Boccaccio al 3% – Novella seconda della terza giornata

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BOCCACCIO AL 3%


(TRE QUADRI MEDIEVALI)

TRE ATTI UNICI ORIGINALI SCRITTI DA

ALESSIO GIUSTI


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.7 settima giornata                Pagina 1


PERSONAGGI

Novella settima della Settima Giornata:

Ludovico:                                (maschio di età compresa tra i 25 e i 35 anni)

Gaetano de’ Galluzzi:(maschio di età compresa tra i 50 e i 65 anni)

Beatrice:                                 (femmina di età compresa tra i 20 e i 30 anni)

Filomena:                              (femmina di età variabile)

Oste:                                              (maschio di età variabile)

Ancella:                                     (femmina di età compresa tra i 20 e i 30 anni)

Avventore 1:                     (maschio di età variabile)

Avventore 2:                     (maschio di età variabile)

Avventore 3:                     (maschio di età variabile)

Novella seconda della terza giornata:

Agilulfo:                                   (maschio tra i 50 e i 65 anni)

Teodolinda:                        (femmina tra i 20 e i 30 anni)

Uno stalliere:                   (maschio tra i 25 e i 40 anni)

Pampinèa:                            (femmina di età imprecisata)

Servitori:                                (di cui uno con battute)

Novella nona della settima giornata:

Nicostrato:                           (maschio tra i 50 e i 65 anni)

Pirro:                                           (maschio tra i 25 e i 40 anni)

Lidia:                                            (femmina tra i 20 e i 30 anni)

Lusca:                                          (femmina di età imprecisata)

Panfilo:                                      (maschio di età imprecisata)

Valletto 1:                              (maschio o femmina di età imprecisata)

Valletto 2:                              (maschio o femmina di età imprecisata)

Ospite 1:                                  (maschio di età imprecisata)

Ospite 2:                                  (maschio di età imprecisata)

Ospite 3:                                  (maschio di età imprecisata)


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.7 settima giornata                Pagina 2


Le tre novelle che seguono prendono spunto da tre novelle estratte dal Decamerone di Giovanni Boccaccio, ma il testo è originale invenzione dell’autore Alessio Giusti così come le aggiunte di personaggi e l’impianto drammaturgico. Fanno parte in realtà di una tetralogia che è stata certe volte portata in scena in maniera completa. A queste novella infatti andrebbe aggiunto il testo “Fino alla fine del Mondo – Tragedia portoghese” sempre di Alessio Giusti, una tragedia appunto che dovrebbe concludere e fare da contraltare alle tre commedie. Sia le commedie che la tragedia possono però essere rappresentate anche singolarmente senza che i testi ne risentano in alcun modo.

Tutte le opera sono coperte da diritti S.I.A.E.

Per info: Alessio Giusti email alessio3773@gmail.comcell. 3299851201

Buon Divertimento

Alessio Giusti


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Novella seconda della terza giornata

Un pallafreniere giace con la moglie d’Agilulf re, di che Agilulf tacitamente s’accorge; truovalo e tondelo; il tonduto tutti gli altri tonde, e così campa della mala ventura.

Agilulfo:                     Re dei Longobardi, orgoglioso ma non orgoglione!

Uno stalliere:       Arguto anche come barbiere.

Teodolinda:           Regina che peccò senza avvedersene.

Servitori, Pampinèa narratrice della novella.

ATTO 1

(Pampinèa, Stalliere)

Pampinèa:    Gentilissimi  signori e  dame  colme  d’ogni  virtù.  Per  fare onore a un così onesto e regale pubblico, appunto di un re voglio narrarvi. Or son molti anni, che della bella Italia si invaghirono certi uomini assai valenti e arguti, chiamati Longobardi. Costoro, discesi in questa dolce terra, tanto si adoprarono da divenirne quasi signori assoluti, stabilendo a Pavia la dimora del loro re supremo. Negli anni in cui si svolse  la  storia  ch’io  vi  narro,  sul  trono  Longobardo sedeva il potente e scaltro re Agilulfo, che prese in sposa la bella Teodolinda, regina simile a una dea, troppo presto rimasta  vedova  del  nobile  Autari.  Benchè  la  loro  vita potrebbe, a’ professori e agli eruditi, sembrare già colma di fascino e degna d’essere narrata, pure a noi poveri e meschini che all’ombra del vessillo d’Amore raccontiamo novelle  per  nostro  svago,  a  questo  punto  della  storia manca  qualcosa,  che  tinga  di  rosso  appassionato  la vicenda. Ho trovato! La storia più vecchia che il mondo ricordi! Una meravigliosa regina della quale si invaghisce il più umile dei suoi stallieri. Eccolo la (in scena c’è lo stalliere seduto su della paglia o, per chi ha quattrini, dentro una stalla vera e propria con tanto di cavalli!),  ha


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appena terminato di strigliare i cavalli del re, e adesso lo

sentirete dialogare con i due compagni più infidi che un

uomo possa avere: un cuore, che lo tormenta senza posa, e

un cervello, che macina pensieri meglio di un mulino a

vento,  per  trarlo  in  salvo  da  questa  trappola

d’Amore.

