Black Comedy

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BLACK COMEDY


Due atti

di Peter Shaffer

traduzione di Guidarino Guidi

PERSONAGGI:

BRINDSLEY MILLER, scultore; sulla trentina; nervoso, con gli occhiali. Molto intelligente, ma anche molto insicuro.

CAROL MELKETT, sua fidanzata; circa vent’anni; una debuttante; superficiale, ma di buon carattere.

M. FURNIVAL, una zitella di mezz’età; timida; un po’ sostenuta; bene educata.

Col. MELKETT, mezz’età; energico; burbero; intimidatorio.

HAROLD GORRINGE, proprietario di un negozio di porcellane antiche; capelli rossi, voce stridente, volgare e permaloso. Il tipo che si può definire solo come “zia”.

SCHUPPANZIG, un rifugiato tedesco di mezz’età; rotondetto, effervescente, entusiasta, colto, felice d’essere in Inghilterra anche se questo significa essere un impiegato fisso della Compagnia d’Elettricità a Londra.

CLEA, ex-amante di Brindsley; sulla trentina. Pittrice assai attraente, chic, ferocemente intelligente, brillante e deliziosa.

GEORG BAMBERGER, un milionario vecchiotto, vestito più o meno secondo lo stile opulento di Nubar Gulbekian.

LA SCENA:

L’azione si svolge nell’appartamento di BRINDSLEY in South Kensington, Londra, situato al pianterreno di un gran casamento attualmente diviso in appartamenti. HAROLD Gorringe abita proprio di fronte; M. FURNIVAL al piano di sopra. Due porte: una che da sull’ingresso esterno dove – oltrepassato il corridoio – si vede la porta di HAROLD, con un lindo stoino sulla soglia; e una dall’altra parte della stanza che conduce allo studio di BRINDSLEY. Una scala porta di sopra a un corridoio-galleria con ringhiera e quindi alla porta della sua camera da letto. Una botola, sul pavimento, conduce in cantina.

IL TEMPO: le 9,30 d’una domenica sera.

NOTA DI PRODUZIONE

Nelle rare occasioni in cui viene acceso un lighter, sfregati dei fiammiferi o azionata una torcia elettrica, non si devono vedere fiamme o lampadine. La luce sul palcoscenico si affievolisce. Quando questi oggetti vengono spenti il palcoscenico s’illumina immediatamente e violentemente.


PRIMO ATTO

                            Oscurità assoluta. Si sentono due voci: quella di Brindsley e quella di Carol. Devono dare l’impressione di due persone che si spostano continuamente da un punto all’altro d’una stanza, con assoluta sicurezza, come se in piena luce. Sentiamo dei rumori, come se venissero spostati dei mobili. Una sedia viene messa giù rumorosamente.

BRINDSLEY           - Ecco fatto. Che te ne pare ora della stanza?

CAROL                  - Favolosa! Magari fosse sempre così - quel lume là ci sta divi-namente. E quelle sedie sono proprio del colore che ci voleva.

BRINDSLEY           - E se Harold tornasse?

CAROL                  - Sta tranquillo. Non se ne parla fino a domattina.

BRINDSLEY           - Così ha detto. Ma pensa se cambiasse idea. Sai quello lì è fanatico dei suoi mobili antichi. Sembra una casa di droga. Che credi che direbbe se tornando a casa si accorgesse che glieli abbiamo presi? Minimo ha un arresto di sangue.

CAROL                  - Non drammatizzare. Mica glieli abbiamo rubati. Poi, in fondo, soltanto un lume, tre sedie, un piccolo divano, la coppa e il vaso dei fiori, nient’altro.

BRINDSLEY           - E il Budda. Che vale più di tutto il resto.

CAROL                  - Via, smetti di angosciarti, Brindsley – tesoro.

BRINDSLEY           - Già, perché non conosci Harold. Lo sai che non farebbe toccare i suoi mobili al Padreterno. A ripensarci, mi si ferma il latte.

CAROL                  - Ma cosa vuoi che sia, Brin-Brin, rimetteremo tutto a posto appena Bamberger se ne sarà andato. Ora fatti riposare l’aorta, da bravo.

BRINDSLEY           - Be’, francamente, non è una cosa ben fatta. Voglio dire, comunque, Harold o no.

CAROL                  - E perché no, santo cielo? La stanza ora è divinavich. Ma guardala, per favore.

BRINDSLEY           - Tesoro, Georg Bamberger è multimilionario. Tra questo genere di mobili ci ha passato la vita. Questi nostri pezzi rubati non gli faranno nessun effetto. Viene a vedere l’opera di uno scultore sconosciuto. Se lo vuoi sapere, sarebbe stato molto meglio se mi avesse trovato come sono realmente: un artista povero. Hai visto mai si commuovesse?

CAROL                  - Lui forse sì. Ma Pap-pap no di sicuro. Ricordati che viene anche lui.

BRINDSLEY           - Eh! Come se fosse facile dimenticarlo. Perché, poi, dovevi invitare quel rincoglionito di tuo padre proprio stasera, non lo so.

CAROL                  - Brin, non ricominciamo, vero?!

BRINDSLEY           - Be’, va be’, io lo trovo veramente troppo. Se ha bisogno che un miliardario compri un mio lavoro per convincersi che sono un marito adatto per te, non mi merita come genero.

CAROL                  - Ma vuole solo una prova che ti sai guadagnare la vita, povero santo.

BRINDSLEY           - Allora mettiamo che a Bamberg i miei lavori non piacciano, per esempio.

CAROL                  - Ma è impossibile, tesoro. Non capisco perché ti angosci tanto.

BRINDSLEY           - Be’, io sono fatto così. Dammi un wisky, amore. (Lei obbedisce) Ho un terribile presentimento. Sento che questa serata sarà un completo disastro, un disastro con la D maiuscola, da antologia, da guerra dei mondi.

CAROL                  - Senti tesoro, lo sai come dicono in Belgio: chi non risica, non rosica.

BRINDSLEY           - Parole sante.

CAROL                  - Il guaio è che tu sei quello che papà chiama un potenziale disfattista.

BRINDSLEY           - Più mi racconti di tuo padre, più lo aborro, lo detesto, lo esecro. Per giunta, i militari non li ho mai potuti soffrire e sono pronto a giurare che lui odierà me.

CAROL                  - E perché?

BRINDSLEY           - Perché sono un vero e proprio vigliacco. Se ne accorgerà, stai tranquilla. Se ne accorgerà subito… dall’alito.

CAROL                  - Senti, tesoro, tutto quello che devi fare è di tenergli testa. Papà fa il prepotente solo quando crede che la gente abbia paura di lui.

BRINDSLEY           - Ah si? Allora siamo  a posto.

CAROL                  - Ma se non l’hai mai visto!

BRINDSLEY           - Be’, perché? Ho bisogno di vederlo?

CAROL                  - Non essere ridicolovich. (Gli porge da bere) Ecco il tuo drink.

BRINDSLEY           - Grazie.

CAROL                  - Ma cosa hai paura che ti faccia?

BRINDSLEY           - Per cominciare, può opporsi al nostro matrimonio.

CAROL                  - Va be’.

BRINDSLEY           - Mi piaci vestita così, sai? Ti mette in risalto gli occhi.

CAROL                  - Tira su la cravatta amore, hai l’aria di un trasandato…

BRINDSLEY           - Invece tu, hai l’aria di un incanto…

CAROL                  - Davvero?

BRINDSLEY           - Proprio, non ti ho mai vista tanto carina.

CAROL                  - Dimmi, Brin-Brin, ce ne sono state molte, prima di me?

BRINDSLEY           - Migliaia.

CAROL                  - No, sul serio.

BRINDSLEY           - Ah, sul serio: allora nessuna.

CAROL                  - E quella della foto?

BRINDSLEY           - Ah già. Ha retto tre mesi, nemmeno.

CAROL                  - Quando?

BRINDSLEY           - Due anni fa.

CAROL                  - Come si chiamava?

BRINDSLEY           - Clea.

CAROL                  - Com’era?

BRINDSLEY           - Era una pittrice-onestissima-bravissima. Ma cinica e fredda come una Siberia.

CAROL                  - Quando l’hai vista l’ultima volta?

BRINDSLEY           - (evasivo) Te l’ho detto… due anni fa.

CAROL                  - Be’, allora perché tieni ancora la sua foto nel primo cassetto, in camera tua?

BRINDSLEY           - Come? Sarà rimasta lì. Cosa vuoi che ne sappia…Dài, dammi un bacio. Lo sai che nessuna al mondo sa baciare come te.

CAROL                  - (mormorando) Dimmi una cosa… ti piaceva più con lei o con me?

BRINDSLEY           - Piaceva che?

CAROL                  - Quella cosina là.

BRINDSLEY           - Ehm! Senti, Carol, aspettiamo gente. Ti pare il momento? Dài, metti un disco. Ma qualcosa di adatto per tuo padre, mi raccomando. Che cosa gli piace? Ci sarà qualcosa che gli piace.

CAROL                  - Niente. Solo marce militari.

BRINDSLEY           - Già, che cretino a chiederlo. C’era da immaginarselo. Aspetta. Credo che ce ne sia una. Deve essere l’ultimo disco in fondo allo scaffale. Quello con la copertina arancione. È intitolato “Marciamo e sventriamo col Duca di Kent”, o roba del genere.

CAROL                  - Questo?

BRINDSLEY           - Proprio lui.

CAROL                  - (prendendolo) Ma è “La banda delle Coldstream guards”

BRINDSLEY           - Perfetto, no? Mettilo.

CAROL                  - Come funziona questo giragira? Ho paura di far saltar tutto.

BRINDSLEY           - Sciocchina! L’ultima manopola a sinistra. Ecco… ora preghia-mo! Signore, fai che… no, meglio dargli del lei, Signore, faccia che stasera tutto vada liscio! Faccia che il signor Bamberger s’innamori delle mie sculture e ne compri qualcuna! Faccia che io piaccia al padre di Carol! E veda un po’ di far venire un accidente al mio vicino Harold, così non si accorge che gli abbiamo preso i mobili di nascosto! Grazie. Amen!

                            (Una marcia di Sousa, fortissimo. Ma è appena cominciata che si affievolisce e smette- come se fosse mancata la corrente elettrica. Silenzio. Il palcoscenico è inondato di luce viva. Il rimanente della commedia eccettuato l’ultimo quarto d’ora è recitato in questa luce, ma come se tutto fosse nel buio più profondo)

BRINDSLEY           - Accidenti! È saltata una valvola.

                            (La struttura della stanza di Brindsley è descritta nella nota all’i-nizio della commedia. Il mobilio che hanno preso in prestito consiste in tre eleganti poltroncine Regency in foglia d’oro, di cui una assai elaborata, con stemma: un tavolino Queen Anne e, su questo, una lampada di opalina; una coppa di Wedgewood, un vaso di porcellana di Coalport con dei fiori e un Budda in porcellana. Le sole cose che appartengono a Brindsley sono un comunissimo tavolo con so-pra le bibite, un grammofono, una sedia assai rozza e una delle sue sculture; un qualcosa informe che consiste di due lunghissime protu-beranze appuntite di metallo, e mobili, montata su un piedistallino)

CAROL                  - Ma no!

BRINDSLEY           - Non può essere altro. (Armeggia all’interruttore e lo gira a destra e a sinistra) Non è altro! È proprio una valvola!

CAROL                  - Oh, no!

BRINDSLEY           - A meno che non ci sia un guasto alla centrale.

CAROL                  - Dove hai il contatore?

BRINDSLEY           - Nell’ingresso.

CAROL                  - Hai una candelina in casa?

BRINDSLEY           - Accidenti, ho proprio paura di no.

CAROL                  - Dammi i fiammiferi.

BRINDSLEY           - Dovrebbero essere sul tavolo dei drinks.

CAROL                  - (Tastando intorno alle bottiglie) Non ci sono.

BRINDSLEY           - Prova sul giradischi, allora. (Tutti e due cominciano a cercare i fiammiferi a tentoni in giro per la stanza) Accidenti, accidenti. (Carol butta giù una maraca dal grammofono, che ruzzola) Eccoli! Trovati!

CAROL                  - (Tastoni, per terra, e trovandola) No. Sbaglio. (Continuano a cercare tutt’intorno a tastoni. Suona il telefono)

BRINDSLEY           - Ti pareva! Figurati se non suonava il telefono. (Cammina barcolloni verso il telefono che suona perentoriamente). Sì, sì. Eccomi! Eccomi! (Lo butta per terra e si deve inginocchiare per trovarlo. Nel ricevitore) Pronto? …(In sconvolgente sorpresa) Pronto!…No, no, no, no. Sto bene, benissimo! E tu? (in grande agitazione, mette la mano sul ricevitore)

BRINDSLEY           - (a Carol) Tesoro…guarda in camera, ti dispiace?

CAROL                  - Ma se sto cercando qui…

BRINDSLEY           - Be’, mi sono ricordato che in camera ci deve essere del filo elettrico. Sai nel cassetto dove hai visto la foto.

CAROL                  - Là non c’è di sicuro. L’avrei visto.

BRINDSLEY           - (sbattendo insieme le dita) Non discutere. Vai a cercare e basta.

CAROL                  - Benissimo. Ma calma, vero?!

BRINDSLEY           - (controllandosi) Scusa. Ma so che c’è. Non l’avrai notato, forse, durate le tue ispezioni.

CAROL                  - E quando l’ho trovato, scusa, che facciamo se non abbiamo i fiammiferi?

BRINDSLEY           - Lavoreremo al buio, tanto semplice. Dài, sbrigati per piacere, cara, su.

CAROL                  - Dio! Che rompi!… (Va a tentoni su per le scale ed entra in camera)

BRINDSLEY           - (togliendo la mano dal ricevitore, in ascolto di quello che fa Carol) Pronto?… Come stai? Bene, bene, bene, bene! Ottima-mente. Bene, bene, bene. Smettere di dir cosa? (Mano sul ricevitore) Carol? Tesoro?… (Soddisfatto che sia scomparsa; in fretta nel ricevitore, a voce bassa) Clea? Ma quando sei tornata? Ti credevo in Finlandia… Non sono nemmeno cinque settimane che sei partita… Da dove parli, scusa? Dal terminal!… Be’, no. Una buona idea? Ma sei matta? Sono occupatissimo e ho paura proprio che non riuscirò a liberarmi.

CAROL                  - (chiamando dalla porta della camera di sopra) Come volevasi dimostrare, nel primo cassetto non ci sono che quattro paia di gemelli, le stecche del colletto, le lettere di tua madre, una pipa, sei paia di orrendi calzini scompagnati…

BRINDSLEY           - (rispondendo) Be’, prova negli altri cassetti. (Carol sparisce. A bassa voce e rapidamente, al telefono) Senti, ora non posso. Ti chiamo io domani, eh? Dove vai a stare?… T’ho detto di no, Clea. Stasera no. Lo so che è qui vicino, ma non è questo il punto… Be’, guarda, la situazione è cambiata… E’ successo qualcosa, in quest’ultimo mese, per cui…

CAROL                  - (lontano) Non riesco a veder niente. Brin-Brin, ti prego!…

BRINDSLEY           - Clea, ti devo lasciare… senti, di parlarne al telefono, non mi pare il caso… Ha a che fare con che? Si, certo che ha a che fare.

CAROL                  - (uscendo dalla camera) Qui non c’è niente. Ma non abbiamo fiammiferi davvero, Brin-Brin?

BRINDSLEY           - La vuoi smettere di starnazzare come un’oca? (Nel ricevitore) No, non a te. Ti richiamo domani, va bene? Ciao. (Riappende bruscamente – ma non riesce a trovare il rimanente del telefono, e sbatte forte il ricevitore sul tavolino)

CAROL                  - (scendendo) Chi era?

BRINDSLEY           - Un tale. Lo hai trovato il filo?

CAROL                  - Ma figurati, non si riesce a trovare niente con questo buio. Dobbiamo mettere assolutamente mani su dei fiammiferi!…

BRINDSLEY           - Andrò al bar. Tipo che mi danno anche una candela. (Si sentono dei gridolini, avvicinarsi da sopra. È M. Furnival che scende a tentoni, spaventata)

M. FURNIVAL        - (squittendo)Aiuto! Aiuto!…Per piacere, qualcuno mi aiuti!

BRINDSLEY           - (chiamando) E’ lei, M. Furnival?

M. FURNIVAL        - Signor Miller?

BRINDSLEY           - Si! (M. Furnival entra  a tentoni)

M. FURNIVAL        - Oh, grazie a Dio, è qui; ho preso uno spavento…

BRINDSLEY           - Perché? Anche da lei è andata via la luce?

M. FURNIVAL        - Sì!

BRINDSLEY           - Devono averla levata a tutto il quartiere, allora.

M. FURNIVAL        - Non credo. Per strada c’è ancora. L’ho vista dal pianerottolo.

BRINDSLEY           - Allora dev’essere saltata la valvola centrale.

CAROL                  - Dov’è? (M. Furnival sembra rimanere senza respiro al suono della voce sconosciuta)

BRINDSLEY           - Giù in cantina. Ma è sigillata. Non la può toccare nessuno se non quei farabutti della Compagnia di Elettricità.

CAROL                  - E ora che facciamo?

BRINDSLEY           - Come, che facciamo? Bisogna chiamarli. Che vengano subito.

CAROL                  - Ma verranno, a quest’ora di notte?

