Bocciate in amore

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BOCCIATE IN AMORE

Commedia in tre atti e un epilogo

di LADISLAO BUS-FEKETE

Riduzione dall’ungherese di Balla e De Vellis

PERSONAGGI

AGATA SILOSSY

JULI KOZMAN

SUSANNA KELECENY

LIDIA

SANDOR CARLOVIC

RUDI STELLA

ANDREA SELLER

FREDI TELEGDI

BENIAMINO HORVATH

IL PORTINAIO

IL DIRETTORE DI SCENA

TANARKI

LA CUOCA

UN DOMESTICO

IL PORTACESTE

PRIMO FACCHINO

SECONDO FACCHINO

UN TAPPEZZIERE

UN GARZONE

 A Budapest - Epoca presente

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

(Un appartamen­tino di « una came­ra, salotto e acces­sori con lutti i con­forti » al quinto pia­no di un palazzo di recentissima costru­zione. Le quinte so­no sezionate in mo­do da lasciar vedere tutta la casa e il pia­nerottolo delle scale. In primo piano, a si­nistra, la porta d'in­gresso e un'antica­mera larga come il palmo di una ma­no; sempre in primo piano a destra, un salottino largo un metro e mezzo. In secondo piano, per tutta la larghezza del palcoscenico una camera con l’alcova alla parete di fondo. Questa camera in secondo piano ha gli angoli del fondo tagliati: in quello di sinistra si intravede una stanza da bagno in miniatura; in quello di destra è una larga finestra che dà sul Danubio di Pest. Nella camera, nella parete di sinistra, in secondo piano, una piccola nicchia con la così detta cucina-tè, ossia un fornello a gas incassato di fronte, nella parete di destra, un armadio a muro Quando U sipario si alza, l'appartamento è vuoto. Altra verso la quinta sezionata e la porta d'ingresso aperta si vede il pianerottolo. Davanti alla porta, due facchini con larghe cinghie alle spalle, portano al piano di sopra una credenza di foggia antica, con specchio e marmo. E' il primo di maggio. Le sette di sera. Nella nuova casa entrano i nuovi inquilini).

Primo Facchino             - Riposo...

Secondo Facchino        - (mentre riposano e prendono fiato) Quanti piani abbiamo fatto?

Primo Facchino             - Cinque! (Breve pausa). Avanti! Ancora uno! (Sollevano la credenza, scompariscono agli occhi del pubblico. Un urto. Rumore di vetri).

Primo Facchino             - (si sente la voce) Accidenti!

Una voce di donna       - Attenzione allo specchio! Mi raccomando!

Secondo Facchino        - (torna indietro, si sporge in giù e grida) Perché grida? Lo specchio era già rotto in piazza della Libertà, quando abbiamo preso la credenza dall'altra casa. Credeva forse che strada facendo si sal­dasse? (Sparisce. Breve pausa. Si sente il rumore ca­ratteristico del cancello di ferro di un ascensore che si chiude).

Il Portinaio                    - (è un uomo di oltre cinquant’anni, con un abito consunto. Si ferma con due grosse valigie da­vanti alla porta d'ingresso. Lo seguono Juli e Susanna. Il portinaio le lascia passare e tutti e tre entrano nell'appartamentino). Si accomodino... (Depone le due valigie nel salottino. Una e molto elegante, l'altra co­mune e usata).

Juli                                - (è una bèlla ragazza bruna, alta, snella, di ventotto anni. Indossa un abito a giacca molto elegante, di ottimo taglio; calze di seta finissime, borsetta e guanti di moda. Colori molto discreti, poco trucco in viso. Porta un ricco «nécessaire». E1 un'apparizione che sor­prende e quasi si impone per la bellezza e la distinzione) Grazie.

Susanna                         - (una graziosa ragazza dì ventidue anni, di media statura, dal volto di bambola. F vestita in modo più vistoso e tutto ciò che ha indosso è di moda e a buon mercato. Si direbbe un manichino uscito dalla vetrina di un emporio di moda. In una mano stringe una pianta grassa - un ficus - alta un metro e mezzo. Sotto il braccio ha una scatola di cartone. Nell’altra mano ha una busta di carta-seta bianca con dentro un cappello, l'ombrellino, una racchetta da tennis e una immensa bottiglia di « Odol ». Al portinaio che fa ratto di riprendere le valigie) No, no, le lasci pur lì...

Il Portinaio                    - Quando arriverà, press'a poco, il fur­gone dei mobili?

Juli                                - (/imbarazzata) Il furgone dei mobili... a dirla francamente... per ora...

Susanna                         - (finisce la frase con tono di superiorità) ...per ora è in strada ed è probabile che arrivi con un po' di ritardo.

Il Portinaio                    - Certo i facchini si sono fermati all'osteria... fanno sempre così... (Chiude la finestra). Forse la terza signorina accompagna il furgone... perché, non è vero?, sono in tre ad aver affittato l'appartamento?

Juli                                - (alla quale piacerebbe che il portinaio se ne aiutasse) In tre... appunto... (va su e giù per la casa).

Il Portinaio                    - Ecco le chiavi... (Consegnando un mazzo di chiavi, in tono quasi ufficiale) Ecco: questo è il quinto piano, porta numero tre... e questi sono i moduli per la denunzia... (li cava dalla tasca interna della giacca e li consegna).

Juli                                - (prende tutto, poi trae dalla borsetta del denaro e glielo dà) Grazie... (posa chiavi e moduli sulla finestra).

Il Portinaio                    - Bacio le mani! (Intasca il denaro e si avvia) Per qualunque cosa avessero bisogno, si rivol­gano a me, senza complimenti e con fiducia (esce chiu­dendosi la porta alle spalle).

Juli                                - (si guarda intorno sospirando) Susanna! Ogni volta che lo guardo, questo alloggio diventa più piccolo!

Susanna                         - (che è rimasta con tutta la sua roba in mano, la segue) Juli, avresti dovuto dirgli...

Juli                                - (è nel salottino. Si toglie il cappello e lo appende ad una maniglia. Poi va nella stanza da bagno e prova i rubinetti) Che cosa?

Susanna                         - ...che non verrà nessun furgone! I mo­bili arriveranno a piedi... a piedi e a rate!

Juu                                - (terrea nel salottino e ride) A piedi e a rate... (Afferra la sua elegante valigia e la trascina nella cu-mera. Vi si inginocchia davanti e la apre) E posa tutta quella robaccia!

Susanna                         - Qual è la mia parete?

Juli                                - (indicando) L'alcova è mia. Qui metterò il divano letto... la parete di destra è tua... quella di sini­stra di Agata... (Susanna posa la pianta a destra). Bello quel ficus!

Susanna                         - Era piccolo piccolo quando lo ebbi... me lo dette un giovane di farmacia tre anni fa... (Breve pausa) E adesso, che facciamo?

Juli                                - Vuotiamo le valigie.

Susanna                         - (trascina dentro la sua vecchia valigia di libra e vi si inginocchia davanti) E' stato sempre il mio sogno avere una casa mia, e ora che l'ho non so dove mettere la roba! Senti, Juli, finché potrò com­prarmi un mobile, mi dai una scansia nell'armadio a muro? (Cava dalla valigia un abito da sera e lo appende alla finestra).

Juli                                - (vuotando la valigia, fredda) Un'altra volta metterò tutto per iscritto con te! L'alloggio costa no­vanta pengo al mese: io ne pago la metà, tu ed Agata insieme l'altra metà! In cambio abbiamo stabilito che il contratto d'affitto è intestato a me, che l'alcova è mia, mio l'armadio a muro, e che io ho la precedenza nella stanza da bagno. (Frattanto cava fuori dalla valigia un piccolo tappeto persiano che stende a terra nell’alcova e un cuscino da divano che mette sul tappeto, poi cava fuori un immenso cane di stoffa e uno specchio da tavolo col suo sostegno. Anche Susanna vuota la valigia: ne tira fuori un pezzo di pelle di camoscio, una sveglia, una bottiglia di acqua di Colonia, un grammofono che ha sfidato tutte le tempeste, e posa tutto questo in terra accanto al ficus. Juli quasi fra se) L'anno scorso abi­tavo in una camera ammobiliata in via Isabella... Nella stanza attigua morì una donna. Soltanto una porta ci divideva. Viva non l'ho vista mai. L'ho sentita soltanto morire...

Susanna                         - Da noi, in via Tatra, è nata una bimba. Quella nascita ha impressionato tutti...

Juli                                - (ad un tratto rivede con la mente tutta la sua vita passata e ormai superata) Lasciavo lo spazzolino dei denti sul lavabo, la mattina... la sera, rientrando, era la prima cosa che vedevo... (Si suona alla porta d'in­gresso). Hanno suonato.

Susanna                         - (si alza subito: con gioia) Suona il «no­stro» campanello! (Si suona di nuovo) Senti, Juli? E' il « nostro » campanello!

Juu                                - Abbi la bontà di andare ad aprire la «no­stra » porta del « nostro » appartamento.

Susanna                         - (corre ad aprire) Desidera? (Dalla porta aperta si vedono il tappezziere e il garzone che hanno portato un divano-letto stile Récamier).

Il Tappezziere               - Dobbiamo consegnare questo Ré­camier alla signorina Juli Kozman.

Susanna                         - (gridando) Juli! C'è il tuo Récamier! (Apre interamente la porta e aiuta a portar dentro il divano). E' meraviglioso!

Juli                                - (fa posto nell'alcova) Mettetelo qui, per fa­vore. Avete portato la fattura?

Il Tappezziere               - Eccola, signorina (gliela consegna).

Juli                                - (la guarda e poi paga con un biglietto da cin­quanta pengo) Prendete, (gli dà degli spiccioli) ...e questi sono per voi.

Il Tappezziere               - Grazie, signorina. Bacio le mani. (Mette in tasca il denaro ed esce col garzone).

Susanna                         - (siede, si stende, si rialza, saltella sul di­vano) Magnifico! L'hai avuto per soli cinquanta pengo?

Juli                                - Che sciocca! E’ un acconto. Il resto in dieci rate mensili. (Dalla valigia cava un cuscino, una co­perta di seta, della biancheria da letto molto fine e pre­para il letto).

Susanna                         - (con. ammirazione) Oh, che roba straor­dinaria hai tu! E tutto ciò con quei centoventi pengo che ti danno alla sartoria? Li fai fruttare bene, cara Juli!

Juli                                - (mettendo la federa al guanciale) L'ho avuta da Carlovic!

Susanna                         - Anche questa? Sono veramente curiosa di conoscerlo! (Breve pausa). Io ho preso a nolo dal portaceste, per cinque pengo mensili, una poltrona. Di giorno è poltrona, e di notte si può trasformare in letto. Non capisco perché non ime l'abbia ancora portata. Anch'io mi farò fare la biancheria da letto: in crespo di Cina nero. E' molto eccentrico, no?

Juli                                - Ma sì... (ride) ...e poi si risparmia la lavan­daia! (Ha già preparato il letto). Dove sono i moduli per la denunzia?

Susanna                         - Sulla finestra. (Juli prende una penna stilografica, sì appoggia coi gomiti sul davanzale e scrive. Susanna, seduta sulla sua valigia, appoggia un libro sulle ginocchia e scrive con un lapis copiativo) Che metti tu, come professione?

Juli                                - Sarta!

Susanna                         - Perché non « mannequin »?

Juli                                - Eh... quando vivevo in camere mobiliate... Ma giù al portone ho visto che qui abitano tutti pro­fessionisti seri: agenti di borsa, sensali, fantini... un pe­dicure... Ho pensato che...

Susanna                         - Allora neanche io scriverò « girl », Met­terò «attrice». (Scrive) «Attrice del Teatro della Ri­vista ». (Sospira) Naturalmente non scriverò che quest'attrice non apre mai la bocca se non vi sono almeno altre undici compagne che gridano sul palcoscenico... (Si suona). Sarà la poltrona... il mio letto! (Balza in piedi e corre ad aprire) Venga, venga, Giuseppe! La porti dentro.

Il Portaceste                  - (è un uomo alto due metri, che porta quasi sotto il braccio la piccola poltrona) Buona sera, signorina...

Juli                                - Ma non è troppo piccola?

Susanna                         - (mette a posto la poltrona alla parete di destra) Veramente è un pochino corta... ma è così ben molleggiata!... Quanto vi devo, Giuseppe?

Il Portaceste                  - (schermendosi) Niente, signorina... L'ho portata gratis... in omaggio... (corre via senza sa­lutare).

Susanna                         - (ride) Quello scemo è innamorato di me! (Siede sulla poltrona). Ci vorrà una fodera... Ne com­prerò una a disegni futuristi! E anche un armadio com­posto, ultimo modello. Ne ho visto oggi uno magnifico in via del Mercato: un vero mobile d'arte (sospira) ...60 pengo! (Juli intanto si è tolto il vestito rimanendo in combinazione. Ha preso dalla valigia un ferro elet­trico da stiro che attacca alla spina e una coperta che stende sul davanzale. Indossa un chimono) Che fai?

Juli                                - Stiro il vestito.

Susanna                         - Lo stiri sempre quando te lo togli?

Juli                                - Sempre. (Va con un asciugamano nel bagno e lo inumidisce).

Susanna                         - Sei una ragazza molto ordinata. E che bel corpo hai!

Juli                                - (torna con l'asciugamano) Vivo di questo! Quando non si riesce a vendere un vecchio modello, la direttrice della sartoria ordina: «Fatelo indossare a Juli » e appena io l'ho indosso, cara figliuola mia, il modello si vende. (Stira. Si suona).

Susanna                         - Ma il « nostro » campanello comincia a suonare un po' troppo spesso! Ci vorrebbe una «no­stra » cameriera! (va ad aprire).

Agata                            - (è una strana piccola creatura sui vent'anni, di media statura. Non sarebbe brutta, ma è vestita senza nessuna grazia, con un abito logoro, le scarpe defor­mate e un berrettino svizzero goffamente calzato sul ca­po. Ha in una mano una valigetta da piazzista e nell'altra una grossa cesta di vimini, non certamente nuova, simile a quella in cui le servette ripongono la loro roba. Entra singhiozzando).

Susanna                         - Agata! Per amor di Dio, che avete?

Agata                            - (piangendo) Mi hanno rubato una cravatta!

Susanna                         - Quando?

Agata                            - Poco fa, nel viale Regina. Sono entrata in una cartoleria... (apre la valigetta che è piena di cra­vatte da uomo) ...ho aperto la valigetta, così... C'erano due commessi... Pensavo: qui potrò vendere qualche cra­vatta. Hanno scelto a lungo, ma non hanno comprato nulla... E quando sulla strada le ho contate, mi sono accorta che ne mancava una. Sono tornata... Volevano chiamare un agente! Uno dei commessi mi ha scara­ventata contro il bancone e poi mi hanno cacciata fuori!

Jun                                - (mentre stira) E se non fosse sparita lì?

Agata                            - Ne sono certa! In tutti i posti dove sono andata non mi hanno nemmeno lasciato aprire la va­ligetta!

Susanna                         - (prendendo una cravatta) E quanto costa una cravatta simile?

Agata                            - Il prezzo di vendita è due pengo; ma io dalla fabbrica le ho per uno e cinquanta (si asciuga le lacrime col berretto).

Susanna                         - Beh, ora non piangete più: domani ver­rete a teatro con me e vi aiuterò a vendere le cravatte. Vi accompagnerò da Seller.

Agata                            - (sospira fantasticando) Seller... il giovane « amoroso »...

Susanna                         - Vedrete che riguadagneremo i due pengo! Ma smettete di piangere!

Agata                            - Faccio notare che non piango soltanto per le cravatte...

Juli                                - (la prende a braccetto e la conduce verso la pa­rete di sinistra) Piangete qui, figliuola mia; questa è la vostra parete!

Susanna                         - (con interesse) E che altro vi è accaduto?

Agata                            - (disperata) Stamane sono stata in via Prater... ma hanno scoperto tutto e anche lì sono stata messa alla porta!

Susanna                         - (ridendo forte) Figurati, Juli, che da quindici giorni dava lezioni di inglese, mentre l'inglese non lo conosce affatto.

Juli                                - (ride) Davvero?

Agata                            - (reprimendo dei piccoli singhiozzi) La mia coscienza è pulita! Studiavo sempre prima la lezione e finora tutto era andato bene. Ma oggi c'era un parente che sa l'inglese ed ha voluto assistere alla lezione. Prima si è congratulato per i progressi fatti in quindici giorni dal ragazzo, ma dopo quando ha voluto far conversa­zione con me, allora è scoppiata la bomba!

Juli                                - Insomma, voi fondavate il vostro avvenire su queste lezioni d'inglese?... E avete avuto il coraggio di entrare nel nostro consorzio per avere una casa vo­stra?

Agata                            - Non era soltanto sulle lezioni che contavo. Sono anche andata a passeggiare...

Juli                                - A passeggiare?!

Agata                            - Coi bambini! Perché oggi in molte famiglie non si possono più tenere le governanti; ma i bambini si debbono portare egualmente all'aria aperta. Allora ci sono delle signorine che li accompagnano, e per que­sto si guadagnano due pengo la settimana. Io avevo una famiglia con quattro bambini. Ora il più piccolo ha il morbillo. Anche là mi hanno messa alla porta! Mi hanno detto che... l'ha preso da me!

Juli                                - (le volge le spalle) Sulla finestra c'è il vostro modulo per la denunzia. Riempitelo.

Agata                            - (è scossa ancora da qualche singhiozzo. Co­mincia a scrivere, poi ad un tratto si ferma) Che devo dichiarare come professione? Piazzista?

Juli                                - Vi pare? In una casa signorile come questa?

Agata                            - (quasi tra sé) Veramente faccio anche dei ricami per la ditta Kelemen... e qualche volta mi chia­mano come aiuto nella copisteria Stiassy...

Juli                                - Allora fatevi dare un altro foglio, perché tutte queste professioni non entrano in un modulo solo!

Susanna                         - Dichiarate: Signorina laureata e disoccu­pata. (Sbadiglia).

Agata                            - (scrivendo) Ho già scritto studentessa, perché, se riesco a risparmiare un po' di denaro, l'anno pros­simo vorrei iscrivermi al corso di ragioneria.

Susanna                         - E io, se riesco a risparmiare un po' di denaro, mi compro uno Zeppelin! (Sbadiglia). Io mi co­rico. E voi, dove dormirete?

Agata                            - (con orgoglio) Ho portato un Ietto.

Juli                                - (stupita) E dov'è?

Agata                            - Nella cesta(l'apre). Oggi sono stata da mia zia! E' una baronessa! E' stata molto gentile con me! Un'ottomana non poteva darmela, ma senza nemmeno farsi pregare mi ha offerto questa (dalla cesta cava fuori un'amaca e la mostra. Breve pausa. La spiega).

Juli                                - (sbigottita) E dove la volete sospendere?... Giù in cortile?

Agata                            - (interdetta) Qui... nella camera... Ho pensato che fino a quando...

Susanna                         - (prendendo le sue parti) Va bene, va bene. Metteremo due chiodi e...

Juli                                - (con uno scatto) Nella mia parete no!

Susanna                         - Uno lo metteremo nella mia! I chiodi li avete portati?

Agata                            - (colpita) L'ho dimenticato!

Susanna                         - Correte giù. Comprate due ganci molto grossi e fatevi prestare un martello.

Agata                            - Corro! (si avvia).

Susanna                         - Aspettate un momento! (Le consegna una chiave) Questa è la chiave dell'ingresso. Denaro ne avete?

Agata                            - Certo! (Cava dalla borsetta e li mette sulla tavola due biglietti da dieci pengii e degli spiccioli) Ecco... ventidue e cinquanta... la mia quota della pi­gione... (conta il denaro che rimane ancora nella bor­setta) ... e mi rimangono ancora quattro pengo e ottanta per il vitto.

Juli                                - Per un mese?!

 Agata                           - Che vi viene in mente! Per quindici giorni!

Susanna                         - Dunque sbrigatevi!

Agata                            - Corro! (esce in fretta tirandosi la porta die­tro le spalle).

Juli                                - Non riesco a spiegarmi questa mania di volere una casa propria, quando mancano i mezzi.

Susanna                         - Non la tormentare, poveretta!

