Boccaccio al 3% – Tre quadri Medievali

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BOCCACCIO AL 3%

(TRE QUADRI MEDIEVALI)

TRE ATTI UNICI ORIGINALI SCRITTI DA

ALESSIO GIUSTI

Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.7 settima giornata                  Pagina 1


PERSONAGGI

Novella settima della Settima Giornata:

Ludovico:                 (maschio di età compresa tra i 25 e i 35 anni)

Gaetano de’ Galluzzi:(maschio di età compresa tra i 50 e i 65 anni)

Beatrice:                                  (femmina di età compresa tra i 20 e i 30 anni)

Filomena:                               (femmina di età variabile)

Oste:                                               (maschio di età variabile)

Ancella:                                      (femmina di età compresa tra i 20 e i 30 anni)

Avventore 1:                      (maschio di età variabile)

Avventore 2:                      (maschio di età variabile)

Avventore 3:                      (maschio di età variabile)

Novella seconda della terza giornata:

Agilulfo:                                    (maschio tra i 50 e i 65 anni)

Teodolinda:                         (femmina tra i 20 e i 30 anni)

Uno stalliere:                    (maschio tra i 25 e i 40 anni)

Pampinèa:                             (femmina di età imprecisata)

Servitori:                                 (di cui uno con battute)

Novella nona della settima giornata:

Nicostrato:                            (maschio tra i 50 e i 65 anni)

Pirro:                                            (maschio tra i 25 e i 40 anni)

Lidia:                                             (femmina tra i 20 e i 30 anni)

Lusca:                                           (femmina di età imprecisata)

Panfilo:                                       (maschio di età imprecisata)

Valletto 1:                               (maschio o femmina di età imprecisata)

Valletto 2:                               (maschio o femmina di età imprecisata)

Ospite 1:                                   (maschio di età imprecisata)

Ospite 2:                                   (maschio di età imprecisata)

Ospite 3:                                   (maschio di età imprecisata)


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.7 settima giornata                  Pagina 2


Le tre novelle che seguono prendono spunto da tre novelle estratte dal Decamerone di Giovanni Boccaccio, ma il testo è originale invenzione dell’autore Alessio Giusti così come le aggiunte di personaggi e l’impianto drammaturgico. Fanno parte in realtà di una tetralogia che è stata certe volte portata in scena in maniera completa. A queste novella infatti andrebbe aggiunto il testo “Fino alla fine del Mondo – Tragedia portoghese” sempre di Alessio Giusti, una tragedia appunto che dovrebbe concludere e fare da contraltare alle tre commedie. Sia le commedie che la tragedia possono però essere rappresentate anche singolarmente senza che i testi ne risentano in alcun modo.

Tutte le opera sono coperte da diritti S.I.A.E.

Per info: Alessio Giusti email alessio3773@gmail.comcell. 3299851201

Buon Divertimento

Alessio Giusti


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.7 settima giornata                  Pagina 3


Novella Settima della Settima Giornata

Lodovico discuopre a Beatrice l’amore il quale egli le porta: la qual manda Egano suo marito in un giardino in forma di sé e con Lodovico si giace; il quale poi levatosi va e bastona Egano nel giardino.

Personaggi:

Ludovico:                                            giovane di belle e cortesi maniere che assumerà il nome di Anichino.

Gaetano de’ Galluzzi: marito becco e bastonato.

Beatrice:                                               bella e scaltra moglie di Gaetano.

Un oste, un’ancella, avventori della locanda e una cantastorie nelle veci di Filomena, narratrice della storia.

PROLOGO

(Filomena)

Filomena:    Miei buoni e generosi uditori. Se vorrete compiacervi nell’assistere a’ fatti che tra breve accenderanno questa scena, udrete di come le donne, ritenute da’ signor padroni di poco senno e di ancor minore ingegno, si faran beffe di costoro con inganni sì sottili e ben architettati da generar stupore e risa in chi sapesse attenderne la fine. Gli attori non sono invero di grande levatura, e niun di loro è conosciuto fuor di casa sua. Non di manco la storia è sì spassosa e ben pensata, che anche un cane all’abbaiarla ne sortirebbe un applauso. Quei che voi vedete qui seduti a far baldoria, ospiti sono di una locanda in Parigi. Vedete quello là in fondo, giovane e ridanciano, col bicchiere levato in alto a far da brindisi? Ludovico si chiama. Figlio di un povero fiorentino venuto in Francia a cercar fortuna e trovatane più di quanta ne cercasse. Volendo far di Ludovico un nobile dabbene, lo mandò a servizio dal Re di


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Francia, ove divenne un così onesto ed elegante cortigiano, da far invidia ai nobili di sangue. In questa locanda è incappato in una discussione assai bizzarra, su dove sian le donne più belle al mondo….

ATTO 1

Scena 1

(Ludovico, Avventori, prostitute)

(durante il racconto tutti gli attori sono seduti ai tavoli imbanditi, immobili come in un tableau-vivant, tra di loro, Ludovico è in un angolo col bicchiere tenuto in alto come specifica Filomena. Terminato il prologo, anche Filomena si reca ad un tavolo a fare “compagnia” ad uno degli avventori diventando una delle due prostitute).

Ludovico:                                                  …beviamo amici alle donne di Francia, le più     belle,

prosperose e sapienti che si possano trovare tra cielo e terra.

Avventore 1:                                           Sapienti  dici?   Conosci   forse   donne   entrate     alla

Sorbona, dotte nelle leggi, versate in Aristotele e Platone?

Ludovico:                                                  Amico   mio,  conosco   donne  che   per anni    hanno

studiato le lettere di Venere e di Ovidio. Così allenate allo studio da restare piegate ad arte su qualsiasi cattedra per giornate intere; dame di un così fine eloquio che appena aprono bocca non c’è maestro che non ne resti stupefatto! Aperte a qualsiasi argomento, grosso o fine che sia, capaci di reggere materie così dure e stancanti che a vederle chi non le vorrebbe come precettori!!

Avventore 2:                                           Mi è venuta una gran voglia di ritornare a scuola!

Avventore 3:                                           Io ho già sotto mano materie di studi   in abbondanza

(mettendo le mani addosso alla “dama” che ha accanto)

Avventore 1:           Secondo me non sapete quel che dite! Vada per codesti studi, ma in fatto di insegnarli, col dovuto rispetto per le signore presenti, vi assicuro che… gli “argomenti” delle donne spagnole, son degni di un trattato sull’amore.


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Avventore 2:                                           Donne  d’Inghilterra,  altro  che  storie,  ah le bianche

cosce di Dover! Oh! Pardon, le bianche “coste” di Dover. Sapete

perché le donne inglesi non fanno mai l’amore nei pagliai? ….

Perché hanno un tale fuoco addosso che rischiano un rogo ad ogni amplesso!

Tutti ridono

Avventore 3:                                           Scusate signori. Noi ci conosciamo da poco, ma posso

assicurarvi, senza offesa, che state parlando invano. Io ho viaggiato molto in vita mia, e proprio adesso torno dalla Terra Santa. I miei occhi hanno assaporato le fatali bellezze di Bisanzio, i dolci frutti d’Africa, le alchimie amorose delle donne d’oriente. Ho ingaggiato lotte di passione con le più fiere amazzoni di questo mondo; ma mai, mai ho veduto donne sì degne d’amore come in Italia! Angeli e non femmine abitano quella terra di sogno. Donne che al solo sfiorarle il cuore si svapora, come rugiada al sole.

Ludovico:

Mio padre era fiorentino, io non ho mai

messo piede

in patria da quando sono nato. Ma dopo i vostri racconti vi prego

di accompagnarmi in quella terra di sogno, e d’essermi da guida

fra così tali e tante delizie.

Avventore 3:

Amico,

vi   ringrazio   dell’invito,

ma

devo

rifiutare,

troppi affari

ancora mi trattengono in terra di

Francia.

Ma, se volete in una volta sola abbandonare il vostro spirito e perdere il senno di fronte ad una donna. Se avete così poco a cuore il vostro cuore da giocarlo e perderlo in un tiro solo per gli occhi di una sola dama, allora ascoltate. Vive a Bologna la creatura più celestiale che Dio abbia mai creato. Colma dei più bei doni della

natura. Elegante nei costumi, meravigliosa nell’aspetto, leggiadra

nei modi, stupenda ogni oltre dire. Beatrice si chiama, donna di

Paradiso così …

Ludovico:                                                  …  Basta,  basta.  Non voglio  sentire  altro, le vostre

parole mi hanno talmente stregato che partirò subito per Bologna.

(Esce).

Avventore 3:                                           Aspettate, non vi ho detto la cosa più importante

Avventore 1:                                           Quale?

Avventore 3:                                           Che è sposata!


