Biondo platano, quasi un giallo

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BIONDO PLATANO

BIONDO PLATANO
QUASI UN GIALLO

di Corrado Villarotti

PERSONAGGI

NORMAN

BATES

LINDA

IRINA

FELIX

DORA

CONTESSA MATILDA

MURRAY

La scena si svolge nel salone di una vecchia villa.

A sinistra una porta che conduce alla cucina, sul fondo a sinistra una seconda porta che conduce in alcune camere da letto, a destra quelle di ingresso e più in là una che conduce in altre camere.

Due candelabri alle pareti di fondo. Quadri. Sulla parete di fondo un armadio che permetta ad una persona di entrarvi dentro anche da dietro. Ovviamente l’ingresso posteriore sarà invisibile al pubblico.

Da qualche parte una grossa anfora.

La camera è cupamente arredata.

Primo tempo:

PRIMA PARTE: Una sera, verso le ore 18.

SECONDA PARTE: La stessa sera, un’ora dopo.

Secondo tempo:

PRIMA PARTE: La stessa sera, a notte fonda.

SECONDA PARTE: Il mattino successivo, all’alba.

PRIMO TEMPO

PRIMA PARTE

SCENA PRIMA

Bates

Dodici rintocchi di un pendolo. Entra Bates travestito da maggiordomo da sinistra. In mano un candelabro con delle candele. È tutto buio.

BATES: (Voce tetra) Dodici rintocchi. È l’ora. (Risata demoniaca poi con voce normale) Già, è proprio l’ora che chiami un orologiaio. Sono le sei e lui segna mezzanotte.

SCENA SECONDA

Norman, Linda e Bates.

Parte la musica, “Koyaanisqatsi” di Philip Glass. Bates posa il candelabro sul tavolino per pulire qualcosa.

BATES: Che effetto straordinario la luce delle candele. Io lo adoro. (Si sposta, inciampa, accende la luce). Ahia. Accidenti. Candele di merda. Si vede niente. Che bella invenzione l’elettricità. (Quando sentirà le voci da fuori spegnerà di nuovo la luce e riprenderà il candelabro poi andrà verso la porta d’ingresso).

NORMAN: (Da fuori) C’è nessuno?

LINDA: (Da fuori) Aspetta che arrivi qualcuno, non è casa tua questa.

NORMAN: (Da fuori) Ma sembra disabitata.

LINDA: (Da fuori) Non entrare. (Entrano. Norman accende la luce).

BATES: Buonasera, signori.

NORMAN: Buonasera.

LINDA: Buonasera.

BATES: Perché avete acceso la luce?

NORMAN: Perché era buio.

BATES: Mi sembra un buon motivo. (Spegne il candelabro).

NORMAN: Se vuole la spengo di nuovo.

BATES: Perché?

NORMAN: Per ripristinare il buio.

BATES: Il buio?

NORMAN: Certo. (Spegne la luce).

BATES: (La riaccende). Buonasera.

NORMAN: Buonasera.

LINDA: Buonasera.

NORMAN: Perché ha acceso la luce?

BATES: Perché era buio.

NORMAN: Mi sembra un buon motivo.

BATES: Se vuole la spengo di nuovo.

NORMAN: Perché?

BATES: Per ripristinare il buio.

LINDA: Avete intenzione di andare avanti ancora per molto? Se non riuscite a mettervi d’accordo su chi deve accendere la luce lo posso fare io.

BATES: Va bene. (Spegne la luce. Linda la riaccende).

LINDA: Contenti adesso?

NORMAN E BATES: Perché hai acceso la luce?

LINDA: Perché era buio.

NORMAN E BATES: Ci sembra un buon motivo.

LINDA: Se volete la spengo di nuovo.

NORMAN E BATES: Perché?

LINDA: Basta!

NORMAN: Già. Stavamo cercando una festa, ma credo che ci siamo sbagliati.

LINDA: Sì, era una festa in maschera. Sa, una di quelle feste in cui gli invitati si travestono chi da Pierrot, chi da Zorro, da principessa, fata turchina, clown, suora sexi, prete, moschettiere, banda bassotti, ma solo se si è in gruppo, altrimenti da bassotto, inteso come cane…

NORMAN: Credo tu abbia reso l’idea, amore.

LINDA: I più audaci anche da Adamo ed Eva o da Tarzan…

NORMAN: Va bene. Non continuare. Eppure, ecco qua l’invito, l’indirizzo è proprio questo. Sarà un errore di stampa.

BATES: (Lo prende) È il suo biglietto da visita?

NORMAN: No, è un invito per una festa.

BATES: Lo posso tenere? Io colleziono biglietti da visita.

NORMAN: Non è un biglietto da visita.

BATES: Lo aggiungerò alla mia collezione.

NORMAN: Ma questo…

LINDA: Lascia stare, Norman. Non ha importanza.

NORMAN: Ne ha eccome.

LINDA: Norman, ti prego.

NORMAN: Mi chiamo Norman, e lei è Linda, la mia compagna.

BATES: La sua camera è pronta.

NORMAN: Credo ci sia un errore.

BATES: La aspettavamo con ansia, ispettore Berring.

NORMAN: Scusi se la contraddico, ma io mi chiamo Norman e non sono un ispettore. Stavo cercando una festa alla quale sono stato invitato.

BATES: Ispettore, l’abbiamo chiamata per un problema della massima urgenza.

NORMAN: Non credo proprio di potervi essere utile. Io mi chiamo Norman, forse gliel’ho già detto, e lei è Linda, la mia fidanzata. Ecco il mio biglietto da visita.

BATES: Cos’è, l’invito per una festa? Io colleziono inviti per feste.

LINDA: Non continuare, Norman. Va bene così.

BATES: Vedo che è venuto con la sua assistente, ispettore.

NORMAN: Ecco, forse non mi sono spiegato bene…

LINDA: Sì, infatti. Non si muove mai senza di me.

NORMAN: Linda, ma cosa dici?

LINDA: Ma non vedi che è completamente imbecille?

NORMAN: Lei è il maggiordomo?

BATES: Certo. Il mio nome è Invergordonstrandbrastcostlerson.

NORMAN: Invergordonstrandbrastcostlerson?

BATES: Sì, mio padre era islandese.

LINDA: Islandese?

BATES: Se vi sembra troppo complicato potete chiamarmi Ugo. Mia madre era italiana.

NORMAN: Ugo? Che nome strano. No, meglio Invergordonstrandbrastcostlerson.

LINDA: Ma Norman, che cosa dici?

NORMAN: Non ti preoccupare, amore.

LINDA: Mi si attorciglia la lingua anche solo a sentirlo un nome così.

BATES: Vi accompagno nella vostra camera. (Si avvia).

NORMAN: Ma Ugo è il suo vero nome?

BATES: (Si blocca). Lei è davvero un grande investigatore. Come ha fatto a capirlo? No, non è il mio vero nome. Io il mio vero nome non lo conosco. Quello che porto me lo mise mia madre il giorno che nacqui.

NORMAN: Mi sembrava.

BATES: Chiamerò qualcuno perché prenda i vostri bagagli.

LINDA: Non abbiamo bagagli. Stavamo semplicemente andando a una festa. In maschera. Sa, una di quelle feste…

NORMAN: Anzi, se non le dispiace ce ne andiamo.

LINDA: E la festa in maschera?

BATES: È qui la festa.

LINDA: Qui? Ma non c’è nessuno, non ci sono festoni attaccati ai muri, niente da mangiare o da bere, non c’è Zorro, la principessa sul pisello, Robin Hood, e nemmeno Adamo ed Eva.

BATES: La festa deve ancora iniziare. Prego, da questa parte c’è la vostra camera.

LINDA: Ma Norman, dormiamo qua?

NORMAN: Tanto sarebbe tardi per tornare a casa.

BATES: È l’ultima sulla destra.

NORMAN: Vai avanti tu, amore, io ti raggiungo subito.

BATES: Parcheggerò anche la vostra macchina.

LINDA: È già parcheggiata bene.

BATES: Non me ne frega niente. La sposterò e poi la parcheggerò bene. Siamo molto ospitali qua.

LINDA: Norman, ma dove siamo finiti?

NORMAN: Stai tranquilla, amore.

LINDA: Come stai tranquilla? Quello è completamente pazzo.

NORMAN: Lo so. Vai.

LINDA: E poi questa casa è così inquietante. Mi fa paura. E dove sono gli altri invitati?

BATES: Sono tutti nei loro loculi.

LINDA: Hai sentito, Norman? Hai sentito cosa ha detto?

NORMAN: Ha detto locali, Linda. Sono tutti nei loro locali. Inteso come stanze.

LINDA: Ha detto loculi.

NORMAN: Ha capito male, non è vero? Ha detto locali?

BATES: Ho detto loculi, signore.

LINDA: Ecco, hai sentito?

NORMAN: Vai in camera, amore. L’ultima a sinistra.

BATES: A destra.

NORMAN: Sì, l’ultima a destra.

LINDA: Io ho paura, non mi sento sicura qui.

NORMAN: Vai in camera, sistemo tutto io.

LINDA: Non vado senza di te.

NORMAN: Per favore. Magari così cominci a pensare a come mascherarti per la festa di questa sera. Anzi, fai così, ti mascheri e appena l’hai fatto corri qui a farti vedere da noi.

LINDA: Va bene, vado. Ma tu non muoverti di qui allora, io faccio più in fretta che posso. (Esce dal fondo a sinistra).

NORMAN: E levati quella parrucca, imbecille.

BATES: Come hai fatto a riconoscermi?

NORMAN: C’era la tua macchina parcheggiata nel vialetto di ingresso. E adesso mi vuoi spiegare qualcosa?

BATES: Sei tu che devi spiegare qualcosa a me.

NORMAN: Che cosa?

BATES: Perché ti sei portato dietro quella?

NORMAN: Primo perché è la mia ragazza, secondo perché mi hai invitato a una festa e mi sembrava normale venirci con lei.

BATES: Non è esattamente una festa. Come hai fatto a non capirlo?

NORMAN: Come potevo visto che ho ricevuto un invito in piena regola?

BATES: Da quanto non ne ricevevi?

NORMAN: Una quindicina d’anni, credo.

BATES: Appunto.

NORMAN: E sentiamo, perché mi avresti invitato?

BATES: Norman. Mi sposo.

NORMAN: (Scoppia a ridere) Ti sposi?

BATES: Cosa c’è da ridere?

NORMAN: No, scusa, è solo che… (Ride) E chi è la fortunata?

BATES: Te la ricordi Dora?

NORMAN: Come potrei dimenticarla. Al liceo era molto popolare.

BATES: Però aveva un grosso difetto.

NORMAN: Già, quella voglia di fragola sul gluteo destro, era molto antiestetica.

BATES: Come fai a saperlo?

NORMAN: Non ti preoccupare, con i miei occhi non l’ho mai vista. Ma al liceo l’hanno vista in tanti.

BATES: Comunque ci sposiamo. E presto avremo anche un figlio.

NORMAN: Congratulazioni. E sai già chi è il padre?

BATES: Non fai ridere. Anche perché se lo sapessi gli avrei già spaccato la faccia.

NORMAN: Ti sposi, non ci posso credere. E dov’è adesso Dora?

BATES: Sta venendo qua. Con suo marito.

NORMAN: Ma non sarai tu suo marito?

BATES: È chiaro. Che domande fai?

NORMAN: Scusa, che stupido.

BATES: E quando sarà qua io e te lo uccideremo.

NORMAN: Chi?

BATES: Il marito.

NORMAN: Di Dora?

BATES: E certo. E di chi altrimenti?

NORMAN: Non sarebbe meglio un divorzio?

BATES: Come faccio a divorziare se non sono ancora nemmeno sposato.

NORMAN: Non tu. Lei.

BATES: Il fatto è che lei non vuole divorziare.

NORMAN: Perché non vuole divorziare?

BATES: Perché con suo marito è felice.

NORMAN: Va bene. Rinuncio a capire. (Entra Linda, vestita da cameriera, con una lunga parrucca bionda. I due non la vedono. Lei rimane per un po’ a sentire. Fa per parlare, felice per avere trovato un costume ma il prosieguo della battuta di Norman la zittisce) E lo uccidiamo io e te?

BATES: Sì. Stammi a sentire: questa villa appartiene a una mia zia, la contessa Matilda, e lei possiede una immensa fortuna. Io sono il suo unico erede. Se mi aiuti la sua immensa fortuna la dividerò a metà con te.

NORMAN: Ah sì, e come facciamo per ereditare, uccidiamo anche tua zia?

BATES: Una volta che siamo lì, ucciderne uno o ucciderne due che differenza fa?

NORMAN: E magari ne uccidiamo anche un terzo.

BATES: Mia cugina Irina. Altrimenti dobbiamo dividere in tre. Oltre a noi due nessuno lo verrà mai a sapere.

NORMAN: E Linda cosa direbbe?

BATES: Uccidiamo anche lei.

NORMAN: Ma è la mia fidanzata. (Linda si nasconde nell’armadio. Norman e Bates parlando aprono tutte le porte per controllare che non ci sia nessuno).

BATES: Appunto. Vuoi mettere i fastidi che avresti il giorno che la volessi scaricare? In questo modo non avrai neanche la preoccupazione di dover inventare qualche balla. Pensa al risparmio di fatica.

NORMAN: Non dovrei pensare…

BATES: Già. Anche perché a pensare se non sei abituato…

NORMAN: Già. Ma sei sicuro che nessuno ci senta?

BATES: Fidati.

NORMAN: Senti, Bates, è stato un grosso piacere rivederti ma adesso me ne vado.

BATES: Non puoi.

NORMAN: Vuoi ammazzare anche me?