Juli                                - Sei stata tu a scovarla come compagna nostra!

Susanna                         - E' vero; ma è una ragazza di famiglia molto distinta, ed è anche nobile. Soltanto i suoi geni­tori sono morti e quelle canaglie dei suoi parenti non si occupano di lei. E poi, dove ci sei tu a dirigere, non potevo portare una persona qualsiasi... occorreva, come terza, una creatura duttile, senza volontà, rassegnata a tutto... (Si suona).

Jun                                - Hanno suonato.

Susanna                         - Ora vai tu. Io ho già aperto tre volte.

Juli                                - Ah, vogliamo tener conto di tutto? Allora ti avverto che, se userai il mio sapone o la mia cipria, mi richiamerò sempre alla porta (va ad aprire).

Susanna                         - Vedi? Se ci fosse Agata, aprirebbe lei. (Prende la bottiglia dell'« Odol » e i suoi oggetti di toletta, va nel bagno, si lava le mani, prepara l'acqua per i denti e si risciacqua la bocca).

Juli                                - (apre' la porta. Entra Carlovic. Con un piccolo grido) Sandor!

Carlovic                        - (è un uomo sui trentacinque anni, alto, con larghe spalle, il volto abbronzato. Dai suoi modi un, po' rudi si comprende che non ha avuto una vita facile. Veste bene, ma la sua personalità è cosi interessante che quasi non ci si accorge del suo abito. Ha in mano un pacchetto. Dal suo modo di parlare con Juli si deve comprendere che la loro amicizia è recente) Spero che non te ne avrai a male, cara, se sono venuto a farti una visitina.

Juli                                - (ha chiuso la porta d'ingresso e stanno così vi­cini nella piccola anticamera che i loro corpi quasi si toccano) No... Non ti' lascio entrare. E' ancora tutto in disordine, dentro... (inghiottisce) ... i mobili sono uno sull'altro... (Un po' imbarazzata) L'appartamento è cari­no, ma l'anticamera è un po' piccola, non è vero?

Carlovic                        - (l'attira a sé e la bacia) Mi piacciono molto le anticamere così piccole...

Juli                                - (indietreggia nel salottino. La porta che dà nella camera è chiusa) E questo è il salottino...

Carlovic                        - (la segue e sorride) Un po' troppo grande per me...

Juli                                - Ma in camera non si entra finché tutto non sarà a posto... Allora, Sandor, sii buono... Vattene, perché ho molto da fare...

Carlovic                        - Guarda: ti ho portato qualche cosa... (le porge il pacchetto) ...per il tuo tavolino da toletta.

Juli                                - Davvero? (Prende, siede a terra e apre: ne cava fuori un servizio da toletta in cristallo dì diversi pezzi che poggia in terra) Magnifico! Ti ringrazio mol­to, Sandor... (Si alza e lo abbraccia. Si suona) Scusami... (Va ad aprire. Sulla soglia apparisce predi Telegdi. Sor­presa) Fredi! Come capitate qui, voi?

Fredi                             - (è un giovane biondo, alto, snello, assai più mite di Carlovic. Ha oltrepassato la trentina, ma in lui è un misto tra il ragazzo e l’uomo. Molto elegante, molto aristocratico, un po' annoiato, un po' stanco) M'ero stancato di aspettare Sandor in macchina dinanzi al portone. E così sono salito anch'io per vedere questo fa­moso appartamento nuovo.

Susanna                         - (che frattanto ha finito di lavarsi, al suono del campanello è entrata nel salottino) Oh, pardon...

Juli                                - Che volevi?

Susanna                         - (impacciata) Ho sentito suonare... Cre­devo che ora toccasse a me e andavo ad aprire la porta».

Carlovic                        - (presentandosi) Carlovic.

Susanna                         - (gli porge la mano) Felicissima! Sono Susanna Keleceny!

Fbedi                             - (con un cenno della testa) Fredi Telegdi.

Susanna                         - Felicissima! (Gli porge la mano) Sono Susanna Keleceny!

(Fredi la guarda a lungo e per un po' non abbandona la sua mano).

Juu                                - Quante volte dovrò ancora spiegarti che una donna non dice mai il suo nome? (Verso gli uomini, sorridendo, con un gesto) E' ancora una principiante...

Susanna                         - Una giovane attrice lo deve fare! Il mio nome non io dice ne il manifesto, ne il giornale, né la radio... qualcuno, finalmente, deve pur dirlo! (Sorride) Sono Susanna Keleceny! (Fa un inchino) Sono Susanna Keleceny! La vostra buona grazia, signori miei: sono Susanna Keleceny! (si ritira nella camera, chiude la porta e vi si ferma dietro rimanendo così un momento immobile).

Fredi                             - (con calore) Chi è quella bella ragazza?

Juli                                - La mia amica... abita qui con me.

Carlovic                        - Vestiti, Juli, e vieni a cenare con noi. Siamo così soli...

Juli                                - Stasera non è possibile. E' ancora tutto sos-sopra. Domani, Sandor.

Carlovic                        - Va bene. Alle dieci suonerò la tromba giù al portone.

Fredi                             - Sentite, Juli, domani non potreste invitare anche la vostra amica?

Juu                                - Per voi?

Fredi                             - Per me.

Juli                                - Non c'è nessuna difficoltà. Andremo a pren­derla a teatro.

Carlovic                        - Allora addio, cara.

(Susanna si allontana dalla porta. Torna in fretta alla sua valigia e comincia a vuotarla).

Juli                                - (facendo una carezza a Carlovic) Grazie an­cora del bel regalo, Sandor. Ciao, caro Fredi (stringe la mano agli uomini. Quando sono andati via raccatta il servizio da toletta e lo porta nella camera) Guarda, guarda I

Susanna                         - Il bruno era Carlovic?

Juli                                - Sì (posa sul letto gli oggetti da toletta).

Susanna                         - Che bellezza! Ti ha portato un altro re­galo...

Juli                                - (con un sorrisetto ironico) Un servizio per un tavolino da toletta che non esiste.

Susanna                         - E' piacevole avere un amico stabile come lui!

Juli                                - Stabile? Lo conosco da una settimana appena. E può darsi che tra una settimana se ne torni in America. Riceverà un cablogramma da Nuova York e le sue va­canze saranno finite. E' ingegnere. Ha un posto ma­gnifico.

Susanna                         - (piano) E... e l'altro, chi era?

Juli                                - Ti piace il conte?

Susanna                         - Chi?

Juli                                - Fredi Telegdi. Non lo sapevi che è conte? (Susanna interdetta scrolla il capo; per qualche attimo rimane muta) Susanna, vuoi cenare con noi domani?

Susanna                         - (con gioia esplosiva) Arcivolentieri! Che dovrò mettermi? Verrà anche il conte?

Juli                                - Sì. Andremo in una piccola trattoria. Fredi deve essere molto prudente... è fidanzato.

Susanna                         - (come se avesse una trafittura al cuore) Fidanzato? E quando sposerà?

Juli                                - Come posso saperlo? Forse in autunno.

Susanna                         - E anche la sua fidanzata è contessa?

Juu                                - E' baronessa. La baronessa Géraldine Christelìy.

Susanna                         - Ah, solo baronessa? Allora... Se fosse una principessa mi dispiacerebbe! (Con una smorfia di di­sprezzo) Géraldine! Che nome idiota! E in famiglia come la chiamano?

Juu                                - Anche sua madre la chiama Géraldine.

Susanna                         - Come fai a saperlo?

Juli                                - Si vestono da noi.

Susanna                         - E' bella?

Juu                                - Sì. Una ragazza alta... un'amazzone magnifica!

Susanna                         - Amazzone... (Sospira) Come devono star bene insieme a cavallo! Io sono andata una volta sola a cavallo... allo Zoo... su un asino.

Juli                                - Non sospirare! Chi sospira è noioso... e le donne noiose non piacciono agli uomini. Quando vo­gliono annoiarsi rimangono a casa con le loro mogli. Cara mia, vi sono tre cose che noi non dobbiamo far mai: essere gelose, sospirare e invecchiare. Tienilo a mente se vuoi riuscire nella vita.

Susanna                         - Come sei sempre ragionevole tu! (Le si avvicina con molta intimità) Dimmi, tu non lo ami?

Juli                                - Chi?

Susanna                         - Carlovic.

Juli                                - (con uno scatto) Mi credi pazza? Lo dovrei anche amare? L'amore è per le fidanzate. Noialtre, il cuore dobbiamo isolarlo... come si fa con la radio: si stacca il contatto, altrimenti, se cade un fulmine, tutto l'apparecchio       - pff! si brucia. (Siede sulla sponda del letto e comincia a svestirsi. Prende le pantofole e il pigiama).

Susanna                         - Allora anch'io mi preparo il letto. (Dalla valigia prende una coperta logora, biancheria da letto comune e mette la federa al guanciale. Agata apre con la chiave la porta d'ingresso e sta per richiuderla, quan­do una mano di uomo, da fuori, la spinge).

Rudi                              - (è un piccolo uomo pallido, con un principio di calvizie. Ha trentacinque anni. E' uno di quegli esseri insignificanti che non sono mai stati giovani. Ha una spalla appena più, alta dell'altra, come qualche volta ac­cade a chi studia molto. Cammina con passi frettolosi. Ha due grandi orecchie a ventaglio che costituiscono il suo segno più caratteristico. Indossa un vestito molto usato ma pulito. E' un modesto medico all'inizio della professione. Spinge la porta e non la lascia chiudere) Scusi... se non sbaglio...

Agata                            - Desidera, per favore?

Rudi                              - Sono il dottor Rodolfo Stella. L'ho seguita a piedi per cinque piani. Ma perché non ha preso l'ascen­sore? Per gli inquilini è gratis...

Agata                            - (ostile) Che desidera?

Rudi                              - (sorride) Dunque, non vuol proprio ricono­scermi?

Agata                            - No.

Rudi                              - (c. s.) Sono Rudi, Agatina... lo studente in me­dicina dell'Ospedale di San Giovanni... che una volta aveva le orecchie a ventaglio... Sua madre era ricoverata lì, al secondo piano, numero undici... e la mia stava nel letto accanto, con l'appendicite.

Agata                            - (lo guarda) Rudi?...

Rudi                              - (agitando le mani vicino alle orecchie) « Rudi il pipistrello »... come mi chiamava sua madre scherzan­do... (Si toglie il cappello) Guardi... così forse mi rico­nosce meglio dalle orecchie... Anch'io abito in questa casa. Non ha visto la targa al portone? Dottor Rodolfo Stella, specialista per le malattie dell'orecchio. (Riflette un po') La natura qualche volta si diverte a farci por­tare addirittura sulla testa l'insegna della nostra profes­sione (nervosamente si accarezza le orecchie).

Agata                            - Sì, sì... è vero... Ora mi ricordo... Lei veniva sempre a trovare sua madre...

Rudi                              - E anche lei. Però, allora, aveva ancora le trecce sulle spalle e portava un nastrino azzurro nei ca­pelli. Agatina... così la chiamava la sua mamma... Non è vero?

Agata                            - Mio Dio... tra poco saranno dieci anni! Ma come ha fatto a riconoscermi, dottore?

Rudi                              - (sorride) Oh, fin dalla strada... dalle spalle... mi son trovato dietro di lei e mi sono detto: « Tu, Rudi, la conosci quest'andatura... dove l'hai visto quel modo di camminare? ». Non se n'abbia a male... ma io, da allora in poi, non ho mai più veduto nella mia vita una ragaz­za, così simpatica e così cara, camminare così a sghim­bescio... (Molto confuso) Chiedo perdono... (Breve pau­sa). E la sua mamma?

Agata                            - E' morta quattro anni fa.

Rudi                              - Oh, le mie più sincere condoglianze.

Agata                            - E la sua, dottore?

Rudi                              - Grazie. Ora sta bene. L'ho curata io. Abita con lo zio... suo fratello... (L'argomento comune è esau­rito. Breve pausa d'imbarazzo. Dà un'occhiata dentro) Anch'io ho lo stesso appartamentino, al secondo piano, però. Come si sviluppa questo quartiere! Si direbbe che le case nascono addirittura dalla terra...

Agata                            - Allora addio, caro dottore.

Rudi                              - Mi chiami semplicemente Rudi.

Agata                            - Mi scusi... ho molto da fare... (gira tra le mani i ganci e il martello) Devo mettere su ancora il mio letto e...

Rudi                              - (ride) Non se n'abbia a male, ma io sono così stupido! Ora ho capito che... (ride) ...che vuole mettere su il suo letto. (Si inchina) Spero di avere di nuovo la fortuna...

Agata                            - . Certo... abitiamo nella stessa casa... (gli por­ge la mano).

Rudi                              - Buona sera, Agatina (le stringe la mano). E se avesse bisogno di qualsiasi cosa... orecchi, naso, go­la... o anche un po' più in giù... io sarò sempre felicis­simo d'essere a sua disposizione (china la testa ed esce in fretta).

Agata                            - (chiude la porta ed entra in camera) Ecco i ganci e il martello. (Juli intanto si è svestita. Ha messo in ordine i suoi abiti nell'armadio a muro e ha indossato il pigiama. Ha tolto dalla valigia un libro e una lampa­dina elettrica. Ha messo la valigia, ritta, accanto al letto, come se fosse un comodino, posandovi sopra la lampa­dina che accende ad una spina dell'alcova; si è coricata e ora legge. Intanto Agata fissa un gancio alla parete di sinistra). Qui starà bene...

Susanna                         - (prende la misura sulla parete di destra) L'altro va messo qui.

Juli                                - Rovinerete le pareti!

Susanna                         - Metterò sul buco un quadretto di santo. (Verso Juli, tagliente) Dove c'è fede, c'è amore! (Ad Agata) Datemi il martello (Prende il martello e inchioda con energia). Ecco! Così! (Si suona).

Juli                                - Susanna, hanno suonato!

Susanna                         - Agata, hanno suonato! (continua a battere. Agata premurosa corre ad aprire la porta. Comparisce il portinaio).

Il Portinaio                    - (sulla soglia) Scusino... ma qui è proi­bito attaccare quadri...

Agata                            - (imbarazzata) Non sono quadri... è un letto.

Il Portinaio                    - (fa il gesto di chi non capisce) Un letto?... Beh, anche se è un letto non si può. Nelle case moderne bisogna astenersi rigorosamente dall'infiggere chiodi nelle pareti. In quella casa nuova qui dirimpetto un inquilino ha piantato un chiodo in una paréte e il suo vicino ha approfittato dell'altra metà per impiccarsi. (Via. Agata chiude la porta e torna in camera).

Susanna                         - (intanto ha sospeso ai due ganci l'amaca che rimane distesa attraverso tutta la camera) Pronti! Si può andare a letto! (Apre la poltrona, mette le lenzuo­la, il guanciale, liscia la coperta per distenderla, siede, comincia a svestirsi, prende la camicia da notte e con­tinua a parlare) Si dice che, quando si dorme per la prima volta in una casa nuova, bisogna contare gli spi­goli delle pareti, e allora quello che si sogna si realiz­zerà. (Agata prende dalla cesta una coperta da cavalli e la stende sull'amaca, poi vi mette un piccolo guanciale, un lenzuolo e una coperta di grosso cotone bianco, si sveste fino alla combinazione, entra cautamente nell'ama­ca e si copre).

Juli                                - (contando gli spigoli) Uno... due... tre... allora io sognerò un amico ricco, il quale mi regalerà un pa­lazzo di cinque piani da affittare... pellicce... gioielli... (ride) ...e anche un po' di contanti...

Susanna                         - (si raggomitola anche lei sotto la coperta) Un uomo che dà del denaro è sempre un tiranno! Un uomo simile non me lo sogno!

Agata                            - Voi certo vorreste sognare di diventare prima attrice e...

Susanna                         - Un corno! Io non ho ambizioni! Sono entrata nel teatro soltanto perché facevo la modista da Margherita Roth e un giorno portai un cappello alla prima donna proprio mentre si faceva il reclutamento delle « girl» ». II regista, per sbaglio, mi tirò dentro dal corridoio... e cosi divenni attrice. (Almanaccando) Io vorrei avere una piccola modisteria, bella, ordinata... diciamo in via Parigi... con la quale poter vivere indi­pendente... e poi, la domenica, passerei la festa con chi mi piace.

Juli                                - Tu saresti anche capace di pagare per lui il biglietto della gita sul Danubio.

Susanna                         - (ad Agata) E voi, cosa vorreste?

Agata                            - Io? Nulla.

Susanna                         - Tutti debbono sognare qualche cosa... Avanti! Presto! Esprimete un desiderio... tanto non costa nulla!

Agata                            - Allora, diciamo... un uomo per bene che mi sposi... un piccolo avvocato, o un medico, o uno qua­lunque... un impiegato dello Stato... una casa... una dispensa... dei bambini... (nervosa si agita nell'amaca) ...e intanto sognerò continuamente che il primo del mese non potrò pagarvi la mia quota dell'affitto... (si rigira ancora più agitata) ...e potete essere sicure che questo si realizzerà! (D'improvviso il gancio di sinistra si stacca e Agata con l'amaca cade a terra).

Juli                                - La vostra cara zia, insieme col letto, poteva darvi anche un paracadute! (Agata resta seduta a terra e le sgorgano le lacrime).

Susanna                         - (si alza) Non piangete! Come l'avete messo quel gancio?... Il mio non s'è staccato! (Prende da terra gancio e martello) Lo pianterò io!

Juli                                - E il portinaio verrà su un'altra volta...

Susanna                         - Ho un'idea! Cantiamo qualche cosa in mo­do che non senta. (Ad Agata) Invece di piangere, can­tate anche voi. Che sapete?

Agata                            - (sempre in terra) Non so nulla, io.

Susanna                         - Una canzonetta in voga la saprete... O una canzone popolare... Questa, per esempio (canta).

Agata                            - Non la conosco.

Susanna                         - (stizzita) E allora che sapete? Sola non sono capace... sono abituata a cantare ih coro.

Agata                            - Al massimo qualche cosa che abbiamo impa­rato a scuola... Per esempio: «Il ritorno del soldato» oppure: «Primavera, primavera».

Susanna                         - (prende il martello) Allora, avanti! «Primavera, primavera » la conosco anch'io. (Comincia a cantare a squarciagola una marcia scolastica; Agata pia­gnucolando l’accompagna. Juli siede sul letto sorridente e si unisce anche lei al canto. Susanna batte col martello sul gancio e mentre tutte e tre cantano, cala il sipario).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

QUADRO SECONDO

(Il giorno seguente, alle dieci di sera, nel camerino di Andrea Seller, il popolare e festeggiato «amoroso », al Teatro della Rivista a Budapest. Sulla parete di destra un grande specchio fortemente illuminato. Davanti allo spec­chio un piccolo tavolo con oggetti di toletta e l’occorrente per il trucco. Dinanzi al tavolo una poltrona. Tutta, In parete di sinistra è occupata da attaccapanni con abiti e costumi di fantasia. Sopra, una finestra. Nella parete di fondo un divano con un tavolino sul quale sonò una bottiglia di cognac e alcuni bicchieri; alle pareti fotografie e i soliti ninnoli dei camerini degli attori. Quan­do il sipario si alza, Seller è solo in scena. E’ il tipo del classico «amoroso », sulla trentina, snello, con una bella figura e una testa interessante. E' già truccato per la scena. Siede dinanzi allo specchio, ha gli scarpini di copale e i calzoni da marsina, ma indossa ancora una camicia molle e colorata. Mentre corregge la linea delle sopracciglia, urla verso il fondo)

Seller                             - Tanarki! Sei sordo? Tanarki!

Il Direttore m scena      - (è un vecchio ex attore col volto rasato. Indossa un lungo camice grigio. Si affaccia alla porta) Signor Seller, si comincia il secondo atto...

Seller                             - Dov'è quell'animale? (Urla) Tanarki!

Il Direttore di scena      - Vado a vedere, signor

Seller                             - (si ritira; poi si sente gridare fuori) Tanarki!

Seller                             - (si toglie la camicia, fa andare il ventilatore e grida di nuovo) Tanarki! (Nessuno risponde. Prende da un involto su una sedia una camicia da marsina nuova fiammante e comincia a infilarla. Con la testa nella ca­micia grida ancora) Tanarki!