BRINDSLEY           - De-vo-no venire. (Andando a tentoni verso il telefono) Per caso, M. Furnival, non ha mica del fuoco addosso?

M. FURNIVAL        - Ho proprio paura di no. Bisognerebbe pensarle tutte. Io poi ho sempre avuto un terrore folle del buio, s’immagini.

BRINDSLEY           - Tesoro, questa è M. Furnival, del piano di sopra. M. Furnival, M. Melkett.

M. FURNIVAL        - Piacere.

CAROL                  - Molto lieta.

M. FURNIVAL        - Che guaio, eh? (Brindsley riesce ad afferrare il telefono e a fare lo zero)

CAROL                  - Forse possiamo avvertire il signor Bamberger.

BRINDSLEY           - E’ una parola. So che pranzava fuori e  poi veniva qui. Dove lo peschi ora?

CAROL                  - Accidenti.

BRINDSLEY           - (nel ricevitore) Pronto, centralino, mi può dare la Società Elettrica, per favore? Servizio notturno… Certo, sono sicuro che è nell’elenco, signorina, ma non ci vedo. Non importa che si scusi. Non sono cieco! Solo che non riesco a vedere, abbiamo un corto circuito… No, non li abbiamo i fiammiferi, e anche se li avessimo non riusciamo a trovarli… (Disperato) Signorina, la prego; è un caso di emergenza… grazie!… (Verso la stanza) Questa città è piena, rigurgitante di imbecilli!

M. FURNIVAL        - Quanto ha ragione, signor Miller!

BRINDSLEY           - (furioso, nel ricevitore) Signorina, non le sto chiedendo il numero; non lo potrei fare!… Be’, ha mai provato  a fare il numero al buio?… Non troverei neanche il dito… (Cercando di control-larsi) Voglio solo che mi metta lei in comunicazione… Grazie… (a M. Furnival) M. Furnival, scusi la domanda un po’ indi-screta, non ha mica delle candele su da lei?

M. FURNIVAL        - Purtroppo no, signor Miller.

BRINDSLEY           - (vivace, nel ricevitore) Pronto? Guardi, vorrei notificare una val-vola saltata a Scarlatti Gardens diciotto. (Esasperato) Sì, sì! Be-nissimo!… (Furioso. Verso la stanza) Pronto! Pronto!

M. FURNIVAL        - Mi viene un’idea, signor Miller. Harold Gorringe qualche can-dela in casa l’ha certamente. Anche al buio ci arriva. È qui sul pianerottolo. La chiave la lascia sempre sotto lo stuoino.

BRINDSLEY           - Lei è un genio, M. Furnival. Tenere candele in casa è proprio il genere di idee sensate tipiche di Harold. (a Carol) Tieni, tesoro prendi il telefono… vado e torno. (Le porge il telefono agitato, e se ne va alla svelta ma riesce solo a urtare nella sua scultura) Accidenti!

M. FURNIVAL        - S’è fatto male, signor Miller?

BRINDSLEY           - Lo sapevo, maledizione, lo sapevo! Questa sarà la serata più jellata della mia vita!… Budda! Budda! Budda!

CAROL                  - Non perdere la testa, tesoro. Brin, non ti far prendere dal panico (Brindsley esce dalla stanza, e si vede cercar tentoni sotto lo stuoino di Harold la chiave. Finalmente la trova ed entra nella stanza di Harold)

M. FURNIVAL        - Ha proprio ragione, M. Melkett. Non bisogna… non bisogna perdere la calma.

CAROL                  - (nel ricevitore) Pronto? Pronto? (a M. Furnival) Proprio stasera doveva succedere! Povero Brin, sempre sfortunato!

M. FURNIVAL        - Perché? È una serata speciale stasera, M. Melkett?

CAROL                  - Sì. Non potrebbe essere più speciale di così.

M. FURNIVAL        - Davvero? Potrei chiedere perché?

CAROL                  - Ha mai sentito parlare d’un tedesco che si chiama Georg Bamberger?

M. FURNIVAL        - Altro che! Non è l’uomo più ricco del mondo?

CAROL                  - Appunto. (al ricevitore) Sì. Pronto!… (a M. Furnival) Be’, stasera viene qui.

M. FURNIVAL        - Stasera?!

CAROL                  - Tra una ventina di minuti, per essere precisi. (al ricevitore, disperata) Pronto! Pronto!

M. FURNIVAL        - Ma che bella cosa!

CAROL                  - Pare che abbia visto delle foto delle sculture di Brindsley ed è letteralmente impazzito. Pronto?! Il suo segretario ha telefonato una settimana fa per chiedere se poteva venire a vederle. È un grande collezionista, lo sa. Per Brin, capisce, sarebbe il Gemini 8 se Bamberger gli comprasse un pezzo.

M. FURNIVAL        - Ah, certo. Un “gemi” che?

CAROL                  - Otto, otto – Sveglia signorina! Il lancio. È la sua grande occa-sione, capisce? O, almeno lo era – fino a un momento fa.

M. FURNIVAL        - Oh, Dio mio, bisogna che mandino subito qualcuno. Picchietti un po’ su quel coso nero.

CAROL                  - (Picchiettando il telefono) Pronto? Pronto?… Forse è finalmente caduta la bomba cinese e sono morti tutti.

M. FURNIVAL        - Per carità, non dica certe cose, neppure per scherzo!

CAROL                  - (qualcuno finalmente le ha risposto) Pronto? Ah! Questo è il numero diciotto, di Scarlatti Gardens. Ho paura che sia successo un disastro qui, sì, un corto circuito come dite voi. E’ quello che nel vostro gergo chiamate la valvola centrale. Vorremmo qui uno dei vostri ometti… Be’, signorina, non mi faccia impazzire ades-so, mica l’avranno tutti l’influenza!… La prego, provi! Come, se è urgente? È d’una urgenza da urlo!… Grazie, cara. (Riattacca) Forse più tardi, sperano, capisce? Che bell’aiuto che ti dànno.

M. FURNIVAL        - Oh, quando si ha bisogno di loro non muovono un dito per aiutarla, stia tranquilla. Quando ero giovane io si pagava sì, oh, certo, ma si aveva anche un servizio di prim’ordine. Oggigiorno non si trovano che ignoranti buoni solo a dir parolacce e a be-stemmiare. E se tanto tanto sospettano che sei benestante, fanno anche peggio… Io sono conservatrice, giovane, ma conservatrice.

CAROL                  - Fa proprio bene, cara. Oggi essere di sinistra non è più di moda. Anche i comunisti fanno marx-indietro. Le dò qualcosa da bere?

M. FURNIVAL        - Non bevo, grazie. Il povero papà, che era ministro battista, era nemico giurato dell’alcool. (Si sente un trapestio ed una bestemmia soffocata nell’ingresso. Sta arrivando il Colonnello Melkett)

MELKETT              - (Abbaiando) C’è nessuno qua dentro?

CAROL                  - (Chiamando) Uh, papà-papà-paparino. Da questa parte.

MELKETT              - Accidenti, non potreste accendere la luce? Manca poco sbattevo nelle bottiglie del latte.

CAROL                  - E’ andata via la corrente. Non funziona nulla.  (Il Colonnello Melkett appare sulla soglia reggendo un accendino che evidentemente funziona benché non si vedrà fiamma. Invece, naturalmente, le luci diminuiranno un po’)

M. FURNIVAL        - Ah, che gioia. Un po’ di luce!

CAROL                  - Questo è mio padre, il Colonnello Melkett, M. Furnival. La signorina abita al piano di sopra.

MELKETT              - Molto piacere.

M. FURNIVAL        - Sono venuta a rifugiarmi un momento dal signor Miller. Il buio mi mette una tale agitazione…

MELKETT              - Si calmi, la prego. Quando è successo?

CAROL                  - Cinque minuti fa. Sono saltate le valvole.

MELKETT              - E dove sarebbe questo tuo giovanotto?

CAROL                  - E’ andato un momento nell’appartamento di fronte, a cercar candele.

MELKETT              - Vuoi dire che non ne ha?

CAROL                  - Figurati. Non riusciamo neppure a trovare i fiammiferi.

MELKETT              - Ho capito. Mancanza d’organizzazione. Brutto segno.

CAROL                  - Paparino, ti prego. Poteva succedere a chiunque.

MELKETT              - A me no. (Vedendo la scultura) Che roba è questa?

CAROL                  - Un lavoro di Brindsley.

MELKETT              - Come un lavoro? E avrebbe anche il coraggio di farselo pagare?

CAROL                  - Certo. Credo che ne chieda 50 sterline.

MELKETT              - Mio Dio!

CAROL                  - Ti piace la casa, paparino? L’ha messa su molto bene, no? Ha un certo tono, senza essere proprio lussuosovich…Capisci cosa voglio dire?

MELKETT              - Sì, sì. Molto elegante – bene – mi piace. Oh, ora ragioniamo. Questa si che è (guardando il Budda) quella che chiamo una vera opera d’arte. Non si fa fatica a capire che cos’è.

M. FURNIVAL        - (vedendo il Budda) Santo cielo!

CAROL                  - Che c’è?

M. FURNIVAL        - Niente… E’ che quel Budda… somiglia talmente a quello di Harold Gorringe.

MELKETT              - Chissà quanto è costato. Altro che 50 sterline questo!

CAROL                  - (allarmata) Lei conosce il signor Gorringe?

M. FURNIVAL        - Altroché! Siamo ottimi amici, oltre che vicini. Io mi prendo cura della sua adorabile gattina, si chiama Judi, quando lui non c’è – come questo week-end – e lui invece tiene il mio Rigoletto durante le rare occasioni in cui io sono in viaggio…Ha la più squisita collezione di mobili che io… (Le parole le muoiono sulla bocca quando l’evidenza del furto si delinea) Ma sbaglio, oppure…

CAROL                  - Cosa?

M. FURNIVAL        - Questi mobili. (Guardandosi intorno) Mi pare di…

CAROL                  - (disperata) Papavich, perché non dài un’occhiata alla sculture di Brindsley prima che torni lui? Sono nello studio – dietro quella tenda.

MELKETT              - A che scopo, se è lecito?

CAROL                  - Sono certa che gli interesserebbe immensamente un tuo parere. (Invitante) Anch’io muoio dalla voglia di sapere quel ne pensi.

MELKETT              - Sai, passerotto, io non me ne intendo di questa roba moderna.

CAROL                  - Brin ci terrebbe tanto….

MELKETT              - Mi domando perché.

CAROL                  - Fallo per amor mio.

MELKETT              - E va bene, andiamo a vedere questi capolavori. Dice che nella vita bisogna provar tutto. (Alza il lighter e va nello studio; immediatamente la luce diventa più chiara sul palcoscenico)

CAROL                  (a bassa voce e pressante) Miss Furnival, lei è una donna di mondo, spero.

M. FURNIVAL        - Dipende - che vogliono dire questi mobili qui? Sono di Harold Gorringe, lo sa?

CAROL                  - Lo so. Abbiamo fatto una cosa orribile. Abbiamo rubato i suoi pezzi migliori e messo quegli orrendi pezzi sgangherati di Brin in casa sua.

M. FURNIVAL        - Ma perché? Non è corretto.

CAROL                  - (sentimentale) Perché Brindsley non possiede niente, Miss Furnival. Niente di niente. E’ povero come un topo di chiesa. Se paparino avesse visto questa casa com’è di solito, mi avrebbe proibito su due piedi di sposarlo e poi deve venire il signor Bam-berger: non potevamo riceverlo con quella roba. Il signor Gor-ringe non c’era per domandarglielo - così abbiamo rischiato. Do-po tutto si conoscono, no? Sono vecchi amici sul serio. Almeno a sentire Brin. E poi cara, diciamolo pure: il lusso è sempre meglio che niente.

M. FURNIVAL        - Se Harold Gorringe sapesse che qualcuno ha toccato i suoi mobili e le sue porcellane, finirebbe in manicomio. In quanto a quel Budda poi è il pezzo a cui tiene di più. Ha un valore immen-so, centinaia di sterline.

CAROL                  - La prego, M. Furnival - non ci tradisca, la prego. Lo so che non ho il diritto di chiederglielo, ci siamo appena presentate, ma la prego! Siamo disperati… E’ solo per un’ora… Oh, la prego, sia buona.

M. FURNIVAL        - (ridendo nervosamente) E va bene! Non vi tradirò!

CAROL                  - Oh, grazie, grazie.

M. FURNIVAL        - Però deve tornare tutto esattamente al suo posto, e stasera stessa, non appena il signor Bamberger e suo padre se ne saranno andati.

CAROL                  - Lo giuro! Oh, M. Furnival lei è un angelovich! Prenda qualcosa da bere, su. Ah già, lei non beve. Be’, prenda una limonata.

M. FURNIVAL        - Quella si, grazie. La limonata l’accetto. (Il colonnello ritorna, tenendo tuttora acceso il lighter. Il palcoscenico si oscura un po’)

MELKETT              - Be’, e quella roba che vorrebbe significare?

CAROL                  - Ho capito non ti sono piaciute.

MELKETT              - Andrebbero bene per zappare nell’orto. (M. Furnival ride nervosamente)

CAROL                  Se credi di essere spiritoso, papà. (M. Furnival smette di ridac-chiare)

MELKETT              - Mi spiace. Io dico pane al pane, lo sai, passerotto.

CAROL                  - Ti sarei grata se mi chiamassi in un altro modo.

MELKETT              - Be’, è da stupidi consumare tutta la benzina. Potrebbe servire. (Spegne il lighter. M. Furnival resta senza fiato. Il palcoscenico s’illumina)

CAROL                  - Non si agiti, M. Furnival. Brin sarà qui tra poco con le candele.

M. FURNIVAL        - Appena viene me ne vado. Non voglio essere di disturbo.

CAROL                  - Non ci disturba affatto. (Sentendo Brindsley) Brin?

                            (Brindsley esce dalla camera di Harold – rimette la chiave sotto lo stoino)

BRINDSLEY           - Si?

CAROL                  - Hai trovato niente?

BRINDSLEY    - Non si riesce a trovare un accidente. Ci saranno anche delle candele, ma chi le trova è bravo. Hai parlato con quei cretini dell’elettricità?

CAROL                  - Dice che forse manderanno qualcuno, ma più tardi.

BRINDSLEY           - (entrando) Più tardi, quando?

CAROL                  - Non lo sanno.

BRINDSLEY           - Bel servizio. Che seratina si prepara. Non c’è una candela in tutto il palazzo! Con un miliardario che viene per vedere delle sculture – e con quel mostro abominevole di tuo padre a cui devo fare una bella impressione. Divinovich!

MELKETT              - (inesorabilmente, accendendo il lighter) Buonasera!

                            (Brindsley fa un balzo).

CAROL                  Brin, questo è mio padre – Il Colonnello Melkett.

BRINDSLEY           - (imbarazzatissimo) - Bene, bene, bene, bene, bene, bene!… Bene! Bene… (Balbettando) Buonasera. Colonnello. Chissà da quanto tempo è qui, eh? Che piacere! Stiamo aspettando visite, dei vicini… dei mostri di vicini… mostri appunto sa… hanno telefonato che sarebbero venuti… Bene… bene… bene…

MELKETT              - (tetro) - Bene, bene… (Contempla Brindsley per un momento, poi spegne il lighter).

M. FURNIVAL        - (nervosa) – Bene, bene…

CAROL                  - (vivace) Bene!

MELKETT              - Pare che siate in un bel mare di guai, eh, giovanotto.

BRINDSLEY           - (con nervosismo folle) Mah, non direi. Solo un corto circuito. Niente di grave, veramente, succede spesso…Voglio dire, non è la prima volta che sopravvivo e non sarà l’ultima… (Dà in una risata stridente)

MELKETT              - (inesorabile) Intanto non avete un fiammifero in tutta la casa. Vero?

BRINDSLEY           - Non sbaglia.

MELKETT              - Siamo davanti a un tipico caso di scarso rendimento, mi pare.

BRINDSLEY           - Io non direi, veramente…

MELKETT              - Per rendimento, giovanotto, intendo il semplice fatto di stare sull’attenti, nella vita, invece che a riposo. Capito?

BRINDSLEY           - Be’, non proprio che mi riposi, io, nella vita.

MELKETT              - Be’, sorvoliamo. E ora quali azioni pensa di predisporre?

BRINDSLEY           - Predisporre?

MELKETT              - Non mi faccia da eco, giovanotto. È una cosa che detesto.

BRINDSLEY           - La detesta! Mi dispiace!

MELKETT              - Ora stai bene a sentire. Questo è un caso di emergenza, come tutti possono vedere.

BRINDSLEY           - Nessuno vede un bel niente: per questo è un caso di emergenza. (Ride ancora in modo stridente)

MELKETT              - Mi risparmi le sue spiritosaggini, giovanotto, se non le dispiace. E guardiamo piuttosto in faccia la situazione. Chiaro?

BRINDSLEY           - Chiaro.

MELKETT              - Problema: buio. soluzione: luce. Chiaro?           

BRINDSLEY           - Chiarissimo, cioè scurissimo.

MELKETT              - Le ho già detto di non fare lo spiritoso. Dunque, armi: fiammiferi. Nessuno. Candele: nessuna. Cosa le resta?

BRINDSLEY           - Mi frughi un po’…

MELKETT              - (trionfante) Torce. Ecco. Torce.

BRINDSLEY           - Ah, come i cristiani nelle catacombe? È vero!

MELKETT              - Come ha detto?