(Esce).

Stalliere:

Ah,  mia  dolce  Teodolinda! Regina del  mio  corpo e del

mio cuore. Non toccherò più nulla con questa mano destra

che  oggi,  quando  vi  ho  aiutata  a  salire  a  cavallo,  ha

sfiorato per un istante il vostro piede. Certo è che ieri vi

ho toccato i capelli con quest’altra mano e feci questo

stesso giuramento. Se li rispettassi entrambi mi ridurrei a

mangiar per terra come le bestie! Ma che importa, tanto

son già bestia ai vostri occhi, poiché questo è il destino di

noi poveri servi. Oh fortuna! Ti chiamano cieca e iniqua,

ma io credo che troppo spesso sbirci sotto la benda che ti

oscura gli occhi, perché un figlio di un povero sarà sempre

povero, e il figlio di un re diverrà re a sua volta e non c’è

modo di fuggire a questa condanna eterna. L’Amore, ecco

il vero cieco di tutta questa storia! Lui sì non s’avvede

dove affonda le sue armi. Guerriero di stirpe divina che

ognuno trafigge senza che vi possa opporre resistenza.

Benestanti  signori,  disgraziati  di  ogni  sorta,  vegliardi,

giovinetti, Ahi, quanto è grande la lista dei caduti! Ed ora

il  nome  mio  si  aggiunge  agli  sventurati,  che  amarono

senza rimando. (entra un servo).

Servo:

Sei ancora qui tu? Sbrigati che siamo già tutti a

letto, non

vorrei che al buio mi pestassi, o peggio che mi scambiassi

per qualche bella servetta! Il re e la regina hanno già dato

ordine di spegnere i lumi nel castello.

Stalliere:

Dormono insieme stanotte?

Servo:

Non credo, li ho  visti entrare in due camere

diverse.

Perché, sei geloso?


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Stalliere:

No, chiedevo così, per poter intervenire in caso di pericolo

o di bisogno.

Servo:

Per il pericolo ci sono le guardie, quanto al bisogno… non

crederai che la regina faccia entrare in camera sua tutti

quelli che bussano?

Stalliere:

E allora come fanno per ritrovarsi.

Servo:

Pare che il re abbia un modo particolare per farsi

aprire di

notte, me lo ha detto la cuoca, ma quale sia questo modo,

nessuno lo sa, a parte la regina si capisce.

Stalliere:

(a  parte)  Un  modo  per  farsi  aprire   quando

vogliono

giacere insieme. Questo è il colpo di fortuna che cercavo.

Mi apposterò al buio per spiare il re, se avrò

fortuna

questa notte stessa scoprirò il modo per farmi ricevere da

Teodolinda.(a tutti) Vai pure in camera, io resto a dormire

nella stalla, perché… perché una delle giumente del re è in

cinta, e non vorrei che partorisse proprio stanotte.

Servo:

Fa come vuoi, buonanotte.

Stalliere:

Buonanotte!

ATTO II

Scena I (Stalliere)

Lo stalliere è dietro ad una tenda, nel corridoio che separa la camera di Agilulfo da quella di Teodolinda.

Stalliere:

Qui dietro non mi vedrà nessuno, spero solo di

non dover

passare tutta la notte qui in piedi, ma per la mia regina,

anche mille notti insonni varrebbero la pena.

(Agilulfo

esce

dalla

porta di camera sua, ha

un mantello addosso. Si

avvicina

alla

porta

di Teodolinda ed emette

il  verso di un

uccello.


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.2 terza giornata                       Pagina 3


Immediatamente esce sulla soglia Teodolinda che lo afferra al buio e lo fa entrare in camera)

Stalliere:                     Ecco come si intendono. La ruota della fortuna comincia a

girare  dalla  mia  parte.  Adesso  non  devo  far  altro  che

procurarmi un mantello come quello del mio re ed imitare

il verso che ha fatto lui. Domani andremo a caccia e nel

bosco so ben io come farlo stancare. Lo fiaccherò a tal

punto che non riuscirà neanche a reggersi sulle sue gambe

e    appena    sarà    a    letto    sprofonderà    in    un    sonno

profondissimo, così che non abbia a guastarmi il piano, e

io potrò finalmente godere della bella Teodolinda.