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ATTO 2

Scena 1

(Ludovico, oste, Beatrice, ancella)

(Una strada nella città di Bologna. Ludovico sulla porta di una locanda conversa con l’oste della stessa. L’oste ha in mano una brocca con del vino, Ludovico un bicchiere)

Oste:                                 Dunque  giungete  qui  dalla  Francia.  E,  se  non sono indiscreto,

quali affari vi portano in terra di Bologna?

Ludovico:                    Nessun affare signore. E’ solo che in Francia tira una brutta aria, e

sembra che si appresti una nuova guerra con gli inglesi. E io non son portato per le armi.

Oste:                                 Vi sciupano le unghie! Ho capito. E poi tutta quella  polvere nelle

mutande. Un fastidio!

Ludovico:                   Poco spirito. A meno che non sia di Sangiovese! (l’oste versa vino

nel bicchiere). Comunque sto cercando di che vivere onestamente qui a

Bologna.  Ho  prestato  servizio  dal  Re  in  persona,  e  se  qui  vi  fosse

qualche nobile bisognoso di un valletto…

(in quel momento entra Beatrice con una ancella. Le due dame sorridono fra di sé e attraversano tutta la scena, poi escono di nuovo. Ludovico, durante il passaggio resta a bocca aperta come paralizzato)

Ludovico:                   Mio   Dio!

Oste:                                 Madonna Beatrice de’ Galluzzi…

Ludovico:                   (sempre intontito) Mio Dio!

Oste:                                 La dama più bella di tutta Bologna.

Ludovico:                   Mio Dio!

Oste:                                 Moglie di Messer Gaetano de’ Galluzzi.


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.7 settima giornata                  Pagina 7


Ludovico:                   E Dio no! (in tono infuriato)

Oste:                                 Mio buon amico, credevate forse di venir qui dalla Francia e prendervi la perla più preziosa di Bologna! Però devo dire che siete fortunato.

Ludovico:                   Nessun uomo è fortunato quando una così bella dama è sposata. Tranne suo marito s’intende.

Oste:                 Volevo dire che siete fortunato, perché proprio ieri Messer Gaetano mi ha detto di stare cercando un servitore a cui affidare gli affari di casa. Io sono con lui molto in confidenza , essendo Messer Gaetano forte bevitore, ed io instancabile mescitore! (versa del vino a Ludovico ancora incantato) Potrei esservi d’aiuto, sempre se trovate la cosa divostro interesse.

Ludovico:                   Se mi interessa? Ormai sento di non poter vivere un minuto di più lontano da Madonna Beatrice. Sono così preso di lei al solo vederla, che arrivare addirittura ad esserle servo, sarebbe per me una gioia smisurata.

ATTO 3

Scena 1

(Filomena, Beatrice, Ludovico, ancella)

Filomena:                   Così accade che il nostro Ludovico riesce ad entrare a servizio di Gaetano de’ Galluzzi. Ed è così zelante e dotato nei suoi doveri che, in capo a tre mesi, diviene il miglior servo di casa. Onesto, fidato, educato, insomma un servitore degno d’ogni lode. Ma, così come ha celato la sua identità facendosi chiamare Anichino, allo stesso modo sotto un’elegante veste di cortigiano cela il desiderio di poter giacere con Beatrice almeno una volta. Bisogna inoltre che voi tutti sappiate che anche a Madonna Beatrice non dispiaceva affatto la compagnia di Anichino, e che, non vista dal marito e con l’appoggio della sua ancella, certe volte spiava il servo per gustarne le fattezze, il corpo giovane e ben modellato, il volto ben dipinto, … ed altri accessori scolpiti con assai più materiale di quanto si convenga!


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Accadde così che un giorno la passione troppo ingrossata di Anichino non trovò più argini che potessero tenerla, e straripò come un torrente in piena…

(stesso gioco di prima. Ludovico-Anichino è seduto su una cassapanca ai piedi del letto di Beatrice. Lei gli sta di fronte e stanno giocando a scacchi, immobili come in un tableau-vivant. Filomena terminata la narrazione rientra in scena accostandosi in piedi a Beatrice e ridiventando la sua ancella)

Beatrice:

Scacco matto di nuovo! (muovendo uno dei pezzi)

Ancella:

Anichino questa è già la quarta volta che la regina

della mia

signora sottomette il re del suo servo!

Beatrice:

Siete  così  ottuso  negli  scacchi  o  volete  compiacermi

perdendo a bella posta.

Ludovico:

Nessuna piaggeria signora. In verità siete molto

versata in

questo gioco. Perfino le dame di Francia, assai appassionate di

scacchi, non riuscivano a tenermi testa come fate voi.

Beatrice:

Avete sentito Filomena? Sono dunque migliore  delle dame

di Francia a muovere torri e cavalieri! (ride insieme all’ ancella)

Ludovico:

Signora,  le  migliori  nobildonne  di  Francia  non hanno un

terzo delle vostre virtù.

Ancella:

(con  fare ammiccante avendo  compreso da  tempo l’amore

di Anichino) Se la signora non ha più bisogno dei miei servigi,

chiedo di poter andare in camera mia, visto che l’ora è già tarda.

Volete che avverta vostro marito di salire?

Beatrice:

Si Filomena.. (l’ancella esce di buon passo), ma non  così in

fretta. Non vorrei distoglierlo dai suoi libri contabili!

Ancella:

Capisco perfettamente! (esce)


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Scena 2

(Beatrice, Ludovico)

Ludovico:                                  (prendendo la mano di Beatrice che sta rimettendo i pezzi al

loro  posto)  Madonna!  Perdonatemi,  ma  io  troppo  a  lungo  ho

sopportato segreti così pesanti che mi hanno indebolito il cuore, e

adesso non ho più la forza di trattenerli. Dovete sapere che io non

mi chiamo Anichino. Il mio vero nome è Ludovico, ed ero vostro

servo già prima di giungere a Bologna e di incontrarvi.

Beatrice:                                      Anichino, voi avete perso il senno!

Ludovico:                                  Non  sapete  quanto  questo  sia  vero  madonna.  In terra di

Francia  incontrai  un  uomo  che   vi  descrisse   in  maniera  così

mirabile da far innamorare di voi chiunque lo ascoltasse. Ma io

sopra  a  tutti  fui  così  preso  dai  suoi  racconti  che  non  potetti

resistere un giorno di più in quel paese, divenuto ai miei occhi

ormai sterile di ogni bellezza. Ma quell’uomo, ahimè, aveva torto!

(Beatrice ritira offesa la mano. Anichino gliele prende entrambe

con  dolcezza)  Voi  siete  infatti  infinitamente  superiore  alle  sue

parole, ai suoi racconti, alle sue descrizioni. Voi andate al di là di

ogni umana immaginazione, e non sapete a quale prova sono stato

sottoposto. Potervi vedere e non avere l’ardire di sfiorarvi, parlarvi

senza poter dire le sole parole che avrei voluto dirvi, cantare per

voi e non potervi cantare!

Beatrice:                                      Caro Ludovico! Già da tempo avrei voluto che tu  mi dicessi

quello che ormai sospettavo, perché gli sguardi di un innamorato

niente possono celare al cuore della donna amata.        E   anch’io

debbo dire che da quando servi in questa casa, non mi sei affatto

indifferente. Voglio quindi che tu venga questa sera in camera

mia, quando senti le campane rintoccare la mezzanotte. Tu sai da

quale parte del letto io sono solita coricarmi. Se dovessi dormire

non  esitare  a  svegliarmi,  e  così  appagheremo  insieme  i  nostri

reciproci desideri.

Ludovico:                                  Signora dimenticate forse vostro marito?


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.7 settima giornata                  Pagina


Beatrice:                       Affatto! Mio marito non solo sarà stanco morto, ma io tengo sempre con me un’erba portentosa capace di farlo dormire come un sasso anche se entrasse in camera l’imperatore con tutta la sua scorta! Una volta bevuta, non ci sarà più di alcun intralcio.

Ludovico:                                  A mezzanotte allora! (esce, ed entra Gaetano).

Scena 3

(Beatrice, Gaetano)

Gaetano:

Dove scappava Anichino così allegro a quest’ora di sera.

(vedendo gli scacchi) Deve aver vinto un bel po’ di partite, per

essere così felice da non prendersi neanche il disturbo di riporre la

scacchiera al suo posto.

Beatrice:

In verità ne  ha vinta una soltanto, ma assai  più importante

delle altre che ho vinto io.

Gaetano:

Bizzarie  di  gioventù!  Vincere  una  sola  volta

ed  esserne

soddisfatto.

Beatrice:

Tu non puoi capire. Non hai mai saputo giocare a scacchi!