Agata                            - (si affaccia in questo momento alla porta. Ha in mano la sua valigetta. Entra cautamente. E' un po' più carina del primo quadro, perché i capelli sono pet­tinati con maggior cura, il berrettino è abbassato capric­ciosamente sull'occhio destro e ha indosso un vestito di seta artificiale abbastanza grazioso. Le sue scarpe però sono ancora le solite barchette deformate del primo quadro).

Seller                             - (con la testa tuttora nella camicia, non la vede. Ha sentito soltanto che la porta si è aperta) Final­mente mostri il tuo brutto muso! Avanti! Aiutami! (Il collo della camicia è ancora abbottonato come è venuto fuori dal negozio e così la testa di Seller non può uscire) Toglimi dal collo questo schifoso bottone, altrimenti sof­foco! (Agata incerta gli si avvicina e toglie il bottone dal collo della camicia) Finalmente!... (Mette fuori la testa, rimane sbigottito e urla) Chi siete? Come osate entrare qui? Chi vi ha lasciata passare? Tanarki!

Agata                            - (spaventata) Oh, scusi... (si volge e fa l'atto di ritirarsi. Campanello di scena tra le quinte).

Seller                             - (gridando) Non vi muovete! Mettetemi i bottoni allo sparato! Venite qui... (Agata fa un passo) Avanti! Mettete subito questi bottoni... qui... (Agata tremante eseguisce) Svelta! Non siete buona a nulla! Per colpa vostra sarò in ritardo.... (Si abbottona il colletto, sbuffa, poi cerca un pretesto: per farla voltare dall'altra parte) E ora... apri quella finestra, figliuola mia, se no' mi viene un accidente. (Agata, senza dire una parola, esegue, e mentre gli volge le spalle, Seller in fretta infila la camicia nei pantaloni) Tanarki! (Nessuno ri­sponde). Dove sono i miei guanti? (Prende un guanto dal tavolino, lo osserva e lo getta ad Agata) Cucimi que­sto, figliola mia... E' scucito' sul palmo. In quella scatola c'è ago e filo.

Agata                            - (prende il guanto) Quando avrà finito, potrò mostrarle...?

Seller                             - (fa guarda) Che cosa?

Agata                            - (aprendo la valigetta) Vorrei venderle delle cravatte, signor Seller. Ne vuole comprare?

Seller                             - Ah, sei una piazzista? (Riprende il guanto). Credevo che fossi venuta per un autografo... Allora ri­prenditi le tue cravatte, figlia mia... Io non posso com­prare roba simile.

Agata                            - Susanna Keleceny non le ha detto che sta­sera sarei venuta?

Seller                             - Non m'ha detto una parola.

Agata                            - Certo l'ha dimenticato. (Sospira. Gli si avvi­cina con la valigetta) Abbia almeno la bontà di dare un'occhiata...

Seller                             - (guarda con la coda dell'occhio) Non ho tempo, ragazza mia.... Beh! Va al diavolo! Addio! (si incipria).

Agata                            - (cava fuori una cravatta) Pura seta garantita! (Stringe la cravatta nel pugno) Guardi... si può stringere come si vuole... non lascia pieghe. Ora faccio il nodo... ecco... (eseguisce). Ora lo disfo... (eseguisce) ...ecco: non si vede una piega, non è gualcita, è sempre nuova...

Seller                             - (guarda con interesse la cravatta, poi si pente e grida) Va all'inferno, figlia mia, altrimenti ti faccio volare dalla finestra.

Agata                            - (si accorge dell'interessamento: di Seller e non si lascia intimidire) E ve ne sono di diverse qualità... Questa marrone, per esempio, di lana purissima... la moda di domani...

Seller                             - Ascoltami bene: conto fino a tre, e se frat­tanto non te ne vai...

Agata                            - (prende un'altra cravatta) Per un abito grigio le raccomanderei specialmente questa...

Seller                             - (indossa il panciotto) Uno...

Agata                            - (non cede) ... coi vestiti scuri, invece, è di gran moda l'amaranto...

Seller                             - ...due... tre...

Agata                            - Non tre! Soltanto due... Costa soltanto due pengo ed è di pura seta... seta di baco! In tutta Buda­pest non ne troverà una uguale ad un prezzo simile. E se ne compra sei, le faccio lo sconto del dieci per cento.

Seller                             - (fa guarda un momento, quasi ammirato) Dite un po'... ma voi siete in tutto così decisamente-ri­soluta?

Agata                            - Perché, scusi?

Seller                             - Siete la donna più terribile che ho visto nella mia vita! (Le consegna la marsina per farsi aiutare ad indossarla. Agata cortesemente lo aiuta). Anche altre hanno cercato di farmi violenza, ma erano più carine di voi. L'ultima volta ho cacciata via la reginetta di bel­lezza di Onod... E' volata come una cingallegra! Quella, poi, non era neanche venuta a vendermi delle cravatte! Ma con me è tempo sprecato! Ne ho avuto abbastanza di voialtre! (Prende una spazzola e, senza dir parola, la mette in mano ad Agata che gentilmente lo spazzola) Parola d'onore, la tua fortuna è stata di non aver co­minciato come donna... Però ti faccio notare che, col tuo fisico, non sarebbe stato neanche raccomandabile!

Agata                            - (posa la spazzola e prende un'altra cravatta) Per un abito sportivo...

Seller                             - Non te ne vai ancora?

Agata                            - (offrendo un'altra cravatta) Per camicie da tennis...

Seller                             - (sbuffando) Quante cravatte porti?

Agata                            - (stupita) Quarantatre.

Seller                             - Ascoltami bene... ti compre cinque cravatte in contanti... e inoltre ti dò ancora venti pengo... a parte...

Agata                            - Venti pengo?

Seller                             - Ma non per nulla!

Agata                            - (incerta) Non per le cravatte?

Seller                             - Per le cravatte non ti darei neanche cinque filler! Non crederai che io porti roba simile! (Sceglie con gran cura nella valigetta e prende i disegni più comuni e più vistosi) Fammi vedere quella rossa... quella verde... quella li... quell'altra... Ecco. Tengo queste. Ora ascolterai la fine dello spettacolo e poi verrai con me a casa mia.

Agata                            - (subito tagliente) No, no!

Seller                             - (sprezzante) Ma va... non sai neppure che voglio da te... Stupida pollastra! Ti illudevi forse che io... (alza le spalle con un sogghignetto ironico).

Agata                            - (si raddrizza) Non le permetto di parlare cosi con me!

Seller                             - Va bene! Calmati! Non volevo offenderti... Può darsi benissimo che vi sia qualcuno a cui piaci... (La osserva) Del resto, come figura, non sei poi tanto disprezzabile... Sei costruita un po' di traverso... Mah! Vi sono uomini a cui piace proprio questo.

Agata                            - (con le lacrime agli occhi) Scusi, io...

Seller                             - Non fare sciocchezze! Ecco! Ascoltami bene... Io abito qui, dirimpetto al teatro... al numero quat­tro... Anzi, non devi neppure aspettare la fine dello spet­tacolo. Eccoti la mia chiave... (mette una chiave sul ta­volino) ... secondo piano, prima porta. Fuori c'è la targa: Seller. Tu vai subito nel mio appartamento e getti fuori una persona...

Agata                            - Io?!

Seller                             - Perché devi sapere che io mangio in casa... L'anno scorso ho messo su casa e ho preso una cuoca... purtroppo... Si chiama Rosetta... l'ho da un anno... Vorrei mandarla via... Capisci ora che cosa voglio da te?

Agata                            - No!

Seller                             - Devi liquidare Rosetta! E che se ne vada via subito subito! Se mi sbrighi questa faccenda, ti dò venti pengo. Bada che ha due mesi di salario anticipati, quindi non deve aver nulla.

Agata                            - (riflette sull’offerta allettante) E che dovrei dirle?

Selle»                            - Quello che vuoi... che sei la nuova cuoca... o che sei mia sorella... Ah, una magnifica idea! Dille che sei mia madre. Devo avvertirti, però, che l'ho licenziata parecchie volte, ma lei ha sempre obiettato «he il licen­ziamento non aveva nessun valore.

Agata                            - Naturale... si può licenziare soltanto il primo e il quindici del mese.

Seller                             - Infatti... dopo l'ho imparato anch'io. Non solo, ma ho sapute anche che bisogna farlo prima di mezzogiorno. Finalmente, poi mi sarebbe riuscito di man­darla via... ma allora... come dirti?... una notte sono tornato a casa così ubriaco che... che da quella notte non vuole più andarsene, E invece mentisce, perché non è possibile che fossi ubriaco al punto che essa abbia ragione.

Agata                            - Perché non s'è mostrato energico?

Seller                             - Prima di tutto perché è forte come una bestia. E' una contadina... Secondo: perché minaccia di fare uno scandalo. E mi coprirei di ridicolo per tutta la vita se una donna simile si mettesse a gridare che io... Dunque, capite? Questa è la chiave... (le mette la chiave in mano). Voi, con le vostre cravatte, vi siete imposta a me... ora vi offro l'occasione di fare la violenta... E se la mettete alla porta, vi darò venti pengo.

Agata                            - (afferra con risolutezza la valigetta) La cac­cerò! (si avvia).

Seller                             - (d'improvviso) Stop! Aspettate un momento! Ripensandoci, mi accorgo che faccio una grossa scioc­chezza.

Agata                            - (che ora lo istiga) Perché sarebbe una scioc­chezza?

Seller                             - Che accadrà di me, domani? Chi mi sve­glierà? Chi mi porterà il caffè e latte? Non dico di no, quella carogna è sfacciata in un modo infernale... però fa così bene il gulyas!

Agata                            - Niente di straordinario: è un piatto che ogni ragazza di buona famiglia sa cucinare!

Seller                             - E chi mi pulirà le scarpe?

Agata                            - (indecisa) Potrei venire anch'io, ogni mat­tina, a mettere tutto in ordine... se lei vuole...

Seller                             - Voi? (La guarda; riflette) Beh! Se ti fa pia­cere... Vieni... Hai certificati?

Agata                            - Può chiedere informazioni di me qui al tea­tro. Susanna Kelenceny mi conosce molto bene...

Seller                             - Va bene. Allora vieni domattina alle undici.

Agata                            - Non mancherò.

Seller                             - Ma, intendiamoci; soltanto se prima hai cacciato Rosetta.

Agata                            - (risoluta, col sorriso dei martiri) Stia tran­quillo, signor Seller. La caccerò! (esce di corsa con la valigette).

Tanarki                          - (entra dopo una breve pausa e porta su un vassoio la cena coperta con un tovagliolo) Ecco la cena, signor Seller.

Seller                             - Tanarki! Dove eri andato a finire?

Tanarki                          - Proprio a casa sua.

Seller                             - E Rosetta c'era?

 Tanarki                         - Sì, signor Seller. Era in casa.

Seller                             - E ora mi porti da mangiare? Ora che devo andare in scena? Lasciala giù al portiere che me la tenga \ in caldo.

Tanarki                          - Va bene, signor

Seller                             - (esce col vassoio).!

Seller                             - (accende una sigaretta e comincia a curarsi le! unghie. Si bussa alla porta) Avanti!

Carlovic                        - (in abito chiaro, entra con Fredi) Buona sera, caro Andrea.

Seller                             - (balza in piedi e saluta molto cortesemente i nuovi arrivati) Caro Sandor! Sei veramente molto gentile...

Carlovic                        - (con un gesto verso Fredi) Ti presento il mio amico...

Fredi                             - (in abito grigio, molto elegante, porge la mano) Fredi Telegdi...

Seller                             - (stringendogli la mano) Seller.

Carlovic                        - Sai... aspettavamo la piccola Susanna Ke-leceny... ma ho visto il tuo nome sulla porta del ca­merino...

Seller                             - Hai fatto benissimo! Ne sono molto felice. Sedete, sedete. Non vorrete aspettarla nel corridoio...

Carlovic                        - (siede) La porteremo a cenare con noi in qualche posto...

Seller                             - E' tanto una cara creatura...

Tanarki                          - (affacciandosi alla porta) L'ho fatta met­tere in caldo, signor Seller.

Seller                             - Tanarki, di' alla signorina Keleceny che, appena ha finito, venga nel mio camerino. 11 conte e l'ingegnere l'aspettano qui.

Tanarki                          - (uscendo) Va bene, signor Seller.

Seller                             - (versando) Un bicchiere di cognac? (Offren­do da una scatola) Sigari o sigarette?

Fredi                             - Grazie. (Prende un bicchierino e toccano) Prosit!

Seller                             - (tocca il bicchiere) Prosit!

Carlovic                        - (anche lui tocca) E allora... quando è che sei stato a casa l'ultima volta? (A Fredi) Devi sapere che Andrea e io siamo dello stesso paese.

Fredi                             - (a Seller) Anche voi del Banato?

Seller                             - Anch'io. Con la differenza che mio padre aveva una piccola sartoria e il padre di Sandor seimila ettari di terre.

Carlovic                        - Ma dove sono più oramai? (Accende una sigaretta) Tu, però, hai fatto una splendida carriera! Congratulazioni...

Susanna                         - (entra in un costume della rivista, molto sti­lizzata, molto carina, molto giovanile) Buona sera... siete già qui? Io ho ancora un numero nel terzo atto (stringe la mano ai due uomini. Sulla porta suona una raganella e si accende una lampadina rossa).

Seller                             - Tocca a me... (La raganella suona di nuovo). Ho capito... ho capito... Va all'inferno! Chiedo scusa... per far piacere a quei quattro scemi che sono in teatro vado un momento a rapire la principessa    - (esce correndo).

Carlovic                        - (guardando l’orologio) Sono già le dieci... Mi pare che la cosa migliore sia che frattanto io vada a prendere Juli.

Fredi                             - Devo aspettarti qui?

Carlovic                        - Naturale. Veniamo fra cinque minuti. (Si alza) Arrivederci (esce. Susanna, che è rimasta in piedi vicino alla porta, guarda Fredi con aria beata).

Fredi                             - Dunque, piccola Susanna, non avete proprio nulla da dirmi?

Susanna                         - (con amore) Peccato che lei è conte!

Fredi                             - (fa l'atto di avvicinarsi) Perché?

Susanna                         - (fermandolo col gesto) No, no... resti lì. Voglio dirle una cosa... ma non m'interrompa, perché Seller tornerà subito... ed io gliela « devo » dire. (Si appoggia allo stipite della porta, chiude gli occhi e dice con profondo sentimento) Deve sapere che io l'amo... non perché lei è conte. L'ho amato dal primo momento, senza neanche conoscere chi fosse. L'amo come semplice cittadino, come Fredi Telegdi. E l'amerei egualmente anche se non avesse un nome così illustre, anche se avesse la fedina sporca... se fosse un avventuriero, un cameriere, un ballerino di professione... l'amerei anche se fosse storpio... E del resto, come avrei potuto sapere, quando l'ho visto, che non aveva una gamba artificiale? Ormai le fanno così perfette...

Fredi                             - (fa un passo verso di lei) Cara piccola Su­sanna...

Susanna                         - No... faccia conto che non le abbia detto nulla. Questa ormai è una partita chiusa. Sediamo.

Seller                             - (ornerà subito. Discorriamo. (Siede e cerca un argo­mento) Anche sua madre è contessa?

Fredi                             - (ride) No.

Susanna                         - (felice) Sia lodato Iddio!

Fredi                             - (ride) E' una principessa...

Susanna                         - (sospira) Povera me! (Breve pausa). Di sangue reale?

Fredi                             - (divertendosi) No, no... non è di sangue reale.

Susanna                         - Soltanto... una principessa qualunque?

Fredi                             - (ride) Qualunque...

Susanna                         - E vive ancora, sua madre?

Fredi                             - Grazie a Dio, sì.

Susanna                         - La mia, invece, è morta. E anche il mie.' babbo è morto. Mi ha allevata una zia fino ai quattordici anni.

Fredi                             - E poi? ' Susanna    - (senza riflettere) Poi mi ha messa come apprendista da una stiratrice... (Spaventata) Oh Dio! M'è scappata! Ho svelata la più grande vergogna della mia vita al più grande amore della mia vita!

Fredi                             - (un po' imbarazzato perché parlare non è il suo parte) Oh... allora anch'io, adesso, dovrei dire qualche cosa... Ma che cosa?... A casa ho un cane... si chiama Johnny... lo adoro... Voi gli rassomigliate... Oh! Non ve ne abbiate a male! E' un cagnolino molto, molto carino. (L'abbraccia) Ed è proprio questo che ci vuole per me: una così cara, affettuosa, dolce, stupida cagnolina... Cre­detemi: ormai sono stufo delle grandi dame... anzi, vi prego... non fate tante cerimonie con me... non tirate le cose troppo a lungo, tante settimane... per un falso pu­dore... per salvare le apparenze... Siate buona come il mio Johnny... Anch'esso, vedete, non mi domanda mai perché sono il suo padrone... mi accetta così, senza discutere... sa di appartenermi...

Susanna                         - (con voce roca) Ha un appartamento suo?

Fredi                             - (con un lieve sorriso) Sì.

Susanna                         - Dove?

Frem                              - Sulla collina di Buda.

Susanna                         - L'ha in affitto?

Fredi                             - No.

Susanna                         - (quasi le cascano le braccia) In subaffitto?

Fredi                             - (divertendosi) No, no...

Susanna                         - E come altro può essere, allora?

Fredi                             - Di proprietà...

Susanna                         - (appoggia la testa sulla sua spalla s dice con un piccolo sospiro di consenso) Va bene...

Fredi                             - (l'allontana un po' e la fissa) Che significa questo « va bene »?

Susanna                         - (ha una lieve vertigine: chiude gli occhi) Stasera può portarmi a casa sua. (Fredi l'abbraccia. In questo momento si bussa. Susanna si svincola).

Fredi                             - (piano) Devo dire: avanti?

Susanna                         - Lo dirò io. (Forte verso la porta) Metti dentro il muso.

Carlovic                        - (entra con Juli. Entrambi si accorgono dell'imbarazzo di Fredi e di Susanna; ridendo) Oh! Mi pare che abbiamo disturbato i ragazzi.

Susanna                         - (le gira ancora un po' la testa) No, no... (è sempre più turbata).

Juli                                - (ha un vestitino da sera di estate, molto elegante. F' molto allegra. Prende la testa di Susanna) Fatti vedere... Tu, Susanna, sei troppo rossa in viso! (La mi­naccia col dito) Ascolta un mio consiglio: non c'è cosa più ridicola di una donna che perde subito la testa...

Carlovic                        - (piano) Qualche volta accade... e da noi si chiama amore.

Juli                                - (a Susanna) Bada! Guasterai tutto! Vedo già nel future. Domani piangerai... dopo domani farai una scena di gelosia... e fra otto giorni lui ti liquiderà.

Susanna                         - (guarda a lungo Fredi) Mi liquiderà?

Fredi                             - (l'accarezza) Non le date retta!

Carlovic                        - (a Juli) Insomma, secondo te, una donna non si deve mai innamorare?

Juli                                - (ride) A che scopo? Neanche per te sarebbe molto piacevole accorgerti che prendo troppo a cuore la nostra amicizia. Tu sei un uomo onesto e...

Carlovic                        - ...e un uomo onesto non si può amare?

Juli                                - ..«mi hai detto subito che dovevi tornare in America... Puoi andar via da un giorno all'altro... e non ti farebbe certo piacere se al momento della partenza ti inzuppassi di lacrime l'imbottitura della giacca.

Carlovic                        - (col tono di chi capisce che è inutile discu­tere) Le mie giacche non sono mai imbottite... almeno di questo avresti dovuto accorgerti!

Juli                                - (notando il suo malumore si mostra subito molto gentile) No?... (Gli accarezza la spalla) E' tutto au­tentico, questo? (Con un dito gli dà un colpetto sul naso) Ma no, Sandor... bisogna essere allegri... Noi siamo due ottimi compagni e io sono felice di stare con te.

Il Direttore di scena .... - (entra agitato) Signorina Keleceny... la rappresentazione continua... e lei che fa? Perché non è al suo posto?

Susanna                         - Eccomi, eccomi! Vengo! (Verso gli altri) Mi sbrigo in un attimo e allora...

Il Direttore di scena      - (nervoso) Ma le pare che per una mocciosa come lei sì debba interrompere lo spetta­colo? (la trascina via).