BATES: È tutto organizzato nei minimi particolari. Potremo diventare finalmente ricchi. Potrai comprarti quello che vorrai. Dimmi una cosa che avresti sempre desiderato e che non hai mai potuto comprarti. Ma spara grosso.

NORMAN: Una racchetta da ping pong.

BATES: Una racchetta da ping pong? Va bene, potrai anche comprarti una racchetta da ping pong.

NORMAN: Ma dai. Addio, Bates.

BATES: Ti prego, aiutami.

NORMAN: Per uccidere una persona bisogna avere un motivo davvero importante.

BATES: Ha sposato mia moglie. La donna che sposerò.

NORMAN: (Scoppia a ridere). Scusa.

BATES: Dobbiamo uccidere Felix.

NORMAN: Perché? Tua moglie è sposata con un gatto?

BATES: Felix Bing. Si chiama così. (Aprono la porta dell’armadio. C’è Linda). E lei chi è?

LINDA: La cameriera.

BATES: Ha sentito quello che stavamo dicendo?

LINDA: No, non ho sentito niente. Io stavo pulendo l’armadio. E poi io Felix Bing non lo conosco nemmeno.

BATES: Meglio così.

NORMAN: Un momento, come fa a sapere che parlavamo di Felix Bing?

LINDA: L’ha detto lei. Adesso.

NORMAN: Non mi sembra.

BATES: Accidenti, non ti rendi conto nemmeno di quello che dici. Scommetto che le hai detto anche che dobbiamo ucciderlo.

LINDA: No, questo non me l’ha detto.

BATES: Meglio così, altrimenti avremmo dovuto uccidere anche lei.

LINDA: Perché?

BATES: Perché nessuno deve sapere che vogliamo uccidere lui, mia zia Matilda e la cugina Irina.

NORMAN: Bates.

BATES: Mi è scappato. Ora dobbiamo uccidere anche lei.

LINDA: Invece di uccidermi potreste… farmi entrare in società con voi.

BATES: In società?

LINDA: Certo, ne avete tre da uccidere e allora è meglio essere in tre anche a uccidere. Come il gioco delle tre carte.

NORMAN: In che senso?

LINDA: Tre è il numero perfetto.

BATES: È vero. Tre erano i re magi.

LINDA: La trinità.

BATES: I tre moschettieri.

NORMAN: No, quelli erano in quattro.

LINDA: Il buono, il brutto e il cattivo.

BATES: Gli episodi di Guerre Stellari.

LINDA: Del signore degli anelli.

BATES: Aldo, Giovanni e Giacomo.

NORMAN: Va bene, mi avete convinto.

LINDA: Ma la fortuna di tua zia è veramente così immensa?

BATES: Di più.

LINDA: Di… più? Potrò vivere come una regina?

BATES: Di più.

LINDA: Di più.

NORMAN: Ma cosa c’è di più di una regina?

BATES: Non lo so. Il Papa.

LINDA: Ma il Papa è un uomo.

BATES: E allora come la moglie di un Papa.

LINDA: Grande.

NORMAN: Ma grande che cosa? La moglie di un Papa?

LINDA: Zitto tu. E con quali percentuali dividiamo? 35% a te, 35% a lui e a me il 30.

NORMAN: No, 40% a me, 40% a lui, e 20 a te.

LINDA: È troppo poco.

BATES: Allora facciamo 40, 40, e 30.

NORMAN: Per me va bene.

LINDA: Ma fa 110.

NORMAN: A questo penseremo poi. E come vorresti ucciderlo?

BATES: Ho pensato a tutto. Noi non ci sporcheremo neanche le mani. Lo faremo morire di paura.

LINDA: Di paura?

BATES: La scorsa settimana l’ho pedinato. È andato al cinema. Un film horror. E in tutte le scene di paura gli veniva la tachicardia. Questa casa sarà infestata dai fantasmi.

LINDA: E i fantasmi…

BATES: Noi.

NORMAN: In pratica sarà una morte naturale. E poi dobbiamo anche uccidere tua zia e tua cugina.

BATES: Stesso sistema.

LINDA: Sicuro che funzionerà?

BATES: Vi fidate di me?

NORMAN: No. E se poi la paura non dovesse bastare?

BATES: Faremo in modo che si presenti con una pistola in mano. (La tira fuori).

NORMAN: Chi, la paura?

BATES: Certo.

LINDA: È carica la pistola?

BATES: Oddio, ho dimenticato di comprare i colpi.

NORMAN: Ci stiamo fidando di un idiota.

BATES: Non ci ho più pensato. Succede.

NORMAN: Certo. D’altra parte potremmo sempre ucciderlo tirandogliela in testa. Hai mira?

BATES: Io non ho mai usato una pistola. Vorrà dire che la paura si presenterà con un coltello in mano.

NORMAN: Vada per il coltello.

BATES: Oppure con questo. (Tira fuori una corda col cappio).

LINDA: Cos’è, un guinzaglio? Per portarlo fuori a pisciare?

BATES: Io avrò mia moglie ed insieme avremo l’immensa fortuna di mia zia. E poi al limite faremo ricadere la colpa sul maggiordomo.

NORMAN: Perché, c’è un maggiordomo?

BATES: Il mio travestimento. Norman, in tutti i gialli che si rispettino l’assassino è sempre il maggiordomo. Faremo ricadere la colpa sul maggiordomo che non esiste. Perché sarò io travestito.

NORMAN: Allora potrei vestirmi anch’io da maggiordomo, così, due maggiordomi...

LINDA: Io potrei vestirmi da cameriera. Così con due maggiordomi e una cameriera li confondiamo ancora di più.

NORMAN: Ma tu sei già vestita da cameriera.

LINDA: Se volete vado a cambiarmi.

BATES: Ma io non ho mai visto un giallo con due maggiordomi e una cameriera.

NORMAN: Appunto. La novità.

BATES: Ah, per rompere le acque.

NORMAN: Sì, e poi facciamo un figlio. “Confondere le acque”.

LINDA: E allora prima le confondiamo e poi le rompiamo.

BATES: No, prima le rompiamo e poi le confondiamo.

NORMAN: Sì, basta romperle.

LINDA: Come un gavettone. Ma lui verrà qui?

BATES: Certo. L’ho invitato io.

NORMAN: Io non sono ancora convinto.

BATES: E dai, aiutami. In nome della nostra amicizia.

NORMAN: Ma quale amicizia?

LINDA: E allora fallo in nome del nostro amore. Ehm, dell’amore per la tua ragazza.

BATES: Ti comprerai una racchetta da ping pong nuova. Con le palline.

NORMAN: Anche le palline?

LINDA: Anche le palline.

NORMAN: E il tavolo?

BATES: Sì. Zitto, sento arrivare mia zia, la contessa Matilda.

NORMAN: Speriamo che sia davvero immensa la sua fortuna.

LINDA: È meglio che io mi nasconda. (Esce dal fondo).

SCENA TERZA

Norman, Bates e Matilda poi Linda.

MATILDA: Ho vinto il primo premio alla lotteria.

BATES: Hai visto che immensa fortuna?

NORMAN: Come… E i soldi?

BATES: Pochi. Vince soprattutto cose: macchine, telecamere, oggetti vari, ma ha ugualmente una immensa fortuna.

NORMAN: E tu dovresti ereditare…

BATES: Il culo pazzesco che ha.

MATILDA: (A Norman) Fermo. Lì per terra ci sono dieci dollari.

BATES: Vedi?

NORMAN: Ma tu sei completamente imbecille e più imbecille ancora sono io che ti do anche retta.

MATILDA: (A Norman) Bates, nipote mio, che piacere che tu sia venuto a trovarmi.

BATES: Dalle ragione. È un po’ andata con la testa e non riconosce le persone.

NORMAN: Lo sai zia che vengo sempre volentieri.

MATILDA: E quel deficiente lì dietro chi è?

NORMAN: E perché a te ti ha riconosciuto subito?

BATES: Soltanto culo.

MATILDA: (Prende un mazzo di carte) Scegli una carta.

NORMAN: Ma veramente io…

BATES: E falla contenta.

MATILDA: Quattro di fiori? Ho vinto io.

NORMAN: Ma io veramente non l’avrei ancora scelta.

MATILDA: Mi devi venti dollari.

BATES: E daglieli, non fare il taccagno.

MATILDA: Vuoi giocare ancora?

NORMAN: È meglio di no, ho sempre avuto molta sfortuna al gioco e poi non ho capito bene le regole.

MATILDA: Te le spiego io. Prendi una carta. Sei di picche? Ho vinto io, mi devi altri venti dollari.

NORMAN: Ma io non l’ho scelta.

BATES: Questa notte avrai la rivincita. (Entra Linda).

LINDA: Norman, lo sai che la camera è proprio carina? Ho quasi cambiato idea, potremmo fermarci comunque qui per la notte.

MATILDA: Irina, nipote mia, sei venuta anche tu?

LINDA: Ma io veramente.

NORMAN: È arteriosclerotica.

MATILDA: Arteriosclerotica lo dici a tua sorella.

NORMAN: Quello che vuole lo capisce però.

BATES: Irina, saluta la zia.

LINDA: Buonasera.

MATILDA: Sei già tornata dalla Russia?

LINDA: Norman.

NORMAN: Sì, zia, è già tornata. Assecondala. Fai finta di essere russa.

LINDA: In che modo?

NORMAN: La sai dire qualche parola in russo?

LINDA: Sì. Perestroika. Gorbaciov. Solidarnosh.

NORMAN: Ma no, quello è polacco.

LINDA: Scusa. Glasnost.

BATES: Hai sentito zia?

MATILDA: Certo, mica sono deficiente. Vado in cucina a prendermi qualcosa da bere. (Esce a sinistra).

NORMAN: Linda, non fare domande. È già abbastanza difficile così.

LINDA: Va bene. Ero solo venuta a dirvi di chiamarmi il maggiordomo. Dovrei fargli vedere una cosa in camera. Ciao, Bates. Scusa se ti saluto solo adesso. Anche tu qua?

BATES: Infatti. Ciao, Linda.

LINDA: Cosa fai di bello?

BATES: Mi sposo.

LINDA: (Scoppia a ridere) Tu? Scusa, non volevo. (Continua a ridere).

NORMAN: Bates, vai a chiamare il maggiordomo.

BATES: Vado subito. (Esce e poi rientrerà vestito da maggiordomo).

NORMAN: E il tuo travestimento?

LINDA: In camera non ho trovato niente.

MATILDA: (Entra. A Linda). Scegli una carta. Tre di cuori? Ho vinto io. Venti dollari. (Esce dall’altra parte).

LINDA: Daglieli tu, Norman.

NORMAN: Questa serata comincia a costarmi cara. (Entra il maggiordomo).

LINDA: Ah, senta, ho dimenticato di dire una cosa a Bates, me lo chiama?

BATES: Io… È appena uscito.

LINDA: Certo. Era qua un attimo fa.

NORMAN: Vacci, Bates. Ehm, Ugo.

BATES: Va bene. (Esce).

LINDA: È carina questa villa. Questa sera sarà certamente una bellissima festa.

NORMAN: Non lo metto in dubbio. (Entra Bates).

BATES: Mi volevi dire qualcosa?

LINDA: No, niente, mi era venuta in mente una cosa ma non importa. Dov’è il maggiordomo? Volevo fargli vedere una cosa in camera.

BATES: E basta, vattela a vedere da sola, mica posso correre tutto il giorno.

LINDA: Non arrabbiarti.

NORMAN: Bates voleva dire che il maggiordomo sta cucinando la cena. Verrà lui a vedere cosa succede in camera.

LINDA: Andiamo.

NORMAN: Bates, mentre vai in là, mandami la cameriera. (Escono Linda e Bates, entra Matilda).

NORMAN: Mi dia le carte. Ne scelga una.

MATILDA: Re di cuori. Ho vinto io. Venti dollari. (Esce. Rientra Bates).

SCENA QUARTA

Norman, Bates.

BATES: Norman, fai attenzione. Credo che la tua fidanzata sia gelosa della cameriera. Come ti ha sentito che la cercavi mi ha subito mandato via. Mi ha detto di andare da lei più tardi. Tra l’altro ho sentito il motore di una macchina fuori. Sta arrivando qualcuno. Accoglili tu e non farti vedere. (Esce).

NORMAN: Ma come faccio ad accoglierli senza farmi vedere. (Esce dalla uno).

SCENA QUINTA

Felix, Dora, Norman, Linda poi Bates e Matilda.

DORA: (Da fuori). A me non sembra questa la casa.

FELIX: (Caratteristica del personaggio sarà che per ogni cosa ride pazzamente, fino ad avere mal di stomaco, con una risata ridicola) Leggi l’invito. L’indirizzo è esattamente questo.

DORA: È giusta anche la sera?

FELIX: Ma certo. (Entrano. Dall’altra entra Norman vestito da maggiordomo con un bastone bianco. Finge di essere cieco). Ecco il maggiordomo. Chiederemo a lui. Mi sembra cieco. (Ride).

DORA: E non ridere.

NORMAN: Buonasera, signori.

FELIX: Buonasera. Siamo stati invitati a una festa. Ecco l’invito.

NORMAN: Posso vederlo?

DORA: Come? Faglielo vedere, Felix.

FELIX: (Ride). Lo vuole vedere. Eccolo qua. Ma lei ci vede?

NORMAN: Scherzavo. In effetti sono cieco dalla nascita.

DORA: Mi dispiace. Ma è proprio qui la festa?

FELIX: Sa com’è, non abbiamo ancora visto nessun invitato.

NORMAN: Nemmeno io.

FELIX: (Ride). Buona questa. La macchina l’abbiamo lasciata qui fuori. Ci sono dei problemi?

NORMAN: Mi lasci le chiavi. Se ci sarà da spostarla ci penserò personalmente.

DORA: Non si disturbi.

NORMAN: Non permetterò certo che lo faccia qualcuno che non è capace a guidare.