Gaetano:

(prendendo  un  pezzo)  E che  ci  vuole  basta

muovere  il

proprio pezzo in su e in giù.

Beatrice:

Appunto. Tu il tuo pezzo in su e in giù non hai mai saputo

muoverlo a dovere.

Gaetano:

Invece Anichino…

Beatrice:

…Un maestro (sospirando)

Gaetano:

Ah, al diavolo gli scacchi! (lasciando andare i pezzi sulla

scacchiera). Sono così stanco che dormirei un giorno intero. (si

veste per la notte ed entra a letto, e con lui Beatrice che si è

spogliata durante il dialogo)


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Scena 4

(Beatrice, Gaetano, Ludovico)

(Si spengono le luci. Dopo pochi minuti scocca la mezzanotte come se in realtà fossero passate alcune ore. Entra Ludovico di soppiatto e si avvicina a Beatrice toccandola lievemente per constatare se è sveglia. La donna non appena sente la mano dell'amante la afferra con forza e trattenendola chiama il marito)

Beatrice:                                      Gaetano, Gaetano!

(A questo punto tutto il dialogo tra la donna e il marito si svolge in questo modo. Il marito continua a dare le spalle alla donna immerso nel dormiveglia. La donna trattiene l’amante come può. L’amante pensando di essere stato ingannato ingaggia esilaranti controscene in cui tenta di divincolarsi, ma più cerca di liberarsi, più la donna lo strattona e lo afferra dove può, togliendogli anche parte dei vestiti)

Gaetano:

(ancora insonnolito) Chi è?

Beatrice:

Come chi è?  Beatrice, tua moglie. Senti Gaetano, c’è una

cosa che mi assilla e che non mi fa dormire.

Gaetano:

Anche a me!

Beatrice:

No, ascoltami bene. Dimmi sinceramente. Chi è il  servo più

fidato e leale di questa casa:

Gaetano:

Beatrice lo sai bene. Non c’è servo a cui io sia

più

affezionato di Anichino. Ma perché me lo chiedi?

Beatrice:

Ecco vedi. Anch’io la pensavo come te. Ma

stasera stessa,

mentre stavamo giocando, mi ha chiesto senza vergogna di giacere

con lui!

Gaetano:

Cosa ha fatto?! (Gaetano scatta a sedere sul letto e

si volta

verso   Beatrice,   contemporaneamente   Anichino   si   abbassa

gettandosi sotto il letto)

Beatrice:

Io  per non  correre pericoli  e per mostrarti

di  che pasta sia

fatto, ho finto di cedere alle sue voglie. Lo spudorato mi ha dato

appuntamento nel nostro giardino, a mezzanotte in punto.


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.7 settima giornata                  Pagina


Gaetano:                                     In giardino a mezzanotte? Bene, il nostro Anichino avrà una

bella sorpresa! (sta per andarsene)

Beatrice:                                      Non  farlo  Gaetano!  Se  ti  scorgesse  potrebbe      fuggire  e

giurare il falso, così che tu non avresti prova del suo tradimento ed

io sarei svergognata. Se vuoi vendicarti di lui ti dirò io come fare.

Mettiti addosso uno dei miei vestiti, copriti il volto con il velo e vai in giardino. Lui crederà che tu sia me, e quando ti salterà addosso tu potrai ben ricompensarlo dei servigi che sognava di rendermi.

Gaetano:                                     Oh, generosa fortuna! Che mi hai  dato una        moglie bella,

fedele e intelligente. Farò come dici. (prende un vestito dalla cassapanca e si traveste) Vedrai Anichino, ti insegnerò io aintrodurti in una casa onesta come una serpe in una stalla. Dopo tutto l’affetto che ti abbiamo dimostrato, ripagarmi con questa moneta fasulla. (già vestito da donna, si dà arie da coraggioso) Ma deve ancora nascere quello che riderà di Gaetano de’ Galluzzi! (esce).

Beatrice:

Ludovico, adesso potete uscire.

Ludovico:

(esce sconvolto dal letto) Signora, mi avete portato   così in

proda  al  baratro  della  morte,  che  non  pensavo  mi  avreste

resuscitato con tanta arguzia.

Beatrice:

Vieni Ludovico (lo invita a letto). Hai sempre  soddisfatto i

miei

desideri   come   servo,  bada  a  fare  altrettanto   come

amante.(Ludovico si getta sotto le coperte, si spengono le luci. Sul

buio entra in platea Gaetano, vestito da donna, con una lanterna

in mano).

Gaetano:

Sciagurato di un servo! Deve aver annusato l’inganno. Sono

già due ore che vago per questo giardino senza vedere anima viva.

(si  riaccendono  le  luci  sul  palco.  Gli  amanti  sono  spossati  e

ansimanti).

Beatrice:                                      Adesso Ludovico, và da mio marito e fa come ti ho detto!

Ludovico:                                  Volo!  (esce  dal  letto  rivestendosi  alla belle  e     meglio  e

raggiunge Gaetano in giardino)


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Gaetano:                     Aspetta un attimo! Mi sembra di sentire un rumore da quella parte. Meglio coprirsi il volto. (si rimette il velo e si volta dalla parte opposta da dove giunge Ludovico. Da adesso in poi Gaetano camufferà la voce fingendosi donna).

Ludovico:

(con un bastone nascosto dietro la schiena) Beatrice,

pss..

Beatrice! Oh, dolce Beatrice non speravo di incontrarti davvero.

Gaetano:

(a  parte.)  Tra  poco  spererai  davvero  di  non avermi  mai

incontrato!  (a  tutti)  Anichino,  mio  adorato!  Avvicinati,  che  tu

possa toccarmi!

Ludovico:

Volentieri ti toccherò Beatrice. Ma con questo! (Ludovico si

avvicina e assesta una gran bastonata sulla schiena di Gaetano)

Gaetano:

Ma cosa fai Anichino, sei impazzito!

Ludovico:

Bella questa! Bastono una moglie infedele e il pazzo sarei io

(altro colpo). Femmina disonesta. (colpi a tempesta!)

Gaetano:

(a parte) Oh Dio che fior di servitore.

Ludovico:

Ingrata. Mentre vostro marito perde il lume degli occhi a far

di conto per farvi vivere da regina.

Gaetano:

(a parte). Oh, generosa fortuna. Una moglie  bella,  fedele e

intelligente, e un servo colmo d’ogni virtù! (a tutti) Non capisco,

amore mio!

Ludovico:

Ah non capisci? Ti ho messo alla prova per vedere quanto

bene volessi a quel santo del mio padrone.

Gaetano:

(a parte) (felicissimo!) Mio Dio cosa ho fatto  per meritarmi

tutto questo? (a tutti) Perdonami Anichino!

Ludovico:

Se tu  fossi  un  uomo  ti  spezzerei la schiena a mazzate, ma

temo che se continuo ti porterò alla morte, e Dio non voglia che mi

macchi di assassinio. Vattene in casa e se tuo marito ti chiederà il

motivo di quei segni, digli che un benefattore ti ha mondata dei

tuoi peccati! (durante queste parole così altisonanti Ludovico a

stento

trattiene le risate. Esce Gaetano). (ridendo) Mio

Dio le


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.7 settima giornata                Pagina 11


donne, che ingegno! Convincere un marito becco e bastonato di essere stato baciato dalla sorte! (esce ridendo).

Beatrice:                                      (entra  Gaetano  in  camera  completamente  tumefatto,  ma

felice e sorridente)Mio Dio Gaetano! Cosa è successo (anche Beatrice non riesce a trattenere le risate).Chi ti ha ridotto così?

Gaetano:                                     Un santo!

Beatrice:                                      Ah! Pensa se incontravi un demonio.

Gaetano:                                     Ti dirò tutto domani. Sappi solo che non sono mai stato così

felice come adesso. (si rimette a letto e tira le coperte). Che notte meravigliosa, che notte meravigliosa!

BUIO

Durata 20 minuti circa


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.7 settima giornata                Pagina 12


Novella seconda della terza giornata

Un pallafreniere giace con la moglie d’Agilulf re, di che Agilulf tacitamente s’accorge; truovalo e tondelo; il tonduto tutti gli altri tonde, e così campa della mala ventura.

Agilulfo:                     Re dei Longobardi, orgoglioso ma non orgoglione!

Uno stalliere:       Arguto anche come barbiere.

Teodolinda:           Regina che peccò senza avvedersene.

Servitori, Pampinèa narratrice della novella.