Juli                                - (le grida dietro) Ti aspettiamo in macchina davanti alla porta del palcoscenico.

Fredi                             - Chi è quell'insolente?

Juli                                - Il direttore di scena.

Fredi                             - E che incarico ha nel teatro?

Juli                                - Lo stesso che ha il fattore nei vostri poderi: bada che le bestie siano attaccate all'ora giusta... (si accorge della bottiglia sul tavolino) E non mi dite nep­pure che c'è il cognac? (Versa; toccano) Salute a tutti! (Fa delle moine a Carlovic) E tu... mi ricorderai anche in America? Perché un'altra ragazza come me non la trovi in tutto il mondo... (beve). Io la penso proprio come un uomo... e perciò voialtri vi trovate così bene nella mia compagnia. (Si versa di nuovo, beve) Secondo me, la donna ideale è quella con la quale si può comin­ciare facilmente e rompere senza fastidi.

Carlovic                        - Avevo uno zio nel Banato. Diceva sempre che una relazione... per bene... deve essere come una pan­tofola: comoda, calda, e che si può buttar via con un calcio (tutti e tre ridono).

Juli                                - Un uomo savio... Che Dio gli dia lunga vita!

Carlovic                        - Piuttosto che gli dia pace eterna!

.Tuli                               - E' morto?

Carlovic                        - Ebbe un'amante... un'attrice di provincia che lo tradì con un farmacista. Quando lo seppe, fece attaccare la sua carrozza, andò in città, e prima sparò sull'insegna della farmacia, poi contro il ritratto di lei davanti al teatro, e infine andò in un ristorante, cominciò a bere, e poi...

Juli                                - (interrompendo) Mi sono sbagliata: non era un uomo savio!

Carlovic                        - Anzi... però era un Carlovic! (versa).

Juli                                - (alza il bicchiere) Allora, evviva i Carlovic!

Fredi                             - (toccando) Evviva!

Carlovic                        - Che vadano all'inferno tutti!

Seller                             - (rientra) Oh, cara Juli! Da quante tempo non ci vediamo! Lasciate che vi guardi... Come siete bella! Diventate sempre più bella! (le bacia la mano).

Juli                                - E voi, sempre più galante. Abbiamo bevuto lutto il vostro cognac.

Seller                             - Poco male.

Juli                                - Ma ora ce ne andiamo. So che dovete cambiarvi ancora.

Carlovic                        - (stringe la mano a Seller) Allora, ciao. E, se ne hai voglia, vieni a raggiungerci. Andiamo alla trat­toria della « Botte verde ».

Fredi                             - (con una stretta di mano) Buona sera. Molto lieto...

Seller                             - Felicissimo...

Agata                            - (entra in questo momento come una furia. Ha l'abito strappato, il berretto in due pezzi, i capelli arruf­fati, la fronte fasciata con un fazzoletto. Nella mano tiene la valigetta deformata e ammaccata; però è trionfante t nei suoi occhi splende la fiamma della vittoria).

Juli                                - (con un grido di sgomento) Agata!

Agata                            - (posa la chiave davanti a Seller) Mi dia il venti pengo! Ho cacciato via Rosetta...

Fine del secondo quadro

QUADRO TERZO

(Una vasta stanza dell'appartamento ammobiliato siili viale Andrassy die Carlovic ha preso in affitto per il suo soggiorno a Budapest. Due settimane dopo il quadro precedente. Le nove di sera, dopo cena. Bei mobili antichi. Sulla parete di destra, in primo piano, un'imponente cre­denza trasformata in bancone da bar con dinanzi alti sgabelli. In un angolo un tavolo da giuoco con quattro sedie e carte sul panno verde. Nell’altro angolo una scrivania con la sua lampada. Ampie poltrone, tappeti, un. grandioso lampadario. Al fondo la comune. In secondo piano, a destra, porta che dà nel resto dell'appartamento. Quando il sipario si alza, Carlovic, in giacca da casa e pantaloni grigi, sta seduto dinanzi alla scrivania immerso nel suo lavoro).

Juli                                - (entra da destra in toletta da sera. Nei quadri pre­cedenti era vestita con eleganza modesta; ma ormai non ha più preoccupazioni materiali e tutto ciò che ha indosso è finissimo e costoso. Dalla sua entrata in scena si deve comprendere che essa è a casa sua nell'appartamento di Carlovic. I tappeti non fanno sentire il rumore dei suoi passi. Si ferma e guarda a lungo e con affetto Carlovic).

Carlovic                        - (alza la testa) Sei tu? Quando sei entrata?

Juli                                - Proprio ora.

Carlovic                        - E perché rimani lì?

Juli                                - (viene avanti) Ti guardavo...

Carlovic                        - Perché?

Juli                                - Mi piaci!

Carlovic                        - (ride) Sciocchina!

Juli                                - Chi deve venire?

Carlovic                        - (continua a scrivere e parla) Soltanto Fredi. E, come quarto al bridge, condurrà Beniamino Horvath. il suo avvocato.

Juli                                - Il gobbo?

Carlovic                        - Sì.

Juli                                - (guarda l'orologio al polso) Sono le nove e mezzo. Prima che vengano faccio in tempo a far presto presto i conti con la cuoca... (suona il campanello; poco dopo entra la cuoca, una vecchia piuttosto grassa, dall'aria sorniona, con un vestito di cotonina e il grembiule: ha in mano il libro dei conti e degli spiccioli).

La Cuoca                      - Eccomi (posa danaro e libro sul tavolo da giuoco).

Juli                                - (siede e con una matita fa i conti) Il filetto di vitello due e quaranta? Costa due pengo dappertutto! Come fate i conti, voi? E avete segnato di nuovo il rhuin! Ieri ce n'era ancora mezza bottiglia... l'ho vista io...

La Cuoca                      - Scusi, signora... l'ho dato al domestico perché aveva mal di pancia.

Juli                                - (scrolla la testa e continua a guardare il libro)  Due chili di fragole?... Ma a mezzogiorno ne è rimasto un cestino intero!

La Cuoca                      - (con una calma esasperante) Le ha man­giate il domestico!... E perciò gli è venuto il Mal di pan­cia! (Carlovic comincia ad osservare divertendosi molto alla disputa).

Juli                                - Prosciutto di regime?... E chi osserva un re­gime, qui?

La Cuoca                      - (indignata) Io, prego! (Alza le spalle brontolando) Se ho uno stomaco cattivo...

Juli                                - Sentite, signora Klos, voi siete una cuoca con lo stomaco cattivo e il cuore troppo buono. Io, invece, sono una signora con uno stomaco ottimo e un cattivo cuore. (Fa rapidamente dei conti) In conseguenza, ad­debito sul vostro conto anticipi sei pengo e sessanta, co3to del rhum, delle fragole, del prosciutto, e dif­ferenza sul filetto.

La Cuoca                      - (indignata) Scusi, signora...

Juli                                - (le dà il libro) E' meglio se ve ne andate, ora, altrimenti vi chiedo chi mangia tanta senape e chi beve tanto aceto! (La cuoca la guarda, poi prende il libro ed esce in fretta senza una parola. Carlovic, il quale finora ha osservato sorridendo, scoppia in una risata. Juli si spaventa) Oh, mio Dio... ti ho disturbato?

Carlovic                        - (si alza e le si avvicina) Tutt'altro! In questi momenti mi sembra di amarti ancora di più. Io lavoro... tu addomestichi la cuoca... è sera, siamo nella stessa casa... soli... Juli, sai 'che questo è già quasi un matrimonio?

Juli                                - Un matrimonio? Non sarebbe per te! Tu non sei fatto per essere marito... Sei soltanto un amico generoso...

La Domestica                - (fa passare Fredi al fondo) Si acco­modi (esce).

Fredi                             - (in abito scuro, di malumore, bacia la mano a Juli) Buonasera, Juli. (A Carlovic, stringendogli la mano) Ciao.

Juli                                - (si alza ed offre da vera padrona di casa) Buona sera, Fredi. Sigarette? Liquori?

Fredi                             - (accende una sigaretta) Grazie.

Carlovic                        - Oh, finalmente ti si vede! (Lo guarda) Che hai? Sembri di malumore.

Fredi                             - (cupo) Stamane sono stato a Buda... Hanno tenuto consiglio- di famiglia e il mio matrimonio è stato fissato per il ventitré.

Juli                                - (si volge verso di luì e da questo momento presta molta attenzione) Il matrimonio?

Carlovic                        - E perciò hai quell'aria triste? A quanto mi risulta ti sposi per amore...

Frew                              - Naturale... Io adoro Géraldine... Ma, adesso, quella piccola Susanna... (spegne la sigaretta).

Carlovic                        - Non ti capisco! O Susanna o Géraldine...

Fredi                             - Già... si fa presto a dire! Per te è così: o l'una o l'altra! Ma io non sono tanto .risoluto... La sorte ha voluto che la fortuna mi avvolgesse nelle sue fasce come un bimbo... e io, in quelle fasce, sono rimasto sempre indeciso come un bimbo. (Siede e accende un'al­tra sigaretta). Non avrei mai dovuto cominciare con Susanna... (Con uno scatto) Non volevo che la cosa giun­gesse a questo punto...

Jun                                - (gli siede accanto e di là fissa Carlovic) Eh, caro Fredi... Accade sempre ciò che non vorremmo'.

Fredi                             - Juli, vi prego, fate qualche cosa con Susanna. Quella ragazza, certe volte, mi spaventa addirittura. Non riesce più a controllarsi... Io le voglio veramente bene, poverina... è così buona, così dolce, così fedele... (dispe­rato) troppo fedele!

Juli                                - Eh! Insomma, volete rompere con lei...

Fredi                             - Non so cosa voglio! (Balza in piedi e si rivolge a Carlovic) E poi mi mette in imbarazzo. Respinge anche la più piccola attenzione. E' una specie di idea fissa: dice idi amarmi soltanto per me e perciò non vuole accettare mai nulla. Ma perché vi annoio con queste storie?

Carlovic                        - Parla, parla pure. Anzi, mi interessa molto ciò che dici.

Fredi                             - Credimi... se Susanna l'avessi conosciuta prima, non mi sarei mai fidanzato con Géraldine. Non mi fraintendere: io voglio a Géraldine lo stesso bene di quindici giorni fa. Ma se in un uomo, accanto al grande amore, può trovar posto anche un piccolo amore... allora... riflettendoci bene... si conclude che quell'amore non era poi tanto grande!

Juli                                - Sicché « non volete » rompere con Susanna ...

Fredi                             - Cara mia Juli, io «non posso »...

Juli                                - Capito! E vorreste che rompesse lei...

Fredi                             - (come afferrando a volo) Ecco!

Juli                                - Oh! Se sperate questo, potete aspettare un pezzo! Susanna è una stupida! Non è capace di pensare ragionevolmente come....

Carlovic                        - (che frattanto si era alzato avviandosi a destra, si ferma un momento alle spalle di Juli e finisce la frase) ...come te! (continua a camminare).

Juli                                - (balza in piedi, si volta) Come me?... E che sai tu di me?... (Carlovic è già sulla soglia ed esce senza rispondere. Quando ritorna, ha tolto la giacca di casa e ha indossato quella dei pantaloni).

Il Domestico                 - (fa entrare Beniamino Horvath) Si accomodi... (esce).

Beniamino                     - (ha passato la cinquantina. E' un po' gobbo, veramente brutto, ma non antipatico. Immensamente ricco. E' vestito all'ultimissima moda. Ha un po' il viso da topo ma gli occhi belli e molto intelligenti) Buona! sera...

Carlovic                        - (gli va incontro) Ciao, Beniamino! (Poi con un gesto verso Juli) Permetti, cara Juli... L'avvocato Beniamino Horvath.

Juli                                - (porgendogli la mano) Benvenuto.

Beniamino                     - (si inchina profondamente e le bacia la mano. Poi a Fredi) Ciao, Fredi... (gli stringe la mano. Fredi va al tavolo da giuoco).

Juli                                - (offrendo) Una sigaretta?

Beniamino                     - Grazie, non fumo.

Juli                                - Un liquore?

Fredi                             - (che ha cominciato a giuocare da solo a « chemin de fer ») Juli, preparategli un Richelieu. (A Beniamino) Devi assaggiarlo: è veramente squisito... (Juli si avvicina al bar).

Carlovic                        - (va da Fredi) Giuochi da solo a « chemin de f er »?

Fredi                             - C’è un banco da dieci pengo.

Carlovic                        - Accetto. (Fredi distribuisce le carte). Hai già abbastanza fortuna in amore... .(Guarda le prime carte) Resto. (Le rimette coperte sul tavolo; guarda le altre due) Carta... (Fredi gli dà una carta e continuano a giuocare).

Juli                                - (mescolando il cocktail) Molto limone?

Beniamino                     - (sì arrampica su uno degli alti sgabelli del bar; siede e vi rimane circospetto e cauto come un alpi­nista sulla ripida parete di una roccia) Poco, grazie. (Breve pausa). Sono settimane che vi ammiro. Siete voi, ora, la più bella donna di Budapest.

Juli                                - (ride) Debbo essere bella. Vivo del mio corpo, io.

Beniamino                     - (la guarda sbigottito) Che dite?

Juli                                - (ride) Sono mannequin. Non lo sapevate?

Beniamino                     - (si appoggia coi gomiti sul bar) Quando andrete in America?

Juli                                - Carlovic parte solo...

Beniamino                     - E voi lo raggiungerete più tardi?

Juli                                - No. Io reste qui. (Gli sorride) Vi piace dolce?

Beniamino                     - Come volete... mi è indifferente... (Con ansia mal celata) Naturalmente aspetterete Sandor finché torna. Lo aspetterete?

Juli                                - (fa una piccola smorfia) Tornerà fra due anni... Due anni sono molto lunghi... (versa il cocktail).

Beniamino                     - (prende il bicchiere e dice piano) Se vi sentiste troppo sola... qualche volta... mi permetterete di accompagnarvi? Me lo permetterete?

Juli                                - Siete molto gentile... (Lo guarda negli occhi. Alza il bicchiere) Che occhi intelligenti avete!

Beniamino                     - (toccano; bevono) Ci siamo appena conosciuti... è lecito Chiedervi un favore?

Juli                                - Chiedete.

Beniamino                     - Cercate di dimenticare che ho anche un fisico. Nel mio intimo mi sento alto un metro e ot­tanta... E credetemi... è molto difficile, per me, rimanere raggomitolato in questo mio corpo sino alla fine della vita... (la mano di Juli è sul bancone e il piccolo uomo, cautamente, dolcemente, ma con troppa avidità, gliela afferra. Carlovic, che ha finito la partita, intasca il denaro e si avvicina. Beniamino, che gli volge lo schiena, non lo vede e trattiene la mano di Juli. I due si accorgono di Carlovic soltanto quando è alle loro spalle. Poiché sarebbe troppo tardi per lasciare la mano di Juli, Benia­mino un po' in imbarazzo ma ostentatamente sotto gli occhi di Carlovic l'accarezza) Ti assicuro che il cocktail di Juli è veramente squisito.

Juli                                - (ritirando la mano) Sandor, vuoi, anche tu un Bichelieu?

Carlovic                        - (un po' roco) No... non mi piace...

Il Domestico                 - (entra dal fondo e dice a bassa voce a Juli) Scusi... c'è la signorina Susanna e...

Susanna                         - (irrompe turbata: ha gli occhi rossi di pianto e un giornale gualcito nelle mani. Si getta al collo è Juli) Juli! Juli mia!

Juli                                - (e tutti gli altri sbigottiti) Che c'è? Che è accaduto?

Susanna                         - (agitando il giornale) Non hai letto? C'è nel giornale!

Juli                                - Che cosa?

Susanna                         - (fra le lacrime) Il matrimonio!

Juli                                - Oh!... Siedi, siedi... (Al domestico) Potete andare. (Il domestico si inchina ed esce).

Fredi                             - (si avvicina a Susanna) Ecco! Ci siamo! E' quello che temevo... Che giornale è? (Le strappa i giornale e lo scorre rapidamente) Infatti... questi scribi hanno già raccontato...

Susanna                         - Non 1o negate neppure?

Fredi                             - (profondamente indignato) Per amor di Dio, Susanna, che vi salta in testa? Entrare così in una casa! Ma volete rendermi la vita impossibile?

Carlovic                        - Lascia andare, ti prego... Beniamino è il tuo avvocato, io so di che si tratta, Juli lo sa... e spero che anche tu lo sappia... Dunque?

Susanna                         - (tutta protesa verso Fredi) Lui non sa nulla! E finora neanche io mi immaginavo che potesse esistere una cosa simile al mondo! (A Carlovic) Ma non capite? Io gli appartengo come il suo braccio o la sua gamba... e quando lui non è con me sono come un arto amputato... (ricomincia a singhiozzare). Ed ora è stato fissato il matrimonio...

Fredi                             - (duro) Avete sempre saputo che ero fidanzato!

Susanna                         - Lo sapevo! Ma accadono tanti miracoli al mondo!

Fredi                             - (a Juli) Vi prego... ditele voi qualche cosa...

Juli                                - (abbraccia Susanna) Via, Susanna, rientra in te... Vedi che non siamo soli...

Fredi                             - Mi pare... (Con un gesto verso Beniamino) Permettete che vi presenti un nostro amico...

Beniamino                     - (inchinandosi) Avvocato Horvath.

Susanna                         - (fra le lacrime) Felicissima. Sono Susanna Keleceny.

Fredi                             - (la prende a braccetto) E ora, vi prego, an­diamo... vi accompagneremo a casa. Vieni, Beniamino. E' bene che tu sia presente perché il resto toccherà a te, come avvocato... Non ve l'avevo detto, Juli, che avrebbe fatto uno scandalo?

Susanna                         - (esplode) Ah, vi pare uno scandalo que­sto? Si vede che siete cresciuto nei quartieri aristocratici! Io, invece, sono di via delle Acacie...

Fredi                             - (spaventato) Per amor di Dio, Susanna!

Susanna                         - No, no, non abbiate paura... Non vedete che sono qui, tranquilla, senza far nulla... non apro bocca... (singhiozza) sorrido... (si strappa i capelli) ,..e non mi strappo neanche i capelli... Ho imparate dai signori conti come si fa ad andar via con eleganza... (corre fuori singhiozzando seguita da Fredi).

Beniamino                     - (si inchina) I miei rispetti, Juli... (Con amore) Non dimenticherò mai... (Carlovic lo fissa; finisce la frase con un sospiro) ...il vostro cocktail... (esce).

Carlovic                        - (li accompagna fuori, poi torna) Povera ragazza...

Juli                                - Non capisco come una donna possa perdere la testa fino a quel punto!

Carlovic                        - E naturale che non lo capisci. Per te è facile... tu...

Juli                                - Ah, eredi che per me sia facile! Anche chi guardasse qui dentro per la finestra, potrebbe credere che io sono la padrona di casa, tu mio marito, e che qui tutto è stabile, tranquillo e sicuro. La realtà invece è ben diversa. Tu hai affittato quest'appartamento col di­ritto di disdirlo in quindici giorni.» Io sono la tua amante, e tu puoi lasciarmi senza neanche quindici giorni di preavviso.

Cahlovic                        - Come sei ingiusta!

Juli                                - (con crescendo) Che c'è di mio, in questa casa? Un paio di babbucce, tre vestaglie, qualche scatola di cipria e una bottiglia d'acqua di Colonia! Domani può arrivare il cablogramma dall'America e tu dovrai ri­partire... Allora mi basterà una valigetta da piazzista per ratto il mio trasloco. La servitù andrà via e anch'io sarò messa alla porta... Nessuno chiederà se la cuoca ha trovato un nuovo posto... e nessuno chiederà che ne sarà di me, dopo.

Carlovic                        - (abbracciandola) Ma che cosa devo fare, io? Che vorresti che facessi con te?

Juli                                - (non ne può più: il singhiozzo impetuoso che tutta la sera la soffocava ora irrompe) Sandor mio...

Carlovic                        - Sei una strana ragazza-, non si riesce mai a capire che cosa pensi... Alla fine, forse, verrà fuori che anche tu mi ami un poco...