ATTO III

Scena I (Agilulfo, Stalliere)

Agilulfo:                     (ansimante  visibilmente)  Mio  Dio  che     giornata!   Sono

distrutto. Ancora non capisco come hanno fatto i nostri

cavalli a strappare le cavezze quando li abbiamo legati a

quell’albero.

Stalliere:                     Non so comprenderlo neanche io (gettando in un baule

due corde tagliate).

Agilulfo:                     Fortuna  che  sei  di  queste  parti  e  conosci  la strada del

ritorno, eravamo così lontani che temevo di dover passare la notte nel bosco.

Stalliere:                     (a parte) Peccato che abbia preso la strada più lunga e

faticosa. (a tutti) Sono desolato per avervi fatto penare

tanto, ho addirittura preso una scorciatoia, ma eravamo

assai distanti dal castello.


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Agilulfo:                     Non importa, vorrà dire che dormirò un po’ di    più questa

notte. Anzi, dovrei andare a piedi più spesso, stare sempre

a   cavallo   impigrisce   il   corpo.   Guardati,   non   sembri

neanche stanco, si vede che sei abituato a camminare. Non

vedo l’ora di entrare sotto le coperte, ci vediamo domani

sperando che stanotte non accada niente di strano. (esce)

Stalliere:                     Buonanotte  maestà.  E  speriamo  invece  che    stanotte  di

cose strane ne accadano a non finire.(esce)

ATTO IV

Scena I camera di Teodolinda

(Stalliere, Teodolinda)

(La regina è a letto in camera sua, quando sente il verso di un uccello simile a quello che fa Agilulfo, ma diverso)

Teodolinda:

(stenta ad aprire non riconoscendo bene il segnale, poi si alza e

trae dentro il suo sposo) Perdonatemi se vi ho fatto aspettare, ma

stasera sembrava che un uccello diverso stesse fuori della porta.

Stalliere:

(con  la  sua  voce ammiccando al pubblico) Non sai quanto

hai

ragione!

Teodolinda:

Come dite?

Stalliere:

(camuffando un po’ la voce) No dicevo, ho come un bruciore, in

bocca, che mi duole.

Teodolinda:

Forse baciandomi

guarirete più in fretta (trascinandolo verso  il

letto).

Entra Pampinèa.

Pampinèa:

Simile  alla nave è la nostra  mente, che in  mezzo  alla  bufera del

cuor non sa dove approdare. Ma se la fortuna si siede alla barra e

l’amor  soffia  una  bonaccia  gentile,  lesta  all’attracco  dei  suoi

desideri giunge, ove più dolce è il mare e morbida la sabbia. Così

il nostro furbo stalliere, si gode i favori che non gli spettano, ma

che con tanto garbo ha saputo guadagnarsi. Ora però è tempo che

si congedi dalla

bella Teodolinda, perché, benché abbia

già


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perduto la testa per la sua regina, sarebbe sgradevole         perderla

anche per il re (facendo il gesto di chi viene sgozzato), ed ogni ora

che passa è  per lui tanto piacevole quanto pericolosa.(esce, lo

stalliere si rimette il mantello in dosso senza aprire bocca e si

congeda anche lui dalla regina uscendo).

Teodolinda:                (sospirando estasiata) Ah, tanto ardore in un uomo solo, è cosa da

non  credere!  Sembrava  non  volesse  andarsene  più  via.  Chissà

quale angelo o demonio si era impadronito del mio re per renderlo

così appassionato (si sente di nuovo il verso dell’uccello che è il

segnale di Agilulfo) Ancora?! Angelo o demonio che sia, rischia di

tornare da dove è venuto, perché se insiste così ci resta secco!

Agilulfo:                        (entra) Perché non mi   aprivi, credevo che stessi dormendo. Non

avrei sopportato di dormire da solo questa notte.

Teodolinda:                Se è solo per dormire passi, ma se avete altre intenzioni, non vi

sembra di avere abusato abbastanza dei miei favori, lo dico per voi, potrebbe farvi male.

Agilulfo:                        Come sarebbe che potrebbe farmi male?

