                I regali.

Tina                 No, no; beh, quelli... certo. La cosa che mi piaceva più di tutto... era il bagno. Quel sabato sono potuta restare un po' di più nell'acqua calda. Avevamo un grande mastello: mi sono lavata bene, e mi sentivo... fresca, libera... felice.

Anna                Adesso puoi farti il bagno due volte al giorno, se ti va.

Tina                 Lo so. Grazie al cielo. Ma era l'attesa di quello che stava per accadere; ero

sicura che sarebbe stato straordinario. Il pensiero della felicità che doveva

arrivare… mi godevo ogni momento.

Anna                (pausa; guarda la madre con intenzione, spegnen­do la sigaretta) Senta un

po', signora madre: dove vuole arrivare? Guarda che ti conosco, sai?

Tina                 (sorride) È difficile imbrogliarti, vero? Sei sempre stata molto attenta.

Anna                Ah, lo credo bene. Con una coinquilina furba come te.

Tina                 Furba... ma cosa vuoi che sia furba...

Anna                Beh, allora? Parli? Che bisogno c'è di prenderla così alla larga? La comunio-

ne… il sabato… il bagno… Vuoi che ti compri un profumo nuovo?

Tina                 No. Non riuscirò a finire nemmeno quelli che ho già.

Anna                Piantala, sai!? Non ricominciare con questi discorsi.

Tina                 Ecco, vedi? Non è facile parlare con te. Ti arrabbi subito.

Anna                Non mi arrabbio per niente. Adesso stai bene e non c’è nient’altro da dire.

Tina                 Sì.È vero. Senti: ascoltami con attenzione, perché per me è una cosa seria.

Anna                Vuoi andare ad abitare da mia sorella?

Tina                 No, sto benissimo con te. E’ un'altra cosa… Voglio che chiami don Giuseppe.

Anna                Vuoi la comunione? E occorreva farla tanto lunga?

Tina                 No, voglio l'estrema unzione.

(pausa. Anna si guarda attorno, smarrita; prende una sigaretta e l’accende dalla parte del filtro)

Tina                 (con dolcezza) Faresti meglio a non fumare. In ogni modo, dalla parte del filtro deve fare proprio schifo.

(Anna spegne con gesti nervosi la sigaretta, e ne accende un'altra, stavolta in modo giusto; tira un paio di boccate e poi si calma)

Anna                Hai detto una sciocchezza.

Tina                 Può darsi...

Anna                Stai male? Devo chiamare il medico?

Tina                 No, sto benissimo... come si può stare alla mia età. Ma io...

Anna                E allora cos'è questa mattana? Hai le visioni?

Tina                 No. Ci ho pensato con calma. Solo che mi sembra una cosa giusta.

Anna                Ma l'olio santo.... santo Dio, cosa ti salta in mente!? L'estrema unzione si dà

quando uno sta per morire! (comincia ad incrinarsi la voce) Ai morti!

Tina                 Va bene, va bene... calmati. Ma non è vero. E’ un sacramento per i vivi. Non

esistono sacramenti per i morti.

Anna                Non se ne parla neanche! Non voglio neanche sen­tirne parlare.

(pausa - Tina sta seduta e sorride, guardando avanti; Anna fuma rabbiosamente, mormo-rando qual­cosa fra sé)

Tina                 (con tono ancora più quieto) Forse hai ragione. I vecchi sono tutti un po'

strani. E vecchia come sono io...

Anna                (con forza) Tu stai bene!

Tina                 Sì, sì... ma lo sai... ogni giorno è regalato.

Anna                Non bisogna pensarci.

Tina                 Forse. Ma non fa male neanche riflettere, ogni tanto. Finché si può.

Anna                Ma perché ti metti in mente queste cose?

Tina                 Anna, sei tu che le rifiuti, non io. Per me… è naturale.

Anna                L'olio santo!? Sei matta!

Tina                 Non devi lasciarti impressionare. E’ un sacra­mento. Vorrei riceverlo come

ho ricevuto tutti gli altri, mentre sto bene, finché capisco. Come la comunione, la cresima, il matrimonio.

Anna                Ma sì, figuriamoci. E’ la stessa cosa! E’ come chia­mare la morte, altro che!

Tina                 No, no. E’ una cosa giusta. Io sarei pronta, adesso.

Anna                E allora perché non te lo chiami da sola, il tuo don Giuseppe!? Sei capace di

fare un numero di telefo­no, no?

Tina                 (ride appena) Adesso mi prenderai in giro, ma mi piacerebbe che lo chiamas-

si tu. Come se mi facessi un regalo.

Anna                Bel regalo!

Tina                 Visto che non vuoi smettere di fumare... cosa ti costa? Mi faresti un grande

favore.

Anna                Ma lascia stare!

Tina                 (si alza, con un po' di fatica, dalla sedia, e si muove per uscire) Va bene, va

bene. Però pensaci, per favore. Io sono pronta. (esce)

Anna                (la guarda uscire e la segue con gli occhi, fra l'arrabbiato e l'addolorato.

Spegne la sigaretta con uno scatto. Si toglie gli occhiali e li pulisce in un

lembo del maglione. Guarda ancora il giornale, come per leggere, ma non

riesce a concentrarsi sulle pagi­ne. Dopo un po' lo chiude e lo sbatte in un

angolo, abbandonandosi sullo schienale e guar­dando in alto)

BUIO

Scena 2 -  Si vedono contemporaneamente i due punti dai quali telefonano Anna e Lia, anche se loro sono distanti e si deve capire che abitano in due zone diverse.

Anna                Ti dico che mi ha fatto rimanere di sale. Così, senza preavviso. Eppure è

sempre stata una donna tran­quilla, sensata. E di colpo salta fuori con questa

storia.

Lia                   Cosa ti ha chiesto, di preciso?

Anna                Te l'ho detto, no? Vuole l'olio santo.

Lia                   Ma sta male?

Anna                Ma no!

Lia                   E allora?

Anna                Oh, senti… non farmelo ripetere, che mi sento ancora peggio.

Lia                   Ti capisco.

Anna                Ah,meno male.

Lia                   Però capisco anche lei.

Anna                Cosa!? Ti sei bevuta il cervello pure tu, adesso!?

Lia                   Beh, quasi quasi sarei tentata di dirti che hai ragione. Ma se ci pensi bene, la

mamma non ha tutti i torti.

Anna                Ma non si è mai sentito!

Lia                   Sì, è vero. Non mi era mai capitato, prima. Però non significa niente. Lo sai

che mamma ha sempre fatto di testa sua.

Anna                Sì, ma non fabbricando idee balorde!

Lia                   Non è così balorda, come dici tu. A me... cosa vuoi che ti dica: più ci penso e

più mi pare...

Anna                Senti: ho bisogno di una mano per convincerla a cambiare idea, non per farla

intestardire ancor di più. Sai bene che quando crede di aver ragione è dura

come un sasso.

Lia                   Ma no… è sempre stata così dolce.

Anna                Dolce, ma ferma come una montagna. Se non vuoi venire tu, almeno manda

Roberta. Sai come ascolta sua nipote.

Lia                   E’ fuori con Stefano, che vuole comprar­si una giacca; Roberta ha deciso di consigliarlo.

Anna                Perché, non è capace di decidere da solo?

Lia                   Penso di sì. Però sua sorella non si fida dei suoi gusti.

Anna                Ma ci penserà la sua fidanzata!

Lia                   E’ proprio quello che Roberta vuole evitare.

Anna                Uh, che gente!

Lia                   Verrò io... con Adriano, se riesco a tirarlo fuori dal garage. Si è messo in testa

di riparare il motorino.

Anna                Alla sua età? Per andare in giro e prendersi una polmonite?

Lia                   (ride) Ho il sospetto che sia una scusa per non starmi attorno. Sai com'è, lui

brontola e io reagisco. Così, ogni tanto cerca di tenersi alla larga.

Anna                Va bene. Ci vediamo, allora.

BUIO

Scena 3 - Di nuovo come nella prima scena. Anna sta mettendo in ordine alcune fotografie sparpagliate su un tavolo.

Anna                (chiama) Mamma... hai guardato le foto di quan­do siamo state al lago?

Tina                 (da fuori) Belle. Ma non avevi detto che avresti... (mormorio confu­so)

Anna                (scandisce) Non ho capito niente!

Tina                 (arriva, col bastone) Meno male che la sorda sono io. Dicevo: non dovevi fare le riprese con la cinepresa?

Anna                Ah, non parlarmene neanche! Quei figli di buona donna! Servizio rapido! Tre

settimane e non sanno neanche dove l'hanno mandata a riparare. E pensare

che secondo me bastava che cambiassero le pile!

Tina                 Tu ti arrabbi subito.

Anna                E non ho ragione?

Tina                 Qualche volta. Ma ti fai cattivo sangue ugualmen­te. Fai del male soltanto a te

stessa.