Juli                                - Un poco?! (Gli prende la testa fra le mani e lo fissa negli occhi) Non molto?... Solo un poco?... (Carlovic la cinge per la vita e la conduce verso la porta di destra. Il domestico comparisce dal fondo, ma Juli non lo vede) Ascoltami Sandor... ti dico ora che io... per te...

Il Domestico                 - (avanzando di un passo) Scusi, si­gnore... c'è fuori una persona che dice di essere parente del signore...

Carlovic                        - (molto stupito) Parente?! (Va verso la porta del fondo e dice, verso fuori con freddezza) Fa­vorisca!

Lidia                             - (una bella ragazza di diciotto anni, bene svilup­pata, fiorente, robusta, con larghe spalle, indossa un vec­chio vestito alla marinara di stoffa azzurra, troppo corto e troppo stretto, che rivela le sue magnifiche forme e pare debba strapparsi da un momento all'altro. E' trasan­data, sgualcita, ma anche col suo straccetto di vestito, le scarpe deformate, le calze rattoppate e i capelli in disor­dine è molto bella. Dal suo modo di entrare si comprende che è orgogliosa, e piena di amor proprio come le ra­gazze campagnuole di famiglia signorile) Bacio le mani, zio Sandor! (Pausa). Non mi riconoscete?

Carlovic                        - Io no!

Lima                              - Sono Lidia... di Bicke.

Carlovic                        - Santo Dio! Lidia! Come sei cresciuta! (Verso Juli) Lidia Barath... l'ho vista nascere... (Juli fa un piccolo cenno con la testa. Anche Lidia fa un lievis­simo cenno) Come sei capitata qui?

Lima                              - (risoluta) Sono scappata di casa!

 Carlovic                       - (con un piccolo fischio) Magnifico!

Lidia                             - L'ultima volta che veniste dall'America, quat­tro anni fa, foste molto buono- con me», perciò, quando ho sentito che eravate di nuovo a Budapest...

Cahlovic                        - E perché hai lasciato la casa e la zia Maria?

Lidia                             - (stizzita) Non potevo più sopportarla!

Carlovic                        - Forse tu eri insopportabile!

Lidia                             - La zia ha vendute il mio frutteto! Il « mio » frutteto!... Quello che ho piantato con tanto lavoro. E il denaro l'ha dato a Berzenzey.

Cahlovic                        - Chi è questo Berzenzey?

Lidia                             - Un paio di calzoni. Perché, per lei, tutto il resto non conta! L'importante è che...

Carlovic                        - Come osi parlare così di una zia che ti ha allevata come una madre?

Lidia                             - Non è mia madre. Io sono sua madre! Ma ora la ripudio! Ha venduto il mio frutteto per mille­cinquecento pengo e ha scialacquato il denaro con un truffatore!

Carlovic                        - E ora che vuoi da me?

Lidia                             - (risoluta) Fatemi dichiarare maggiorenne. Perciò sono venuta!

Carlovic                        - E quando sarai maggiorenne che farai?

Lidia                             - Non vi preoccupate, zio Sandor. Mi chiamo anch'io Carlovic! Mi intendo di coltivazioni, di agri­coltura, so legare le viti, strigliare i cavalli...

Cahlovic                        - Non è un mestiere da ragazza!

Lidia                             - Perché? Se una ragazza può fare l'avvoca­tessa, può fare anche la stalliera!

Carlovic                        - Ormai non può fare neanche più l'avvoca­tessa: le hanno escluse dal Consiglio dell'Ordine.

Lidia                             - Gli stallieri non hanno Consiglio. Ma non temete, non sceglierò questo mestiere. Sono già d'accordo con un giovane agricoltore di Bicke. Entrerò in società con lui e manderemo le primizie a Budapest. Se voi avete potuto spaccare la legna in America, perché non potrei io innaffiare i pomodori in Ungheria?

Carlovic                        - (le si avvicina e l’accarezza con affetto) Va bene, piccina. Qualche cosa si farà.

Juli                                - (che finora li ha osservati in silenzio) Sandor, domandale se ha già cenato.

Lidia                             - (ostile) Ditele che ho già cenato.

Carlovic                        - (riflettendo) Dunque, vuoi entrare in società con un giovane agricoltore... Forse perché ti piace?

Lidia                             - (arrossisce e risponde selvaggiamente) Non mi piace! E non mi rivolgete domande simili, altrimenti vi chiederò anch'io...

Carlovic                        - Che cosa mi puoi chiedere?

Lidia                             - (con un gesto infantile verso Juli) Per esempio, se essa ti piace e- no...

Carlovic                        - (con un piccolo sorriso) Sei proprio una gattina selvaggia... Ma parliamo d'altro! (Riflette un po') Ora ti accompagnerò in un albergo e...

Lidia                             - In albergo non ci vado!

Carlovic                        - Perché no?

Lidia                             - Perché non vorrei screditare col mio baga­glio il nome dei Carlovic.

Carlovic                        - (energico) Ora basta! Verrai con me all'albergo e zitta! E domani ti metterò in collegio.

Lidia                             - In collegio non ci vado!

Carlovic                        - (più energico) Andrai dove dirò io! Oh, perdinci! Per adesso sei ancora minorenne!

Lidia                             - (celando a stento uno sbadiglio) E alle mino­renni non è permesse sedere un po'? (evidentemente stanca si appoggia ad una poltrona).

Cablovic                        - (che era stizzito non può fare a meno di sorridere) Sicuro che è permesso, sciocchina...

Lidia                             - (siede, sbadiglia) Che ore sono, zio Sandor?

Carlovic                        - Le undici.

Lidia                             - A casa dormirei già da due ore... (Dopo un lungo sbadiglio, piagnucolando come una bambina, con­tinua a lagnarsi) La zia ha venduto anche le mie galline livornesi e col denaro ha comprato un pullover per l'uf­ficiale postale che hanno destituito.

Carlovic                        - (con curiosità) Ah, sì? E chi era?

Lidia                             - Berzenzey! Siete duro a capire! (la testa le casca sulla spalliera della poltrona),

Carlovic                        - (prende a braccetto Juli, la conduce all'altro capo della sala e le dice piano) Domani la manderò alla tua sartoria. Falle fare due o tre abitini.

Juli                                - Certo non avrà neanche biancheria.

Carlovic                        - Provvedi a tutto. (Lidia dorme già come un ghiro. Carlovic accende una sigaretta. Piano a Juli) Forse la porterò al Bristol... Aspettami finche torno. (Verso Lidia) Andiamo, Lidia. Partenza! (Fa un passo verso la poltrona) Ma guarda un po'. S'è addormentata! (Le va più vicino, le poggia una mano sulla spalla e la scuote) Lidia! Lidia! (Lidia, profondamente addormen­tata, non si muove, respira forte) Come si fa ora? Devo svegliarla? (Scambia uno sguardo con Juli) Questa mocciosetta ci ha proprio guastata la nostra sera, cara Juli.

Juli                                - (chinandosi su Lidia) Dorme profondamente...

Carlovic                        - La piccola stalliera doveva essere molto stanca! (Guarda Juli) Senti... ormai non la porto in nessun posto... (Un po' imbarazzato) Forse, tesoro, sa­rebbe meglio che andassi tu a casa.

Jun                                - (un po' triste e un po' offesa) Figurati... (Si guarda intorno) Dove ho messo il mie cappello?

Carlovic                        - L'ho visto fuori, in anticamera...

Jun                                - (avviandosi verso il fondo: a voce alta) Mi porti a casa?

Carlovic                        - Pst! La svegli! (Piano) Prendi un tassì.

Juli                                - Finora mi hai sempre accompagnata tu...

Carlovic                        - Non posso lasciarla sola...

Juli                                - Va bene. Ora è come se non ci fossi, per te.

Carlovic                        - (l'abbraccia) Perché sei diventata a un tratto «osi di malumore?

Juli                                - Chi sa?... Poco fa volevo dirti che io... per te...

Carlovic                        - Dimmi, dimmi...

Juli                                - Così non si può. Ma forse è meglio che non te l'abbia detto (si avvia piano in punta di piedi).

Carlovic                        - (la segue. Non ha fatto attenzione alle pa­role di Juli. Il suo sguardo è fisso su Lidia. Giunto alla porta del fondo si ferma, l'apre e rimane con la mano sulla maniglia. Juli esce. Carlovic si volta ancora indietro, guarda Lidia e dice) Come dorme... (esce anche lui dal fondo).

Lidia                             - (alza la testa e dice piagnucolando come uni bambina) Anche voi dormireste se aveste fatto il viaggio a piedi da Bicke... (si volge sull'altro fianco t piega le gambe rannicchiandosi).

Fine del secondo tempo

ATTO TERZO

QUADRO QUARTO

 (Una settimana dopo, nell'appartamento di Seller. Una camera moderna a parecchi usi fornita di tutto quello che, in realtà, non serve a nulla. Un divano turco, uno scalino a muro, una scrivania con secrétaire, una lampada a stelo, un piccolo tavolo con poltrone, altri piccoli scaf­fali, la radio, un lampadario moderno, due o tre quadri, tappeti e molti fiori nei vasi. In fondo, due porte: quella di destra è la comune; quella di sinistra mette nella stanza da bagno. Alla parete di destra una porta che dà in cucina; a quella di sinistra, una finestra).

Seller                             - (di dentro grida' a squarciagola) Samuele! Samuele! (Entra dal fondo a sinistra: ha le pantofole di copale e una giacca da casa sotto la quale si vede un pigiama di seta; ha un libro sotto il braccio e le sue orecchie sono fasciate con un fazzoletto di seta. Grida di nuovo) Samuele! Sei sordo? (suona un campanello sulla scrivania).

Agata                            - (entra da destra: ha un piccolo grembiale rom con taschine. E' molto più ravviata ed accurata ed h un paio di scarpe nuove che le danno un'andatura più ferma) Comanda?

Seller                             - Ma di' un po'... devo gridare fino a sgo­larmi? Non basta che le orecchie mi facciano male?

Agata                            - Ma lei chiamava Samuele...

Seller                             - Allora mi hai sentito!

Agata                            - Io mi chiamo Agata, se non le rincresce...

Seller                             - Per me sei Samuele... Oh, perdinci! Quante volte devo dirtelo? Ti ho presa al mio servizio perché, guardandoti, non mi passa neanche per la testa che sei una donna. Per conto mio, basta con le donne! Per me sei un domestico... un fattorino... un attendente... Sei Samuele, insomma... hai capito?

Agata                            - (con le lacrime agli occhi) Come comanda... (si forza e non piange più).

Seller                             - Che ore sono?

Agata                            - Le sei passate...

Seller                             - (si porta con un gesto repentino una mano all'orecchio) Guarda! Ricomincia il dolore! (Spaven­tato) Oh! Da quest'orecchio non sento più nulla!

Agata                            - Naturalmente che non sente... è fasciato...

Seller                             - (si scioglie il fazzoletto e si toglie l'ovatta dall'orecchio) E vero... (Breve pausa) Però... se dovessi diventare sordo, mi sparerei.

Agata                            - Ma no... perché pensa una «osa simile? (Breve pausa). Io conosco un ottimo medico per le orecchie. Vuole che lo chiami?

Seller                             - Dio ci scampi! Mi metterebbe subito dentro un ferro e chi sa quanto male mi farebbe. Chiama piut­tosto uno dei soliti medici... quelli che non fanno che bussare e ascoltare (illustra col gesto).

Agata                            - Se le dolgono le orecchie non possono ascol­tarle i polmoni... (Si avvia) Vado a telefonargli.

Seller                             - Chi sa quanto Chiederà per la visita!

Agata                                       - ; No, no... è un principiante.

Seller                             - (molto preoccupata) E vuoi che affidi il mio orecchio a un principiante?

Agata                            - E' specialista! Stia tranquillo.

Seller                             - (gemendo) E sei ancora qui? Va! Corri a telefonare!

Agata                            - Subito (esce a destra).

Seller                             - (le grida dietro) Samuele! Samuele! Por­tami la prima colazione. (Siede alla scrivania e apre il libro che aveva sotto il braccio. Agata dopo un po' porta un vassoio con caffè, burro, panini, uova e glielo posa davanti senza aprir bocca). Hai telefonato?

Agata                            - Viene subito (esce a destra).

Seller                             - (mangia e intanto declama ad alta voce leg­gendo) Vi sbagliate, madame (pronunzia le parole straniere come sono scritte) Monseigneur non dà impor­tanza all'amore... e si può inventare qualunque calunnia sul conto della Principessa. (Sillabando) Fon-tan-ges... (smette di declamare. Suona. Prende un piccolo specchio e si guarda rorecchio).

Agata                            - (da destra) Comandi.

Seller                             - (un po' a disagio) La Keleeeny... quella tua amica con la quale abiti... ha detto a teatro che sei una ragazza per bene... sì... che hai anche una laurea... e che appartieni ad una famiglia molto distinta...

Agata                            - (riservata) Perché mi dice tutto questo?

Seller                             - Perché, cara figliuola, è ora di finirla con quelle stupide operette! Ho avuto una scrittura in un teatro di prosa... Mi hanno già dato la parte... (Batte sul libro) Eccola la commedia... « Il Re Sole »... questo è il titolo. Un dramma storico! Per tua norma, anch'io ho la mia brava laurea... in ragioneria... ma, sai... la storia non è mai stato il mio forte, e ora, poi, non mi ricordo più nulla di tutte quelle stupidaggini millenarie... (Agata prende il libro e lo guarda. Seller, sempre preoccupato, si tocca l'orecchio) Di fuori non si vede nulla?

Agata                            - (lo guarda) Nulla, assolutamente. (Scorre il libro) E lei, signor Seller, che parte farà?

Seller                             - Il protagonista, si capisce! Il Re Sole!... Re Sole... sai... quello del carro... sul quale suo figlio si se­dette e j cavalli lo rapirono...

Agata                            - (con semplicità) Lei parla di un altro... di quello della mitologia. Invece qui si tratta di Luigi quindicesimo, re di Francia... Louis Quinze           - (pronunzia correttamente in francese e continua a scorrere il libro).

Seller                             - E lo dici a me? Lo so benissimo! E' quello che le sedie hanno le gambe storte... come le tue! (Le si avvicina; leggendo nel libro che Agata ha fra le mani) Sua moglie era Maria Teresa... Già! Le hanno fatto il monumento a Pozsoni.

Agata                            - No, no... quella è un'altra... la moglie del Re Sole era un'infante di Spagna.

Seller                             - (le prende di mano il libro) Dammi un po'. Vediamo come si comincia... (Legge) «La scena è a Versailles. Un'ampia galleria a vetri verso il giardino. Luigi siede accanto alla finestra e guarda fuori assorto ». (Alza lo sguardo) Che idiozia! Invece si dovrebbe co­minciare a questo modo: la principessa Fontanges...

Agata                            - (correggendogli la pronunzia) Fontanges...

Seller                             - (la guarda, poi continua) Sì... si può dire anche cosi... Insomma, la principessa dovrebbe essere in scena e fare quattro chiacchiere con quel tale Montespan. Poi, dopo un certo tempo, dovrebbe venire il re. Ecco... così... (eseguisce). La mia entrata sarebbe molto più ef­ficace, no?... Dimmi un po'... che vestiti portava questo Luigi? (Si preme con la mano l'orecchio).

Agata                            - Lei ha visto certamente dei quadri rococò...

Seller                             - (tagliando corto) Insomma, i costumi saranno molto belli... (Si preme di nuovo l'orecchio; ad un tratto, spaventato) Guarda un po': non ti sembra gonfio qui?

Agata                            - (lo guarda, poi come si direbbe ad un bambi­no) No, nooo...

Seller                             - Va bene, va bene! (Riprende il libro) Sai... se non ci fossero tutti quegli stupidi nomi francesi... Dopo, dovresti cercare nella mia parte le parole fran­cesi e scriverci sopra la pronunzia. Però devo confes­sarti che l'operetta è più facile™ là, almeno, ci sono dei nomi che si conoscono dai luoghi di divertimento... Ciò-Ciò... Frou-Frou... vaudeville... Anzi, leggi tutta la com­media, e così potrai raccontarmi di che si tratta. Martedì vi sarà la prima prova, e non vorrei che mi credessero un ignorante.

Agata                            - Volentieri.

Seller                             - Vero è che potrei leggerla anch'io; ma ora sono immerso in un altro lavoro... (Molto animato) Se sapessi che partone mi hanno affidato! (Prende sul di­vano un altro libro e comincia a recitare) « Il mio nome è Cajus Martius... a te e ad ogni figlio de la tua patria ho procurato dolori e danni, ne fa fede il mio sopran­nome: Corichino ».

Agata                            - (stupita) Signor Seller... legge Shakespeare?

Seller                             - (dopo una breve pausa d'incertezza) Sì... (Altro tono) Questa è una commedia! E quando si pensa che duemila anni fa si scrivevano capolavori simili...

Agata                            - (modestamente lo corregge) Trecento cinquant'anni fa.

Seller                             - Un corno! Coriolano visse prima di Cristo. Ho guardato nell'Enciclopedia al C.

Agata                            - Allora guardi anche all'S. Troverà Shake­speare. Shakespeare è nato nel millecinquecentosessanta-quattro.

Seller                             - (imbronciato si trincera dietro il libro) Perché sei così fine? Dimmi semplicemente che sono un asino! (Si suona). Hanno suonato...

Agata                            - Sarà il dottore! (corre via dal fondo a destra).

Seller                             - (le grida dietro) Deve avere una gran clien­tela il tuo protetto se arriva dopo un minuto. (Mette a posto i cuscini sul divano, prende in mano un libro, si sdraia e aspetta il dottore in posa teatrale).

Agata                            - (fa entrare Rudi) Favorisca, dottore...

Rudi                              - (entra con la borsa da medico, il cilindro, giacca nera, calzoni a righe, camicia colorata, colletto bianco e cravatta viola. Si inchina) Ho l'onore™ dottor Stella...

Seller                             - (di colpo si affloscia; fa un cenno con la testa ed un gesto con voce fievole, quasi tremante) S'acco­modi, dottore.

Rudi                              - (siede accanto al divano) Dunque, che cosa le duole?

Seller                             - L'orecchio sinistro. Ieri, nel pomeriggio, ho fatto un tuffo al bagno di San Gerardo e da allora mi fa male... veramente non mi fa proprio male... è piut­tosto un ronzio che sento... e quello che temo è che dentro mi si sia rotto qualche cosa...

Rudi                              - (apre la borsa dei ferri e prende uno speciale specchio da orecchio) Si segga, per favore. Ora guar­deremo (eseguisce).

Seller                             - (in orgasmo) E' una cosa molto grave?

Rudi                              - Oh, nulla, nulla!... (posa lo specchio). Prov­vederemo subito. (Si alza) Si metta qui, davanti a me.

Seller                             - (si alza e si aggrappa a Rudi) Dio, come mi gira la testa!

Rudi                              - Ma no! Si faccia coraggio! Le ho detto che è cosa da poco... Si regga sul piede sinistro... così... (mo­stra, reggendosi sul piede sinistro e tenendosi comica­mente in equilibrio con le braccia tese: Seller lo imita) Ora chini la testa qui... (indica la propria spalla sinistra) Così... (Piega la testa a sinistra. Seller saltellando sul piede sinistro si avvicina a Rudi e gli appoggia la testa sulla spalla) Non sulla mia spalla, scusi... (allontana la testa di Seller) ...sulla sua, per favore...

Seller                             - Ah, sì... (eseguisce).

Rudi                              - Benissimo! Ora saltelli... (Comincia a saltel­lare anche lui e dirige Seller) Ancora... ancora... ancora di più... (anche lui fa dei salti sempre più alti).

Seller                             - (saltella, poi, d'improvviso, si ferma spaven­tato) Dottore! M'è uscita qualche cosa dall'orecchio!

Rudi                              - (si avvicina e lo osserva: trionfante) Naturale che è uscita! Cera una goccia d'acqua ed è venuta fuori...

Seller                             - (si rasserena) Oh, come mi sento meglio, adesso!

Rudi                              - (ripone tutto nella borsa) Per cortesia, dove potrei lavarmi le mani?

Seller                             - (ad Agata che è rimasta ad osservare la scena) Accompagna il dottore nel bagno.

Agata                            - Favorisca... (esce dal fondo a sinistra).