BRINDSLEY           - Scusi. Ho paura di non riuscirle a stare dietro. Però, benissimo. Delle torce, torce, benissimo. Perché no?

MELKETT              - Tanto ci voleva? Allora, dove pensa di rimediarne una?

BRINDSLEY           - Mah, non so, in chiesa.

CAROL                  - Darling, torce elettriche, una pila.

BRINDSLEY           - Ah sì, una pila! Allora proverò al bar. Che ora è? (Il Colonnello accende il lighter ma questa volta non funziona subito al primo scatto)

MELKETT              - Cribbio. Comincia  a finire. (Consulta l’orologio) Un quarto alle dieci. Ce la può fare, se si sbriga. Marsch!

BRINDSLEY           - Grazie, Colonnello. La sua perspicacia mi ha salvato dalla disfatta.

MELKETT              - Be’, non perda tempo, giovanotto.

BRINDSLEY           - Sì, Colonnello. Un minuto e torno.

CAROL                  - Buona fortuna, Brinovich.

BRINDSLEY           - Grazie, Carlovna. (Carol gli manda un bacio sulla punta delle dite. Lui glielo rimanda, con grande irritazione del Colonnello, e cercando a tentoni di uscire)

MELKETT              - Facciamola finita subito, per piacere. (Mentre raggiunge la porta appare HAROLD Gorringe, portando sul braccio un impermeabile e una valigetta)

HAROLD               - (accento del più duro lancashire) Salve, gente. C’è nessuno qui?

BRINDSLEY           - (raggelato dall’orrore) Harold!

HAROLD               - Brindsley? Tesoro?

BRINDSLEY           - (soprattutto a Carol) E’ Harold! È tornato!

CAROL                  - Oh, no!

BRINDSLEY           - I mobili!

HAROLD               - Ma che sta succedendo?

BRINDSLEY           - Niente, Harold. Sono voltate le salvole – è un corto circuito – in tutto il fabbricato.

HAROLD               - Hai telefonato alla centrale?

BRINDSLEY           - Sì. Come no. Entra. Entra pure. Vieni a bere qualcosa. Racconta un po’ del tuo viaggio.

HAROLD               - Non ha fatto che piovere, un diluvio. Allora ho pensato di tor-nare indietro. Accidenti alla pioggia. Coi miei reumatismi all’ag-guato… (Brancolando)

BRINDSLEY           - (tentando di riprendere il controllo di se stesso) Vieni qui, raccontaci tutto.

HAROLD               - Raccontaci? Chi sarebbero gli altri?

M. FURNIVAL        - (con una certa arroganza) Ci sono io, signor Gorringe.

HAROLD               - Ferny?

M. FURNIVAL        - Mi sono rifugiata qui. Lei lo sa che paura mi fa il buio.

HAROLD               - (entrando) Come sta Judi? S’è comportata bene?

M. FURNIVAL        - Un tesoro, signor Gorringe. Va talmente d’accordo col mio Rigoletto che è un piacere vederli.

HAROLD               - Perché lei è un angelo con loro, Ferny. Lo dico sempre, M. Furnival è la Florence Nightingale del mondo felino.

M. FURNIVAL        - Lei scherza sempre, signor Gorringe!

MELKETT              - (tentando di accendere il lighter) Maledetto accendino! (Ci riesce) Ecco! (Alzandolo sul viso di Gorringe, con disgusto) E lei, chi è?

BRINDSLEY           - Permette che le presenti il mio vicino? Questo è Harold Gorringe – il Colonnello Melkett.

HAROLD               - Come sta?

MELKETT              - Come sta lei?

BRINDSLEY           - E questa è  M. Carol Melkett.

CAROL                  - (con un sorriso spettrale) Piacere.

BRINDSLEY           - Qua, dammi il tuo impermeabile, Harold.

HAROLD               - (togliendoselo e dandoglielo) Stai attento, perché è fradicio da strizzare.

MELKETT              - Lei non ha delle candele, per caso?

HAROLD               - Ci crederebbe, Colonnello? Neanche mezza. Che stupid che sono! (Brindsley soffia sul lighter del Colonnello, proprio mentre Harold comincia a guardarsi attorno)

MELKETT              - Perché diavolo l’ha spento?

BRINDSLEY           - Faccio per economizzare il suo stoppello Cololonnino. Potrebbe far comodo più tardi e si consuma tanto presto. (Il Colonnello gli volge uno sguardo sospettoso. Brindsley posa l’impermeabile di Harold sulla piccola sedia da poche lire)

HAROLD               - Non importa, ho dei fiammiferi.

CAROL                  - (allarmata) Fiammiferi!

HAROLD               - Eccoli. Speriamo di trovare la capocchia. (Ne strofina uno. Brindsley immediatamente ci soffia dal didietro) Eh, ma che ti piglia?

BRINDSLEY           - (incoerentemente) Spifferi. Non c’è un fiammifero che riesca a stare acceso in questa stanza. Non uno. Spifferi da tutte le parti. Guai delle vecchie case, ne sono piene. Se non ci sono li mettono apposta. Fa parte dei servizi.

HAROLD               - (stupefatto) Non capisco che stai almanaccando. (Accende un altro fiammifero. Brindsley ci soffia sopra di nuovo ma questa volta lo vedono) E questa, per esempio? Cosa avete, un cadavere da nascondere? (Brindsley ricomincia a ridere da matto) Dico, hai bevuto?

BRINDSLEY           - No, figurati. (Harold strofina un altro fiammifero. Brindsley ci soffia nuovamente sopra)

HAROLD               - (esasperato) Ma insomma! Si può sapere che ti succede?

BRINDSLEY           - (ispirato) Pericoloso!

HAROLD               - Come?

BRINDSLEY           - (improvvisando, freneticamente) Pericoloso! Pericoloso!… Po-tremmo morire tutti! fiamme nude! Possono succedere cose terribili con una fiamma nuda!

HAROLD                      - Mi cominci a preoccupare, Brin. Ma che ti succede, bambino mio?

BRINDSLEY           - Meno male che me ne sono ricordato proprio in tempo! È la prima cosa che ti raccomandano sempre. Nelle case vecchie le valvole e il contattore del gas sono una accanto all’altro. Anche da noi.

MELKETT              - E allora?

BRINDSLEY           - Be’, allora… i turci corcuiti possono anche danneggiare le con-dutture del gas. Sono famosi per questo. Praticamente non fanno altro tutto il tempo. E bisogna evitare le fiamme non protette finché i turchi ciorciuci non vengono riparati.

MELKETT              - Mai sentito dire.

HAROLD               - Neanch’io!

BRINDSLEY           - Ve lo giuro, è verissimo, parola d’onore. È di un pericoloso folle tenere una fiamma accesa in questa stanza!

CAROL                  - Brin ha assolutamente ragione. Hanno appena finito di avver-tirmi anche stasera al telefono, quando li ho chiamati. Hanno detto: “Qualunque cosa accada non accenda mai fiammiferi finché non è stato riparato il guasto”.

BRINDSLEY           - Ecco, visto? È pericolosissimo.

MELKETT              - Allora perché non mi hai avvertito, passerotto?

CAROL                  - Me ne sono dimenticata.

MELKETT              - Brava!

M. FURNIVAL        - Bontà divina, bisogna stare attenti.

BRINDSLEY           - Non c’è altro da fare…(Pausa) Beviamoci sopra, su. Ci terrà un po’ allegri.

CAROL                  - Buona idea! Signor Gorringe, vuol bere qualcosa?

HAROLD               - Be’, devo dire, ne avrei proprio bisogno, dopo il viaggio che ho fatto. Ci saranno state trentacinque persone in quello scomparti-mento - di cui almeno tre lattanti, un’intera classe di scolarette cinguettanti, non so quanti cani ma so che abbaiavano tutti e neanche mezza salsiccia da mettere sotto i denti fino a Londra. Un martirio, un martirio!

M. FURNIVAL        - Mica ci pensano a mettere una carrozza ristorante, vero?

HAROLD               - Quelli, figuriamoci! Che gliene importi se crepi. Sono buoni soltanto a succhiarti i soldi del biglietto. Quello si. Be’, ora se permettete, vado a mettermi un po’ in libertà.

BRINDSLEY           - (spaventato) Puoi farlo qui.

HAROLD               - Lo so, caro. Ma le valigie dovrò disfarle, no?

BRINDSLEY           - Ma lo puoi fare dopo.

HAROLD               - No, questo no. Detesto tenere i vestiti in valigia più del neces-sario. Se c’è una cosa che odio è un vestito grinzoso.

BRINDSLEY           - Cinque minuti più o meno, è uguale, no?

HAROLD               - Che prepotente che sei, Brindsley Miller. Come si fa a dirti di no?!

CAROL                  - Che vuoi da bere? Winnie, Vera o Ginetta?

HAROLD               - Scusi, le dispiace ripetere?

CAROL                  - Winnie: Wisky, Vera: Vodka, o la cara intramontabile Ginetta?

HAROLD               - (cedendo) Che poi sarebbe Gin, immagino. Questa sì che è matta. Be’, se per lei è lo stesso prenderò un goccetto di Ginetta, con un po’ di succo di Luisa, per favore.

CAROL                  - Luisa?

BRINDSLEY           - Limone, Carol, limone.

MELKETT              - Giovanotto, devo ricordarle che siamo in uno stato di emergen-za? C’è un ospite che può arrivare da un momento all’altro.

BRINDSLEY           - Oh Dio, me n’ero dimenticato.

MELKETT              - Provi al bar. Provi dai vicini. Provi dove diavolo crede meglio, ma trovi una torcia!

BRINDSLEY           - Sì, sì!… Carol, posso dirti una parola, per piacere?

CAROL                  - Sono qui. (Va brancolando in cerca di Brindsley)

MELKETT              - Ora che c’è?

BRINDSLEY           - Un minuto solo, scusi. (Se la tira rapidamente dietro, su per le scale)

M. FURNIVAL        - (mentre si allontanano) Oh, signor Gorringe, che emozione! Lei non indovinerà mai chi deve venir qui, stasera.

HAROLD               - Chi?

M. FURNIVAL        - Indovini!

HAROLD               - La Regina!

M. FURNIVAL        - Oh, signor Gorringe, non sia ridicolo!

BRINDSLEY           - (arrivando sulla galleria di sopra, sottovoce) Che facciamo?

CAROL                  - Non lo so!

BRINDSLEY           - (sottovoce) Pensaci!

MELKETT              - Ma è un po’ tocco, quel ragazzo, o mi sbaglio?

HAROLD               - Tocco? Ma è lo squinterno totale!

MELKETT              - Cos’è, scusi?

HAROLD               - Senta, lo conosco da anni, da quando è venuto a stare qui. Tra noi ormai, sa, segreti non ce ne sono più, capisce cosa voglio dire?

MELKETT              - (gelido) Ho paura di no.

BRINDSLEY           - (sottovoce) Dobbiamo rimettere i mobili di Harold a posto.

CAROL                  - (sottovoce) Ora??!

BRINDSLEY           - (sottovoce) Per forza! Altrimenti non posso portare qui la torcia.

CAROL                  - (sottovoce) Ma, non possiamo!

BRINDSLEY           - (sottovoce) Carol, dobbiamo! Se scopre quello che gli abbiamo fatto, quello finisce alla Neuro.

HAROLD               - Andiamo, Ferny, smetta di tormentarmi. Chi è che deve venire?

M. FURNIVAL        - La metto sulla strada: è una persona con molto denaro.

HAROLD               - Molto denaro?

MELKETT              - (chiamando) Carol!

CAROL                  - Senti Brin-Brin, non potresti dirgli che era uno scherzo?

BRINDSLEY           - Tu non lo conosci. Non sopporta neppure l’idea, la remota possibilità che qualcuno gli tocchi i suoi mobili. Per lui sono come figli. Ma lo sai che li pulisce uno per uno, almeno due volte al giorno con un piumino di cigno speciale che si è fatto fare non so dove? No, farebbe un macello. Vorresti che mi desse del ladro in presenza di tuo padre?

CAROL                  - Per carità!

BRINDSLEY           - Be’, lo farebbe, sta pur certa. Gli saltano le coronarie, l’ho visto con i miei occhi.

MELKETT              - (piano) Brindsley!

CAROL                  - Che guaiovich! E come facciamo?

HAROLD               - (a Melkett) E’ inutile che gridi, sa. Da lassù non si sente niente.

BRINDSLEY           - Senti, tu tienili a bada. Servi da bere. Basta che riesci a distarli. Lascia fare a me. Cercherò di riportare i mobili a posto.

CAROL                  - Non ce la faremo mai.

BRINDSLEY           - Bisogna farcela.

MELKETT              - (ruggendo) Brindsley!

BRINDSLEY           - (precipitandosi alla porta) Vengo, signor Colonnello… Sto proprio raccogliendo dei vuoti da riportare al bar.

MELKETT              - Senta, lei dica quel che vuole ma quel ragazzo è tocco.

BRINDSLEY           - (a Carol, segretamente) Fidati di me. (Si baciano. Scende  a precipizio le scale, seguito da Carol)

MELKETT              - Di corsa, Miller.

BRINDSLEY           - Vado subito, colonnello. Un minuto e torno con i rinforzi.

MELKETT              - Bene, si sbrighi.

BRINDSLEY           - Carol vi darà da bere. Se il signor Bamberger arrivasse, spiegategli la situazione.

HAROLD               - Vuoi che venga con te?

BRINDSLEY           - No, no, no – ci mancherebbe! Resta e divertiti. (Ride sciocca-mente) Voglio dire, devi essere a pezzi, col viaggio che hai fatto. Quello che ti ci vuole è un bel Gin e limone. Vado e torno. (Va alla porta e la sbatte restando dentro, poi la riapre silenzio-samente. La porta sua e quella di Harold ora sono ambedue aperte. Va verso una delle due sedie Regency, che alza senza far rumore)

CAROL                  - (con allegra disperazione) E ora, beviamo! Godiamo! La morte deve trovarci vivi! Chi vuole cosa? Per il signor Gorringe è certo Ginetta, e Winnie per paparino, immagino.

MELKETT              - Come diavolo fari a versarle, in questo buio?

CAROL                  - Ricordo il punto esatto dove ho messo le bottiglie. È facilis-simo.

HAROLD               - Senta, carina, mi lasci accendere un fiammifero. Sono sicuro che non è poi tanto pericoloso, appena un minutino. (Accende un fiammifero)

CAROL                  - Oh, no!… (Immediatamente ci soffia sopra e lo spegne. Brindsley si è impietrito, la seggiola in mano) Vuol farci saltare tutti per aria, signor Gorringe?… Il signor Bamberger non troverebbe che dei poveri atomini, di tutti noi. Poco gentile, trovo. (Brindsley sgattaiola fuori, molto simile  a Mio-mao con la poltrona. Carol comincia ad armeggiare con le bevande)

HAROLD               - Bamberger? È lui che deve venire? Georg Bamberger?

M. FURNIVAL        - Sì, a vedere i lavori del signor Miller. Non le pare una cosa straordinaria?

HAROLD               - Be’. Cosa mi racconta? Ho letto un articolo su di lui nel Sunday Pic, la settimana scorsa. Lo chiamano il miliardario dei misteri. Diceva che è più sordo di un asciugamano; ma passa la maggior parte del tempo solo in casa  a far l’amore con le sue collezioni. Non esce quasi mai se non per andare in qualche galleria o in uno studio d’artista. Quella si che è vita! Ah, se avessi soldi farei lo stesso. Comprerei tutta la porcellana che c’è al mondo. (Brindsley ritorna con una povera sedia rotta di sua proprietà; la posa; prende una seconda sedia Regency e riesce)

M. FURNIVAL        - Non ho mai conosciuto un miliardario. Mi sono sempre do-mandata se sono fatti come noi. Voglio dire se la loro pelle…

MELKETT              - Come?

M. FURNIVAL        - Sì. Ho sempre immaginato che debbono averla più liscia della nostra. Come la pelle delle signore di quando ero bambina io. Oggi, è vero? E' già abbastanza difficile per noi poveri borghesi vestirsi decentemente, figurarsi poi aver la pelle in ordine. Mio padre aveva l’abitudine di dirmi: “Il gioco è fatto ragazza mia. Noi della classe media siamo più morti di un tacchino arrosto.” Povero babbo, che bella immagine! E come aveva ragione!

MELKETT              - Cos’era suo padre? Un libero professionista?

M. FURNIVAL        - Era un uomo di Dio, Colonnello.

MELKETT              - Ah! (Brindsley ritorna e posa una sedia a dondolo sfasciata, di sua proprietà. Gira brancolando in cerca della terza sedia di Regency, ma a sua insaputa il Colonnello ci si è seduto sopra) Arrivano questi drinks, passerotto?

CAROL                  - Un minutino solo, papà.

MELKETT              - Vuoi che ti dia una mano?

CAROL                  - Bravo. Passa questa limonata a M. Furnival.

MELKETT              - Benissimo. (Si alza dalla sedia proprio mentre le mani di Brindsley l’afferrano e la alzano) Così suo padre era un religioso?

M. FURNIVAL        - Niente affatto, Colonnello! Era un santo! Pensi un po’ che proprio quest’anno ricorrerebbe il suo compleanno. Io ringrazio il cielo mille volte al giorno che sia morto in tempo per non vedere la volgarità e la maleducazione della vita di oggigiorno.