FELIX: Ma lei è cieco…

NORMAN: È vero.

FELIX: Già. Tra l’altro io mi chiamo Felix.

NORMAN: Io gatto Silvestro.

FELIX: Come?

NORMAN: Volevo dire, lieto di fare la sua conoscenza. Lei arriva da molto lontano? Non l’ho mai vista da queste parti.

DORA: Nemmeno noi abbiamo mai visto lei.

NORMAN: Anche loro sono ciechi?

DORA: No, solo forestieri.

FELIX: (Ride). Comunque se ci fa vedere la nostra camera, vorremmo proprio sistemarci, siamo molto stanchi.

DORA: Già, non vediamo l’ora.

NORMAN: Nemmeno io. Comunque venite da questa parte. Credo.

FELIX: Come crede?

NORMAN: Purtroppo non so dove siano le camere da letto.

FELIX: È stato appena assunto?

NORMAN: Il fatto è che non le ho mai viste. Comunque vi farò strada e qualcosa sarà. (Indica la tre. Entra Linda vestita da cameriera).

FELIX: Magari possiamo chiedere alla cameriera.

LINDA: Eh?

DORA: Oddio, sarà mica sorda questa. Cos’è, la corte dei miracoli?

NORMAN: In effetti è proprio sorda.

LINDA: Già, è vero, sono sorda.

FELIX: Come ha fatto a sentire allora?

LINDA: No, non la so l’ora.

NORMAN: È che lei legge le labbra.

DORA: Sì, ma lei era di spalle.

LINDA: No, non è un rompiballe.

NORMAN: Se volete accomodarvi da questa parte

FELIX: (Ride). Che domestici strani.

LINDA: Darò dopo da mangiare ai cani. (Felix e Dora escono. Entra Bates con la parrucca in mano).

BATES: E lei chi è?

NORMAN: Sono Norman, imbecille.

BATES: Non ti riconoscevo con questo travestimento. Credevo mia zia avesse assunto un maggiordomo.

LINDA: Comunque il gatto è arrivato.

BATES: Il gatto?

NORMAN: Felix. E c’è anche tua, (Ride) sua… Dora. Li ho mandati di là a cercarsi la camera.

LINDA: Ma Dora sa che vuoi uccidere suo marito?

BATES: No, e non sa nemmeno che ci sposeremo.

NORMAN: (Scoppia a ridere). Scusa. È meglio che ti nascondi prima che ti vedano.

BATES: Io devo andare in camera, dalla tua fidanzata.

LINDA: Aspetta, vado prima io. (Esce).

BATES: È sempre così rompiballe la tua fidanzata?

NORMAN: No, il fatto è che non ha mai avuto un maggiordomo. (Si scambiano il travestimento). Vado in camera anch’io. (Bates si veste da maggiordomo). Dopo vieni a riportarmi il vestito da maggiordomo, così continuo ad intrattenere mister X.

BATES: Mister X? (Esce Norman, entrano Felix e Dora).

NORMAN: Te lo spiego poi con calma.

FELIX: Abbiamo trovato la camera. Mi sembra molto confortevole.

BATES: Benissimo. Sono sicuro che vi troverete bene questa notte.

FELIX: Il suo collega non c’è?

BATES: Il mio collega? Non ci sono altri maggiordomi qui dentro.

DORA: Ma sì, quello cieco.

BATES: Cieco? Probabilmente… ah sì, è stato appena assunto ma non ci siamo ancora incontrati. La casa è molto grande.

DORA: Eppure non mi sembrava appena assunto.

BATES: Lo tengono qui per carità. È un povero cieco, senza casa, senza soldi, senza vista.

FELIX: (Ride). Senza vista, buona questa. In effetti è strano un maggiordomo cieco.

BATES: Si figuri che era stato assunto come autista.

FELIX: (Ride). Ed è strana anche una cameriera sorda. Come fa a sentire quando il padrone la chiama?

BATES: Tanto il padrone non la chiama mai.

FELIX: Perché?

BATES: È… muto.

FELIX: Chi, il padrone?

BATES: Cioè, è morto.

DORA: È morto o è muto?

BATES: Noi pensavamo che fosse muto perché sono due anni che non parla e non si alza dal letto ma visto che non si muove nemmeno adesso abbiamo il vago sospetto che sia morto.

FELIX: Comunque cerchi il suo collega e ce lo mandi in camera.

BATES: Va bene. (Entra Matilda).

MATILDA: (A Felix). Bates, nipote mio.

FELIX: Parla con me?

MATILDA: Non riconosci più tua zia? Scegli una carta. Tre di quadri. Vinco io. Sono venti dollari.

BATES: Venga signora, andiamo in camera. (Escono Matilda e Bates).

MATILDA: Cosa vuoi Bates?

BATES: Oh, non mi riconosci mai, per una volta che sono travestito…

FELIX: (Ride). Mi ha trombato venti dollari. (Poi serio). Stronza.

DORA: Gente strana, vero?

FELIX: Non capisco. Questo non mi sembra certo un salone delle feste. E non vedo molti invitati in giro. Staremo a vedere. (Entra Norman vestito da maggiordomo. Senza bastone).

NORMAN: Siete ancora qui, voi?

FELIX: Ma lei non era cieco?

NORMAN: Io? Miracolo!

DORA: Ma che sta succedendo?

NORMAN: No, il fatto è che è una cecità momentanea. Ogni tanto la vista mi torna, così, per pochi secondi. Ecco, sono di nuovo cieco. Arrivederci. (Esce dalla uno).

FELIX: (Ride). Mi sembra una gabbia di matti.

DORA: Andiamo. (Escono).

SCENA QUINTA

Murray, Irina.

(Entra Murray. Dopo pochi istanti entra Irina).

MURRAY: (Da fuori). C’è nessuno? (Entra). Oh, mi scusi, mi sono perso.

IRINA: In casa?

MURRAY: No, a dire il vero mi sono perso qui fuori, nella brughiera. Poi ho visto questa casa e sono entrato.

IRINA: Senza suonare?

MURRAY: La porta era aperta. E poi non ho visto il campanello.

IRINA: Non c’è.

MURRAY: Se non c’è come facevo a suonare?

IRINA: Poteva fare drin con la bocca.

MURRAY: Lei abita qui?

IRINA: Sono la nipote della padrona di casa.

MURRAY: Ho rotto la macchina. È a tre, quattro chilometri da qui.

IRINA: C’è un meccanico al primo paese.

MURRAY: È molto distante?

IRINA: No, solo due passi.

MURRAY: Allora magari ci posso andare anche subito.

IRINA: Non credo. Il primo passo è molto alto e ci troverà ancora la neve.

MURRAY: La neve?

IRINA: Lo può anche evitare. Ma saranno almeno settantacinque chilometri.

MURRAY: Sono un po’ tanti.

IRINA: Infatti. Quando ci arriverà il meccanico sarà già sicuramente chiuso.

MURRAY: Potrei fermarmi qui per la notte?

IRINA: Perché proprio qui?

MURRAY: Pagando s’intende. Fuori fa freddo e se il primo paese è così distante non saprei proprio dove andare.

IRINA: Può sempre andare al secondo paese. È molto più vicino.

MURRAY: Ah.

IRINA: Scherzavo ovviamente.

MURRAY: Ovviamente. Mi chiamo Murray. Non mi ero ancora presentato.

IRINA: Piacere, Irina.

MURRAY: Che bel nome. Russo?

IRINA: Non lo so. Non l’ho mai sentita dormire.

MURRAY: No, intendevo il suo nome.

IRINA: Piacere, Irina.

MURRAY: Appunto. Russo.

IRINA: In questo momento non mi sembra.

MURRAY: Fa niente. Lasciamo perdere.

IRINA: Non so se l’ha notato ma il mio nome è russo. Io sono russa. Sono l’ultima discendente dello zar Nicola.

MURRAY: Da parte di chi?

IRINA: Da parte mia.

MURRAY: Interessante.

IRINA: Mio padre era russo.

MURRAY: Dove è nato?

IRINA: New York. Diciottesima strada. Ma io sono venuta a vivere qui fin da giovanissima. Con mia zia. La contessa.

MURRAY: Una contessa vera? In carne e ossa?

IRINA: No, è una bambola gonfiabile. Ma certo che è una contessa vera, che domande fa? E possiede anche una fortuna immensa.

MURRAY: Ah sì? Interessante. Ho sempre sognato di conoscere una contessa vera. E lei è la sola erede di questa immensa fortuna?

IRINA: La sola. Non appena morirà mio cugino.

MURRAY: Dunque mi posso fermare qui per la notte?

IRINA: Ma certo. Da questa parte. (Escono a destra).

SCENA SESTA

Norman, Bates, Linda.

(Entrano. Norman trascina via Bates. Bates è vestito da maggiordomo).

BATES: Io l’ammazzo! Io l’ammazzo!

NORMAN: Smettila Bates. Te l’ho detto, è la prima volta in vita sua che ha un maggiordomo.

BATES: Non me ne frega niente.

NORMAN: E poi in fondo è la mia ragazza.

BATES: Che magari un giorno sarà tua moglie. Vedi? Se l’ammazzo ti faccio anche un piacere.

NORMAN: Dovresti conoscerla meglio e poi ti accorgeresti che in fondo è una fata.

BATES: Lo sai che differenza c’è tra una fata e una strega?

NORMAN: No.

BATES: Sei mesi di matrimonio.

NORMAN: E poi dobbiamo organizzarci per questa sera.

BATES: Ma voleva farmi licenziare perché dice che la mia giacca non era in ordine.

NORMAN: Se è per questo, è vero.

BATES: Il problema è che è la settima volta che la metto e la tolgo. Perché prima vuole vedere la camera, poi vuole vedere Bates, poi vuole una tisana, poi vuole salutare Bates, poi vuole degli asciugamani nuovi, poi si è dimenticata di dire una cosa a Bates, poi vuole avvisare che per domani mattina la colazione le farebbe piacere averla in camera, poi vuole dire a Bates che il maggiordomo arriva sempre da lei sudato e di corsa, e vuole che Bates lo licenzi. Ma se continua così Bates aggiunge un nome all’elenco di questa notte, così risolviamo due problemi: la salute psicofisica di Bates e la colazione di domani mattina.

NORMAN: Avanti, non farla tanto lunga. (Entra Linda vestita da cameriera).

LINDA: Vi stavo cercando. Sta scendendo l’oscurità e io ho appena visto un fantasma.

BATES: Dove? Io ho paura dei fantasmi.

NORMAN: Imbecille, quel fantasma. Quello che questa notte farà fare pum al cuore del gatto.

BATES: No, il gatto no. Mia zia ci tiene tanto.

LINDA: (In tono duro). Felix. Idiota.

BATES: Norman, quando questa si incazza sembra la tua fidanzata.

LINDA: Scusa. (Più dolce). Felix. Idiota.

NORMAN: Sentite, forse è meglio se prendo io in mano la situazione. Tra poco li faremo venire tutti qui, nel salone. Felix, Dora, tua zia e tua cugina. Tu, Bates, non ti farai vedere, d’altra parte Felix e Dora non sanno che tu sei qua e non lo devono sapere. Quando saranno tutti qua, ed avremo chiuso ermeticamente tutte le porte d’uscita della villa, improvvisamente appariranno i fantasmi. Prima sentiremo soltanto alcuni rumori, quelli tipici dei fantasmi, e sarai tu a farli. Lo sai che rumori fanno i fantasmi, vero?

BATES: Più o meno.

LINDA: Cosa vuol dire più o meno?

BATES: Fanno… clac.

NORMAN E LINDA: Clac?

BATES: Squisc.

LINDA: Fanno un rumore di catene, deficiente.

NORMAN: Tu ti nasconderai e quando io darò un colpo di tosse tu comincerai a fare un rumore di catene.

BATES: Lo faccio con la bocca? Sono molto bravo.

LINDA: E come si fa il rumore di catene con la bocca?

BATES: Clin, clin, clin.

LINDA: Non è meglio se prendi una catena vera?

BATES: Va bene.

NORMAN: E dopo che li avremo fatti spaventare per bene con i rumori, improvvisamente apparirà un fantasma vero.

BATES: E dove lo troviamo un fantasma vero?

NORMAN: Sarò io il fantasma vero. Con una scusa mi assenterò un attimo, mi metterò addosso un lenzuolo bianco e li spaventeremo. Linda abbasserà un pochino le luci in modo che io possa essere protetto dalla penombra.

LINDA: Ma sei sicuro che se ti metti addosso un lenzuolo ti scambieranno per un fantasma vero?

NORMAN: Ma certo. I fantasmi sono tutti così. Non li guardi i film?

BATES: Già, non li guardi i film?

LINDA: Avete ragione.

NORMAN: E poi senza lenzuolo sarei completamente invisibile e come potrebbero vedermi?

LINDA: Come fai a inventare dei piani così ingegnosi?

NORMAN: È tutta questione di intelligenza.

BATES: Io lo invidio da quando eravamo ragazzini.

NORMAN: Basta pensare al passato. La festa ha inizio. tra un’ora appuntamento per tutti qui. (Escono. Musica. Scendono le luci, resteranno solo accesi i candelabri).

SECONDA PARTE

SCENA SETTIMA

Norman, Felix, Dora, Linda poi Matilda.

(Entrano Felix e Dora ancora sulla musica. Si accendono le luci).

FELIX: Sembra proprio che siamo i primi.

DORA: Prima ho sbirciato dalla finestra e non ho visto aggiungersi nessuna macchina oltre a quelle che già c’erano quando siamo arrivati. Non vorrei che oltre ad essere i primi fossimo anche gli unici invitati.

FELIX: (Ride). Buona questa. Ma cosa dici, ti sembra possibile una cosa del genere?