ATTO 1

(Pampinèa, Stalliere)

Pampinèa:    Gentilissimi  signori e  dame  colme  d’ogni  virtù.  Per  fare onore a un così onesto e regale pubblico, appunto di un re voglio narrarvi. Or son molti anni, che della bella Italia si invaghirono certi uomini assai valenti e arguti, chiamati Longobardi. Costoro, discesi in questa dolce terra, tanto si adoprarono da divenirne quasi signori assoluti, stabilendo a Pavia la dimora del loro re supremo. Negli anni in cui si svolse  la  storia  ch’io  vi  narro,  sul  trono  Longobardo sedeva il potente e scaltro re Agilulfo, che prese in sposa la bella Teodolinda, regina simile a una dea, troppo presto rimasta  vedova  del  nobile  Autari.  Benchè  la  loro  vita potrebbe, a’ professori e agli eruditi, sembrare già colma di fascino e degna d’essere narrata, pure a noi poveri e meschini che all’ombra del vessillo d’Amore raccontiamo novelle  per  nostro  svago,  a  questo  punto  della  storia manca  qualcosa,  che  tinga  di  rosso  appassionato  la vicenda. Ho trovato! La storia più vecchia che il mondo ricordi! Una meravigliosa regina della quale si invaghisce il più umile dei suoi stallieri. Eccolo la (in scena c’è lo stalliere seduto su della paglia o, per chi ha quattrini, dentro una stalla vera e propria con tanto di cavalli!),  ha


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.2 terza giornata                       Pagina 1


appena terminato di strigliare i cavalli del re, e adesso lo

sentirete dialogare con i due compagni più infidi che un

uomo possa avere: un cuore, che lo tormenta senza posa, e

un cervello, che macina pensieri meglio di un mulino a

vento,  per  trarlo  in  salvo  da  questa  trappola

d’Amore.

(Esce).

Stalliere:

Ah,  mia  dolce  Teodolinda! Regina del  mio  corpo e del

mio cuore. Non toccherò più nulla con questa mano destra

che  oggi,  quando  vi  ho  aiutata  a  salire  a  cavallo,  ha

sfiorato per un istante il vostro piede. Certo è che ieri vi

ho toccato i capelli con quest’altra mano e feci questo

stesso giuramento. Se li rispettassi entrambi mi ridurrei a

mangiar per terra come le bestie! Ma che importa, tanto

son già bestia ai vostri occhi, poiché questo è il destino di

noi poveri servi. Oh fortuna! Ti chiamano cieca e iniqua,

ma io credo che troppo spesso sbirci sotto la benda che ti

oscura gli occhi, perché un figlio di un povero sarà sempre

povero, e il figlio di un re diverrà re a sua volta e non c’è

modo di fuggire a questa condanna eterna. L’Amore, ecco

il vero cieco di tutta questa storia! Lui sì non s’avvede

dove affonda le sue armi. Guerriero di stirpe divina che

ognuno trafigge senza che vi possa opporre resistenza.

Benestanti  signori,  disgraziati  di  ogni  sorta,  vegliardi,

giovinetti, Ahi, quanto è grande la lista dei caduti! Ed ora

il  nome  mio  si  aggiunge  agli  sventurati,  che  amarono

senza rimando. (entra un servo).

Servo:

Sei ancora qui tu? Sbrigati che siamo già tutti a

letto, non

vorrei che al buio mi pestassi, o peggio che mi scambiassi

per qualche bella servetta! Il re e la regina hanno già dato

ordine di spegnere i lumi nel castello.

Stalliere:

Dormono insieme stanotte?

Servo:

Non credo, li ho  visti entrare in due camere

diverse.

Perché, sei geloso?


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.2 terza giornata                       Pagina 2


Stalliere:

No, chiedevo così, per poter intervenire in caso di pericolo

o di bisogno.

Servo:

Per il pericolo ci sono le guardie, quanto al bisogno… non

crederai che la regina faccia entrare in camera sua tutti

quelli che bussano?

Stalliere:

E allora come fanno per ritrovarsi.

Servo:

Pare che il re abbia un modo particolare per farsi

aprire di

notte, me lo ha detto la cuoca, ma quale sia questo modo,

nessuno lo sa, a parte la regina si capisce.

Stalliere:

(a  parte)  Un  modo  per  farsi  aprire   quando

vogliono

giacere insieme. Questo è il colpo di fortuna che cercavo.

Mi apposterò al buio per spiare il re, se avrò

fortuna

questa notte stessa scoprirò il modo per farmi ricevere da

Teodolinda.(a tutti) Vai pure in camera, io resto a dormire

nella stalla, perché… perché una delle giumente del re è in

cinta, e non vorrei che partorisse proprio stanotte.

Servo:

Fa come vuoi, buonanotte.

Stalliere:

Buonanotte!

ATTO II

Scena I (Stalliere)

Lo stalliere è dietro ad una tenda, nel corridoio che separa la camera di Agilulfo da quella di Teodolinda.

Stalliere:

Qui dietro non mi vedrà nessuno, spero solo di

non dover

passare tutta la notte qui in piedi, ma per la mia regina,

anche mille notti insonni varrebbero la pena.

(Agilulfo

esce

dalla

porta di camera sua, ha

un mantello addosso. Si

avvicina

alla

porta

di Teodolinda ed emette

il  verso di un

uccello.


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.2 terza giornata                       Pagina 3


Immediatamente esce sulla soglia Teodolinda che lo afferra al buio e lo fa entrare in camera)

Stalliere:                     Ecco come si intendono. La ruota della fortuna comincia a

girare  dalla  mia  parte.  Adesso  non  devo  far  altro  che

procurarmi un mantello come quello del mio re ed imitare

il verso che ha fatto lui. Domani andremo a caccia e nel

bosco so ben io come farlo stancare. Lo fiaccherò a tal

punto che non riuscirà neanche a reggersi sulle sue gambe

e    appena    sarà    a    letto    sprofonderà    in    un    sonno

profondissimo, così che non abbia a guastarmi il piano, e

io potrò finalmente godere della bella Teodolinda.

ATTO III

Scena I (Agilulfo, Stalliere)

Agilulfo:                     (ansimante  visibilmente)  Mio  Dio  che     giornata!   Sono

distrutto. Ancora non capisco come hanno fatto i nostri

cavalli a strappare le cavezze quando li abbiamo legati a

quell’albero.

Stalliere:                     Non so comprenderlo neanche io (gettando in un baule

due corde tagliate).

Agilulfo:                     Fortuna  che  sei  di  queste  parti  e  conosci  la strada del

ritorno, eravamo così lontani che temevo di dover passare la notte nel bosco.

Stalliere:                     (a parte) Peccato che abbia preso la strada più lunga e

faticosa. (a tutti) Sono desolato per avervi fatto penare

tanto, ho addirittura preso una scorciatoia, ma eravamo

assai distanti dal castello.


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.2 terza giornata                       Pagina 4


Agilulfo:                     Non importa, vorrà dire che dormirò un po’ di    più questa

notte. Anzi, dovrei andare a piedi più spesso, stare sempre

a   cavallo   impigrisce   il   corpo.   Guardati,   non   sembri

neanche stanco, si vede che sei abituato a camminare. Non

vedo l’ora di entrare sotto le coperte, ci vediamo domani

sperando che stanotte non accada niente di strano. (esce)

Stalliere:                     Buonanotte  maestà.  E  speriamo  invece  che    stanotte  di

cose strane ne accadano a non finire.(esce)

ATTO IV

Scena I camera di Teodolinda

(Stalliere, Teodolinda)

(La regina è a letto in camera sua, quando sente il verso di un uccello simile a quello che fa Agilulfo, ma diverso)

Teodolinda:

(stenta ad aprire non riconoscendo bene il segnale, poi si alza e

trae dentro il suo sposo) Perdonatemi se vi ho fatto aspettare, ma

stasera sembrava che un uccello diverso stesse fuori della porta.

Stalliere:

(con  la  sua  voce ammiccando al pubblico) Non sai quanto

hai

ragione!

Teodolinda:

Come dite?

Stalliere:

(camuffando un po’ la voce) No dicevo, ho come un bruciore, in

bocca, che mi duole.

Teodolinda:

Forse baciandomi

guarirete più in fretta (trascinandolo verso  il

letto).

Entra Pampinèa.

Pampinèa:

Simile  alla nave è la nostra  mente, che in  mezzo  alla  bufera del

cuor non sa dove approdare. Ma se la fortuna si siede alla barra e

l’amor  soffia  una  bonaccia  gentile,  lesta  all’attracco  dei  suoi

desideri giunge, ove più dolce è il mare e morbida la sabbia. Così

il nostro furbo stalliere, si gode i favori che non gli spettano, ma

che con tanto garbo ha saputo guadagnarsi. Ora però è tempo che

si congedi dalla

bella Teodolinda, perché, benché abbia

già


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.2 terza giornata                       Pagina 5


perduto la testa per la sua regina, sarebbe sgradevole         perderla

anche per il re (facendo il gesto di chi viene sgozzato), ed ogni ora

che passa è  per lui tanto piacevole quanto pericolosa.(esce, lo

stalliere si rimette il mantello in dosso senza aprire bocca e si

congeda anche lui dalla regina uscendo).