Seller                             - (a Rudi che si avvia dietro Agata) Devo con­fessarle che mi vergogno un po' di averla disturbata per una cosa tanto da nulla. Ma, sa, per un attore è molto importante aver l'orecchio buono.

Rudi                              - (serio) Eh, lo so: per il suggeritore... (via nel bagno. Agata torna subito e attraversa la scena per en­trare in cucina).

Seller                             - (quando Agata è sulla soglia, con un grido) Samuele! (Agata si volge di scatto e corre verso di lui). Mi hai preparato il vestito?

Agata                            - (a bassa voce, in modo da far notare il contrasto col tono di Seller, e lanciando delle occhiate verso la  porta del bagno) Sì... sì... il vestito blu e le scarpe basse marrone.

Seller                             - Dopo cena verranno degli amici a prendere il caffè. Prepara anche il gelato.

Àgata                            - (sempre a bassa voce) Allora devo comprare lo zucchero...

Seller                             - (gridando) Come? Non «e n'è più? E dove sono andati a finire cinque chili di zucchero?

Agata                            - (è evidente che si vergogna che Rudi, attraverso la porta aperta, possa sentire tutto) Non erano cinque chili.»

Seller                             - (c. s.) Samuele, non mentire! Ogni primo di mese ne faccio portare cinque chili!

Agata                            - (con le lacrime agli occhi) Questa volta erano dieci...

Seller                             - Dieci, dieci, si capisce... E dove li hai messi?

Agata                            - Ho fatto le marmellate.

Seller                             - Ah, già... è vero... (Breve pausa). Ma cognac, almeno, ce ne sarà ancora?

Agata                            - Non ce n'è.

Seller                             - Che ne hai fatto delle due bottiglie di Hennessy?

Agata                            - (comincia a perdere la pazienza) Sabato mat­tina, quando sono venuta, lei, signor Seller, dormiva in pigiama nella vasca da bagno vuota e in sala da pranzo, sotto il tavolo, c'erano altri due signori. Secondo me c'è qualche rapporto tra tutto questo e la sparizione del cognac!

Seller                             - (in un urlo) Samuele, non mi mancare di rispetto, altrimenti ti caccio a calci!

Rudi                              - (era già sulla soglia: ha sentito le ultime battute. Molto imbarazzato non sa cosa fare, tossisce, poi entra) Dunque... allora io ime ne vado... (prende la borsa).

Seller                             - Quanto le debbo, caro dottore?

Rudi                              - Nulla, nulla. Dagli attori e dagli artisti non prendiamo mai nulla...

Seller                             - (contento) Oh, ma è veramente gentile! Non so proprio come ricambiarla... Da che parte va, dottore? Ho la macchina giù, in due minuti sono vestito e molto volentieri l'accompagno dove vuole... Accetti almeno questo...

Rudi                              - Grazie, non si disturbi. Vado a due passi da qui, al viale Elisabetta da un ammalato.

Seller                             - (ormai molto allegro) Magnifico! Devo an­dare anch'io da quelle parti. Due minuti è sono pronto. Samuele, fa sedere il dottore, offrigli delle sigarette (via dal fondo a sinistra, chiude la porta dietro di sé).

Rudi                              - (rimane in piedi. Batte le palpebre. E' molto in­dignato) La chiamano Samuele, qui... perché?...

Agata                            - (gli offre le sigarette; alzando le spalle) Mi considera un uomo... mi sono già abituata... Si serva...

Rudi                              - Grazie (prende la sigaretta ma non l'accende. Agata vuol andar via ma Rudi la trattiene) Rimanga, la prego. Io penso spesso a lei... e molto... Agatina. Lo so­spettavo che questo non fosse il posto indicato per una signorina così fine e così distinta... (Con profonda indignazione) ... Ma che la chiamassero Samuele... questo, poi, non l'avrei mai supposto!

Agata                            - Senta, dottore...

Rodi                              - Ad essere sincero, temevo anche un po' per lei... Una ragazza giovane, accanto ad un attore tanto ammirato... tutto il giorno... tra quattro mura...

Agata                            - (con rassegnazione) Oh, per me non c'è da temere...

Rudi                              - (con certezza) Perché lei saprebbe difendersi; non è vero?

Agata                            - Mi difende la mia bruttezza

Rudi                              - (indignato) Chi gliel'ha detto che lei è bruttar

Agata                            - (accennando con la testa verso la stanza da ba­gno) Lui... e, perché non lo dimentichi, me lo ripete almeno dieci volte al giorno.

Rudi                              - E le dispiace?

Agata                            - Nessuna ragazza di venti anni vorrebbe sen­tirsi dire sul viso che è brutta...

Rudi                              - E se anche fosse brutta? Ci sono tante sven­ture peggiori in questo mondo! La miseria... le malattie...

Agata                            - (scuote la testa) Non è vero. Da poveri si può diventare ricchi... da una malattia si può guarire... ma la bruttezza... la bruttezza è eterna e senza spe­ranza! ...

Rudi                              - (un po' febbrile) Certo... essere belli, non lo nego, è più gradito... ma essere brutti... Anche in questo c'è qualche bellezza. Guardiamo un po' nell'amore, Agatina... L'amore degli uomini belli è fatto di egoismo. Essi pretendono tutto, dall'amore... vogliono alimentarsene, sbocciare, mettersi in mostra. Noi brutti, invece, ci tuf­fiamo nell'amore come ci immergiamo nel mare- che non si può vedere neanche la punta delle orecchie... I belli, nell'amore, hanno l'orgoglio; i brutti, l'umiltà. An­che la poesia, non è il poeta che l'apprezza veramente, ma il dilettante, Agatina. (Dalla stanza da bagno giunge il gargarizzare rumoroso di Seller).

Agata                            - Come va la clientela, dottore?

Rudi                              - (sorride) Dice un proverbio che i principi sono sempre difficili. A me pare che sia più difficile con­tinuare.

Agata                            - Viviamo in un mondo poco allegro, dottore.

Rudi                              - Forse il male è soltanto in noi, Agatina. Non abbiamo abbastanza fantasia per trovare il mondo pia­cevole.

Agata                            - Lei può dire quello che vuole, caro dottore, ma la mia fantasia non riuscirà mai a scambiare la scopa per un bastone da golf. (Tra le quinte un rumore). Ha gettato a terra il corno delle scarpe.

Rudi                              - Impiega troppe a vestirsi, l'illustre attore. Credo che non lo aspetterò. La saluto, Agatina. (Agata gli porge la mano, Rudi si china e gliela bacia).

Agata                            - (ritraendola quasi vergognosa) Non si può, dottore...

Rudi                              - Vado al viale Elisabetta. A piedi... Lei ha ra­gione, Agatina: andando a piedi, se i calli ci fanno male, non possiamo illuderci di essere in una otto cilindri... (Si avvia in fretta) Addio, Agatina... Mi prometta che, se avesse bisogno, si rivolgerà a me... (sulla soglia si ferma) per qualunque cosa... (corre via; Agata lo segue).

Seller                             - (dopo una breve pausa, entra. E' molto elegante. Ha indossato un abito blu con scarpe e cappello marrane, guanti è bastoncino. La scena è vuota. Urla) Samuele! Samuele!

Agata                            - (torna molto agitata) Comandi.

Seller                             - Dov'è il dottore?

Agata                            - E' andato via.

Seller                             - Scema! Perché l'hai lasciato andare? Non t'avevo detto di farlo sedere? (Si avvia) Dunque... ora vado dal fotografo e poi dal sarto...

Asata                             - Vada anche all'agenzia...

Seller                             - Che diavolo di agenzia?

Agata                            - (a stento, facendosi forza) Signor Seller... si trovi un'altra donna per il primo del mese.

Seller                             - Come?

Agata                            - Io me ne vado.

Seller                             - E dove?

Agata                            - Non lo so ancora. Ma di qui me ne vado.

Seller                             - E' fantastico! Le altre ho dovuto cacciarle via con la violenza e tu rinunzi a me, di tua iniziativa...

Agata                            - (stizzita) Se avrò voglia di vederla, comprerò un biglietto al teatro-. Lì, almeno, non potrà essere sgar­bato con me.

Seller                             - Stupida! Quando mai sono stato sgarbato con te?

Agata                            - (con uno scatto) Per esempio, adesso!

Seller                             - Non ti lascio andar via. Ti aumento il salario dì cinque pengo e abolisco gli sgarbi. Ali right?

Agata                            - Non capisco perché tiene tanto a me. Ne trova quante ne vuole al mio posto.

Seller                             - Non capisci? Mi sono abituato a te. Sei una scema buona e tranquilla... e almeno in casa amo la pace. Ho abbastanza guai con le donne fuori di qui.

Agata                            - Allora si prenda una vecchia.

Seller                             - Non posso sopportare le vecchie, e neanche le brutte. Per amor di Dio, renditi conto: tengo tanto a te, perché sei la prima donna brutta che non mi fa ve­nire il mal di mare. Vedo che hai le gambe storte eppure mangio volentieri il gulyas che mi prepari.

Agata                            - (sul- punto di piangere) Continui, continui pure ad adularmi... così può essere certo che resto.

Seller                             - (schiocca la lingua) Ah, ora ho capito! Sei innamorata di me!

Agata                            - (il volto le si avvampa) Sii sbaglia di grosso! Io non sono affatto innamorata di lei e, grazie a Dio, finora non sono mai stata innamorata!

Seller                             - (le si avvicina) E non ti sembrava brutto avere il cuore vuoto?

Agata                            - Non mi sembrava brutto, perché, per lo più, anche lo stomaco era vuoto. E siccome lo stomaco vuoto brontola, mentre il cuore sta zitto... io ero più occupata a far tacere lo stomaco, signor Seller.

Seller                             - (la fissa negli occhi) Insomma, tu vivi qui da tre settimane e non sei innamorata di me. Non è mai accaduta una cosa simile! Che specie di donna sei? Io per te non significo nulla?

Agata                            - (un po' piccata) Sicuro che significa qualche cosa! E se può farle piacere... visto che me ne vadoposso anche dirglielo che non mi allontano tanto facil­mente da lei!

Seller                             - (molto offeso nella sua vanità, la stuzzica) Dunque, vedi?

Agata                            - (quasi senza volere, con emozione crescente) Per settimane le ho pulito le scarpe... le ho lavato le ca­micie... le ho stirato gli abiti... le ho rammendato le calze... l'ho visto di mattina, quando si. alzava dal letto. Le riordinavo la camera... mettevo a posto la retina dei suoi capelli... Lei era sempre volgare, sgarbato, rezzo, disordinato, ma un po' mi apparteneva. Perché le donne come me sono nate per curare un uomo, E per tre set­timane quell'uomo, per me, è stato lei, signor Seller... (rimane con lo sguardo fisso nel vuoto).

Seller                             - (ha un sorriso canzonatorio che Agata non vede; le afferra la mano e giuoca un po' con essa) Come sai parlare gentilmente...

Agata                            - Mi lasci la mano!

Seller                             - No... (Gliela guarda) Parola d'onore, è una vera, autentica mano di donna. (Le annusa i capelli) Sa­muele, tu ti lavi i capelli con la camomilla...

Agata                            - (ritraendosi con impeto) La prego...

Seller                             - Pardon! Non Samuele, Samuelina....

Agata                            - (si divincola) Mi lasci, per favore!

Seller                             - (ormai la stringe tra le braccia) Parola d'o­nore, hai un profumo femminile! (Ride) Alla fine verrà fuori che anche tu sei una donna!

Agata                            - (nervosa) Mi lasci, per favore! (Con impeto) Nessuno, mai, mi ha stretta così, lo sa?

Seller                             - Dimmi... è proprio tanto spiacevole? (Cerca dì turbarla) Confessa... non hai mai sentito che hai qual­che cosa di comune con me?... O che sarebbe bello avere qualche cosa di comune con me?...

Agata                            - (in pena) No-

Seller                             - (la stringe) Mai?...

Agata                            - (turbata, comincia a smarrirsi) Sì.„ una volta... solo una volta...

Seller                             - Quando?

Agata                            - Le doleva la gola. Si mise a ietto... mi fece sedere accanto a lei perché leggessi. Si addormentò e io rimasi tutto il pomeriggio seduta al suo capezzale.

Seller                             - Allora mi hai amato un po'?...

Agata                            - (senza più forza) Molto.-

Seller                             - Vedi? (Stringe a sé Agata che già comincia a cedere. Con voce suadente) Agata….. mi fa di nuovo male la gola... (Agata ormai è smarrita del tutto: la testa le cade sul petto di Seller. Con le mani si aggrappa alle sue braccia e rimane così stretta a lui per qualche istante. D'improvviso Seller con fredda superiorità le afferra le braccia e la spinge lontano) Ecco! (L'attore ormai ha rappresentato la sua parte) Ora fammi il piacere di tor­nare in cucina a prepararmi la cena. E non raccontare mai più che non sei innamorata di me.

Agata                            - (rossa dalla vergogna lo guarda sbigottita) Perché mi ha fatto questo?

Seller                             - Ma scusa... mi avevi spaventato! Credevo di cominciare a diventar vecchio... di aver perduto' il sex-appeal... di non essere più capace di conquistare una donna. Sia lodato Iddio         - (batte tre colpi sul legno) an­cora tutto è in ordine! (Si infila i guanti) Dunque, fi­gliuola mia, va in cucina! (Agata gira sui tacchi e, umiliata e addolorata, entra in fretta in cucina lasciando aperta la, porta. Seller finisce di infilare i guanti, accende una sigaretta, prende U cappello e chiama) Samuele! Sa­muele! Vieni qui... stupida! Volevo scherzare soltanto. (Nessuno risponde; si affaccia alla porta di destra] e guarda in cucina) Dove sei?... Dove è corsa quella pazza? (Si affaccia alla comune) Se n'è andata... (Prende un pic­colo specchio, si mette il cappello e si guarda) Se n'è andata... (Si mira ancora compiaciuto) Mah!... Non capisce, (getta lo specchio sul divano e si avvia). Fine del quarto quadro

QUADRO QUINTO

 (Lo stesso giorno del quadro precedente, un'ora dopo. La casa delle tre ragazze. Il piccolo appartamento è molto diverso dal primo quadro: ora dà l'impressione di un comodo nido, arredato con grazia femminile e molto buon gusto. Il divano Récamier di Juli regna immutato nell'al­cova della camera, al centro della quale è un tavolo ro­tondo. Alla parete dì destra vi è sempre la poltrona-letto di Susanna. Ad Agata è stata ormai assegnata un'ottomana che ha trovato posto nel salottino. Essa è ricoperta di una fodera a falpalà di cretonne a fiori colorati, e così pure le sedie. Sempre nel salottino, su un tavolinetto, il tele­fono. In anticamera vi è ora un attaccapanni e incassata nel muro una piccola ghiacciaia. Su tutta la casa, é cioè sugli oggetti di diversa origine che l'arredano, dominano ormai il gusto e il denaro di Juli. Quando il sipario si alza, Juli, in vestaglia, canticchia aggiustando dei fiori in un vaso. Poi cava da un tiretto una bella tovaglia e la stende sul tavolo; va in anticamera, apre la ghiacciaia e si accinge a prendere qualche cosa, quando si sente suonare il campanello. Richiude la ghiacciaia e felice va ad aprire la porta).

Juli                                - Sandor! (Entra Carlovic: è in abito scuro. Si vede che è nervoso. Non ha la sua abituale tranquilla su­periorità. Ora non è lui che l'abbraccia, ma lascia che U faccia Juli) Dunque, che c'è stato di bello al matrimonio? Raccontami...

Carlovic                        - (attacca il cappello ed entra) Cerimonia di lusso: lungo velo, corona di mirto, marsina, organo. arcivescovo... A stento mi è riuscito di stringere la mano a Fredi e sono scappato via subito.

Juli                                - Sarà felice, ora?

Carlovic                        - Credo di sì. Ma Geraldino non è più in­telligente di Susanna, sai... E' troppo innamorata di lui! (D'improvviso) Vedi, Juli... Eredi avrebbe dovuto tro­vare una donna come te.

Juli                                - Come me? Perché?

Carlovic                        - (con un sorriso strano) Perché tu non sai amare... e per quello stupido di Fredi ci vuole una don­na che non lo ami... Sono sicuro che le rimarrebbe fedele.

Juli                                - (con impeto) Io non ti amo?

Carlovic                        - Tu?... Amarmi?... (Alza le spalle) Chi riesce a comprenderti? (Breve pausa. Cava di tasca un astuccio) Tieni... l'ho preso per te.

Juli                                - (apre piano piano l’astuccio che contiene un anello con un brillante purissimo e così grosso che quasi le copre il dito. Con devozione) Un brillante!

Carlovic                        - A te piacciono i brillanti, lo so... non so­gnavi altro... è vero? (Le prende la testa tra le mani, gliela rovescia indietro e la bacia).

Juli                                - (felice) Che pietra meravigliosa! Come è gran­de! Oh Dio! Il mio primo brillante!...

Cahlovic                        - Non temo per te... ne avrai molti altri... non da me, purtroppo. Ora non ne ho più né il tempo né il denaro... Forse tra qualche anno... se tornerò... se ti degnerai ancora di rivolgermi la parola...

Juli                                - Sandor! Come puoi dire una cosa simile?

Carlovic                        - Tu sei una donna piena di buon senso, Juli, e spero che non muterai. Avrai gioielli, una casa tua, un conto "Corrente alla banca... non ti mancherà nulla. (Breve pausa). Non avertene a male, perché è la tua for­tuna questa: tu sei come una carta moschicida sulla quale volano soltanto i ricchi e vi rimangono appiccicati...

Juli                                - Perché mi dici così? Vuoi farmi soffrire? Carlovic. Dio me ne guardi! (Si volge altrove) Però è un vero peccato che non sia stato Fredi, invece, a innamorarsi di te!

Juli                                - Vorresti dire che mi hai amata?

Carlovic                        - Un po'.

Juli                                - Un po'?

Carlovic                        - (con tono profondo ma come se la confes­sione gli sfuggisse) Più del necessario... Ma non fa nulla! (Con studiata indifferenza) Non ne morirò!

Juli                                - Me ne accorgo...

Carlovic                        - (siede, e fa sedere Juli sulle sue ginocchia) Dunque, vieni qui... così... ecco... E' vero!... Abbiamo passato insieme giorni magnifici... siamo stati felici... ed ora ci separiamo... e ci separiamo mentre non siamo ancora stanchi... (Vince questo momento di debolezza e passa all'ironia) Tu, una volta, mi hai fatto una disserta­zione sulla maniera di separarsi con eleganza. Non l'ho dimenticata. E ci atterremo ai tuoi insegnamenti.

Juli                                - Dimmi, Sandor, perché mi fai male? Non hai occhi? Non vedi?! (l'ultima parola è detta quasi con un grida. Poi il dominio dei suoi nervi l’abbandona e scoppia in un pianto amaro quasi selvaggio).

Carlovic                        - (sbigottito) Non piangere, Juli.. (La prende per mano) Guarda me! Piango io forse? (La fissa negli occhi) Non hai pianto mai finora... E proprio adesso, all'ultimo giorno, vuoi inzuppare di lacrime l'im­bottitura della mia giacca?

Juli                                - (spaventata) L'ultimo giorno?!

Carlovic                        - Sì... il penultimo... E' arrivato il cablo­gramma. Parto dopodomani.

Juli                                - (molto piano) Due giorni soli... Ma questi due giorni appartengono a me... Niente affari, niente pa­renti... Sono tutti per me... Poi ti accompagnerò alla stazione... e te ne andrai!

Carlovic                        - Domattina ti telefonerò. Eventualmente po­tremo andare in qualche poeto. Va bene?

Juli                                - (spaventata) E stasera?

Carlovic                        - Purtroppo non sono libero.

Juli                                - Avevi detto che cenavi qui...

Carlovic                        - Allora non sapevo ancora che la piccola Lidia avrebbe avuto libera uscita dal collegio.

Juli                                - E che vuol dire?

 Cahlovic                       - Non capisci? Non la lascerebbero uscire un'atea volta. E poi io parto. Poverina! Rimarrà chi sa per quanto tempo sola, fra estranei... E le ho promesso che, prima di andar via, l'avrei condotta al Parco dei divertimenti.