DORA: È tutto così strano. Non hai visto come sono strani anche i domestici?

FELIX: Diciamo folcloristici. Magari fa parte del gioco.

DORA: Ma quale gioco?

FELIX: Crederai mica che quel maggiordomo fosse cieco veramente. Fingeva.

DORA: Come, fingeva?

FELIX: Ad un certo punto tu ti sei voltata ed io ho visto chiaramente il suo viso voltarsi impercettibilmente a guardare verso il tuo sedere. E che cosa vuol dire questo? (Entrano Norman e Linda vestiti da camerieri).

DORA: Che ho sempre un culo della madonna.

FELIX: Nonostante la tua voglia di fragola.

DORA: Ma Felix.

FELIX: Scherzavo amore.

DORA: Fa freddo qui. Vado un attimo a prendermi lo scialle. (Esce).

NORMAN: La festa sta per avere inizio, su non state lì immobili, mischiatevi agli altri invitati.

FELIX: Non vedo altri invitati.

LINDA: Se n’è accorto?

FELIX: Ho un grosso spirito di osservazione.

NORMAN: Oddio, avremmo dovuto mantenere il segreto ma voi siete stato troppo intelligente.

LINDA: Vi prego, non costringeteci a confessarlo. Nessuno lo deve sapere.

FELIX: E allora tenetevelo per voi.

NORMAN: Se mi obbligate ve lo dirò.

FELIX: Niente affatto.

LINDA: Non crediate che lui sia un pettegolo, è che non sa resistere alle vostre insistenze.

NORMAN: Ebbene, ve lo diremo.

LINDA: Oh, io non posso sentire.

FELIX: È così terribile?

NORMAN: No, è sorda.

FELIX: Ma io non insisto un bel niente.

LINDA: Se in questa casa non ci sono altri invitati e perché tutti hanno paura.

NORMAN: Già, questa casa è infestata dai fantasmi.

FELIX: Ma non dite sciocchezze.

NORMAN: Lei non ne ha mai visti?

FELIX: No.

NORMAN: Io sì.

LINDA: E io li ho sentiti.

FELIX: Ma cosa dite? Il cieco li ha visti e la sorda li ha sentiti.

NORMAN: È che la paura ci ha fatto confondere i sensi.

LINDA: Sì, in realtà sono io che li ho sentiti e lui che li ha visti.

NORMAN: No, io li ho sentiti e lei li ha visti. Tutte le sere si sente un rumore di catene. Esattamente a quest’ora. (Tossendo sempre più forte).

LINDA: (Urlando). Rumore di catene.

BATES: (Da fuori) Clin, clin, clin.

NORMAN: (Tra sé) Clin, clin, clin.

FELIX: Clin, clin, clin?

LINDA: Clin, clin, clin.

NORMAN: È un fantasma distratto, a volte non si ricorda dove ha lasciato le catene la sera prima e allora fa il rumore con la bocca.

FELIX: Non è un fantasma.

NORMAN: Ah no?

FELIX: Le catene non fanno clin, clin. Al massimo clang, clang.

LINDA: È vero, le catene fanno clang, clang.

BATES: Clin, clin.

NORMAN: Clang, clang.

BATES: Clang, clang.

NORMAN: Sentito? Le catene. (Entra Dora).

DORA: Oddio, cos’è questo rumore di catene? Un fantasma? (Sviene).

NORMAN: Oh mio Dio, signora.

LINDA: È svenuta.

NORMAN: Avanti, portiamola di là, sul divano. (Felix la prende in braccio. Norman fa strada). Da questa parte. (Come apre la porta di fondo, dietro vede Bates che continua a fare clang, clang. La richiude). È meglio portarla in cucina.

FELIX: Ma come in cucina?

LINDA: Magari quando si riprende le viene appetito e così si può cucinare qualcosa. (Escono Felix, Dora, e Linda. Dall’altra entra Matilda).

NORMAN: La zia. (Si mette a tossire). Sto tossendo.

SCENA OTTAVA

Norman, Matilda, Bates, Murray, Felix.

BATES: Clang, clang, clang.

MATILDA: Cos’è questo rumore?

NORMAN: Un fantasma.

MATILDA: Ma no, questa è la voce di quel deficiente di mio nipote.

NORMAN: Le dico di no.

MATILDA: Scommettiamo?

NORMAN: (Rassegnato). Ecco venti dollari.

MATILDA: Grazie. Scegli una carta. (In mano non ha niente).

NORMAN: Una carta?

MATILDA: Ho vinto io. Venti dollari. (Esce. Entra Murray).

BATES: Clang, clang, clang.

MURRAY: Oh mio Dio, cos’è questo rumore? Un fantasma? (Sviene).

NORMAN: E quello chi è? Aiuto! Aiuto! (Entra Felix).

FELIX: Che cosa c’è?

NORMAN: C’è da portare fuori anche quello.

FELIX: Non può farlo lei?

NORMAN: Io non ci vedo.

FELIX: E come ha fatto allora… Ah, lasciamo perdere (Porta fuori Murray).

NORMAN: Bates! (Entra Bates).

BATES: Allora, ha funzionato?

NORMAN: (Sprezzante). Clin, clin, clin.

BATES: Clang.

NORMAN: E le catene?

BATES: Saranno sulla macchina.

NORMAN: E perché le hai lasciate sulla macchina?

BATES: Per la neve. Comunque ha funzionato lo stesso.

NORMAN: Ma che cosa ha funzionato. Felix e tua zia non hanno fatto una piega. Sono svenute le uniche due persone che non c’entravano niente. Col primo piano è andata male.

BATES: Come facciamo adesso?

NORMAN: Partiamo col secondo piano.

BATES: Le camere da letto?

NORMAN: Cosa intendi dire?

BATES: Al secondo piano ci sono soltanto le camere da letto. (Entra Linda).

LINDA: Ci vuole un secondo piano.

NORMAN: Sì, e se non basta proviamo con la soffitta. Bates, ti rendi conto che sei un deficiente?

LINDA: Io credo che adesso sia venuto il momento di far entrare in scena il fantasma.

NORMAN: Va bene. Voi intrattenete gli ospiti. Io diventerò un fantasma e li farò spaventare.

BATES: Come farò a riconoscerti?

NORMAN: Non puoi sbagliarti. Sarò quello col lenzuolo addosso.

LINDA: Avanti, allora, non perdiamo tempo. Bates, vatti a vestire da maggiordomo. (Bates fa per uscire ma si sentono delle voci di gente che sta arrivando).

BATES: Come faccio? Arriva gente.

NORMAN: Nasconditi nell’armadio. (Bates si nasconde nell’armadio. Entrano Dora, Felix e da una porta diversa Irina).

SCENA NONA

Norman, Felix, Linda, Irina poi Bates.

FELIX: Spero non ci sia nessun altro da portare fuori.

DORA: Che cosa è successo? Non ricordo più nulla. (Entra Irina).

IRINA: E voi chi siete?

DORA: Noi siano stati invitati alla festa.

IRINA: Una festa in casa mia e nessuno mi dice niente?

NORMAN: È una festa a sorpresa.

LINDA: Già, la sorpresa è il fantasma che fa clang, clang, clang.

IRINA: Io odio le feste.

DORA: Ancora quel terribile rumore di catene.

FELIX: Ma no, l’ha fatto la cameriera con la bocca.

IRINA: (A Norman). Ha visto passare Murray?

NORMAN: No, sono cieco.

IRINA: Già. (A Linda) Lei… lo ha sentito?

LINDA: No, sono sorda. (Irina esce, si sente un rumore da dentro l’armadio).

BATES: Ma porc…

NORMAN: Il fantasma. Si sta materializzando.

FELIX: Un fantasma che impreca?

LINDA: Sì, ma solo quando è incazzato.

FELIX: Ma non mi fate ridere. C’è qualcuno nell’armadio.

DORA: Potrebbe esserci il fantasma nell’armadio.

FELIX: E che cosa ci fa un fantasma chiuso nell’armadio?

LINDA: Potrebbe essere un fantasma timido.

FELIX: Ma fatemi il piacere. (Felix apre l’armadio).

NORMAN: No. (L’armadio è vuoto ma Norman non lo vede). Posso spiegarvi tutto. Il fatto è che l’armadio…

FELIX: È vuoto.

NORMAN: Già, è vuoto perché c’è dentro… Vuoto?

DORA: Cosa c’è dentro?

NORMAN: È vuoto… Perché c’è dentro il fantasma.

FELIX: Un fantasma? E il lenzuolo?

LINDA: È in lavanderia. È un fantasma molto pulito e ci tiene che il lenzuolo sia sempre a posto.

FELIX: Il fantasma mi ha stufato. Me ne vado in camera. Se lo vedete mandatemelo. (Escono Felix e Dora).

NORMAN: Qui spariscono tutti. Compresa la mia fidanzata.

LINDA: Sono qui.

NORMAN: Come?

LINDA: No, volevo dire, io sono qui ma non so dove sia la tua fidanzata. (Entra Murray. Linda e Norman cercano Bates nell’armadio).

MURRAY: Sentite.

LINDA: Non rompere. Chiedi al cameriere.

MURRAY: E voi chi siete?

NORMAN: È vero. Chiedi all’altro cameriere.

MURRAY: Ma quanti camerieri ci sono in questa casa?

NORMAN: Tre. Siamo tre fratelli.

MURRAY: Ma non vi somigliate per niente.

LINDA: È che… siamo fratelli ma siamo nati da genitori diversi.

MURRAY: Genitori diversi?

NORMAN: E in città diverse.

MURRAY: E come fate ad essere fratelli?

NORMAN: Mistero. D’altra parte io i miei fratelli non li ho mai visti.

MURRAY: Ah già, mi scusi, è cieco.

NORMAN: Mio fratello? No lui ci vede benissimo.

MURRAY: Non suo fratello. Lei.

NORMAN: No, lei è solo sorda.

LINDA: Lui intendeva lei nel senso di te.

NORMAN: E allora perché ha detto lei? Doveva dire lui. Lui maschile.

MURRAY: Io non riesco a capirci niente.

LINDA: Si figuri noi. Una vita intera di fianco ad una persona che non sa di essere tuo fratello.

MURRAY: Io vado. Mi saluti suo fratello. Se lo vede. Oh, mi scusi.

NORMAN: Che fratello?

MURRAY: Va bene così. (Esce).

LINDA: Bene. Ma dove sarà finito Bates? (Apre l’armadio, Bates è dentro). Ma dove eri finito?

BATES: Io non mi sono mai mosso di qua.

NORMAN: Ma se quando hanno aperto non c’eri.

BATES: Ma se vi dico che…

LINDA: Va bene, va bene. Allora, facciamo entrare in scena il fantasma. Avanti, tu vai a vestirti da maggiordomo.

BATES: Ok.

NORMAN: Io invece senza farmi vedere mi vestirò da fantasma e… li faremo morire di paura. Forse. Siamo vicini all’ora X.

LINDA: (Guarda l’ora). Che ora sarebbe l’ora X?

NORMAN: L’ora X, l’ora… Ma cosa mi metto a spiegarti cos’è l’ora X. Mettiamola così, fra mezz’ora sarà tutto finito.

BATES: Molto bene.

LINDA: Sento dei passi, qualcuno si avvicina.

BATES: Devo nascondermi. (Entra nell’armadio).

NORMAN: No, deficiente, sono io che devo nascondermi.

BATES: (Si scambiano di posto ma poi si infilano tutti due nell’armadio). Scusami. (Entrano Felix e Dora).

SCENA DECIMA

Detti più Felix e Dora.

FELIX: Sì, credo di averne viste qui. Nell’armadio. Buongiorno.

LINDA: Pensi al suo.

FELIX: Scusi?

LINDA: Si figuri, non deve scusarsi.

FELIX: Mia moglie ha freddo. Ho visto delle coperte nell’armadio. Ne prendo una.

LINDA: Lasci, gliela porto io in camera.

DORA: Non si disturbi, siamo già qua, ce la prendiamo. (Aprono l’armadio, è vuoto. Prendono una coperta e richiudono).

LINDA: Non è come pensate voi. Quegli uomini nell’armadio… non sono uomini… cioè, sono uomini in senso fisico, ma non sono…

DORA: Non sono uomini?

LINDA: Sono donne… no, non sono donne, sono… travestiti, sì ma nel senso di carnevale, a carnevale si travestono.

FELIX: Ma se non c’è nessuno nell’armadio.

LINDA: Appunto, sono travestiti da parete dell’armadio e non si vedono. Non c’è nessuno? Già. Ma cosa dite che ci sono degli uomini nell’armadio, mi accusate di nascondere degli uomini nell’armadio? Mi avete per caso sentito gridare “cielo, mio marito?”. Vedete, non c’è nessuno.

FELIX: Questa casa ha del personale molto folcloristico.

DORA: Già. (Escono. Bates riapre l’armadio ed esce, poi si volta, dentro c’è Norman con un lenzuolo da fantasma in testa).

BATES: Aiuto, un fantasma.

NORMAN: Sono io, idiota.

BATES: Davvero?

NORMAN: Allora mi raccomando, io adesso vado a nascondermi. Tu devi fare venire qui tua zia Matilda e Felix.

BATES: Perché vuoi uccidere il gatto?

NORMAN: Ma no, Felix, il marito di tua moglie (Ride).

BATES: Ah già, e non ridere perché non c’è niente da ridere.

NORMAN: Comunque quando saranno qui io salterò fuori.

LINDA: Da dove?

NORMAN: Da dove vuoi che salti fuori? Da una torta?

LINDA: Sarebbe una bella sorpresa. Anzi, potrei saltare fuori io vestita da coniglietta.

BATES: Guarda che dobbiamo ucciderli, non sedurli.

NORMAN: Uscirò da una porta. Sono un fantasma ma non passo ancora attraverso i muri. Appena fuori li farò spaventare e loro moriranno di paura.