HAROLD               - Eh, come ha ragione, Ferny. La maleducazione di certa gente oggi è aldilà dell’immaginabile. Le ho mai detto cosa mi è capitato in negozio venerdì scorso? Mi pare di no.

M. FURNIVAL        - No, signor Gorringe, non mi pare.

CAROL                  (porgendogli un bicchiere di Scotch) Ecco, Pap-Pap. Limonata per M. Furnival. (Brindsley stende una mano, trova la coppa di Wedgewood, la posa sul ripiano della sedia e porta il tutto fuori dalla stanza. Harold attacca un monologo petulante da checchina)

HAROLD               - Be’, avevo appena aperto – era circa un quarto alle dieci e stavo spolverando le teiere – sa, come attira la polvere la Rockingham è uno strazio, quando chi ti entra dentro se non la signora Levitt, sa - quella coi capelli color zenzero di cui le ho già parlato, quella che crede di essere mandata in terra per il conforto degli scapoli?

MELKETT              - (porgendo il bicchiere di scotch a M. Furnival) Ecco la sua limonata.

M. FURNIVAL        - Oh, grazie! Molto gentile! (Durante il racconto di Harold, M. Furnival accarezza il bicchiere, senza bere. Il Colonnello ritrova il punto della seggiola sulla quale stava seduto prima e che ora è un dondolo)

HAROLD               - Be’, aveva in mano un vaso che le avevo venduto la settimana prima: un regalo di compleanno per una matusa che la fornisce di un po’ di sbatacchio, dal quale, da come ho capito la situazione, spera di raccattare tutto il gruzzolo non appena quello finisce sotto il marmo. Lei sa come capisco al volo la gente, vero, Ferny, e quella è un gancio, glielo dico io, una vera gazza, se mai ce n’è stata una al mondo.

MELKETT              - Cribbio e poi cribbio!

CAROL                  - Che succede, babbarino?

MELKETT              - (incredulo indicando il dondolo) Una sedia a dondolo!? Da dove è venuta fuori questa?

HAROLD               - Oh, sì, attento. Sta insieme per miracolo, gliel’ho detto a Brin più di una volta. Dunque, questo vaso, un discreto pezzo  Kang-Tsi, bleu e bianco con un’iridescenza color buccia d’arancio, assolutamente autentico, glielo avevo lasciato per 25 sterline, e se uno di noi due aveva fatto l’affare l’aveva fatto lei, glielo assicuro io. Be’, quella mi si catapulta in negozio tutta saltellante, pettinata non le dico, come una battona, alla francese, sa? – una pettinatura che sarebbe stata male a una ragazza con la metà dei suoi anni e il doppio più bella – e sa quello che viene a dirmi, quella strega? “Signor Gorringe” mi dice “lei mi ha imbrogliata”.

M. FURNIVAL        - No!

HAROLD               - Come no? “Imbrogliata”, proprio così. (A Carol che lo urta nel buio) Sciò, sciò sto parlando.

CAROL                  - Oh, sono desolata.

HAROLD               - “Ah,” dico. “E come sarebbe successo, signora Levitt?” “Be’” dice lei, “per caso ho portato questo vasetto da Bill Everett  a Portobello e lui sostiene che non è affatto quello che diceva lei: cinese e rarissimo. Dice che è paccottiglia inglese ottocento” “Ah, si?” dico io, calmo. Io rimango sempre calmo quando mi toccano sul lavoro. “Si”, dice lei “e le sarei grata se mi rendesse il denaro che le ho dato. (Carol, preparando le bibite, alza il bicchiere della limonata fino al sifone; credendo che il beccuccio sia dentro il bicchiere, lo pigia; ma il sifone è rimasto fuori e Carol schizza su tutto il tavolo)

M. FURNIVAL        - Che cosa antipatica, signor Gorringe.  E lei cosa ha fatto?

HAROLD               - Ma che succede?

CAROL                  - Ci voleva della soda?

HAROLD               - No! Conto fino a dieci e poi mi scoppia la gomma, vero? “In primo luogo”, dico “non mi è mai successo che i clienti mi vadano a fare il controllo dietro le spalle. In secondo luogo, Bill Everett è più ignorante di una bicicletta e non distingue un Tang da un Ting. E in terzo luogo, lei è anche più ignorante di lui.”

M. FURNIVAL        - No!!!

HAROLD               - Sì!!! – e anche peggio. “Lei ha in mano,” dico, “un capolavoro minore di ceramica cinese. E lei non è neppure degna di reggere una brocca celebrativa dell’incoronazione del 53. Non torni più,” le dico, “non oltrepassi la soglia del mio negozio, mai più, perché se no, signora Levitt, non rispondo delle mie azioni.”

CAROL                  - (con in mano due bicchieri) Bravo, signor Gorringe, lei è stato grande. Tenga, qui c’è il suo gin, se lo merita. (Gli porge la limonata)

HAROLD               - (accettandolo) Grazie. Ero una catasta in fiamme. Non mi importava più di niente. L’avrei strangolata.

CAROL                  - Dove sei? Dove sei babbarino? Qui c’è il tuo wisky.

MELKETT              - Grazie. (Si alza e va brancolando in cerca del bicchiere di gin e limone)

HAROLD               - Brutta strega schifosa, grinzosa sgualcita! Viene a parlare di ceramiche a me…! Uuuuuh! (Si scuote tutto, indignato. Brindsley, esausto, rientra barcollando con la stessa poltrona Regency che aveva portato di là per prima. La depone. Durante la scena che segue, va  a tentoni verso la lampada d’opalina, ne trova il cordone  e incomincia a cercarsi la strada seguendo questo fino al battiscopa dov’è infilato. Per far questo deve tastare l’aria e andar carponi per tutta la stanza, evitando per un pelo le gambe delle persone che si muovono qua e là)

M. FURNIVAL        - Lei s’interessa di porcellane, Colonnello?

MELKETT              - Non credo d’intendermene molto, signora. Qualcosa mi piace, di cinese – quando hanno dei bei colori come quella statua che ho veduto entrando, qui – molto delicati.

HAROLD               - Ma di che statua sta parlando Colonnello?

MELKETT              - Di quella sulla cassa.

HAROLD               - Sulla cassa?

CAROL                  - (rapidamente) Bene, salute a tutti!

MELKETT              - Salute!

M. FURNIVAL        - Salute! (Bevono. Confusione)

MELKETT              - Cribbio, è gin!

HAROLD               - Mi è toccata la limonata.

M. FURNIVAL        - Oh, che orrore! Che orrore!… Questo dev’essere alcool, im-magino!… Dio, che disgusto!

HAROLD               - (a M. Furnival) Tenga, carina, facciamo il cambio. No, lei prenda la limonata, ma io prendo il gin, Colonnello.

MELKETT              - Sono qui. (Cogliendo l’occasione, M. Furnival manda giù una buona dose di scotch)

M. FURNIVAL        - Grazie.

HAROLD               - Riproviamo. Su, in alto i cuori.

MELKETT              - In alto, in alto. (Bevono. Il Colonnello sputa la limonata, furioso) Sentite non tollero più questa situazione neppure per un minuto. (Si fruga in tasca e tira fuori un lighter che tenta rabbiosamente di accendere. Finalmente ci riesce)

CAROL                  - Pap-pap, per piacere!

MELKETT              - Me ne stropiccio, bambina mia. Se si salta, si salta con tutta la batteria. È ridicolo che … (Le parole muoiono nella fiamma della lampada perché vede Brindsley carponi ai suoi piedi col filo della lampada in mano. Una pausa) Che diavolo fa lei, qui?

BRINDSLEY           - (soffiandogli sul lighter) Cercavo gli occhiali, Colonnello! Non sia temerario, Colonnello. Non è il primo compito di un ufficiale: “Non esporre gli uomini al pericolo senza bisogno?”

MELKETT              - Non sia ridicolo. Dov’è la pila?

BRINDSLEY           - Hmmmm!…purtroppo il bar era chiuso.

HAROLD               - Ma come hai fatto ad arrivare al bar e tornare? Hai volato?

M. FURNIVAL        - Ma è cinque strade lontano, signor Miller.

BRINDSLEY           - Il bisognino fa trottar la vecchia, M. Furnival, lei lo sa, oh, scusi, volevo dire… (Toglie la spina della lampada e solleva sia questa che il tavolo Queen Anne sul quale stava. Rapidissi-mamente li porta via ambedue).

MELKETT              - (che lo crede sempre in ginocchio davanti a lui) Ora stia bene a sentire: qui sta succedendo qualcosa di molto strano. Posso non intendermi d’arte, Miller, ma conosco gli uomini. Riconosco un bugiardo alla luce del giorno e lo riconosco al buio.

CAROL                  - Paparino!

MELKETT              - Non voglio mettere in dubbio la sua parola, giovanotto. Tuttavia vorrei che mi desse la parola d’onore che è stato al bar. Allora?

CAROL                  - (che s’è accorta che Brindsley non è là, e alzando la voce) Brin-Brin, Paparino ti sta parlando.

MELKETT       - Che bisogno hai di gridare, ora?

BRINDSLEY    - (precipitandosi dalla stanza di Harold) Sì, sì, lo so, ho sentito. Mi pare che abbia ragione. Ma mi lasci riflettere un momento…

MELKETT       - Allora, cos’ha da rispondermi?

BRINDSLEY    - Eh, sì, che non potrei essere più d’accordo con lei.

MELKETT       - Come?

BRINSLEY       - Lei ha detto una cosa giustissima. Mica tutti ci avrebbero pensato… sa. Quasi spiritosa. No, anzi, era spiritosa, perché lesinare?

MELKETT       - Senta, giovanotto, non si provi a far lo spiritoso, sa, con me.

BRINDSLEY    - (accattivante) Be’, almeno una volta nella vita voglio provar tutto.

HAROLD               - Be’, dico, questa storia comincia un po’ a stufare, o sbaglio?

CAROL                  - Sì, sta diventando piuttosto antipatica.

MELKETT              - Buona, buona tu. Lasciami sistemare questa faccenda per piacere. Se lei crede che io permetterò a mia figlia di sposare un bugiardo come lei, si sbaglia di grosso.

HAROLD               - Sposare?!

CAROL                  - Be’, l’idea è questa!

HAROLD               - Tu e questa signorina, Brin?

CAROL                  Siamo quello che la gente senza troppa immaginazione, dice fidanzati. Naturalmente con l’approvazione di paparino.

HAROLD               Bene! (Tra sé, furioso per la notizia e per il fatto che Bridsley non gliel’'abbia confidato) Ma che bella notizia!

BRINDSLEY           - Volevamo che restasse un segreto, ma…

HAROLD               - Ah, naturalmente. E da quanto dura, se è lecito chiederlo?

BRINDSLEY           - Da pochi mesi.

HAROLD               - Ipocrita! Che falso sudicio ipocrita!

BRINDSLEY           - (nervoso) Spero che approverai, Harold!

HAROLD               - Devo dire che quando vuoi tenere un segreto, ci riesci.

BRINDSLEY           - (avvertendo lo scontento di Harold) E’ tanto che volevo dirtelo, HAROLD                    - …ti assicuro. Se c’è uno a chi stavo per dirlo, eri tu.

HAROLD               - Certo. Certo. E perché non l’hai fatto, allora?

BRINDSLEY           - (a disagio) Non lo so. Non ne è capitata l’occasione, forse. Sai come succede? Se non riesci a trovare il momento giusto…

HAROLD               - Ma se mi vedevi tutti i giorni, fammi il piacere!…

BRINDSLEY           - Lo so.

HAROLD               - (permaloso) Comunque, sono affari tuoi. Sei perfettamente libero di confidarti con me o no. Non c’è nessun obbligo. Dopotutto sono tuo vicino soltanto da tre anni. No, no, veramente, lo stupido sono io a farmi delle illusioni. Ho sempre creduto che tra noi ci fosse più che una vicinanza coinguinale, ma evidentemente ho sbagliato tutto.

BRINDSLEY           - Fa il permaloso, ora.

HAROLD               - Non faccio un bel niente. Dico soltanto che sono sorpreso, ecco, tutto qui. Sono sorpreso e…  e in un certo senso profondamente deluso.

BRINDSLEY           - Senti, Harold, cerca di capire, per favore.

HAROLD               - (stridulo) Non c’è bisogno di capire niente. O piuttosto sì. In futuro mi servirà a non fare assegnamento sull’amicizia. Sono il solito stupido, ecco! Stupido, sciocco, e con sempre tanta fiducia negli altri. (M. Furnival si alza, agitatissima, e va brancolando alla tavola delle bibite)

CAROL                  - (Cercando d’ingraziosirselo) Via, andiamo, signor Gorringe. Non l’abbiamo detto a nessuno. Ma proprio a nessuno, nessuno, nessuno. Davvero!

MELKETT              - E non credo sia il caso di dirlo neppure ora, Carol. Né ora né mai, ho paura.

BRINDSLEY           - Senta Colonnello, forse siamo partiti male. Se è colpa mia, mi scuso.

M. FURNIVAL        - (brancolando intorno al tavolo dei liquori) Mio padre diceva sempre: “Errare è umano, perdonare è divino”.

CAROL                  - Credevo l’avesse detto qualcun altro…

M. FURNIVAL        - (rallegrata) Eh, povero papà. Quanti lo hanno imitato! (Trova una bottiglia di wisky, la solleva e la annusa)

CAROL                  - Posso aiutarla, M. Furnival?

M. FURNIVAL        - No, grazie, M. Melkett. Mi sto prendendo solo un’altra limonata amara. (Beve sfacciatamente dalla bottiglia) Cioè, se posso, signor Miller…

BRINDSLEY           - Ma certo! Si serva pure.

M. FURNIVAL        - Grazie, molto gentile.

CAROL                  - (accattivante) Oh, sii carino, Pap-pap. Brin ha chiesto scusa. Che deve fare di più?

MELKETT              - Bene, giovanotto, dovunque lei sia…

BRINDSLEY           - Qui, Colonnello.

MELKETT              - Non voglio che si dica che io sono un testardo. E sono disposto a passare sopra alla sua stranissima condotta.

BRINDSLEY           - Grazie, Colonnello. Molto gentile. (M. Furnival tenta di tornare al suo posto col bicchiere di gin)

MELKETT              - Ma si metta bene in testa questo, Miller. Mia figlia mi è assai cara. Mi dimostri che saprà averne cura e considero la cosa più che favorevolmente. Potrei essere più generoso di così? Mi pare di no.

BRINDSLEY           - Generosissimo, signor Colonnello. Spero che ci vedremo spesso. (Gli fa boccacce)

MELKETT              - Questo dipende interamente da lei, ragazzo mio.

CAROL                  - Ma certo che saprà aver cura di me, papà. Le sue sculture saranno famose in tutto il mondo. Pensa papà, un giorno la gente mi guarderà come se fossi la signora Michelangelo.

HAROLD               - (torvo) Non è mai esistita una signora Michelangelo.

CAROL                  - (irritata) Come non è mai esistita?

HAROLD               - No, carina. Michelangelo nutriva passioni di natura alquanto diversa. (Tira fuori la lingua nella sua direzione)

CAROL                  - Ma è sicuro, signor Gorringe? Non lo sapevo. (Si mette il pollice sul naso, facendogli marameo)

BRINDSLEY           - Senti, Harold, mi dispiace proprio di averti offeso.

HAROLD               - (altezzoso) Non mi hai offeso.

BRINDSLEY           - Sì, che ti ho.

HAROLD               - No, che non mi hai.

BRINDSLEY           - Sì, che ti ho. Ti prego, perdonami.

HAROLD               - (sdilinquito) Be’… finiamola allora. Tanto resti quello che sei, un mascalzone senza scrupoli. Ma come si fa a non perdonarti!

M. FURNIVAL        - (sentimentalmente)Ah! Bravo Harold. Si ricordi: “errare è umano; perdonare, divino.” (Entra Clea)

MELKETT              - (irritato) L’ha già detto, signora.

M. FURNIVAL        - (ingollando giuliva gin e cedro) Ah sì?

CAROL                  - (accattivante) Un’altra ginetta con limone, signor Gorringe?

HAROLD               - Veda un po’ lei.

CAROL                  - Gliela preparo subito.

HAROLD               - (andandole incontro passa vicino a Clea) Grazie. Dicono che non ci sia niente di meglio che farsi che un goccetto con una bella ragazza.

CAROL                  - Ma se ancora non mi ha veduta!

HAROLD               - Ah, ma io lo so. Brindsley ha sempre avuto un gran gusto in fatto di donne. Sente la donna come io sento la porcellana.

BRINDSLEY           - Harold!

CAROL                  - (preparando la bibita per Harold) Dài, non fare il modesto ora, Brin. Perché ti secca tanto? Come se non avessi trovato la fotografia di uno dei suoi bocconcini di due anni fa. Devo dire che non era niente male. Un tantino sul genere zingaro, se posso dire…

HAROLD               - E chi era?

BRINDSLEY           - Credo che alluda a Clea. (Clea reagisce)

CAROL                  - Lei la conosceva, signor Gorringe?

HAROLD               - Certo. Ha infettato questa parte del mondo per un bel pezzo, quella strega (Brindsley, credendo di essere vicino a Harold, gli da una gomitata d’intesa e avvertimento, ma inconsapevolmente colpisce Clea)

CAROL                  - Ah sì?

HAROLD               - Perché, non dovevo dirlo?