Juu                                - Ai Parco dei divertimenti... (Amara) Capisco che è una cosa molto importante! (Si suona all'ingresso). Scusami... (va ad aprire).

Lidia                             - (la piccola gatta selvatica di provincia è diven­tata una vera e propria damina: scarpe fini, calze di seta, un vestito da ragazza semplice ma molto carino e un bel cappellino. W accesa in volto, eccitata, allegra. Entra come un bolide) Zio Sandor, andiamo? Altrimenti il Parco si chiude.

Jum                               - (stupita la saluta) Buona sera, Lidia.

Lima                              - (non la sente nemmeno e corre da Carlovic) In macchina non potevo aspettare più.

Cahlovic                        - (un po' imbarazzato, severo) Non sai che si saluta quando si entra in una casa?

Lidia                             - (verso Juli) Buona sera... (A Carlovic) E quando scendiamo non vi stupite se non vedete la mac­china: è cento metri avanti. Ho voluto guidare un po' anch'io... Ma poi non sono stata capace di tornare indietro.

Cahlovic                        - Come hai osato mettere in marcia l'auto­mobile?

Lidia                             - Oh, sono pratica, io! Ho già guidato trattrici e camion! Ma nella vostra macchina non ho saputo tro­vare la marcia indietro... Non perdiamo più tempo! An­diamo! (lo prende a braccetto).

Cablovic                        - (prende il cappello; a Juli) Domattina ti telefonerò. Va bene? (Juli rimane immobile e fa cenno dì sì con la testa, incapace di parlare). Arrivederci...

Lidia                             - (con un piccolo cenno della testa verso Juli) Buona sera! (A Carlovic, gentilmente) Come vedete, ora l'ho salutata! (Lo trascina fuori) Per voi non sono molti, venti pengo, per un manubrio di bicicletta, non è vero?

Cahlovic                        - Che manubrio?

Lidia                             - (con un po' di timidezza) Sapete, zio Sandor... giù c'è il ciclista che ho investito... e chiede tanto... (escono a braccetto. Lidia chiude la porta allegramente. Juli rimane immobile. Li segue con lo sguardo. Poi corre alla finestra e si sporge fuori. Torna e si lascia cadere su una poltrona).

Susanna                         - (dopo breve pausa apre con la chiave la porta dell'ingresso. Indossa un vestito a disegni di moda. Ha in mano un cappello rosso molto vistoso. Entra len­tamente. Siede lenendo sempre il cappello tra le mani) Si sono sposati...

Juli                                - (si alza, si volge altrove, si asciuga gli occhi, cerca di dominarsi) E tu hai voluto assistere al matrimonio...

Susanna                         - In chiesa può andare chiunque... Pensavo che forse non si sarebbe fatto... (Triste) Rinviato a causa del cattivo tempo... o che farse, all'ultimo momento, ar­rivasse la grazia sovrana...

Juli                                - Quella viene concessa soltanto per i condan­nati a morte! Per gli sposi mai! (Pausa più lunga).

Agata                            - (spinge la porta d'ingresso che Susanna aveva lasciata soltanto accostata. Entra di corse. E' ansante è agitata, senza cappello e senza giacca, col grembiulino rosa, così come è scappata da Seller).

Juli                                - (stupita) Agata! Che vi è accaduto?

Agata                            - Ho piantato Seller!

Juli                                - E perché?

Agata                            - (con impeto) E' rozzo! Troppo volgare! Non ne potevo più...

Juli                                - Non fate la bambina! Per voi rappresenta il pane! Tornate subito...

Agata                            - Da lui? Mai!

Susanna                         - (si avvicina ad Agata e la fissa negli occhi) Ditemi, siete innamorata di Seller?

Agata                            - Di quell'uomo? Piuttosto mi ammazzerei! (fremente, va su e giù per la stanza. Pausa).

Susanna                         - Ho visto che Carlovic se n'è andato.., non cena qui?

Juli                                - (con forzata allegria) Sì, se n'è andato... Do­veva accompagnare la cuginetta al Parco dei diverti­menti... (Pausa più lunga). Dopodomani torna in America,

Susanna                         - Come lo sai?

Juli                                - Me l'ha detto lui...

Susanna                         - Per te la cosa è meno grave... Tu non lo ami tanto...

Juli                                - (la guarda) Hai ragione... Io non lo amo tanto.

Agata                            - (con disprezzo) Uomini!

Juli                                - Fredi si è comportato molto correttamente con te. A quanto mi risulta, penserà al tuo avvenire.

Agata                            - Naturale! Vorrà darle del denaro.,.

Susanna                         - Non è così che deve pensare a me!

Juli                                - Pazza! Di' un po': ti illudevi forse che ti spo­sasse invece di Géraldine?

Susanna                         - Io lo amo più di lei!

Jun                                - Sei ridicola!... (A se stessa, con amarezza' ... come sarei stata io se mi fossi illusa che Sandor m'a­vrebbe portata con lui in America.

Agata                            - Quanto soffrireste vedendo che. invece, vi la­scia qui...

Susanna                         - A quest'ora sono in treno...

Julì                                - Tu non saresti neanche capace di smoverti ac­canto a lui...

Agata                            - (amara) Parlate le lingue straniere, forse?... Sapete andare a cavallo?... Conoscete il tono, i modi, gli usi del suo ambiente?... Non vi intendete di terre, non sapete suonare, non avete l'abitudine di leggere..,

Juli                                - Che potrebbe fare con te.;, oltre una certa cosa della quale, ti assicuro, anche una qualsiasi Géraldine si intenderà in quindici giorni? (Susanna si alza, stringe i denti e si aggrappa al tavolo).

Agata                            - (corre a sostenerla) Che avete?

Susanna                         - Da vari giorni ho dei capogiri... è tosi strano... Ma ormai è passato...

Agata                            - Per amor di Dio!... Cercate di farvi forza!...

Susanna                         - Se aveste visto con quanta eleganza por­tava in mano il cilindro... Mio Dio! Perché non sono morta là, dinanzi ai suoi occhi?

Agata                            - Non si muore mai quando si vorrebbe!

Juli                                - (come se compiangesse se stessa) Stupida! Neanche io muoio perché non mi porta con sé...

Susanna                         - Una volta,: distrattamente, mi son messa un dito in bocca per stuzzicarmi un dente.,. Non m'ha detto nulla, ma ho capito che gli dispiaceva... E come odiava questo cappello rosso! Credete, non era possibile che mi amasse perché sono così volgare...

Jui.i                               - (comincia a cavar fuori da un mobile stoviglie, bicchieri, ecc.) Beh! Ora non pensarci più! Sarà me­glio cenare... (Con una piccola smorfia) La mangeremo noi la cena del signor Carlovic.

Agata                            - (si avvicina a Juli e le toglie i piatti di manti) Apparecchio io... (Con un sorriso) Sono pratica... (Si bussa alla porta).

Juli                                - Hanno suonato. (A Susanna) Asciugati gli oc­chi (Anche lei si rassetta).

Susanna                         - (va ad aprire asciugandosi gli occhi) Da quando non ho potuto pagare la quota della pigione non è più un problema sapere chi deve andare ad aprire la porta! (Apre. Durante tutta la scena che segue Agata continua ad apparecchiare la tavola. Di tanto in tanto si ferma ad ascoltare quello che si dice in salottino).

Beniamino                     - (entra col cappello e i guanti in mano) Buona sera.

Susanna                         - (sbigottita) Buona sera...

Jun                                - (gli va incontro e riprende il suo sorriso conqui­statore) Benvenuto! A che dobbiamo la vostra visita?

Beniamino                     - (stringe la mano di Susanna e bacia quelli di Juli) Per quanto sia felicissimo di aver trovato in casa anche voi, pure devo far presente che sono qui con un incarico ufficiale. Il conte Fredi Telegdi, mio cliente, mi ha incaricato di avere un colloquio con la signorina (indica Susanna).

Juu                                - Entrate, entrate. (Si avvia verso il salottino) Potete parlare tranquillamente... io mi ritiro...

Susanna                         - (l'afferra) Rimani! (A Beniamino) Se il conte l'ha mandata qui per qualche affare di carattere materiale, non si dia neppure la pena di...

Beniamino                     - (con molta finezza) Prego, signorina... Il conte vorrebbe offrirvi una somma ingente, con la quale...

Susanna                         - E a che titolo il signor conte vorrebbe darmi del denaro?

Beniamino                     - (stupito) Scusi... non capisco la sua do­manda...

Susanna                         - Non si dà mai denaro senza un controva­lore. Se io dò un pengii al facchino, lui, in corrispettivo. mi porta via la spazzatura per un mese. Che ho dato io al conte, perché mi voglia pagare ad ogni costo?

Beniamino                     - (molto imbarazzato) Scusi... questo lo saprà lei... Il conte Telegdi ha la precisa volontà...

Susanna                         - Ma che volontà e volontà! Grazie a Dio. in questo caso è soltanto la mia volontà quella che conta! Perché anche una povera ragazza può avere una volontà, caro signor avvocato!

Juli                                - (in tono di rimprovero) Susanna!

Susanna                         - Lasciami in pace! Non voglie' il suo de­naro! E lei, signor avvocato, sì tenga bene a mente che la mia decisione è «laconica» al cento per cento! Può darsi benissimo che io abbia fatto qualche sacrifizio... ma il conte deve tenerselo... Anche lui, una volta nella  vita, si deve rassegnare a ricevere un regalo... E con ciò basta!

Beniamino                     - (si alza) Ne prendo nota... Ma se, even­tualmente, mutasse decisione...

Susanna                         - (si alza anche lei molto agitata) Non muto nulla! E se lei parlerà col conte, gli dica che tutto va bene... che le cose sono in ordine... e che ciò che è stato, è stato molto bello... (Piange) Gli dica anche che sono allegra e contenta... (corre nel bagno dove si accascia su uno sgabello singhiozzando. Agata le si avvicina e l'ac­carezza. Parlano tra loro a bassa voce durante la scena che segue tra Beniamino e Juli).

Beniamino                     - Poverina!

Juli                                - (si alza) Farò io i conti con la sua testa e poi vi telefonerò (si avviano verso l’ingresso).

Beniamino                     - (la guarda come U cane guarda il padrone) Almeno così sentirò la vostra voce. (Si ferma un at­timo) Ho saputo che Sandor partirà tra breve...

Juli                                - Dopodomani.

Beniamino                     - (con un tremito) Non avete dimenticato il nostro colloquio?

Juli                                - No... Ma forse non è ancora il momento di parlarne.

Beniamino                     - (con molta finezza) Non vi sollecito... (Breve pausa). Non voglio immischiarmi nelle vostre cose (piccolo gesto) ...ma questo ambiente non è per voi. (Juli vuol parlare). Non mi interrompete, vi prego. In via del Museo ho una palazzina... Al primo piano, ora, si farà libero un appartamento di quattro stanze... Non l'affitterò... lo ammobilierò... ho dei bei mobili antichi... e se un giorno aveste voglia di andarvi ad abitare... te­lefonatemi.

Juli                                - (con un lieve sorriso) Forse, se vi telefonassi, vi spaventereste...

Beniamino                     - (serio, con tono molto profondo) Volete l'intera palazzina?

Juli                                - Vi consiglierei di andarvene... e subito... altri­menti mi offrite anche il Museo!

Beniamino                     - (si china a baciarle la mano) Uno…. due... tre... quattro... cinque... Non c'è nell'elenco.

Juli                                - Che cosa?

Beniamino                     - Il numero del mio telefono privato... Ma si ricorda facilmente (le bacia la mano cinque volte una dopo l'altra). Uno... due... tre-, quattro... cinque... (esce e richiude la porta. Susanna, intanto, aiutata da Agata, si è alzata dallo sgabello. Agata con molto garbo e con affetto le lava il viso e glielo asciuga come si farebbe ad una bambina. Poi entrambe entrano nella camera dove è diretta anche Juli).

Susanna                         - Juli, io...

Juli                                - Non ti capisco! Perché sei così stupida? Che ne sarà di te?

Susanna                         - (è pallida ma ha gli occhi splendenti. Sui suo volto è un piccolo sorriso che prima non si vedeva. Anche Agata è visibilmente turbata. Con molta calma) Senti, Juli... credo che avrò un bambino... (Juli rimane impietrita a guardarla). Spero di non sbagliare...

Juli                                - Oh, povera Susanna! E come farai?

Agata                            - (un po' febbrile) No, no! Non le dite povera... sarebbe da compiangere se il bambino non venisse...

Susanna                         - (irradiata dalla felicità) ...se in autunno, tornando al teatro, vedessi una sera Fredi con la moglie nel palco di proscenio... allora sì che sentirei tutta l'a­marezza della mia vita... per dispetto potrei darmi alprimo che capita... Ma ora ho questa speranza...

Agata                            - (quasi sognante) Dio mio! Avrà un piccolo corpetto di lana a maglia...

Susanna                         - Dovrò fargli il bagno ogni giorno...

Agata                            - E dopo bisognerà incipriarlo ben bene...

Susanna                         - Poi dovrò lavare le fasce, i pannolini...

Juli                                - (che è andata alla tavola) Ma i pannolini si devono anche comprare, prima... E con che cosa lo man­terrai?

Susanna                         - (riflette) Dunque, prima prenderà il latte...

Agata                            - E allora non gli occorre altro vitto.

Susanna                         - Dopo, naturalmente, lavorerò per lui. Sono una brava modista...

Juli                                - (per vincere la commozione che l'invade, con finta rudezza) Non c'è che dire! Sono sistemata bene con voi due! (Fa alla ghiacciaia e porta dentro un piatto preparato con la carne fredda. Poi mette due bottiglie di spumante sulla tavola) Beh, ora asciugatevi gli occhi e sedete... (seggono tutte e tre).

Susanna                         - Siamo sistemate bene tutte e tre, ve l'as­sicuro. Anch'io... (A Juli) Anche tu... (Ad Agata) An­che voi... (Ride) Guarda! Ci diamo ancora del voi! Aspettate un momento... Ora berremo e poi ci daremo del tu. (Alza la bottiglia di spumante) Chi di voi la sa sturare?

Agata                            - Io (prende un tovagliolo e con grande abi­lità la stura).

Susanna                         - Guarda come è pratica! (versa lo spu­mante nei bicchieri).

Agata                            - Seller, una volta, in presenza di tanti invi­tati, mi promise degli schiaffi perché avevo lasciato scap­par via la spuma. Da allora in poi ho imparato...

Susanna                         - ; Che autentico gentiluomo! Veramente non dev'essere l'ideale, per una ragazza, servire in casa sua e vuotargli i portacenere... (Tocca il bicchiere di Agata) Prosit!

Agata                            - (tocca) Prosit! (Susanna e Agata incrociano il braccio destro e bevono col braccio incrociato. Poi po­sano i bicchieri e si baciano. Lo stesso si ripete tra Agata e Juli. Poi le tre ragazze mangiano. Agata passa a tratti da un eccesso ali'altro: è triste, chiassosa, seria, scherza allegramente) Come fa bene lo spumante in queste occa­sioni! (Con tristezza) Può far dimenticare tutto...

Susanna                         - Il guaio è che la mattina dopo bisogna svegliarsi di nuovo.

Agata                            - (piano) Non è proprio indispensabile!

Jun                                - (mettendo la mano su quella di Agata) Bisogna aver coraggio, figliuola mia, e guardare in faccia le cose come sono.

Susanna                         - Ben detto! (Si accorge dell'anello di Juli) Che magnifico anello!

Juli                                - Me l'hanno regalato oggi...

 

Susanna                         - Ah, ah! Quel Carlovic! Lunedì un libretto di risparmio e oggi un anello...

Agata                            - Si fa veramente onore! (beve).

Juu                                - Non bere tanto.

Susanna                         - Ti dispiace che ti beva lo spumante? Agata, stura anche l'altra bottiglia! Quando l'avremo finito tutto ci sentiremo trasportate in cielo!

Agata                            - (mentre stura l'altra bottiglia) Magari! Come sarebbe bello incontrarmi lassù con la mamma...

Susanna                         - Ma dov'è, poi, il cielo?

Agata                            - (indica in alto) Lassù...

Susanna                         - Quella è la stratosfera! L'ha scoperta un francese...

Agata                            - Un belga. Si chiama Picard.

Susanna                         - Sì, sì, Picaver... l’ho visto al cinematografo. Ha una criniera come un leone.

Agata                            - (comincia ad essere già un po' brilla: il suo tono è più vivace) Gran bella cosa la scienza! Se un calzolaio osasse portare una capigliatura simile gli met­terebbero la camicia di forza. (Dopo breve pausa, con al­tro tono, guardandosi intorno) Cercatevi un'altra compa­gna perché io voglio andarmene di qui.

Juli                                - E dove vai?

Agata                            - (con semplicità) In un posta dove mi daranno anche l'alloggio.

Susanna                         - Allora neanche io rimango più. Ogni volta che passo per il calottino mi ricordo di lui... e mi ven­gono le lacrime.

Juli                                - Oggi mi hanno offerto un appartamento in via del Museo.

Susanna                         - Il gobbo? Faccio osservare di aver sem­pre predetto che la signorina Juli Kozman avrebbe fatto carriera. Un signore del quale ignoro il nome, nell'an­no X, ha inventato il pallone dirigibile...

Agata                            - (ridendo) ...tu invece hai inventato il cuore dirigibile! Sei un genio,

Juli                                - (6ete).

Juli                                - (le toglie di mano il bicchiere) Non ti per­metto di bere più!

Susanna                         - Lasciala! Da quanto comprendo, presto ci sparpaglieremo per il mondo, e forse questa è la no­stra cena d'addio...

Agata                            - (si alza col bicchiere in mano) E' generoso da parte tua, Juli, offrirci lo spumante. Io non avrei potuto farlo. Tutto il mio patrimonio ammonta a due pengo e cinquanta... Avrei potuto contribuire ad accre­scere lo splendore di questa mensa con tre etti di pro­sciutto.., (Alza il bicchiere) Per tale ragione consentitemi di fare almeno il brindisi.

Juli                                - Smettila con le sciocchezze!

Susanna                         - Lasciala parlare!

Juli                                - Siedi!

Agata                            - (senza darle retta, accesa in volto) Gentili signore e signori stimatissimi! Non crediate che io sia ubriaca solo perché con determinato proposito ho apo­strofato anche gli nomini...

Susanna                         - Che parole difficili adoperi!

 Agata                           - (c, s.) ...Se ritenete che qui vi siano soltanto delle signore, vi sbagliate profondamente. Accanto a voi, per esempio, cara Juli Kozman, di professione manne­quin, siede il signor Sandor Carlovic...

Juli                                - Taci, ti prego!

Agata                            - ... Il sunnominato signore, in questo momento, si illude di essere sull'otto volante con la sedi­cente cuginetta. Grave errore di ottica da parte sua, in quanto il signor Carlovic è qui e di qui non potrà mai allontanarsi. Perché Juli Kozman, mannequin, lo ama...

Susanna                         - ... sebbene gli abbia spremuto svariati bi­glietti da mille...

Agata                            - ... sebbene abbia accettato da lui gioielli e libretti di risparmio. E dopo breve tempo dalla sua partenza, lo tradirà, ve lo giuro...

Susanna                         - ...con un individuo straricco e gobbo!

Juli                                - (a Susanna, con uno scatto) Taci, altrimenti ti dò un ceffone!

Agata                            - (col bicchiere in mano) Alzo poi il bicchiere a Sua Eccellenza il conte Fredi Telegdi. Vuoto il calice al nobile magnate il quale onorava del suo amore Su­sanna Keleeeny, ballerina e modista, e per questo sola fatto la eleggeva a madre del suo primogenito...

Susanna                         - ... di là da venire...

Agata                            - Ho lasciato per ultimo il terzo convitato che occupa il posto accanto a me: l'ammirato e festeggiato attore Andrea Seller... (Drizzandosi e indicando se stessa) La nobildonna Agata Silossy, cameriera a mezzo ser­vizio, in cambio del sostegno pecuniario da lui avuto, lo sosteneva quando egli rientrava a casa ubriaco. Gli stirava inoltre la biancheria, gli faceva da cucina, prov­vedeva alla pulizia dell'ingresso, salotto e locali ac­cessori...

Susanna                         - ...e frattanto si innamorava di lui!