Teodolinda:                (sospirando estasiata) Ah, tanto ardore in un uomo solo, è cosa da

non  credere!  Sembrava  non  volesse  andarsene  più  via.  Chissà

quale angelo o demonio si era impadronito del mio re per renderlo

così appassionato (si sente di nuovo il verso dell’uccello che è il

segnale di Agilulfo) Ancora?! Angelo o demonio che sia, rischia di

tornare da dove è venuto, perché se insiste così ci resta secco!

Agilulfo:                        (entra) Perché non mi   aprivi, credevo che stessi dormendo. Non

avrei sopportato di dormire da solo questa notte.

Teodolinda:                Se è solo per dormire passi, ma se avete altre intenzioni, non vi

sembra di avere abusato abbastanza dei miei favori, lo dico per voi, potrebbe farvi male.

Agilulfo:                        Come sarebbe che potrebbe farmi male?

Teodolinda:                Voglio dire, ve ne siete appena andato dopo aver fatto l’amore con

me con un tale impeto… e adesso volete ricominciare, potrebbe essere pericoloso abusare delle proprie forze!

Agilulfo:                        (a parte) Qualcuno deve aver giaciuto con la mia  regina facendosi

passare per me! Se fossi uno sciocco farei una tale scenata da

svegliare   tutto  il   palazzo,   e  così  toglierei   l’onore  alla     bella

Teodolinda che non ha colpe e passerei da becco e coglionato.

Senza contare che a Teodolinda potrebbe anche essergli piaciuto

quell’altro e così rischio di esser fatto becco per chissà quante altre

volte.(a tutti) Si mia dolce e premurosa regina, forse hai ragione.

Ma sai, stasera sei talmente bella che non ho saputo desistere dal

tornare  di  nuovo  tra  le  tue  braccia.  Meglio  rimandare  tutto  a

domani sera, e poi anche tu sarai stanca.

Teodolinda:                Dopo quello che ho passato stanotte, sono più stanca del  solito.

Siete stato meraviglioso.

Agilulfo:                        (a parte) (trattenendo a stento la furia) Il palazzo è chiuso e ci

sono guardie a tutte le porte Chiunque sia stato deve essere di

sicuro uno dei miei servi che dormono tutti insieme al piano di


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.2 terza giornata                       Pagina 6


sopra. Di certo il traditore deve ancora avere il cuore e il polso in preda all’affanno, se mi sbrigo so io come fargliela pagare senza alzare troppa polvere. (a tutti) A domani mia dolce regina! (esce)

ATTO V

Scena I (stalliere, Agilulfo, servi)

(Una stanza con pagliericci e coperte per terra dove dorme tutta la servitù, il re passa tastando il petto di tutti i dormienti)

Agilulfo:                        (sottovoce) Dormi pure tranquillo, ma se ti trovo so ben io come

riconoscerti domani.

Stalliere:                         Oh mio Dio, il re! Devo far finta di dormire o quello è capace di

strangolarmi nel sonno. Ma se ancora non ha scatenato la sua ira

c’è speranza che abbia in mente qualcos’altro. Stiamo a vedere le

sue intenzioni.

Agilulfo:                        (si arresta sul corpo dello stalliere sicuro di percepire il battito

più  forte   degli   altri)    (sempre     sottovoce)    Eccoti   qua  ingrato

traditore. (estraendo un paio di forbici da sotto il vestito) Per

stanotte ti lascio vivere, ma appena spunta il sole la mia lama

cadrà più in basso di quanto farà adesso. (ed inizia a tagliare i

capelli  dello  stalliere   fischiettando  o    canticchiando  l’aria  di

Figaro dal Barbiere di Siviglia! Durante il taglio, il re impallerà

lo  stalliere,  facendogli  indossare  una  finta  calotta  metà  con  i

capelli  e  metà  pelata)    Ecco  fatto,   ora  son  sicuro   i  poterti

riconoscere! (esce)

Stalliere:                         E adesso che cosa faccio? Devo escogitare qualcosa o il  canto del

gallo annuncerà la mia rovina. Un attimo solo, forse non è ancora tutto perduto.


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.2 terza giornata                       Pagina 7


ATTO VI

Scena 1 (Agilulfo, Teodolinda)

Seduto sul suo trono Agilulfo pensieroso attende…

Agilulfo:                        E’ già mattino. Finalmente, dopo una notte insonne, saprò chi ha

osato introdursi nel letto di mia moglie. Teodolinda! (entra la regina).

Teodolinda:                Mi avete chiamato marito caro?

Agilulfo:                        Si,  manda a chiamare tutti i miei servi, ho delle          cose  molto

importanti da comunicare, ad uno di loro in particolare.

Teodolinda:                Come desiderate. (esce)

(entrano tutti i servi, mostrandosi al pubblico solo di profilo, il profilo ovviamente dove hanno i capelli, poiché lo stalliere ha tagliato metà della chioma di tutti i servi durante la notte)

Agilulfo: (furioso vedendoli di fronte, anche se il pubblico non sospetta ancora niente) Bene! Io, ecco, vi ho fatto chiamare per dirvi che…(mentre stenta a trattenere la rabbia, cammina in avanti verso il proscenio per poi passare di fronte ai servi, facendo questo i servi senza staccare lo sguardo devotamente dal proprio re, si volteranno di 90° a favore di pubblico, tutti insieme, svelando così la metà tagliata dei capelli tra le risate, si spera, generali del pubblico!) Per dirvi che chiunque lo abbiafatto, che non si azzardi a rifarlo mai più!

BUIO


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Novella nona della settima giornata

Lidia, moglie di Nicostrato, ama Pirro: il quale, acciò che credere il possa, le chiede tre cose le quali ella gli fa tutte; e oltre a questo in presenza di Nicostrato si sollazza con lui e a Nicostrato fa credere che non sia vero quello che ha veduto.

Personaggi:

Nicostrato:            Marito becco e visionario

Pirro:                             Amante reticente, poi accondiscendente, ma sempre molto esigente.

Lidia:                             Moglie infuocata, ma assennata.

Lusca:                          Damigella molto in gamba.

Panfilo nelle veci di narratore, alcuni valletti ed eruditi assortiti.

PROLOGO

(Panfilo)

Panfilo:                         Certo è, signori di chiaro intelletto e madonne dabbene, che raramente le virtù e i danari si sposano allo stesso gentiluomo. Accade così sovente che tutti i più bei doni di natura: bellezza, audacia, giovinezza; bagnino fino al midollo marinai di poca esperienza e di ancor meno sostanze, mentre lupi di mare ormai cisposi e avvizziti dal sole e dall’età, serbino gran tesori coi quali comprar terre, case e financo, ahimè, una moglie giovane e di bell’aspetto. Fortuna vuole però, che più spesso di quanto non si creda, le donne hanno più sale in zucca, di tutto il mare solcato dai propri ammiragli mariti. Cosi che finiscano per trastullarsi coi gioielli del marito vecchio e coi favori dell’amante giovane. Ora, per dimostrarvi quanto tutto ciò sia vero e non frutto di fantasie, vi narrerò di un fatto accaduto molti anni or sono nella città d’Argo, in terra di Grecia. Viveva in quelle contrade un gentiluomo di nome Nicostrato, con tanti danari nelle tasche, quanti anni sul groppone, che ebbe la sfacciata fortuna di maritarsi a madonna

Alessio Giusti – Boccaccio al 3% - Tre quadri medievali                                                                                          Pagina 1


Lidia, donna tra le più avvenenti e argute di Grecia. Ora dovete sapere che tra i vari beni di Nicostrato, figurava anche un giovane servo, un certo Pirro, onesto e fedele al suo padrone, quanto bello e gentile nell’aspetto. Inutile star qui ad allungare la minestra, avrete già inteso che Lidia, ardentemente, si innamorò di Pirro, ma in che modo lo vinse lo saprete dai nostri commedianti. Sempre che abbiate la pazienza e la grazia di ascoltarli. (esce)

Scena 1

(Lusca,Lidia)

(una stanza arredata di una casa signorile. Entra Lidia accompagnata dalla sua ancella Lusca)


Lusca:


Dunque, mia signora, se ho ben capito, voi e Pirro …


Lidia;


No, mia cara Lusca. Solo io. Pirro nemmeno sospetta quanto io ardo ogni volta che me lo trovo davanti. Se solo sapesse di essere la soluzione dei miei sospiri, scommetto che correrebbe tra le mie braccia senza esitazioni. Sfortuna delle donne! Avere mariti disposti ad imbandire banchetti per una città intera, ma incapaci di calmare l’appetito di una sola donna. Ritrovarmi serva di questo servo, che possiede l’unico frutto di cui sono ghiotta, e tarda a presentarlo alla mia mensa!