BRINDSLEY           - Ma figurati. Carol sa tutto di Clea. (Dà un’altra gomitata a Clea, un po’ più forte. Attraverso tutti i prossimi scambi di persona, Harold è molto vicino a  Clea dall’altra parte di Brindsley) Però, mi apre che esageri, Harold. Come si fa a dire che tre mesi sono “un bel pezzo”!? (A questa bugia Clea gli rivolge un’occhiata di sdegno. Anche Harold è stupito)

CAROL                  - Com’era questa Clea?

BRINDSLEY           - (con significato, all’orecchio di Clea) Penso che tu non possa ricordartela bene, Harold!

HAROLD               - (parlando oltre Clea) Perché, non dovrei ricordarmela, scusa?

BRINDSLEY           - (dando ancora spinte a Clea) Ma come puoi? Sono passati più di due anni, probabilmente te ne sarai dimenticato, no?

HAROLD               - Due anni?

BRINDSLEY           - (con intenzione)Due anni.

CAROL                  - Allora? (Clea e Harold sono anche più stupiti)

HAROLD               - Invece proprio no. La ricordo perfettamente. Anche perché, se mi permetti, non è una che si dimentica tanto facilmente.

CAROL                  - Perché era tanto bella?

HAROLD               - Per carità! Direi proprio il contrario, semmai. Una sganghera senza grazia né forma.

BRINDSLEY           - Ma neanche per sogno!

HAROLD               - Esprimo la mia opinione, posso?

BRINDSLEY           - Non l’hai mai espressa prima, non vedo perché lo devi fare proprio ora.

HAROLD               - (curvandosi su Clea) Perché non mi era mai stata chiesta, va bene? Ma ora, visto che se ne parla posso dire che l’ho sempre trovata un cesso. Intanto aveva dei denti come una staccionata – gialli e puntuti. In compenso però aveva una pelle da fare schifo. Disgraziata.

BRINDSLEY           - Non aveva proprio un bel nulla.

HAROLD               - L’aveva, invece, permetti? La ricordo perfettamente. La pelle della faccia era come una carta da parati color rosa mutanda, messa su un intonaco scalcinato, un genere così.

M. FURNIVAL        - Proprio così, signor Gorringe, ha ragione. La vedevo sempre poco, per la verità, ma m’è rimasta impressa quella pelle. Era d’uno strano colore, proprio come dice lei – e piena di brufoli… non liscia a morbida, come dovrebbe essere la pelle delle signorine, se sono signorine.

HAROLD               Sì, precisamente, Ferny. Piena di brufoli.

M. FURNIVAL        - Una pelle grassa, piena di puntini neri!

HAROLD               - Vero! Vero! Addirittura dei crateri. Sembrava l’altra faccia della luna.

BRINDSLEY           - Tutto questo è falso e ignobile, va bene?

HAROLD               - Lo sai che quella strega non mi è mai piaciuta, vero, Brindsley? E poi era anche un po’ troppo dritta per i miei gusti, e sparo-neggiava troppo.

M. FURNIVAL        - E tutte quelle pose da artista, scusi?

HAROLD               - Per carità, una pososa esibizionista.

CAROL                  - Vuol dire che era pretenziosa come il suo nome? (Clea che a quest’ultimo scambio di commenti sul suo conto ha reagito come uno spettatore a un incontro di tennis, ora reagisce voltandosi verso la voce di Carol) Son sicura che lo era. Nella fotografia che ho trovato aveva un maglione a cerchi bianchi e neri che sembrava un tirasegno. (Brindsley ride. Clea gli dà uno schiaffo)

BRINDSLEY           - Ahi!

CAROL                  - Che succede?

M. FURNIVAL        - Che c’è, signor Miller?

BRINDSLEY           - (furioso) Non mi diverte per niente, Harold, sei diventato scemo? Che ti prende? (Brindsley stende il braccio e afferra Clea, credendola Harold)

HAROLD               - (indignato) Che ti prende a te?

BRINDSLEY           - Ma chi vuoi che sia stato, il Colonnello?

MELKETT              - Che cosa sono stato, io? (La mano di Brindsley esplora la persona di Clea e con crescente terrore realizza chi è)

BRINDSLEY           - Clea!… (Più forte) Clea!


SECONDO ATTO

                            (All’alzarsi del sipario gli attori sono nelle stesse posizioni che avevano alla fine del primo tempo)

BRINDSLEY           - (Gridando) Clea! (Clea si scioglie dalla stretta e si allontana da lui. Durante la scena che segue egli tenta di ritrovarla, al buio)

MELKETT              - Che c’è? Chi è?

BRINDSLEY           - Clea!… M’è venuta in mente all’improvviso, così. Dite delle sciocchezze enormi, tutti. Clea era bella, bellissima, stupenda, e poi, scusa Harold, non dicevi un minuto fa che sono famoso per come ho scelto sempre bene le mie donne?

HAROLD               - Sì, però hai anche avuto certi vuoti da far paura.

BRINDSLEY           - (Spostandosi come un pazzo) Sciocchezze! Clea è bella, tenera, rispettosa e gentile e dolce…

CAROL                  - Ma se poco fa mi hai detto che era una Siberia!

BRINDSLEY           - Io? È una frase in cui non mi riconosco.

CAROL                  - Ma l’hai detto.

BRINDSLEY           - No. Quel che ho detto è… molto diverso… completamente di-verso… del tutto diverso… diverso come calce da calcio. Benchè se ci pensi bene, di questi tempi specialmente, il calcio non è molto diverso dalla calce. Io… (Ride il suo riso stridente)

MELKETT              - E’ sicuro di sapere quello che sta dicendo? (Clea ruba dal tavolo la bottiglia di vodka)

CAROL                  - Me l’hai detto proprio qui, poco fa, quando t’ho chiesto com’era: “era una pittrice, onestissima, bravissima e…”

BRINDSLEY           - (Esasperato) Una Siberia! Be’, l’ho detto! E allora?

CAROL                  - Allora niente. (Brindsley allunga le mani in un gesto di disperata spossatezza. Per caso toccano Clea. La stringono)

MELKETT              - Se quel ragazzo non è pronto per la neuro, non conosco più il mondo.

CAROL                  - E poi, che significa, scusa, tutto questo parlar di lei, così gentile e tenera, tutto all’improvviso? Vuoi dire forse che io non lo sono?

BRINDSLEY           - No, per carità, tu non c’entri. Ma anche Clea però poteva esserlo… in certe occasioni. Molto tenera… (Carezza Clea, amorosamente)

CAROL                  - Occasioni rare, immagino.

BRINDSLEY           - Non tanto. (Bacia Clea, che si intenerisce tra le sue braccia) Anzi, per niente rare.

CAROL                  - Che significa, esattamente? Brin, Brin, parlo con te, sai.

BRINDSLEY           - (Sottovoce, nell’orecchio di Clea) Ti spiegherò. Sali su in camera. Aspettami là.

HAROLD               - (Stupefatto, credendo che si rivolga a lui) Ora? Ma ti pare il momento adatto?

BRINDSLEY           - Ma quando mai? Non parlavo con te. Sei impazzito?

CAROL                  -Che hai detto?

HAROLD               - (a Carol) Credo voglia che lei vada di sopra. (Maliziosamente) Per quale scopo, non lo so.

MELKETT              - Per tramare ancora nell’ombra, immagino.

M. FURNIVAL        - Parole d’amore, Colonnello.

MELKETT              - Molto commovente.

CAROL                  - (Credendo che sia successo qualche guaio col mobilio, si sposta verso Brindsley. Con sussurri da cospiratrice, nell’orec-chio di Clea) Che succede, tesoro? È accaduto qualche guaio? C’è qualcosa che non puoi muovere?

                            (Il dialogo seguente: sottovoce)

BRINDSLEY           - Niente. E tutto a posto. Eccetto il sofà, ma l’ho coperto.

CAROL                  - Pensi che si possa accendere qualche luce?

BRINDSLEY           - Sì… NO!!

CAROL                  - Perché no?

BRINDSLEY           - Ora no; dopo, dopo.

CAROL                  - Perché vuoi che salga in camera?

BRINSLEY              - Tu? Ma quando mai? Vattene!

CAROL                  - Carino davvero!

BRINDSLEY           - Non volevo offenderti, scusami.

MELKETT              - Rieccoci. Tramano di nuovo. Miller! Posso ricordarle che ancora non si è procurato nessuna candela?

BRINDSLEY           - Ha ragione, Colonnello. Giuro che di sopra ci devono essere. (Prende Clea per la mano e la tira pian pianino lontano dal gruppo)

CAROL                  - Non ci sono. Ci ho già guardato.

BRINDSLEY           - Hai guardato soltanto nei cassetti. Scommetto che non hai provato nell’armadio o nel bagno.

HAROLD               - Be’, faresti bene a prendere i miei fiammiferi. Non puoi andar brancolante nel buio.

M. FURNIVAL        - E allora, il pericolo?

BRINDSLEY           - Di sopra non c’è gas.

HAROLD               - (dandogli i fiammiferi) Eccoli.

BRINDSLEY           - Grazie. Torno subito. Beva qualche altra cosa, Colonnello. (Conduce Clea attraverso la stanza verso la scala)

MELKETT              - Come “qualche altra”? Ancora non sono riuscito a bere una volta che è una volta.

M. FURNIVAL        - (prosciugando l’ultima goccia del suo gin) Oh, povero Colonnello! Glielo porto io un drinkino, via.

MELKETT              - No, no. Ci penso da me, grazie. Posso portarle un altro po’ di limonata?

M. FURNIVAL        - No, no grazie. Faccio io. Così imparo un po’ di mondanità. (Ambedue M. Furnival e il Colonnello Melkett vanno brancolando al tavolo dei drinks)

CLEA                    - Mi fornirai qualche didascalia, spero!

BRINDSLEY           - (Ironico) Niente. George Bamberger deve venire stasera a vedere i miei lavori, e su questo ci salta una valvola della luce, nient’altro.

CLEA                    - Ed è un motivo per tutto questo brancicare furtivo?

BRINDSLEY           - Senti, non posso spiegarti molto, ora.

CLEA                    - Chi è quella cretina?

BRINDSLEY           - Un’amica mia.

CLEA                    - Pare qualcosa di più, dall’andazzo del dialogo.

BRINDSLEY           - Be’, per la verità, è Carol. Te ne ho parlato già.

CLEA                    - Ah! La scema.

BRINDSLEY           - No, invece è molto carina. Siamo diventati buoni amici in questi tempi.

CLEA                    - Amici quanto?

BRINDSLEY           - Buoni amici e basta.

CLEA                    - Sei diventato amico anche del padre?

BRINDSLEY           - Se pensi che la cosa ti riguardi, sono capitati qui per conoscere Bamberger.

CLEA                    - Benone. Anch’io muoio dalla voglia di conoscerlo.

BRINDSLEY           - Be’, non puoi. Per lo meno, non stasera.

CLEA                    - E perché no?

BRINDSLEY           - Non posso spiegartelo ora.

MELKETT              - (versandosi il whisky) Finalmente! Un bicchiere decente di scotch! Ha avuto la sua limonata?

M. FURNIVAL        - Sì, grazie, Colonnello.

CAROL                  - Speriamo che almeno trovi una candela.

HAROLD               - Anch’io. Non ne posso più di questo buio.

CLEA                    - Brindsley, cos’era che mi volevi dire al telefono, poco fa?

BRINDSLEY           - Ssst!… Niente.

CLEA                    - Guarda, non fare il furbo, con me, perché te la passi male.

BRINDSLEY           - Ecco l’Inquisizione! Senti, Clea, cerca di capire. Se mi vuoi un po’ di bene, guarda di scivolar fuori zitta zitta, senza fare altre domande. Più tardi verrò da te e ti spiegherò tutto, te lo giuro!

CLEA                    - Non ci credo!

BRINDSLEY           - (accattivante) Ti prego, pantera mia, ti scongiuro.(La bacia appassionatamente)

CAROL                  - E’ un pezzo che Brin è di sopra, ormai.

HAROLD               - (alzandosi) Aspetti, faccio un salto a casa mia, un minuto. Credo di avere un vecchio lumicino da recuperare in qualche parte.

CAROL                  - (presa dal panico) Non lo faccia, signor Gorringe!

HAROLD               - Be’, perché no?

CAROL                  - Io-io-io so dove trovare qualcosa. Nello studio. Ancora non ci abbiamo guardato. Venga ad aiutarmi. (Si alza) Forse i lampioni della strada ci daranno luce dalla finestra…(la voce ancora accattivante) Le sarò proprio tanto grata di questo aiuto.

HAROLD               - Su, allora andiamo.

M. FURNIVAL        - Non ci stia tanto, signor Gorringe.

HAROLD               - Stia tranquilla, Ferny. Non c’è pericolo. Stia attenta, lei, piuttosto, che resta sola con il Colonnello. (Carol e Harold vanno a tentoni verso lo studio e vi entrano)

M. FURNIVAL        - Non vada via!

BRINDSLEY           - Nessuno al mondo bacia come te!

CLEA                    - Mi sei mancato, carogna. Dovevo vederti. Sai che non ho pensato ad altro durante queste ultime cinque settimane? Accidenti a te, Brin, che sbaglio ho fatto ad andarmene!

BRINDSLEY           - Clea, ti prego!

CLEA                    - Capisci, siamo stati insieme quattro anni. Non possiamo buttar-ci via come giornali vecchi.

MELKETT              - (con voce seminormale) Brindsley!

BRINDSLEY           - Tesoro, non è possibile parlarne ora, sai. Non puoi darmi un’ora di tempo?

CLEA                    - Sì, che posso, tesoro. Tu non mi vuoi laggiù, vero?

BRINDSLEY           - No!

CLEA                    - Mi spoglierò, andrò zitta zitta dentro il letto e quando li avrai sbolognati tutti, mi troverai li ad aspettarti.

BRINDSLEY           - E’ un’idea tremenda.

CLEA                    - E’ un’idea splendida, invece. Felice distensione per entrambi.

BRINDSLEY           - (digrignando i denti) Io sono perfettamente disteso.

CLEA                    - Certo. Come un coniglio che ha preso l’L.S.D.

BRINDSLEY           - Già, non ti pare logico, con quello che succede?

CLEA                    - Bevici sopra. (Gli accosta alla bocca la bottiglia della vodka)

MELKETT              - (un po’ più ad alta voce) Che diavolo starà inventando, ora?

M. FURNIVAL        - Non ne ho la minima.

CLEA                    - (mentre Brin beve) Ora stammi a sentire, Brin, posso benissimo rimaner qui, stanotte. Carol tanto non ci dorme certo; ecco il suo pap-pap.

BRINDSLEY           - (scostando la bottiglia) Non è questo il punto.

CLEA                    - Allora qual è, se c’è uno.

BRINDSLEY           - Te l’ho detto. Non posso spiegartelo ora.

CLEA                    - Benissimo. E allora rimarrò quassù e me lo spiegherai dopo. Oppure scendo subito giù e chiariamo un po’ di misteri.

BRINDSLEY           - Non ci sono misteri.

MELKETT              - (ruggendo) Brindsley!

BRINDSLEY           - (cedendo) Benissimo, resta, maledetta. Ma se emetti il più piccolo suono ti strangolo colle mie mani. (Si precipita in cima alle scale) Sì, vengo, Colonnello.

MELKETT              - Insomma, questa candela l’ha trovata o no?

CLEA                    - Potrei cantare, piano piano?

BRINDSLEY           - Potrei spezzarti i denti, forte?

MELKETT              - Che stava dicendo?

BRINDSLEY           - No, Colonnello. Niente candele! Non ancora! Non riesco a trovarle. (Tornano Carol e Harold)

CAROL                  - Neppure noi.

HAROLD               - Abbiamo cercato dappertutto, anche nel tuo studio. Non ce ne sono neanche là.

CLEA                    - (cantando) Né donna né tela, a lume di candela.

BRINDSLEY           - (in un bisbiglio) Vuoi star zitta?

CAROL                  - Non fa niente. Quel rompi di un miliardario ovviamente non viene più.

BRINDSLEY           - (scendendo dalle scale) Come fai a esserne tanto sicura?

CAROL                  - Be’, è già in ritardo di mezz’ora, almeno.

HAROLD               - Questo è niente. I miliardari sono sempre in ritardo. Glielo insegna l’istitutrice. (Si siede)

M. FURNIVAL        - Ha ragione, signor Gorringe. È proprio così che me li immagino io. Mani di velluto e due ore di ritardo.

MELKETT              - (verso Carol che è inciampata nel Budda) Stai attenta a dove metti i piedi, passerotto, fai attenzione a quel Budda.

HAROLD               - Budda?

BRINDSLEY           - Budda… ch-ch-ch-ch-ch- che vuol dire, Budda?

MELKETT              - Budda, giovanotto. Budda. Quello che ho veduto entrando. Oltretutto è la sola cosa che mi piaccia qui dentro.

HAROLD               - (sospettoso) Un Budda?

BRINDSLEY           - Lei ha sbagliato, Colonnello. Qui non ci sono Budda. Non terrei mai Budda in casa mia. Proprio io, figuriamoci. Adoro Confucio.

CAROL                  - Sì, però, Confucio fa meno arredamento.

MELKETT              - Ma se ho detto poco fa che era l’unica cosa che mi piaceva qui dentro, quel Budda… Non mi hai sentito?

M. FURNIVAL        - (ridendo, nervosetta) A proposito di Budda, mio padre diceva sempre…

CAROL                  - Non t’ho sentito, Pap-Pap.