Anna                (si accende una sigaretta, nervosa) Mamma, pian­tala. Vuoi cambiarmi carat-

tere a cinquant'anni?

Tina                 Dici che non ci riesco, ormai?

Anna                Se non ce l'hai fatta finora…

Tina                 Allora... Io vedi che non sono più tanto utile?

Anna                Calma: io non ho detto questo. E se vuoi rico­minciare...

Tina                 Mi ero illusa che ci avevi ripensato, che non ti spiaceva fare un favore a tua

madre.

Anna                Favore! E farmi il sangue cattivo!? Cosa credi, che mi faccia piacere, pensare

a quelle cose?

Tina                 Beh, ma potresti almeno rispettare le mie convin­zioni. Io non ti obbligo a cre-

dere nelle stesse cose che credo io. Ma mi sembra che tu ti attacchi ad una superstizio­ne. Mi dici di no per una cosa che riguarda solo me, e che, in fon-do, ho diritto di decidere da sola.

Anna                Sta' tranquilla, che nessuno vuole privarti di niente. Al momento opportuno, avrai tutti i preti che vuoi. Se ti va, farò venire l’intero convento dei francescani a fare il coro.

Tina                 Non prendermi in giro. Cosa vuoi che m’importi del coro, se non potrò sentirlo.

Anna                Mamma...

Scena 4 - Entra con passo deciso Stefano.

Stefano           Buona giornata!

Anna                Buona.

Tina                 Ciao! Sei venuto a trovarci?

Stefano            (le guarda tutte e due; intuisce l'atmosfera un po' tesa) Già... però mi pare che

la giornata non sia buona, e che le ragazze si fanno i dispetti.

Anna                Ma va a remengo, tu e la tua giornata.

Stefano            E pensare che ero venuto a farmi consolare.

Anna                Se è per questo parlane con tua nonna. Io non sono in vena.

Stefano            Si vede ad occhio nudo. Hai bisogno di aria fre­sca; è meglio della camomilla.

Anna                Buona idea. Hai ragione; ne approfitto subito. Arrivederci, signori. Godetevi la

vostra compagnia. (se ne va)

Scena 5

Stefano            Oh, poveri noi. Cos'ha la zia?

Tina                 Ti siedi un momento?

Stefano            No, cara. Stai seduta tu. Io vado a mettere su un caffè. (esce)

Tina                 (lo rincorre con la voce) La macchinetta è carica! Basta accendere il gas.

Stefano            (torna) Fatto. Almeno se ho i nervi sarà per qualcosa.

Tina                 Hai i nervi?

Stefano            Verrebbero anche a te. Ascolta un momento; hai tempo?

Tina                 (sorridendo) Ancora qualche settimana, speriamo.

Stefano            Come? Ah, sei la solita spiritosa; allora, arrivia­mo ai fatti. Dunque, ho dato

l'esame di diritto.

Tina                 Sei stato promosso?

Stefano            Sì.Ventotto.

Tina                 Complimenti!

Stefano            Ma che complimenti! Alla mia età dovrei essere al terzo impiego. Ma lasciamo

perdere e torniamo al punto. Volevo festeggiare e prendermi una giacca

nuova. Federica, la mia donna, ne ha vista una in vetrina e mi ha detto che mi

starebbe proprio bene. Perché fai quella faccia?

Tina                 Non mi piace quando dici: “la mia donna”...

Stefano            Ma è solo un modo di dire! Dunque, ne parlo in casa, e quando mi alzo per

uscire, Roberta mi annuncia che mi accompagna. Tu sai che io voglio bene a

mia sorella, e non mi da fasti­dio la sua compagnia, però…

Tina                 Però...

Stefano            Insomma, arrivati in negozio ha cominciato a criticare la scelta. La giacca non

le va piace; dice che mi rovina, che non è nel mio stile… il famoso stile dello

Stefano, copiato da tutti gli stilisti... Mi ha fatto una tale testa che...

Tina                 Ma a te la giacca piaceva?

Stefano            Ma sì... Sì, abbastanza. E poi, cosa vuoi che m’importi: è una giacca. Piace a

Federica, a me non sta male, e deve solo tenermi caldo. Quello che non sop-por­to è...

Tina                 Di aver ceduto a tua sorella.

Stefano            No, non ho ceduto.

Tina                 Hai comprato la giacca!?

Stefano            Nemmeno. Ho detto al nego­ziante che ci avrei pensato. Che ci avrei pensato!

Ed ero così deciso! Sono un imbecille.

Tina                 No Stefano... sei per il quieto vivere.

Stefano            Ho fatto male, nonna?

Tina                 Senti, questo era l'ultimo esame, vero?

Stefano            Sì. Adesso devo solo dare la tesi, finalmente. Non ne potevo più.

Tina                 È così dura, l'università?

Stefano            Sì. No, non è vero. Sono io, non l'università. A te lo posso dire. Sai, le materie

che bisogna studiare, a volte sono interessanti. Ma quando arriva il momen-to… tu sei lì da solo, e c'è un altro che ti guarda. E tu devi dirgli le cose che lui vuole sentire. Non gli importa niente se sai a memoria l'enciclope­dia. Se ti sei dimenticato una frase, ed è solo quella che ti chiede, assume quell'aria da “eccone un altro”, e ti manda a spasso, senza remissione. Credo che il padretemo sia più comprensi­vo.

Tina                 Speriamo bene...

Stefano            Beh, sai, mi veniva la diarrea tutte le volte che dovevo passare per quella porta. E sono tutti uguali. Magari qualcuno è intelli­gente, lo vedi dai libri che hanno scritto. Ma quando si mettono a fare i giudici... Mah, lasciamo perdere. Meno male che è finita.

Tina                 E la tesi?

Stefano            Beh, quella è un'altra faccenda. Più che altro una formalità, una specie di

cerimoniale di ini­ziazione, come facevano per gli antichi cavalieri. Bisogna

compilare un elenco delle fesserie che sono state dette e scritte su un certo

argomento. Poi c'è un professore che ti segue e che sta attentissimo che

tu non ci infili dentro idee tue. Alla fine c'è una grande riunione attorno a un

tavolo, tutti vestiti da gufi; ti buttano li un paio dì domande pro forma e tutto si

conclude.

Tina                 Allora non possono più bocciarti?

Stefano            Alla tesi? No... non credo che sia mai accaduto.

Tina                 E poi... cominci a lavorare.

Stefano            Nonna... ho capito dove vuoi arrivare.Tu vuoi che noi due ci sposiamo.

Tina                 Beh, non ci sarebbe niente di strano.

Stefano            Nonna... sei l'unica che non mi tormenta su questa faccenda. Per favore: con-

tinua così. Lascia che decida io.

Tina                 Sì... sì.

Stefano            Mi sposerò, mi sposerò. Sta' tranquilla. Ma prima voglio essere sicuro. Non

voglio passare il resto della vita in garage a riparare motorini.

Tina                 Cosa vuoi dire?

Stefano            Niente. Solo che il matrimonio, alla fine, è solo una questione di burocrazia

religiosa e basta. Per me è la stessa cosa.

Tina                 Non direi, proprio la stessa cosa.

Stefano            Sì. Con una differenza: che seci siamo sbagliati, non facciamo del male a

nessuno, tranne che a noi stessi. Cancelliamo tutto e cerchiamo di non

ripetere gli stessi errori con un’altra persona. Invece se seguiamo la

procedura, beh, allora tutto diventa come il tunnel del terrore. Si conti­nua a

correre nel buio, si sbatte la testa di qua e di là, e non si sa come uscire.

Tina                 Se la pensi così…

Stefano            Però ti voglio bene, nonna, e mi dispiace vederti triste. Per cosa stavate liti­-

gando, tu e la zia?

Tina                 Non stavamo litigando.

Stefano            Va bene: qual’era il problema?

Tina                 (sospira) Il problema... era di procedure.

Stefano            Vuoi sposarti di nuovo?

Tina                 (ride di cuore) Ma no.

Stefano            Vuole sposarsi la zia?

Tina                 No, no, sta calmo.

Stefano            E allora?

Tina                 E’… eraper un favore che le ho chiesto.

Stefano            E lei te lo ha rifiutato?

Tina                 No, non proprio. Forse sono un po' matta io. Tu non pensi che io sia un po' andata di testa?

Stefano            Mia nonna! Scherzi? Ma neanche per sogno!

Tina                 Beh... le ho chiesto dì poter avere un sacramento.

Stefano            Ah, ma allora vuoi sposarti! Avevo indovina­to; beh, allora mi spiace, nonna,

ritiro quel­lo che ho detto.

Tina                 Aspetta. Le ho detto di chiamarmi un prete per l'e­strema unzione.