Lusca:


Signora, a questo credo vi sia rimedio. Avete detto che se sapesse quanto bruciate per il suo bel volto, subito vi si getterebbe al collo e ringrazierebbe la sua buona stella di un sì gran dono. Allora perché non glielo fate sapere.


Lidia:


Lusca, poco fa parlavo per eccesso di speranza. Conosco bene il carattere di Pirro. Un servo così fedele e riconoscente al suo padrone, che temo andrebbe a riferire tutto a mio marito se venisse a sapere di questa mia passione insana.


Lusca:


Signora, con il vostro permesso, io conosco bene Pirro e saprei in che modo parlargli. Sono sicura che se lasciaste a me l’ambasciata, riuscirei a convincere quel giovane a venire da voi. In caso non accettasse, gli darò ad intendere quanto danno deriverebbe a questa casa e al suo padrone se il segreto della vostra passione fosse svelato.


Alessio Giusti – Boccaccio al 3% - Tre quadri medievali                                                                                          Pagina 2


Lidia:                              Cara Lusca, in tanti anni, i servigi che mi hai reso non mi hanno mai deluso. Voglio anche in questa partita fidarmi della tua astuzia e giocarti alla prima mano. Va da Pirro e digli tutto quello che sento e quanta fortuna lo abbia baciato, prima che possa baciarlo io!


Lusca:


Signora, sento i cavalli del vostro signor marito di ritorno dalla caccia. Pirro è di certo con lui.


Lidia:


Bene! Io andrò ad aspettarti in camera mia. Tu intanto parla a quello specchio di virtù. Ti ho affidato segreti che potrebbero portarmi alla rovina. Fanne buon uso, sono nelle tue mani. (esce ed entra Pirro)


Scena 2

(Lusca, Pirro)

Lusca:

Pirro, hai fatto buona caccia?

Pirro:

Si  Lusca.  Sai  bene quanto  il  mio  padrone Nicostrato sia

dotato in quest’arte. Cacciare con lui è sempre fonte di diletto e di

abbondante selvaggina.

Lusca:

Sfido che sia un ottimo figlio di Diana. Non pensa

ad altro

tutto il giorno che ai bisogni dei suoi falconi e dei suoi cavalli, ma

lascia avvizzire l’unica giumenta desiderosa delle su attenzioni.

Pirro:

Impossibile! Sono io il suo stalliere, e posso assicurarti  che

non c’è bestia che non riceva da me le cure più affettuose.

Lusca:

Fosse davvero  così Pirro, non  avrei bisogno   di confidarti

certi segreti della mia signora che, se uscissero da questa stanza,

farebbero la rovina nostra e del tuo padrone.

Pirro:

Lusca, non farmi preoccupare! Se qualcosa turba

il signor

Nicostrato, ti prego di dirmelo immediatamente.

Lusca:                            Questo è il nodo! Non c’è niente, ormai ahimè da molto tempo, che riesca a turbare il signor Nicostrato. Niente che lo lasci sveglio tutta la notte, niente che lo spinga a letto, anche quando non ha sonno!

Alessio Giusti – Boccaccio al 3% - Tre quadri medievali                                                                                          Pagina 3


Pirro:


Non a caso la Sibilla era una donna! Parli a vanvera e fai ragionamenti senza senso. Non è forse un bene che il signor Nicostrato sia in pace con se stesso e non abbia desiderio di niente?


Lusca:


Certi desideri Pirro, meglio sarebbe non riuscire ad esaudirli mai, a patto che si provi in continuazione a saziarli. Bisognerà ch’io parli da uomo se da un uomo voglio farmi intendere. La mia signora Lidia, è malata di un male assai grave, che solo tu hai il potere di curare.


Pirro:


Lusca, io non ho mai fatto studi in medicina e non credo poter…


di


Lusca:


…come fai ancora a non capire. Possibile che voi uomini ragioniate sempre con la stessa cosa, e quando vi si chiede di ragionar con quella, ecco che usate il cervello! Madonna Lidia è presa di te! Entra in agitazione quando ti vede, non dorme la notte quando ti pensa e se dorme stai certo che sogna il tuo volto. Il dolore che ultimamente avverte allo stomaco, non è fame di cibo, è fame di Pirro!


Pirro:


Ma il signor Nicostrato?


Lusca:


Santo cielo Pirro! Vuoi che i denti di perla di Madonna Lidia si scheggino con un tozzo di pane duro come quello? Non ti rendi conto della tua fortuna?


Pirro:                               (a parte) Certo che se fosse vero sarei ben fortunato come dice Lusca Ma non scordiamo che il mio padrone è valente cacciatore, e sa come tendere trappole alle sue prede. Se questo gioco fosse per mettermi alla prova? Pirro fa attenzione che questa

èuna pania da cui non si esce facilmente.(a tutti) Lusca, dì a chi ti manda, che per nessun motivo al mondo tradirò il mio padrone. Debbo a lui tutto quello che ho, ed è anche per fedeltà nei suoi confronti che manterrò il segreto sulle voglie di sua moglie. Sarebbe per lui un dispiacere troppo grande che non merita di certo. Ma per favore, parla a Madonna Lidia e convincila a non perseverare più in tale errore.

Alessio Giusti – Boccaccio al 3% - Tre quadri medievali                                                                                          Pagina 4


Lusca:


Pirro, parli come il prete che temeva di essere sorpreso con la monaca. Anche se non lo ammetti, so che non ti dispiacerebbe affatto godere dei favori della mia padrona. E come parli bene di fedeltà, onestà, dovere! Pensi davvero che se Nicostrato posasse gli occhi su qualcosa di tuo come una moglie o una sorella, si farebbe tanti scrupoli pur di ottenerla? Pirro, noi non siamo che oggetti nelle mani di questi ricconi, come un gioiello qualsiasi o, peggio ancora, come un cane. E allora, tu che puoi, afferra la fortuna che ti si presenta. Una donna stupenda che pende dalle tue labbra e che potrebbe molto favorirti con le sue ricchezze se tu giocassi bene le tue carte!


Pirro:


(a parte) Non so più cosa pensare! Certo, se fosse una trappola, l’esca sarebbe la più allettante che si possa desiderare sulla terra. Ma se non lo è, rischio di perdere la più ghiotta occasione della mia vita. Senza contare che anche Madonna Lidia turba i miei sogni da quando sono in questa casa. Ho trovato! Le chiederò di provare il suo amore con imprese assai pericolose, a garanzia della sua sincerità. (a tutti) Lusca, ho deciso. Di alla tua signora che accetto la sua dolce compagnia, ma a precise condizioni.


Lusca:


Non c’è che dire, hai speso ben poco tempo a passare da servo fedelissimo ad amante presuntuoso! Imporre le proprie pretese a chi viene qui per offrirti i suoi doni. Per essere un servo elegante sei anche troppo bifolco.


Pirro:


So quel che faccio Lusca. E ora ascolta e riferisci tutto a Madonna Lidia. (si abbassano le luci)


ATTO 2

Scena 1

(Lidia, Lusca)

Lidia:

Lusca, vuoi prenderti gioco di me vero?

Lusca:

Magari fosse così! Quel fenomeno di ingratitudine mi ha

dato  precise  istruzioni  prima  di  potervi  somministrare  il  suo

balsamo miracoloso.

Alessio Giusti – Boccaccio al 3% - Tre quadri medievali

Pagina 5


Lidia:


Sa bene di essere l’unico medico che voglio al mio capezzale, ma non posso più sopportare questo male che ho nel petto. Parla Lusca, quali condizioni impone per lenire le mie sofferenze.


Lusca:


Ha chiesto che uccidiate Mercurio, il falcone vostro marito.


preferito di


Lidia:


Sai bene che tiene a quell’animale più che a me! Non è certo andato leggero nei suoi capricci, vai avanti.


Lusca:


Desidera inoltre una ciocca dei capelli del signor Nicostrato, e un dente sano della sua bocca.


Lidia:


Queste non sono condizioni. Il nostro Pirro vuole un sigillo a riprova del mio amore. Lusca, accetto la sfida, e siccome a me piace stravincere quando gioco, aggiungo un’altra impresa: digli che riuscirò a giacere con lui davanti agli occhi di mio marito senza che abbia niente da obiettare. Va! (esce Lusca ed entra Nicostrato).


Scena 2

(Lidia, Nicostrato)

Nicostrato:

Dove correva Lusca?

Lidia:

Dallo speziale!