BRINDSLEY           - (nascondendolo) Non ci sono Budda qui, Colonnello. Se vuol vedere un Budda, chieda a Harold di farle vedere il suo. Quello sì che è un Budda. Un capolavoro Ming.

HAROLD               - Tang.

BRINDSLEY           - Tang. Tang. Appunto.

HAROLD               - Be’, è solo una copia del diciottesimo secolo, però, copia o no, mi è costato 240 sterline.

MELKETT              - Senta, giovanotto, non si sarà mica messo in testa che io sia diventato matto, vero? (Tira fuori il lighter)

HAROLD               - Che tipo di Budda era, Colonnello? Ceramica?

                            (Il Colonnello tenta disperatamente d’accendere il lighter, ma questo è completamente esaurito, non funziona. Tuttavia ha prodotto sufficienti scintille perché Brindsley veda l’impermeabile di Harold. Ha appena il tempo di avvolgervi la statua e di deporre il tutto sulla sedia prima che Harold accenda un fiammifero)

MELKETT              - Ma che diavolo succede qui dentro?

BRINDSLEY           - Eh, come? Veramente non la capisco, Colonnello. Comincia a preoccuparmi. Non so proprio cosa voglia dire. (Anche Harold diventa sospettoso)

MELKETT              - Qui c’è qualcuno che si diverte alle mie spalle e a me questi scherzi non mi sono mai piaciuti. Dove vuole arrivare, giovanotto?

BRINDSLEY           - Io?

MELKETT              - Lei.

BRINDSLEY           - Per piacere, non ricominciamo a litigare, Colonnello. Andava-mo così d’accordo!

MELKETT              - (implacabile) Voglio sapere che ne è stato del Budda.

                            (Entra Schuppanzig che indossa il soprabito e il berretto della Com-pagnia d’Elettricità di Londra. Ha con sé la valigetta degli arnesi)

BRINDSLEY           - Senta, Colonnello… siamo tutti sotto un’estrema tensione, ora. Se prima ha veduto un Budda può essere stato un effetto di luce, o d’ombra, o altro. Forse aveva Budda in testa quando è venuto. Forse ha delle fissazioni per i Budda, non so, forse è proteso verso l’oriente. Ecco non si sente parlare che di Mao e delle sue guardie rosse, può darsi che…

MELKETT              - Che?

BRINDSLEY           - Posso solo assicurarle che qui Budda non ce ne sono. Non è nel mio carattere insistere, ma in questo caso…

SCHUPPANZIG      - (forte accento tedesco) Posso entrare, preco? Signor Miller? Sono venuto come d’accorto.

BRINDSLEY           - Dio mio, è Bamberger, è arrivato!…

SCHUPPANZIG      - Dovete aver pensato che non venivo più. Mi dispiace. (Si toglie soprabito e berretto)

BRINDSLEY           - Per carità! Sono felice che abbia trovato il tempo di venire. So bene quanto è occupato. Ho paura che ci sia accaduto il disastro più banale. Ci si è fusa una valvola, pensi un po’. (Ride nervoso)

HAROLD               - Parla più forte, tesoro. È sordo spaccato!

BRINDSLEY           - Sono saltate le valvole, mi dispiace… non è il modo migliore per vedere sculture, purtroppo.

SCHUPPANZIG      - Prego, non preoccuparsi.

                            (Tira fuori una lampadina tascabile e l’“accende”. Sul palcoscenico la luce si affievolisce, come al solito. Tutti si rilasciano con sensibili sospiri di sollievo. Clea esce per andare al bagno e si spoglia dietro la porta. Schuppanzig posa subito la valigetta degli arnesi sulla poltroncina Regency e vi appoggia sopra il soprabito e il berretto, occultando in tal modo che appartiene a Harold)

                            Ecco.

CAROL                  - Ah, che sollievo!

BRINDSLEY           - Gira sempre con una torcia elettrica, lei?

SCHUPPANZIG      - Quasi sempre. Aiuta per vedere i dettagli.

BRINDSLEY           - Posso presentarle il Colonnello Melkett?

MELKETT              - Onoratissimo, signore.

SCHUPPANZIG      - No, no. Onore mio, mio! Colonnello!

BRINDSLEY           - La signorina Melkett.

CAROL                  - Buonasera, caro. Sono aux anges che lei sia venuto. È veramente gentile a interessarsi così del lavoro del mio fidanzato.

SCHUPPANZIG      - Affatto. Vous êtes très gentile.

CAROL                  - Vuol bere qualcosa? Che preferisce?

SCHUPPANZIG      - Un po’ di vodka, se c’è.

CAROL                  - Certo.

BRINDSLEY           - Questo è Harold Gorringe – un mio vicino.

HAROLD               - Sono senza parole.

SCHUPPANZIG      - Incantato.

HAROLD               - Io sono incantato. Sapesse da quanti anni aspettavo il momento di conoscerla.

BRINDSLEY           - E questa è un’altra cara vicina, Miss Furnival.

SCHUPPANZIG      - Incantatissimo.

M. FURNIVAL        - Temo che abbiamo tutti cercato rifugio nella tempesta, come diceva il mio povero papà. (Poi, mentre stringe la mano di Schuppanzig) Ah! È vero! Sono lisce! Proprio un velluto.

SCHUPPANZIG      - (sbalordito mentre lei gli strofina la mano) Prego? (Brindsley e Carol si scambiano sguardi di sorpresa. M. Furnival sembra un po’ ubriaca; di limonata!)

CAROL                  - (al tavolo delle bevande) Cocorito, dov’è la vodka!

BRINDSLEY           - Sul tavolo.

CAROL                  - No, non c’è.

BRINDSLEY           - Ci deve essere! (Di sopra, Clea ingolla una lunga sorsata dalla bottiglia di vodka)

CAROL                  - Be’, vieni a vedere, allora. C’è Winnie e Ginetta. Ma Vera è assolutamente sparita, quella pazzerella.

BRINDSLEY           - Ma non può! Dove vuoi che sia sparita?

MELKETT              - Non mi sorprenderebbe affatto. Qui sparisce tutto. E riappare! I Budda svaniscono e appaiono le sedie a dondolo. Le bottiglie se ne vanno per conto loro. C’è qualcosa di misterioso in questa stanza e vorrei sapere che cos’è.

CAROL                  - Sei sicuro di non aver bevuto troppo, pap-pap?

MELKETT              - Non far l’idiota, angelo mio. Ho bevuto un solo scotch e lo sciacquo di una limonata, schifosa.

CAROL                  - Be’, e dove diavolo può essere?

SCHUPPANZIG      - Prego, non preoccupare. Ho un po’ di fretta. Se soltanto mi dicessero dove andare.

BRINDSLEY           - Sicuro. Nello studio. Da questa parte, le faccio strada. (Indican-do la scultura) Questo è soltanto uno dei miei lavori che tengo qui.

SCHUPPANZIG      - Posso vederlo?

BRINDSLEY           - Prego, anzi! (Brinsley vede improvvisamente il vaso di fiori di Coalport vicino alla scultura. Si precipita e lo sposta posandolo sul pavimento e nascondendolo con le proprie gambe. Ora è quasi totalmente demoralizzato. Spiegando, nervosamente) Fiori…davano noia!…

                            (Schuppanzig si avvicina alla scultura con la lampadina e l’esamina per qualche momento)

SCHUPPANZIG      - Affascinante.

BRINDSLEY           - (ansioso) Trova? Mi sorprendo ogni tanto a pensare che questo lavoro illustri in un modo tutto suo, probabilmente disintegrato e ribelle a ogni logica, i due poli magnetici dell’irrequietezza umana. Amore e odio di sé, che invariabilmente conducono sempre allo stesso punto, comprende?

SCHUPPANZIG      - E’ chiarissimo.

MELKETT              - Ne è sicuro?

SCHUPPANZIG      - Certo. Ha la chiarezza di ogni arte grande.

HAROLD               - Arte grande?

MELKETT              - Vuol dire che le piace?

SCHUPPANZIG      - Moltissimo. A lei no?

MELKETT              - Ah… sì. Splendido! Splendido, sicuro!

SCHUPPANZIG      - Semplice, ma non semplicistica invenzione. Ingegnoso ma non ingenuo. Soprattutto, hanno vera forza morale. Di quanti lavori moderni lei può dire altrettanto?

M. FURNIVAL        - Ah, di nessuno, davvero. Nessuno…

SCHUPPANZIG      - Non vorrei esagerare, ma questi sono, secondo me, essenzialmente, profondamente danteschi.

HAROLD               - Danteschi?

SCHUPPANZIG      - Sicuro. E in un certo senso curioso, anche shakespeariani. Battezzerò io per voi, d’accordo? (Toccando le due punte) Otello! Amleto! Otello, voi sapete, era malato di amore per la sua donna. Amleto malato di odio per sé. Non riusciva ad amare altri perché non riusciva ad amare sé. Questa è malattia antica, diagnosticata assai tempo fa da Sant’Augustino. Ma voi sapere già, questo tutti sanno. (Brindsley gorgoglia modestamente) Mi auguro non dire conferenza. È mio mancamento.

CAROL                  - Ma affatto, è così interessante.

M. FURNIVAL        - Io potrei stare ad ascoltarla fino a domani mattina. Oggigiorno nessuno parla più come lei.

MELKETT              - Io confesso di non capirne molto di queste cose, ma è un vero onore stare ad ascoltarla.

SCHUPPANZIG      - Vous etes très gentil.

HAROLD               - Vuol dire che lei riesce a vedere tutte queste cose in un pezzo di metallo?

SCHUPPANZIG      - Sì, ma minuscolo pezzo di metallo – questo è il punto – E’ cretino questo. Uno miracolo di compressione, e di comprensivo-ne. Vuole mia opinione? (a Brindsley) Lei è genio. In volume di una scatola di fiammiferi lei realizzato tutto uno universo… la nera virginità di Chertres! L’intero corale di Acropoli! Wunderbar!

CAROL                  - Ma che meraviglia! Hai sentito, caro?

M. FURNIVAL        - Bravo, signor Miller. Bravo!

SCHUPPANZIG      - Lei deve farsi pagare immensamente. Spero questo molto molto caro.

BRINDSLEY           - Uhmmmmm…

CAROL                  - (intervenendo) Oh, ma lo è… lo sono.

SCHUPPANZIG      - Questa qui, per esempio. Quanto costa, questa?

BRINDSLEY           - Cinquanta…

CAROL                  - Cinquanta ghinee.

SCHUPPANZIG      - Ah, certo, certo. Benissimo.

BRINDSLEY           - Lei crede?

SCHUPPANZIG      - Assolutamente.

CAROL                  - Che bellezza! Se lo aggiudica?

SCHUPPANZIG      - Io?

BRINDSLEY           - Ma, CAROL, non ti pare d’essere in po’ precipitosa? È meglio che il signore veda gli altri lavori nello studio, prima di decidere.

SCHUPPANZIG - Ahimè, non ho tempo, purtroppo.

BRINDSLEY           - (scoraggiato) Ma sono qui, sa, nella stanza accanto.

SCHUPPANZIG      - Indugiare sarebbe piacevole, ma ho paura debbo lavorare.

BRINDSLEY           - Ma rappresentano tutta la mia produzione. Questa è solo un’opera giovanile.

SCHUPPANZIG      - Giovanile, ma stupenda. Se vedessi cose anche più belle sarei stordito. Mi scusi. Come ha scoperto Mosè, all’uomo maturo basta dare uno sguardo a latte  e miele. Non c’è bisogno che si abbuffi. Io già saziato di questo.

BRINDSLEY           - Grazie. Allora…

SCHUPPANZIG      - (sorridendo beato) Allora…

BRINDSLEY           - (nervoso) Allora?

MELKETT              - Allora?

HAROLD               - Allora?

M. FURNIVAL        - Allora?

CAROL                  - Bene… Le piace, allora? (Breve pausa)

SCHUPPANZIG      - Moltissimo.

M. FURNIVAL        - Bravo!

MELKETT              - (incredulo) Per 500 ghinee?

SCHUPPANZIG      - Certo… se le avessi. (Risata generale)

HAROLD               - Secondo il Sunday Pic, lei dovrebbe possedere almeno diciassette milioni di sterline.

SCHUPPANZIG      - I giornali della Domenica sono notoriamente male informati. Secondo ultimo conteggio mia banca, possiedo centosei sterline, otto scellini e quattro pennies.

HAROLD               - Vuol dire che è andato fallito?

SCHUPPANZIG      - No. Voglio dire che mai ho avuto di più.

MELKETT              - Be’, senta, signore, so che i miliardari sono eccentrici, ma questo è incredibile.

SCHUPPANZIG      - Miliardari? Ma chi credono che io sia?

MELKETT              - Cribbio, signore! Lo dovrebbe sapere lei, chi è!

CAROL                  - Signor Bamberger, ha voglia di scherzare?

SCHUPPANZIG      - Scusino. Mio nome non Bamberger.

BRINDSLEY           - No?

SCHUPPANZIG      - No. Mio nome Schuppanzig. Franz Shuppanzig. Nato  a Weimar nel 1915. Studente di filosofia a Heidelberg nel 1934. Rifugiato in questo paese per porco Hitler nel 1936. Impiego regolare da allora presso Società generale di Elettricità di Londra.

CAROL                  - Elettricità?

M. FURNIVAL        - Elettricità?

BRINDSLEY           - Vuol dire che lei non è…?

HAROLD               - Sicuro che non è!

SCHUPPANZIG      - Chi credevano che fossi?

HAROLD               - (furioso) Come osa?

SCHUPPANZIG      - Prego?

HAROLD               - Con quale spudoratezza ora venir qui a parlarci delle vergini nere di Chartres e di altre puttanate… mentre poi si scopre che è qui solo per aggiustare le valvole. Bruto sfacciato spudorato che non è altro.

MELKETT              - D’accordo con lei!

SCHUPPANZIG      - (stupefatto) Ah, si?

MELKETT              - Lei viene qui, impiegato d’un pubblico servizio e si mette ad arringare quelli che deve servire, senza che le sia domandato niente  e senza essere invitato.

SCHUPPANZIG      - (stupefatto) Scusino, ma sono invitato. Questo signore chie-sto se volevo vedere i suoi lavori.

MELKETT              - Non risponda! Ai miei giorni lei sarebbe stato trascinato davanti a una corte marziale per insubordinazione.

M. FURNIVAL        - Vero, vero Colonnello. Ma i tempi sono cambiati. Ora tutti i lavori di qualche responsabilità sono in mano a dei fannulloni o a degli stranieri.

BRINDSLEY           - La prego, Miss Furnival.

CAROL                  - Be’, in ogni caso, Pap-pap ha ragione, Brin. È stato di una impertinenza… inqualificabile.

SCHUPPANZIG      - Hanno ragione, signori. Ritiro tutto. (a Brindsley) Lei non è genio.

MELKETT              - Miller, vuol gentilmente mostrare a questo individuo quello che deve fare?

BRINDSLEY           - Le valvole sono nello scantinato. Può scendere da qui, attraverso questa botola. (Indicandola) Le spiace?

SCHUPPANZIG      - Perché dispiacermi? Venuto per questo. Scusino. (Prende soprabito, berretto e valigia dalla sedia Regency di Harold, vedendola) Questa sì che è una bella sedia! (Brindsley fissa atterrito, e in un baleno ci si siede sopra, coprendo i braccioli con le braccia, nel tentativo di nasconderla)

BRINDSLEY           - Perché non scende in cantina?

SCHUPPANZIG      - Ma come?

BRINDSLEY           - Ahi! Tesoro. (a Carol) Ti dispiace aprire la botola?

CAROL                  - Io? (Capisce) Ah-si, si! (S’inginocchia e apre la botola)

MELKETT              - (a Brindsley) Be’, non faccio per dire, quanto a galanteria… vero, giovanotto?

BRINDSLEY           - Mi è venuto un improvviso attacco di lombaggine, Colonnello. Mi prende spesso dopo lunghi lassi di tempo al buio. (Si lamenta)

CAROL                  - (comprensiva) Oh, darling. Ti è tornata?

BRINDSLEY           - Ho paura di si.

HAROLD               - (aprendo la botola) Lasci fare a me. Non sono tanto fragile come il nostro amico. (A Schuppanzig) Be’, scenda giù, lei.

SCHUPPANZIG      - (alzando le spalle) Allora, arrivederci. Lascio luce di Arte per oscurità di Scienza.

HAROLD               - Meno chiacchiere! Avanti!

SCHUPPANZIG      - Scusi.

                            (Schuppanzig scende nella botola portando con sé la lampadina elettrica. Harold gli sbatte la botola sul capo, irritatissimo. C’è una lunga pausa. Tutti restano lì impalati e imbarazzati. Sopra, Clea esce dal bagno con soltanto la metà superiore del pigiama di Brindsley, tenendo in mano la bottiglia di vodka. Clea esce sulla galleria direttamente sopra al palcoscenico, e sta ad ascoltare)

BRINDSLEY           - Non è possibile! Non è possibile! Non è possibile! Non voglio credere a quello che succede stasera; non posso, non è giusto, non è vero.

CAROL                  - Su col morale, Brin-Brin. Tra poco tutto andrà a posto. Bamberger arriverà con la luce, andrà pazzo per le tue cosine e ti darà ventimila sterline per tutta la collezione.

BRINDSLEY           - (sarcastico) Ah, davvero?!