BATES: Ne sei sicuro?

NORMAN: Me l’hai detto tu che sono deboli di cuore.

BATES: È vero. La pistola?

LINDA: Non hai comprato i proiettili.

BATES: Già.

NORMAN: Posso provare a sparare qualche cazzata. Magari muoiono dal ridere.

LINDA: E accoltellarli?

NORMAN: Sei stato tu a dire che sarebbero morti di paura.

BATES: Lo so, però…

NORMAN: Ci nascondi qualcosa?

BATES: Come puoi pensare una cosa del genere di un amico… Sì.

NORMAN: Che cosa? No, non dirmelo, dammi il coltello. (Glielo dà). Io vado a nascondermi e poi torno vestito da fantasma e con il coltello in mano. Tu intanto comincia a chiamare tua zia e trattenetela qui. Io arrivo subito.

BATES: Perché vuoi cominciare proprio da mia zia?

NORMAN: Va bene, allora vai a chiamare Felix.

BATES: Felix?

NORMAN: Irina.

BATES: Ma non lo so.

LINDA: Questi tre sono quelli che dobbiamo ammazzare, no? Se hai un quarto che preferisci fai tu. Tanto ormai.

NORMAN: Cosa vuoi, che ammazziamo Linda?

LINDA: (Gli fa un gestaccio).

BATES: No, andrà bene mia zia. In fondo se dovesse reagire è quella meno pericolosa.

NORMAN: Ma tanto moriranno di paura non appena mi vedono, no?

BATES: Eh?

NORMAN: E dimmi di sì, fammi coraggio.

BATES: Sì.

NORMAN: Arrivo subito. (Esce).

SCENA UNDICESIMA

Bates, Matilda, Norman e il fantasma.

BATES: Come faccio a far venire qua mia zia?

LINDA: Un sistema c’è. (Butta per terra una banconota. Entra Matilda).

MATILDA: Che fortuna. Ho trovato venti dollari.

BATES: Li ho persi io. Sono miei.

MATILDA: Come fai a dire che sono tuoi?

BATES: Perché io mi ricordo benissimo che la mia banconota da venti dollari aveva stampata sopra la faccia del presidente Jackson.

MATILDA: Infatti qui c’è la Casa Bianca.

BATES: Dietro.

MATILDA: Scommettiamo venti dollari che non sono tuoi?

BATES: No.

MATILDA: Vedi, no, quindi sono miei. Mi devi venti dollari Bates.

BATES: Non sono Bates, sono il cameriere.

MATILDA: E allora portami da bere e non rompere le scatole. Bates.

BATES: Ti dico che non sono Bates.

MATILDA: Scommettiamo?

BATES: Hai ragione, sono Bates. Vado a prenderti da bere. (Esce).

MATILDA: Sono imbattibile. Sono anche riuscita a far credere al cameriere di essere mio nipote Bates.

LINDA: Lei è davvero molto in gamba.

MATILDA: Irina cara.

LINDA: Ma io veramente… Ciao, zia.

MATILDA: Come dici?

LINDA: Matrioska. CCCP. Tolstoj. Cechov.

MATILDA: Come?

LINDA: Anton Cechov. (Rientra Bates).

BATES: Zia, che paura, ho visto un fantasma. Guarda, tremo ancora tutto.

MATILDA: Ma non dire sciocchezze, i fantasmi non esistono.

BATES: L’ho visto ti dico. Era coperto con un lenzuolo.

MATILDA: Sarà stato il garzone della lavanderia.

LINDA: Io l’ho sentito. Ululava.

MATILDA: Se non la smette di dar fastidio al cane…

BATES: Non era il cane che ululava. Era lui.

MATILDA: No, il cane l’ha di nuovo morsicato.

LINDA: Ma che c’entra il cane. (Da destra entra il fantasma). Oh mio Dio, ecco il fantasma.

MATILDA: Quello?

LINDA: Ma allora lo vedete anche voi.

MATILDA: Io vedo solo un cretino con un lenzuolo addosso.

BATES: Non sottovalutarlo, è un fantasma pericolosissimo.

MATILDA: Chi, il cretino?

LINDA: Sanguinario.

MATILDA: Se mi sporca di sangue il pavimento lo spezzo.

BATES: Guardalo, è pronto per uccidere. Ti strozzerà con le sue mani. (Intanto il fantasma si avvicina a Bates e lo prende per il collo). Fuggi finché sei in tempo, io lo trattengo. Ma cosa fai? Non io. Lei.

MATILDA: Smettila di giocare col signore, Bates.

BATES: Non sono Bates, sono il cameriere.

MATILDA: E anche tu, smettila, un bel gioco dura poco. (Il fantasma si blocca). Scegli una carta. Otto di fiori? Ho vinto io. Sono venti dollari. (Esce).

LINDA: Norman, ma sei impazzito?

BATES: Non era me che dovevi uccidere ma mia zia Matilda, è lei quella con l’immensa fortuna, te ne sei dimenticato? (Il fantasma tira fuori un coltello).

LINDA: Adesso lo tiri fuori? Ormai è tardi, si deve ricominciare tutto da capo.

BATES: Già. Vado a chiamare Felix. (Il fantasma cerca di accoltellare Bates ma lo sbaglia. Perde il coltello. Mentre lo raccoglie esce Bates. Entra Norman).

NORMAN: Allora, io sono pronto. Ah, ma ti sei mascherato tu da fantasma? Non dovevo farlo io?

LINDA: (Resta pietrificata).

NORMAN: Per lo meno mettiamoci d’accordo. Bates sei un deficiente. (Entra Bates).

BATES: Perché sarei un deficiente? (I tre si guardano, poi guardano il fantasma. Capiscono. Scappano. Il fantasma li inseguirà col coltello. Sarà una scena di entrate ed uscite dalle varie porte a piacere. Alla fine si troveranno in scena soltanto Norman e Bates).

NORMAN: Chi era quello?

BATES: Un fantasma, no?

NORMAN: Non dire sciocchezze, i fantasmi non esistono.

BATES: Allora vaglielo a spiegare a lui che non esiste.

NORMAN: Lasciamo che lo scopra da solo. Nascondiamoci nell’armadio. (Aprono l’armadio, dentro c’è il fantasma. Lo richiudono subito).

BATES: Si muoveva quel lenzuolo, vero?

NORMAN: Ma chi è?

BATES: È un fantasma, non lo vedi?

NORMAN: Ma dai, i fantasmi non si mettono i lenzuoli addosso.

BATES: Tu ne hai mai visto uno con addosso una coperta?

NORMAN: Qualcuno ha avuto la nostra stessa idea.

BATES: Non è possibile. Perché avrebbe cercato di strozzare me?

NORMAN: Forse voleva ucciderti.

BATES: Ma perché? Il nostro era un piano così perfetto che nessun altro avrebbe potuto copiarcelo.

NORMAN: E allora come lo spieghi quel fantasma?

BATES: È semplice. Un fantasma vero.

NORMAN: Dov’è finita la cameriera?

BATES: L’ultima volta che l’ho vista era di là e il fantasma la stava afferrando.

NORMAN: Dovremmo andare a cercarla.

BATES: Già. Solo che ormai il fantasma l’avrà uccisa.

NORMAN: È vero, purtroppo non c’è più niente da fare.

BATES: È triste dirlo ma è così.

NORMAN: E poi in fondo che cosa ce ne frega di lei. Anche se il fantasma è nell’armadio quindi teoricamente…

BATES: Sì, ma solo teoricamente.

NORMAN: È vero. (Entra Linda).

SCENA DODICESIMA

Norman, Bates, Linda, Irina poi Murray.

LINDA: (Da fuori). Norman.

NORMAN: C’è Linda. È meglio se ti nascondi.

BATES: Hai ragione. Mi nascondo nell’armadio.

NORMAN: No, il fantasma. (Non fa in tempo a fermarlo. Bates entra nell’armadio. Norman si mette davanti alla porta perché entra Linda. Da dentro l’armadio si sente rumore di colluttazione).

LINDA: Norman, è un’ora che ti cerco. Ma cos’è questo rumore?

NORMAN: Quale rumore?

LINDA: Ma non senti?

NORMAN: È il maggiordomo che sta sbattendo i tappeti.

LINDA: Ma sembra venire dall’armadio.

NORMAN: Dall’armadio? Ma cosa dici? Hai mai visto sbattere i tappeti nell’armadio?

LINDA: Norman, da quando sei entrato in questa casa sei diventato così strano.

NORMAN: Strano io? Ma cosa stai dicendo?

LINDA: Andiamocene, ti prego.

NORMAN: Non possiamo andarcene a metà della festa. Che figura ci faremmo?

LINDA: Ma quale festa?

NORMAN: Quest… L’ha detto il maggiordomo che c’era una festa, no? Quindi vuol dire che comincerà, prima o poi.

LINDA: Comunque è sparito anche il maggiordomo. Doveva venire nella mia camera e non si è più fatto vedere.

NORMAN: Torna in camera, te lo mando appena lo vedo. Ma poi non lamentarti se non fa in tempo ad allestire tutto per la festa. Vai.

LINDA: Vieni anche tu.

NORMAN: Ho da fare.

LINDA: Ma cosa hai da fare? (Entra Irina).

IRINA: Vada. Ci penserò io.

NORMAN: Lei…

IRINA: Irina.

LINDA: Russa?

IRINA: In questo momento no. (Dall’armadio non si sentono più rumori). Credo che il maggiordomo abbia finito di sbattere i tappeti.

NORMAN: Ma io…

LINDA: Avanti, Norman. Vieni o sarà peggio per te.

NORMAN: Va bene. (Escono Norman e Linda).

IRINA: (Scoppia a ridere). Che stupidi. (Entra Murray).

MURRAY: Signorina Irina.

IRINA: Non chiamarmi così.

MURRAY: Perché?

IRINA: Signorina Irina, non senti come suona male?

MURRAY: E come ti devo chiamare allora?

IRINA: Chiamami contessa.

MURRAY: Sei una contessa?

IRINA: No, ma avrei sempre voluto esserlo.

MURRAY: Tu mi nascondi qualcosa.

IRINA: È vero. In tasca ho una barretta di cioccolato che volevo mangiarmi da sola.

MURRAY: Perché fai così?

IRINA: Amo il cioccolato.

MURRAY: Non parlo del cioccolato.

IRINA: Le noccioline le ho finite.

MURRAY: Non sto parlando di cibo.

IRINA: Ah, ho capito, tu vai oltre. Ma grazie al cielo io non ho la cellulite.

MURRAY: Non capisco cosa intendi dire.

IRINA: Non preoccuparti, non sei il solo. Questa battuta non l’ha capita nemmeno l’autore, e dire che l’ha scritta lui.

MURRAY: Ma cosa dici?

IRINA: Tutta la vita è una commedia. Di cui non conosciamo l’autore.

MURRAY: L’autore di questa io lo conosco. È quello che è appena uscito.

IRINA: Già. Ma come andrà a finire?

MURRAY: Io lo so. Ho letto il copione. Ma non te lo dico per non rovinare la sorpresa al pubblico.

IRINA: Facciamo così. Tu dimmelo appena andiamo nei camerini.

MURRAY: Non ti capisco.

IRINA: Nessuno mi ha mai capito. Soprattutto all’estero.

MURRAY: Sarà che non parli lingue straniere.

IRINA: Può darsi.

MURRAY: Come sta tuo cugino?

IRINA: Perché mi chiedi proprio di lui?

MURRAY: Perché non conosco nessun altro tuo parente.

IRINA: Potevi chiedermi del cane per esempio.

MURRAY: Hai ragione. Come sta il tuo cane?

IRINA: Bene. Grazie.

MURRAY: Vorrei farti vedere una cosa nella mia camera. Posso?

IRINA: Porco.

MURRAY: Sì. (Escono. Entra Norman).

NORMAN: Bates. (Va a bussare all’armadio). Ti ha fatto tanto male il fantasma? Bates. Se ti ha ucciso, avvisami. Il sangue mi fa impressione. (Apre un’anta ma non c’è niente. Da una porta entra Bates). Bates.

BATES: Sono qui.

NORMAN: Sento la tua voce ma non ti vedo. Sei diventato anche tu un fantasma?

BATES: No, sono solo alle tue spalle.

NORMAN: Bates. (Norman si volta. Dall’armadio appare il fantasma con un coltello in una mano ed un lenzuolo nell’altra).

BATES: No, vai via.

NORMAN: Ma sono io, non mi riconosci?

BATES: Il fantasma.

NORMAN: Ma no, sono Norman.

BATES: Il fantasma.

NORMAN: Ma non vedi che non ho il lenzuolo addosso?

BATES: Il fantasma.

NORMAN: (Prende il lenzuolo dalle mani del fantasma). Grazie. Ma no, sei solo sotto shock. Così sarei il fantasma, vedi, col lenzuolo. (Se lo mette). Ma senza no. Il fant… (Si volta lo rivede). Il fantasma. (Scappano con il fantasma che li insegue. Ancora un paio di passaggi tra le porte poi Bates e il fantasma si fermano in scena con il fiatone).

BATES: Norman, ho il vago sospetto che quel fantasma ce l’abbia con noi. Forse vuole ucciderci. Ma perché? (Il fantasma risponde a gesti che non lo sa). Non abbiamo fatto nulla. (Entra Norman senza lenzuolo).

NORMAN: L’abbiamo seminato? (Vede il fantasma e scappa fuori).

BATES: Sì, non ti preoccupare. Non c’è più bisogno di scappare. (Si volta, vede il fantasma, riguarda dalla parte di Norman e capisce. Scappa). Norman, aspettami. (Il fantasma lo insegue. Esce Bates. Entra Linda vestita da cameriera).