Agata                            - (stizzita) Non è vero!

Susanna                         - La nobildonna non ha motivo di vergo­gnarsi delle sue estasi per l'ammirato attore...

Juli                                - Non deve dimenticare che abitava in questa casa da noi interamente saturata d'amore...

Susanna                         - (con comica ammirazione) Che espressioni ricercate!

Agata                            - Saluto i predetti gentiluomini dal modesto ambiente verso il quale si degnarono abbassarsi, fra tre povere ragazze bocciate in amore. Perché, stimatissime signore, tutte e tre noi siamo state bocciate in amore...

Susanna                         - ... come io fui bocciata in geografia alla quarta elementare...

Agata                            - Ma nell'amore siamo state bocciate mala­mente, signore mie... (le cascano le lacrime) ...e non pos­siamo neanche ripetere la classe... perché questa materia la possono ripetere soltanto gli individui deboli e senza carattere... (ora piangono tutte e tre) ...perché una che ha carattere, signore e signori, in questa vita ama sol­tanto una volta... e poi... basta! Finita!... E mai più! (Con un singhiozzo si butta sulla tavola).

Fine del quinto quadro

EPILOGO

(Due settimane dopo, in casa delle tre ragazze. Lo stesso arredamento del quinto quadro. Il divano-letto di Juli e rifatto e vi giace immobile Agata, pallida, con gli occhi chiusi. Ha indosso una camicia da notte di seta di Juli. Nella camera è un gran disordine. Su un tavolinetto ac­canto al Récamier una catinella con acqua; in terra degli asciugamani; su una sedia la borsa da medico di Rudi e dei ferri).

Juli                                - (in abito da mattina, siede sulla sponda del Récamier) Sicché, dottore?...

Rudi                              - (è accanto al letto e tiene il polso di Agata: guarda l'orologio; è evidentemente stanco e sconvolto) Pst! l'ammalata ha bisogno di riposo... Tra poco ripren­derà i sensi.

Juli                                - (commossa) Si figuri che dovevo rientrare sol­tanto stasera... Sa, dottore, ora si prepara il mio nuovo appartamento in via del Museo... I tappezzieri lavorano tutto il giorno... Ero andata appunto per sorvegliare, quando mi sono accorta di aver dimenticato a casa i campioni delle tende. Sono tornata per prenderli... e lì, sull'ottomana, c'era Agata che si contorceva in preda ai dolori. M'ha detto che, per sbaglio, aveva bevuto la soda che abbiamo sempre nel bagno... Non capisco come abbia potuto commettere un errore simile... e non capisco an­che perché non abbia chiesto subito soccorso... Se non fossi tornata qui per un puro caso...

Rudi                              - Grazie a Dio! Così ho potuto farle in tempo il lavaggio dello stomaco e ora la guarigione è sicura, perché la soda non ha avuto il tempo di...

Juli                                - Ma è proprio certo che guarirà? Non dovrei farla trasportare in una casa di salute?

Rudi                              - No, no, si fidi idi me! Sono stato per due anni assistente all'ospedale di San Rocco, nella sala del pronto soccorso. (Con molto affetto riappoggia la mano di Agata sul letto) Domani potrà alzarsi... (Chiude i ferri e gli oggetti nella borsetta. Agata respira sempre più frequentemente e più forte. Juli rassetta la camera) Chi sa che cosa le è passato per la testa... Vorrei proprio sapere se è stato uno sbaglio...

Juli                                - Ma che pensa, dottore? Si figuri che domani avrebbe dovuto occupare un nuovo posto... come gover­nante in una famiglia molto distinta.

Rudi                              - Forse appunto per ciò! Sa... Non è piacevole, con la sua cultura, adattarsi alle mansioni di una do­mestica...

Agata                            - (apre gli occhi, geme) Mi sento male...

Rudi                              - (con tono aggressivo grida) Ecco! Vede? Come si fa ad essere tanto sciocca? (Con rimprovero) Le avevo detto di rivolgersi a me per qualunque cosa! Perché non m'ha telefonato subito? Dunque, non merito neanche un minimo di fiducia da parte sua?

Juli                                - (lo prende per un braccio lo trae in disparte e gli dice piano) Dottore... l'ammalata ha bisogno di riposo...

Agata                            - (afferra la mano di Juli) Dottore... perché si è disturbato tanto per me? Forse sarebbe stato me­glio se non mi avesse aiutata...

Rudi                              - (fuori di sé grida) Se lei dice così, io...

Juli                                - Bst!

Rudi                              - (si batte sulla bocca) Silenzio!

Agata                            - (si guarda intorno e sospira) Oh, quanta strada ho fatta! Riposo sul tuo morbido Récamier... e questa è la tua bella camicia di seta...

Susanna                         - (apre con la chiave la porta d'ingresso ed entra agitata. Si capisce che è già informata) Che è accaduto?

Juli                                - (la tira in disparte e la fa tacere) Agata si è sentita male... ma ora sta già meglio... il dottore l'ha fatta tornare in sé.

Susanna                         - (in tono un po' melodrammatico) Agata, per amor di Dio! Hai perduto il cervello?

Agata                            - (con un pallido sorriso) Se non fosse stato per il dottore, ora forse saprei se avevi ragione tu per quella faccenda della stratosfera...

Rudi                              - (battendo le palpebre per nascondere le lacrime) Beh! Beh! Non ne parliamo più! Per favore, dove potrei lavarmi le mani?

Juli                                - (indica) Nel bagno. (Rudi va nel bagno dove si lava e si asciuga meticolosamente. Appena Rudi è uscito, Juli prende Susanna per un braccio e la porta un po' avanti. Con tono di rimprovero) Susanna... come ti viene in testa di pensare certe sciocchezze?

Susanna                         - Perché? Lo troveresti tonto strano? Ha venti anni e non ha avuto ancora una giornata di gioia in vita sua... Si è laureata con lode, conosce il francese, la stenografia e la dattilografia... sa che al mondo vi sono tante belle cose inutili: vestiti, automobili, balli all'aperto, cene all'isola Margherita, viaggi... Figurati che con quat­trocento pengo si può fare un viaggio in, Norvegia... (col pianto nella voce) ...e lei sapeva che non avrebbe avuto mai quattrocento pengo per andare a vedere i fiord a prezzi ridotti...

Juli                                - Taci! (Piano) Non tormentare quella poverina con le tue fantasie... E non agitarti anche tu... lo sai che ti può far male!

Susanna                         - (con dolore) Ormai posso agitarmi quanto voglio... non c'è più nulla che possa farmi male...

Juli                                - (preoccupata) Perché? Che t'è successo?

Susanna                         - (piano, con sincerità) Niente... purtroppo... Non era che una mia illusione come tante altre... Volevo diventare attrice e non ci sono riuscita... sognavo una grande passione, e non ho saputo ispirarla... (con le la­crime agli occhi) ... volevo un bambino e non ne seno stata capace... Non sono proprio buona a nulla! (Squilla il telefono; prende il ricevitore) Pronti! Chi parla?.... (Porge il ricevitore a Juli) L'avvocato Horvath...

Juli                                - (al telefono) Buon giorno... sono io... (Non appare affatto allegra, anzi il suo tono è quasi doloroso) Mille grazie... la sala da pranzo è magnifica... Sì... le tende le metteranno su oggi... Sì... forse starà meglio nel sa-lottino... molto gentile... No... non ho ancora fatto le valigie... Un contrattempo... è accaduta una cosa... vi dirò poi... Va bene... Allora mandatemi la macchina alle sette e mezzo. Arrivederci (riattacca. Rudi intanto è rientrato: mette una sedia al capezzale di Agata, vi siede e non distoglie più lo sguardo da lei. Juli va da Susanna che si era un po' allontanata e la prende per mano) Vieni con me... debbo parlarti... Voglio sbrigare anche questa fac­cenda prima di andarmene via. (Passano nel salottino) In questo stesso stabile si vendeva un piccolo negozio di modista, con un appartamentino superiore molto bene arredato. L'ho comprato per te.

Susanna                         - (subito ribellandosi) Bada che se hai accet­tato denaro da Fredi in nome mio...

Juli                                - Devi considerarlo un prestito. Lo restituirai. Lavorerai... sarai solerte... economa... Anch'io comprerò i cappelli da te...

Agata                            - (dal letto) Anch'io!

Rudi                              - Ma, per favore! Come si può parlare di cap­pelli quando c'è un'ammalata? La fate agitare! E lei, Agatina, non stia ad ascoltarle...

Susanna                         - (rimane un po' soprapensiero) Non avresti dovuto farlo... Non posso accettare...

Juu                                - Stupida! Ti ripeto che è un prestito. Tu sei abile e il negozio certamente andrà bene... In autunno metterai la targa luminosa... in inverno ti organizzerai per vendere anche tricots e pullovers... e in primavera farai un fallimento così intelligente che potrai restituirgli il denaro in una volta sola! (Ridono tutti. Juli prende per mano Susanna e la trascina un po') Vieni dunque... andiamo a guardare il tuo negozio... Agata, torniamo su­bito... (prende a braccetto Susanna ed escono).

Rubi                              - (dopo breve pausa, con molta dolcezza) Io vorrei proprio sapere perché lei trova la vita tanto insop­portabile...

Agata                            - (parla come se fosse tornata da molto lontano) Perché? (Breve pausa) Sa, caro dottore, due sole cose ci fanno amare la vita: avere qualcuno che si occupa di noi... o qualcuno del quale poterci occupare... Se si avesse una data, una meta da raggiungere, si riuscirebbe a resistere fino al punto in cui... qualche cosa accadrà...

Rudi                              - Una meta? E che meta si può avere oggidì? Per esempio, per me, la meta, in questo momento, è di pagare ad una fabbrica di oggetti sanitari duemila pengo in rate mensili di cinquanta pengo. Occorrono quaranta mesi. Ora ho circa trentacinque anni... e, se potessi pa­gare regolarmente, arriverei a trentotto. Ma siccome, pur troppo, vi saranno ritardi, protesti, sequestri, ricorsi in appello, spese di avvocato ed interessi., arriverò a quarant'anni... E allora potrò iniziare un nuovo pagamento rateale!

àgata                             - Vede? Io, però, non ho neanche pagamenti rateali, perché a me nessuno farebbe credito!

Rudi                              - E questa è soltanto una parte della mia vita. Anche il resto non è più bello. Quando ero studente di liceo, facevo il precettore; all'Università avevo per cap­potto un impermeabile... mangiavo un giorno e l'altro ero invitato... ho scritto indirizzi sulle fascette... eppure... ecco, sono qui! Ora ho un appartamentino mio, con la mia targa... pago le tasse... oh, quante tasse!... sono medico, specialista, lavoro molto, ma ho anche dei buoni mo­menti. L'altra sera, per esempio, sono andato all'Opera. E' vero che il loggione è tanto in alto... ma gli artisti cantavano per me come per i palchi (ride) Anzi, canta­vano più per me, perché nei palchi non c'era nessuno!

Agata                            - (sul suo volto appare il primo sorriso) Lei è una persona molto gentile, dottore... vuole confortarmi...

Rudi                              - E le dispiace?

Agata                            - Tutt'altro! Nessuno ancora mi aveva mai parlato come lei... Con me la gente, finora, ha parlato sempre, per così dire, di profilo... il suo volto è il primo che si rivolge a me di fronte... come si dice?... en face... con tutti e due gli occhi.

Rum                              - Me l'hanno già detto altri ammalati, E perciò non sono un medico perfetto. Il medico deve stare sopra l'ammalato, non accanto. Stargli accanto è dovere del prete.

Agata                            - Ho capito... ma noi ammalati ad un medico simile diciamo che un altro come lui al mondo non esi­ste... e gliene siamo grati... E anche questo è qualche cosa, caro dottore.

Rudi                              - (la guarda e riflette) Ora lei, Agatina, rasso­miglia di nuovo alla ragazza che era quando l'ho cono­sciuta. Soltanto non ha più le due trecce e il nastro az­zurro nei capelli...

Agata                            - Quante volte ha ricordato le mie trecce...

Rudi                              - (c. s.) Mi ascolti, Agatina... vorrei dirle una cosa... Ho una quantità di noie, per il mio ménage.... (Co­me spiegando) Il ménage, in verità, non è altro che un'e­terna e disperata lotta col droghiere, il macellaio, il lat­taio... contro il consumo dei mobili, la rottura delle stovi­glie, l'occlusione del lavandino, gli strappi alle tappezze­rie, e perfino contro talune eventualità come la pioggia, il sole, il vento, il fumo, le fuliggini, le tarme, gli scara­faggi... e altri insetti del genere. Un uomo non è mai abbastanza accorto per poter lottare contro tutto questo. Si può essere un celebre medico, ma non si riuscirà mai ad ottenere che la cuoca compri il pollo dove costa meno e che lo metta in conto allo stesso prezzo al quale l'ha pagato...

Agata                            - Ho capito... Insomma, vorrebbe che io venissi da lei come governante...

Rudi                              - No, Agatina. Io voglio sposarmi.

Agata                            - Ah, sì? (E' lontana dal pensare a sé). E chi vuole sposare, dottore?

Rupi                              - (nasconde la testa tra le spalle) Lei...

Agata                            - (si mette a sedere) Me?

Rudi                              - Lei, Agatina... (Lunga pausa). Non ini rispon­da subito, la prego... ci ripensi... non è tanto urgente...

Agata                            - Ma come le è venuta l'idea di sposarsi?

Rudi                              - Guarda un po'! Non è poi una trovata tanto originale! E' già venuta in mente anche ad altri...

Agata                            - Allora mi dica perché ha scelto proprio me.

Rudi                              - Lei ha studiato il latino... « Simili simili gaudet ».

Agata                            - E si accollerebbe una così grossa preoccu-pazioue?

Rudi                              - Preoccupazione? Come si può dire una tale enormità? Prima di decidermi a questo passo romantico, per ore ed ore ho fatto dei calcoli con la matita in mano. Le citerò soltanto un esempio: la settimana scorsa ho preparato per cena una frittata di due uova... L'olio caldo mi è schizzato sulle dita e per due giorni non ho potuto lavorare. Pensi quanto minore sarebbe stato il danno se quell'olio non fosse schizzato sulle mie dita, ma invece sulle sue... Anche da questo, cara Agatina, può vedere che non avrebbe una vita facile accanto a me: tenere in ordine la casa, fare la cucina, lavare i piatti, assistermi dorante le medicazioni, fare la corrispondenza, rattop­pare le calze, stirare... è tutto quello che posso offrire a mia moglie... (Agata lo ha ascoltato appoggiandosi sui gomiti e ora ricade sui guanciali; spaventato) Si sente male?

Agata                            - (la gratitudine e l'emozione le stringono la gola) Oh, no...

Rudi                              - E' colpa mia!... Ho parlato troppo e l'ho stan­cata. (Gli occhi di Agata sono pieni di lacrime). Piange? Ha ragione. Sono due cose che non si possono; fare nello stesso tempo: lavare lo stomaco ad una ragazza e chie­dere la sua mano... Non mi risponda adesso: tornerò stasera.

Agata                            - Ma io rispondo subito.

Rudi                              - E che risponde? (Agata, muta, fa un cenno affermativo con la testa. Rudi, commosso) Dice di sì?

Agata                            - Sì.

Rudi                              - Agatina... torno stasera... Prendo lei e la sua roba … faccio un fagotto di tutto... e lo porto dalla mia mamma... (Si getta sulla mano di lei e gliela baciti. Si sente girare una chiave nella porta d'ingresso. La lascia la mano. Juli e Susanna entrano).

Juli                                - Eccoci di ritorno.

Susanna                         - (con una carta in mano) Agata... il ne­gozio è mio! Questo è il contratto!

Rudi                              - (si alza imbarazzato) Allora io me ne vado... Stasera tornerò per vedere l'ammalata... (prende la sua roba). Buon giorno a tutte.

Susanna                         - Come ti senti, Agata?

Agata                            - (con una gioia che comincia ad affiorare) Meglio! Molto meglio!

Juli                                - Caro dottore, quanto è il suo onorario?

Rudi                              - (sempre più imbarazzato) Non è neanche il caso di parlarne... (sfugge il loro sguardo) Provvederà la signorina Agatina... (con la maggiore fretta possibile corre via).

Agata                            - (apre le braccia) Venite qui! (Le due ra­gazze corrono da lei e Agata con grande impeto le ab­braccia) Mi vuole sposare! Mi vuole sposare!

Juli                                - Cosa vuole?

Agata                            - Sposarmi! Sposare me... il dottore...

Susanna                         - Oh, senti! E come è accaduto?

Agata                            - Gli è schizzato l'olio caldo sulle dita...

Juli                                - (ride) E perciò vuole sposare te?

Agata                            - Per questo... (Piano) E ho anche un vago sospetto... non lo ha detto chiaramente... ha fatto un'al­lusione indiretta... in cucina deve avere gli scarafaggi! (ridono tutte).

Susanna                         - Di' un po'... sei innamorata di lui?

Agata                            - (il suo sguardo diventa fisso) Questo poi no... (sospira) ...l'amore... è un'altra cosa... non sarò mai innamorata di lui... (seria) ..ma lo amo... (Susanna ri­flette).

Juli                                - Però, un'era fa, quasi quasi non ti sarebbe dispiaciuto di morire...

 Agata                           - Un'ora fa nessuno aveva ancora chiesto la mia mano.

Susanna                         - Non ti capisco...

Agata                            - Eppure non esiste un'altra parola. Lo amo. Non mi capisci? Io... io... cioè... lui mi speserà! Che cosa posso rispondere a questo? Lo amo. (Il telefono squilla).

Juli                                - (alza il ricevitore) Pronti... Chi parla?... Buon giorno... Dica... (ricopre con la mano il ricevitore: verso Agata) Seller.

Agata                            - (agitata scuote la testa) Non voglio par­largli!

Juli                                - Come? (Ascolta e ripete piano alle ragazze) Si è pentito... chiede perdono... dice che da allora non ha più mangiato un boccone buone (All'apparecchio) Cosa?... Che Agata torni da voi?... Purtroppo è impos­sibile. No, no... Ha già trovato un altro posto. Impos­sibile... Non può dare gli otto giorni... Sì, sì. Un posto migliore.

Agata                            - Un posto molto migliore!

Juli                                - (al telefono) Un posto molto migliore! Buon giorno! (riattacca).

Susanna                         - Possiamo cominciare a fare le valigie...

Agata                            - Anch'io devo fare la mia. Stasera mi porta da sua madre.

Juli                                - (prende la cesta di Agata) Resta tranquilla.» la faremo noi per te. (Si inginocchia davanti ad un mobile. Susanna davanti ad un altro).

Susanna                         - Allora possiamo salutare la casa, ragazze. Cioè, Agata non la saluta perché vi tornerà. Avrai un bel nome, Agata... La signora del dottor Rodolfo Stella. Però li devi comprare da me i cappelli, sul serio!

Juli                                - (mentre fa la valigia) Ma neanche tu, stupida, devi salutarla... Tu ci rimani in questa casa. Avrai un negozio. Sono la sola a lasciarla... Io non torno più. Non lo dimenticate: via del Museo, sette, primo piano. Appena l'appartamento sarà a posto, verrete a prendere un tè.

Susanna                         - (piange) Verremo

Agata                            - (sta per scoppiare in lacrime; ha dei piccoli singhiozzi) Naturale che verremo...

Juli                                - Ma che c'è da piangere? (/ suoi occhi sono pieni di lacrime) Questo appartamentino ci ha portato fortuna. E' andata bene per tutte e tre... (le cadono le lacrime). Io volevo un amico ricco e l'ho trovato... (A Susanna) Tu volevi un piccolo negozio di modista e lo hai... (Ad Agata) Tu sognavi un marito e anche tu lo hai. (Tutte e tre piangono). Perché piangete? Dobbia­mo essere allegre, anzi. Non vi accorgete che è proprio quel lieto fine... (Piangono). Quando venimmo ad abi­tare qui, non avevamo nulla, eppure abbiamo cantato. Non vorremo andarcene via piangendo... Come era quella canzone?... (Come se ricordasse) Ah!... (Comin­cia a cantare. Le altre due cantano con lei la stessa can­zone del primo quadro, mentre dai loro occhi cascano le lacrime).

FINE