(silenzio - Stefano stenta a digerire la notizia)

Stefano            Nonna... ma sei un fiore. Ci crederei di più al matrimonio, quasi.

Tina                 Grazie. Ma quelle procedure ormai le ho dimenti­cate. Adesso ho imparato a

memoria le altre.

Stefano            Stai scherzando, vero?

Tina                 No. Ma non è così triste. Ho cercato di spiegarlo a tua zia Anna. E’ una festa,

come la comunione, o la cresima.

Stefano            Non riesco a vederla allo stesso modo.

Tina                 Perché fa venire in mente la morte. I giovani non devono pensarci.

Stefano            E i vecchi?

Tino                 Non hanno alternative.

Stefano            (dopo una pausa) E’ vero.

Tina                 (si anima) Capisci? Io ci ho pensato, tanto, e mi sono detta: perché fame una cosa tanto triste, col prete che ti dice frasi che non sei in grado di capire? Che nessuno capisce, perché hanno orecchie e cuore chiuso dal dolore? Perché non deve essere un sacra­mento come gli altri?

Stefano            (lunga pausa) Nonna, mi vergogno.

Tina                 Perdonami.

Stefano            (balza in piedi, senza guardare la nonna) Il caffè!! (corre fuori)

Mentre è fuori la nonna china il capo, scotendo la testa; si vede che è dispiaciuta

Stefano            (torna, con una macchinetta annerita e fumante in mano) Mi dispiace, credo si

sia bruciato tutto.

Tina                 Non importa. Ce n'è un'altra nuova, nell'armadiet­to sopra il frigorifero. Peccato che da nuova non faccia un caffè così buono.

Stefano            (riflettendo) Sai cosa vorrei io, nonna? Che vives­simo tutti mille anni.

Tina                 (ci pensa) Non sarebbe giusto, né bello. E un ulti­mo giorno capiterebbe in tutti

i casi.

Stefano            Quello dell'addio.

Tina                 Potrebbe essere quello dell'arrivederci. (ci pensa) Non vuoi farti un altro caffè?

Stefano            Mi è passata la voglia.

Tina                 Non fare così; desideri che mi senta in colpa?

Stefano            No. Sono soltanto depresso: prima la giacca e Roberta, adesso mia nonna.

Pensare che doveva essere una giornata felice.

Tina                 Caro il mio coccolo... ma lo è. Lo è, devi credermi. (entra Roberta, bionda e

splendente)

Scena 6

Roberta           Ciao, nonna bellissima. Ah, m’immagi­navo di trovarti qui, Stefano. E non fare quella fac­cia!

Stefano            Non faccio niente: ce l'avevo così anche prima.

Tina                 È vero. Posso testimoniarlo. Che piacere vederti, Roberta. Sapete, ragazzi,

qual è il bello di poter stare a casa, di non essere costretti ad andare in ospe-

dale o al ricovero?

Roberta           Che stai bene e non hai bisogno di niente.

Tina                 No. E’bello, certo; però quello che mi piace di più è di poter vedere voi. Dei

giovani.

Roberta           Ah, ecco la nonna che volevo sentire: non quelle faccende che mi ha raccon-

tato la mamma.

Stefano            Senti, Roberta, non cominciare. Lascia in pace la nonna.

Roberta           (un po' seccata) Sto soltanto dicendo che le voglio bene.

Stefano            (rassegnato) Vado... vado a fare un po' di caffè. Dov'è la macchinetta, nonna?

Tina                 Nell'armadietto, sopra... aspetta, vado io. Faccio più presto a prepararlo che a spiegarti.

Stefano            Ma non ti affaticare!

Tina                 (si alza con fatica e si avvia, aiutandosi con il bastone; lo guarda con una

specie di scherzosa sfida) Pensi che sia troppo vecchia per fare due tazze

di caffè?

Stefano            (alla nonna) No! Cosa dici? Uno ti usa un riguardo e tu lo tratti male.

Tina                 Ah - ah. Abbi un po' di compassione. Le vecchie signore come me devono

visitare spesso il posticino. Non vuoi evitarmi l'imbarazzo di confessarlo

davanti alle persone giovani? ll caffè è un'ottima scusa.

Roberta           (ride, divertita)

Stefano            (imbarazzato) Non capisco mai niente. (Tina se ne va, lentamente, mentre i

due giovani la seguono con gli occhi, in silenzio)

Scena 7

Roberta           (dopo l’uscita della nonna) Mi sembra che stia benissimo.

Stefano            Eh, già.

Roberta           Beh, le gambe non sono più tanto solide ma si capisce: novantatré anni!

Stefano            Sì.

Roberta           Hai ancora il muso. Continui a pensare a quella giacca? Ti ripeto che non ti

stava bene. E poi, non ha neanche un paio di pantaloni per accompagnarla.

Stefano            Senti, lascia perdere quella stupida giacca! Probabilmente me la comprerò, in

tutti i casi.

Roberta           Ti ho appena spiegato...

Stefano            (l’interrompe) Ho detto probabilmente. Quello che mi fa star male non è il mio

guardaroba, ma la nonna.

Roberta           (tace un istante) Lo ha detto anche a te?

Stefano            Sì.

Roberta           E’ una sciocchezza.

Stefano            Può darsi. Lei però sembra molto decisa.

Roberta           Adesso le parlerò io.

Stefano            E cosa vuoi dirle?

Roberta           Ma è chiaro, no? Che non è il caso, che lasci perdere. Che faccia come tutti!

(quieta) In fondo nonna è tradizionalista.

Stefano            Già.

Roberta           (un po' maliziosa) Haparlato di... matrimo­nio?

Stefano            Mmmm.

Roberta           Lo vedi? A lei piace stare alle regole. È sempli­ce: le dico che non è bello

mettersi in piazza a fare cose strane.

Stefano            In piazza? Cara sorella... sei tu un po' stra­na. La nonna non ha nessuna

intenzione di chiamare i giomali. Dice che è un fatto che riguarda lei sola, e

basta.

Roberta           Vedrai, la farò ragionare. Lei mi ascolta.

Stefano            Tanti auguri. (si muove per andarsene)

Roberta           Te ne vai?

Stefano            Ho un paio di cose da fare. Torno più tardi.

Roberta           Va bene, va bene, signor mistero. Le riferirò la buona notizia. (pausa) E il

caffè?

Stefano            (uscendo, annusa l'aria) Mi sbaglierò, ma sento odore di gomma bruciata. Deve essere andata a remen­goanche quest’altra macchinetta.

Scena 8 - Roberta, rimasta sola, aggrotta la fronte. E’ preoccupa­ta; la sua sicurezza tanto

ostentata di fronte al fratello non c’è più)

Tina                 (arriva, con l'aria sconsolata) È difficile calcolare i tempi... alla mia età.

E il tuo caffè, caro Stefano... Dov'è Stefano?

Roberta           Aveva da fare una cosa... e ha sentito l'odore. Torna fra poco; ha promesso

che oggi starà qui a farti compagnia.

Tina                 Poverino... due macchinette andate.  Bah, ci sono cose peggiori, nella vita.

Roberta           Brava nonna. Così ti voglio: serena e ottimista.

Tina                 (si siede) Come te?

Roberta           Sì, hai ragione. Anch'io mi sento così. Magari non sempre.

Tina                 Brava. Altrimenti mi avresti fatto invidia. Neanche per me tutti i momenti sono uguali.

Roberta           Io lo avevo capito, sai?

Tina                 (circospetta) Cosa?

Roberta           Che quei discorsi li hai fatti perché… eri depressa.

Tina                 (scuote len­tamente la testa, quindi parla molto sommessamente) No, cara.

No. Mi spiace dirtelo. Ti sbagli proprio, stavolta. Ho parla­to in quel modo

perché ero piena di gioia.

Roberta           Nonna!

Tina                 (come a se stessa) Sai, Roberta, non mi piace ammetterlo ma sono un po'

superstiziosa anch'io. Ci ho pensato un bel po', prima di decidermi. Mi faceva

impressione. Mi pareva giusto, e mi faceva impressio­ne. Ero convinta che

fosse la decisione più giusta, ma avevo una punta di paura.

Roberta           (sommessa anche lei, come presa dalla atmo­sfera) Nonna!

Tina                 (non l’ascolta; concentrata, si anima) Ci ho impiegato un bel po' a capire, per-ché non pensavo a questa idea nel momento giusto. Mi veniva in mente solo quando ero di umore... sbagliato. Ma qualche mattina fa mi sono svegliata presto... sai, i miei viaggi al posticino... e ho aperto la finestra del bagno. L'aria fresca non mi dava fastidio. E il sole... il sole che nasce dietro la nostra casa illuminava le montagne di fronte, la valle che va verso il lago, le piante, i cespugli… Era tutto molto bello. (Roberta si alza, e va dietro la nonna seduta,

appog­giandole le mani sulle spalle) Era tanto tempo che non mi sentivo così felice. Sì, felice. (gira la testa verso la nipote, con fatica, ma sorride contenta) Felice, capisci? (Roberta fa segno di sì con la testa) Ed in quel momento mi è tornata in mente la mia idea. E non avevo più paura, non ero più triste. Guardavo dalla finestra... a momenti dimenticavo perché ero andata in bagno

... e avevo l'impressione che il sole, la valle, gli alberi, i cespugli...mi dicessero che facevo bene, che era un pensiero giusto.