Teodolinda:                Voglio dire, ve ne siete appena andato dopo aver fatto l’amore con

me con un tale impeto… e adesso volete ricominciare, potrebbe essere pericoloso abusare delle proprie forze!

Agilulfo:                        (a parte) Qualcuno deve aver giaciuto con la mia  regina facendosi

passare per me! Se fossi uno sciocco farei una tale scenata da

svegliare   tutto  il   palazzo,   e  così  toglierei   l’onore  alla     bella

Teodolinda che non ha colpe e passerei da becco e coglionato.

Senza contare che a Teodolinda potrebbe anche essergli piaciuto

quell’altro e così rischio di esser fatto becco per chissà quante altre

volte.(a tutti) Si mia dolce e premurosa regina, forse hai ragione.

Ma sai, stasera sei talmente bella che non ho saputo desistere dal

tornare  di  nuovo  tra  le  tue  braccia.  Meglio  rimandare  tutto  a

domani sera, e poi anche tu sarai stanca.

Teodolinda:                Dopo quello che ho passato stanotte, sono più stanca del  solito.

Siete stato meraviglioso.

Agilulfo:                        (a parte) (trattenendo a stento la furia) Il palazzo è chiuso e ci

sono guardie a tutte le porte Chiunque sia stato deve essere di

sicuro uno dei miei servi che dormono tutti insieme al piano di


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sopra. Di certo il traditore deve ancora avere il cuore e il polso in preda all’affanno, se mi sbrigo so io come fargliela pagare senza alzare troppa polvere. (a tutti) A domani mia dolce regina! (esce)

ATTO V

Scena I (stalliere, Agilulfo, servi)

(Una stanza con pagliericci e coperte per terra dove dorme tutta la servitù, il re passa tastando il petto di tutti i dormienti)

Agilulfo:                        (sottovoce) Dormi pure tranquillo, ma se ti trovo so ben io come

riconoscerti domani.

Stalliere:                         Oh mio Dio, il re! Devo far finta di dormire o quello è capace di

strangolarmi nel sonno. Ma se ancora non ha scatenato la sua ira

c’è speranza che abbia in mente qualcos’altro. Stiamo a vedere le

sue intenzioni.

Agilulfo:                        (si arresta sul corpo dello stalliere sicuro di percepire il battito

più  forte   degli   altri)    (sempre     sottovoce)    Eccoti   qua  ingrato

traditore. (estraendo un paio di forbici da sotto il vestito) Per

stanotte ti lascio vivere, ma appena spunta il sole la mia lama

cadrà più in basso di quanto farà adesso. (ed inizia a tagliare i

capelli  dello  stalliere    fischiettando  o  canticchiando  l’aria  di

Figaro dal Barbiere di Siviglia! Durante il taglio, il re impallerà

lo  stalliere,  facendogli  indossare  una  finta  calotta  metà  con  i

capelli  e  metà  pelata)    Ecco  fatto,   ora  son  sicuro   i  poterti

riconoscere! (esce)

Stalliere:                         E adesso che cosa faccio? Devo escogitare qualcosa o il  canto del

gallo annuncerà la mia rovina. Un attimo solo, forse non è ancora tutto perduto.


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ATTO VI

Scena 1 (Agilulfo, Teodolinda)

Seduto sul suo trono Agilulfo pensieroso attende…


Agilulfo:


E’ già mattino. Finalmente, dopo una notte insonne, saprò chi ha osato introdursi nel letto di mia moglie. Teodolinda! (entra la regina).


Teodolinda:


Mi avete chiamato marito caro?


Agilulfo:


Si, manda a chiamare tutti i miei servi, ho delle cose molto importanti da comunicare, ad uno di loro in particolare.


Teodolinda:


Come desiderate. (esce)


(entrano tutti i servi, mostrandosi al pubblico solo di profilo, il profilo ovviamente dove hanno i capelli, poiché lo stalliere ha tagliato metà della chioma di tutti i servi durante la notte)

Agilulfo: (furioso vedendoli di fronte, anche se il pubblico non sospetta ancora niente) Bene! Io, ecco, vi ho fatto chiamare per dirvi che…(mentre stenta a trattenere la rabbia, cammina in avanti verso il proscenio per poi passare di fronte ai servi, facendo questo i servi senza staccare lo sguardo devotamente dal proprio re, si volteranno di 90° a favore di pubblico, tutti insieme, svelando così la metà tagliata dei capelli tra le risate, si spera, generali del pubblico!) Per dirvi che chiunque loabbia fatto, che non si azzardi a rifarlo mai più!

BUIO

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