LINDA: Non ha funzionato il tuo travestimento. Non sei riuscito ad ammazzare né Norman né Bates. E dire che io ci speravo molto. Credevo fossi più intelligente e che il tuo piano fosse perfetto. Invece sei… un idiota. (Gli appoggia le mani sulle spalle). Ma io ti amo lo stesso. (Lo bacia. Escono).

SCENA TREDICESIMA

Bates, Matilda.

MATILDA: (Entra. Subito dopo da un’altra porta rientra Bates. La chiude e vi si appoggia). Chi è lei?

BATES: Ma sono tuo nipote, zia.

MATILDA: Irina? Sei stata a Casablanca?

BATES: Oh, mio Dio, è da ricovero.

MATILDA: Da ricovero lo dici a tua sorella.

BATES: Zia, sono Bates, tuo nipote.

MATILDA: Quello scemo?

BATES: Zia, in questa casa c’è un fantasma e mi vuole uccidere.

MATILDA: Quello scemo.

BATES: Ma perché non mi credi?

MATILDA: Sicuro di avere visto un fantasma? Uomo o donna?

BATES: Ma come faccio a sapere se era uomo o donna.

MATILDA: È importante.

BATES: Non lo so, non ho provato a sollevargli il lenzuolo.

MATILDA: Fa niente. So io cosa fare.

BATES: Sai come fermare il fantasma?

MATILDA: No, me lo vado a giocare al lotto.

BATES: Numero fisso?

MATILDA: No, due numeri. Mi gioco anche il deficiente. (Esce).

SCENA QUATTORDICESIMA

Bates ed Irina.

BATES: Chissà dove è finito Norman. Che cosa posso fare? C’è solo una soluzione. Trovarsi un posto sicuro e aspettare che gli eventi facciano il loro corso. L’armadio. (Lo apre. Irina gli cade addosso, ha un lungo pugnale piantato nella schiena). Ma cos’è. Ferma. Capisco che tu ti possa sentite irresistibilmente attratta dal mio fascino di uomo ma non mi sembra il caso, tanto più che sei mia cugina. È incesto. E poi io mi devo sposare. (Si sente una risata risuonare per la casa. Entra Norman). Norman.

NORMAN: Cosa stai facendo?

BATES: Hai sentito questa risata?

NORMAN: Quale risata?

BATES: Non appena ho detto che mi volevo sposare.

NORMAN: (Ride. Entra Linda vestita da cameriera).

LINDA: Cosa fai con tua cugina?

BATES: Niente, lo giuro. Tanto più che devo sposarmi.

LINDA: (Ride). Scusa, non so perché ma ho sentito l’irrefrenabile impulso di ridere.

BATES: Ha cercato di sedurmi.

NORMAN: E tu per questo l’hai uccisa?

BATES: Cosa stai dicendo?

NORMAN: Non vedi che ha un coltello piantato nella schiena?

BATES: Oh mio Dio, ed io che credevo mi fosse caduta ai piedi.

LINDA: In effetti ti è caduta ai piedi, però l’hanno aiutata.

BATES: Cosa facciamo?

LINDA: Rimettila nell’armadio. Vedrai che scomparirà.

BATES: Dici?

NORMAN: È vero. Chiunque sia entrato nell’armadio poi è scomparso. (Bates la mette).

BATES: Ne sei sicuro? Mi sembra un po’ difficile che possa allontanarsi da sola.

NORMAN: Fidati. Riapri. (Bates riapre il cadavere gli ricade addosso). Vabbè, fa niente. Lasciala lì. (Escono. Musica. Mentre scendono le luci le porte dell’armadio si aprono da sole ed appare vuoto. Si sente ancora risuonare la risata).


SECONDO TEMPO

TERZA PARTE

SCENA PRIMA

Norman, Bates, Linda.

A luci spente entrano da due diverse porte Norman e Bates, hanno soltanto due pile che illuminano la scena. Si avvicinano a centro palco.

BATES: Chi è la?

NORMAN: Sono io.

BATES: Io chi? Parola d’ordine.

NORMAN: Sei un deficiente.

BATES: Ah, sei tu, Norman. (Entra Linda).

NORMAN: Chi è la?

LINDA: Sono io.

BATES: Io chi? Parola d’ordine.

LINDA: Siete due deficienti.

NORMAN: Ah, vieni pure.

BATES: Allora?

NORMAN: Dobbiamo fare sparire il cadavere prima che qualcuno lo veda.

LINDA: Ma perché proprio noi?

NORMAN: Chiamare un’impresa di pompe funebri potrebbe dare nell’occhio.

BATES: Non potremmo aspettare che se ne vada da solo?

NORMAN: Bates, è un cadavere.

LINDA: E come facciamo?

NORMAN: Noi controlliamo che non arrivi nessuno, Bates, tu apri l’armadio, prendi il cadavere, lo porti fuori e lo carichi sulla tua macchina.

BATES: Perché io?

NORMAN: Noi dobbiamo già controllare che non arrivi nessuno. Mica possiamo fare tutto.

LINDA: Bates, non fare domande idiote. E poi è tua cugina.

BATES: Potrei controllare io che non arrivi nessuno.

LINDA: Sì, così controlliamo in tre e il cadavere rimane lì.

BATES: Perché devo fare sempre io i lavori sporchi.

NORMAN: Perché qualcuno li deve fare. E poi non dimenticarti che io sono la mente e tu il braccio. Hai mai visto una persona con due menti?

BATES: No, ma ho visto un sacco di gente con due braccia.

NORMAN: Avanti, poche storie.

LINDA: Un momento. Se tu sei la mente e lui il braccio io cosa sono?

BATES: È vero. Lei cos’è?

NORMAN: Ma che ne so io di cos’è lei.

LINDA: Solo perché è importante definire bene i ruoli.

NORMAN: Ok, tu sei la gamba, va bene?

LINDA: Perché la gamba?

NORMAN: Vuoi fare l’intestino crasso?

LINDA: No, va bene la gamba.

BATES: Aspetta. La destra o la sinistra?

NORMAN: Avanti, vai. (Bates va verso l’armadio). Arriva gente.

BATES: Dove?

NORMAN: Calmati, era solo una prova per vedere se eri reattivo.

BATES: Fallo ancora una volta e ti reattivo io. Ma la circolazione. E a calci in culo.

LINDA: Non sai stare agli scherzi. E ti vorresti sposare. (Norman e Linda ridono. Bates apre l’armadio, è vuoto).

BATES: Norman, non vedo mia cugina.

NORMAN: E va bene, tu (alla cameriera) fai un po’ di luce.

LINDA: Va bene.

NORMAN: Va meglio, Bates?

BATES: Norman, il cadavere.

NORMAN: Quante storie. Va bene, avanti, dallo a me che lo porto fuori io. Certo che fidarsi di te. Avanti vieni, caricamela sulle spalle. (Bates si avvicina a Norman, per chiamarlo gli appoggerà una mano sulla spalla, lui credendo si tratti del cadavere se lo issa sulle spalle e attraversa il palco). Accidenti quanto è pesante tua cugina. A vederla non si sarebbe detto.

LINDA: Norman. (Gli fa notare che ha sulle spalle Bates).

NORMAN: Bates. Ma cosa ci fai lì sopra.

BATES: Volevo dirti che il cadavere è sparito.

NORMAN: E dovevi salirmi sulle spalle per dirmelo?

BATES: Ma sei tu che…

NORMAN: Sei sicuro?

BATES: Certo che sono sicuro. Mi hai preso mentre… E io non volevo contraddirti.

LINDA: Ma no, sei sicuro che l’armadio sia vuoto?

BATES: Controllate voi stessi.

NORMAN: Non è per mancanza di fiducia, eh. (Norman apre l’armadio. In effetti è vuoto). Io non ci capisco più niente. Accendi le luci.

BATES: Ma non dovevamo portarlo via al buio?

NORMAN: Bates, cosa vuoi portare via se il cadavere non c’è più?

BATES: (Accende la luce). Hai ragione.

LINDA: Dove sarà finito?

BATES: E che ne so.

NORMAN: Io credo che a questo punto la cosa migliore sia andarcene a dormire. Tanto ormai per questa notte non se ne fa più niente. Ci penseremo domattina.

LINDA: È vero. Buonanotte. (Esce. Norman va verso la porta). Aspetta a venire in camera.

NORMAN: Perché? Dormiamo insieme?

LINDA: Certo. Dove vuoi dormire?

NORMAN: Ho capito. Nemmeno tu sai resistere al mio fascino. Va bene. Non diremo niente a Linda.

LINDA: Ma cosa… (Si rende conto di essere vestita da cameriera). Brutto stronzo. (Gli da uno schiaffo ed esce).

BATES: Problemi?

NORMAN: No, figurati.

BATES: Eppure sono sicuro che l’avevo messo lì. (Apre l’armadio per indicare, il cadavere è di nuovo lì. Richiude spaventato). Norman. Il cadavere.

NORMAN: Eh?

BATES: È tornato. (Richiude l’armadio).

NORMAN: Come tornato?

BATES: È di nuovo nell’armadio.

NORMAN: Ma se abbiamo appena guardato. (Norman va verso l’armadio, lo apre, gli cade addosso il cadavere di Murray). Aiuto.

BATES: Hai visto? (Bates non guarda).

NORMAN: Direi che per essere tua cugina il trapasso non le ha fatto granché bene.

BATES: Perché?

NORMAN: È diventata un uomo.

BATES: Dici che ha fatto l’operazione?

NORMAN: Non so che operazione abbia fatto ma il risultato è sicuramente sbagliato.

BATES: Che cosa intendi dire?

NORMAN: E vieni ad aiutarmi.

BATES: Va bene. Ma quella non è mia cugina.

NORMAN: Sai che non l’avevo capito?

BATES: Ma si vedeva subito. Non le somiglia per niente. Capisco l’operazione ma non mi dirai che ha fatto anche una plastica facciale.

NORMAN: Bates, questo è l’uomo che abbiamo visto prima.

BATES: Non è mia cugina?

NORMAN: Io lo so che non lo fai apposta ed è per questo che non mi incazzo. Dai, vieni, portiamolo via. (Lo afferrano ed escono dalla porta di fondo. Immediatamente dopo rientrano precipitosamente). Veloce, nell’armadio prima che arrivi.

LINDA: (Da fuori). Norman.

NORMAN: Forza, dai. (Rimettono il cadavere nell’armadio. Ci finisce dentro anche Bates. Norman chiude subito la porta e si appoggia contro).

SCENA SECONDA

Detti più Linda, poi Irina, Felix e Murray, Matilda, Dora.

 

LINDA: Norman, ma cosa fai qui?

NORMAN: Tu, piuttosto, cosa ci fai qui?

LINDA: Io sono venuta a cercarti. Perché non vieni in camera?

NORMAN: Perché non vengo in camera?

LINDA: Io lo chiedo a te.

NORMAN: Anch’io lo chiedo a te.

LINDA: E vieni, dai.

NORMAN: È che avrei ancora del lavoro da fare.

LINDA: Lavoro?

NORMAN: Devo spostare.

LINDA: Che cosa? Un cadavere, magari?

NORMAN: Già. No. Come fai a saperlo?

LINDA: E smettila, Norman, hai sempre voglia di scherzare.

NORMAN: Già, sono proprio un burlone.

LINDA: Avanti, vieni in camera, questa villa, questa atmosfera strana mi hanno messo addosso una strana eccitazione. Non vorrai mica che chiami il maggiordomo.

NORMAN: Tanto non verrebbe, è nell’armadio.

LINDA: Chi? Il maggiordomo?

NORMAN: Dorme.

LINDA: Nell’armadio?

NORMAN: È che soffre d’insonnia e l’armadio è l’unico posto che gli concilia il riposo.

LINDA: Ma Norman, cosa dici? Avanti, vieni. (Norman fa per muoversi ma si accorge che la giacca è rimasta impigliata tra le porte dell’armadio).

NORMAN: Vai avanti tu.

LINDA: Perché?

NORMAN: C’è qualcosa che mi trattiene qui.

LINDA: Ah, ti ho capito, vuoi che lo facciamo qui? Così c’è anche il rischio di venire scoperti. La cosa diventa più eccitante.

NORMAN: Già.

LINDA: E va bene. Animale. (Linda fa per assalire Norman, nel frattempo si apre la porta dell’armadio ed appare Bates).

BATES: Scusate. Disturbo?

LINDA: Bates. Cosa ci fai nell’armadio?

NORMAN: Riposava.

LINDA: Anche lui nell’armadio?

BATES: È il posto più tranquillo della casa.

LINDA: Voi due siete matti. (Se ne va).

BATES: Norman, c’è un problema.

NORMAN: Un altro?

BATES: Sì, mi sono distratto un attimo ed è successa una cosa strana.

NORMAN: Più ancora di quello che è successo fino ad ora?

BATES: (Apre anche l’altra anta dell’armadio ed appare il cadavere di Irina che cade addosso a Bates che rimane per terra privo di sensi. Un attimo di buio poi la scena si colorerà di luci irreali).

NORMAN: Bates, oh mio Dio, sei svenuto?

BATES: No, sto bene.

NORMAN: Sicuro di non essere svenuto?

BATES: Se ti sto parlando come posso essere svenuto?

NORMAN: Potresti parlare nel sonno, essere un sonnambulo.

BATES: Aiutami ad alzarmi piuttosto e a rimettere nell’armadio mia cugina. (Norman lo aiuta).

NORMAN: Perché vuoi rimetterla dentro?

BATES: Qui fuori fa disordinato.

NORMAN: Va bene.

FELIX: (Da fuori) Credo che voi due dobbiate una spiegazione. (Entra).

BATES: (Chiude l’armadio). Spiegazione? E perché?

FELIX: Per quello che c’è nell’armadio.