Roberta           Nonna...

Tina                 Parlo troppo, vero? E’ da molto tempo che non facevo un discorso così lungo.

Roberta           E adesso sei stanca?

Tina                 Un po'. Ma mi sento bene.

Roberta           Io invece mi sento confusa.

Tina                 Tu!?

Roberta           Sì. Ero venuta qui per dirti...che sei matta. E adesso... non ne sono più sicura.

Tina                 (di nuovo sommessa) Chissà... E’ stato un momento di gioia. Lo è ancora.

Forse la felicità e la pazzia si assomigliano. Mi dispiace soltanto per Anna. E’ orgogliosa, forte. Ma è quella che ne soffre più di tutti. Per lei mi dispiace, tanto.

Roberta           Anch'io ci sono rimasta male, cosa credi? Per questo volevo parlarti... farti cambiare idea, insomma.

Tina                 Anche tu. Nella nostra famiglia... è come se faces­sero tutto le donne.

Roberta           Vuoi dire... che vogliamo decidere tutto noi?

Tina                 E’ così. lo, tua madre, tua zia... tu stessa. Donne forti.

Roberta           È una buona cosa.

Tina                 Sì. Ma è anche una grande debolezza.

Roberta           Perché?

Tina                 Dopo un po', gli altri si abituano. Si accorgono che siamo forti, e ci lasciano sole. Nessuno ci difende. Da nulla.

Roberta           Non ne abbiamo bisogno.

Tina                 Non è vero. Tutti siamo deboli. Tutti dobbiamo aggrapparci a qualcosa. Ed è

una fortuna quando ci ancoriamo a qualcosa di giusto. Per questo non pos-siamo lasciarci sviare.

Roberta           (si allontana) C'erano tanti motivi per stare un po' con te. Non so neanch'io

cosa mi ha spinto, di preciso... Volevo parlarti di Stefano; mi fa pena, come si fa trattare dalla sua...

Tina                 Donna?

Roberta           La chiami anche tu così? È come un burattino, nelle sue mani.

Tino                 A lui piace. Perché non lo lasci in pace?

Roberta           Perché gli voglio bene. Non vedi com’è inde­ciso? Ha bisogno di qualcuno che

gli stia vicino, che lo consigli.

Tino                 E vuoi bene anche a me? Per questo sei venuta?

Roberta           Volevo il tuo aiuto. Ho sempre avuto ammi­razione per te, nonna.

Tina                 E per lui no? Ti è mai venuto in mente che potreb­be averne bisogno? Forse è

questo che gli dà Federica: ammirazione.

Roberta           (stizzita) E allora perché non se la sposa e non la fa finita!?

Tina                 Perché è intelligente. Capisce che l'ammirazione non è una cosa importante,

che non dura per sempre.

Roberta           Ma sei d'accordo su come vivono?

Tina                 No. Non lo sono. Ma è difficile dire cosa è giusto e cosa non lo è.

Roberta           E allora? Non mi hai appena detto che sei sicu­ra di aver fatto la scelta giusta?

Tina                 (tace un momento, sospira) E te lo dico ancora. La scelta è per me, cara. Per

gli altri... posso soltanto spe­rare che anche loro prendano delle decisioni nei

momenti di gioia.

Scena 9 (entrano Lia e Adriano, lui dietro di lei; lui ha una borsa di plastica in mano e sembra che non sappia dove nascondersi)

Lia                   Eccoci qua. Mamma, siamo arrivati.

Tina                 Grazie, cari. Mi sembra... una festa.

Adriano            Ma cara Tina, certo che è una festa per noi venire qui. Io parlo per me.

Quando vengo qui sono sempre contento, mi sembra di stare... come dire... comodo; sì, comodo è la parola giusta.

Lia                   Sì, perché a casa sua sta sempre sulle spine.

Adriano            Ma no, non capire tutto alla rovescia!

Roberta           Papà, perché non ti siedi?

Tina                 Sì, così stai ancora più comodo! (ride, contenta della propria battuta).

Adriano            (ride anche lui, e si siede in un angolo) Sei la solita matta.

Lia                   Bene, adesso che ci siamo scambiati i complimen­ti...

Roberta           Non c'è altro da dire.

Lia                   (la guarda, per capire) Avete... parlato?

Tina                 Sì, abbiamo parlato molto. Per la verità, ho quasi sempre parlato io.. Ma ades-so (si alza di nuovo. Adriano la aiuta, premuroso, e fa qualche passo assie­me a lei. Tina sorride) Però non puoi accompagnarmi fino a destinazione.

Adriano            (la molla come se scottasse) Oh, scusa!

Tina                 (barcolla un attimo, ma si riprende subito)

Lia                   (ad Adriano) Cosa fai!? Sta' attento, no!?

Roberta           Ti accompagno io, nonna?

Tina                 (a Lia) Ma non è colpa sua! (a Roberta) No grazie, mi arrangio benissimo. (se

ne va)

Scena 10

Adriano            (a Lia) Guarda che io non volevo...

Lia                   Fa fatica a stare sulle gambe, specialmente con certi aiuti.

Roberta           Lascia perdere, mamma; è stato solo un malinte­so.

Lia                   Allora, avete parlato?

Roberta           Sì.

Adriano            Ah; si è convinta?

Roberta           No.

Lia                   Eh, lo sapevo. Testa dura.

Adriano            Tutte uguali le donne, in famiglia.

Lia                   Almeno te ne stessi zitto!

Roberta           Forse non ha torto.

Lia                   Il papà!?

Roberta           La nonna.

Lia                   Ah,volevo ben dire. (capisce) Come? Cosa dici?

Roberta           Mamma, ricordi cosa mi hai detto? “Provati a farle cambiare idea. Se ci riesci.

E se è giu­sto fargliela cambiare”.

Lia                   Sì, l'ho detto anche ad Anna. A proposito, dov'è?

Roberta           Non lo so. Non c'era quando sono arrivata.

Adriano            La nonna era sola!?

Roberta           No, c'era Stefano.

Lia                   Ed è andato via anche lui?

Roberta           Già. “Faccende da sbrigare”, ha detto. Ma poi torna.

Lia                   Insomma, a che punto siete?

Roberta           Che mi ha fatto stare zitta.

Adriano            (meravigliato) E come ha fatto?

Lia                   Ti ha convinta lei?

Roberta           Sì. Mi ha raccontato il motivo di questa sua decisione. Dice di essere molto contenta, serena.

Adriano            Infatti, sembrava allegra. Buon per lei, no?

Lia                   Sì, per lei.

Adriano            Non ti va bene neanche questo?

Lia                   Tu non capisci.

Adriano            Lo sapevo già.

Roberta           La nonna non cambierà idea, mamma. Però...

Lia                   Però?

Roberta           Credo che potrebbe rinunciare, per amore di zia Anna.

Lia                   Ah, ne sei convinta?

Adriano            “Rinunciare per amore?” Ma che discorsi fate?

Roberta           (a Lia) Capisce che le sta dando un grande dolore.

Adriano            Mi sembrate strane, tutte e due.

Lia                   (infastidita, ad Adriano, che mima la sua piccata neutralità) Ma vuoi stare zitto un momento? (a Roberta) E cosa si dovrebbe fare?

Roberta           Beh, insistere su questo tasto.

Lia                   Capisco. Però Anna non ne sarebbe contenta; non è ricattando sua madre

che vuole risolvere il problema.

Adriano            Problema... problema... State facendo una mon­tagna di un’idea che, fra

l'altro, a me non pare nean­che tanto stramba.

Lia                   (lo guarda per un momento, meravigliata) Lo sai? Neanche a me.

Roberta           E nemmeno a me.

Scena 11   (Entra Stefano; ha una giacca sgargiante e un paio di pantaloni in tinta)

Roberta           (lo vede per prima) Stefano?! Ma cosa hai fatto!?

Stefano            Niente.

Lia                   Dove hai preso quella giacca?

Adriano            Bella! Sarebbe piaciuto anche a me un po' di colore.

Lia                   Ma no, a te non sta bene. Tu sei il tipo sul classico.

Roberta           Anche Stefano, se è per questo.

Stefano            Va bene. Va bene. Adesso che tutti sappiamo qual è il nostro tipo, volete

dirmi qual è il programma della giornata?

Lia                   Stiamo un po' qui, penso.