Nicostrato:

Ti senti forse male? Cos’hai.

Lidia:

Non dormo la notte e ho come un riccio nello stomaco.

Nicostrato:

Per forza Lidia mia. Non esci mai da questa casa. Sai cosa ti

ci vorrebbe? Una bella cavalcata all’aria aperta! Ti rimetterebbe al

mondo sai!

Lidia:

Eh! Nicostrato, non sai quanto hai ragione, non sai quanto.

Nicostrato:

Ora che ci penso, hai fatto preparare la sala grande!  Sai che

oggi abbiamo ospiti.

Lidia:

Tutto pronto per i tuoi illustri amici. Ma

adesso sediamoci,

sarai stanco. (carezzandolo).

Alessio Giusti – Boccaccio al 3% - Tre quadri medievali

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Nicostrato:

Lidia,  non  sai  che  ristoro  sono  per  me

le   tue  carezze.

(facendosi più audace) Ma adesso vieni qui. (Lidia scappa con

fare civettuolo, Nicostrato prima tenta di afferrarla per i fianchi,

poi per errore le afferra i capelli).

Lidia:

Fermo Nicostrato, così mi fai male!

Nicostrato:

Scusami (tornano seduti).

Lidia:

Non fa niente (riprende ad accarezzarlo,

ma all’improvviso

gli strappa una ciocca di capelli).

Nicostrato:

Ahi! Lidia, sei impazzita!

Lidia:

Quante storie per un capello, e poi era un

gesto

d’amore!

(entra Lusca)

Lusca:

Signora, ci sono ospiti giù da basso che chiedono di poter

entrare.

Nicostrato:

Vengo io ad accoglierli. Tu rimani qui con mia

moglie che

mi sembra  alquanto strana  in  questi giorni. Speriamo  tu abbia

trovato un rimedio adatto dallo speziale. (esce)

Lidia:

(comprendendo  lo  stupore di  Lusca  a  quelle parole) Non

preoccuparti Lusca. Piuttosto, va da Pirro e portagli questa ciocca

di capelli di Nicostrato, poi procurami un dente guasto e dammi

corda in tutto quello che mi vedrai fare o dire. Io raggiungerò gli

ospiti di mio marito per il pranzo. (escono)

ATTO 3

Scena 1

(Nicostrato, Lidia, Pirro, Lusca, Ospiti)

(Nella sala imbandita, ci sono Nicostrato a capo tavola e alcuni ospiti ai lati. Pirro sta servendo gli ospiti. Dietro a Nicostrato, su un trespolo, è appollaiato il falcone Mercurio con il cappuccio sulla testa. Tutti ridono e sbevazzano allegramente, quando entra Lidia con aria altera ed elegante).

Ospite 1:                      Madonna Lidia! Voi rischiarate questa casa con la vostra bellezza.

Alessio Giusti – Boccaccio al 3% - Tre quadri medievali                                                                                          Pagina 7


(tutti gli ospiti si prodigano in inchini e saluti. Lidia, incurante di tutti si dirige con eleganza verso il falco. Lo prende delicatamente sul braccio, poi con un rapido gesto lo afferra e lo sbatte violentemente contro il tavolo uccidendolo!)


Nicostrato:


(Alzandosi di scatto) Lidia, hai perduto il senno! salta in testa.


Cosa ti


Lidia:


(incurante del marito e rivolta a gli ospiti sbigottiti) Signori, io confido molto nella vostra saggezza e nel vostro consiglio. E so che se vi chiedessi un giudizio riceverei di certo una risposta


giusta ed assennata. (Facendo sedere delicatamente il marito) Caro Nicostrato. Già da tempo avrei dovuto fare quello che ho fatto. Se ho aspettato così a lungo sappi che è stato solo perché aspettavo di farlo in presenza di questi signori così dotati di intelletto, per dimostrarti quanto questo gesto non sia dettato da pazzia, ma da infinito amore. Dovete sapere signori, che questo falco da molto tempo ormai usurpava il trono che di diritto sarebbe spettato a me. Prima dell’alba Nicostrato abbandonava il nostro letto per portare acqua al falco, e al tramonto il bacio della buona notte era tutto per questo animale insensibile (tutti ridono). Non vi dico poi quanto bramasse la sua compagnia, sottraendo a me i giorni felici che avrei dovuto passare con mio marito. Giudicate voi signori, se poco fa avete assistito a un barbaro gesto di follia o ad un delitto passionale di una moglie tradita! (ridono di nuovo).

Ospite 1:

Nicostrato,  se  fossi  in  te  non  desidererei  una moglie più

devota.

Ospite 2:

E  tanto assennata da dimostrarti  con  arguzia

il

suo amore

senza pari.

Ospite 3:

Non prendertela Nicostrato. I buoni falconi puoi

trovarli su

qualsiasi emporio della Grecia, ma credimi, le buone mogli sono

rare e preziose come l’acqua nel deserto.

Ospite 1:

Proprio  così  amico  mio.  Ora,  se  accettate

un

consiglio,

alzate il calice alla vostra fortuna e fate portar via questo cadavere che non si addice ad una tavola festosa.

Nicostrato:                 Forse avete ragione. Lidia, perdonami se ti ho trascurata senza avvedermene. Pirro, seppellisci questa bestia che mi era tanto cara…

Alessio Giusti – Boccaccio al 3% - Tre quadri medievali                                                                                          Pagina 8


Pirro:


la tratterò come una reliquia...


Nicostrato:


e noi beviamo sopra a questa bizzarra vicenda in cui hoperso un falco per ritrovare una colomba! (Lidia lo bacia e tutti bevono). Adesso, signori, concedetemi di porre rimedio alle miemancanze. Sono stanco e vorrei stare un po’ con mia moglie. (gli ospiti se ne vanno ed escono anche Nicostrato e la moglie)


Atto 3

Scena 1

(Nicostrato, Lidia, Lusca, Pirro, due valletti)

(la scena si sposta in un’altra sala. Pirro sta leggendo alcune novelle del Boccaccio per allietare i padroni di casa. Lusca è seduta in disparte).

Nicostrato:

Pirro ti prego, raccontaci una storia di quel tuo libro

venuto

dall’Italia.

Pirro:

Con vero piacere (inizia la lettura di una novella tra

le più

celebri del Boccaccio in modo che il pubblico capisca il gioco e

l’omaggio all’autore).

Lidia:

Panfilo,  Filippo!(entrano due valletti con vassoi  e brocche

di vino, Lidia gli si fa incontro prima che raggiungano gli altri)

Devo essere sincera con voi. Non avete notato come mio marito

tossiva e si scostava quando lo stavate servendo a tavola? Se non

ci avete fatto caso, sappiate che si comporta così perché stasera

avete un alito che odora fortemente di marcio. Perciò tenetevi a

distanza  quando  servirete  il  vino  e  poi  andatevene  subito  in

camera.  (Lidia  torna  a  sedere, i  valletti  eseguono  tenendosi  a

distanza quando servono i padroni e voltando la testa dall’altra

parte.  Finito  il  servizio  escono  di  buon  passo.  Dopo  qualche

minuto  Lidia  si  rivolge  a  Nicostrato).  Caro,  hai  notato  il

comportamento di Panfilo e di Filippo?

Nicostrato:

Stavo giusto per chiedertene la ragione.

Alessio Giusti – Boccaccio al 3% - Tre quadri medievali                                                                                          Pagina 9


Lidia:                              La ragione è semplice caro. L’alito! E’ da qualche tempo che hai un alito pestifero, e con tutte le persone illustri con cui hai a che fare ogni giorno, dovresti trovare un rimedio. Forse hai un

dente

cariato.  Pirro!  Avvicinati  con  quella  candela.  (Pirro

interrompe la lettura, prende la candela che usava per leggere e si

reca vicino ai padroni) Fammi luce! (Lidia esamina la bocca di

Nicostrato) Dio mio caro, hai un dente che è più nero della pece!

Ma come hai fatto a resistere al dolore!

Nicostrato:

Veramente Lidia, io non provavo alcun dolore.

Lidia:

Che Ercole di marito! Sopportare il male in silenzio  per non

darmi una preoccupazione! Comunque il dente deve essere tolto

perché ho paura che se lo lasciamo al suo posto finirà col guastare

anche gli altri.

Nicostrato:

Pirro! Trova un cavadenti e portalo qui. Ora che   mi

ci hai

fatto pensare mi sembra di sentire male davvero.

Lidia:

Ma quale cavadenti caro! Quelli sono  dei

carnefici, mica

smettono  anche  se  ti  sentono  urlare  come  un

pazzo!

Non

resisterei a guardarti mentre ti torturano così, e poi per un dente

che viene via a toccarlo! Ci penso io, e ti prometto che smetto

appena senti male. Lusca, va a prendere le tanaglie. (Lusca esce).