CAROL                  - Così potremo comprare una deliziosa casa Georgiana e vivremo, come dicono i poveri di spirito, “felici e contenti”. Voglio lasciare questa baracca appena sposati. (Clea resta a bocca aperta dalla sorpresa)

BRINDSLEY           - Shhh! Zitta!

CAROL                  - Perché? Non voglio mica andare a vivere in una scatola di biscotti per i primi due anni. Tante altre coppie sposate di fresco lo fanno, ma noi no.

BRINDSLEY           - Zitta! Zitta!

CAROL                  - Che è?

BRINDSLEY           - Gli dèi ascoltano, cara. Finora mi hanno dato una notte da tregenda, ma potrebbero far peggio… non te l’immagini neppure.

CAROL                  - (tubando) Lo so, amore. È stata una serata terribile. Povero bambolotto mio… Ma li combatteremo insieme. Non m’importa un acci di quei vecchi rimbamba degli dei. (Guardando verso l’alto) Mi sentite Lassù? Un acci che è un acci, non me ne importa! (Clea rovescia su di lei la bottiglia di vodka) Ohhh!!

BRINDSLEY           - Che c’è, ora?

CAROL                  - Mi hanno bagnata tutta.

BRINDSLEY           - Ma non esser ridicola!

CAROL                  - Ti dico! Sono tutta bagnata.

BRINDSLEY           - Ma come è possibile!? (Clea versa la vodka su una superficie più grande. M. Furnival strilla) 

HAROLD               - Ehi, ma che succede?

CAROL                  - Piove, qua dentro.

BRINDSLEY           - Non far la stupida.

MELKETT              - (che non ha ricevuto la vodka addosso) Ma che diavolo sta succedendo? Che avete da sbraitare? (Si prende in faccia uno spruzzo di vodka) Ohhh!

BRINDSLEY           - (ispirato) E’ una perdita – la perdita di una conduttura. Una perdita di sopra. Un tubo!… Ecco  cos’è. Deve venire da casa sua, M. Furnival.

M. FURNIVAL        - Oh, cielo! Forse ho lasciato un rubinetto aperto.

HAROLD               - Accendi un momento, Brin. Vediamo cos’è.

BRINDSLEY           - (preso dal panico) Io – io non ho fiammiferi… niente.

HAROLD               - Ma se te li ho dati prima.

BRINDSLEY           - Ah… ah,  già… No… ho consumato l’ultimo di sopra…(Clea, furiosa, spacca la bottiglia per terra)

HAROLD               - Non mi dire che lassù c’è qualcun altro.

BRINDSLEY           - Bontà divina!

MELKETT              - Chi c’è lassù? (Di sopra, silenzio) Avanti; non cerchi di nascondersi!

BRINDSLEY           - (improvvisando, violentemente) Volete scommettere che è la signora Rodriguez?

MELKETT              - Chi?

CAROL                  - Ma non manca proprio nessuno. Cosa fai, Brin? Sconti per comitive?

BRINDSLEY           - La signora Rodriguez. Quella delle pulizie.

HAROLD               - La donna delle pulizie?

BRINDSLEY           - Sì, viene il lunedì, mercoledì e il venerdì. La domenica no perché è spagnola, va in chiesa. (Clea ascolta stupefatta)

CAROL                  - E che ci farebbe qui a quest’ora?

BRINDSLEY           - Ora che ricordo… Ha telefonato dicendo che avrebbe fatto un saltino verso le sei per mettere in ordine la casa.

MELKETT              - Cribbio, giovanotto, sono quasi le undici.

HAROLD               - Non è così coscienziosa. Non può essere lei!

M. FURNIVAL        - Non coi tempi che corrono.

MELKETT              - Be’, lo vediamo subito. (Chiamando) Signora Rodriguez, è lei?

BRINDSLEY           - No…non gradisce essere disturbata mentre lavora, Colonnello. Perché non la lasciamo su a svagarsi con il suo piumino?

MELKETT              - Prima vediamo veramente se è lei. Signora Rodriguez! Le impongo di parlare. Signora Rodriguez!

CLEA                    - Buonas tarde, senor Miller.

BRINDSLEY           - E’ lei.

CLEA                    - Me ha chiamato, senor?

BRINDSLEY           - Santo Dio, signora Rodriguez, che diavolo fa lassù a quest’ora?

CLEA                    - Estoy ravversando la camara, senor.

BRINDSLEY           - A quest’ora?

CLEA                    - Mejor tarde che nunca, come dicono a Barcelona. Jo soy che usted vuole che sua camara sia linda y desiosa, claro, pero quando da le sue festicciolas.

BRINDSLEY           - Già, sì, certo.

MELKETT              - Quando è venuta, signora?

CLEA                    - Apenas un momentito. Pero quando usted estava parlando col senor alemanno.

BRINDSLEY           - Ah, quando c’era il tedesco!

CLEA                    - Non quierevo molestar, claro, y soy salida su.

HAROLD               - E’ lei che ha aperto le tubature, per caso?

CLEA                    - Agua, agua! Virgin santissima y lindissima del Pilar! Che desastro escalofriante! Me perdona, senor Miller, aquì està oscuro como la galera. Per casso, està caracolando qualche hermosa senorita?

BRINDSLEY           - No, signora Rodriguez. È saltata una valvola. Siamo al buio in tutto lo stabile.

CLEA                    - Ah, me pensava che usted estava praticando uno dei suoi giochetti all’oscuro, senor. Lei me intiende! Quelli che vanno a terminar con un ammucchiamento jeneral, claro?

BRINDSLEY           - E’ una valvola saltata, signora Rodriguez. C’è quello della Centrale che la sta accomodando. La luce tornerà da un momento all’altro.

CLEA                    - Ah, che gusto, senor, che gusto! Almenos vedrà chi tiene in su casa.

BRINDSLEY           - Hmmm..si, certo. Ma ora perché non se ne va, signora Rodriguez?

CLEA                    - Che dolor de non esser venida prima al trabajo, senor, ma la mia figliola ha fatto las porcherias un’altra volta.

BRINDSLEY           - Signora Rodriguez!

CLEA                    - Ohi ohi che ventre! Tienes un gropo sotto l’ombelico mas grande che un melon de Barcelona.

M. FURNIVAL        - Oh, che cosa sgradevole!

CLEA                    - Orrendo, vero? Gliel’ho detto esta noche a quella desvergo-gnada. Dico, è inutile lamentarse, nina, dico. Dico, manana por la manana, como lepre curiendo, dalla levatora a farte ultraviolar.

BRINDSLEY           - Sì, ma non farebbe meglio a tornare da lei? Può aver bisogno di qualcosa. La rivedo a la manana.

CLEA                    - Seguro, seguro. Buenas noche, senor Miller, hasta luego. È seguro, senor Miller, che non tiene besogno de nada esta noche?

BRINDSLEY           - Segurissimo, gracias.

CLEA                    - Intiendio: jo soy como resta esta povera desgraciada desperada desvergognada da casa para quando termina una delle sue orgiette, claro! Pejor che dopo el transito de una carovana de jitanos malaguenos. Virgin santissima de la Cabeza moza! Bottilias de liquor en todas partes. Reggiseni y mutandas financo nel lavabo.

MELKETT              - Per piacere, stai attenta a come parla, signora. Lei non lo sa, ma è in presenza della fidanzata del signor Miller.

CLEA                    - La fidanzata? La novia! Oh, senor Miller, che bella sorpresa! Me congratulo! Me permette de posarle un bacio, senor Miller? Un beso pequeno. Jo soy como una madre por usted.

BRINDSLEY           - Se proprio deve, certo.

CLEA                    - Ah, che appagamiento, che apoteosi, senor Miller! E anche per lei, senorita Clea!

CAROL                  - Clea?

CLEA                    - Ma allora l’ha accalapiado, alfin por santa Calogera y San Firmin, che buen colpo tactico, senorita Clea! Pobre nina, tanto virtuosa y soportosa, quatros anos de calvarios, quattro anni, no me paresse possible. Ma perdona, senor, si parlo con mia espudoratessa abitual, ma lei compriende che quatros anos por far la corte a una mujer sono un pochito tropos.

BRINDSLEY           - Per piacere, signora Rodriguez!

CAROL                  - Quattro anni!

CLEA                    - Seguro! Quattro anni, carignosa mia. Pero claro, jo siempre sapevo todo. Me creda, el senorito, ma l’ha repetido periennemente. Nunca una semana fa, recuerdo che era el dia de la santissima Conception de los Milagros, quando a los cinquo de la tarde, el mi confida:” Senora Rodriguez, usted es como madre por migo, glielo posso dir, por quanto me reguarda, al senorita CLEA se busca l’Oscar”. Proprio così, ha detto, se busca l’Oscar, entiende! E io dico: “Y codesta debuttante, codesta CAROL? Oh, quella non es che una tonta squinzia de los quartieros altos. Quella, una botta e vaja con Dios.”

MELKETT              - (debolmente; ma almeno affrontando la situazione) Ha detto quattro anni?

CLEA                    - (con la sua voce tranquilla) Sì, Colonnello. Quattr’anni, in questa stanza.

HAROLD               - Questa voce… è Clea!

M. FURNIVAL        - (sorpresa) Clea!

CAROL                  - (orripilata) Clea!

BRINDSLEY           - (sorpreso, senza convinzione) Clea!

CLEA                    - Sorpreso, Brin?

CAROL                  - (che ha capito) Clea!

MELKETT              - Non riesco, parola d’onore, non riesco a capire quello che succede in questa stanza.

CLEA                    - Lo so. È una stanza abbastanza strana, vero, Colonnello? Dico, da come spariscono le cose. Tutte le cose comode, che rassicurano – sedie e drinks e domestiche a ore. Come per maligna magia, no? Si cerca un Budda e si trova un tavolo vuoto. Si gratta una brava cameriera e scappa fuori un’amante scomoda.

BRINDSLEY           - Calmati, Clea!

CLEA                    - Oh, finalmente! Una parola vera di protesta! Hai finito di inghiottire l’ultima briciola di umiliazione sporco vigliacco, è solo per non sposarmi che ti sei dato fino a questo punto?

CAROL                  - Sposare!

MELKETT              - Sposare?

HAROLD               - Chiudi il becco, Clea.

CLEA                    - Tu stanne fuori, Harold.

HAROLD               - Non hai bene se non combini pasticci.

CLEA                    - Stai attento, perché mordo, anche, sai? Chiedilo a Brindsley. Ho passato la mattina a arrotare i miei lunghi denti gialli da staccionata. Tu sei il vero mostro, tutti questi anni a vivere tra le tue porcellane a spiumettarle, non ti vedi? Sei finito col diventare una pastorella di Dresda anche tu. (Harold, che crede che nessuno abbia sentito, reagisce)

M. FURNIVAL        - Questo non è molto gentile da parte sua, Clea!

CLEA                    - Non sono gentile, M. Furnival, la vuol capire? Sono “una pososa esibizionista”, non lo sapeva? (M. Furnival si copre la bocca) Dio, che voce rivelatrice ha nel buio, lei!

M. FURNIVAL        - Che intende dire?

CLEA                    - Le parole sono: LIMONATA AMARA, ma la voce stride “gin”.

M. FURNIVAL       - Come osa?

CLEA                    - Oh, la faccia finita. Sia se stessa e si diverta. “Gin, il caro e insostituibile gin”.

BRINDSLEY           - Zitta, Clea!

CLEA                    - Che hai detto?

BRINDSLEY           - Zitta!

CLEA                    - (seriamente infuriata) Come ti permetti? Come ti permetti, Brindsley? Come puoi buttare fango su tutto il tempo che abbiamo passato insieme, un tempo felice, che abbiamo creato – che abbiamo inventato noi, quattro anni di vita vera, autentica, che ora cerchi di seppellire in questo mare di sudiciume e di ipocrisia.

CAROL                  - Falla tacere, papà.

CLEA                    - La signorina fantavolosavich – e tutti i suoi pap-pap.

CAROL                  - Dille di stare zitta. È disgustosa!

MELKETT              - E come faccio?

CAROL                  - Dov’è andata a finire l’efficienza di cui sbraiti sempre? (Il Colonnello va verso Carol ma per sbaglio prende la mano di Clea)

MELKETT              - Calmati, ora, passerotto. Tieni la testa a posto… Ecco – pren-dimi la mano, ecco, ora il tuo paparino è qui con te. Andrà tutto benissimo.

CLEA                    - E’ sicuro di tenere la mano di sua figlia, Colonnello?

MELKETT              - Come - non è la tua mano?

CAROL                  - No.

CLEA                    - Lei ha vissuto con sua figlia per almeno vent’anni. Come li ha stupefacentemente usati! (Prende la mano di Carol e la mette su quella di Harold) Chi è questo?

CAROL                  - Non lo so.

CLEA                    - Indovini.

CAROL                  - Non lo so e non me ne importa un acci.

CLEA                    - Allora?

CAROL                  - E’ Brin, naturalmente: non m’imbroglia tanto facilmente. È la mano flaccida e sudaticcia di Brindsley Miller.

HAROLD               - Guardi che si sbaglia, sa. Sono io, Harold Gorringe.

CAROL                  - (lottando) No. Lei è un bugiardo.

HAROLD               - (tenendola) No. Bugiarda sarà lei.

CAROL                  - Bugiardo. Bugiardo.

HAROLD               - Guardi come parla, sa. E tenga le dovute distanze.

CAROL                  - La distanza è reciproca.

CLEA                    - Prova tu, Harold. Prendi un po’ la mano alla tua destra.

HAROLD               - Io non ci sto a questi giochi. Sono troppo cretini.

CLEA                    - Avanti, vediamo se indovini. (Harold prende la mano di Brindsley) Dunque?

HAROLD               - E’ Brin.

BRINDSLEY           - Sì.

CLEA                    - Centro!

CAROL                  - Come fa a saperlo, lui? Come fa a conoscere la sua mano e io no?

BRINDSLEY           - Calmati, Carol.

CAROL                  - Rispondimi!

BRINDSLEY           - Smettila!

CAROL                  - Neanche per idea!

BRINDSLEY           - Stai diventando matta?

CAROL                  - Lasciami! Voglio andare a casa. (E improvvisamente M. Furnival getta un gridolino acuto)

M. FURNIVAL        - Carrozzine, carrozzine… carrettini… le sporte della spesa non te le fanno portare al supermarket… dicono che con quelle è più facile rubare… invece con quei carrettini… quelle gabbiette con le rotelle si vede tutto… Ci metti il bambino che piange… le bot-tiglie… le scatolette… i fiocchi d’avena? Lassù, ti dicono, e poi ti lasciano sola. I biscotti? Là sotto… il mangiarino per i gatti?… quello poi non sanno neanche dov’è… Ti spingono da una parte e dall’altra… non puoi toccare nulla… non puoi annusare nulla… e io che riconoscevo le mele renette da quelle di catalogna dal-l’odore… a occhi chiusi… E poi tutti quei barattoli… le formiche dalla Cina, le api nane in salmì… le zampe di ranocchia marina-te… Puah! Che schifo! Tutto quel cibo forestiero che ti fa voltare lo stomaco prima ancora di mandarlo giù… State lontani! E se sei distratta al cancello ti arrestano, ti frugano addosso, ti svergognano… I bambini che piangono nelle carrozzine… Vergogna! (Brindsley accende un fiammifero. Silenzio)

HAROLD               - Su, Ferny, credo che sia il momento di tornare a casa, per noi.

M. FURNIVAL        - (ricomponendosi) Sì. Ha ragione. (Con un tentativo di grandezza) Mi dispiace di non potermi trattenere, signor Miller. Ma il suo miliardario è imperdonabilmente in ritardo. Anche lui. È come tutta la gente di oggi… Presenti le mie scuse, la prego.

BRINDSLEY           - Stia tranquilla.

HAROLD               - Andiamo, amore, prenda il mio braccio. (M. Furnival esce, tenendo alta la testa, seguita da Harold. Il fiammifero di Brindsley si spegne)

BRINDSLEY           - Grazie, Clea! Grazie di cuore!

CLEA                    - Sempre a tua disposizione!

BRINDSLEY           - Non ne avevi il diritto, lo capisci? Non ne avevi assolutamente il diritto!

CLEA                    - Ah no?!

BRINDSLEY           - Nessuno! Sei stata tu a lasciare me!

CLEA                    - Ah, senti!

BRINDSLEY           - …Lo dicesti tu! Era meglio non vedersi più…anzi dicesti che tu non volevi vedermi più.

CLEA                    - Vederti? Ma se non ti ha visto mai! Te lo vuoi mettere in testa? Non c’eri, capisci? Non eri mai esistito… Come si può a un certo punto decidere di non voler vedere più uno che non c’è mai stato, che non è mai esistito?! (Gli spegne il fiammifero con un soffio) Lo sai qual è il tuo elemento naturale, Brin? Il buio. Tanto, tu ci sia o non ci sia non fa nessuna differenza.

BRINDSLEY           - E questo, immagino, ha un significato profondo, vero?

CLEA                    - Esattamente, caro vigliacco! Significa che hai un sacro terrore che gli altri ti vedano per quello che sei. Ma cosa credi, Brindsley? Perché? Credi che se la gente, una volta, ti vedesse, fino in fondo, ti vorrebbe meno bene?

BRINDSLEY           - Senti, mi hai stufato!

CLEA                    - No, questa volta, invece, mi rispondi.