Roberta           Ma come hai fatto per i pantaloni? Li hai trovati già pronti, su misura?

Stefano            Sono tenuti fermi dagli spillini. Ho promesso di riportarli per le riparazioni.

Adriano            Gli spillini possono pungerti.

Stefano            Meno di tante altre cose.

Adriano            Eh, si capisce.

Stefano            Mi sono vestito così per festeggiare l'ultimo esame. Chi vuole, è invitato.

Lia                   Dove?

Stefano            (esce un istante, torna con una bottiglia avvolta in carta velina) Proprio qui.

Volevo offrirne un goccio alla nonna.

Lia                   Bella idea. Così dopo canta.

Stefano            Faremo coro. Ho voglia di cantare anch'io.

Anna                (entra, ma sentendo le voci si ferma, senza farsi vedere; ha in mano un grande pacco chiuso con carta bianca e un nastro; torna fuori, per nascon-

derlo)

Roberta           Va bene. Io ci sto.

Adriano            Anch’io, ma non tanto forte, altrimenti disturbiamo i vici­ni.

Scena 12

Anna                (rientra fingendo di arrivare in quel momento) Ehi, siete tutti qui?

Adriano            Sì Anna. Ci siamo tutti. Ti dispiace?

Anna                (sorride) Al contrario. Ci fac­ciamo compagnia. Dov 'è la nonna?

Roberta           Di là, in bagno. Arriva subito, se non vede il sole sulle montagne.

Anna                Cosa?

Lia                   Anna, Roberta le ha…

Stefano            (interrompe) Allora sei invitata anche tu.

Anna                Per che festa?

Adriano            E’ stato promosso all'ultimo esame.

Lia                   Anna, Roberta non ha potuto...

Anna                (interrompe) Oh, questa è una bella notizia! Festeggio proprio volentieri!

Stefano            Grazie, zia. Te ne verserò un bicchiere doppio.

Adriano            Vuole farlo bere anche alla nonna.

Anna                Bella pensata. E la nonna lo sa?

Lia                   No, è un'idea arrivata adesso, assieme a Stefano.

Adriano            A proposito di...

Lia                   (gli fa gli occhiacci) ADRIANO! Adesso stiamo tutti zitti, così è una sorpresa!

Anna                Oggi è il giorno delle sorprese.

Scena 13

Tina                 (arriva lentamente, in tempo per sentire le ultime due battute) Che piacere

sentirvi tutti così allegri. Ah, sei tornata, Anna. Anche tu, Stefano. Ma allora ci siamo tutti!

Stefano            Infatti! E t’informo che adesso festeggeremo il mio esame...

Roberta           …e la sua giacca nuova...

Stefano            …e la mia giacca nuova, e tutto quello che c'è di bello al mondo, comprese le

sorelle impiccione...

Roberta           …che ti vogliono bene...

Stefano            .. .che mi vogliono bene e perciò bisogna stare zitti e far finta di niente, e le

nonne che mi vogliono bene..

Tina                 Hai una bella giacca, spiritosa!

Stefano            …e che non criticano i miei gusti, almeno loro, con un bel sorso di spumante!

Oh, meno male, credevo che non sarei mai riuscito a finire il discorso. Posso

stappare la bottiglia?

(tutti si guardano, sorridendo ed accennando di sì con la testa)

Anna                (dopo una pausa) No. Meglio di no.

Tina                 (guarda Anna) Pensi... che mi faccia male?

Anna                No, anzi, credo che ci metterebbe tutti di buon umore. Ma non so come la

prenderebbe don Giuseppe.

Lia                   Anna!

Anna                (dice tutta questa battuta in modo innaturale, per cercare di tenere a freno la

propria commozione e di sembrare naturale. Gli altri l’ascoltano immobili,

senza dire nulla) Naturalmente ho dovuto raccontargli una balla, dirgli che ti

sentivi poco bene. Non volevo farti fare la figura di quella che è uscita di testa

e che vuole cambiare le regole, così gli ho detto di venire, e lui ha risposto: “Va bene; vengo subito”, anche se gli ho fatto capire che non era così urgen-

te, e poteva prenderla con calma. Lui mi ha guardato scuo­tendo la testa,

come dire: “No no, io so come vanno queste cose. Meglio sbrigarsi,purtroppo”.

Insomma, sarà qui da un momento all'altro e mi dispiacerebbe se dovesse

pensare che mia madre, che sta benone, è sotto l'effetto dello spumante, e

allora fini­rebbe per non capire, e non credere, e io...

Tina                 (durante la battuta precedente si muove con lentez­za verso Anna. Quando la raggiunge le posa una mano sul braccio e la avvicina dolcemente a sé) Anna... Anna. Grazie. (la abbraccia e le carezza la testa)

FINE PRIMO ATTO

SECONDO ATTO

Scena 1 - In scena regna una certa confusione, fra il cerimonio­so e l'allegro. Non ci sono posizioni tranne quella della nonna, che deve essere seduta, abbandonata, come se meditasse. Ha gli occhi chiusi e un leggero sorriso.

Anna                (rivolta verso l'esterno, come se salutasse qualcu­no che sta uscendo)

E grazie di nuovo. E’ stato veramente premuroso. (fa ripetuti cenni affermativi con la testa, come se ascoltasse delle raccomandazioni. Poi si gira e torna nel gruppo. Ci sono tutti) È andato.

Stefano            (finge di aver trattenuto il fiato fino a quel momento) Non ne potevo più.

Lia                   Beh, adesso non esagerare.

Stefano            No, no, guarda... Se non fosse una cosa seria, direi che è stata proprio una commedia. La nonna poi... (tutti si girano a guardare lei, che però non cambia espressione né apre gli occhi) è stata impagabile.

Anna                (burbera) Poteva almeno mettersi a letto. Cosa le costava?

Adriano            Se le andava di stare in poltrona, che differenza vuoi che faccia?

Roberta           Si è vista negli occhi del povero don Giuseppe, la differenza. Lui ha fatto una

corsa da restare senza fiato per arrivare fin qui ed ha trovato la moribonda...

            in piena fioritura.

Lia                   Meglio, no? Vuol dire che si è rimessa.

Anna                Lui era perplesso, parecchio.

Adriano            A me, sembrava normale.

Roberta           Nonna, ma cosa avevi da confessare, alla tua età? Guardi i programmi porno

alla televisione?

Lia                   Ma Roberta!

Stefano            Sai che me lo sono chiesto anch'io?

Roberta           E tutta quella predica? Da far mancare il fiato.

Stefano            Adesso capisco perché si dice degli effetti del­l'olio santo: con prediche del genere o uno muore, oppure schizza dal letto e caccia via il prete.

Tina                 Povero don Giuseppe... (ha ancora gli occhi chiusi, parla con serenità; tutti

la stanno a sentire con la massima attenzione) Povero don Giuseppe. Credo

che non sia facile, in certi momenti, trovare le parole giuste.

Roberta           Dovrebbe avere una certa esperienza, ormai.

Tina                 (apre gli occhi e guarda Anna) Ti senti... bene?

Anna                Certo che sto bene, benone! Come te, come tutti noi, ringraziando il cielo!

Tina                 Meno male.

Stefano            Adesso si potrebbe aprire il mio spumante.

Anna                No, fermo, non ancora. (esce svelta e rientra con il grande pacco. Lo mette sul

tavolo, ne svolge la carta e lo apre. E’ un ricco vassoio di paste) E’ festa? E

allora che festa sia!

Adriano            Evviva!

(tutti applaudono)

Adriano            Ehi, un momento: cosa si dice in questi casi?

Stefano            Cento di questi giorni!

Anna                Ma di’, sei matto?

Roberta           Beh, non mi sembra una brutta idea. Preferiresti: «buon olio santo?»

Lia                   A me pare che adesso stiamo uscendo dai binari.

Stefano            E non ho ancora aperto Io spumante! (traffica con la bottiglia)

Adriano            Beh, anche noi avevamo pensato...

Anna                Cosa?

Lia                   Che se doveva essere una festa...

Adriano            (ha recuperato la borsa di plastica con la quale è entrato e che aveva posato

in un luogo fuori vista; ne toglie un'altra bottiglia di spumante)

Tina                 Grazie, grazie, ... un grande regalo.

Anna                Ah, no. Quello è un'altra cosa! Aspetta (prende un piccolo pacco e lo porge alla madre) Ecco qua.

Tina                 (apre, con una certa difficoltà, la carta da regalo) Un libro...

Stefano            (ha finalmente terminato la procedura con la bottiglia) Pronti? (Parte il tappo)

Evviva!

(tutti applaudono. La nonna prima si tura le orecchie con le mani, per un istante, poi sorride a tutti)

Adriano            (imbarazzato) Mamma... speriamo che non sia lo stesso (toglie dalla borsa un

altro oggetto; e' ovvia­mente un libro)

Anna                Ohhh (scoppia a ridere) Che fami­glia di matti!