Adesso mettiti qui seduto e bevi molto vino, così sentirai ancora

meno dolore. (Nicostrato inizia a bere) Ancora, ancora, ancora un

po’! Pirro, tu tienilo forte. (entra Lusca con le tanaglie. Lidia le

infila in bocca a Nicostrato e inizia una delle più celebri gag

teatrali, con Lidia che tira da una parte aiutata da Lusca, Pirro

che  tira   Nicostrato  dall’altra,  tra  urli  e  sforzi  disumani  da

entrambe le parti. Il  tutto  può  essere  sottolineato anche  dagli

“Uno…due…tre” che scandiscono il tempo di strattonatura. Alla

fine il dente esce ed immediatamente viene consegnato a Lusca

che lo sostituisce con quello marcio trovato prima).

Lidia:                                              (crollando    a   terra)     Ah!   Finalmente!   Guarda  qui     che

robaccia avevi in bocca (lo mostra a Nicostrato che è distrutto dal dolore).

Nicostrato:                                (ansimante dal dolore) Accidenti, meno male      che bastava

toccarlo!


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.9 settima giornata                Pagina 10


Lidia:

(coccolandolo)  Caro  Nicostrato.  Perché  non  andiamo  in

giardino  e  ci  riposiamo  all’ombra  e  al  fresco  di  qualche

bell’albero. Vedrai che saprò ben farti passare il dolore con le mie

carezze.

Nicostrato:

Forse hai ragione Lidia. E poi ho troppo caldo, con

tutto il

vino che mi è toccato di bere!

Lidia:

Vai pure, io ti raggiungo tra poco.

Nicostrato:

(incamminandosi con Pirro) Sai Pirro che mi sembra

già di

stare meglio ora che me lo hanno tolto!

Pirro:

Si, ci credo signor Nicostrato, ci    credo  (ridacchiando,

escono)

Lidia:

Lusca, hai detto a Pirro quello che deve fare?

Lusca:

Come mi avete ordinato.

Lidia:

Bene, raggiungiamoli in giardino.

ATTO 4

Scena 1

(Nicostrato, Lidia, Lusca, Pirro)

(Un giardino. Nicostrato e Lidia sdraiati sull’erba all’ombra. Pirro e Lusca poco lontani).

Lidia:                                              Ti senti meglio caro!

Nicostrato:                                Abbastanza (ancora dolorante).

Lidia:                                              Io invece a forza di guardare quest’albero carico di pere,  mi

è venuta una gran voglia di mangiarmene una.

Nicostrato:                                Pirro! Prendi una scala e raccogli un po’ di pere per me e

per mia moglie.


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.9 settima giornata                Pagina 11


Pirro:                               Subito! (appoggia la scala all’albero, ma dopo pochi scalini, si volta verso i padroni con aria sconvolta) Vi pregosignor Nicostrato, trattenetevi. E voi Madonna Lidia, vi sembrano cose da farsi così, davanti a me.

Nicostrato:                                Pirro, cosa stai dicendo? Hai le allucinazioni da vertigini?

Pirro:                                              (coprendosi  il  volto con  la  mano  o  girandosi     per  non

vedere)     Signor   Nicostrato,   dico   solo   che   non   è   da   voi

abbandonarvi così alle vostre passioni. Poco fa eravate a terra in preda al dolore, e adesso fate le acrobazie fra le gambe di madonna Lidia. Per carità, si tratta di vostra moglie e avete tutto il diritto di prender piacere da lei. Ma con tutte le stanze del vostro palazzo, proprio davanti a me!

Lidia:                                              Pirro,  ti  senti  male?  Quale  passione,  quale piacere?  Stai

dando i numeri, scendi subito da quella scala prima di cadere e farti male (scende).

Nicostrato:                                E adesso vuoi spiegarmi che ti è preso?

Pirro:                                              Signor   Nicostrato.   Giuro  di   avervi   visto,   come     dire,

divertirvi con vostra moglie mentre ero sulla scala. Poi, quando

sono sceso vi siete ricomposti e siete tornati nella posizione in cui

vi vedo ora.

Nicostrato:                                Pirro, cosa dici. Io e mia moglie non ci siamo spostati  di un

passo. Lusca, tu hai visto tutto, puoi testimoniare.

Lusca:                                            Signor Nicostrato, come siete ora e come vi ho  visto mentre

Pirro era sulla scala. Però, ora che ho assistito a questo avvenimento straordinario, mi è tornata alla mente una storia che mi narrava sempre mia madre, che ha servito tanti anni presso di voi e che credo sia stata donna degna di fiducia. Lei mi parlava spesso di questo pero, e pare che fosse qui prima ancora che vi fosse la vostra casa.

Nicostrato:                                Può essere vero, questa casa era dei miei avi e da    loro l’ho

ricevuta, e per quanto mi ricordo l’albero è sempre stato qui, ma questo cosa vuol dire.


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.9 settima giornata                Pagina 12


Lusca:                 Mia  madre  mi  ha  sempre  vietato  di toccarlo,  perchésosteneva che fosse stregato. Diceva infatti che molti anni or sono,

vifu impiccata una donna assai malvagia che lo maledisse prima di rendere l’anima al Diavolo!

Nicostrato:                 Lusca, a me sembra tanto che vogliate coglionarmi, tu e Pirro con le vostre fandonie.

Lidia:

Eppure  ammetterai  caro  marito  che  Pirro  è sempre  stato

servitore onesto e sincero, perché dovrebbe comportarsi in questo

modo?

Nicostrato:

Ti  ci  metti  anche  tu  adesso?  Allora  facciamo

la  prova.

Scostati  Pirro,  voglio  salire  io  sull’albero  e  subire  questa

inverosimile maledizione. (Nicostrato sale sulla scala, non appena

ha montato qualche piolo, Lidia salta addosso a Pirro dandosi da

fare) Cosa diavolo state facendo voi due? Meno male che eri un

servo onesto e fedele Pirro.

Pirro:

Non capisco, signore, noi non stiamo facendo niente!

Nicostrato:

State facendo anche troppo secondo me, e tu

Lidia smettila

subito!

Lidia:

Marito  caro, si  può  sapere  che  ti  prende!

Sono  seduta

sull’erba come mi hai lasciato poco fa. (Nicostrato scende dalla

scala e i due amanti si ricompongono).

Nicostrato:

(saltando addosso a Pirro) Tu, servo vigliacco

e traditore,

prendersi queste libertà con mia moglie sotto i miei occhi!

Pirro:

Signor Nicostrato io non ho sfiorato vostra  moglie neanche

con un dito!

Nicostrato:

Questo è sicuro, cosa ti  importava di un dito

solo, quando

potevi adoperare tutte e due le mani, ma adesso le mani addosso te

le  faccio  sentire   io  (fa  per    picchiarlo,  ma  Lidia  lo  blocca).

Lasciami Lidia, tanto dopo tocca anche a te!


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.9 settima giornata                Pagina 13


Lidia:

Mio caro Nicostrato, stai vaneggiando o mi prendi

in giro!

Usa il cervello qualche volte invece delle mani! Avrei mille modi

di  metterti  le  corna: quando  vai  in  città, quando  sei  a  caccia,

quando  parti  per  gli  affari.  E  con  tutte  queste  occasioni  così

ghiotte, pensi che mi metterei a tradirti qui in giardino, con un

servo, davanti ai tuoi occhi e a quelli della Lusca? E poi non ti

ricordi di quello che è successo a Pirro e che ti ha spinto a salire

sul pero?

Nicostrato:

Forse hai ragione Lidia. Lusca, cosa faceva

mia

moglie

quando ero sull’albero?

Lusca:

Quello  che  faceva  con  voi  quando  è  salito

Pirro.  Stava

seduta al fresco senza muoversi di un passo.

Nicostrato:

Allora  questo  albero  deve  essere  davvero  stregato  come

diceva tua madre, perché io sono più che convinto

di quello che

ho visto. Andiamo in casa Lidia, ti prometto che d’ora in poi

cercherò di passare più tempo con te, e se proprio sarò costretto a

partire ti lascerò in compagnia di Pirro che si è dimostrato leale

con me ogni oltre dire.

Lidia:

Questa promessa mi riempie il cuore di gioia.

Nicostrato:

Tu  intanto  Pirro,  prendi  un’ascia  e  abbatti

questo  pero

maledetto,  che  mi  ha  fatto  vedere  cose  che  sono  certo,  non

accadranno mai!

BUIO

Durata 30 minuti circa.


Alessio Giusti – Teatromerone o Boccaccio fino alla fine del mondo – novella n.9 settima giornata                Pagina 14