BRINDSLEY           - E quando ti ho risposto? E quando hai saputo anche questo di me?… Dico, perché non la fai finita una buona volta con questa tua mania di sezionare la gente come se fosse sul tavolo anatomico? Di frugare, di baloccarti con le viscere del prossimo? (Accende un fiammifero) Ti sei mai chiesta perché lo fai? Non hai pensato mai al tuo di problema?! (Clea soffia sul fiammifero) Allora? Ti sei mai chiesta perché lo fai?

CLEA                    - Forse… perché è il mio modo di voler bene… Lo faccio quando mi importa di qualcuno.

BRINDSLEY           - Come?… Be’, nel mio caso te lo potevi risparmiare… tanto non valgo un fico secco, lo vuoi capire? Sono un piccolo, miserabile artista fallito. Ecco quello che sono…E basta!

CLEA                    - (accende un fiammifero) No, caro, quello che sei è un’altra cosa… Sei un vigliacco che piange tutta la sua vita sulle proprie disgrazie e la propria insufficienza! (Brin soffia sul fiammifero) Dal primo momento che ti ho conosciuto te l’ho detto: tu puoi diventare un artista di valore oppure un fasullo alla moda. E a te, naturalmente, questo non piacque, e lo sai perché? Perché ti dicevo la verità…una verità che tu conosci meglio di chiunque altro…da me non dovevi aspettarti sbrodolamenti di entusiasmo ogni volta che muovevi un dito!

BRINDSLEY           - Oh, stai tranquilla che incoraggiamento me ne hai dato poco.

CLEA                    - Certo! Cosa volevi da me? Che diavolo ti aspettavi che facesse una persona che ti vuol bene sul serio? Che diventasse un disco che a ogni minuto del giorno ti ripetesse: “Splendido, tesoro”? E’ questo che volevi? È questo che ti dà lei?

BRINDSLEY           - Ma almeno la mia vita con lei non è mai stata quella replica della Santa Inquisizione che tu avevi reso la nostra. Tra me e te non c’è stato un rapporto d’amore: ci sono stati soltanto quattro anni di nascondino con Torquemada!

CLEA                    - Direi che non ti è dispiaciuto, dopo tutto.

BRINDSLEY           - Dispiaciuto? Vuoi scherzare? (Accende un altro fiammifero) Ti ho odiata con tutto me stesso a ogni secondo!

CLEA                    - Strano, non mi pareva… (Soffia sul fiammifero)

BRINDSLEY           - Ogni secondo.

CLEA                    - Già, già. Infatti mi ricordo.

BRINDSLEY           - Immaginati che quando sei partita per la Finlandia è stato il giorno più felice della mia vita.

CLEA                    - Per quello anche il mio.

BRINDSLEY           - La sera stessa sono andato a ballare…

CLEA                    - Strano…Anch’io.

BRINDSLEY           - Mi sono fatto fuori una bottiglia di scotch…

CLEA                    - E io due! Non solo, ma mi sono cinta il capo con pampini e ballato nuda sui tavoli cinta di pampini. (Accende un altro fiammifero proprio sul viso di Brin)

BRINDSLEY           - Benissimo allora… Siamo perfettamente d’accordo.

CLEA                    - cordissimo.

BRINDSLEY           - Splendido!

CLEA                    - Magico!

BRINDSLEY           - (soffiando sul fiammifero di lei e lei su quello di lui) Per cui non capisco perché sei ritornata!

CLEA                    - Probabilmente perché ti avevo sentito dire alla signora Rodri-guez che ero io quella che si buscava l’Oscar perennemente.

BRINDSLEY           - Io? E quando mai l’ho detto!

CLEA                    - Sì, ti ho sentito io, con queste orecchie.

BRINDSLEY           - Ma tu sogni! Sei stata tu a inventarlo dieci minuti fa quando facevi la parte della signora Rodriguez.

CLEA                    - Può darsi. E va bene, l’ho detto io, e allora? (Si mettono tutti e due a ridere)

BRINDSLEY           - Eppure, la sai una cosa? Ho paura che la signora Rodriguez avesse proprio ragione. (Ridono più forte)

MELKETT              - Vedo che vi divertite molto, voi due.

CLEA                    - Non c’è male, grazie.

MELKETT              - Ah, sì? Io invece non mi diverto affatto!

BRINDSLEY           - Stia a sentire, Colonnello…

MELKETT              - Lei chiuda istantaneamente il becco, giovanotto! Lo sa quello che sarebbe successo ai miei tempi a un farabutto che si fosse permesso di trattare una ragazza come lei ha trattato la mia bambina?

BRINDSLEY           - Be’, Colonnello, presumo…

MELKETT              - Le ho detto di non aprir bocca, sto parlando.

CAROL                  - Oh, lascia perdere, papà. Andiamo a casa.

MELKETT              - Tra un momento, figliola. Ti prego di lasciarmi fare.

BRINDSLEY           - Senti, Clea…

CAROL                  - Mi chiamo Carol, se permetti.

BRINDSLEY           - Senti, Carol, posso spiegarti ogni…

CAROL                  - Spiegare che cosa?

BRINDSLEY           - E’ un po’ difficile, qui.

MELKETT              - Un po’? Lei minimizza, giovanotto.

BRINDSLEY           - Carol, tu non capisci, non puoi capire.

CAROL                  - Ma che diavolo c’è da capire? Per tutto il tempo che siamo stati insieme, c’era lei, là, presente nello sfondo… ecco che cosa ho capito. E tu che facevi? Ci soppesavi. Ci confrontavi tutto il tempo…ecco! (Si sfila l’anello di fidanzamento)

BRINDSLEY           - Ma no!

CAROL                  - Il tuo anello. Riprenditelo, questo aggeggio maledetto! (Glielo tira. Brindsley si sposta e l’anello colpisce il Colonnello a un occhio)

MELKETT              - Il mio occhio! Cribbio! Il mio occhio! (Clea ricomincia a ridere. Con furia crescente, tappandosi l’occhio) Che cosa amena, signora. Divertentissima! Rida, rida pure! Miller!…Le ho fatto una domanda, proprio ora. Lo sa quel che sarebbe capitato a un mascalzone come lei ai miei tempi?

BRINDSLEY           - Capitato, signore?

MELKETT              - Sarebbe stato frustato a sangue, giovanotto.

BRINDSLEY           - Come ha detto?

MELKETT              - Avrebbe sentito le carezze della frusta di un padre sulle sue spalle di seduttore. Finché non fosse finito in ginocchio come un ladro a implorare il perdono di mia figlia per gli insulti che le ha rivolto stasera.

BRINDSLEY           - (indietreggiando sotto la minacciosa avanzata del Colonnello) Lei dice, Colonnello!

MELKETT              - Avrebbe alzato la sua voce di fogna in un urlo implorante perdono e pietà! (Dalla camera di Harold si sente venire un urlo terribile. Raggelano, in ascolto. La porta di Harold viene spalancata ed egli si precipita dentro)

HAROLD               - Oooooh…Oooooh!…Oooooh!…Delinquente!

BRINDSLEY           - Harold!

HAROLD               - Piccolo cialtrone, delinquente, ladro.

BRINDSLEY           - Ma che ti prende?

HAROLD               - Hai veduto in che stato è il mio salotto? Il mio salotto? Il mio bel salottino, il più elegante e il più curato dell’intero quartiere? Una seggiola capovolta, una sopra all’altra come nella botteguc-cia di un rigattiere di Portobello! E questo non è tutto, vero, Brindsley? Non è ancora tutto, nossignore, c’è di peggio. Oh, no, il vero peggio deve ancora venire, vero, cocco?

BRINDSLEY           - (balbettando) Il vero peggio? Ma…

HAROLD               - Non fare l’innocentino con me, tutti questi anni ho creduto di avere un amico in te. Non sapevo di abitare vicino a un gangster, un topo d’albergo, uno scassinatore!

BRINDSLEY           - Harold!

HAROLD               - E questa è la ricompensa, vero? Dopo anni in cui mi sono preso cura di te, anni e anni in cui ti ho spazzato e pulito questa stanza perché eri troppo cialtrone per farlo da te, venire a rubarmi i meglio pezzi di casa, per fare impressione sulla tua nuova amichetta e su suo padre. Oppure ti ha aiutato anche lei?

BRINDSLEY           - Harold, era un caso disperato!

HAROLD               - Stai zitto! Non mi interessa. Non voglio neanche saperlo! Ho capito, sai, ho capito quel che devi aver pensato di me, dietro le mie spalle: “Non dir niente a Harold del fidanzamento, mi raccomando. È meglio non fidarsi di lui. Non è un amico con cui avere tanti riguardi. Va bene finché gli si può fregare qualcosa!” Che schifo!

BRINDSLEY           - Sai benissimo che non è vero.

HAROLD               - (strillando) So solo che sono stato l’ultimo a saperlo, ecco quello che so!… E mi è toccato scoprirlo in una stanza piena di estranei. Io, che sono stato a sentire le tue disgrazie fino alle cinque del mattino per anni, a consolare il tuo ego infranto. Vorrei vedere chi ti avrebbe sopportato…Tutte quelle tua storie di tedio sulle donne, ore e ore di sfoghi da uccidersi. La noia, la pazienza! Come se nessuno avesse guai all’infuori di te! – Ti ho regalato le ore più belle della mia vita, e tu…

CLEA                    - E’ una povera pazza, non lo vedi, lascia perdere…che crepi!

HAROLD               - (a Clea, più calmo) Creperai tu, porca! Sei una donna, una cattiva e una criminale, ricordati di quello che hai fatto a quella povera vecchia di sopra.

CLEA                    - E’ colpa mia se era ubriaca?

HAROLD               - E poi con te è meglio non parlare per non lordarsi la bocca.

CLEA                    - Stai attenta, carina. Ti casca lo chignon.

HAROLD               - (a Brindsley) Quanto a te, quel che posso dire del tuo fidanza-mento è questo: che tu e quella scema venuta dalla luna siete fatti l’uno per l’altra.(Carol ulula come una sirena dei pompieri)

BRINDSLEY           - Carol!

HAROLD               - Ah, allora è là, lei? Cosa fa? Le si sono rotte le acque?

BRINDSLEY           - Lasciala stare.

HAROLD               - Stai tranquillo non la tocco. A me mi devi rendere soltanto le mie cose, poi esco da questa porta e non mi rivedi più. Mi hai sentito, Brindsley? Rendimi le mie cose, subito, o chiamo la polizia.

BRINDSLEY           - Non essere ridicolo.

HAROLD               - (tetro) Numero uno: sedia Chippendale con spalliera a lira, in mogano laccato con intarsi di ormoulu e lavoro di applicazioni sul ripiano e lo schienale.

BRINDSLEY           - Davanti a te.

HAROLD               - Ta! Numero due: sofà a mezzo-dietro Chippendale anche questo – sostenuto da zampe artigliate e ricoperto con bella seta verde bottiglia per sposarlo con la sedia sudetta.

BRINDSLEY           - Vicino a te.

HAROLD               - Ta. (Si volta  e la vede) Numero tre: vaso Coalport datato 1809, decorato ai bordi con un piacevole fregio di margherite o peonie.

BRINDSLEY           - Vicino a te.

HAROLD               - Ta. (Cercandolo) Ooh! Hai preso persino i fiori! (Raccoglie il vaso) Torno tra un minuto per la poltroncina. (Ergendosi) Questa è la fine della nostra amicizia, Brindsley. Non ci parleremo mai più. (Toglie via l’impermeabile dalla poltrona. Avvolto nell’impermeabile, naturalmente, c’è il Budda che cade per terra e si fracassa irrimediabilmente. Si fa un silenzio terribile. Tentando di controllare la propria voce) Sai quanto valeva questa statua? Lo sai? Più denaro di quanto tu ne vedrai mai in tutta la tua vita anche se riuscissi a vendere ogni pezzo di quell’ammasso di rottami e di ruggine che ci gabelli per sculture! (Con la calma del pazzo) Sento proprio che devo fare a pezzi anche te. (Avanza verso di lui)

BRINDSLEY           - (nervosamente) Calmati, ora, Harold… non fare il matto…

HAROLD               - Sì, temo proprio che dovrò farti a pezzi, Brindsley… Occhio per occhio, rottura per rottura. È giusto, è sacrosanto!

BRINDSLEY           - Ma come rottura per rottura? (Harold balza sulla scultura e ne sfila una delle lunghe protuberanze di metallo. poi impugnandola come uno spiedo, si avanza su Brindsley, con la candela accesa nell’altra mano)

BRINDSLEY           - (indietreggiando) Fermati, Harold. Stai impazzendo?

MELKETT              - Ben fatto, signore. Credo sia arrivata l’ora dei rendiconti. (Il Colonnello afferra l’altra protuberanza e anche lui si avanza verso Brindsley)

BRINDSLEY           - (ritraendosi da tutti e due) Un momento, Colonnello. Sia ragionevole!… Non facciamo i selvaggi!… Harold, mi appello a te – tu hai sempre avuti istinti civili! Non ti mettere dalla parte dell’esercito, ora!

CAROL                  - (tetra) Dàgli, papà! Dàgliele! Dàgliele!

BRINDSLEY           - (orripilato, a lei) Carol!

MELKETT              - Dannazione!

CAROL                  - (con cattiveria) Dàgliele! Dàgliele! Da –

MELKETT              - Dannazione! (Clea afferra la mano di Brindsley e lo tira fuori pericolo. I due si arrampicano sul tavolo in mezzo alla stanza. Harold e il Colonnello si girano intorno per almeno venti secondi, con i loro spiedoni)

MELKETT              - Fai attenzione, passerotto. Tieniti alla larga.

HAROLD               - Shh...shh… Colonnello. Non facciamo rumore. Li scopriamo dal respiro.

MELKETT              - Eccellente idea! Tattica brillante, signore! Lei avrebbe fatto carriera nell’esercito.

                            (Silenzio. Stanno in ascolto. Clea e Brindsley trattengono il fiato. Cinque secondi. Improvvisamente Schuppanzig apre la botola, da sotto, con un botto. Harold e il Colonnello avanzano cautamente verso il rumore. L’elettricista sparisce. I due l’hanno quasi raggiunta, in punta di piedi, quando si sente un altro tonfo; questa volta proviene dall’ingresso. È qualcuno che ha inciampato nelle bottiglie del latte. Harold e il Colonnello fanno una brusca giravolta e cominciano a camminare a passi cauti e misurati su per il palcoscenico, sempre in punta di piedi. Entra George Bamberger. È evidentemente un miliardario. Vestito alla maniera di Gulbenkian, ha la barba, una caramella, un redingote, un cappello a cilindro, e un’orchidea. Porta un grande apparecchio acustico. Stupito, avanza verso il centro. Furtivi, i due uomini armati lo tallonano su per il palcoscenico mentre questi brancola silenziosamente verso la ribalta e passa in mezzo a loro)

BAMBERGER          - (parlando con voce di mezza età e accento tedesco, il più somigliante possibile alla voce di Schuppanzig) Buona sera, prego. Signor Miller? (Harold e il Colonnello girano su se stessi verso una terza direzione)

HAROLD               - E’ l’elettricista!

BAMBERGER          - Buona sera, prego?

MELKETT              - Che diavolo ci fa lei, quassù? (Schuppanzig appare dalla botola) Ha riparato la valvola?

HAROLD               - O ha intenzione di tenerci al buio per tutta la notte?

SCHUPPANZIG      - Non preoccuparsi. Valvola accomodata. (Esce fuori dalla botola)

HAROLD               - Sia ringraziato il Signore.

BAMBERGER          - (tuttora brancolando) Buona sera, prego. Signor Miller, dove lei? Perché questo buio? È scherzo, si?

SCHUPPANZIG      - (esasperato) Ah, no! Non molto divertente, buona gente – solo perché straniero, imitare mia voce. Voi inglesi poter essere più villana gente della terra.

BAMBERGER          - (imperioso) Signor Miller! Io venuto qui per vedere sculture!

BRINDSLEY           - Buon Dio! È lui! Bamberger!

CLEA                    - E’ arrivato!

HAROLD               - Bamberger!

MELKETT              - Bamberger! (Tutti basiscono)

BRINDSLEY           - Non si preoccupi signor Bamberger! S’è fusa una valvola, ma ora è accomodata!…(In piedi sul tavolo, abbraccia Clea dall’entusiasmo) Oh, Clea, è vero! Ora va tutto a posto! Era ora! (Silenziosamente, George Bamberger cade nella botola aperta)

SCHUPPANZIG      - Ecco! Ora è la fine dei vostri guai! (Brancola cercando la botola) Come Jehova nel Sacro Testamento, vi regalo il più miracoloso dono della Creazione! (Chiude con un colpo il coperchio della botola) Luce!

CLEA                    - Luce!

BRINDSLEY           - Oh, Dio sia ringraziato! (Schuppanzig va al commutatore)

HAROLD               - (tetro) Non lo ringrazierei tanto presto, se fossi te, Brindsley!

MELKETT              - Neppure io, se fossi lei.

SCHUPPANZIG      - (grandiosamente) Allora ringraziate me! Poiché per un minuto sarò io, Jehova. Sull’attenti, tutti quanti siete! Dio disse:” Fiat lux”. E la luce, buona gente, fu, improvvisamente! – Meravigliosamente! – Istantaneamente! – Inconcepibilmente! – Inestinguibilmente e immortalmente! Fiat lux!

                            (Schuppanzig, con un gesto ampio, gira l’interruttore. Buio istantaneo. Il giradischi comincia  a muoversi e con grande sibilo crescente la marcia di Sousa riattacca e rimbomba nell’oscurità)

FINE