Lia                   Anna, io non ti avevo detto niente, perché...

Anna                Ma non c'è problema; se è uguale lo cambieremo.

Tina                 No... li tengo tutti e due. Li leggerò entrambi. (tiene il pacchetto chiuso e l'altro

libro stretti a sé)

Lia                   Ma come, e se sono uguali?

Tina                 Non lo sono. Voi non siete uguali.

Stefano            (cercando di mettere in burla la situazione) Giusto! Metti che ci sia un perso-naggio femminile. Quando legge il tuo (a Lia) penserà che sia un tipo che ti fa fare, più o meno gentilmente, quello che vuole. Invece quando legge il tuo (ad Anna), un tipo che ti costringe a forza di brontolare. Roba completamente diversa.

Adriano            Questa l'hai detta giusta.

Roberta           Sai che non è mica sbagliata? I libri possono essere differenti, a secondo di chi te li regala.

Stefano            Grazie sorella del tuo sostegno. Allora, comin­ciamo dalla festeggiata. (fa il giro

porgendo a tutti un calice di spumante)

Tina                 Mi bagnerò solo le labbra. Alla mia età è meglio non esagerare.

Stefano            Hai paura di ubriacarti?

Tina                 Non è per quello; non vorrei aumentare il ritmo delle mie passeggiate. (accenna con la testa verso il bagno; tutti ridono e gridano «Evviva», bevendo un sorso dai bicchieri)

Stefano            (si avvicina alla nonna) Beh, nonnetta cara, spero che tu sia contenta, così...

Tina                 Devi andare?

Stefano            Se non ti dispiace. Sai, sono venuto qui direttamente dal negozio, e ci tenevo

a...

Tina                 A farti vedere dalla tua fidanzata. Hai ragione caro. Ti ringrazio di tutto. Sei stato veramente affettuoso. Va' va'...

Anna                Non assaggi neanche una pasta?

Tina                 Roberta, ti dispiacerebbe accom­pagnarmi un momento? Avrei bisogno di

aiuto.

Roberta           Ma certo nonna. (si avvicina e la aiuta ad alzarsi)

Stefano            (si avvicina e abbraccia la nonna) Le paste le mangio un'altra volta. Per adesso, grazie a te. Di tutto, veramente. Tomo presto.

Tina                 (ricambia e si avvia) Ti aspetto. Ti aspetto... (ripe­te uscendo, accompagnata da Roberta)

Scena 2

Stefano            Beh, io vado.

Anna                Salutamela.

Adriano            Anche da parte mia.

Lia                   Perché non ti cambi...

Adriano            (la interrompe) Lia! Vuoi piantarla?!

Lia                   (dopo una pausa di sorpresa) Sì, scusa. Saluti anche da noi.

Stefano            Grazie. (sospira) Un giomo o l'altro capirò per­ché continuo a restare attaccato

ad una famiglia che trova da criticare ogni mia mossa e che cerca di guidarmi

come se avessi ancora sette anni.

Anna                Perché siamo una famiglia unita! (ride). Perché sei pigro. Perché hai paura che fuori faccia freddo, e di scordarti l'indirizzo di casa; perché non sei ancora convin­to che uno più uno faccia due!

Stefano            Dici che è un problema di matematica?

Adriano            Sì, di conti che non tornano.

Lia                   Ma non ti preoccupare. Le nostre... le mie sono rea­zioni istintive. Dovrei impa-

rare a controllarmi...

Adriano            Più che d'accordo.

Lia                   .. e capire che l'affetto si può soltanto moltiplicare, mai dividere.

Stefano            Adesso mi preoccupo io. Mai sentito pen­sieri così profondi.

Anna                E’ il momento. Forse lo spumante aiuta. Non mangiamo le paste? A me il vino

dà subito alla testa se non lo accompagno con qualcosa di solido.

Stefano            Sentite, sapete cosa faccio? Se nessuno si offen­de ne prendo un paio e me

le porto via; così la festa continua per un po' anche nell'altra succursale di

questa famiglia.

Anna                Unita. Prendi, prendi; ne ho comperate fin troppe (corre a prendere un vasso-

io, vi trasferisce delle paste e le incarta con cura); alla salute della nonna. E dell'esame, naturalmente.

Adriano            Prendi anche la bottiglia chiusa: deve essere una festa completa.

Stefano            Ma no... e voi?

Adriano            Non abbiamo bevuto nemmeno metà di quella che hai aperto tu, e i bicchieri sono ancora pieni. Portatela via, e dille che te l'ha data tua madre.

Lia                   (si avvicina al figlio) Senti, dille anche della giacca. Che i suoi gusti mi piaccio-no. E’ vero: ti fa più gio­vane.

Anna                Oh, era ora.

Stefano            Va bene... va bene. Arrivederci. Ci vediamo domani, o dopo. Mi prendo tre

giorni di vacanza e poi sotto, per l'ultimo giro di pista! (esce)

Scena 3

Lia                   Chissà cosa si raccontano quelle due, di là?

Anna                Sei gelosa?

Lia                   No; mi fa piacere che vadano tanto d'accordo. Avevamo promesso ad Angela

e suo marito che saremmo andati assieme a vedere dei mobili.

Adriano            Tu, l’avevi promesso.

Lia                   Ma dai, che eri d'accordo anche tu. Poi… è successa questa faccenda. Ma adesso che tutto si è risolto bene, penso che siamo ancora in tempo. Magari torniamo più tardi...

Adriano            Ma se le avevi detto che avremmo cenato sul lago!

Lia                   Sì, ma possiamo evitarlo. Le rac­contiamo...

Anna                (scoppia a ridere) Che hanno dato l'olio santo a tua madre? No, no, gente.

Andate, andate. Se trovate un bel posto sul lago, sappiatemi dire. Così poi ci

andremo anche noi.

Adriano            Magari insieme.

Anna                Ah! Prendete un po' di paste: credo di essermi fatta prendere dall'entusiasmo

e ne ho comprate veramente troppe.

Lia                   Ma no…

Anna                E cosa vuoi che ne facciamo, qui? Che mangiamo dolci per tutta la settima-na!? Su da brava, altrimenti diventano acide. Le mangiate domani a colazione.

Adriano            Prendi quelle alla frutta... Io preferisco quelle non troppo dolci. Ho già il

sangue zuccherato.

Lia                   (prende un piatto) Beh, qualcuna, va bene. Ecco, così, Anna?

Anna                Ancora, ancora. Siamo in due... tre se si ferma Roberta. Lasciane solo un

assaggio.

Lia                   (ad Adriano) Andiamo di là a salutarla?

Adriano            Sicuro.

Anna                No, no. Lasciate stare. Stanno parlando fra loro. Glielo dirò io. In fondo ci

vediamo ogni momento.

Lia                   Hai ragione.

Adriano            Sì, meglio non disturbare. Magari la mamma riposa. Grazie, Anna.

Anna                Di niente. Divertitevi (i tre si abbracciano; i due escono)

Scena 4 - (Anna torna al tavolo e guarda con aria perplessa dalla parte dov’è sparita la

madre con Roberta. Riordina il vassoio e prende una pasta. La mangia)

Roberta           (entra di fretta; ha la faccia contratta) La nonna non sta bene.

Anna                Cosa!? (fa per avviarsi ma Roberta la ferma)

Roberta           No, aspetta. E’ un’idea mia. E’ palli­da. Mi ha chiesto di lasciarla sola per qualche minuto, anche tu.

Anna                Ma sei matta? Se non sta bene, dovremo pur fare qualcosa.

Roberta           Cinque minuti...

Anna                Ma cosa ti ha detto?

Roberta           “Lasciatemi stare cinque minuti da sola. Dillo anche ad Anna. Ho bisogno di

un momento per me. Poi vieni a prendermi”.

Anna                Ha detto così? (pausa) Cos’ha in mente di fare?

Roberta           Non lo so. Non mi è sembrato bello chieder­glielo.

Anna                Ma non si rende conto quella vecchia pazza che mi sta facendo star male?

Roberta           Non credo che ci sia motivo.

Anna                (si siede, cercando di controllarsi) Va bene. L'ho sempre rispettata. Avete

parlato?

Roberta           Mmm .....

Anna                Non vuoi dirmi niente?

Roberta           Sono confusa. Le parole che ho sentito si mescolano con quelle che ho pen-

sato. Anna, perché noi donne siamo così aggressive?

Anna                Senti, non è il momento. (si alza)

Roberta           Va bene, va bene. Vado di là. (esce)

Anna                Vengo anch'io.

Roberta           (girandosi di colpo) No! No... lascia che vada da sola.