BATES: Norman, non ti preoccupare. Adesso riapro l’armadio e dentro non ci sarà più niente.

NORMAN: Ne sei sicuro?

BATES: Se non è così non mi chiamo più Bates.

NORMAN: Va bene William.

BATES: Cosa dici?

NORMAN: Niente, mi sto già allenando.

FELIX: Avanti, aprite quell’armadio.

BATES: Ma lei chi è per darci tutti questi ordini?

FELIX: Sono l’ispettore Berring. Sono venuto qui con la mia assistente perché sono stato chiamato per indagare su un delitto che si sarebbe dovuto commettere questa notte.

NORMAN: E chi l’ha chiamata?

FELIX: Un certo Ugo Invergordonstrandbrastcostlerson.

NORMAN: Bates.

BATES: Ti giuro che non sono stato io.

MURRAY: (Entrando). Sono stato io infatti a chiamarlo.

BATES: Il morto.

NORMAN: Ma lei non è morto?

MURRAY: Mi permetta con rispetto parlando di toccarmi le palle.

FELIX: Allora? Mi volete spiegare qualcosa? Non mi piacete voi due.

NORMAN: Meglio. Sono già fidanzato.

BATES: Sì, anch’io sono già fidanzato.

NORMAN: Sì, è vero, deve anche sposarsi.

FELIX: E con chi?

NORMAN: È meglio che non glielo diciamo perché non credo ne sarebbe contento.

FELIX: E allora parliamo dell’assassinio che è stato appena commesso in questa casa. Voglio che immediatamente tutti…

LINDA: (Entra vestita da cameriera). Posso spiegare tutto io.

BATES: La cameriera.

LINDA: No, non sono la cameriera. (Si toglie la parrucca).

NORMAN: Linda?

LINDA: Non sono nemmeno Linda. In realtà io sono la contessa Matilda.

NORMAN: Quella con l’immensa fortuna eri tu?

LINDA: Certo.

NORMAN: Adesso capisco perché non volevi mai giocare al lotto.

LINDA: Sì, non volevo smascherarmi.

BATES: Ma allora la contessa, l’altra, chi è?

MATILDA: (Entrando). Sono tua cugina Irina, Bates.

LINDA: Sì, lei è mia figlia.

NORMAN: Ma…

LINDA: Lo so che può sembrare strano. Che io sembro più giovane. Ma c’è una spiegazione anche a questo.

MATILDA: Io sono nata prima.

LINDA: Un trucco vecchio come il mondo. Per far sì che una figlia sembri più vecchia della mamma è sufficiente farla nascere prima.

BATES: Non ci avevo pensato.

NORMAN: Io credo di impazzire. (Bussano dall’armadio). Chi sarà?

FELIX: Apri e lo saprai. (Norman va ad aprire. Esce Irina).

BATES: E tu chi sei?

IRINA: Sono Dora, la donna che tu volevi sposare. (Tutti ridono).

BATES: Non è possibile.

NORMAN: Poteva andarti peggio. Pensa se Dora ero io.

BATES: Ma allora io chi sono?

LINDA: Probabilmente uno dei nostri cavalli.

BATES: Lo stallone nero?

LINDA: No, il castrato grigio.

BATES: Io non ci capisco più niente.

NORMAN: E quando mai hai capito qualcosa?

BATES: Non mi sento bene. (Improvvisamente scende il buio completo, si sente un colpo di pistola, una risata macabra poi, quando si riaccende la luce la stanza è vuota ad eccezione di Norman che è in piedi in un angolo, Bates e Irina che sono sdraiati per terra davanti all’armadio. Le luci tornano ad essere normali).

SCENA TERZA

Norman, Bates, Irina, poi Matilda.

NORMAN: Bates, oh mio Dio, sei svenuto?

BATES: No, sto bene.

NORMAN: Sicuro di non essere svenuto?

BATES: Se ti sto parlando come posso essere svenuto?

NORMAN: Potresti parlare nel sonno, essere un sonnambulo.

BATES: Dov’è andato l’ispettore Berring?

NORMAN: Chi?

BATES: E la zia? Lo sapevi che è più giovane di mia cugina?

NORMAN: Ma cosa dici?

BATES: Io credevo di sposare Dora, in realtà stavo per sposare mia cugina.

NORMAN: La morta?

BATES: Non è morta. L’abbiamo messa nell’armadio solo per non fare confusione.

NORMAN: Bates, tu deliri.

BATES: Ma sì, tutti sanno che mia cugina non è morta. Anche Felix che poi in realtà è un ispettore di polizia. Era qua un attimo fa. E poi lo sparo.

NORMAN: Bates, hai sognato tutto. Non c’è stato nessuno sparo e qui non è entrato nessuno. Il cadavere ti è caduto addosso e tu per un attimo hai perso i sensi. Intanto qualcuno ha ucciso tua cugina e noi dobbiamo scoprire chi è stato.

BATES: Un sogno?

NORMAN: Senti, facciamo sparire questo cadavere una buona volta.

BATES: Ho bisogno di bere qualcosa di forte.

NORMAN: Allora facciamo così, prendi una coperta nell’armadio, avvolgiamo il cadavere e lo nascondiamo da qualche parte. Io intanto vado a prendere qualcosa da bere.

BATES: Va bene. (Norman esce a destra, Bates va verso l’armadio, apre una porta. Al suo interno c’è il fantasma che regge un vassoio e un bicchiere di liquore). Che notte. Chi se lo sarebbe immaginato tutto questo casino. Devo bere assolutamente. (Vede il bicchiere, lo prende). Grazie. Cos’è? Sembra vodka. È proprio quello che ci voleva. (Rientra Norman).

NORMAN: Ecco i liquori.

BATES: Grazie, ce l’ho già.

NORMAN: Dove l’hai preso?

BATES: Nell’armadio.

NORMAN: Nell’armadio?

BATES: Perché? È vietato? Hai l’esclusiva sui liquori? (Fa per bere).

NORMAN: Tua zia tiene i liquori nell’armadio?

BATES: Tiene i liquori nell’armadio.

NORMAN: E magari le mutande nel frigo.

BATES: Ha provato ma poi le si raffreddava il culo.

NORMAN: E che cos’è?

BATES: Non lo so, adesso assaggio. (fa per bere ma entra Matilda).

MATILDA: No, non bere.

BATES: Anche tu? (gli prende il bicchiere e lo vuota nel vaso. Si alza un denso fumo).

NORMAN: Fortino quel liquore.

MATILDA: Se avessi bevuto poi il tuo intestino non sarebbe andato più bene neppure per farci la minestra con le trippe.

BATES: Ma allora c’è qualcuno che mi vuole morto.

MATILDA: Certo. (Ride). Dai, non prendertela. C’è di peggio. (Esce).

NORMAN: Bates, c’è qualcuno che vuole ucciderti.

BATES: Chi credi sia?

NORMAN: Non lo so. Andiamo per esclusione. Tua cugina no.

BATES: E ci credo è morta.

NORMAN: Tu non credo. Anche perché in tal caso non si tratterebbe di omicidio bensì di suicidio.

BATES: E cosa cambia?

NORMAN: Per te sicuramente niente. Gli altri sono tutti possibili sospetti.

BATES: Aspetta, ti sei dimenticato di escluderti tu.

NORMAN: Come? Ah già, è vero.

BATES: Aspetta. Tu hai escluso mia cugina Irina perché è morta.

NORMAN: Mi sembra non sia malaccio come alibi.

BATES: Però non hai considerato una cosa. A tentare di uccidermi è un fantasma.

NORMAN: E quindi?

BATES: Irina a questo punto diventa la sospettata numero uno.

NORMAN: Se indaghi tu hai ben poche possibilità di sopravvivere.

BATES: L’hai visto anche tu il fantasma.

NORMAN: Bates, io ho visto una persona mascherata con un lenzuolo.

BATES: Appunto, il fantasma si è mascherato da finto fantasma per ingannarci e far cadere la colpa su qualcun altro.

NORMAN: È una volpe quel fantasma.

BATES: Ma no, è troppo grosso, è sicuramente una persona.

NORMAN: No, io intendevo dire volpe non come animale.

BATES: E poi se fosse stata una volpe ce ne saremmo accorti perché avrebbe camminato a quattro zampe.

NORMAN: Va bene così, Bates, abbiamo appurato che non è una volpe.

BATES: Bene, abbiamo fatto un altro piccolo passo in avanti.

NORMAN: Sicuramente fondamentale. Vieni, rimettiamo tua cugina nell’armadio.

BATES: L’assassina?

NORMAN: L’assassina. La mettiamo sotto chiave.

BATES: Non volevi metterla nell’armadio?

NORMAN: Facciamo come vuoi tu. (La mettono nell’armadio).

BATES: Così non scappa di sicuro.

NORMAN: Ah, certo. Ma senti, nel caso assurdo che l’assassino non fosse lei, sai a volte ci sono i colpi di scena, il maggiore sospettato potrebbe in realtà essere innocente. Non sarebbe meglio indagassimo anche sugli altri?

BATES: Dici?

NORMAN: Sai, solo per non escludere niente a priori.

BATES: Accidenti, quanto lavoro. Dobbiamo scoprire chi mi vuole uccidere e intanto uccidere Felix e mia zia.

NORMAN: Sento arrivare qualcuno. Prepariamoci.

SCENA QUARTA

Norman, Bates, Felix poi Linda

FELIX: (A Norman) Ha finito il suo turno di lavoro?

NORMAN: Perché?

FELIX: Non è più vestito da cameriere.

NORMAN: Ah no? Accidenti, mi sbaglio sempre.

FELIX: Sta meglio vestito così. Quei vestiti costeranno un occhio, con rispetto parlando.

NORMAN: Già. L’errore è stato comprarne due insieme. E mi sono ridotto così.

FELIX: E lei chi è?

BATES: Io chi sono?

FELIX: Suo fratello?

NORMAN: Già, mio fratello.

FELIX: Quello che non vedeva mai.

NORMAN: E continuo a non vederlo.

BATES: Ora basta parlare di me. Parliamo di lei piuttosto.

FELIX: Aspetti, a me sembra di conoscerla.

BATES: A me? No, sicuramente si sbaglia. Io sono nuovo di qui.

FELIX: Ma non l’ho conosciuta qui. Non ricordo.

NORMAN: Non cerchi di inquinare le prove.

FELIX: Le prove?

BATES: Già. Lei ha un alibi?

FELIX: Voi siete completamente pazzi. Stavo andando in cucina a prendere dell’acqua. Arrivederci. (Esce).

NORMAN: Deficiente, vestiti da cameriere.

BATES: Scusa, è che mi ha preso di sorpresa. (Entra Linda vestita da cameriera). Secondo te poteva essere lui? Hai visto come l’ho messo alle strette? L’ho torchiato fino a farlo scappare per l’imbarazzo.

NORMAN: Sarà.

LINDA: Allora? Tutto a posto? (Rientra Felix. Contemporaneamente si apre la porta dell’armadio e si vede Irina con un cappio al collo e che regge la corda in alto con una mano).

FELIX: Che cos’è quello? Oh, mio Dio, un cadavere. Qualcuno ha ucciso quella donna.

BATES: Certo, qualcuno l’ha pugnalata e noi sappiamo chi è stato.

FELIX: Ma che pugnalata. È stata impiccata.

NORMAN: Come impiccata?

LINDA: Oh mio Dio, guardate, l’hanno appesa alla sua mano.

NORMAN: Ma perché?

BATES: Sicuramente per simulare un suicidio.

NORMAN: Un suicidio?

BATES: Certo, l’assassino vuole farci credere che si sia impiccata con le sue mani.

FELIX: Ma fatemi il piacere. Bisogna assolutamente riunire tutte le persone presenti nella villa in questa camera e poi chiamare la polizia. (Esce).

NORMAN: Ma come ha potuto impiccarsi alla sua mano?

BATES: E poi perché impiccarsi se era già morta accoltellata?

LINDA: Non possiamo chiudere l’armadio? Mi fa un po’ impressione.

NORMAN: Una corda col cappio. Tu la tua ce l’hai ancora?

BATES: Nella giacca. Oh Dio, me l’hanno rubata.

NORMAN: Quindi l’hanno impiccata con la tua corda. Non è che…

BATES: No, la corda era per Felix.

LINDA: Dunque qualcuno sta cercando di uccidere te e ha già ucciso tua cugina.

BATES: Ho paura. Statemi vicino.

NORMAN: No, al contrario, è meglio se ti stiamo lontani.

BATES: Pronti ad intervenire nel caso arrivasse l’assassino?

NORMAN: No, pronti a scappare nel caso arrivasse l’assassino.

LINDA: Arriva gente.

NORMAN: L’assassino può essere soltanto uno di loro.

BATES: Dobbiamo scoprire chi.

LINDA: Induciamolo a tradirsi.

NORMAN: È molto semplice. Basterà che noi facciamo finta di sapere.

BATES: E se ci chiedono qualcosa?

NORMAN: Facciamo finta.

BATES: Finta.

SCENA QUINTA

Tutti.

 (Entrano tutti).

FELIX: Signori, vi ho radunati qui, per una questione della massima importanza. In questa casa è stato commesso un omicidio. Una donna è stata impiccata. (Apre la porta dell’armadio. Irina ha una pistola puntata alla tempia).

DORA: Ma non ci vuole una corda per impiccarsi?

FELIX: Non capisco.

BATES: È per depistare le indagini.

FELIX: In che senso?

NORMAN: L’assassino ha capito che noi non avremmo mai creduto ad un suicidio tramite autoimpiccagione e allora vuole farci credere che si sia sparata.

MATILDA: Ma quella chi è?

LINDA: Sua nipote Irina.

MATILDA: Ah. Scelga una carta. Otto di cuori? Sono venti dollari.

LINDA: Ma come fa a giocare a carte mentre sua nipote è morta?

MATILDA: È morta lei, mica io.

NORMAN: Voi vi chiederete perché vi abbiamo radunati tutti in questa camera.

BATES: Certo che ce lo chiediamo.

NORMAN: Tu no, deficiente, tu lo sai il perché.

BATES: Già, è vero. Io lo so il perché. Siete voi che non lo sapete. Ignoranti.

LINDA: L’assassino è tra di noi.

BATES: E io so anche chi è. (Tutti si guardano). Mica come voi. Ignoranti.

MURRAY: Avanti, lo dica allora. Chi è?

BATES: L’assassino è mia cugina Irina.

DORA: La morta?

NORMAN: Ma cosa dici, deficiente.

BATES: Ma sì, perché…

NORMAN: Fai parlare me. Scherzava. Era solo per depistarvi. Ebbene sì, noi sappiamo chi è l’assassino. Tutti avevate un motivo per volerla morta.

FELIX: Che motivo avrei avuto io?

NORMAN: Che motivo… ecco…

LINDA: Troppo facile se glielo diciamo noi.

BATES: Già, è vero, è troppo facile se glielo diciamo noi. Dovrebbe arrivarci da solo.

FELIX: Ma io…

NORMAN: Vede che si sta già confondendo?

BATES: (A Murray) E lei?

MURRAY: E io che c’entro?

BATES: Norman, chi cazzo è quello?

NORMAN: E che ne so io.

LINDA: Anche lei. (A Dora).

NORMAN: E lei allora? (A Matilda).

MATILDA: Scegli una carta. Due di picche. Ho vinto. Mi devi trenta dollari.

NORMAN: Ma… Non erano sempre venti?

MATILDA: Con l’avvento dell’euro…

NORMAN: Ma cosa c’entra l’euro con i dollari?

MATILDA: Mistero.

BATES: Comunque adesso è scattata l’ora X. (Tutti guardano l’orologio). Non sto certo a spiegarvi io cos’è l’ora X. Tutti lo sapete.

NORMAN: Hai capito cos’è finalmente.

BATES: No, ma mi è piaciuto quando l’hai detto. Fa effetto.

LINDA: Sì, ora lui (indica Norman) dirà il nome dell’assassino.

NORMAN: Perché io?

LINDA: Allora lo dirà lui. (A Bates).

BATES: Ma io…

NORMAN: Avanti, dillo.

BATES: Siete sicuri? Va bene. Allora, l’assassino è… (Comincerà ad indicare qua e là varie persone, tentennando, ogni volta cambiando idea). Lui, no, cioè lei, no, lui, no, ecco, ecco, l’assassino è… (A Norman) Irina no…

NORMAN: È morta, Bates.

BATES: Ah, ecco, ora ci sono. L’assassino è esattamente lei. (Indica Matilda).

MATILDA: È proprio deficiente.

MURRAY: Ma come… (Matilda fa un paio di passi avanti poi stramazza al suolo).

FELIX: Oh, mio Dio, ma è morta.

NORMAN: Come morta?

BATES: Te l’avevo detto no che era debole di cuore? Non ha retto alla notizia ed è stramazzata.

DORA: Lo so io di cosa è morta. Veleno. L’ho vista prima in cucina che stava mangiando un piatto di funghi.

FELIX: Ma non può essere quello, l’ho mangiato anch’io un piatto di funghi. Era in un carrello davanti alla porta della mia camera e c’era un biglietto che diceva per Felix, buon appetito. E come vedete sto benissimo. (Stramazza morto).

NORMAN: Pensa quelli che stanno male.

DORA: Oh, mio Dio, Felix.

LINDA: (A Bates e Norman in disparte). Ragazzi, i tre che dovevamo eliminare sono tutti morti. Missione compiuta.

BATES: Come missione compiuta?

LINDA: Certo, se aspettavo che li uccideste voi…

NORMAN: Vuoi dire che…

LINDA: Solo questi due. Irina non so chi l’abbia uccisa. Ci vediamo ragazzi (Esce).

MURRAY: Qualcuno ci vuole tutti morti.

BATES: Beh, proprio tutti no. Sono sicuro che adesso non corriamo più nessun pericolo. Vado in cucina a prendermi qualcosa da bere. (Esce. Dopo pochi secondi ripassa nella camera inseguito dal fantasma che imbraccia una grossa ascia). Ho la sensazione che questo ce l’abbia con me. (Escono entrambi dall’altra parte).

DORA: E quello che cos’era?

NORMAN: Il cameriere.

DORA: Ma no, quello dietro.

NORMAN: Niente, era solo un fantasma. (Entra Linda).

LINDA: State facendo festa senza di me? Ho sentito un sacco di rumore. Vi divertite?

NORMAN: Da morire.

LINDA: Dai, fate divertire anche me. (Scendono le luci e al buio si sente un colpo di pistola. Quando si riaccendono le luci Linda è per terra morta, mentre Bates stringe in mano una pistola).

NORMAN: Oh, mio Dio, Linda. Bates che cosa hai fatto?

BATES: Ho seminato il fantasma.

NORMAN: Ma no, hai ucciso Linda.

BATES: Io non ho ucciso nessuno.

MURRAY: E quella pistola, allora?

BATES: La pistola? Ma io… io non ho sparato. Ho solo… pensato di farlo. Ho pensato avessi una pistola, sparerei al fantasma. Poi stavo tornando qui nel salone dopo che il fantasma ha smesso di inseguirmi, ma improvvisamente è stato tutto buio e qualcuno mi ha infilato questa pistola in mano. (Ancora il buio. Si sente un urlo di Dora. Quando si riaccendono le luci Dora è distesa per terra morta, con una freccia piantata. Bates è nella stessa posizione di prima e in mano stringe anziché la pistola un piccolo arco).

NORMAN: Ancora?

BATES: Dora, è morta, come potrò adesso sposarla? (Norman e Murray ridono). Ma come potete ridere.

NORMAN: Scusa.

MURRAY: È stato un impulso irresistibile. Non so perché.

NORMAN: Bates, l’hai uccisa tu.

BATES: No.

MURRAY: E quell’arco, allora?

BATES: Io non so come sia finito nelle mie mani, dovete credermi. Stavo pensando...

NORMAN: Senti, Bates, hai vissuto tutta una vita senza riuscire ad articolare un solo pensiero intelligente e compiuto, devi proprio cominciare adesso?

BATES: Ma non lo faccio apposta.

MURRAY: E allora pensi a qualcosa di inoffensivo.

BATES: Così su due piedi è difficile. Aspettate. Mi è venuta in mente una cosa che è davvero una cannonata.

NORMAN E MURRAY: No. (Si buttano per terra).

MURRAY: Successo niente?

NORMAN: No. Scampato pericolo. (Si rialzano).

MURRAY: Cosa facciamo adesso?

NORMAN: Non lo so, io sento una terribile puzza di bruciato.

MURRAY: Come?

NORMAN: Sento puzza…

BATES: Scusate, sono stato io.

NORMAN: Facciamo il punto della situazione. Sono tutti morti. Tranne noi tre. Il che potrebbe far supporre che l’assassino sia uno di noi tre. Dato che non sono io, il cerchio si restringe.

MURRAY: Ma che motivo avevamo per uccidere tutta questa gente? Io nemmeno li conoscevo.

NORMAN: Nemmeno io. (Si voltano verso Bates).

BATES: Perché mi guardate?

MURRAY: Così, per passare il tempo.

NORMAN: Visto che non c’è la televisione.

BATES: Ah, dimenticavo di dirvi una cosa che ho scoperto mentre mi inseguiva il fantasma. Qualcuno ha chiuso a chiave tutte le porte e sbarrato tutte le finestre. Siamo bloccati qui dentro fino a domani mattina almeno. Che dite? Per ingannare il tempo portiamo i cadaveri in cantina? (Mentre i tre cominciano a farlo scendono le luci e parte la musica).

QUARTA PARTE

SCENA SESTA

Norman, Bates, Murray, poi Linda

(Si riaccendono le luci. I cadaveri sono spariti. Seduti su tre sedie ci sono Norman,

Bates e Murray. Bates e Murray sono immobili).

NORMAN: Sta per sorgere il sole. È stata una buona idea quella di passare il resto della notte qui riuniti in questo salone in modo da poterci tenere d’occhio a vicenda. In effetti non è successo più niente. (Da una pacca a Murray che cade, morto). Non è possibile. È morto anche lui. Bates, (Da una pacca a Bates, anche lui cade). Oh, Dio, Bates. Sono tutti morti.

BATES: (Svegliandosi). Che succede?

NORMAN: Bates. Che spavento che mi hai fatto prendere.

BATES: Ma io non ho fatto niente. Credo di essermi solo assopito.

NORMAN: Guarda. È morto.

BATES: Anche lui. Allora rimaniamo soltanto più io e te.

NORMAN: Già.

BATES: Dove lo mettiamo? Non ho più voglia di andare in cantina.

NORMAN: Nell’armadio. Aspetta. (Lo apre per controllare). Sì, va bene. (Lo mettono).

BATES: Secondo te come è morto?

NORMAN: Tu dovresti saperlo.

BATES: Ti giuro che non ho pensato a niente.

NORMAN: Senti, Bates, siamo rimasti soltanto più io e te. Dato che l’assassino non sono io puoi soltanto essere tu. Hai ucciso le tre persone che volevi uccidere e poi hai eliminato tutti i testimoni. Tutti meno uno.

LINDA: Meno due. (Entrando vestita da cameriera).

NORMAN: Ci eravamo dimenticati la cameriera.

LINDA: Non sono la cameriera. (Si toglie la parrucca). Sono Linda.

BATES: Ma non è possibile. Linda è morta.

LINDA: No, quella che è morta era la cameriera. Si era travestita da me.

NORMAN: Non capisco.

LINDA: Era la mia sorella gemella segreta. Faceva la cameriera in questa casa.

NORMAN: Perché segreta?

LINDA: Perché nessuno era a conoscenza della sua esistenza. Semplice, no?

BATES: Allora…

LINDA: No, non sono io l’assassina.

NORMAN: E allora chi è?

LINDA: Sono morti tutti gli altri?

BATES: Sì, sono tutti fantasmi. (Va verso la cucina. Apre la porta).

NORMAN: Per favore non voglio più sentirti parlare di fantasmi.

BATES: Posso parlarne ancora una volta?

NORMAN: Ti ho detto di no.

BATES: (Scappando). E allora comincia a scappare senza motivo. (Scappa a destra. Entra il fantasma. Scappa anche Norman).

LINDA: Fermati. (Il fantasma si ferma). È inutile che gli corri dietro. Prima o poi qui dovranno tornare. Nasconditi nell’armadio e li prenderai alle spalle non appena rientreranno. (Il fantasma esegue. Rientra Bates). Dov’è Norman?

BATES: Non lo so. Ci siamo persi di vista.

LINDA: Vieni qui Bates, fatti guardare bene. (Lo mette spalle all’armadio, esce il fantasma, cerca di accoltellare Bates ma lui si sposta all’ultimo momento ed uccide Linda).

FANTASMA: Oh, mio Dio, ho sbagliato. (Uscendo dall’armadio il fantasma inciampa, cade per terra e cadendo si trascina giù Bates che gli finisce sulla schiena immobilizzandolo inavvertitamente. Entra Norman).

NORMAN: Bravo, Bates, l’hai preso finalmente.

BATES: Chi?

NORMAN: Il fantasma. (Norman aiuta Bates). Linda! L’hai uccisa.

BATES: Adesso possiamo finalmente vedere chi è il fantasma. (Gli tolgono il lenzuolo. È Murray).

NORMAN: Lei?

MURRAY: L’avete capito finalmente.

BATES: Ma si può sapere chi è lei?

MURRAY: Il mio nome è Ugo Invergordonstrandbrastcostlerson.

BATES: Il cameriere.

MURRAY: Da dodici anni al servizio di sua zia la contessa Matilda.

NORMAN: E perché tutta questa messinscena?

MURRAY: Erano anni che aspettavo che la contessa morisse per poter ereditare la sua immensa fortuna. Quando vi ho sentiti parlare di travestirvi da fantasmi per eliminarla ho pensato di entrare immediatamente in azione con la collaborazione di sua cugina Irina con la quale avevo da anni una segreta relazione sentimentale.

NORMAN: Irina, quella dell’armadio.

MURRAY: No. Lei. (Indica Linda).

NORMAN: Lei?

MURRAY: Già.

NORMAN: Ma lei era Linda, la mia fidanzata.

MURRAY: No, si sbaglia. Linda era la sua sorella gemella che faceva la cameriera in questa casa.

NORMAN: Io non ci capisco più niente.

BATES: Figurati io.

MURRAY: E adesso cosa pensate di fare?

NORMAN: Dovremmo consegnarla alla polizia.

MURRAY: Ho solo fatto quello che avevate intenzione di fare voi. Oltre tutto credo che se la polizia facesse una indagine non avrebbe difficoltà a trovare le vostre impronte digitali in luoghi e su oggetti piuttosto compromettenti.

BATES: E quindi?

MURRAY: E quindi potremmo darci la mano ed andarcene da buoni amici.

NORMAN: Chiudiamo tutto…

MURRAY: Già.

NORMAN: Tutto sommato mi sembra una buona idea. Arrivederci, allora.

BATES: Ciao, Norman, a presto.

MURRAY: Arrivederci. (Escono a sinistra. Dopo pochi istanti rientrano di corsa inseguiti da un fantasma. Escono a destra).

BATES: E quello chi è?

NORMAN: Zitto e scappa. (Si aprono le porte dell’armadio. All’interno appare la contessa Matilda con un mazzo di carte in mano. Rivolta al pubblico).

MATILDA: Scegliete una carta. Sei di fiori. Ho vinto io. Sono venti dollari. A testa. (Buio).