Anna                (perplessa) D'accordo. (Roberta esce; Anna torna a mettere ordine, ma si

capisce che e' nervosissima)

Scena 5

Roberta           (rientra lentamente, conducendo la nonna che cammina con grande fatica, con gli occhi quasi chiusi)

Anna                (muta per la tensione fa per andare loro incontro ma Roberta le fa un cenno intenso, un «no» con la testa)

Roberta           (accompagna la nonna alla poltrona; l'anzia­na si siede molto lentamente e

appoggia la testa all'in­dietro; tiene gli occhi chiusi)

Anna                (cerca di mantenere ferma la voce) Mamma... stai bene?

Roberta           (guarda la nonna, che non risponde e poi inter­viene) Sì, sì. Sta bene. E’

soltanto stanca.

Per qualche battuta il dialogo fra le due donne più giovani si svolge in modo falso, come se con sforzo fingessero di fare una conversazione normale e fossero tranquille, ma si lanciano continuamente sguardi che smentiscono il loro parlare ed evidenziano la reciproca indecisio-ne e impotenza)

Anna                Beh, questo posso capirlo. Con tutte le novità che ci sono state in una sola

giornata.

Roberta           Mi sento affaticata io, alla mia età.

Anna                Ah, le emozioni stancano più del lavoro in miniera e non hanno riguardo per

l'età.

Roberta           Hai proprio ragione. Dopo ogni esame, all’università, mi sentivo svuotata

come un sacchetto di plastica.

Anna                Anche tu? Ma non è Stefano quello che soffre gli esami?

Roberta           Lui lo dimostra. Io tengo tutto dentro. Ma sono cose che si pagano. Per fortu-na che è finita.

Anna                (con tristezza) Non crederci... non finisce mai. (cambia tono) Mamma... ti

faccio una tisana?

Tina                 (tace, immobile; sembra che non respiri)

Roberta           Nonna, vero che stai bene?

Anna                Ma piantiamola con questa commedia! Se sta male dobbiamo chiamare un

medico! (si dirige verso il telefono)

Tina                 (con grande fatica, ma facendosi sentire) No.

Roberta           Nonna!

Anna                (si ferma) Come?

Tina                 (tira lentamente un grande sospiro, poi, di nuovo) No.

Anna                Ma perché, santo Iddio?

Roberta           Faccio un salto a chiamarlo.

Anna                SI, meglio. Spesso attacca la segreteria per­ché non vuole essere disturbato.

Ma per la mamma non rifiuterà di venire.

Tina                 (come sopra, mentre le due stanno immobili, tesis­sime, ad ascoltarla) No.

Anna                Senti, devi essere ragionevole anche tu.

Tina                 Non...c'è... bisogno.

Anna                (con la testa e con la mimica fa cenno a Roberta di andare)

Roberta           Io ho bisogno di fare due passi.

Tina                 As...pet... ta.

Roberta           Sì?

Anna                (allarga le braccia, impotente; alla madre) Vuoi le gocce?

Tina                 (scuote lentamente la testa) Sie. . di... ti. (sempre ad occhi chiusi, a Roberta)

Anche… tu.

Anna e Roberta           (eseguono)

Tina                 State... vicine.

Roberta           (avvicina la sedia ad Anna)

Tina                 (sembra riprendere un po' di forza) No... non la sedia... state vicine, voi due...

Tu, Roberta... a tua zia.

Roberta           Ma certo nonna.

Tina                 C'è...un libro.

Roberta           Dove?

Tina                 Vicino... al mio... letto.

Roberta           Ti serve?

Tina                 (annuisce con la testa)

Roberta           Lo prendo subito. (esce di corsa)

Scena 6

Anna                Vuoi una coperta?

Tina                 (fa segno di no)

Anna                Ma perché non vuoi che faccia niente?

Tina                 Hai... già fatto… ogni cosa.

Anna                Ma andiamo! Adesso ti vuoi impuntare.

Tina                 (alza lentamente una mano; ha sempre gli occhi chiusi)

Anna                (tace, impressionata)

Tina                 E’ difficile... prepararsi...  Adesso sono... pronta.

Anna                Mamma! Cosa dici?

Tina                 Non pensare... male. Sono... momenti. Solo.. momenti.

Anna                A me non pare.

Scena 7

Roberta           (rientra quasi di corsa) E’ questo? Sono poesie.

Anna                (prende il libro) “Antologia di Spoon River.” Ma sono tutte quelle poesie...

Roberta           (riprende il volume, con energia più che dolcez­za) Poesie di morti. Perché ci

fai questo, nonna?

Tina                 ... no. Sono poesie... di vivi. Ho lasciato... dei segni.

Roberta           Ci sono delle pagine piegate. (sfoglia le pagine, legge qualcosa mormorando,

ma senza che si senta nulla) Sono... belle. Bellissime.

Anna                Le conosco anch'io. Mi sono sempre piaciute.

Roberta           Sono... diciture di lapidi. (sguardo rapido alla nonna)

Tina                 Le... lapidi... sono la memoria... le parole... di chi ci vuole bene.

Anna                Mi sembra che stai riprendendoti.

Tina                 (è vero, sta un po' meglio) Sì... sì.

Roberta           Meno male. Ma perché volevi questo libro?

Tina                 Perché è bello. Ogni pagina contiene una piccola... storia.

Roberta           Storie di morti.

Tina                 No, no... è gente viva. La maggior parte... amava vivere.

Anna                (si alza, visibilmente al limite della sopportazione) Sentitemi bene, voi due.

E specialmente tu, vecchia signora. E’ tutto il giorno che stiamo scherzando

con la morte. Ho dovuto sopportare un'angoscia che non ti posso nemmeno

descrivere, e tu... e tu... e anche tutti gli altri sono stati al gioco, come se si

potesse scherzare con quella maledetta. Ma cosa credi, che io sia fatta di

sasso!? Sono anni che mi addormento pensando che potrebbe essere l'ultima

notte, e mi sveglio, e cammino in giro per la casa come un fantasma. Una

volta, quest’esta­te, mi sono messa a fumare alla finestra e ho chiacchie­rato

con un guardiano notturno; mi guardava come se fossi matta. «Beata lei» ha

detto «Che non dorme quando potrebbe farlo». Ero lì, come una stupida, a

cercare una stella che mi desse la forza di affrontare con serenità questo

pensiero.

Tina                 Della... tua morte?

Anna                Della tua, maledizione!

Roberta           Ci penso anch'io, delle volte. E sto male.

Anna                Ma stai zitta! Non sai nemmeno che cosa vuoI dire. (pausa; si calma) Quando morì mio padre, io ero giovane, è stato un gran dolore. Ma c'era lei, lei, capisci, che ne ha sopportato il carico più grave!  Ed io non mi sentivo abban-do­nata. I giovani non conoscono la morte, ed è giusto così. Sono gli anni che fanno scuola, giorno dopo giorno. E senza accorgerti ti attacchi sempre di più a quelli che per te sono i simboli della vita, e il pensiero di perderli ti scava un buco dentro che cerchi di riempire con il fumo delle sigarette, perché il mal di stomaco abbia una causa che puoi conoscere. Che vuoi illuderti di conoscere. Sai cos'è il brutto della morte, Roberta? Non è quello che lasci, di quello te ne

freghi. Puoi accettare la tua, puoi anche rassegnarti, persino rasserenarti:

quello che non accetti, maledizio­ne, è di «essere» lasciata.

Roberta           (pausa) Io… credo di capire.

Anna                A parole. A parole, mi capisci. E questo stupido gioco... l'estrema unzione, la

festa, tutti felici.... Poi lei esce dalla camera come un cadavere e non vuole il

medico, e io devo sopportare tutto, capire tutto, comprimere tutto dentro il mio maledetto stomaco che è già gonfio di fumo! A volte vorrei che scop­piasse, e mi liberasse, via, via tutto il fumo, via tutti i pensieri… allora potrei correre come una bambina, potrei credere che si può essere sereni... (è esausta)

Tina                 Anna, accenditi una sigaretta.

Anna                No!

Tina                 Apri la finestra.

Anna                No!

Tina                 (a Roberta) Vai a fare quattro passi... va' a casa. Io devo parlare con Anna.

Roberta           Ma non è meglio che rimanga qui? Se vi serve qualcosa?

Tina                 Ti chiameremo.

Roberta           Va... va bene. (si alza ed esce, senza salutare o abbracciare alcuno)

Scena 8

Anna                (ha continuato a camminare nervosissima)

Tina                 Adesso ascoltami... perché non ho più tanta forza... e dovrò fermarmi. Fuma,

cammina, fa quello che vuoi ma ascoltami.

Anna                (stringe rabbiosamente le spalle)

Tina                 Sono tanti anni che penso a quello che hai detto tu poco fa... Hai ragione...

Ma non del tutto. Lo sappiamo da tanto tempo... Lo abbiamo sempre saputo

che ci sarebbe stato il momento... (sospira) Il pensiero che mi ha tormentato,

sempre, sei tu. Tu sai che io prego. Mi hai sempre... presa in giro... affettuo-

samente... non mi è mai dispiaciuto... mi prendevi in giro perché ti dicevo che

io non pregavo… ma scambiavo due parole con Dio…. Gli racconto... di me... di te... di tutta la famiglia... qualche volta dei vicini... perfino del gatto, a volte... Credo che... credo che lui ascolti tutto... (sospira) Ha pazienza, lui... E spero che mi ascolti... che mi faccia il regalo... che gli ho chiesto per te...

Anna                Regalo?!

Tina                 Gli ho chiesto... di morire lontana da te... per darti il tempo di abituarti.

Anna                Cosa!?

Tina                 Perché tu possa capire che le parole continuano... come in quel libro…

Continuano.... Sai, prima, quan­do ero in camera... ho preso un foglio...

lo tro­verai, è sul tavolino... e ci ho scritto quello che mi pia­cerebbe dire... dal

mio luogo di riposo.

Anna                Ti sei prenotata anche la lapide, oltre all'olio santo?

Tina                 (ridacchiando sommessamente) Sei di nuovo acida... vuol dire che ti sta

passando... meno male, perché devo chiederti perdono... e non sapevo se

avrei trovato il coraggio.

Anna                Perdono?

Tina                 Per quello che è accaduto un momento fa... quando... quando non avevo la

forza... di aprire gli occhi. Ti chiedo perdono; è stata colpa mia. Mi sono

lasciata tentare... Non dovevo ma era tanto tempo... era la festa, sì... ma la

gola... Ho mangiato un bigné alla crema: sono stata malissimo.

Anna                Ma erano marci?! Li ho presi dove mi servo sem­pre! E’ un brav'uomo, il

pasticcere…

Tina                 (l’interrompe con un gesto della mano) No.. no... era buonissimo. Sono io che

non posso più mangiare quelle cose... e pensare che mi piacevano tanto.

Anna                E rischiavi di morire per questo?

Tina                 (sorride) No... quello lo rischio ogni momento... stavo soltanto male... ma

pensavo che mi sarebbe pas­sato... per questo non volevo il medico... mi

vergo­gnavo...

Anna                (sospira) Figlia di una stella cadente! E pensare che a momenti mi facevi

venire il coccolone!

Tina                 Ti ho già chiesto scusa.

Anna                Già. (fa per prendere una sigaretta, la guarda pen­sierosa, poi la rimette nel

pacchetto) E adesso? Stai meglio?

Tina                 Sono stanca... tanto.

Anna                E’ l’effetto della cattiva digestione.

Tina                 …Anna… vorrei... vorrei andare qualche giorno da Lia.

Anna                (sbarra gli occhi; riprende la sigaretta, la guarda cupa, poi, improvvisamente,

diventa allegra) No, no e poi no, cara signora! No, quel regalo non lo voglio. E

la signo­ra Lia farà bene a non farsi sentire nemmeno lei, per un po' di tempo.

Tina                 Ma è tua sorella...

Anna                Lo so da almeno cinquant'anni, ma non cambia niente. Dovrai portare pazien-

za: ho diritto di sfogarmi anch'io, ogni tanto.

Tina                 Davanti a Roberta?

Anna                E allora? Deve imparare anche lei che nes­suno di noi è una roccia; sabbia

siamo, soltan­to sabbia... che il vento porta qua e là.

Tina                 (alza la mano, come a farle una carezza da lontano) La mia Anna... la mia

cara Anna. Va bene, obbedisco. Però... adesso, mi accompagneresti a

letto? Sono davvero stanca. E’ stata una giomata lunga...

Anna                E piena di bignè alla crema

Tina                 (ridacchia e fa segno di sì con la testa, mentre Anna la aiuta ad alzarsi e si

avviano alla camera)

Anna                E dimmi una cosa: mi farai leggere la tua lapide?

Tina                 (un po' timida) Se prometti di non prendermi in giro...

Anna                (mentre escono) Va bene, faremo così: aspetterò che tu dorma, e verrò a

prenderla. Poi la rimetterò al suo posto, come se non l'avessi mai vista... (la

madre con­tinua ad assentire; escono. Buio).

Scena 9

Anna                (all'aumentare della luce è seduta al suo tavolo e sta guardando una rivista.

Non fuma, anche se il pac­chetto è ben visibile. La televisione a bassissimo

volume. Squilla il telefono a basso volume, evi­dentemente regolato per non

disturbare chi riposa; Anna fa per alzarsi, poi scrolla le spal­le e si risiede.

Ancora due squilli e poi il caratteristico rumore della segreteria telefonica che s’inserisce. La voce di Anna dice “Questo è il numero 239564; se volete lasciate un messaggio»)

Lia                   (s’illumina una piccola zona della scena, che potrebbe essere una cabina

telefonica oppure un ango­lo della casa di Lia; e si vede la sorella che ha in

mano il telefono, un po' nervosa) Ah... siete già a dor­mire... si capisce... Beh...

volevo dirti… oh Signore, mi sento a disagio a parlare con mia sorella!

Anna                (alza la testa, incuriosita, ma non va a rispondere)

Lia                   Insomma, eravamo fuori a cena con Angela e Marco, lo sai. Il cibo non era

cattivo, ma avevo l'impressione di mettere in bocca segatura. Ho lasciato

tutti i piatti mezzi pieni. Adriano mi ha detto “Ma cos’hai? Per mangiare a quel

modo era meglio starsene a casa”. Non ha mica torto, poveretto. Ma ero

sempre lì col pensiero a una cosa che mi ha chiesto la mamma… Non so se

te ne ha parlato...

Anna                (fa un deciso cenno di no con il dito indice verso la segreteria, senza parlare)

Lia                   Io le ho risposto che naturalmente ero contenta ma....Ma poi ce ne siamo

andati. Mi sono sentita vigliacca.

Anna                (fa cenno di sì con la testa ma poi scuote il capo, in fondo capisce anche lei)

Lia                   Così ad un certo punto non ne ho potuto più, e ho telefonato a casa. Roberta

mi ha raccontato del tuo sfogo e mi sono sentita ancora peggio.

Anna                («bene, bene», commenta con la mimica. Prende  un mazzo di carte e fa un

solitario)

Lia                   Prima ho pensato di telefonarti, poi di venire lì. Alla fine ho deciso che era

meglio telefonare. Sai Anna, quasi quasi mi fa piacere che tu stia riposando,

così sentirai la mia telefonata domani, e sarai più tran­quilla. Oggi è stata una

giomata...

Anna                (mima «pesante» con le mani)

Lia                   Pesante... Ecco, bella... ma pesante. Senti, perché domani non venite, tu e la

mamma?Vi fermate a pranzo, e poi se la mamma vuole può stare qualche

giorno con me; lo sai che Adriano l’adora, e anche i ragazzi. (rapidamente, prima che le manchi la forza di convinzione) Saremmo tutti contentie tu puoi venire ogni momento, o fermarti, se vuoi...

Anna                (fa un gesto con il braccio che significa «neanche per sogno, cara sorella»

poi prende una sigaretta e se la accende, soddisfatta)

Lia                   Se vuoi, si capisce; così stai un po' tranquilla anche tu. Insomma, io te l'ho

detto; adesso vedi tu. So quanto siete cocciute tu e la mamma... lei mi sem-

brava propensa ma tu sei fatta a modo tuo, e non voglio farti inquietare... Ciao… ciao. (l'immagine scompare nel buio).

Anna                (prosegue per un po' nel suo solitario e tende l'o­recchio, finché le sembra di

Percepire, solo a lei ovviamente, il leggero russare della madre; quindi esce

in punta di piedi. Resta fuori qualche secondo, poi rientra con un foglietto in

mano; sempre in punta di piedi si siede al tavolo e comincia a leggere)

E’ stato un lungo viaggio,

amici miei;

tanto lungo

da sembrare infinito.

Ho visto tutto quello che si deve vedere nella vita.

E vi ringrazio, amici,

per il regalo che mi avete fatto.

Quando passerete accanto a questi fiori,

a questa pietra che racconta di me,

vi prego,

ditemi di voi.

Le parole voleranno nell'aria fino a trovare la mia anima,

che ascolta.

(Anna guarda in alto, poi sul tavolo. C'è ancora il vassoio con quello che è rimasto delle paste. Allunga la mano, prende un bignè alla crema, lo porta alla bocca, poi scuote la testa e lo posa. Buio).

FINE

Nota dell’autore :

“sarebbe bello che pagaste i diritti d’autore, come previsto dalla legge; sono modesti e me ne arriva circa il 65%, fra tasse e trattenute. Ma se proprio non volete, almeno mandatemi un manifesto con le vostre firme ed un pensiero. Lo conserverò con piacere come ricordo. Grazie in anticipo, Leonardo”